sabato
domenica
13 dic 08
14 dic 08
28-11-2008
ore 21.15 turno oro, turno a
ore 16.00 turno b
Le Villi
di Giacomo Puccini
Opera ballo in due atti
Libretto di Ferdinando Fontana
Universal Music Publishing Ricordi srl, Milano
Personaggi e interpreti
Anna Maria José Siri | Guglielmo Wulf, suo padre Gezim Myshketa
Roberto Ernesto Grisales | Voce recitante Federica Restani
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193a stagione lirica e balletto 08 09
LeVilli libretto:LeVilli libretto 2008
Maestro concertatore e direttore d’orchestra Ezio Rojatti
Regia Massimo Pezzutti
Costumi Stefania Battaglia
Movimenti coreografici Evgeni Stoyanov
Lighting designer Jean Paul Carradori
Maîtres de ballet Bruno Vescovo, Cristina Molteni
Orchestra Filarmonica Italiana
Coro e Corpo di Ballo del Teatro Coccia
Maestro del coro e coordinamento musicale Giancarlo Cavallaro
altro maestro del coro Armando Calvia
Teatro Coccia di Novara: direttore organizzativo Giancarlo Stellin - direttore tecnico di
palcoscenico Jean Paul Carradori - maestri collaboratori Mirco Godio, Elisa Triulzi, Alba Pepe capo macchinista Pasquale Zanellato - tecnici di palcoscenico Helenio Talato, Bruno Carlin,
Alessio Onida - reparto trucco e acconciature Emanuela Porzio, Rosa Purri - reparto sartoria Ada
Del Conte, Antonella Pertugi, Francesca Milan.
Teatro Sociale di Rovigo: direttore di palcoscenico Federico Bertolani - direttore musicale di
palcoscenico Andrea Attucci - direttore tecnico di palcoscenico Roberto Lunari - capo elettricista
Gianluca Quaglio - capo macchinista Matteo Fasano - capo attrezzista Giulio Magnetto - capo
sarta Mirella Magagnini - capo parrucchiera Daniela Berto - capo truccatrice Monica Salomoni.
Scene, costumi e attrezzerie Fondazione Teatro Coccia Novara.
Calzature Artistiche Sacchi S.n.c., Firenze.
Produzione Fondazione Teatro Coccia di Novara
in coproduzione con il Teatro Sociale di Rovigo
e il Teatro Sociale di Mantova
Le Villi, preannuncio del teatro pucciniano
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di Sergio Garbato
All’inizio c’era un giovane Giacomo Puccini, fresco di studi e sicuramente
dotato di talento, che ha già fatto parlare di sé per un suo Capriccio
sinfonico scritto come saggio di diploma e che aspetta la sua occasione,
senza ben sapere come e quando. C’era anche un concorso, promosso
dalla rivista “Teatro Illustrato”, ma di fatto dal suo editore Sonzogno, e
rivolto ai giovani compositori italiani «per un’opera in un atto di soggetto
idillico, serio o giocoso, a scelta del concorrente, col premio di L. 2000,
oltre la rappresentazione in un teatro di Milano per cura e a spese del
giornale». Va da sé, che il giovane musicista, che già aveva bussato ancora
senza esito alla porta di Giovannina Lucca e che non era riuscito a
interessare Giulio Ricordi, avesse deciso di partecipare al concorso, pur
senza avere nulla di pronto in cassetto e neppure un progetto in testa, ma
potendo contare sull’aiuto generoso del suo maestro Amilcare Ponchielli,
che ne aveva presto intuito il talento. Insomma, ogni cosa pareva
congiurare perché Puccini iniziasse la sua carriera di operista vincendo il
concorso Sonzogno. Tanto più che il buon Ponchielli aveva presentato il
giovane musicista a un librettista già noto e di sicuro avvenire come
Ferdinando Fontana, che alcuni anni dopo così descrisse l’incontro: «Era il
luglio del 1883. Una mattina mi ero recato da Caprino Bergamasco a
Lecco. Nel tornare alla stazione di Lecco, m’imbattei nella colonna
artistico-estiva di Maggianico che rincasava. C’erano professoroni del
Conservatorio e giovani maestri: Ponchielli, Dominiceti, Saladino e altri.
Fra essi Puccini, salito nella stessa vettura ferroviaria con Ponchielli, questi
mi parlò delle intenzioni del suo allievo per il Concorso Sonzogno, e mi
propose di preparargli un libretto. Lì per lì, vivo nella memoria il ricordo
del successo del suo Capriccio sinfonico, mi parve che per il giovane
maestro ci volesse un argomento fantastico e gli spiegai il canovaccio
delle Villi. Puccini accettò» (1). A quel primo e casuale incontro, aveva
fatto seguito un altro, decisivo, nella casa di campagna di Ponchielli a
Lecco, nel corso del quale Fontana si era impegnato a fornire il libretto a condizioni
economicamente vantaggiose (100 lire alla consegna e 200 in caso di vittoria). A
questo va aggiunto poi il fatto che nella giuria del concorso, oltre al direttore
d’orchestra Francesco Faccio che aveva assai apprezzato il Capriccio sinfonico al
punto di includerlo nei programmi di alcuni concerti, c’era lo stesso Ponchielli.
Eppure, questo predisporsi troppo favorevole di ogni elemento, fin dall’inizio, aveva
una sua ambiguità, come se il destino stesse preparando nell’ombra un colpo a
sorpresa. Così andarono le cose.
Per la verità, Fontana aveva proposto per il libretto un soggetto che già aveva
proposto a un altro musicista, citato nelle lettere come «40» (si trattava,
presumibilmente, del napoletano Francesco Quaranta noto specialmente come
autore di romanze da salotto). Ma già, il 2 agosto 1883, poteva scrivere a Puccini:
«Ho potuto riavere dal N. 40 l’argomento che sa» (2). Poiché, la scadenza
improrogabile per la consegna dell’opera era il 31 dicembre, non restava molto
tempo. Il musicista, dal canto suo, aveva finito per convincersi che quell’argomento
imbevuto di romanticismo fosse adatto alla sua ispirazione: «Il soggettino mi piace
molto davvero, essendoci parecchio da lavorare nel genere sinfonico descrittivo, che
a me garba assai perché mi pare di doverci riuscire» (3).
A metà settembre, il libretto era già stato consegnato a Puccini, che ritornò a Lucca
per lavorare con maggiore tranquillità a questa sua prima opera. Opera in un atto,
come prevedeva il concorso, il cui soggetto era stato desunto da una novella, Les
Willis (1852), del giornalista e romanziere francese Alphonse Karr, che a sua volta si
era rifatto al celebre balletto Giselle (1846) di Adolphe Adam basato su un libretto
di Théophile Gautier che aveva trovato la sua fonte di ispirazione in una leggenda
dell’Europa centrale, riportata da Heinrich Heine in Über Deutschland II:
Elementärgeister und Dämonen (1824).
Puccini, come farà sempre, lavorò alternando, per tre mesi e più, foga e svogliatezza,
passione e disamore, fino a recapitare alla commissione il plico con l’opera, proprio
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l’ultimo giorno, il 31 dicembre 1883, come risulta dalla nota autografa della
commissione apposta sulla prima pagina della partitura. Quanto alla proverbiale
illeggibilità del manoscritto, va detto che numerose pagine, e in particolare i due
intermezzi sinfonici, erano di mano di un copista, mentre le altre non erano certo
indecifrabili. La stima di cui godeva negli ambienti musicali milanesi, il buon
rapporto con quasi tutti i componenti della giuria e una certa consapevolezza delle
proprie capacità, avevano indotto Puccini a sentirsi abbastanza sicuro di un esito
positivo, ma ormai in prossimità del verdetto, eccolo confessare alla madre: «alla fin
del mese è la decisione del concorso, ma spero poco» (4). E, difatti, ai primi di aprile
1884, la commissione rese noto che tra i ventotto lavori presentati, cinque erano
stati giudicati degni di segnalazione e di questi due ritenuti degni di essere
rappresentati in teatro: Anna e Gualberto (su libretto dello stesso Ferdinando
Fontana) di Luigi Mapelli e La fata del Nord di Guglielmo Zuelli. Nessuna menzione
per Le Willis.
È proprio a questo punto che il vento del destino comincia a girare diversamente e
non certo in modo avverso. C’è un succedersi di situazioni che non appartengono
all’ordinario. Dapprima, nel corso di una serata appositamente organizzata da
Fontana nel salotto del critico musicale e compositore Marco Sala, il giovane Puccini
riuscì a presentare, suonando e cantando, le sue Willis a un pubblico eletto, in cui
figuravano fra gli altri Alfredo Catalani, Arrigo Boito e Giovannina Lucca, titolare
della casa editrice che di lì a poco sarebbe passata nelle mani di Ricordi. Il successo
non mancò e si contestò duramente la decisione della giuria di escludere Puccini dal
premio, tanto che si decise, al termine della serata e sempre su impulso di Fontana,
di indire una sottoscrizione per far rappresentare l’opera al teatro Dal Verme di
Milano. Sottoscrizione aperta nientemeno che dallo stesso Boito, che offriva una cifra
che da sola avrebbe coperto la nona parte del costo previsto (5).
Le Willis andarono in scena al Dal Verme la sera del 31 marzo 1884, con una
compagnia di canto che prevedeva nel ruolo principale il tenore portoghese Antonio
D’Andrade allora agli inizi della carriera, il soprano Rosina Caponetti e il baritono
Erminio Peltz, la direzione era stata affidata ad Arturo Panizza. Questa prima
versione dell’opera era costituita da sette numeri: un preludio, un coro
d’introduzione, il duetto tra Anna e Roberto, la preghiera, la Tregenda per orchestra
sola, il preludio e scena di Guglielmo, la grande scena con duetto finale. Tutti e sette
i numeri suscitarono applausi e talora entusiasmo. Un telegramma di Puccini, spedito
alla madre la sera stessa, dà conto della buona riuscita: «Successo clamoroso.
Diciotto chiamate. Ripetuto tre volte finale primo. Sono felice» (6).
Il successo di pubblico, che si protrasse per le quattro repliche, trovò riscontro
nell’accoglienza dei critici. Primo fra tutti, quel Filippo Filippi, che un anno avanti non
aveva lesinato gli apprezzamenti al Capriccio sinfonico e che, in questa occasione,
scrisse sulla “Perseveranza”: «Le Willis entusiasmano. Applausi di tutto, tuttissimo il
pubblico, dal principio alla fine. Si volle udire tre volte il brano sinfonico che chiude
la prima parte e si è domandato tre volte il bis, non ottenuto, del duetto fra tenore
e soprano, e della leggenda», per poi ribadire qualche giorno più tardi quella che
riteneva essere la propensione verso il sinfonismo del giovane musicista: «Il Puccini
è una natura di compositore essenzialmente sinfonico e, come dissi l’altro ieri, abusa
del sinfonismo, e sovraccarica spesso il piedestallo a detrimento della statua». Più
interessante e, per così dire, presago Antonio Gramola sul “Corriere della Sera”:
«Nella musica del giovane maestro lucchese c’è la franchezza della fantasia, ci sono
frasi che toccano il cuore perché dal cuore devono essere uscite, e c’è una fattura
delle più eleganti, delle più finite, a un punto tale che a quando a quando non pare
di aver davanti a noi un giovane allievo, ma un Bizet, un Massenet».
Non sarebbe mancato, qualche giorno appresso, l’autorevole e cauto parere di
Giuseppe Verdi, che però avrebbe ricevuto lo spartito solamente nel febbraio
dell’anno successivo: «ho sentito dir molto bene del musicista Puccini. Ho visto una
lettera che ne dice tutto il bene. Segue le tendenze moderne, ed è naturale, ma si
mantiene attaccato alla melodia che non è moderna né antica. Pare però che
predomini in lui l’elemento sinfonico! niente di male. Soltanto bisogna andar cauti
in questo. L’opera è l’opera: la sinfonia è la sinfonia, e non credo che in un’opera sia
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bello fare uno squarcio sinfonico, pel sol piacere di far ballare l’orchestra» (7).
Ma, quel che più conta, sulla “Gazzetta Musicale di Milano” dell’8 giugno 1884
l’editore Ricordi annunciò l’acquisizione dei diritti dell’opera. Ma non era un fulmine
a ciel sereno, perché sicuramente c’era stato un accordo precedente, come
testimonia la presenza del marchio di Casa Ricordi sul libretto della “prima”, che
spiega meglio anche il senso di una lettera con la quale Fontana avverte Puccini
della sua intenzione di inviare il libretto a Ricordi accompagnandolo «con una lettera
co’ fiocchi» (8). E significativo, a questo punto, appare anche l’annuncio al pubblico
della rappresentazione delle Willis al teatro Dal Verme con la precisazione che si
trattava di «un’altra delle opere presentate al concorso del “Teatro Illustrato” che
non ebbero né premio né menzione».
Forse la cecità di una commissione che avrebbe dovuto essere favorevolissima al
lavoro del giovane musicista e l’esito negativo del concorso non erano casuali. Sia
Ponchielli che Faccio erano legati a Casa Ricordi e d’accordo con l’editore avrebbero
potuto sottrarre a Sonzogno l’opera prima di un giovane musicista che aveva
sicuramente una marcia in più e avrebbe potuto inserirsi facilmente in quella schiera
di compositori tra i quali si cercava l’erede di Verdi. L’unico modo di far acquisire Le
Willis a Ricordi era quello di non segnalare in nessun modo l’opera nel concorso
bandito da Sonzogno ed anzi farla rappresentare sfruttando una presunta ingiustizia
o svista della commissione giudicatrice. L’eventuale successo avrebbe garantito
Ricordi ad essere sfruttato per una ripresa del lavoro in una prospettiva più ampia.
Infatti, nel febbraio del 1884, un mese e mezzo prima che l’esito del concorso venisse
reso noto, Ponchielli aveva accompagnato Puccini da Ricordi e si spiega così anche
la consapevolezza del musicista, nella citata lettera alla madre del marzo successivo,
di non nutrire speranze per una vittoria.
Michele Girardi ha ben riassunto i termini della questione: «Il musicista aveva
dunque incontrato l’editore prima che il concorso fosse concluso, e per giunta in
compagnia del suo giudice, che mentre lo raccomandava si apprestava a bocciarlo!
Giulio Ricordi stava da tempo cercando un nuovo talento per rinvigorire la propria
ditta [...] Se Le Villi avessero vinto il concorso sarebbero state pubblicate da
Sonzogno, ma in caso di sconfitta avrebbero avuto il vantaggio di un comodo lancio
pubblicitario: bocciata dalla casa rivale l’opera si sarebbe presa una trionfale
rivincita pochi mesi dopo, e sarebbe finita nelle mani di un editore illuminato, cioè
Giulio Ricordi» (9).
Vale la pena, a questo punto, di ricordare che situazioni simili si sarebbero ripetute
con una certa frequenza lungo gran parte della carriera di Puccini, che in più di un
caso si peritò di percorrere o ripercorrere le strade che già erano state indicate da
altri musicisti, senza esitare a strappare di mano i libretti ai colleghi.
Ecco, allora, terminate le quattro recite delle Willis al Dal Verme, Puccini e Fontana
nella villa sul lago di Como di Giulio Ricordi a discutere con l’editore di una nuova
opera e, nel frattempo, della trasformazione della presente in un lavoro di maggior
respiro, dando corpo a quei due atti, che già erano in qualche modo adombrati. Al
musicista venne anche offerto uno stipendio mensile di 200 lire che per un paio
d’anni gli avrebbe garantito una base economica. Era l’inizio di una collaborazione
contrassegnata da un più profondo legame di amicizia, che si sarebbe interrotto
solamente con la morte dell’editore nel 1912.
Nonostante (o forse proprio per questo) l’acuto dolore per la morte della madre,
scomparsa a soli cinquantaquattro anni il 17 luglio del 1884, Puccini attese
abbastanza rapidamente alla revisione della sua opera, che mutò il titolo in Le Villi
e il sottotitolo in “Opera ballo in due atti”. Soprattutto, aggiunse una cavatina per il
soprano, ritoccò il movimento lento dell’intermezzo (“L’abbandono”), così da
permettere il passaggio del corteo funebre di Anna dietro un velario, dilatò la grande
scena drammatica destinata ad aprire il secondo atto con il monologo drammatico
di Roberto che precede il duetto di tenore e soprano.
L’opera, nella nuova versione, andò in scena la sera del 26 dicembre 1884 al teatro
Regio di Torino, con un risultato non proprio soddisfacente, forse a causa di
un’esecuzione alquanto dimessa diretta da Giovanni Bolzoni e di un allestimento
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mediocre, che scontentarono Puccini, che ebbe solamente quattro chiamate.
Quasi contemporaneamente Ricordi pubblicò la prima edizione per canto e
pianoforte.
Un mese più tardi, il 24 gennaio 1885, fu la volta della Scala. Questa volta, sul
podio c’era Franco Faccio e il ruolo di Anna era stato affidato a Romilda
Pantaleoni, che fu, pare, l’unico elemento valido del cast vocale. L’opera ebbe
successo, che si protrasse per altre tredici repliche. In questa occasione, Puccini
aggiunse la romanza di Roberto “Torna ai felici dì”, come attesta la ristampa
per canto e pianoforte del marzo 1885. Successivamente ci furono: l’aggiunta
di nove battute alla fine del duetto tra Anna e Roberto nel secondo atto, il
taglio del monologo di Roberto “Per te quaggiù sofferse ogni amarezza” e
modifiche di piccola entità nel duetto del primo atto, nella romanza “Torna ai
felici dì” e nel finale.
Fra gli allestimenti che seguirono negli anni, vale la pena di ricordare quello
del 29 novembre 1892 ad Amburgo diretto da Gustav Mahler e quello del
Metropolitan di New York del 17 dicembre 1908 diretto da Arturo Toscanini.
Le Villi tornarono a riaffacciarsi nella mente di Puccini nel gennaio del 1917,
quando il musicista pensò di ritornare su quella sua prima opera per associarla
al Tabarro, che da solo non “faceva serata” (10).
Le Villi, nella versione 1884-1892, si propongono con la denominazione di
opera-ballo in due atti, secondo la voga che nel secondo Ottocento si rifaceva
al grand opéra. Ma la struttura musicale si riallaccia alla tradizionale
articolazione in “numeri chiusi”, che qui sono dieci e ben caratterizzati:
Preludio; Atto primo: Coro d’introduzione, Romanza di Anna “Se come voi
piccina», Duetto di Anna e Roberto, Preghiera e finale con Guglielmo, Anna,
Roberto e il coro, Interludio orchestrale in due parti (L’abbandono e La
tregenda, danza infernale); Atto secondo: Preludio e scena di Guglielmo, Scena
drammatica e romanza di Roberto (“Ecco la casa… Dio che orrenda notte”,
“Torna ai felici dì”), Grande scena e duetto finale.
Al di là di talune ingenuità e di inevitabili scorie, Le Villi già ci offrono una definizione
attendibile del mondo pucciniano e dei principali caratteri del musicista: i forti
contrasti, la flessibilità della melodia, certi procedimenti armonici di sorprendente
modernità e citazioni che diventano funzionalissime e perdono il rapporto con la loro
origine, il ricorso a leitmotiv e a temi che definiscono i personaggi, la scrittura
orchestrale di straordinario interesse che privilegia sovente i legni, ma anche l’arpa
e le percussioni e taluni strumenti di timbro esotico. Le danze previste dall’operaballo non si limitano a determinate situazioni sceniche (la festa di fidanzamento e la
ridda delle Villi), ma riprendono certi ritmi di valzer che adombrano colori sensuali.
C’è poi quella «cornice notturna», che come ha felicemente notato Daniele Martino,
«apre (Le Villi) e chiude (Turandot) il corpus librettistico pucciniano, incastonando la
breve e particolarissima esperienza verista tra due calate agli Inferi dell’inconscio, là
dove si annidano le paure, le angosce che il giorno disperde» (11). Solo che l’eredità
romantica (Heine e Gautier) filtrata attraverso la sensibilità scapigliata del librettista
Ferdinando Fontana, un poco stinge nelle linee musicali art-nouveau che già
rimandano a Manon e addirittura a Madama Butterfly. Puccini riprende il tema
romantico della «Belle Dame sans merci» e dei fantasmi fatali che abitano la notte
trapunta di fuochi fatui e voci misteriose, alla luce del tema della colpa e
dell’espiazione, che permettono di mettere in campo i due poli di una femminilità
che costituisce la dialettica stessa del mondo artistico del grande musicista: la
cortigiana e la pura fanciulla che soggiace all’amore che si spezza. Se la cortigiana
è appena indicata, pallida ombra della corruzione e cieco strumento di un destino
avverso, la fanciulla vittima è ben presente ed è anzi l’unico personaggio definito,
capace di proporsi nei termini della tradizione (le amorose tradite di Verdi, ma anche
le fragili eroine di Bellini e Donizetti), ma anche nell’imminenza di una nuova e
dolorosa incrinatura psicologica che investirà tante protagoniste femminili del teatro
pucciniano.
Né saranno da meno i personaggi maschili. Certamente, Guglielmo, il padre offeso e
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ferito, è baritono che ha ancora il vigore e gli accenti verdiani e che progressivamente
sfumerà fino a scomparire nelle opere successive (Scarpia è ben altra cosa), ma
Roberto già presenta l’attonita e crudele pusillanimità di Pinkerton, anche se il tronfio
compiacimento di quest’ultimo, qui è ancora incapacità di capire cosa succede,
nostalgia di un paradiso agreste perduto, fuga verso l’espiazione. Insomma, il
musicista appena venticinquenne è immerso, forse senza neppure saperlo, in quello
che con tocco felice Fedele D’Amico ha definito «verismo sentimentale» (12).
(1) Citato in Arnaldo Marchetti, Puccini com’era, Edizioni Curci, Milano 1973, p. 37, senza
precisare la fonte.
(2) Ibidem.
(3) Lettera alla madre del luglio 1883, in Carteggi pucciniani, a cura di Eugenio Gara,
Ricordi, Milano, 1958, p. 6.
(4) Lettera alla madre del marzo 1884 in Arnaldo Marchetti, Puccini com’era, cit., p. 44.
(5) «Infatti ecco il conto di quello su cui possiamo contare finora: Vimercati L. 60, Marco Sala
L. 50, Arrigo Boito L. 50, Fratelli Sala L. 20, la «incognita» di Marco Sala L. 50. Sono L. 230.
E restano ancora il Duca Litta, Noseda, il Conte Sola, Biraghi. Metti che diano fra tutti
almeno 100 lire e faranno 330. E il Melzi? Così saranno 430. Le spese essendo di L. 450
(250 abiti e 200 copiatura), tu vedi che al massimo tu arrischieresti 20 lire», lettera a
Fontana dell’aprile 1884, in Carteggi pucciniani, cit., p. 9.
(6) Telegramma del 31 marzo 1884 in Arnaldo Marchetti, Puccini com’era, cit., p. 45.
(7) Lettera del 10 giugno 1884 a Opprandino Arrivabene, in Carteggi pucciniani, cit., p. 14.
(8) Lettera di Fontana a Puccini dell’aprile 1884, in Carteggi pucciniani, cit., p. 9.
(9) Michele Girardi, Giacomo Puccini. L’arte internazionale di un musicista italiano, Marsilio,
Venezia, 1995, pp. 35-36.
(10) Lettera ad Alfredo Vandini dell’11 gennaio 1917, in Carteggi pucciniani, cit., lett. 702.
(11) Daniele Martino, Catastrofi sentimentali, Puccini e la sindrome pucciniana, Edt, Torino,
1993, p. 12.
(12) Fedele D’Amico, L’albero del bene e del male. Naturalismo e decadentismo in Puccini,
Maria Pacini Fazzi editore, Lucca, 2000, p. 35.
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Dalla leggenda di Heine a Giselle e Le Villi
di Sergio Garbato
Spettri femminili che popolano le notti delle foreste, o che attraversano
a cavallo il cielo di tenebra o affiorano come la schiuma dalle buie acque
del mare o del lago. Da sempre questi rabbrividenti ectoplasmi, che
sanno quando è tempo trovare la consistenza del corpo e le lusinghe del
sesso in irresibili danze mostruose, popolano i nostri incubi. La civiltà
occidentale ha saputo relegarli nelle caverne dell’inconscio e nei
repertori del folklore, ma di tanto in tanto riescono a fuggire dalla loro
prigione e a riaffacciarsi tra i versi di una poesia o nelle note in libertà
di un poema sinfonico, in una incisione al bulino o in un balletto sulle
punte. E c’è stato un tempo, che grosso modo copre per intero il secondo
Ottocento, tra romanticismo e decadentismo, in cui le ondine
scivolavano sui vetri con le gocce di pioggia, le sirene irretivano
fatalmente i marinai e streghe e ninfe notturne cantavano come uccelli
del malaugurio nei boschi.
Prendiamo le Willi, vale a dire gli ondeggianti fantasmi delle spose
morte che tornano di notte nei boschi per vendicarsi del male che hanno
arrecato loro gli uomini. Vendetta terribile, quella delle Willi che abitano
una antica leggenda dell’Europa Centrale, assai diffusa nell’Austria
dell’ottocento, perché ogni malcapitato che le incontra viene indotto e
costretto a danzare fino al completo sfinimento e alla morte. A
raccontarcela con un piglio saggistico, ma eminentemente romantico,
era stato nel 1834 il grande poeta tedesco Heinrich Heine in Über
Deutschland II: Elementärgeister und Dämonen, vale a dire una sorta di
inventario con descrizione e classificazione degli spiriti e dei demoni del
nord dell’Europa e della Germania in particolare.
Alle pagine di Heine, aveva attinto a piene mani un altro poeta, questa
volta in terra di Francia, Théophile Gautier che amava la danza e le
danzatrici e che aveva abbozzato il soggetto per un balletto, che presto
si sarebbe intitolato con il nome della sua protagonista Giselle ou Les
Willis. Alla nascita di Giselle, nel 1841, oltre a Gautier, avevano collaborato
alcuni dei maggiori artisti dell’ottocento romantico: il drammaturgo Jules-Henry
Vernoy de Saint-Georges che aveva elaborato il libretto, il musicista Adolphe
Adam autore di una partitura generosa ed espressiva, il direttore dei balletti
dell’Opéra di Parigi Jean Coralli, che, con la complicità occulta e determinante
del celebre coreografo Jules Perrot, preparò l’architettura delle danze e dei passi
a due, così come dei momenti solistici, tutti giocati, come è stato rilevato,
sull’arabesque, che costituisce il segreto emblema e l’autentico fascino di questo
balletto. Ma, al centro di tutto, c’era una musa di soli ventidue anni, quella
Carlotta Grisi che, proprio con Giselle, consacrò il suo talento e stabilì la sua
fama di somma interprete, insieme a Maria Taglioni e Fanny Elssler, del balletto
romantico. E il personaggio, se vogliamo dar retta a Théophile Gautier che ne
aveva sposato la sorella ma che soggiaceva al suo fascino, era tagliato proprio
sulla sua indole, che conciliava «una ingenuità infantile e una gaiezza felice e
comunicativa a una sottile malinconia imbronciata». Né, per dirla tutta, erano
estranei alla nascita di «Giselle» altri mostri sacri del tempo, vale a dire il
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ballerino Lucien Petipa (fratello maggiore del più celebre Marius) primo interprete
di Albrecht e l’impresario Philippe Taglioni (il padre di Maria) che era in stretto
contatto con Adolphe Adam e Jules Perrot, amante e compagno della Grisi, che
aveva accettato di lavorare oscuramente e senza compenso alcuno alla
coreografia. A tutto questo fervore e a questi personaggi, va aggiunto un soggetto
che più romantico non si può. Si provi a immaginare un villaggio dorato nella valle
del Reno, con la vendemmia e i contadini, tra i quali c’è anche la delicatissima
fanciulla Giselle, innamorata del giovane Albrecht, che non potrà mai sposarla,
perchè in realtà è un principe promesso a Bathilde, figlia del duca di Courland. E
c’è Hilarion, il guardiacaccia che ama invano Giselle e brucia di gelosia. Ecco le
danze e la caccia, ma anche la letale rivelazione della verità, alla quale Giselle non
sopravvive. Si provi, ora, a immaginare il regno della notte e delle Villi, le fanciulle
danzanti e morte per l’inganno del loro innamorato, costrette a vagare nella
foresta per trovare uomini con cui ballare fino all’alba e che soggiaceranno a
questa follia. Non c’è lieto fine, ma solo un patetico trionfo del bene e dell’amore
vedovo della sua realizzazione.
A una versione narrativa del balletto e della stessa leggenda, mise mano una
decina d’anni dopo, lo scrittore e giornalista parigino Alphonse Karr (1808 - 1890),
già redattore capo del “Figaro” e fondatore del settimanale satirico Guêpes, noto
anche per un tipo di dalia da lui ibridato. E proprio nel racconto di Karr, qualche
anno fa, il musicologo Julian Budden ha identificato la fonte prima del libretto che
uno dei protagonisti della seconda Scapigliatura milanese, Ferdinando Fontana,
scrisse per l’opera che Giacomo Puccini avrebbe messo in musica a soli
venticinque anni nel 1883: Le Villi. Naturalmente, Fontana non lavorò di bulino, ma
neppure di accetta: semplificò la trama, eliminando la figura del fratello della
protagonista, Konrad, che muore battendosi in duello col protagonista Heinrich,
ribattezzato Roberto. Ma soprattutto, a differenza dell’originario Heinrich che
sposa un’ereditiera, figlia dello zio che va a trovare a Magonza, Roberto viene
invece sedotto da una donna di facili costumi che vuole impadronirsi dei suoi beni.
Quando mi fu proposta la regia de Le Villi, mi resi conto di quanto fosse
stimolante affrontare un lavoro così particolare giacchè, alle consuete
interazioni delle varie Arti che costituiscono l’impianto di uno spettacolo
di Opera lirica, si aggiungevano l’inserzione della voce recitante e
l’impiego di due pagine sinfonico-descrittive; oltretutto, l’utilizzo della
danza quale elemento drammaturgico e non come semplice segno
estetico-decorativo, che ne definisce il genere con il nome, appunto, di
Opera-ballo.
Per la costruzione del libretto, Ferdinando Fontana attinse dai soggetti
leggendari del romanticismo tedesco e si ispirò guardando
principalmente alla drammaturgia presente in due importantissimi
balletti. Il primo, La Sylphide di Jean Schneitzhöffer (libretto originale di
Adolphe Nourrit dal romanzo di Charles Nodier Trilby e con riferimenti
al Robert le Diable di Meyerbeer e Scribe/Delavigne), considerato
capostipite del balletto romantico o ballet blanc per le sue connotazioni
estetiche; è il primo balletto in cui compare il costume tipico della
ballerina, il tutù, costume rimasto pressoché identico fino ai giorni
nostri. Da La Sylphide in poi, quasi tutti i balletti di repertorio
conterranno quello che si chiama l'atto bianco (perché danzato con il
tutù). Per la prima volta, inoltre, la ballerina protagonista sale sulle
punte quasi nella totalità dell'esecuzione; il ruolo, infatti, richiede un
certo tipo di leggerezza e di tecnicismo, stile creato dalla coreografia di
Filippo Taglioni e che, con le rappresentazioni all’Opéra National de Paris
del 1832, rese celebre Maria Taglioni (prima interprete). Il secondo,
Giselle di Charles Adam del 1841 (coreografia di Coralli). Thèophile
Gautier uno dei poeti di punta della scuola romantica nonché
promettente critico di teatro e danza, ammiratore appassionato di
Carlotta Grisi (ballerina formatasi al Teatro alla Scala di Milano e poi
trasferitasi all’Opéra de Paris), scrive per lei la sceneggiatura del balletto
note di regia
di Massimo Pezzutti
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prendendo spunto da una leggenda germanica riportata da Heinrich Heine ne
L’Alemagne che narra di spiriti della notte (Willis) che attraggono verso un crudele
destino giovani ignari ed anche da alcuni versi di Victor Hugo che raccontano di
un giovane condotto a morte dalla passione per la danza.
Puccini e Fontana, per altro, avevano a disposizione l’esempio di un’altra opera
che utilizzò le tematiche sopra esposte: Elda di Catalani del 1880 (tratta dalla
leggenda di Loreley), riveduta in seguito e presentata quale Loreley nel 1890 (a
sua volta tributaria del balletto Coppellia di Delibes).
Nella realizzazione dell’allestimento, ho così cercato di salvaguardare tutti gli
elementi iconografici (dai quali penso non si debba e non si possa prescindere giacchè
così chiari e precisi riferimenti di un momento storico-culturale) ma, al contempo, di
rivisitarli attraverso una lettura stilizzata, asciutta, simbolica, che ne esalti la
drammaturgia intrinseca per poterla comprendere in modo ancora più netto. L’azione
si compie su due piani: il mondo della realtà (primo atto) e quello degli spiriti, il
soprannaturale (secondo atto ma realmente, terzo, giacchè il secondo è quello che ci
viene “raccontato” dalla voce recitante, l’atto di Magonza) e conservando
scenicamente i parallelismi tra la natura e la simbologia ad essa corrisposta (il cambio
di stagione, le rocce, la foresta, la luna).
Anche per la recitazione ho voluto un’impostazione quasi “cinematografica” con
l’ausilio di una vera e ricercata regia delle luci, anch’esse a funzione
drammaturgica (che, grazie alle odierne possibilità tecniche, considero uno degli
aspetti determinanti della messinscena). Infine, la figura delle Villi che, a differenza
di come solitamente viene rappresentata, si evidenzia con spiriti poco “romantici”
e di forte concezione profana (in forte opposizione al sacro di cui è pregna la
vicenda e, soprattutto, priva di due punti cardine della “cristianità”, la pietà ed il
perdono).
In Germania, nella Foresta Nera.
Atto primo
Guglielmo Wulf festeggia assieme agli amici il fidanzamento della figlia
Anna con un giovane boscaiolo, Roberto. La festa è però interrotta
bruscamente dalla notizia che la madrina di Roberto è morta lasciandogli
una ricca eredità e che il giovane deve partire immediatamente per
prenderne possesso. Anna non sa nascondere la sua tristezza: ha sognato
di dover morire lontana da Roberto e ora, oppressa da cupi presagi, teme
di non rivedere mai più il fidanzato. Roberto cerca di consolarla
ricordandole il suo amore, del quale non dovrà mai dubitare. Un
intermezzo sinfonico in due parti (dai titoli L’abbandono e La tregenda)
descrive ciò che è avvenuto dopo la partenza. Affascinato dalla bellezza
di una cortigiana, Roberto ha dimenticato Anna, che è morta di dolore.
Ogni notte nella Foresta Nera le Villi (gli spiriti delle fanciulle rimaste
vittime del loro amore tradito) danzano instancabilmente e il fidanzato
spergiuro, che osa tornare a cercarle, è costretto a partecipare ad una
ridda paurosa, finché muore sfinito; anche Anna è fra esse, sicura che il
fidanzato tornerà nella selva. In una notte d’inverno, Roberto, che dopo
aver dissipato tutte le sue ricchezze è stato abbandonato dalla cortigiana,
si aggira pieno di rimorsi nella Foresta Nera, non osando avvicinarsi alla
casa di Anna della quale ignora la morte.
Intermezzo
Prima parte: l’Abbandono
Seconda parte: la Tregenda
la vicenda
LeVilli libretto:LeVilli libretto 2008
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Atto secondo
Frattanto Guglielmo, sulla soglia di casa, ripensa disperato alla figlia e implora la
vendetta di Dio sul giovane che le ha causato tanto dolore. Rientrato in casa, giunge
Roberto, ma una forza misteriosa gli impedisce di bussare alla porta. Sconvolto, si
inoltra nuovamente nella foresta, ma subito gli appare il fantasma di Anna, che gli
ricorda le sue promesse d’amore e lo rimprovera del suo tradimento. Ad un tratto
il giovane è circondato da un gruppo di Villi e, trascinato da una forza irresistibile,
è spinto ad una danza vorticosa. Sfinito e angosciato, riesce a lanciarsi verso la casa
di Guglielmo per chiedergli aiuto, ma le Villi lo travolgono ancora nella tragica danza
finché muore ai piedi del fantasma di Anna, che, finalmente placato, svanisce
nell’aria. Poco dopo Guglielmo esce di casa e, scorgendo il corpo inanimato di
Roberto, si convince che il cielo stesso ha punito il traditore e rende omaggio alla
giustizia divina.
il libretto
LeVilli libretto:LeVilli libretto 2008
Le Villi
Opera-ballo in due atti
Libretto
Ferdinando Fontana
Prima rappresentazione
31 maggio 1884, Teatro Dal Verme di Milano
Personaggi
Anna
Guglielmo Wulf, suo padre
Roberto
soprano
baritono
tenore
Coro
montanari e montanare, villi, spiriti
Luogo
piccolo villaggio della Foresta Nera
Epoca
secolo XIX
LeVilli libretto:LeVilli libretto 2008
ATTO PRIMO
Spianata nel Bosco.
A destra, sul dinanzi, una casa modesta,
quella di Guglielmo. In fondo, a sinistra,
un sentiero che si perde nel folto d’una
boscaglia salendo una rupe. Da questa
ad un’altra rupe un ponticello.
È primavera. Festoni di fiori pendono da
ogni parte. La scena è pavesata a festa.
Guglielmo, Anna e Roberto sono seduti a
capotavola.
MONTANARI
Evviva! Evviva! Evviva!
Evviva i fidanzati!
Anna e Roberto si allontanano dal fondo
dandosi il braccio.
MONTANARI
Della vecchia di Magonza
Roberto è ereditier!
I tesori accumulati
Son molti davver!
Dunque povero stasera
Roberto partirà
E a sposar la fidanzata
Ei ricco tornerà!
Evviva! Evviva! Evviva!
Evviva i fidanzati!
Gira! Gira! Gira!
Balza! Gira! Balza!
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La musica freme e delira,
La danza sospinge ed incalza!
Oh, volano rapide l’ore
Se il piede alla danza è legger!
Il ballo è rival dell’amore:
Il core fa batter davver!
Gira! Gira! Gira!
Balza! Gira! Balza!
a Guglielmo
Ohè! Babbo Guglielmo!
Venite voi pure a danzar!
GUGLIELMO
Ebben, perchè no? Poffar mio!
Son vecchio, ma in gambe so star!
Va a prendere una ragazza e la invita a
ballare con galanteria.
MONTANARI
Gira! Gira! Gira!
Balza! Gira! Balza!
Fra gli applausi e le risa, Guglielmo esce
con danzatrice. Poco a poco tutti lo
seguono. La scena rimane vuota per un
momento, poi Anna rientra sola dal
fondo, con un mazzolino di
Nontiscordardime.
ANNA
Se come voi piccina io fossi,
O vaghi fior, sempre sempre
Vicina potrei stare al mio amor.
Allor, dirgli vorrei:
‘Io penso sempre a te!’
Ripeter gli potrei:
‘Non ti scordar di me!’
Voi, di me più felici,
Lo seguirete, o fior;
Per valli e per pendici
Seguirete il mio amor.
Ah, se il nome che avete
Menzognero non è,
Deh, al mio amor ripetete:
‘Non ti scordar di me!’
Anna va a mettere il mazzolino
nella valigia di Roberto.
ROBERTO
vedendo l’atto di Anna e
avvicinandosele sorridendo
Ah, ti ho còlta!
ANNA
Tu!
ROBERTO
prendendo dalla valigia il mazzolino, lo
bacia, poi lo ripone
Grazie, Anna mia.
Ma un più gentil ricordo
Io chiederti vorrei.
ANNA
Quale?
ROBERTO
Un sorriso.
Anna scuote mestamente la testa
Non esser, Anna mia, mesta sì tanto:
Passeran pochi giorni e tornerò.
ANNA
lo tento invan di trattenere il pianto,
Ho una tristezza che vincer non so.
Foschi presagi mi turban la mente.
Mi par ch’io non ti debba più veder.
ROBERTO
Anna!
ANNA
Stanotte sognai
Che morente t’attendevo.
ROBERTO
Suvvia! Quali pensier!
Pensa invece ai dì lieti
Che il destino ci promette,
Benigno al nostro amor!
ANNA
Ma, m’ami tu davver?
ROBERTO
Mio cherubino, perché
LeVilli libretto:LeVilli libretto 2008
Dell’amor mio dubiti ancor?
Tu dell’infanzia mia
Le gioie dividesti e le carezze;
Da te soave e pia imparai
Della vita le dolcezze;
Ero povero, e tu l’affetto mio
Più d’ogni ricco volesti pregiar.
Ah! Dubita di Dio,
Ma no, dell’amor mio non dubitar!
Io t’amo!
ANNA
Dolci e soavi accenti, deh,
Vi scolpite nel mio mesto cor,
E nei foschi momenti dell’attesa
Alleviate il mio dolor!
Dolci e soavi accenti,
Oh, quante volte il labbro mio
Vi dee mormorar:
Ah! Dubita di Dio,
Ma no, dell’amor mio non dubitar!
Io t’amo!
I montanari rientrano con Guglielmo.
MONTANARI
Presto! Presto in viaggio!
E l’ora di partir!
Pria che il giocondo raggio
Del sole abbia a svanir si parta!
ROBERTO
Anna, coraggio!
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ANNA
Io mi sento morir!
ROBERTO
Padre, Anna, addio!
MONTANARI
a Roberto
Della foresta al limite
Noi verrem con te.
ANNA, GUGLIELMO e MONTANARI
Addio, Roberto, addio!
ROBERTO
a Guglielmo
Padre mio, benediteci!
Roberto si avvia con alcuni amici.
INTERMEZZO
Prima Parte: l’Abbandono
GUGLIELMO
Tutti qui intorno, intorno a me.
Anna e Roberto s’inginocchiano ai piedi
di Guglielmo; tutti li imitano
Angiol di Dio,
Che i vanni rivolgi al ciel stasera,
Reca questa preghiera
Al trono del Signor!
ANNA, ROBERTO e GUGLIELMO
Sia propizio il cammino
Ad ogni pellegrino!
Non serbi disinganni
Ogni sogno d’amor!
Reca questa preghiera
Al trono del Signor!
Guglielmo abbraccia Roberto, poi
Roberto abbraccia Anna e stringe la
mano e saluta Montanari e Montanare.
IL NARRATORE
Di quei giorni a Magonza una sirena
I vecchi e i giovinetti affascinava.
Ella trasse Roberto all’orgia oscena
E l’affetto per Anna ci vi obliava.
Intanto, afflitta da ineffabil pena,
La fanciulla tradita lo aspettava.
Ma invan l’attese: ed al cader del verno
Ella chiudeva gli occhi al sonno eterno.
Si vede, dietro un velo, passare il
corteggio funebre di Anna, che uscendo
dalla casa di Guglielmo, attraversa la
scena.
FEMMINA
Come un giglio reciso
Dentro la bara giace.
Raggio di luna è il candor del suo viso.
O pura virgo, requiesce in pace!
Seconda Parte: la Tregenda
IL NARRATORE
V’è nella Selva Nera una leggenda
Che delle Villi la leggenda è detta
E ai spergiuri d’amor suona tremenda.
Se muor d’amore qualche giovinetta
Nella selva ogni notte la tregenda
Vieni a danzare, e il traditor vi aspetta;
Poi, se l’incontra, con lui danza e ride
E, colla foga del danzar, l’uccide.
Or per Roberto venne un triste giorno.
Dalla sirena in cenci abbandonato
Egli alla Selva pensò far ritorno,
E questa notte appunto ei v’è tornato.
Già nel bosco s’avanza: intorno, intorno
Riddan le Villi nell’aer gelato.
Ei, tremando di freddo e di paura,
È già nel mezzo della Selva oscura.
Durante la Seconda Parte si scorge lo
stesso paesaggio dell’Atto Primo,
ma è il verno.
È notte. Gli alberi, sfrondati e stecchiti,
sono sovraccarichi di neve. Il cielo è
sereno e stellato: la luna illumina
il tetro paesaggio.
Le Villi vengono a danzare, precedute da
fuochi fatui che guizzano da ogni parte
e percorrono la scena.
LeVilli libretto:LeVilli libretto 2008
ATTO SECONDO
Guglielmo siede sulla porta di casa in
atto di dolore profondo.
GUGLIELMO
No, possibil non è
Che invendicata resti la colpa sua!
Vivea beata e tranquilla
Al mio fianco la mia dolce figliola,
Ed egli venne e,
Colla sua parola, d’amor
Le smanie in lei destò.
alzandosi con impeto
Chi dunque, o scellerato,
Chi l’amor tuo ti chiese?
Quali orribili offese
T’abbiami mai fatto noi
Per uccider quell’angelo
E agli estremi miei giorni
Serbar cotanta angoscia?
No, possibil non è
Che invendicata resti colpa sì grande!
Anima santa della figlia mia,
Se la leggenda delle Villi è vera,
Deh, non esser con lui, qual fosti, pia,
Ma qui l’attendi al cader della sera.
S’io potessi saperti vendicata
Lieto saluterei l’ultimo dì.
Ah, perdona, Signor, l’idea spietata
Che dal mio cor che sanguina, fuggì.
rientra in casa
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LE VILLI
interno
Ei giunge!
Anna! Anna! Anna!
Di morte alla condanna
Ei viene il traditor!
Eccolo, s’avvicina!
Su, dannato, cammina!
guarda verso la casa, poi va verso di
essa come avesse presa una decisione
Bussiam!
fa per bussare, ma indietreggia come se
una forza ignota glielo impedisse
Qual brivido mi colse!
Invan di quella soglia
Tentai sul limite levar la man!
Roberto appare sul ponticello e avanza.
VILLI
Su, dannato, cammina!
ROBERTO
fra sè
Ecco la casa.
Dio, che orrenda notte!
Strane voci m’inseguon.
Le Villi: evvia!
Son fole!
scende
No, delle Villi me non perseguita
La vendetta fatal!
Tu sol m’insegui, rimorso,
Vipera infernal!
Vipera dal veleno infernal!
Torna ai felici dì
Dolente il mio pensier,
Ridean del maggio i fior,
Fioria l’amor, fioria per me l’amor!
Or tutto si coprì
Di lugubre mister,
Ed io non ho nel cor
Che tristezza e terror!
Forse ella vive!
ROBERTO
Pur d’intender parmi
Davvero un canto lugubre!
si inginocchia, come estenuato,
per pregare
O sommo Iddio! Del mio cammino,
Del mio destin quest’è la mèta.
Fa che il perdono la renda lieta
Un solo istante,
E poi morrò!
balzando in piedi
Pregar non posso!
Ah, maledetto il dì,
Il dì che andai lontan di qui!
Maledetta sia la tua bellezza,
O cortigiana vil!
Maledetta in eterno! Maledetta!
VILLI
Cammina! Cammina! Cammina!
ANNA
interno
Roberto!
ROBERTO
Ciel!
La sua voce! Dunque morta non è!
ANNA
appare sul ponticello
Non son più l’amor.
Son la vendetta!
ROBERTO
cade affranto su un sasso
Gran Dio!
ANNA
Ricordi quel che dicevi
Nel mese dei fiori?
‘Tu dell’infanzia mia
Le gioie dividesti e le carezze;
Da te soave e pia imparai
Della vita le dolcezze;
Ah, dubita di Dio,
Ma no, dell’amor mio non dubitar!’
T’amai: mi tradisti.
T’attesi: e non venisti.
Ma è tremendo dolore
In silenzio soffrir!
Senza speranze in cuore
Mi facesti morir!
ROBERTO
La scordai, l’ho tradita,
E per me perdè la vita.
Ah, è tremendo il dolore
Che mi tocca soffrir!
Col rimorso nel cuore
Io mi sento morir!
Roberto va verso Anna come spinto da
una forza ignota. Poi fa per vincere il
fascino che lo investe, ma non può e si
slancia verso di lei. Anna avanzandosi,
stende le braccia e lo attira a sè. Intanto
le Villi accorrono, circondano Roberto ed
Anna e li trascinano, danzando
vertiginosamente, fuori della scena.
SPIRITI
interni
Qui noi t’aspettiam, traditor!
Da noi non attender pietà!
SPIRITI e VILLI
Chi in vita fu sordo all’amor
In morte perdono non ha!
Traditor, t’aspettiam!
Gira! Balza! Gira! Balza!
Roberto accorrendo ansimante, coi
capelli irti, va a bussare alla casa di
Guglielmo. Poi, scorgendo le Villi, che lo
inseguono venendo dalla destra, fa per
fuggire dalla parte opposta, ma Anna
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appare alla sinistra. Ella lo riafferra e lo
travolge nuovamente in una ridda, fra le
Villi che sopraggiungono.
ROBERTO
sfinito, cadendole ai piedi
Anna, pietà!
ANNA
disparendo
Sei mio!
SPIRITI e VILLI
Osanna! Osanna! Osanna!
i protagonisti
LeVilli libretto:LeVilli libretto 2008
LeVilli libretto:LeVilli libretto 2008
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EZIO ROJATTI direttore d’orchestra
Studia organo e composizione organistica. Frequenta la Facoltà di Lettere e Filosofia D.A.M.S.
dell’Università di Bologna, dove particolarmente fecondi saranno i contatti con i docenti
Aldo Clementi e Francesco Donatoni (di cui più tardi seguirà anche i corsi tenuti
all’Accademia Chigiana di Siena). Approfondisce lo studio della composizione con il Maestro
Daniele Zanettovich, si diploma in Musica corale e Direzione di Coro al Conservatorio
Benedetto Marcello di Venezia e successivamente in Composizione al Conservatorio
Giuseppe Verdi di Milano sotto la guida del Maestro Giacomo Manzoni. Ottiene importanti
riconoscimenti al «Concorso Internazionale di Composizione Viotti» e alcuni suoi lavori
vengono eseguiti dall’Orchestra dell’Angelicum di Milano (Traslazioni per orchestra, opera
selezionata nell’ambito della Rassegna Giovani Compositori Lombardi indetta dai Pomeriggi
Musicali e dall’Angelicum). Si perfeziona per la Direzione d’Orchestra con Carlo Maria Giulini
e Leonard Bernstein svolgendo contemporaneamente l’attività di Maestro Collaboratore al
Teatro alla Scala di Milano. Dal 1982 insegna Lettura della Partitura al Conservatorio J.
Tomadini di Udine. Giovanissimo, vince (con votazione 100/100) il Primo Premio al
«Concorso Internazionale di Stresa» (1985). Dal 1985 ricopre il ruolo di Direttore Artistico
e Musicale dell’Orchestra Haydn Philharmonia. Viene segnalato al «Concorso Internazionale
di Direzione d’Orchestra A. Pedrotti» e nel dicembre 1993 vince il Primo Premio Assoluto al
«Concorso di Direzione d’Orchestra Mario Gusella», prestigioso riconoscimento cui sono
seguiti numerosi inviti di istituzioni sinfoniche italiane ed internazionali. Nel 1994 inaugura,
su invito dei Pomeriggi Musicali, il «Festival Milano Milhaud». Nel ruolo di Direttore
d’Orchestra, svolge un’intensa attività concertistica e discografica alla guida di importanti
orchestre con lusinghieri riconoscimenti dalla critica specializzata. Nell’autunno 1999
assume il ruolo di Direttore Artistico e Direttore Musicale della Mitteleuropa Philharmonia,
orchestra di carattere internazionale con sede a Milano. Ha al suo attivo numerose incisioni
discografiche per la Sonoton di Monaco di Baviera, la Bongiovanni, la Nuova Era, la Rivo Alto,
la Real Sound e per la Collana i Maestri della Musica edito dalla De Agostini. Ha effettuato
registrazioni per la Süddeutscher Rundfunk, per la ORF Radiotelevisione Austriaca e per la
RAI Radiotelevisione Italiana. Al Mozarteum di Salisburgo, invitato a dirigere la serata finale
del Festival Aspekte, in collaborazione con la ORF austriaca, realizza dal vivo la prima
registrazione mondiale del Concerto dell’Albatro di G.F. Ghedini. Ha collaborato con
prestigiosi solisti tra i quali citiamo Susanna Mildonian, Severino Gazzelloni, Carl Anderson,
Anna Caterina Antonacci, Michelle Breeth, il Duo Franco e Bruno Mezzena, Aldo Bennici,
Eteri Gvazava, Nicola Piovani, lo Jess Trio di Vienna, I Fiati Solisti della Scala, Renato Bruson,
l’Orchestra da Camera dei Berliner Philharmoniker. Alla guida dell’Orchestra Sinfonica del
Friuli Venezia Giulia, in qualità di Direttore Artistico e Musicale, ha svolto un’intensa attività
sia concertistica che discografica. Nel mese di febbraio 2002, una prestigiosissima tournée
lo ha visto presente alla Sala d’Oro del Musikverein a Vienna e nella stagione del Teatro
alla Scala di Milano. Ha diretto con grande successo l’Orchestra da Camera dei Berliner
Philharmoniker. Nel 2005 è stato pubblicato il DVD del Concerto di Natale dal Duomo di
Milano, con Renato Bruson e Monserrat Caballè, trasmesso anche dalle emittenti televisive
La7 e Rai2. Ha ottenuto un importante successo al Politeama di Catanzaro il 21 marzo 2006
inaugurando l’attività dei Solisti del Teatro alla Scala di Milano.
MASSIMO PEZZUTTI regista
Inizia l’attività musicale da bambino cantando nel Coro di voci bianche del Teatro alla Scala
di Milano. Studia Canto lirico al Conservatorio di musica di Milano, frequenta l’Accademia
Lirica Internazionale di Katia Ricciarelli e i Corsi di Formazione Superiore della Fondazione
Toscanini di Parma. Nel 1991 consegue il 1° Premio alla IX Edizione del «Concorso Nazionale
di Canto A. Lazzari» di Genova. Nel 1994 è vincitore della XV Edizione del «Concorso
Nazionale di Canto M. Battistini» di Rieti dove debutta, al Teatro Flavio Vespasiano, ne
L’Elisir d’Amore (Belcore) di Donizetti con la regia di F. Valeri. Nel 1998 risulta vincitore delle
selezioni internazionali «Opera Giovani in Europa» e nel 2001 quelle di «Città Lirica Opera
Studio». Partecipa, quale cantante-attore, alla produzione del Faust di Goethe con la regia
di Strehler al Teatro Studio di Milano. Registra per il canale culturale Tele +3 lo spettacolo
Le Canzoni di Mefisto: un itinerario attraverso alcuni compositori che alla vicenda del Faust
goethiano hanno dedicato la loro musica (Lieder di Ludwig van Beethoven, Franz Liszt,
Richard Wagner). Nel corso degli anni debutta in oltre quaranta ruoli principali di opere del
repertorio settecentesco e ottocentesco affrontando, inoltre, lavori del ‘600 e contemporanei
(anche con esecuzioni di prime assolute); interprete di musica liederistica, sacra e sinfonica,
canta in importanti teatri italiani e all’estero: Principato di Monaco, Francia, Svizzera,
Germania, Danimarca, Perù, Mississippi e Louisiana (Stati Uniti), Brasile e Giappone.
Massimo Pezzutti intraprende anche la carriera registica. Per diversi anni è direttore di scena
in teatri di tradizione e, come regista assistente, collabora con M. Corradi, M. Scaglione, B.
De Tomasi, A. Masella e M. Mirabella. Nel 2001 debutta con la regia de Il maestro di scuola
di Telemann, de La Cantata del caffè di Bach e di Livietta e Tracollo di Pergolesi al Teatro
LeVilli libretto:LeVilli libretto 2008
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Pacini di Pescia; instaura, così, un rapporto di lavoro continuativo che lo impegna in nuove
produzioni (2002: Bastiano e Bastiana di Mozart e Una testa senza mondo di O. Lacagnina,
in prima esecuzione assoluta; 2003: Il Maestro di musica di Pergolesi; 2004: L’Elisir d’Amore
di Donizetti; 2005: Don Pasquale di Donizetti; 2006: Il barbiere di Siviglia di Rossini) e
istituisce, con P. Papini, il «Concorso Internazionale per Giovani Cantanti Lirici Giovanni
Pacini». Per la stagione lirica del Teatro del Vittoriale di Gardone Riviera dirige Il barbiere di
Siviglia. Al «Festival Galuppi», in collaborazione con la Fondazione Gran Teatro La Fenice di
Venezia, realizza un nuovo allestimento di Bastiano e Bastiana e de La contadina astuta di
Hasse-Pergolesi, dove dirige e affianca, come cantante, il soprano A. Scarabelli. Mette in
scena lo spettacolo da lui ideato Nel séparé… Intimità nell’Operetta al Teatro Civico di La
Spezia, al Circolo degli Artisti di Torino, al Teatro Manzoni di Pistoia, al Palatenda di Cortina
d’Ampezzo e all’Auditorium Comunale di Belluno. Incaricato dal Conservatorio di musica
G. Puccini di La Spezia, riprende l’allestimento de La contadina astuta. Al Teatro Comunale
di Gubbio, collabora con E. Pandolfi alla regia de Il paese dei campanelli di C. Lombardo e
V. Ranzato. Debutta al Piccolo Regio di Torino con la messinscena dell’opera buffa di
G. Donizetti Rita. Nell’ambito del «Festival Arlecchino d’oro» di Mantova, in collaborazione
con il Teatro Municipale di Piacenza e la Fondazione A. Toscanini di Parma, propone una
regia dell’Arlecchinata di Salieri (scene di Guglielminetti) che viene poi replicata al Castello
di Vigevano e in Palazzo Farnese a Piacenza. Cura la regia di Don Giovanni di Mozart a
Milano e di Lucia di Lammermoor di Donizetti al Teatro Civico di Vercelli. Nel 2003, a fianco
di L. Magiera, tiene una opera workshop su Così fan tutte di Mozart, conclusasi con la
rappresentazione dell’opera stessa; ne fa poi seguito una su Le Nozze di Figaro di Mozart
(2004) e su Suor Angelica di Puccini (2005) per l’«Associazione Culturale Amici di Mozart»
di Roma. In occasione del centenario della prima rappresentazione, è chiamato a Fukuoka
(Giappone) per l’allestimento di Madama Butterfly di Puccini alla Fukuoka Hall; questo
evento viene ripreso dalla TV di Stato giapponese NHK Channel 3, trasmesso in uno special
nel programma Teatro d’Arte e, in modo permanente, proiettato al Museo Madama Butterfly
di Nagasaki. Dirige, all’Auditorium Comunale S. Barnaba di Brescia, La Cambiale di
matrimonio di Rossini. Per «Cortina Inverno 2004-05» di Cortina d’Ampezzo, allestisce Il
Maestro di Cappella di Cimarosa e La serva padrona di Pergolesi. A Modena, per il Mu.Vi. Pavarotti International e in collaborazione con la Fondazione Teatro Comunale di Modena,
cura la regia de La Bohème di Puccini (direttore d’orchestra L. Magiera); anche questo lavoro
viene ripreso e trasmesso in differita TV ed è oggetto in due tesi di laurea discusse
all’Università degli Studi di Milano - Facoltà di Lettere e Filosofia (Corso di Laurea in Scienze
dei Beni Culturali e Corso di Laurea in Scienze Umanistiche per la Comunicazione). Nel 2005
tiene corsi di Arte scenica per la Fondazione Musicale S. Cecilia di Portogruaro e per il Civico
Istituto Musicale di Savigliano con l’allestimento, al Teatro Comunale della stessa città,
dell’opera Il Telefono di Menotti. È relatore nella conversazione-concerto su Francesco
Tamagno promossa dal Circolo degli Artisti di Torino. Pubblica per la rivista culturale «Delta»,
un saggio dal titolo Orfeo ed Euridice - Frammenti. Inaugura la Stagione lirica 2006 della
Fondazione Teatro Coccia con Madama Butterfly (direttore d’orchestra, M. Rota). Al Teatro
Sociale di Brescia, è regista dell’opera Rita. Affianca, come relatore, M. Balò, P. Bosisio, L.
Fteita, C. Lievi, V. Marzot e L. Spinatelli alla XVIª Edizione della «Settimana del Teatro» sul
tema Tendenze della regia lirica contemporanea, organizzata a Rimini dal CUT - Centro
Universitario Teatrale di Milano. Prende parte, in qualità di docente in Nozioni di
palcoscenico, al Corso di avviamento e perfezionamento professionale per Maestri
collaboratori nel teatro lirico, indetto dall’Ente Luglio Musicale Trapanese - Teatro di
Tradizione. Per il Teatro Civico di La Spezia è regista de Il barbiere di Siviglia. Firma
l’allestimento de La vedova allegra di Lehár nella Stagione lirica 2006-07 della Fondazione
Teatro Coccia. È nuovamente invitato a partecipare con M. Scaparro, G. Gori e G. De Bosio,
alla «Settimana del Teatro» (XVIIª Edizione) per il tema Musica e poesia: il grande spettacolo
dell’opera. Commissario in concorsi internazionali, è docente nei Laboratori dell’Università
degli Studi di Milano - Dipartimento di Storia delle Arti, della Musica e dello Spettacolo.
EVEGENI STOYANOV coreografo
Nasce in Bulgaria il 14 novembre 1962 dove completa gli studi e consegue il diploma nel
1982. Inizia la sua carriera nei maggiori teatri bulgari, interpretando ruoli del repertorio
classico e neo-classico come Chopiniana, Coppelia, Giselle, Orfeo, Cenerentola, La Fille Mal
Gardée, Pinocchio, Le Corsaire, Vita Bohème. Dal 1986 è ospite della Compagnia Statale di
Danza Contemporanea Arabesque, dove interpreta i ruoli principali in Sagra della Primavera,
Carmina Burana, Carmen, Psyco, Bolero. Nel 1988 riceve il riconoscimento come migliore
artista dell’anno. Dal 1989 è in Italia, dove prende parte a numerose produzioni, come Don
Giovanni, Apres-midi d’un faune, Racconti con Conte, Vita d’eroe, Frange, Donna Laura di
Carini. Uno dei ruoli da ricordare, per successo di critica e pubblico, è Zorba in Zorba il Greco
prodotto in Grecia. Nella sua carriera come danzatore solista, primo ballerino ed étoile, ha
avuto l’opportunità di incontrare artisti, insegnanti e coreografi come F. Alonso, M.
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Arnoudova, V. Biagi, P. Lucanov, G. Carbone, D. Ezralow, R. Greco, R. Kirova, S. Smailou, A.
Gavrilov, M. Zullo, P. Parisov, H. Mechmedov, V. Vladikin, G. Vantaggio, Kwelliar, K. Petrovska,
V. Terzieva. Danza nei teatri di Mosca, Pechino, Shangai, Sofia, Oslo, Copenaghen, Berlino,
Tunisi, Damasco, San Pietroburgo, Larnaca, Salonicco, Atene, Varna, Plovdiv, Milano, Roma.
Arricchisce la sua conoscenza artistica danzando per Moulin Rouge, Rai 1, Rai Sat, televisione
bulgara, cinema spagnolo. Nel 1994 inizia la sua attività di Maître collaborando con varie
compagnie italiane ed estere. Dal 2004 è invitato periodicamente come Maître ed Assistente
al Corpo di Ballo della Fondazione Arena di Verona; inoltre, è spesso chiamato a prendere
parte come maestro ospite ai progetti ministeriali, mirati alla formazione professionale. La
sua prima coreografia viene creata in occasione del Galà di Danza a Trinità dei Monti a
Roma, durante le celebrazioni del Giubileo 2000. Da allora ad oggi, le sue coreografie
vengono rappresentate in occasione di spettacoli teatrali, celebrazioni istituzionali e
produzioni audio-visive. Nel 2005 è fondatore e direttore artistico della Società Cooperativa
Artem, la quale collabora con le accademie nazionali di danza di Svezia, Bulgaria e Italia,
Thessaly Ballet, Balletto di Milano, A.I.D. - Roma. Dal 2006 è Direttore artistico del «Concorso
Internazionale di Danza Sicilia Barocca».
GIANMARIO CAVALLARO maestro del coro
Coordinatore Musicale, Maestro del Coro e Direttore d’Orchestra della Fondazione Teatro
Coccia. Si è esibito con successo in Italia, Francia, Germania, Svizzera, Austria, Turchia,
riscuotendo consensi di critica e di pubblico. Ha collaborato con direttori, registi e cantanti
di fama internazionale come Claudio Scimone, Marcello Rota, Nello Santi, Beppe De Tomasi,
Mario Corradi, Aldo Taraballa, Michele Mirabella, Katia Ricciarelli, Cecilia Gasdia, Giorgio
Zancanaro, Tiziana Fabbricini. Fondatore e direttore di Amadeus Kammerchor e Orchestra
Filarmonica Amadeus. Ha diretto l’Orchestra Sinfonica Giovanile del Piemonte, la Nova
Amadeus Chamber Orchestra di Roma, l’Orchestra Accademia della Sardegna, l’Orchestra
Filarmonica Italiana di Piacenza, l’Orchestra di Bergamo. Dal 2008 dirige le orchestre che
accompagnano la tournée italiana del Balletto di Mosca.
MARIA JOSÉ SIRI soprano
Allieva di Ileana Cotrubas, diplomata in pianoforte al Liceo musicale Franz Liszt e in armonia
alla Scuola di Opera di Montevideo, il soprano uruguaiano Maria Josè Siri dopo un periodo
di perfezionamento del repertorio operistico con Susana Cardonet e di movimento scenico
con Anna D’Anna, inizia a calcare i palcoscenici del suo paese agli inizi degli anni 2000.
Subito riconosciuta come giovanissimo talento dai concorsi internazionali «Juventudes
Musicales» e «Ars Lyrica» di Montevideo che le assegnano il Primo premio assoluto, è poi
eletta Rivelazione dell’anno 2003 dall’Associazione dei Critici Musicali Argentini. Appena
affacciatasi in Italia, nel 2004 si aggiudica il Primo Premio sia al «Concorso Internazionale
dell’Accademia Musicale Umbra» che al «Mattia Battistini» di Rieti, prima di ottenere gli
stessi ambitissimi Primi Premi Assoluti ai «Concorsi Nuevas Voces Liricas» al Teatro Colòn
di Buenos Aires e al «Concorso Internationale de Bilbao» in Spagna. Nel 2006 si aggiudica
anche il Premio Musica Spagnola del «Concorso Manuel Ausensi» del Teatro Liceu di
Barcelona, il Primo premio Competizione dell’Opera e il Premio Miglior Cantante scelta dal
pubblico alla Semperoper in Germania. I suoi principali impegni del 2006 l’hanno vista
protagonista nel ruolo di Leonora ne Il Trovatore al Teatro Argentino de La Plata e al Teatro
Municipal di Santiago del Cile, Musetta ne La Bohème al Teatro Colòn di Buenos Aires,
Violetta ne La Traviata al Teatro Solis di Montevideo, Liù nella Turandot ancora al Teatro
Colón di Buenos Aires. Nel 2007 numerosi impegni in Austria, Germania, Italia e Sud America.
È stata selezionata dal Maestro Bartoletti come Leonora per una produzione de Il Trovatore
nel 2008 al Teatro Carlo Felice di Genova.
GEZIM MYSHKETA baritono
Nato in Albania nel 1982, dopo gli studi iniziali di canto a Tirana, si diploma al Conservatorio
di Parma. Ha cantato al Coccia di Novara, inaugurando la stagione 2005 nell'Arrighetto
dello stesso Coccia. Nella primavera 2006 ha interpretato con successo L'Arlesiana di Cilea
per la regia di Vittorio Sgarbi al Sassuolo Musica Festival con repliche al Teatro delle
Celebrazioni di Bologna e, in novembre, al Teatro Sociale di Mantova. A seguito della brillante
affermazione al Concorso AsLiCo 2006, in cui è risultato vincitore nel Don Giovanni sia per
il ruolo del titolo che per il ruolo di Leporello, ha debuttato nel ruolo di Don Giovanni nel
novembre 2006 al Teatro Grande di Brescia e nel ruolo di Leporello al Teatro Sociale di Como,
riscuotendo unanimi consensi in entrambe le occasioni. Ha successivamente proseguito la
produzione AsLiCo nel ruolo Don Giovanni, con recite a Brescia, Massy (Francia), Como,
Pavia e Cremona e, sempre per la stessa istituzione, ne L'elisir d'amore (Belcore) nel 2007.
Ha recentemente interpretato il ruolo di Ubertone ne La serva padrona di Pergolesi,
Guglielmo in Così fan tutte a Pavia, Como, Brescia e Cremona, Guglielmo Wulf ne Le Villi di
Puccini al Teatro Coccia di Novara e al Teatro Sociale di Mantova; ha debuttato al Teatro
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Comunale di Bologna nella produzione di Orphée et Euridice dei fratelli Alagna nel ruolo
della Guida e successivamente è stato al Teatro Verdi di Trieste per Iris di Mascagni e per
Trouble in Tahiti di Bernstein. Prossimamente sarà impegnato ancora a Trieste per La rondine
di Puccini; successivamente sarà a Macerata per Carmen. Nel 2009 parteciperà alle
produzione del Giulio Cesare di Händel a Bilbao, sarà Figaro ne Le nozze di Figaro a Palm
Beach (Usa) e al Teatro Comunale di Bologna.
ERNESTO GRISALES tenore
Il tenore Ernesto Grisales ha studiato canto, musica, italiano, francese, inglese, tedesco alla
scuola di canto e al Real Conservatorio di musica di Madrid, dove ha ottenuto i titoli di
Cantante d’Opera e concerto e professore di canto. Ha vinto diversi premi in concorsi
internazionali di canto: Primo premio a Verviers (Belgio); Primo premio a Marsiglia (Francia);
Primo premio a Logroño (Spagna); Primo premio a Bilbao (Spagna); Secondo premio al
Concorso Viotti (Italia); Mario del Monaco (Italia); a Tolosa (Francia); Francisco Viñas
(Barcellona - Spagna). Ha cantato con: Renato Bruson in Traviata - ruolo Alfredo (Opera di
Roma 1994); Eva Marton in Turandot - ruolo Calaf (San Paolo del Brasile 1998), Helena
Ubrazotwa in Ballo in Maschera - ruolo Riccardo (San Paolo del Brasile 1999) e Le Villi,
Tomowa Sinton in Tosca (Leipzig 1996) e Madama Butterfly (Berlino 1999), Daniela Dessì in
Aida nel ruolo di Radames (Arena di Verona 2000), con Sherril Milnes in Tosca nel ruolo di
Cavaradossi (Florida 1998). Ha partecipato a festival importanti come: Torre del Lago
(Cavalleria rusticana - 1994, Turandot - 2001); Avanches (Svizzera) dal 1996 al '98 con Aida,
Carmen, Turandot; Saint Margherita dal 1996 al 2004 (Aida, Carmen, Turandot, Otello);
Copenair Festival a Vienna. Ha cantato nei teatri più importanti di tutto il mondo: Toulose,
Toulon, Marsiglia, Liegi, Leipzig, Bonn, Bratislava, Praga, Novara, Mantova, Venezia e in
paesi come: Norvegia, Francia, Olanda, Spagna, Stati Uniti d'America, Canada, Colombia,
Perù, Paraguay, Turchia, Slovenia, Italia, Giappone, Finlandia, Svizzera, Katar. Vastissimo il suo
repertorio: Leoncavallo I Pagliacci, Mussorgskij Boris Godunov, Puccini Tosca, Madama
Butterfly, Le Villi, Manon Lescaut, Verdi Requiem, La Traviata, Rigoletto, Nabucco, Macbeth,
La Forza del destino, Un ballo in maschera, Luisa Miller, Aida, Don Carlo, Ponchielli La
Gioconda, Giordano Andrea Chenier, Mascagni Cavalleria rusticana, De Falla La vida breve.
Da sottolineare anche le sue performance nel repertorio sacro.
ORCHESTRA FILARMONICA ITALIANA
Fondata nel 1977, l’Orchestra Filarmonica Italiana, formata al completo di circa 120
elementi, ha da sempre attribuito particolare riguardo sia alla tradizione più popolare dei
repertori lirico e sinfonico, sia ad un decisivo apporto innovativo al proprio raggio d’attività
comprendente titoli raramente eseguiti, anche con importanti incursioni in area
contemporanea; a questa impronta varia e decisamente vincente è da aggiungere il
costante impegno nella diffusione e valorizzazione della sezione cameristica. La validità di
questo organismo, si denota anche dal valore dei direttori che lo hanno e che lo dirigono,
tra i quali: Janos Acs, Yuri Ahronovitch, Maurizio Arena, Marco Balderi, Maurizio Benini,
Angelo Campori, Giuliano Carella, Fabrizio Carminati, David Colemann, Claude Cuguillere,
Alessandro Dagostini, Massimo De Bernart, Giovanni Distefano, Marco Fracassi, Carlo
Franci, David Garforth, Julian Kovatchev, Leo Kramer, Guido Maria Guidi, Alain Guingal,
Herbert Handt, Will Humburg, Alberto Leone, Marko Letonja, Ivo Lipanovic, Daniel Lipton,
Fabio Luisi, Leone Magiera, Karl Martin, Daniele Mores, Pier Giorgio Morandi, Edoardo
Müller, Piercarlo Orizio, Marcello Panni, Francois Pantillon, Walter Proost, Stefano Ranzani,
Nicola Rescigno, Carlo Rizzi, Marcello Rota, Nello Santi, Nino Sanzogno, Michel Sasson,
Aldo Sisillo, Giampiero Taverna, Roberto Tolomelli, Paolo Vaglieri, Marcello Viotti, Giuseppe
Zanaboni, Giacomo Zani, Filippo Zigante, Ottavio Ziino, Alessio Vlad. Dal barocco al
neoclassicismo, dal romanticismo all’ecclettismo, dal verismo al contemporaneo: l’Ofi è
presente in Italia e all’estero con un saldo repertorio che l’ha distinta per impegno, serietà
e resa qualitativa che spazia dai titoli popolari di “cartellone” alle riproposte moderne, fino
alle prime esecuzioni assolute. Di eccezionale riguardo gli interpreti vocali che sempre si
sono avvalsi della collaborazione dell’Ofi, stimandola e richiedendola per l’apprezzata
professionalità. Si ricordano: Fabio Armigliato, Carlo Bergonzi, Renato Bruson, Piero
Cappuccilli, José Carreras, Silvano Carroli, Masako Deguci, Daniela Dessì, Mariella Devia,
Ghena Dimitrova, Chantal Duburry, Tiziana Fabbricini, Cecilia Gasdia, Giuseppe Giacomini,
Raina Kabaivanska, Nicola Martinucci, Leo Nucci, Fiorelia Pediconi, Michele Pertusi, Katia
Ricciarelli, Martha Senn, Olivia Stapp, Paolo Washington. Fra le notevoli produzioni di
balletto che hanno evidenziato e consolidato il prestigio che l’Ofi ha meritato nel corso
degli anni presso pubblico e critica, si ricordano danzatori quali: Carla Fracci, Rudolf
Nureyev, Luciana Savignano, Alessandra Ferri. Hanno inoltre richiamato notevole interesse
le sue produzioni all’estero, come la tournée di musica italiana tenuta in Belgio e Olanda
per la diffusione della cultura nazionale con consenso dello stato italiano, nonché le
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rappresentazioni operistiche in Libano. L’Ofi è stata ripresa e trasmessa sia televisivamente
che radiofonicamente in più occasioni, attraverso i canali nazionali, dalla rete vaticana,
anche in mondovisione, e inoltre ha al proprio attivo incisioni discografiche e video. Ampio
interesse e gradimento della critica ha suscitato la registrazione di ben sei titoli di opere
buffe settecentesche cadute nell’oblio, nonché il dvd del tenore Andrea Bocelli “A night in
Tuscany”, distribuito con grande successo a livello mondiale dalla Polygram.
Da diversi anni accompagna il M° Andrea Bocelli nelle tournées italiane ed estere; di rilievo
il concerto “evento” dell’estate 2006 in mondovisione, per l’inaugurazione del “Teatro del
Silenzio” di Laiatico. Altro evento di portata mondiale è stato il concerto per i 10 anni
dell’emittente satellitare “Al Jazeera", l’Orchestra è stata chiamata ad eseguire in prima
mondiale ed in mondovisione diretta “Shark”.
CORO LIRICO DEL TEATRO COCCIA
Formato da professionisti con esperienze nei maggiori teatri Italiani. Tra le molte
esecuzioni: il Concerto lirico con il soprano Cecilia Gasdia, la Missa Brevis di Mozart, il
Requiem di Mozart, la IX Sinfonia di Beethoven, la Messa S.Cecilia di Gounod, il Requiem
di Faurè, i Vespri solenni de Confessore di Mozart, il Requiem di Cherubini, il Gloria di
Vivaldi, lo Stabat Mater e Petite Messe Solennelle di Rossini, i Carmina Burana di Orff, la
Sinfonia Lobgesang di Mendelssohn. Ha in repertorio opere liriche quali: La Bohème,
Turandot, Madama Butterfly, Tosca e Le Villi di Puccini, La Traviata, Il Trovatore di Verdi,
Barbiere di Siviglia, Italiana in Algeri, Il Turco in Italia di Rossini, Clotilde di Coccia (con
incisione discografica), eseguita in prima assoluta in tempi moderni, Faust di Gounod,
Cavalleria Rusticana di Mascagni, Pagliacci di Leoncavallo, Adriana Lecouvreur di Cilea,
Carmen di Bizet, L’Elisir d’Amore e La figlia del reggimento di Donizetti, La Sonnambula di
Bellini. Gode di consensi espressi dalle principali riviste di settore tra cui: “Opera” firmati
da Sabino Le Noci e Alessandro Mormile. Direttore musicale ed organizzativo il
M°Gianmario Cavallaro.
Coro del Teatro Coccia di Novara
Corpo di Ballo del Teatro Coccia
Soprani
Silvia Carretta
Elena Ceranini
Elisabetta Farris
Alessandra Ferrari
Angela Fiordalise
Rossella Giacchero
Elena Lunardi
Laila Santangelo
Maria Grazia Nobili
Gabriella Selvaggio
Nicoletta Strano
Elisabetta Cantando
Olga Zhdan
Savina Bellotto
Laura Colucci
Anna Kolesarova
Maria Teresa Molino
Giorgio Colpani
Alessio Di Stefano
Francesco Pelli
Federico Veratti
Mezzosoprani
Viviana Baldissin
Claudia Galanti
Anna Giumentaro
Polina Kudishkina
Michela Gienti
Rumyana Petrova
Tenori
Arturo Carretta
Davide Rufo
Damiano Cerutti
Alessandro Raimondi
Mario Scalabrini
Francesco Torrisi
Michele Viselli
Bassi
Luca Bauce
Daniele Facchin
Alessandro Scuccimarro
Luca Ludovici
Giovanni Battaglino
Tommaso Quanilli
Gianclaudio Zanchetta
Maître de Ballet
Cristina Molteni
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Organigramma
Sindaco di Rovigo
Direttore tecnico di palcoscenico
Fausto Merchiori
Roberto Lunari
Assessore alla Cultura e Spettacolo
Direttore di palcoscenico
Federico Frigato
Federico Bertolani
Sovrintendente e Direttore Artistico
Capo elettricista
Marcello Lippi
Gianluca Quaglio
Dirigente Settore Cultura e Servizi Generali
Elettricisti
Domenico Santaniello
Francesco Piva, Carlo Busson
Funzionario Settore Cultura e Spettacolo
Aiuto elettricista
Angela Baruchello
Lorenzo Franco
Segretario Artistico
Capo macchinista
Andrea Attucci
Matteo Fasano
Funzionario Amministrativo
Macchinisti
Laura Cuozzo
Alex Berto, Fabian Tartari, Marco Aurelio Sagredin
Funzionario Contabile
Aiuto macchinista
Lucia Toffanin
Lorenzo Giacomello
Promozione e Immagine
Scenografi realizzatori
Milena Dolcetto
Tiziana Bellinato, Giulio Magnetto, Samantha Pigozzo
Ufficio Stampa del Comune di Rovigo
Capo sarta
Paola Gasperotto
Mirella Magagnini
Segreteria e amministrazione
Sarte
Ilaria Viaro
Roberta Ponzetto
Otello Galasso
Mara Lazzarin
Natalia Favaro
Sandra Andreotti
Monica Luciano
Monica Scaranello
Paola Gallo
Valeria Andriotto, Maria Magagnini, Angela Shaw, Francesca Milan
Capo parrucchiera
Daniela Berto
Parrucchiere
Giovanna Almi, Alessandra Pirani
Capo truccatrice
Monica Salomoni
Truccatori
Chiara Marzolla, Riccardo De Agostini
LeVilli libretto:LeVilli libretto 2008
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Presentazione dell’opera
giovedì 11 dicembre 08 ore 18.00
Rovigo - Accademia dei Concordi, Sala Oliva
a cura dell’Associazione Amici del Teatro Sociale di Rovigo
Relatore Sergio Garbato
Le Villi
a Mantova
Teatro Sociale
14 dicembre 07
16 dicembre 07
a Novara
Teatro Coccia
venerdì 18 gennaio 08
domenica 20 gennaio 08
Questo libretto è stato curato da Milena Dolcetto
Si ringraziano Cristina Molteni, Giulia Annovati e Isabella Arnoldi del Teatro Coccia di Novara per il materiale fornito.
Illustrazione di copertina di Alessandro Raise
Foto di Aurelio Dessì e Carla Moro
Realizzazione grafica: FANCY GRAFICA - Rovigo
Stampa: Europrint - Rovigo
In stampa dicembre 2008
Il Teatro Sociale di Rovigo è a disposizione degli aventi diritti
per le fonti iconografiche che non è stato possibile individuare
Stampato su carta Gardapat Kiara 13
(patinata senza legno, senza aggiunta di imbiancanti ottici)
Pagina 40
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LeVilli libretto:LeVilli libretto 2008