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«Credo perché mi sento amata»
Divagazione sulla fede da un libretto di Armando Drago
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IO NON
MI VERGOGNO
DEL VANGELO
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N
ulla oggi è
così arduo
come dire
«io credo in Dio» e darne ragione in
parole comprensibili a chi ascolta. Io
mi esercito a farlo a modo del giornalista che non porta pena, ma non
trovo le parole giuste e sto attento a
ogni altro tentativo. Per questo motivo ho letto fino in fondo un libretto
senza pretese e senza referenze intitolato Credo in Dio perché è il più bravo
(scritto da Armando Drago e appena
pubblicato dalle EDB, Bologna 2010,
pp. 168, € 12) e me ne è venuto un
qualche guadagno ai fini di quella ricerca.
Sono 765 risposte alla domanda:
«Perché credi in Dio e nell’altra vita?» che l’autore ha rivolto – con la
distribuzione di migliaia di foglietti –
a chiunque gli capitasse a tiro, piccoli e grandi, noti e sconosciuti. Alcuni
atei tranquilli, altri musulmani e
buddhisti. Chi della Campania e chi
del Veneto, ma per lo più toscani incontrati negli anni. Ne sono venute
un migliaio di risposte, «la maggior
parte di esse» è finita in questo libretto, precedute dalla narrazione godibilissima delle rispostacce che il nostro si becca da chi a tutto pensa meno che a Dio.
«PERCHÉ CREDI IN DIO
E NELL’ALTRA VITA?»
C’è chi risponde con rimando al catechismo e all’essere perfettissimo (risposta 204); chi va sicuro: «Perché
me lo dice il Vangelo» (22); chi distingue: credo in Dio, ma nell’altra vita «non lo so» (274). Chi cortocircuita: «Credo perché credo» (446). Chi
dà ragioni sorprendenti: «Perché i
bambini ci credono» (338). Chi è sincero da morire: «Perché ne ho bisogno» (301). Chi si arrende al primo
colpo: «Non te lo so dire» (20).
Fin qui uno si divaga a leggere.
Ma ogni tanto viene una risposta impegnativa, almeno come formulazione personale di un luogo noto dell’apologetica: «Perché mi ha dato la vita» (risposta 314 e un’altra quindicina), «perché la mia vita non può essere un caso» (43 e un’altra ventina),
«perché non può finire così» (41 e
un’altra ventina).
Più vive sono una serie di risposte
che puntano sull’esperienza personale: «Perché l’ho incontrato» (53 e altre nove), «perché ho avuto delle
prove» (10 e altre sette), «perché ricevo dei segnali» (83 e un’altra dozzina), «perché quando chiedo mi risponde» (91 e altre sei).
Vivissime – per me – sono risultate le risposte che fanno riferimento
all’esperienza dell’amore accolto e
donato e ho gioito nel vedere che
erano, come genere, le più numerose: «Perché mi sento amato» (296 e
altre trenta), «perché lo amo» (271
e altre due), «perché sento che mi è
vicino e – anzi – che è dentro di
me» (229 e altre trenta), «perché
credo nell’amore» (392 e un’altra
trentina).
Come inchiesta questa del prode
Armando non vale granché: il «campione» chiamato a rispondere è casuale, l’ordine in cui vengono riportate le risposte altrettanto. Ma ciò che
mi ha aiutato è stata proprio l’ingenuità, voglio dire la genuinità, di chi
ha proposto la domanda e di chi ha
risposto. Non serve per apprendere
«che cosa credono» gli italiani di oggi, ma ci dà alcune centinaia di risposte che vengono dal cuore.
CHE PUÒ VENIRE DI BUONO
DA BONISTALLO?
Armando Drago è nato a Baone,
Padova, nel 1950 e vive a Bonistallo,
che credo si trovi dalle parti di Prato: egli dice ogni tanto «Bonistallo»
e nient’altro come fosse un luogo
importante. È un uomo semplice,
ma conosce il mondo. Ha lavorato
per una ventina d’anni in Svizzera
come tecnico di macchine industriali, interprete e allenatore di calcio.
Non ha timore di abbordare uno
sconosciuto e di chiedergli perché
crede in Dio.
Come accennavo, tra tutte preferisco le affermazioni che parlano
della fede come dono che viene a
noi nell’amore. «Perché mi sento
amata di un amore grandissimo» è
la risposta più bella fra tutte quelle
del libretto: ha il numero 15 ed è di
una donna che si chiama Liliana,
nata nel 1973: dunque oggi ha 37
anni. La risposta 494 suona come
l’altra faccia di questa medaglia:
«Solo amando siamo immortali perché l’amore è Dio».
Se la fede mi viene da Dio, se è
gratia gratis data; e se Dio è amore,
allora questa fede non potrà che essere chiamata all’amore e risposta
nell’amore. Dunque «credo perché
mi sento amata» sta a segnalare questo aspetto: sono stata raggiunta da
un Dio amore al quale cerco di affidarmi.
Suor Serena, 39 anni: «Dio è per
me evidenza sconfinata, da sempre.
La vita eterna: un abbraccio senza fine iniziato tanti anni fa. Come posso
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dubitare di un abbraccio?» (511).
Emanuela 1964: «Io ti amo, Signore,
per avermi amata» (719). Antonietta
1936: «Lui è mio padre, io sua figlia»
(505). Maria Luisa: «Il giorno in cui
sono nata, sono nata per sempre»
(421).
Un’altra risposta travolgente è di
una donna di 46 anni che non mette
il nome e scrive: «Perché l’amore
che porto dentro sento che è inesauribile» (421). Anche la sofferenza
vinta nell’amore può portare a Dio:
«A volte il dolore ci offusca la vista,
ma fa venire fuori la nostra capacità
di amore. Questa è esperienza di
Dio» (283).
«CREDO PERCHÉ SONO FELICE»:
QUESTA SÌ CHE È UNA RISPOSTA
Dello stesso genere – io credo – è
la risposta di una suor Giovanna che
al numero 11 dice: «Perché c’è questo grande mondo dentro di me». Sono 17 le risposte con questa tonalità.
Una delle più efficaci, di una persona
di sessant’anni afferma: «Credo in
Dio perché lo sento dentro di me e
ho bisogno di lui».
Una – anonima e senza data – dice che crede in Dio «perché mi sento
parte di lui» (251). Cinque affermano di credere per l’esperienza della
felicità e qui mi sono fermato, ho passeggiato un poco per il corridoio, ho
aperto la finestra che c’è al centro e
mi sono detto – tutto contento – che
la via della gratitudine non è preclusa ai nostri giorni: credo «perché sono felice» (263), « perché troppo bella è la mia vita» (285), «perché mi ha
regalato un figlio bellissimo e un marito fantastico e sono felice» (319),
«perché è una cosa che mi rende felice» (328), «felice di essere qui»
(509). Quello che ha scritto di credere perché è felice si chiama Luigi come me: gli ho mandato un bacio.
Ritengo che la motivazione che rimanda all’amore sia oggi la meglio ricevibile dai non credenti. Se io dico
che credo perché mi sento amato,
l’altro può intuire in che cosa consista la mia condizione di grazia che
egli non ha ancora sperimentato e
magari potrà disporsi ad attenderla.
Se invece rimando alla ragione o al
cosmo, l’altro si sentirà tagliato fuori.
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Anche qui vale – mi pare – l’aforisma
di von Balthasar: «Solo l’amore è credibile» (titolo di un saggio del 1963,
tradotto da Borla nel 1965). E mi allieta l’impegno con cui papa Benedetto viene svolgendo la sua teologia
dell’amore.
«PERCHÉ SPERO CHE DOPO
RIVEDRÒ I MIEI CARI»
Il signor Armando – che ha armato questo arsenale di risposte – immagino si meraviglierà della mia elaborazione. Ha trafficato per un decennio con i suoi bigliettini mosso da un
fuoco che gli si era acceso dentro con
la morte della moglie che si chiamava Angelina. Racconta anche che una
volta la sognò e gli parve che gli chiedesse di fare qualcosa per le persone
di colore che aveva con sé. E allora
Armando, che è un uomo pratico, ha
unito due obiettivi: interrogarsi e interrogare su Dio e la vita eterna, nella quale attende di ritrovare Angelina; e dare il ricavato della pubblicazione a un ospedale in Africa.
Come autore di svariati libretti immagino che l’aiuto all’Africa sarà minimo, ma consiglio la lettura delle
brevi e sapide risposte. Forse provocate dalla ragione dell’iniziativa – la
memoria della sposa – molte risposte
cavano una ragione di fede dal desiderio del ricongiungimento con i familiari: «Credo nell’altra vita perché
spero che quando morirò rivedrò i
miei cari» (risposta 13 e altre trenta).
Una fede basata sulla speranza.
Un poco simile a quella di chi – come
abbiamo visto – riconosce che crede
perché ne ha bisogno. La formulazione è ingenua, ma la questione è seria.
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Ed è nota alla Scrittura e al Credo:
«Aspetto la risurrezione dei morti e
la vita del mondo che verrà».
Così la formula lo stesso autore
del libretto alla risposta 26: «Ho conosciuto e conosco l’amore di mia
moglie per me, per i miei figli, per la
mia famiglia, per gli altri, per i fiori e
per la natura. Vivo con la speranza di
rivederla un giorno e di restare per
sempre con lei».
In chi trova un argomento per
credere nel desiderio di rivedere le
persone amate opera un rimando
della fede all’amore che io credo decisivo – come già detto – per la presentazione del messaggio cristiano all’umanità di oggi. Ma ogni argomento tratto dal vissuto è controvertibile.
Ecco per esempio alla risposta 176
un suo rovesciamento a opera di un
tale che si firma Corrado 1934 e che
dunque oggi ha 76 anni: «Dalla morte di mia moglie mi sono disorientato. Credo soltanto se tocco».
CERONETTI: «HO CERCATO E
ASPETTATO TUTTA LA VITA»
Dicevo che nel libretto non mancano – ma sono una manciata – i personaggi noti. Tra essi Enzo Biagi, che
alla risposta 227 rimanda anch’egli
all’argomento del ricongiungimento: «In Dio? Alti e bassi. Nell’altra vita
sì! Perché rivedrò i miei cari». Qui è
evidente che il desiderio prevale sul
convincimento e lo fonda per intero.
C’è anche una risposta di Guido
Ceronetti che è la più lunga di tutto
il libretto e che nella prima parte dice così: «Non mi pare che Dio sia raggiungibile da un pensiero umano,
anche se sublime. Si è sempre costretti ad accontentarci di poco, troppo poco. Chissà se un giorno Dio
vorrà rivelarsi di più, rompendo il
suo silenzio… Io posso dire soltanto
che ho cercato e aspettato durante
tutta una ormai lunga vita». Ho letto
tanto di Guido e so la tenacia della
sua ricerca. Essa rispuntava anche in
una serata da Fabio Fazio, nella trasmissione Che tempo che fa (8.2.2009).
Io sto con Ceronetti e con la sua invocazione a Dio perché venga in soccorso alla nostra attesa.
Luigi Accattoli
www.luigiaccattoli.it
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