Oasi di misericordia Itinerario per il tempo di Quaresima-Pasqua 2016 PER USARE OGNI GIORNO IL SUSSIDIO • Il titolo: “OASI DI MISERICORDIA” riprende una frase contenuta nella Misericordiae Vultus, la bolla di indizione del Giubileo straordinario della Misericordia. • Il contenuto: è stato chiesto ai missionari e ad alcune persone che svolgono il loro servizio in luoghi dove si sperimenta come la Misericordia “È fonte di gioia, di serenità e di pace… È condizione della nostra salvezza… È la parola che rivela il mistero della SS.Trinità… È l’atto ultimo e supremo con il quale Dio ci viene incontro…È la legge fondamentale che abita nel cuore di ogni persona…È la via che unisce Dio e l’uomo, perché apre il cuore alla speranza di essere amati per sempre nonostante il limite del nostro peccato” (MV 2), di raccontare un frammento della loro vita a commento del Vangelo quotidiano. Oasi LA PROPOSTA DAL MERCOLEDÌ DELLE CENERI A PASQUA: • All’inizio del cammino, ogni settimana e prima del solenne Triduo Pasquale: una sezione curata dalla Caritas diocesana ci aiuta a riscoprire le opere di misericordia. • Ogni giorno ci accompagna: - Il Vangelo proclamato nella celebrazione eucaristica feriale e festiva. - La descrizione della situazione in cui vivono coloro che commentano la Parola. - Il commento alla parola. È stata affidata a missionari (la maggior parte originari della diocesi) e a persone/associazioni/gruppi che, in ambiti diversi, si occupano di accompagnare chi vive momenti di emarginazione, povertà, malattia, sofferenza, solitudine. Non sono commenti di esegesi della Parola di Dio, ma racconto di come il Vangelo ci fa diventare “Misericordiosi come il Padre”. - La preghiera perché “la Quaresima di questo Anno Giubilare sia vissuta più intensamente come momento forte per celebrare e sperimentare la misericordia di Dio” (MV 17). - Una pagina bianca, senza racconto dei testimoni, per ogni settimana: …non perché mancano i testimoni o perché non ci sono state risposte adeguate a quanto richiesto! Chi intraprende questo cammino verso la Pasqua è chiamato, in prima persona a diventare “Oasi di misericordia” perché chiunque possa sostare e sperimentare gioia, salvezza, perdono, tenerezza. Allora proviamo a scrivere il commento nelle pagine bianche, ciascuno sul suo libretto: che bello sarebbe poi poterlo condividere nelle nostre comunità, gruppi, movimenti, famiglie! “La Chiesa ha la missione di annunciare la misericordia di Dio, cuore pulsante del Vangelo, che per mezzo suo deve raggiungere il cuore e la mente di ogni persona. La Sposa di Cristo fa suo il comportamento del Figlio di Dio che a tutti va incontro senza escludere nessuno. Nel nostro tempo, in cui la Chiesa è impegnata nella nuova evangelizzazione, il tema della misericordia esige di essere riproposto con nuovo entusiasmo e con una rinnovata azione pastorale. La prima verità della Chiesa è l’amore di Cristo. Di questo amore, che giunge fino al perdono e al dono di sé, la Chiesa si fa serva e mediatrice presso gli uomini. Pertanto, dove la Chiesa è presente, là deve essere evidente la misericordia del Padre. Nelle nostre parrocchie, nelle comunità, nelle associazioni e nei movimenti, insomma, dovunque vi sono dei cristiani, chiunque deve poter trovare un’oasi di misericordia.” (Misericordiae Vultus 12) Esprimiamo un cordiale ringraziamento a tutti coloro che hanno contribuito alla stesura del sussidio inviando le loro riflessioni. Don Sergio Tettamanti alla “Tenda di Mamre” ha redatto le preghiere di ogni giorno: a lui un ringraziamento speciale! Per informazioni su attività e recapiti di chi ha collaborato a questa pubblicazione, per altro materiale utile per il cammino quaresimale potete contattare il Centro Missionario e la Caritas Diocesana. www.centromissionariocomo.it; [email protected] tel. 031 3312324 www.caritascomo.it [email protected] tel 031 3312333 di misericordia Itinerario per il tempo di Quaresima-Pasqua 2016 Con queste parole Papa Francesco ha indetto il Giubileo straordinario della Misericordia. Le accogliamo e ci mettiamo in cammino: il Centro Missionario e la Caritas diocesana offrono un semplice strumento che accompagna i giorni dal mercoledì delle Ceneri alla Pasqua. Nel giorni di Quaresima sostiamo nelle “Oasi di misericordia”: • Il Vangelo proclamato nell’Eucaristia quotidiana diventa preghiera, meditazione, conversione. • La testimonianza di missionari e di persone, sacerdoti e laici, impegnate in comunità, associazioni e movimenti racconta come l’incontro con il Padre Misericordioso cambia la vita e la storia. • La conversione personale matura riscoprendo le opere di misericordia corporale e spirituale, facendo esperienza della misericordia del Padre, scegliendo uno stile di vita nuovo. q u a r e s i m a DAR DA MANGIARE AGLI AFFAMATI, DA BERE AGLI ASSETATI, VESTIRE GLI IGNUDI Una sola famiglia umana: cibo per tutti? I dati che narrano quanti milioni di esseri umani ancora oggi non accedono ad una alimentazione quotidiana adeguata e dignitosa, parlano di numeri “scandalosi”. Come scandaloso è scoprire, andando a leggere i dati con maggior attenzione, che il cibo scartato e ancora commestibile è tantissimo. La FAO calcola che ogni anno si sprechino 1,3 miliardi di tonnellate di cibo, pari a 1/3 della produzione totale destinata al consumo umano. Il solo spreco di cibo in Italia ha un valore economico che si aggira intorno ai 13 miliardi di euro all’anno. Scandaloso è scoprire che sono aumentati gli affamati/assetati a causa delle devastazioni delle guerre, dei cambiamenti climatici, del landgrabbing, dell’iniqua ridistribuitone della ricchezza nel mondo. Nel 2007-08 il prezzo del cibo è aumentato dell’83% e nel 2010-11 del 97%. In generale, la malnutrizione riguarda circa 850 milioni di persone: uomini, donne, bambini che si vedono precluso il 4 diritto fondamentale ad un’alimentazione che consenta loro di avere una vita dignitosa sotto tutti i punti di vista. Affrontare il tema del “dar da mangiare agli affamati”, è affrontare lo spinoso fronte del nostro stile di vita occidentale, basato sull’accumulo e lo spreco, soprattutto del cibo. È immorale pensare che oggi, milioni di persone muoiano di fame. È immorale sapere che moltissime popolazioni non hanno accesso alle fonti di alimentazione basiche perché le terre, le acque, le risorse sono sfruttate per dare ricchezza ad un numero ridotto di persone e che non c’è un sostanziale ritorno per loro stesse nell’uso della risorsa alimentare. È immorale devastare la natura con le coltivazioni intensive, la distruzione della biodiversità, l’inquinamento della terra e delle acque, senza pensare alle conseguenze e ricadute su milioni di famiglie nel mondo. Che fare allora? Muoverci per una maggior consapevolezza che il nostro stile di vita ha a che fare con la vita di altri perché le nostre scelte quotidiane intercettano anche le esigenze di coloro che abitano la Terra insieme a noi. Rossano Breda, Caritas Diocesana 5 DIOCESI DI COMO Quaresima 2016 mercoledì delle ceneri mercoledì Matteo 6, 1-6.16-18 10 febbraio In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 2016 «State attenti a non praticare la vostra giustizia Metto nelle tue mani Signore la mia vita, il mio cuore. Tu, Padre misericordioso, in questo tempo di Quaresima modella, plasma, ricrea tutto il mio essere così da far riemergere in tutta la sua bellezza la tua immagine, impressa in me tua creatura di polvere e cenere, ma abitata, per misericordia, dal tuo Spirito di vita. davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli. Dunque, quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipòcriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. E quando pregate, non siate simili agli ipòcriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipòcriti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu digiuni, profùmati la testa e làvati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà». GIUBILEO STRAORDINARIO DELLA MISERICORDIA 6 Voluto da Papa Francesco, a 50 anni dalla chiusura del Concilio Ecumenico Vaticano II, ha visto l’inizio a Roma l’8 dicembre 2015, e nelle singole diocesi il 13 dicembre, anche se la prima “Porta Santa della Misericordia” è stata aperta direttamente dal Papa a Bangui, nella Repubblica Centrafricana, la prima domenica di Avvento, il 29 novembre 2015. “Misericordiosi come il Padre” è il motto scelto per questo tempo di grazia che si concluderà nella solennità di Cristo, Re dell’universo, il 20 novembre 2016. In particolare, durante la Quaresima si colloca l’invito a celebrare le “24 ore per il Signore”, venerdì 4 e sabato 5 marzo p. v., riscoprendo il sacramento del Perdono e impegnandosi con intelligente zelo per vivere le opere di misericordia corporale e spirituale. Si apre un cammino per “ritornare al Signore”, come dice il profeta Gioèle. Ma come, noi che leggiamo il libretto della Diocesi per la Quaresima siamo già vicini al Signore, siamo già nella Chiesa, riceveremo anche le sacre Ceneri! Più di così! Più di così… c’è il cuore! Al Dio “misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore” (Gl 2,13) bisogna ritornare “con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti” (v. 12). Non basta chinare la testa di fronte al sacerdote che ci segna con questo rito quaresimale: “laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore, vostro Dio” (v. 13). E che si tratti, per così dire, di una visita dal cardiologo e non dall’estetista, lo conferma il vangelo: “non praticare la giustizia davanti agli uomini, non fare l’elemosina suonando la tromba davanti a te, non pregare stando dritto per essere visto dalla gente” (Mt 6, 1.2.5). Il Padre nostro che è nei cieli, vede nel segreto - tre volte viene ripetuto: e cosa c’è di più segreto del mio cuore? Lì dove amo, soffro, desidero, decido e, forse, mi converto? Il cammino della Quaresima non è una salita verso le vette eroiche della coerenza con i valori irrinunciabili, o dei digiuni estenuanti, o delle preghiere perseveranti. Forse, più semplicemente, è una discesa: dentro noi stessi, per scoprire che lì abita il Signore, che siamo da Lui amati, che la sua misericordia ci ha già preceduto e ci aspetta. Una discesa per arrivare a contemplare un altro Cuore, quello crocifisso di Gesù, che ai suoi apostoli, stupiti e spaventati per la sua risurrezione, mostra i segni perenni di un Dio che, per amore, ha donato tutto se stesso. Quel cuore trafitto da cui è sgorgata l’acqua della vita, come dall’antico tempio il profeta aveva visto sgorgare l’acqua della sal- vezza per il popolo (cfr. Ez 47). Se vogliamo, la Quaresima che oggi vede il suo primo passo è un percorso di grazia per riscoprire finalmente “Gesù Cristo, il volto della misericordia del Padre… Gesù di Nazareth con la sua parola, con i suoi gesti e con tutta la sua persona rivela la misericordia di Dio” (Francesco, Misericordiae Vultus, 1). Non va dimenticato poi che questa strada, per grazia di Dio, la percorriamo insieme. Il Signore guarda negli occhi ciascuno in modo unico, ma ci guida tutti uniti, come un pastore il suo gregge. Questa è la Chiesa, il popolo santo di Dio, che vive un anno straordinario di giubilo e di conversione alla Misericordia e che, per bocca di san Paolo, ci ripete: “Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. … Vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio” (2Cor 5,20.6,1). Cara sorella, caro fratello, che insieme con me vivete questo tempo di grazia, non scoraggiarti (anche qui c’entra il cuore!) se pensi che, tanto, anche quest’anno sarà le stessa musica di tante altre volte. E se fosse la volta buona? Se, finalmente, io e te lasciassimo fare un po’ di più al Signore, ci fidassimo di Lui, come il cardiopatico che al medico consegna la sua vita? Se ripetessimo con più convinzione le parole del salmo di oggi: “Crea in me, o Dio, un cuore puro?” (Sal 50,12). E non puro perché cerchiamo di essere un po’ più casti, ma puro perché diventato trasparente: così la luce del Signore potrà attraversarlo e farà risplendere tutta la nostra vita. Don Luigi Savoldelli Responsabile diocesano commissione Misericordia e Famiglia 7 DIOCESI DI COMO Quaresima 2016 giovedì dopo le ceneri giovedì 11 febbraio 2016 L’ 8 Luca 9, 22-25 In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno». Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà. Infatti, quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero, ma perde o rovina se stesso?». evangelista Luca nel vangelo di oggi ci presenta il primo annuncio della passione di Gesù dicendo poi a tutti: “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua”. Queste parole non finiranno mai di interrogarmi e farmi riflettere. Nel mio ministero di cappellano ospedaliero ogni giorno incontro persone che stanno vivendo l’esperienza della sofferenza e del dolore, che stanno portando con fatica ma anche con grande dignità e fede la propria croce. L’ospedale, infatti, è la città “per eccellenza” abitata dal dolore, dove ogni giorno tante persone si trovano costrette a confrontarsi e a dover lottare contro la malattia. Ma non dimentichiamo le mura domestiche; dove anche lì, magari nel nascondimento, si vive tale esperienza. L’impatto imprevisto con la malattia e la sofferenza sconvolge la vita e scatena una miriade di reazioni diverse. A tal proposito non dimenticherò mai quanto ho vissuto il venerdì santo dell’anno giubilare del 2000. Durante la mia visita quotidiana ai malati entrai in una stanza, dove c’era una mamma che, avendo suo figlio di 7 anni con un osteosarcoma, guardando il crocifisso imprecava a dir poco Sono un religioso dell’ordine di San Camillo patrono dei malati e degli operatori sanitari. Il carisma e la spiritualità si potrebbero sintetizzare così: vedere Cristo nel malato ed essere Cristo per il malato. e gli rivolgeva testuali parole: “Sei un bastardo!”… Qualche ora dopo, quella stessa mamma era in chiesa a baciare il crocifisso durante la liturgia della passione del Signore. La sofferenza è sempre differente dall’idea che ce ne facciamo quando non la stiamo vivendo, dalle parole che usiamo per descriverla quando stiamo bene: essa è l’invasione dentro di noi di una realtà così estranea che non troviamo le parole per descriverla. È un appello ad un intervento di sollievo e di cura, e suscita contemporaneamente domande che toccano il senso della vita e l’esistenza stessa di Dio. Dopo diciassette anni di esperienza accanto ai malati posso affermare che il ministero in ospedale è quanto mai prezioso e delicato. In un breve incontro si può essere decisivi: perdere una persona o ritrovarla. San Camillo non a caso diceva che “ci è toccata la pietanza grossa della carità”. Non credevo che potesse esserci così tanta sofferenza, situazioni che oserei dire “disperate”, eppure devo dire che proprio dalle persone più segnate dalla malattia ho ricevuto dei gran- Signore la croce è la tua strada: strada di un amore più forte del dolore e della morte. Fa’ che ti possiamo seguire con maggior decisione ogni giorno, accompagnati per mano da Maria, così da imparare da Lei a stare presso la croce con coraggio e speranza. di insegnamenti di vita. Con le loro parole semplici ma che scaturivano dal loro vissuto, mi parlavano di Dio, del mistero della sofferenza, al punto da edificarmi. La loro teologia, non era quella scritta sui libri, era vissuta. Facendo il cappellano in ospedale ho capito che è importantissimo essere umili e saper ascoltare. Umiltà e ascolto. L’umiltà che si fa ascolto, sull’esempio della vergine Maria. Soprattutto oggi, memoria liturgica della Beata Vergine di Lourdes e XXIV giornata mondiale del malato che ha per tema: Affidarsi a Gesù misericordioso come Maria. C’è un’immagine che mi ha sempre accompagnato nel mio ministero camilliano in ospedale e fuori: quella della Visitazione di Maria ad Elisabetta. Per me è l’icona più appropriata per chi assiste i malati e quanti sono nel bisogno. Maria che raggiunge “in fretta” la cugina che è nel bisogno. È “la fretta dell’amore”. Questa immagine mi rammenta ogni giorno che sono chiamato a fare quello che ha fatto Maria: sono chiamato a portare Gesù ai malati con i loro famigliari e a tutte le persone che a vario titolo si prendono cura di loro. Guardiamo a Maria, salute degli infermi. Preghiamola perché nelle comunità cristiane, anche della nostra diocesi, ammalati e “sani” imparino a “crescere nella tenerezza, nella carità rispettosa e delicata” e a vivere nel dono di se stessi per il bene dei fratelli. Padre Fausto Negrini Ospedale S.Anna Como 9 DIOCESI DI COMO Quaresima 2016 venerdì dopo le ceneri venerdì Matteo 9, 14-17 12 febbraio 2016 In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno. Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, perché il rattoppo porta via qualcosa dal vestito e lo strappo diventa peggiore. Né si versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si spaccano gli otri e il vino si spande e gli otri vanno perduti.” Un laico originario della diocesi che ogni anno trascorre il tempo delle ferie presso una missione ci racconta il viaggio del Papa in Africa dello scorso novembre. Anche le ferie trascorse in missione nella condivisione umile di un servizio che altri hanno svolto prima di te e che qualcun altro continuerà possono essere “un modo per risvegliare la nostra coscienza spesso assopita davanti al dramma della povertà e per entrare sempre di più nel cuore del Vangelo” (Misericordiae Vultus 15) D 10 all’Uganda, attaccato ad un terminale dallo schermo crepato, in un internet point che solo chi conosce l’Africa può immaginare, seguendo un uomo vestito di bianco, nel suo primo, atteso, cammino su questa terra rossa. Seguendo il successore di Pietro, in mezzo a milioni di africani, tra ugandesi, sudanesi, ruandesi, congolesi, festanti e travolgenti di entusiasmo. Ne vale la pena, vale la pena affrontare le difficoltà di estenuanti sposta- Signore, Sposo di questa nostra umanità, con il digiuno ci inviti a fare spazio a Te, che ci rivesti e ci riempi della novità della tua presenza. Ci chiami a una vita nuova, aperta alla verità, al bene, alla giustizia, alla pace perché la nostra storia torni ad essere banchetto di nozze per tutti i popoli. Sostienici e guidaci con la luce e la forza del Tuo Spirito. menti, di continui controlli dei militari ugandesi, impazziti in vani tentativi di mettere un po’ di ordine all’infinita marea di bambini, donne ed uomini, giunti a piedi anche dai luoghi più disparati dell’area africana dei grandi laghi. Un Papa immenso, portatore della speranza del Vangelo, operatore di pace nel suo pellegrinaggio, iniziato da pontefice nell’estremità più periferica dell’Europa, quella che si protende alla vicina Africa, che ne sente gli odori, che ne vede annegare i figli carichi di speranza, in fuga da guerre e povertà endemiche, inghiottiti da quel mare che è diventato un gorgo della storia. A Lampedusa ci chiese: “Dove sei, Adamo?». Ci spiegò del disorientamento dell’uomo “perché crede di diventare potente, di poter dominare tutto, di essere Dio. E l’armonia si rompe, l’uomo sbaglia e questo si ripete anche nella relazione con l’altro che non è più il fratello da amare, ma semplicemente l’altro che disturba la mia vita, il mio benessere”. Ci disse con intelligenza profetica: “nessuno oggi nel mondo si sente responsabile di questo: abbiamo perso il senso della responsabilità fraterna; la cultura del benessere, che ci porta a pensare a noi stessi, ci rende insensibili alle grida degli altri, ci fa vivere in bolle di sapone, che sono belle, ma non sono nulla, sono l’illusione del futile, del provvisorio, che porta all’indifferenza verso gli altri, anzi porta alla globalizzazione dell’indifferenza, quella che ci ha tolto la capacità di piangere.” Immenso in quel suo primo viaggio da Pontefice, immenso in questo suo primo viaggio apostolico qui in Africa, che di Lampedusa diventa proseguimento di una rotta che ridefinisce non solo le periferie ed i centri, ma soprattutto ridefinisce le priorità dell’uomo, specie dell’uomo più in crisi di quest’epoca: quello occidentale. Parla agli occidentali la testimonianza della sua visita a Kangemi, facendosi largo tra le baracche ed i rifiuti in cui sopravvivono centinaia di migliaia di persone, bambini soprattutto, in uno slum di Nairobi dove vivono 30 mila persone, parla agli occidentali la sua tunica che da bianca diventa ocra, sporcata dalla polvere della terra rossa e del fango. Parla agli occidentali quando afferma che salvare i migranti, dare loro opportunità, creare ponti e non muri, significa salvare la speranza, quella di chi fugge da guerra e povertà, ma anche quella dimenticata nelle vite di solitudine in occidente, perché, anche qui l’ha ricordato,“nella società consumista la nuova povertà è la solitudine”. Parla agli occidentali quella preghiera nella moschea di Bangui dopo aver proclamato che “Tra cristiani e musulmani siamo fratelli. Dobbiamo dunque considerarci come tali, comportarci come tali. Sappiamo bene che gli ultimi avvenimenti e le violenze che hanno scosso il vostro Paese non erano fondati su motivi propriamente religiosi. Chi dice di credere in Dio dev’essere anche un uomo o una donna di pace … Dobbiamo dunque rimanere uniti perché cessi ogni azione che, da una parte e dall’altra, sfigura il Volto di Dio e ha in fondo lo scopo di difendere con ogni mezzo interessi particolari, a scapito del bene comune. Insieme, diciamo no all’odio, no alla vendetta, no alla violenza, in particolare a quella che è perpetrata in nome di una religione o di Dio. Dio è pace, Dio salam.” E parla alle Nazioni Unite di Nairobi con la sua enciclica “Laudato Si’ ”, citandola più volte , quando invita a “concepire il pianeta come patria e l’umanità come popolo che abita una casa comune”, quando incoraggia: “gli esseri umani, capaci di degradarsi fino all’estremo, possono anche superarsi, ritornare a scegliere il bene e rigenerarsi”, quando sollecita nuovi stili di vita e culturali: “nulla sarà possibile se le soluzioni politiche e tecniche non vengono accompagnate da un processo educativo che promuova nuovi stili di vita. Un nuovo stile culturale”. Ne vale la pena, in un mondo orfano di padri, orfano di leaders autorevoli, accompagnare un Pontefice profeta. Ne vale la pena: mi sento un testimone forse incosciente di quel vestito nuovo e di quell’otre nuovo di cui parla il Vangelo di oggi. Francesco non sta facendo un rattoppo né sta usando un otre vecchio: questo gesuita arrivato dalla fine del mondo ci sta facendo toccare con mano la presenza dello Sposo e ci sta invitando ad essere discepoli festosi di un banchetto di nozze. Comunque andrà la storia, Francesco la storia la sta compiendo, e cambiando. Giuseppe Luca Mantegazza 11 DIOCESI DI COMO Quaresima 2016 sabato dopo le ceneri sabato 13 febbraio 2016 Luca 5, 27-32 In quel tempo, Gesù vide un pubblicano di nome Levi, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi!». Ed egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì. Poi Levi gli preparò un grande banchetto nella sua casa. C’era una folla numerosa di pubblicani e d’altra gente, che erano con loro a tavola. I farisei e i loro scribi mormoravano e dicevano ai suoi discepoli: «Come mai mangiate e bevete insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Gesù rispose loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori perché si convertano». Il cappellano di un carcere si occupa in modo specifico dell’aspetto religioso, dell’annuncio di Cristo, che comprende normalmente la celebrazione della messa la domenica, del sacramento della confessione, di momenti di ascolto e catechesi.Tuttavia la presenza del cappellano ha anche un risvolto di dimensione umana, di conforto morale e di un rapporto personale con il detenuto, poiché svolge anche compiti di assistenza materiale. Grazie alla generosa solidarietà di tanta gente si riesce a provvedere alle esigenze concrete dei detenuti, soprattutto di quelli più bisognosi (con aiuti economici, telefonate e contatti con i familiari, ecc.). E gli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì (Lc 5,28). Levi abbandona il suo stato di peccatore per seguire Cristo. Levi, prigioniero del denaro, è Matteo, discepolo di Gesù, ed è l’immagine di tanti detenuti che Gesù è venuto a salvare. “Io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori” (Lc 5, 32). Il detenuto che si affida a Cristo non ha da temere giudizi di condanna come quelli dei farisei e degli scribi che mormorano (Lc 5, 30). Il detenuto che incontra Cristo è salvo, perché l’amore di Dio lo chiama a una vita nuova. Nella realtà del Carcere di Sondrio vedo alcuni detenuti che hanno perso tutto (familiari, affetti, amici, relazioni, speranza, fede), sono rimasti senza nulla, tutto ciò che c’era nella loro vita è andato perduto. Anche Levi aveva perso tutto, ma dà una festa perché aveva guadagnato il Tutto. “Cristo non toglie nulla e dà tutto!” (Benedetto XVI). In questo primo sabato di Quaresima preghiamo perché molti detenuti possano alzarsi dal loro banco dell’errore commesso, abbandonare le catene del peccato e delle sofferenze per vedere Cristo e avere da Lui la vita vera. Mi hanno sempre colpito queste parole di Papa Francesco rivolte ai cappellani delle carceri:“Nel tuo cuore i carcerati hanno un posto? Tu preghi per loro, perché il Signore li aiuti a cambiare vita?”. don Ferruccio Citterio Cappellano della Casa Circondariale di Sondrio Ti prego Signore per tutti i carcerati. Ti prego anche per me, prigioniero di tanti pregiudizi e di tante schiavitù. Sii Tu il nostro liberatore. Donaci il cambiamento del cuore per saper costruire un futuro di speranza e portare frutti di novità. 12 13 DIOCESI DI COMO Quaresima 2016 p r i m a s e t t i m a n a OSPITARE I PELLEGRINI. Migranti, come noi. Capita di incontrarli la sera mentre guidi sulla via di casa. Camminano a bordo strada, diretti chissà dove. Probabilmente tornano negli istituti che li stanno accogliendo o negli appartamenti presi in affitto dalle cooperative impegnate nell’accoglienza. Sono quasi tutti ragazzi, giovani poco più che ventenni. Sono una parte, piccolissima, di quell’umanità che ogni giorno percorre le strade del mondo. Secondo un rapporto pubblicato pochi mesi fa dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, (unhcr) il divampare di quella che Papa Francesco ha definito “Guerra Mondiale a pezzi”, ha portato il numero di domande d’asilo nei paesi industrializzati al livello più elevato degli ultimi 22 anni. Per trovare una situazione analoga dobbiamo tornare indietro alla fine degli anni novanta e alle guerre che incendiarono i Balcani, riempiendo i campi e i prati di bombe e fosse comuni. Se allarghiamo lo sguardo anche a rifugiati e sfollati interni arriviamo a 50 milioni di persone: c’è una nazione, grande poco meno dell’Italia, fatta di uomini, donne e bambini che – non per scelta – è costretta a vivere in un posto diverso da quello in cui è al mondo. E la loro meta non è solo l’Eu- 14 ropa: non c’è continente (eccetto l’Antartide) che può essere considerato escluso da questa marcia: dalla rotta lungo il centro America a quella verso l’Australia, per non parlare dei grandi movimenti interni all’Asia. A questi bisogna aggiungere quanti decidono di mettersi in cammino alla ricerca di un futuro migliore. Magari semplicemente per dare ai propri figli opportunità migliori di quelle che loro hanno avuto o perché con il loro stipendio nei Paesi industrializzati potranno aiutare la sorella, rimasta a casa, a sposarsi, la madre a curarsi e costruire quella casa in cui un giorno sognano di tornare. Senza dimenticare come ad oggi gli emigranti italiani nel mondo, circa 5 milioni, sono tanti quanti gli immigrati residenti in Italia. Per chi come me ha la fortuna di lavorare al Centro pastorale card. Ferrari di Como questa lunga marcia prende le sembianze dei volti dei richiedenti asilo accolti per mesi nei locali di via Sirtori. Ricordo soprattutto alcuni bambini arrivati e ripartiti con le loro famiglie il giorno seguente, verso chissà dove. Persone con cui io e tanti altri abbiamo condiviso, per qualche manciata di giorni, lo spazio di un cortile o di un posteggio. E lo stesso sono sicuro è capitato a molti in questi anni: in parrocchia, per le vie del Paese, vicino al posto di lavoro. La maggior parte di questi uomini sono passati senza che ne conoscessi il nome o la provenienza. Hanno incrociato la mia vita giusto il tempo di uno sguardo. Altri sono rimasti e hanno iniziato a vivere tra noi. E non sempre hanno trovato comunità e persone capaci di accoglienza. Pensando a loro mi tornano alla mente le parole di una vecchia poesia: “Forse il cielo non lo sa ma la terra è coperta di passi, i passi riluttanti di chi parte per cercare una casa. Perché la casa non è solo la dove sei nato ma dove l’uomo che è in te può guardare il cielo finalmente grato per il giorno che finisce e può sperare nel giorno che verrà (Donatella Martelli Avanzi) Michele Luppi, giornalista de Il Settimanale della Diocesi di Como e blogger 15 DIOCESI DI COMO Quaresima 2016 prima settimana domenica Luca 4, 1-13 14 febbraio In quel tempo, Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal 2016 Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame. Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo”». Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”». Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano”; e anche:“Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «È stato detto: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”». Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato. Tra l’ottobre del 2014 e quello del 2015 ho vissuto un anno giubilare in Italia, per i miei 25 anni di Vita Religiosa. Un anno sabatico come si dice comunemente, un anno di rivitalizzazione, come io amo chiamarlo, dopo 15 anni di missione in terra Mozambicana. Buona parte di questo anno l’ho vissuto a Villa Savardo (Breganze- VI) dove abbiamo una comunità con attività socio educative. Il filo rosso che conduce il tutto è l’opzione per gli ultimi, per quelli che la società scarta e getta, con un occhio particolarmente attento alla donna, secondo il nostro Carisma di Suore Orsoline del Sacro Cuore di Maria. 16 Nel brano che la liturgia di oggi ci presenta, e che ci deve provocare nel profondo, possiamo scorgere che le tentazioni vissute da Gesù sono le stesse tentazioni che oggi ciascuno di noi vive e tocca con mano nella propria vita. All’inizio del testo si dice che ‘Gesù, pieno di Spirito Santo, fu guidato dallo Spirito nel deserto dove fu tentato dal diavolo’. Con questo Luca vuole forse sottolineare che lo Spirito non lo conduce semplicemente dal tentatore, ma gli è vicino in modo costante, e lo sostiene nel momento della prova, è la sua forza. Il Diavolo, come dicono alcuni esegeti, è colui che porta via, separa la Parola dal cuore. Gesù, però, di fronte alle tentazioni, al tentatore, rimane Figlio, perché ascolta la parola del Padre, si lascia abitare e condurre dallo Spirito. Nella concretezza di ogni giorno anche noi potremmo dire di sperimentare la stessa tentazione che potremmo chiamare ‘Mondanità Spirituale’ (come dice Papa Francesco) e cioè: vivere pieni del nostro spirito invece che dello Spirito di Dio. Se di fatto siamo figli, siamo pieni dello Spirito di Dio, la nostra relazione con Lui deve mediare, trasformare le nostre relazioni con gli altri, con i beni della terra. Ma… se troppo pieni di sé, come si può lasciare spazio allo Spirito perché operi in noi e ci guidi? Ma… se troppo pieni di sé, dei propri egoismi e individualismi, come lasciare che Gesù con la sua parola, con i suoi gesti e con tutta la sua persona ci riveli la misericordia di Dio, per poi a nostra volta essere misericordiosi con gli altri? “Ci sono momenti nei quali siamo chiamati a tenere fisso lo sguardo sulla misericordia per diventare noi stessi segno efficace dell’agire del Padre.” (Misericordiae Vultus n.3) E penso ancora agli occhi di Mariam, Etiope, arrivata in comunità, fra le tante altre, dopo tre giorni Il tuo Spirito mi guidi dentro le tentazioni e le lotte di ogni giorno Perché la mia vita, abitata dalla Tua Parola, diventi tenda di misericordia per chiunque incrocia i miei passi. e tre notti che non dormiva per il grande viaggio, verso la terra promessa, affrontato in situazioni veramente disumane. Occhi che brancolavano nel buio, pieni di paura, di timore ma riconoscenti per essere accolta, amata e guardata con l’amore compassionevole e paziente di Gesù. Quale sarà il suo futuro? Dipende da noi! Papa Francesco ci ricorda che la “Misericordia è la legge fondamentale che abita nel cuore di ogni persona quando guarda con occhi sinceri il fratello che incontra nel cammino della vita” (MV n.2) E tu, io, noi? Con che occhi guardiamo il nostro fratello, la nostra sorella che giunge da terre di dolore, di guerra, di morte in cerca di speranza, di pace, di giustizia, in cerca di un domani migliore, un futuro di speranza? Io, tu, noi, se condotti dallo Spirito, se la nostra fede è autentica e vera potremo costruire ancora oggi una nazione Arcobaleno, come diceva Nelson Mandela. Dominique De Balsio 17 DIOCESI DI COMO Quaresima 2016 prima settimana lunedì 15 febbraio 2016 Matteo 25, 31-46 In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”… C aro papa Francesco, mi chiamo don Bledar Giuly. Sono qui per raccontare come nella mia vita ho incontrato Cristo; sono nato a Fieri in Albania nel 1977 in una famiglia atea. Dopo il crollo del regime comunista, quando i miei genitori sono rimasti senza lavoro perché lavoravano come tutti per lo stato, a 16 anni nel 1993 ho deciso di partire per l’Italia per lavorare, mettere da parte un po’ di soldi, sollevare le sorti della famiglia e crearmi un futuro. Con documenLa chiesa italiana, riunita nel Convegno di Firenze nel novembre 2015, ha ascoltato la testimonianza di un sacerdote albanese. Don Bledar ha sperimentato nella sua vita quello che il Vangelo di oggi racconta. 18 ti falsi e in una nave ho attraversato l’Adriatico e sono sbarcato a Otranto con la speranza di trovare una casa e un lavoro. Appena sbarcato, la casa e il lavoro svanirono. Ho vagato per diverse città d’Italia, fino a Firenze. (...) Per diversi mesi ho dormito sotto un ponte lungo il Mugnone e ho mangiato alla mensa della Caritas in via Baracca. La sera, a parte l’umido e il freddo che non mi facevano dormire, non mi faceva dormire anche la disperazione, perché la situazione che ho trovato sembrava peggiore di quella che avevo lasciato in Albania. Gridavo e piangevo da solo lungo il Mugnone. Dio ascoltò il grido di un disperato. Giravo per varie chiese di Firenze, chiedendo l’elemosina. Un giorno bussai alla chiesa di San Gervasio, vicino allo stadio. Mi aprì un sacerdote dal quale dovevo soltanto ritirare una lettera. Non mi diede l’elemosina ma si interessava di me. Mi chiese chi ero, cosa facevo. Dopo un po’ di remore, perché non era facile dire che dormivo fuori, gli dissi che avevo 16 anni e che dormivo sotto i ponti. “È inaccettabile – mi disse – questa situazione”. Fece diverse telefonate per trovare una soluzione ma non la trovò. Mi disse: “Torna domani, ti troverò una sistemazione”. Io tornai il giorno dopo e lui, non avendo trovato una soluzione, mi disse: “Figliolo: per me ha bussato Gesù Cristo, vieni e stai in casa mia”. Mi fece entrare in casa sua dove ho abitato, ho vissuto come suo figlio non per un giorno, non per un mese, per 9 anni. Fino al 2002 anno in cui in seguito a una lunga malattia dolorosa morì. Era don Giancarlo Setti che mi ha fatto non solo da padre spirituale, ma da papà, accogliendomi in casa e aiutandomi a trovare un lavoro. Abitavo in una canonica e venivo da un paese ateo. La domenica con i ragazzi della mia età, 16 anni, giocavamo nel campo di calcio, ma alle 11 sparivano tutti, perché andavano alla Messa. Io, Santità, andai a Messa la prima volta per non rimanere solo. Senonché la messa mi piacque tanto, specialmente le letture della Bibbia che non conoscevo e i canti che mi commuovevano e mi facevano pensare alla famiglia e agli affetti lontani. Alla terza messa a cui partecipavo di domenica mi misi in coda per fare la comunione. Dopo che nel foglietto avevo seguito tutto mi sembrava una cosa normale ma don Setti non mi diede la comunione. Rimasi molto male e in sacrestia andai a chiedere il perché a me non aveva dato la comunione. Mi disse: “Perché non sei battezzato”. (...) Con gioia iniziai il catechismo: tutte le sere quando tornavo dal lavoro e dalle scuole serali. Nella Pasqua del ‘94 con il rito degli adulti ho ricevuto il battesimo, la cresima e la comunione. Se la prima volta avevo incontrato Gesù Cristo nel sacerdote, in don Setti che mi aveva accolto, la seconda volta l’ho incontrato appunto nel battesimo e nei sacramenti che ho ricevuto. Scoprii piano piano che non era un punto di arrivo ma un punto di partenza nuovo per la mia vita. L’anno del Giubileo 2000, mi ha portato a scoprire la chiamata al sacerdozio. Volevo lasciare l’università ed entrare in seminario, ma don Setti mi disse: “Dio non ha fretta, finisci ciò che hai iniziato e verificherai la tua vocazione”. Purtroppo nel 2002 morì, ma io ho seguito il suo consiglio, prima mi sono laureato e nel 2003 sono entrato in seminario. Ho passato 7 anni di formazione meravigliosi e bellissimi per la mia vita. Dal 2010 sono sacerdote della chiesa fiorentina. (...) Come tutti i fratelli sacerdoti cerco di vivere ogni giorno il ministero, servendo i fratelli ed io, con gioia ma anche nella fatica di mantenere quel monito che il vescovo il giorno dell’ordinazione ci ha dato consegnando il vangelo: vivi ciò che insegni. Ho sperimentato la generosità di tante persone e la povertà di rispondere alla generosità, alla vicinanza, all’affetto. Dopo 22 anni qui davanti a lei e all’interno di questo convegno su Gesù Cristo nuovo umanesimo, pensando a quel giorno in cui bussai a quella porta e alla frase che mi fu detta “Per me ha bussato Cristo” posso affermare, caro papa Francesco, che Cristo era presente ma non in chi bussava, ma in chi apriva quella porta. Don Bledar Giuly - Firenze 19 DIOCESI DI COMO Quaresima 2016 prima settimana martedì 16 febbraio 2016 Matteo 6, 7-15 In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate. Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non abbandonarci alla tentazione, ma liberaci dal male. Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe». Siamo un gruppo, tre coppie, un sacerdote e una consacrata, dei Vicariati di Olgiate e di Uggiate; nel corso degli ultimi tre anni abbiamo condiviso un tempo mensile di incontro con coniugi che vivono la situazione di separazione, di divorzio e di nuova unione. Adorazione Eucaristica, preghiera, ascolto del Vangelo, confronto e condivisione di esperienze: questa è stata la proposta che ci ha uniti in un cammino di fratelli e sorelle che desiderano incontrare il Signore. 20 I ncontrare Gesù per arrivare al Padre, Dio di misericordia. “Incontrare Gesù” è il titolo e il motivo dei nostri incontri; proprio perché solo in Lui c’è la risposta e la via per poter sempre guardare avanti. Dentro ad ogni circostanza, dentro il nostro limite e alla nostra povertà Dio ci tende la mano. Nell’esperienza di questi anni nel nostro gruppo si è cercato, attraverso l’accoglienza reciproca, di percorrere insieme un pezzetto di strada verso il Padre. Tutti indistintamente abbiamo bisogno della sua misericordia. È stata certamente una provocazione positiva potersi confrontare tra coppie di sposi e persone che hanno vissuto, dopo aver celebrato il loro matrimonio, l’esperienza dolorosa della separazione e la ricerca faticosa di nuovi equilibri familiari e affettivi. Abbiamo vissuto la preghiera insieme e la condivisione di quel grido che fa dire “Abba Padre”. Ed è proprio in occasione di una verifica sulla preghiera che abbiamo vissuto tra noi la maggior confidenza e visto la possibilità di una amicizia che va oltre la nostra situazione di vita e oltre la ricerca di una corrispondenza umana. Abbiamo toccato con mano il “bisogno” di ognuno di noi di rivolgerci a Dio Padre e colloquiare con Lui. Insieme abbiamo cercato l’accoglienza del nostro limite, la consolazione nella fatica e nel dolore, la tenerezza che lenisce le ferite, la misericordia che apre di nuovo il cuore alla speranza e, attraverso l’adorazione a Gesù Eucaristia, il sostegno per proseguire il cammino della vita con la certezza che solo l’incontro con il Signore salva la nostra debolezza. Pinuccia e Franco Giovanna e Mario Donatella e Luciano Don Luigi Maria Speranza Tu o Padre non hai bisogno di tante nostre parole, ma di trovare spazio e accoglienza nella nostra vita. La tua misericordia allora ci trasformerà, giorno dopo giorno, per renderci i tuoi figli amati. 21 DIOCESI DI COMO Quaresima 2016 prima settimana mercoledì Luca 11, 29-32 17 febbraio In quel tempo, mentre le folle si accalcavano, Gesù co2016 minciò a dire: «Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona. Poiché, come Giona fu un segno per quelli di Nìnive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione. Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro gli uomini di questa generazione e li condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone. Nel giorno del giudizio, gli abitanti di Nìnive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona». 22 Anton Ivanov / Shutterstock.com Sono Fermo Bernasconi, missionario comboniano di Olgiate Comasco, in Repubblica Democratica del Congo dal 1977. Negli ultimi anni ho svolto il mio servizio missionario nelle carceri di Kinshasa, la più importante del Paese come numero (circa 6.500 prigionieri). Un servizio vissuto con altre persone, religiosi e religiose, laici volontari, che ha voluto coinvolgere le comunità cristiane della capitale. Non abbiamo voluto limitarci all’assistenza, ma coinvolgere i prigionieri responsabilizzandoli di tanti aspetti della loro vita. Le responsabilità della comunità cattolica era nelle loro mani, dalla liturgia, alla catechesi, all’organizzazione “caritas” e “Giustizia e Pace” per ottenere sempre più rispetto dei loro diritti e con un’attenzione ai più deboli e abbandonati. G iona arriva a Ninive dopo tante reticenze: è portatore di un messaggio che apparentemente è di minaccia: “se non vi convertirete, perirete”; ma che in effetti è di misericordia. Ed è quello il frutto vero ottenuto. Il tempio era stato costruito da Salomone perché il popolo diventasse tutto quanto popolo sacerdotale, regale e profetico, facendo esperienza della presenza misericordiosa di Dio, ma è diventato il luogo della caste, delle esclusioni, dei processi, come per l’adultera di Gv 8. Il “più grande” che è Gesù, rispetto a Giona e a Salomone sta anche in questo: avere voluto con tutto se stesso, fino al dono della sua vita, realizzare il progetto di Dio: che l’esperienza della sua presenza misericordiosa dia a ciascuno la sua dignità di figlio di Dio e riunire tutti in un popolo che viva la fraternità nella giustizia e nella pace. Tu Gesù sei il più grande Di questo sono testimone nel perché ci sveli l’amore del Padre mio ministero. Nella prigione che risolleva e dona vita, e nella vita di chi vi risiede, i libera dalla schiavitù e dalla morte. termini quotidiani e normali Dona a tutti noi sono: polizia, inchiesta, procesdi portare il tuo Vangelo so, giudizio, condanna, accusadi liberazione to, accusatore. Nel nostro andentro le molteplici realtà nuncio del Vangelo, nello stile del nostro tempo. di relazione con i prigionieri, abbiamo cercato di introdurre la novità del Vangelo: l’amore, il perdono, la misericordia, la redenzione, la vicinanza. Chi ha fatto l’esperienza di sentirsi amato ha sperimentato la sua dignità di uomo a immagine e somiglianza di Dio, la speranza e la gratitudine. Da lì è nata anche la coscienza della responsabilità verso la propria vita, del costruire insieme con gli altri la propria dignità, e di servire quella degli altri. Gesù è segno efficace dell’amore; rende coloro che credono in lui e che Egli manda, dei segni del suo amore, “non solo con le parole ma con un’esistenza trasfigurata dalla sua presenza” (Ev G. 259), così che anche altri sentendosi amati diventino segni per altri. Il Vangelo diventa carne nella vita delle persone e lievito che trasforma la storia. Padre Fermo Bernasconi 23 DIOCESI DI COMO Quaresima 2016 prima settimana giovedì 18 febbraio 2016 Matteo 7, 7-12 In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto. Chi di voi, al figlio che gli chiede un pane, darà una pietra? E se gli chiede un pesce, gli darà una serpe? Se voi, dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele chiedono! Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti». Dio della luce, manda su di me il tuo Spirito, perché attraverso l’ascolto delle Scritture riceva la tua Parola, attraverso la meditazione accresca la conoscenza di Te e attraverso la preghiera contempli il volto amato del tuo figlio Gesù Cristo, mio Signore. 24 25 DIOCESI DI COMO Quaresima 2016 prima settimana venerdì 19 febbraio 2016 Matteo 5, 20-26 In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai”; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinèdrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna. Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono. Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo!». 26 Anton Ivanov / Shutterstock.com La “IN MY FATHER’S HOUSE” (IMFH) - “NELLA CASA DEL PADRE MIO” (NCPM) - (Gv. 14:2 “Nella Casa del Padre Mio ci sono molti posti...”) è un’Opera Missionaria il cui scopo è la testimonianza della Buona Novella in territorio di prima evangelizzazione. Fondata nel 2000 e diretta da P. Giuseppe Rabbiosi, missionario comboniano, svolge la sua attività in Ghana, nel Sud della Volta Region, con sede in Weme-Abor, in zona rurale. È diretta soprattutto ai più vulnerabili e tra questi i bambini ed i poveri ai quali vuole testimoniare l’amore del buon Dio, nella cui Casa c’è posto anche per loro.A Colico, (LC) ha sede l’Associazione Italiana NCDP che sostiene la missione. L A VITA UMANA INDIVIDUALE “Non uccidere ... chiunque si adira, ... dice al fratello: stupido... pazzo... sarà sottoposto a giudizio” La Buona Novella, quella che promuove sempre la vita, certamente non distrugge quel piccolo filo di speranza di vita che una persona povera e abbandonata ha ancora nel suo cuore, ma dà coraggio e speranza a chi vive nell’indigenza e nell’indifferenza di chi lo circonda. Per un bambino vulnerabile o per un povero, per una vedova o per un orfano, per un giovane studente senza risorse o per un ammalato, per una madre di 8 bambini abbandonata dal marito... tutte persone queste che vivono quotidianamente l’abbandono e la povertà, la noncuranza della società e perfino della loro famiglia, cosa c’è di più bello di sentirsi dire: “Si, vieni, c’è posto anche per te!”, oppure,“Guarda che tu conti, guarda che il Buon Dio che ti ha dato la vita crede in questo dono che Lui ti ha fatto.Vieni, vediamo come uscire da questa miseria, vediamo come dar da mangiare e mandare a scuola questi bambini, vediamo quale ospedale ti può curare, vediamo che programma di studi puoi seguire, vediamo come puoi diventare autosufficiente, imparare un mestiere e vivere dignitosamente, vediamo come tu stesso poi puoi giocare il tuo ruolo in questo ambiente ed in questo villaggio e promuovere a tua volta la dignità di tanti altri che pure aspettano Signore una Buona Novella”. La Buona Novella promuove la tua Parola trasformi la mia vita sempre la vita. e mi renda capace di gesti LA VITA COMUNITARIA ... all’altare ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa di riconciliazione contro di te, lascia la tua offerta, va’ e riconciliati”. e di pace, La Missione è riconciliazione sia personale che di misericordia comunitaria. Il Buon Pastore che reca la Buona e di bontà. Novella va alla ricerca di chi ha bisogno di essere riconciliato, riagganciato a se stesso, al fratello, alla famiglia-comunità, al Padre. La nostra Missione di In My Father’s House, come del resto la Missione di Gesù, aiuta l’individuo a “riconciliarsi”: con se stesso riscoprendo la propria dignità e valore, e cercando insieme il cammino di crescita e di sostenibilità fino all’autosufficienza, e con il fratello-famiglia-gruppo riscoprendo il suo ruolo insostituibile in solidarietà con la sua comunità-villaggio. La Missione, quella autentica, promuove sempre la vita personale e comunitaria, un binomio inseparabile, come Gesù e il Padre sempre in comunione nello stesso Spirito che dà vita. Padre Peppino Rabbiosi 27 DIOCESI DI COMO Quaresima 2016 prima settimana sabato 20 febbraio 2016 F 28 Matteo 5, 43-48 In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo” e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste». ino a qualche tempo fa questa proposta evangelica non mi sembrava una delle più difficili da attuare. A parte qualche persona antipatica, scorretta, o mal onesta, non avevo avuto modo di sperimentare in altro modo questo rivoluzionario atteggiamento di vita. Da quando invece è iniziata l’offensiva dei terroristi di Boko Haram nella regione dell’Estremo Nord del Camerun, queste parole hanno assunto un significato diverso. Ho visto molte persone per bene, cristiani che conosco da tempo, domandarsi come si può applicare questa “proposta evangelica” verso chi ha ucciso sgozzando cinicamente più membri della tua famiglia. Ho visto come sono trattati i prigionieri di Boko Haram, catturati vivi al termine dei combattimenti, e come non vi era pietà verso chi aveva ucciso il commilitone. Certo non è possibile giudicare quando si è coinvolti direttamente e personalmente in situazioni così tragiche, ma il Vangelo non sembra poter accettare delle eccezioni. L’altro giorno Robert e Aristide, due responsabili della Caritas diocesana della Diocesi di Yagoua che erano partiti a Fotokol per portare viveri e medicine, mi telefonano per presentarmi una situazione complicata. Infatti, andando all’Ospedale della Città dove erano ricoverati sei feriti da combattimento, hanno constatato che il medico e gli infermieri erano fuggiti, e questi malati erano in condizioni quasi irrecuperabili per mancanza di cure. Il problema però era un altro: tra questi feriti potevano esserci anche degli assalitori di Boko Haram rimasti sul terreno, e i responsabili comunali non volevano che fossero curati allo stesso modo di chi aveva subito l’assalto. Non è stato facile poter far capire che erano tutte delle “persone” che avevano bisogno di cure. Alla fine di estenuanti trattative la situazione ha avuto buon fine e Robert e Aristide hanno potuto trasportare tutti i sei feriti in un ospedale dell’interno del paese. “Ama i tuoi nemici” vale per tutti e in ogni circostanza, ma quanto è difficile in certe situazioni! Solo se si accetta la “misericordia” di Dio come Padre, allora è ancora possibile poter superare i limiti della ragione umana. A volte, nella vita, solo la fede può farci andare avanti anche senza capire. Dobbiamo solo vivere la fiducia e la serenità di chi si mette nelle mani di un Dio sapiente, che guida la storia con “amore e misericordia”, nonostante noi uomini lo contrastiamo con atti di odio. In questi mesi si parla molto di terroristi, islamisti, militanti, guerriglieri: tutte persone che hanno utilizzato la violenza per seminare morte e distruzione. Dopo un po’ ci si stanca di sentire solo disgrazie, dolore e insoddisfazione. Sembra che nel mondo non esista altro. E allora si rischia di lasciarci prendere dallo sconforto e dalla depressione. Tutto sembra andare a rotoli e noi non ci sentiamo in grado di far cambiare la rotta a questo mondo. Nonostante le apparenze negative, nel mondo c’è ancora molto di buono, basta cercarlo e volerlo vedere. Fortunatamente ci sono persone che lottano per la vita con un dignitoso comportamento. Come Jean Ngana, Tu Signore rovesci i nostri calcoli e le nostre abitudini. Tu rivoluzioni la vita. E questo avviene attraverso il tuo amore misericordioso che non si ferma nemmeno davanti al nemico. Cambia il mio cuore e rendimi capace di portare la rivoluzione dell’amore nella vita di ogni giorno. un giovane disabile di 30 anni, che si muove su una sgangherata carrozzina sulle strade sabbiose della cittadina di Yagoua nell’estremo nord del Camerun. Il corpo sgraziato non gli impedisce di pensare e fare progetti per il futuro. Alle gambe atrofizzate dalla nascita, contrappone due braccia da scaricatore con le quali si è messo a riparare, ai bordi della strada, le gomme forate delle macchine, moto, carrette e biciclette. Lavoro molto richiesto e per il quale coinvolge anche 2 giovani disoccupati del quartiere. La sua officina è una piccola cassetta di attrezzi collocata all’aria aperta. Potremmo chiamarlo un “gommista di strada”. Finora tutto è manuale, anche gonfiare le gomme delle auto. Per questo vorrebbe un piccolo credito per acquistare altri attrezzi e un compressore, con motore a benzina, in modo da accelerare e migliorare le sue prestazioni. Mi confidava che con queste nuove attrezzature vorrebbe dar lavoro ad altre persone affinché possano mantenere la loro famiglia e mandare i bambini a scuola. Ascoltandolo riflettevo che in questo modo la “misericordia di Dio” diventa una testimonianza vissuta al quotidiano. Infatti, la sua situazione di disabile dalla nascita non ha diminuito la sua capacità nel valutare le proprie scelte e i valori importanti della vita. Ma non pensa solo a lui. Vede che c’è bisogno di un lavoro dignitoso per dare un senso alla vita, e intende battersi per costruire una convivenza operosa e solidale, in cui anche altri abbiano il necessario per vivere. È un esempio che molti di noi potrebbero seguire per non ripiegarci su noi stessi ma aprire il cuore agli altri, come Dio. Fabio Mussi - Camerun 29 DIOCESI DI COMO Quaresima 2016 s e c o n d a s e t t i m a n a seconda settimana domenica Luca 9, 28-36 21 febbraio In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Gia2016 como e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elìa, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme. Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa». Egli non sapeva quello che diceva. Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!». Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto. VISITARE GLI INFERMI, SEPPELLIRE I MORTI. Prendersi cura, fino alla fine. Lavoro in un Hospice della città da tempo, e vedo la malattia e la morte degli altri. Quello che osservo e che incontro sono numerosissimi modi, strategie e risorse con le quali le persone affrontano questa esperienza, che non è omologante come si è portati a pensare. Le persone che accogliamo arrivano dal domicilio, dall’ospedale, da strutture residenziali e sono accomunate solamente dall’essere in una fase di terminalità, cioè in una condizione ove non è più possibile utilizzare terapie attive per affrontare la causa della patologia. Molti sono reduci da lunghi percorsi terapeutici, altri disorientati da una diagnosi molto recente e già così drammatica. Con loro ci sono i familiari, gli amici, i vicini di casa, gli animali da compagnia. A volte nessuno. Le esperienze, le scelte e le relazioni che si costruiscono nella vita sono fotografate dalle presenze e dalle assenze nelle stanze. L’essere un malato grave a volte non basta per riavvicinare le persone. In Hospice ci si impegna perché in questo tempo, non definibile a priori, vi sia una buona qualità di vita evitando, attraverso le cure palliative, che la condizione del dolore fisico e dei sintomi divenga totalizzante. Allora diviene possibile per le persone autodeterminarsi: desiderare ancora e prendere decisioni inerenti il loro fine vita, il rientro in patria, l’organizzazione del“dopo”(dove e con che riti), creare momenti di chiarificazione nei rapporti, tutelare chi rimane, Accompagniamo i malati e chi è loro accanto perché entrambi soffrono. Ove non vi sia nessuno ad accompagnare cerchiamo di farlo noi, interagendo con altri soggetti del territorio, con l’obiettivo di garantire un morire dignitoso per tutti. Almeno nella morte. 30 Silvia Casale, Hospice San Martino (Como) S econdo l’evangelista Luca, Pietro, Giacomo e Giovanni Nel cammino sono i primi discepoli che acdella nostra vita colgono la chiamata di Gesù e Padre, aiutaci lo seguono. Essi sono anche i a saper vedere attraverso testimoni privilegiati della trasfigura- le croci il tuo volto luminoso zione: momento in cui Mosè ed Elia e a riconoscere sempre confermano con la loro presenza la che oltre la croce c’è una missione di Gesù. Nell’episodio della risurrezione, oltre ogni trasfigurazione appaiono chiaramente tenebra splende una luce. due elementi essenziali della fede: da Fa’ che lo crediamo una parte la risurrezione rappresenta- ascoltando e fidandoci ta dal cambiamento di aspetto e dalla sempre della Parola veste candida e sfolgorante di Gesù e del tuo Figlio amato. dall’altra parte la croce: presente nel dialogo con Mosè ed Elia. La fede in Gesù non può non tener presente questi due aspetti: croce e resurrezione. La trasfigurazione allora non solo ci dice chi è Gesù (il Figlio di Dio), ma anche chi è il discepolo: uomini e donne che percorrono la stessa via del Maestro. Una via fatta di croce e 31 DIOCESI DI COMO Quaresima 2016 seconda settimana resurrezione non solo come realtà future, che verranno, ma come verità di ogni giorno. E allora quanti discepoli del maestro, soprattutto in questi ultimi anni, ho incontrato sulla mia strada. Uomini e donne che spesso senza saperlo stanno ripercorrendo le orme di Gesù. È discepolo di Gesù quella ragazza che mi dice piangendo che da piccola è stata violentata, che si sente in colpa, che le hanno detto che è così la vita, che non ha più voglia di vivere e che mi chiede un abbraccio: un abbraccio liberatore, un abbraccio in cui mi consegna parte della sua croce. Prima di lasciarmi mi sorride con un volto nuovo e ricomincia a credere nella vita. È discepolo di Gesù quel papà e marito dedito all’alcool e alle donne, che ha abbandonato la sua famiglia, ma ora vuole ricominciare, vuole ripartire. Quanti discepoli di Gesù: uomini e donne vittime di sofferenze, violenze, ingiustizie; uomini e donne che hanno perso la speranza, uomini e donne che pensano che la croce sia l’ultima parola nella loro vita. Incontrando il Maestro ricominciano a vivere, risorgono quotidianamente a una vita nuova. DON IVAN MANZONI San Pedro de Carabayllo (Lima) - Perù La missione diocesana di San Pedro de Carabayllo (Perù) si trova alla estrema periferia nord della grande città di Lima. Anche qui come nella maggior parte delle grandi periferie le povertà non mancano. La maggioranza dei 75.000 abitanti della parrocchia è costituita da persone che hanno lasciato la loro terra di origine (la sierra o la selva) e si sono riversate nella capitale con la speranza di un futuro migliore. Oltre al normale lavoro pastorale proprio di una parrocchia cerchiamo di rispondere alle situazioni umanamente più urgenti, soprattutto per quanto riguarda la salute e l’assistenza legale. Un altro fronte su cui stiamo lavorando è quello della formazione tanto a livello umano quanto religioso. 32 lunedì 22 febbraio 2016 festa della Cattedra di San Pietro Matteo 16, 13-19 In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli». “V oi chi dite che Siamo una comunità di monache benedetio sia?” Tu, chi tine dell’adorazione perpetua del Santissidici che io mo Sacramento. Il modo in cui la Chiesa sia? Per te, ci dona di ascoltare il grido dei poveri, è proprio per l’accoglienza di quanti telefonano o vengote, chi sono? Solo se ci si lascia no al monastero per chiedere preghiere. interpellare da Gesù che ci chiede: La preghiera liturgica dei salmi, microco“ma per te chi sono?”, lo Spirito smo di ogni situazione umana. Ci facciamo può trovare in noi lo spazio per poi portatori di quel grido rivolgendolo rivelarci sempre un nome nuovo al Padre nella preghiera. Ce ne facciamo di Dio. ascoltatori cercando di accoglierci accoOgnuno di noi deve “vedere” chi gliendoci tra di noi vicendevolmente nelle è Dio. Ti posso anche dire che nostre miserie e nei nostri doni. Dio mi si è fatto vicino come Compagno di viaggio, come Fratello, come Via da seguire, come Redentore, come Rifugio, come Verità che libera e perdona, come Colui che sa attendermi e rispettarmi, come Vita vera e piena, come Gioia profonda del cuore, come Senso della vita, come Amico, come Padre, come Sposo… ma non ti potrà bastare, hai bisogno di vederlo con i tuoi occhi, con gli occhi del tuo cuore. Vedendo Dio con gli occhi della fede - consapevoli che non avremo mai conosciuto tutto di Dio - la nostra vita non è più solo nostra, ma, ripiena del dono dello Spirito, sarà “vita per”, 33 non facendo cose grandi, ma vivendo semplicemente la vita DIOCESI DI COMO Quaresima 2016 Rivelami Signore il tuo volto. Che io possa conoscerti e accoglierti nella mia vita. Vieni ad abitare in me. Donami la tua vita perché la mia vita sia tua. Rinnovato dalla tua misericordia vivrò da figlio. Sarò – per grazia – pietra per la costruzione della tua chiesa. di tutti i giorni. Così si cambia il mondo, lasciandoci cambiare noi la vita da Gesù. È un dono da chiedere a Dio. Infatti “beato te, perché né la carne né il sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli”. Nel rivelarci il suo Nome, Dio ci manifesta non solo chi è lui, ma ci rende nota la nostra dignità di figli nel Figlio. In forza del Battesimo anche a noi è dato il potere di edificare la Chiesa ognuno per la sua parte, perché noi siamo Chiesa. A volte Dio si dice “direttamente”, a volte mediato da fatti e persone, altre volte tace. Gesù non ha pregato solo perché la fede di Pietro restasse salda nel momento della prova, ma ha pregato anche per noi. Non occorre una fede grande, a Dio basta anche una fede piccola come un granello di senape per poter iniziare a trasformare la nostra vita. Non aver paura di sentire rivolta proprio a te questa domanda: è un modo per aprire la porta del nostro cuore a Dio e “non saremo più fanciulli in balìa delle onde, trasportati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, ingannati dagli uomini con quella astuzia che trascina all’errore. Al contrario, agendo secondo verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa tendendo a lui, che è il capo, Cristo. Da lui tutto il corpo, ben compaginato e connesso, con la collaborazione di ogni giuntura, secondo l’energia propria di ogni membro, cresce in modo da edificare se stesso nella carità” (Ef. 4,14-16). seconda settimana martedì Matteo 23, 1-12 23 febbraio In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli 2016 dicendo: «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente. Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo. Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato». Padre, tu hai inviato nel mondo la tua Parola, che ha preso carne nel tuo unico Figlio. Manda su di me lo Spirito santo affinchè mi dia un cuore capace di ascolto, tolga il velo ai miei occhi e mi conduca a tutta la verità. Le Monache Benedettine dell’Adorazione Perpetua del SS.Sacramento - Grandate 34 35 DIOCESI DI COMO Quaresima 2016 seconda settimana mercoledì Matteo 20, 17-28 24 febbraio In quel tempo, mentre saliva a Gerusalemme, Gesù prese 2016 in disparte i dodici discepoli e lungo il cammino disse loro: «Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani perché venga deriso e flagellato e crocifisso, e il terzo giorno risorgerà». Allora gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Di’ che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno». Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». Ed egli disse loro: «Il mio calice, lo berrete; però sedere alla mia destra e alla mia sinistra non sta a me concederlo: è per coloro per i quali il Padre mio lo ha preparato». Gli altri dieci, avendo sentito, si sdegnarono con i due fratelli. Ma Gesù li chiamò a sé e disse: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dòminano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti». Misericordia è servire. Questa tua strada, Servo degli uomini, sia anche la mia. Potrò così riconoscere il tuo volto in ogni volto, servirti in ogni fratello e sorella, condividendo con tutti la tua benedizione. 36 ‘N on così dovrà essere tra voi … appunto come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti’. La strada di Gesù e la strada del povero si incrociano ed emanano Luce e Forza, che misteriosamente conducono verso il grande Mistero della Benedizione di Dio. Fra numerosi ricordi della mia infanzia (mi riferisco alla fine anni 50) spicca quello di un povero che di tanto in tanto arrivava a bussare alla porta di casa. Impressa nella mia memoria, oltre al fatto che sempre trovava la porta aperta, un piatto, un posto a dormire, magari sul fienile ed all’occorrenza qualcosa per vestire, alla sua partenza lasciava nell’atmosfera familiare una percezione quasi tangibile della benedizione di Dio. La visita di quel povero aveva un qualche cosa che richiamava quasi istintivamente il volto di Dio. Nella mia esperienza di missione, specialmente durante i diciotto anni nel Karamoja, ho avuto la medesima percezione una infinità di volte, dato che qui i poveri, sono presenti ad ogni piè sospinto. Di fronte a tale situazione in cui la soluzione non è a portata di mano ed al tempo stesso urge una risposta di apertura e di Amore vera e convincente, ho visto che è necessario tenere fisso lo sguardo su Gesù che è l’Autore ed il perfezionatore della nostra fede. Ogni situazione, ogni povero è diverso, ma porta negli occhi e profondamente nel cuore il Volto misterioso della Benedizione di Dio. È necessario assicurarsi che siamo ben ancorati al Signore Gesù con una mano, quindi tendere l’altra mano al povero concreto, che la Provvidenza ci dona di incontrare. In tal modo vedo che diventa possibile fare il passo giusto ed evitare passi falsi, che invece di aiutare, tradirebbero i poveri. “Dalla nostra fede in Cristo fattosi povero, e sempre vicino ai poveri e agli esclusi, deriva la preoccupazione per lo sviluppo integrale dei più abbandonati della società”. (EG 186). Ed egli soggiunse: “Il mio calice lo berrete; però non sta a me concedere che vi sediate alla mia destra o alla mia sinistra, ma è per coloro per i quali è stato preparato dal Padre mio ” . (Mt 20,23) Al banchetto Karimojong, ognuno si porta il suo seggiolino, e la posizione di ciascuno è in riferimento non all’età o ricchezza, ma al servizio volto al BENE della Comunità Karimojong. Padre Pietro Ciaponi - Uganda P. Pietro Ciaponi - Missionario Comboniano di Talamona (SO) da 18 anni in Karamoja–Nord Uganda. I primi Missionari Comboniani sono arrivati nel Karamoja il 2 Febbraio 1933. La presenza dei Comboniani in Karamoja viene interrotta nel 1939 in concomitanza con lo scoppio della seconda guerra mondiale per poi riprendere con rinnovata energia nel 1952 fino ai giorni nostri. Tale presenza di Padri, Fratelli e Suore Comboniane ha segnato l’inizio dell’evangelizzazione ed il suo fiorire e naturalmente l’impegno degli stessi nel campo dell’Educazione, della Sanità e dello Sviluppo. 37 DIOCESI DI COMO Quaresima 2016 seconda settimana giovedì 25 febbraio 2016 Luca 16, 19-31 In quel tempo, Gesù disse ai farisei: «C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”. Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”. E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”». Sono un missionario comboniano. Ho vissuto per dodici anni in Egitto, dove ho lavorato per lungo tempo con i profughi sudanesi. Attualmente, mi trovo a Roma, perché mi è stato affidato l’incarico di Economo Generale, un compito che mi rende “custode” della povertà del mio istituto e della sua capacità di mettersi dalla parte dei poveri. È una sfida smisurata ma bella. Non garantisco nulla circa la povertà, ma riguardo alla Provvidenza, posso assicurare che la misericordia del Padre si rivela quotidianamente con un’attenzione generosa e concreta. 38 N on ho mai indossato “vestiti di porpora e di lino finissimo”, eppure, non posso nascondere il fatto che in alcune occasioni mi sono sentito davvero come quel ricco di cui parla la parabola che dal povero Lazzaro ha preso il nome. Ricordo Samuel, un profugo sudanese che ho conosciuto al Cairo. Non aveva un lavoro e ormai viveva una forma grave di dipendenza dall’alcool. Di tanto in tanto, veniva a trovarci e a chiederci umilmente un po’ di aiuto, pochi centesimi, qualche briciola che cadeva dalla nostra tavola, quantunque non proprio raffinata. Ci volle poco tempo per capire che quel piccolo aiuto finiva per alimentare il vizio, acuito da una dieta molto povera. Così abbiamo tagliato l’aiuto diretto e abbiamo concordato con il bar che serviva la scuola di offrire a Samuel ogni giorno due panini a nostre spese. La cosa ha continuato fino a quando accadde quello che tutti temevano: una sera tornando a casa lungo una delle affollatissime strade del Cairo in condizioni di scarsa “lucidità”, Samuel fu investito da un auto; trascorse due giorni in terapia intensiva e alla fine ci lasciò per sempre. Misericordia La nostra chiesa divenne improvvisamente è condivisione. più vuota e subito avvertimmo la mancan- Aiutami Signore za di quel sorriso, di quella semplicità e di a colmare il grande quella debolezza su cui forse qualche volta abisso che mi divide avevamo anche ironizzato. dai tanti Lazzaro In Samuel ho ricevuto un segno della fra- di oggi, vivendo gilità umana che chiede di essere accolta una concreta e guardata con compassione senza cadere e autentica nel giudizio. Una fragilità che Samuel aveva condivisione accolto per primo, vivendo il dramma del di quanto ho e sono. suo personale fallimento, del suo essere stato sradicato dalla sua terra e dal non avere più una patria, senza permettere alla rabbia o alla violenza di prevalere, allietandoci invece con la sua giovialità ed la sua generosità. Spero anch’io di arrivare là dove ora Samuel gode certamente della consolazione e di raggiungere la parte migliore dei due estremi del “grande abisso” che solo la misericordia di Dio ci permette di attraversare. P. Claudio Lurati 39 DIOCESI DI COMO Quaresima 2016 seconda settimana venerdì 26 febbraio 2016 Matteo 16, 21,33-43.45 In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?». Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo». E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: “La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi”? Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti». Udite queste parabole, i capi dei sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro. Cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla, perché lo considerava un profeta. Nella nostra diocesi il Servizio al catecumenato esiste ufficialmente (cioè ha un ufficio in Curia) da pochi anni, ma la preoccupazione che lo anima risale a molto prima. Esso esprime in forma continuativa la responsabilità del Vescovo verso gli adulti che chiedono il Battesimo, per diventare cristiani, e la sua attenzione verso coloro che, già battezzati dopo la nascita, riavviano il proprio cammino di fede per prepararsi alla Cresima. Con pazienza e discrezione, il Servizio incoraggia e sostiene l’attenzione della diocesi per le persone che domandano ‘solamente’ di essere aiutate a conoscere Gesù; nella convinzione che è l’intera comunità cristiana il soggetto responsabile dell’annuncio gioioso del Vangelo e il contesto degli eventi sacramentali. Il Servizio sta chiaramente “dalla parte dei poveri”: perché se stare 40con Gesù nella sua Chiesa è per noi una ‘ricchezza’, evidentemente chi non condivide ancora ciò è ai nostri occhi un ‘povero’; e perché spesso chi accompagniamo non è italiano, ed è ‘povero’ dei nostri riferimenti culturali (o anche solo del nostro vocabolario). L a parabola dei “contadini omicidi” ci invita a concentrare già oggi l’attenzione sul dramma del Venerdì Santo: «Presero il figlio, lo cacciarono fuori della vigna e lo uccisero». Ma nelle parole di Gesù è anticipata anche la meraviglia della sua risurrezione: «La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo…» (Sal 118,22). Gesù sa che la sua ‘fine’ terrena segnerà l’inizio di un popolo che produrrà i frutti del regno di Dio; e tutto il Nuovo Testamento ci dice che in questo inizio sono compresi - in una ‘miscela’ che col tempo si chiarirà - la decisione di essere battezzati, il dono dello Spirito Santo, la condivisione della mensa che il Signore risorto offre a tutti i suoi discepoli. Battesimo, Cresima, Comunione: ecco la forma pensata da Dio perché ogni persona risponda liberamente al suo amore, e diventi parte attiva della Chiesa, tutta missionaria.Tutto ciò è per noi, già cristiani, motivo di comMisericordia è appartenenza. Su di Te, pietra viva, rigettata dagli uomini, mossa e stupita gratitudine: con fa’ che si fondi il mio cammino cristiano. Grazie all’immersione nel Tuo Spirito, l’apostolo Pietro (cf 1Pt 2,4-10), attraverso i sacramenti, riconosciamo che possa appartenere al tuo il rimanere vicini popolo nuovo, a Gesù ci rende che proclama a tutti e per sempre «pietre vive», la tua misericordia. membri del popolo di Dio, che esiste in forza della Sua misericordia per proclamare le Sue «opere ammirevoli». A questo proposito, un particolare motivo di gratitudine per la Chiesa di Como sono gli adulti che da ormai dieci anni hanno avuto la possibilità - grazie ai rispettivi Parroci e ai fedeli che con semplicità e convinzione li hanno coadiuvati nel cammino - di prepararsi al Battesimo seguendo nella sua interezza l’itinerario del catecumenato, ricevendo poi i Sacramenti dal Vescovo, nella Veglia pasquale. Le loro diverse e a volte complesse situazioni di vita, le loro domande e difficoltà ci aiutano a precisare la ‘misericordia’ in concreti atteggiamenti e scelte coerenti; nella persuasione che lo scopo di tutto ciò è riconsegnare a Dio i suoi frutti, ciò che la sua grazia ha avviato nei cuori. Dalla riflessione può nascere in noi qualche ‘proposito’: di ricordare nella propria preghiera lungo tutta la Quaresima i catecumeni di quest’anno; di raccogliere qualche informazione in più sull’esperienza della nostra diocesi; di mantenere (o ristabilire) i contatti con i ‘nuovi cristiani’ adulti della propria parrocchia. Servizio al Catecumenato – Diocesi di Como 41 DIOCESI DI COMO Quaresima 2016 seconda settimana sabato 27 febbraio 2016 42 Luca 15, 1-3; 11-32 In quel tempo, si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e Donaci Padre disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane un cuore aperto in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, e accogliente. andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato Un cuore capace verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di abbracciare di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno chiunque muove dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre. passi di ritorno, Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe chiunque ha sete compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e di tenerezza lo baciò. Il figlio gli disse:“Padre, ho peccato verso il e di perdono. Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere Rendi la tua chiesa chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: casa che accoglie, “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo abbraccia, perdona indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali e apre a speranza. ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”». È capace di misericordia chi si possiede chi non si lascia travolgere dagli eventi e dalle proprie emozioni, cioè chi è mite. e il mite è persona forte e tenera insieme. Il Padre misericordioso della parabola di Luca infatti - rispetta la libertà del figlio (soffrendo certo!) - sa attendere con pazienza e nella pazienza esprime la fiducia nel cambiamento del figlio amato - sa perdonare, restituendo piena dignità (mettetegli l’anello al dito, indossategli la veste della festa…) - sa coinvolgere tutti nella sua gioia per il ritorno del figlio (facciamo festa con musiche, danze, con un banchetto, …) - sa spiegare il suo comportamento (dialogo sofferto con il figlio maggiore) e sa sopportare, per amore, di non essere capito da chi gli è più vicino. Qualcuno, per amore, tenta di imitare Dio Padre. Vediamo cosa è successo a Carla. Sei mesi fa era arrivata al figlio grande una lettera da Marsiglia, che il figlio non le aveva passato, ma che le era balzata tra le mani. Il padre diceva di essere solo, malato e bisognoso di soldi. Contro il parere di tutti, lei aveva fatto fare la revisione dell’auto, l’aveva lavata ed era partita. È tornata con un malato scheletrito, bisognoso di tutto. “È pur sempre mio marito”, diceva all’ultimo figlio che stava per uscire da casa. “Se fosse stato per lui, saremmo tutti crepati di fame” sibilava il figlio. Il padre, che a tratti non sembrava nemmeno in grado di udire, diceva sottovoce quasi mormorasse una preghiera: “Ha ragione”. “Mi fai schifo”, dicevano le parole del figlio dure come pietre. “A me non ha fatto schifo quando sei nato tu” ribatteva la madre. Così ambedue, il marito riportato a casa e la moglie forte della sua mitezza vivevano insieme il dolore. In attesa di un altro ritorno… Don Valerio Modenesi confessore nella Collegiata di Sondrio 43 DIOCESI DI COMO Quaresima 2016 t e r z a s e t t i m a n a VISITARE I CARCERATI. Reclusi o Esclusi? 44 Solo abbracciando Cristo, riesco ad abbracciare la miseria che incontro nel carcere e vedere quanta umanità che si sperimenta nelle difficoltà esistenziali in una coabitazione forzata. (…) È vero che hanno sbagliato, però chi di noi è infallibile? È giusto che ci sia una conseguenza per ogni azione e i detenuti stessi sono consapevoli che devono in qualche modo subire le conseguenze di scelte che sanno essere sbagliate. Quello che manca a loro è la possibilità di ricominciare una volta usciti e ricostruirsi una vita. Il sistema del carcere non è integrato con la società e questa non vuole reintegrare chi, ormai libero, è pronto a reinserirsi. Un carcerato mi ha detto: “Quando esco in teoria sono libero, in pratica sono marchiato a fuoco e prigioniero del passato che mi porto dietro….la gente vede in me sempre l’ex carcerato.” Io ascolto e insieme con fatica cerchiamo un motivo, un punto luminoso che faccia luce sul cammino da percorrere, che alimenti ancora un po’ di speranza…. e la ricompensa più bella è un sorriso di congedo spesso annerito dal fumo o deturpato dalla violenza subita e dalla droga, però come sono belli questi sorrisi….. (…) Il mio entrare nel carcere, è ogni volta un incontro con l’uomo, uomo come me, fatto di tanti difetti, tante sconfitte, tanta miseria, tanti peccati, tante ricadute, ma con la consapevolezza di non essere solo, con la certezza che la salvezza non viene da se stesso, tanto meno da me, e questo l’ho percepito parlando con i detenuti, guardandoli negli occhi, ascoltando le loro storie e condividendo la loro sofferenza. È un dono poter essere presenza in questo pezzo di umanità reclusa, è una grazia poter sperimentare la misericordia di Dio, all’interno del carcere, e quanta misericordia c’è. Non è una questione di bontà, di tempo, di adeguatezza, di capacità o di coerenza, ma è solo lo starci così, come si è, per quello che si è, liberi e aperti alla realtà che c’è donata. Come dice papa Francesco” il luogo privilegiato dell’incontro è la carezza della misericordia di Gesù Cristo verso il mio peccato.” Che liberazione, che ampio respiro per me peccatore, non devo censurare niente; niente è escluso da questo sguardo, da quest’abbraccio pieno di pietà. Infatti, solo chi non si è allontanato da Cristo, non ha paura di Giuseppe e Giancarlo, guardare tutto, perfino il proprio volontari Carcere del male. Bassone (Como) terza settimana domenica 28 Luca 13, 1-9 febbraio 2016 In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo». Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime.Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”». L’ altra sera a Milano ho contato, in zona centro, sei associazioni, compresa la nostra, che portavano generi di conforto alle persone senza fissa dimora. Ero contento (ma con qualche perplessità), “nessun barbone a Milano muore di fame” mi son detto. D’abitudine, a Milano andiamo alla ricerca dei giovani nelle piazze, lungo le strade e spesso, in alcune zone, difficilmente riusciamo ad incontrarne qualcuno “lucido” con cui poter parlare: la droga e l’alcool regnano sovrani. “A nessun giovane a Milano manca lo svago, il divertimento” mi son detto con tante preoccupazioni dentro me. Ho condiviso questi pensieri ad una carissima amica la quale dopo poche ore mi manda una riflessione di Madre Teresa di Calcutta. La peggiore malattia oggi è il non sentirsi desiderati né amati, il sentirsi abbandonati.Vi sono molte persone al mondo che muoiono di fame, ma un numero ancora maggiore muore per mancanza d’amore. Ognuno ha bisogno di amore. 45 DIOCESI DI COMO Quaresima 2016 t e r z a s e t t i m a n a Ognuno deve sapere di essere desiderato, di essere amato, e di essere importante per Dio. Vi è fame d’amore, e vi è fame di Dio. Ecco di cosa si muore a Milano, di solitudine! Sì, i giovani oggi, i senza dimora, i migranti, gli emarginati muoiono di solitudine! E io cosa faccio di fronte a ciò? Se non ci convertiamo a queste solitudini periremo tutti come ci dice il Vangelo di questa domenica. Ci stiamo preparando alla morte e risurrezione di Signore sii paziente Gesù! Convertiamoci alla sua con me, coltivami croce, alla sua Resurrezione per con i gesti della tua portare luce laddove ci sono temisericordia nebre e ferite. e fa’ che porti frutti di amore da offrire a quanti sono soli e non amati. Sazia questa fame di Te, questa fame di amore, che è nel cuore di tutti noi. Don Federico Pedrana COMUNITÀ PAPA GIOVANNI XXIII Il fondatore è don Oreste Benzi, sacerdote riminese (1925-2007). Don Oreste diceva “Lì dove sono loro (i poveri), lì anche noi”. La comunità fondata nei primi anni 70 cerca di essere accanto a tutte le forme di povertà: senza fissa dimora, ragazze schiavizzate, bambini e ragazzi di strada, tossicodipendenti, disabili, anziani soli, etc. etc. Si cerca con loro di ricostruire una famiglia accogliendoli in casa propria. La vocazione della Comunità consiste nel conformare la propria vita a Gesù povero, servo, sofferente, che espia il peccato del mondo e nel condividere per Gesù con Gesù in Gesù la vita degli ultimi. Attualmente la Comunità è diffusa in oltre 20 paesi del mondo: oltre che in Italia, è presente in Albania, Argentina, Australia, Bangladesh, Bolivia, Brasile, Cile, Cina, Colombia, Croazia, Francia, Georgia, Kenya, India, Israele/Palestina, Molda46via, Olanda, Repubblica di San Marino, Romania, Russia, Spagna, Sri Lanka, Tanzania, Venezuela e Zambia. terza settimana lunedì 29 febbraio 2016 Luca 4, 24-30 In quel tempo, Gesù cominciò a dire nella sinagoga a Nàzaret: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidóne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Elisèo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro». All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino. Signore, fa’ tacere in me ogni altra voce che non sia la Tua, e perché non trovi condanna nella tua Parola, letta ma non accolta, meditata ma non amata, pregata ma non custodita, contemplata ma non realizzata, manda il tuo santo Spirito ad aprire la mia mente e a guarire il mio cuore. Solo così l’incontro con la tua Parola sarà rinnovamento dell’alleanza e comunione con Te e il Figlio e lo Spirito santo. Dio benedetto nei secoli dei secoli. 47 DIOCESI DI COMO Quaresima 2016 terza settimana martedì 1 marzo 2016 Matteo 18, 21-35 In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette. Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito. Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello». L 48 e bambine e le ragazze che accogliamo in comunità, arrivano spesso dopo un percorso tormentato e difficile. Non è facile scorgere la sofferenza che portano, mista a rabbia e sfiducia in se stesse e negli altri, in particolare verso gli adulti. Spesso si nasconde dietro atteggiamenti arroganti e sfidanti che mettono a dura prova l’autocontrollo e la pazienza dell’educatore più esperto e motivato. Ho in mente Sofia, nome di fantasia: basta veramente poco per “innescare” la sua rabbia e all’improvviso ti senti “travolto” da tanta aggressività che ti penetra dentro, ti fa vibrare fin dentro lo stomaco; ti verrebbe da rispondere con forza per mantenere le distanze, per non lasciarti travolgere. Anche il servo della parabola arriva con un debito, un grosso debito, un vuoto da colmare, da riempire di bene, di cura, di attenzione. Diecimila talenti usati Custoditi nelle tue male, perduti, sprecati. Il Padre accoglie, colma “per grazia” quel mani di Padre donaci vuoto. Ha misericordia, porta nel cuore di impiegare questo dono del tuo amore quel misero, lo consola lo conforta. Sofia, forse, non ha fatto questa esperienza. per offrire a chi Allora posso offrire il mio sentirmi custodi- è debole e piccolo ta nel cuore del Padre, posso offrire il mio un segno concreto essere “misera nel cuore di Dio”. Posso di vicinanza e farlo solo se sono capace di custodire la di attenzione, così memoria della Sua misericordia. Solo la me- che la tua misericordia moria della sua misericordia allarga il mio si moltiplichi per cuore e mi rende misericordiosa, mi rende la gioia dei tuoi figli. capace di “portare il misero nel cuore”, mi rende capace di dare PER DONO quello che mi viene chiesto con rabbia. Allora la rabbia di Sofia diventa appello ad accogliere con riconoscenza la Misericordia che il Padre mi dona, invito a ridonare nel quotidiano la misericordia ricevuta, con particolare attenzione ai piccoli, ma soprattutto occasione per operare insieme la Misericordia e crescere insieme come figlie amate e predilette. Comunità Bucaneve – Monteolimpino Il Bucaneve è un fiore che spunta tra le nevi nonostante condizioni sfavorevoli. Bucaneve è anche una comunità educativa per minori, situata nel quartiere di Monteolimpino a Como, gestita dalle Suore Maestre di Santa di Dorotea. Qui si accolgono bambine e ragazze, per le quali è stato chiesto l’allontanamento dalla famiglia d’origine e si accompagnano perché la loro vita possa continuare a fiorire, nonostante la loro storia. L’elemento qualificante e fondante del nostro intervento è il prendersi cura di questi piccoli, attraverso relazioni improntate sull’amicizia che creano stabilità di rapporti, favoriscono interventi educativi e si concretizzano del farsi “compagni di viaggio” delle bambine e o ragazze accolte. 49 DIOCESI DI COMO Quaresima 2016 terza settimana mercoledì< Matteo 5, 17-19 2 marzo 2016 In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli». L a lettura di oggi mi fa riflettere sulla “legge”. La Legge - Alleanza aveva sostenuto e orientato il processo di liberazione del popolo ebreo ed era diventata il fondamento della sua costituzione come popolo e nazione, per garantire il non ritorno a relazioni di oppressione e di schiavitù. La voce dei Profeti lungo la storia di 50 quel popolo, si alzava nei momenti bui per denunciare il tradimento del Dio della liberazione, che continuava fedele alla sua Alleanza. Quanto clamore da chi continuava “connesso”col progetto tribale, profondamente fedele alla dignità e alla sacralità della vita! Gesù dice di essere venuto per dare pieno compimento a questa legge, offuscata dai molteplici inte- Sono Pina Rabbiosi, da 34 anni in Brasile. Lavoro dal 1997 nellasa do Sol, sorta nelle periferie di Salvador de Bahia. In questa grande periferia, con 800 mila abitanti, diventando per i più miserabili, non ancora assimilati e integrati nella società urbana, l´unico punto di riferimento e di appoggio. Qui i bambini, ragazzi e giovani sono aiutati nelle loro difficoltà scolastiche, sperimentano momenti di bellezza e di creazione artistica nel vari laboratori di arte, riflettono e creano iniziative di cittadinanza. Le famiglia e le mamme qui incontrano appoggio e orientazione per poter accedere ai propri diritti conquistando dignità e recuperando i valori della loro tradizione che ancora possono essere il sostegno contro le varie forme di negazione della dignità e del valore sacro della Vita. ressi dei potenti transitati su quella terra e poco fedeli al popolo a loro affidato. Rifletto su questo e mi chiedo qual´è la relazione nostra con la legge, la legge civile, che anche qui in Brasile, come in tanti paesi dell´America Latina è stata elaborata nei momenti di rinascita dopo i periodi bui delle dittature militari e continua ad essere riconosciuta come una delle più avanzate. Eppure questo paese continua ad avere una moltitudine di poveri, ridotti alla miserabilità dalla negazione di ogni diritto, garantito dalla “legge”. Eravamo in fila, una fila lunghissima, all´esterno del Banco del Brasile, dopo 21 giorni di sciopero, due ore in piedi per ricevere un numero che ci avrebbe permesso di addentrarci all´interno dove ci sono le casse, quando l´arrivo di una famiglia ci scuote: la mamma, magrissima e pallida, col viso contorto in una smorfia, sembrava da una paralisi, le mani avvolte in una maglia e i piedi deformati; il marito la seguiva e aveva una piccola bimba in braccio; la seconda figlia, autonoma, si muoveva da sola. Siamo riusciti a far si che la famiglia entrasse con precedenza assoluta. La bimba, Paloma, otto anni, ha cominciato a chiacchierare con noi, raccontandoci la loro vita di stenti, con una dignità e una maturità impressionanti. Ci spiega che erano li per l´ennesima volta, per tentare di prelevare il sussidio governativo della “Borsa Famiglia” (grande conquista del governo Lula) il cui documento era bloccato da giorni. La sorellina in braccio al padre stava piangendo. Ho chiesto a Paloma:‘La tua sorellina è Tu Signore dai e sei ammalata?’ Lei compimento della mi ha risposto: Legge e della Vita. ‘No non è am- Guardando a Te malata, ma lei fa’ che sappiamo è piccola, non orientare le nostre ha ancora im- leggi e la nostra vita parato a non verso quel piangere’. Io compimento e Cleize, la che si attua solo collaboratrice nell’Amore. che era con me, ci siamo guardate negli occhi senza capire, Paloma ha continuato: ‘Noi abbiamo bevuto il caffè ieri mattina con l´ultimo pezzo di pane che c´era, speriamo che la mamma ritiri i soldi oggi cosi quando torniamo a casa può prepararci da mangiare...!’ La famiglia è uscita senza soldi in mano. Paloma, con gli occhi lucidi, ci dice: ‘non sono riusciti neanche questa volta!’ Si è alzata ha seguito i genitori. Appena siamo uscite, li abbiamo cercati ovunque per fare qualcosa, erano spariti. La legge può garantire la vita, la legge può uccidere. La legge continua a sfidarci e a provocarci. Credo che oggi, come al tempo di Gesù, dobbiamo lottare perché le leggi che garantiscono e proteggono la vita siano compiute. Pina Rabbiosi – Brasile 51 DIOCESI DI COMO Quaresima 2016 terza settimana giovedì 3 marzo 2016 C Luca 11,14-23 In quel tempo, Gesù stava scacciando un demonio che era muto. Uscito il demonio, il muto cominciò a parlare e le folle furono prese da stupore. Ma alcuni dissero: «È per mezzo di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni». Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo. Egli, conoscendo le loro intenzioni, disse: «Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull’altra. Ora, se anche satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl. Ma se io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl, i vostri figli per mezzo di chi li scacciano? Per questo saranno loro i vostri giudici. Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio. Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, ciò che possiede è al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via le armi nelle quali confidava e ne spartisce il bottino. Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde». i siamo assunti l’impegno di essere «testimoni della verità» e di « portare l’amore che è l’altro nome della misericordia, a chi non ha conosciuto l’amore». Molti di noi erano muti, timidi, paurosi, ma dopo averLo incontrato 52 ci ha guariti ed ora siamo anche noi testimoni perché altri possano farne esperienza. Essere quindi portatori di misericordia ha un particolare appuntamento: La luce nella Notte, quando le porte della Chiesa si aprono per tutta la notte e tra preghiere, canti, adorazione si accolgono tutte le Nuovi Orizzonti è una Comunità Internazionale fondata da Chiara Amirante e diffusa in molti paesi, impegnata nel disagio sociale. È stata riconosciuta dalla Santa Sede come Associazione Internazionale Privata di Fedeli. In Italia si configura giuridicamente anche come Associazione di Volontariato ONLUS. La Comunità Nuovi Orizzonti si pone l’obiettivo di intervenire in tutti gli ambiti del disagio sociale, realizzando azioni di solidarietà a sostegno di chi vive situazioni di grave difficoltà. Per questo, svolge la sua attività avendo presenti tutte le realtà di emarginazione sociale, con particolare attenzione al mondo giovanile. Una delle tante attività di Nuovi Orizzonti è l’evangelizzazione di strada. persone, le si invitano ad entrare e dir loro «Dio ti ama». Parecchie sono le Luci nella Notte cui ho partecipato, ognuna è sempre nuova e particolare. Quella di sabato mi ha dato modo di conoscere in modo più approfondito le “sfaccettature” di quel diamante che è la Nuova Evangelizzazione, contemplando l’unità dei carismi che lo Spirito Santo ha suscitato nelle diverse realtà ecclesiali. Il ministero cui sono stata assegnata era la Preghiera di intercessione. “In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro.” (Mt 18,19.20) Confesso che inizialmente era preghiera di sostegno per i missionari impegnati all’esterno ma, ad un certo punto, ho sentito proprio nel cuore l’esigenza di uscire, il cuore mi portava a uscire, mi muoveva ad intercedere per quelli che erano nella piazza ed è così che in coppia con un’altra persona sono uscita a fare un giro intorno alla piazza. Poi rientrata in chiesa osservavo la fila ininterrotta di persone in attesa di giungere all’altare e per ognuna era evidente la trasformazione del volto tra prima e dopo l’esperienza: volti trasformato dal sorriso, dal sollievo, dallo stupore o anche solo da una insolita curiosità, ma con una traccia indelebile. “Occorre ricordare che l’opera della nuova evangelizzazione non Signore Gesù, tu sei il dito di Dio, sei l’uomo più forte che scaccia le tenebre del male e può riaccendere in me e nel mondo la luce vera. Scaccia dal mio cuore colui che divide e tenta. Vieni ad abitare in me come luce e forza che apre a cammini di speranza e di misericordia. può ridursi ad una mera iniziativa degli uomini, qualcosa che noi dobbiamo pianificare, organizzare e realizzare. Si tratta, anzitutto e sempre, dell’azione di Dio, misteriosa e potente, che raggiunge i cuori. Da parte nostra, essa richiede perciò l’apporto decisivo della nostra preghiera e del nostro sacrificio. ….Se questo non è ben chiaro, si rischia di impostarla male e di lavorare invano! Nuovi Orizzonti - Como 53 DIOCESI DI COMO Quaresima 2016 terza settimana venerdì 4 marzo 2016 Marco 12, 28-34 In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi». Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocàusti e i sacrifici». Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo. Padre Silvano Zoccarato, missionario del Pime si trova da 10 anni in Algeria.Avanguardia di una presenza in un Paese quasi esclusivamente musulmano. Ha aperto la strada nel 2006 per una nuova missione - o, meglio, una missione nuova nello stile e nella testimonianza - seguito poi da altri due confratelli. Da Touggourt, nel deserto algerino - dove abita nella casa che fu dei padri bianchi e dove le uniche cristiane sono le piccole Sorelle di Gesù, fondate proprio qui - racconta i suoi anni di missionario in dialogo con i musulmani. 54 Q ui in Algeria alcuni amici musulmani mi raccontano volentieri della loro fede. Aicha Naili si definisce «Assetata di Dio» e scrive: «È una gioia per me dire il centro della mia vita, la mia relazione con Allah. La prima parola che mi viene per avvicinarmi a quello che sento nel mio cuore verso il mio Dio è Amore. Come non amare chi è sempre con me, mi sente, mi conosce e tutto ciò per proteggermi, aiutarmi e guidarmi in un mondo dove sono così debole, fragile e impotente? Come non accorgermi di chi mi è vicino? Quante volte mi sono sentita sola, e solo Lui toglieva la solitudine del mio cuore appena mi rivolgevo a Lui. Quante volte ero in piena confusione e Lui solo mi recava con dolcezza estrema il conforto e la guida più illuminata. Non posso che sciogliermi d’amore al ricordo di tutte le volte che mi sono diretta verso di Lui, divorata da un dolore profondo. Come lo zucchero si scioglie nell’acqua, così il mio male si scioglieva nella misericordia del Misericordioso e questo subito dopo la mia preghiera. Non posso contare i miei errori e il male che mi hanno prodotto. Ma Lui non smette mai di promettermi il suo perdono ogni volta che glielo chiediamo. Come non amare Colui che mi ha dato la vita, questa fortuna di conoscerlo e di essere al suo servizio come creatura. Perché Allah ci offre una misericordia così grande? Una sola è la risposta: ci ama. È vero che lo amo, ma è lui che mi ha amata per primo perché io possa amare ogni mio fratello». Padre Silvano Zoccarato - Algeria “Eterna è la tua misericordia!”, il tuo amore è per sempre ed è totale. Aiutami Signore a gustare con gioia ogni giorno questo tuo amore che mi avvolge. Solo così saprò amarti e amare ogni persona con cuore più grande, fedele e disponibile. 55 DIOCESI DI COMO Quaresima 2016 terza settimana sabato 5 marzo 2016 56 Luca 18, 9-19 In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato». Nel servizio e nella missione di ogni giorno, presentando i valori umani della bontà, della fraternità, della pace, dell’aiuto reciproco, della condivisione, del dialogo, mi permetto di ricorrere alla Bibbia. Un giorno abbiamo scritto e commentato la frase: “Tutto ciò che volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro” e abbiamo cercato insieme di capirne il significato. C’era nel gruppo una signorina che per gravi problemi di salute veniva spesso ricoverata in ospedale. Era la più diligente di tutti; imparava a memoria tutte le citazioni bibliche ed era orgogliosa di poterle ripetere ai medici e agli infermieri dell’ospedale. Nonostante la precarietà delle condizioni fisiche e la notevole distanza dalla chiesa ogni tanto veniva a pregare con noi. Aveva voluto il libretto di preghiere e il CD dei canti cristiani e li portava con sé mentre faceva la dialisi. Diceva che l’averci incontrati le aveva permesso di scoprire l’importanza della preghiera, ciò le era stato di grande aiuto per superare la solitudine e la sofferenza della sua malattia cronica. Grazie a questo aveva ritrovato di nuovo la voglia di vivere. Emiko stava pensando di chiedere il battesimo ma non si sentiva all’altezza di questo passo. Un missionario mi disse che a volte i cristiani in Giappone danno l’impressione agli altri giapponesi di essere “i puri, gli osservanti di un rigoroso codice morale e religioso” e quindi collocati su un piano più alto. Rischiano quindi di sentirsi come il fariseo della parabola.Vedo in Emiko la figura del pubblicano: lei, nella sua semplicità, non osava neppure alzare gli occhi al cielo. Ultimamente le condizioni di salute di Emiko sono peggiorate così tanto da dover essere ricoverata in modo permanente all’ospedale. Un giorno, verso le 11 di sera, mi ha telefonato un’infermiera dicendomi che Emiko stava molto male e voleva parlarmi. Con un fil di voce Emiko si mise a cantare la canzone che cantiamo ai funerali: “Gesù profondamente misericordioso. Amico mio Gesù che nella tua profonda misericordia allontani da noi ogni male e peccato, ti confido le pene e i pesi del mio cuore perché tu li alleggerisca.” Alla fine del canto mi disse che voleva incontrarmi. Al mattino seguente andai a trovarla assieme a un padre missionario. Era in fin di vita ma si mostrò contenta di vederci. Ci chiese se anche lei sarebbe andata in Paradiso insieme a noi sebbene non avesse ricevuto il battesimo. Il Padre le spiegò che lei era già cristiana perché lo aveva desiderato ardentemente, di cuore. Pregammo insieme per qualche istante, poi lei ci ringraziò e si assopì. È entrata così nel sonno eterno. Ringrazio il Signore di avermi fatto Tu Signore guardi, conoscere Emiko, simbolo per me di non ai nostri meriti tante donne che vivono nel silenzio e ma alla sincerità del nell’umiltà, che hanno accolto nella loro nostro cuore. Davanti vita Gesù che salva, Gesù che preferisce a Te riconosciamo i piccoli e i poveri, Gesù che ci ama per la nostra piccolezza quel che siamo e così come siamo. e povertà; invochiamo Suor Milka Nonini – Giappone la grandezza della Tua misericordia. Sono una missionaria-religiosa appartenente alle Missionarie di Maria (Saveriane), in Giappone da 38 anni. Qui il Cristianesimo è una esigua minoranza (800mila su una popolazione di 126.000.000 di abitanti), in una società economicamente ricca, Però in questi ultimi anni stanno venendo alla luce nuove situazioni di povertà prima tenute nascoste. Una recente statistica dice che su sei bambini uno vive in situazione di povertà. La famiglia e il mondo giovanile attraversano una profonda crisi di identità. In questa società efficentista e competitiva una delle povertà più difficili da accettare è quella che riguarda le persone portatrici di handicap fisici e mentali. Per questa ragione mi sono inserita in un gruppo di handicappati del Comune di Miyazaki. Si tratta di persone che, una volta completate le scuole medie superiori, si propongono di raggiungere una certa indipendenza. A me è stato chiesto di insegnare italiano e di fornire al gruppo un sostegno di tipo morale. La legge non permette che nelle strutture pubbliche si parli apertamente di religione. 57 DIOCESI DI COMO Quaresima 2016 q u a r t a s e t t i m a n a INSEGNARE A CHI NON SA. Educazione e istruzione. Lual abita a Wau in Sud Sudan ed è fortunato: quest’anno è andato a scuola. Ha 10 anni ed è il terzo di sette fratelli. Suo padre è insegnante e la madre domestica; insieme riescono a portare a casa poco più di 35 Euro al mese. Con l’iperinflazione di questi mesi il loro salario basta solo per comprare sorgo e farina di manioca, oltre a sale e carbonella, per tutte le bocche in famiglia. Non ci sono soldi per mandare tutti a scuola, così Zamra e Sebila – le due sorelle maggiori – hanno perso l’anno ma Lual e Santino – i due maschietti – hanno potuto continuare gli studi. Gatluak è di etnia Nuer, ha 11 anni ed è il maggiore di 5 fratelli. Quando due anni fa la loro casa a 58 Bentiu è stata bruciata e il bestiame rubato dai soldati, la mamma ha deciso di portare tutti nel campo profughi di Kakuma, uno dei più grandi dell’Africa orientale. Nella scuola elementare del campo ci sono bravi insegnanti stranieri ma purtroppo è obbligatorio avere le scarpe per poter entrare in classe e Gatluak e i suoi fratelli proprio non possono permettersele. Magari l’anno prossimo le cose andranno un po’ meglio. Come Zamra, Sebila e Gatluak sono centinaia di migliaia i bambini che non possono andare a scuola nel Sud Sudan di oggi. I bambini come loro, nel mondo, sono quasi cento milioni. Matteo Perotti, laico missionario in Sud Sudan quarta settimana domenica Luca 15, 1-3; 11-32 6 marzo 2016 In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i pec- catori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio.Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”». 59 DIOCESI DI COMO Quaresima 2016 quarta settimana La parabola del Padre misericordioso è il cuore del Vangelo di Luca e l’essenza di ogni annuncio missionario. Al centro di tutto sta la bellezza e Apri la novità del Dio annunciato da Gesù: un padre Signore i nostri occhi che non smette di amare il figlio che si è allontanato, un padre che non si stanca di attendere e il nostro il suo ritorno. Non gli importa un bel nulla del cuore suo patrimonio sperperato: che lo fa soffrire perché è la lontananza del figlio. Il suo dolore si fa possiamo gustare attesa, si fa sguardo premuroso che sorveglia il tuo amore di Padre la strada deserta e continua a sperare contro che supera ogni speranza. ogni nostra fuga, Al cuore di ogni annuncio missionario sta la ogni nostro peccato. bellezza disarmante di un Padre che accoglie Fa’ che ci lasciamo senza rimproverare, senza chiedere riparazioni, cadere con fiducia senza rinfacciare nulla. Questo famoso abbraccio tra le tue braccia è l’esplosione del gratis, è la rivelazione sublime misericordiose per di uno spazio di libertà sottratto alle regole del ritrovare in Te gioia merito o del tornaconto. e pienezza di vita. Nonostante tutto c’è qualcuno che ti ama sempre e indipendentemente da quello che hai combinato nella tua vita. C’è qualcuno che ti dice che non tutto è perso, che contrariamente alle logiche della fisica l’unico modo per stare in equilibrio è lasciarti cadere in un abbraccio. Lo ha scoperto Ruth che ha dormito abbracciata alla Bibbia per trovare la La missione diocesana di San Pedro forza di ricostruire il suo matrimonio. de Carabayllo (Perù) si trova alla Lo hanno sperimentato Diego e Doestrema periferia nord della grande ris che hanno consumato la corona città di Lima. Anche qui come nella del Rosario mentre la loro piccola maggior parte delle grandi periferie Miriam era nelle mani del chirurgo. le povertà non mancano. La magLo ha sperimentato Carlos che vive gioranza dei 75.000 abitanti della in una baracca di legno e ha preferito parrocchia è costituita da persone il suo onesto lavoro a facili guadagni che hanno lasciato la loro terra di nel traffico di droga. origine (la sierra o la selva) e si sono L’ ho sperimentato pure io grazie a riversate nella capitale con la spequesti fratelli. I lori occhi mi hanno ranza di un futuro migliore. Oltre al svelato lo sguardo del Padre Miserinormale lavoro pastorale proprio di cordioso. una parrocchia cerchiamo di risponDon Roberto Seregni dere alle situazioni umanamente più San Pedro de Carabayllo Perù urgenti, soprattutto per quanto riguarda la salute e l’assistenza legale. Un altro fronte su cui stiamo lavo60 rando è quello della formazione tanto a livello umano quanto religioso. lunedì 7 marzo 2016 Giovanni 4, 43-54 In quel tempo, Gesù partì dalla Samarìa per la Galilea. Gesù stesso infatti aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella propria patria. Quando dunque giunse in Galilea, i Galilei lo accolsero, perché avevano visto tutto quello che aveva fatto a Gerusalemme, durante la festa; anch’essi infatti erano andati alla festa. Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l’acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafàrnao. Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e gli chiedeva di scendere a guarire suo figlio, perché stava per morire. Gesù gli disse: «Se non vedete segni e prodigi, voi non credete». Il funzionario del re gli disse: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia». Gesù gli rispose: «Va’, tuo figlio vive». Quell’uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si mise in cammino. Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i suoi servi a dirgli: «Tuo figlio vive!». Volle sapere da loro a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: «Ieri, un’ora dopo mezzogiorno, la febbre lo ha lasciato». Il padre riconobbe che proprio a quell’ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive», e credette lui con tutta la sua famiglia. Questo fu il secondo segno, che Gesù fece quando tornò dalla Giudea in Galilea. L’UNITALSI è un’Associazione che opera anche nella nostra Diocesi attraverso volontari – Sorelle di assistenza e Barellieri – che svolgono il proprio servizio verso e con le persone ammalate, disabili, anziane, promuovendo l’annuncio del Vangelo e il culto mariano innanzitutto attraverso la preparazione e la guida di pellegrinaggi a Lourdes e nei santuari italiani, e rimanendo a disposizione di chi si trovasse in difficoltà anche durante l’anno. Le persone segnate dalla malattia e dalla disabilità spesso sono le più emarginate ed escluse dalla nostra società. Per la Chiesa invece rappresentano un tesoro prezioso. Per tutti noi volontari essi costituiscono un grande esempio di fede, di coraggio e di amore per la vita. 61 DIOCESI DI COMO Quaresima 2016 quarta settimana l l funzionario si reca da Gesù con il “carico” del suo amore umano: il suo bambino sta per morire. Egli insiste con Gesù affinché vada subito a salvarlo. È proprio dell’amore umano disperarsi dinanzi alla sofferenza e alla morte, e chiedere un miracolo. Gesù lo invita a verificare la propria fede, la propria fiducia in Dio. La vera fede porta sempre ad “andare oltre” la situa“Credette alla Parola”. Signore qui zione che si sta vivendo. Il sta il cuore della fede. Aiutami a vero affidamento nell’amore credere che la tua Parola è Spirito e del Signore porta a credere vita. Aiutami a credere che la tua che anche la sofferenza e Parola guarisce e rinnova la mia vita. la morte vengono trasforAiutami ad ascoltare ogni giorno Te, mate dall’Amore di Dio. Parola che salva. Di fronte alla risposta di Gesù, il funzionario non si scoraggia, anzi manifesta la propria fede ripresentando la richiesta a Gesù, che gli risponde: ”Va’, tuo figlio vive”. Gesù gli chiede di avere fede, molta fede; chiede a quell’uomo di tornare a casa credendo fermamente che il figlio sia già guarito.Anche questo può chiamarsi miracolo! Senza vedere alcun segno e alcun prodigio, il funzionario crede a Gesù e torna dal proprio figlio. È questo il miracolo che tante volte chiedono gli ammalati che si recano a Lourdes o nei santuari mariani: la fede per affrontare con forza le difficoltà e dar senso alle sofferenze quotidiane, la grazia di saperle unire a quelle di Gesù crocifisso, la forza per saper accettare con pazienza e serenità la propria condizione. È la stessa fede che ci fa riconoscere nel volto delle persone ammalate e fragili il volto di Gesù. Con il suo aiuto possiamo essere reciprocamente, tutti e per ciascuno, “sguardo che accoglie, mano che solleva, abbraccio di tenerezza, riflesso di Colui che è Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione”. Unitalsi Como 62 martedì 8 marzo 2016 Giovanni 5, 1-16 Ricorreva una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. A Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, vi è una piscina, chiamata in ebraico Betzatà, con cinque portici, sotto i quali giaceva un grande numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici. Si trovava lì un uomo che da trentotto anni era malato. Gesù, vedendolo giacere e sapendo che da molto tempo era così, gli disse: «Vuoi guarire?». Gli rispose il malato: «Signore, non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, un altro scende prima di me». Gesù gli disse: «Àlzati, prendi la tua barella e cammina». E all’istante quell’uomo guarì: prese la sua barella e cominciò a camminare. Quel giorno però era un sabato. Dissero dunque i Giudei all’uomo che era stato guarito: «È sabato e non ti è lecito portare la tua barella». Ma egli rispose loro: «Colui che mi ha guarito mi ha detto: “Prendi la tua barella e cammina”». Gli domandarono allora: «Chi è l’uomo che ti ha detto: “Prendi e cammina”?». Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù infatti si era allontanato perché vi era folla in quel luogo. Poco dopo Gesù lo trovò nel tempio e gli disse: «Ecco: sei guarito! Non peccare più, perché non ti accada qualcosa di peggio». Quell’uomo se ne andò e riferì ai Giudei che era stato Gesù a guarirlo. Per questo i Giudei perseguitavano Gesù, perché faceva tali cose di sabato. La tua volontà o Dio è la salvezza di ogni uomo: per realizzarla hai mandato il tuo Figlio che è morto ed è risorto per noi. Facci comprendere il mistero del tuo amore; donaci un cuore grande, capace di accogliere i tuoi desideri e di modellare su di essi le nostre scelte. Aprici ad accogliere la tua Parola, a riconoscerla come luce ai nostri passi, come dono capace di dare senso alla nostra vita. (C.M. Martini) 63 DIOCESI DI COMO Quaresima 2016 quarta settimana mercoledì Giovanni 5, 17-30 9 marzo 2016 In quel tempo, Gesù disse ai Giudei: «Il Padre mio agisce anche ora e anch’io agisco». Per questo i Giudei cercavano ancor più di ucciderlo, perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio. Gesù riprese a parlare e disse loro: «In verità, in verità io vi dico: il Figlio da se stesso non può fare nulla, se non ciò che vede fare dal Padre; quello che egli fa, anche il Figlio lo fa allo stesso modo. Il Padre infatti ama il Figlio, gli manifesta tutto quello che fa e gli manifesterà opere ancora più grandi di queste, perché voi ne siate meravigliati. Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi egli vuole. Il Padre infatti non giudica nessuno, ma ha dato ogni giudizio al Figlio, perché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. Chi non onora il Figlio, non onora il Padre che lo ha mandato. In verità, in verità io vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita. In verità, in verità io vi dico: viene l’ora – ed è questa – in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio e quelli che l’avranno ascoltata, vivranno. Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso anche al Figlio di avere la vita in se stesso, e gli ha dato il potere di giudicare, perché è Figlio dell’uomo. Non meravigliatevi di questo: viene l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e usciranno, quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna. Da me, io non posso fare nulla. Giudico secondo quello che ascolto e il mio giudizio è giusto, perché non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. 64 Lavoro in Brasile da 24 anni. Recentemente sono ritornato a São Paulo, dove mi dedico, insieme a mia moglie, come coppia di laici impegnati, a costruire con la gente delle favelas condizioni di vita più dignitose e giuste. Attraverso la formazione ai diritti umani, aiutiamo le persone a prendere coscienza della loro forza per trasformare la situazione di oppressione. Cerchiamo di unire le forze sociali a livello locale per ridurre la violenza e le tante forme di umiliazione che la nostra gente soffre. Siamo legati al Centro di diritti umani di Sapopemba, già sostenuto generosamente dalle comunità della diocesi di Como. K Con Te, solo con Te Signore, possiamo passare da morte a vita. E solo con Te possiamo operare perché questo passaggio si compia anche nella vita di tanti nostri fratelli e sorelle oppressi, deboli, ancora immersi nelle tenebre della morte. ênia è una giovane della favela che fa di tutto per organizzare attività sportive coi ragazzi e ragazze poveri intorno a lei. Nica, madre di cinque figli, poverissima, organizza le altre donne della favela per formare un’associazione per lottare insieme per migliorare la vita e i servizi basici per le loro famiglie. Damázio, da piccolo, ha sofferto la fame; da adolescente è stato anche in prigione; oggi sta terminando gli studi per essere avvocato e continuare a lavorare per i diritti della sua gente. Mi ricordano la storiella del colibrì che cercava di spegnere l’incendio della foresta con le gocce di acqua che prendeva nel lago, mentre gli altri animali lo prendevano in giro. Martin L. King ripeteva che non lo preoccupavano tanto le azioni e le grida dei “cattivi”, quanto la passività e il silenzio dei “buoni”. Ma Gesù aveva detto, e fatto, cose simili molto prima.“Non chi dice Signore, Signore…”. “Va e fa lo stesso!”. “Il Padre mio agisce sempre, lo stesso fa il Figlio”. È perché c’è un grande amore tra i Due e questo amore si manifesta in azioni che danno e ridanno la vita, che fanno camminare chi è bloccato, che fanno rialzarsi chi è stato abbattuto ed escluso dalla convivenza normale di coloro che hanno i mezzi per vivere con una certa dignità e libertà. Il lavoro di Dio è dare la vita. In Gesù, ha dato la vita perché il mondo abbia la vita. Non dopo, non chissà quando, perché “è venuto il momento, ed è questo”, in cui siamo chiamati a far “uscire i morti dai sepolcri”, ad offrire speranza di liberazione a chi vive nell’esclusione sociale e razziale delle “favelas” del mondo, ad accogliere quelli che fuggono dagli orrori della guerra, della fame, della miseria assoluta e approdano sulle nostre coste. È ora il momento ed il lavoro dev’essere infaticabile. Se no, non possiamo dire di “onorare il Padre”. Non faremmo ciò che ci chiede Gesù, suo Figlio. È perché siamo tutti figli dello stesso Padre e, noi che crediamo in Gesù, fratelli e sorelle suoi e di tutti. Renato Paulino Lanfranchi – São Paulo, Brasile. 65 DIOCESI DI COMO Quaresima 2016 quarta settimana giovedì 10 marzo 2016 Giovanni 5, 31-47 In quel tempo, Gesù disse ai Giudei: «Se fossi io a testimoniare di me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera. C’è un altro che dà testimonianza di me, e so che la testimonianza che egli dà di me è vera. Voi avete inviato dei messaggeri a Giovanni ed egli ha dato testimonianza alla verità. Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché siate salvati. Egli era la lampada che arde e risplende, e voi solo per un momento avete voluto rallegrarvi alla sua luce. Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato. E anche il Padre, che mi ha mandato, ha dato testimonianza di me. Ma voi non avete mai ascoltato la sua voce né avete mai visto il suo volto, e la sua parola non rimane in voi; infatti non credete a colui che egli ha mandato. Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me. Ma voi non volete venire a me per avere vita. Io non ricevo gloria dagli uomini. Ma vi conosco: non avete in voi l’amore di Dio. Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi accogliete; se un altro venisse nel proprio nome, lo accogliereste. E come potete credere, voi che ricevete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dall’unico Dio? Non crediate che sarò io ad accusarvi davanti al Padre; vi è già chi vi accusa: Mosè, nel quale riponete la vostra speranza. Se infatti credeste a Mosè, credereste anche a me; perché egli ha scritto di me. Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?». N on c’è nulla di più attuale del Vangelo, soprattutto pensando a quello che facciamo o cerchiamo di fare per gli altri: le nostre opere di bene. Nairobi pullula di organizzazioni internazionali e agenti di sviluppo che letteralmente si fanno in quattro per risollevare il popolo keniano, e non solo. Ma è davvero tutt’oro quel che luccica? Gesù, nel Vangelo, ci mette una pulce nell’orecchio. La testimonianza sulle nostre opere non viene mai da noi stessi, ma deve venire da un altro: come Dio conferma Gesù nel suo operato, così la gente che noi serviamo deve essere il nostro testimone, colei che conferma i nostri progetti, e colei che noi dobbiamo ascoltare profondamente per capire la direzione da prendere. Spesso, purtroppo, nel nostro fare è racchiusa la tentazione di “ricevere la gloria gli uni dagli altri”, compiendo le opere che pensiamo ci diano più visibilità e onore. Se così facciamo, ci dice Gesù, “non abbiamo in noi l’amore di Dio”. Parole taglienti, che ci obbligano a rivedere radicalmente il nostro essere dalla parte dei poveri. Ho conosciuto diverse persone, soprattutto giovani, che si sentono schiacciati dai nostri programmi di aiuto, proprio perché esclusi dal discernimento, dalla pianificazione, dall’azione e dalla verifica. Tutto è fatto sopra le loro teste e loro sono semplicemente i ricevitori del nostro bene. Se vogliamo che Dio ci confermi nelle nostre opere, dobbiamo davvero cambiare, diventare umili, imparare ad ascoltare, essere non protagonisti, ma semplicemente “lampada che arde e risplende” non di luce propria. Padre Stefano Giudici – Kenia In Kenya, noi Comboniani, attingendo direttamente dal carisma di san Comboni, cerchiamo di stare dalla parte dei poveri, attraverso vari progetti di promozione della gente, ma soprattutto fisicamente, stando davvero con loro nelle più svariate situazioni che il nostro mondo occidentale definisce “difficili”, o addirittura “senza speranza”. Dalle baraccopoli alla periferia di Nairobi, alle zone desertiche del Turkana e di Marsabit, agli angoli remoti dell’etnia Pokot, nel nord-ovest del Paese.Tutto per coniugare il Vangelo di Gesù con il dono della Vita piena che Lui ha promesso e che noi dobbiamo rendere visibile. 66 Donaci Padre lo Spirito del tuo Figlio, perché tutto l’amore della Trinità sia in noi, e ciò che siamo e facciamo altro non sia che riflesso di questa Presenza che ci abita. 67 DIOCESI DI COMO Quaresima 2016 quarta settimana venerdì 11 marzo 2016 Giovanni 7, 1-2.10.25-30 In quel tempo, Gesù se ne andava per la Galilea; infatti non voleva più percorrere la Giudea, perché i Giudei cercavano di ucciderlo. Si avvicinava intanto la festa dei Giudei, quella delle Capanne. Quando i suoi fratelli salirono per la festa, vi salì anche lui: non apertamente, ma quasi di nascosto. Alcuni abitanti di Gerusalemme dicevano: «Non è costui quello che cercano di uccidere? Ecco, egli parla liberamente, eppure non gli dicono nulla. I capi hanno forse riconosciuto davvero che egli è il Cristo? Ma costui sappiamo di dov’è; il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia». Gesù allora, mentre insegnava nel tempio, esclamò: «Certo, voi mi conoscete e sapete di dove sono. Eppure non sono venuto da me stesso, ma chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo conoscete. Io lo conosco, perché vengo da lui ed egli mi ha mandato». Cercavano allora di arrestarlo, ma nessuno riuscì a mettere le mani su di lui, perché non era ancora giunta la sua ora. La Missione di Dondi, estremo Nord-est della R.D. Congo, poco lontano dall’Uganda, non è molto estesa. Poche Cappelle e un Centro Pastorale. Ma alla gente, in maggioranza contadini di varie etnie ormai ben amalgamate, manca lo scatto necessario per uscire dai drammi di una economia di semplice sussistenza. Basta una difficoltà imprevista: la malaria di un bambino, o una maternità complicata; un contributo scolastico urgente, o un piccolo incidente sul lavoro, per mettere la famiglia nei guai. La tradizionale solidarietà africana è inadeguata e arriva spesso troppo tardi.Tocca alla Missione dare una mano a risolvere le mille situazioni di emergenza quotidiana. La nostra grossa fatica è come cercare insieme strade nuove (es: forme di risparmio solidale) che facciano crescere la capacità di prevenire e affrontare le sfide di una società moderna che avanza. Ma il passaggio dall’egoismo e dalla diffidenza alla solidarietà, è una rivoluzione a lungo termine. 68 G esù sta vivendo un momento difficile e pericoloso: deve stare lontano da Gerusalemme, perché i Giudei vogliono eliminarlo fisicamente. Con la sua predicazione li ha provocati apertamente; ha come lanciato una di sfida e una rivoluzione che demolisce il sistema religioso dei Farisei. Intanto si avvicina la Festa di “Sukkot” (delle Capanne). Si tratta di una delle tre grandi Feste Giudaiche (insieme alla Pasqua e alla Pentecoste) che esige la visita al Tempio. Ha radici antichissime e il suo significato si è arricchito nel tempo: da iniziale festa della vendemmia, nella memoria del popolo di Israele ha acquistato una dimensione storico-salvifica molto sentita. Le “capanne” che vengono installate sui terrazzi e lungo le strade della città ricordano l’esperienza del deserto, dopo l’uscita dall’Egitto: tempo di libertà, ma anche di fatica e di lotta in mezzo a tanti pericoli. Per sette giorni i fedeli partecipano numerosi ai sacrifici e ai riti che si svolgono al Tempio. In particolare, al mattino, alla solenne processione dell’offerta dell’acqua della piscina di Siloe, portata dai Sacerdoti e versata sull’altare degli olocausti, mentre tutto il popolo, stringendo rami di palma (lulab), di verbene e di mirto cantano entusiasti i Salmi del grande “Hallel”. La sera, nel cortile delle donne, illuminato a festa, la giornata si conclude con una parata chiamata “la gioia della creazione”. Quale occasione migliore per Gesù per rivelare al popolo la sua potenza taumaturgica e la sua identità di Messia? È a Gerusalemme che palpita il cuore della Tradizione, dell’Autorità e della attesa Messianica. I suoi “fratelli” insistono perché partecipi alla festa. Ma Gesù rifiuta la loro proposta di un ingresso spettacolare nella città santa. Ci va solo dopo alcuni giorni, a festa ormai inoltrata, quasi in segreto; ma con lo scopo ben preciso: rivelare la sua vera identità di Figlio. Quando si presenta nel Tempio, Gesù va diretto al cuore dei suoi ascoltatori per liberarli dai dubbi di una falsa tradizione a riguardo del Messia:“È il Padre che mi ha mandato”!: essi credono di conoscere le sue origini povere e la sua identità di falegname, perciò lo rifiutano; ma si sbagliano. Ecco l’ostacolo terribile. Non vogliono accettare che Lui e il Padre siano una cosa sola. Non lo possono conoscere, perché non vogliono credere alla sua parola. La rivelazione è troppo forte e fa infuriare i farisei che vorrebbero arrestarlo. Ma non è ancora venuta la sua ora. Padre Gianni Nobili Repubblica Dem. del Congo Sia la Tua Parola a illuminare ogni giorno i nostri passi così che abbiamo a riconoscerti, inviato dal Padre, Figlio amato, venuto per essere luce e guida al nostro cammino. 69 DIOCESI DI COMO Quaresima 2016 quarta settimana sabato 12 marzo 2016 Giovanni 7, 40-53 In quel tempo, all’udire le parole di Gesù, alcuni fra la gente dicevano: «Costui è davvero il profeta!». Altri dicevano: «Costui è il Cristo!». Altri invece dicevano: «Il Cristo viene forse dalla Galilea? Non dice la Scrittura: “Dalla stirpe di Davide e da Betlemme, il villaggio di Davide, verrà il Cristo”?». E tra la gente nacque un dissenso riguardo a lui. Alcuni di loro volevano arrestarlo, ma nessuno mise le mani su di lui. Le guardie tornarono quindi dai capi dei sacerdoti e dai farisei e questi dissero loro: «Perché non lo avete condotto qui?». Risposero le guardie: «Mai un uomo ha parlato così!». Ma i farisei replicarono loro: «Vi siete lasciati ingannare anche voi? Ha forse creduto in lui qualcuno dei capi o dei farisei? Ma questa gente, che non conosce la Legge, è maledetta!». Allora Nicodèmo, che era andato precedentemente da Gesù, ed era uno di loro, disse: «La nostra Legge giudica forse un uomo prima di averlo ascoltato e di sapere ciò che fa?». Gli risposero: «Sei forse anche tu della Galilea? Studia, e vedrai che dalla Galilea non sorge profeta!». E ciascuno tornò a casa sua. O 70 Padre Benito Amonini, missionario Comboniano, da anni vive a Butembo nella Repubblica Democratica del Congo. Con la comunità Comboniana è impegnato nel campo della formazione dei giovani e nel ministero sacerdotale di annuncio in una zona provata dalla guerra e da continue tensioni. Pal Teravagimov / Shutterstock.com ggi sono libero da ogni altro impegno di ministero e ho finalmente deciso di dedicarmi a voi, riassumendo qualche pensiero che desiderio da comunicarvi. Il primo comincia dal vissuto dei miei giorni nella fede: credere che Gesù è il profeta, è il Cristo, è Colui che viene dalla stirpe di Davide, significa accogliere una rivelazione. Lui ci ha rivelato chi siamo: figli del Padre, che ama tutto quello che ha creato. Una rivelazione che crea dissenso, che divide, che interroga, che fa sorgere profondi interrogativi. Di fronte all’amore donato, ai valori più grandi oggi c’è dissenso. L’uomo sta manifestando quanto sia debole con tutte le violenze, distruzioni, aberrazioni indescrivibili, corruzione e vuoto interiore, rendendosi sempre più dipendente da menti perverse dominate dal Maligno. Il coraggio di ascoltare Gesù e di sapere ciò che fa – come afferma Nicodemo che aveva conosciuto il Maestro durante la notte - e la fede ci fanno vedere oltre: l’umanità anela alla pace, forze buone sono presenti in tutti i popoli, razze e religioni. E migliaia di anime, che sembrano vittime di queste barbarie e perdono tutto, morendo o cercando rifugio e creando nuovi miscugli di popoli, manifestano la capacità interiore della persona: Dio con noi. Segni profetici di Dio si moltiplicano spesso senza chiasso mediatico. Questo è il motivo fondante la missione che anche noi Comboniani continuiamo, cercando di aiutare la vita dei popoli in situazioni drammatiche: in diverse località della nostra vastissima Chi sei? Anch’io a volte mi chiedo diocesi gruppi diversi, abbruttiti, questo, soprattutto davanti ammazzano e tagliano a pezzi chi al male presente nel mondo. non riesce a scappare; aumentano i Ma ascoltando la tua Parola, disperati, ragazzi di strada, gli orfacomprendo che “mai un uomo ha ni. Come in diversi paesi dell’Afriparlato così”. Comprendo che ca, queste azioni diventano guerra tu sei Verità , sei misericordia, senza apparenti motivi: sotto c’è lo sei pace. E rinnovo ancora sfruttamento di queste zone pilouna volta la mia fede in Te: credo. tato da loschi individui a servizio del nostro “illuminato” progresso, e guidato da ciechi. In questo cambiamento epocale che sembra volere la fine del mondo, siamo invitati a sperare, sperare e portare speranza. È forza interiore che vince malinconia, tristezze, paure: se Cristo è con noi chi potrà essere contro di noi? Questa certezza ci fa operare per la formazione dei giovani e continuare la missione. Questa è la particolare attività che mi occupa oltre qualche ora di ministero giovedì, venerdì e domenica in settori diversi in due parrocchie. Lo sforzo di questi giovani e la fede profonda di questa gente tanto provata ma tenace e generosa, sono un altro incentivo a dare più che posso per trasmettere quanto ho ricevuto. Diventiamo più lenti, affaticati, sempre confrontati ai limiti dell’età, ma è il momento più utile della vita. Oggi! Ieri e domani non posso niente. Ho solo oggi, per Amare e Pregare e continuare ad annunciare: “Costui è il Cristo” lasciamoci plasmare dalla sua misericordia! Padre Benito Amonini Repubblica Democratica del Congo 71 DIOCESI DI COMO Quaresima 2016 q u i n t a s e t t i m a n a CONSIGLIARE I DUBBIOSI, CONSOLARE GLI AFFLITTI. Camminare insieme: esperienze di ascolto. 72 Il Centro di Ascolto interroga tanto l’uomo di fede quanto l’essere umano sulla scelta di Caritas di pensare un ufficio dedicato ad accogliere, ascoltare, orientare ed aiutare i bisognosi. Bisogni che non coincidono con la sola povertà, intesa come stato materiale di indigenza. Dare un consiglio ai dubbiosi ricorda come il buon ascoltatore deve saper discernere il bisogno, accettando di dedicare tempo a richieste che non sono la vera debolezza di chi chiede aiuto, ma che permettono di conoscere e di conoscersi, creare una relazione. È l’opera di misericordia che parla di un senso del limite, esperienza a cui nell’ascolto è fondamentale dare significato. L’ascoltare “attivo”, che parla, deve conoscere come orientare e soprattutto capire dove coinvolgere chi più competente. L’Ascolto dedica tempo e spazio all’incontro con la persona e non solo al suo bisogno, consolando le afflizioni. Queste si dividono tra quelle dell’anima e del corpo. Quest’ultime riguardano i problemi materiali. Per le afflizioni dell’anima, quali la solitudine, il fallimento, la desolazione invece serve tempo, comprensione e ascolto per discernere e consolare davvero. L’ascolto interroga su quale sia l’aiuto più adatto alla singola persona, nella consapevolezza che non sono solo le parole a farci conoscere una persona, ma anche i silenzi e le sofferenze profonde che si condividono. Simone Digregorio, Coordinamento Centri di Ascolto Caritas quinta settimana domenica 13 Giovanni Gv 8,1-11 marzo 2016 In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro. Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa.Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più». Dio della luce, manda su di me il tuo Spirito, perché attraverso l’ascolto delle Scritture riceva la tua Parola, attraverso la meditazione accresca la conoscenza di Te, attraverso la preghiera contempli il volto amato del tuo figlio Gesù Cristo, e attraverso la mia vita annunci e testimoni a tutti la tua misericordia. 73 DIOCESI DI COMO Quaresima 2016 quinta settimana lunedì 14 marzo 2016 74 Giovanni 8,12-20 In quel tempo, Gesù parlò ai farisei e disse: «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita». Gli dissero allora i farisei: «Tu dai testimonianza di te stesso; la tua testimonianza non è vera». Gesù rispose loro: «Anche se io do testimonianza di me stesso, la mia testimonianza è vera, perché so da dove sono venuto e dove vado.Voi invece non sapete da dove vengo o dove vado. Voi giudicate secondo la carne; io non giudico nessuno. E anche se io giudico, il mio giudizio è vero, perché non sono solo, ma io e il Padre che mi ha mandato. E nella vostra Legge sta scritto che la testimonianza di due persone è vera. Sono io che do testimonianza di me stesso, e anche il Padre, che mi ha mandato, dà testimonianza di me». Gli dissero allora: «Dov’è tuo padre?». Rispose Gesù: «Voi non conoscete né me né il Padre mio; se conosceste me, conoscereste anche il Padre mio». Gesù pronunziò queste parole nel luogo del tesoro, mentre insegnava nel tempio. E nessuno lo arrestò, perché non era ancora venuta la sua ora. Cometa: accogliere per educare. Una storia di semplice comunione Cometa è una realtà di famiglie impegnate nell’accoglienza di minori in affido, nell’educazione e formazione di bambini e ragazzi e nel sostegno delle loro famiglie. Più di 400 ragazzi condividono tutti i giorni questa esperienza frequentando la Scuola di istruzione e formazione professionale Oliver Twist e un centinaio di bambini del territorio trovano dopo la scuola il calore di una casa e un contesto educativo di crescita; l’aiuto allo studio, le attività espressive, ricreative e sportive sono un’occasione per crescere insieme, in una quotidianità che diventa sfida educativa per tutti. L a lettura del Vangelo di oggi ci richiama al valore della testimonianza; è la coscienza che nasce dal riconoscimento di chi sono e a chi appartengo che fa sì che ogni nostra azione non sia affermazione di noi stessi ma testimonianza del suo Amore. Solo così la vita si apre e può continuare a cambiare. Come dice Gesù: “La mia testimonianza è vera, perché so da dove sono venuto e dove vado”. Noi siamo solo strumenti nelle sue mani, la possibilità perché, vivendo le circostanze di tutti i giorni, le persone che incontriamo possano riconoscere il volto buono del Mistero aprendosi all’amore del Padre. Dio ha bisogno degli uomini; non siamo noi a salvare il mondo, è solo Dio che lo salva attraverso ogni uomo, noi siamo riflesso della sua misericordia che proponiamo a chi incontriamo. È la sua Misericordia che dà luce, significato e speranza alla nostra vita; il nostro agire e il nostro fare non sono vani solo se nascono continuamente da questa coscienza. Siamo un nulla, dei poveri peccatori ma affermiamo un significato che non viene mai meno, qualsiasi sia la circostanza data da vivere. Questo è ciò che viviamo ogni giorno in Cometa e ciò che ci sostiene quotidianamente; ogni ragazzo è accolto, amato ed educato dentro un lavoro ed è accompagnato a trovare la sua strada nella consapevolezza che una strada umana non è un insieme di discorsi e di parole, di istruzioni per l’uso, ma una vita che si comunica con ragioni adeguate. Incontriamo tutti nella certezza che non c’è nessun santo che non abbia un passato e nessun peccatore che non abbia un futuro. COMETA - Como Nessun altro Signore è la luce del mondo se non Tu. Nessun altro è misericordia se non Tu. Nessun altro è manifestazione vera del Padre se non Tu. Ma Tu ci chiami a collaborare con Te perché il mondo veda e creda. Rendici umili e semplici, aperti alla tua Parola e al tuo amore, per essere tuoi testimoni ogni giorno. 75 DIOCESI DI COMO Quaresima 2016 quinta settimana martedì Giovanni 8,21-30 15 marzo In quel tempo, Gesù disse ai farisei: «Io vado e voi mi 2016 cercherete, ma morirete nel vostro peccato. Dove vado Noi crediamo che Tu sei. Sei verità, luce, misericordia e perdono, presenza e pace, forza e sostegno. Tu sei la manifestazione luminosa del volto del Padre. Sei la nostra speranza. Liberaci dalle mani della morte, custodiscici in mezzo alle prove e alle fatiche. Noi crediamo in Te ‘innalzato’ per amore davanti ai nostri occhi sul legno della croce. 76 io, voi non potete venire». Dicevano allora i Giudei: «Vuole forse uccidersi, dal momento che dice: “Dove vado io, voi non potete venire”?». E diceva loro: «Voi siete di quaggiù, io sono di lassù; voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo. Vi ho detto che morirete nei vostri peccati; se infatti non credete che Io Sono, morirete nei vostri peccati». Gli dissero allora: «Tu, chi sei?». Gesù disse loro: «Proprio ciò che io vi dico. Molte cose ho da dire di voi, e da giudicare; ma colui che mi ha mandato è veritiero, e le cose che ho udito da lui, le dico al mondo». Non capirono che egli parlava loro del Padre. Disse allora Gesù: «Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che Io Sono e che non faccio nulla da me stesso, ma parlo come il Padre mi ha insegnato. Colui che mi ha mandato è con me: non mi ha lasciato solo, perché faccio sempre le cose che gli sono gradite». A queste sue parole, molti credettero in lui. N on sono nato profugo. Sono nato come te, in una casa, con una famiglia, con un futuro davanti e dei desideri. Poi un giorno tutto si è rotto. Senza nemmeno che capissimo bene come è cominciata, e perché è arrivata la guerra. Ne avevamo sentito parlare ma era una cosa lontana. Era lontana fino a che non è arrivata a casa mia. Siamo scappati per continuare a vivere. Siamo andati in un altro Paese. Siamo scappati con i vestiti che avevamo addosso, qualcuno con un paio di valigie. Pensavamo che ci avrebbero accolto perché noi non avevamo nulla. Quando siamo arrivati abbiamo dovuto capire cosa fare. Ci hanno chiesto i soldi dell’affitto ma le case erano troppo care.Abbiamo trovato solo un garage e l’abbiamo affittato. Qualcuno ci ha ac- colto e aiutato. Ci siamo iscritti come profughi alle Nazioni Unite e abbiamo ricevuto degli aiuti. Pensavamo che sarebbe durata poco. Pensavamo che saremmo rientrati presto perché Assad stava per cadere e finalmente saremmo tornati in un Paese libero dove avremmo potuto dire la nostra, a voce alta, in piazza, senza temere torture e ritorsioni. Poi, piano piano, altri siriani sono continuati ad arrivare. Ci portavano notizie nefaste di un Paese distrutto e di crimini ignobili. Le nostre speranze hanno cominciato a vacillare. Abbiamo iniziato a sentir parlare di Isis e di violenze sempre più grosse sui civili. Intanto i nostri vicini libanesi stavano cambiando. Anche loro hanno cominciato ad avere paura. Più noi aumentavamo più loro diventavano freddi nei nostri confronti. La compassione lasciava spazio alla paura di un’invasione. Il lavoro era sempre meno. Molti nostri connazionali erano disposti a lavorare per cifre sempre più basse e i soldi in casa calavano. I prezzi dei garage intanto aumentavano e noi abbiamo dovuto spostarci in una tenda. Non avevamo mai dormito all’aperto sotto la plastica. Era una cosa che pensavamo facessero solo gli zingari o i beduini, ma noi non siamo né zingari né beduini. Anche noi volevamo andare via. Non volevamo più stare in un Paese dove non c’è lavoro e vivere in una tenda. Forse la soluzione era questa, scappare ancora. Ma quando abbiamo iniziato a chiedere, tutte le porte erano chiuse. Intanto i nostri documenti sono scaduti. Senza documenti in regola sappiamo che fuggire da qui è quasi impossibile. Sappiamo che qui non ci vogliono. Sappiamo che qui non c’è lavoro. Sappiamo che in Siria bombardano, c’è ancora Assad e c’è anche l’Isis. Le Nazioni Unite ci hanno mandato un messaggino sul cellulare dicendoci che da oggi gli aiuti che ci daranno saranno dimezzati e che tra due mesi non riceveremo più nulla. Senza documenti non possiamo girare perché abbiamo paura di essere arrestati. Non potendo muoverci non possiamo nemmeno andare a lavorare. Ci hanno chiamato alcuni parenti per dirci che ci sono stati oltre 300 arresti nelle ultime due settimane. Sembra che chi viene arrestato riceva un foglio di via e deve rientrare in Siria, ma non siamo sicuri di cosa accada loro veramente. Abbiamo visto in tv che sono state bruciate molte tende di profughi Siamo profughi adesso, senza una Patria, senza un posto dove stare, senza nessuno che lotti per i nostri diritti. Ci resta solo la parola del Vangelo che ci assicura di quel legame di Gesù con il Padre, quell’intimità con Colui che lo ha mandato e che Lui rivela a noi come verità che dona speranza. Non siamo soli in questa esperienza di povertà: la misericordia del Padre ci sostiene ed è l’unica forza che ci fa vivere. Noi siamo cittadini, cresciuti in una casa. Abbiamo cercato di sistemare la tenda e abbiamo cominciato a sognare altri Paesi. Pensavamo: forse in Italia ci sono meno profughi e ci accoglierebbero meglio. Abbiamo sentito di uno che è riuscito ad andare in Germania e gli hanno dato una casa. Sembrava che l’amico di un altro fosse riuscito ad arrivare in Australia dove sembra gli AMHAL profugo siriano diano 1000 dollari al mese di sussidio. (fonte: www.operazionecolomba.it) 77 DIOCESI DI COMO Quaresima 2016 quinta settimana mercoledì Giovanni 8, 31-42 16 marzo In quel tempo, Gesù disse a quei Giudei che gli avevano 2016 creduto: «Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». Gli risposero: «Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire:“Diventerete liberi”?». Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. Ora, lo schiavo non resta per sempre nella casa; il figlio vi resta per sempre. Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero. So che siete discendenti di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova accoglienza in voi. Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro». Gli risposero: «Il padre nostro è Abramo». Disse loro Gesù: «Se foste figli di Abramo, fareste le opere di Abramo. Ora invece voi cercate di uccidere me, un uomo che vi ha detto la verità udita da Dio. Questo, Abramo non l’ha fatto.Voi fate le opere del padre vostro». Gli risposero allora: «Noi non siamo nati da prostituzione; abbiamo un solo padre: Dio!». Disse loro Gesù: «Se Dio fosse vostro padre, mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato». Marco Vailati, missionario comboniano, nativo di Cirimido – CO è economo della diocesi di Lai in Ciad. La diocesi dal momento della sua nascita (1999), oltre al lavoro di prima evangelizzazione e di formazione degli agenti pastorali si occupa di promozione umana della popolazione attraverso la creazione di scuole a tutti i livelli, di ospedali e centri di salute su tutto il territorio diocesano, di agricoltura, di pozzi in tutti i villaggi della diocesi, di promozione della donna e attenzione ai più deboli come i bambini e i portatori di handicap. Il Ciad è e resta tra i cinque paesi più poveri del pianeta e il livello di povertà è generalizzato.Tutti i 600.000 abitanti della diocesi vivono in capanne, non c’è corrente elettrica ne acqua nelle case. 78 I l brano evangelico ci invita a guardare alle persona di Gesù Cristo come vera luce del mondo. A questa luce si oppongono le tenebre; l’istituzione giudaica vuole cancellare la luce perché da quest’ultima emana la verità. La luce e la verità sono l’amore incondizionato di Dio verso i suoi figli. Bene esprime questo concetto lo stesso San Giovanni nel suo vangelo al capitolo 3 quando dice: “Dio ha tanto amato il mondo da dare suo figlio “ L’Antica alleanza era basata sulla legge e in modo particolare sui 613 precetti che erano diventati una zavorra insopportabile per il popolo. Alla logica del precetto Dio sostituisce la logica dell’amore e del dono del figlio. Nell’ AT quando uno commetteva un peccato doveva andare al Tempio e compiere riti di purificazione per il perdono delle colpe offrendo anche un agnello per il sacrificio. Ora con Gesù è Dio stesso che offre in sacrificio suo figlio come Agnello Immolato per noi. Cambia il rapporto con Dio non più basato su una logica schiavo / padrone cioè le tenebre ma su una logica figlio / padre cioè la luce. Bene esprime questo concetto Papa Francesco quando ci dice nella lettera per la Giornata Missionaria Mondiale 2015 che “la missione è passione per la gente“ “che quando sostiamo in preghiera davanti a Gesù crocifisso riconosciamo la grandezza del suo amore che ci dà dignità e ci sostiene“ per conseguenza “ l’annuncio del vangelo è una necessità per chi ama il maestro “ La Missione è mettere ogni uomo, tutto l’uomo e tutti gli uomini in un rapporto personale con Cristo, Luce del mondo. Padre Marco Vailati - Ciad Solo se ho il coraggio di stare davanti a Te, luce di verità, la mia vita può trovare tutta la sua bellezza e il suo significato. Così sarò riflesso della tua luce sul volto di quanti oggi incontro. 79 DIOCESI DI COMO Quaresima 2016 giovedì 17 marzo 2016 quinta settimana Giovanni 8,51-59 In quel tempo, Gesù disse ai Giudei: «In verità, in verità io vi dico: “Se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno”». Gli dissero allora i Giudei: «Ora sappiamo che sei indemoniato. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: “Se uno osserva la mia parola, non sperimenterà la morte in eterno”. Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi credi di essere?». Rispose Gesù: «Se io glorificassi me stesso, la mia gloria sarebbe nulla. Chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite: “È nostro Dio!”, e non lo conoscete. Io invece lo conosco. Se dicessi che non lo conosco, sarei come voi: un mentitore. Ma io lo conosco e osservo Tu sei il Dio della vita, di la sua parola. Abramo, vostro padre, esultò ogni vita. E doni vita a nella speranza di vedere il mio giorno; lo quanti accolgono e vide e fu pieno di gioia». ascoltano la Tua Parola. Allora i Giudei gli dissero: «Non hai ancora Tu che sei da sempre e per sempre sii sostegno e cinquant’anni e hai visto Abramo?». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: forza a quanti, nelle più prima che Abramo fosse, Io Sono». Allora disparate periferie del raccolsero delle pietre per gettarle contro mondo non cessano di di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio. riporre in Te la loro speranza. Piccola Sorella Anna Sara, originaria di Maccio, missionaria a Mabasele, piccolo villaggio del Kiwu, nella Repubblica Democratica del Congo. Con altre 3 sorelle testimoniano con la preghiera e il lavoro la loro consacrazione a Dio e la loro disponibilità silenziosa per ogni persona. C 80 ome sorelle e in un cammino di povertà, viviamo in piccole comunità, che chiamiamo “fraternità”, inserite in ambienti semplici o situazioni d’emarginazione in appartamenti popolari, case di campagna, baracche, tende o roulotte, condividendo la vita delle persone tra le quali ci troviamo, cercando di farci una di loro. Per questo desideriamo avere lo stesso stile di vita, di abitazione, di lavoro. Per fedeltà alle nostre origini desideriamo vivere in amicizia con i musulmani fra i quali siamo nate. In preghiera su questo brano del vangelo di Giovanni inserito nel capitolo dove si dibatte sull’origine di Gesù e si decide di rifiutare il Messia, vorrei condividere una semplice testimonianza sulle periferie. Sì, perché questo Messia si presenta come uomo che proviene dalla periferia eppure che conosce il Padre; uomo che sceglie i piccoli e i poveri e che proclama essere prima di Abramo; uomo che parla un linguaggio conosciuto a chi vive in periferia (è uno splendido esempio il suo parlare in parabole con immagini conosciute a tutta la gente del suo tempo) e che promette, a chi osserverà la sua parola, una vita oltre la morte. Che cos’è “periferia”? Quello che è ai bordi, al limite più lontano da un centro? Per me, italiana, arrivata 24 anni fa a Mabasele, piccolo villaggio all’est della Repubblica del Congo, questa era la periferia, quasi la fine della terra. Quando arrivi in foresta non vedi più l’orizzonte e ti sembra che tutto finisca lì. Ecco gli elementi di questa periferia che mi hanno immediatamente colpita: – niente acqua corrente (ancora oggi è così); – niente elettricità (oggi qualche generatore ci aiuta); – niente mezzi di comunicazione (non c’era ancora il telefonino che, oggi, è padrone); – come mezzi di trasporto, per gente e merce che veniva dal campo, la bici e… la schiena delle mamme (oggi le mototaxi con tre passeggeri ci salvano); – unico utensile da lavoro: la zappa, per il sostentamento della famiglia. Tutti questi aspetti erano largamente periferia per me. Poi, vivendo e imparando dalla gente un nuovo ritmo di vita, ho cominciato a scoprire che questa periferia diventava “centro”, perché anche qui la vita circola, cresce ed è condivisa. Per un matrimonio, tutta la famiglia allargata si impegna per la festa, insieme a vicini e amici e ci si rallegra insieme con un “piatto” per tutti.Anche un lutto è occasione di incontri e, anche lì, c’è un piatto per tutti. Per curarsi da una malattia ci si aiuta con piccoli contributi per poter pagare l’ospedale (niente mutua qui). Arrivando qui, eravamo noi stesse periferia, senza alcuna conoscenza utile per vivere, ma presto siamo diventate “centro” di attenzioni delicate da parte dei vicini. Ci hanno insegnato i diversi lavori dei campi, a vivere con la malaria e ci hanno inondato di doni in natura. Siamo diventate “del villaggio”, sono nate tante conoscenze, tante amicizie, cresciute col passare degli anni e con l’allargarsi del villaggio. In effetti, a causa della guerra e del conseguente banditismo, molta gente ha abbandonato i piccoli villaggi in foresta, costruendo una casetta qui e conservando il campo là… Questo genera nuovi problemi, perché quando i genitori restano al campo diversi giorni per lavorarlo, i figli restano soli qui al villaggio per la scuola. Allora… quale educazione? Questa guerra ci fa periferia ancora più estrema perché genera violenza, morte, odio, vendette. Le grandi ricchezze del nostro paese sono “centro” assoluto per troppi paesi ricchi e per le multinazionali; la popolazione invece, anche se numerosa, è periferia senza peso. Chi si preoccupa di tanti morti? Per noi, la vita di ognuno è veramente “centro”. Così si continua a pregare per le persone prese in ostaggio, sperando nella foresta che nasconde e, a volte, protegge. La gente continua a vivere con coraggio e continua a lottare e ad affrontare con tanta creatività le difficoltà: pagare la scuola, le cure mediche, sostenere la Chiesa. La nostra vita è dunque, secondo i punti di vista,“periferia” o “centro”. Di sicuro è “centro” per Colui che ci ha creati e ci ha salvati con il Suo Sangue. Noi restiamo qui per testimoniare il suo Amore per ogni persona, chiunque essa sia, e per essere umili strumenti della misericordia del Padre. Piccola sorella Anna Sara di Gesù - R. D. del Congo 81 DIOCESI DI COMO Quaresima 2016 quinta settimana venerdì Giovanni 10,31-52 18 marzo In quel tempo, i Giudei raccolsero delle pietre per lapi2016 dare Gesù. Gesù disse loro: «Vi ho fatto vedere molte Fotos593 / Shutterstock.com opere buone da parte del Padre: per quale di esse volete lapidarmi?». Gli risposero i Giudei: «Non ti lapidiamo per un’opera buona, ma per una bestemmia: perché tu, che sei uomo, ti fai Dio». Disse loro Gesù: «Non è forse scritto nella vostra Legge: “Io ho detto: voi siete dèi”? Ora, se essa ha chiamato dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio – e la Scrittura non può essere annullata –, a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo voi dite: “Tu bestemmi”, perché ho detto: “Sono Figlio di Dio”? Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non credete a me, credete alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me, e io nel Padre». Allora cercarono nuovamente di catturarlo, ma egli sfuggì dalle loro mani. Ritornò quindi nuovamente al di là del Giordano, nel luogo dove prima Giovanni battezzava, e qui rimase. Molti andarono da lui e dicevano: «Giovanni non ha compiuto nessun segno, ma tutto quello che Giovanni ha detto di costui era vero». E in quel luogo molti credettero in lui. 82 Essere e fare. A questo ci chiami Signore. Essere figli tuoi e vivere da figli compiendo le opere dell’Amore anche in mezzo a incomprensioni e ostilità. Fa’ che la nostra vita non contraddica mai ciò che per tua misericordia noi siamo: figli e fratelli. D opo un lungo silenzio mi rifaccio vivo. L’occasione è il mio rientro inaspettato in Italia per un intervento chirurgico: sono gli acciacchi che arrivano con gli anni. In primo luogo, desidero manifestarvi ancora una volta la gioia di essere presto, nuovamente, in Colombia. Spero che questa parentesi in Italia non duri molto e che possa tornare quanto prima nella mia comunità a Bogotà. Là ho lasciato i miei parrocchiani che si preparavano alla quaresima e alla settimana santa, con tutte le varie liturgie e processioni che loro, anche senza di me, sanno realizzare e vivere con fede, accompagnati dai miei confratelli che lavorano là. La Colombia in questi ultimi anni è riuscita con fatica a iniziare un cambiamento in vari settori della vita sociale, politica, economica e religiosa. Il gruppo più numeroso, il Farc, da due anni sta portando avanti un dialogo con il governo: è un percorso lento, ma speriamo che presto sfoci nella pace. L’economia migliora, anche se la ripartizione della ricchezza è ancora iniqua. I ricchi se ne impossessano, ma – come si dice – le briciole che cadono dalla loro tavola sono più abbondanti che nel passato. Mi direte che sono troppo ottimista. Forse, ma bisogna anche saper vedere il bene che cresce. Quello di cui ha più bisogno la gente è, come dice papa Francesco, di “non rubare la speranza”. Speranza fondata sui valori del vangelo: la carità, la condivisione, la solidarietà, il perdono, la generosità. Questo è il messaggio che noi missionari cerchiamo di vivere con la nostra gente in un cammino di fede vissuta nella quotidianità, nelle piccole cose di ogni giorno, nel lottare per sradicare i germi del peccato, che sono l’indifferenza, la corruzione, l’egoismo, l’arrivismo, la violenza, il pensare solo a se stessi. Sono questi passi quotidiani che formano un cuore misericordioso con se stessi prima e poi con gli altri, con ogni altro che la vita ti fa incontrare. Per noi missionari, essere presenti nelle aree a noi affidate consiste proprio nel camminare con la gente, passo dopo passo, con le inevitabili cadute, e rialzandoci insieme per continuare il cammino di fede. Questo significa camminare seguendo le orme lasciate da Cristo che – come dice il vangelo – ci ha fatto vedere molte opere buone da parte del Padre e proprio queste opere causano incomprensioni, gelosie, fraintendimenti. E nello stesso tempo queste incomprensioni sono il segno evidente che siamo sulla strada giusta. La sorte del discepolo non può essere diversa da quella del Maestro: un martirio non cercato, ma una decisa volontà di dono, uno “sfuggire dalle loro mani”, ma dichiarando con limpidezza la propria identità, quella di essere Figli di un Dio Amore e Misericordia. Questa visione è frutto di una piccola, ma per me importante esperienza di vita missionaria, non più basata su grandi realizzazioni. Consiste, infatti, nel condividere questo cammino con la gente, senza nascondere le fatiche o addirittura le battute d’arresto. Resta in noi la certezza che, per ogni atto, è Lui l’artefice, mentre noi siamo solo i suoi piccoli collaboratori. Padre Leonardo Raffaini Colombia 83 DIOCESI DI COMO Quaresima 2016 sabato 19 marzo 2016 quinta settimana San Giuseppe Matteo 1, 16.18.21-24 Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo. Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati». Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore. Ho lavorato per circa 20 anni in una favela alla periferia di São Paulo in Brasile con suore brasiliane. Poiché la maniera migliore per combattere la povertà è l’educazione, abbiamo creato un Centro Sociale, che la gente ha chiamato “Centro Sociale Speranza” per bambini/e e ragazzi dai 7 ai 14 anni. Inoltre, con l’aiuto di una fondazione italiana, abbiamo creato il “Progetto Educare” col quale abbiamo messo a disposizione dei giovani centinaia di borse di studio. 84 G iuseppe e Maria sono i poveri che non hanno la possibilità di fare i loro programmi, di decidere sulla loro vita. E col rischio di essere giudicati e condannati dagli altri. Il loro programma viene da un altro, dall’ascolto di ciò che egli dice. Quindi vivono guardando fuori da se stessi, abbandonati all’altro, fidandosi di lui, nella certezza che la loro vita è nelle sue mani. Non è facile, perché non sempre vedono e devono camminare al buio, nella speranza che il meglio verrà anche se non lo intravvedono. Il povero è così, oltre alla mancanza di cose molte volte vive senza sapere, senza certezze. Ma questa può essere la sua ricchezza. Il ricco confida in se stesso, in quello che possiede e non sente il bisogno di dipendere da altri; ma questo è l’inganno in cui vive, perché si appoggia sulle sue misere cose e costruisce la sua vita a partire da questa vanità. Mentre il povero può essere più grande di se stesso, perché ha dentro e attorno a sé il vuoto delle cose, nel quale può accogliere il tutto. “Beati i poveri di spirito”, cioè con lo spirito non occupato da niente, aperto, libero di fronte alle cose, disponibile agli altri senza scuse e condizionamenti. Giuseppe e Maria erano così e per questo hanno potuto essere invasi dall’imprevisto di Dio. Con il “fiatone” di fronte alla sorpresa dello Spirito Santo, hanno accettato di continuare a vivere insieme (“non temere di prendere con te Maria, tua sposa”) col “terzo incomodo”. Padre Costanzo Donegana Se anche il mio cammino procede nel buio, so che, nel silenzio e nell’ascolto, sono certo di poter trovare in Te la mia guida, così da sentire - come Giuseppe e Maria- la tua voce che mi ripete: “Non temere”. 85 DIOCESI DI COMO Quaresima 2016 s e t t i m a n a s a n t a AMMONIRE I PECCATORI, PERDONARE LE OFFESE, SOPPORTARE PAZIENTEMENTE LE PERSONE MOLESTE. Non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia né futuro senza perdono. In un tempo segnato dalla frammentazione è necessario assumere uno stile di vita “contraddittorio” rispetto ai criteri generalmente condivisi (individualismo, scalata sociale senza regole, indifferenza verso i più deboli). Lo fece a suo tempo Giovanni Paolo II quando sollecitava un esercizio per la pace a partire dalla pratica del perdono. “Il perdono ha dunque una radice e una misura divine. Questo tuttavia non esclude che se ne possa cogliere il valore anche alla luce di considerazioni di umana ragionevolezza. Prima fra tutte, quella relativa all’esperienza che l’essere umano vive in se stesso quando commette il male. Egli si rende allora conto della sua fragilità e desidera che gli altri siano indulgenti con lui. Perché dunque non fare agli altri ciò che ciascuno desidera sia fatto a se stesso? Ogni essere umano coltiva in sé la speranza di poter ricominciare un percorso di vita e di non rimanere prigioniero per sempre 86 dei propri errori e delle proprie colpe”. Ma l’esperienza del perdono, non è esclusivamente dimensione del cuore, intimista. La storia ci ha mostrato volti del perdono declinati nel sociale, nella politica, nella storia, anche quella segnata da anni di violenza fratricida. Il Sudafrica, il Rwanda, l’Irlanda del Nord hanno vissuto esperienze straordinarie (con i loro limiti...) di percorsi di riconciliazione attraverso i “Tribunali della verità e della riconciliazione”. “Perdonare e riconciliarsi non significa far finta che le cose sono diverse da quelle che sono. Non significa battersi reciprocamente la mano sulla spalla e chiudere gli occhi di fronte a quello che non va. Una vera riconciliazione può avvenire soltanto mettendo allo scoperto i propri sentimenti: la meschinità, la violenza, il dolore, la degradazione… la verità. “ (Desmond Tutu, Non c’è futuro senza perdono. Ed. Feltrinelli, 2001). Quindi, vivere il perdono, come pratica della misericordia, significa prima di tutto “nuovo stile di vita” rispetto ai criteri “ordinari”. Non come segno di debolezza, ma come unico percorso per costruire davvero una realtà a misura dell’umano, oggi e domani. Rossano Breda, Caritas Diocesana 87 DIOCESI DI COMO Quaresima 2016 settimana santa domenica Luca 22 -23 20 marzo “…Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu 2016 il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava domenica delle palme dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso». Era già verso mezzogiorno e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio, perché il sole si era eclissato. Il velo del tempio si squarciò a metà. Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo, spirò. Visto ciò che era accaduto, il centurione dava gloria a Dio dicendo: «Veramente quest’uomo era giusto». Così pure tutta la folla che era venuta a vedere questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornava battendosi il petto.Tutti i suoi conoscenti, e le donne che lo avevano seguito fin dalla Galilea, stavano da lontano a guardare tutto questo…” M 88 i è capitato di incontrare molti missionari nella mia vita. Dopo un’esperienza in missione, per anni sono stato incaricato dal Centro Unitario Missionario di Verona di visitare i missionari italiani fidei donum in America Latina. Quelle chiacchierate coi gli amici missionari mi hanno fatto pensare molto. Non sarò certo io a dare ricette per una parrocchia che, da sedentaria e conservatrice, vuol diventare missionaria. Ho visto spesso, in missione, che lo Spirito Santo ha avuto ascolto solo in circostanze di ristrettezza pastorale, solo in stagioni in cui uomini e risorse sono mancate, solo in contesti di passione e di croce. Il deserto dei mezzi e la sensazione di essere a corto di espedienti pastorali ha fatto alzare lo sguardo a Lui per chiedergli: “Cosa dobbiamo fare?” La mentalità missionaria nascerà quando avremo assimilato l’orizzonte sul quale Gesù progettò la sua chiesa: l’orizzonte del cenacolo e del Calvario, l’orizzonte del dono senza riserve. La parrocchia diventerà missionaria quando al suo interno cercherà di intonare i propri incontri e spazi formativi al primo annuncio e a raggiungere chi è lontano dalle mura parrocchiali. Ma essa sarà missionaria primariamente attraverso “l’andare” dei suoi cristiani: dalla Messa domenicale partiranno per i loro luoghi di vita, sicché il Vangelo sarà da loro annunciato e testimoniato nelle case, nei quartie- Il centro Missionario Diocesano, dopo il rientro dei missionari fidei donum dal Camerun nell’estate 2015, sta pensando l’apertura di una nuova missione diocesana. Da qualche mese sono in corso incontri di confronto e di approfondimento, di ascolto e di analisi di diverse proposte. La riflessione di queste due pagine apre l’orizzonte delle nostre comunità: la partenza concreta di alcune persone e il rinnovamento missionario sono dimensioni costitutive della parrocchia “Oasi di misericordia” per ogni fratello. ri, nei supermercati, nelle scuole, negli ospedali, nella politica, nella cultura. Stiamo salendo una montagna splendida, quella del Calvario e solo sulla cima si intravede la parrocchia missionaria che pianta al proprio centro la croce. Ormai ha sperimentato che il termine dell’attesa non è il cortile della parrocchia ma cieli e terra nuovi; ha capito che è l’amore la molla e il fine della missione, e non l’organizzazione arida e aziendale. La parrocchia missionaria non indicherà se stessa come “salvatrice”, ma indicherà Gesù in croce e dirà a tutti:“Dio è questo! Dio è così!”. Il Dio di Gesù è quel Dio che è forte perdonando, che usa misericordia, che è attento perché nulla di buono vada perduto: nulla del bene, anche se compiuto da chi non Gli crede. Tu non riesci a credere in Dio, ma Dio Padre ti conosce e crede in te! Questo deve dirlo in tutti i modi la parrocchia missionaria. E tutto il male che c’è in noi e nel mondo? Dio lo vede? Certo che lo conosce, e più di noi. Ma Dio vede il male per perdonarlo. Ero parroco da sette anni ed amavo il mondo e la mia parrocchia. Mi cedeva una gamba e scoprirono che avevo la sclerosi multipla. Il medico mi annunciò che sarei stato costretto alla carrozzella entro qualche mese. Rimisi il mio incarico nelle mani del mio vescovo il quale insisteva perché continuassi nel mio ministero di parroco, anche in carrozzella. Alla fine mi ascoltò e mandò un altro prete a fare il parroco nella parrocchia che, piangendo, lasciai. Oggi credo che avessimo ragione tutti e due, il vescovo Sulla croce Signore risplende tutta ed io. Si può fare il parla forza della tua misericordia. roco di una parrocchia Forza che prende nome di perdono, missionaria anche in fiducia, amore, dono gratuito, carrozzella: Gesù non tenerezza, salvezza. ha mai salvato tanto gli Questi nomi sono il Tuo Nome, uomini come quando sono la manifestazione definitiva ebbe i piedi inchiodati! che Tu Dio sei così! Avevo ragione anch’io, Fa’ che le nostre comunità trovino perché la parrocchia in Te la forza per continuare oggi missionaria non potrà ad annunciare al mondo la Tua mai dimenticare quell’ misericordia e rivelare a tutti il tuo “andate!”. vero volto. Don Olivo Dragoni Lodi 89 DIOCESI DI COMO Quaresima 2016 lunedì 21 marzo 2016 settimana santa lunedì santo Giovanni 12,1-11 Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. E qui fecero per lui una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali. Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo. Allora Giuda Iscariòta, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: «Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?». Disse questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era un ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro. Gesù allora disse: «Lasciala fare, perché ella lo conservi per il giorno della mia sepoltura. I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me». Intanto una grande folla di Giudei venne a sapere che egli si trovava là e accorse, non solo per Gesù, ma anche per vedere Lazzaro che egli aveva risuscitato dai morti. I capi dei sacerdoti allora decisero di uccidere anche Lazzaro, perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù. Casa Simone di Cirene, è una casa per accoglienza per sacerdoti che attraversano un momento di difficoltà nel loro cammino vocazionale o a causa di malattia. Nasce dall’amicizia fra tre famiglie e un sacerdote della nostra Diocesi che, riconoscendo nella comunione vissuta lo strumento di sostegno alla propria vocazione, hanno pensato di offrire le loro case e la vita che in esse si vive come luogo di accoglienza per i preti. “… Solo un’esperienza affettiva può rendere l’amore all’amore ferito. E questo è il proprium di un luogo amoroso come la famiglia che è insostituibile nella sua valenza terapeutica oggettiva.” (Card. Angelo Scola ai 90 responsabili della Casa) N ella vita tutti abbiamo una croce da portare, una fatica da compiere, un disagio da affrontare. L’esperienza ci insegna che il chiedere aiuto è il gesto più semplice ed intelligente, eppure non è scontato lo si faccia. C’è da vincere l’orgoglio e da fare i conti con la mentalità comune che spinge a far da sé. Essendo prete c’è anche la fatica di accettare di spogliarsi del ruolo e sospendere per un periodo più o meno lungo le attività del ministero. Nella “Casa Simone di Cirene” ho trovato amici disposti ad accogliermi con la mia fatica, a tendere a mano perché mi possa rialzare, a percorrere insieme un tratto della mia strada. Da diversi mesi condivido la vita di una delle tre famiglie, che mi sta aiutando a portare la croce, come fece Simone di Cirene. Maria di Magdala cosparse i piedi di Gesù con vero nardo, tanto che l’aroma si diffuse in tutta la casa. Qui alla “Simone di Cirene” si respira il profumo dell’amore gratuito che rende possibile un’accoglienza autentica e lieta. Ciò che caratterizza l’esperienza è che sia la famiglia ad accogliere un prete in un momento di difficoltà. A me, e ad altri confratelli, viene offerta la possibilità di condividere l’amore semplice e ristoratore della vita quotidiana della famiglia. Liberi dal ruolo, dalle incombenze del Ministero e dei ritmi usuali, è più facile che emergano sia le cause profonde di un malessere, sia i punti di forza da cui ripartire. Le giorna- te sono scandite dalla preghiera, dalla Celebrazione Eucaristica, dal silenzio e dal lavoro necessario per la vita della grande casa e del parco in cui viviamo. Le famiglie ci dicono e ci testimoniano che quest’opera così normale è nello stesso tempo eccezionale perché ognuno è qui per la propria conversione a Cristo. Nasce da ciò una comunione che non elimina, ma mette in secondo piano i limiti ed il peccato personale, esaltando il positivo di ciascuno. In questo senso l’essere insieme è più di una convivenza, molto di più anche di un’amicizia: è comunione in atto, luogo in cui il Signore opera con la potenza della Sua Misericordia. Un sacerdote nella Casa Simone di Cirene Il profumo dell’amore è più forte dell’odore della morte. Quel profumo permane oltre la passione, fin dentro le viscere del sepolcro. Possa anche la mia vita essere avvolta da quell’Amore che viene da Te e mi è donato da fratelli e sorelle ogni giorno incontro nel mio cammino. 91 DIOCESI DI COMO Quaresima 2016 settimana santa martedì Giovanni 13,21-33.36-38 22 marzo In quel tempo, mentre era a mensa con i suoi discepoli, Gesù fu 2016 profondamente turbato e dichiarò: «In verità, in verità io vi dico: martedì santo H 92 uno di voi mi tradirà». I discepoli si guardavano l’un l’altro, non sapendo bene di chi parlasse. Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù. Simon Pietro gli fece cenno di informarsi chi fosse quello di cui parlava. Ed egli, chinandosi sul petto di Gesù, gli disse: «Signore, chi è?». Rispose Gesù: «È colui per il quale intingerò il boccone e glielo darò». E, intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda, figlio di Simone Iscariòta. Allora, dopo il boccone, Satana entrò in lui. Gli disse dunque Gesù: «Quello che vuoi fare, fallo presto». Nessuno dei commensali capì perché gli avesse detto questo; alcuni infatti pensavano che, poiché Giuda teneva la cassa, Gesù gli avesse detto: «Compra quello che ci occorre per la festa», oppure che dovesse dare qualche cosa ai poveri. Egli, preso il boccone, subito uscì. Ed era notte. Quando fu uscito, Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire». Simon Pietro gli disse: «Signore, dove vai?». Gli rispose Gesù: «Dove io vado, tu per ora non puoi seguirmi; mi seguirai più tardi». Pietro disse: «Signore, perché non posso seguirti ora? Darò la mia vita per te!». Rispose Gesù: «Darai la tua vita per me? In verità, in verità io ti dico: non canterà il gallo, prima che tu non m’abbia rinnegato tre volte». Mi limito a sottolineare due aspetti fondamentali di questo rapporto così speciale che, per lo meno nel mio caso, è venuto a instaurarsi con il gruppo di donne con cui ho quotidianamente a che vedere. In primo luogo, la vita all’interno di un centro come Casa Guanella consente una vera e propria rottura rispetto a molte abitudini che, ai nostri occhi, appaiono ormai solide e insostituibili realtà. Si sperimenta la relazione con altre persone anche a partire da stimoli non verbali; si vivono le attività di laboratorio (che nel nostro mondo occidentale e industrializzato prenderebbero il nome di “attività produttive”) come occasione di contatto umano la cui finalità è il benessere di chi lavora e non il prodotto finito; si coglie il vero valore della lentezza (badate bene, non dell’indolenza) nel fare le cose. In secondo luogo il rapporto che si instaura con le persone presenti nella casa mette in luce come, prima ancora che essere bravi educatori o professionisti in generale, occorra guadagnarsi stima e affetto partendo dalle proprie qualità umane. Nel momento in cui mi sono reso conto di avere a che fare con delle persone l’imbarazzo iniziale è svanito e ha lasciato il posto a un mondo fatto di relazioni e scambi affettivi. Con il tempo e l’approfondirsi dei rapporti umani ho smesso di vedere l’altro attraverso il filtro della disabilità, del “diversamente abile”, e ho scoperto il suo essere persona completa e ricca di umanità. Lascio che questa mia esperienza sia illuminata dal Vangelo di oggi: la possibilità di tradire o di rinnegare il Maestro sta qui “come peccato accovacciato alla mia porta” – come racconta la Genesi quando parla di Caino e di Abele – e il fatto di avere scelto per un anno di servire alcuni fratelli non ci rende immuni o vaccinati da questa triste possibilità. È tradimento ogni volta che non vedo nel volto di chi mi è vicino il Suo volto; è tradimento o scelto di dedicare un anno della mia vita al Servizio Civile in una struttura di pazienti con disagio psichico. Mi trovavo di fronte a una realtà che non conoscevo e appigliarmi a qualche vaga categoria (schizofrenia, psicosi) mi sembrava per lo meno un buon modo per rimanere inizialmente a galla in un mondo che mi era sconosciuto. Come è facile Signore anche per me tradirti e rinnegarti. Così facile che a volte me ne accorgo troppo tardi… Ma per te non è mai troppo tardi e sempre sei pronto a usarmi misericordia, sempre sei pronto a donarmi il pane che ridona vita. Fa’ che sappia accogliere dalle tue mani questi doni d’amore per non ricadere nella notte, ma saper vivere con Te nella luce di un amore che sa spendersi e donarsi senza misura. ogni volta che pretendo una strada diversa da quella del dono incondizionato e fedele; è tradimento ogni volta che consegno un fratello al suo destino e penso: “la sua storia non mi riguarda”. È rinnegamento la paura di testimoniarLo in ambienti ostili alla fede; è rinnegamento la pretesa di dare la mia vita secondo criteri decisi da me stesso; è rinnegamento escludere i fratelli dal Suo amore e voler essere i privilegiati. So che solo la misericordia può salvarmi dal baratro di non saper accettare di essere perdonati. So che solo la misericordia può fare il miracolo di saper accogliere un Maestro così fuori schema che dà il primo boccone del Banchetto a chi lo tradirà. Simone Anno di servizio civile in una Casa Guanelliana 93 DIOCESI DI COMO Quaresima 2016 settimana santa mercoledì Matteo 26, 14-25 23 marzo In quel tempo, uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariòta, andò 2016 dai capi dei sacerdoti e disse: «Quanto volete darmi perché io mercoledì santo 94 ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d’argento. Da quel momento cercava l’occasione propizia per consegnare Gesù. Il primo giorno degli Ázzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Ed egli rispose: «Andate in città da un tale e ditegli: “Il Maestro dice: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli”». I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua. Venuta la sera, si mise a tavola con i Dodici. Mentre mangiavano, disse: «In verità io vi dico: uno di voi mi tradirà». Ed essi, profondamente rattristati, cominciarono ciascuno a domandargli: «Sono forse io, Signore?». Ed egli rispose: «Colui che ha messo con me la mano nel piatto, è quello che mi tradirà. Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!». Giuda, il traditore, disse: «Rabbì, sono forse io?». Gli rispose: «Tu l’hai detto». Viva†Gesù! Il Monastero della Visitazione S.Maria, posto in uno dei quartieri più abitati di Como, è luogo di incontro fra la Misericordia di Dio e il cuore dell’uomo. La preghiera di riparazione per le offese e le indifferenze dell’umanità verso Dio è amore per il Signore che si fa povero di fronte alla nostra libertà di dimenticarLo. È pure intercessione per la conversione dei peccatori e per le necessità spirituali e materiali di tante persone. Attualmente 17 Monache consacrano la loro vita a Dio e ai fratelli in quest’opera di misericordia seguendo il cammino tracciato dai Fondatori dell’Ordine della Visitazione, San Francesco di Sales e Santa Giovanna Francesca di Chantal, e percorso da una lunga schiera di Sorelle, tra le quali la Serva di Dio Suor Benigna Consolata Ferrero (1885 – 1916). L a Liturgia ci invita oggi a contemplare i sentimenti del Cuore di Gesù all’inizio della Sua Passione. Di fronte al tradimento di Giuda, che è disposto a consegnare il Maestro per soli 30 denari, Gesù risponde con il dono totale di Sé nell’Eucaristia e la potenza del Suo Amore misericordioso trasforma anche il male più grande in sorgente di vita nuova per tutta l’umanità. Un dono che continua a rinnovarsi giorno dopo giorno e che cerca soltanto cuori disponibili ad accoglierlo perché, trasformati, diventino a loro volta testimoni e strumenti della divina Misericordia. Nel corso degli ultimi secoli più volte Gesù stesso ha voluto rivelare il Suo Cuore che arde dal desiderio di salvare gli uomini. Ad una di queste anime privilegiate (Suor Benigna Consolata Ferrero) diceva: “Amore Vieni Signore a fare e Misericordia sono come il respiro del mio Pasqua da me! dolcissimo Cuore. Io aspiro, cioè tiro in Me Il tuo amore le miserie delle mie povere e deboli creature misericordioso mi prenda per consumarle nel fuoco della mia divina per mano e mi faccia Carità e poi respiro, cioè mando fuori dal Mio passare dalle tenebre dolcissimo Cuore quel fuoco che le divora del peccato alla luce della e che è capace di infiammare molti cuori. vita nuova dello Spirito. Tu non puoi credere il piacere che Io provo nel farla da Salvatore: è tutta la mia gioia, e faccio i più bei capolavori proprio da quelle anime che ho tolto dal più basso”. L’ esperienza intima dell’Amore Misericordioso del Signore può davvero cambiare una vita. Così è stato per Suor Giovanna Francesca(Giuseppina) Mauri: il 2 Agosto 1980, nella strage alla stazione di Bologna, la morte le rapì l’unico figlio, la nuora e il nipotino e dopo pochi mesi anche il marito, il cui cuore non aveva retto a tanto dolore. Tutto sembrava distrutto, ma nella preghiera trovò la forza di perdonare e un nuovo senso da dare alla vita: donarla al Signore, pregando per coloro che soffrono e che fanno soffrire. Entrò nel nostro Monastero e il continuo contatto con il Signore la trasformò sempre più in un’anima di pace che sapeva comunicare con semplicità conforto e consolazione a tutti. Questo può fare la potenza della divina Misericordia e questo vuole fare anche in ciascuno di noi. Oggi il Maestro ti manda a dire: Voglio fare “questa” Pasqua da te con i miei discepoli. Dio sia benedetto! Le monache del Monastero della Visitazione 95 DIOCESI DI COMO Quaresima 2016 t r i d u o p a s q u a l e PREGARE PER I VIVI E PER I MORTI. Pregare con tutti, tutti uguali e diversi da me. Quando comincio a vedere me stessa diversa dagli altri, vedo anche l’altro diverso da me, ma quando io non mi sento diversa dagli altri, allora l’altro fa parte della mia vita senza nessun pregiudizio. Ma questa diversità che esiste mi permette di vedere nell’altro qualcosa di unico che solo lui può avere, e così la diversità diventa un “completarsi l’uno con l’altro, dove ognuno è diverso dall’altro”. Il punto principale che ci unisce ma che al contempo ci rende unici è che siamo fatti a immagine di Dio, gli somigliamo. Dio si rivela nella mia vita ogni giorno attraverso culture diverse, religioni diverse e persone diverse. La preghiera è la forza che unisce. Affidiamo la vita di ogni persona, diversa o uguale, piccola o grande, anziano o bambino. Il camminare insieme fa la forza e la gioia di vivere insieme, sotto lo stesso cielo e sulla stessa terra! Suor Mirela Jaku, Migrantes Diocesana 96 97 DIOCESI DI COMO Quaresima 2016 giovedì 24 marzo 2016 triduo pasquale Giovanni 13, 1-15 giovedì santo giornata di preghiera e di digiuno in memoria dei missionari martiri I 98 Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine. Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto. Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri». Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri.Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi». niziava per me un periodo di buio e silenzio, lungo sei mesi, che mi piace paragonare ai giorni santi che precedono la Pasqua: non potrò né celebrare l’eucaristia né avrò una bibbia, un breviario o un compagno di fede con cui tenere viva la relazione con Dio. Mi accorsi presto che queste persone non erano generalmente ostili a me; anzi, erano curiose quanto me di parlare e che quindi un dialogo era possibile. La vera difficoltà per il dialogo stava però dentro di me, la mia rabbia e dolore per l’abuso che mi avevano fatto e per la sofferenza che infliggevano alle persone che mi Nell’ottobre 2011 mi trovavo ormai da 10 anni nel sud delle Filippine, nell’isola di Mindanao, impegnato nel lavoro missionario di supporto alle piccole comunità cristiane ministeriali che compongono la Chiesa di quei luoghi. Noi missionari dehoniani di quest’area sapevamo del rischio di essere rapiti da gruppi politico-militari islamici che lottano contro il Governo e cercano attraverso attività illecite di raccogliere fondi per la loro causa. Improvvisamente questo rischio si è avverato per me la sera del 17 ottobre, quando un commando è venuto a prelevarmi dalla Parrocchia di Dimataling, dove risiedevo. che scherzando mi dicevo di essere divenuto il cappellano cattolico di un gruppo di fondamentalisti islamici! Ma il Signore, verso la fine della prigionia, ha voluto farmi il regalo più bello ed insperato, quello della mia riconciliazione “Per tutti”. “Questo è il mio interiore. Era un pomecorpo dato per tutti…” riggio e io stavo pregando Corpo e sangue donati per tutti. seduto su di un tronco Anche per Giuda che ami lavando d’albero. Improvvisamente i suoi piedi offrendo a Lui quel ho potuto come rivedere boccone d’amore. È questo amore e rivivere tutti i momenti senza misura che può trasformare più significativi della mia vita. non solo gli altri, ma innanzitutto È stato un momento, forse e soprattutto me stesso. molto lungo e certo molto Fa’ o Signore che mi lasci amare assorbente per me.Alla fine veramente da Te!. ho esclamato dentro di me: “Come è stata bella la mia vita!” e ne ho ringraziato Dio. Celebravo così la mia eucaristia dato l’occasione giusta per fuggire e interiore dall’altare del mio cuore, io avrei dovuto essere determinato subito invaso da grande pace e graad approfittarne. titudine, che poi mi sono durate per Ad un tratto una voce interiore mi parecchi mesi. ha ricordato quel gesto fatto da Gesù prima e durante la cena: ha lavato i Così la mia più grande disgrazia si piedi di tutti, anche quelli di Giuda, trasfigurava, accettandola, nella più ha donato il suo Corpo per tutti, grande grazia della mia vita. Arrivato buoni e cattivi, santi e peccatori. Ho finalmente il giorno della mia liberapercepito questo come un invito ed zione, nella domenica successiva alla un incarico, e ho superato il blocco Pasqua (quella in albis, detta della interiore di ostilità verso i guerriglie- Misericordia!) mi sentivo tanto in ri. Ho così cominciato a pregare per pace da poter offrire il mio perdono loro, chiedendo che anche per loro e simpatia a quei guerriglieri con cui si facesse la volontà di Dio. È suc- avevo speso sei mesi della mia vita, e cesso così un miracolo, quello della mi accomiatavo da loro augurando a mia liberazione, non quella fisica ma loro e a me di poterci rivedere. spirituale: mi sono sentito capace di Attraverso quel discernimento e proaccettare quella gente e la situazio- cesso interiori suggeriti e accompane in cui mi avevano costretto. Ho gnati dallo Spirito, mi era stata donata scoperto che non è possibile odiare la capacità di accettare quella forzata coloro per i quali preghi, intercessio- esperienza, e di accorgermi come il ne e risentimento sono incompatibili. Signore mi custodiva come solo un Ho riconosciuto dietro quei volti e Padre sa fare. a quelle uniformi militari degli esseri Padre Beppe Pierantoni umani che avevano diritti almeno al Dehoniano mio ascolto e alla mia benevolenza. E 99 questo ha dato presto frutti, al punto amano, specie alla mia famiglia e ai miei confratelli. Questo mi faceva pensare di avere il dovere di resistere, reagire e tentare di scappare da questi criminali. Pensavo che Dio mi avrebbe DIOCESI DI COMO Quaresima 2016 triduo pasquale venerdì Dal Vangelo di Giovanni (Gv 18,1- 19,42) 25 …Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era commarzo piuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: «Ho sete».Vi 2016 era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, venerdì santo imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito. A lcuni dei miei parrocchiani mi hanno chiesto, subito dopo l’esplosione della bomba sul tetto della nostra chiesa, come avessi fatto a reagire così bene, con la calma e il sorriso, senza mai perdere la pace del cuore e la prudenza. In verità ho risposto che sentivo esserci in me una forza più grande della mia sola forza umana: era la forza del Signore che mi guidava in quel momento di difficoltà e il Suo consiglio che mi muoveva. Le Ostie mescolate con il “nostro” sangue, sono state un segno inequivocabile della Sua grande Presenza in comunione con noi. Si potrebbe osare dire che Egli si è fatto ancora più presente, con un legame fortissimo, nella comune sofferenza: unito a noi, Egli soffre con noi, con ciascuno di noi. Al guardare queste Ostie “tinte di rosso”, pareva che brillassero di una luce increata, apportatrice di consolazione e di pace al povero cuore sofferente del parroco! La Chiesa è “la mano di Dio”, una mano che Padre Ibrahim Alsabagh è un giovane frate minore di 44 anni, di origine siriana, nato a Damasco. Dopo gli studi a Roma è tornato in Siria, per «stare con la sua gente». Dal 23 novembre 2014 ha preso ufficialmente servizio come nuovo Parroco della Parrocchia latina di Aleppo dedicata a San Francesco d’Assisi. In Siria i francescani sono presenti dal tredicesimo secolo, ma la loro testimonianza di pace e di bene che per secoli si è inserita in un contesto sociale di convivenza pacifica tra oltre venti etnie e gruppi religiosi differenti, oggi è diventata un martirio. Eppure questo tenace frate francescano continua a vivere lì, aiutando chiunque, cristiani e musulmani, dentro un dramma che non risparmia nessuno. 100 guarisce. E io mi sento parte di questa tenera mano, che sfiora le ferite molto profonde dell’umanità curandole, di quell’umanità devastata che è qui in Aleppo e che nient’altro è che il Suo Cor- Con noi. Sempre. po Santo, violentato incessante- Questo ci dice la tua croce. mente. Tante volte trasmettere Piantata dentro la nostra la speranza non è facile, non è terra bagnata di sangue, immediato, ci vuole lo spazio con le braccia aperte per per il silenzio, rispettoso della accogliere ogni creatura, sofferenza, bisogna accettare di per donare amore subire, ricevendo anche gli sputi, e perdono a chi semina con qualche parolaccia. Con l’u- odio e morte. miltà e con la pazienza, occorre Perché su quella croce saper aspettare e ascoltare, per Tu Dio ti sei fatto Agnello poter decidere bene come aiu- per il nostro riscatto. tare. Quello che ci sostiene in queste situazioni è far memoria della sete di Gesù quando, proprio dalla Croce, diceva di avere sete. Quello che veramente ci sostiene è sapere che oggi è ancora Lui che soffre nella sete e nelle ferite delle sue membra, che siamo noi cristiani d’Aleppo, a cui nulla di sofferenza è risparmiato: fame, freddo, dolore, malattia, afflizione… Ciò che più conta per noi cristiani è testimoniare Gesù Cristo, amando e perdonando tutti. I terroristi qui distruggono ogni cosa, ma noi offriamo la nostra sofferenza per la loro salvezza, preghiamo per loro e li perdoniamo. Alla Messa dei bambini del primo di novembre, un frammento della bombola di gas esplosa (ritrovato sul tetto della chiesa), è stato addobbato, ricoperto di fiori, per far parte delle offerte da portare all’Altare. Così il simbolo di odio e di morte è stato “battezzato” ed è diventato un simbolo dell’amore che perdona e dà vita. Ci mandano la morte e noi restituiamo loro la vita; ci lanciano dell’odio mentre noi diamo loro in cambio la carità, manifestata nel perdono e nella preghiera per la loro conversione. Nelle tenebre d’Aleppo, una città senza più illuminazione artificiale, vi è una luce inestinguibile: l’Agnello è la sua Luce. Padre Ibrahim Alsabagh 101 DIOCESI DI COMO Quaresima 2016 sabato 26 marzo 2016 triduo pasquale Nel silenzio di questo giorno, urla nel mio cuore il grido del dolore che ancora oggi segna la vita di tanti. Nel silenzio di questo giorno, non muore nel mio cuore la speranza che il seme porta prima o poi frutto. Nel silenzio di questo giorno, si risvegli nel mio cuore il coraggio di lavorare, con uomini e donne di buona volontà, per preparare la terra tutta al risveglio della speranza, generando quell’amore più forte del dolore e della morte. sabato santo Padre Marco Passerini, missionario comboniano originario di Morbegno, svolge il suo ministero in Brasile. Impegnato da anni nell’annuncio del Vangelo e nella lotta per una giusta distibuzione della terra e delle ricchezze C´ era un enorme pietra a chiudere il sepolcro. Impossibile credere che si può ancora capovolgere la situazione. Meno male che la speranza non ha limiti e che tutto è possibile finché c´è qualcuno che ha il coraggio di sperare, per tenue che sia la speranza che ancora resta. Perché ci si abitua tanto ai sepolcri chiusi? E ancor più, è proprio vero che è da illusi tentare di smuovere le pietre? È la riflessione che mi accompagna nella settimana santa di quest´anno, celebrata ancora una volta lungo le strade della città e nelle carceri. Mille cinquecento bambini e ado- 102 lescenti hanno piantano la loro croce sulla sabbia per ricordare a tutti che dobbiamo ribellarci all´idea che la cruda realtà di tanta infanzia crocifissa, un po’ dappertutto, è normale e inevitabile. A Fortaleza, quasi duemila sono i “moradores da rua”, uomini e donne forzati a fare della strada il loro habitat. Anche loro, in una strana processione, hanno affermato il loro diritto alla dignità . Se è vero che ogni cristiano deve accogliere senza troppe lamentele la croce che gli tocca, è pur vero che oggi siamo chiamati a un compito dalla portata storica senza precedenti: schiodare tutti coloro che vi sono appesi. Per questo, forse, non solo dobbiamo lasciare il “belvedere” delle nostre analisi sociali e correre in aiuto del fratello che fatica a portare la sua croce personale, ma dobbiamo anche individuare, con coraggio e intelligenza, le officine dove si fabbricano le croci collettive. Credo che sia urgente convincerci che una solidarietà staccata dalla giustizia non sia altro che un modo per mettersi a posto la coscienza, lasciando le cose come stanno. La giustizia, insomma, è l’altro nome della carità e della solidarietà. Sempre mi commuove e rincuora il giovedì santo in carcere, soprattutto la lavanda dei piedi. Niente sentimentalismi. È solo il bisogno di ricordare a me e alla comunità cristiana la necessità di produrre una nuova cultura della solidarietà, nuova cultura dei diritti, nuova cultura dell’accoglienza, nuova cultura dell’integrazione sociale. Ha colpito tutti il momento in cui la direttrice del carcere ha voluto prendere il mio posto e si è chinata per lavare i piedi di alcuni carcerati. I minorenni in carcere hanno preferito lavarsi i piedi reciprocamente. Son pietre che, un po’ alla volta, si smuovono in barba a tanti conformismi. Domani, sabato santo, mi attendono ancora. Padre Marco Passerini – Brasile 103 DIOCESI DI COMO Quaresima 2016 pasqua di risurrezione domenica Giovanni 20,1-9 27 marzo Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro 2016 di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti. G esù, morto e risorto, è la speranza dei poveri. In lui i poveri, gli emarginati, gli esclusi semplicemente “credono”. La loro fede è una esperienza di vita. Non hanno bisogno di toccare le sue piaghe per credere, perché le sperimentano sul loro corpo. Sentono Gesù vicino alle loro sofferenze. D’altra parte, lo sentono come compagno di cammino e di impegno per una vita nuova e degna. Sono i poveri che confidano nel Signore e aspettano con pazienza il tempo della loro liberazione, la sorpresa di un giorno nuovo. 104 Vivo nella parrocchia dedicata recentemente alla “Divina Misericordia”. È una parrocchia molto popolosa del distretto di Puente Piedra, alla periferia nord di Lima. Da maggio 2015, con due amici preti, uno spagnolo e uno peruviano, stiamo cominciando qui una nuova esperienza. Nell’organizzazione parrocchiale si sta passando da una impostazione centralizzata, rituale e celebrativa, a una pastorale decentralizzata. Si parte dalle periferie, abitate da gente immigrata dalle Ande e dall’Amazzonia. Si cerca di accompagnare persone e gruppi perché si integrino e formino comunità solidali nell’affrontare e risolvere i problemi di infrastrutture (proprietà della terra, acqua, luce, fogne), di salute, di giustizia sociale, con particolare attenzione alle famiglie e ai giovani. L’opzione per i poveri è chiara, come l’affetto per loro. Altrettanto voluta è la scelta di partire da loro, camminando con loro. I poveri sono, a loro volta, la speranza del mondo. Dovunque, anche nelle periferie, il bene e il male sono mescolati. Ma i poveri sono più vicini di altri alla “povertà nello spirito” evangelica, più liberi dalle cose, aperti a una società e a un mondo nuovi. Sopportano con pazienza. Ma la fede li sostiene e dà loro il coraggio di mobilitarsi per la giustizia e la libertà, come proponevano alcune comunità: “Perché tacere, se siamo nati gridando?”. Non vogliono sostituirsi ai ricchi, ma sedersi alla stessa mensa come fratelli, in una convivenza rispettosa di tutti e di tutto, in una “terra senza mali”. Gli occhi bagnati di lacrime possono di nuovo vederti e credere. Tu sei il Vivente, colui che si è fatto povero per noi, per rendere tutti noi ricchi del tuo amore, della tua vita. Prendici per mano perché possiamo vivere con Te da risorti ed essere sempre e ovunque oasi della tua misericordia! Ripetiamo spesso, da queste parti, che in periferia si va perché si vuole bene agli ultimi, perché si guardano le loro ferite. Si va spinti dalla misericordia del Padre Dio, che si commuove per le sofferenze dei suoi figli. Non si va a insegnare, ma a conoscere la realtà, a condividere, a evangelizzarci insieme. Crediamo che lo Spirito del Risorto ci precede ed è presente in tutte le periferie prima di noi. Da parte mia ho cercato di imparare dai poveri una fede semplice, che apre il cuore a Gesù e alla sua provvidenza; ti porta ad abbandonarti a Lui e a lasciarti condurre da Lui; una solidarietà concreta e fraterna capace di sognare e di inventare forme semplici e sempre nuove di vicinanza e condivisione, di misericordia e compassione verso chi soffre; una tenerezza commovente nell’accoglienza, nell’abbraccio, nella gratitudine, non tanto per le cose che dai, ma perché stai con loro e li ascolti. Tante volte mi sono sentito ripetere: “Grazie, perché ci dai affetto”. Sono cose che danno serenità al tuo cuore e motivazioni sempre nuove. Un giorno tutto sfocerà nel Regno di Dio definitivo: “ Egli abiterà in mezzo a loro; essi saranno il suo popolo e Lui Dio con loro. Asciugherà le lacrime dai loro occhi. Non ci saranno più morte né lamento né pianto né pena”, ma cielo e terra nuovi. È il regalo della misericordia del Risorto per tutti, a partire dai poveri. Don Savio Castelli Diocesi di Carabayllo, Lima - Perù 105 DIOCESI DI COMO Quaresima 2016 WWW.OTTAVIOSOSIO.IT - STAMPA A CURA DI JMD