DIOCESI DI MANTOVA Le opere di misericordia DIOCESI DI MANTOVA Le opere di misericordia La Cittadella Editrice In copertina Corteo processionale Due placchette a smalto Limoges, sec. XVIII. Mantova, Museo diocesano Francesco Gonzaga. Intero e particolare. Sin verso la fine del Settecento, quando il governo le soppresse incamerandone i beni, anche in terra mantovana ebbero grande vitalità le confraternite. Esse erano composte rigorosamente da laici, i quali, accanto ai loro doveri familiari e professionali, si impegnavano nella preghiera comune e nell’assidua pratica della carità: sostenevano le famiglie indigenti, soccorrevano i colpiti da sventure, fornivano la dote alle fanciulle per consentire loro un onesto matrimonio, assistevano i malati e davano sepoltura ai defunti rimasti soli. Le vivaci placchette, distinte ma parti di un’unica scena, illustrano i due aspetti del loro impegno, quello devozionale e quello caritativo. I componenti di tre confraternite hanno partecipato a una processione; preceduti dai rispettivi stendardi (di uno si vede soltanto l’asta) stanno per entrare in chiesa, quando dal corteo si stacca un uomo, il quale mette mano alla borsa per elargire un’elemosina al povero che gli tende il cappello. L’aiuto al prossimo, qualunque forma prenda, manifesta lo spirito delle opere di misericordia; la preghiera, nelle sue diverse espressioni, è necessaria per comprendere quali opere compiere nelle diverse circostanze in cui ci si viene a trovare, e ricevere la forza di compierle. Hanno contribuito alla redazione: Giordano Cavallari, Claudio Cipolla, Paolo Galeotti, Paolo Gibelli, Gianfranco Magalini, Aristide Pelagatti. Testi rivisti da Roberto Brunelli. Ai Parroci Ai membri dei Consigli pastorali Agli animatori della Pastorale della carità Ai volontari delle Associazioni laicali LE OPERE DI MISERICORDIA delle Comunità Parrocchiali mantovane dopo la visita pastorale del Vescovo Roberto verso il Sinodo diocesano (2013-2016) A cura di Caritas diocesana Centro di Pastorale Sociale e del Lavoro Centro di Pastorale della Salute Centro Missionario Diocesano Centro Migrantes Corpo e anima, insieme “La misericordia di Dio può far fiorire anche la terra più arida”1; “Vorrei una Chiesa povera per i poveri”2: sono soltanto alcune delle spontanee espressioni che da subito abbiamo amato in Papa Francesco, anche perché accompagnate da gesti eloquenti3. Esse gonfiano i cuori e il cuore della Chiesa mantovana, specie dopo la recente visita del Vescovo Roberto, con le sue esortazioni alla generosità. Le opere di misericordia corporali e spirituali ove l’attenzione è volta soprattutto al termine “misericordia”, che è quanto sembra difettare al giorno d’oggi4 - sono espressione della fede cristiana, perché sono desunte dal vangelo5 e dunDiscorso del 31 marzo 2013. Discorso del 16 marzo 2013. 3 Basti ricordare la sua prima uscita da Roma, non casualmente diretta a Lampedusa (8 Luglio 2013). 4 Cfr. Cettina Militello, Le opere di misericordia, Edizioni San Paolo 2012. 5 Vedi principalmente Matteo 25,31-46. 1 2 7 que non sono “facoltative”. Da sempre i cristiani le hanno praticate; le hanno poi condensate in un doppio elenco (7 opere corporali e 7 spirituali), che però si è prestato e si presta a un’infinità di traduzioni concrete6. Ricordiamo l’elenco tradizionale (pare formulato nel XII secolo). Opere di misericordia corporali Dare da mangiare agli affamati Dare da bere agli assetati Vestire gli ignudi Alloggiare i pellegrini Visitare gli infermi Visitare i carcerati Seppellire i morti Opere di misericordia spirituali Consigliare i dubbiosi Insegnare agli ignoranti Ammonire i peccatori Consolare gli afflitti Perdonare le offese Sopportare pazientemente le persone moleste Pregare Dio per i vivi e per i morti Cfr. Luciano Manicardi, La fatica della carità, Qiqajon 2010. 6 8 L’elenco, forse un poco dimenticato, può aiutare oggi a rifare il punto della pastorale della carità, cercando insieme – nel tempo che ci porterà al prossimo Sinodo diocesano – le forme adatte oggi a manifestare l’amore di Dio. Forse, un certo diffuso benessere ha portato a ritenere superata qualche parte dell’impegno, a darle un nuovo significato, e persino a rovesciarlo7: che senso dare, ad esempio, alla prima opera fondamentale (dare da mangiare…) in tempo di “obesità”? E tuttavia l’opera delle nostre comunità parrocchiali, a fronte delle difficoltà – sia locali, sia del mondo intero – ha manifestato, ben prima della crisi, il permanere di povertà radicali relative alle esigenze primarie dei corpi (corporali, appunto), sempre fortemente intrecciate a povertà dell’animo (spirituali, appunto). Singoli e famiglie mantovane, alle prese con situazioni di emarginazione e bisogni elementari, ci sono sempre stati. Ad essi, dagli anni ’90, si è affiancata un’altra consistente fascia di immigrati da varie parti del mondo, qui giunti alla ricerca di migliori condizioni di vita, richiamati da opportunità di lavoro. La crisi finanziaria ed economica, i cui effetti si sono 7 Cfr. Giorgio Cosmacini, Compassione, Il Mulino 2012. 9 manifestati con progressiva gravità nel nostro territorio dal 2008 ad oggi, ha portato all’impoverimento e allargamento delle fasce in difficoltà, carenti o del tutto prive dei beni primari. Se a ciò si associa la povertà esistenziale che segna le stagioni della vita, si comprende come sia ancora necessario richiamare, una ad una, le opere di misericordia. Il Vescovo Roberto, dopo fatti drammatici provocati dalla crisi, è tornato più volte sull’impegno della Chiesa mantovana. Ricordiamo solo l’appello: “Chiedo ai gruppi Caritas parrocchiali e di Unità Pastorale di non far mancare, anzi di abbondare, dove necessario, con l’aiuto dei generi di prima necessità”8. Così come ricordiamo i permanenti inviti, alle comunità e associazioni laicali, ad essere ben presenti nei luoghi della sofferenza, nei tempi della fragilità9. Anche le recenti Settimane della Chiesa mantovana offrono in proposito utili suggerimenti, Quei drammi che mettono a nudo, “La Cittadella” 12 aprile 2013. 9 Ad esempio: “Continueremo a sentire il bisogno di condividere la fatica della disabilità, anche le più gravi e toccanti dei bambini”, Orientamenti pastorali, Novembre 2011. 8 10 a cominciare dal tema della commozione suggerito per l’anno pastorale 2012-2013. La commozione per le folle10, ovvero per la povera gente affamata e disorientata, è un sentimento umanissimo provato da Gesù e tra i caratteri distintivi della sua persona11. Essa non è segno di debolezza, bensì della forza dell’amore, ed è affine a bontà12, mitezza e umiltà13, capacità di abbracciare e baciare14, dono delle lacrime15, compassione16: tutti sentimenti riassumibili nella parola misericordia. E sono gli stessi sentimenti che è dato ad ogni cristiano di provare, per grazia; quindi di ricercare nella propria vita buona17, vissuta nella fede18, specie in vista e a contatto, anche fisico, con le persone povere e sofferenti, anche per ricuperare, a fronte degli eccessi della razionalità e della tecnica, la noCfr. Marco 6,34 nel commento di don Fulvio Bertellini, in Atti della Settimana della Chiesa mantovana 2012. 11 Messi in luce anche da recenti studi storici di carattere “laico” quali, di Adriana Destro e Mauro Pesce, L’uomo Gesù, Mondadori 2010. 12 Matteo 20,15. 13 Matteo 11,29. 14 Marco 9,36. 15 Giovanni 11,35. 16 Luca 10,33. 17 Cfr. Educare alla vita buona del vangelo, nn. 17.18. 18 Cfr. Romani 15,5; Filippesi 2,5. 10 11 stra dimensione emotiva, quella che ha sede nel profondo di ogni persona. Nel cuore. È da richiamare quindi il tema del noi ecclesiale, posto ad apertura dell’anno pastorale 2013-2014. Lo Spirito Santo e noi19, nel segno del passaggio dall’io ancora unico, ma ben saldo20 in se stesso, al noi collettivo; dall’io intimo fondato su Cristo Gesù, al noi della comunità cristiana e della Chiesa; dal primo moto del cuore commosso, principio insostituibile di carità, alla carità razionale e organizzata offerta dalla comunità21. Ricordiamo le suggestioni lasciate dalla ricorrenza del 50° del Concilio Vaticano II22: in particolare la rinnovata apertura al mondo, la fiducia riposta nell’umanità buona, l’attesa di giustizia23, i compiti della politica e delle Isti- Icona biblica della Settimana 2013: Atti 5,26-33 e Atti 15,22-28, nella presentazione di don Lorenzo Rossi. 20 Cfr. Christoph Theobald, Trasmettere un vangelo di libertà, EDB 2010. L’autore parla di “traghettatori del cristianesimo” o di “persone sacramento”. 21 Cfr. Deus caritas est, prima enciclica di Papa Benedetto XVI, n. 20. 22 Cfr. Vescovo Roberto, Introduzione a Gaudium et spes, in Atti della Settimana 2012. 23 “Siano anzitutto adempiuti gli obblighi di giustizia, perché non avvenga che offra come dono di carità ciò 19 12 tuzioni24 per cui le opere di misericordia non sono soltanto “opere di bene” ma piuttosto diritti nativi da riconoscere25. Ricordiamo il metodo che le Settimane della Chiesa mantovana hanno inteso applicare e rendere sempre più sicuro verso la celebrazione del Sinodo: metodo di Chiesa sinodale26, appunto, in attento ascolto e valorizzazione dei ruoli dei fedeli laici, innanzi tutto; nei gruppi ministeriali o équipes pastorali27; nei Consigli pastorali parrocchiali e di Unità pastorale. Obiettivi da perseguire con mezzi sostanzialmente semplici. Certo, anche la Chiesa, per le sue opere, ha bisogno di mezzi e di risorse che è già dovuto a titolo di giustizia”, Apostolicam actuositatem n. 8. 24 Deus caritas est, n. 28. 25 Così C. Militello, op. cit.. 26 Cfr. Ghislain Lafont, in AA.VV., Riforma e santità, lo stile di una Chiesa in un tempo di trasformazioni, Ancora 2012. 27 Ricordiamo in particolare la relazione finale dei lavori della Settimana del 2010 in cui il Vescovo Roberto, richiamando l’intervento di Mons. A. Borras, scriveva: “Io penso che sarà feconda nel futuro la riattivazione della dimensione collegiale e comunitaria del ministero, concretamente con l’esperienza di gruppi ministeriali o équipes pastorali”. 13 umane. Ma “non deve essere grande e potente. La Chiesa può e deve ricorrere più di altre organizzazioni all’impegno volontario e non retribuito, ma in compenso altamente motivato”28. Il ruolo dei nostri uffici diocesani è di porsi in relazione discreta con le strutture pastorali (unità pastorali e arrocchie) e con le figure locali – parroci, altri preti, diaconi, membri dei Consigli pastorali, animatori della carità e delle missioni, della pastorale sociale e della salute – al fine di facilitare l’aggregazione delle comunità, anche se piccole, per assumere al meglio le forme propriamente cristiane. Le opere di misericordia, da vivere nelle situazioni d’oggi, possono costituire una traccia o un programma di lavoro pastorale. 28 Così Walter Kasper, Misericordia, concetto fondamentale del vangelo, Queriniana 2013. E aggiunge: “Come chiesa povera per i poveri essa può dispiegare tanto maggiore autorità morale e nuova forza missionaria”. 14 LE OPERE DI MISERICORDIA CORPORALI 1. Dare da mangiare agli affamati Con il Padre nostro ogni giorno invochiamo il pane necessario per il nostro corpo. Nella celebrazione dell’eucaristia manifestiamo il desiderio di condividerlo, in Cristo, con i poveri. Già così passiamo dall’io al noi: da un io commosso che sa (o dovrebbe sapere) che cosa vuol dire avere fame, ad un noi comunitario che si organizza perché nessuno abbia a patire la fame. Le nostre comunità - come ha osservato la visita pastorale del Vescovo Roberto - sono per lo più attrezzate in questa opera di misericordia. Da anni sono ormai organizzati Centri di ascolto delle povertà, con annessi servizi di mensa e di donazione di generi alimentari. Sussistono Centri di ascolto diocesani maggiormente strutturati, per effetto dell’aggregazione di più parrocchie, con ubicazione nei principali centri urbani29. Altri sono Centri di 29 A Mantova l’associazione di Enti Parrocchie “Agape”, a Castiglione l’associazione “Marta Tana”, a 15 Unità pastorali o Parrocchiali. In ogni parrocchia, o quasi, specie a seguito della crisi, si manifesta l’impulso a donare l’essenziale, generi alimentari innanzi tutto. Magari, in qualche caso, senza un preciso ordine, coordinamento e collocazione pastorale, ma sicuramente con grande generosità, a fronte di bisogni effettivi. La prima opera di misericordia gode di una solida tradizione. In genere, consapevoli dell’esigenza di coniugare carità a giustizia, si è istituita una relazione con i Servizi sociali comunali. Anche se forte, di questi tempi, resta il rischio della delega alla carità di sopperire ai vuoti di giustizia. Non si è poi dimenticata la dimensione mondiale della fame, né la fraternità tra le Chiese, per la quale molte parrocchie risultano interessate, specie a sostegno dell’attività dei nostri missionari nel mondo. Il Centro missionario diocesano ha da sempre tenuto viva l’attenzione verso le disparità economiche e sociali tra il nostro territorio e quelli in cui i missionari operano, per annunciare la Parola del Signore in Suzzara l’associazione “San Lorenzo” e a Quistello l’associazione “San Benedetto”. 16 situazioni sociali ben concrete di povertà. Esse non richiedono soltanto un generoso e pur ancora necessario aiuto per contrastare la fame delle famiglie e dei bimbi, ma anche una conversione degli stili di vita di tutti e un diverso modo di concepire produzione e consumo30: una conversione che - per quanto ci riguarda come singoli e come comunità cristiane - può partire soltanto da un cuore formato nella preghiera e nell’ascolto. Nell’opera del “dare da mangiare” qui in diocesi, la Caritas ha realizzato un importante investimento. Dalla primavera del 2012 è in funzione un magazzino centrale di stoccaggio di derrate alimentari a Mottella di San Giorgio (presso la Comunità Mamrè). Esso è stato pensato per sostenere, con prodotti AGEA31 e altri prodotti ritirati da ipermercati32, l’attività dei Si veda in particolare l’ultima enciclica di Papa Benedetto XVI, Caritas in veritate, n. 27. 31 AGEA, l’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura, è l’Ente statale che, attraverso rigorose procedure e controlli, fornisce alcuni generi alle principali realtà italiane di beneficenza, tra cui la Caritas. 32 Si tratta di prodotti prossimi alla scadenza ovvero dei “brutti ma buoni”, recuperati per ragioni etiche e ambientali. 30 17 Centri di ascolto diocesani33 e delle Comunità residenziali di accoglienza. Ma il sostegno si va purtroppo riducendo, in conseguenza della crisi economica, della riduzione dei fondi dedicati e della limitazione delle eccedenze. A motivo di ciò, il servizio diocesano del magazzino alimentari si sta attivando a sensibilizzare e ritirare significative donazioni da parte di aziende produttrici e, insieme, a compiere acquisti “collettivi” - dunque consistenti e alle migliori condizioni - di derrate alimentari per la redistribuzione da parte dei centri e delle comunità organizzate, includendo, possibilmente, i gruppi caritativi parrocchiali auto-organizzati. I nostri uffici diocesani incoraggiano le comunità cristiane - a conservare e a sviluppare questa prima, fondamentale opera di misericordia; - a verificarne la relazione con la dimensione imprescindibile dell’incontro e dell’ascolto delle per- Si veda l’allegato rapporto annuale dell’Osservatorio diocesano delle povertà che raccoglie, in rete informatica, i dati delle donazioni dei principali Centri di ascolto. 33 18 sone, perché le opere di misericordia corporale non possono prescindere da quelli spirituali, come si è accennato e si chiarirà in seguito; - a considerare il senso e la collocazione pastorale del “dare da mangiare ai poveri”, nel novero di tutte le altre attività parrocchiali: prima, in ordine logico, viene infatti la comunità cristiana particolare34; - a valutare la possibilità di aprirsi a tutti coloro che hanno bisogno di aiuto35, guardando all’Unità Pastorale e alle aggregazioni territoriali di parrocchie che danno luogo ai Centri di ascolto diocesani, maggiormente attrezzati nella valutazione delle povertà; - a stabilire rapporti di collaborazione ed integrazione con i servizi sociali comunali, senza sostituzione di competenze. Gli uffici diocesani sono sempre a disposizione per incontri di carattere formativo e organizzativo. 34 “La fratellanza può e deve essere realizzata anzitutto nella comunità locale, in concreto nella singola parrocchia”: così in J. Ratzinger, La fraternità cristiana, Queriniana 2005. 35 “La chiesa riacquisterà slancio missionario nella misura in cui comincerà di nuovo a realizzare in maniera più viva la sua fraternità interna”, in J. Ratzinger, op. cit.. 19 2. Dare da bere agli assetati La sete è speculare alla fame. Ciascuno di noi ha sete; anche Gesù ha avuto sete e ha chiesto da bere al pozzo36. Su questa esperienza fisica concreta è radicata la carica simbolica del desiderio di un’acqua che estingue definitivamente la sete: quella di cui Gesù parla alla samaritana. Dalle nostre parti e nei nostri tempi sembrava superato il bisogno dell’acqua e dell’acqua potabile. In realtà sappiamo che in tante parti dell’unico mondo quello dell’acqua, di un’acqua “pulita”, è il problema dei problemi. È ormai infatti piuttosto evidente che sviluppi produttivi altamente inquinanti e conseguenti cambiamenti climatici, uniti a consuetudini di spreco, stanno determinando una drastica riduzione della disponibilità del bene vitale. Anche l’aiuto alle terre lontane dei missionari, in occasione di siccità e alluvioni, non può più, secondo coscienze informate, limitarsi alle emergenze37. Occorre una cultura della Giovanni 4,1-42. Vedi anche Giovanni 19,28. “È necessario che maturi una coscienza solidale che consideri l’alimentazione e l’accesso all’acqua come diritti universali di tutti gli esseri umani, senza distin36 37 20 solidarietà e, insieme, della sobrietà, che l’attività educativa svolta dalle nostre parrocchie, con i nostri uffici e centri diocesani, deve essere in grado di sostenere. Peraltro, anche da noi si è accresciuta, su questa materia, la consapevolezza dei problemi: insufficienza delle fonti di acqua potabile e di irrigazione, sprechi e consumi spropositati, costi conseguenti ai processi di privatizzazione. È alta materia etica ambientale, interpellante gli stili di vita personali e comunitari. Ma quella dell’acqua è anche quotidiana opera di misericordia, verso le persone che vivono senza dimora, in condizioni abitative inadeguate, specie dal punto di vita igienico e dell’accesso al bene fisiologico dell’acqua. Con tutti i riflessi negativi e possibili conseguenze di dignità e di salute dei singoli e delle comunità stesse. Le nostre comunità – come ha pure osservato, nella visita pastorale, il Vescovo Roberto – sono, sì, attrezzate per la donazioni di biancheria e di indumenti; ma per evidenti ragioni zioni e recriminazioni”: così Benedetto XVI in Caritas in veritate, n. 27. 21 logistiche, sono i Centri di ascolto diocesani, dotati di sedi e spazi adeguati, ad aver sviluppato questa opera di misericordia dell’acqua, che resta basilare38, offrendo docce e prodotti per l’igiene personale. I nostri uffici diocesani invitano le comunità cristiane a prestare attenzione e dedicazione a questa seconda opera di misericordia, in diocesi e nel resto del mondo, con lo stile e la partecipazione che non è mai solo di risposta al bisogno fisico. Il riferimento e il sostegno al proprio Centro di ascolto o a quello più prossimo – anche nella forma delle micro – realizzazioni di Avvento e Quaresima, volte a sostenere le spese dei consumi di acqua potabile – sono senz’altro incoraggiati. Qualora, cogliendo particolari circostanze e disponendo di spazi di proprietà ecclesiale, le comunità diocesane intendano avviare un’opera di questo tipo, esse sono invitate a segnalarsi alla Caritas diocesana,che coordina le iniziative e ne sostiene la realizzazione. Si veda l’allegato rapporto annuale dell’Osservatorio diocesano delle povertà che raccoglie, in rete informatica, i dati delle donazioni dei principali Centri di ascolto. 38 22 3. Vestire gli ignudi In quest’opera sta la premura di coprire e proteggere la nudità, che è il segno forse più eloquente della fragilità umana e del bisogno permanente di cura da parte dei familiari e dei fratelli. La nudità di Gesù sulla croce, solo in parte mitigata nelle consuete rappresentazioni, manifesta che il Figlio di Dio si è abbassato come più non si potrebbe a condividere la povertà della natura umana39. Vestire la nudità ha a che fare con la parte più intima dei corpi, quindi con l’identità e la dignità della persona. Perciò richiede particolare “delicatezza, discrezione e tenerezza”40. Anche in questo caso – soprattutto, vien da dire, in questo caso – non manca il prodigarsi delle nostre comunità. A prova ne sta l’impatto, anche visivo, prodotto sulla visita pastorale del Vescovo Roberto: interi ambienti parrocchiali sono dedicati alla raccolta, selezione e smistamento degli indumenti. Essi solitamente non mancano: è una conferma della generosità di molti fedeli e cittadini, ma è 39 40 Filippesi 2,6-11. Così L. Manicardi, op. cit.. 23 anche il segno di un diffuso stile di vita caratterizzato dall’eccesso e persino dallo spreco. Siamo nel pieno delle contraddizioni del nostro tempo, in cui, persino nella crisi, i consumi ad espandersi sono quelli di lusso. Il dato interroga la morale, la cultura, l’economia, gli stili di vita di ciascuno e di tutti, al punto che quest’opera di misericordia si potrebbe formulare così: “Vestire gli ignudi. Resistere all’invadenza della moda”41. Manifestazione eloquente di esubero, dagli anni ’90 ad oggi, è la diffusione di raccolte varie di indumenti da parte di associazioni e cooperative, mercatini e aziende di rivendita e riciclo: sulle quali, peraltro, da tempo si invitano le comunità parrocchiali ad esercitare un attento discernimento42. Di fatto gli esuberi e gli scarti di vestiario - così come di mobilio hanno alimentato e tuttora alimentano il recupero a beneficio di tante persone43, non solo in Così G. Cosmacini, op. cit.. La Caritas diocesana inizialmente ha sostenuto una raccolta tramite cassonetti, poi totalmente ceduta a una cooperativa sociale. 43 “Troppo semplice ricondurre quest’opera di misericordia allo spoglio annuale del proprio guardaroba”: così C. Militello, op. cit. 41 42 24 Italia. La spedizione di indumenti verso terre lontane da parte dei nostri gruppi missionari è forse la più antica e generosa forma di sostegno sociale delle missioni all’estero. Tuttavia oggi, nel contesto economico globalizzato, è necessario interrogarci sulle nuove forme di sfruttamento da parte dei Paesi a largo consumo: basti pensare al dramma del lavoro minorile, ancora ampiamente utilizzato dalle multinazionali dell’abbigliamento. L’opera più grande diventa allora portare la produzione al rispetto della dignità umana, con un equo salario: diventa, di nuovo, opera educativa. Non dimentichiamolo: gli operatori della carità e delle missioni hanno pure il compito di sensibilizzare in proposito le proprie comunità parrocchiali, valorizzando i resoconti dei nostri missionari, spesso testimoni di sfruttamenti di massa. Ma, come osservato44, non mancano certo persone e famiglie che quotidianamente frequentano i nostri centri di ascolto delle povertà, le sedi parrocchiali e delle associazioni laicali, per vestirsi di quanto donato/dismesso nelle nostre comunità. Ancora una volta si rimanda al rapporto annuale dell’Osservatorio delle povertà, in allegato. 44 25 L’invito dei nostri uffici diocesani è senz’altro a perseverare in questa opera di misericordia, sempre con la richiamata discrezione che comporta condividere gli indumenti – ciò che di più intimo e personale si porta addosso – con i poveri. Si indica perciò, di nuovo, di coordinarsi con il centro di ascolto di appartenenza o quello più vicino, per puntualizzare qualità, criteri ed equilibrio delle donazioni, nonché per la correttezza nello smaltimento degli eccessi. Come accennato, sussiste, in particolare sulle prime tre opere di misericordia, l’attività dell’Osservatorio diocesano delle povertà, che raccoglie in rete informatica i dati dei principali centri di ascolto della diocesi45. L’Osservatorio fa capo al Centro di ascolto diocesano “C.A.S.A. San Simone”. 45 I Centri collegati attualmente risultano: CASA san Simone, CAV Mantova, CASA don Luigi Sbravati di Suzzara, CASA Marta Tana di Castiglione, Centro di ascolto zonale di Quistello, Centro di ascolto parrocchiale di Castel Goffredo. 26 Il coordinamento diocesano si estende ai centri di ascolto delle parrocchie e delle unità pastorali, attraverso regolari incontri di formazione proposti dalla Caritas, estesi anche ai gruppi caritativi parrocchiali, specie impegnati nella donazione di generi di prima necessità. Tali incontri non mirano soltanto a condividere criteri, sguardo d’insieme e operatività, ma anche a mantenere vivo il senso di quello che si fa: non solo risposte alle immediate necessità, bensì coinvolgimento di fraternità e carità con coloro che hanno bisogno di aiuto. 27 4. Alloggiare i pellegrini I pellegrini dell’antica formulazione di quest’opera di misericordia non sono semplicemente quelli che compiono un pellegrinaggio, dopo il quale tornano alla propria casa. Oggi sono piuttosto quanti una casa non l’hanno più: gli immigrati e i senza tetto. La pratica dell’ospitalità affonda le sue radici in tutta la tradizione biblica e nella storia più luminosa della Chiesa, da Abramo presso le querce di Mamrè46 alle attese di Gesù47, dall’ospitalità praticata dai primi cristiani48 a quella prevista dalle regole degli ordini monastici. Purtroppo nell’era contemporanea la pratica dell’ospitalità è andata drammaticamente in crisi, anche tra gli stessi cristiani, per ragioni economiche e culturali; sostanzialmente, con l’affermarsi del “privato”. D’altro canto, la casa di abitazione ha assunto sempre più la tipologia, di per sé positiva, dello spazio intimo e proprio della famiglia. Genesi 18. Matteo 10,14. 48 Un esempio, in Atti 10,23. 46 47 28 In realtà neppure questa opera di misericordia è mai venuta totalmente meno nelle case parrocchiali, nell’ambito di alcune famiglie, per iniziative comunitarie e diocesane. In particolare non è venuta meno l’accoglienza delle persone più povere e maggiormente in difficoltà, con una qualificazione che ha portato - in collaborazione con gli enti locali cui spetta la garanzia dei servizi essenziali di assistenza - alle attuali Comunità diocesane di accoglienza residenziale49: opera eloquente, in questi anni, della Chiesa mantovana per le persone e i nuclei “senza tetto”50. La crisi economica e i tagli alla spesa pubblica stanno determinando incrementi del bisogno di ospitalità, a fronte di una riduzione delle risorse a ciò dedicate dagli enti pubblici. Perciò, oggi, la nostra Chiesa si sente interpellata direttamente in questa opera di misericordia, pur 49 La “Comunità Mamrè” (Mottella di San Giorgio) ospita uomini adulti in situazioni di grave difficoltà sociale, così come intere famiglie; La “Casa della rosa” (Goito) ospita donne e madri con i loro bambini. Entrambe le comunità sono gestite dalla Associazione di Enti ecclesiastici “Abramo”, quale “braccio operativo” della Caritas diocesana. 50 Vedi in allegato le relazioni delle attività svolte. 29 se non può rinunciare a richiedere misure di giustizia sociale e richiamare le pubbliche istituzioni ai loro compiti. Già nel 2000, in occasione del Giubileo voluto da Papa Giovanni Paolo II, la diocesi, con il Vescovo Egidio, aveva proposto alle parrocchie che ne avessero avuto la possibilità, di sistemare col supporto della Caritas e mettere a disposizione alloggi di proprietà o parti di case canoniche non utilizzate, per ospitare nuclei familiari. Alcune comunità parrocchiali avevano accolto la proposta, realizzando poi ripetute ospitalità, sino ad oggi. Altre si sono mosse autonomamente, a fronte di tante emergenze, con grande spontaneità, specie da parte dei parroci. Anche tale generosa opera è testimoniata dalla visita pastorale del Vescovo Roberto. Una ospitalità peculiare – tale da ricondurre alle origini storiche dell’opera di misericordia – riguarda evidentemente i forestieri migranti. Essa comprende dimensioni plurime, a cominciare da quella religiosa nei confronti dei fratelli nella fede e immediatamente i cristiani cattolici51. Molti di loro intendono continuare Secondo i dati annualmente forniti dall’osservatorio demografico della Provincia, si possono approssimati- 51 30 nella pratica della liturgia, dei sacramenti e in genere nella vita di fede acquisita nel Paese e nella famiglia d’origine, costituendo così un vivace e giovane stimolo per la nostra stessa Chiesa: nella quale, peraltro, possono incontrare difficoltà di inserimento e di comprensione, per ragioni linguistiche, o culturali, o di tradizione religiosa. La diocesi, con il Centro Migrantes, auspica e favorisce la loro partecipazione all’Eucaristia domenicale nelle comunità parrocchiali di residenza, specie attraverso il percorso sacramentale offerto alle seconde e ormai terze generazioni immigrate nel mantovano. Tuttavia, ben comprendendo il bisogno spontaneo di ritrovarsi in comunità omogenee per lingua, provenienza, tradizione, la nostra Chiesa facilita - nella misura del possibile - la celebrazione su base etnica: la Parola del Vangelo è universale. vamente stimare circa 7.000 immigrati cattolici in terra mantovana. 31 L’attuale situazione invita a rilanciare la pratica dell’ospitalità, a partire da quella propriamente di alloggio. Il linguaggio corrente la chiama “housing sociale”, ma per la Chiesa è sempre un’opera di misericordia: alloggiare i senza casa. Allo scopo appare possibile ricuperare spazi ecclesiali in disuso e, spesso, in decadimento, senza dimenticare che si offre un luogo dove abitare non solo fisicamente, ma anche un contesto umano, di persone, di famiglie, di comunità. La Caritas diocesana offre assistenza alla comunità parrocchiale nella realizzazione dell’opera, nel sostegno alle spese, nella cura degli aspetti formali, nell’accompagnamento “professionale” dei nuclei familiari che si andrebbero ad ospitare, e nel rapporto con gli Enti pubblici. I nostri uffici incoraggiano i parroci e le comunità a manifestare ulteriori disponibilità52. Interessante risulta il confronto con le proposizioni del Convegno ecclesiale di Aquileia 2 delle Diocesi del Triveneto: una di queste individua la valorizzazione degli “spazi parrocchiali poco o male utilizzati per dare segni concreti di ospitalità per famiglie sfrattate”. Anche il nostro Sinodo potrà esprimersi. 52 32 Le esperienze recentemente realizzate53 insegnano che l’ospitalità, anche al di fuori delle comunità residenziali, va accompagnata da altre misure di comunione e responsabilizzazione, relative al sostegno finanziario e, sempre più, al lavoro54. Una pista che da più parti viene suggerita e realizzata vede l’impiego dei cosiddetti voucher per la regolare retribuzione di prestazioni lavorative, anche in forma semplice ed occasionale, nelle parrocchie e nelle famiglie55. Con alcune (ancora poche) parrocchie e nei nuovi appartamenti in housing di Casa San Vincenzo a Guidizzolo, in gestione alla Associazione “Abramo”. 54 Presso CASA San Simone è attivo il Servizio diocesano Proximis per microcredito ed erogazioni finalizzate a fondo perduto. Intanto la Caritas sta sperimentando anche misure di incentivazione dell’inserimento lavorativo. 55 La Caritas Italiana ha messo a disposizione fondi per l’impiego in tal senso sul bando dei progetti 8 per mille Italia. Alcune Caritas diocesane stanno già sperimentando o promuovendo l’uso dei voucher per lavori di semplice manutenzione, raccolta, sbiancatura ecc. 53 33 Il Centro di Pastorale Sociale e del Lavoro intende favorire la partecipazione attiva ai processi sociali, a favore di un nuovo welfare, sociale e istituzionale, in grado di rispondere alle urgenze del nostro tempo. Affrontare oggi la questione lavoro significa affrontare problematiche ed esigenze estremamente concrete. La mancanza di lavoro provoca infatti un generale senso di smarrimento che talora si trasforma in disperazione e in mancanza di fiducia in se stessi. Sostenere la persona nella ricerca del lavoro significa aiutare in varie forme, a partire proprio dalla casa. Per una famiglia in difficoltà avere un sostegno negli aspetti fondamentali – casa, educazione dei figli, salute – significa affrontare la ricerca del lavoro con più capacità e sicurezza. Per questo il Centro affianca Caritas nei Centri di Ascolto delle povertà e nelle iniziative per casa e lavoro. 34 5. Visitare gli infermi Basta l’ascolto dei vangeli domenicali per cogliere quanta attenzione sia stata dedicata da Gesù ai colpiti da ogni sorta di infermità, fisiche e mentali: egli li ha visitati nelle loro case56, altri gli sono stati portati da ogni dove57 e soprattutto a loro ha offerto parole e gesti di salvezza. Egli stesso poi, ferito a morte e impotente sulla croce, si è fatto l’infermo in cui ogni malato può identificarsi con speranza. Di qui la buona prassi di visitare gli infermi, viva nella Chiesa primitiva e in tutto il corso della sua storia, sino a noi, senza dimenticare che questa opera di misericordia non riguarda soltanto il singolo fedele, ma l’intera comunità58. Tuttavia la privatizzazione e l’istituzione, di per sé positiva, di luoghi di cura specializzati (aziende ospedaliere, residenze per anziani o per disabili, ecc.), ha diradato e indebolito tale azione. La visita pastorale del Vescovo Roberto ha rilevato come la visita ai malati, tradizionale Matteo 8,14; Giovanni 11,11. Vedi ad esempio Matteo 15,30. 58 Prima lettera ai Corinzi 12,26: “Se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme”. 56 57 35 prerogativa dei parroci (oggi con sempre meno tempo a disposizione) e delle religiose (ove oggi è ancora possibile), sia per lo più affidata dalle comunità ai quasi ovunque presenti ministri straordinari della comunione, in rapporto alle loro prevalenti competenze liturgiche e sacramentali. L’esperienza e il buon senso insegnano la delicatezza che la visita alle case e ai malati comporta. Davanti al ritardo mentale, alla disabilità fisica e psichica, “non bastano le buone intenzioni”59 per sentirsi all’altezza. Per questo l’ufficio della pastorale della salute ha avviato da qualche anno, specie attraverso il rilancio delle cappellanie in ogni luogo di cura - composte da presbiteri, religiosi e fedeli laici - corsi di formazione che possono essere esportati, con qualche semplificazione, anche a livello locale, per la preparazione e la costituzione di piccoli gruppi in ogni comunità. Non si vuole “mitizzare” gli effetti della formazione, ma offrire una base di discernimento. Non siamo tutti uguali e non siamo capaci di tutto: possiamo essere aiutati a capire se “ce la sentiamo”, e in tal caso senza tirarci indietro. Nell’ottica della grazia, si tratta di una vocazione, o di un ministero, pur se non ordinato. 59 Così L. Manicardi, op. cit.. 36 Importante e riconosciuto è l’apporto che le associazioni di fedeli laici (associazioni di volontariato) offrono alla pastorale, specie in questa particolare opera di misericordia60. Ma importanti sono anche altre iniziative. Significativa, a tal proposito, è la celebrazione della Giornata per la vita che, con le associazioni a ciò dedicate, il Vescovo Roberto ha voluto ogni anno con attenzione ad aspetti diversi della fragilità umana, “dal concepimento alla morte naturale”. Nelle piccole comunità e nei paesi sono ancora vivi una rete di relazioni e un senso di condivisione, che rendono ancora vera la prossimità ai malati e alle loro famiglie. Più difficile è nelle città, ove prevale l’anonimato. Per questo ci sembra importante individuare e formare piccoli gruppi nei vari quartieri e nei condomini, a modo di “sentinelle nella notte della sofferenza”: e ad essi affidare questo preciso compito, in nome della comunità cristiana, con il discernimento del sacerdote, con discrezione, delicatezza, capacità di relazione. Ricordiamo le parole del Vescovo Roberto: “Tempo e dedicazione volontaria alle molte, benemerite associazioni che se ne fanno carico” (Orientamenti pastorali, Novembre 2011). 60 37 Un’altra esigenza - affiorata con evidenza nel corso della visita pastorale - riguarda il rapporto di comunicazione e collaborazione tra comunità parrocchiali (Unità Pastorali) e cappellanie (cappellani e volontari nelle strutture di ricovero). È sempre bene infatti che i cappellani siano informati del ricovero di una persona che viene dalla comunità e questa sia informata della sua dimissione, per facilitare il suo accompagnamento durante e, quando possibile, dopo la degenza. I nostri uffici ravvisano l’esigenza di rilanciare l’opera ecclesiale di visita ai malati, a partire dal principio delle piccole comunità fraterne e con l’organizzazione semplice che ci si può dare con i gruppi ministeriali parrocchiali e attraverso i Consigli pastorali. In questo ambito ha poca importanza che siano attivi la Caritas o il gruppo liturgico dei ministri della comunione; è importante invece che sia attento e attivo un nucleo di comunità che conosce i malati del proprio ambito territoriale e li vanno a trovare, a casa o nelle strutture. Si è a disposizione per un po’ di formazione e ricerca comune di organizzazione pastorale. 38 6. Visitare i carcerati Forse non si ricorda abbastanza che Gesù è stato arrestato61, afferrato e legato62, annoverato tra i malfattori63, percosso64, condannato a morte65: ristretto, privato della libertà, e perciò massimamente e pubblicamente disprezzato. Così, prima di lui i profeti e Giovanni Battista66, e dopo di lui e nel suo nome, apostoli e discepoli67. I libri del Nuovo Testamento mostrano i sentimenti e le premure delle comunità per i fratelli in carcere68, e viceversa69. Anche in questo caso si tratta di intere, per quanto piccole, comunità cristiane che hanno sofferto e soffrono per i membri incarcerati, che pregano per loro, che si adoperano per quanto possibile70. “Il carcerato non cessa di essere parte di una comunità”71. Matteo 26,50. Giovanni 18,12. 63 Luca 22,37 64 Luca 22,63 65 Matteo 26,66. 66 Marco 6,17-29. 67 Es. Stefano: At. 6,8-15. 68 Ebrei 10,34. 69 Pietro e Paolo dal carcere: un esempio in Filippesi 1,13. 70 Vedi ad esempio Atti 23,16. 71 Così L. Manicardi, op. cit.. 61 62 39 Dall’antichità ai giorni nostri, la carcerazione è condizione di pena e purtroppo spesso di punizione indebita. La situazione carceraria italiana è nota infatti per lo stato di grave inadeguatezza strutturale e igienico-sanitaria e di sovraffollamento. A tali condizioni non si sottrae la casa circondariale di Mantova e l’altra struttura restrittiva, benché di carattere sanitario, posta nel territorio mantovano, ossia l’ex O.P.G. di Castiglione delle Stiviere72. In entrambe le strutture sono internate persone mantovane, lombarde, italiane e straniere. In stragrande maggioranza povera gente, perché spesso i ricchi e i potenti riescono a evitare il carcere. Anche a prescindere dalle condizioni, le carceri sono luoghi in cui sono uomini che soffrono e dunque richiamano la nostra attenzione. Sono realtà di non semplice accesso, per ovvie ragioni. Il Vescovo Roberto vi è tornato di so- La struttura sta completando la sua fase di superamento e ridefinizione ai sensi del DPCM 1 Aprile 2008, della Legge 9, art. 3 ter del 17 Febbraio del 2012 e ora della D.G.R. X/122 del 14 Maggio 2013. L'Ospedale psichiatrico-giudiziario è avviato a trasformarsi in "Rems" (Residenza per l'esecuzione delle misure di sicurezza). 72 40 vente, anche in occasione della visita pastorale, a conferma delle sollecitudini della Chiesa mantovana. Essa vi è presente con alcune figure in particolare: cappellani e volontari, autorizzati sulla base delle intese sottoscritte con le Istituzioni competenti. Ma anche alcuni gruppi parrocchiali vi entrano per l’animazione liturgica, la preghiera e in altre circostanze speciali. Le comunità cristiane più prossime geograficamente conoscono le possibilità e le opportunità di contatto: è bene che siano quanto più possibile conosciute e praticate. Nella casa circondariale di Mantova operano educatori e volontari. Con dedizione e professionalità, essi sono a disposizione dei detenuti per attività di formazione (corsi di scuola media, corsi di inglese e di elettronica, di alfabetizzazione per stranieri…), per una personale revisione di vita, per momenti di formazione religiosa e spirituale (corsi biblici, catechesi, preghiera). Alcuni detenuti chiedono il battesimo, altri la cresima per sigillare la scoperta o la riscoperta del Signore che dà un senso alla vita. Gli impegni dei volontari sono molteplici; perciò c’è bisogno di altre figure e comunità di sostegno. 41 Nella nostra diocesi è presente inoltre uno dei sei Ospedali Psichiatrici Giudiziari d’Italia. Se ne è parlato come di un fiore all’occhiello della realtà nazionale (tra altre realtà di squallore). Ma la Chiesa mantovana non può guardare soltanto, pur se certo con soddisfazione, agli spazi puliti e ai camici bianchi: dobbiamo arrivare a vedere le persone – siano o no responsabili dei loro errori – nella loro soglia oscura di disperazione. In questi luoghi bisogna offrire speranza, al di là della professionalità e persino dell’abnegazione del personale preposto. In questi luoghi si prega, spesso di nascosto; i dialoghi con Dio sono tumultuosi e accorati; le parole del Papa sono accolte come un grande conforto, e spesso viene richiesto un aiuto per esprimere e condividere liberamente la religiosità. Qui si registrano conversioni, e pressante è la domanda d’aiuto per farsi accettare anche “fuori”, una volta dimessi. C’è un gran bisogno dunque di altri membri della nostra Chiesa che offrano la propria disponibilità ad entrare in questo ospedale. Non è facile, data la complessità della malattia e le restrizioni di legge: occorre essere introdotti e preparati. Non è facile, ma non è impossibile. 42 I nostri uffici intendono, in questo e nei prossimi anni pastorali, rinnovare l’attenzione delle comunità e delle associazioni di fedeli laici anche su questo tema. La visita ai ristretti in carcere è un’opera di misericordia, pur se non è praticabile da tutti: lo impediscono i limiti imposti dalla legge, e le modalità di approccio richiedono - anche e soprattutto in questo caso – discrezione, preparazione e organizzazione. 43 7. Seppellire i morti Il Nuovo Testamento dà grande rilievo alla sepoltura di Gesù, in linea con la tradizione e la cultura giudaica. La sepoltura di Gesù è entrata nel kerigma, ossia nell’annuncio della fede della Chiesa73; ogni domenica la ricordiamo recitando il Credo. Da qui la rilevanza della sepoltura nella tradizione cristiana74: una rilevanza comunitaria; come la nascita, anche la morte – lo ricorda il suono delle “campane a morto” – riguarda la collettività. Un tempo, della sepoltura si occupavano alcuni cristiani, incaricati di tale servizio o ministero specifico75. Oggi se ne occupano, anche per esigenze sanitarie e di legge, i “professionali”. Forse è il momento di recuperare nelle nostre comunità una sorta di ministero, di fatto coincidente o in continuità con quello dedicato alla precedente opera di misericordia, la visita ai malati, ai morenti e ai loro familiari. Tale prospettiva è stata intravista da relatori autorevoli e dalle nostre stesse comunità76. Così L. Manicardi, op. cit.. Atti 5,6. 75 Lo ricorda C. Militello, op. cit.. 76 Esiti della Settima della Chiesa mantovana 2009: La 73 74 44 Anche in questo caso non è importante tracciare ambiti di competenza tra carità, liturgia e altro: ciò che conta è un nucleo di comunità non costituito solo dal parroco o dal diacono e da religiose - che sia presente nell’accompagnamento, nei riti di congedo, nel lutto. I nostri uffici ravvisano l’esigenza di ripensare l’opera di misericordia della sepoltura, nelle e con le comunità parrocchiali e attraverso gli organismi e i ministeri: consigli pastorali, gruppi ministeriali. In materia così delicata, si ritiene importante un po’ di organizzazione, di formazione specifica, di discernimento. A tal fine ci si pone a disposizione, insieme con gli altri uffici pastorali. Parola celebrata e l’evangelizzazione del dolore, della fragilità umana e della morte. In Atti della Settimana 2009 anche l’intervento di p. Giacomo Costa s.j. 45 LE OPERE DI MISERICORDIA SPIRITUALI Il presente scritto intende costituire una traccia di lavoro pastorale nell’ambito della carità, valorizzando l’esistente rilevato dalla visita pastorale del Vescovo Roberto, nel percorso che la Chiesa mantovana ha compiuto e sta compiendo con le sue Settimane, guardando all’imminente Sinodo diocesano, al fine di stimolare e incoraggiare l’organizzazione delle nostre comunità, per quanto piccole e un poco in difficoltà. Non si trova qui, chiaramente, una trattazione biblica e teologica riguardo alle opere di misericordia. Alcuni contenuti dottrinali sono stati brevemente richiamati, per rendere più trasparente l’esito pastorale intrapreso o intravisto; chi volesse approfondire, può trovare materiale coerente in tanti libri, compresi quelli citati. Non rientra nell’intento di questo scritto considerare specificamente le opere di misericordia spirituale, sulle quali si limita a qualche appunto. A differenza delle opere corporali, quelle spirituali non derivano dal ricordato capitolo 25 47 del vangelo secondo Matteo77, ma dall’insieme della Sacra Scrittura e soprattutto dalla figura di Gesù nella sua completezza di parole e di opere, nonché dall’esempio dei santi e dal buon vivere cristiano. Tra le due serie di opere di misericordia, viene da sé che esiste continuità e integrazione. Anzi si può dire che le opere di misericordia sono tutte spirituali, oppure non sono di misericordia: “Se l’opera di misericordia non è accompagnata dal sentimento di carità, solleva, è vero, colui che la riceve, ma non è di profitto a chi la compie”78; si riduce cioè a pura prestazione sociale, per quanto utile. Per questo si raccomanda agli animatori ed operatori della carità di coltivare sempre la dimensione spirituale, quella formazione del cuore che Benedetto XVI reputa “necessaria”, “oltre alla preparazione professionale”79. La Anche “seppellire i morti” non vi appartiene. La frase di Papa Innocenzo III è riportata in un discorso di Papa Giovanni XXIII ai Delegati delle Opere di Misericordia di Roma il 21 Febbraio 1960. Cfr C. Militello, op. cit.. 79 Nella Deus caritas est, n. 31, aggiunge: “Occorre condurre a quell’incontro con Dio in Cristo che susciti in 77 78 48 spiritualità è da nutrire con la partecipazione alle manifestazioni di fede della propria comunità, quindi con la preghiera e i sacramenti, nell’assiduo ascolto e nel confronto comunitario sulla Parola di Dio, frequentata non per erudizione, bensì per riuscire ad incarnarla in gesti – personali e comunitari – di carità e di speranza: di misericordia, appunto. La diocesi, in questi anni di preparazione del Sinodo, intensificherà la proposta formativa e di preghiera a carattere biblico. Anche i nostri uffici e centri pastorali relativi alla carità sono orientati a formulare proposte formative, di carattere generale e settoriale, caratterizzate da momenti di spiritualità e riferimenti biblici80, al fine di accompagnare le opere di misericordia con una tensione educativa e una ricerca di senso81. loro l’amore e apra l’animo all’altro, così che l’amore del prossimo non sia più un comandamento imposto per così dire dall’esterno, ma una conseguenza derivante dalla fede che diventa operante nell’amore”. 80 Per l’anno pastorale in corso 2013-2014 si veda il calendario, con gli appuntamenti e le Giornate diocesane a cui gli operatori sono particolarmente invitati. 81 Cfr. Educare alla vita buona del vangelo, Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il decennio 20102020, n. 39: “La carità educa il cuore dei fedeli e svela agli occhi di tutti il volto di una comunità che testimo49 Tutto ciò riporta al centro dell’agire pastorale: che è sempre un partire e un tornare alla fede nel Signore Gesù. nia la comunione, si apre al servizio, si mette alla scuola dei poveri e degli ultimi, impara a riconoscere la presenza di Dio nell’affamato e nell’assetato, nello straniero e nel carcerato, nell’ammalato e in ogni bisognoso. La comunità cristiana è pronta ad accogliere e valorizzare ogni persona, anche quelle che vivono in stato di disabilità o svantaggio. Per questo vanno incentivate proposte educative e percorsi di volontariato adeguati all’età e alla condizione delle persone, mediante l’azione della Caritas e delle altre realtà ecclesiali che operano in questo ambito, anche a fianco dei missionari”. 50 Pastorale della carità Riflessioni del Consiglio pastorale diocesano, con il contributo di Caritas diocesana Centro missionario diocesano Uffici pastorali PREMESSA La Caritas, organismo indispensabile della comunità La carità è una delle tre dimensioni costitutive ed insopprimibili della vita della Chiesa, insieme alla celebrazione dei Sacramenti e all’annuncio della Parola. Perciò la Caritas resta l’organismo, istituito dal Vescovo per sostenere la testimonianza della carità della comunità ecclesiale, parrocchiale e diocesana. Per educare singoli e comunità a dare testimonianza della carità di Dio Come ha ricordato Benedetto XVI nell’enciclica Deus caritas est (cfr nn. 20 e 25), “l’amore del prossimo, radicato nell’amore di Dio, è anzitutto un compito per ogni singolo fedele, ma anche un compito per l’intera comunità ecclesiale, e questo a tutti i suoi livelli. Conseguenza di ciò è che l’amore ha bisogno di organizzazione quale presupposto per un servizio comunitario ordinato”. Con ciò viene indicata la prevalente funzione pedagogico-pastorale della Caritas e dei Gruppi Missionari, con la natura promozionale/organizzativa delle opere della carità ecclesiale: dimensioni distinte benché compenetrate. 52 AL SERVIZIO DI UNA COMUNITÀ DI FRATELLI E SORELLE L’animatore della carità: nel contesto di una Chiesa tutta ministeriale Le nuove unità pastorali chiamano i laici a rinnovati ruoli ed impegni dei laici, componendo gruppi ministeriali che affianchino i parroci nelle attività pastorali essenziali. Questa è una circostanza doverosa e propizia per rinnovare il mandato della Caritas e dei Gruppi missionari a promuovere, nelle comunità parrocchiali e nelle unità pastorali, la ricerca di persone che assumano incarichi e servizi a nome della comunità. All’interno di un gruppo ministeriale In ogni parrocchia è auspicabile l’individuazione di un animatore della testimonianza comunitaria della carità che, insieme all’animatore liturgico e della catechesi, costituisca il nucleo di quel gruppo ministeriale - variamente articolato secondo le dimensioni e le caratteristiche di ciascuna realtà - che possa permanentemente organizzare la comunione tra i fratelli e quindi l’attenzione e il servizio ai poveri e sofferenti. In modo analogo a quanto si chiede per i gruppi liturgico e catechistico e se la comunità 53 è abbastanza numerosa, l’animatore della carità diventa parte di un gruppo (che chiamiamo caritas) con il quale condivide il servizio. Quando la comunità è piccola è doveroso che almeno una persona si faccia carico di questo servizio costitutivo della vita stessa della Chiesa e condivida il suo servizio nel gruppo ministeriale parrocchiale. Il servizio alla comunione ecclesiale Vivere in comunione è già vivere la carità: la comunione con i fratelli nell’ascolto della Parola e nella celebrazione dell’amore fedele di Dio porta ad avere una particolare attenzione a chi attraversa difficoltà e sofferenze. «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri » (Giovanni 13,35). L’animatore della carità deve quindi richiamare l’attenzione del cuore della comunità verso i sofferenti della comunità stessa e delle Chiese povere nostre sorelle. I legami spirituali sono forti e capaci di costruire anche più di quelli di sangue; sono frutto dello Spirito, segno di una famiglia nuova che nasce dalla Pasqua. Aiutare i piccoli (ammalati, anziani, immigrati…) perché sono di Cristo, significa non solo obbedire alla Pa54 rola e testimoniarla, ma anche crescere progressivamente verso la statura dell’uomo perfetto, il Cristo, che ha donato tutto di sé. Soprattutto a chi è nel bisogno La carità fraterna è Vangelo! La carità fraterna è celebrazione della Parola nella vita! La comunità deve farsi vicina a chi è ammalato, all’anziano, a chi è ricoverato; deve far spazio a chi è affetto da disabilità e sostenerne la famiglia; deve prevedere forme di aiuto, la condivisione di beni materiali ed economici, fino alla misura richiesta dal bisogno stesso, perché il Vangelo ha costruito una famiglia nuova. L’animatore della carità veglia quindi perché nessuno nella sua comunità di appartenenza si trovi privo del necessario, sia sul piano materiale e spirituale, sia nelle relazioni, bene oggi riconosciuto fondamentale e vitale. 55 LA COMUNITÀ AL SERVIZIO DEI POVERI Con la comunità oltre la comunità La comunione inoltre dà impulso a una carità più vasta, che si estende verso tutti. Da tale impulso fondamentale nascono le opere e le attività caritative dei vari gruppi, quanto più diversificati, della parrocchia: gruppi di incontro, di mutuo aiuto, di visita a malati, ai disabili, ai sofferenti psichici…, gruppi caritativi di ascolto delle povertà di immigrati e di indigenti, gruppi di ospitalità, gruppi di sostegno ai nostri missionari che operano nel mondo. La dinamica demografica, la situazione di crisi economica e le aumentate difficoltà sociali, con gli ulteriori effetti di disagio prodotti dal terremoto del maggio 2012, richiedono alla nostra Chiesa e a ciascuna comunità particolare di stringersi in più forti legami di comunione e solidarietà, nel servizio a persone e famiglie fragili. La carità promuove gruppi ed educa alla compassione L’animatore della carità promuove i gruppi caritativi, senza identificarsi in uno di essi. Secondo la sollecitazione del tema di un recente 56 anno pastorale, “Vide una grande folla e si commosse per loro”, i gruppi realizzano il compito di portare il mondo dentro la Chiesa: perché “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo” (Gaudium et Spes, 1). Il che vuol dire portare il mondo - questo mondo - dentro le nostre liturgie e ben dentro il nostro annuncio del vangelo di salvezza del Signore Gesù. Partecipando, per grazia, degli umanissimi sentimenti di Gesù, proviamo commozione e compassione, come singoli e comunità, per le sofferenze della nostra gente e di tanta gente. E, commossi, ci organizziamo per offrire segni comunitari e sensibili di prossimità. Il che vuol dire portare le sofferenze e i bisogni della gente – della gente della quale ci sentiamo parte – dentro le nostre comunità e ben dentro i suoi spazi, i suoi tempi, i suoi bilanci economici. Porta il territorio in parrocchia e la parrocchia nella comunità diocesana Ecco, questo lo slancio che può passare sempre più dalla Caritas ai gruppi caritativi e, da questi, di nuovo all’animatore, al gruppo ministe57 riale, al consiglio pastorale della parrocchia e/o dell’unità pastorale con i rispettivi parroci, i quali saranno sempre meno preti che ‘fanno tutto’ e sempre più guide sicure, di carattere spirituale e pastorale, capaci di valorizzare i doni e i carismi di altri. È inoltre importante che le opere-segno promosse dalla diocesi siano riconosciute come spazi d’incontro, di servizio, di condivisione, offerti a nome delle comunità parrocchiali. Esse quindi possono valorizzare tali operesegno nelle proposte pastorali della comunità. Anche questa strada può essere facilitata dalla Caritas parrocchiale o dall’animatore della Carità. 58 CARITAS DIOCESANA E SUO PREMINENTE COMPITO PASTORALE La Caritas diocesana al servizio delle Caritas parrocchiali Alla Caritas diocesana è perciò affidato il compito di promuovere e favorire tale virtuoso processo vocazionale e pastorale, d’intesa e ad integrazione del lavoro degli altri uffici e centri diocesani, specie attraverso la formazione di chi a ciò è chiamato, nelle parrocchie e nelle unità pastorali. Parroci, consigli pastorali, uffici e centri diocesani, gruppi ministeriali sono, a livelli diversi, figure complementari di ministerialità che insieme cooperano perché si realizzi la presenza e la testimonianza della comunità ecclesiale. Le relazioni di conoscenza, stima e collaborazione sono necessarie come condizione per ogni elaborazione pastorale. La gestione diocesana delle opere-segno Alla Caritas diocesana spetta il compito di promuovere, organizzare, curare l’affidamento della gestione e collegare le principali opere ecclesiali e di ispirazione cristiana, in particolare 59 i Centri di ascolto delle povertà e le Comunità di accoglienza delle persone e delle famiglie in difficoltà. Confermando la bontà della formula associativa fra Enti ecclesiastici, originata dall’intento dei parroci e delle stesse parrocchie di partecipare alla gestione, le comunità dei fedeli - dotate della organizzazione pastorale di cui abbiamo detto - possono conoscere, frequentare e sostenere con risorse umane e offerte queste nostre opere che, più direttamente e in maniera competente, interagiscono con le pubbliche istituzioni deputate a tutelare i diritti sociali fondamentali. Centro missionario diocesano e obiettivi pastorali Al Centro missionario diocesano viene affidata, anche attraverso i Gruppi missionari parrocchiali, la ricerca di nuove vie di presenza missionaria: essere con gli ultimi, i più poveri e lontani, qui e nel mondo intero; mantenere il dialogo con le Chiese sorelle per cogliere le provocazioni che vengono dai paesi di missione; promuovere e coordinare le diverse attività di appoggio e di aiuto economico all’azione missionaria della Chiesa universale e dei missionari locali. 60 Con particolare attenzione alla giustizia Con Benedetto XVI ricordiamo l’intento di coniugare sempre la carità con la giustizia: “Quest’ultimo è un compito della politica. La Chiesa vi concorre con il suo contributo di pensiero e con la sussidiarietà delle sue opere” (Deus caritas est, n. 28). Sempre, ma ancor più in questo periodo di intense difficoltà e pesanti riduzioni della spesa sociale, investire quanto più possibile beni e risorse nella carità diventa esempio e segno eloquente di quanto i poveri ci stiano a cuore. Dentro uno sforzo di comunione con tutta la Chiesa La Caritas diocesana, inoltre, ha l’incarico di mantenere i rapporti con la Chiesa nazionale, attraverso Caritas italiana, e con le Chiese locali lombarde, attraverso la Delegazione regionale Caritas. La comunione tra le Chiese sta mostrando proprio a noi, nei gemellaggi istituiti a seguito del terremoto, frutti di carità e di bene. Il Centro missionario diocesano mantiene i rapporti con la Chiesa nazionale attraverso “Missio”, e con le Chiese locali lombarde attraverso la Commissione missionaria regionale; inoltre cura i rapporti con le nostre missioni in Etiopia e in Brasile 61 CONCLUSIONE Le presenti riflessioni, maturate in sedi diverse ma in spirito di comunione e di partecipazione, hanno dato forma a questo percorso, che indica un orientamento di fondo, uno spirito. Non cose da fare, ma un modo per realizzarle. L’obbedienza che queste note richiedono è quella intelligente e creativa. La benedizione del Vescovo Roberto è segno di comunione tra tutte le comunità e tra tutti i cristiani: una comunione che ci accompagna al Padre per mezzo del Figlio, nella carità dello Spirito. 62 Indice pag. 4 pag. 5 In copertina Indirizzo pag. 51 PASTORALE DELLA CARITÀ pag. 7 pag. 15 pag. 15 pag. 20 pag. 23 pag. 28 pag. 35 pag. 39 pag. 44 pag. 47 CORPO E ANIMA, INSIEME Le opere di misericordia corporali 1. Dare da mangiare agli affamati 2.. Dare da bere agli assetati 3. Vestire gli ignudi 4. Alloggiare i pellegrini 5. Visitare gli infermi 6. Visitare i carcerati 7. Seppellire i morti Le opere di misericordia spirituali Finito di stampare nel mese di ottobre 2015 da Publi Paolini, Mantova