ACCADEMIA DI BELLE ARTI DI URBINO
Dipartimento di Progettazione e Arti applicate
Scuola di Scenografia
DIPLOMA ACCADEMICO DI PRIMO LIVELLO
Progetto Artistico
DOCENTE:
ALLIEVO:
C
F
rancesco
alcagnini
ML
Anno Accademico 2011 / 2012
Sessione Autunnale
ussoni
ucia
CV
urriculum
itae
Data e Luogo di nascita:
Sesso:
Cittadinanza:
Italiana
2009 Diploma di maturità artistica in Scultura presso il Liceo “A.Serpieri” di Rimini
2009-2012 Triennio presso la Scuola di Scenografia dell’Accademia di Belle Arti di Urbino
Esperienza lavorativa:
2010-2011 (da giugno a settembre) Impiego estivo come cameriera e receptionist all’Hotel
Sirena a Miramare di Rimini
2012 Tirocinio presso il Teatro Rossini di Pesaro per la realizzazione dello spettacolo “Il
Signor Bruschino” al Rossini Opera Festival
Capacità e competenze personali
Madrelingua:
Lingue Straniere:
Capacità e Competenze informatiche:
Capacità e Competenze Relazionali/Sociali:
Italiana
Inglese (ottimo livello scritto e parlato)
Ottime conoscenze di programmi per il disegno e la grafica (Autocad, Photoshop e Indesign); buona conoscenza di programmi per la scrittura e la presentazione (Pacchetto Office);
destrezza nella navigazione in Internet
Buona capacità di lavorare in squadra con altre persone, in ambiente multiculturale grazie
all’esperienza del Rossini Opera Festival promossa dall’Accademia di Belle Arti di Urbino
Buona capacità di coordinamento e amministrazione dei progetti e delle mansioni assegnate
Competenze artistiche:
Ottima conoscenza e utilizzo della prospettiva, del disegno geometrico e della scenotecnica
Buona conoscenza e utilizzo del disegno anatomico e dal vero
Buona conoscenza e utilizzo delle tecniche pittoriche di base
Competenze tecniche:
Buona conoscenza dei meccanismi e attrezzature specifiche al lavoro teatrale svolto in laboratorio e in ufficio tecnico al Rossini Opera Festival
Competenze relative al lavoro per cui si candida:
Altre Competenze ed Interesse personali (Hobby):
Tel. 3386910222
e-mail lucia:[email protected]
Femminile
Istruzione e formazione:
Competenze organizzative:
Lucia Mussoni
Via Covignano, 121
47923 Rimini
7 Novembre 1990 - Rimini (Italia)
Patente:
Ulteriori informazioni:
Conoscenza e utilizzo del disegno e dei programmi per la progettazione teatrale
Discreta conoscenza della musica, passione per la lettura, concerti e viaggi
Patente di guida A1 e B
Affidabilità, ambizione e determinazione in campo lavorativo, disponibilità di spostamenti
all’estero
CV
urriculum
itae
Date and Place of Birth:
Gender:
Nationality:
Education and Training:
Work Experience:
Personal Skills and Competences
Italian
2009 Diploma in Sculpture at “A. Serpieri” Art Highschool, Rimini (Diploma di maturità
artistica in Scultura presso il Liceo “A.Serpieri” di Rimini ).
2009 – 1012 Bachelor , School of Scenography at Urbino‘s Accademy of Fine Arts (Scuola di
Scenografia dell’Accademia di Belle Arti di Urbino).
2012 Internship at Rossini Theatre (Teatro Rossini), Pesaro for the production of the opera
“Il Signor Bruschino” for the Rossini Opera Festival.
2010-2011 Seasonal job (June – September) as waitress and receptionist at Hotel Sirena,
Miramare (Rimini).
Italian
Other Language(s):
English (Proficient user in both written and spoken language).
Computer Skills and Competences :
Relational/Social Skills and Competences:
Artistic Skills and Competences:
Technical Skills and Competences:
Skills related to the desired position:
Other Personal Skills and Interests (hobbies):
Tel. 3386910222
e-mail lucia:[email protected]
Female
Mother Tongue(s):
Organisational Skills and Competences:
Lucia Mussoni
Via Covignano, 121
47923 Rimini
November 7th, 1990 – Rimini (Italy)
Driving Licence(s):
Additional Information:
Excellent knowledge of design and graphic programmes (Autocad, Photoshop and Indesign). Good knowledge of writing and presentation programmes (Word and PowerPoint),
spreadsheet (Excel). Proficient netsurfing skills.
Good skills and capacity to work in a team with other people in multicultural settings.
Good skills in coordinating and managing projects and assigned tasks.
Excellent knowledge and proficient in the use of perspective, geometric design and stagecraft. Good knowledge and use of anatomical design and life drawing.
Good knowledge and use of basic painting techniques.
Good knowledge of mechanisms and equipment specific for theatre work employed in technical laboratory and office.
Knowledge and use of design and programs for theatre design.
Fairly good knowledge of music, passion for reading, concerts and travelling.
Driving licence (categories) A1 and B.
Reliability, ambition and determination in the working sphere, availability for movements
abroad.
Le
s
edie
A.A. 2009/2010
Eugene Ionesco
Trama
Due personaggi, conosciuti come Il vecchio e La vecchia, preparano freneticamente le sedie per una serie di ospiti invisibili che, più tardi, ascolteranno un oratore rivelare le scoperte del vecchio, probabilmente sul senso della vita. Gli ospiti invitati sono tutti, ovvero tutte le persone del mondo: la loro invisibilità, assieme ad altri elementi, fa presupporre che si tratti di un mondo post-apocalittico - il vecchio, ad esempio, parla della distruzione di
Parigi.
« La vecchia Guardiani? Vescovi? Chimici? Calderai? Violinisti? Delegati? Presidenti? Poliziotti? Commercianti? Edifici? Portapenne? Cromosomi?
Il vecchio Sì, sì, e anche i postini, gli albergatori, gli artisti, insomma tutti quelli che sono un po’ studiosi e un po’ proprietari.
La vecchia E i banchieri?
Il vecchio Li ho convocati.
La vecchia I proletari? I funzionari? I militari? I rivoluzionari? I reazionari? Gli alienisti e i loro alienati?
Il vecchio Ma sì, ti dico, tutti, tutti, tutti, giacché evidentemente, per un verso o per l’altro, sono tutti degli studiosi o dei proprietari. »
(Eugène Ionesco, Le sedie)
Gli ospiti arrivati intrattengono dialoghi e ricordano cripticamente delle loro vite. Infine, l’oratore arriva ad offrire il suo discorso alla folla riunita. Interpretato da un attore reale, la presenza fisica dell’oratore contraddice le
aspettative del pubblico istituitesi nelle fasi precedenti della commedia. La coppia di vecchi si getta poi da una finestra sull’oceano, sostenendo che giunti a questo punto, quando il mondo intero sta per ascoltare le rivelazioni
dell’oratore, la loro vita non potrebbe andare meglio. Mentre l’oratore inizia a parlare, la folla invisibile ed il pubblico reale si accorgono che è sordomuto. La scena rimane dunque deserta, si odono per la prima volta i rumori
della folla invisibile, in crescendo e poi progressivamente decrescendo. Il sipario si chiude lentissimamente.
Progetto
Bozzetto sedie carrellate
Scatola prospettica dello spazio scenico
Modellino
Fotografia del modellino
Chiaroscuro a matita ispirato alla fotografia del modellino
Tavole tecniche
Pianta
Tavole tecniche
Sezione
s
alomè
Oscar Wilde
A.A. 2010/2011
Trama
Nel palazzo di Erode Antipa, dove egli vive con la ex moglie del fratello Filippo, Erodiade, intrecciando con lei una relazione legalizzata da un matrimonio, si sta svolgendo un banchetto che vede ospiti giudei, romani, egiziani.
L’opera si apre sulla terrazza del palazzo con il dialogo tra i soldati, il siriaco e quello di Cappadocia che discutono sulla bellezza della luna e sulla bellezza della principessa Salomè.
Nel salone c’è una grande cisterna dove il tetrarca Erode ha fatto rinchiudere Iokanaan: Erode è infatti spaventato dal comportamento del profeta, che urla dal fondo della sua prigione le profezie sull’avvento del Messia condannando il comportamento dei monarchi di Giudea. Salomè, allontanatasi dal banchetto per i continui sguardi interessati di Erode, è incuriosita dall’uomo e ne chiede la liberazione alle guardie per potergli parlare. Questi
si dimostrano spaventati ma alla fine cedono alle lusinghe della principessa: Iokanaan esce dalla cisterna proferendo parole di sdegno contro Erode ed Erodiade. L’aspetto e la voce del profeta inebriano Salomè che, affascinata
dall’uomo, rivela ad egli il suo impeto sessuale ed il desiderio irrefrenabile di baciarlo:
« Bacerò la tua bocca, Iokanaan; bacerò la tua bocca »
(Salomè)
Iokanaan la evita e il siriaco, capitano della guardia ed innamorato di Salomè, si uccide nel sentirla proferire promesse di un bacio al profeta.
Giungono sulla terrazza il tetrarca e la cognata, ed Erode fa profferte amorose a Salomè, che rifiuta sdegnata. Iokanaan non perde tempo nel maledire il comportamento libertino di Erodiade, la quale è profondamente offesa
dalle accuse e dalla mancata difesa da parte del marito. Erode è troppo preso dalla bellezza di Salomè per darle retta, e le chiede di danzare per lui, offrendosi di esaudire qualsiasi suo desiderio. Salomè accetta ed esegue la danza dei sette veli, posando i piedi nudi nel sangue del cadavere del siriaco. Finita l’esecuzione, la danzatrice esprime il suo desiderio, ripetendolo di fronte all’orrore di Erode:
« Dammi la testa di Iokanaan »
(Salomè)
Salomè vuole baciare le labbra di Iokanaan, che sfugge alle richieste di Salomè: ella desidera la sua testa in un bacile d’argento, ma Erode non vuole uccidere un uomo che ha visto Dio; tuttavia, il re non può venir meno alla sua
promessa e fa uccidere dal carnefice il profeta.
Salomè ne reclama la testa e bacia le labbra di Iokanaan
« Ho baciato la tua bocca, Iokanaan »
(Salomè)
di fronte allo sgomento di Erode ed alla soddisfazione di Erodiade, che vede il suo accusatore morto. Erode, inorridito dalla ragazza, ne ordina l’uccisione da parte di suoi soldati. L’opera termina con gli scudi dei guerrieri che
schiacciano, uccidendola, Salomè.
Progetto
Studio prospettico dello spazio
scenico
Pianta
Fuori scala
Studio di riproduzioni di opere
da inserire nella scenografia
Modellino di prova
Studio dei carri mobili
Cambi scena
Scena 1
Cambio scena a vista
Scena 2
Illuminazione
Scena 1
Studio dell’illuminazione sul modellino
Scena 2
Modellino
Fotografia del modellino
Il
Il
TT
rovatore
rovatore
A.A. 2010/2011
Giuseppe Verdi
Trama
Parte I - Il duello
La scena si apre nel palazzo dell’Aliaferia di Saragozza dove Ferrando, capitano delle guardie, racconta agli armigeri la vicenda del figlio minore dell’allora Conte, fratello dell’attuale Conte di Luna, rapito anni prima dalla figlia
di una zingara per vendicare la madre giustiziata dal Conte con l’accusa di maleficio; la zingara (Abbietta zingara) aveva poi bruciato il bambino e per questo omicidio i soldati ora chiedono la sua morte. Nel frattempo Leonora, giovane nobile amata dal Conte di Luna, confida a Ines, sua ancella, di essere innamorata di Manrico (Tacea la notte placida), il Trovatore appunto. Il conte, intento a vegliare sul castello, ode la voce di Manrico che intona
un canto (Deserto sulla terra). Leonora esce, e confusa dall’oscurità, scambia il conte per Manrico e l’abbraccia. Ciò scatena l’ira del conte, che sfida a duello il rivale.
Parte II - La gitana
Ai piedi di un monte, in un accampamento di zingari (coro degli zingari: Vedi le fosche notturne spoglie), Azucena, madre di Manrico, racconta che molti anni prima vide morire sul rogo la madre accusata di stregoneria dal
vecchio Conte di Luna (Stride la vampa). Per vendicarsi, rapì il figlio del Conte ancora in fasce e, accecata dalla disperazione, decise di gettarlo nel fuoco; per una tragica fatalità, tuttavia, confuse il proprio figlio col bambino
che aveva rapito. Manrico capisce così di non essere il vero figlio di Azucena e le chiede di conoscere la propria identità, ma per Azucena l’unica cosa importante è che lei l’abbia sempre amato come un figlio, protetto e curato
proprio come quando tornò all’accampamento ferito dopo il duello col Conte. Manrico confida alla madre di esser stato sul punto di uccidere il Conte, durante quel duello, ma di esser stato frenato da una voce proveniente dal
cielo (Mal reggendo all’aspro assalto).
Nella scena successiva il Conte tenta di rapire Leonora che sta per ritirarsi al convento, ma Manrico sventa il rapimento e porta in salvo l’amata.
Parte III - Il figlio della zingara
Azucena è catturata da Ferrando e condotta dal Conte di Luna. Costretta dalla tortura e dalle minacce, confessa di essere la madre di Manrico. Il Conte di Luna esulta doppiamente per la cattura. Uccidendo la zingara otterrà
doppia vendetta: per il fratello ucciso e su Manrico che gli ha rubato l’amore di Leonora.
Manrico e Leonora intanto stanno per sposarsi in segreto e si giurano eterno amore. Ruiz sopraggiunge ad annunciare che Azucena è stata catturata e di lì a poco sarà arsa viva come strega. Manrico si precipita in soccorso
della madre cantando la celebre cabaletta Di quella pira.
Parte IV - Il supplizio
Il tentativo di liberare Azucena fallisce e Manrico viene imprigionato nel palazzo dell’Aliaferia: madre e figlio saranno giustiziati all’alba. Nell’oscurità, Ruiz conduce Leonora alla torre dove Manrico è prigioniero (Timor di
me?... D’amor sull’ali rosee). Leonora implora il Conte di lasciare libero Manrico: in cambio è disposta a diventare sua sposa (Mira, d’acerbe lagrime). In realtà non ha alcuna intenzione di farlo: ha già deciso che si avvelenerà
prima di concedersi. Il Conte accetta e Leonora chiede di poter dare lei stessa a Manrico la notizia della liberazione. Ma prima di entrare nella torre, beve, di nascosto, il veleno da un anello.
Intanto, Manrico e Azucena sono in attesa della loro esecuzione. Manrico cerca di calmare la madre, terrorizzata (Ai nostri monti ritorneremo). Alla fine, la donna si addormenta sfinita. Giunge Leonora ad annunciare la libertà a Manrico e ad implorarlo di scappare. Ma quando egli scopre che lei, la donna che ama, non lo seguirà, si rifiuta di fuggire. È convinto che per ottenere la sua libertà Leonora l’abbia tradito, ma lei, nell’agonia della morte, gli
confessa di essersi avvelenata per restargli fedele (Prima che d’altri vivere). Il Conte, entrato a sua volta nella prigione, ascolta di nascosto la conversazione e capisce d’esser stato ingannato da Leonora, che muore fra le braccia
di Manrico. Il Conte ordina di giustiziare il trovatore. Quando Azucena rinviene, egli le indica Manrico morente, ma pur nella disperazione la donna trova la forza di rivelare al Conte la tragica verità: «Egli era tuo fratello» e
mentre viene tratta a morte può finalmente gridare: «Sei vendicata, o madre!».
Modellino
Realizzazione degli stampi per la riproduzione in serie delle colonne dei palchetti
Incendio
Sequenza di fotografie che riprendono la fase di bruciatura del modellino
Cambi scena
ATTO I
“Il duello”
ATTO II
“La gitana”
ATTO III
“Il figlio della Zingara”
ATTO IV
“Il supplizio”
BI
allo
Il
delle
A.A. 2010/2011
ingrate
Claudio Monteverdi
Trama
Ballo-melodramma in un atto. Musica di Claudio Monteverdi. Libretto di Ottavio Rinuccini. Coreografia attribuita a Isacchino Ebreo. Mantova, Teatro della Commedia, 4 giugno 1608 durante le feste per le nozze di Francesco
Gonzaga con Margherita di Savoia.
L'ARGOMENTO. Amore è accompagnato dalla madre Venere fino all'imboccatura di una gran voragine, «dentro alla quale ruotano globi d'ardentissime fiamme, e per entro a essa innumerabili mostri d'Inferno», dove entra
per riuscirne con Plutone. Venere e Amore pregano il re degli Inferi affinché consenta alle anime delle donne che in vita furono ingrate verso gli amanti di uscire per poco alla luce e mostrare a «ogn'anima superba, A qual
martir cruda beltà si serba». Plutone acconsente e invia le ombre d'Inferno «a condur fuori la condannata schiera delle Donne Ingrate, che devono fare il balletto». Allontanatisi Venere e Amore, le Ingrate eseguono un ballo
esprmente grande dolore, rimpianto e pentimento. Dopo un monito di Plutone «ricominciano quelle Ingrate un altro balletto con atti pieni di maggior disperazione e di maggior cordoglio e con mille intrecciamenti e ,mille
variazioni...» rientrano nell'oltretomba dopo uno straziante addio alla vita cantato da una di esse.
CRITICA. Terza opera di Monteverdi per le feste del 1608 alla corte mantovana, dopo l’Arianna e il prologo per l’ldropica del Guarini, il Ballo delle Ingrate sarebbe, secondo alcuni, un «balletto alla francese» nello stile del
ballet de cour, conosciuto da Monteverdi nel corso dei suoi precedenti soggiorni francesi. Pur non potendosi negare una vaga influenza del genere, che costituirebbe comunque un fenomeno di re-importazione, tale collegamento appare superficiale e suggerito forse soltanto dalla disposizione scenica per cui i danzatori scendono dal palcoscenico in sala per il ballo; disposizione peraltro spesso praticata anche in Italia da tempo, e in questo caso
proveniente semmai, più che dal ballet de cour, dalle suggestioni e dal gusto teatrale grecizzanti dell’ambiente della Camerata fiorentina. Comunque sia, la coerenza e la densità espressiva del Ballo delle Ingrate, dovute oltre che
al genio di Monteverdi alla raffinata invenzione poetica di Ottavio Rinuccini, lo pongono ben al di sopra e ben lungi da tutti gli spettacoli francesi dell’epoca.
Non è noto il nome del coreografo autore dei balli facenti parte della rappresentazione e di quello, di soggetto pastorale, che la seguiva per rallegrare il pubblico commosso dalla sorte delle Ingrate; il Reyna indica Isacchino
Ebreo, maestro di ballo alla corte di Mantova per molti anni, ma l’attribuzione appare, per ragioni di ordine cronologico, scarsamente credibile. Nulla sappiamo comunque della coreografia, ma dai pochi accenni contenuti nel
libretto possiamo immaginare che consistesse in composizioni orchestiche nello stile e nella tecnica del più maturo “ballo nobile”, fuse però con elementi pantomimici di più intenso significato drammatico. Certo è tuttavia che
la danza, pur rimanendo per consuetudine parte integrante dello spettacolo, presentava scarso interesse nel fervore di elaborazioni teoriche e poetiche conducenti su tutt’altra via che quella del teatro wwcoreografico: erano gli
albori, già luminosi, del melodramma.
LA MUSICA. Se della prima collaborazione di Monteverdi con il poeta Ottavio Rinuccini non è rimasto che il sublime "Lamento" dall'Arianna, abbiamo però il Ballo delle Ingrate che risale allo stesso 1608. Con molta probabilità Monteverdi teneva molto a questa composizione e l'edizione a stampa (pubblicata solo trent'anni dopo da Vincenti a Venezia, nel 1638, quando il Ballo era già stato rappresentato anche a Vienna) fu rimaneggiata e revisionata in maniera evidente. Alcune caratteristiche compositive, le colorature e tessiture vocali (soprattutto per la parte di Plutone) sono da collegare a stilemi linguistici certamente posteriori al 1608 e comuni agli altri madrigali
dell'Ottavo libro, tra i quali trova posto il Ballo delle Ingrate in genere rappresentativo. La curiosa contromoralità della trama ottiene un risalto musicale che nella prima parte è essenzialmente discorsivo e piuttosto convenzionale. La schematica alternanza di recitativo e dialogo tra Amore e Venere, tra questa e Plutone, non perviene mai alla definizione di veri e propri ariosi. Gli spunti melodici forniscono però una prima delineazione musicale dei
caratteri dei personaggi. Ad Amore è consegnata la linea meno originale, mentre Venere canta con inflessioni vagamente leggiadre, non di rado umanamente frivole. Plutone invece pare seguire anche nel disegno vocale regale,
potente con accenti quasi caricaturali, il tono generalmente encomiastico della narrazione (siamo lontani dall'eloquio severo e più convinto del Plutone dell'Orfeo). L'atmosfera musicale si eleva con il duetto tra Venere e Amore
"Ecco ver noi l'addolorate squadre" in cui la compassione per le anime infelici suggerisce a Monteverdi la creazione di una pagina dolce e armoniosa. Più complesso (formato da due recitativi, seguiti da due ariosi uguali tra loro
e conclusi dal coretto femminile a quattro voci) il "lamento" finale è uno di quei pianti struggenti da annoverare tra le realizzazioni più alte del magistero monteverdiano. Il dispositivo strumentale del Ballo delle Ingrate è particolarmente interessante: «cinque viole da brazzo, clavicembalo e chitarone, li quali dieci strumenti si raddoppiano secondo il bisogno della grandezza del loco in cui devisi rapresentare». Ma più significativa è l'utilizzazione
di questi strumenti che ottengono una caratterizzazione espressiva e narrativa essenziale. Per esempio l'effetto di oscuramento timbrico che sottolinea la danza delle Ingrate si ha mediante un'ingegnosa ripartizione strumentale
delle parti reali; non suonano mai tutte insieme e il secondo violino tace quando comincia il tenore. Di sicuro effetto drammatico è anche la rarefazione sonora che conclude l'opera. Iniziato con la sinfonia suonata da tutti gli
strumenti, il Ballo termina con lo sconsolato lamento di un'Ingrata accompagnata dal solo chitarrone; a lei risponde l'ultimo richiamo del coretto, non sostenuto piu da alcuno strumento.
Modellino uno
Fotografia del modellino
Fotografie di particolari del modellino
Modellino due
Fotografia del modellino
Fotografia del modellino collocato all’interno della vasca
Fotografie di particolari del modellino
Le teche
Bozzetti
Fotografie di particolari delle teche
s
B
ignor
Il
ruschino
A.A. 2011/2012
Gioacchino Rossini
Trama
Farsa per musica in un atto.
Prima rappresentazione: Venezia, Teatro San Moisè, 27 I 1813
Florville, amante di Sofia, giunge al castello di Gaudenzio, tutore della fanciulla, per trarla in sposa, ma viene a sapere che Gaudenzio l’ha destinata al figlio di un certo signor Bruschino.
Florville viene a conoscenza del fatto che il figlio di Bruschino è tenuto sotto chiave in una locanda, in quanto ha contratto debiti per più di 400 franchi. Florville si finge cugino di Bruschino, ne salda il debito a patto che venga
tenuto sotto chiave.
Si fa dare dal locandiere Filiberto la lettera di presentazione di Bruschino e si sostituisce a lui per sposare Sofia; fa quindi recapitare a Gaudenzio una finta lettera di Bruschino padre, nella quale si chiede che il tutore faccia arrestare il figlio perdigiorno e lo trattenga nella sua abitazione.
Florville si fa arrestare volontariamente e recita la parte del pentito di fronte a Gaudenzio. Ma in quella giunge Bruschino padre, furibondo per le malefatte del figlio. Florville continua la finta, ma il padre non riconosce in lui
suo figlio.
Gaudenzio crede che Bruschino non riconosca il figlio per l’irritazione e lo invita a cedere.
Bruschino padre chiede addirittura l’intervento di un delegato di polizia, ma non si viene a capo di nulla.
Inoltre Filiberto chiama Florville Bruschino e questo toglie ogni dubbio in realtà all’adempimento del contratto nuziale. Ma Filiberto reclama il saldo del debito a Bruschino, scoprendo così l’inganno.
Bruschino vuole svelare tutto, ma apprende che Florville è il figlio di un senatore nemico di Gaudenzio. Riconosce così per vendicarsi Florville e lascia che sposi Sofia.
Anche Gaudenzio acconsente, ma improvvisamente fa la sua comparsa il vero Bruschino figlio. Gaudenzio va su tutte le furie quando apprende di aver dato la sua pupilla in sposa al suo maggior nemico, ma ormai è troppo
tardi e al tutore non resta che il perdono.
Proposta 0
Progetto
Pianta dei movimenti
Bozzetti prospettici
Bozzetti prospettici con cambi scena
Proposta 1
Fotografia del modellino
Tavole tecniche
Pianta
Fuori scala
Proposta 2
Fotografia del modellino
Modellino
Fotografie del modellino
Tavole tecniche
Pianta
Fuori scala
Proposta 3
Rendering
Tavole tecniche
Pianta
Fuori scala
Proposta definitiva
Fotografia dell’inizio
dello spettacolo
Proposta definitiva
Fotografia della fine
dello spettacolo
Tavole tecniche
Pianta
Fuori scala
RIVISITAZIONE
SCENOGRAFICA
M
axxi
A.A. 2011/2012
Zaha Hadid
Progetto
Bozzetto su foglio da lucido
Fotografia di riferimento
Bozzetto ad acquerello
Rendering
Rendering
Rendering della scenografia inserita sul palcoscenico del Teatro Rossini di Pesaro
Tavole tecniche
Pianta
Fuori scala
Tavole tecniche
Plafone
Fuori scala
Tavole tecniche
Sezione
Fuori scala
Scarica

Lucia Mussoni - Scuola di Scenografia