Opinioni > Italia > Societa - Martedì 10 Aprile 2012, 09:02
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Padania, il sogno perduto
Un mito politico della seconda repubblica affondato dai vizi di un figlio 'degenere'?"
Elisabetta Michilin
Come nella migliore, o peggiore, tradizione romanzesca, siamo all’epilogo (o alla frutta). Tutti
gli inganni
sono venuti a galla, i sotterfugi di palazzo di un regno che non c’è
sono stati svelati e siamo di fronte alla caduta di un mito.
Tra le nebbie di questa sconfinata
pianura si consuma un dramma familiare che ci coinvolge tutti,
nonostante Roberto Maroni, sul proprio profilo Facebook, si ostini a dire che non è
successo nulla, e che con un colpo di spugna è ancora possibile
riportare l’ordine nella Padania, utilizzando il linguaggio aulico
che da sempre contraddistingue questo virile popolo di vichinghi del
nuovo millennio: “fottetevi tutti!”.
Fa un po’ lo stesso effetto che doveva
fare l’orchestra del Titanic, mentre continuava a suonare
imperterrita durante l’affondamento.
Nel lontano 1991 nasceva la Lega Nord,
da una costola del Senatur Umberto Bossi. Avrebbe dovuto essere la
naturale risposta del popolo padano a Roma ladrona, il
capo alzato del cittadino settentrionale di fronte alle angherie del governo
sovrano. Un governo dai tratti dittatoriali, secondo quel che diceva Bossi, capace solo di
chiedere senza mai dare nulla in
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Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale reperibile al link http://www.lindro.it/societa/2012-04-10/8090-padania-il-sogno-perduto
L'Indro è un quotidiano registrato al Tribunale di Torino, n° 11 del 02.03.2012, edito da L'Indro S.r.l.
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cambio.
La ’visione’ padana della Lega Nord ci ha
fatti tanto sognare, che qualcuno ci si è fatto anche prendere
un po’ la mano: era il caso di quel cittadino padano che, non
riconoscendosi come italiano, non volle pagare la multa datagli dalla
polizia stradale (italiana). Di ciò che andavano
dicendogli gli uomini in divisa, il poveretto non capiva nemmeno molto, dal momento
che parlavano italiano e non veneto.
Ora, per colpa della stessa famiglia di
Umberto Bossi e degli intrighi tessuti dai suoi fedelissimi di
palazzo, siamo al crollo di un mito. Già, perché c’è poco da gridare
“Roma ladrona” quando la tua famiglia, con i soldi del partito,
ci campa. Come minimo un po’ di credibilità la si perde quando
si scopre che, approfittando dello stato di non perfetta forma fisica
del pater familias Umberto, dal 2004 coi soldi del partito vengono
finanziate ristrutturazioni, attività collaterali di mogli ’baby
pensionate’, auto di lusso e perfino titoli di studio che però
nessuno ha mai visto e che non si sa dove e da chi siano stati
rilasciati.
Il più colpevole sembra essere Renzo
Bossi, detto ’trota’ da
quando il padre gli negò il titolo di ’delfino’ e lo paragonò
pubblicamente al pesce rigorosamente padano, in rete il suo nome è più popolare
di quello di Chuck Norris.
Dopo tre tentativi falliti
(“colpa dei professori meridionali”), riesce a
diplomarsi e decide di frequentare una misteriosa università
inglese, che costa al partito circa 130 mila euro. Nonostante i corsi
e lo stesso padre Umberto giuri di aver visto il libretto
universitario del figlio (“è pieno di trenta”), Renzo non sembra proprio uno studente modello, e
tantomeno in odore
di laurea.
Ciò che fa senz’altro, invece, è andarsene a
spasso con la BMW pagata dal partito, dal momento che, come semplice studente universitario,
non si può certo permettere di pagare il
leasing. Un fatto che sarebbe niente, se non avesse mentito giurando e
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spergiurando al padre di essere completamente autonomo nel pagamento
delle spese legate all’auto: “Renzo mi ha portato le prove che
l’auto è sua, se l’è pagata lui con il leasing e di questo sono
certo perché ho visto le carte con i miei occhi”.
Ora, i più maliziosi potrebbero suggerire
che Renzo abbia interesse in tutto fuorchè nello studio, dal
momento che non pare star frequentando l’università e, soprattutto, la sua carica di consigliere
regionale gli
frutta da sola qualcosa come 12.000 euro netti al mese.
E arriviamo alla questione della casa di
Gemonio, per la ristrutturazione della quale il partito avrebbe speso
una cifra considerevole. Il Trota si dichiara estraneo ai fatti.
In un momento in cui le persone normali non ce la fanno a stare al
passo con le rate del mutuo, la sua prima reazione all’accusa è
dichiarare di non sapere proprio da dove siano venuti fuori quei
soldi investiti nella ristrutturazione.
Ciò che mi chiedo ora è se sia
veramente possibile che un ragazzo come il Trota, nel fiore della gioventù, sia stato
completamente manovrato
da Nadia Degrada, segretaria amministrativa, e dall’ex- tesoriere della
Lega Francesco Belsito? E’ possibile che un ragazzo di
ventiquattro anni possa essere portato a credere che i soldi crescono
sugli alberi e che non si deve preoccupare delle centinaia di
migliaia di euro che il suo stile di vita richiede?
Per quanto si possa essere ’figli
di’, per quanto si possa avere trascorso un’infanzia tutto sommato
più ’facile’ di quella di altri ragazzi, dovrebbe arrivare per tutti
il momento di mettere da parte i sogni e iniziare a vivere con i
piedi per terra, facendo i conti con la realtà. (D’altra parte,
sbaglio o Renzo dichiarava di essere iscritto proprio alla facoltà
di economia?)
Peccato che lui, di sogni, abbia
messo nel cassetto quelli del padre. Sulla qualità dei sogni non si
discute, non è questa la sede. Si discute su quanto poco basti
perché una famiglia, seppur consigliata dalle persone sbagliate,
mandi a quel paese il lavoro di una vita. E tanti saluti alla Padania.
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