PIOPPICOLTURA
Produzioni di qualità nel rispetto dell’ambiente
Realizzazione a cura di
Istituto di Sperimentazione per la Pioppicoltura
Strada Frassineto Po 35
15033 Casale Monferrato AL
Testi
Gianni Allegro
Stefano Bisoffi
Pier Mario Chiarabaglio
Domenico Coaloa
Gaetano Castro
Gianni Facciotto
Achille Giorcelli
Lorenzo Vietto
Fotografie
Gianni Allegro
Domenico Coaloa
Gianni Facciotto
Achille Giorcelli
Giuseppe Negro
Lorenzo Vietto
Si ringrazia in modo particolare: la dr.ssa Lucia Sebastiani per l’assistenza fornita per la
realizzazione dei testi e per la compilazione bibliografica; il personale tecnico dell’Istituto senza
l’operato del quale non sarebbe stato possibile realizzare il manuale.
Il manuale è stato realizzato con il contributo congiunto di Comunità Europea, Stato Italiano e
Regione Lombardia nell’ambito del Piano di Sviluppo Rurale 2000-2006.
Nota
Esaurito il volume cartaceo, in considerazione dell’interesse sempre vivo per questa pubblicazione e
delle numerose richieste ricevute si è deciso di renderla disponibile sia come ipertesto per la
consultazione on-line (http://www.populus.it) che in formato Adobe PDF, scaricabile.
A tal fine per mantenere inalterati i contenuti, si è provveduto ad una re-impaginazione di testi, foto
e tabelle che ne rendesse maggiormente agevole la fruizione.
1
PIOPPICOLTURA
Produzioni di qualità nel rispetto dell’ambiente
PREMESSA ...........................................................................................................................................3
IL SISTEMA PIOPPO IN ITALIA .......................................................................................................5
L’IMPIANTO DEL PIOPPETO............................................................................................................7
Scelta del terreno ........................................................................................................................7
Preparazione del terreno .............................................................................................................9
Caratteristiche e scelta delle specie e dei cloni.........................................................................10
Sesto e distanze d’impianto ......................................................................................................13
Materiale d’impianto ................................................................................................................14
Epoca e modalità d’impianto ....................................................................................................14
LA COLTIVAZIONE..........................................................................................................................16
Risarcimenti..............................................................................................................................16
Lavorazioni ...............................................................................................................................16
Consociazioni ...........................................................................................................................17
Irrigazioni .................................................................................................................................17
Concimazioni............................................................................................................................19
Potatura .....................................................................................................................................20
Difesa fitosanitaria....................................................................................................................24
Avversita’ da sconfiggere mediante accorgimenti colturali .....................................................26
Punteruolo del pioppo (Cryptorhynchus lapathi L.).................................................................27
Saperda maggiore del pioppo (Saperda carcharias L.)............................................................28
Platipo (Platypus mutatus Chapuis) .........................................................................................28
Afide lanigero del pioppo (Phloeomyzus passerinii Signoret) .................................................29
Ifantria americana (Hyphantria cunea Drury)..........................................................................29
Bronzatura (Marssonina brunnea (Ell. et Ev.) P. Magn.) ........................................................30
Ruggini (Melampsora larici-populina Kleb.e Melampsora allii-populina Kleb.)...................30
Ripristino del terreno ................................................................................................................31
TURNO DI COLTIVAZIONE E ACCRESCIMENTI .......................................................................32
PIOPPICOLTURA A RIDOTTO IMPATTO AMBIENTALE ..........................................................33
STIMA DELLE PRODUZIONI E VENDITA DEL PIOPPETO .......................................................34
Valutazione quantitativa ...........................................................................................................34
Valutazione qualitativa .............................................................................................................40
Vendita del pioppeto.................................................................................................................40
BIBLIOGRAFIA .................................................................................................................................42
2
PREMESSA
La pioppicoltura rappresenta per l’Italia, e per
la Lombardia in particolare, la più significativa
fonte interna di legname per l’industria pur
occupando una superficie minima rispetto a quella
delle foreste (1,3% a livello nazionale). Per un Paese
che importa i tre quarti del legno che consuma ma
che proprio nell’industria della trasformazione del
legno in mobili e arredamenti ha uno dei propri
punti di forza nel mercato mondiale, la produzione
di legno di pioppo ha un’importanza vitale.
Ma l’importanza della pioppicoltura non è
puramente economica: produrre legno fuori foresta,
Tronchi di pioppo accatastati in stabilimento
in terreni agricoli, riduce la pressione sui boschi
naturali sia in Italia che all’estero e contribuisce al
migliore soddisfacimento di quei benefici di carattere ambientale e paesaggistico che sempre più
vengono ritenuti obiettivo prioritario delle foreste.
Produrre legno significa anche sottrarre all’atmosfera parte del carbonio corresponsabile
dell’“effetto serra” e sequestrarlo in prodotti e manufatti durevoli. Allevare pioppi significa usare una
quantità di pesticidi inferiore da 2 a 15 volte rispetto alle colture agrarie alternative. Crescere alberi
per dieci e più anni su un terreno significa arricchirlo di sostanze nutritive che le radici assorbono in
profondità e depositano ogni anno con le foglie negli orizzonti superficiali.
Avere rimarcato i benefici ambientali della pioppicoltura non deve però far dimenticare che
esistono comunque margini di
miglioramento per rendere la
coltivazione ancora più attenta
alla salvaguardia della qualità
di aria, acqua, suolo e della
fauna e della flora, beni primari
e
non
surrogabili
della
collettività. Non si deve
commettere
l’errore
di
pretendere che il pioppeto
svolga il medesimo ruolo
ambientale dei boschi naturali;
che si tratti di produzioni e di
sistemi non forestali è evidente
per il fatto che i terreni
utilizzati per la pioppicoltura
sono terreni agrari e che la
coltivazione del pioppo non fa
insorgere i vincoli tipici dei
Giovane impianto di pioppo in area collinare
terreni forestali. Ma comunque
la coltivazione deve essere rispettosa dell’ambiente.
Per la maggior parte dei casi si tratta semplicemente di osservare una buona pratica colturale
nelle varie fasi del ciclo produttivo, dalla scelta del terreno su cui costituire il pioppeto sino al suo
abbattimento.
Questo manualetto si propone di analizzare ogni fase in modo semplice e schematico con
l’obiettivo di facilitare, nelle varie situazioni ambientali, l’individuazione delle operazioni da
eseguire e delle modalità di esecuzione che, senza perdere di vista l’obiettivo economico senza il
quale la pioppicoltura non esisterebbe, consentano di coniugare il reddito dell’agricoltore con la
salvaguardia dell’ambiente, bene di tutti.
3
Potrà forse sorprendere qualcuno, ma non certamente i pioppicoltori più esperti, che nella
maggior parte dei casi ai benefici ambientali conseguenti all’adozione di pratiche colturali razionali
si coniughino i benefici economici di una riduzione dei costi di produzione senza sacrificare la
qualità del prodotto.
Pioppeto maturo
4
IL SISTEMA PIOPPO IN ITALIA
La pioppicoltura occupa
una posizione rilevante nel
sistema legno nazionale e
rappresenta la fonte di
approvvigionamento
più
importante per le industrie di
prima trasformazione. Il
legno di pioppo costituisce
circa un terzo del legno tondo
consumato
dal
settore
industriale e corrisponde a
circa il 50 % del legno da
lavoro di origine interna,
nonostante
la
superficie
Fig. 1 Piantagione di pioppo in un’azienda agricola della Pianura
occupata dalle piantagioni sia
Padana
poco più dell’1 % di quella
forestale. É principalmente impiegato per la produzione di pannelli compensati, pannelli listellari,
imballaggi di vario genere ed altri prodotti di minore importanza economica.
La produzione vivaistica, che ammonta mediamente a oltre 4 milioni di piante ogni anno, è
attualmente affidata a poche centinaia di aziende agricole specializzate distribuite soprattutto in
Piemonte e in Lombardia.
Il comparto produttivo vanta circa 40.000 aziende agricole che coltivano pioppo su circa
100.000 ettari, prevalentemente localizzati nelle pianure del nord, dove si riscontrano le condizioni
stazionali più favorevoli alla coltura. Oltre la metà della superficie coltivata appartiene a poche (10
%) aziende di grandi dimensioni (oltre 50 ettari) (fig. 1).
La pioppicoltura ha assunto nel tempo sempre più caratteristiche colturali simili a quelle delle
colture agrarie tradizionali con le quali entra in rotazione. Si utilizzano gli stessi terreni, le stesse
strutture, gli stessi mezzi di produzione e le stesse
tecniche colturali per produrre legname da lavoro di
qualità. L’industria infatti è particolarmente
interessata a produzioni che abbiano almeno il 60 %
del volume degli alberi destinabile alla sfogliatura
per la produzione di compensato. Per soddisfare
queste esigenze, la coltivazione del pioppo è mirata
a massimizzare la produzione di questo
assortimento, raggiungibile adottando turni di
coltivazione di 10-11 anni, densità di impianto
intorno alle 280 piante ad ettaro e tecniche di
potatura idonee a produrre tronchi con almeno i
primi 6 metri di fusto privi di rami e difetti, (fig. 2 e
fig. 3).
Nelle regioni settentrionali, dove è
concentrato circa l’80 % della pioppicoltura, le
piantagioni producono per ogni turno decennale
circa 200 metri cubi di legname e forniscono
annualmente circa 1,5 milioni di metri cubi di
legname da lavoro. Ad integrazione di queste
produzioni, vengono annualmente importati dai
Paesi europei, principalmente da Francia e
Fig. 2 Impianto di pioppo al 4° anno di
Ungheria, legno tondo e segati di pioppo per un
coltivazione
totale di circa 0,8 milioni di metri cubi.
5
La pioppicoltura nazionale dall’inizio degli anni ottanta sta attraversando una profonda crisi
congiunturale e strutturale, testimoniata da una progressiva contrazione delle superfici coltivate. La
scelta dell’investimento a pioppo è strettamente correlata all’andamento del prezzo del legname che è
da lungo tempo stabile. A fronte di una offerta di materia prima esercitata da molte aziende
produttrici, spesso di piccole o piccolissime dimensioni, che si pongono direttamente e singolarmente
sul mercato, si contrappone una domanda concentrata in un numero relativamente esiguo di industrie
di prima trasformazione, che assumono in tal modo un forte potere contrattuale e decisionale.
Questo, insieme ad altri problemi strutturali specifici che interessano sia l’offerta che la
domanda, rischia di compromettere definitivamente la competitività del sistema-pioppo italiano
rispetto a quello estero, che negli ultimi anni ha raggiunto caratteristiche produttive e qualitative di
pari livello. L’andamento ciclico delle variazioni di prezzo del legname e la scarsa flessibilità dei
turni di coltivazione del pioppeto non consentono al pioppicoltore di realizzare sempre un reddito
adeguato allo sforzo finanziario sostenuto. Ad aumentare gli aspetti negativi di questa situazione
contribuisce la concorrenza di altre specie legnose e di altri materiali che vengono preferiti
dall’industria di trasformazione.
Attraverso il recepimento di alcuni regolamenti Comunitari (1609/89 e 2080/92), circa un terzo
degli investimenti pioppicoli ha potuto beneficiare fin dal 1989 di contributi finanziari e in questo
modo è stato possibile attenuare una crisi ormai in atto. I nuovi programmi legati ai Piani di Sviluppo
Rurale (Reg. CE 1257/99) potranno sostenere investimenti in pioppicoltura tali da garantire per lo
meno gli attuali livelli produttivi di materiale di pregio.
Fig. 3 Piante di eccellente qualità del clone Neva al 9° anno di età
6
L’IMPIANTO DEL PIOPPETO
La corretta analisi e la valutazione delle caratteristiche stazionali sono le azioni preliminari
fondamentali che permettono di scegliere nel modo più appropriato le specie o i cloni da coltivare e
le tecniche colturali da adottare. I fattori da prendere in considerazione sono il clima, il terreno e la
vegetazione spontanea della zona. Per quanto riguarda il clima occorre conoscere almeno la
temperatura e la piovosità media annuale ed eventualmente la frequenza delle nevicate e delle gelate
precoci e tardive. Quanto al terreno è necessario considerare la profondità, la tessitura, la reazione
(pH), la presenza di calcare e di sali solubili, e la profondità della falda freatica. Infine può essere
utile una attenta analisi della vegetazione spontanea, effettuata con rilevamenti diretti o utilizzando le
carte fitosociologiche, che può indicare situazioni particolari come ad esempio il ristagno idrico
permanente (carici, cannuccia di palude, equiseto) o l’acidità del suolo (felce aquilina, calluna).
Scelta del terreno
La scelta del terreno da destinare alla coltivazione del pioppo va fatta tenendo conto dei
principali fattori che influiscono sull’accrescimento delle piante, in particolare le caratteristiche
fisiche e la disponibilità di acqua e di elementi nutritivi.
Sono da preferire i terreni profondi (almeno 50 cm, meglio 70-100 cm), permeabili e
caratterizzati da buona disponibilità idrica: il livello di falda freatica è considerato ottimale a 100-150
cm di profondità. Sono al contrario da evitare i terreni con ristagno idrico superficiale, dove l’acqua,
molto povera di ossigeno, impedirebbe lo sviluppo delle radici, soprattutto nell’anno dell’impianto. I
terreni migliori sono quelli caratterizzati da tessitura sabbio-limosa e sabbio-argillosa, non
eccessivamente sciolti o compatti, di profilo uniforme e pH da subacido a moderatamente alcalino.
Se il terreno è uniforme e ben strutturato la pioppella emetterà radici lungo tutto il profilo; in caso
contrario, l’emissione radicale avverrà solo in corrispondenza degli strati di terreno più favorevoli.
La presenza di scheletro (ghiaie con dimensioni superiori a 2 mm) e di sabbia grossa (particelle con
dimensione tra 0,2 e 2 mm) in proporzioni elevate può determinare un’eccessiva permeabilità con
una conseguente scarsa disponibilità di acqua soprattutto nel periodo estivo. Per contro, terreni
troppo pesanti caratterizzati da elevati contenuti di argilla possono determinare condizioni di asfissia,
sfavorevoli allo sviluppo delle radici.
I terreni ben strutturati e con buona disponibilità di elementi nutritivi consentono di limitare gli
stress indotti da molti parassiti primari (Marssonina brunnea, Melampsora spp.) e di prevenire i
danni causati da parassiti di debolezza (Discosporium populeum, Melanofila, Agrilo) o la comparsa
di fisiopatie (‘macchie brune’).
Sono da evitare i terreni ad alto contenuto in calcare attivo e i suoli salsi. Contenuti di calcare
attivo maggiori del 6-8 % favoriscono la manifestazione della clorosi ferrica, mentre concentrazioni
di cloruro di sodio dello 0,1 % sono già in grado di provocare fenomeni di fitotossicità, soprattutto
durante la fase di attecchimento, sulla maggior parte dei cloni ‘euroamericani’ coltivati (Populus
×canadensis).
I criteri per individuare il livello attitudinale dei suoli alla coltivazione del pioppo sono
riportati in tabella 1. La valutazione, tratta dalla Revisione del Catalogo Generale dei Suoli Agricoli
della Pianura Emiliano-Romagnola, è stata fatta ipotizzando che la coltivazione avvenga anche in
condizioni non irrigue e che il clima locale non sia un fattore limitante. Le caratteristiche fisiche
sopra considerate non sono modificabili dalle normali operazioni agricole.
7
Tab. 1 Grado d’intensità della limitazione dei suoli alla coltivazione del pioppo
8
Preparazione del terreno
Le operazioni colturali da eseguire
nella fase di preimpianto comprendono i
lavori preparatori principali (aratura e
scarificatura o discissura) e i lavori
complementari (erpicatura, fresatura ed
estirpatura). I primi hanno un'azione di
frantumazione grossolana del suolo più o
meno assestato, mentre i secondi servono per
affinare lo strato più superficiale.
La
necessità
di
favorire
l'approfondimento dell'apparato radicale del
pioppo e la disponibilità di macchine
agricole sempre più potenti hanno fatto sì
che l'aratura profonda o scasso si sia
affermata come intervento principale nella
preparazione del terreno. Questa lavorazione
(fig. 4), che può raggiungere i 70-100 cm o
più di profondità, permette il controllo della
vegetazione
spontanea,
facilita
l'immagazzinamento delle acque e favorisce
Fig. 4 Preparazione del terreno per l’impianto: aratura
l’interramento e la distribuzione nello strato
arato dei concimi fosfatici e potassici, caratterizzati da una scarsa mobilità nel suolo.
A questi vantaggi però si contrappongono alcuni effetti negativi: la formazione della suola
d’aratura, la collocazione in profondità dello strato di terreno più superficiale ricco di humus e dei
residui colturali, il trasporto in superficie di uno strato povero di elementi nutritivi, talvolta
impermeabile ed asfittico e poco adatto alla vita delle piante. Nel caso di terreni ricchi di carbonato
di calcio, con lo scasso si porta in superficie uno strato di terreno con alto contenuto di calcare attivo
che, favorendo la comparsa della clorosi ferrica sin dai primi anni dell'impianto, può compromettere
la buona riuscita dell’impianto. Queste considerazioni valgono anche per i terreni con concentrazioni
saline tossiche negli orizzonti più profondi, dove la situazione che si viene a creare può addirittura
compromettere l'attecchimento delle pioppelle. Per evitare simili inconvenienti è possibile ricorrere
alla discissura profonda oppure utilizzare aratri con l’angolatura del versoio regolabile per evitare il
ribaltamento della fetta.
La discissura o scarificatura è effettuata con organi discissori o ripuntatori che operano a varia
profondità e con passaggi in una sola direzione o incrociati. È in grado di sgretolare il terreno in zolle
di piccole o medie dimensioni senza alterare la stratificazione degli orizzonti del suolo. Sono così
favoriti gli scambi gassosi e termici tra il terreno e l'atmosfera, con effetti benefici sull'attività della
flora microbica lungo il profilo lavorato.
Anche questa lavorazione può presentare inconvenienti, quali uno scarso interramento delle
malerbe, dei residui colturali e dei fertilizzanti e una insufficiente capacità di immagazzinamento
dell’ acqua. I risultati migliori si ottengono nei terreni caratterizzati da falda sospesa e da orizzonti
induriti o compattati.
La discissura può essere convenientemente abbinata all'aratura. Utilizzando in successione il
ripuntatore ad una profondità di 70-100 cm e l'aratro a 30-40 cm si ottiene la cosiddetta lavorazione a
due strati. Con questo tipo di intervento si abbinano i benefici di un’aratura superficiale con quelli
della discissura profonda. La lavorazione a due strati, oltre ad essere conveniente da un punto di vista
economico ed energetico, non forma la suola d'aratura, favorisce l’umificazione della sostanza
organica e dei residui colturali ed evita il trasporto in superficie del materiale inerte degli strati
calcarei e/o salini.
Per creare le condizioni fisiche favorevoli alla formazione e allo sviluppo dell'apparato radicale
delle pioppelle, è necessario intervenire con lavorazioni complementari. Questi interventi,
9
indispensabili nel caso di terreni pesanti, possono essere effettuati con erpici, estirpatori o frese e
servono ad affinare lo strato più superficiale del terreno, aumentandone la sofficità.
L'erpicatura ha lo scopo di sminuzzare le zolle e spianare la superficie e può servire ad
interrare eventuali concimi distribuiti dopo l'aratura. Questa lavorazione interessa solitamente uno
strato di 10-20 cm di terreno e può essere eseguita subito o poco dopo l'aratura estiva. In quest'ultimo
caso, l’affinamento del terreno viene facilitato dall'azione degli agenti atmosferici.
L'estirpatura, solitamente effettuata subito dopo l'aratura, oltre a ridurre la zollosità del terreno,
porta in superficie le radici delle malerbe perennanti e le radici e i residui legnosi grossolani della
eventuale piantagione precedente. Nel caso di reimpianto immediato del pioppeto e soprattutto
quando nella precedente piantagione si erano manifestati casi di marciumi radicali, questa operazione
può contribuire efficacemente a ridurre il rischio di infezione.
La fresatura è un’operazione che rimescola il suolo nella parte più superficiale (20-25 cm) e
permette un ottimo interramento dei concimi. Per contro provoca una parziale polverizzazione del
terreno, che può facilmente ricompattarsi, e una moltiplicazione dei rizomi delle malerbe perennanti,
favorendo l’infestazione.
Il tipo di terreno e il suo contenuto idrico condizionano la scelta dell’epoca di intervento. In
generale, il periodo più favorevole per le lavorazioni del terreno da destinare a pioppo è l'autunno.
Solo per i suoli pesanti con elevato contenuto in argilla è indispensabile effettuare l’aratura in estate,
con i terreni in condizioni di tempera. Questo intervento, oltre ad avere un benefico effetto sulla
struttura, favorisce la mineralizzazione delle sostanze organiche.
Caratteristiche e scelta delle specie e dei cloni
I principali cloni di pioppo coltivati in
Lombardia appartengono alla specie Populus
×canadensis (fig. 5), pioppo ibrido
comunemente conosciuto come ‘pioppo
euramericano’. È originato dall’incrocio tra
Populus deltoides - il pioppo nero americano
(fig. 6) - e Populus nigra - il pioppo nero
europeo (fig. 7). Mentre il pioppo nero
europeo riveste interesse esclusivamente
ornamentale o ambientale, è abbastanza
diffusa la coltivazione di cloni di P.
deltoides. Fra le altre specie, il pioppo
bianco (Populus alba) (fig. 8) è impiegato
esclusivamente in interventi di recupero
ambientale o per la costituzione di impianti a
scopo energetico (biomassa). Sono tutte
specie tendenzialmente eliofile ed igrofile.
Sebbene in grado di adattarsi ai diversi
ambienti di coltivazione, necessitano di
precipitazioni medie annue superiori a 700
mm o di irrigazioni di soccorso nel periodo
Fig. 5 Piantagione del clone ‘Ghoy’ (Populus xcanadensis)
estivo. Solo i pioppi neri e i pioppi bianchi
al 3° anno di impianto
sono in grado di sopportare brevi periodi di
siccità. Per quanto riguarda le esigenze
termiche, le temperature medie annue devono essere comprese tra 8,5 e 17 °C.
La scelta del clone da coltivare, fatta in funzione delle caratteristiche pedo-climatiche della
stazione di impianto e degli eventuali vincoli di natura ambientale, va condotta fra i cloni iscritti al
Registro Nazionale dei Cloni Forestali (RNCF). In tale Registro, istituito nel 1970, vengono iscritti
dalla Commissione Nazionale del Pioppo i cloni che abbiano dimostrato di possedere requisiti
colturali, biologici (fra i quali sono compresi la resistenza alle malattie e agli insetti) e tecnologici tali
da consigliarne la coltivazione su vasta scala.
10
Nella tabella 2 sono riportate le caratteristiche dei cloni
attualmente coltivabili: 42 iscritti al RNCF (31 definitivamente
e 11 in forma provvisoria) e 3 iscritti ad altri Registri europei,
ma commerciabili in Italia. Molti dei cloni iscritti non sono più
coltivati per scarso interesse commerciale e/o produttivo. È il
caso dei ‘vecchi’ euramericani particolarmente suscettibili al
parassita fogliare Marssonina brunnea (‘I-262’, ‘I-154’, ‘I455’) oppure dei cloni ‘Luisa Avanzo’, ‘Cima’, ‘Bellini’,
‘Carpaccio’ e ‘Guardi’, abbandonati per la loro elevata
predisposizione alle ‘macchie brune’, oppure ancora di alcuni
dei cosiddetti ‘canadesi’, abbandonati per l’elevata
suscettibilità alla malattia
nota come ‘defogliazione
primaverile’. (fig. 9)
Tra i cloni di più
recente introduzione, merita
Fig. 6 Piantagione del clone
segnalare
‘Soligo’,
‘Lena’ (Populus deltoides) al 4°
‘Lambro’,
‘Taro’,
anno di impianto
‘Timavo’, ‘Dvina’ e ‘Lena’.
Sono cloni dotati di ottime
caratteristiche di resistenza alle principali avversità e indicati,
come i più tradizionali ‘Lux’, ‘Onda’, ‘San Martino’ e ‘Carolina
di Santena’, per turni più lunghi. L’impiego di questi cloni
rustici, caratterizzati da buona plasticità ambientale, rende
possibile lo sviluppo di modelli colturali semi-estensivi che,
riducendo al minimo gli interventi colturali e la difesa
antiparassitaria, permettono di attuare una pioppicoltura
ecologicamente disciplinata e stabile nel tempo.
Per le interessanti caratteristiche produttive, ‘Ghoy’,
‘Beauprè’, ‘Neva’, ‘Patrizia Invernizzi’, ‘Ballottino’ e ‘A4A’
offrono una scelta alternativa all’intramontabile ‘I-214’ e ai
Fig. 7 Piantagione di Populus nigra
tradizionali ‘canadesi’. Questi cloni consentono di ottenere
al 6° anno di impianto
elevate produzioni in turni brevi nei terreni più vocati alla
pioppicoltura, ma con limitati interventi colturali in particolare per quanto riguarda quelli di natura
fitosanitaria.
Fig. 9 Pioppeto di clone “canadese”
colpito da “Defoliazione primaverile”
Fig. 8 Piantagione di Populus alba al 7°
anno di impianto
11
12
Sesto e distanze d’impianto
La scelta della spaziatura dipende dalle caratteristiche della stazione (clima, terreno) e dal
clone prescelto e condiziona la durata del turno, che aumenta con l’aumentare delle distanze di
impianto.
Il numero di piante per ettaro può variare da un minimo di 200 (50 m2/pianta) ad un massimo
di 330 (30 m2/pianta); i sesti di impianto possono essere in quadro, a rettangolo, a settonce (le piante
sono poste ai vertici di un triangolo equilatero) o a quinconce (le piante sono poste ai vertici di un
triangolo isoscele).(fig. 10) Per garantire produzioni destinabili alle utilizzazioni industriali più
remunerative e contenere ovalizzazioni o curvature del fusto la densità ottimale è di 250-280 piante
per ettaro ed è conveniente mantenere una distanza tra le piante non inferiori ai 5 m; vanno in ogni
caso evitati i sesti rettangolari con forti differenze di lunghezza tra i lati.
Utilizzando cloni longevi e resistenti alle principali malattie fogliari e corticali (cloni di
Populus. deltoides in particolare) è possibile adottare le spaziature più ampie (ad esempio 7 × 7 m) e
allungare il turno di coltivazione oltre i 10 anni.
Fig. 10
Disposizione delle
piante in
quadro (a),
in rettangolo (b),
a quinconce (c)
a settonce (d)
e loro spaziatura per
ottenere una densità di
impianto pari a 280
piante per ettaro
13
Materiale d’impianto
Le pioppelle devono essere ben sviluppate, lignificate, corrette nella forma, esenti da parassiti,
lesioni e difetti che le escludano dalla qualità leale e commerciale (Direttiva 71/161/CE). Sono
considerate non di qualità leale e commerciale le piante con
a) ferite non cicatrizzate, fatta eccezione per le ferite da taglio effettuate per sopprimere i getti
in soprannumero;
b) disseccamenti totali o parziali del fusto;
c) curvatura eccessiva del fusto;
d) fusto multiplo;
e) fusto con più getti terminali;
f) incompleta lignificazione del fusto e rami (esclusi i cloni di Populus.deltoides angulata);
g) danni al colletto (salvo per le pioppelle ceduate in vivaio);
h) danni gravi causati da organismi nocivi;
i) segni di riscaldamento, fermentazione o ammuffimento derivanti dalla conservazione in
vivaio.
E’ opportuno scegliere piantine appartenenti allo stesso clone e alla stessa classe diametrica per
ridurre la competitività una volta messe a dimora (le piante che in vivaio erano dominanti
garantiscono attecchimenti e produzioni più elevati rispetto a quelle dominate). Le pioppelle devono
essere piantate senza rami (ad ‘asta nuda’), accorciando le radici o eliminandole.
Si può impiegare materiale di uno o di due anni di vivaio. Le pioppelle di un anno (alte tra i 3 e
i 5 m), hanno un costo di acquisto contenuto, sono di più facile trasporto, garantiscono un miglior
attecchimento, ma necessitano di almeno due interventi di potatura di formazione del fusto. Le
pioppelle di due anni (alte tra i 6 e gli 8 m), anche se più costose, sono in genere da preferire poiché
dotate di una porzione di fusto di 5-6 m già priva di rami ed in genere più diritta. Questa
caratteristica rende più semplici gli interventi di potatura di nei primi anni dell’impianto con un
miglioramento della qualità del prodotto finale.
Per i cloni con spiccato accrescimento del germoglio apicale (cloni di P. deltoides in
particolare)) può essere conveniente utilizzare pioppelle di un anno o polloni di un anno (provenienti
da vivai ceduati)
E’ infine necessario rifornirsi presso vivaisti legalmente riconosciuti, che operano cioè secondo
le disposizioni legislative vigenti. L’impiego di materiale vivaistico dotato di certificato di identità
clonale – rilasciato dai Nuclei di Certificazione e Controllo del Corpo Forestale dello Stato - è
condizione indispensabile e vincolante per ottenere i contributi all’impianto previsti dal Piano di
Sviluppo Rurale.
Epoca e modalità d’impianto
Il pioppeto deve essere costituito con
pioppelle in completo riposo vegetativo, da metà
novembre a tutto marzo. Sono da evitare i
periodi di gelo più intensi quando le operazioni
di apertura e una chiusura delle buche possono
venire ostacolate.
Le piantagioni possono essere costituite
per tutto il periodo sopra indicato qualora
vengano utilizzate pioppelle appartenenti a cloni
euroamericani
(Populus
×canadensis),
caratterizzati da elevate capacità di radicamento
e di attecchimento. L’impiego di pioppelle di
cloni “caroliniani” o di Populus deltoides, che
Fig. 11 Immersione in acqua delle pioppelle prima
mostrano maggiori difficoltà di radicamento e di
dell’impianto
attecchimento e che tendono a disidratarsi con
maggiore rapidità, rende invece indispensabile l’esecuzione dell’impianto in epoca più tardiva
14
(febbraio-marzo) comunque prima dello sboccio
delle gemme. Con questo tipo di cloni, per
facilitare l’attecchimento delle piante e per
ottenere una conformazione della chioma più
regolare, è preferibile utilizzare pioppelle di un
anno di vivaio, ottenute direttamente da talea o,
meglio, da ceduo.
È buona norma ridurre al minimo il
periodo che intercorre tra l’estirpo e la messa a
dimora delle piante, per evitare la
disidratazione. È comunque necessario idratare
le pioppelle, per almeno una decina di giorni
prima dell’impianto, con la loro totale o anche
solo parziale immersione in acqua (fig. 11).
Nei terreni più freschi e ben strutturati,
l’interramento delle pioppelle deve avvenire per
una profondità pari ad un quinto della loro
altezza (indicativamente almeno 70 cm per le
pioppelle di un anno e 120 cm per quelle di due
anni). Il diametro della buca di norma deve
essere intorno a 25-30 cm (fig. 12). Nei suoli a
Fig. 12 Messa a dimora di una pioppella di 1 anno
tessitura grossolana e con scarsa capacità idrica,
in una buca appena aperta di circa 30 cm di
si può ricorrere a trivelle di piccolo diametro
diametro
(fino a
10 cm), aumentando la profondità di impianto fino ad arrivare
alla falda freatica permanente (massimo 300 cm). Nei terreni
a tessitura da moderatamente fine a fine è opportuno
utilizzare trivelle di oltre 30 cm di diametro L’apertura di
queste grosse buche favorisce l’attecchimento e l’espansione
dell’apparato radicale, e deve essere effettuata nel periodo
autunnale in modo da permettere agli agenti atmosferici di
sgretolare la superficie della parete laterale compattata
dall’azione della trivella.
Infine, per garantire un buon attecchimento è
fondamentale eseguire con attenzione la chiusura delle buche
(fig. 13). La terra deve essere compressa nella buca con cura
al fine di ridurre al minimo la presenza di spazi liberi tra
l’astone e il terreno. Nel caso di terreni argillosi, questa
operazione può essere effettuata utilizzando terreno molto
sciolto o, meglio, sabbia che stimola l’emissione delle radici.
Fig. 13 Chiusura delle buche:
operazione da eseguire accuratamente
per garantire buoni attecchimenti
15
LA COLTIVAZIONE
Risarcimenti
L’esecuzione accurata di tutte le operazioni di impianto non è sempre sufficiente a garantire il
completo attecchimento delle pioppelle: è infatti prevedibile una loro certa mortalità che non deve
però essere superiore al 5 %. In tal caso, le pioppelle mancanti potranno essere sostituite alla fine del
primo anno con materiale dello stesso clone e della miglior categoria commerciale o di altro clone
caratterizzato da elevata capacità di accrescimento. I risarcimenti effettuati al secondo o al terzo anno
non offrono garanzie di successo poiché le nuove pioppelle subirebbero eccessivamente la
competizione delle altre piante ormai in pieno sviluppo. Nel caso di mortalità più elevate, prima di
effettuare i risarcimenti o di rifare la piantagione, sarà opportuno individuare le cause; se legate al
terreno, potrebbe essere più conveniente cambiare coltura.
Lavorazioni
Le
lavorazioni
superficiali,
ripetute due o tre volte durante la
stagione vegetativa su tutta la
superficie del pioppeto, rappresentano
la tecnica più diffusa (fig. 14). Esse
vengono di solito effettuate con l'erpice
a dischi eseguendo due passaggi
incrociati. Utilizzando l’erpice a dischi
munito di scavallatore è possibile
condurre un solo passaggio con il quale
si elimina la flora infestante lungo la
Fig. 14 Lavorazione del suolo con erpice a dischi
fila e alla base delle piante. Nel
periodo autunnale può essere utilizzato
anche l'aratro polivomere per effettuare una lavorazione superficiale a scolmare verso il centro
dell'interfila e favorire lo sgrondo delle acque in eccesso. Il conseguente taglio delle radici
superficiali può essere considerata un’operazione positiva in quanto stimola le piante ad approfondire
l'apparato radicale. Può essere infine utilizzata anche la fresa, fatta eccezione per i terreni pesanti nei
quali verrebbe favorito il costipamento. Nel
caso di terreni con elevati contenuti di calcare la
compattazione esalta la comparsa delle
manifestazioni di clorosi ferrica.
In genere le lavorazioni ordinarie
esplicano un'azione positiva nei primi anni del
turno in quanto permettono un efficace controllo
delle infestanti. Le malerbe esercitano infatti
una
elevata
competizione
per
l’approvvigionamento idrico e nutrizionale
soprattutto nei primi anni d’impianto, quando le
chiome degli alberi, ancora poco sviluppate e
non in grado di ombreggiare il terreno,
Fig. 15 Confronto tra parcelle inerbite e lavorate
favoriscono l’insediamento di una flora erbacea
di
tipo
eliofilo
molto
invadente.
Successivamente, dal quarto o quinto anno, l'ombreggiamento progressivamente aumenta e il
sottobosco si evolve verso specie sciafile meno competitive.
Nel corso di prove sperimetali condotte dall'ISP, le usuali lavorazioni del suolo sono state
sospese o sostituite dalla sfalciatura delle infestanti a partire, gradualmente, dal secondo anno
dall'impianto (fig. 15). La differenza di accrescimento tra le parcelle inerbite (dal 4° anno) e quelle
sempre lavorate è risultata sostanzialmente nulla o statisticamente non significativa. L'adozione
16
dell'inerbimento, dello sfalcio o della
triturazione delle erbe (fig. 16) in alternativa
alla discatura a partire dal quarto o quinto
anno è una pratica particolarmente
vantaggiosa nelle golene aperte o nei
fondivalle e nei bassi versanti collinari
poiché protegge il terreno dall'erosione. Nel
caso di precipitazioni brevi ed intense,
tipiche dei temporali estivi, si ha un minor
scorrimento superficiale delle acque.
L’inerbimento permette inoltre di effettuare
tempestivamente, anche con terreno umido,
gli eventuali interventi fitosanitari (ad es.
Fig. 16 Triturazione delle erbe in piantagione in
contro la Bronzatura del pioppo o contro
alternativa alle tradizionali lavorazioni superficiali
l’Afide lanigero) o la potatura. Infine, le erbe
che si sviluppano nel terreno esercitano una
notevole competizione con il pioppo solo per l'azoto mentre permettono la traslocazione del fosforo e
del potassio verso gli strati più profondi, a livelli difficilmente raggiungibili con le comuni tecniche
di concimazione.
Consociazioni
La consociazione può essere attuata con colture erbacee o
arboree. Nel primo caso il pioppo è la coltura principale, nel
secondo una specie ad utilizzo temporaneo che consente di
ricavare un reddito in tempi brevi (10-12 anni) ed è utile come
starter alla coltura legnosa di maggior pregio. È una pratica
consigliabile solo nei terreni più fertili, dove si mantengono
accettabili gli effetti negativi della competizione per
l’approvvigionamento idrico-nutrizionale.
Nel caso di consociazione con colture erbacee i sesti
adottati sono in genere a rettangolo da 7 × 5 a 9 × 4 m, in modo
da consentire di protrarre la consociazione fino al 3° anno. Fig. 17 Consociazione di pioppo con
colture erbacee: mais
Come colture consociate si trovano frequentemente il mais (fig.
17), la soia, colture orticole e piante foraggere. Nel passato,
soprattutto in Piemonte, era in uso l’impianto del pioppeto
su colture di orzo e frumento (fig. 18); questo poteva essere
un vantaggio su suoli pesanti, dove la coltura erbacea,
consumando acqua nei mesi primaverili, rendeva
l’ambiente meno asfittico per lo sviluppo delle radici del
pioppo; su suoli sciolti o in annate con scarse precipitazioni
autunno invernali può invece ostacolare lo sviluppo delle
pioppelle.
La consociazione con piante arboree è per ora ancora
oggetto di ricerca. Sono attualmente in corso prove di
Fig. 18 Consociazione di pioppo con
consociazione con noce, ciliegio, robinia ed altre specie
colture erbacee: frumento
minori.
Irrigazioni
L’irrigazione, pratica molto costosa, è applicabile nel quadro di modelli colturali intensivi.
Negli ambienti padani, pur non essendo in assoluto indispensabile, è in grado di elevare la quantità e
la qualità della produzione legnosa. Per evitare che diventi antieconomica va attentamente gestita con
interventi ben dosati ed effettuati al momento opportuno.
17
Il consumo idrico può essere stimato in
riferimento alla quantità di acqua traspirata per
elaborare l’unità di sostanza secca. Nel caso del
clone di Populus ×canadensis ‘I-214’ è stato
determinato sperimentalmente che sono necessari
350 litri di acqua per produrre 1 kg di sostanza
secca. Questo valore, che può essere considerato di
riferimento, moltiplicato per la presumibile resa
annua della coltura (per il pioppo la resa può essere
identificata con l’incremento annuo) determina il
fabbisogno idrico. In tabella 3 viene riportato un
Fig. 19 Irrigazione di soccorso effettuata a
esempio relativo ad un pioppeto di produttività
scorrimento durante la primavera del primo
media con incremento medio di 20 m3/ha/anno.
anno d' impianto
Nel caso di modelli colturali semiestensivi
(turni superiori ai 10 anni) in suoli con falda non raggiungibile da parte delle radici o nelle situazioni
di prolungata siccità estiva è necessario intervenire con irrigazioni di soccorso, al fine di evitare
rallentamenti o arresti di crescita nel periodo di più intensa attività vegetativa (fig. 19).
Per stabilire il momento di intervento si possono seguire diversi criteri; molto spesso si
conducono osservazioni sommarie, senza l’ausilio di strumenti, a livello di pianta, terreno e
andamento climatico stagionale.
I metodi d’irrigazione più diffusi sono essenzialmente due: a scorrimento e per aspersione
sottochioma. La scelta del metodo dipende dalla sistemazione del terreno, dalla disponibilità di acqua
irrigua e dalle attrezzature in dotazione all’azienda. Il primo metodo richiede grosse portate (circa
800 – 1000 m3/ha) e trova una limitazione nei terreni troppo sciolti o non pianeggianti. Il metodo per
aspersione richiede portate inferiori (300-400 m3/ha) e può essere utilizzato anche in terreni non
pianeggianti.
Tab. 3 Indicazioni sui fabbisogni idrici per un pioppeto di media produttività
18
Concimazioni
Fra gli interventi colturali, la concimazione, intesa come apporto di elementi nutritivi, può
aumentare la produttività delle piantagioni, soprattutto in terreni con carenze. È un intervento
impegnativo tecnicamente ed economicamente e non sempre necessario.
In un turno di 10-12 anni, con una produzione di
sostanza secca di 90 t per ettaro di tronchi e rami,
supponendo che tutte le foglie e le radici rimangano nel
terreno, una piantagione di pioppo asporta 163 kg/ha di
azoto (N), 75 kg/ha di fosforo (P2O5), 239 kg/ha di
potassio (K2O) e 580 kg/ha di calcio (CaO). Per
mantenere la fertilità del suolo e per assicurare buone
produzioni non è però sufficiente restituire solo ciò che
si presume venga asportato. Il terreno non è infatti un
substrato inerte ma sede di una complessa attività
biotica e chimica, e occorre tener conto anche delle
perdite dovute ad immobilizzazioni, trasformazioni e
dilavamento, fenomeni variabili a seconda della
stagione, del tipo di suolo e di fertilizzante usato.
Fig. 20 Pioppeto in area golenale inondata
Nelle aree golenali, soggette a periodiche
inondazioni (fig. 20) e caratterizzate frequentemente da
suoli sciolti, profondi, freschi, è possibile realizzare buone produzioni legnose anche senza l’apporto
di fertilizzanti chimici L’intervento fertilizzante è invece necessario, per aumentare la produttività
del pioppeto nei terreni caratterizzati da bassa capacità di scambio e con carenze di elementi nutritivi.
Gli effetti della concimazione, compresa quella azotata, possono annullarsi in caso di scarsa
disponibilità idrica. Molto indicata risulta in ogni caso la concimazione organica fatta con letame o
sovescio di leguminose.
A titolo indicativo per una concimazione di mantenimento, sufficiente a non intaccare le
riserve nutritive del suolo, si potrebbero somministrare 300 kg/ha di N, 120 kg/ha di P205 e 250
kg/ha di K2O. È consigliabile interrare il fosforo e il
potassio con le lavorazioni di preparazione
all’impianto; l’azoto va invece somministrato in
superficie, frazionando la dose in più applicazioni
annuali, dalla germogliazione fino a giugno.
Quest’ultimo elemento deve essere localizzato nel
raggio di 1-2 m dal colletto della pianta nel primo e
secondo anno (fig. 21), e deve essere distribuito su tutta
la superficie negli anni successivi.
Per evitare inquinamenti della falda, l’azoto deve
essere distribuito in quantità non superiori a 90 kg/ha
per i primi due anni e a 120 kg/ha negli anni successivi;
ogni singola somministrazione non deve superare i 60
Fig. 21 Concimazione localizzata al primo
kg/ha.
anno d’impianto
Nel caso di carenze minerali, accertate in base ad
analisi pedologiche, è necessario intervenire con
fertilizzazioni mirate, limitate al momento dell’impianto e nei primi 3-4 anni del turno.
19
Potatura
La potatura è un'operazione colturale indispensabile per
migliorare la qualità e le proprietà tecnologiche del legname. Con
questa operazione si diminuisce il numero di nodi presenti nel legno, si
aumenta la lunghezza utilizzabile e la cilindricità dei fusti e,
conseguentemente, il valore del prodotto.
Nel pioppo la potatura consiste principalmente nella
soppressione graduale di tutti i rami che si sono sviluppati nella parte
basale dei fusti. Scopo della potatura è ottenere la massima qualità
senza incidere eccessivamente sulla quantità. Infatti, asportando una
parte della chioma, si diminuisce la superficie fogliare, sede dei
processi di fotosintesi, e si rallenta di conseguenza il ritmo di
Fig. 22 Taglio di un ramo
accrescimento.
eseguito con forbici
Si tratta pertanto di un operazione colturale estremamente
idrauliche rasente al fusto
delicata che incide in modo determinante sulla destinazione industriale
del prodotto finale. Tronchi derivati da piantagioni potate correttamente possono fornire assortimenti
di prima qualità (tab. 4) per la quale è tollerata una minima presenza di nodi sani (nodo sano: nodo
che non presenta degradazioni, cioè tracce di alterazioni o marciumi) e di piccole dimensioni (meno
di 1 nodo con diametro inferiore a 35 mm per metro lineare di tronco). L’aumento del numero e/o
della dimensione dei nodi determina un declassamento dell’assortimento che viene destinato ad
utilizzazioni via via meno pregiate: dal compensato di seconda o di terza qualità, ai segati, agli
imballaggi e alla carta. Assortimenti con un maggior numero di difetti possono essere destinati
esclusivamente alla triturazione, all’industria dei pannelli o utilizzati per fini energetici.
Tab. 4 Caratteristiche dimensionali e difetti ammissibili per i principali assortimenti ritraibili dai tronchi di
pioppo
20
Al fine di ottenere, come è normalmente auspicabile, almeno 2
toppi da destinare alla sfogliatura (possibilmente di prima e/o di
seconda classe) è sufficiente potare fino a 5 m di altezza da terra.
Tuttavia, considerando eventuali porzioni di scarto alla base del fusto o
intermedie tra i due toppi, sarà opportuno arrivare fino ad un’altezza di
6-7 m. Normalmente un pioppeto viene abbattuto quando le piante
hanno raggiunto diametri compresi tra 28 e 38 cm a petto d’uomo; con
queste dimensioni il volume cormometrico costituito dai due toppi
basali - fino a 5-7 m da terra – rappresenta rispettivamente il 43 % e il
57 % del volume cormometrico totale della pianta (= volume del fusto
calcolato fino all’altezza in cui la pianta non fornisce più legname da
lavoro, comunemente fino a 7 cm di diametro in punta) (tab. 5).
Aumentando l’altezza della potatura oltre il limite dei 7 metri, si
determinerebbe un aumento dei costi di intervento non proporzionale
Fig. 25 Tagli di formazione
all’incremento quali-quantitativo della produzione.
del fusto eseguiti da terra
Gli interventi di potatura si
con svettatoio manuale
distinguono in due tipi: di formazione e
di pulizia del fusto. Con i primi si
eliminano le doppie punte e i rami che, avendo un portamento
assurgente e tendenza ad ingrossare, potrebbero divenire antagonisti
del cimale. Sono finalizzati a dare una forma corretta al fusto delle
piante e devono essere eseguiti tempestivamente nei primi due - tre
anni dall'impianto. Con i tagli di pulizia del fusto si eliminano
gradualmente tutti i rami fino all’altezza opportuna ( 5-7 metri). Vanno
effettuati gradualmente ma tempestivamente, quando i rami sono
ancora piccoli, possibilmente al di sotto dei 6 cm di diametro, e fino ad
un’altezza corrispondente ad un diametro del fusto di 12-13 cm. I rami
devono essere eliminati con taglio sempre rasente al fusto (fig. 22)
evitando di lasciare speroni.
A metà degli anni ottanta è stato messo a punto dall’ISP un
Fig. 26 Tagli di formazione e
metodo di potatura applicabile a tutti i cloni coltivati. Esso prevede
di pulizia del fusto eseguiti
interventi graduali nei primi cinque anni del turno. Gli interventi sono
con l’impiego di cestelli
specifici per piante cresciute da pioppelle di 1 o di 2 anni di vivaio. Le
elevatori
modalità di potatura sono sinteticamente descritte nei prospetti
sottostanti e graficamente nelle figure 23 e 24.
Il periodo dell'anno più indicato per le operazioni di potatura coincide normalmente con quello
del riposo vegetativo della pianta, escludendo i periodi più freddi con rischio di gelate.
Le operazioni previste al primo anno possono essere facilmente eseguite da terra utilizzando
forbici pneumatiche od idrauliche e svettatoi (fig. 25). Quelle previste per gli anni dal secondo al
quinto dovranno invece essere effettuate utilizzando piattaforme o cestelli elevatori (fig. 26).
Tab. 5 Volume del tronco fino a 5-9 m da terra espresso in percentuale del volume cormometrico fino a 7 cm
di diametro in punta
21
Pioppeti costituiti con pioppelle di un anno
Anno 1 - Nel periodo di riposo vanno eliminate le doppie cime, i rami turionali più vigorosi nonchè tutti i rami fino ad un'altezza di circa 1,5 m da terra
(questi ultimi si possono eliminare anche nel corso della stagione vegetativa).
Anno 2 - Nel periodo di riposo vanno eliminati i rami turionali più vigorosi del secondo verticillo e vanno ulteriormente sfoltiti quelli del primo
eliminando i più grossi; vanno inoltre eliminati tutti i rami fino ad un'altezza di circa 2 m da terra.
Anno 3 - Nel periodo di riposo vanno sfoltiti i rami turionali del secondo verticillo eliminando i più grossi nonchè tutti i rami al di sotto del primo
verticillo fino ad un'altezza di circa 3 m da terra.
Anno 4 - Nel periodo di riposo vanno sfoltiti ancora i rami del secondo verticillo eliminando i più grossi e i più assurgenti.
Anno 5 - Nel periodo di riposo vanno eliminati tutti i rami rimasti del secondo verticillo e quelli presenti fini ad un'altezza di circa 6-7 metri.
22
Pioppeti costituiti con pioppelle di due anni
Anno 1 - Nel periodo di riposo vanno eliminate le doppie cime, i rami turionali più vigorosi nonchè tutti i rami fino ad un'altezza di circa 2 m da terra
(questi ultimi si possono eliminare anche nel corso della stagione vegetativa).
Anno 2 - Nel periodo di riposo vanno ulteriormente sfoltitit i rami del primo verticillo eliminando i più grossi nonchè tutti i rami fino ad un'altezza di
circa 2,5 m da terra. Se il secondo verticillo si è formato al di sopra dei 7 m non è necessario intervenire altrimenti occorrerà un'ulteriore correzione della
punta.
Anno 3 - Nel periodo di riposo vanno eliminati tutti i rami fino ad un'altezza di circa 3 m da terra ed eventuali secchioni.
Anno 4 - Nel periodo di riposo vanno eliminati tutti i rami fino ad un'altezza di circa 4 m o comunque fino a dove il fusto raggiunge i 12-13 cm di
diametro.
Anno 5 - Nel periodo di riposo vanno eliminati tutti i rami rimasti fini ad un'altezza di 5-7 m da terra.
23
Difesa fitosanitaria
Gli insetti e le malattie del pioppo sono annualmente responsabili in Italia di perdite valutabili
intorno al 30 % del valore della produzione legnosa potenziale, per un danno che supera i 10 milioni
di Euro. La perdita economica sarebbe molto più elevata senza una adeguata difesa fitosanitaria, i cui
costi di tipo economico ed ambientale devono essere ridotti al minimo nell’ottica di una
soddisfacente redditività della coltura e di una sempre maggior sicurezza per l’uomo e la fauna
selvatica. Quest’ultima esigenza è oggi considerata sempre più pressante, anche in considerazione
del fatto che la pioppicoltura si sviluppa per larga parte in aree golenali, indicate come zone
‘sensibili’ di alto pregio ambientale dai più recenti indirizzi di gestione territoriale.
In questo capitolo vengono esposte le tecniche più razionali ed efficaci per il contenimento dei
parassiti più pericolosi della pioppicoltura italiana. Si rammenta che in base alla legislazione
fitosanitaria vigente è consentito impiegare su una determinata coltura soltanto i prodotti
commerciali specificamente autorizzati (pertanto nel caso in esame è necessario verificare la
presenza in etichetta della dicitura ‘pioppo’) e che l’impiego del prodotto è consentito soltanto contro
le avversità citate sulla stessa etichetta. Nelle indicazioni sui trattamenti, tutte le dosi d’impiego dei
prodotti sono state riferite al principio attivo, ragion per cui è necessario un semplice calcolo per
giungere, in base alla concentrazione di principio attivo nel prodotto commerciale prescelto, a
definire la quantità di quest’ultimo da impiegare (tab. 6).
Tab. 6
Principi attivi presenti in almeno
un formulato commerciale
ammesso all’uso nella categoria
“pioppo”
Un aspetto molto importante è quello legato all’impiego delle attrezzature per la distribuzione
dei fitofarmaci. Per quanto riguarda l’irrorazione dei fusti per il contenimento di punteruolo, saperda
e afide è consigliabile l’utilizzo di macchine irroratrici a getto proiettato, con barre verticali o lance,
che consentono una elevata bagnatura del bersaglio. Al contrario, per l’irrorazione delle chiome è
necessario utilizzare macchine a getto portato (atomizzatori) che nebulizzino la miscela
antiparassitaria in modo da coprire il più uniformemente possibile la superficie fogliare. È bene
infine rammentare che nell’impiego di questi strumenti è necessario adottare tutte le precauzioni
possibili per ridurre i danni all’operatore e all’ambiente: rispettare i dosaggi dei principi attivi e le
24
indicazioni relative ai volumi d’acqua, eseguire le irrorazioni in assenza di vento e nei momenti
meno caldi della giornata, scegliere i prodotti commerciali a tossicità più bassa, eseguire
periodicamente interventi di manutenzione, in particolare sulle pompe, sugli ugelli e sull’intero
impianto idraulico, per evitare perdite o malfunzionamento, utilizzare indumenti di protezione
personale idonei.
Prima di passare ad illustrare le più razionali strategie di difesa chimica del pioppeto (fig. 27),
saranno brevemente ricordate quelle avversità per le quali non esistono efficaci metodi chimici di
protezione, ma la cui pericolosità può essere ridimensionata attraverso razionali pratiche colturali
riguardanti ad esempio la scelta della stazione d’impianto, il tipo di materiale vivaistico utilizzato, la
scelta del clone. In ogni caso, il rispetto di questi presupposti è decisivo non soltanto sotto l’aspetto
fitosanitario, ma anche per determinare il successo in generale della coltura.
Fig. 27 Calendario dei trattamenti per una corretta gestione fitosanitaria delle piantagioni di pioppo
25
Avversita’ da sconfiggere mediante accorgimenti colturali
La defogliazione primaverile, malattia fogliare
sostenuta da Venturia populina (Vuill.) Fabr., ha rivestito
un ruolo di primaria importanza nella pioppicoltura degli
anni ’30 - ‘50 e provoca ancor oggi seri danni nelle aree più
intensamente coltivate con cloni ‘canadesi’. L’unica
possibilità di lotta è rappresentata dalla coltivazione di cloni
resistenti ai suoi attacchi.
Sempre tra le malattie il virus del mosaico del pioppo
(PMV) rappresenta una seria minaccia per i cloni sensibili
ed il suo contenimento è attualmente possibile solo
attraverso un’attenta selezione in fase vivaistica, che
permette di eliminare precocemente gli individui
sintomatici, oppure attraverso l’impiego di cloni resistenti.
I marciumi radicali (fig. 28), sostenuti in modo
particolare da Rosellinia necatrix Prill., possono
Fig. 28 Pianta di pioppo colpita da
determinare deperimento e morte dei soggetti colpiti. Gli
marciume radicale con affioramento
attacchi, fortunatamente non frequenti, si manifestano in
del micelio del fungo parassita
particolare nei terreni sciolti e sono favoriti dall’alternanza
nel suolo di periodi siccitosi e periodi umidi. La difesa più efficace è fondata sulla riduzione
dell’inoculo. In caso di piantagioni in atto è consigliabile l’asportazione delle piante morte e
l’eliminazione delle ceppaie e dei residui legnosi. Nel caso di nuovi impianti, è determinante
prevedere un periodo di riposo destinando il terreno a colture agricole intercalari.
I funghi agenti di necrosi corticali (fig. 29), tra i quali spicca per pericolosità Discosporium
populeum (Sacc.) Sutton, sono controllati mediante l’impiego di materiale vivaistico sano e vigoroso,
la scelta di stazioni d’impianto favorevoli e
l’adozione di appropriate tecniche colturali. Gli stessi
accorgimenti sono utili a contenere anche la malattia
detta delle ‘macchie brune’, alterazione di origine
fisiologica che colpisce le piante debilitate o
sofferenti e provoca anch’essa necrosi della corteccia.
Lo stesso discorso è valido per il controllo di alcuni
insetti parassiti come i buprestidi, sovente dannosi
nell’anno del trapianto sulle piante sofferenti con
specie come Agrilus suvorovi populneus Schaefer e
Melanophila picta Pall.
Restando tra gli insetti, anche il perdilegno
rosso (Cossus cossus P.) (fig. 30) è frenato da una
razionale tecnica di coltivazione, compresa una
adeguata strategia di difesa contro la Saperda
maggiore, le cui gallerie sono eccellenti vie di
penetrazione nel tronco per le larve del perdilegno.
Fig. 29 Pioppella colpita da necrosi corticali
Per quanto concerne il tarlo-vespa del pioppo
causate da Discosporium populeum
(fig. 31), dannoso soprattutto in vivaio ma talvolta
anche in piantagione, la protezione chimica dei pioppeti si rivela difficilmente realizzabile per motivi
tecnici ed economici, e si consiglia pertanto di favorire un rapido recupero del complesso dei suoi
limitatori naturali evitando qualsiasi trattamento sulle chiome con prodotti insetticidi non selettivi.
26
Fig. 31 Adulto di Tarlo-vespa
del pioppo
Fig. 30 Larva di Perdilegno rosso
Punteruolo del pioppo (Cryptorhynchus lapathi L.)
E’ largamente diffuso in tutta l’area di coltivazione del pioppo ed è in grado di causare la
rottura del fusto delle giovani pioppelle attaccate (fig. 32). Il contenimento del parassita, che ha
limitate capacità di spostamento attivo, inizia con la messa a
dimora di materiale vivaistico sano, ottenuto in vivai
adeguatamente controllati e disinfestati al momento
dell’estirpo.
La lotta chimica nelle piantagioni infestate è
fondamentale fino al terzo anno di età (se esistono adeguate
garanzie di sanità del materiale vivaistico è possibile omettere
l’intervento nell’anno del trapianto), mentre normalmente non
è più giustificata dal quarto anno in avanti quando l’insetto,
spostandosi sui rami della chioma, non è più in condizioni di
causare un danno economico alla coltura. Un unico
trattamento insetticida, se correttamente eseguito, è in grado
di eliminare le giovani larve annidate nella corteccia,
prevenendo così il danno: il momento ottimale per la sua
esecuzione cade alla ripresa vegetativa del pioppeto, quando
le gemme iniziano ad aprirsi, evento che si verifica
normalmente tra la seconda metà di marzo e l’inizio di aprile.
Inoltre è necessario che i fusti delle pioppelle siano irrorati
fino a sgocciolamento, in modo da permettere la penetrazione
della miscela insetticida nelle gallerie larvali. Forniscono
Fig. 32 Giovane pioppella attaccata
ottimi risultati i principi attivi piretroidi come deltamethrin
dal Punteruolo
(2,5 g/hl), alfamethrin e cyfluthrin (5 g/hl), cypermethrin (10
g/hl), oppure i fosforganici come fenitrothion, phenthoate (200 g/hl), chlorpyrifos e chlorpyrifosmethyl (150 g/hl). Utilizzando i piretroidi è possibile ottenere risultati soddisfacenti anche con
trattamenti eseguiti prima della germogliazione, migliorando così la selettività verso l’entomofauna
utile.
27
Saperda maggiore del pioppo (Saperda carcharias L.)
E’ un insetto estremamente pericoloso per il grave scadimento qualitativo del prodotto legnoso
indotto dalle gallerie scavate dalle larve (fig. 33). Sono particolarmente a rischio i pioppeti costituiti
in stazioni poco favorevoli, dove il ridotto vigore vegetativo non consente alle piante una adeguata
reazione, responsabile di mortalità del parassita anche superiori al 90-95 %.
Le piantagioni devono essere difese dalla Saperda
durante tutto il ciclo di coltivazione con la sola esclusione
del primo anno, allorché le eventuali uova deposte in vivaio
al piede delle pioppelle periscono con l’interramento della
parte basale del fusto al momento del trapianto.
Nelle giovani piantagioni, in caso di infestazione
elevata è talvolta vantaggioso ricorrere ad una irrorazione
della porzione basale del tronco (dove sono concentrate le
ovideposizioni) al momento dello sgusciamento delle larve,
che nella Pianura Padana avviene nel periodo di fine
maggio-inizio giugno. Come per il Punteruolo, una idonea
bagnatura fino a sgocciolamento del tronco è condizione
necessaria per il raggiungimento di un’efficacia
soddisfacente. Sono utilizzabili gli stessi principi attivi
indicati nella lotta contro il Punteruolo ma a concentrazione
d’impiego raddoppiata.
Nelle piantagioni non più giovani o quando il livello
d’infestazione sia basso è invece consigliabile il trattamento
Fig. 33 Tronco di pioppo danneggiato
localizzato galleria per galleria, da eseguire preferibilmente
dalla Saperda maggiore
tra la metà di giugno e quella di luglio, quando le gallerie
larvali sono ben manifeste per la fuoriuscita di linfa e rosura ma non è stato ancora provocato danno
al cilindro legnoso. L’intervento può essere realizzato con un apposito formulato ‘spray’ a base di
propoxur+cyfluthrin, oppure con spennellature o iniezioni di insetticidi nelle gallerie. Il trattamento
localizzato, non comportando dispersione di fitofarmaci nell’ambiente, è estremamente selettivo nei
confronti dell’entomofauna utile ed è pertanto raccomandabile nelle aree sensibili ed ogni qual volta
ne sia possibile la realizzazione in alternativa all’intervento per irrorazione.
Platipo (Platypus mutatus Chapuis)
Insetto polifago recentemente introdotto dal Sudamerica nel
Casertano, da dove è possibile che si espanda in tutta Italia. Il danno
è legato alla grave penalizzazione della qualità del legno indotta dalle
gallerie scavate dagli adulti (e anche in parte dalle larve verso la fine
del loro sviluppo) (fig. 34), che possono anche essere causa della
rottura del tronco in occasione di temporali o venti forti. Un ulteriore
danno consiste nell’imbrunimento del legno causato, sopra e sotto la
zona di sviluppo delle gallerie, dai funghi simbionti dell’insetto. La
scalarità degli sfarfallamenti e la scarsa vulnerabilità degli adulti,
principali agenti del danno, rendono problematica la messa a punto di
efficaci strategie di lotta chimica contro il parassita.
Fig. 34 Sezione di tronco di
pioppo con gallerie di Platypus
mutatus
28
Afide lanigero del pioppo (Phloeomyzus passerinii Signoret)
L’Afide lanigero può provocare danni estremamente
gravi (morte delle piante, rottura del fusto) ma soltanto sui
cloni sensibili ed in annate climaticamente favorevoli (fig. 35).
Purtroppo una importante percentuale di pioppi coltivati
appartiene a cloni suscettibili, che è pertanto necessario
proteggere chimicamente in occasione degli attacchi del
parassita.
Sono a rischio le piantagioni che hanno superato il 4°-5°
anno di età, poiché al loro interno si creano le condizioni
microclimatiche che favoriscono lo sviluppo delle colonie
dell’afide (elevata umidità, scarsa ventilazione e limitato
irraggiamento). Un’attenta sorveglianza di questi impianti
durante il periodo di rischio (fine maggio-agosto) è il
presupposto per un tempestivo ricorso alla lotta in caso di
necessità: l’infestazione può essere infatti agevolmente
Fig. 35 Pesante infestazione di Afide
debellata sul nascere irrorando con cura le porzioni di tronco
lanigero del pioppo
colpite con un olio minerale bianco (500 g/hl), mentre diventa
più difficilmente controllabile a colonie abbondantemente
sviluppate; in questo caso è consigliabile un aumento della concentrazione d’impiego dell’olio
bianco fino a 1 Kg/hl, con aggiunta nei casi più gravi di un insetticida come fenitrothion o
phenthoate (60-100 g/hl). Nelle aree più frequentemente soggette alle infestazioni del parassita è
raccomandabile la coltivazione di cloni resistenti.
Ifantria americana (Hyphantria cunea Drury)
L’unico insetto defogliatore in grado di provocare sul
pioppo defogliazioni intense e ripetute negli anni è l’Ifantria
americana, una candida farfallina giunta circa 20 anni fa
dall’America, le cui giovani larve inglobano le foglie in una
tela sericea (fig. 36). Tra i pioppi soltanto i cloni ibridi
euroamericani possono essere attaccati severamente e
soltanto la seconda generazione del parassita, quella estiva,
può provocare danni di importanza economica alla
pioppicoltura; sono pertanto sconsigliati gli interventi
chimici contro le larve della prima generazione e sui cloni
di Populus deltoides.
In caso di attacco, agli insetticidi tradizionali
dovranno essere preferiti i preparati microbiologici a base
di Bacillus thuringiensis kurstaki (100-150 g/hl) (Bt)
oppure i regolatori di crescita degli insetti (IGR), come ad
esempio hexaflumuron (3-6 g/hl), che sono in grado di
Fig. 36 Nido contenente le larve
controllare il parassita interferendo in misura limitata con i
dell’Ifantria americana
suoi numerosi nemici naturali. Il trattamento con IGR dovrà
cadere con leggero anticipo (prima metà di agosto) rispetto
a quello eseguito con Bt o con insetticidi tradizionali (indicativamente metà agosto).
Sono disponibili sul mercato trappole innescate con il feromone sessuale dell’Ifantria, che
forniscono indicazioni sull’andamento del volo dei maschi e possono essere di aiuto nel determinare
la corretta epoca d’intervento.
Un’ultima considerazione riguarda il livello di tolleranza della coltura alle defogliazioni
causate dagli insetti: esso è in genere molto elevato e consente di superare senza danno anche la
perdita del 50 % del fogliame.
29
Bronzatura (Marssonina brunnea (Ell. et Ev.) P. Magn.)
La bronzatura (fig. 37) è una malattia fungina in grado di provocare, nelle annate
particolarmente favorevoli e sui cloni più suscettibili, intense defogliazioni più o meno precoci, che
possono protrarsi per tutta la stagione vegetativa. La perdita dell’apparato fogliare determina un
rallentamento dell’accrescimento dell’anno e, nel caso in cui accada a fine estate, un’entrata in riposo
non fisiologica delle piante. Ciò può provocare una
incompleta lignificazione delle parti apicali dei germogli
dell’anno con conseguenti rischi di danni da gelo e
perdita delle capacità rigenerative delle gemme nella
primavera successiva.
Al fine di limitare i danni, sui cloni suscettibili è di
fondamentale importanza effettuare un primo trattamento
a carattere preventivo, indipendentemente dall’andamento
stagionale, quando buona parte delle foglie sono
completamente distese, in genere nella seconda o terza
decade di aprile; a questo scopo devono essere utilizzati
prodotti caratterizzati da elevata persistenza quali i
ditiocarbammati (mancozeb: 320 g/hl; maneb: 200 g/hl;
metiram: 350 g/hl; zineb: 200 g/hl). I volumi d’acqua
devono essere proporzionati alla dimensione delle piante
(indicativamente 500-600 litri di acqua ad ettaro nelle
piantagioni di due-quattro anni, da aumentare
progressivamente fino a raggiungere 1000-1200 litri negli
impianti adulti). Nei pioppeti al primo anno d’impianto, a
Fig. 37 Foglia di pioppo colpita dalla
causa della ritardata fogliazione, è consigliabile rinviare il
Bronzatura
primo trattamento di almeno un mese. Il primo intervento
riesce in genere a proteggere la vegetazione per almeno
un mese, e con condizioni climatiche non particolarmente favorevoli allo sviluppo del fungo gli
attacchi possono risultare contenuti per buona parte della stagione vegetativa (fine giugno). Al
contrario, in presenza di condizioni climatiche più favorevoli (temperature medie comprese tra 9° e
25°C e soprattutto elevata umidità relativa dell’aria), può essere opportuno eseguire un secondo
trattamento nella seconda decade di maggio (dopo circa un mese dal primo intervento). L’efficacia di
questo intervento può essere migliorata impiegando i ditiocarbammati a dosi dimezzate in miscela
con dodina (80 g/hl) o esaconazole (3,5 g/hl). Sui cloni più suscettibili e nelle zone più favorevoli
allo sviluppo del parassita (aree più orientali dell’Italia settentrionale) può essere necessario un terzo
intervento ad un mese di distanza dal secondo, seguendo i criteri indicati per quest’ultimo.
L’aggiunta di sostanze adesivanti/bagnanti consente una migliore distribuzione sulle foglie
della sospensione, riduce i fenomeni di evaporazione e aumenta di conseguenza l’efficacia fungicida.
Al contrario, addizionare indiscriminatamente insetticidi a largo spettro d’azione (piretroidi in
particolare) è pratica da evitare quando non esistano reali presupposti di dannosità da parte di insetti
defogliatori.
Ruggini (Melampsora larici-populina Kleb.e Melampsora allii-populina Kleb.)
Con la comparsa in Italia della razza E3 di Melampsora larici-populina, molto aggressiva e in
grado di provocare gravi defogliazioni precocemente nella stagione vegetativa (fine giugno), le
ruggini (fig. 38) sono diventate parassiti importanti per le gravi conseguenze che i loro attacchi
possono determinare. È stato infatti dimostrato che oltre a ridurre gli incrementi annuali, le piante
precocemente defogliate in estate risultano assai indebolite e facilmente aggredite da parassiti di
debolezza, in particolare dal fungo Discosporium populeum. Diventa pertanto fondamentale,
soprattutto quando si coltivino cloni particolarmente suscettibili, condurre una attenta strategia di
lotta chimica. Il numero di trattamenti da eseguire è dettato dalla precocità delle infezioni che, a sua
volta, determina l’intensità degli attacchi. Al fine di una buona riuscita dei trattamenti è di
30
fondamentale importanza la tempestività di esecuzione del primo
intervento, che deve essere realizzato alla comparsa dei primi
uredosori sulla pagina inferiore delle foglie (nelle annate
particolarmente favorevoli al parassita, con estati calde e molto
umide, ciò può avvenire già a fine giugno). Gli eventuali
trattamenti successivi, che si rendono necessari se sulle foglie
nuove si verificano ulteriori attacchi, devono seguire il primo a
distanza di 10-15 giorni, fino e non oltre alla metà del mese di
settembre. Tra i prodotti il cui impiego è consentito sul pioppo, il
solo esaconazole (3 ml/hl) è in grado di contenere efficacemente
le infezioni. Per i volumi d’acqua da distribuire, valgono le
indicazioni fornite per la bronzatura.
Fig. 38 Attacco di ruggine in vivaio
di pioppo
Ripristino del terreno
Fig. 39 Trituratore forstale utilizzato per
l’eliminazione dei residui
dell’abbattimento
Fig. 41 Tritaceppi utlizzato per la
frantumazione delle ceppaie
Alla fine del turno, dopo l’abbattimento della
piantagione, parte della biomassa legnosa prodotta (cimali,
ceppaie e residui radicali) rimarrà nel terreno. I cimali e le
ramaglie possono essere eliminati con la bruciatura (non
sempre ammessa) oppure con la triturazione (fig. 39),
mentre le ceppaie possono essere asportate con l’impiego di
speciali attrezzature (levaceppi) (fig. 40) o ridotte in
frantumi da trivelle trituratici (fig. 41). L’apparato radicale
più superficiale verrà eliminato con passaggi successivi
effettuati
con
estirpatori.
È bene tuttavia
rammentare che il
materiale
legnoso
residuo lasciato nel
terreno
potrebbe
divenire
un
pericoloso veicolo
Fig. 40 Levaceppi utilizzato per
per
infezioni
l’estrazione delle ceppaie
all’apparato radicale
(marciumi radicali
ad opera di Rosellinia necatrix in particolare), soprattutto
nel caso di abbattimento di piantagioni già colpite
dall’avversità. Pertanto, per almeno due anni, sarebbe
buona norma lasciare il terreno a riposo o destinarlo ad
altra coltivazione agraria.
31
TURNO DI COLTIVAZIONE E ACCRESCIMENTI
La lunghezza del turno dipende da una serie di fattori di ordine economico e tecnico; tra quelli
di ordine economico il più importante è il prezzo di mercato degli assortimenti di maggior pregio,
mentre tra quelli di ordine tecnico vanno considerati la specie o il clone, la spaziatura,
l’accrescimento e lo stato fitosanitario.
In Lombardia il turno medio risulta di circa 10-11 anni per i cloni di pioppo ibrido, mentre
sono necessari turni più lunghi, da 12 a 20 anni, per la coltivazione di cloni delle specie indigene
Populus alba e Populus nigra. Il momento del taglio viene deciso quando le piante hanno raggiunto
diametri di circa 30-35 cm a petto d’uomo, dimensioni con le quali si ottimizzano le produzioni degli
assortimenti di maggior pregio. In condizioni di mercato non soddisfacenti, l’abbattimento può
essere procrastinato solo con pioppeti con densità di impianto non elevate e in buone situazioni
fitosanitarie.
Le produzioni di legno da lavoro possono raggiungere in 10 anni i 300 m3/ha con la
coltivazione di cloni di pioppo ibrido su terreni di buona fertilità, utilizzando modelli colturali
intensivi comprendenti l’irrigazione. In pioppeti coltivati su terreni in pendenza, di media o bassa
fertilità e utilizzando metodi colturali meno intensivi, si possono raggiungere con difficoltà i 150
m3/ha, anche con turni superiori ai 10 anni.
Accrescimenti e produzioni medie rilevate in Pianura Padana nel periodo 1988-1996 sono
riportati nella tabella 7.
Tab. 7 Caratteristiche colturali e produttive dei pioppeti abbattuti nel periodo 1988-1996 nella pianura
padano-veneta
32
PIOPPICOLTURA A RIDOTTO IMPATTO AMBIENTALE
La pioppicoltura, così come descritta nei precedenti capitoli, è da considerare una coltivazione
agraria di tipo intensivo in quanto prevede la costituzione di impianti monoclonali e l’applicazione di
tecniche colturali mirate al raggiungimento in turni brevi di produzioni legnose abbondanti e di
elevata qualità. Gli elevati input energetici necessari al raggiungimento di questo scopo possono
determinare impatti ambientali negativi. La recente introduzione nei diversi Piani di Sviluppo Rurale
di finanziamenti a coltivazioni che prevedano tecniche di coltivazioni semplificate a ridotto impatto
ambientale ha determinato la necessità di costruire modelli colturali opportuni.
Per quanto concerne la scelta clonale, l’impiego di cloni caratterizzati da buona rusticità
(adattabilità a diverse condizioni edafico-ambientali, tolleranza verso le principali avversità biotiche
e biotiche) e da buona
resistenza
alla
competizione
potrà
consentire la riduzione
degli
interventi
fitosanitari
e
la
limitazione dei danni
legati a stress di tipo
fisiologico. I cloni che
attualmente
più
si
avvicinano a queste
caratteristiche
sono
quelli
di
tipo
‘caroliniano’,
che
appartengono
alla
specie
Populus
deltoides (ad esempio
Fig. 42 Pioppeto di 18 anni di età coltivato secondo modelli estensivi
Lux, Dvina, Lena) o
sono ibridi euramericani
fenotipicamente simili ad essa (ad esempio San Martino, Soligo). La loro maggior tolleranza nei
confronti delle carenze idriche consente una riduzione delle irrigazioni di soccorso nel periodo
estivo. Gli adacquamenti potranno essere pertanto eseguiti soltanto nei primi anni d’impianto per
garantire l’attecchimento e le prime fasi di sviluppo della piantagione.
L’aumento delle spaziature, ad esempio fino a 7 × 7 o 7 × 8 metri, riduce la competizione fra le
piante e gli effetti negativi da essa derivanti. Ciò consente anche una riduzione nella
somministrazione di concimi minerali. Le concimazioni potranno essere limitate a quella fosfopotassica di fondo eseguita all’impianto. Le erpicature potranno essere sospese dopo i primi anni di
impianto e sostituite con la trinciatura delle erbe infestanti a partire dal 3° - 4° anno. Quest’ultimo
intervento può essere effettuato su tutta la superficie del pioppeto o a file alterne, favorendo così
ulteriormente l’insediamento della macrofauna, e può essere del tutto sospeso dall’8° anno in avanti.
È possibile inoltre un eventuale allungamento dei turni di coltivazione che si traduce in una maggiore
elasticità nella scelta del momento di abbattimento del pioppeto (fig. 42).
L’impiego dei già citati cloni di tipo ‘caroliniano’ o cloni euramericani tolleranti alle principali
avversità consente di ridurre drasticamente gli interventi di difesa fitosanitaria sulle chiome nei
confronti dei parassiti fungini (Marssonina brunnea in particolare) e sui tronchi per il controllo
dell’Afide lanigero. Un’ulteriore riduzione dell’impatto ambientale della difesa fitosanitaria può
essere raggiunta eseguendo la lotta alla Saperda maggiore con interventi localizzati all’interno delle
gallerie.
Utilizzando i principi attivi piretroidi, i trattamenti insetticidi per il controllo del Punteruolo,
tradizionalmente eseguiti in primavera alla germogliazione del pioppo, possono essere sostituiti con
interventi autunno-invernali che permettono di ridurre i rischi per l’entomofauna utile.
33
STIMA DELLE PRODUZIONI E VENDITA DEL PIOPPETO
La stima del pioppeto viene effettuata sugli alberi in piedi per conoscerne il più probabile
valore di mercato. Tale operazione richiede una particolare esperienza da parte del valutatore,
semplici strumenti di misura e di calcolo e soprattutto una buona conoscenza del mercato.
È necessario conoscere non soltanto la quantità della massa legnosa mercantile ma anche la sua
qualità, ripartendo la massa nei vari assortimenti e nelle relative quotazioni di mercato.
Valutazione quantitativa
Normalmente si procede ad una misura delle
circonferenze e, in alcuni casi, ad una stima ‘a vista’ delle
altezze di qualche albero. Più correttamente si dovrebbero
utilizzare cavalletti dendrometrici per la misura dei diametri
(fig. 43) e strumenti ottici per la misura delle altezze.
Dopo aver rilevato tutti i diametri ed un congruo
numero di altezze si riportano le coppie delle misure
diametro – altezza su carta millimetrata, disponendo i
diametri in ascissa e le altezze in ordinata e, interpolando
Fig. 43 Cavalletto dendrometrico utilizzato
graficamente, si traccia la curva che esprime il variare
per la misurazione dei diametri
dell’altezza delle piante in funzione del loro diametro.
Se si vuole conseguire una maggiore precisione, con l’ausilio di un piccolo calcolatore si
determinano i coefficienti della curva (di tipo parabolico) che interpola nel modo migliore la
relazione tra le due variabili (fig. 45).
Fig. 44
Il rapporto tra diametro e altezza
espresso dalla curva ipsometrica
risulta fondamentale per il calcolo
del volume (esempio di curva
ipsometrica di un pioppeto di 8
anni di età dall’impianto,
spaziatura di 6x6 metri, clone I214
Conoscendo l’altezza e il diametro di ciascuna pianta, con l’ausilio delle tavole dendrometriche
a una (diametro) o a doppia entrata (diametro e altezza) (Tabb. 8, 9, 10 e 11), si calcola il volume o
il peso della pianta e lo si moltiplica per le rispettive frequenze. Sommando tali valori si determina il
volume o il peso totale del pioppeto.
Esistono molte tavole di cubatura ma la maggior parte di esse sono state costruite per il clone
‘I-214’, il più coltivato nella Pianura Padana. Le tavole più diffuse sono state costruite, e sono quindi
da considerare valide, per zone limitate come ad esempio il Delta del Po, il Cremonese e il
Mantovano. Esistono anche tavole con valenza non locale, ma meno precise.
La determinazione del volume di un qualsiasi albero avviene attraverso la seguente formula:
D2
V=
×π × H × f
4
34
dove:
D
è il diametro misurato a 1,3 metri di altezza da terra
H
è l’altezza totale della pianta
f
è il coefficiente di forma
Per pioppi maturi con età compresa tra 7 e 13 anni e con diametri a petto d’uomo compresi tra
20 e 40 centimetri il valore del coefficiente di forma f può variare da 0,38 a 0,44. I valori più bassi di
questo parametro sono riferibili alle piante con diametri inferiori e con forma del fusto meno
regolare.
La forma della pianta, cioè la rastremazione del fusto, la presenza di grossi rami, l’altezza, il
diametro sono determinati non soltanto dal clone ma anche dalla densità e dall’età della piantagione.
L’Istituto di Sperimentazione per la Pioppicoltura, in base a numerose misurazioni di piante
abbattute, ha messo a punto formule per la cubatura delle piante in grado di fornire volumi molto
precisi (coefficiente di correlazione R2 = 0,99).
La formula che viene qui proposta calcola il volume del fusto e dei rami fino ad un diametro
minimo di 10 centimetri (in m3) in base al diametro misurato a petto d’uomo in metri (D), all’altezza
totale della pianta in metri (H), alla spaziatura in metri quadrati per pianta (S), e all’età del pioppeto
in anni dall’impianto (E). Il coefficiente della curva e gli esponenti dei parametri sono riportati di
seguito:
Volume (fusto + rami a 10 cm) = 0,2535 × D2,093× H1,0277 × S0,0275× E0,0820
Il passaggio da volume a peso e viceversa va effettuato con molta attenzione perché la massa
volumica varia in funzione del clone, dell’età della pianta e dei fattori ambientali e stagionali. Per il
clone ‘I-214’ si registrano valori che vanno da 600 a 750 kg/m3, per i cloni di tipo ‘canadese’ da 700
a 850 kg/m3 e per i pioppi appartenenti alla specie Populus deltoides da 700 a 800 kg/m3. I valori
minori sono validi per piante con diametri maggiori. La massa volumica è influenzata dal contenuto
in acqua e quindi varia anche nel corso dell’anno, raggiungendo i valori minimi stagionali alla
germogliazione e alla caduta delle foglie. Il valore della massa volumica può anche essere attribuito
sulla base dell’esperienza locale o, meglio, ricorrendo all’abbattimento di alberi modello scelti tra le
classi dimensionali più rappresentative del pioppeto in esame e alla misura del volume e del peso di
sezioni campione prelevate dal tronco. A questo proposito si deve tenere presente che la massa
volumica aumenta abbastanza regolarmente con l’altezza da terra e quindi, per avere un valore
medio, può essere sufficiente prelevare rotelle all’altezza di 6 metri. Se si desidera ottenere una stima
più precisa e per valutare meglio la resa dei vari assortimenti è necessario ricorrere all’abbattimento e
alla pesatura dell’1 % delle piante del pioppeto.
Soltanto per il clone ‘I-214’ sono state costruite tavole a doppia entrata (diametro e altezza) che
forniscono direttamente il peso fresco con sufficiente precisione (tab. 11).
35
Tab. 8 Goro (FE). Tavola dendrometrica locale del clone 'I-214' per la stima del volume (m3) del fusto e dei
rami svettati a 10 centimetri in funzione del diametro e dell'altezza
36
Tab. 9 Torricella del Pizzo (CR). Tavola dendrometrica locale del clone 'I-214' per la stima del volume (m3)
del fusto e dei rami svettati a 10 centimetri in funzione del diametro dell'altezza
37
Tab. 10 Porto Mantovano (MN). Tavola dendrometrica locale del clone 'I-214' per la stima del volume (m3)
del fusto e dei rami svettati a 10 centimetri in funzione del diametro e dell'altezza
38
Tab. 11 Clone 'I-214'. Tavola per la stima diretta della massa (quintali) di piante mature in funzione del diametro e dell'altezza dendrometrica
39
Valutazione qualitativa
Per determinare il valore del pioppeto è necessario determinare la qualità della produzione
considerando il possibile impiego nell’industria di prima lavorazione. La valutazione delle
caratteristiche qualitative delle piante in piedi permette di ripartire percentualmente il volume degli
alberi fra i possibili assortimenti ritraibili. Si tratta quindi di valutare la destinazione dei toppi
ricavabili da ogni albero in base alle caratteristiche diametriche e ai difetti che possono limitare la
destinazione d’uso del toppo. La tabella 4 riassume le condizioni di ammissibilità dei difetti per ogni
tipo di assortimento considerato.
Per produrre sfogliato di prima qualità è necessario partire da tronchi di almeno 22 centimetri,
lunghi 130, 190, 230 o 260 centimetri. Devono essere esenti da difetti o al massimo possono
presentare lieve ovalità nella sezione trasversale del tronco (differenza tra diametro maggiore e
diametro minore inferiore al 5%), e soprattutto non devono possedere nodi che provochino
alterazione del colore o buchi nello sfogliato. L’ovalità determina una resa inferiore in fogli, poiché
per raggiungere la cilindratura del tronco è necessario scartare il legno in corrispondenza del
diametro maggiore. È ammesso un solo nodo sano per metro di tronco con dimensione inferiore ai 35
millimetri di diametro che alteri lievemente il colore ma non provochi tensioni o lacerazioni nello
sfogliato.
Lo sfogliato di seconda qualità può essere ricavato da tronchi di almeno 20 centimetri di
diametro e con le stesse lunghezze della prima classe. I toppi possono presentare anche lieve ovalità,
al massimo un foro di insetti o uccelli, nodi sani senza limiti di numero e dimensione, nodi ricoperti
(o a baffo) (limitatamente ai cloni ‘I 214’ e quelli appartenenti al gruppo dei cosiddetti ‘Canadesi’), e
al massimo un nodo secco per metro con dimensione inferiore ai 50 millimetri di diametro. Le piante
possono essere state colpite nell’ultimo anno da attacchi di Afide lanigero o presentare macchie
brune fresche.
Lo sfogliato di terza qualità viene prodotto da tronchi delle stesse dimensioni della seconda
categoria ma possono che recare anche altri difetti di varia natura quali: contrafforti se poco
pronunciati, lieve ovalità, macchie brune e Afide lanigero conseguenti ad attacchi dell’anno, un foro
ogni due metri di toppo causato da insetti e uccelli nonché nodi sani, nodi ricoperti e nodi secchi
senza limitazioni.
I tronchi destinati alla segagione possono essere di diametro più piccolo, con un minimo di 1518 centimetri e lunghi intorno ai 2 metri. In questo caso i tronchi possono evidenziare contrafforti
poco pronunciati, forte ovalità e curvatura del fusto, cretti da gelo, macchie brune e Afide lanigero
conseguenti ad attacchi dell’anno, fori di insetti e uccelli nonché nodi sani, nodi ricoperti e nodi
secchi senza limitazioni.
I tronchi destinati alla cartiera possono avere 10 centimetri di diametro minimo. Sono ammessi
anche tronchi con lesioni provocate da agenti fisici e chimici oltre ai difetti accettati per la segagione.
Tutti i tronchi di dimensioni inferiori e gli scarti della pianta possono essere destinati alla
triturazione. Tale processo comporta la riduzione dei tronchi in particelle più o meno piccole atte alla
costituzione di pannelli di fibra o di particelle.
Vendita del pioppeto
La vendita del pioppeto è condotta nella maggior parte dei casi direttamente dal pioppicoltore,
ma la trattativa prevede frequentemente l’intervento di mediatori, commercianti e personale delle
imprese di taglio ed esbosco.
Si tratta in ogni caso di una trattativa svolta in un mercato di libera concorrenza in cui il prezzo
deriva dalla contrattazione tra acquirente e venditore.
I pioppeti che hanno raggiunto la maturazione commerciale vengono venduti secondo la
modalità ‘in piedi a forfait’, mentre solo in pochi casi si ricorre alla vendita ‘a peso’. Tutti gli oneri e
le responsabilità derivanti dal taglio, dall’allestimento, dall’esbosco e dal trasporto sono a completo
carico dell’acquirente (fig. 45).
Il pagamento dei lotti in genere avviene in parte alla stipula del contratto e in parte
all’abbattimento del pioppeto.
40
Per valutare il valore commerciale del legno di pioppo sarebbe molto più corretto adottare,
come avviene negli altri Paesi europei, l’unità di misura espressa in volume invece che in peso. Se
effettivamente il legno venisse pesato dopo l’abbattimento, il problema non esisterebbe, ma nella
maggior parte dei casi, dopo aver convertito il volume delle piante stimato in peso, si vende il
pioppeto a forfait, in piedi. Questo comporta una imprecisione della stima a volte molto elevata se si
considera che per la conversione si usano tavole a doppia entrata costruite per il clone ‘I 214’. Infatti
quando le piante vendute appartengono ad altri cloni e le condizioni stazionali non corrispondono a
quelle di riferimento della tavola, si può avere una sottostima del peso reale. In questi casi gli
acquirenti usano applicare coefficienti di correzione al peso stimato, applicando parallelamente
prezzi più bassi. Il sistema appare quindi poco trasparente e per nulla soddisfacente per il
pioppicoltore, che è indotto a credere che alcuni cloni siano pagati meno di altri.
Fig. 45 Fase di abbattimento di un pioppeto
41
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