Ufficio Vocazioni
generazioni e vocazioni
si confrontano per crescere insieme
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ð COMUNICARE
IL
VANGELO
IN UN MONDO CHE CAMBIA N.
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Perché la parola e l’opera di Dio e la risposta dell’uomo si tramandino
lungo la storia, è assolutamente indispensabile che vi siano tempi e
spazi precisi nella nostra vita dedicati all’incontro con il Signore. Dall’ascolto e dal dono di grazia nasce la conversione e l’intera nostra
esistenza può divenire testimonianza del lieto annuncio che abbiamo
accolto. Ci sembra pertanto fondamentale ribadire che la comunità
cristiana potrà essere una comunità di servi del Signore soltanto se
custodirà la centralità della domenica, «giorno fatto dal Signore» (Sal
118,24), «Pasqua settimanale», con al centro la celebrazione dell’Eucaristia, e se custodirà nel contempo la parrocchia quale luogo – anche
fisico – a cui la comunità stessa fa costante riferimento. Ci sembra
molto fecondo recuperare la centralità della parrocchia e rileggere la
sua funzione storica concreta a partire dall’Eucaristia, fonte e manifestazione del raduno dei figli di Dio e vero antidoto alla loro dispersione nel pellegrinaggio verso il Regno.
ð COMUNICARE
IL
VANGELO
IN UN MONDO CHE CAMBIA N.
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In primo luogo, si tratta di valorizzare quei momenti in cui le parrocchie incontrano concretamente quei battezzati che non partecipano
all’eucaristia domenicale e alla vita parrocchiale: quando i genitori
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chiedono che i loro bambini siano ammessi ai sacramenti dell’iniziazione cristiana; quando una coppia di adulti domanda la celebrazione
religiosa del matrimonio; in occasione dei funerali e dei momenti di
preghiera per i defunti; alcune feste del calendario liturgico nelle quali
anche i non praticanti si affacciano alla porta delle nostre chiese. Tutti
questi momenti, che a volte potrebbero essere sciupati da atteggiamenti di fretta da parte dei presbiteri o da freddezza e indifferenza
da parte della comunità parrocchiale, devono diventare preziosi momenti di ascolto e di accoglienza. Solo a partire da una buona qualità
dei rapporti umani sarà possibile far risuonare nei nostri interlocutori
l’annuncio del Vangelo: essi l’hanno ascoltato, ma magari sonnecchia
nei loro cuori in attesa di qualcuno o di qualcosa che ravvivi in loro il
fuoco della fede e dell’amore.
ð NUOVE
VOCAZIONI PER UNA NUOVA
EUROPA N. 29
Il Congresso europeo si è proposto un obiettivo, tra gli altri: portare la
pastorale vocazionale nel vivo delle comunità cristiane parrocchiale,
là dove la gente vive e dove i giovani in particolare sono coinvolti più
o meno significativamente in un’esperienza di fede.
Si tratta di far uscire la pastorale vocazionale dalla cerchia degli addetti ai lavori per raggiungere i solchi periferici della Chiesa particolare.
Ma nel contempo è ormai urgente superare la fase esperienzialistica,
in atto in molte Chiese d’Europa, per passare a veri cammini pastorali,
innestati nel tessuto delle comunità cristiane, valorizzando ciò che è
già vocazionalmente eloquente.
Particolare attenzione va all’anno liturgico, che è una scuola permanente di fede, in cui ogni credente, aiutato dallo Spirito Santo, è
chiamato a crescere secondo Gesù. Dall’Avvento, tempo della speranza, alla Pentecoste e al Tempo Ordinario, il cammino ciclicamente
ricorrente dell’anno liturgico celebra e prospetta un modello di uomo
chiamato a misurarsi sul mistero di Gesù, il “ primogenito tra molti
fratelli “ (Rom 8, 29).
L’antropologia che l’anno liturgico porta ad esplorare è un disegno
autenticamente vocazionale, che sollecita ogni cristiano a rispondere
sempre di più alla chiamata, per una precisa e personale missione
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nella storia. Di qui l’attenzione agli itinerari quotidiani in cui ogni comunità cristiana è coinvolta. La sapienza pastorale chiede in modo
particolare ai pastori, guide delle comunità cristiane, una cura puntuale e un attento discernimento per far parlare i segni liturgici, i vissuti
dell’esperienza di fede; perché è dalla presenza di Cristo, nei tempi
ordinari dell’uomo, che vengono gli appelli vocazionali dello Spirito.
Non va dimenticato che il pastore, soprattutto il presbitero responsabile
di una comunità cristiana, è il “coltivatore diretto“ di tutte le vocazioni.
In verità non dovunque si riconosce la piena titolarità vocazionale
della comunità parrocchiale; mentre sono proprio “i Consigli Pastorali
diocesani e parrocchiali, in rapporto con i centri vocazionali nazionali,
... gli organi competenti in tutte le comunità e in tutti i settori della
pastorale ordinaria“.
È dunque da incoraggiare l’iniziativa di quelle parrocchie che hanno costituito al loro interno gruppi di responsabili dell’animazione
vocazionale e delle varie attività per risolvere “ un problema che si
colloca nel cuore stesso della chiesa” (gruppi di preghiera, giornate
e settimane vocazionali, catechesi e testimonianze e quant’altro può
contribuire a tenere alta l’attenzione vocazionale).
b) I “ luoghi-segno “ della vita-vocazione
In questo delicato ed urgente passaggio, da una pastorale vocazionale delle esperienze ad una pastorale vocazionale dei cammini, è
necessario far parlare non solo gli appelli vocazionali provenienti dagli
itinerari che attraversano la vita feriale della comunità cristiana, ma è
sapiente rendere significativi i luoghi-segno della vita come vocazione
e i luoghi pedagogici della fede. Una Chiesa è viva se, con i doni dello
Spirito, sa percepire e valorizzare tali luoghi.
I luoghi-segno della vocazionalità dell’esistenza in una Chiesa particolare sono le comunità monastiche, testimoni del volto orante della
comunità ecclesiale, le comunità religiose apostoliche e le fraternità
degli istituti secolari.
In un contesto culturale fortemente curvo sulle cose penultime e immediate, attraversato dal vento gelido dell’individualismo, le comunità
oranti ed apostoliche aprono a dimensioni vere di vita autenticamente cristiana, soprattutto per le ultime generazioni chiaramente più
attente ai segni che alle parole.
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Segno particolare della vocazionalità della vita è la comunità del seminario diocesano o interdiocesano. Esso vive una singolare vicenda
all’interno delle nostre Chiese. Da una parte è un segno forte, perché
costituisce una promessa di futuro. I giovani che vi approdano, figli di
questa generazione, saranno i preti del domani. Non solo, ma il seminario sta a richiamare concretamente la vocazionalità della vita e l’urgenza del ministero ordinato per l’esistenza della comunità cristiana.
Dall’altra il seminario è un segno debole, perché chiede una costante
attenzione della Chiesa particolare, sollecita una seria pastorale vocazionale per ripartire ogni anno con nuovi candidati. [...]
d) Figure di formatori e di formatrici
Un’altra attenzione pedagogica, pastorale viene proposta con particolare insistenza in questo preciso momento storico: la formazione di
precise figure educative.
È infatti risaputa, un po’ ovunque, la debolezza e la problematicità dei
luoghi pedagogici della fede, messi a dura prova dalla cultura dell’individualismo, dell’aggregazionismo
spontaneo, o dalla crisi delle istituzioni.
D’altra parte emerge soprattutto nei giovani il bisogno di confronto,
di dialogo, di punti di riferimento. I segnali al riguardo sono molti. C’è
insomma urgenza di maestri di vita spirituale, di figure significative,
capaci di evocare il mistero di Dio e disposti all’ascolto per aiutare le
persone ad entrare in un serio dialogo con il Signore.
e) Gli organismi della pastorale vocazionale
La pastorale vocazionale per proporsi come prospettiva unitaria e
sintetica della pastorale in genere, deve esprimere per prima al suo
interno, la sintesi e la comunione dei carismi e dei ministeri.
Già da tempo nella Chiesa si è avvertita la necessità di questo coordinamento che, grazie a Dio, ha già dato notevoli frutti: Organismi parrocchiali, Centri vocazionali diocesani e nazionali già da diversi anni
funzionano con grande vantaggio.
Oltre a raccomandare una ripresa d’impegno in tale campo e un più
stretto collegamento tra Centro nazionale, Centri diocesani e organi6
smi parrocchiali, il Congresso e questo Documento auspicano che tali
organismi prendano maggiormente a cuore due questioni: la promozione d’una autentica cultura vocazionale nella società civile ed ecclesiale, prima sottolineata, e la formazione degli educatori-formatori
vocazionali, vero e proprio elemento centrale e strategico dell’attuale
pastorale vocazionale.
ð VOCAZIONI
AL MINISTERO ORDINATO
E VITA CONSACRATA NELLA COMUNITÀ CRISTIANA N.19
Gli itinerari della fede. L’annuncio del Vangelo della vocazione deve
trovare riscontro negli itinerari di formazione alla vita cristiana mediante l’ascolto della Parola, la partecipazione all’Eucaristia e l’esercizio
della carità. Spezzare il pane della Parola vuol dire investire precise
energie nell’itinerario catechistico, portando alla luce la lettura vocazionale della vita, che sorregge la struttura e le pagine dei volumi del
“Catechismo per la vita cristiana” pubblicato dalla C.E.I., in particolare
quelli per i fanciulli e per i giovani. La centralità dell’Eucaristia per la
vita del cristiano e della comunità, deve favorire la proposta e la continuità di un itinerario liturgico sacramentale, che valorizzi i segni della
salvezza nel duplice versante di “momenti straordinari” (Battesimo,
Cresima, Ordine, Matrimonio, Unzione) e di alimento “ordinario” di
ogni vocazione: oltre la stessa Eucaristia, si pensi al sacramento della
Penitenza, il cui valore è decisivo per il discernimento e la maturazione vocazionale. Da parte sua l’anno liturgico costituisce la scuola
permanente di fede della comunità parrocchiale: ne scandisce la vita
quotidiana, apre i battezzati alla grazia, accompagna la maturazione
vocazionale dei credenti. La carità poi, come servizio dei fratelli, conosce nelle nostre Chiese un’espressione multiforme quanto sorprendente. È necessario che questo esercizio si incarni in precisi itinerari
educativi, che stimolino alla gratuità e al servizio del Regno, che non
si fermino alle iniziative ma tendano alla personale e comunitaria configurazione a Cristo.
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ð VOCAZIONI
AL MINISTERO ORDINATO
E VITA CONSACRATA NELLA COMUNITÀ CRISTIANA N.
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b) - La settimana vocazionale parrocchiale è “tempo forte” che vuole
coinvolgere tutta la comunità nel problema delle vocazioni. La preghiera, la catechesi e la testimonianza delle vocazioni sono gli elementi principali del suo programma, preparato sovente con il coinvolgimento del Consiglio pastorale parrocchiale.
f) - L’animatore vocazionale parrocchiale è un nuovo ministero che va
configurandosi all’interno della comunità parrocchiale: a un laico (o
un consacrato), membro del Consiglio pastorale parrocchiale, si affida
il mandato dell’animazione vocazionale. Tale servizio è caratterizzato
da una chiara coerenza di vita e testimonianza di fedeltà alla propria
vocazione, e impegna a un’attenzione costante a tutte le iniziative pastorali parrocchiali ove far emergere la dimensione vocazionale
ð NORME
FONDAMENTALI PER LA FORMAZIONE
DEI DIACONI PERMANENTI N.
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Il ministero diaconale trova ordinariamente nei vari settori della pastorale diocesana e nella parrocchia il proprio ambito di esercizio,
assumendo forme diverse. [...]
[...] Il diacono è maestro in quanto proclama e illustra la parola di Dio;
è santificatore, in quanto amministra il sacramento del battesimo,
dell’Eucaristia e dei sacramentali, partecipa alla celebrazione della
santa Messa, in veste di “ministro del Signore”, conserva e distribuisce
l’eucaristia; è guida in quanto animatore della comunità o settori della
vita ecclesiale. Così il diacono assiste e serve i vescovi e i presbiteri,
che presiedono ogni liturgia, vigilano sulla dottrina e guidano il
popolo di Dio.
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ð NUOVE
VOCAZIONI PER UNA NUOVA
EUROPA N. 19
[...] La stessa comunità ecclesiale ha una struttura profondamente
vocazionale: essa è chiamata per la missione; è segno di Cristo missionario del Padre. Come dice la Lumen Gentium: “è in Cristo come
un sacramento, cioè segno e strumento dell’intima unione con Dio e
dell’unità di tutto il genere umano“.
Da una parte la Chiesa è segno che riflette il mistero di Dio; è icona
che rimanda alla comunione trinitaria nel segno della comunità visibile, e al mistero di Cristo nel dinamismo della missione universale.
Dall’altra la Chiesa è immersa nel tempo degli uomini, vive nella storia
in condizione di esodo, è in missione al servizio del Regno per trasformare l’umanità nella comunità dei figli di Dio.
Pertanto l’attenzione alla storia chiede alla comunità ecclesiale di porsi in ascolto delle attese degli uomini, di leggere quei segni dei tempi
che costituiscono codice e linguaggio dello Spirito Santo, di entrare in
dialogo critico e fecondo con il mondo contemporaneo, accogliendo
con benevolenza tradizioni e culture per rivelare in esse il disegno del
Regno e gettarvi il lievito dell’evangelo.
Con la storia della Chiesa nel mondo si intreccia, così, la piccola grande storia di ogni vocazione. Come è nata nella Chiesa e nel mondo,
così ogni chiamata è al servizio della Chiesa e del mondo.
b) La Chiesa, comunità e comunione di vocazioni
Nella Chiesa, comunità di doni per l’unica missione, si realizza quel
passaggio dalla condizione in cui si trova il credente inserito in Cristo
attraverso il Battesimo, alla sua vocazione “particolare“ come risposta
al dono specifico dello Spirito. In tale comunità ogni vocazione è “particolare“ e si specifica in un progetto di vita; non esistono vocazioni
generiche.
E nella sua particolarità ogni vocazione è “necessaria“ e “relativa“ insieme. “Necessaria“, perché Cristo vive e si rende visibile nel suo corpo
che è la Chiesa e nel discepolo che ne è parte essenziale. “Relativa“,
perché nessuna vocazione esaurisce il segno testimoniale del mistero
di Cristo, ma ne esprime solo un aspetto. Soltanto l’insieme dei doni
rende epifanico l’intero corpo del Signore. Nell’edificio ogni pietra ha
bisogno dell’altra (1 Pt 2, 5); nel corpo ogni membro ha bisogno dell’altro
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per far crescere l’intero organismo e giovare all’utilità comune (1 Cor 12, 7).
Ciò richiede che la vita di ciascuno venga progettata a partire da Dio
che ne è la sorgente unica e tutto provvede per il bene del tutto; esige che la vita venga riscoperta come veramente significativa solo se
aperta alla sequela di Gesù.
Ma è anche importante che vi sia una comunità ecclesiale che aiuti di fatto ogni chiamato a scoprire la propria vocazione. Il clima di
fede, di preghiera, di comunione nell’amore, di maturità spirituale,
di coraggio dell’annuncio, d’intensità della vita sacramentale fa della comunità credente un terreno adatto non solo allo sbocciare di
vocazioni particolari, ma alla creazione d’una cultura vocazionale e
d’una disponibilità nei singoli a recepire la loro personale chiamata.
Quando un giovane percepisce la chiamata e decide nel suo cuore il
santo viaggio per realizzarla, lì, normalmente, c’è una comunità che ha
creato le premesse per questa disponibilità obbedienziale.
Come dire: la fedeltà vocazionale d’una comunità credente è la prima
e fondamentale condizione per il fiorire della vocazione nei singoli
credenti, specie nei più giovani.
c) Segno, ministero, missione
Pertanto ogni vocazione, come scelta stabile e definitiva di vita, si
apre in una triplice dimensione: in rapporto a Cristo ogni chiamata è
“segno“; in rapporto alla Chiesa è “ministero“; in rapporto al mondo è
“missione“ e testimonianza del Regno.
Se la Chiesa è “in Cristo come un sacramento“, ogni vocazione rivela
la dinamica profonda della comunione trinitaria, l’azione del Padre,
del Figlio e dello Spirito, come evento che fa essere in Cristo creature
nuove e modellate su di Lui.
Ogni vocazione, allora, è segno, è un modo particolare di rivelare il volto
del Signore Gesù. “L’amore di Cristo ci spinge“ (2 Cor 5, 14). Gesù diventa
così movente e modello decisivo di ogni risposta agli appelli di Dio.
In rapporto alla Chiesa ogni vocazione è ministero, radicato nella pura
gratuità del dono. La chiamata di Dio è un dono per la comunità, per
l’utilità comune, nel dinamismo dei molti servizi ministeriali. Ciò è
possibile in docilità allo Spirito che fa essere la Chiesa come “comunità dei volti” e genera nel cuore del cristiano l’agape, non solo come
etica dell’amore, ma anche come struttura profonda della persona,
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chiamata e abilitata a vivere in relazione con gli altri, nell’atteggiamento del servizio, secondo la libertà dello Spirito.
Ogni vocazione, infine, in rapporto al mondo, è missione. È vita vissuta
in pienezza perché vissuta per gli altri, come quella di Gesù, e dunque
generatrice di vita: “la vita genera la vita“. Di qui l’intrinseca partecipazione di ogni vocazione all’apostolato e alla missione della Chiesa,
germe del Regno. Vocazione e missione costituiscono due facce dello
stesso prisma. Definiscono il dono e il contributo di ciascuno al progetto di Dio, a immagine e somiglianza di Gesù.
d) La Chiesa, madre di vocazioni
La Chiesa è madre di vocazioni perché le fa nascere al suo interno,
con la potenza dello Spirito, le protegge, le nutre e le sostiene. É madre, in particolare, perché esercita una preziosa funzione mediatrice
e pedagogica.
“La Chiesa, chiamata da Dio, costituita nel mondo come comunità di
chiamati, è a sua volta strumento della chiamata di Dio. La Chiesa è
appello vivente, per volontà del Padre, per i meriti del Signore Gesù,
per la forza dello Spirito Santo (...). La comunità, che prende coscienza di essere chiamata, allo stesso tempo prende coscienza che deve
continuamente chiamare”. Attraverso e lungo questa chiamata, nelle
sue varie forme, scorre anche l’appello che viene da Dio.
Questa funzione mediatrice la Chiesa esercita quando aiuta e stimola
ogni credente a prendere coscienza del dono ricevuto e della responsabilità che il dono porta con sé.
La esercita, ancora, quando si fa interprete autorevole dell’appello
esplicito vocazionale e chiama essa stessa, presentando le necessità
legate alla sua missione e alle esigenze del popolo di Dio, e invitando
a rispondere generosamente.
La esercita, ancora, quando chiede al Padre il dono dello Spirito che
suscita l’assenso nel cuore dei chiamati, e quando li accoglie e riconosce in loro la chiamata stessa, dando esplicitamente e affidando
con fiducia e trepidazione assieme una missione concreta e sempre
difficile tra gli uomini.
Potremmo, infine, aggiungere che la Chiesa manifesta la sua maternità quando, oltre a chiamare e riconoscere l’idoneità dei chiamati,
provvede perché costoro abbiano una formazione adeguata, iniziale
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e permanente, e perché siano di fatto accompagnati lungo la via
d’una risposta sempre più fedele e radicale. La maternità ecclesiale
non può certo esaurirsi nel tempo dell’appello iniziale. Né può dirsi
madre quella comunità di credenti che semplicemente “ attende “
demandando totalmente all’azione divina la responsabilità della chiamata, quasi timorosa di rivolgere appelli; o che dà per scontato che i
ragazzi e i giovani, in particolare, sappiano recepire immediatamente
l’appello vocazionale; o che non offre cammini mirati per la proposta
e l’accoglienza della proposta.
La crisi vocazionale dei chiamati è anche crisi, oggi, dei chiamanti,
a volte latitanti e poco coraggiosi. Se non c’è nessuno che chiama,
come potrebbe esserci chi risponde?
ð COMUNICARE
IL
VANGELO
IN UN MONDO CHE CAMBIA N.
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Concludendo queste indicazioni dedicate alla comunità dei fedeli
che si raccolgono con assiduità attorno all’Eucaristia e alla sua funzione cruciale nella comunicazione della fede, non possiamo non dire
qualcosa sul ruolo dei presbiteri e dei loro collaboratori.
Desideriamo ringraziarli, e con loro i nostri diaconi, per l’impegno
generoso, testimoniato in un’epoca nella quale è divenuto difficile
e spesso assai poco gratificante il servizio alla comunità cristiana e
a quella umana più in generale. Noi Vescovi li sentiamo vicini e vogliamo ribadire tutta la nostra solidarietà e la nostra gratitudine con
parole chiare e forti.
Le osservazioni pastorali che abbiamo appena formulato chiamano
in causa anzitutto proprio i sacerdoti. Sono loro i presidenti della
comunità che si raduna nella celebrazione dell’Eucaristia e dunque
spetta a loro promuovere una celebrazione della liturgia che sappia
formare i cristiani al sensus fidei, alla capacità di gustare la parola
di Dio e all’acquisizione del sentire di Cristo. Inoltre, nelle comunità
si avverte un accresciuto bisogno di iniziatori e di accompagnatori
nella vita spirituale: i presbiteri devono valorizzare sempre più la loro
missione di padri nella fede e di guide nella vita secondo lo Spirito,
evitando con grande cura di cadere in un certo «funzionalismo». In tal
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modo, sorretti dalla fraternità presbiterale e dalla solidarietà pastorale,
essi potranno essere i servi della comunione ecclesiale, coloro che
conducono a unità i carismi e i ministeri nella comunità, gli educatori
missionari di cui tutti abbiamo bisogno.
ð COMUNICARE
IL
VANGELO
IN UN MONDO CHE CAMBIA N.
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Chiesa di Dio, insieme a noi, ministri ordinati, sono i laici; di loro il
Signore si serve per la testimonianza e la comunicazione del Vangelo
in mezzo agli uomini. Oltre a essere esperti in un determinato settore pastorale (carità, catechesi, cultura, lavoro, tempo libero...) devono
crescere nella capacità di leggere nella fede e sostenere con sapienza il cammino della comunità nel suo insieme. C’è bisogno di laici
che non solo attendano generosamente ai ministeri tradizionali, ma
che sappiano anche assumerne di nuovi, dando vita a forme inedite di educazione alla fede e di pastorale, sempre nella logica della
comunione ecclesiale. Riconoscendo l’importanza e la preziosità di
questa presenza, si provvederà, da parte delle diocesi e delle parrocchie, anche alla destinazione coraggiosa e illuminata di risorse per la
formazione dei laici.
In questo contesto vogliamo esprimere gratitudine e insieme attesa
nei confronti di quelle realtà, alcune nuove, altre antiche, prima fra
tutte l’Azione Cattolica, che contribuiscono ad arricchire in maniera considerevole la comunità, come le associazioni e i movimenti
ecclesiali. La fede cristiana, infatti, non pretende di omologare e di
appiattire le varie sensibilità religiose dei credenti; lo Spirito suscita
in ogni epoca carismi idonei ad arricchire la Chiesa e a sostenerla
nella sua missione. Naturalmente ognuna di queste realtà dev’essere
sottoposta a discernimento: già nella prima lettera di Giovanni i cristiani erano invitati a mettere «alla prova le ispirazioni» (1Gv 4,1); i veri
carismi dello Spirito contribuiscono sempre a riconoscere Gesù Cristo «venuto nella carne» (1Gv 4,2), a discernere la sua presenza in tutti
i fratelli cristiani e a riconoscere nella comunità, nel Corpo ecclesiale
del Risorto, il luogo in cui convergono e da cui partono tutti i carismi
e le vocazioni.
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ð STRUMENTO DI LAVORO DEL CONVEGNO
“GENERAZIONI DI FEDE” PAG. 27
In questo modo la comunità cristiana può «costituire il grembo in cui
avviene il discernimento comunitario, indicato nel convegno ecclesiale di Palermo del 1995 come scuola di comunione ecclesiale e metodo fondamentale per il rapporto Chiesa-mondo» (CVMC 50). Si profila
così una comunità cristiana nella quale si ha la consapevolezza della
necessità e complementarietà di ogni vocazione e della corresponsabilità riservata a ciascuno. E questa è nativa: appartiene cioè all’identità
del cristiano, al quale il Signore Gesù affida il compito di far crescere
nel mondo la Chiesa, segno e strumento della comunione degli uomini con Dio e degli uomini tra di loro, e di testimoniare che tutta la
realtà trova in Cristo il suo centro e il suo compimento. Dell’attuazione
di tale compito ogni cristiano risponde pertanto al Signore. E in esso
non c’è delega. Con ciò non si vuol dire che tutti i cristiani debbano
svolgere il compito affidato dal Signore allo stesso modo: è il Signore
stesso che mediante il suo Spirito fa della Chiesa un corpo articolato
nel quale le diverse membra collaborano alla comune edificazione e
si aiutano reciprocamente a salvarsi (Lumen gentium, 7)
ð VITA CONSACRATA N. 64
Occorre che il compito di promuovere le vocazioni sia svolto in modo
da apparire sempre più un impegno corale di tutta la Chiesa. Esso
esige, pertanto, l’attiva collaborazione di pastori, religiosi, famiglie ed
educatori, quale si conviene a un servizio che è parte integrante della
pastorale d’insieme di ogni Chiesa particolare. Ci sia dunque in ogni
diocesi questo servizio comune che coordini e moltiplichi le forze,
senza tuttavia pregiudicare, ed anzi favorendo, l’attività vocazionale di
ciascun Istituto. Tale operosa collaborazione di tutto il Popolo di Dio,
sostenuta dalla Provvidenza, non potrà che sollecitare l’abbondanza
dei doni divini. La solidarietà cristiana venga largamente incontro alle
necessità della formazione vocazionale nei Paesi economicamente
più poveri. La promozione delle vocazioni in queste nazioni sia fatta
dai vari Istituti in piena armonia con le Chiese del luogo, sulla base di
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un attivo e prolungato inserimento nella loro pastorale. Il modo più
autentico per assecondare l’azione dello Spirito sarà quello di investire generosamente le migliori energie nell’attività vocazionale, specialmente con una adeguata dedizione alla pastorale giovanile.
ð RIPARTIRE
DA
CRISTO N. 7
I rapporti con l’intera comunità cristiana si vanno configurando sempre meglio come scambio dei doni nella reciprocità e nella complementarietà delle vocazioni ecclesiali. È, infatti, nelle Chiese locali che
si possono stabilire quei tratti programmatici concreti per consentire
all’annuncio di Cristo di raggiungere le persone, plasmare le comunità,
incidere profondamente attraverso la testimonianza dei valori evangelici nella società e nella cultura. Da semplici relazioni formali si passa
volentieri ad una fraternità vissuta nel vicendevole arricchimento carismatico. È uno sforzo che può giovare all’intero Popolo di Dio, poiché
la spiritualità della comunione conferisce un’anima all’aspetto istituzionale con un senso di fiducia e apertura che pienamente risponde
alla dignità e responsabilità di ogni battezzato.
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Serata Vocaz. libretto