News > Italia > Economia - Lunedì 21 Ottobre 2013, 15:34
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Mistral Air : ma è davvero necessario?
Fabio Brigida
Il velato intervento pubblico delle Stato nel capitale sociale di una società privata, passa
attraverso le Poste Italiane che, in parallelo alla propria funzione primaria di offrire prodotti e
servizi postali, ha delineato negli anni i connotati di una società finanziaria e d’investimenti
molto attiva anche nel settore assicurativo e nella telefonia mobile. Osservando il frontespizio di
un qualunque libretto postale, è impossibile tuttavia non osservare la dicitura Cdp (acronimo di
Cassa Depositi e Prestiti); in parole povere, i soldi che noi versiamo alla società di servizi
Poste Italiane mediante accantonamenti di capitali, confluiscono in una s.p.a. (società
per azioni) partecipata per il 70% dal Ministero dell’ Economia e Finanza ovvero il
bancomat dello Stato Italiano, che a sua volta controlla il 100% di Poste Italiane S.p.A.
Sarà stato questo filo conduttore che avrà fatto storcere il naso all’ex premier e senatore Mario
Monti, (fresco dimissionario dalla guida del suo partito Scelta Civica) il quale ha criticato
duramente l’intervento dello Stato in faccende private, additando protezionismo Italiano come
vincolo alla libera concorrenza internazionale? Certamente si; anche perché un simile
comportamento dello Stato e quindi direttamente della politica italiana, stona con quel tour
internazionale - denominato beffardamente Destinazione Italia - che il premier Enrico Letta ha
fortemente voluto e sostenuto, per promuovere il belpaese, in modo da poter attrarre le mani
forti di tutto il mondo, con l’auspicio che ricomincino ad investire in Italia. Non sono mancate
d’altronde critiche provenienti dal resto dell’Europa in nome di quella libera
concorrenza e di quei paletti imposti dall’ Unione Europea nel tutelare e normalizzare gli
interventi Statali negli asset privati. Dalle colonne del 'Financial Times' si alza il coro contro il
protezionismo di Letta mentre il Wall Street Journal, punta i riflettori sulla storica cattiva gestione
di Alitalia, da sempre oggetto di contesa tra interessi privati, politici e tornaconti personali; il tutto
con il consenso dei sindacati ai quali è impossibile non attribuire alcuna responsabilità su quella
che è la situazione nella quale versa attualmente Alitalia CAI.
L’ingresso in campo delle Poste Italiane ha dunque sollevato un polverone di portata nazionale
ed internazionale ma, le modalità di questo intervento, fanno nascere non pochi dubbi circa
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Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale reperibile al link http://www.lindro.it/economia/2013-10-21/104895-mistral-air-ma-e-davvero-necessario
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l’efficienza e i possibili scenari che tale sinergia potrà offrire, alla luce di un convincente piano
industriale che, ancor’oggi, latita. Innanzitutto Poste Italiane fornirà – con il benestare e per la
gioia del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Maurizio Lupi - liquidità per 75 milioni di
euro (pari all’ 11% circa del capitale sociale) ed in più metterà a disposizione la propria flotta
aerea, la Mistral Air, necessaria ad oggi per il trasporto postale aereo e non di rado, utilizzata
per voli charter di medio raggio. La Mistral Air possiede una flotta di 6 boeing 737 i quali di
notte, fungono da aerei cargo per il trasporto postale mentre di giorno vengono utilizzati
per il trasporto passeggeri, entro un perimetro territoriale che include l’ Europa, l’Africa
Settentrionale e parte dell’Eurasia. Inoltre, la compagnia delle Poste Italiane possiede due Atr
42, impiegati esclusivamente per brevi tratte prettamente nel territorio Europeo. Ma negli ultimi
anni, la crisi non ha risparmiato il settore dei trasporti e così come per Alitalia CAI (le cui cause
sono anche da cercare altrove), i bilanci di Mistral Air si sono tinti di rosso, al punto che la
società presieduta da Franco Pizzo, fu messa in vendita nel recente marzo 2012, dalle stesse
Poste Italiane poiché negli anni, si era rilevato un investimento poco profittevole ed il cui
sostentamento ha necessitato di, seppur modesti ma continui aumenti di capitale. Ma a questo
punto la domanda sorge spontanea : è davvero la Mistral Air il partner del quale Alitalia ha
bisogno per rilanciarsi ed imporsi sul mercato internazionale? E come mai una società che, fino
a qualche anno fa era in vendita, adesso viene offerta in dote (e con i bilanci in rosso) ad
Alitalia.
Il tutto rimanda a qualche anno fa quando Carlo Toto - partecipante di spicco della CAI, sotto la
cui gestione la perdita contabile ha superato ad oggi, il miliardo di euro - offrì o meglio
vendette gli airbus della propria compagnia aerea Air One, alla nuova cordata che
avrebbe dovuto risollevare le sorti di Alitalia. Il suo intento era quello di ammodernare la
flotta puntando sulle tratte internazionali sulle quali, a fronte della concorrenza spietata dei low
cost, era tuttavia possibile ottenere margini di profitto superiori. Ma da questa nebulosa vicenda,
Carlo Toto ha tratto indubbiamente benefici economici e personali e, per quanto i propri intenti
fossero stati ammirevoli, la gestione di Alitalia, nel passaggio dal pubblico al privato, non
ha ottenuto i benefici sperati.
A tal punto, come può la classe dirigente rimanere indifferente agli insegnamenti che il
recente passato può offrirci come spunto di riflessione? E’ davvero necessario integrare
l’attuale Alitalia CAI, di una piccola flotta aerea che, nella migliore delle ipotesi continuerà ad
offrire servizi charter, nonché l’inamovibile servizio postale notturno? Ma soprattutto, come si
può pensare o lentamente ipotizzare di salvare le finanze e le sorti di Alitalia CAI senza la
presenza di un serio piano industriale che, se stilato sulla razionalizzazione dei costi e la
revisione delle tratte meno profittevoli, punterebbe quasi certamente alla riduzione ed al
razionamento dei costi, a fronte di possibili tagli delle stesse tratte e quindi degli aerei
necessari? Per di più i bilanci di Mistral Air sono in rosso e ciò graverebbe in futuro, sul bilancio
della società madre la quale, come noto, ha necessitato di un recente aumento di capitale da
300 milioni di euro, per potersi assicurare almeno qualche mese di attività.
E quindi, a fronte di tutti questi interrogativi, viene da pensare che sia innegabile che la gestione
del caso Alitalia, stia facendo riaffiorare vecchi rancori e vecchi difetti che la classe politica e
manageriale riversa consapevolmente negli affari Italiani. Non bisogna dimenticare d’altronde
che le Poste Italiane sono controllate al 100% dallo Stato del quale, il principale contribuente è il
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popolo sovrano; lo stesso popolo sul quale è gravato il debito di 5 miliardi legato alla parte
marcia della vecchia Alitalia; popolo sovrano che ha già funto da bad company in onore di
quel patriottismo così inflazionato allora e tornato alla ribalta negli ultimi mesi, del quale, anche
per questa volta, ne farebbe volentieri a meno.
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