CRITICAsociale ■ 13 10 / 2011 Ma non facciamo profezie, perchè è troppo melanconico il mestiere dei profeti. Leviamo per ora la voce, sperando che il disegno di legge paralizzato riacqulsti forza per trascinarsi avanti al Parlamento. Allora ne riparleremo. s Attendiamo con vivo desiderio gli ulteriori sviluppi promessi dal nostro collaboratore. Frattanto, dallo Spettatore, 14 corrente, desumiamo le seguenti notizie. I canoni, riscossi dallo Stato per la concessione di derivazioni di acque pubbliche, salirono nel decennio ultimo da L. 509.842 a L. 1.647.884. Questa triplicazione è un indice del prodigioso incremento dell’utilizzazione dell’energia. Il progetto, che sta davanti al Senato, faciliterebbe le concessioni all’industria privata, allargando le maglie della difesa degli interessi avvenire dello Stato, difesa che esisteva in germe nella vecchia legge dell’84 e che venne alquanto rafforzata, contro la speculazione, dalle circolari Branca, 10 settembre 1897, che stabili va termini brevi e rigorosi per dare esecu- zione all’esercizio delle derivazioni, e Afan de Rivera, 17 giugno successivo, per lo. quale tutte le domande di derivazione a scopo di forza motrice dovevano essere sottoposte a un preliminare esame, accertante se la forza richiesta non potesse per avventura venire utilizzata per la trazione elettrica delle ferrovie. Ma, giusta i calcoli della Relazione, l’applicazione della trazione elettrica alle nostre ferrovie importerebbe un fabbisogno di un milione di cavalli, nella ragione di 37 chilowatts per chilometro e di una rete ferroviaria di 20 mila chilometri, mentre in Italia risulterebbero disponibili forze idrauliche per 5 milioni di cavalli dinamici. Di qui ora lo. tendenza a largheggiare a favore dell’industria privata. (Nota della CRITICA). NOTA (1) Ricordiamo che ci avvenne di leggere nelle Gazzette che la relazione sarebbe stata stesa o completata, proprio in questi ultimi giorni, dall’on. Marco Pozzo, Sottosegretario di Stato alle Finanze. (Nota della CRITICA). ■ 1909 FASCICOLO 20 PAGINA 314 (TERZO DI DIECI ARTICOLI) LE ISPEZIONI SUL LAVORO IN ITALIA E I PROBLEMI CHE ESSE METTONO IN LUCE Alessandro Schiavi L’ Italia è un paese povero, quindi analfabeta. Questa è una delle conclusioni alle quali si può arrivare scorrendo le relazioni dell’Ispettorato del Lavoro. Notiamo innanzitutto che, secondo le denunzie del 1907, erano occupati in stabilimenti soggetti alla legge sul lavoro delle donne e dei fanciulli: Nel Regno: 43.635 (4,88%) fanciulli; 84.529 (9,45%) fanciulle. Nelle Provincie non comprese nei Circoli: 7.715 (5,9%) fanciulli; 4.672 (3,6%) fanciulle. Nel Circolo di Torino: 9.432 (4,7%) fanciulli; 16.628 (8,3%) fanciulle. Nel Circolo di Milano: 14.215 (5,1%) fanciulli; 35.175 (12,5 %) fanciulle. Nel Circolo di Brescia: 7.445 (3,9%) fanciulli; 24.065 (12,7%) fanciulle. Nel Circolo di Bologna: 4.828 (5,2%) fanciulli; 3.989 (4,3%) fanciulle. Sono oltre 120.000 fanciulli, dei quali circa il 90 per cento sono occupati nelle Provincie comprese nei Circoli di Ispezione. È quindi naturale che la legge si sia preoccupata di proteggere le nuove generazioni nell’epoca più delicata del loro sviluppo e, prima di autorizzare l’entrata negli stabilimenti, abbia preteso alcune garanzie, e cioè l’età non inferiore ai 12 anni, una costituzione fisica constatata dal medico sana, un alfabetismo sufficiente, stabilito dal certificato di proscioglimento dalle scuole elementari. Ma, ahimè! l’Italia è un paese povero e tutto congiura a che queste garanzie vengano eluse per ragioni sentimentali, economiche, morali. La disponibilità economica della grandissima maggioranza delle famiglie, che abitano fuori e lontano dai centri industriali, nelle campagne, nei villaggi, è cosi piccola, così insufficiente, che il mandare a scuola, anziché al lavoro, i figliuoli fino ai 12 anni, è un lusso che le famiglie per giunta non apprezzano, perché non vedono i vantaggi tangibili, tradotti in moneta, che l’alfabetismo può dar loro. Forse cominciano a capirlo ora, che li veggono respinti dagli opifici sottoposti alla legge, ma intanto fanno di tutto per eluderla e trovano in ciò alleati compiacenti e segretari e sindaci e medici e industriali, salvo che fra questi ultimi non si imbattano in taluni, che, per non subire le norme di legge, escludano addirittura i fanciulli (Circolo di Torino). Quindi rilascio dei libretti prima dell’età prescritta (nel Circolo di Milano, nel 22 per cento dei Comuni visitati, e, in quello di Brescia, nel 43,5 per cento); certificato medico difettoso, perché incompleto (nel Circolo di Bologna il 12 per cento), e rilasciato il più delle volte senza nemmeno vedere il titolare (Circoli di Milano e Brescia); rilascio di più libretti alla stessa persona per passarli ad altri (Circolo di Torino). Ma il punto in cui, come accennammo altrove, più si delinque dalle autorità, è quello della istruzione elementare. E qui diamo la parola all’ispettore Locatelli, riportando un intero paragrafo della sua Relazione oltremodo interessante. “La legge - egli dice - non fu scrupolosamente osservata, sia per l’imperfetta sua conoscenza, sia per l’impossibilità, in alcuni casi, di farla osservare”. “L’autorità superiore ritenendo che le disposizioni riguardanti la pubblica istruzione fossero generalmente osservate, nella nuova legge 7 luglio 1907 fu prescritto, oltre la frequenza, il proscioglimento dal 3° corso, e non solo per i fanciulli, ma anche per le donne dai 15 ai 21 anni”. “Sta di fatto che i libretti portanti la dichiarazione di aver frequentato i tre corsi elementari o d’aver superato l’esame di prosciogli mento sono in minoranza”. “Un assessore d’un importante Comune dichiarò che, vietando il libretto per non adempiuto obbligo di istruzione, si è venuti ad un risultato che certo la legge non si proponeva di ottenere e cioè: aumento del fondo per la Congregazione di carità ; aumento del fondo per l’accattonaggio; recrudescenza dei furti”. (Pag. 71). Una sensibile limitazione nel rilascio dei libretti, per quanto riguarda la pubblica istruzione, giova pochissimo alla diffusione di questa, e non permette di conseguire quegli scopi che la legge si propone. “Nelle campagne l’istruzione non è diffusa, oltre che per ragioni economiche, perché la popolazione non vede una utilità immediata nell’acquisto dell’istruzione stessa. In un Comune, dedito quasi esclusivamente all’agricoltura, ed all’agricoltura esercitata con sistemi antiquati, quali vantaggi sensibili ha, nella lotta per la vita, il contadino che ha frequentato per tre anni la scuola, rispetto a quello che è rimasto analfabeta?”. “Dalle ispezioni fino ad ora compiute, risulta che sono i Comuni rurali, senza sviluppo industriale, o senza una forte emigrazione all’estero, quelli che danno il maggior contingente di libretti sprovvisti di dichiarazione relativa all’istruzione elementare. Gli Ispettori del lavoro, prescrivendo un’osservanza della legge meno larga di quella - fino ad ora praticata, impedendo, in questa guisa, che alcuni genitori possano impiegare i loro figli negli opifici industriali, dove sono meglio retribuiti, hanno dato alle popolazioni operaie ed agricole come una rappresentazione sensibile dell’utilità di ottenere il certificato di proscioglimento, una utilità immediata e puramente materiale, è vero, ma forse appunto per questo ben più efficace di altri incitamenti d’indole più elevata”. “Ma, se ciò stimola la frequenza dei fanciulli, attualmente a scuola, non ha alcuna influenza sovra quelli di 12 anni compiuti, anche perché l’autorità comunale e l’autorità scolastica superiore raramente si preoccuparono di aprire scuole serali e festive, e anche ciò non sempre è possibile”. “Oltre a ciò; lo stimolo vale per le località a carattere industriale, non, per le ragioni dette, in quelle dove manca la possibilità ai genitori di occupare i figlioli negli opifici” (pag. 70 e 71). “S’aggiunga che, in quei Comuni, nei quali non esistono le classi superiori o, pure esistendo, sono frequentate in misura limitata, i fanciulli dai 9 anni in su sono abbandonati a se stessi. Durante le vacanze, poi, tutti, maschi e femmine, se non esistono speciali istituzioni di ricovero, mentre i genitori sono al lavoro, finiscono per vivere per le strade e pei cortili, incustoditi, quindi esposti ad ogni sorta di pericoli e di tentazioni. Molti genitori cercano di occuparli provvisoriamente, senza ricevere compenso, in piccoli Iaboratorii, dei quali in realtà non si, può dire che siano sottoposti a lavori pesanti e tali da pregiudicare il loro sviluppo fisico. Questi laboratorii sono però in numero limitato; alcuni di essi, per effetto della maggiore vigilanza, sono entrati nella legge, e i fanciulli, che impiegavano illegalmente, furono licenziati”. (pag. 69, 70). Un’altra conseguenza - conferma il CapoCircolo di Torino - si è che, esclusi dallo sta- bilimento perché inferiori ai 12 anni, i fanciulli ebbero il lavoro a casa (cestai). Così in Liguria vi sono fanciulli che, durante le vacanze, lavorano negli stabilimenti di conserve alimentari. Insomma, è tanta l’impazienza “nei genitori di impiegare i propri figli al lavoro, che molti libretti furono rilasciati il giorno stesso in cui il titolare compieva i 12 anni (Circ. Milano) e in molti casi furono assolutamente alterati (Circ. Torino). “Appare quindi - riprende il Capo Circolo di Milano. - come la fondazione di stabilimenti industriali a largo impiego di fanciulli (i tessili, ad esempio) non solo porta un vantaggio economico alle popolazioni agricole circostanti, ma provoca un miglioramento sensibile nella frequenza e nel profitto alle scuole elementari”. “Ma, se si applica l’articolo 2 della legge rigorosamente ed in modo uniforme per tutte le località, gli opifici industriali a largo impiego di mano d’opera non avranno la convenienza di stabilirsi dove l’istruzione non è diffusa, perché non potrebbero impiegare un sufficiente numero d’operai; porteranno quindi i loro benefizi economici ed intellettuali a popolazioni già discretamente progredite”. “Cosicché l’osservanza rigorosa ed uniforme della legge porta a questa conseguenza: che stimola la frequenza alla scuola dove questa è già abbastanza frequentata, ma non la stimola affatto, ed in certo senso la ritarda, dove è poco frequentata”. “Se si interrogano i segretari comunali, i fanciulli e i genitori sulle cause che han portato alla non osservanza della legge sulla pubblica istruzione, ci si forma la convinzione che le principali sono d’indole economica; e, poiché le condizioni economiche di una popolazione non si mutano d’un tratto per mezzo di leggi e di regolamenti, appare evidente che un miglioramento si otterrà con un lavoro assiduo e paziente di parecchi anni”. “Nelle campagne, molte bambine, dopo il primo corso, sono trattenute a casa a custodire i fratelli e le sorelle minori; la madre può attendere così più liberamente ai lavori agricoli od impiegarsi in qualche opificio”. “Avviene qualche volta che, in una famiglia numerosa, la madre diventi o rimanga inferma per parecchi mesi; in questo caso è trattenuta a casa la figlia maggiore perché l’assista, la sollevi, per quanto le è possibile, dalle cure domestiche e dalla custodia dei figli più piccoli. Oppure viene a mancare il padre, e la vedova, per occuparsi in un lavoro rimunerativo, deve assentarsi per buona parte della giornata da casa, e la custodia di questa è sempre affidata alla figlia maggiore, che naturalmente non può più frequentare la scuola”. “Parecchi Segretari comunali hanno osservato che, dopo l’istituzione d’Asili infantili, si è avuto un miglioramento nella frequenza alla scuola, appunto perché non si rendeva necessaria la presenza in casa di una figlia per la custodia dei bambini. “Anche i maschi, dopo pochi anni di frequenza, sono trattenuti a casa, per aiutare i genitori nei lavori agricoli, o per pascere il bestiame, o per portare la colazione ai membri della famiglia che lavorano in località lontane”. “La spesa, che debbono sopportare i genitori per fornire l’istruzione, sarà piccola o quasi, nulla, il guadagno che ritrarranno dai lavori dei figli sarà pure esiguo, ma non possono farne a meno, data la misera condizione economica in cui versano”. “Non si debbono dimenticare quei fanciulli che, per eccessiva vivacità di carattere, o per abbandono da parte dei propri genitori, ebbero una fanciullezza disgraziata e sono destinati, se non sono salvati in tempo, ad ingrossare la schiera dei delinquenti”. 14 ■ CRITICAsociale “Per tutti costoro, il lavoro, e specialmente quello degli opifici industriali dove è meglio retribuito, è una necessità, una salvezza. Ma non possono venire occupati, non avendo l’istruzione necessaria per ottenere il libretto. “Quei Comuni, che distribuiscono la refezione gratuitamente e la limitano solo al I ed al II Corso, trovano che un numero rilevante di alunni non supera gli esami per rimanere a godere la refezione”. “Anche nei Comuni a grande sviluppo industriale e nei quali l’autorità non solo vigila sull’applicazione della legge sulla pubblica istruzione, ma provvede gratuitamente gli alunni di libri e di refezione scolastica per tutti e cinque i corsi, anche in questi Comuni si trovano fanciulli inadempienti, pei quali il rifiuto del libretto rappresenta un’ingiustizia. “Vi sono, è vero, o almeno vi dovrebbero essere, le scuole serali o festive, per facilitare il conseguimento del certificato di proscioglimento, e in seguito quello del libretto, ma non in tutti i Comuni esistono o possono funzionare utilmente. “Nelle grandi città .sono pratiche le scuole serali o festive per i fanciulli, perché addetti in maggioranza ad industrie con orario di 10 ore o meno. Le fanciulle, specialmente nella stagione invernale, terminano il lavoro alle ore 20; debbono prima pranzare; è difficile che possano trovare il tempo per andare a scuola; rincaserebbero poi troppo tardi. Nelle campagne, dove sono occupate in prevalenza le donne, data la natura dell’industria esercitata, sono prevalenti gli orari di 10½ e di 11 ore. La frequenza delle scuole serali è pure impossibile, specialmente per le operaie occupate parecchi chilometri lontano dalla propria abitazione. Alcuni industriali istituirono scuole speciali serali, ma anche queste possono venire frequentate solo dalle operaie che dimorano nel Comune dove ha sede lo stabilimento, o da quelle alloggiate nei dormitori della ditta. Ma questi provvedimenti, certamente dei più efficaci, non sempre sono attuabili per la deficienza di insegnanti. Per le fanciulle sono solamente pratiche le scuole festive. In ogni modo, sarebbe necessario e rispondente a giustizia proporre e istituire le scuole serali o festive e poi negare il libretto a coloro che, non avendo un certificato di proscioglimento, non frequentano le scuole appositamente istituite”. “Mi sembra quindi giusto che, in fatto di pubblica istruzione, per il rilascio dei libretti, vengano concesse altre deroghe, oltre quella già stabilita per incapacità intellettuale”. (Pag. 72 e 73). E anche qui occorrerebbe che il regolamento specificasse bene che cosa la legge ha inteso di designare colle parole incapacità intellettuale; se il deficiente e il cretino da giudicarsi dal medico, e da escludersi dagli opifici dove agiscono macchine, o se il ragazzo che non ha profittato alla scuola, e in questo caso i maestri concordano nel dire che i fanciulli realmente deficienti sono pochi; vi è un certo numero di scolari che, nei primi anni di scuola, non trassero alcun profitto, essendo di tardo sviluppo, 10 / 2011 ma che, in seguito, a nove o dieci anni, aprendosi la loro intelligenza, riacquistano il tempo perduto. Ora, per questi sarebbe bene stabilire il numero degli anni durante i quali il fanciullo deve aver frequentato la scuola senza profitto, perché si ritenga inutile un ulteriore proseguimento. Per esempio - osserva l’ing. Locatelli - un fanciullo, che ha frequentato le scuole, fino al 12° anno, dovrebbe aver diritto al libretto, qualunque risultato abbia conseguito. E vi è un altro inconveniente, che insorge dalla eccessiva limitazione del numero dei fanciulli che, per deficienza di istruzione, non possono ottenere il libretto e impiegarsi nella grande e nella media industria, dove la loro salute e la loro vita sono vigilate e protette dalla legge; e si è che essi cercheranno di occuparsi nei piccoli laboratori, non soggetti alla legge, con carattere d’industria domestica, dove i salarii sono più bassi, gli orari più lunghi, il lavoro meno specializzato, i riposi più, limitati, i locali antiigienici (pag. 74). “Da. quanto ho esposto - così conchiude questo paragrafo il Capo-Circolo di Milano - mi sembra lecito dedurre le seguenti conclusioni: 1° La prescrizione dell’art. 2 della legge, di rifiutare il libretto a coloro che non hanno soddisfatto all’obbligo dell’istruzione, si è mostrata efficace per stimolare i genitori a far frequentare le scuole ai propri figli; 2° La precedente prescrizione non si può fare osservare rigidamente ed uniformemente, senza allontanare un numero rilevante di fanciulli dagli opifici, con grave danno delle industrie e sopratutto delle popolazioni operaie ed agricole; 3° Oltre la deroga per incapacità intellettuale, si rendono necessarie e doverose altre deroghe individuali e collettive; 4° La facoltà di concedere queste deroghe dovrebbe venire affidata alla autorità scolastica (Ispettore scolastico), alla quale sarebbe deferita l’applicazione del l’articolo 2 della legge per quanto riguarda l’obbligo dell’istruzione. All’Ispettore del lavoro spetterebbe solo il compito di elevare contravvenzioni in caso di fanciulli occupati con un libretto non regolare (senza certificato di proscioglimento o senza un visto dell’Ispettore scolastico)”. (pag. 75). Siamo dunque nel periodo di transizione dall’analfabetismo all’alfabetismo, che trova il maggiore ostacolo nella povertà della nostra gente. L’industria costituisce certo uno stimolo e un progresso per la popolazione agraria; ma non basta; occorre una maggiore quantità di concime chimico per questa bonifica umana. L’obbligo della frequenza della scuola non è che una misura vessatoria ed inutile in mezzo a una popolazione troppo povera; bisogna fornire anche i mezzi perché i fanciulli possano seguire la scuola, e la refezione scolastica non è ancora tutto. Vi è il lucro cessante del guadagno del fanciullo, al quale converrebbe in parte provvedere con opportune rifusioni, come si fa, per i giovani di leva, e per i richiamati in casi gravi, alle madri o alle famiglie private del principale gagne-pain. E sono sopratutto le istituzioni complementari della scuola che rendono questa efficace: gli asili infantili prima, le scuole serali e festive dopo. Se i Comuni che si dolgono di dovere spender di più poi, quando il male è cresciuto e la piccola delinquenza e l’accattonaggio si sviluppano, spendessero un po’ di più prima, in queste istituzioni, il danno economico per le famiglie e quello sociale della comunità sarebbero certo notevolmente ridotti. Intanto... affidiamoci al tatto degli Ispettori nel chiudere gli occhi sui libretti irregolari, per non creare più dolori e più miserie, di quelle che già ne affliggono. s (Continua) ALESSANDRO SCHIAVI ■ 1910 FASCICOLO 8 PAGINA 113 ANCORA DEL VOTO ALLE DONNE SUFFRAGIO UNIVERSALE A SCARTAMENTO RIDOTTO Anna Kuliscioff ...O idealismo umano, affogati... CARDUCCI L a mia replica sarà breve. Non è piacevole, lo confesso, sopra una questione di sostanza e che sta molto a cuore, dissentire da chi ci fu compagno di, lotta e di lavoro, in una vita comune di un quarto di secolo, con perfetta solidarietà, e, per un ventennio, anche su questa Rivista. E avrei ben volontieri rinunziato a questa “polemica in famiglia”, se Turati, qui, non fosse stato l’interprete fedele dei nostri compagni più autorevoli, del partito del gruppo parlamentare, del Comitato pel suffragio universale. Ma allora le smentite e le confutazioni sarebbero venute da altri: l’ortodossia del partito, geloso delle sue tradizioni novatrici e rivoluzionarie, avrebbe condannata l’eresia individuale. Ma una qualsiasi reazione si attende invano; e, per temeraria che appaia questa mia insurrezione, ad armi impari, contro tutte le “autorità costituite” del socialismo italiano... à la guerre comme à la -guerre, e proseguiamo il dibattito! Alla mia requisitoria, contro l’illogicità e il filisteismo della misoginia elettorale dei socialisti, Turati insorge protestando che giammai, nè a lui nè al Comitato, passò per la mente di escludere le donne, sia dall’estensione del suffragio (malgrado la “nessuna influenza immediatamente benefica” di codesta “aggiunta contemporanea”), sia dalla campagna per conquistarlo. Nessun dubbio che, in una proposta di legge, che venisse dal Gruppo, le donne sarebbero formalmente e esplicitamente contemplate. E, nella agitazione, le si invocano, “col più sincero desiderio, come collaboratrici di inestimabile efficacia suggestiva”. Alleluja! Dovrei sentirmi fiera di così completa, ed inattesa vittoria! Senonchè le vittorie troppo facili e pronte non sono che illusioni, destinate a vivere ce’ que vivent les rosee - e mi basta porre mente alle considerazioni “di contorno” per averne qui la riprova. L’accessorio distrugge il principale; la cornice il quadro! Infatti, “ le ragioni, per le quali, della immediata (non si dimentichi, per carità, l’aggettivo!) ammissione delle donne al suffragio, il partito socialista non saprebbe essere entusiasta” sono rimaste inconfutate - e, “oggi come oggi, la prospettiva della facoltà, data a, tutte le donne italiane, di ‘partecipare al suffragio politico, non è precisamente fatta per acquistare a questo simpatie negli ambienti socialisti (?) e democratici (!), nè per animarne la propaganda e per affrettarne la vittoria”. Siete dunque ancora convinti di trovarvi in possesso della bacchetta magica, che vi conquisterebbe, oggi come oggi, il suffragio per gli analfabeti, se l’immediata ammissione delle donne non fosse là, a riempire di sgomento i socialisti e gli affini? E allora - perchè, di grazia, invocate la immediata partecipazione delle donne lavoratrici alla campagna di conquista e le includerete immediatamente nel vostro disegno di legge? Ma, ahimè! la bacchetta magica, ecco che ritorna, nel suo regno: nel regno delle favole. Turati non disconviene che ‘la conquista del suffragio universale esigerà, per esempio, un po’ più di una stagione ... e il famoso aggettivo (non dimenticarlo mai, per carità!) perde allora un tantino del suo valore. Non essendo da sperare il miracolo di immediate vittorie, anche le immediate prudenze possono lasciarsi in riposo. Vediamo tuttavia le ragioni che le avevano suscitate e consigliate. “Le donne italiane, novecentonovantanove su mille - dice Turati, che deve averle contate - sono assenti dalla politica,, ; e gli assenti hanno torto. Su 9 milioni di uomini maggiorenni, quanti - ci si dica in cortesia - partecipano effettivamente alla vita politica? Data la percentuale media del 44 % di analfabeti, gli elettori inscritti dovrebbero ammontare almeno a 4 milioni e mezzo: sono a malapena 3 milioni, e di questi la metà’ diserta le urne. Questa assenza, però, di cinque sesti degli uomini, quasi tutti appartenenti al proletariato industriale od agricolo, non vi è affatto di ostacolo a chiedere l’universalizzazione del suffragio universale. “ Ma l’assenteismo delle donne è dieci volte superiore ....” - Ah! Si dimentica, semplicemente, che i maschi possiedono, più o meno, da secoli, i diritti politici (salvo non curarsene affatto); mentre leggi, costumi, tradizioni, secolari ingiustizie congiurarono sempre a fare delle donne delle perpetue minorenni e delle interdette insanabili. Ebbene, io vado più in là: concedo che tutte le donne siano delle assenti: sarà una ragione di non chiamarle? o non piuttosto dovrebb’essere del contrario? Chi vi dice che, una volta chiamate, non accorrerebbero? Esse non difendono i loro diritti; troppe li ignorano; troppe sono misoneiste, passive, mancipie del clero. Ma che cosa ha fatto finora il partito socialista - il solo che, sorto contro tutte le ingiustizie, a difesa di tutto il proletariato, abbia inscritto nei suoi vessilli l’uguaglianza economica, politica, giuridica dei due sessi” - che cosa ha fatto per suscitare negli animi dei lavoratori il senso e la pratica di un dovere nuoyo, più alto, più umano, nei rapporti delle loro sorelle di lavoro e di stenti, doppiamente oppresse, doppiamente indifese, e altrettanto degne, quanto essi, di possedete i fondamentali diritti del cittadino? E - poichè lamenta nella donna- quel penchant religioso, che dissimula, in fondo, l’incosciente anelito ad un riscatto, almeno fantastico, dalla schiavitù delle bestie da lavoro, verso la idealizzazione della maternità, simboleggiata nel dolce rito di Maria, verso una sospirata “fusione di anime”, che le nozze religiose sembrano promettere per un istante, sotto gli auspici del mistero, e che la dura vita smentisce - il partito socialista, la cui fede dovrebbe quelle mistiche idealità tradurre dal cielo sulla terra, dalla fantasia nella realtà, e la maternità porre davvero sugli altari della vita, e la fusione delle anime realizzare nella quotidiana comunione delle lotte, dei diritti, delle difese, delle redenzioni; che cos’ha fatto - il partito socialista - per essere, verso la donna, meno ingannatore delle religioni, meno prete dei preti? Ma qui Turati mi interrompe con un lieve sorriso canzonatorio, che vorrebbe dire: - tutto ciò è sacrosanto, ma, “oggi come oggi” le donne sono quello che sono. Inutile indagare di chi la colpa. Il fatto rimane. E non lo distrug-