PRIMO QUADRO: IL SALOTTO
NARRATORE:
20 maggio 1915 Il Messaggero
Alla vigilia dell’ultima nostra guerra di unità
“Le camere riaffermano oggi solennemente la volontà del Paese”
21 maggio La Nazione
“Il Re guidi l’esercito verso i destini della nostra storia”
dice il Presidente del Consiglio Salandra alla Camera plaudente
21 maggio Corriere della sera
“I pieni poteri al Governo per la guerra”
due memorabili sedute del Parlamento – alle dichiarazioni di
Salandra i deputati cantano l’inno di Mameli – tutto il Senato
inneggia alla più grande Italia
21 maggio Avanti!
“Il Governo ottiene dalla Camera i pieni poteri per la guerra”
il gruppo socialista vota contro dopo una ferma dichiarazione
dell’on. Turati
22 maggio La Nazione
“Al popolo di Roma che lo acclama col grido di viva il Re”
Vittorio Emanuele risponde “viva l’Italia”!
23 maggio Il Messaggero
“ Da domani l’Italia sarà in guerra con l’Austria”
24 maggio Il Corriere della Sera
“L’Italia dichiara guerra all’Austria-Ungheria”
La mia bèla
La mia béla la mi aspeta:
ma io devo andare a la guerra
chissà quando che tornerò...
—1—
L'ho ardada a la finestra:
ma io devo andare a la guerra
la mia béla aspetterà...
Il nemico è là in vedetta:
oh! montagne tute bele,
Valcamonica del mio cuor!
SECONDO QUADRO: LA TRADOTTA
NARRATTORE:
“Non ti ricordi quel mese di aprile, quel lungo treno che andava al
confine...”. Lunghe, interminabili tradotte, carri bestiame su cui
campeggiava la tristemente famosa scritta: cavalli 8 – soldati 40.
Bestie o uomini! Tutti carne da macello, visto che l’unica differenza era costituita dal cibo: gallette rafferme contro erba degli alti
pascoli. Anzi per chi doveva rimanere lassù, sulle cime dei monti e
nelle fangose trincee, forse il vitto sarebbe arrivato il giorno
dopo… forse però!…
Monte Canino
Non ti ricordi quel mese d'aprile
quel lungo treno che andava al confine
che trasportavano migliaia di alpini,
sù, sù, correte: è l'ora di partir!
Dopo tre giorni di strada ferrata
ed altri due di lungo cammino
siamo arrivati sul Monte Canino
e a ciel sereno ci tocca riposar...
Se avete fame guardate lontano,
se avete sete la tazza alla mano,
che ci rinfresca la neve ci sarà!
—2—
TERZO QUADRO: LA TRINCEA
NARRATORE:
Note del generale Luigi Cadorna
1° UFFICIALE
Per attacco brillante si calcola quanti uomini la mitragliatrice può
abbattere e si lancia all’attacco un numero di uomini
superiore: qualcuno arriverà alla mitragliatrice!
2° UFFICIALE
Le sole munizioni che non mi mancano sono gli uomini.
3° UFFICIALE
Il superiore ha il sacro potere di passare immediatamente per le
armi i recalcitranti ed i vigliacchi.
4° UFFICIALE
Chi tenti ignominiosamente di arrendersi e di retrocedere, sarà raggiunto prima che si infami dalla giustizia sommaria del piombo
delle linee retrostanti e da quella dei carabinieri incaricati di vigilare alle spalle delle truppe, sempre quando non sia
freddato da quello dell’ufficiale.
NARRATTORE:
Lettera dal fronte a Giolitti di un generale dissidente:
UFFICIALE
Vi sono truppe allo scoperto, sotto il tiro del cannone nemico, con
quindici gradi sotto zero e si vuole che avanzino.
Muoiono gelati a centinaia e ciò è ignorato dal paese.
Gli ufficiali più arditi hanno crisi di pianto di fronte alla vanità
degli sforzi, davanti all’impossibile. Sull’Isonzo si muore a torrenti
umani e nulla finora si è raggiunto…
—3—
Monte Pasubio
Sulla strada del Monte Pasubio
lenta sale una lunga colonna:
l'è la marcia de chi non torna
de chi se ferma a morir lassù!
Ma gli Alpini non hanno paura
Bom , borobom, bom bom, borobom.
Sulla cima del Monte Pasubio
sotto i denti ghe zé 'na miniera:
zé i alpini che scava e spera
de ritornare a trovar l'amor!
Ma gli Alpini non hanno paura
Bom , borobom, bom bom, borobom.
Sulla strada del Monte Pasubio
zé rimasta soltanto 'na croze
no se sente ma più 'na voze
ma solo 'l vento che basa i fior!
Ma gli Alpini non hanno paura
Bom , borobom, bom bom, borombà!.
NARRATORE:
Nel loro italiano incerto e sgrammaticato, contagiato dal dialetto, le
lettere inviate dai soldati a casa aiutano a comprendere il senso dell’esperienza di guerra vissuta dai combattenti. Quelle inviate al tribunale o bloccate dalla censura esprimono l’opposizione verso la
guerra e l’esercito, rivelano casi di fraternizzazione fra soldati di
eserciti nemici ed evidenziano un profondo anelito di pace.
1° SOLDATO
Spera cara molie che vada terminata questa guerra micidiale, che
invece di diminuire, va allargandosi sempre di più e fa piangere
madri, padri, molie, figli, frateli e sorelle di tutti quelli che si ritrovano in detta guerra…
—4—
2° SOLDATO
…vi voglio raccontare un pochino come me la passo io qui e come
ci trattano al fronte. Si fa altro che maledire i nostri superiori (così
si devono chiamare perché galonati) che vogliono tante mondizie,
dico mondizie perché è fuori di ogni maginazione…
Sino a che eravamo al masatorio, cioè in prima linea, in rischio di
farci macelare ogni minuto, ci trattavano un po’ meglio perché avevano più paura di noi e quando si fava per avanzare cridavano
avanti, avanti altrimenti vi sparo….
3° SOLDATO
Cara sorella, già sono passate tante cose, chisa che pasi anche questa maledetta e di venire ancora in vostra compagnia e di racontare
tutti i miei patimenti e sagrefigi, per la mia bella Patria che tanto
l’amo che volarebe sofrire anche più a basta che un giorno si riunisca tuta intera e di firmare una pace eternamente e di non dichiarare guerra a nessuno…
Ti ricordi la sera dei baci
Ti ricordi la sera dei baci
che ti davo stringendoti a me?
Mi dicevi: "sei bella, mi piaci,
questa sera ti voglio per me".
Mi promise 'sta pasqua sposarmi,
ma 'l destino non volle così.
Bell'alpino che avevi vent'anni
nel Trentino sei andato a morir...
Ragazzette che fate all'amore
non piangete non state a soffrir:
non c'è al mondo più grande dolore
che vedere un Alpino morir!
—5—
QUARTO QUADRO: LA PIETA’
COLONNELLO:
22 giugno 1917 zona di guerra.
Gentilissima signora, eccole i particolari sulla gloriosa fine del suo
caro figliolo e mio ottimo ufficiale. Il mattino del 9 maggio egli
con la sua compagnia si lanciò eroicamente all’assalto riuscendo a
penetrare nella trincea nemica. Ma la posizione era insostenibile
per fuoco che il nemico vi concentrava e la compagnia fu costretta
a rifugiarsi nella trincea di fortuna. Fu in quella ritirata che il mio
caro ufficiale fu colpito a morte da piombo avversario. Purtroppo
la sua cara salma non potette essere trasportata nella nostra linea.
La sua fine fu quanto mai gloriosa ed ho fatto proposta perché la
sua memoria sia onorata da alta ricompensa al valore militare.
Aggradisca, gentile signora, i sensi della mia stima e considerazione unitamente alle mie vivissime condoglianze.
Devotissimo Colonnello Comandante.
Il testamento del capitano
Il capitan de la Compagnia e l'è ferito e sta per morir:
e manda a dire ai suoi Alpini perché lo vengano a ritrovar.
I suoi Alpini ghe manda a dire che non han scarpe per camminar.
"O con le scarpe o senza scarpe, i miei Alpini li voglio qua!".
"Cosa comanda, sior capitano: che noi adesso semo arrivà?"
"Io comando che il mio corpo in cinque pezzi sia taglià".
"Il primo pezzo alla mia Patria,
secondo pezzo al Battaglion,
il terzo pezzo alla mia Mamma
che si ricordi del suo figliol.
Il quarto pezzo alla mia Bella
che si ricordi del suo primo amor,
il quinto pezzo alle Montagne
che lo fioriscano di rose e fior!".
—6—
QUINTO QUADRO: LA MARCIA
NARRATORE:
Tragico autunno del ’17: Caporetto!
Pagine dal diario di Mario.
1° SOLDATO
Alle due del mattino, sotto la pioggia dirotta si inizia il ripiegamento. Verso le sei ci si schiera sulla già preparata linea di
resistenza e vi si rimane fin verso le tre del pomeriggio, alla quale
ora si riparte.
Verso le dieci di notte si giunge a Chiusaforte: il paese è già abbandonato dalla popolazione civile.
Ci distribuiscono una galletta e una scatoletta; la divoro,
a mezzanotte si riparte. Sono stanco, piove sempre a dirotto e
sono tutto inzuppato.
2° SOLDATO
4 novembre - Alle cinque viene l’ordine di trasferimento.
Altri trenta Km di marcia in montagna. Alle sette si inizia il movimento e verso le due si giunge a destinazione.
3° SOLDATO
5 novembre - Dopo aver passato la notte all’addiaccio, verso le
dieci ci viene distribuito scatolette, gallette e formaggio.
Verso sera ci viene l’ordine di spostarci verso Spilimbergo, attaccare gli Austriaci che occupano la sommità dei monti
circostanti per aprirci un passaggio verso la pianura.
4° SOLDATO
6 novembre - Alle quattro del mattino si prende contatto col
nemico: si attacca a fondo; guadagnamo qualche Km di terreno, ma
le grandi perdite ed il giungere di rinforzi freschi al nemico consigliano il comando di divisione a desistere dall’impresa.
—7—
Verso le sei viene l’ordine di abbandonare la posizione; si inizia
subito il movimento.
Piove a dirotto, si attraversano posizioni orribili, burroni e precipizi
travolgono buona parte dei quadrupedi e qualche soldato.
5° SOLDATO
7 novembre - Verso le 12 si giunge a Campon: raffiche di mitragliatrici provenienti da tutti i lati ci investono. Impossibile muoverci e fare resistenza; siamo circondati.
Il colonnello ordina la resa. Il momento è terribile, si zittisce tutti
alzando le pezzuole
bianche e butando le armi; le lacrime malamente trattenute
bagnano le ciglia di quasi tutti.
E’ la rovina e ci spaventa l’ignoto verso cui ci dirigiamo più di una
pallottola in fronte.
6° SOLDATO
8 novembre - Alle quattro del mattino si giunge a Medino.
Ci mettono in un prato a dormire.
Piove, ma la fame e la stanchezza non ci permettono di sentire l’acqua che ci penetra fin nel midollo delle ossa e si riposa per modo di
dire perché il sonno è interrotto continuamente da forti tremiti di
freddo.
Verso le undici ci fanno uscire ed al passaggio del ponte sul
Livenza ci distribuiranno un pugno di farina gialla a testa; in un
prato la polenta. Polenta senza sale che in altri tempi lo stomaco
avrebbe rifiutato! L’ho trovata squisita!
All’una ci si mette in marcia: tanto per cambiare piove ancora.
Dopo un’ora di cammino, disteso nel fosso, man mano sfilando,
troviamo il cadavere di un bersagliere.
Ha il cranio spaccato, il fucile ancora stretto tra le mani rigide, il
corpo supino rivolto alle nostre vecchie trincee.
Povero giovane! Povera mamma tua condannata a sperare eternamente nel tuo ritorno e destinata a ignorare sempre la tua misera,
eroica certamente, fine.
—8—
Stelutis alpinis
Se tu vens cà su tas cretis
là che lor m'han soterà:
a l'è un plaz plen di stelutis
dal mio sanc l'è stat bagnà.
Par segnal une crosute
jé scolpide lì, tal cret:
fra che stelis nass l'erbute,
sot di lor jo duar cujè.
Ciol su ciol una stelute
e a ricuard dei nostri ben
tu i daràs ne buss'a dute
e po' platile tal sen.
Cuan che a cjase tu ses sole
e di cur tu preis par mi,
il mio spirto a tor ti svole
jo e la stele sin cun te.
NARRATORE:
“Se tu salirai quassù fra le rocce, dove loro mi hanno seppellito
v’è uno spiazzo coperto di stelle alpine, dal mio sangue è stato
bagnato.
Per segnale una piccola croce, è scolpita nella roccia,
fra quelle stelle nasce l’erba, sotto cui io dormo tranquillo.
Prendi prendi una piccola stella, che ci ricorda il nostro amore,
tu le darai un bacio delicato, e poi nascondila in seno.
Quando a casa tu sarai sola, e di cuore pregherai per me,
il mio spirito intorno ti aleggerà, io e la stella saremo con te.”
—9—
CORO E NARRATORE:
Resistere, resistere, resistere: Monte Grappa!
Resistere, resistere, ancora resistere: il Piave! Vittorio Veneto!
La leggenda del Piave
Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio
dei primi fanti il ventiquattro maggio;
l'esercito marciava per raggiunger la frontiera
per far contro il nemico una barriera!
Muti passaron quella notte i fanti,
tacere bisognava andare avanti.
S'udiva intanto dalle amate sponde
sommesso e lieve il tripudiar de l'onde.
Era un presagio dolce e lusinghiero.
il Piave mormorò: Non passa lo straniero!
E ritornò il nemico per l'orgoglio e per la fame
voleva sfogare tutte le sue brame,
vedeva il piano aprico di lassù: voleva ancora
sfamarsi e tripudiare come allora!
No, disse il Piave, no, dissero i fanti,
mai più il nemico faccia un passo avanti!
Si vide il Piave rigonfiar le sponde
e come i fanti combattevan l'onde.
Rosso del sangue del nemico altero,
il Piave comandò: Indietro va, o straniero!
— 10 —
SESTO QUADRO: LA VITTORIA E IL RICORDO
UFFICIALE:
Bollettino della Vittoria.
“La guerra contro l’Austria-Ungheria, che sotto l’alta guida di Sua
Maestà il Re Duce Supremo, l’esercito italiano, inferiore per numero
e per mezzi iniziò il XXIV maggio MCMXV e con fede incrollabile
e tenace valore condusse ininterrottamente ed asprissima per XLI
mesi, è vinta. La gigantesca battaglia ingaggiata il XXIV dello scorso
ottobre ed alla quale prendevano parte cinquantuna divisioni italiane,
tre britanniche, due francesi, una czeco-slovacca ed un reggimento
americano contro settantatré divisioni austoungariche è finita.
La fulminea arditissima avanzata del ventinovesimo Corpo d’Armata su Trento, sbarrando le vie della ritirata alle armate nemiche del
Trentino travolte ad occidente dalle truppe della settima Armata e ad
oriente da quelle della prima, sesta e quarta, ha determinato ieri lo
sfacelo totale della fronte avversaria. Dal Brenta al Torre, l’irresistibile slancio della dodicesima dell’ottava e della decima Armata e
delle Divisioni di cavalleria ricaccia sempre più indietro il nemico
foggente. Nella pianura S.A.R. il Duca d’Aosta avanza rapidamente
alla testa della sua invitta terza Armata, anelante di ritornare sulle
posizioni da essa già vittoriosamente conquistate, che mai aveva perdute. L’esercito austro-ungarico è annientato; esso ha subito perdite
gravissime nell’accanita resistenza dei primi giorni e nell’inseguimento ha perdute quantità ingentissime di materiale di ogni sorta:
pressoché per intero i suoi magazzini e depositi; ha lasciato finora
nelle nostre mani circa trecentomila prigionieri con interi stati maggiori e non meno di cinquemila cannoni.
I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano disceso con
orgoglio e sicurezza”
IV novembre MCMXVIII Ore 13 - Comando Supremo DIAZ
— 11 —
NARRATORE:
La guerra è finita: il tricolore sventola su Trento e Trieste.
Il tricolore copre 750.000 caduti italiani.
Inno di Mameli
Fratelli d'Italia,
l'Italia s'è desta,
dell'elmo di Scipio
s'è cinta la testa.
Dov'è la vittoria?
Le porga la chioma,
che schiava di Roma
Iddio la creò.
Stringiamci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò.
Stringiamci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
L’Italia chiamò!
— 12 —
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Libretto - Distretto Culturale di Valle Camonica