Programma
Krzysztof Penderecki
(Debica, 23 Novembre 1933)
Tre Pezzi in stile barocco
Aria. Lento – Minuetto I - Minuetto II
per il film Il manoscritto trovato a Saragozza
di Wojciech Has (1965)
Ennio Morricone
“Tema di Deborah”
“Gabriel’s Oboe”
(Roma, 10 Novembre 1928)
Bernard Herrmann per il film C’era una volta in America
di Sergio Leone (1984)
per il film The Mission di Roland Joffé (1986)
Psycho Suite
(New York, 29 giugno 1911
-Los Angeles, 24 dicembre 1975)
The Rainstorm – The City – The Murder –Finale
John Williams Tema da Schindler’s List
Armando Trovajoli “Brothers”
Tema da “La famiglia”
(Floral Park, 8 Febbraio 1932)
(Roma 2 Settembre 1917)
per il film Psycho di Alfred Hitchcock (1960)
per il film di Steven Spielberg (1993)
per il film Due fratelli di Alberto Lattuada (1988)
per il film di Ettore Scola (1987)
Charles_Camille Saint-Saens L’assassinat du Duc de Guise
(Parigi, 9 ottobre 1835 - Algeri, 16 dicembre 1921)
Introduction et Cinq Tableaux
per il film omonimo
di André Calmettes e Charles Le Bargy (1908)
- prima esecuzione italiana -
Manifesto delle sette arti
La teoria delle sette arti ha guadagnato rapidamente terreno e si spande nel mondo
intero. Nella totale confusione dei generi e delle idee ha portato una chiarificazione,
come una fonte nuovamente ritrovata. Non voglio menar vanto di tale scoperta, poiché ogni teoria comporta la scoperta di un principio basilare. Ne constato soltanto la
diffusione, così come enunciandola ne constatavo la necessità. (…)
Quest’arte di sintesi totale che è il Cinema, questo prodigioso neonato della
Macchina e del Sentimento, comincia ormai a smettere i vagiti per entrare nell’infanzia. Ben presto verrà l’adolescenza e risvegliare il suo intelletto e a moltiplicare i suoi
segni. Noi gli chiederemo di affrettare lo sviluppo, di anticipare l’avvento della sua
giovinezza. Abbiamo bisogno del Cinema per creare l’arte totale cui hanno teso tutte
le arti, da sempre.
E qui sarà necessario spiegare ancora una volta, in breve, quella teoria che gli
ambienti più avvertiti conoscono già come la “Teoria delle sette arti”. La fonte che
abbiamo ritrovato ce la rivela in tutta la sua chiarezza. Vi scopriamo che, in realtà, due
arti sono sorte originariamente dal cervello umano per permettergli di fissare tutto il
fuggevole della vita, in lotta contro la morte delle parvenze e delle forme, arricchendo dell’esperienza estetica le generazioni. Si trattava, per l’umanità ai suoi albori,
di qualcosa che completasse la vita, elevandola sopra le realtà effimere, affermando
l’eternità delle cose dinanzi alle quali gli uomini provavano un’emozione. Si vollero
creare i primi focolai d’emozione, capaci di riversare su tutte le generazioni quello che
un filosofo italiano chiama “l’oblio estetico”, cioè il godimento di una vita superiore
alla vita, di una personalità multipla che ognuno può crearsi al di fuori e al di sopra
della propria.
Nella mia già avevo notato che l’architettura e la musica avevano espresso immediatamente questo bisogno ineluttabile dell’uomo primitivo, che cercava di fermare
per sé tutte le forze plastiche e ritmiche della sua esistenza sentimentale. (…)
Nata da un bisogno tutto spirituale di elevazione e di superiore oblio, la Musica è
veramente l’intuizione e l’organizzazione dei ritmi che reggono tutta la natura. Ma si
è manifestata prima nelle sue complementari, la Danza e la Poesia, per giungere dopo
milizia di anni alla liberazione individuale, alla Musica senza danza e senza canto,
alla Sinfonia. Come entità determinante di tutta “l’orchestrica” del lirismo, esisteva
già prima di diventare qel che noi chiamiamo la Musica pura, precedendo la Danza e
la Poesia. Così come le forme nello Spazio sono innanzi tutto architettura, i ritmi nel
Tempo non sono prima di ogni altra cosa Musica?
Oggi il “cerchio in movimento” dell’estetica si chiude infine trionfalmente in questa fusione totale delle arti che si chiama “Cinematografo”. (…) Durante tutti i secoli
fino al nostro, presso tutti i popoli della terra, le due Arti e le loro quattro complementari son rimaste identiche. Quella che schiere internazionali di pedanti hanno creduto
di poter chiamare “l’evoluzione delle arti” non è che logomachia.
La nostra epoca è incomparabile per vigore interiore ed esteriore, per la nuova
creazione di un mondo interiore ed esteriore, per la scoperta di energie fino ad oggi
insospettate: interiori ed esteriori, fisiche e religiose.
Il nostro tempo ha sintetizzato in uno slancio divino le molteplici esperienze
dell’uomo. E abbiamo tirato tutte le somme della vita pratica e della vita sentimentale.
Abbiamo sposato la Scienza all’Arte, applicando l’una all’altra per captare e fissare i
ritmi della luce. È il Cinema.
La settima Arte concilia così tutte le altre. Quadri in movimento. Arte Plastica
che si sviluppa secondo le leggi dell’Arte Ritmica. Ecco il suo posto nella prodigiosa
gioia che la coscienza della propria perpetuità regala all’uomo moderno. Le forme e
i ritmi, ciò che chiamiamo la vita, nascono dai giri di manovella di un apparecchio di
proiezione.
Noi viviamo le prime ore della nuova Danza della Muse attorno alla nuova giovinezza di Apollo. La ronda delle luci e dei suoni attorno ad un incomparabile focolare.
La nostra anima moderna.
Ricciotto Canudo, 1911.
Ricciotto Canudo
(Gioia del Colle, 1877 - Parigi, 1923)
Il manoscritto trovato a Saragozza
Ennio Morricone e Sergio Leone
Alfred Hitchcock e Bernard Herrmann
Steven Spielberg e John Williams
Ettore Scola e Armando Trovajoli
L’assassinat du Duc de Guise
I film
Il manoscritto trovato a Saragozza (Rikopis znaleziony w Saragossie),
1965, Polonia.
Regia: Wojciech Jerzy Has; sceneggiatura: Tadeusz Kwiatkowski, dal romanzo omonimo di Jan Potocki; fotografia: Mieczyslav Jahoda; montaggio: Krystyna Komosinska;
musica: Krzysztof Penderecki; scenografia: Jerzy Skarzynski, Tadeusz Myszorek;
costumi: Lidia Skarzynski, Jerzy Skarzynski; interpreti: Zbigniew Cybulski, Iga
Cembrzynska, Joanna Jedryka, Kazimierz Opalinski, Slawomir Lindner; b-n; 180’.
Durante le guerre napoleoniche un ufficiale ritrova un manoscritto che narra le vicissitudini
di suo nonno, il capitano Alfons van Worden. Questi, coraggioso uomo d’onore, attraverso la
Sierra Morena giunge a Madrid, dove due principesse moresche, dopo averlo sedotto, lo informano che lo attendono grandi imprese e rocambolesche avventure. In un gioco ad incastri tra
sogno e realtà, il capitano incontrerà un prete eremita, si salverà dall’Inquisizione, avrà l’anima
contesa tra un cabalista e un matematico, ma riuscirà a tornare dalle due principesse che lo
attendono con notizie stupefacenti.
C’era una volta in America (Once upon a Time in America), 1984,
Italia, USA.
Regia: Sergio Leone; sceneggiatura Sergio Leone, Leonardo Benvenuti, Piero De
Bernardi, Enrico Medioli, Franco Arcalli, Franco Ferrini, dal romanzo di Harry Grey;
fotografia: Tonino Delli Colli; montaggio: Nino Baragli; musica: Ennio Morricone;
scenografia: Carlo Simi; costumi: Gabriella Pescucci; interpreti: Robert De Niro,
James Woods, Elizabeth McGovern, Treat Williams, Danny Aiello, Joe Pesci; colore;
229’.
La storia di Max Bercovicz, e David Aaronson, chiamato Noodles, comincia negli anni ‘20
quando i due, ancora ragazzini, iniziano la loro carriera nella malavita del quartiere ebraico di
New Jork. Dopo alterne vicende e drammatici eventi all’interno della criminalità organizzata,
Max finirà come politico corrotto e bancarottiere, Noodles come vecchio solitario e deluso
dalla vita.
Mission (The Mission), 1986, Gran Bretagna.
Regia: Roland Joffé; soggetto: Robert Bolt; sceneggiatura: Robert Bolt, David
Puttnam; fotografia: Chris Menges; montaggio: Jim Clark; musica Ennio Morricone;
scenografia: Stuart Craig; costumi: Enrico Sabbatini; interpreti: Robert De Niro,
Jeremy Irons, Ray McAnally, Aidan Quinn, Liam Neeson; colore; 125’.
Nel 1750, nella regione sudamericana del Paranà governata da spagnoli e portoghesi, padre
Gabriel, un missionario gesuita, decide di risalire le cascate del fiume Iguaçù per prendere
contatto con una tribù di indios che vive nella foresta. Si unisce a lui Mendoza, mercenario e
mercante di schiavi, ora gesuita, che ha ucciso per gelosia il proprio fratello e ora è in cerca
di riscatto. Il loro obiettivo, condiviso dai superiori, è quello di tentare di creare un sistema
comunitario dove per gli indigeni sia possibile vivere senza essere sfruttati da spagnoli e
portoghesi. Gli indios vivono asserragliati fra montagne inaccessibili, ma l’impari lotta sfocia
nell’eccidio.
Psycho, 1960, USA.
Regia: Alfred Hitchcock; sceneggiatura: Joseph Stefano, dall’omonimo romanzo di
Robert Bloch; fotografia: John L. Russell; montaggio: George Tomasini; musica:
Bernard Herrmann; scenografia: Robert Clatworthy, Joseph Hurley; costumi: Rita
Riggs; interpreti: Anthony Perkins, Vera Miles, Janet Leigh, John Gavin, Martin
Balsam; b/n; 109’.
Marion, impiegata di una società immobiliare, fugge dalla città per raggiungere il fidanzato
Sam, con quarantamila dollari sottratti ad un cliente. Prima di raggiungere la casa di Sam, si
ferma a pernottare in un motel gestito da Norman, uno strano giovane oppresso dall’autoritario
carattere della madre. Mentre sta facendo una doccia, prima di andare a letto, Marion viene
uccisa. Preoccupata per la scomparsa di Marion, sua sorella Lila si reca da Sam per averne
notizie, ma il ragazzo non ha visto arrivare Marion. Della scomparsa s’interessa un detective
privato che, dopo aver visitato tutti gli alberghi, si reca anche nel motel di Norman, dove però
viene ucciso e fatto scomparire. Lila e Sam si recano presso il motel per appurare la verità.
Mentre Lila sta per cadere in una mortale insidia, Sam giunge in tempo e scopre che l’autore dei
precedenti misfatti è Norman, il quale, sconvolto dalla morte della madre - da lui stesso uccisa
in uno scatto di gelosia -, ne ha assimilato la personalità fino al punto di travestirsi da donna
prima di compiere i suoi delitti.
Schindler’s List, 1993, USA.
Regia: Steven Spielberg; sceneggiatura: Steven Zaillian, dall’omonimo romanzo di
Thomas Keneally; fotografia: Janusz Kaminski; montaggio: Michael Kahn; musica:
John Williams; scenografia: Ewa Braun, Allan Starski; costumi: Anna B. Sheppard;
interpreti: Liam Neeson, Ralph Fiennes, Ben Kingsley, Caroline Goodall, Embeth
Davitz; b/n, colore; 190’.
Polonia, 1939-1945. Oskar Schindler, imprenditore intraprendente e spregiudicato, riesce a
stringere solidi rapporti d’affari con i nazisti che occupano la Polonia e a farsi così assegnare la
proprietà di una fabbrica confiscata agli ebrei. Con il crescere delle persecuzioni la fabbrica, che
utilizza manodopera ebrea non retribuita, dà rifugio ad un numero crescente di ebrei, che così
sfuggono alla deportazione nei lager e a morte sicura. L’industriale finisce per trovarsi sempre
più coinvolto in un sistematico impegno teso a salvare vite umane, ricorrendo a questo scopo
anche alla corruzione dei gerarchi nazisti ed all’imbonimento di Goeth, crudele comandante
del campo di sterminio di Cracovia, al quale riesce a sottrarre parecchi internati. A guerra finita
Schindler ha esaurito completamente il suo patrimonio, ma ha salvato più di mille ebrei e a lui
andrà per sempre la loro riconoscenza e quella dei loro discendenti.
Due fratelli, 1988, Italia.
Regia: Alberto Lattuada; soggetto: Ennio De Concini, Giovanni Pascutto; sceneggiatura: Silvana Buzzo, Ennio De Concini, Alberto Lattuada; fotografia: Blasco Giurato;
montaggio: Alberto Galletti; musica: Armando Trovajoli; scenografia: Vincenzo Del
Prato; costumi: Antonella Berardi;interpreti: Massimo Ghini, Larry Lamb, Nancy
Brilli, Gabriele Ferzetti; colore; 300’.
Un magistrato scopre che nella sua città natale, Verona, alcuni maggiorenti hanno grosse responsabilità per quanto riguarda l’inquinamento d’acqua della regione. Il magistrato promuove
un’inchiesta e scopre che anche suo fratello maggiore ha le mani in pasta.
La famiglia, 1986, Italia, Francia.
Regia: Ettore Scola; soggetto: sceneggiatura: Graziano Diana, Ruggero Maccari, Furio
Scarpelli, Ettore Scola; fotografia: Ricardo Aronovitch; montaggio: Franco Malvestito;
musica: Armando Trovajoli; scenografia: Cinzia Lo Fazio, Luciano Ricceri; costumi:
Gabriella Pescucci; interpreti: Vittorio Gassmann, Stefania Sandrelli, Fanny Ardant,
Carlo Dapporto, Ottavia Piccolo, Philippe Noiret, Memè Perlini; colore; 127’.
I ricordi di Carlo, professore d’italiano in pensione, si sviluppano a partire da una foto scattata
nel 1906 e scorrono sullo schermo in nove flash-back di un decennio ciascuno, nei quali rivivono, nel loro succedersi dimesso e quotidiano all’interno di una casa romana del quartiere Prati,
i personaggi e le vicende generazionali di una famiglia borghese. Fra gli ascendenti Aristide,
un padre pittore dilettante; una madre cantante mancata; il nonno Carlo, anche lui professore;
tre zie zitelle, Margherita, Luisa, Ornella. Intorno a Carlo: Giulio, un fratello che si lascerà
poi coinvolgere dal fascismo; Beatrice, una ragazza che si reca da lui a lezioni di ripetizione
e che diventerà sua moglie; la sorella di lei, Adriana, una giovane pianista di cui Carlo rimane
segretamente innamorato anche dopo esser diventato marito e padre; la cameriera Adelina, poi
moglie di Giulio, figli, nipoti, figli dei nipoti. All’esterno la storia, che scorre attraverso guerre
e mutamenti, fino a una festa per il compleanno di Carlo, ormai anziano, in cui tutti si danno
convegno nell’antica casa per festeggiarlo, posando per una seconda foto-ricordo di famiglia.
L’assassinat du Duc de Guise, 1908, Francia.
Regia: André Calmettes, Charles Le Bargy; sceneggiatura: Henri Lavedan; musica:
Camille Saint-Saënsa; scenografia: Émile Bertin; interpreti: Charles Le Bargy, Albert
Lambert, Gabrielle Robinne, Raphael Duflos, Albert Dieudonné, Jean Angelo, Berthe
Bovy; b/n, muto; 18’.
1588. Enrico III, re di Francia, intende uccidere il duca di Guisa, suo eterno rivale in amore. Il
sovrano escogita un piano per l’assassinio convocando il duca al castello di Blois dove delle
guardie appositamente istruite lo attenderanno con le armi in pugno. L’amante del duca, avvertita delle intenzioni del Re, lo informa, ma il nobile, sicuro della propria autorità, vi si reca
ugualmente. Nel Cabinet-Vieux del castello il duca è pugnalato dalle guardie del Re, mentre
questi assiste all’omicidio nascosto dietro le tende. Alla fine, Enrico III fa bruciare il corpo del
duca, per disfarsene.
il collegium musicum
Flauto
Michele Bozzi
Clarinetto Giambattista Ciliberti
Oboe
Giuseppe Giannotti
Fagotto
Marcello Degiuseppe
Corno
Simone Lovino
Pianoforte
Angela Annese
Harmonium
Barbara Rinero
Violini primi
Carmine Scarpati – Daniela Carabellese
Clelia Sguera – Lucia Giannotti
Violini secondi
Francesca Carabellese – Raffaele Fuccilli
Savino Di Palo – Teresa Dangelico
Viole
Maurizio Lomartire – Flavio Maddonni
Giacomo Battista
Violoncelli
Giuseppe Carabellese – Alessandra Cefaliello
Contrabbasso
Pietro Pacillo
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Libretto COLLEGIUM MUSICUM 21 FEBBRAIO