LUSIA Passeggiando tra storia e ambiente Scoprire Lusia con itinerari storici tra arte e natura Passeggiando tra storia e ambiente Il modo migliore per accostarsi alla scoperta di Lusia e di quanto questo piccolo centro è in grado di offrire ad un viaggiatore desideroso di percorrere non scontati itinerari tra arte e natura è quello di seguire le vicende che da un lontano passato l’hanno condotta ai nostri giorni. Edizioni Turismo e Cultura Indice 1. 2. 3. 3.1 3.2 4. 4.1 4.1.2 4.2 5. 6. 7. Un po’ di storia Ambiente Itineraio pedonale nel capoluogo Tra storia e arte Tra agricoltura e natura Itinerario ciclabile nei dintorni Cavazzana Santa Lucia Ca’ Zen Appuntamenti English version Numeri utili CeDi - Turismo & Cultura Tel 0425. 21530 - Tel e Fax 0425.26270 e-mail: [email protected] ww.turismocultura.it Impaginazione e Stampa www.studioadvision.it Rovigo Testi : Renato Maggiolo, Stefano Turolla Foto: Archivio fotografico Benvenuti a Lusia A coronamento di un ampio programma di azioni mirate alla promozione del nostro territorio -Lusia fertile terra- abbiamo inserito la realizzazione di una guida turistico-culturale strutturata in due percorsi, uno pedonale all’interno del capoluogo, e uno ciclabile esteso alle frazioni. Questo progetto rientra nelle iniziative finanziate dal Programma di Sviluppo Rurale per il Veneto 2007 – 2013, Asse 4 – Leader, ed in particolare nella misura 313 azione 4 che promuove l’incentivazione delle attività turistico informative. Siamo particolarmente soddisfatti del risultato di questa iniziativa, che valorizza un territorio, oggi particolarmente vivace sia sotto il profilo economico, che culturale: una felice fusione tra storia, ambiente, orticoltura, tipicità del gusto e della gastronomia. Partendo dall’Adige, dispensatore in passato di immani catastrofi ma anche, in tempi più recenti, di sviluppo, si intraprende una sorta di viaggio dal passato al presente. Attraverso testimonianze storiche, emergenze architettoniche, mappe e foto d’epoca, si ripercorre, non solo idealmente, ma anche fisicamente, la millenaria storia del Comune di Lusia, dalle testimonianze estensi a quelle veneziane, dal bombardamento del 20 aprile 1945 alla ricostruzione post bellica e alla rinascita economica. Il sindaco 1 Un po’ di storia La tradizione che vuole legare l’origine di Lusia alla famiglia romana di Caio Mario ed in particolare alla figlia Maria Terzia, proprietaria di una fattoria, non ha a tutt’oggi una piena attestazione storica. Infatti se alcuni reperti archeologici rinvenuti nel territorio comunale - in particolare un cippo cilindrico in trachite con iscrizione sul fusto liscio e con cavità cineraria scavata sulla base superiore (oggi conservato presso il Museo dei Grandi Fiumi a Rovigo) - sembrano avvalorare la tesi della presenza in loco di un insediamento romano databile attorno al I secolo d.C., tuttavia gli stessi reperti sono insufficienti a fornire elementi in grado di formulare un’ipotesi circa la tipologia dell’insediamento. Tra il VI e l’VIII secolo il Veneto meridionale fu investito da uno straordinario sconvolgimento idrografico che vide protagonista l’Adige. In età romana il basso corso del secondo fiume d’Italia toccava i centri di Bonavigo, Minerbe, Montagnana, Este, Sant’Elena e Solesino per sfociare in Adriatico nell’allora porto di Brondolo presso l’attuale Chioggia. Successivamente l’Adige mutò il suo corso spingendosi più a sud, a causa - secondo una foto1: fusto MGF parte della storiografia - di una disastrosa rotta, detta della Cucca (17/10/589) nell’odierna Veronella. Ma probabilmente si è trattato di una concomitanza di molteplici fattori: climatici (aumento delle temperature e delle precipitazioni), ed anche antropici (scarsa manutenzione della rete idrografica anche conseguenza delle guerre che contrapponevano i Longobardi all’Esarcato di Ravenna). Da allora il fiume si è diramato in due alvei: l’attuale 1 Adigetto, inizialmente caratterizzatosi come ramo primario, e l’odierno Adige, il ramo secondario, solo successivamente divenuto principale. (vedi foto 2) Le vicende del X secolo non trovano una versione univoca, tuttavia a questo periodo gli storici concordano nell’individuarne le prime testimonianze di presenza di un abitato. Secondo alcuni nel 912, Lusia viene ceduta dall’Imperatore Berengario ai Canonici di San Giorgio e Santa Maria di Verona affinché approntassero una rete di fortificazioni lungo l’Adige a difesa dagli Ungari. Successivamente, nel 1079, i Canonici veronesi la concessero in enfiteusi ad Alberto Azzo II d’Este. Secondo altri studiosi Lusia rientrava nei possedimenti di Ugo marchese di Toscana e da questi fu donata, nel 993 o 995, al monastero della Vangadizza; dal monastero passò ai Canonici di San Giorgio e Santa Maria che nel 1079 la concessero foto 2: mappa con il corso antico e moderno dell’Adige PERETTO O BARBUIANI] 1 ad Azzo II d’Este. Quale che sia la versione più corretta il dato significativo è che Lusia, nel 1079, fu concessa in enfiteusi (con contratto rinnovato ogni 29 anni fino al 1450 c.) al marchese Alberto Azzo II d’Este, dai Canonici di Verona. Sembra che già prima del 1079 - cioè quando queste terre erano sotto il controllo dei Canonici di San Giorgio e Santa Maria - nella località fosse presente un insediamento con un edificio sacro che faceva parte della diocesi di Verona e che era dedicato ai Santi Pietro e Vito. La chiesa, come le terre, rientrava nei beni oggetto dell’enfiteusi e pertanto anch’essa passò sotto il controllo della Casa d’Este che, nel XII secolo, edificò sulla riva destra dell’Adige, vicino all’edificio sacro, un castello posto a “guardia” del fiume. Nella seconda metà del XIII secolo Azzo VII dopo la conquista di Ferrara concesse a Giocoli, una delle nobili famiglie ferraresi che lo avevano sostenuto, beni e privilegi, tra i quali risulta anche il castello di Lusia dove si stabilì Gruamonte de Catani che assunse anche l’appellativo “da Lusia”. La presenza di un edificio sacro nel borgo ricorre spesso nei documenti sia estensi che dell’abbazia della Vangadizza: nel 1290 muterà titolo, diventando dei SS. Vito e Modesto. Nel 1342, al rettore e arciprete della chiesa dei SS. Vito e Modesto viene concessa dal vescovo anche la vicaria di S. Giuliano di Longale (Bornio) in cui porre la propria residenza in quanto la plebe di Lusia risulta distrutta dalle inondazioni, tanto che le decime dai benefici parrocchiali sono in terris quam in aquis. L’annoso problematico rapporto con l’Adige subisce una drammatizzazione negli anni trenta del XV secolo quando, in seguito ad eventi bellici, si verificarono le disastrose rotte di Castagnaro e Malopera. [3.Mappa con le rotte MGF sala flumina o Barbuiani] Secondo alcuni storici durante la guerra che vide contrapporsi Venezia a Milano per il controllo di Bergamo e Brescia, nel 1432 i Visconti attuarono un taglio nell’argine dell’Adige, all’altezza di Castagnaro, allo scopo di far entrare nel fiume una loro flotta per dar battaglia alla flotta veneziana stanziante nell’Adige. La rotta creò il canale di Castagnaro che sfociava nel Tartaro (oggi Canalbianco) all’altezza di Trecenta. Altre fonti sostengono che nel 1438, sempre nel contesto del conflitto Veneziano – Milanese, i 1 Gonzaga, alleati dei Visconti, abbiano aperto una rotta nell’argine destro dell’Adige per permettere a otto galeoni della loro flotta di entrare nel fiume ed impegnare la flotta veneziana che lo presidiava. La rotta generò un canale detto Malopera che sfociava nel Tartaro presso Canda. Qualunque sia stata la causa, la forza di uscita delle acque fu tale da generare gorghi che non si [3.Mappa con le rotte MGF sala flumina o Barbuiani] 1 riuscirono, o non si vollero, chiudere anche a conflitto finito. Così ogni piena dell’Adige divenne fonte di allagamenti per tutto il Polesine, le popolazioni furono duramente colpite, l'economia distrutta e le opere di bonifica, realizzate fino a quel momento, devastate. Furono gli Estensi, attorno alla metà del XV secolo, ad iniziare un’opera di bonifica atta a riportare il Polesine alle condizioni precedenti la guerra Veneziano – Milanese, opera che si arrestò nel 1482 quando un nuovo conflitto sconvolse il Polesine: la Guerra del Sale, che vide contrapporsi Estensi e Veneziani. La pace firmata a Bagnolo nel 1484 pose fine al conflitto e stabilì il definitivo passaggio del Polesine, a nord del Tartaro – Canalbianco, alla Serenissima. Tra le clausole del trattato troviamo anche la riconferma di un accordo del 25 marzo del 1405 con il quale Estensi e Veneziani si impegnavano a demolire torri e fortificazioni militari presenti in Polesine; l’intento era probabilmente quello di fare del Polesine una zona smilitarizzata, una sorta di cuscinetto tra il Ducato Estense e la Serenissima. Quanto tale accordo trovò applicazione non ci è dato sapere, di certo molte fortificazioni subirono signifi- cative trasformazioni perdendo la loro originale funzione militare a favore di una destinazione d’uso agricolo-residenziale. Il XVI secolo vede Lusia iniziare una lenta ripresa. Nel 1540 la parrocchia conta circa 500 anime che passeranno a 1200 nell’arco di poco più di un sessantennio (1604). Il castello Estense - o meglio parte di esso come si evince da una mappa datata ottobre 1568 dove vengono raffigurati oltre alla chiesa, case e casoni, anche mura, torre ed edifici fortificati - risulta di pertinenza della veneziana Scuola Grande di San Rocco, sembra in veste di commissaria. Nel 1616 la “…veneranda scuola di S. Rocco de Venetia in detto fondo tiene una casa da Patrone et una da Castaldo, con teza, colombare, tutto murado et cupado, et corte murada à torno et horto, terra arativa et praddi …”. Sembra dunque che del castello estense non resti traccia, se non forse nelle colombare che potrebbero essere state edificate sulle basi delle torri, e che le fortificazioni cinte da mura siano ora diventate una corte agricola, con casa padronale, casa per il gastaldo o fattore, tettoie e altri annessi tutti in muratura e con tetto in coppi. Successivamente, tra il 1616 e il 1664, Giovanni 1 Successivamente, tra il 1616 e il 1664, Giovanni Francesco Morosini (figlio di Giovanni, dei Morosini della Sbarra del ramo di San Canciano legati da parentela con Caterina Cornaro regina di Cipro) Abate Commendatario dell’abazia Leno (Brescia) e, dal 1644, Patriarca di Venezia, inizia una massiccia acquisizione di terreni “in villa di Lusia” tra i quali anche il “castello”. [4. Albero ricostruzione] Una “fotografia” di Lusia sul finire del XVII secolo ci vene fornita da una mappa datata 1691. [5. Ridisegno] MOROSINI dalla SBARRA ramo di San Canciano Pietro s. Cornelia Cornaro nipote di Caterna regina di Cipro n Giovan Francesco Agostino cardinale Alvise GIOVAN FRANCESCO GIOVANNI Abate e Patriarca di Venezia GIOVAN FRANCESCO FRANCESCO Cavaliere e procuratore ELISABETTA del ramo di S. Stefano moglie di Paolo Gatterbuorg LOREDANA 1 Il paese si sviluppa lungo l’argine dell’Adige; ad occidente della chiesa, tra l’attuale Strada Provinciale 18 e via XX aprile, sono visibili case in muratura con copertura in coppi, anche a più piani, affiancate da case con il tetto in paglia o canne palustri. La chiesa si presenta a navata unica con alto campanile ultimato nel 1663. A destra del tempio, tra l’attuale via Roma e viale Adige si sviluppa la corte Morosini; l’ingresso principale è a nord, tramite un ponte in muratura si accede al corpo di fabbrica padronale a due piani che unisce due manufatti a torre (probabilmente due colombare edificate sulle basi delle torri del castello) entrambe coperte con tetto in coppi a quattro spioventi; due barchesse ortogonali disegnano con l’edificio padronale una corte chiusa con accesso di servizio nella cinta muraria sull’attuale via Roma; oltre la barchessa meridionale sono presenti altri due manufatti a torre uniti da un muro e da un edificio; a levante completa la corte la casa del fattore. Proprietario risulta essere Giovanni, fratello del Patriarca Giovanni Francesco deceduto nel 1678. Successivamente subentra quale proprietario il figlio Giovanni Francesco, che nel Catastico del 1708 dichiara di possedere “…un pezzo di terra sabioniva, con Case […] Palazzo, Corte et altre Case da Coloni …”, e che sembra avere un ruolo molto attivo nella conduzione del fondo tanto da risultare a più mandate presidente del consorzio di Santa Giustina, dove viene menzionato come Giovanni Francesco Morosini da Lusia, il che potrebbe suggerire che il patrizio vi risiedesse. [6. Catastico 1708 ACRo, foto a colori previa richiesta autorizzazione] Nel 1722 gli succede il figlio Francesco, cavaliere, che si trovò a continuare l’impegno paterno nella conduzione diretta del fondo e nel far fronte “… a tutti gli accidenti di questo negotio …” come la 1 Nel 1722 gli succede il figlio Francesco, cavaliere, che si trovò a continuare l’impegno paterno nella conduzione diretta del fondo e nel far fronte “… a tutti gli accidenti di questo negotio …” come la disastrosa rotta del 21 giugno del 1721 che sarà definitivamente chiusa il 12 gennaio del 1723. Pur nella sua drammaticità questa non fu un evento isolato: tra il XVII e il XVIII secolo Lusia fu investita da 15 rotte e alluvioni con conseguenze spesso assai tragiche come in seguito a quella del 12 aprile 1751 (giorno di Pasqua). Risulta infatti che il ristagno delle acque aveva contaminato “… pozzi e cisterne così publiche che private […] particolarmente della villa di Lusia …” dove, il 16 settembre, risultano ammalati di “febbri terziare” (probabilmente tifo) 480 persone con 26 morti negli ultimi 20 giorni. Rotte, alluvioni, conseguenti epidemie, non fermano comunque la crescita demografica del paese tanto che, nel 1775, arriva a contare oltre 2300 abitanti. E’ dello stesso anno anche l’ultimo rilievo catastale della Serenissima. [7. Catastico 1775 ACRo, foto bianco/nero, previa richiesta autorizzazione] La corte Morosini è ancora di proprietà di Francesco (ora cavaliere e procuratore) che presumibilmente è intervenuto ristrutturandola, forse in seguito ad una delle due disastrose rotte del XVIII secolo. La casa padronale presenta un corpo centrale a tre piani e le due colombare a nord sembrano due torri merlate, mentre quelle meridionali risultano collegate da una barchessa con portico a sud. Nel 1797 le truppe francesi sotto il comando del generale Rusca entrarono in Polesine superando con un traghetto l’Adige a Lusia. Con l’arrivo dei francesi finiva la dominazione Veneziana del Polesine ma non la proprietà dei Morosini a Lusia, che passò da Francesco Morosini del ramo di San Canciano a Elisabetta Morosini, del ramo di S. Stefano, sposata con il generale ungherese Paolo Antonio Gottemburg, e successivamente alla figlia 1 Loredana la quale alienò le proprietà polesane all’inizio del’900. [8,9,10 Foto storiche della Corte Morosini] La disastrosa crisi economica e sociale che caratterizzò il secondo quarto dell’800 innescò una massiccia emigrazione verso il continente Americano. Luisa non si sottrasse a tale ondata migratoria transoceanica, in particolare nel decennio 1887 - 1896 oltre 1300 lusiani presero la via del Brasile. Si trattava per lo più di lavoratori agricoli stagionali avventizi, braccianti, carriolanti, che non avendo un lavoro stabile erano maggiormente esposti al rischio disoccupazione. Durante il primo conflitto mondiale Lusia fu teatro di un fatto storico molto importante, forse decisivo per le vicende belliche: la rimozione del gen. Luigi Cadorna. Domenica 4 novembre, il giorno successivo allo sfondamento del Tagliamento ad opera del nemico, in un breve colloquio tra il ministro della guerra Vittorio Alfieri e Vittorio Emanuele III, avvenuto a Lusia, il re si persuade a rimuovere Cadorna da ruolo di capo di stato maggiore. Negli anni venti del secolo scorso Lusia contava oltre 3500 abitanti; la corte Morosini e i terreni di sua pertinenza, circa 7 ettari, vennero acquistati 1 dal Comune allo scopo di insediarvi una Scuola di Orticoltura; al progetto però si contrappose la volontà del federale del fascio che intendeva invece destinare la villa a scuola militare per la milizia fascista, cosa che in parte avvenne dato che la villa negli anni ’30 era adibita a casa del fascio. [11. Foto Corte Morosini con i balilla] Un mattino d’aprile, era il 20, verso le ore 11, gli aviatori incominciarono a sganciare bombe lungo l’Adige, movendo da Cà Morosini e scendendo a valle. Capitò la volta di Lusia, ed alla prima ondata il ponte crollò in pieno; poca cosa era rimasta colpita, ma quanto bastava ad ostacolare la ritirata del nemico. La prima scarica sollevò un polverone infernale, che spinto dal vento si addensò sul paese; e mentre gli abitanti, che si erano allontanati, ritornavano nell’ansia di rivedere le loro donne, i loro figli, nuove squadriglie giungevano a compiere l’opera di distruzione. A mezzogiorno e mezzo, gli ultimi apparecchi si allontanavano e la tragedia di Lusia era consumata. Macerie e macerie, rovine e fumo, polvere e sangue, ed urla di feriti, lamenti di moribondi invocanti un nome; i superstiti vaganti storditi come fantasmi di un mondo crollato: un piccolo mondo che era una famiglia. Spettacolo orribile; famiglie intere, bimbi in tenerissima età, fidanzati sognanti nell’idillio un avvenire, tutti periti in quel terribile rogo di ferro e di fuoco. Altri, feriti gravemente, altri rimasti privi di tutto e di tutti. E ancora oggi chi giunge tra noi prova un senso di pietà e di sgomento. Lusia di un tempo più non esiste.” La toccante cronaca di Dino Quadrelli, lusiano che nel bombardamento perse la madre, ben rende l’entità della tragedia. La Lusia di un tempo non esiste più. 1 In un’ora e mezzo sono stati spazzati via quasi 1000 anni di Storia. Il corpo principale della corte Morosini, già castrum Estense, fu ridotta ad un cumulo di macerie: unici superstiti la torre nordorientale, gli annessi rustici meridionali, gravemente lesionati, e la torre sud-occidentale, oggi su via Roma. Il quadro che apparve a soccorritori fu drammatico: la chiesa dei Santi Vito e Modesto “… accartocciata su se stessa […] sbricciolato il campanile fino alla base […] sconvolto il cimitero …” irrimediabilmente perduti la quasi totalità degli arredi sacri. [12, 13, … 19, Foto della Chiesa con campanile prima del bombardamanto, dopo, della Corte Morosini dopo, del ponte prima e dopo] a cura di Renato Maggiolo “ Il Signore Dio piantò un giardino in Eden ... e fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi belli alla vista e i cui frutti buoni da mangiare, ... Il Signore Dio prese l'uomo e lo pose nel giardino dell'Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse” (Bibbia, Genesi). Ad un attento passaggio attraverso il territorio comunale, si ha l'immediata evidenza che gli ortolani di Lusia hanno obbedito appieno al comandamento dato dal Padreterno: coltivare il paradiso terrestre affinché sia bello alla vista e produca frutti buoni da mangiare, rifare il paradiso terrestre a favore di tutti gli uomini. [16] Il lavoro è stato lungo L'orticoltura commerciale e i primi ortolani si spingevano con i cavalli da tiro a Ambiente 2 portare le produzioni nei mercati di Rovigo, Monselice, Este - i più coraggiosi raggiungevano anche a Padova e Ferrara -; fino ai primi anni cinquanta, quando furono spianate le dune sabbiose più alte rimaste dalle alluvioni ottocentesche, colmati gli avvallamenti, raddrizzati i fossi di scolo e scavate le scoline per l'irrigazione. Allora non esisteva l'irrigazione a pioggia e il terreno sabbioso veniva tenuto umido dai numerosissimi fossati pieni d'acqua derivata dall'Adige con una decina di sifoni. Per poter irrigare per imbibimento e contemporaneamente smaltire l'acqua in eccesso, la terra doveva essere perfettamente piana e a livello e i campi ben squadrati. Ora, con i mezzi meccanici a disposizione, è molto facile mantenere e migliorare l'assetto del territorio. L'ambiente di Lusia è quindi “artefatto” nel senso che è stato fatto a regola d'arte. L'ortolano che vive immerso nella terra che muta ad ogni stagione riesce ad assecondarla nel suo divenire fin quasi a farla sembrare ancor più naturale. Negli orti di Lusia l'interazione uomo - natura ha trovato la massima espressione. È stato generato un ambiente bello. Ma la bellezza trova la sua ragion d'essere nel mostrarsi, diventa inutile se non viene 2 Ambiente ammirata. Gli orti di Lusia come luogo di visitazione. Oltre che cibo nutriente e salutare, il territorio di Lusia produce anche aromaterapia, cromoterapia, welness. Benefici che si possono godere passeggiando lentamente tra gli orti e ammirando il territorio, respirando i profumi che emanano le fresche verdure. Lusia che, oltre che continuare a portare nelle città i propri ortaggi, ospita i cittadini che vengono a Lusia per godere della bellezza degli ortaggi durante la loro crescita, dell'armonia delle terre e del gusto dei prodotti freschi e di qualità. [17, 18] A fianco della crescente realtà di un’orticoltura d’eccellenza, si stanno sviluppando, scelta, e conoscenza, sempre più consapevole di prodotti naturali ottenuti con tecniche agricole tradizionali, quasi antiche, ecosostenibili. Uno dei cardini di questa svolta è la biodiversità. Campi circondati da siepi, dove insetti utili che si cibano di altri insetti dannosi trovano un habitat ideale eliminando, o almeno riducendo sensibilmente, l’uso di antiparassitari e anticrittogamici chimici; da fossi dove crescono piante fitodepuranti e dove trovano un ambiente favorevole piccoli anfibi, pesci e mammiferi. Oltre all’impegno verso la biodiversità gli orticoltori si stanno anche attivando nella sensibilizzazione verso prodotti più naturali tramite laboratori didattici aperti alla cittadinaza, collaborazioni con il mondo accademico a scopo di ricerca e studio, l’individuazione di percorsi ecosostenibili. Una concezione dunque dell’orticoltura che va al di là del solo aspetto agricolo-produttivo per guardare oltre: promuovere, educare, tutelare, valorizzare, leggendo quasi il bene colturale come un bene culturale, certamente un bene paesaggistico ambientale. Itinerario pedonale nel capoluogo 3. Itinerario pedonale Torre Morosini, Via del Cimitero • Parco delle Rimembranze, Via Roma • Chiesa dei SS. Vito e Modesto, Via della Provvidenza • Mercato Ortofrutticolo e Orto didattico “Il Profumo della Freschezza” • Via Carlo Goldoni • Azienda Agricola Bagari, Argine destro dell’Adige • Torre Morosini • 3.1 Tra storia e arte 3.2 Tra agricoltura e natura 3 Itinerario pedonale nel capoluogo MAPPA Itinerario tra arte e storia L’area occupata dall’originario complesso parrocchiale, distrutto dall’incursione aerea, fu destinata negli anni ’50 del secolo scorso a Parco delle Rimembranze. [19, …24] La base del campanile, eretto nel 1676, venne adibita a cappella commemorativa dei lusiani periti nel bombardamento i cui nomi sono incisi su due steli lapidee sopra le quali sono poste due sculture dell’artista rodigino Virgilio Milani. Il tragico momento è intensamente rappresentato: in quella a sinistra, velivoli stilizzati sovrastano mani tese con i palmi rivolti verso l’alto quasi in un estremo tentativo di fermare qualcosa di minaccioso che viene dal cielo; mentre nell’altra le stesse mani hanno i palmi rivolti verso il basso nel gesto istintivo di ripararsi dalla tragedia che cade dal cielo sganciata dai aerei stilizzati. 3.1 Al centro della parete opposta, sempre opera dello scultore rodigino, troviamo una croce lapidea sulle cui braccia è “adagiato” un drappo, forse una stola, sempre in pietra; sospesi sopra le braccia due elementi figurativi, costituiti da due mani giunte in preghiera di putti stilizzati a indicare le anime innocenti che salgono al cielo; la base della croce è un tronco piramidale capovolto con incisa IHS. Conclude il complesso scultoreo una mensa d’altare liscia sorretta da due sottili lastre lapidee. I muri perimetrali della chiesa settecentesca sporgono di una cinquantina di centimetri dal terreno a sinistra del campanile, come reperti archeologici di un’epoca molto più lontana. 3.1 Itinerario tra arte e storia Di fronte, su un muretto di recente costruzione, trova posto una lapide in pietra probabilmente originariamente posizionata all’ingresso della corte Morosini il cui testo, oggi praticamente illeggibile, recita, nella trascrizione posta a fianco: FRANCESCO MOROSINI PATRIARCA DI VENEZIA E PRIMATE DELLA DALMAZIA, PRIMOGENITO, COSTRUI’ LA FATTORIA CIRCONDATA DA MURA PER I PRIMOGENIT.. LA CASA DA UNA PARTE E DALL’ALTRA RIALZO, L’ACCREBBE DI CANTINE E DI GRANAI E LA DECORO’ DI QUESTE QUATTRO TORRI. LAPIDE DATABILE 1650. [25] Itinerario tra arte e storia Il progetto per la ricostruzione della Chiesa dei Santi Vito e Modesto, eretta tra via Roma e l’attuale via Papa Giovanni XXIII, fu affidato all’architetto Orlando Veronese nel 1947. [26 … 28] Nato a Costa di Rovigo nel 1908, laureato in architettura a Venezia nel 1932, Orlando Veronese inizia già nel 1934 una consistente attività professionale in Polesine, attività che si protrarrà fino al 1940, anno in cui gli eventi bellici la fermeranno fino al 1945. Dal 1946, con l’incarico per la redazione del Piano Regolatore di Ferrara l’architetto rodigino si trasferisce nella città estense senza tuttavia sciogliere i legami umani e professionali con la sua terra natale. In questo quadro maturano i progetti, quasi coevi, per due complessi ecclesiastici: la chiesa intitolata al Cuore Immacolato di Maria e Sant’Ilario (meglio nota come la chiesa della Commenda) a Rovigo, 1947-1957, e la chiesa intitolata ai Santi Vito e Modesto di Lusia 1947- 3.1 1958. L’architettura sacra per Veronese è, da un lato un volgere lo sguardo all’antico, in particolare all’architettura romanica, senza tuttavia scivolare in sterili mimesi ma anzi confrontandosi continuamente tra antico e nuovo come nell’uso dei materiali; dall’altro una concezione dello spazio sacro come di un percorso verso la luce. 3.1 Itinerario tra arte e storia Caratteristiche che sono entrambe presenti e ben leggibili nella chiesa di Lusia. La pianta, a croce latina, è a navata unica con transetto raddoppiato; alte colonne in marmi policromi si stagliano sulle pareti bianche sorreggendo una volta a doghe lignee che richiama le carenature trecentesche; l’effetto complessivo è quello di una progressione luminosa verso il presbiterio. La facciata a vento parla un lessico di chiara ispirazione romanica: dal portale d’ingresso a strombature lisce senza capitelli con lunetta sopra l’architrave anch’esso liscio, alla loggia ad archi rialzati sopra il portale; dalla galleria nella fascia mediana (curiosa la presenza di una colonna tortile quella centrale), alla bicromia tra il mattone faccia a vista e le parti bianche intonacate. Le lunette, come la statua raffigurante i Santi Vito e Modesto posta centralmente sopra la facciata, sono opera dello scultore rodigino Virgilio Milani. Nato a Rovigo nel febbraio del 1888, Virgilio Milani dedicò la propria esistenza alla scultura, scegliendo al contempo una vita indissolubilmente legata al Polesine ed in particolare alla sua città. Un caso forse unico nel panorama italiano di artista di rilievo, apprezzato e ben inserito nel proprio territorio, ma sostanzialmente sconosciuto nell’ambito nazionale, anche se, nel 1938 vinse ex equo il concorso internazionale per la realizzazione di una scultura monumentale da realizzarsi ad Helsinki in occasione delle Olimpiadi del 1940, olimpiadi che non si svolsero per lo scoppio un anno prima del secondo conflitto mondiale. Virgilio Milani espresse dunque il suo talento artistico soprattutto nell’ambito territoriale del Polesine, spaziando da opere “pubbliche” ad sculture destinate ad un committenza privata, sperimentando una ricerca materica molto ampia, spaziando dalla terracotta al marmo dal bronzo all’acciaio. In terracotta sono le pregevoli lunette poste sopra il portale sulla facciata e la porta laterale della chiesa. Nella prima [29] vi è raffigurato il Cristo in trono con due angeli e con a destra l’iscrizione: REDEMPTIONE/ MISIT DOMUNIS/ POPOLO SUO e a sinistra: MANDAVIT/ IN AETERNUM/ TESTAMENTUM SUUM; Itinerario tra arte e storia mentre nella seconda [30] la Vergine affiancata da due contadini: un uomo alla sua destra che sorregge un cesto di ortaggi e una donna alla sinistra con il fazzoletto in testa e un rastrello nella mano destra. Il campanile, ultimato nel 1994, è posto a destra della chiesa in linea con la scalinata d’accesso staccato dall’edificio sacro come lo stile romanico imponeva, e anche le forme, in particolare la cuspide conica con cui si conclude, sono ispirate all’architettura pregotica. [31] Un curioso elemento architettonico romanico è stato collocato sulla piazza antistante la chiesa, si tratta di una colonna ofitica a quattro fusti, alta 3,50 metri con quattro capitelli figurati e sormontata da una statuetta che si ritiene raffiguri San Vito. [32] La tradizione vuole che la colonna annodata sia giunta a Lusia dall’oriente. Si narra di un’imbarcazione veneziana che trasportava due colonne ofitiche lungo l’Adige con destinazione Verona, quando, per l’eccessivo peso delle colonne, l’imbarcazione si incagliò e una delle due colonne affondò mentre l’altra fu lasciata a Lusia. Tuttavia sembra che le origini della colonna ofitica vadano 3.1 ricercate nell’arte romanico-longobarda. Il prototipo secondo alcuni storici è individuabile nel pulpito della pieve longobarda di Gropina, in provincia di Arezzo, dell’VIII secolo; anche se esempi successivi di colonna annodata si trovano dalla Germania all’Ungheria, da Ferrara a Venezia, da Modena a Spalato. In origine la colonna, assieme a due leoncini in granito, era posta nella corte Morosini ove scampò miracolosamente al bombardamento del 1945 e, dopo il rifacimento della chiesa, venne collocata nella sede attuale. Diversa la sorte dei due leoncini che sembra abbiano seguito i beni mobili della famiglia Gottemburg – Morosini quando questa alienò la corte lusiana. 3.2 Itinerario tra agricoltura e natura Dopo aver considerato i beni artistici ed architettonici del paese, volgiamo ora la nostra attenzione alle caratteristiche peculiari del territorio, che fanno di Lusia e del suo circondario un’eccellenza nazionale nel campo dell’orticoltura. Percorrendo via Provvidenza, nome forse non scelto casualmente, all’incrocio con via Adige troviamo il Mercato Ortofrutticolo che è stato, ed è, il cuore economico di Lusia. Istituito nel 1955 come Centrale Ortofrutticola su iniziativa della Camera di Commercio di Rovigo, aveva lo scopo principale di creare un unico punto di riferimento commerciale per le aziende ortofrutticole presenti nel territorio comunale. Da una semplice palazzina uso uffici e abitazione per il custode e da due capannoni, uno vicino all'ingresso e un altro come prolungamento della palazzina la Centrale ebbe inizio uno straordinario sviluppo. All'inizio degli anni sessanta si rese necessario un ampliamento per l'aumento di richieste e una modifica per agevolare la viabilità dei nuovi camion. Il capannone più piccolo, vicino all'ingresso, fu trasformato in bar e negozi di mezzi tecnici per l'orticoltura e venne costruita un altro capannone, dirimpetto a quello dopo la palazzina, ove furono trasferiti gli stands di vendita del capannone modificato, ed un secondo capannone di pari lunghezza posto sul retro per le attività di servizio del mercato. a cura di Renato Maggiolo Aumentando di anno in anno la produzione si rese presto necessario ampliarne la superficie tanto che, nel 1975, tutti e tre i capannoni risultavano raddoppiati. Nel 1978 una cooperativa di orticoltori operante in mercato costruì, all'esterno del mercato, un capannone per eseguirvi lavorazione e confezionamento di prodotti orticoli da vendere ai supermercati. Dal 1985 questa cooperativa divenne la più importante cooperativa ortofrutticola del Veneto, con duecentocinquanta soci orticoltori, anche di regioni del Sud, e un centinaio di dipendenti addetti al confezionamento. Questa cooperativa forniva verdure alle maggiori catene di supermercati italiani. A circa 500 metri dal Mercato Ortofrutticolo in direzione Est, sempre lungo via Provvidenza, si trova l’orto didattico il Profumo della Freschezza. Inaugurato ufficialmente il 15 luglio 2013, da un’idea di Renato Maggiolo, l’orto didattico è un piccolo “paradiso terrestre” dove, in circa due ettari, la produzione orticola è affidata a tecniche tradizionali senza l’impiego di prodotti chimici, quindi nel massimo rispetto dell’ambiente e della biodiversità. L’introduzione di siepi e cespugli, oltre a dare un aspetto più “naturale”, diventano dimore di insetti, piccoli mammiferi, uccelli, un microcosmo di biodiversità che garantisce la qualità e soprattutto la genuinità degli ortaggi. Itinerario tra agricoltura e natura L’orto didattico secondo Renato Maggiolo, suo fondatore, non si deve limitare ad insegnare come coltivare e quando raccogliere il prodotto, ma deve fornire anche un’educazione alimentare. Si tratta di imparare a gustare “i profumi della freschezza e della biodiversità” e a tal proposito è da poco attivo il progetto di stage finalizzati ad imparare a “cuocere in maniera ottimale le verdure perché mantengano intatti sapori e proprietà nutrizionali”. [33, 34] Restando in tema di biodiversità, va segnalata in loco, a poco più di una decina di minuti a piedi ancora lungo via Provvidenza in direzione Est, sulla sinistra, la presenza dell’azienda agricola Bagari del Cav. Luca Stefano Callegaro; prima azienda italiana a vantare il certificato europeo Biodiversity Friend. 3.2 3.2 Itinerario tra agricoltura e natura Qui la ventennale attenzione verso le biodiversità ha prodotto un angolo di eden. Alberi ed arbusti, cespugli e piccole aree lasciate incolte permettono il germogliare della vita sia animale che vegetale. Costeggiando il fondo del Cav. Callegaro lungo via Carlo Goldoni si giunge ai piedi dell’argine dell’Adige dove un bel fondale di piante segna la fine dell’azienda ma non l’impegno del suo fondatore in favore di un corretto uso della natura che “lo porta anche a curare tutto l’argine che confina con il suo orto e vi ha perfino collocati dei cestini per immondizia, in modo da invogliare le coppie che utilizzano quel suggestivo tratto di argine a non buttare per terra i resti delle loro consumazioni”. [35, 36] L'orticoltura di Lusia è figlia dell'Adige, esattamente come l'agricoltura dell'antico Egitto dipendeva dal Nilo. Prima di tutto per la sabbia con cui l'Adige ha coperto il terreno con le ripetute alluvioni, ultima quella di fine ottocento. Nell'immaginario la sabbia è sinonimo di deserto e invece i salatari lusiani sono riusciti a trasformarla in terreno produttivo ed approfittare della mineralità di cui la sabbia dell'Adige è ricca per produrre degli ortaggi particolarmente sapidi, tanto da non aver bisogno di sale nel condimento. Ora, con l'espandersi in Lusia delle colture al naturale, senza utilizzo di trattamenti antiparassitari ed anticrittogamici, si è avuta l'evidenza di un altro grande vantaggio portato dall'Adige: la ricchezza di biodiversità, sia di vegetali che di insetti. Con i due argini e le molte golene l'Adige occupa un nastro di terreno largo mediamente due chilometri e lungo dal Tirolo all'Adriatico, con il solo restringimento dell'attraversamento di Verona. Itinerario tra agricoltura e natura Una lunga striscia di terreno in cui non vengono fatti trattamenti chimici né diserbi e nella quale la presenza dell'uomo è saltuaria e solo su una parte di argine. Una grande autostrada piena di zone umide lungo la quale insetti ed altri piccoli animali hanno trovato il loro habitat ideale e vagano indisturbati dai monti al mare. Anche i semi di piante ed erbe o portate dal vento o trasportate da uccelli ed insetti si propagano dal mare ai monti e viceversa, si incontrano e a volte si incrociano dando vita a nuove piante. Un'oasi di biodiversità difficilmente ripetibile. Tutto il comune di Lusia, nel suo lato più lungo è costeggiato da questa grande fortuna. Lo studio per la progettazione di colture nella biodiversità in alcuni orti di Lusia ha evidenziato come possa bastare qualche uscita da questa autostrada per espandere insetti utili alle colture agricole in tutto il territorio circostante, ovviamente se non vengono spruzzati insetticidi e, se vi fossero fossati con larghe rive, anche le erbe e le piante si propagherebbero negli orti. La piacevole sorpresa e le successive constatazioni sono iniziate con le osservazioni e le catalogazioni fatte dal WWF presso l'ortodidattico di Lusia. Tredici varietà di anfibi trovati nel laghetto, dieci varietà di libellule, molte decine di varietà di farfalle tra cui la Lecaena Dispar che si riteneva vivesse solo sul monte Baldo. E poi il martin pescatore e l'upupa. [ 37, 38, 39] 3.2 La ricerca per capire come abbiano potuto arrivare ed insediarsi in questo orto, nel quale da tre anni non vengono usati prodotti chimici, così tante specie di provenienza diversa si è constatato che l'orto è a poca distanza un di parco semi abbandonato che a sua volta costeggia l'Adige. Dall'orto al parco all'argine si è visto che tutto proviene dall'Adige. Il passeggio lungo l'argine dell'Adige, fatto con attenzione per quello che sta attorno, diventa una esperienza, una scoperta di biodiversità sia animale che vegetale. Non solo godimento per la vista l'olfatto e l'udito, ma anche per il gusto e la salute per chi sa raccogliere le molte erbe commestibili spontanee che si possono trovare lungo l'argine, soprattutto nella zona di Lusia ove l'argine è esposto quasi tutto a sud. 3.2 Itinerario tra agricoltura e natura Già sul finire dell'inverno si può raccogliere la viola hirta e riempire di colore e profumo la casa. Ad aprile ranuncoli e il tarassaco con cui preparare frittate e torte salate ed anche la possibilità di aromatizzare con la salvia dei prati. A maggio l'asparago selvatico e i bruscandoli per risotti e frittate. Cercandola bene sotto l'erba ormai alta la sfiziosa rucola selvatica ed anche timo e mentuccia. In tante zone umide lungo l'unghia dell'argine si trova la valeriana dioica con cui dare gusto alle primaverili insalate. Solo i più esperti possono raccogliere, dalla primavera all'autunno, molteplici varietà di erbe officinali con cui alleviare i sintomi di molte malattie. Senza raccogliere si può allietare la vista con il salix alba ed anche i grossi cespugli formati dai salix triandra e salix porpurea. Nelle zone umide l'ontano. Ed ancora i cespugli di sanguinelle e i sambuchi. I più attenti riescono anche ad intravedere la scabiosa columbaria poligala micaeensis, erbe che sono rimaste solo su questi argini. Chiunque può godere delle infiorescenze vistose del verbascum, dell'ononis spinosa e del echium italicum, ultima a fiorire. [40, …46] Un altro scrigno di biodiversità si trova al limitare est del comune, ai boi della Feriana. Piante, alberelli, arbusti ed erbe che sono sopravvissuti solo in questa zona umida che gode di una frequentazione di fauna e avifauna molto interessante. Itinerario ciclabile nei dintorni 4. Itinerario ciclabile Torre Morosini • Argine destro dell’Adige • Via Garzare – Cavazzana • Chiesa di S. Lorenzo e Oratorio di S. Lucia • Via del Ceresolo • Strada Provinciale 69 - Ca’ Zen • Oratorio di S. Lorenzo • 4.1 Cavazzana 4.1.2 Santa Lucia 4.1.2 Ca’ Zen 4 Itinerario ciclabile Il percorso si propone di andare alla scoperta del territorio comunale di Lusia, con una mobilità slow che permette di apprezzarne meglio le peculiarità. Partendo sempre da Torre Morosini si percorre l’argine dell’Adige verso occidente per una mezz’oretta fino all’incrocio con via Garanze. Qui, lasciato l’argine, ci si dirige a sud e dopo una ventina di minuti, si raggiunge la frazione di Cavazzana. Da Cavazzana, costeggiando l’argine sinistro del canale Ceresolo - che in alcuni tratti coincide con il tracciato di un antico paleoalveo meridionale dell’Adige (VI-V sec. a. C.), passando per la località Bornio si prosegue in direzione est fino all’incrocio con la Strada Provinciale 69 che ci porta a toccare le località Le Saline e Ca’ Zen. Quindi risalendo sull’argine dell’Adige si fa ritorno alla Torre Morosini. MAPPA Cavazzana Borgo antichissimo, le cui origini sono coeve con quelle del comune capoluogo e quindi databili attorno al X secolo, Cavazzana non è stata distrutta dagli eventi bellici del 1945 e la chiesa, intitolata a San Lorenzo, presenta intatte tutte le trasformazioni, stratificazioni, modifiche, ampliamenti che ne hanno segnato la storia. [47] Un riferimento alla presenza di un primo edificio sacro si trova tra le donazioni fatte da papa Callisto II a Litaldo, abate della Vangadizza (1123). Nel 1410 un certo Domenico donò il terreno su cui edificare una nuova chiesa, chiesa che fu certamente ultimata nella metà del secolo successivo. Monsignor Giulio Canani, vescovo di Adria nella sua Visita Pastorale del 1564, riferisce di aver trovato una chiesa “… appena costruita 4.1 dalle fondamenta …”, con sei altari: Maggiore, Santissimo, Crocefisso, B.V. Maria, S. Lucia e S. Sebastiano, ben fornita di suppellettili, con fonte battesimale e campanile. Le successive notizie storiche sembrano suggerire che l’edifico sacro non abbia subito trasformazioni fino alla fine del XVIII secolo, ma forse neppure un’adeguata manutenzione per far fronte alle ingiurie del tempo e alle calamità naturali, tanto che, nella Visita Pastorale del 1793, la chiesa appare in uno stato di degrado tale da suggerirne la demolizione e la ricostruzione. Per il progetto fu scelto, sembra dai parrocchiani stessi, l’architetto lendinarese don Francesco Baccari dell'ordine dei Lazzaristi, che costruì un edificio di gusto neoclassico: pianta a croce latina con tre navate, la centrale più ampia delle laterali si conclude nel presbiterio col coro. Della chiesa precedente e dei suoi oltre tre secoli di storia furono salvati, quattro altari (compreso l’altar maggiore) in marmi pregiati ed alcuni elementi artistici: la lapide con stemma dei Cattaneo (1410), la lastra tombale di Galeazzo da Milano (1533), la lapide sepolcrale con busto del parroco G.V. Lorenzoni (1705) e due importanti pale di Angelo Trevisan (1709). Di notevole interesse risulta essere anche l’organo recentemente restaurato. Realizzato a Venezia nel 1832 da Giacomo Banzoni e figli, allievi e successori dei Callido. 4.1 Lo strumento è un esempio della transizione stilistica tra l’estetica neoclassica callidiana e il nuovo stile romantico ottocentesco, con una particolare attenzione nella ricerca della qualità dei materiali. [48, … 51] Dopo molteplici interventi, alcuni documentati, di riparazione o pulitura durante i quali l’organo subì pesantissime modifiche, lo strumento fu definitivamente abbandonato, e in parte smontato, nel 1948, e in tali condizioni restò fino all’intervento di restauro del 2010, quando fu riportato al suo antico splendore in tutte le sue caratteristiche tecniche e foniche. Durante l’intervento vennero restaurate anche la cantoria e la cassa. La elegante facciata della chiesa fu ultimata nel 1893 in stile neoclassico, si presenta su due ordini sovrapposti separati da un’alta trabeazione spezzata, ed è coronata da un timpano triangolare. Il campanile, sempre del Baccari, fu inserito nella muratura perimetrale esterna destra della chiesa tra la sagrestia e il presbiterio. Santa Lucia All’intersezione tra la Strada Provinciale 56, via Santa Lucia e via del Ceresolo, a meno di un chilometro a sud delle Chiesa di San Lorenzo, sorge l’oratorio di Santa Lucia Vergine e Martire. Si tratta di un edificio di modeste dimensioni, poco più di 4 metri di larghezza per 7 di lunghezza, ad aula unica con un altare ligneo di buona fattura, con campanile a cavaliere munito di due campane. Edificato probabilmente nella seconda metà del XVII secolo passò a più proprietari privati nel corso del XVIII e XIX secolo. Oggi è di proprietà della parrocchia di San Lorenzo di Cavazzana. 4.12 4.2 Ca’ Zen La località di Ca’ Zen - oggi sulla riva destra dell’Adige, al confine orientale del territorio comunale - fino al 1719 si trovava sulla riva sinistra e solo in seguito ai raddrizzamenti operati dalla Serenissima sulle anse del Fiume, che erano causa di disastrose rotte, deve il suo nome alla nobile famiglia veneziana degli Zen che qui aveva vasti possedimenti fondiari. Gli Zen erano subentrati al casato patrizio dei Capello prima del 1726 e tra le varie dotazioni della proprietà vi era anche un piccolo oratorio intitolato a S. Valentino del quale si ignora l’anno di costruzione. Attorno alla metà del XIX secolo l’oratorio venne intitolato alla Maternità di Maria Vergine e oggi risulta dedicato alla Beata Vergine Annunciata. Nonostante abbia cambiato titolo più volte ancor oggi nel cuore della gente l’oratorio è rimasto legato al culto di San Valentino tanto che il 14 febbraio, giorno di San Valentino patrono degli innamorati, l’omonimo Comitato organizza la giornata dedicata all’amore con messa al mattino e zoghi de nà volta (giochi di una volta) lungo l’argine dell’Adige il pomeriggio. Appuntamenti 5 6 gennaio - Lusia • Brusa la Vecia 9 gennaio - Bornio • San Giuliano 14 febbraio - Ca’ Zen • Festa di San Valentino 20 aprile - Lusia • Commemorazione dei caduti nel anniversario del bombardamento 15 giugno - Lusia • Festa del Patrono SS Vito e Modesto 15 luglio - Lusia • Fiera della Madonna del Carmine Ultimi due fine settimana di luglio - Lusia • Orti in festa 1-10 agosto - Cavazzana • Sagra di Cavazzana 6 English version Today's Lusia was rebuilt following the disastrous bombing of April 20 th 1945 that destroyed the ancient village of Roman origin, leaving only some ruins as testimony of its past. This brochure proposes two itineraries, one focuses on the cultural heritage and the other one on the surrounding environment . Both tours allow us to go through, not only ideally but also physically, the millenary history of the village of Lusia, from the domination of the Estensi family to the one of the Republic of Venice, from the bombing of April 20 th 1945, to the post war reconstruction that led to its economic rebirth. • Itinerary 1: Lusia history, art, agriculture and nature. It is a walking itinerary along the streets of the historical centre. Departing from the Tower Morosini, on the bank of the Adige river, testimony first of Lusia when it was under the Estensi domination and then of the Venetian court of the Morosinis, it passes through the Park of the Remembrance, a parish complex, destroyed by the WWII bombing formerly mentioned. From here it leads to the new Lusia, beginning from the rebuilt Church of the Saints Vito and Modesto, to pass then, along via della Provvidenza, to the emblem of the economic rebirth, the Fruit and Vegetable Market . The excellences in the fruit and vegetable crops that we can find between via della Provvidenza and the bank of the river Adige, distinguish themselves for the attention both toward the biodiversities as well as to sustainable agriculture. Going up again on the bank of the Adige river we can compare the two environments: the one of the natural river and river banks on the north and the agricultural environment on the south. • Itinerary 2: Lusia and its surroundings. It is a bicycle itinerary to the west along the banks of the river Adige allowing to admire the varieties of fruits and vegetables , and then cycling south along via Granze to Cavazzana whose origins go back to the XII century. Here it is possible to visit the Church of St. Lawrence, rebuilt at the end of the XVIII century on a preexisting sacred building of the XVI century.Inside there are valuable altars in polychrome marbles, as well as an organ realized in Venice in 1832 by Giacomo Banzoni and sons, who were students and successors of the Callidos. Crossing the Road 56, for less than a kilometer south of the Church of St. Lawrence, there is the Chapel of Saint Lucy, a small oratory built in the second half the XVII century that houses a beautiful wooden altar. From here the path follows the coasts along the Ceresolo up to Bornio, continue towards east to join the Road 69 to Ca' Zen; then it's back to Lusia passing on Road 18 that runs along the Adige. Numeri utili Carabinieri 0425-641019 Pro Loco di Lusia 347.5133289 Comitato Festeggiamenti Cavazzana 347.5502631 Accademia delle Verdure dell'Adige 336.794014 Dove mangiare Al Ponte da Luciano Via Bertolda, 17 tel 0425.669890 Bar Centrale Via G.Garibaldi, 5 tel 0425.607603 La Nespola P.zza Papa Giovanni XXIII, 117 tel 0425.667778 Lago dei Cigni Via Saline, 1 tel 0425.607671 - 0429.690211 Orchidea Via Comacchi, 48 tel 0425.607549 Rendez Vous P.zza Commercio, 160 tel. 0425 607787