Libretto Peduzzi Promocard.qxd 8-09-2009 10:56 Questi capitoli del romanzo Buio MY LAND di Elena P. Melodia sono stati pubblicati per Pagina 1 Libretto Peduzzi Promocard.qxd 8-09-2009 10:56 Pagina 2 Cara lettrice, Caro lettore, Collegati al sito www.myland-buio.it Potrai scoprire giochi, test, forum e partecipare al concorso! Iscriviti alla newsletter, ti aspettano molte sorprese! www.fazieditore.it il mio nome è Alma, ho diciassette anni. Sono le poche certezze che ho, in questa città velenosa che sembra impazzire. Un’altra cosa di cui sono certa è che sorrisi e lacrime possono essere molto pericolosi se lasciati fuori controllo. Me lo ripeto ogni mattina, quando esco di casa per affrontare la Città sotto il cielo grigio, con in spalla il mio zaino viola. Tutto ciò che mi piace è viola. Come la copertina del quaderno che ho comprato in una strana cartoleria del centro, pochi giorni prima che tutto avesse inizio e che la mia vita cominciasse a scivolare in un assurdo incubo senza fine. E gli occhi di Morgan, anche quelli sono viola… Gli eventi non sono mai coincidenze, i segni di cui è disseminata la nostra vita non devono mai essere ignorati. Anche la più piccola disattenzione presenta il suo conto, sempre. La mia storia ne è una prova. Quelli che leggerete qui in anteprima sono alcuni capitoli della mia storia, Buio, primo episodio della trilogia My Land, in libreria dal 2 ottobre 2009; ma vi avverto: non è una favola. Alma Libretto Peduzzi Promocard.qxd 8-09-2009 10:56 Pagina 4 Elena P. Melodia Buio MY LAND I edizione: ottobre 2009 © 2009 Fazi Editore srl Progetto editoriale: Dreamfarm s.r.l. Via Isonzo 42, Roma Tutti i diritti riservati www.fazieditore.it Libretto Peduzzi Promocard.qxd 8-09-2009 10:56 Pagina 6 1 È buio. Cammino, ma non mi muovo. Ho le gambe pesanti come piombo e nella testa mi battono i colpi di passi immobili, che martellano senza sosta, mentre comincio a sentire freddo. Tremo e non ho modo di scaldarmi. Anche le mie braccia sono paralizzate. Mi fanno male, un male che non ho mai provato prima, quasi stessero per staccarsi. Provo a gridare, ma non ci riesco. Emetto solo un filo di voce roca e stonata, come il suono di uno strumento a fiato rimasto troppo a lungo sott’acqua. Dove sono? Avverto alcuni rumori dapprima lontani farsi più vicini e continuo a tremare, ora anche di paura. 7 Libretto Peduzzi Promocard.qxd 8-09-2009 10:56 Pagina 8 Poi apro gli occhi, e non vedo niente. Solo buio. Ma li ho davvero aperti? Sì: vedo una lama di luce in basso, alla mia destra. E sento voci che mi sembrano familiari. Al di là di una porta. Mi alzo di scatto e scopro che posso muovermi, finalmente. Sono nel mio letto. Stavo solo dormendo. Respiro piano, aspetto di capire. È successo di nuovo. Il confine tra sonno e veglia non esiste più, ormai, e gli incubi sono veri, la realtà un inferno. Il sogno diventa realtà. E anche il sogno è un inferno. Mi capita spesso, dal giorno dell’incidente. Cerco a tastoni la lampada sul comodino. È orribile, rosa con il paralume di piume sintetiche. La prima cosa che vedo è il quaderno viola, scagliato per terra nell’impeto di alzarmi. L’ho comprato ieri. Era in mostra nella vetrina di una cartoleria in centro, un negozietto sbiadito che non avevo mai notato prima. Sarà stato per il colore, viola, ma l’ho trovato subito bellissimo. Non so ancora se o cosa ci scriverò. Sono contenta di averlo comprato. Dovevo averlo, e basta. Ora il quaderno è per terra, scomposto tra i libri di scuola che ripetono noiosi le stesse inutili storie. Sento martellare le loro parole, i loro numeri di pagina. Vedo le loro orribili illustrazioni, i segni della mia matita che sottolinea righe tutte uguali. Penso alla scuola. Chiudo gli occhi e li riapro. Inferno. Lancio un’occhiata alla sveglia, vecchia e rumorosa. È presto. Sono solo le sei. Inferno. Ancora rumori. Troppi rumori. Chiudo gli occhi e li riapro. È martedì. I rumori sono di Jenna, mia madre, che inizia prima il turno in ospedale. È martedì. E lei è un’infermiera. Non so come faccia. Io non farei mai il suo lavoro. Giorni interi a occuparti di gente che sta male, a lavarla, accudirla. Per cosa? Magari per finire un giorno sullo stesso letto e sperare di trovare un’infermiera come lei che ti lava e si prende cura di te. Mentre tu stai male. E stai morendo. No, grazie, non fa per me. Rimango immobile sotto le coperte in attesa 6 9 Libretto Peduzzi Promocard.qxd 8-09-2009 10:56 Pagina 10 che la luce del giorno filtri attraverso le tende. Poi mi alzo e vado alla finestra, un’enorme finestra inutile come l’aria condizionata in Lapponia, perché si affaccia sempre e solo sul grigio. Grigio di palazzi, di strade, persino di cielo. Guardo in lontananza, al di là del fiume limaccioso, gli aerei sfilare sulle piste dell’aeroporto. Quanto vorrei andarmene di qui. Guardo il cielo, ma non lo vedo davvero. Oggi, come sempre, piove. Tac, tac, tac. La pioggia sul vetro ticchetta come se volesse richiamare la mia attenzione. Esco dalla stanza e percorro il corridoio deserto fino al bagno. Il buio dell’incubo mi assale di nuovo, invadendo di colpo i miei pensieri. Sarà stato anche un sogno, solo un sogno, ma mi sento a pezzi. Mi guardo allo specchio e il buio si scioglie, a poco a poco. Sono bella, nonostante tutto. Resto lì, a fissarmi. Ogni tanto mi capita di pensare a come sarebbe la mia vita se fossi brutta, se non avessi gli occhi verdi, che mi piace piantare addosso ai ragazzi per metterli in imbarazzo, o i capelli neri e lisci, lucidi da far invidia a una geisha, o questo corpo che rimane magro, qualunque cosa mangi. Come sarebbe la mia vita? Sarebbe un unico, colossale, irrimediabile schifo. Pensatela come volete. La verità è che la bellezza è una forma di potere. L’unica che ho. L’unica verità, intendo. «E poi, a me il potere piace…», dico ad alta voce, facendomi l’occhiolino allo specchio. Fuori piove. Mi guardo negli occhi. Mi sono ripresa. 8 11 Nel corridoio mi scontro con la sagoma vagante di mio fratello Evan. Difficile credere che siamo parenti. Evan porta i suoi quattordici anni come si porta un vecchio cappotto. Vergognandosene. Fa passare i giorni, strappandoseli di dosso a uno a uno come fossero cerotti. Ha un unico obiettivo: raggiungere i suoi diciotto anni, ovvero la libertà di fare ciò che vuole, di smettere di studiare e di poter finalmente convivere con Bi, la sua fidanzata, l’unico essere umano con cui realmente parla o interagisce in qualche modo. Libretto Peduzzi Promocard.qxd 8-09-2009 10:56 Pagina 12 Evan ha i capelli flosci, senza vita, e veste sempre allo stesso modo. Pantaloni elasticizzati e felpe malconce, grandi scarponi, improbabili magliette scucite. Tutto rigorosamente scuro. Ha una passione per i piercing. Credo che ne abbia un po’ ovunque. L’ultima novità è una spilla da balia infilzata nella guancia. «Carina», commento sarcastica non appena la vedo. Nessuna risposta. Solo uno sguardo obliquo accompagnato da un borbottio da vecchia caffettiera stanca di fare il suo lavoro. Evan mi scansa e scivola via. A quest’ora del mattino, ha già nelle orecchie le cuffie che gli sparano musica punk-rock a duemila decibel. Sospiro. Non c’è niente da fare. Non credo dipenda dai tre anni che ci separano, né dal fatto che è un ragazzo. Evan è un essere di un altro pianeta, che nessuno ha ancora scoperto. E con lui non c’è comunicazione, punto. Barcolla fino alla sua camera e ci si chiude dentro. Ho un’immagine fugace del suo futuro. Non c’è nulla. Solo guai. Prima o poi i fatti mi daranno ragione. 12 E allora nessuno potrà farci un bel niente. Mi vesto rapidamente e mi carico lo zaino in spalla. È viola, come il quaderno che ho comprato ieri e altre mille cose che mi appartengono. È viola perché tutto ciò che mi piace è viola. Apro la porta di casa e la richiudo alle mie spalle. Sono pronta per andare a scuola. Oggi è giornata di battesimi. 13 Libretto Peduzzi Promocard.qxd 8-09-2009 10:56 Pagina 14 2 Al mio arrivo è tutto come deve essere. Almeno qui. Fuori, il solito gruppetto di ragazzi mi fissa mentre passo nel corridoio affollato del primo piano. Sento i loro occhi puntati su di me. Sarà perché ho messo i pantaloncini bianchi, quelli che mia madre reputa troppo corti per la scuola. A giudicare dagli sguardi che ricevo, credo che non abbia tutti i torti. Bene. Vedo le mie cosce sottili tendersi a ogni passo. Il pavimento di linoleum verde risuona sordo sotto le suole dei miei stivali di pelle nera. Raggiungo il secondo posto di controllo, che ogni ragazza deve affrontare dopo il suo ingresso a scuola. Eccoli. Stanno lì, come sempre. Anche Ian mi punta. Di tanto in tanto distoglie lo sguardo, fingendo di parlare con il 14 suo gruppetto di nullità. È certamente un tipo carino, ma ha intorno troppe ragazze, per i miei gusti. Va a dire in giro che uscirà presto con me. Si crede irresistibile. Non lo è. Mi toglierò lo sfizio di uscire con Rubi, il suo amico emarginato. Ian non capirà perché lo faccio. Lo lascerò a bocca aperta e asciutta, come un grosso e stupido pesce arenato sulla spiaggia. Ecco che sorride. E io sorrido. Non sa cosa aspettarsi, ma crede di aver capito. Forse, dopo, la smetterà di circondarsi di amici insignificanti per cercare di emergere. E di annunciare a tutti quello che farà. Carino. Ma perdente. Le mie amiche invece sono diverse. Ognuna con la propria personalità vincente. Seline, sempre allegra e curiosa, sarebbe capace di vivere una settimana solo facendo shopping. Agatha, taciturna e introversa, è indipendente e determinata. E Naomi, vivace ma equilibrata, è una di quelle che dicono sempre quello che pensano. Mi aspettano in classe, come tutte le mattine. Il nostro rapporto è molto semplice: 15 Libretto Peduzzi Promocard.qxd 8-09-2009 10:56 Pagina 16 hanno stabilito che io sarei stata la loro guida. Preferisco il termine “guida”, perché “capo” implica il dare ordini e il far parte di un gruppo, che non è il mio caso. Sono loro che mi seguono, dato che si fidano di ogni cosa che faccio e dico. È una decisione loro. Non mia. Questa è la forza della nostra amicizia. «Ciao ragazze», le saluto, senza muovere un singolo muscolo della faccia. A volte mi dicono che sono fredda. E forse è così. Ma dosare le emozioni è una necessità, oltre che un dovere: sorrisi e lacrime possono essere molto pericolosi se lasciati fuori controllo. Vanno gestiti con il contagocce perché non cadano in mano a qualche bastardo capace di usarli contro di te. «Quanti battesimi abbiamo da fare, oggi?», domando, posando lo zaino sul banco. Non facciamo nulla di male. E soprattutto sono le ragazze del primo anno a chiedercelo. Dietro regolare domanda, le esaminiamo. Se vogliono il battesimo, che poi significa avere la nostra amicizia, devono affrontare quattro prove: passare una notte fuori di casa da sole, rubare in un negozio, convincere una persona di nostra scelta a fare qualcosa (qualsiasi cosa), distruggere davanti a noi un oggetto a cui tengono molto. Se ce la fanno, le battezziamo. E loro diventano automaticamente persone degne della nostra amicizia. Perché è questo l’amicizia: rispetto e fiducia. Niente gruppi. Nessun capo. Nessuna struttura. Ma scegliere liberamente a chi accompagnarsi. «Credo sia meglio rimandare i battesimi», dice Naomi. «Come mai?». «Abbiamo un problema». «Che problema?». La guardo dritta negli occhi. «Questo». Naomi mi mostra il display del suo telefonino. Sgrano gli occhi. Vedo il corpo seminudo di una ragazza. È di spalle. È Seline! «Ditemi che non è vero…». «Purtroppo sì». Seline scuote la sua coda di capelli biondi. «È stato lui! È uno schifoso!», quasi grida Naomi, fuori di sé. «Dobbiamo fare qualcosa», sussurra Agatha con una calma gelida che sembra strisciare in 16 17 Libretto Peduzzi Promocard.qxd 8-09-2009 10:56 Pagina 18 mezzo a noi. Ha tutta l’intenzione di organizzare una punizione esemplare. Le guardo. Annuisco. Lui, lo schifoso, si chiama Adam ed è senz’altro uno dei belli e bastardi della scuola. Uno di cui conosciamo una serie di bravate più o meno gravi. Da molto ronzava intorno a Seline, attratto dalle sue forme morbide e dalla sua dolcezza. Ci aveva visto giusto. Seline è buona, cosa rara e soprattutto pericolosa. Naomi l’aveva avvertita. Ma Adam è stato bravo. L’ha corteggiata in tutti i modi, mandandole addirittura un mazzo di rose bianche. Come abbia fatto a comprarle, non lo so. Le rose costano. Adam non è certo di famiglia ricca, ma ha sempre soldi in tasca. E lei è stata al gioco, si è lasciata andare. Ci aveva detto che non si sarebbe mai concessa più di tanto. E invece… «Ti avevo avvisato», dico. «Giocando con il fuoco, ci si scotta». Non mi piace rimarcare l’ovvio, ma Seline in quanto a uomini ne capisce come un bambino di alta finanza. «Avevi ragione», risponde lei con lo sguardo basso puntato sulle sue ballerine argento. «Com’è successo?». Seline mi guarda, rossa in viso. È sul punto di piangere, ma si trattiene. Non mi ha mai visto con le lacrime agli occhi e cerca di imitarmi. Lo sforzo le impedisce di parlare. Lo fa Naomi per lei. Mi racconta di come Adam si sia intrufolato negli spogliatoi femminili della palestra e abbia fotografato Seline mentre si stava rivestendo dopo la doccia. «Non credevo potesse arrivare a tanto…». Seline, ora, singhiozza. «Figuriamoci», dico. Il mio tono sprezzante è come una miccia che fa esplodere il fiume di lacrime che fino a quel momento Seline è riuscita a contenere. Le ragazze rimangono un istante in silenzio, in attesa che io dica qualcos’altro, ma non trovo niente da dire. È uno dei rari casi in cui l’ingenuità di Seline mi ha lasciato senza parole. «Il problema è uno solo: l’ha filmata con il telefonino!». Naomi è sempre sbrigativa nelle sue osservazioni. Nei momenti difficili, il senso pratico è una caratteristica che apprezzo molto. «E ormai l’avrà vista tutta la scuola!». 18 19 Libretto Peduzzi Promocard.qxd 8-09-2009 10:56 Pagina 20 «Proprio così». Agatha rimane in silenzio. Non ci posso credere. Come si può essere tanto stupide da cacciarsi in un guaio simile? Mi sento invadere dalla rabbia, poi a poco a poco la rabbia si trasforma in una sensazione più liquida e diventa pena. Compassione. Penso a come deve sentirsi Seline, l’umiliazione e la sofferenza che deve provare. «Deve pagarla», dice alla fine Agatha, con tono secco e pungente. «E come?», chiede Seline tra le lacrime. Un lampo attraversa gli occhi neri di Agatha. «Spaventiamolo a morte». «Spaventarlo?». «Esatto». «Spiegati meglio». Agatha è tranquilla, lucida, metodica. Ma a volte ho quasi paura di sapere cosa pensa. «Lo aspettiamo giù al fiume e gli facciamo capire come ci si comporta. Questa sera. Adam sarà solo, nessun ostacolo». «E tu come fai a saperlo?». «Ha importanza?». La guardo, sorpresa. La conosco da poco, da quando si è trasferita in Città con la zia. Pare sia orfana e non abbia altri parenti. Ha superato le quattro prove del battesimo con estrema facilità. Una volta ci ha detto che noi siamo la sua famiglia e che farebbe qualunque cosa per non finire chiusa in un istituto. Non so se parlasse sul serio ma io, come sua famigliare, intuisco che c’è qualcosa di più profondo in lei, qualcosa che non ci dice. Ed è cattivo. 20 21 Libretto Peduzzi Promocard.qxd 8-09-2009 10:56 Pagina 22 3 La mia scuola fa schifo. E non credo che la mia opinione migliorerebbe molto se si trovasse in uno di quei lussuosi edifici immersi nel verde che si vedono nei film. Anche se, di certo, la renderebbe meno squallida. Non mi sto lamentando di essere nata in una famiglia di mezzi falliti, senza grandi possibilità economiche. Ma ho la convinzione che il mio cervello meriti di essere educato in un posto migliore di questa scatola bianca che sembra un capannone, con i pavimenti di linoleum verde incrostati di cicche masticate e le pareti annerite da anni di risse, spintoni e insulti. Le aule sono grandi e illuminate da chilometri di luci al neon, come gigantesche stanze di un vecchio ospedale, dove una parola rie22 cheggia con la forza di un urlo e il bianco disarmante dei soffitti ti ricorda il vuoto che hai dentro ogni giorno varcando l’ingresso. Grandi finestre rettangolari tentano di portare all’interno una luce che troppo spesso manca anche fuori, mentre i nuovi banchi di formica grigia ti dicono che prima o poi la plastica sostituirà pure te. In tutta la scuola non esiste un luogo in cui lo sguardo si possa riposare e la mente vagare. Non esiste un luogo dove si possa godere di una sana e tranquilla solitudine, perché ogni metro dei lunghi corridoi, ogni gradino dell’assurda scalinata, ogni angolo dei bagni è affollato di corpi in movimento, di macchinette del caffè che non danno mai il resto, di lavandini otturati, di bocche che parlano, fumano, insultano e poi, alla fine, lasciano questo edificio vuoto e silenzioso come una grande nave prima del naufragio. Quanto ai professori, poi, ci sarebbe materiale sufficiente a scrivere la sceneggiatura di un film grottesco. Immaginatevi una squadra di fantocci vestiti da una stilista pazza, o sem23 Libretto Peduzzi Promocard.qxd 8-09-2009 10:56 Pagina 24 plicemente daltonica, che appaiono in classe dal nulla di un corridoio e nel nulla scompaiono, come se non avessero nessun’altra esistenza se non quella all’interno della scuola. Fantocci che vomitano un copione prestabilito, sempre uguale a se stesso, e che mi costringono a recitare tutte le mattine. Così se ne va metà della mia vita. Ne salvo solo uno. Il professore di scienze e chimica, che tutti, bidelli compresi, chiamano Professor K, anche se nessuno ormai ricorda più perché. Il Professor K è albino, con i capelli bianchi e la pelle chiarissima. Ha un’età indefinibile e si dice che abbia gli occhi rossi, come le creature della notte, ma è difficile verificarlo, perché indossa gli occhiali scuri anche in aula. Parla poco e sempre a proposito, e ha una voce profonda, legnosa, quasi sensuale. La sua pelle ha un profumo insolito, di vaniglia, differente dal nauseabondo miscuglio di dopobarba speziati che aleggia per i corridoi. Conosco ragazze che morirebbero per andare a letto con lui. Ma il Professsor K pare impermeabile a qualsiasi tentazione. Ogni tanto ho l’impressione che mi fissi attraverso le sue lenti scure e allora ricambio lo sguardo, fino a quando l’impressione svanisce. Non è una cosa spiacevole. Immagino che, di qualunque colore abbia gli occhi, il suo sguardo non sia viscido come quello di Ian. Sembra quasi che mi stia esaminando, ma per capirmi, non per giudicarmi. È lo stesso modo con cui io osservavo Agatha che distruggeva a martellate la ruota della sua bicicletta per superare la quarta prova del battesimo. Mi mette un po’ a disagio, eppure il suo comportamento ineccepibile non lascia spazio a dubbi: il Professor K è senz’altro una brava persona. Un uomo intrigante e molto intelligente. Solo la sua presenza rende più giustificabili le ore trascorse lì dentro. 24 25 Il mio banco è in quinta fila e questo significa due cose: la prima e fondamentale è che gli insegnanti mi ritengono un soggetto “diligente” e perciò non mi tengono inchiodata in uno dei posti di fronte alla cattedra, dove invece soggiornano le teste calde che non hanno ancora capito che farsi notare in aula è inutile oltre che controproducente. Se sei tosto si vede Libretto Peduzzi Promocard.qxd 8-09-2009 10:56 Pagina 26 fuori da queste mura, dove nessuno ti protegge o ti dice come comportarti. Dove sei tu contro il mondo. La seconda cosa è che dal mio banco controllo tutta l’aula. Vedo le due nullità sedute in quarta fila che passano le ore a costruire squadre di calcio inesistenti su cui poi scommetteranno e perderanno i loro soldi. Vedo la ragazza della sesta, che ancora non ricordo come si chiami, che continua a prendere appunti cambiando penne di diversi colori. A cosa servono tutti quei colori? È roba grigia, ragazza, quella che scrivi. Solo grigia. E infatti, a ogni interrogazione fa scena muta. A destra ci sono invece le «borsette», come le chiama la professoressa di arte: quattro ragazze tanto carine quanto vuote che hanno scambiato l’aula per il salotto di casa. Si vestono imitando le cantanti famose, parlano solo di marche di vestiti che non potranno mai permettersi e mandano ai ragazzi bigliettini chilometrici pieni di insulsi cuoricini. I ragazzi della mia classe sono tutti nelle prime due file. Due neri. Un asiatico. Un biondo. E un quinto che da quando lo conosco non si è mai levato il cappellino dallo scalpo. Quando camminano, si possono senti- re le catene che portano al collo. Ci parliamo a monosillabi. Le parole più lunghe sono insulti. Sono questi i pilastri del futuro? La verità è che sono circondata da manichini animati, che si muovono e parlano sempre e solo secondo un programma prestabilito. Che vita inutile la loro. È entrato il primo professore della mattinata, quello di matematica. Ha gli occhi arrossati e delle borse livide sotto, come chi ha trascorso le ultime diciotto ore davanti a uno schermo televisivo. Ora si volterà e comincerà a scrivere strisce di numeri sulla lavagna. Tutti lo seguiremo per i primi due minuti, poi ognuno si perderà su una cifra a caso e si limiterà a rispondere sì quando, a lavagna piena, l’insegnante si volterà soddisfatto e chiederà: «Avete capito?». Forse è lui che non ha capito. 26 27 Al suono della campanella Naomi, Seline, Agatha e io apriamo i nostri ombrelli per ripararci dalla pioggia. A cosa servirà tutta quest’acqua poi? «Guarda, c’è Morgan», mi indica Naomi. Libretto Peduzzi Promocard.qxd 8-09-2009 10:56 Pagina 28 Lancio un’occhiata verso il cancello della scuola. Lo vedo. Se ne sta appoggiato a una delle due colonne che fiancheggiano l’ingresso. È vestito di scuro, come sempre, e ha un berretto di lana nera ficcato in testa per ripararsi dalla pioggia. Morgan non è solo bello. Ha un non so che in più. Le mie amiche, Naomi in testa, sostengono che sia il mio tipo ideale. Forse. Non lo so. Per ora non ho un “tipo ideale” in mente. Per ora non ho niente. Lui sta discutendo con qualcuno. Ma non riesco a vedere con chi. «Aspettatemi qui». Chiudo l’ombrello e mi infilo anch’io un berretto simile a quello di Morgan. Attraverso il cortile schivando le pozzanghere. Quando lo raggiungo è da solo. Strano. La persona con cui parlava sembra essere svanita nel nulla. Lui mi guarda con occhi colpevoli, come di chi è stato sorpreso a rubare. Approfitto di quella sua esitazione per studiarlo meglio. Non so se dipenda dal fisico slanciato e perfetto o dai capelli biondi da angelo o dagli occhi quasi viola, oppure dalla fossetta che, quando sorride, segna il lato sinistro della bocca, ma il fatto è che Morgan è senza dubbio il ragazzo più interessante che conosco. E sono certa sia anche il più pericoloso. «Ciao Alma». È questione di due parole, e ogni sua indecisione è scomparsa. Mi trovo spiazzata: ora sono io quella fuori posto. Ma non abbasso lo sguardo. È strano. Di norma intuisco le intenzioni delle persone, le anticipo, non sbaglio una battuta. Ma con lui non è così. A volte lo sento stranamente vicino a me, eppure i suoi pensieri mi sfuggono sempre. Possiamo solo parlare, in una partita a carte coperte. «Ciao Morgan». «Mi cercavi?». «No. Pensavo che stessi parlando con Adam. È lui che cerco». Mi compiaccio della mia abilità di improvvisazione. «Io non parlavo con nessuno». La sua voce è calma e misurata. Eppure sono sicura che ci fosse qualcuno con lui, prima, nascosto dal cancello. Perché mente? 28 29 Libretto Peduzzi Promocard.qxd 8-09-2009 10:56 Pagina 30 «Hai ragione. Non stavi semplicemente parlando. Stavi discutendo». «Ti sbagli, Alma». Accentua particolarmente la pronuncia del mio nome. Sembra un avvertimento. Ma non capisco se è una minaccia o un consiglio. Sorrido appena, a metà tra l’ironico e il divertito. Mi avvicino a lui in punta di piedi, le mie labbra al suo orecchio, lentamente. Il tutto a beneficio delle amiche che mi stanno guardando. «Allora scusami, Morgan», sussurro. Respiro l’odore appena tiepido della sua pelle. Non sa di nulla. Lui resta immobile, non cambia espressione. Poi si volta di scatto e ci ritroviamo faccia a faccia, il mio naso a pochi millimetri dal suo. La tensione sale rapidissima, come se non ci fosse aria tra noi, a dividerci. Ma sale anche la pioggia, si fa più fitta e pesante, e ci risveglia. Ci portiamo d’istinto le mani sulla testa e ci guardiamo intorno alla ricerca di un riparo. Le ragazze sono ancora vicino all’ingresso ad aspettarmi. «Ciao». Mi allontano senza nemmeno guardarlo, ma sento i suoi occhi puntati sulla mia schiena. «Ciao», dice lui, e sembra divertito, quasi il suo fosse un “arrivederci a prima di quanto immagini”. La pioggia batte furiosa intorno a me. Corro alzando schizzi d’acqua, gli stivali picchiano nelle pozzanghere. «Cosa succede?», mi chiede Naomi non appena la raggiungo. «Niente di interessante». Non ho voglia di raccontarle nulla. In fondo sono solo sensazioni. E comunque sono mie. 30 31