Alimentari a credito A Trento si torna a segnare sul libretto TRENTO. Anni fa era la normalità, ma adesso, complice anche la crisi, sta tornando l'abitudine a «segnare» il conto in negozio per poi tornare a saldare quando arriva pensione o stipendio. Ne sa qualcosa Abramo Ottaviano commerciante con il negozio di alimentari davanti al Conservatorio. «Sono 5 o 6 in settimana le persone che chiedono un aiuto - spiega - saranno una trentina in tutto. Gente che lavora e che ha qualche problema ad arrivare a fine mese» e chiede di poter pagare con calma. MAROGNOLIAPAGINA10 Il bottegaio Abramo Ottaviani La spesa? Sitornaa segnare sul libretto // bottegaio Abramo Ottaviani: «Semprepiù persone comprano a credito TRENTO. Prima fanno la spesa e alla fine arriva la domanda che non ti aspetti: «Me lo segna?». Abramo Ottaviani, sguardo acuto e bonario sopra un baffetto ingrigito dall'esperienza, sdrammatizza con una delle sue barzellette e segna. «Negli ultimi tempi - allarga le braccia il numero di persone che chiedono di pagare quando arrivano lo stipendio o la pensione è raddoppiato». Abramo ha 60 anni e lavora dietro al bancone degli alimentari da 36: i primi venti li ha passati in via Giusti, vicino al cimitero, dando la merenda a generazioni di studenti dell'Arcivescovile e del Da Vinci («mia moglie non capiva perché in città mi salutassero così tante ragazze», ride); gli altri nella sua botteghina di 28 metri quadrati davanti al Conservatorio. Piccola ma ben organizzata, con i suoi scaffali ordinati e disposti in maniera razionale. Ci trovi di tutto: il pane, la pasta, i pelati, le confetture, frutta e verdura (esposta su un tavolone come al mercato) e i dolci. Persino il pane carasau della Sardegna. E' venuto a Trento da Norcia per amore di una trentina, ti racconta. «Poi mi sono accorto che era una sola e mancavano le altre 29...», ti piazza lì la battuta serio serio per vedere quanto ci metti a capire che oltre a venderti la spesa ti vuol regalare anche un sorriso. «Sono 5 o 6 in settimana le persone che chiedono un aiuto», continua. «Saranno una trentina in tutto. Gente che lavora e che ha qualche problema ad arrivare a fine mese. Magari perché spende i soldi al gratta e vinci o perché ha il figlio in cassa integrazione e deve passare qualcosa anche a lui, per vivere. E' il caso di una signora che è venuta qui l'altro giorno». Parla con leggerezza Abramo, perché non vuol far pesare i suoi piccoli crediti ai beneficiari: «Sono pochi euro che alla fine del mese pagano sempre», dice. «Comprano le cose essenziali: il pane, il latte, qualche verdura. Vengono nei piccoli negozi come il mio perché nei supermercati gli chiedono fino all'ultimo centesimo». Già, anche tra le vetrine del centro, mescolato a chi va a caccia di saldi, c'è chi deve fare bene i conti per unire il pranzo alla cena. «Tutte donne, tra i 40 e i 60: sono loro che mandano avanti la famiglia». Farsi "segnare" la spesa non è come chiedere l'elemosina. Ma costa un pezzo di amor proprio fare quella domanda. «C'è chi ti dice che ha dimenticato il portafoglio e chi ammette di essere in difficoltà. Non puoi mica dirgli che la roba non gliela dai...». Dietro i suoi occhialetti, Ottaviani controlla attento il passaggio di professionisti, massaie e pensionati. Pronto a salire in sella alla sua mountain bike: «Se uno ha bisogno gli porto pure a casa la spesa. Sta- mattina una signora di 70 anni mi ha chiamato: "Abramo, non sto tanto bene, puoi venire tu? Ho preso la bici e sono partito subito. Al ritorno, mi sono anche sentito la sgridata di un paio di clienti che mi aspettavano davanti al negozio». Eccola lì la bici: Abramo la mostra orgoglioso. «L'ho presa da poco ma devo già cambiarla per l'Aids. Hanno detto che ha troppi rapporti...». Riecco la battuta a bruciapelo. Non ha lamentele da rivolgere al Comune, solo una cortesia da chiedere alla polizia municipale: «Sono qui da solo e ogni tanto capita di dover entrare con la macchina anche il pomeriggio, quando il carico e scarico è vietato. Qualche agente, magari giovane, ti dice che non si può. Un po' più di flessibilità non guasterebbe». Anche perché, se non l'avevate ancora capito, la bottega di Abramo è uno sportello sociale sul territorio. «Ci sono tre persone che soffrono di Parkinson e chiedevano se al parco San Marco si potesse mettere qualche panca un po' più alta. Sono bellissime, ma hanno guardato più al look che alla funzionalità...». Passa Marco Patton, il barbiere e consigliere: «Quest'uomo è amato da tutti e ha a cuore i problemi della gente. Potrebbe fare politica». Lui è imbarazzato, si schermisce. Ma ritrova la favella Quando arri- vano due ragazze che cercano la libreria il Papiro. Fa pure il vigile urbano: «Cercate testi scolastici? Andate oltre il parco di piazza Venezia e poi a sinistra. Ma non guardate i giovanotti che vi distraete». Tocca alla commerciante con il trolley che sbuca da via Marchetti: «Guarda che non posso venire in vacanza con te», le dice ridendo. Vero. Meglio che resti lì: di Abramo c'è sempre bisogno. © RIPRODUZIONE RISERVATA Gallo: «Quella maglia pagata dopo due stipendi» La Con/esercenti conferma il fenomeno. Piffer dell'Unione: «Torna il rapporto di fiducia» TRENTO. «Ho avuto una cliente in inverno che ha fatto una bella spesa ma l'ha pagata dopo avere incassato due stipendi, in diverse rate. In 17 anni di attività non era mai capitato». A parlare è Massimo Gallo, presidente dei negozianti di Confesercenti e titolare della Casa della Calza, in galleria dei Legionari. «Non è un fenomeno generalizzato ma negli ultimi due anni ogni tanto capita. Non chiedono di segnare, ma danno un piccolo anticipo, simbolico, perché gli tenga la maglia o la sciarpa fin- ché non arrivano i soldi sul conto». Massimo Piffer, presidente dei dettaglianti dell'Unione, aggiunge: «Gli anni'90 erano quelli dello status simbol, del tutto subito. Oggi sappiamo che spendiamo il 15% in più delle nostre possibilità. Bisogna ritarare tutto il sistema». E il pagamento dilazionato? «Tra commercianti e clienti si cerca di aiutarsi l'uno con l'altro. C'è bisogno di ritornare al rapporto di fiducia di una volta. Come sempre siamo noi il termometro della situazione». Massimo Gallo