DIO
E IL SUO POPOLO
IN CAMMINO
Il Signore disse:
“Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho
udito il suo grido, conosco le sue sofferenze, sono
sceso per liberarlo e per farlo salire da questa terra
verso una terra bella e spaziosa, verso una terra dove
scorrono latte e miele.
Ecco, il grido degli Israeliti è arrivato fino a me
Io sarò con te”
PREMESSA
Scoprire insieme il VOLTO di DIO.
“Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non
vi ritornano senza aver irrigato la terra e senza
averla fecondata e fatta germogliare, così sarà della
mia parola uscita dalla mia bocca, non ritornerà a
me senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata”
(Is 55,10-11)
Questa è la Parola che ci ha accompagnato in quest’anno durante gli incontri
biblici del giovedì mattina, dove insieme, ci siamo avvicinate ai primi libri
dell’Antico Testamento.
Alla fine possiamo dire di aver sperimentato che la Parola porta frutto.
Ha portato frutto nella nostra vita di tutti i giorni: semplicemente, senza grandi
pretese, abbiamo sentito la presenza di Dio che cammina con noi, i suoi passi si
sono confusi con i nostri, quando pensavamo di non farcela l’abbiamo sentito
vicino.
Perché l’abbiamo sentito vicino?
Perché l’abbiamo scoperto attraverso l’amicizia che si è creata fra noi:
eravamo “straniere”, ora ci sentiamo parte di una piccola comunità (cfr Ef 2,1920, Mt 12,49-50).
Perché la sua Parola ci ha dato speranza, facendo fare anche a noi
l’esperienza dei discepoli di Emmaus.
Un Dio che cammina con noi e si manifesta a noi mentre camminiamo, mentre
spezziamo il pane della Parola, dell’Eucaristia, della condivisione,
dell’amicizia, dell’accoglienza (cfr Lc 24,13-35).
Questo libretto vuole essere la testimonianza di un cammino fatto insieme.
L’abbiamo voluto innanzitutto per noi per riconoscere l’opera del Signore che
si realizza sempre e ogni volta che lo si cerca con cuore sincero.
Non c’è verità assoluta, solo la nostra esperienza, sicure solo che la Parola
illumina il nostro cammino e crea comunità.
Abbiamo fatto nostro quello che suggerisce il gesuita Francesco Rossi De
Gasperis esperto conoscitore delle scritture che fa parte della comunità del
Pontificio Istituto Biblico di Gerusalemme:
“Non sarà possibile capire tutto quello che il testo ci vorrà dire, perché è
un testo vivente in virtù dello Spirito che lo ispira. Dovremo solo cercare di
intendere quello che lo Spirito ci vorrà far capire adesso, che non sarà la
stessa cosa che ci farà capire tra dieci anni, o che ci ha fatto capire nel
tempo passato” (dal libro “Pregare e camminare in tutta la Parola”).
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INTRODUZIONE
Una parola anche per spiegare come è strutturato questo libretto;
abbiamo già detto che è la testimonianza di un anno di studio biblico, dunque
ci sono i nostri incontri così come li abbiamo preparati insieme, con schemi,
tracce, domande e risposte.
Le risposte a volte sono plenarie, cioè racchiudono quello che è emerso
dal gruppo grande del giovedì mattina che s’incontra regolarmente ogni
quindici giorni. Ci sono però anche risposte dei vari gruppi minori che si
incontrano nelle case, la settimana successiva all’incontro, per studiare e
approfondire il tema.
Le relazioni sono quindi diverse, a volte possono sembrare ripetitive,
intenzionalmente abbiamo voluto lasciarle intatte nel loro contenuto per non
cancellare la testimonianza di uno studio fatto nei vari gruppi, per condividere
la Parola e la vita.
Per ogni incontro abbiamo usato piccoli sussidi presi da testi di studio
diversi, abbiamo voluto inserirli perché, anche loro, fanno parte di questo
cammino e ci hanno aiutato a crescere insieme
Prima di tutto però abbiamo sentito il bisogno di interrogarci con alcune
domande semplici ma fondamentali:
Perché leggo la Bibbia?
Qual è il motivo che mi spinge a leggere la Scrittura e ad
approfondirla?
Perché ho accettato di fare questo cammino?
Ecco le risposte di alcune di noi:
“Provo un certo rammarico per avere, fino ad ora, dedicato poco tempo alla
lettura della Bibbia, anche se in me era sempre presente il desiderio di
approfondirne il contenuto.
Quest’anno ne ho avuto l’occasione.
Gli incontri che si tengono ogni quindici giorni, di giovedì, presso la
parrocchia, per circa un’ora, sono per me una lieta opportunità.
Debbo confessare che la ricchezza di insegnamenti che si ricava da questa
lettura rende più gradevole e serena anche la vita quotidiana.
La Bibbia si può senza dubbio definire una vera scuola di vita.
Se leggiamo i proverbi, scritti in un linguaggio semplice e piacevole, ci
rendiamo conto quanto ci aiutano coi loro insegnamenti a districarci nei
rapporti a volte complicati del vivere odierno.
Che dire poi del libro del Siracide con le sue massime che parlano della
Sapienza come dono di Dio per formare una gioventù fedele e serena.
Basterebbe poi la lettura del Salmo 103 -104 per rendersi conto come Dio
parla anche ai non credenti attraverso il mondo visibile, lo splendore del sole,
3
l’armonia degli astri, la luce delle stelle…dice il salmista “tutto hai fatto con
saggezza, la terra è piena delle Tue creature” (cfr Sal 8).
Chi non legge la Bibbia perché non crede perde una grande occasione perché
si tratta di un libro che arricchisce sia dal punto di vista umano che culturale
ed aiuta ad allargare i propri orizzonti così da interpretare le vicende umane
sotto una luce più consona alla carità ed alla verità.” Anna C.B.
♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦
“Lampada per i miei passi è la Tua Parola luce sul mio cammino” (Sal 119,105).
“Io sono la luce del mondo, chi segue me non cammina nelle tenebre, ma avrà la
luce della vita” (Gv 8,12).
Mi sono avvicinata alla Bibbia parecchi anni fa, frequentando il gruppo del
Rinnovamento nello Spirito, ho incominciato a pregare con la Bibbia,
scoprendo, attraverso i Salmi, la preghiera di lode e di ringraziamento,
amando sempre più la Scrittura attraverso i brani che di volta in volta si
approfondivano nel gruppo. La Parola, in quei lontani periodi, è stata per me
risposta agli avvenimenti della mia vita, Parola quindi come luce che aiuta a
rischiarare i momenti bui e a ridare forza e speranza per continuare.
Frequentando questo gruppo invece, ormai è il terzo anno, ho scoperto un
modo nuovo e più efficace per approfondire, comprendere meglio e condividere
con altre persone il cammino che sto facendo. E’ molto bello vedere la
comunione e l’amicizia che si crea tra di noi, constatare come, la stessa
Parola, possa dirci cose diverse, ascoltare le esperienze delle amiche nel
piccolo gruppo per poi parlarne insieme nel gruppo grande del giovedì.
“Rallegratevi con quelli che sono nella gioia, piangete con quelli che sono nel
pianto. Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri” (Rm 12,15-16).
“Siate lieti nella speranza, forti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera,
solleciti per le necessità dei fratelli, premurosi nell’ospitalità” (Rm 12,12-13).
Questo cammino mi aiuti a sentirmi sempre più amata da Dio per avere più amore e
apertura verso tutti.” Graziella
♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦
“Come credente il mio interesse per la Bibbia nasce dal desiderio di
approfondire la Parola di Dio e voler confrontare la mia vita con essa.
E' un voler vedere con occhio sempre più limpido l'azione di Dio nel corso
della storia e nella mia vita e parallelamente vedere più chiaro dentro me
stessa quanto di questa azione ho recepito e in che modo personalmente vivo i
messaggi che il Signore vuole trasmettermi.
Questi messaggi che trovo espressi in modo mirabile soprattutto nel Vangelo e
che riconosco fonte primaria di vita e di gioia spesso sono difficili da tradurre
nella quotidianità e occorre quindi nello studio, nella meditazione e nella
preghiera una continua conversione del cuore.
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Al di là comunque del fatto che per il credente la Parola di Dio si è fatta Carne
e quindi viene vissuta in una Persona, i valori trasmessi dall'Antico Testamento
e perfezionati nel Nuovo sono un patrimonio di immenso valore di vita per tutti:
credenti e non credenti.
Anche umanamente parlando i Comandamenti e i Consigli evangelici
contengono una saggezza tale che può essere considerata la sola fonte di
risanamento contro tante ingiustizie e violenze del mondo.
Dentro il cuore della Bibbia, letta tenendo conto del suo contesto storico, si
trova per tutti una sorgente di serenità e di pace individuale e sociale che nasce
nella parte più profonda e più intima del cuore e che ben difficilmente
potremmo trovare in altre filosofie o stili di vita.” Rosanna G.
♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦
“Da bambina, avevo trovato in casa un libro dell’A.T., che avevo cominciato a
sfogliare per le illustrazioni e poi incuriosita, a leggere. Naturalmente non ne
capivo il significato.
Era una storia che mi affascinava ma che mi ha condizionato, creandomi l’idea
di un Dio che incute timore e giudica. Allora la Bibbia non si leggeva, le letture
della Messa erano in latino, poi venivano tradotte nelle lunghe omelie. Mi è
rimasto così il desiderio di conoscerla, al di là di quello che ascolto alla messa,
più o meno attentamente, o nei gruppi di ascolto o in qualche meditazione a cui
partecipo. Mi sono, per questo, aggregata ad un gruppo di donne che, come
me, vogliono approfondire i testi sacri. Mi appassiona perché la lettura è fatta
con una metodologia nuova, si guarda al contesto letterario, storico, sociale,
fedele sempre alla Parola di Dio. Il motivo più importante che mi spinge è
scoprire il messaggio di Dio, oltre il fatto narrato e cosa vuole dire questo
messaggio nella nostra vita, oggi, come ci è stato trasmesso nelle Scritture.”
Luciana C.
♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦
“Ci appassioniamo alla Bibbia perché è il libro base della nostra religione e di
altre, lo conosciamo poco per questo vorremmo conoscerlo meglio. Leggerlo
insieme è argomento di discussione e di scambio di opinioni e anche un bel
momento comunitario.
Leggiamo la Bibbia per confrontare la nostra vita con ciò che dice il Signore.
La leggiamo anche per arricchire la nostra cultura religiosa ed essere in grado
di confrontarci con le altre.”
Pia, Roselda, Licia, Tiziana
♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦
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SUSSIDIO 1
La Bibbia rivelazione di Dio: un Dio appassionato dall’uomo
(da “Conoscere la Bibbia” di Alessandro Carollo, frate
cappuccino, docente di sacra scrittura nello Studio
Teologico”Laurentianum” dei cappuccini al ss. Redentore di
Venezia).
Il desiderio di Dio è insito nel cuore di ogni essere umano, si tratta di un
dato ormai acquisito da parte della storia delle religioni. Anche se è vero che c’è
l’ateismo sia nell’Occidente moderno sia nei Paesi dominati da ideologie di
carattere totalitario, va tuttavia rilevato che si tratta di un fenomeno marginale
se si guarda alla storia umana nel suo insieme. Diverse religioni lo
testimoniano.
Da sempre l’uomo è alla ricerca di Dio, di “un qualche Dio” attraverso il
culto, la preghiera, la meditazione, la solidarietà con gli altri esseri umani. Se
questo vale per tutte le religioni, non è così per quanto riguarda l’esperienza
della fede ebraico-cristiana dove non è l’uomo che cerca Dio, ma è Dio che è
venuto a cercare l’uomo.
La novità più sconvolgente del cristianesimo sta proprio qui: Dio si è
mostrato così appassionato dell’uomo che non ha esitato neppure un attimo
davanti al progetto di rendere accessibile al genere umano la sua stessa vita
divina. La distanza tra Dio e l’uomo è stata colmata dal desiderio eterno del
Padre di raggiungere, incontrare e amare ogni persona umana. La fede
cristiana, come anche quella ebraica, sottolineano con forza l’iniziativa
divina: è Dio che è venuto a cercarci, è Lui che ci ha creati e salvati, è Lui
che ci ama da sempre e per sempre.
Quando si parla di rivelazione divina, s’intende proprio la manifestazione,
da parte di Dio Padre, del suo amore, della sua passione nei confronti dei suoi
figli. Ed è proprio tale manifestazione che fonda e giustifica la ricerca di Dio da
parte dell’uomo. In altre parole: l’uomo non si sarebbe mai sognato di mettersi
alla ricerca di Dio se Dio stesso non lo avesse cercato per primo, inserendo nel
suo cuore l’ardente e insopprimibile desiderio di Lui.
Uno dei principali documenti del Concilio Vaticano II, la costituzione
dogmatica Dei Verbum, descrive la rivelazione divina in questi termini:
“Piacque a Dio, nella sua bontà e sapienza, rivelarsi in persona e manifestare il
mistero della sua volontà (cfr Ef 1,9), mediante il quale gli uomini, per mezzo di
Cristo, verbo fatto carne, hanno accesso al Padre nello Spirito Santo e sono resi
partecipi della divina natura (cfr Ef 2,18; 2Pt 1,4). Con questa rivelazione, infatti,
Dio invisibile (cfr Col 1,15; 1Tm 1,17) nel suo grande amore parla agli uomini
come ad amici (cfr Es 33,11; Gv 15, 14-15) e si intrattiene con essi (cfr Bar 3,38) per
invitarli e ammetterli alla comunione con sé” (DV n.2).
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La sacra scrittura è dunque l’ambito privilegiato in cui si dispiega la rivelazione
divina.
Ecco la novità della fede ebraico-cristiana: Dio parla, fa sentire la sua
voce e dimostra il suo amore senza confini in modo da rendere partecipe
l’uomo della sua vita divina. Egli intende entrare in comunione con l’uomo,
perché l’uomo possa entrare in comunione con lui.
Per esprimere questo concetto il testo della Dei Verbum usa l’espressione
“mistero della sua volontà” dove la parola “mistero” indica il progetto divino di
salvezza presente fin dalla creazione del mondo e che ha trovato la sua piena
realizzazione nella persona e nella missione di Gesù. In questo modo il Dio
invisibile e nascosto diventa ben conoscibile.
Nella vita di Gesù dunque, il “mistero della volontà di Dio” è stato
finalmente svelato: Dio e l’uomo non sono più estranei, non parlano più un
linguaggio incomprensibile l’uno all’altro, ma Dio si rivela in pienezza
grazie alla vita, alle parole ed ai gesti di Gesù, chiamando l’uomo vicino a
sé e facendogli gustare quell’amore divino che ha spinto Lui, il figlio di Dio,
a donare la sua vita per noi.
♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦
Ancora una piccola premessa:
Ogni nostro incontro inizia con un momento di accoglienza, perché la
gioia di rivederci è sempre grande: salutarci e accogliere chi è tra noi per la
prima volta, o ritorna dopo un po’ di tempo, ricordare chi manca, raccontarci
le nostre preoccupazioni o gli eventi belli, tutto questo serve a creare amicizia e
comunione tra noi, così la Parola diventa vita:
“portate i pesi gli uni degli altri” (cfr Gal 6,2)…
“gioite con chi è nella gioia, piangete con chi è nel pianto”(cfr Rm 12,15)….
Anche il momento di preghiera iniziale ci aiuta a riconoscere che tutto è dono
di Dio: lui ci convoca e mette dentro di noi il desiderio della sua Parola.
I brani scelti per iniziare gli incontri diventano per noi la preghiera di ogni
giorno, Parola che è lampada ai nostri passi, luce sul nostro cammino.
Piccoli gesti, piccoli segni, momenti vissuti insieme che ci fanno dire:
“Davvero il Signore è risorto e cammina con noi”.
♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦
I nostri testi guida sono
la Bibbia,
la LINEA DEL TEMPO,
“Piccola guida alla Bibbia” di Sandro Gallazzi.
Abbiamo consultato altri testi di studio come da bibliografia.
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1° INCONTRO: Conosciamo la Bibbia
Dove nasce la BIBBIA: contesto storico e linea del tempo
• Accoglienza
• Preghiera: Is 55,1-13
La Bibbia è un insieme di libri che nascono dalla realtà del popolo.
È la vita delle persone, con le loro sofferenze, lotte, conquiste e gioie, che ha fatto
nascere le Bibbia.
È attraverso la realtà che la parola di Dio arriva a noi.
Il popolo ha conservato la memoria della propria storia in un primo tempo in
forma orale raccontando e cantando; in un secondo tempo con piccoli scritti e infine
in libri, elaborando una redazione finale.
È stato un processo lungo, durato molti secoli.
Per Israele l'evento fondante della sua storia è l'Esodo. Questa vicenda ha segnato
a tal punto la vita del popolo, che tutta la storia viene letta alla luce di questo
avvenimento.
Ogni momento storico sarà "liberazione" oppure "oppressione", "vittoria" oppure
"sconfitta": tutto sarà visto e giudicato alla luce dell'esperienza dell'Esodo.
L'Esodo è la luce per giudicare il tempo presente.
Il nuovo Testamento presenterà la “Cena-Passione-Morte-Resurrezione di Gesù”
come il “nuovo Esodo”.
La storia del popolo di Israele è una storia di costante ricerca per raggiungere migliori
condizioni di vita, abbondanza e felicità, cioè avere una terra e i mezzi necessari per
garantire la vita. Non era un sogno vuoto, ma un progetto che doveva essere
realizzato e per questo il popolo di Israele ha lottato.
Il Paese della Bibbia: la “Mezzaluna fertile”
Il paese d’Israele, chiamato dalla Bibbia paese di Canaan e dai geografi antichi e
moderni Palestina (cioè “il Paese dei Filistei”) è un piccolo settore di un vasto
insieme geografico detto “Mezzaluna fertile”. Questa regione ha realmente la forma
di un arco. La Mezzaluna è irrigata da fiumi più o meno importanti, il bordo interno è
formato da zone semidesertiche che fanno da collegamento con la zona desertica. È
denominata così perché i terreni coltivabili formano la figura di una mezzaluna.
È stata la culla di antiche civiltà, da quella sumerica a quella egizia, da quella
hittita a quella elamita e a tante altre. Tutti questi popoli e regni ebbero momenti di
grande splendore e di successiva decadenza; al predominio di uno subentrava
l’egemonia di un altro e così via.
La mezzaluna fertile non era un mondo chiuso, comunicava direttamente con
l’Arabia, con l’Africa, con l’India e anche con l’occidente attraverso le isole greche e
più tardi con la Grecia continentale e l’Italia.
Si ebbero sempre degli scambi commerciali tra la Mezzaluna fertile e il bacino del
Mediterraneo; questo ha prodotto una certa unità culturale tra i Paesi del
Mediterraneo e il vicino Oriente.
(Tratto dall’introduzione Antico Testamento della Bibbia TOB)
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SUSSIDIO 2
I LIBRI DELLA BIBBIA
LA Bibbia è divisa in due grandi parti:
• ANTICO TESTAMENTO: l’Antica Alleanza, prima di Gesù.
• NUOVO TESTAMENTO: la Nuova Alleanza, a cominciare
da Gesù.
Alleanza significa “patto” “impegno”:
“Voi sarete il mio popolo io sarò il vostro Dio” (Ez 36,28).
I libri della Bibbia sono in tutto 73:
46 nell’Antico Testamento e 27 del Nuovo Testamento
ANTICO TESTAMENTO:
Pentateuco: che significa “cinque rotoli”. Sono scritti in ebraico
e sono chiamati “TORAH” “LEGGE”.
Genesi: origine dell’umanità, del popolo d’Israele
Esodo: uscita, liberazione dall’Egitto
Levitico: norme per il culto
Numeri: Israele liberato che cammina nel deserto
Deuteronomio: “seconda legge”, scritta affinché il popolo possa
vivere l’alleanza con Dio
Libri storici: raccontano la storia del popolo di Israele dall’uscita dall’Egitto
fino all’Impero Romano. Sono 13.
Giosuè: “JHWH libera”, racconta la conquista e l’entrata in Canaan, la
Terra Promessa
Giudici: racconta il periodo delle tribù. JHWH protegge il suo popolo
suscitando salvatori
Rut: storia di due donne che lottano per il pane, la terra, il futuro
1° e 2° Samuele: storia del passaggio dal periodo dei Giudici all’avvento
della monarchia
1° e 2° Re: descrizione delle vicende del Regno del Nord e del Regno
del Sud
1° e 2° Cronache: ripercorrono lo stesso periodo storico di 1 e 2 Re
mettendo in rilievo l’aspetto sacerdotale
Esdra e Neemia: periodo storico del Post-esilio
1° e 2° Maccabei: guerriglia giudaica contro l’ellenismo
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Libri profetici: riportano la parola dei profeti, coloro che interpretano
la realtà alla luce della parola di Dio
4 profeti maggiori: Isaia, Geremia, Ezechiele, Daniele
14 profeti minori: Lamentazioni, Amos, Osea, Michea, Gioele, Abdia,
Giona, Naum, Aggeo, Abacuc, Zaccaria, Malachia, Sofonia, Baruc
Libri della Sapienza o sapienziali: sono 10
Giobbe: approfondita riflessione sul dolore umano e sulla fedeltà di Dio
Tobia: narrazione che descrive come essere un buon giudeo nella
diaspora
Ester: racconto della memoria salvifica dei giudei nella diaspora
Giuditta: denuncia dell’idolatria e testimonianza della vera fede in Dio
Salmi: collezione di canti e preghiere del popolo di Israele
Proverbi: l’arte di vivere bene attraverso la sapienza popolare
Cantico dei Cantici: esaltazione dell’amore sponsale come segno
dell’amore di Dio
Qoelet o Ecclesiaste: riflessione sulla realtà della vita meditando la
parola “vanità”
Siracide o Ecclesiastico: consigli per il buon comportamento nella
comunità e nella società
Sapienza: ultimo libro dell’Antico Testamento dalla mentalità greca
delinea il ruolo della Parola nel destino dell’uomo
La Bibbia protestante, che segue la Bibbia ebraica, ha 7 libri in meno, sono:
Tobia, Giuditta, Baruc, 1° e 2° Maccabei, Siracide, Sapienza.
Questi testi sono stati scritti in greco perciò sono rifiutati dalla tradizione
ebraica.
NUOVO TESTAMENTO:
Vangeli: per conservare la memoria di Gesù
Sono: Matteo, Marco, Luca, Giovanni
Atti degli Apostoli: per conservare la memoria delle prime comunità
cristiane
Lettere: sono 21, scritte per orientare il cammino delle comunità cristiane
Apocalisse: scritto per fortificare la resistenza nella persecuzione.
Conservare la memoria
► i Vangeli e gli Atti degli Apostoli
Orientare il cammino
► le Lettere
Fortificare la resistenza
► l’Apocalisse
(Tratto da “FONTE di ACQUA VIVA” di T. Frigerio e F. Tenero Ed EMI)
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LAVORO DI GRUPPO per imparare ad analizzare e confrontare un testo e
capirne le differenze
Osservare le differenze dei racconti nei diversi testi
Consultare la Linea del Tempo e cercare di capire:
1.
quando è stato scritto il testo
2.
il suo contesto storico
3.
la comunità o il gruppo che ha scritto il testo
Primo gruppo:
confrontare Gen 1,1-2,4 con Gen 2,4b-25 = i due racconti della creazione
Consultare la Linea del Tempo e cercare di capire:
1. quando è stato scritto il testo
2. il suo contesto storico
3. la comunità o il gruppo che ha scritto il testo
Secondo gruppo:
osservare nel racconto del Passaggio del mare in Es 14,15-21 le differenze.
Consultare la Linea del Tempo e cercare di capire:
1. quando è stato scritto il testo
2. il suo contesto storico
3. la comunità o il gruppo che ha scritto il testo
Terzo gruppo:
nei quattro vangeli osservare le differenze nei racconti della resurrezione.
Consultare la Linea del Tempo e cercare di capire:
1. quando è stato scritto il testo
2. il suo contesto storico
3. la comunità o il gruppo che ha scritto il testo
Quarto gruppo:
Confrontare in Lc 6,17-26 e in Mt 5,1-12 le differenze nel Discorso della Beatitudini
Consultare la Linea del Tempo e cercare di capire:
1. quando è stato scritto il testo
2. il suo contesto storico
3. la comunità o il gruppo che ha scritto il testo
Quinto gruppo:
Confrontare i testi di Gv 2,13-22 con di Mc 11,15-19; Mt 21,12-17 e Lc 19,45-48
Consultare la Linea del Tempo e cercare di capire:
1. quando è stato scritto il testo
2. il suo contesto storico
3. la comunità o il gruppo che ha scritto il testo
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RELAZIONE DEI GRUPPI:
Tutto quello che ogni gruppo ha realizzato attraverso gli incontri quindicinali
nelle case, ci preme farlo conoscere come testimonianza. Non tutti i gruppi
hanno fatto relazioni scritte, ma il contributo di tutte è stato fondamentale e
arricchente per i nostri incontri del giovedì.
♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦
Gruppo “Agar”:
Dove nasce la Bibbia: contesto storico e linea del tempo
Per sapere dove nasce la Bibbia bisogna conoscere la storia del popolo
d’Israele. Non si può interpretare la Bibbia fuori dal contesto della vita.
La Bibbia è lo specchio della vita: ci parla della realtà quotidiana. Non è un racconto
storico ma un racconto di fede, della fede di un popolo alle promesse di Dio.
Speranza del popolo era la terra, promessa da Dio ad Abramo e alla sua discendenza,
la libertà, la vita piena. Credevano in un progetto di vita.
La Bibbia è la raccolta di 73 libri, scritti in epoche, circostanze e da autori
molto diversi tra loro. L’insieme di questi libri si è costituito pian piano nel tempo
(circa 1200 anni) e con un processo laborioso e strettamente collegato con le vicende
storiche del popolo d’Israele; i racconti di Abramo, Isacco e Giacobbe si collocano
attorno al 1800 prima di Cristo.
Le narrazioni furono tramandate da padre in figlio, di generazione in generazione
oralmente, in questo modo il popolo ha conservato la memoria della propria storia,
raccontando e cantando. La redazione finale ha avuto un processo lungo durato molti
secoli.
Per Israele l’evento fondante della sua storia è l’Esodo che racconta l’uscita
dalla schiavitù dell’Egitto. Questa vicenda ha segnato a tal punto la vita del popolo
che tutta la storia viene letta alla luce di questo avvenimento.
Ogni momento storico sarà “liberazione” oppure “oppressione”, “vittoria” oppure
“sconfitta”: tutto sarà visto e giudicato alla luce dell’esperienza dell’Esodo.
♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦
Gruppo “La Samaritana”: Genesi capitoli 1 e 2
Il nostro gruppetto doveva analizzare i primi due capitoli della Genesi sulla creazione,
vedere le differenze e rispondere alle domande.
Relazione:
Le note della Bibbia di Gerusalemme attribuiscono i primi racconti della
creazione alla fonte Sacerdotale per il primo capitolo e alla fonte Jahvista per il
secondo (anni 1000/900 a.C.), abbiamo rilevato molte differenze tra i due capitoli,
anche se il messaggio importante è identico: Dio Creatore, l’uomo e la donna sue
creature che hanno a disposizione tutto il creato.
La stesura attuale di questi due brani è iniziata durante l’esilio in Babilonia tra
il 587 e il 537 a.C. Il popolo è scoraggiato non ha più identità, ha perso tutti i pilastri
che lo sostenevano, il Tempio, la terra, il re. In quel contesto di sfiducia totale, il
popolo fa memoria del passato, ripensa all’armonia della creazione (cfr Sal 104) e, a
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poco a poco, ritrova la speranza e la forza per continuare. I vecchi racconti della
creazione incoraggiano e danno forza al popolo in esilio: Dio che ha creato tutto per
l’uomo ed è il Dio della vita, non può abbandonare il suo popolo e potrà ricreare, in
qualsiasi momento, nuove condizioni di vita.
Si riaccende la speranza e si ritorna a vedere la luce.
Differenze tra i due testi:
Gn 1,1-2,4a – questo testo è più astratto, tutto è ben programmato, la
creazione è suddivisa in sei giorni e si conclude con il riposo sabbatico del settimo
giorno. L’uomo e la donna sono creati per ultimi e hanno il potere di dominare su
tutto il creato, sono benedetti da Dio e fatti a Sua immagine. Tutto è bello, perfetto,
tutto è ordine e armonia.
Gn 2,4b-25 – ha più legami con la realtà. Inizia con la creazione dell’uomo,
fatto di terra e con il soffio di vita di Dio. Dio pone l’uomo in mezzo ad un giardino,
creato perché l’uomo lo coltivasse e lo custodisse.
C’è il primo comando di Dio: “Potrai mangiare di tutti gli alberi ma dell’albero
della conoscenza del bene e del male non ne devi mangiare, altrimenti moriresti”. Altre
differenze: Dio chiede all’uomo di dare i nomi alle varie specie di animali; la
creazione della donna avviene per ultimo e viene tratta dalla costola di Adamo.
Questo racconto sembra già legato alla caduta. Nel cap. 3, infatti, l’uomo e la donna
scelgono la morte e non la vita, mangiando il frutto proibito dell’albero: vogliono
mettersi al posto di Dio.
Sono stati analizzati anche altri testi dai vari gruppi e si sono notate molte
differenze anche nel Nuovo Testamento, tra i Vangeli sinottici. Si presume perciò
che gli autori o le comunità che hanno scritto i testi, hanno avuto bisogno di dare
risposte diverse, secondo le esperienze che stavano vivendo.
♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦
Gruppo “Rut e Noemi”: Esodo 14,15-21
Il libro dell’Esodo racconta la storia degli Ebrei ridotti in schiavitù dagli
Egiziani. Esodo significa: “uscita”.
Suddiviso in tre sezioni, la prima racconta l’oppressione degli Ebrei in Egitto, le dieci
piaghe e la liberazione dalla schiavitù. La seconda racconta il passaggio del Mar
Rosso e il viaggio nel deserto del Sinai. La terza riguarda l’incontro tra Dio e il
popolo eletto.
Il testo dell’Esodo è stato scritto in Ebraico, gli autori sono ignoti.
Non sappiamo quando è stato scritto, probabilmente secoli dopo gli eventi raccontati
che all’inizio si tramandavano solo a voce.
Secondo la tradizione ebraica si pensa che fu scritto da Mosè stesso.
I fatti relativi all’Esodo si sarebbero svolti nel dodicesimo secolo a.C.
Le notizie storiche fanno riferimento al Faraone Ramses, secondo quanto citato nell’
Esodo.
Esiste una stele che testimonia di un popolo nomade nelle terre di Canaan che gli
storici chiamano Israele. C’è anche un papiro che parla di cataclismi naturali
paragonabili alle dieci piaghe raccontate nell’Esodo. Scavi archeologici raccontano
l’esistenza di comunità rurali nelle terre di Canaan databili al 1200 a.C.
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♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦
Gruppo “Maria di Magdala” Beatitudini:
Lc 6,17-26 e in Mt 5,1-12
Vangelo di Matteo:
La prima versione del vangelo di Matteo è andata perduta, la versione da noi
conosciuta è stata scritta in aramaico, verso il 70, per i giudei cristiani.
Nel vangelo di Matteo vengono enunciate nove beatitudini, e sono considerate
dai credenti un modello per vivere secondo gli insegnamenti di Gesù.
Le Beatitudini descrivono infatti le caratteristiche di coloro che sono considerati
benedetti da Dio: i poveri, gli umili, i miti, i perseguitati.
Coloro che spesso agli occhi del mondo, sono considerati i più sfortunati, i più
infelici, nella prospettiva del Regno di Dio sono i Beati, cioè coloro che abiteranno
nel Regno dei cieli.
Il cristiano che vive su questa terra sa comunque che deve portare la sua croce,
non come segno di sconfitta ma di vittoria.
Gesù è stato crocifisso ma è risorto, vincendo la morte.
La descrizione delle Beatitudini in Matteo segue un percorso spirituale, infatti per
“beati i poveri” s’intende soprattutto i “poveri di spirito”.
Vangelo di Luca:
Luca scrive in greco, con un linguaggio colto e puro. Scrive per i pagani
convertiti al cristianesimo.
Nel vangelo di Luca le beatitudini sono quattro e sono accostate a quattro guai.
Queste Beatitudini hanno un carattere più sociale, infatti quando scrive “beati i
poveri” intende soprattutto coloro che mancano anche dei beni necessari per la
sopravvivenza.
♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦
14
2° INCONTRO: Metodo di lettura
per comprendere un testo biblico
•
•
•
•
Accoglienza e preghiera: Is 55,1-13
Condivisione del lavoro di gruppo del primo incontro
Focalizzare l’attenzione su perché e quando è stato scritto un testo.
Il testo biblico è la risposta a domande che nascono da situazioni
concrete.
• È importante conoscere la domanda:
1. perché il TESTO fu scritto = PRE-TESTO
2. chi ha scritto il TESTO = CON-TESTO (gruppo/realtà sociopolitica)
3. quale risposta viene data = TESTO (progetto/proposta)
4. risposta teologica: chi è Dio – dove sta – cosa vuole da noi.
Il brano di Lc 24, 13-35 ci aiuta a cogliere questi aspetti di lettura del testo.
PRE-TESTO: REALTÀ: Lc 24,13-24
Perché? Che situazione c’è o c’era?
ASCOLTARE
DIO
OGGI
E
RICONOSCERLO
Lc 24,30-35
Chi è Dio/Dove sta/
Che cosa vuole da noi.
Teologia del testo
CON-TESTO:
COMUNITÀ
TESTO: Lc 24,25-29
Quale progetto?
Chi?
Quale comunità si interroga e scrive?
15
SUSSIDIO 3
VISIONE GLOBALE PER L’INTERPRETAZIONE DEI
TESTI BIBLICI E IL SUO METODO (del biblista Carlos Mesters)
In sette piccole unità si vuole riassumere e concentrare lo stile di lettura
della Bibbia: come interpretarla e quale metodo usare.
Ha un valore didattico, per aiutare chi si avvicina a questa esperienza per
la prima volta.
1. Un obiettivo:
• Rivelare Dio, oggi, nella nostra vita. La Bibbia deve essere al
servizio della vita, creata da Dio. Deve aiutarci a scoprire Dio
presente nella nostra vita
2. Due movimenti:
• Dalla situazione concreta che si vive oggi per interrogare il testo
biblico
• Dal testo biblico per rischiarare la situazione storica di oggi
3. Tre angolature:
• Partire dai problemi e fare domande sulla realtà di oggi
• Partire dalla fede della comunità che si riunisce per celebrare e
condividere
• Partire dal testo biblico che informa sulla situazione della comunità
di quel tempo
4. Quattro contesti:
• Leggere il testo guardando la forma letteraria : contesto letterario
• Osservare, nella narrazione, la situazione del popolo:
contesto storico
• Chiedersi quando fu scritto il testo e perché: contesto redazionale
• La fede della comunità che legge il testo: contesto dello Spirito
5. Cinque regole:
• Leggere molto la Bibbia per familiarizzare con quello che sta scritto
• Ascoltare bene il testo per non rischiare di mettere idee nostre
• Servire la comunità, esponendo insieme le necessità che si
manifestano
• Essere fedeli all’obiettivo della Bibbia che è l’obiettivo della Parola
di Dio
• Studiare in equipe e non da soli, perché la Bibbia è il libro della
comunità
16
6. Sei pericoli:
• Imprigionare la lettera: lettura fondamentalista
• Dipendenza da altre fonti: lettura informativa
• Dipendenza dalla ideologia dominante: lettura ideologica
• Lettura fatta senza fede, che non si lascia coinvolgere né da Dio, né
dalla comunità: lettura alienata, atea
• Lettura slegata dalla comunità, dalla realtà, dalla fede:
lettura individualistica
• Lettura fatta senza rispettare la comunità, né i poveri:lettura che dà
importanza e crede solo nelle proprie idee, senza confronto
7. Sette azioni:
• Esporre e manifestare domande riferite alla realtà di oggi
• Conoscere e approfondire il testo, analizzando il suo contenuto
• Entrare nel testo, oltre il fatto narrato
• Analizzare la situazione narrata e scoprire i suoi conflitti
• Scoprire come il popolo di quel tempo ha letto la sua situazione
scoprendo in essa l’appello di Dio
• Scoprire come l’appello di Dio è stato narrato, trasmesso e messo per
iscritto nella Bibbia
• Scoprire quello che il testo dice alla nostra situazione di oggi.
Carlos Mesters
Questi sette punti per noi sono importanti.
Ci siamo confrontate e continueremo a confrontarci
perché ci aiutano a rimanere dentro la grande famiglia
della comunità ecclesiale e nella tradizione della Chiesa.
17
PROPOSTA di LAVORO nei GRUPPI su Lc 24,13-35
La proposta di lavoro è uguale per tutti i gruppi.
Chiediamo di leggere insieme il brano dei due discepoli di Emmaus, che quasi
certamente sono una coppia (cfr Gv 19,25), cercando di rispondere a queste
domande:
Prima parte: Lc 24, 13-24
Come potremmo definire la situazione iniziale del racconto?
Quali sentimenti hanno nel cuore i due discepoli?
Elencarli dandogli un nome preciso
Da che avvenimenti sono stati provocati?
Quali domande si pongono. Quali risposte?
Fare attenzione ai dialoghi e al luogo dove si svolgono
Seconda parte: Lc 24,25-29
Ad un certo punto la situazione cambia. Che cosa avviene?
Anche in questa situazione cercare di dare un nome ai sentimenti che
emergono dal racconto
Anche qui quali domande e quali risposte si pongono
Fare attenzione ai dialoghi e al luogo dove si svolgono
Terza parte: Lc 24, 30-31
Raccontatevi la situazione esposta nei due versetti, cercando anche
qui di dare un nome al momento descritto
Quarta parte: Lc 24,31-35
Confrontare la fase iniziale con quella che emerge alla fine del
racconto
Quali sentimenti hanno ora nel cuore i due discepoli? Elencarli
dandogli un nome preciso
Osservare anche la direzione del “cammino” dei due discepoli nei
diversi momenti e confrontarli
• Solo ora cercate di vedere quando è stato scritto il testo, da quale
comunità e perché
• Il brano raccontato da Luca lo trovate anche negli altri vangeli?
18
RELAZIONE DEI GRUPPI
Analisi del testo di Lc 24,13-35:
♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦
Gruppo “Agar”:
Pre-testo
- Perché il testo fu scritto?
- Quale fu la situazione che produsse il testo?
- Cosa stava succedendo?
- A quale dubbio, crisi, difficoltà si tentò di rispondere?
Contesto (Quale comunità?)
- Quale gruppo ha prodotto il testo?
- Da che parte stava?
- Quale era la realtà sociale e politica?
Testo
- Come si reagì alla situazione e quale fu il progetto di risposta?
Solo dopo questi passi si potrà conoscere la teologia del testo, cioè vedere come il
testo risponde a queste tre domande essenziali:
- Chi è Dio? “Colui che ci ha donato la vita”
- Dove sta? “Lui si rivela a noi mentre siamo in cammino
- Cosa vuole da noi? “Donarci la vita e donarla in abbondanza,
condividere la fede e trasmettere la nostra esperienza ad altri,
seguire il suo progetto: le 10 Parole”.
Esempio: Gesù risorto appare ai discepoli di Emmaus (Lc 24, 13-35)
Pre-testo = Morte e resurrezione di Gesù
Contesto = La comunità di Luca, che è la stessa di Paolo, cioè le 7 chiese dell’Asia
Minore
Testo = Gesù dà la risposta a quanto è successo. “…come siete lenti a credere quello
che i profeti hanno scritto! Il Messia non doveva forse soffrire queste cose prima di entrare
nella sua gloria? Quindi Gesù spiegò ai due discepoli i passi della Bibbia che lo
riguardavano, cominciò dai libri di Mosè fino agli scritti di tutti i profeti...”
Pre-Testo Lc 24,13-24 Perché:
racconta un fatto realmente accaduto che provoca emozioni, delusioni,
dubbi, incertezze; Gesù cerca di conoscere la realtà che fa soffrire i due
discepoli.
Testo
Lc24, 25-35 Come:
Lc 24,25-27 Gesù illumina la realtà dei due discepoli con la luce delle
Scritture.
Lc 24,28 -32 Gesù condivide il pane con i discepoli.
Lc 24, 33-35 I due discepoli tornano a Gerusalemme e condividono la loro
esperienza di resurrezione con la comunità. Così la Croce che sembrava
essere la fine di ogni speranza, è apparsa loro come sorgente di vita e di
Resurrezione.
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Con-Testo: Chi:
siamo nell’anno 85, le comunità della Grecia e dell’Asia minore stanno
vivendo un periodo difficile: farisei convertiti vogliono imporre la legge di
Mosè (cfr At 15,1); gruppi legati a Giovanni Battista che non hanno mai
sentito parlare di Spirito Santo (cfr At 19,1-6); giudei che si servono del
nome di Gesù per scacciare demoni (cfr At 19,13) e ci sono coloro che
dicono di essere seguaci di Pietro, altri di Paolo, altri di Apollo, altri di
Cristo (cfr 1Cor 1,12). Ci sono anche le persecuzioni da parte dell’impero
romano (Gerusalemme è stata distrutta nel 70).
Luca scrive per questa comunità affinché trovi la forza e la luce nel vivere
la fede in Gesù “per poter verificare la solidità degli insegnamenti
ricevuti” (cfr Lc 1,4).
Uno degli obiettivi è quello di mostrare, con Il brano dei due discepoli di
Emmaus, come la comunità deve leggere ed interpretare la Bibbia. In realtà
chi cammina per la strada di Emmaus, rappresenta le comunità, cioè tutti
noi. Ognuno di noi e tutti insieme, siamo il compagno e la compagna di
Clèopa (cfr Lc 24,18), insieme a Clèopa andiamo per le strade della vita,
cercando una parola di appoggio e di orientamento della Parola di Dio.
Prima parte - Lc 23,13,24:
Gesù incontra i due discepoli in una situazione di paura, di sfiducia e di sgomento,
stanno fuggendo da Gerusalemme dove tutto è finito. La morte in croce di Gesù ha
ucciso in loro la speranza; si fanno coraggio a vicenda, discutono (scambio di
sentimenti), conversano (cercano di capire = senso di familiarità).
Gesù si avvicina a loro, mentre camminano, ascolta e chiede: “Di che cosa state
parlando?” rispondono tra l’altro: “Noi aspettavamo che fosse Lui il liberatore ma…” (cfr
Lc 21,21). L’ideologia dominante impedisce loro di capire e di avere una coscienza
critica.
Nella nostra vita: essere capaci di porre domande che aiutino a guardare la realtà con
uno sguardo più critico.
Seconda parte - Lc 24, 25-29: Gesù prende in mano la situazione, e si serve della
Bibbia non per farne una lezione, bensì per illuminare il problema che fa soffrire i suoi
due amici, li aiuta a chiarire la situazione che stanno vivendo. Con l’aiuto della
Bibbia, Gesù colloca i due discepoli nel progetto di Dio (Mosè e i Profeti).
Ormai Gesù è un amico e, arrivati a Emmaus, lo invitano a restare con loro: “Rimani
con noi perché si fa sera e il giorno volge al declino”, l’ospitalità è sacra.
Nella nostra vita: con l’aiuto della Bibbia, illuminiamo la nostra situazione e
trasformare le nostre croci, segnali di morte, in segnali di vita e speranza.
Terza parte – Lc 24, 30-31: “Ora quando fu a tavola con loro, prese il pane,
pronunciò la preghiera di benedizione, lo spezzò e lo diede loro. A questo punto i loro
occhi si aprirono e lo riconobbero, ma Egli si era reso invisibile”. Per incontrare
Gesù è necessario passare dall’ascolto della Parola allo spezzare del Pane = ascoltare
Dio oggi e riconoscerlo.
Gesù rimane perché nell’Eucaristia Gesù c’è sempre.
Nella nostra vita: celebrare e condividere in comunità.
20
Quarta parte Lc 24, 32-35: la Bibbia da sola, non apre gli occhi, ma fa ardere il
cuore: “Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre Egli conversava con noi lungo la
via, quando ci spiegava le Scritture?” (cfr Lc 24,32), ciò che apre gli occhi e fa scoprire
agli amici la presenza di Gesù è la condivisione del pane, gesto comunitario.
Nel momento in cui Gesù è riconosciuto, si rende invisibile: c’è ma non si vede.
I due discepoli sperimentano loro stessi la Risurrezione, rinascono e camminano da
soli! Tornano a Gerusalemme a testimoniare il Risorto.
Nella nostra vita: saper creare una comunità orante.
Nella nostra vita di fede e di fraternità, dove lo Spirito possa agire:
o coraggio invece di paura
o ritorno invece di fuga
o fede invece d’incredulità, incertezza e dubbio
o speranza invece di disperazione
o coscienza critica invece di fatalismo dinanzi al potere
o libertà invece di oppressione
o vita invece di morte
invece della notizia della morte di Gesù, la Buona Novella della sua Risurrezione.
Prima riflessione
Le parole e i gesti di Gesù cambiano tutto il senso dell’Antico Testamento. IL Dio che
sembra distante e severo diventa un Padre pieno di tenerezza, sempre presente, pronto
ad accogliere e liberare.
Seconda riflessione
I discepoli hanno i loro progetti e le loro speranze e noi come loro abbiamo desideri,
progetti, speranze a cui ci aggrappiamo con tanta passione, senza considerare che
alcuni accadimenti possono rivelarci che esiste un progetto di Dio, diverso dal nostro,
più grande dei nostri pensieri. Gesù si accosta e cammina con noi perché Egli è la via,
la verità e la vita . Cammina con noi, per condurci sulla via; ci spiega le scritture, per
portarci alla verità; spezza il pane, per donarci la vita.
Dio è con noi.
Il culto è nella casa e non nel tempio
Tre caratteristiche tipiche del Vangelo di Luca: cammino, casa e tavola.
A tavola si spezza il pane, si accoglie, si condivide.
Preghiera finale: che lo Spirito Santo ci doni la saggezza di comprendere ciò che non
sempre si capisce.
♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦
Gruppo “la Samaritana” Lc 24,13-35
Metodologia:
Pre-testo: perché?
Si parte dalla realtà, da un fatto accaduto: i discepoli sono scoraggiati e discutono tra
loro sulla morte di Gesù.
Con-testo: chi l’ha scritto?
La comunità di Luca probabilmente sta vivendo momenti evidenziati nel testo di
Luca 24,13-35: paura, scoraggiamento, sfiducia, incredulità.
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Testo: come? quale progetto?
Gesù si affianca ai due discepoli e, pur senza farsi riconoscere, cammina con loro e
racconta, partendo da Mosè e dai Profeti, tutto quello che sarebbe successo a Gesù.
La Parola che illumina la realtà.
Per rispondere alle domande:
I due discepoli, uno di nome Cleopa, il nome dell’altro non è indicato, forse vuole
rappresentare ognuno di noi, stanno tornando al loro villaggio, sono tristi e delusi
perché quel “Gesù Nazareno che fu profeta potente in opere e in parole davanti a
Dio e a tutto il popolo” (cfr v.19) è stato crocifisso ed è morto da tre giorni. Al
“forestiero” che li sta interrogando spiegano tutti questi fatti durante il cammino,
esprimono anche la loro incredulità sul fatto che alcune donne delle loro, hanno avuto
visioni di angeli e hanno trovato il sepolcro vuoto. Sono sconvolti per la condanna a
morte di Gesù da parte dei sommi sacerdoti e dei capi dei discepoli.
Lungo il cammino Gesù li rimprovera: “Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla
parola dei profeti! Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per
entrare nella sua gloria?” (cfr v.25-26).
Invitano il “forestiero” nella loro casa perché è sera e lo riconoscono allo spezzare
del pane.
Da quel momento tutto cambia, tutti i sentimenti si capovolgono:
o la tristezza iniziale si trasforma in fervore, il loro cuore arde con le Scritture.
o lo sconforto nel desiderio di ricominciare a credere: ritornano con gioia a
Gerusalemme
o l’incredulità in fede
o la delusione in festa
o la tristezza in gioia
o la paura in coraggio
o la solitudine in comunione con gli altri
o il buio in luce
o la croce e la morte nella speranza e resurrezione.
Per sintetizzare:
- i discepoli sono in cammino e discutono di ciò che è accaduto
- Gesù si avvicina e cammina con loro, cerca di conoscere la realtà che li fa soffrire
- sono tristi hanno il cuore chiuso, sembra tutto finito, non credono e non sperano più
- Gesù illumina la loro realtà con la luce delle Scritture
- i discepoli invitano il “forestiero” a casa loro
- lo riconoscono allo spezzare del pane, ma già durante il cammino “ardeva loro il
cuore”
- ritornano con gioia a Gerusalemme, non hanno più paura
- i due discepoli di Emmaus riconoscono Gesù nella condivisione del pane, è lì che
sperimentano la risurrezione, rinascono e sono pronti a rimettersi in cammino.
Per noi:
- accogliere e avvicinarci alle persone
- ascoltare la realtà e i problemi dei fratelli
- lasciarci guidare dalla Scrittura che trasforma la morte in vita e speranza per
tutti
22
Così i nostri occhi si aprono, non c’è più buio ma luce sul nostro cammino non siamo
più soli ma in comunità.
Ti preghiamo Gesù perché anche noi possiamo riscoprirti ogni giorno ed essere
pronte, in qualsiasi circostanza, a seguirti, a riprendere il cammino e sentirti
sempre vicino.
♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦
Gruppo “Rut e Noemi”: I discepoli di Emmaus
Analisi del testo
Lc.24 13-24: Gesù è risorto. Le donne si recano presso la sua tomba ma la
trovano vuota, incontrano due uomini dalle vesti sfolgoranti che dicono loro di non
cercare fra i morti colui che è vivo, raccontano tutto ai discepoli e anche Pietro si reca
alla tomba e torna a casa pieno di stupore.
Gesù è morto, tutto questo periodo affascinante passato con lui, è finito.
I discepoli, che si stanno recando ad Emmaus, sono rimasti soli senza la loro
guida, sono anche delusi: Gesù doveva liberare Israele ma tutto ciò non è successo,
sono increduli e confusi perché dopo averlo deposto nel sepolcro è sparito. Allo
sconosciuto che si è accostato a loro, raccontano in poche battute tutta la vita di Gesù.
Non sanno darsi una spiegazione, degli ultimi fatti accaduti: quelli che sono andati al
sepolcro non l’hanno visto.
Gesù però è accanto a loro in questo momento di tristezza anche se non lo
riconoscono.
Lc 24,25-29: Gesù li lascia parlare e li ascolta, poi li rimprovera: “non avete
creduto alla parola dei Profeti” e spiega loro le scritture, raccontando ciò che si
riferisce a lui. Forse i due discepoli si sentono rincuorati, non sentono più lo
smarrimento e invitano lo sconosciuto a rimanere con loro, forse la sua presenza li
farà sentire meno soli.
Lc 24,30-31: Quando sono a tavola insieme, lo sconosciuto prende il pane e
recita la benedizione, in questo momento lo riconoscono, egli sparisce dalla loro vista
ma sperimentano che Gesù rimane con loro anche se non lo vedono; durante il
cammino della vita ritrovano Gesù nel momento dell’Eucarestia.
Lc 24,31-35: Nella fase iniziale i due discepoli sono incapaci di riconoscere il
Signore, sono disperati e delusi. Alla fine del racconto ritrovano l’ardore e la certezza
che Gesù è ancora in mezzo a loro, non sono più soli e tornano in fretta nella
comunità di Gerusalemme. La comunità è il fulcro della fede.
Il testo è stato scritto fra l’80 e il 90, è stato scritto in greco, Luca è un uomo colto, un
medico, dimostra di conoscere bene anche la Bibbia. Fra gli evangelisti è quello più
accurato nelle descrizioni, raccoglie scrupolosamente le informazioni dagli apostoli e
dai testimoni del tempo come specifica nell’introduzione, dedica lo scritto a Teofilo o
forse a tutti coloro che amano Dio.
Salmo 104: In questi versetti si riprende la narrazione della creazione e si loda
Dio per la bellezza del creato. Il salmista chiede che sulla terra ci sia pace fra gli
uomini e si augura che ci sia un tempo in cui gli uomini cessano di combattersi.
23
♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦
Gruppo “Maria di Magdala”: su Lc 24,13-35
Luca parla di ciò che avvenne dopo che le donne visitarono il sepolcro, lo
trovarono vuoto e l’angelo disse loro : “perché cercate tra i morti colui che è vivo?”
Ma esse non furono credute.
In questo brano Luca ci presenta due discepoli che partono da Gerusalemme, e
cammin facendo, si raccontano ciò che è appena accaduto.
Sono turbati, dubbiosi, per ciò che è avvenuto, è un fatto straordinario, ma le donne
vengono prese per visionarie.
Durante il cammino si avvicina loro un viandante che sembra incuriosito dalla
loro fitta conversazione e chiede loro di che cosa stanno parlando. Essi rispondono:
“strano che tu non sappia queste cose, di questo fatto così eccezionale, sei forse
forestiero in Gerusalemme?”
Essi sono alla ricerca della verità e ciò li porta a riflettere in continuazione
sull’accaduto.
Si chiedono com’è possibile che colui che compiva opere buone ed era creduto
il liberatore d’Israele sia stato crocifisso per una vergognosa macchinazione dei capi
del popolo? A questo punto il viandante li redarguì dicendo: “stolti e tardi di cuore,
non sapevate che il Cristo doveva soffrire queste cose per entrare nella gloria? Non
conoscete le antiche scritture da Mosè ai profeti?”
Ed inizia ad istruirli su questi avvenimenti.
A metà del loro cammino i discepoli hanno di nuovo bisogno di essere istruiti sulla
Parola: qui si mette in evidenza quanto l’uomo, durante il cammino della sua
esistenza, abbia continuo bisogno di riferimenti cristiani.
Oramai i due sentono questa presenza molto legata a loro, infatti quando il
viandante dice di voler proseguire il viaggio essi lo invitano a fermarsi con loro.
Egli accetta e quando, durante la cena, prese il pane, rese grazie e lo diede loro, essi
lo riconobbero, ma egli subito scomparve.
Il momento ricordò loro l’ultima cena, l’istituzione dell’Eucaristia.
Ora i discepoli sono felici, hanno capito che non sono più soli, che Gesù li
accompagna nel loro cammino.
Tornati a Gerusalemme riferirono quanto era loro accaduto.
Questo fatto è raccontato da Luca ai pagani convertiti al cristianesimo e presenta loro
la verità della resurrezione del Cristo, verità che i greci accettavano con dubbi e
riserve.
Questo episodio è raccontato solo da Luca, il vangelo di Marco lo accenna solamente
(cfr Mc 16,12).
♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦
24
3° INCONTRO: Il Nome di Dio
quale nome, quale volto, quale esperienza, quale luogo.
• Accoglienza e preghiera: Salmo 104 (103) e Is 55,1-13
• Leggere un versetto ed esprimere l’esperienza che si narra di Dio in
quel versetto
• Testi di studio: Gen 21,8-21; e Es 3,1-12
• Idea fondamentale: Esperienza
o Dio si rivela in un luogo
o Secondo l’esperienza che facciamo gli diamo il nome
o Il nome rivela il volto di Dio
• Situazione - con-testo: Realtà che si vive e che è la premessa per fare
l’esperienza.
o Agar: in quale con-testo fa l’esperienza di Dio?
o Mosè e il popolo: in quale con-testo Dio si rivela a loro?
Analizzare i due testi di Gen 21,8-21 e di Es 3,1-12 sottolineando in particolare
quale contesto, quale esperienza e quale volto di Dio emerge.
Ricordiamoci che Dio si rivela in un luogo, attraverso un’esperienza
• Chi fa l’esperienza dà il nome a Dio
• L’esperienza fondante è quella dell’Esodo, questa esperienza sarà
ricordata in tutto l’Antico Testamento, fino al tempo di Gesù, e in tutto il
Nuovo Testamento
• All’inizio dell’Esodo troviamo scritto:
“JHWH, il Dio dei vostri padri, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il
Dio di Giacobbe mi ha mandato a voi. Questo è il mio nome per sempre;
questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione”
(Es 3,15)
• Il nome di Dio nell’Esodo è JHWH, che significa:
“io sono colui che sono”
e vuole affermare:
“io sono là con voi come voi vedrete”
o ancora:
“io sono colui che si rivela a te mentre cammini”.
Prima di Mosè e degli ebrei in Egitto chi fa l’esperienza di JHWH sono Agar,
Ismaele, Esaù, Madian, come abbiamo già visto insieme (cfr Gen 21,17; Gen 25,16).
Abbiamo terminato l’incontro confrontando Es 3,12-15 con Gv 8,54-59
sottolineando che il nome di Dio indicato nei due testi è: “Io Sono”.
25
SUSSIDIO
4
LA FEDE DI AGAR: “Ho visto colui che mi vede”
Nel progetto originario di Dio, uomo e donna fanno parte della stessa
dignità e possiedono gli stessi diritti.
La società giudaica, nella quale ebbero origine la maggior parte dei testi biblici,
era, però dominata dall’ideologia patriarcale: la donna era considerata
subalterna, vittima di innumerevoli oppressioni che la rendevano inferiore
all’uomo.
Dal punto di vista socio-politico, la donna non aveva nessun principio di
autonomia, non era nemmeno valorizzata come persona. I suoi diritti
dipendevano dall’uomo. Entrava così nel circolo di dipendenza famigliare del
padre, del marito, del figlio o del cognato.
Più che padre o sposo della donna, l’uomo ne era il padrone e proprietario, in
pratica e sotto tutti gli aspetti. La sterilità, considerata una maledizione divina,
era sempre attribuita alla donna, mai all’uomo.
Sulle donne povere poi, pesava ancora di più il giogo dell’oppressione.
Agar era una donna povera, straniera e schiava.
In quel tempo una donna poteva diventare schiava per tre motivi:
1. essere venduta dal padre o dal marito per pagare i debiti contratti
(cfr Gen 12,10-17; Dt 15,15).
2. diventare parte nella divisione del bottino di guerra (cfr Gdc 5,28-30)
3. in caso di povertà estrema, la donna vendeva se stessa come schiava, per
garantirsi la sopravvivenza. È probabile sia stato quest’ultimo, il motivo
della schiavitù di Agar.
Sara, la moglie legittima di Abramo, era sterile. In questo caso diventava
legittima la relazione sessuale di Abramo con la schiava Agar, la finalità era
quella di garantire una discendenza alla moglie legittima e non alla schiava.
In questo contesto di emarginazione e oppressione nasce la storia di Agar.
In Gen 16,1-14 (tradizione jahvista) il motivo principale di conflitto appare
quando Agar rimane incinta, diventa “ribelle” nei confronti di Sara, che è
sterile. I maltrattamenti di Sara la obbligano a fuggire nel deserto.
Qui Agar rimane colpita dalla manifestazione di un Dio solidale con il suo
dolore.
La risposta di Agar è una testimonianza che parla da sola: “tu sei il Dio della
mia visione (il Dio che vede), poiché ho veramente visto colui che vede”
(cfr Gen 16,13).
È una bellissima proclamazione di fede nel Dio fedele che ascolta il grido dei
maltrattati.
JHWH è il Dio che vede, conosce e si fa solidale con la sofferenza della donna.
26
In Gen 21,8-21 (tradizione elohista) si racconta la stessa storia, ma fin
dall’inizio si mostra il superamento della sterilità di Sara per intervento divino.
La causa del conflitto si sposta verso i figli: Isacco e Ismaele.
Senza dubbio entra in gioco il problema dell’eredità che il patriarca Abramo e
la matriarca Sara non volevano dividere con Ismaele e Agar (cfr Gen 21,10).
La soluzione del problema è il loro allontanamento.
Portando con sé appena un pezzo di pane e un po’ d’acqua, Agar e Ismaele
camminano nel deserto di Bersabea senza nessuna prospettiva per il futuro.
Quando il pane e l’acqua finiscono, madre e figlio gridano quasi disperati,
perché non vogliono che finisca anche la loro vita.
Ancora una volta, in modo sorprendente, si manifesta quel Dio che è attento
alla sofferenza dell’oppresso. Si aprono gli occhi di Agar ed essa scopre proprio
lì, nel deserto, una sorgente d’acqua viva. Invitata ad alzarsi, Agar ha la forza di
rinvigorire la vita del figlio.
Le due tradizioni ci mostrano un Dio sensibile e tenero che vede la
sofferenza e ascolta il pianto disperato di Agar e di suo figlio. Il nome Ismaele
significa: “Dio ha ascoltato”.
Nel deserto JHWH le mostra l’acqua, simbolo di speranza e di vita feconda.
Proprio lì, nell’avversità del deserto, Agar la donna povera, schiava, straniera,
fuggitiva e scacciata, ha un’esperienza singolare di Dio. Secondo i testi sacri, la
teofania (manifestazione di Dio) era un privilegio riservato ai grandi capi e
profeti di Israele.
Se continuassimo, potremmo trovare altre pagine della Bibbia che rivelano
come Dio si mette sempre dalla parte della donna oppressa, ne assume la causa
e si mette al fianco per liberarla.
Si rivela un Dio di compassione e di tenerezza, che prende sul serio la
sofferenza della donna e ascolta il suo grido.
(tratto dal libro: “La formazione del popolo di Dio” collana “La tua parola è vita” EdD La
piccola Editrice)
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Lavoro personale e di gruppo: ILNOME
Cercare di fare memoria del perché o del significato del proprio nome di battesimo o
del proprio cognome:
come il nostro nome fa parte della nostra storia.
Leggere Is 55,1-13 e il Sal 104 (103) cercando di rispondere a queste domande:
• Quali esperienze di Dio vengono espresse in questi versetti?
• Quali volti di Dio e quali nomi possiamo dare a Dio secondo le diverse
esperienze raccontate?
Scrivi su un foglio o un cartoncino il nome di Dio che corrisponde alla tua
esperienza di Dio.
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♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦
NOMI di DIO che ci siamo detti a vicenda durante la condivisione
e che corrispondono all’esperienza personale di ciascuna di noi:
Dio consigliere ammirabile
Dio dono della fede
Dio amore
Dio creatore
Dio serenità e gioia
Dio misericordioso ma anche mia forza e mio aiuto
Dio mia salvezza e mia speranza
Dio è indispensabile
Dio amore consolatore
Dio mia fiducia sempre
Dio padre buono e giusto
Dio padre e madre
Dio di perdono e di misericordia
Dio consolatore
Dio è sapienza
Dio gioia
Dio che accoglie e non giudica
Dio mia fiducia
Dio padre che dona la speranza
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Contributo Gruppo “la Samaritana”
Il roveto ardente – Es 3,1-12
Mosè pascola il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, e arriva al
monte di Dio, l’Oreb. L’Angelo del Signore, che è Dio stesso, gli appare sotto forma
di fuoco in mezzo ad un roveto che non si consuma.
Il Signore dice a Mosè di togliersi i sandali e di non avvicinarsi perché la terra
che calpesta è terra santa. Si manifesta come il Dio di Abramo, di Isacco e di
Giacobbe e afferma: “Ho osservato la miseria del mio popolo, ho udito il suo grido,
conosco le sue sofferenze. Sono sceso a liberarlo, per condurlo verso una terra dove scorre
latte e miele” (cfr Es,3,7-8). Comanda a Mosè di andare dal faraone per chiedere la
liberazione del suo popolo dalla schiavitù e dall’oppressione in cui era tenuto in
Egitto.
Mosè ha paura, non si sente in grado di affrontare il faraone, ma Dio lo
rassicura: “Io sarò con te” e alla richiesta di Mosè sul nome che dovrà dire agli
Israeliti, Dio risponde: “Io sono colui che sono” e aggiunge: “Dirai agli Israeliti: il
Signore, il Dio dei vostri padri, il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe mi ha mandato a
voi. Questo è il mio nome per sempre. Questo è il titolo con cui sarò ricordato di
generazione in generazione” (cfr Es 3,14-15).
28
Anche Mosè come Abramo incontra Dio su un monte. Il luogo santo però non
è più un albero come per Abramo, ma è la terra. Dio ora vuole liberare un popolo,
non solo una famiglia o una tribù, infatti in questo brano Dio: ascolta il grido del suo
popolo, vede le sue sofferenze, scende per liberarlo, invia Mosè.
Questo è l’invito che anche oggi il Signore rivolge a noi. “Vai tu! Non aspettare che
altri facciano per te”.
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Contributo Gruppo “Agar”:
Abramo e l’albero della vita
Siamo intorno all’anno 1800 prima di Cristo. Abramo è un pastore e dal suo
gregge ricava alimento e sostentamento per sé e per la sua famiglia (lana, carne e
latte). Per questo motivo deve continuamente spostarsi nella sua terra per trovare
pascoli verdi sempre e comunque vicino ad un grande albero, segno di presenza di
acqua e di terre fertili. Luogo dove può fermarsi con la sua famiglia per vivere ma
anche per pregare.
Il grande albero diventa così il “luogo della vita”, il luogo del Dio di Abramo;
tutte le volte che Abramo incontra il grande albero, ai suoi piedi vi costruisce un
altare per celebrare la presenza di Dio, dove vive con il suo gregge, lontano dalla città
e dai latifondisti (cfr Gen 13,18). È lì che incontra il suo Dio, il Dio che cammina
insieme con lui (cfr Gen 18,1ss).
Abramo è un capo clan, assicura la vita della sua tribù, prende decisioni ed è anche
capo religioso.
Al tempo di Abramo il nome di Dio è un nome composto da due elementi:
EL = DIO (primo elemento)
il secondo elemento ne esalta la qualità che racchiude l’esperienza fatta da chi
ne dà il nome es: EL Shadday = “Onnipotente” (cfr Gen 17,1), antico nome
patriarcale usato specialmente dalla tradizione sacerdotale.
Questa traduzione potrebbe non essere esatta, altri significati più antichi
traducono:
“Dio della montagna o Dio delle altezze”, secondo l’accadico “shadù”
oppure “Dio della steppa”, secondo l’ebraico “sadeh”
Dunque EL Shadday potrebbe essere un appellativo divino che corrisponde al modo
di vita dei nomadi.
Altri attributi importanti di EL = DIO erano:
EL Roi = Dio della visione (cfr Agar in Gen 16,13)
EL ‘Olam = Dio dell’ eternità (cfr Isacco in Gen 21,33)
EL Elyon = Dio Altissimo Melchìsedec, re di Salem o Gerusalemme, adorava
il Dio altissimo (cfr Melchìsedec in Gen 14,18).
EL Elyon è usato nella Bibbia, soprattutto nei Salmi, come un titolo divino ed
è identificato come il vero Dio di Abramo.
EL Betel = Dio di Betel (cfr Giacobbe in Gen 35,6-7).
29
Quando il nome di Dio era usato senza la sua qualità di essere, di solito era
declinato al plurale cioè Elohim per dire: il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo,
il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe (cfr Es 3,6) così da divenire l’Elohim
d’Israele.
La schiava AGAR
Non potendo avere figli, Abramo si unì con la sua schiava Agar di origine
egiziana, che gli dette un figlio di nome Ismaele.
Successivamente la moglie di Abramo, Sara, rimase incinta e dette alla luce Isacco.
La schiava Agar con il figlio, fu allontanata dal clan di Abramo, perché Ismaele non
doveva diventarne l’erede in quanto Isacco ne era l’erede legittimo.
Agar, nel deserto di Bersabea a sud di Canaan, avendo esaurito le poche scorte
di cibo e acqua, è in preda alla disperazione. Per non vedere suo figlio Ismaele
morire, lo abbandona e mentre si allontana sente la voce di Dio che la rassicura.
Dio aveva ascoltato il pianto del fanciullo (cfr Gen 21,17), le si era manifestato
come un Dio solidale al suo dolore: “Tu sei il Dio della mia visione”: “il Dio che vede”,
poiché ho veramente visto “colui che vede” (cfr Gen 16,13).
Ciò diventerà la base della fede in JHWH.
Questo nome di Dio lo ritroviamo in due antichissimi inni:
“Il CANTICO di DEBORA” (cfr Gdc 5,4-5)
“La BENEDIZIONE di MOSÈ” (cfr Dt 33,2-3).
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30
4° INCONTRO
Accumulo = il magazzino
Condivisione = la manna
• Accoglienza
• Preghiera Es 15 il Cantico di Miriam e delle donne (cfr Ap 15,2-3)
• Leggere insieme Gen 47, 13-27 e confrontarlo con Es 16,1-36
Proposta di lavoro di gruppo
Analizzando Gen 47 conosceremo due versioni della storia di Giuseppe:
Gen 47,1-12
e
Gen 47,13-27
Lavoro di gruppo:
Confrontiamo nei due testi le differenze sostanziali?
Che considerazioni possiamo fare?
Leggere nel secondo capitolo dell’Esodo la storia di Mosè:
“Dalla corte del Faraone al paese di Madian”.
Leggere con attenzione cercando di cogliere l’evoluzione della storia
Ulteriore approfondimento:
In questi testi cominciano ad emergere i due progetti che sono alla base del pensiero
biblico cerchiamo di coglierne alcuni aspetti.
PROGETTO dei RE
PROGETTO DI JHWH
Accumulo = il magazzino:
Condivisione:
- i granai del faraone: Gen 41,37-49 - la manna nel deserto: Es 16,15-21
- l’amministrazione dei granai:
Gen 41,33-36
- potere del faraone: Gen 47,13-26
- Il banchetto di morte: Mc 6,17-29
- Il banchetto della condivisione: Mc 6,30-44
- la prima comunità: At 2,42-47
I Re che producono morte:
- Es 1,15-22
JHWH difende la vita:
-.Mt 2,16-18
- Es 1,15-22
- Lc 4,16-22
31
♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦
Contributo Gruppo “Agar”:
Isacco e il pozzo: Acqua fonte di vita
Isacco è agricoltore. Diventa ricchissimo con la coltivazione dei cereali
(frumento, orzo, lenticchie), che hanno bisogno di poca terra per essere coltivati, si
producono in tempi brevi, in grande quantità e possono essere conservati a lungo.
Isacco rappresenta un altro gruppo sociale. Essendo agricoltore ha la sua terra
perciò scava un pozzo che diventa luogo di vita.
Come per Abramo il grande albero è il luogo di vita, per Isacco il luogo di vita
diventa il pozzo.
Nella Bibbia molti matrimoni avvenivano vicino al pozzo.
Isacco incontra Rebecca vicino ad un pozzo (cfr. Gen 24,1-16) Lo stesso avviene per
Giacobbe quando incontra Rachele (cfr Gen 29,1ss) e per Mosè con Sipporà
(cfr Es 2,16-21).
I pozzi sono anche motivo di guerre, scontri e conquiste da parte dei
latifondisti. Le tribù di Isacco dovettero scavare molti pozzi per allontanarsi sempre
più dai latifondisti delle città, fino ad arrivare ai margini del deserto.
I cereali, si conservano a lungo quindi possono essere accumulati in appositi granai,
inoltre diventano merce di scambio e generano ricchezza.
Questi granai sono all’origine di grossi cambiamenti sociali e guerre future:
diversi clan si uniscono fra loro per parentela o vicinanza geografica per
utilizzare un solo granaio; così si formano le tribù
per la difesa dei pozzi e delle acque, il granaio richiede l’assunzione di
persone dedicate a questi servizi
la necessità di amministrare il granaio crea la figura dell’amministratore,
che ha il compito di assicurare il funzionamento del granaio e i rapporti con
i diversi clan
Giacobbe e Giuseppe
Proprio la scoperta dei cereali provoca il sorgere della “civilizzazione”.
Intorno ai magazzini si costruiscono le abitazioni dando origine alle città.
La storia del magazzino coincide con la storia di Giuseppe raccontata in Genesi nei
cap 40; 41; 47 dove si parla di campo e città.
Campo per produrre
Città per immagazzinare
Attorno alle città si costruiscono delle mura per proteggere i magazzini; di
conseguenza si costituiscono gruppi di soldati con relativa costruzione di caserme.
Tutto ciò mantenuto dagli agricoltori delle campagne che sono i veri produttori dei
cereali. Sia gli agricoltori che i cittadini hanno bisogno di un luogo per celebrare e
pregare Dio. Si costruisce così il Tempio nel cuore della città.
Questa realtà cambia il luogo della presenza di Dio:
o con Abramo
c’è il grande albero
o con Isacco
c’è il pozzo
o con Giacobbe e Giuseppe
c’è il tempio
32
Dio segue l’uomo nel suo cammino di vita
Gli stessi agricoltori che erano diventati soldati, sacerdoti o amministratori a
guardia dei magazzini e delle città, a poco a poco si sentono i padroni di tutto quanto,
fino ad autoproclamarsi capi o re delle città, espropriando con la violenza e la forza i
veri padroni dei magazzini, cioè gli altri agricoltori che producono i cereali.
Comincia così il conflitto tra il “campo” e la “città” che dura per molti secoli.
Questo capovolgimento è fondamentale per la storia del popolo di Israele e per
capire esattamente chi è Dio. Il magazzino che è luogo di vita si trasforma in uno
strumento di oppressione. Giuseppe stesso, diventato l’uomo più potente d’Egitto
dopo il faraone, per affrontare la carestia (ricordiamo i 7 anni di vacche grasse seguiti
da 7 anni di vacche magre) immagazzina quantità enormi di grano per far fronte agli
anni di carestia (cfr Gen 41).
Questo grano, che doveva essere distribuito fra tutti gli abitanti delle città che
non avevano cibo, viene venduto, privando la gente di tutto quanto possedeva per
potersi sfamare e sopravvivere, riducendo la comunità nella povertà più assoluta.
La conseguenza fu che il potere economico tenuto dal faraone si trasforma in
“oppressione” e quello militare in “repressione”.
Con questi poteri il faraone, con i suoi sacerdoti controlla tutto l’Egitto, e il popolo
diventa schiavo.
“OPPRESSIONE e REPRESSIONE” generano “RIVOLTE” e diventa importante
per il faraone controllare la mente dei sudditi per cui si serve dei sacerdoti e della
religione per far accettare questa situazione.
La piramide della società dei faraoni aveva in corrispondenza la “piramide
celeste” dove il dio più forte “Ra” si trovava al vertice, sotto si trovavano tutte le altre
divinità in ordine di importanza, nella parte più bassa della piramide celeste gli dei
controllavano le attività produttive. All’ultimo posto in basso c’erano le divinità dei
clan, cioè il Dio di Abramo, di Isacco e Giacobbe, vale a dire “il Dio dei più poveri”.
Questo politeismo era essenziale per il mantenimento del potere, era un’arma
efficace nelle mani dei potenti per impaurire il popolo, il quale poteva comunicare
con gli dei solo attraverso la mediazione dei sacerdoti, la cui parola esprimeva la
volontà di Dio. Dunque questa oppressione viene giustificata come ordine stabilito da
Dio che voleva tutti schiavi e servi del faraone: “tutti” ebrei ed egiziani, nessuno
escluso.
Il compito dei sacerdoti era proprio questo: “far crescere il popolo schiavo nella
convinzione che essere schiavo era una grazia di Dio.
Questo stato di cose dura a lungo, secondo una tradizione biblica si parla di circa
quattrocento anni (cfr Es 12,40) in terra d’Egitto: anni di sofferenza e afflizione.
♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦
33
5° INCONTRO: Es 1-2
IL FARAONE, GLI EBREI, LE LEVATRICI, MOSÈ
• Accoglienza
• Preghiera: Es 15 il Cantico di Miriam e delle donne (cfr Ap 15,2-3)
• Raccontarsi insieme la vicenda narrata in Es 2: Mosè dalla corte del
faraone al paese di Madian
Confronto tra Giuseppe e Mosè:
o Giuseppe ► da Canaan Gen 37,1 in Egitto alla corte del
Faraone Gen 39,1-47,27
► dall’Egitto alla corte del faraone in Madian come
o Mosè
pastore Es 2.
Lettura insieme di Es 1:
o I figli d’Israele diventano numerosi e molto potenti
o Il faraone prende provvedimenti
o Lavori forzati per costruire le città deposito (il magazzino) Pitmon
e Ramses
o Il popolo aumenta ugualmente
o Imbarbarimento dei lavori forzati e uccisione dei primogeniti
(cfr Es 1,1ss)
o Le donne non ubbidiscono alle legge di morte
♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦
Contributo del gruppo “Agar”
Dalla schiavitù alla liberazione
I primi capitoli dell’Esodo ci raccontano le cause che hanno provocato i successivi
cambiamenti nella situazione del popolo.
1. Aumento dell’oppressione: Es 1,8-16
Dopo Giuseppe, il nuovo faraone, per paura del popolo che cresce, diventando
più numeroso e più forte, aumenta lo sfruttamento, la violenza, i lavori forzati
fino ad arrivare all’uccisione di tutti i neonati maschi ebrei.
2. La resistenza delle donne. Es 1,17-22
Le levatrici disobbediscono al faraone; la madre e la sorella di Mosè
consegnano il neonato al fiume che viene ritrovato dalla figlia del faraone che
lo adotta e lo farà crescere alla corte del faraone (cfr Es 2,1-10).
3. Solidarietà di Mosè nei confronti del popolo schiavo: Es 2,11-14
Mosè crescendo viene a sapere di essere lui stesso ebreo.
4. Ritorno alle origini per Mosè: Es 2, 15-22
Dopo avere lasciato l’Egitto, Mosè ripercorre il cammino contrario a quello di
Giuseppe e va sul monte di Dio alla ricerca del “grande albero”.
34
5. Il nuovo volto di Dio: Es 3,1-6
Sul monte Mosè non trova il “grande albero” ma un “roveto ardente” che non
si consuma. Il luogo d’incontro con Dio non è più l’albero o il pozzo, ma la
terra stessa che Mosè calpesta: la “terra santa”.
a) chi e’ il nostro Dio?
La forma classica è quella che identifica Dio con l’Elohim (cfr Es 3,6) cioè il
Dio di tuo padre, di Abramo, di Isacco e Giacobbe;
b) Dio dice a Mosè in Es 3, 7-12:
- ho osservato le miserie del mio popolo
- ho udito il suo grido
- conosco le sue sofferenze
Gli ordina di tornare in Egitto e di liberare il suo popolo dalla schiavitù, di dire
che è inviato dal “Dio dei loro padri” e se chiederanno come mi chiamo dovrai
dire loro che “io sono colui che sono” dall’ebraico “JHWH” che significa
“colui che sta qui”. Ciò potrebbe anche significare che Dio non vuole rivelare
il suo nome. Ma la traduzione più significativa e più nota è:
“IO SONO COLUI CHE SI RIVELA A TE MENTRE CAMMINI”
Ma è anche:
• IL DIO CHE ASCOLTA-VEDE-CONOSCE:“conosco le sofferenze del popolo”
• IL DIO CHE SCENDE: per liberare il suo popolo: Dio prende parte nel conflitto a
fianco dell’oppresso
• IL DIO CHE INVIA: dice a Mosè “Va’ tu” Dio sta con noi e ci invia a liberare.
“Come il padre ha mandato me, io mando voi. ricevete lo Spirito Santo”
(cfr Gv 20, 21-22).
♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦
PUNTI SINTETICI EMERSI NEI PRIMI INCONTRI:
• Dio si rivela in un luogo attraverso un’esperienza
• Chi fa l’esperienza dà il nome a Dio:
a - Abramo: albero
b – Giacobbe: Pozzo
c - Hapiru: Città Stato
d - Gitani: Sinai
• Esperienza fondante: Esodo
• Il nome di Dio nell’Esodo è JHWH: prima di Mosè e degli ebrei in Egitto chi
fa l’esperienza di JHWH sono Agar, Esaù
• Diversi punti di vista:
a - due visioni della storia di Giuseppe in Gen 47
b - da parte del Faraone – da parte degli ebrei
35
6° INCONTRO: LA PASQUA Es 12, 1-28
Il popolo di Dio celebra la sua liberazione
• Accoglienza
• Preghiera: Dt 26, 1-116 e Dt 6,1-25
• SHEMAʽ: Ascolta Israele Dt 6,4-9
Shemaʽ Jisraʼel, Adonai elohenu,
Adonai ehad
SUSSIDIO
Ascolta Israele, il Signore è il nostro
Dio,
il Signore è Uno
5
“Lo Shemaʽ Jisraʼel, l’“Ascolta Israele”, è l’appello rivolto da Dio a un
popolo appena uscito dalla schiavitù dell’Egitto. Un popolo che si appresta a
divenire non soltanto libero, ma depositario di una Legge destinata ad essere
diffusa tra l’intera umanità. Una Legge che introduce un nuovo modo di
concepire la divinità, diametralmente opposto a quello in vigore per le diverse
divinità pagane proprie di un’epoca in cui l’idolatria era ancora l’unica forma
di culto conosciuta.
Gli idoli a cui i pagani prestavano culto avevano aspetto, sembianze e nomi
diversi, a loro erano riservati forme di culto differenti, ma avevano un
denominatore comune: rispecchiavano, sia nell’aspetto esteriore, sia nel
carattere morale, le caratteristiche peculiari dell’uomo, esasperandone spesso i
difetti, i vizi, i cattivi istinti. Ne conseguiva di frequente un culto feroce e
immorale che, lungi dall’elevare l’uomo, ne favoriva e ne giustificava i
peggiori comportamenti.
È in questa situazione generale che i “figli d’Israele” ricevono da Dio l’ordine:
“Ascolta Israele, il Signore è il nostro Dio, il Signore è Uno!”; si tratta di una
Legge da “ascoltare” e da attuare, che non solo afferma solennemente l’unità e
l’unicità di Dio, ma ne proclama le caratteristiche di assoluta giustizia e
misericordia.
Una Legge che suggerisce un nuovo modo di concepire l’uomo e la società,
improntato all’amore per il prossimo e alla giustizia, secondo la concezione di
Abramo, il primo a intuire l’esistenza di un Dio unico, puro spirito, giusto e
misericordioso.
L’“Ascolta Israele” rivolge quindi a tutto il popolo l’invito e l’ordine di farsi
continuatore dell’impegno di Abramo, conducendo una vita non superficiale e
distratta, bensì impegnata in un compito che lo obbliga a tenere uno sguardo
vigile rivolto verso il prossimo, le cui necessità, morali e materiali, devono
essere costantemente tenute presenti per l’attuazione del compito.
36
Arrivati al termine dello Shemaʽ, ci sembra che valga la pena di soffermarsi un
attimo a valutare il significato di “idolatria” nella società attuale. In un mondo
come quello in cui viviamo e in cui il monoteismo è ormai un bene acquisito
dalla maggioranza, parrebbe infatti fuori luogo e fuori tempo parlare di
idolatria. Eppure l’idolatria è tuttora imperante nei nostri cuori e nelle nostre
menti. Abbiamo fatto del culto del denaro e del successo una vera “idolatria”
per la quale siamo spesso disposti a scendere a vergognosi compromessi con la
nostra coscienza e con i dettami del vivere civile.
Le ultime parole “Io sono il Signore vostro Dio che vi ho tratto dalla terra
d’Egitto” ci richiama a ben comprendere il significato della liberazione dalla
schiavitù egiziana. La liberazione da una schiavitù materiale non deve farci
pensare che siamo liberi da ogni legame di qualsiasi tipo; non può e non deve
essere il mezzo per cadere in una schiavitù morale e spirituale peggiore e più
pericolosa.”
(tratto dal libro “Shemaʽ”di Elia Kopciowski,(1921-2002) Rabbino capo della comunità ebraica di
Milano Ha collaborato attivamente al dialogo interreligioso)
♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦
SUSSIDIO
6
Introduzione alla lettura dei testi:
La festa più antica del popolo era la festa di Pasqua. In essa il popolo celebrava
la memoria del fatto più importante della sua storia: la liberazione dall’Egitto.
Nella celebrazione della Pasqua si usavano gli elementi che ricordavano la
liberazione dall’Egitto: il pane azzimo, l’agnello e il suo sangue, le erbe amare,
il vino. Tutto veniva consumato (Es 34,25).
La celebrazione era una catechesi con domande e risposte (Es 12,26-27). Tutta la
famiglia, così, riviveva il processo di liberazione. Il gesto memoriale più
significativo era il sangue sui battenti delle porte, che ricordava a tutti l’azione
di JHWH che aveva protetto le loro case dalla piaga sterminatrice.
La ripetizione annuale di questo gesto dava al popolo forza per affrontare con
coraggio e fede le piaghe sterminatrici in grado di distruggerlo: i faraoni, i Re
di’Israele e di Giuda, l’oppressore assiro, babilonese, persiano, greco o romano.
Ogni epoca aveva la sua piaga. La Pasqua fu sempre un celebrare la speranza in
tempi di oppressione.
(da: “LA FORMAZIONE DEL POPOLO di DIO” collana La tua Parola è Vita pg. 64)
Leggere anche dal nostro testo guida di Gallazzi a pag. 28/29 il paragrafo: “La lunga
oppressione”.
Leggere per primo il testo: Es 12,21-28 e in aggiunta Es. 12,29-42
È il testo più vicino all’esperienza dell’Egitto.
Richiama la festa dei clan seminomadi dei patriarchi.
37
All’inizio della transumanza in primavera sceglievano un giovane agnello
senza difetti, il cui sacrificio doveva garantire la fecondità del gregge e
preservarlo dalle malattie.
Questa festa nomade sarà un giorno reinterpretata alla luce dell’uscita
dall’Egitto e diventerà la Pasqua.
Il secondo testo è: Es 12,15-20
La festa degli Azzimi è un rito antico di sedentari coltivatori che offrono covoni
a Dio evitando di mescolarvi il lievito per non contaminare il nuovo raccolto.
Il terzo testo: Es 12,1-14
È un testo che fu redatto al tempo della schiavitù in Babilonia.
Tutto il testo di Esodo cap 12 è disposto per magnificare Dio e dare contenuto
storico a tre antiche feste.
La Pasqua, rituale di partenza dei Pastori per la migrazione annuale, col
sangue sui pali delle tende per scacciare lo spirito cattivo delle bestie e degli
uomini, col pasto consumato in fretta, diventa la festa che commemora l’opera
di Dio che fa uscire dal’Egitto.
Quanto all’offerta dei primogeniti, rito antico vicino al sacrificio di Isacco,
esso commemora la misericordia di Dio che, nella notte della morte dei
primogeniti d’Egitto, risparmia i bambini del suo popolo.
(da: “STORIA D’ISRAELE E DI GIUDA” di François Castel Ed Paoline)
♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦
Significato della Pasqua: celebrare la speranza in tempo di oppressione
Pasqua, liberazione dalla schiavitù: scegliere quale Dio si vuole servire.
Pasqua: passaggio dalla schiavitù alla liberazione
passaggio del Mare
passaggio dell’angelo della morte
passaggio dalla morte alla vita
Pasqua: la festa degli azzimi, festa antica agricola
- Pane azzimo, segno della vita che si rinnova, il lievito
vecchio non serve più.
- Pane azzimo, pane dell’afflizione (cfr Dt 16,1-3).
- Che cosa significa per l’apostolo Paolo essere “azzimi”?
(cfr 1Cor 5,7).
Ricordare il significato del nome di JHWH:
“Io sono colui che ti libera mentre cammini”
“La parola Pasqua deriva dalla parola ebraica Pèsach che a sua volta deriva
dalla radice “passàch” “passare oltre” con riferimento al “passare oltre”, alle
abitazioni degli ebrei, da parte dell’Angelo della morte durante la piaga dei
primogeniti” (cfr Es 12,23).
(tolto da “Piccolo dizionario dell’Ebraismo”)
38
Prima di leggere i testi di Es 12,1-28 chiediamoci.
• Che significato ha per noi oggi la Pasqua?
• Che cosa celebriamo e cosa vogliamo ricordare?
• La nostra Pasqua ha un collegamento con la Pasqua ebraica?
Per ogni testo:
• Osservare bene in quale contesto avvengono i fatti.
• Chi sono i protagonisti.
• Che cosa dicono e che cosa fanno.
• Perché.
• Che cosa ci richiamano alcuni gesti.
Se si ha tempo confrontare i testi paralleli.
La condivisione nel gruppo è stata fatta cercando di rispondere alle suddette
domande.
Questi sono i punti che abbiamo voluto evidenziare nella condivisione fatta
insieme.
Sia per gli ebrei sia per noi, celebrare la Pasqua significa celebrare la speranza, una
speranza che dà coraggio perché riconosce che è Dio che ci libera dalla schiavitù e
ci salva.
PASQUA CRISTIANA
PASQUA EBRAICA
- Passare oltre: l’angelo della morte è - Gesù è il nuovo agnello immolato
(cfr l’Apocalisse).
passato oltre la casa degli ebrei, perché
- Anche per noi oggi celebrare la Pasqua è
sugli stipiti c’era il sangue dell’agnello.
riconoscere che è Dio che ci libera e ci
- Passare oltre, andare avanti e continuare
salva attraverso Gesù.
con coraggio.
- Salvezza che avviene all’interno della
comunità cristiana
- Pasqua: passaggio verso la salvezza
- Salvezza del popolo: liberazione dalla - Salvezza dal peccato: riconoscere il male
che ci rende schiavi, che limita la nostra
schiavitù.
libertà.
- L’Esodo è salvezza fisica e liberazione - Cercare la libertà: scegliere la via del bene:
“io pongo oggi davanti a te la vita, il bene…”
interiore.
(cfr. Dt 30,15
- Pane azzimo, senza lievito, il lievito - Cambiare vita: perdono, pentimento:
pane azzimo (cfr 1 Cor 5,7)
vecchio si butta, avviene il cambiamento.
- Celebrare la salvezza: riconoscere che
dentro di noi c’è un seme di bene e un seme
di male.
- Salvezza è cercare di seguire il progetto di
Dio.
39
♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦
Contributo del gruppo “Agar”:
Esodo 12, 21-28 (Testo molto antico) - Epoca storica ca. 1295-1200 a.C.
Il faraone non vuole liberare gli schiavi, Mosè minaccia sterminio in tutte le case
degli egiziani, senza toccare quelle degli israeliti poiché spalmate dal sangue
sacrificale. Mosè parla al suo popolo in nome di Dio e dà le istruzioni di quanto
devono fare per salvarsi.
La Pasqua era una festa dei tempi nomadi; nel rituale pre-israelita della Pasqua, lo
sterminatore era il demonio e personificava i pericoli che minacciavano il gregge e la
famiglia.
Questo rito viene reinterpretato alla luce del nuovo evento, l’Esodo.
Esodo 12, 1-14 – Testo redatto al tempo della schiavitù in Babilonia – Epoca storica
ca. 600-587 a.C.
Il Signore parla a Mosè e ad Aronne per riferire poi a tutta la comunità. Dà loro le
istruzioni per come consumare l’agnello sacrificale. Devono mangiare in piedi, con
la cintura ai fianchi, sandali e bastone in mano e in tutta fretta: è la Pasqua del
Signore! Questo giorno sarà un memoriale e dovrà essere celebrato come festa del
Signore di generazione in generazione come rito perenne.
La Pasqua ebraica
La Pasqua ebraica, “Pesach” celebra la liberazione degli ebrei dall’Egitto grazie a
Mosè, e significa “passare oltre”, “tralasciare”. Questo significato deriva dal
racconto della “decima piaga”, nella quale l’angelo sterminatore vede il sangue
dell’Agnello sacrificato sulle porte delle case di Israele e “passa oltre”, colpendo solo
i primogeniti maschi degli egiziani, compreso il figlio del faraone.
La Pasqua ebraica è anche il ricordo e il ringraziamento a Dio per il passaggio del
mar Rosso ma ha anche un significato di “purificazione”.
Quindi:
- Agnello sacrificato
- Speranza nel futuro
- Forza e coraggio per superare le difficoltà
- Pane azzimo inteso come cambiamento di vita
- Celebrare la Pasqua per riconoscere Dio che ci libera
La Pasqua cristiana
La Pasqua con il Cristianesimo al suo significato originario, ne aggiunge un altro:
- Il passaggio da Morte a Vita di Gesù Cristo, inteso anche come il passaggio
a vita nuova per i cristiani, in particolare per quelli che nella veglia pasquale
ricevono il battesimo.
Perciò la Pasqua per i cristiani è detta “Pasqua di Resurrezione” mentre quella
ebraica è la Pasqua di “liberazione dalla schiavitù d’Egitto”.
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Da un punto di vista teologico, la Pasqua odierna racchiude in sé tutto il mistero
cristiano:
- Con la “passione” Cristo si è immolato per l’uomo liberandolo dal peccato,
riscattando la sua natura corrotta e permettendogli di passare dai vizi alle virtù.
- Con la “resurrezione” Cristo ha vinto sul mondo e sulla morte mostrando
all’uomo il suo destino, cioè la resurrezione, risveglio alla vera vita.
Quindi:
- salvezza dal peccato
- salvezza dal male che è dentro noi
- scegliere la via del bene
- seguire il progetto di Dio
- arrivare a Dio
- cambiare vita
- salvezza nella comunità
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7° INCONTRO:LA LIBERAZIONE Es 15,22-18,27
nel deserto le difficoltà del cammino
• Accoglienza
• Preghiera: Dt 8,1-5
Nella tradizione biblica il deserto non è solo uno spazio, ma anche una
esperienza teologica ed esistenziale: è il luogo dell’attesa, del
pellegrinaggio, della crescita, del fidanzamento e del tradimento, della
rivelazione e della tentazione. Nella terra senza vita Dio si presenta come
l’unico punto di riferimento: manna, quaglie e acqua sono i segni della
sua presenza amorosa e gratuita.
Analizzare il testo rispondendo a queste domande:
Gli ebrei che camminano nel deserto quali difficoltà hanno incontrato?
Quali soluzioni hanno trovato per superare le difficoltà?
Quali insegnamenti per il popolo?
Quale il ruolo del popolo, di Mosè, di Dio?
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Nel deserto le difficoltà del cammino. Es 15,22-18,27
Mara: Es 15,22-27
L’acqua scaturita dalla roccia: Es 17,1-7
La manna e le quaglie:Es 16,1-36
Il combattimento contro Amalek e Ietro: Es 17,8-16 e Mosè: Es 18,1-12
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Condivisione dei gruppi.
Prima tentazione: la sete
Mara, acque amare: Es 15,22-27
Massa e Meriba: l’acqua scaturita dalla roccia Es 17,1-7
•
Il popolo: mormora e contesta, dimentica i benefici ricevuti, dubita, mette
in discussione tutto il cammino, ha paura, si sente abbandonato, desidera
ritornare in schiavitù.
Mette alla prova il Signore protestando e chiedendosi: “il Signore è in
mezzo a noi sì o no?”
• Dio: ascolta, cammina con il suo popolo, JHWH “il Dio con noi”, libera,
dona l’acqua della vita, è la roccia che dona salvezza.
Schiavitù = seduti anche con la mente.
Liberazione = in cammino, rischiando insieme, come comunità.
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Seconda tentazione: la fame
La manna e le quaglie: Es 16,1-36
•
Il popolo: mormora, contesta, si ribella contro Mosè.
• Dio: manda la manna, garantisce al suo popolo il nutrimento, ogni giorno
il Signore provvede.
• Manna: simbolo della Parola di Dio che nutre e salva.
Nel cristianesimo è l’Eucaristia che nutre e salva: Parola e Pane spezzato.
Manna: simbolo della nuova società che deve condividere, la manna non
si può accumulare perché nell’accumulo imputridisce.
Condividere i beni perché ogni giorno il Signore provvede.
Terza tentazione: la guerra – ostilità
Combattimento contro Amalek: Es 17,8-16: una prova di fede
Gli Amaleciti, come i Madianiti e i Keniti, sono nomadi del deserto e diventano
un ulteriore ostacolo e un pericolo per il popolo: nel deserto si incontrano nuove
ostilità.
Giosuè è il condottiero e combatte contro gli Amaleciti, mentre Mosè alza le
braccia e prega, Aronne e Kur l’aiutano a tenere le braccia alzate: preghiera di
intercessione.
Presenza di Dio e forza della preghiera: Giosuè combatte con il popolo, Mosè,
Aronne e Kur pregano = forza della comunità.
C’è chi prega e chi agisce: fede e azione sono entrambi indispensabili e
inseparabili.
Quarta tentazione: accentramento del potere.
Sentirsi unico rappresentante di Dio e intermediario della sua volontà.
Incontro di Ietro e di Mosè: Es 18,1-12
Mosè nel deserto incontra suo suocero Ietro, sacerdote di Madian, e la sua
famiglia, esempio di relazioni personali e familiari armoniche: anche durante il
cammino c’erano momenti di familiarità e convivialità.
Professione di fede di Ietro (cfr Es 18,10-12), preghiera di ringraziamento e di
lode. Fiducia in Dio e riconoscimento del Suo intervento nella storia
dell’Esodo.
Ietro consiglia Mosè di non accentrare il potere ma di condividere con altri
uomini del popolo le responsabilità, con gradi diversi, per il bene comune.
Alla fine dell’incontro abbiamo sottolineato come, nel deserto, il popolo ha vissuto
l’esperienza della condivisione sotto molti aspetti della vita sociale e comunitaria
Condivisione del cammino, condivisione delle difficoltà, condivisione del
pane, condivisione dei beni, condivisione della preghiera, condivisione del
potere e dell’organizzazione sociale, condivisione delle responsabilità.
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Contributo gruppo “la Samaritana”:
Mara: Es 15,22-27 e L’acqua scaturita dalla roccia Es 17,1-7
Entrambi i brani parlano delle prime difficoltà incontrate dagli Israeliti
all’inizio del loro cammino nel deserto. Gli Israeliti, lasciato il mar Rosso, iniziano il
loro percorso nel deserto del Sur, camminano per tre giorni nel deserto senza acqua,
arrivano a Mara posto così chiamato proprio perché l’acqua è amara quindi non si
può bere. L’acqua nel deserto è vitale, è indispensabile. Il popolo ha paura, si lamenta
e mormora contro Mosè. Il Signore ordina a Mosè di gettare il bastone nell’acqua che
diventa buona da bere e tutti si possono dissetare. In quel luogo Dio impone una
legge al popolo e dice: “se ascolterai la mia voce e farai ciò che è retto ai miei occhi, io
non ti infliggerò nessuna infermità come ho fatto con gli egiziani, perché io sono il Signore,
colui che ti guarisce”.
Il popolo però ha il cuore indurito, infatti anche in Es 17,1-7 manca l’acqua e la
reazione del popolo è ancora più violenta, addirittura vuole lapidare Mosè, mettendo
in discussione il progetto di liberazione dicendo:“perché ci hai fatto uscire
dall’Egitto per farci morire di sete?”. Mosè su comando del Signore batte il bastone
sulla roccia, fa scaturire l’acqua e tutti si dissetano.
Quel luogo si chiama Massa che significa prova e Meriba che vuol dire
contestazione.
Il brano termina con queste parole: Il popolo mise alla prova il Signore perché diceva
Il Signore è con noi sì o no?
Abbiamo visto che il brano di Es 17 è ricordato molte volte nella bibbia, nel
libro dei Numeri e nel Deuteronomio.
Nel Salmo 95 si dice: “Ascoltate oggi la sua voce, non indurite il cuore come
a Meriba, come nei giorni di Massa nel deserto”
Nel Salmo 106 Dio libera il suo popolo, gli dà l’acqua della vita, ma esige in
cambio fiducia, che il popolo creda in lui, ascolti la sua Parola e segua i suoi
insegnamenti.
Di fronte alle difficoltà, ai pericoli, il popolo si sente abbandonato, è pieno di
dubbi e non confida nel Signore, anzi se ne dimentica, reagisce con rabbia contro
Mosè, lo critica e mette in discussione tutto il processo di liberazione.
Le difficoltà che emergono nel testo:
il popolo si ribella con rabbia e critica
sperimenta la tentazione del dubbio
la paura dell’abbandono
mette in discussione tutto il cammino
si dimentica di tutto quello che il Signore ha fatto
Anche noi davanti alle difficoltà, a volte siamo pronti a mettere in dubbio tutto il
cammino, dimenticandoci o non confidando nel nostro Dio.
Dio è sempre con noi, forse siamo noi che non siamo sempre con Lui.
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Contributo gruppo “Agar”:
Dopo l’uscita dall’Egitto il popolo d’Israele si incammina attraverso il deserto
per raggiungere la terra promessa. In questo peregrinare guidati da Mosè devono
superare ogni sorta di difficoltà: l’attraversamento del Mar Rosso, la fame, la sete e le
guerre con le tribù nomadi del deserto.
Esodo 15, 22-27: “Mara”
Dopo la partenza dal mar Rosso e tre giorni di cammino, il popolo di Israele
arriva a “Mara” dove le acque sono imbevibili perché troppo amare, da qui il nome
della località. Cominciano le prime mormorazioni con Mosè, il quale con l’intervento
di Dio dopo avere gettato un legno nelle acque, queste diventano dolci e tutti possono
dissetarsi. In questo luogo il Signore impose una legge e un diritto per mettere tutti
alla prova: “…se tutti osserveranno le mie leggi non infliggerò nessuna delle infermità
inflitte agli egiziani…” .
Esodo 16, 1-36: “La manna e le quaglie”
Quando gli israeliti arrivano nel deserto di Sin si levano nuove mormorazioni
contro Mosè perché non avevano nulla da mangiare e ripensano a quando, schiavi in
Egitto, avevano comunque e sempre cibo a sazietà. Allora il Signore fa scendere al
mattino la manna dal cielo e la sera fa salire sull’accampamento le quaglie.
Ciascuna famiglia doveva cibarsi solo per la necessità quotidiana senza
accantonarne per l’indomani, se lo faceva il cibo imputridiva. Solo il sesto giorno
della settimana potevano accantonarne per due giorni.
In questo modo seguendo gli ordini del Signore gli israeliti mangiarono per
quarant’anni fino all’arrivo nella terra di Canaan.
Esodo 17, 1-7: “L’acqua scaturita dalla roccia”
Anche in questo racconto il popolo di Israele manifesta il suo dubbio sulla
presenza di Dio a causa della mancanza di acqua. Mosè con alcuni anziani di Israele,
su ordine di Dio, si reca sul monte Oreb e battendo una roccia con il bastone fa
scaturire l’acqua che disseta tutti quanti.
Quel luogo fu chiamato Massa e Meriba a causa della protesta degli israeliti
che misero alla prova il Signore dicendo: “Il Signore è in mezzo a noi sì o no?”
Infatti Massa significa “prova” e Meriba significa “contestazione”.
Mormorazioni: le lamentazioni del popolo potrebbero avere un significato spirituale:
• L’insoddisfazione della propria vita
• La mancata speranza del futuro
• Le difficoltà proprie della vita quotidiana
Acqua: fonte di vita e salvezza:
• L’acqua che scaturisce dalla roccia o che da amara diventa dolce e può dunque
dissetare il popolo d’Israele, potrebbe essere la risposta a ciò che desideriamo
di più. Starebbe a significare la riprova che Dio è con noi sempre, cammina
con noi, ed è pronto ad aiutarci nei momenti difficili; soltanto ci chiede:
fiducia – condivisione– amore.
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Manna: simbolo della nuova società:
• Tutti dovevano condividere i beni, avendo la certezza che Dio avrebbe
garantito al popolo il pane ogni giorno.
• La manna alimenta il popolo e insegna a condividere.
Esodo 17, 8-16: “Il combattimento contro Amalek”
Un ulteriore ostacolo per il popolo d’Israele verso la terra promessa è
rappresentato dalle ostilità delle tribù beduine. Nel deserto era facile avere conflitti
con queste popolazioni a causa delle sorgenti d’acqua presso le oasi. Gli Amaleciti
erano una federazione di nomadi del deserto, insieme ai Madianiti ed ai Keniti, e
questa popolazione con Amalek diventerà quasi un simbolo dei nemici di Israele.
Probabilmente fu questo il retroscena della battaglia di Amalek contro Israele.
Giosuè che appare per la prima volta accanto a Mosè, sarà il futuro condottiero
d’Israele nella terra promessa. Dirige lui i combattimenti. Anche Cur, che compare
con Mosè ed Aronne, è un personaggio non molto citato e che appartiene
probabilmente alla classe sacerdotale.
Mentre infuria la battaglia Mosè, con Aronne e Cur, sale su un colle e con le
braccia alzate in segno di preghiera invoca la protezione del Signore.
Questo racconto è costellato di segni liturgici per ricordare la natura divina della
vittoria. Se le braccia restano alzate verso il cielo significa che il Signore è presente
nella battaglia e porta alla vittoria.
Ciò tradotto nella realtà potrebbe anche significare che per superare le difficoltà della
vita è necessario l’aiuto degli altri, di chi ci sta vicino oltre ad avere fede perché Dio
è con noi sempre.
Esodo 18, 1-12: “L’Incontro con Ietro e Mosè”
Nel deserto, durante l’incontro con Ietro, si apre quasi una parentesi personale
riguardante la vita di Mosè.
Sposato con Sipporà, Mosè l’aveva mandata al sicuro presso la sua famiglia di
origine, a causa della salvezza del suo popolo. Mosè dunque ritrova la sua famiglia
con Sipporà e i due figli: è un incontro pieno di tenerezza, di ricordi, di eventi. Si
informano vicendevolmente sulla salute. Finito lo scambio di notizie Ietro riprende le
sue vesti sacerdotali e si trasforma in un sacerdote d’Israele e pronuncia una
benedizione di stampo biblico in cui si esalta la liberazione e si professa la fede
nell’unico Dio superiore alle altre divinità. A questa benedizione segue un rito
sacrificale che comprende:
• l’olocausto: un animale interamente bruciato dal fuoco in onore di Dio;
• il sacrificio di comunione o ringraziamento: dove una parte della vittima
offerta a Dio è bruciata, un’altra parte viene data ai sacerdoti, il resto è
dell’offerente che la mangia con i parenti e gli invitati in segno di amicizia e
comunione. Il banchetto è parte integrante del sacrificio a cui partecipano
anche il sacerdote e i capi delle tribù in rappresentanza del popolo.
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46
8° INCONTRO: ALLEANZA - le Dieci Parole = Es 20,1-7
• Accoglienza
In mezzo alla sala abbiamo messo dei segni che ci hanno ricordato il cammino
del Popolo nel deserto:
sandali / cintura / bastone / pane azzimo: la fretta del mettersi in
cammino
piccole maracas: la gioia dopo il passaggio del Mare
fiori e rocce del deserto: nel deserto si può trovare la morte o la vita
legno: che ha addolcito le acque amare
acqua: scaturita dalla roccia
manna: il cibo del deserto da condividere e non accumulare
fuoco e incenso: segno della presenza di Dio, che accompagna il popolo
nel cammino, come fuoco di notte e colonna di fumo di giorno
incenso: segno della preghiera di intercessione di Mosè per il popolo.
• Preghiera: Dt 30,15-20 “le due vie”
Salmo 1 da confrontare con il Sal 14 (13) e il Sal 15 (14)
Le DIECI PAROLE: Alleanza Es 20,1-17
“Io sono il Signore tuo Dio che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla
condizione di schiavitù”.
L’obiettivo delle DIECI PAROLE è: aiutare il popolo a non ritornare più ad
essere schiavo come quando era nella terra d’Egitto.
Non osservare le DIECI PAROLE significa rompere l’alleanza che Dio ha
voluto stipulare con il suo popolo. “Voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro
Dio”(cfr Ger 31,31-34 e Ez 36,25-28).
Alleanza significa “patto” “impegno”.
Dio, lungo la storia, ha realizzato varie alleanze con il suo popolo:
ALLEANZA
SEGNO
TESTO
Creazione
Noè
Abramo
Mosè e il suo popolo
Popolo in esilio
sabato
Arcobaleno
Circoncisione
Sangue
Cuore di Carne
Spirito
Suo Corpo e Suo Sangue
Gen 2,1-3
Gen 9,12-17
Gen 17,9-13
Es 24,1-11
Ez 36,21-32
In Gesù
47
Mt 26,27-28
Le 10 PAROLE = Es. 20
IO SONO IL SIGNORE TUO DIO
CHE TI HA FATTO USCIRE DAL PAESE D’EGITTO,
DALLA CONDIZIONE DI SCHIAVITÙ
NON AVRAI ALTRI DEI
DI FRONTE A ME
1
ADORA E SERVI JHWH
DIO DELLA VITA
NON PRONUNCERAI
INVANO IL NOME DEL
SIGNORE TUO DIO
2
NON USARE IL NOME di
DIO A TUO VANTAGGIO
RICORDATI
DEL GIORNO DI SABATO
PER SANTIFICARLO
3
RIPOSATI DAL LAVORO
E FAI MEMORIA
ONORA TUOPADRE
E TUA MADRE
4
NELLA FAMIGLIA CHE
TI HA GENERATO
5
DIFENDI
LA VITA
6
7
NELLA FAMIGLIA CHE
GENERI E NELLA
FAMIGLIA DELL’ALTRO
NON UCCIDERE
NON COMMETTERE
ADULTERIO
NON RUBARE
NON ACCUMULARE,
CONDIVIDI
NON PRONUNCIARE
FALSA TESTIMONIANZA
CONTRO IL TUO
PROSSIMO
8
NON MENTIRE
E DIFFAMARE
TUA SORELLA,
TUO FRATELLO
NON DESIDERARE
LA MOGLIE
DEL TUO PROSSIMO,
NÉ LA CASA,
NÈ ALCUNA ALTRA
COSA CHE APPARTENGA
AL TUO PROSSIMO
9
10
NON DESIDERARE I
BENI DEGLI ALTRI
48
Le DIECI PAROLE di Es 20, 1-17 indicano la via per essere fedeli al
progetto di Dio
Non osservare i comandamenti significa infrangere l’alleanza
Il centro delle DIECI PAROLE è:
NON UCCIDERE = DIFENDI LA VITA
Il nostro Dio è il Dio della vita e ci chiede di difenderla cfr Es 1,8-2,10
Confrontare anche Es 20,1-17 con
◘ Mc 10,17-22
◘ Mt 19,16-22 e Mt 5,17ss
◘ Lc 18,18-23
Confrontare ancora Es 20,1-17 con:
◘ Rm
13,8-10 e Gal 5,14
◘ Mt 22,37-40
◘ 1 Gv 4,7-5,4
Difendere la vita significa riconoscere che la vita è un dono di Dio e che
la donna e l’uomo sono fatti ad immagine di Dio = Gen 1,27
Le dieci parole di vita
Lungo il cammino gli ebrei imparano che per garantire un progetto di
società egualitaria sono necessarie delle leggi che assicurano la continuità del
progetto stesso.
Ci sono diversi modi di leggere il testo di Es 20,1-17, ognuno di essi ci porta a
scoprire nuovi significati. Gli antichi coltivavano una tecnica letteraria chiamata
chiasmo, che consiste nel costruire un testo partendo da un nucleo centrale.
Intorno a questo nucleo, o idea centrale, si costruisce il testo usando diverse
concordanze in parallelo.
Considerato in una struttura concentrica o chiasmica, il Decalogo si
presenta nella forma dello schema che abbiamo proposto.
Il nucleo centrale è il quinto comandamento: “Non uccidere”.
Rappresenta la questione centrale che si nasconde dietro tutti i nostri problemi
personali o sociali: lottare contro la morte per preservare la vita.
Gli altri comandamenti messi in corrispondenza a due a due, cioè a
coppie, costituiscono i diversi momenti e aspetti di questa lotta fondamentale.
Osservando lo schema incominceremo a scoprire varie cose.
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Per esempio:
• non si viola mai un comandamento solo, perché sempre l’uno implica
l’altro
• l’insieme è talmente legato, che la mancanza di osservanza di un solo
comandamento, comprende anche tutti gli altri
• tutti i comandamenti portano alla vita; la violazione di uno solo sgretola
tutto l’insieme e finisce sempre per pregiudicare la vita, procurando una
qualche forma di morte.
Osserva lo schema delle Dieci Parole e da sola o con il tuo gruppo
rispondi a queste domande:
1. che cosa ha colpito di più la tua attenzione?
2. qual è la novità in questa lettura, in relazione ai comandamenti
che già conosciamo?
3. che cosa cambia nella nostra vita a partire da questa lettura
dei comandamenti?
4. qual è il messaggio che ci rimane impresso?
♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦
Contributo gruppo “Agar”
I comandamenti ci sono stati trasmessi, in particolare, dal libro dell’Esodo
20,1-17 e dal Deuteronomio 5,6-22.
L’Antico Testamento fa spesso riferimento alle “Dieci Parole”, ma è nella
Nuova Alleanza in Gesù Cristo che sarà rivelato il loro pieno senso.
Il Decalogo è un cammino di vita perché indica le condizioni di una vita
liberata dalla schiavitù del peccato.
Le “Dieci Parole” riassumono e proclamano la legge di Dio; la tradizione dice
che Dio le scrisse su due tavole di pietra e le consegnò a Mosè e sono chiamate
“La Testimonianza” (Es 31,18) perché contengono le clausole dell’Alleanza fra
Dio e il suo popolo e furono poste nell’Arca (Es 25,16; 40,1-13).
I primi 3 comandamenti si riferiscono principalmente all’Amore di Dio e gli
altri 7 all’Amore verso il prossimo.
Il precetto: Non commettere adulterio, Non uccidere, Non rubare, Non
desiderare la donna d’altri e la roba d’altri, si riassume in queste parole:
• amerai il prossimo tuo come te stesso
L’Amore non fa alcun male al prossimo, dunque il pieno compimento della
legge è l’amore (cfr Rm 13,1-17).
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9° INCONTRO: Es 20,1-17 e Es 1,8-2,10
LA VITA DONO di DIO
LA VITA DONATA per la VITA
• Accoglienza
• Preghiera: Salmo 145 (144)
Insieme vogliamo approfondire il significato del nucleo centrale delle Dieci
Parole di Es 20,1-17:
NON UCCIDERE o meglio DIFENDI LA VITA
confrontandolo con il testo di Esodo 1,8-2,10
per arricchire la riflessione proponiamo un commento di Es 1,8ss
del pastore valdese Gianni Genre:
SUSSIDIO
7
“Le levatrici preferiscono ubbidire a Dio, che è colui che dona la vita,
piuttosto che al faraone che è colui che porta la morte.
Nella disobbedienza coraggiosa delle due levatrici Sifra e Pua, che significano
rispettivamente “bellezza e splendore”, sta la ragione del futuro di Israele.
La loro “etica della resistenza”, affonda le radici nel timore di Dio, cioè
obbedienza al Dio della Vita, che le costringe a difendere la vita umana. Il
timore di Dio si esprime attraverso un’azione consapevole, che le obbliga a
prendere una posizione in difesa della vita.
Non hanno rinunciato a prendersi le proprie responsabilità, non si sono
nascoste dietro la comoda giustificazione di chi “non poteva fare altrimenti” o
di chi “doveva obbedire agli ordini ricevuti”.
Due piccole donne, che a rischio della propria vita hanno corretto il corso della
storia, imponendosi all’ingiustizia e alla morte.
Ci può essere un’altra chiave di lettura: l’espressione ebraica che la nostra
Bibbia traduce: “il faraone parlò alle levatrici ebree”, può essere tradotta: “alle
levatrici delle ebree”, quindi levatrici egiziane, più affidabili, secondo la logica
del faraone, per un compito così difficile.
Dio si serve quindi di due pagane per fare in modo che Mosè possa
sopravvivere e che la redenzione di Israele si possa realizzare.
Dio quindi si serve di pagane e straniere per indicarci il suo progetto di vita e di
salvezza per l’umanità intera.
Umanità che nella Genesi, con Abramo, viene chiamata “famiglia” di Abramo,
di Isacco, di Giacobbe.
51
Nell’Esodo si parla di Popolo: un Popolo che nasce in terra straniera,
sotto il segno dell’oppressione: “siamo stati stranieri e oppressi”…così il
popolo fa continuamente memoria …”.(Tratto da una riflessione del pastore valdese
Gianni Genre sul primo capitolo del libro dell'Esodo)
Alla luce di questo commento e della Parola di Es 1,8ss ci racconteremo le
nostre impressioni, ci scambieremo le nostre emozioni e le nostre esperienze in
difesa della vita.
Insieme, abbiamo approfondito il significato del nucleo centrale delle Dieci
Parole di Es 20,1-17 confrontandolo con il testo di Es 1,8-2,10.
Per attualizzare ci siamo soffermate in particolare sul versetto:
“Dio beneficò le levatrici. E poiché le levatrici avevano temuto Dio, egli
diede loro una discendenza” (cfr Es 1,20-21)
Nella discendenza della levatrici ci è sembrato di vedere tutte le donne, ma non
solo, che hanno difeso e difendono la vita in molti modi.
A questo punto, abbiamo osservato quali esperienze, presenti nelle nostre
comunità, difendono la vita.
Ecco quanto emerso:
Nel Movimento per la Vita, si cerca di aiutare le donne in difficoltà che,
se lasciate sole, abortirebbero
Questo movimento, chiaramente, risponde al comando “difendi la vita” ed è
l’esperienza più vicina a quella fatta dalle levatrici dell’Esodo.
Si può salvare la vita anche donando il proprio tempo per ascoltare e
accogliere chi è solo, malato, anziano
Questi gesti, anche piccoli, di attenzione verso chi è debole e indifeso,
possono togliere dal baratro della solitudine, lenire dolori e salvare dalla
disperazione.
L’ascolto e l’attenzione curano e difendono la vita, l’indifferenza la
uccide.
Abbiamo ricordato gruppi e movimenti che si occupano dei bisogni dei
poveri e dei malati, come la S. Vincenzo, l’Unitalsi e la Caritas
Partecipando ai gruppi caritativi s’impara non solo a donare il proprio
tempo, ma si diventa sensibili ai bisogni degli altri, si esercita l’accoglienza
soprattutto verso i più deboli e l’attenzione all’ascolto verso chi è solo.
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Educare i figli e trasmettere valori fondamentali e irrinunciabili,
continuando a seminare anche se non si vedono i frutti, il seme cresce da
solo e alla fine il germoglio spunterà (cfr Mc 4,26-29)
Confrontarsi con Comunità Cristiane differenti dalle nostre, soprattutto se
di altre nazionalità, s’impara a non assolutizzare le esperienze, a
riconoscere il valore di ciascuno e ad aprirsi alle diverse culture
La forza della fede delle persone semplici dà vigore e speranza alla
Chiesa:
“Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai
nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì
Padre, perché così ha deciso la tua benevolenza” (Mc 11,25-28).
Essere sensibili e attenti alle problematiche sociali: stranieri, emarginati,
profughi…domandandoci sempre dove e come possiamo difendere la
vita.
La sintesi del nostro incontro l’abbiamo espressa con questo pensiero:
L’indifferenza è il male peggiore della nostra società.
Pensare e ricercare solo il proprio interesse non porta certo a difendere
la vita.
♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦
53
10° INCONTRO: IL VITELLO D’ORO Es 32,1-24
Strumentalizzazione dell’immagine di Dio
• Accoglienza
• Preghiera Dt 9,7-21
Raccontare insieme l’episodio di 1 Re 12,20-33
Insieme cercare di analizzare il testo di Es 32,1-24 rispondendo a
queste domande:
•
•
•
•
•
Qual è l’idea centrale di questo testo? Perché?
Che cosa vuole il popolo?
Che cosa fa Aronne?
Qual è la reazione di Dio?
Quale quella di Mosè?
• Confrontare gli atteggiamenti di Aronne e quelli di Mosè.
Confrontare ora il testo dell’Esodo con quello di 1 Re 12,20-33:
• Quale era la situazione del popolo nel deserto?
• Quale la situazione all’epoca dei re?
• Leggi il testo di Es 32,1-24 pensando anche alla situazione al tempo di
Geroboamo
Ritornare a Es 32,1-24:
• In che cosa consiste esattamente il peccato del popolo?
• Quale idea di Dio aveva il popolo?
• Rileggi il testo alla luce di Dt 30,15-20
• Fare memoria, insieme, dell’esperienza di Agar e di Mosè nel Roveto
Ardente e confrontarlo con l’esperienza del vitello d’oro
Per noi oggi:
•
•
•
•
Che immagine ha di Dio la gente semplice?
Che immagine hanno di Dio i potenti?
Quale strumentalizzazione?
Che cosa intendiamo per idolatria? (facciamo memoria anche di quello, che nel
libro dell’Apocalisse, abbiamo colto sul tema dell’idolatria)
• Ci possono essere manifestazioni di idolatria nella nostra vita?
• Sappiamo darle un nome?
Nell’Antico Testamento l’idolatria ha due significati diversi: uno che può
verificarsi nel culto al Dio vero, e l’altro che si riferisce al culto di altri déi.
Nel primo caso si parla di idolatria legata alle immagini cultuali di JHWH, nel
caso degli “idoli jahvisti”.
54
SUSSIDIO
8
IL VITELLO D’ORO in ES 32,1-24
Il capitolo 32 dell’Esodo è un punto di riferimento costante per tutta la
Bibbia. Il fatto avviene tra un popolo da poco liberato dalla schiavitù,
sottomesso a dure prove durante l’attesa per entrare nella Terra Promessa.
Il suo condottiero, Mosè, da alcuni giorni si trova lontano, sul monte Sinai, per
ricevere le Tavole della Legge. Il popolo disorientato e con la nostalgia della
sicurezza passiva della schiavitù, chiede ad Aronne di costruire un’immagine
visibile di Dio (cfr Es 32,1).
Il vitello d’oro non è presentato come un “altro dio” e nemmeno si
pretende rappresentare JHWH con questa statua. Si tratta soltanto di costruire il
simbolo della presenza di JHWH in mezzo al popolo. In realtà però, l’immagine
è considerata un idolo.
In questo caso l’idolatria non consiste nel desiderio di materializzare Dio; molte
volte Dio nell’Antico Testamento si manifesta per mezzo di mediazioni
materiali e visibili, fuoco, nube, tuono (teofanie).
Il problema consiste nel fatto che gli israeliti facendo il vitello d’oro,
pretendono di sostituire il ruolo di Mosè e di conseguenza rifiutano anche
JHWH, Dio di Mosè. Rifiutano la sua azione esigente e liberatrice e pretendono
che Dio si adegui ai loro desideri immediati e meschini.
Nel suo atteggiamento di rifiuto, il popolo non si realizza come Popolo di
Dio, non accetta il progetto di liberazione per il possesso di una nuova terra,
dove sia possibile vivere come fratelli. Non fidandosi di Mosè, dimostra di non
credere nella possibilità di portare a termine il progetto liberatore di Dio.
In questo episodio, abbiamo una crisi politica e una crisi di fede: il popolo
vuole tornare indietro e costringere Dio a guidarli, non verso la Terra Promessa,
ma di nuovo verso l’Egitto.
Il popolo non vuole un Dio che li liberi dalla schiavitù, ma un Dio che
viva con loro nella schiavitù. Vuole un Dio che sia “consolazione
nell’oppressione” e non un Dio “liberatore dall’oppressione”.
In questo rifiuto dell’autentico progetto di liberazione, il popolo dimostra
di voler costruire una falsa liberazione, fondata su un culto alienante di Dio.
Questo è evidentemente un peccato contro la fede nel potere di Dio.
Il Dio rivelato dalla Bibbia è sempre superiore alla debolezza e fragilità
umana; è il Dio che non accetta la paura e l’alienazione del popolo.
Il Dio che promette la liberazione è capace anche di realizzarla.
Dubitare di questo è negarlo.
Negare Dio è idolatria.
Rifiutare il progetto di Dio e ritenerlo irrealizzabile è un atto di idolatria che
non riguarda altri falsi dèi, ma lo stesso culto al vero Dio.
55
Dio è trascendente non solo perché è invisibile, ma anche perché agisce al di
là di ogni possibilità umana.
Il Dio trascendente è sempre il Dio della speranza contro ogni speranza
(cfr 1 Pt cap 1-3).
Il vitello d’oro invece simbolizza il peccato della sfiducia di non credere
che sia possibile quanto Dio aveva promesso e di conseguenza rifiutare il suo
progetto.
Il vitello d’oro è simbolo di un dio strumentalizzato, fatto da uomini senza
speranza.
Questo testo mette bene in evidenza, il problema della scelta
fondamentale tra “vedere” o “credere”, tra “adagiarsi” o “rischiare”.
Volere una religione nella quale tutto è prestabilito o vivere alla luce
imprevedibile di un Dio meraviglioso che vuole creatività?
Fabbricare per sé un dio del quale poter fare ciò che si vuole o mettersi a
disposizione del Dio della liberazione, che esige sempre di più?
(tratto da “LA FORMAZIONE DEL POPOLO DI DIO”Ed La Piccola Editrice)
♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦
Schema per lavoro di gruppo:
I fatti descritti in Es 32,1-24 avvengono nel periodo tra l’uscita dall’Egitto e
l’arrivo in Canaan. Gli ebrei sono stanchi di andare qua e là nel deserto. Mosè
si assenta per un po’ di tempo e il popolo, senza guida, si sente disorientato e
cerca una sicurezza nel vitello d’oro. Questa storia fu trasmessa oralmente per
molti anni; fu scritta per la prima volta quando Geroboamo, re d’Israele, fece
costruire due vitelli d’oro, uno nel santuario di Dan e l’altro in quello di Betel
(leggi 1 Re 12,20-33).
Il testo perciò non riflette solo la situazione del popolo nel deserto ma anche
quella al tempo dei Re.
Nelle rare occasioni in cui nell’Antico Testamento si parla di idoli nel culto di
JHWH, si avverte come i fatti narrati siano importanti per il popolo d’Israele.
Gli episodi più importanti sono il vitello d’oro del Sinai (cfr Es 32,1-24) e i due
vitelli d’oro che Geroboamo aveva esposto nei santuari di Dan e Betel
(cfr 1 Re 12,20-33).
♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦
Condivisione dei gruppi
Il vitello d’oro: strumentalizzazione dell’immagine di Dio: Es 32,1-24
Nel nostro incontro abbiamo fatto una breve memoria delle tappe precedenti:
Dio osserva la miseria del suo popolo schiavo in Egitto, ne ode il grido,
ne conosce le sofferenze e scende a liberarlo, a Mosè rivela il Suo Nome
(cfr Es 3,14-15).
56
Il nome di Dio nell’Esodo è “JHWH”: “colui che si rivela a te e ti libera
mentre cammini”.
Il cammino nel deserto è pieno di difficoltà e di prove: c’è la tentazione di
voler ritornare in Egitto, dove si può stare seduti davanti a un piatto di
cipolle, mentre nel deserto c’è la fatica del cammino e si sperimenta la
fame, la sete e altre difficoltà.
L’episodio del vitello d’oro ci ricorda che il popolo non solo ha avuto la
tentazione di ritornare nella schiavitù dell’Egitto, ma anche la tentazione
di strumentalizzare il volto o l’immagine di Dio.
I segni della presenza e benedizione di Dio sono diversi:
a Mamre, l’albero: Abramo (cfr Gen 18).
a Betel, la pietra: Giacobbe (cfr Gen 28,10-22).
a Bersabea, il pozzo: Isacco (cfr Gen 26,15-25),Giacobbe (cfr Gen
29,1-14).
nel deserto, l’immagine del serpente: Mosè (cfr Nm 21,4-9).
l’immagine del toro veniva usato come piedestallo del Dio
invisibile. Il bue o toro era un’immagine comune per
rappresentare i dei cananei.
il bue nell’uscita dall’Egitto è stato utile per trascinare i carri
con le masserizie, dunque ricordava la liberazione.
Abbiamo confrontato Es 32, con la versione di Dt 9,7-21.
L’episodio del vitello d’oro è legato alle Dieci Parole, cioè al Patto di
Alleanza.
A questo punto abbiamo cercato di rispondere alle domande:
• Qual è l’idea centrale di questo testo? Perché?
È un momento particolare per il popolo: è senza guida, si sente smarrito
e non sa aspettare, ha perso la speranza.
Costruendo il vitello d’oro il popolo rompe l’Alleanza con il Dio della
vita, si sceglie un dio a sua immagine e somiglianza.
L’uomo non desidera più essere a immagine di Dio ma costruisce un dio
a sua immagine.
• Che cosa vuole il popolo?
Il popolo desidera una guida, un segno concreto e tangibile.
• Che cosa fa Aronne?
Aronne, nel racconto, non ha autorità ed è in balia del popolo.
• Qual è la reazione di Dio?
La reazione di Dio è violenta, non riconosce più il popolo come suo, dice
a Mosè: “và, scendi perché il tuo popolo che tu hai fatto uscire
dall’Egitto…” (cfr Es 32,7). È un Dio geloso.
• Quale quella di Mosè?
Mosè intercede per il popolo.
57
Abbiamo confrontato il testo dell’Esodo con quello di 1 Re 12,20-33:
Ci siamo raccontate l’episodio di Geroboamo, primo re del Regno di
Israele, dopo la morte di Salomone.
Geroboamo decide di costruire due vitelli d’oro, uno a Dan e uno a Betel, nei
due santuari situati nei punti strategici del suo Regno, per far sì che gli abitanti
d’Israele non siano costretti ad andare a Gerusalemme, che si trova nel Regno
di Giuda.
Geroboamo ha usato l’immagine di Dio per il prestigio personale.
Siamo ritornati a Es 32,1-24 riflettendo insieme partendo da queste
domande:
• In che cosa consiste esattamente il peccato del popolo?
• Quale idea di Dio aveva il popolo?
• Rileggi il testo alla luce di Dt 30,15-20
• Fare memoria insieme, dell’esperienza di Agar e di Mosè nel Roveto
Ardente e confrontarlo con l’esperienza del vitello d’oro
In Es 32,1-24 il popolo si è completamente dimenticato qual è la vera
immagine di Dio cioè:
quella che scaturisce dall’esperienza di Agar: “Dio udì la voce del
fanciullo…Dio ha udito la voce del fanciullo là dove si trova…Dio aprì
gli occhi ad Agar ed essa vide un pozzo d’acqua e fece bere il
fanciullo…” (cfr Gn 21,17-21)
quella che scaturisce dall’esperienza di Mosè davanti al roveto
ardente: “Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di
Isacco, il Dio di Giacobbe". Mosè allora si coprì il volto, perché aveva
paura di guardare verso Dio. Il Signore disse: “Ho osservato la miseria
del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi
sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dal
potere dell'Egitto e per farlo salire da questa terra verso una terra bella
e spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele” (cfr Es 3,7ss)
Il Dio di Agar e di Mosè è il Dio della vita (cfr Dt 30,15-20).
È lo stesso Dio che fa alleanza con il popolo e gli dona le Dieci Parole.
Sono le Dieci Parole che regolano la vita del popolo perché non abbia
più a ritornare alla schiavitù dell’Egitto.
58
Le punizioni raccontate in Es 32 sono violente e ci sono sembrate la
conseguenza dell’aver posto la fiducia in un vitello d’oro.
Il popolo, dimenticando il vero volto di Dio, dimentica il centro delle Dieci
Parole, rompe l’alleanza con il Dio della Vita, le relazioni diventano aggressive,
vince il male e la morte (cfr Es 32,5-6; 32,19-20; 32,26-29).
Per noi oggi:
•
•
•
•
Che immagine ha di Dio la gente semplice?
Che immagine hanno di Dio i potenti?
Quale strumentalizzazione?
Che cosa intendiamo per idolatria? (facciamo memoria anche di quello, che nel
libro dell’Apocalisse, abbiamo colto sul tema dell’idolatria).
• Ci possono essere manifestazioni di idolatria nella nostra vita?
• Sappiamo darle un nome?
L’attualizzazione l’abbiamo fatta partendo dalle espressioni che ci hanno
colpito:
Un Dio geloso (cfr Es 32,5-10).
La giustizia di Dio (cfr Es 32,33-35.)
È facile strumentalizzare l’immagine di Dio pensando che Dio ha sentimenti
come i nostri.
La “gelosia” di Dio non assomiglia ad un sentimento umano. Lui vuole solo
donarci vita e vita in abbondanza (cfr Gv 10,10; Dt 30,15-20).
La “giustizia” di Dio non assomiglia alla giustizia umana: Dio non è
vendicativo.
Rompendo l’alleanza tutto diventa violento.
La Teologia della Retribuzione: faccio male Dio mi castiga, faccio bene e mi
premia, non rivela il vero volto di Dio. Dio è misericordia!
Il vero volto di Dio ce l’ha rivelato Gesù: “Siate misericordiosi, come il Padre vostro
è misericordioso” (cfr Lc 6,36; Lc 15,1-32).
In nostro è il Dio della speranza contro ogni speranza.
Non è Dio che “castiga la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta
generazione” (cfr Es 34,7) ma è la rottura dell’alleanza con Lui che produce il
male; i sentimenti di odio, rancore, violenza, vengono trasmessi da padre in
figlio.
Ricordiamo però che il favore di Dio è fino a mille generazioni (cfr Es 34,5ss).
Il bene produce bene fino a mille generazioni.
Far dire a Dio quello che pensiamo noi o attribuirgli i nostri sentimenti è
strumentalizzare il volto di Dio: anche noi possiamo costruire il “nostro
vitello d’oro”.
59
♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦
Contributo gruppo “Agar”
Dopo la rivelazione delle leggi a Mosè si apre per il popolo di Israele una
specie di sosta spirituale segnata però da eventi oscuri e drammatici in cui il
popolo reagisce con quel peccato che macchierà spesso la storia d’Israele cioè
l’idolatria.
Si assiste in Es 32,1-24 ad alcune reazioni che determinano:
• una perdita di fede (apostasia) per cui il sacerdote Aronne si presta ad
accontentare il suo popolo con un atto di idolatria in cui si adopera per
costruire un “vitello d’oro”;
• punizione da parte di Mosè che distrugge il vitello d’oro e fa bere a tutti
l’acqua con la polvere d’oro dell’idolo;
• Questa mancanza di fede scatena l’ira divina che vorrebbe distruggere il
popolo ribelle;
• A questo punto Mosè si fa intercessore tra Dio e il popolo e lo fa
attraverso una supplica che contiene tre argomenti per placare la giustizia
divina:
1. La promessa divina fatta ai Patriarchi “… renderò la vostra posterità
numerosa …”
2. La liberazione dalla schiavitù dall’Egitto
3. Mosè fa leva sull’onore di Dio presso gli egiziani: costoro infatti se
vedessero Israele sterminato nel deserto potrebbero pensare a un Dio
crudele, inesistente, incapace di salvare il suo popolo (cfr Es 32,11-12).
Le Tavole della Legge: Esodo 34,1-35
Dopo l’intercessione di Mosè, il pentimento di Israele, il giudizio e il perdono
di Dio, si apre l’alba di una nuova era: si rinnova l’alleanza infranta.
Mosè invoca nella solitudine del monte Sinai il nome del Signore ed egli si
presenta per ben due volte col nome di JHWH accompagnato dagli attributi che
definiscono la sua alleanza:
- la pietà
- la misericordia
- la grazia
- la fedeltà
Come dice il primo comandamento Es 20,5-6 la giustizia divina è severa e
perfetta, ma la misericordia e l’amore sono superiori e infiniti:
• la giustizia ha un limite
• l’amore è illimitato
60
Nel libro dell’Esodo si scopre dunque:
- un volto di Dio luminoso e misterioso quello che appare nel roveto
ardente
- un Dio liberatore che sottrae Israele, suo figlio primogenito,
dall’oppressore
- un Dio che costituisce un popolo santo, sceglie cioè un pugno di uomini
schiavi con i quali si allea con un patto solenne sancito sul Sinai
- un Dio padre che si cura del “figlio” assetato, affamato e assaltato dai
nemici
- un Dio geloso… “non devi prostrarti ad altro dio, perché il Signore si chiama
geloso … (Es 34,14)
- un Dio che esige l’impegno sociale del “Decalogo” e quello del codice
dell’“Alleanza”
- un Dio che punisce il peccato idolatrico d’Israele e tutte le sue ribellioni
e mormorazioni
- Ma anche un Dio pieno di pietà e misericordia lento all’ira e ricco di
grazia e fedeltà (cfr Es 34,6-7)
- un Dio che cammina accanto al suo popolo lungo le piste assolate del
deserto.
Messaggio:
Il libro dell’Esodo non è perciò solo un testo di memorie celebrative e di
antichi eventi. E’ anche un appello rivolto al popolo di Dio di tutti i tempi
perché senta la presenza divina che lo guida verso la libertà.
Attraverso i protagonisti, Mosè e il popolo di Israele da una parte, il
faraone e l’Egitto dall’altra, Dio dirige e conduce la storia.
Il cuore dell’esperienza d’Israele è l’aver vissuto, attraverso il dramma
della schiavitù e la gioia della liberazione, il progressivo manifestarsi del
disegno di salvezza di Dio, la certezza della sua presenza e la speranza di un
futuro nella terra promessa.
Nel contempo, la fedeltà all’alleanza con Dio e al suo decalogo, e
l’osservanza delle loro pratiche di culto, diventano per Israele la condizione
indispensabile per assicurarsi che Dio, il Salvatore, continui a rivelarsi e a
vivere in mezzo al suo popolo.
♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦
61
11° INCONTRO: I DUE PROGETTI 1 Sam 8,1-22
• Accoglienza
• Preghiera: Ap 21,1-8
Partendo dal testo dell’Apocalisse abbiamo constatato che in tutta la Bibbia
esiste questa “tensione”: cercare di realizzare il progetto di JHWH” e c’è
anche lotta e contrasto tra il progetto dei Re e il progetto di Dio.
Proponiamo un sussidio che aiuti a capire le caratteristiche
dell’organizzazione del sistema dei re di Cannan e degli imperi e le
caratteristiche del sistema tribale.
SUSSIDIO
9
Confronto delle caratteristiche tra i sistemi:
(Tratto da “Projeto de JHWH” di C. Mesters)
PROGETTO dei RE
PROGETTO di DIO
Società divisa in classi
Ger 22,13-19; Am 6,1-8
Società solidale
Dt 15,4-11
Sfruttamento del lavoro
Es 1,8-14; Is 5,8-24; Am 2,6-7
Produzione autonoma e scambio
Es 16,13-21; Lv 25,1-38
Accentramento del potere
1 Sam 8,4-17
Potere comunitario
Es 18,13-26
Leggi che difendono il sistema
1 Re 21,1-19; Is 10,1-4
Leggi che difendono il popolo
Es 20,1-17
Esercito dei mercenari dei re
1 Sam 8,10-12; Is 31,1-3
Unione del popolo
Gdc 6,33-40
Monopolio del sapere
Os 4,1-9
Scuola per tutti
Dt 6,4-25
Diversi Dei: gli dei del re
Is 44,6-18; 46,1-9
Unico Dio liberatore: JHWH
Es 3,7-15; Is 45,20-25
Culto Rituale
Is 1,11-17
Culto che parte della vita
Dt 26,3-11; Michea 6,6-8
Sacerdote latifondista
Ez 34,1-10; Os 4,4-10
Sacerdozio profetico
Dt 18,1-8; Os 8,1-14
62
♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦
Abbiamo confrontato i vari aspetti dei due progetti come da Sussidio 9, cercando di
rispondere a queste domande:
Dove si difende la vita e dove si produce o si diffonde morte?
Quali categorie trovano vantaggio chi invece ne è danneggiato?
Trovando all’interno dei due progetti le DIECI PAROLE
Condivisione dei gruppi
La situazione in Canaan al tempo di Samuele, era simile alla situazione
dell’impero egizio; in quella regione non c’era però un unico re, ma diversi re che
dominavano piccoli villaggi.
Ogni re aveva il suo esercito, sfruttava il popolo chiedendo imposte esose.
Attraverso la denuncia dei profeti conosciamo la storia di quel tempo: guerre
fratricide, omicidi, lutti, furti, corruzioni.
Non tutti accettavano di vivere sottomessi a questo sistema di oppressione,
alcuni si ribellavano ma erano costretti a vivere ai margini, cioè fuori dalle Città Stato
e venivano chiamati Hapiru.
Samuele, ultimo giudice di Israele passa il potere ai suoi due figli, questi però
sono corrotti, e ladri. Il popolo chiede un re che governi su di loro (cfr 1 Sam 8,1-5).
Il Signore risponde a Samuele: “Ascolta la voce del popolo per quanto ti ha detto, perché
costoro non hanno rigettato te, ma hanno rigettato me, perché io non regni più su di essi.
(cfr 1 Sam 8,7)
Samuele elenca tutti i danni che un re avrebbe provocato (cfr 1 Sam 8,10-22).
Il popolo chiede ugualmente un re, perché nei vari clan ci sono litigi, non sono uniti
nella difesa della terra e vogliono che un re decida per loro, demandando a lui ogni
decisione e responsabilità.
Il progetto di Dio è un sogno, un ideale, non si può pretendere di poterlo realizzare
pienamente e in fretta, ma deve essere una meta a cui tendere.
Il nostro è il Dio della Vita, dove si difende la vita, il nostro Dio è lì.
In questo contesto abbiamo ricordato anche le levatrici che si sono ribellate al potere
del faraone come hanno fatto gli Hapiru nelle Città Stato.
Attualizzando abbiamo citato don Milani che per primo ha fatto l’obiezione di
coscienza, ribellandosi all’obbligo del servizio militare.
Una domanda che ci siamo poste e per la quale è difficile trovare una risposta, è il
significato del dolore innocente, difficile da capire e da accettare.
Alcune persone si ribellano e perdono la fede. Altre si fortificano nella fede riuscendo
a testimoniare il loro dolore con serenità e forza, donando aiuto, conforto e
consolazione a quelli che si trovano a vivere la stessa esperienza di dolore.
Per ultimo ci siamo dette che tutto ciò che opprime non viene da Dio: a volte anche la
preghiera, che diventa regola oppressiva, ci allontana da Lui e non ci mostra il Suo
vero volto.
63
12° INCONTRO: Dt 26,1-13
LA TERRA PROMESSA: DONO DA CONDIVIDERE
• Accoglienza
• Preghiera Dt 26,1-13 memoriale, atto di fede e celebrativo
Il testo del Deuteronomio ci ha fatto ripercorrere tutto il cammino biblico di
quest’anno.
Dt 26,1-13 è l’atto di fede di chi riconosce che tutto è dono di Dio da
condividere.
Abbiamo perciò ricordato e ripreso il significato del nome di JHWH:
Colui che cammina con noi
Che si rivela a noi mentre camminiamo
Che ci invia
JHWH ha liberato il popolo dalla schiavitù
JHWH desidera che il popolo rimanga libero
JHWH chiama e manda perché il suo progetto di vita si realizzi sempre
È anche importante ricordarsi che ci sono:
Diverse Tribù
Diverse esperienze
Diverse tradizione e memorie
Così si forma il popolo d’Israele.
♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦
SUSSIDIO
10
Nel linguaggio biblico è JHWH a dare la terra (cfr Gs 1,6; 5,6). Se paragonata
al tempo trascorso nel deserto, la Terra Promessa rappresenta il “riposo” (cfr Gs
1,13). Paragonata invece alla schiavitù dell’Egitto, dove gli israeliti non avevano
nulla, la terra ricevuta significa “proprietà” che garantisce la vita (cfr Gs 8,30-35).
La Terra Promessa viene consegnata nella sua totalità al popolo. La proprietà
collettiva è un dato di prima importanza. Tutto il popolo ha diritto ad avere un
pezzo di terra per vivere di essa, così come ogni essere umano ha diritto al
lavoro per la sua dignità e le sue necessità primarie: salute, famiglia, cultura.
In vari testi si insiste sulle modalità di come distribuire la terra (cfr Nm 26,5256; 33,53-54). Più che una realtà raggiunta in pienezza, si parla di un’ideale, una
meta per la quale battersi, per realizzare l’ideale proposto da Dio.
La norma biblica per la proprietà della terra non è l’egoismo di ogni
individuo e nemmeno il potere economico, ma la necessità di ogni famiglia; la
famiglia che ha più bocche da sfamare deve avere più terra. È questo l’ideale
biblico per il quale si lotta.
64
Cosa non facile in quel momento storico, né quando fu scritto il libro, né al
giorno d’oggi.
Ma quello che deve essere chiaro è l’ideale proposto da Dio. Essere consapevoli
che la realtà non corrisponde alla volontà di Dio e in ogni momento storico sarà
necessario fare tutto il possibile per avvicinarci all’ideale proposto.
(tratto da “LA FORMAZIONE DEL POPOLO DI DIO”Ed La Piccola Editrice)
♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦
Contributo gruppo “Agar”
Libro di Giosuè
Giosuè, il “condottiero” e successore di Mosè, è la figura centrale del libro,
inaugura una nuova tappa nella storia di Israele guidando il popolo alla vittoria contro
i nemici e accompagnandolo nella terra promessa.
Questo libro è il racconto di campagne militari e vittorie che aprono e chiudono il
periodo della conquista e della ripartizione della terra.
Attraverso questa lettura, emergono:
• la fedeltà di Dio
• la manifestazione visibile della sua costante presenza in mezzo al suo
popolo, soprattutto nel dono preminente della terra e dei beni che essa produce.
Il libro di Giosuè si divide in tre parti:
1. la conquista di Canaan, la terra promessa (cfr Gs 1,1; 12,24)
2. la spartizione del territorio tra le varie tribù (cfr Gs 13,1; 21,45)
3. il racconto degli episodi finali:
- il ritorno delle tribù in Transgiordania (cfr Gs 22,1-34)
- il discorso di congedo di Giosuè (cfr Gs 23,1-16)
- l’assemblea di Sichem (cfr Gs 24,1-28)
Nella prima parte si parla della storia di una donna, Raab e quella di un gruppo
di stranieri, i Gabaoniti.
Vengono narrate due battaglie: quella di Gabaon e quella di Merom. A queste due
battaglie è collegata la conquista di tutto il sud e poi di tutto il nord della terra di
Canaan. Con la figura di Giosuè, che è un efraimita, si vuole sottolineare che
l’ingresso nella terra di Canaan si è realizzato sotto la guida di un capo unico, Giosuè
il “condottiero”.
Nella seconda parte si parla della suddivisione dei territori di Canaan fra le
dodici tribù di Israele.
Nella terza parte si spiega come è avvenuta la conquista della terra promessa:
- per quanto riguarda l’insediamento nel sud della Palestina si racconta come
alcuni gruppi siano stati assorbiti progressivamente dalla tribù di Giuda, in
particolare vengono nominati i Calebiti e i Simeoniti;
65
- per la parte centrale della Palestina l’insediamento sarebbe stato compiuto da
gruppi che attraversarono il Giordano sotto la guida di Giosuè e che
comprendevano elementi dei gruppi di Efraim, Manasse e Beniamino;
- l’insediamento al nord ebbe una storia più particolare; alcuni gruppi erano là
già da tempo e aderirono alla fede Jahvista, portata dai gruppi di Giosuè
durante l’assemblea di Sichem (cfr Gs 24,1-28). Insieme conquistarono la terra
lottando contro i Cananei.
Si presume dunque che l’insediamento avvenne:
- con azioni militari
- con infiltrazioni pacifiche
- con alleanze prese con i precedenti occupanti del territorio.
Per quanto riguarda il passaggio del Giordano e la relativa conquista di Canaan si
possono sottolineare alcuni momenti fondamentali del libro:
• l’attraversamento del Giordano che riproduce l’intero schema del passaggio del
Mar Rosso in Esodo, dove è Dio in persona a guidare Israele.
In questo caso, col passaggio del fiume Giordano, è l’Arca dell’Alleanza che si
pone alla testa di Israele. In entrambi i casi sia il mare che il fiume si dividono
in due.
• il giorno seguente al passaggio del Giordano, la manna cessa di cadere, ed è il
segno inequivocabile della fine di un’epoca. Se ne apre però una nuova che è
simboleggiata dalla “circoncisione” del nuovo popolo nato durante la
permanenza nel deserto, non compromesso dall’infedeltà, a differenza dei loro
padri che si erano ribellati al Signore. Nella terra promessa il popolo celebra
“la prima nuova Pasqua”.
Dio sembra voler ricominciare tutto da capo con un popolo migliore, così come
era avvenuto dopo il diluvio universale: Dio distrugge l’umanità infedele ma si
preoccupa di dare origine ad una nuova umanità uscita dall’Arca.
Il filo scarlatto Gs 2, 1-24
Da ricordare l’episodio del “filo scarlatto” posto al di fuori della dimora di
Raab, forse una prostituta di Gerico, che aveva aiutato alcuni israeliti a salvarsi
quando erano entrati nella sua città mandati da Giosuè per un’ispezione.
Questo episodio potrebbe significare eventuali alleanze fatte tra gli israeliti e gli
abitanti di Gerico disposti a collaborare con gli invasori israeliti, e il “filo scarlatto”
potrebbe anche ricordare il racconto del sangue sacrificale sulle porte delle case degli
ebrei nell’Esodo, durante la notte della prima Pasqua per non far uccidere i loro
primogeniti.
Acan Gs 7, 1-26
Da ricordare anche la figura di Acan che disubbidendo al Signore commette
peccato impossessandosi di un bottino che invece avrebbe dovuto condividere.
Per questo peccato venne lapidato insieme a tutta la sua famiglia, ai suoi animali e ai
suoi averi.
66
Formazione del Popolo di Israele
Come si è arrivati a questa esperienza?
Attraverso un periodo di molti secoli compreso il periodo dei 400 anni di
schiavitù in Egitto (dal 1800 al 1250 a.C).
A partire dai Patriarchi Abramo, Isacco, Giacobbe fino a Giuseppe che, da
pastori nomadi prima, poi agricoltori sempre alla ricerca di terre fertili e sorgenti
d’acqua per i loro greggi e raccolti, erano arrivati fino in Egitto. Proprio a causa della
carestia diffusa in quel tempo, inizia per loro un periodo di oppressione e repressione
tanto da diventare schiavi sotto il dominio dei faraoni.
Come è nato Israele?
Con la fuga dalla schiavitù dall’Egitto, altri gruppi diversi tra loro per storia e
condizione, provenienti dalle aree della mezzaluna fertile, si uniscono alla
moltitudine in fuga verso il deserto. Tutti sono accomunati da storie di oppressione e
repressione ed hanno un unico solo desiderio: quello di vivere in piena libertà, con la
possibilità di decidere della loro vita, di avere una identità, e poter attuare un sistema
alternativo di convivenza.
Quali gruppi lo compongono?
Gli Hapiru, considerati dei fuorilegge o prigionieri di guerra; i pastori
seminomadi di Canaan, cioè i gruppi di Patriarchi e Matriarche; i pastori
seminomadi venuti dal Sinai, cioè abitanti della terra di Madian, dove si rifugia
Mosè fuggito dall’Egitto; gli schiavi fuggiti dall’Egitto appartenenti a gruppi diversi,
ebrei ma anche contadini egiziani o pastori che a causa della siccità si spostavano
sulle sponde del Nilo.
Quale la proposta, i valori di convivenza?
La proposta è l’Alleanza.
Tutti questi gruppi diversi tra loro hanno in comune il loro futuro:
- vogliono vivere liberi
- vogliono possedere una terra loro
- vogliono avere potere decisionale
- vogliono vivere in modo alternativo
Inoltre hanno una presenza forte, prima con Mosè, poi con Giosuè, in grado di
guidarli e di tenerli uniti.
Questi gruppi tutti insieme formano una nuova comunità unita dall’Alleanza con un
unico Dio: JHWH.
Questa Alleanza ha soprattutto una funzione sociale e politica, infatti in essa viene
inserita l’intera legislazione di Israele. Ciò permetterà loro di:
- fare unione
- iniziare una nuova vita
- allo scopo di operare una trasformazione sociale, un nuovo ordine alternativo,
per mezzo del quale poter:
o vivere liberi dall’oppressione
o nel rispetto delle differenze
o passare da un sistema tributario a uno comunitario
67
13° INCONTRO: Gs 24,1-28
LE DODICI TRIBÙ, L’ASSEMBLEA DI SICHEM
• Accoglienza
• Preghiera Salmo 81 (80) salmo per un momento di festa, esortazione profetica
e di memoria
In questo ultimo incontro ancora una volto abbiamo ripreso i punti
fondamentali per comprendere il significato del testo di Giosuè 24,1-28.
Ci siamo aiutate con questo sussidio.
♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦
SUSSIDIO
11
Parallelismo tra la figura di Giosuè e di Mosè
GIOSUÈ
MOSÈ
Manda spie a esplorare il Paese
Gs 2,1-24
Manda spie a esplorare il Paese
Nm 13,1-33; Dt 1,18-29
Attraversa il Giordano
Attraversa il mar Rosso
Gs 3,1-17
Es 14,15-31
Celebra la Pasqua
Celebra la Pasqua
Gs 5,10-12
Es 12-13
Nella teofania è invitato a togliersi
i sandali
Nella teofania è invitato a togliersi
i sandali
Gs 5,15
Es 3,5
In battaglia tende il giavellotto
verso il cielo per avere la vittoria
In battaglia tende il bastone
verso il cielo per avere la vittoria
Gs 8,14-27
Es 17,8-16
♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦
Condivisione dei gruppi: Confronto tra le figure di Giosuè e Mosè
GIOSUÈ
Gs 2,1-24: Giosuè manda delle spie ad esplorare il paese.
Gli esploratori vanno a Gerico a casa di Raab che è una prostituta e abita proprio
sulle mura di Gerico. Questa donna è la salvezza degli uomini di Giosuè; li nasconde
e quando arrivano gli inviati del re di Gerico a cercarli dice loro che sono scappati
verso il Giordano. Raab conosce l’esperienza del popolo che ha attraversato il mar
Rosso con l’aiuto del loro Dio; è certa quindi che questo Dio darà la terra al suo
popolo. Chiede agli inviati di Giosuè di ricambiare, al momento opportuno, la
68
benevolenza che lei ha usato nei loro confronti, salvando lei e tutta la sua famiglia.
Raab mette alla finestra la corda scarlatta che ha usato per far scappare i due uomini e
che dovrà servire come segno di riconoscimento per la sua salvezza.
Gs 3,1-17: Il popolo segue l’arca dell’alleanza e anche il Giordano, come il mar
Rosso, di fronte a Gerico, lascia passare i sacerdoti con l’arca e tutto il popolo.
Gs 5,10-12: Gli Israeliti sono a Galgala e celebrano la Pasqua nella steppa. Il
giorno dopo la Pasqua mangiano i prodotti di quella terra e la manna cessa da quel
momento di essere il nutrimento per il popolo.
Gs 8,14-27: Giosuè, sta perdendo la battaglia contro il re di Ai, ma su comando del
Signore, tende il giavellotto verso la città e riesce a vincere.
MOSÈ
Nm 13,1-33: Il Signore dice a Mosè di mandare i capi delle varie tribù ad
esplorare la terra di Canaan. Dopo 40 giorni, tornano portando i frutti della terra e
raccontando che è un paese “dove scorre latte e miele”, ma occupato da popoli molto
potenti: gli Amaleciti, gli Hittiti, i Gebusei, gli Amorrei sulla montagna e i Cananei
lungo il mare e il Giordano; tutti popoli molto forti perciò è impossibile vincerli.
Dt 1,18-29: ripete l’esperienza dei capi che vanno ad esplorare la terra di Canaan, e
dei nemici terribili che gli israeliti dovranno affrontare per conquistarla, ma il Signore
dice loro: “non spaventatevi e non abbiate paura di loro, il vostro Dio combatterà con
voi”.
Es 14,15-31: Dio dice a Mosè di stendere il bastone sulle acque del Mar Rosso,
queste si dividono e permettono al popolo di passare sull’asciutto, mentre il fango
blocca i carri degli egiziani.
Es 12-13: Come gli ebrei celebrano la Pasqua: si prende un agnello per famiglia da
mangiare in fretta, con i fianchi cinti, i sandali ai piedi, il sangue sulle porte per
salvare dall’uccisione dei primogeniti. Dopo questo flagello il faraone fa uscire gli
israeliti che erano schiavi da 430 anni.
Es 17,8-16: in battaglia Mosè tende il bastone verso il cielo per avere la vittoria,
come aveva comandato il Signore. Quando Mosè alza il bastone, Israele vince
altrimenti viene sconfitto. Aronne e Cur aiutano Mosè a tenere alzato il bastone
permettendo agli israeliti di sconfiggere Amalek.
♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦
Nella terra promessa è arrivata una generazione completamente nuova, perché
40 anni è il cammino di una generazione, poi ne inizia un’altra; addirittura alcuni non
conoscono l’esperienza del Mar Rosso, dell’Esodo.
Nella Terra Promessa il concetto è quello di condividere, chi si tiene il bottino e non
lo condivide con gli altri è come se volesse ritornare schiavo. A Sichem non è
radunato un popolo omogeneo ma ci sono anche greci, egiziani, hapiru e molte
persone che hanno avuto un passato di sofferenza e di oppressione e chiedono
autonomia e libertà, il rispetto dell’alleanza, la libertà dall’oppressione, nel rispetto
delle differenze. Il Dio che ognuno ha sperimentato per proprio conto, ora viene
riconosciuto come unico Dio.
69
Il Capitolo che narra l’assemblea di Sichem è diviso in tre parti:
1) Giosuè propone alla fede dei presenti gli interventi di JHWH.
Li propone anche a coloro che non hanno fatto l’esperienza del deserto,
dell’Egitto e del Sinai.
2) Il popolo sceglie JHWH come Dio e rifiuta gli altri dei stranieri
3) Il popolo accetta di fare un’alleanza.
Anche le tribù del Nord, con questo patto, riconoscono la fede in JHWH e
diventano parte integrante del popolo di Dio.
L’esperienza di fede in JHWH, che esige l’impegno di un nuovo modo di
convivenza, è stato l’anello di unione di tutti quei gruppi e, poco a poco, ha
permesso la formazione di un popolo costituito da dodici tribù. Uno dei momenti
forti di questa lenta formazione del popolo è stata l’assemblea di Sichem.
Per fare un riepilogo sull’Assemblea di Sichem possiamo dire che:
- viene narrata una storia
- avviene un incontro
- viene fatta una proposta
- viene data una risposta
- si stipula un’alleanza
♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦
SUSSIDIO
12
(Tratto da “La formazione del popolo di Israele” schema preparato da Oscar M. utilizzando le seguenti
fonti: S. Gallazzi: “Per una terra”; T. Frigerio e F. Tenero: “Fonte di acqua viva”; A. R. Ceresko: “Solleva
lo sguardo”; spunti tratti da incontri biblici vari.
La grande Assemblea di Sichem diviene punto di partenza di una nuova
organizzazione, in cui tutti i gruppi:
-
fanno la scelta di JHWH, un Dio unico, ma Dio di tutti, dai tanti volti;
si impegnano ad essere fedeli a JHWH.
Scegliere un Dio di tutti, significa scegliere un Progetto unico:
→ il Sistema Tribale, in cui:
-
le relazioni economiche, politiche e legali sono i mattoni del sistema tribale
la fede nel Dio della vita, dispensatore di vita, sono il cemento che li lega
L’esperienza di Sichem, ci dice che la medesima esperienza di liberazione, unisce
tutte le diversità, in un unico popolo con un unico Dio dai tanti volti.
Questa esperienza durerà 200 anni, fino al 1000 a.C. quando le tribù più forti e ricche
faranno la scelta della Monarchia.
♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦
70
CONCLUSIONE
Nell’ultimo incontro abbiamo ringraziato il Signore per i grandi doni che ci ha fatto.
È stata anche l’occasione di raccontarci quello che più ci è rimasto impresso.
Don Italo era con noi, approfittiamo per ringraziarlo perché ha avuto fiducia in noi e
ci ha sostenuto “da lontano”.
Ecco quanto siamo riuscite a riassumere attraverso le parole espresse da tutte noi
nell’ultimo incontro:
“IL volto di Dio dell’Antico Testamento si è rivelato a noi attraverso
l’esperienza della schiava Agar, abbandonata nel deserto insieme al figlio Ismaele
(cfr Gn 21,8-21) e di Mosè davanti al roveto ardente (cfr Es 3,7-12): un Dio che
“vede”, che “ascolta”, che “scende” che “libera”.
Ma abbiamo anche avuto perplessità quando incontravamo episodi che raccontavano
di un Dio geloso, che punisce: non potevamo accettare un volto di Dio così!
Eppure quante volte anche noi abbiamo dato colpa a Dio per quello che succede di
brutto e catastrofico nel mondo! Quante volte abbiamo gridato nel dolore: “Dio dove
sei? Perché mi castighi così? Che cosa ho fatto di male?”
Leggendo le pagine della Scrittura comprendiamo la nostra storia.
Nell’esperienza di un popolo vediamo la nostra esperienza.
Nell’ultimo incontro di quest’anno don Italo, ricordandoci l’esperienza di
Giobbe, ci ha aiutato a dare una risposta alle domande che noi continuamente ci
poniamo: “Perché Dio ci punisce? Perché Dio non interviene per risolvere certe
situazioni? Perché il nostro Dio tace e sembra indifferente davanti al dolore
dell’umanità?”
Giobbe non si è lasciato sopraffare dagli argomenti dei suoi amici che lo
volevano colpevole perché colpito dalla malattia e dalla sventura. Giobbe non ha
maledetto Dio in tutte le sue avversità, ma lo ha cercato in modo disperato e sincero,
anche ribellandosi e litigando con Lui. Ha perseverato nelle sue convinzioni e ha
scoperto il vero volto di Dio. La sua fede nel Dio creatore gli ha dato ragione e gli
ha permesso di riavere la forza per superare le difficoltà e dopo varie prove ha
ritrovato la salute e il benessere.
Il Dio della Vita non può volere il nostro male. Il male è sempre frutto del
nostro egoismo, della nostra indifferenza, del non riconoscere che tutti siamo figli
dello stesso Padre (cfr Ef 4,6).
Questo è il volto misericordioso di Dio Padre, che Gesù ci ha rivelato”.
Aggiungiamo altre due testimonianze significative:
“Durante gli incontri biblici del giovedì mattina, abbiamo approfondito alcuni
capitoli dei primi libri dell'Antico Testamento, e insieme abbiamo cercato di cogliere
il messaggio che Dio, attraverso la storia del suo popolo, vuole inviarci; un
messaggio che vale sempre, in tutte le epoche e per ognuno di noi. Mi piace anche
pensare che molte pagine delle Scritture possano essere lette come messaggi che
invitano a sognare, che ci fanno scoprire i sogni che Dio continua a sognare per noi:
''....perché tu sia felice ed entri in possesso della buona terra che il Signore giurò ai
tuoi padri di darti…'' (Dt 6,18).
71
E' stato anche interessante riflettere sul ruolo che le donne hanno nella Bibbia.
In particolare ci siamo soffermate sull’atteggiamento avuto dalle levatrici citate nel
Libro dell’Esodo, due delle quali si chiamavano Sifra e Pua (cfr Es 1,15), che in
lingua semitica significano Bellezza e Splendore: del loro coraggio ad accogliere il
progetto di Dio, che è un progetto di vita, rifiutando di conseguenza il progetto di
morte del faraone che a quel tempo era considerato un dio.
È nel timore del Dio della Vita che le levatrici prendono coraggio e si sentono
“costrette” a difendere la vita mettendo a rischio la propria. Perciò è giusto
sottolineare che se Mosé ha salvato (certamente per mano di Dio) il popolo di Israele
dalla schiavitù, è perché lui stesso è stato salvato dalle donne: prima dalle levatrici,
poi da sua madre, da sua sorella e infine dalla figlia del faraone.
Per ultimo vorrei sottolineare una cosa bella e costruttiva: in questi tre anni siamo
riuscite a conoscerci meglio, a diventare amiche, ad essere una comunità.
Anche questo è un piccolo frutto che il Signore ci ha regalato. Ivana
♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦
Dubbio…incertezza…paura…
Proprio come i discepoli di Emmaus! (cfr. Lc 24,13-35)
Così potrei iniziare la mia piccola – grande esperienza – avventura durante gli
incontri biblici.
Grazie alla collaborazione del gruppo “Agar” e del gruppo grande del giovedì
mattina, che mi hanno accolta e aiutata a scoprire ed ad approfondire la conoscenza
della Parola di Dio, a poco a poco, gli occhi mi si sono aperti, e il desiderio di
conoscere e approfondire il messaggio biblico è diventato sempre più forte.
GENESI..ESODO…DEUTERONOMIO…SALMI…JHWH…ADONAI…ELOHIM…
Oh! Divina Sapienza!
La misericordia, l’onnipotenza, la bontà e il perdono di Dio Padre, Figlio e Spirito
Santo sono stati manifestati e trasmessi dalla testimonianza di fede, prima del popolo
d’Israele, poi dalle comunità dei credenti, oltre i confini della terra, fino ai nostri
giorni, attraverso la PAROLA.
Grazie santissima Trinità: la tua presenza salvifica continua attraverso l’Eucaristia.
Proprio come i discepoli di Emmaus anche noi diciamo: “Resta con noi perché si fa
sera e il giorno volge al declino” (Lc 24,29). Adriana
♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦
A questo punto vogliamo mettere il nome di ciascuna: abbiamo imparato che il “nome”
racchiude la storia, la vita.
Ognuna di noi è stata importante: chi è stata fedele a tutti gli incontri come chi è venuta
anche una sola volta.
Gruppo “La Samaritana”: Graziella, Pinuccia, Rosanna G., Sandra, Fosca, Anna V., Nadia,
Rosanna C.
Gruppo “Maria di Magdala”: Luciana C. , Anna C.B., Rosarita, Luisa, Luigia, M. Pia D.
Gruppo “Rut e Noemi”: Tiziana, Licia, Roselda, Maria Pia B.
Gruppo “Agar”: Ivana, Laura, Regina, Luciana P., Ursula, Barbara, Lucia, Gianna, Adriana.
Loredana C
Gruppo “Miriam”: Loredana M., Luciana G., Alma, Giovanna, Maria Giulia B., Rosanna S.,
Piera, Paola, Daniela, Annamaria, Mgiulia B.Z.
Lentate sul Seveso 12 giugno 2011 Festa di Pentecoste
72
STARE INSIEME
Pregare insieme, ma anche chiacchierare, e ridere insieme;
scambiarsi piccoli servizi, leggere insieme libri interessanti,
trovarsi insieme cordialmente e seriamente allo stesso tempo,
essere talvolta in disaccordo ma senza animosità,
come capita spesso in sé stessi,
utilizzare questo disaccordo per meglio apprezzare l’accordo abituale.
Condividere e imparare gli uni dagli altri,
rattristarsi per gli assenti e rallegrarsi per chi arriva.
Di queste manifestazioni e di altre simili,
sbocciate dal cuore di quelli che si amano e si sollecitano a vicenda,
manifestazioni espresse con il volto,
la lingua, gli occhi, con gesti affettuosi,
farne la forza d’attrazione dove le anime si fondono
e di tante ne formano una sola.
Sant’Agostino
SOLO PER OGGI:
1. Cercherò di vivere alla giornata, senza voler risolvere i problemi della mia
vita tutti in una volta.
2. Avrò la massima cura del mio aspetto: vestirò con sobrietà, non alzerò la voce,
sarò cortese, non criticherò nessuno.
3. Sarò felice nella certezza che sono stato creato per essere felice.
4. Mi adatterò alla circostanze, senza pretendere che le circostanze si adattino ai
miei desideri.
5. Dedicherò dieci minuti del mio tempo a una buona lettura.
6. Compirò una buona azione e non lo dirò a nessuno.
7. Mi farò un programma, che forse non riuscirà a puntino, ma lo farò e mi
guarderò da due malanni: la fretta e l’indecisione.
8. Crederò fermamente, nonostante le apparenze, che la Provvidenza di Dio si
occupa di me come nessun altro esistente al mondo.
9. Farò una cosa che non desidero fare, e se mi sentirò offeso nei miei sentimenti,
farò in modo che nessuno se ne accorga.
10.Non avrò timori, in modo particolare non avrò paura di godere di ciò che è
bello e di credere alla bontà.
Posso ben fare per dodici ore ciò che mi sgomenterebbe se pensassi di doverlo
fare per tutta la vita.
A ciascun giorno basta il suo affanno.
Decalogo giornaliero di Giovanni XXIII
73
BIBLIOGRAFIA:
Testi guida
• La Bibbia di Gerusalemme o la TOB
• “Piccola guida alla Bibbia” di Sandro Gallazzi Ed. EMI
• “La formazione del popolo di Dio” da La tua Parola è vita
Ed. La Piccola Editrice
• “Fonte di acqua viva” di T. Frigerio e F. Tenero Ed. EMI
• “Guida alla Bibbia” di Giuliano Vigini Ed. Paoline
• “Per una terra”di Sandro Gallazzi Ed. Gabrielli
• “Atlante Biblico interdisciplinare” di Giacomo Perego
Ed. San Paolo.
• “Atlante della Bibbia” di Annemarie Ohler Ed. Queriniana
• “Storia d’Israele e di Giuda” di F. Castel Ed. Paoline
• “La formazione del popolo di Israele” schema preparato da Oscar M. utilizzando
le seguenti fonti: S.Gallazzi: “Per una terra”; T. Frigerio e F. Tenero: “Fonte di acqua viva”; A. R.
Ceresko: “Solleva lo sguardo”; spunti tratti da incontri biblici vari.
• LINEA DEL TEMPO che si trova in ogni Bibbia o in altri testi di
studio e di consultazione.
È possibile e auspicabile che ogni gruppo si costruisca la “sua”
Linea del Tempo secondo le necessità di studio.
• Altri testi e altre informazioni sono segnalate nei sussidi.
74
INDICE:
Pag
♦ Premessa
2
♦ Introduzione
3
♦ Conosciamo la Bibbia
8
♦ Metodo di lettura
15
♦ Il nome di Dio
25
♦ Accumulo e condivisione
31
♦ Il faraone, gli ebrei, le levatrici, Mosè
34
♦ La Pasqua
36
♦ La liberazione
42
♦ L’Alleanza - Le Dieci Parole
47
♦ La vita dono di Dio
51
♦ Il vitello d’oro
54
♦ I due Progetti
62
♦ La Terra Promessa: dono da condividere
64
♦ Assemblea di Sichem
68
♦ Conclusione
71
♦ Stare insieme e Solo per oggi
73
♦ Bibliografia
74
♦ Indice
75
75
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POPOLO DI DIO LIBRETTO COMPLETO