La forma dell’anima, metamorfosi della musica Forlì, Musei San Domenico, 17 giugno, ore 21 Progetto realizzato da Associazione musicale ‘Bruno Maderna’ Con il sostegno di Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì Con la collaborazione di Associazione ‘Amici dell’Arte’ Accademia pianistica ‘Incontri con il Maestro’ di Imola LA FORMA DELL’ANIMA, METAMORFOSI DELLA MUSICA O. Respighi, Quartetto per archi n. 3 in Re maggiore G. Mahler, Quartetto in la minore per pianoforte e archi Voce recitante: Daniela Piccari Curricula Si rigrazia la Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì per la concessione delle immagini proiettate nel corso della serata ‘LA MUSICA E LA POESIA’, 1920 Inchiostro e oro su pergamena; 195x195 mm|iscrizioni: in basso a destra ‘A. Wildt’|collezione privata PROGRAMMA Ottorino Respighi Quartetto per archi n. 3 in Re maggiore Allegro Tema con variazione Intermezzo (Allegretto) Finale (Allegro vicace) Gustav Mahler, Quartetto in la minore per pianoforte e archi Nicht zu schnell. Entschlossen _______________________ PAOLO CHIAVACCI, violino KATIA MATTIOLI, violino OLGA ARZILLI, viola SEBASTIANO SEVERI, violoncello CHIARA OPALIO, pianoforte DANIELA PICCARI, voce recitante Ottorino Respighi (1879 - 1936) Quartetto per archi n. 3 in Re maggiore Fra i compositori della generazione dell’Ottanta Respighi è l’unico che abbia raggiunto una solida fama nel repertorio internazionale. È stato un compositore e musicologo italiano, noto soprattutto come autore di poemi sinfonici. Veicolo di un vasto successo, pefino popolare, di pubblico furono i tre poemi sinfonici: Fontane di Roma (1916), Pini di Roma (1924) e Feste Romane (1928). Durante l’Ottocento era pressoché scomparsa la produzione di un apprezzabile repertorio di musica strumentale italiana. Già all’inizio del secola la grande tradizione della musica strumentale sembrava spezzata o comunque messa in ombra dalla classica scuola di Haydn, Mozart e Beethoven, che in questo campo aveva conquistato una posizione di predominio, virtualmente inespugnabile. Si può parlare invece di un autentico rinnovamento della musica strumentale italiana con l’affacciarsi alla ribalta, nei primi anni del Novecento, della cosiddetta ‘generazione dell’Ottanta’, formata da un gruppo di musicisti accomunati non soltanto da una vicinanza anagrafica - in quanto nati intorno al 1880 - ma anche dal medesimo obiettivo di riattivare la grande tradizione della musica strumentale italiana, dopo oltre un secolo di predominio assoluto del melodramma. Portabandiera del nuovo orientamento che investito la cultura musica italiana furono oltre al bolognese Ottorino Respighi, il parmense Ildebrando Pizzetti (1880-1968), il veneziano Gian Francesco Malipiero (1882-1973), ed il torinese Alfredo Casella (1883-1947). Scarsa documentazione è emersa circa i rapporti di Respighi col regime, e l’opinione prevalente al riguardo è stata ben riassunta in un profilo biografico di Daniele Spini. Respighi [...era] un compositore non certo in disgrazia presso il regime, e tantomeno in odore di eresia o di semplice fronda. Gli onori ricevuti - fra i quali l’elezione all’Accademia d’Italia, nel ‘32, le frequenti e importanti esecuzioni delle sue opere nei massimi teatri italiani, lo mostrano come un artista ufficialmente riconosciuto e consacrato, in questi primi anni Trenta [...]. Se tuttavia si chiede [...] di confrontare il suo atteggiamento verso il fascismo con quello degli altri protagonisti della musica italiana di quel periodo, c’è da dire che lui ne esce assai meglio di molti altri. Elsa [la vedova del compositore] sostiene - confortata in ciò dalla testimonianza di Claudio Guastalla [librettista e intimo amico di Respighi], abbastanza insospettabile in quanto ebreo, che Respighi non prese mai la tessera del PNF e questo in sé può non dir molto: ma certo non dimostra una speciale smania di adesione [...]. Non risultano a suo carico né l’accattonaggio di un Mascagni o di un Alfano, né le proteste sviscerate di devozione (con annesse richieste di soccorso) di un Pizzetti, né l’attivismo, certo animato da ottime intenzioni, di un Casella o di un Malipiero [...]. Può darsi, tuttavia, che Respighi non tentasse di rendersi gradito al regime perché era il solo compositore della sua generazione che il regime sosteneva anche senza riceverne richiesta. Sebbene Mussolinì accettasse il tributo degli altri, l’ascetismo musicale di Pizzetti, l’eccentricità di Malipiero e il cosmopolitismo di Casella non si armonizzavano coi principi bellicosi, conformisti e nazionalisti del fascismo. Il modernismo digestivo, l’abile e brillante tavolozza orchestrale e l’etnocentrisino dei più noti poemi sinfonici di Respighi era proprio ciò di cui il regime aveva bisogno per dimostrare che progressismo e fascismo erano alleati naturalí. Anche la relativa cautela di Respighi e - malgrado il manifesto di Toni - la sua mancanza di interesse per le dispute politico-estetiche, in cui il governo era chiamato a intervenire a sostegno dell’una o dell’altra fazione, erano caratteristiche che Mussolini poteva gradire. Di conseguenza, i fascisti gli spalancarono le porte prima ancora che lui bussasse. Il Quartetto per archi n. 3 in Re maggiore fu eseguito per la prima volta nel 1906. A Bologna, compì i suoi studi musicali nel Liceo Rossini. Federico Sarti per il violino, Giuseppe Martucci per la composizione gli furon maestri. Diplomatosi nel 1901, fece parte dapprima del Quintetto Mugellini, suonando la viola d’amore; giovanissimo ancora compose musica da camera e sinfonica, e tra questa, un Concerto per pianoforte e orchestra. Fu in Russia, dove studiò ancora con Rimsky-Korsakoff, e in Germania, dove, a Berlino, ebbe qualche lezione da Max Bruch. Dopo un periodo di tempo dedicato ai concerti venne nominato, nel 1913, insegnante di composizione nel Conservatorio di Santa Cecilia in Roma. Tenne questo posto fino al 1923; anno in cui fu nominato direttore del Conservatorio stesso. Si dimise nel 1925 per intraprendere un giro di concerti. I lavori giovanili di Respighi, tra i quali si può far rientrare il pezzo in programma questa sera, valgono da ricerca e sperimentazione di sé, attraverso forme, generi ed espressioni molto diverse, in vista di un linguaggio che sarà del tutto personale da Fontane di Roma, ultimate nel 1916. In essi, però, assieme a modi inevitabilmente eclettici e ad una sorta di multilinguismo, sono già segnati tre aspetti chiave dell’artista: primo, la predilezione per la musica strumentale e il sonatismo, come dimostrano la Sonata in Fa minore per pianoforte del 1897 dai ben filtrati echi chopiniani e schumanniani, un Doppio quartetto in Re minore per archi del 1900 (in realtà un Ottetto per archi), il Quintetto in Fa minore per pianoforte e archi (1902) e due Quartetti per archi, in Re maggiore (1904) e in Re minore (1909). Secondo aspetto, l’indirizzo, anzi la naturale inclinazione verso una tavolozza timbrica il cui colore personalissimo sarà un aspetto di punta del compositore. Il terzo aspetto è l’amore per l’ “antico”, amore che investirà le forme toccatistiche e concertanti (Toccata per pianoforte e orchestra, Concerto a cinque) o si rifarà al mondo tardorinascimentale-barocco nelle tre Suites di Antiche danze ed arie per liuto o negli Uccelli ma che intanto troviamo nella Suite per istrumenti ad arco del 1902 (la Siciliana con quella dolce malinconia del passato, una Burlesca tutta passaggi leggerissimi con l’arco e in pizzicato) o nel Concerto all’antica per violino (1908) dove l’ “Allegro” rimanda a Viotti e alla Scuola francese e l’ “Adagio” occhieggia Johann Sebastian Bach e Pietro Nardini. I lavori giovanili confermano quanto già si sapeva. Che il rapporto del musicista con la tradizione ossia con l’Ottocento è un vincolo naturale, di continuità anziché di opposizione o peggio di frattura, a differenza di altri musicisti della cosiddetta “Generazione dell’Ottanta”: Ildebrando Pizzetti, Gian Francesco Malipiero e Alfredo Casella. È questa la cifra storica e la realtà autentica del compositore. Gustav Mahler (1860 - 1911) Quartetto in la minore per pianoforte e archi Gustav Mahler dedicò tutta la propria vita artistica all’orchestra, il medium privilegiato per l’espressione della sua immaginazione sonora, sia come compositore sinfonico e liederistico, sia come direttore e interprete di successo. Da questo punto di vista, il Movimento di Quartetto (“Quartettsatz”) con pianoforte in la minore costituisce un unicum nella produzione mahleriana, che non comprende altre composizioni prettamente cameristiche. Il Quartetto, inoltre, ha un grande valore documentaristico, in quanto rappresenta una delle poche testimonianze che ci sono giunte del periodo in cui Mahler studiava al prestigioso Conservatorio della “Gesellschaft der Musikfreunde” di Vienna (dal 1875 al 1878). Al Conservatorio Mahler era iscritto ai corsi di pianoforte di Julius Epstein, di armonia e contrappunto di Robert Fuchs e di composizione di Franz Krenn. Dei tre pedagoghi fu forse Epstein ad avere maggiore influenza anche sullo studente di composizione, se non altro per avergli trasmesso l’interesse e la conoscenza di un certo tipo di repertorio pianistico e cameristico, in particolare di Schubert e Brahms. In quegli anni ebbero poi grande influenza, su tutti gli studenti di composizione, le esecuzioni della tarda produzione cameristica di Beethoven da parte del Quartetto Hellmesberger, il cui primo violino, Josef, era anche direttore del Conservatorio viennese. Tuttavia, nonostante un ambiente musicale indubbiamente stimolante, Mahler giudicò a posteriori insoddisfacente e incompleto il suo periodo di studi. Della produzione compositiva di quegli anni Mahler stesso salvava solo il movimento del Klavierquartett (del 1876) che venne subito apprezzato, tanto da meritare una esecuzione pubblica patrocinata dal violinista Hermann Gradener. Sul manoscritto del Quartetto, mai completato, è visibile il timbro dell’Editore Theodor Rattig, con il quale Mahler probabilmente entrò in contatto proprio negli, anni di studio al Conservatorio, quando, come membro del “Singverein” della “Gesellschaft der Musikfreunde”, poteva assistere alle prove dei Wiener Philharmoniker, comprese quelle per l’esecuzione della Terza Sinfonia di Bruckner, malamente recepita dagli stessi Filarmonici. In quella occasione l’editore Rattig si schierò apertamente dalla parte di Bruckner, commissionando a due suoi giovani sostenitori, Mahler e il suo collega di studi Krzyzanowski, la riduzione pianistica della Sinfonia. Si può forse ipotizzare che l’editore fosse interessato anche alle composizioni del giovane Mahler, il quale gli inviò curiosamente proprio il Movimento di Quartetto, piuttosto che un lavoro completo. Pur trattandosi di un lavoro giovanile frutto di un solo anno di studi di composizione, il Quartettsatz rivela una notevole padronanza di tecniche compositive. L’impianto di formasonata e l’interessante scrittura pianistica dimostrano la confidenza di Mahler col grande repertorio per pianoforte, da Beethoven a Schubert, Chopin, Schumann e Brahms. Ed è proprio l’influenza brahmsiana quella che si percepisce con chiarezza nel tema di apertura del movimento, lirico e ben equilibrato, mentre il secondo gruppo tematico viene presentato in una nuova area armonica segnata da un deciso cambiamento di tempo, tratto che diventerà distintivo nella successiva evoluzione dello stile compositivo mahleriano. La raffinata elaborazione tematica dello sviluppo rivela una notevole disinvoltura e in- ventiva ed uno stile già originale. Nella ripresa, riproponendo il cambiamento di tempo, Mahler introduce un’inaspettata escursione armonica nella tonalità di fa diesis minore, per poi giungere ad una melanconica conclusione, preceduta da una sorta di breve cadenza per violino. Il brano si presenta dunque particolarmente ricco di interessanti dettagli che infrangono le convenzioni classiche nel trattamento della forma e dell’armonia, tanto da anticipare il clima espressivo della prima produzione cameristica di Schönberg. CURRICULA PAOLO CHIAVACCI Ha studiato violino al Conservatorio «L. Cherubini» di Firenze dove si è diplomato nel 1984 con il massimo dei voti. Suoi insegnanti sono stati Sandro Materassi per il violino e Franco Rossi per la musica da camera; ha poi studiato con R. Zanettovich, S. Gherorgiu e A. Stern. È stato allievo del Quartetto di Tokyo all’Università di Yale negli Stati Uniti e del Quartetto Borodin. È membro fondatore del Quartetto Foné; in questa formazione ha vinto nel 1989 il primo premio al Concorso internazionale «G.B. Viotti» di Vercelli; nel dicembre 1991 ha ottenuto il secondo premio al Concorso internazionale per quartetto d’archi «D. Shostakovich» a San Pietroburgo; ha tenuto concerti per le maggiori istituzioni concertistiche in Italia (fra le altre Milano La Scala, Roma S. Cecilia, Venezia La Fenice, Firenze Amici della Musica, Napoli A. Scarlatti) e all’estero: in Svizzera, Austria, Germania, Israele, Francia, Spagna, Grecia, Stati Uniti, Canada e Giappone. Ha effettuato registrazioni per la Rai, l’Orf e la Rete televisiva canadese; ha realizzato Cd per la Ark e la Ermitage: fra questi il Quintetto di Schubert eseguito in collaborazione con Franco Rossi e il sestetto «Souvenir de Florence» di Ciaikowsky con Sadao Harada, violoncellista del Quartetto di Tokjo e Harald Schoneweg violista del Quartetto Cherubini. È insegnante di musica da camera presso il Conservatorio «B. Maderna» di Cesena; tiene inoltre corsi di perfezionamento di violino a Vinci e per l’Accademia Musicale di Firenze. Dall’anno della sua fondazione, è primo violino (spalla) dell’Orchestra Pistoiese Promusica. KATIA MATTIOLI Ha studiato violino al Conservatorio «G. B. Martini» di Bologna diplomandosi nel 1992 sotto la guida del Maestro W. Bignami. I suoi insegnanti sono stati E. Porta, D. Schwartzberg (Musik Hockschule di Vienna), D. Bogdanovitch e per la musica da camera F. Rossi, P. Farulli e A. Nannoni alla Scuola di Musica di Fiesole. Ha fondato il quartetto d’archi «Euphonia» con il quale ha ottenuto riconoscimenti al premio ‘Vittorio Veneto’, al premio ‘Schubert’ e nel 1997 l’Accademia Musicale Chigiana ha conferito al Quartetto Euphonia il ‘Diploma d’Onore’. Ha collaborato con enti lirici quali il Teatro Comunale di Bologna, il Teatro Carlo Felice di Genova, il Teatro Verdi di Trieste, l’Orchestra Filarmonica della Scala e con Orchestre sinfoniche quali ‘Simphonica Toscanini’ diretta dal M° L. Mazel, l’Orchestra Regionale Toscana, L’Orchestra del Teatro Regio di Parma, l’ Orchestra Internazionale d’Italia. Dal 1998 ricopre il ruolo di spalla dei secondi violini dell’Orchestra Camerata Strumentale Città di Prato, dell’ Orchestra Promusica di Pistoia, dell’ Orchestra d’Archi Italiana. Ha al suo attivo numerose incisioni in formazioni cameristiche con Taktus e Ermitage. È Vicepresidente dell’Associazione Musicale Bruna Ma- derna e spalla dei secondi violini dell’Orchestra Maderna. OLGA ARZILLI Ha studiato con Piero Farulli alla Scuola di Musica di Fiesole, dove ha frequentato anche i corsi di qualificazione professionale per orchestra e i corsi speciali per duo. Si è diplomata presso il Conservatorio a Firenze con il massimo dei voti, la lode e la menzione d’onore. Successivamente ha seguito i corsi di perfezionamento di quartetto e di viola tenuti da Piero Farulli e Yuri Bashmet all’Accademia Chigiana di Siena, conseguendo il diploma d’onore. Ha vinto il Concorso per Duo “Città di Vittorio Veneto” e il Max Rostal Competition di Berna. Nel 1993 è risultata finalista al Concorso ARD di Monaco di Baviera. Vincitrice del Concorso per prima Viola al Teatro Comunale di Firenze e al Teatro alla Scala di Milano, dopo una stagione al teatro milanese si è dedicata all’insegnamento e all’attività concertistica. È stata viola del Quartetto Sandro Materassi con il quale si è esibita nelle più importanti sale italiane. Ha suonato come solista con l’Orchestra Giovanile Italiana, con l’Orchestra della Comunità Europea, con la Wienerkammerorchester e con i Cameristi del Teatro alla Scala, dirette da P. Bellugi (Sinfonia Concertante di Mozart) e S. Accardo (Concerto di Bartòk). È titolare del corso di Quartetto di I° e II° livello presso il Conservatorio di Parma e docente del biennio specialistico di Viola presso il Conservatorio di Cesena. SEBASTIANO SEVERI Nato a Cesena nel 1975, ha intrapreso gli studi musicali all’età di sette anni con il Maestro Leonello Godoli. Grazie ad una borsa di studio ha studiato nel Collegio del Mondo Unito dell’Atlantico dal 1992 al 1994, dove ha proseguito gli studi liceali e musicali sotto la guida della violoncellista Sharon McKinley, avvicinandosi anche alla prassi esecutiva antica con la violinista rinascimentale Katherine Mackintosh e gli Eighteen Century Players. Collabora regolarmente con l’Orchestra Internazionale d’Italia, l’Orchestra Filarmonica Italiana, l’Orchestra Città di Ferrara, l’Orchestra Sinfonica dell’Emilia Romagna ‘A. Toscanini’, l’Orchestra Philarmonia Veneta, l’Orchestra da Camera Italiana, l’Orchestra Filarmonica della Scala, i Barocchisti di Lugano, la Bombay Chamber Orchestra, l’Orchestra Pro-Musica di Pistoia, l’Orchestra Symphonica d’Italia. Ha eseguito registrazioni per la ‘Radio Suisse Romande’, la ‘BBC’ gallese, e un dvd audio-video sui Trii per violino, violoncello e pianoforte di Haydn che ha inciso per la Rhona Classics insieme a S. Mullai e M. Palumbo. Col violoncello barocco collabora con Diego Fasolis e i Barocchisti di Lugano, Matteo Messori e la Cappella Augustana e in formazioni da camera col violoncellista Mauro Valli e il violista Gianni Maraldi. Suona un violoncello italiano di Anonimo della prima metà del ‘700 ed un violoncello Custode Marcucci anno 1897. CHIARA OPALIO Giovane pianista veneta, Chiara Opalio studia all’Accademia Internazionale ‘Incontri col Maestro’ di Imola dall’età di 11 anni, e si è formata alle scuole dei maestri Franco Scala, Boris Petrushansky, e attualmente ha iniziato un nuovo percorso artistico sotto la guida di Enrico Pace. Esibitasi in concerto per la prima volta a 4 anni e già come solista con l’orchestra a 11 anni, Chiara Opalio ha già all’attivo una lunga esperienza di attività concertistica, che la ha già vista esibirsi per alcune tra le più importanti sale da concerto italiane come l’Accademia Filarmonica Romana, la Sala Maffeiana di Verona, la ‘Fazioli Concert Hall’, la Sala Puccini del Conservatorio di Milano, il Teatro Olimpico di Vicenza, il Teatro Comunale di Vicenza, la Sala dei Giganti di Padova, ed ha anche tenuto una serie di recitals in Germania, Svizzera, Francia, Croazia, Slovenia, Inghilterra e nel Principato di Monaco dove ha riportato un lusinghiero e incoraggiante successo. Nata nel 1990 a Vittorio Veneto, Chiara Opalio ha iniziato a suonare il pianoforte all’età di 3 anni e mezzo studiando a Trieste con Giulia Linussio seguendo il metodo Suzuki, e ha proseguito gli studi con il Maestro Giorgio Lovato. Nell’aprile 2011 ha partecipato a IMS Prussia Cove, partecipando alle lezioni di Thomas Adès, David Waterman, Erich Hobarth e Andràs Schiff. Recentemente si è perfezionata all’Accademia Chigiana di Siena con Lylia Zilberstein. Nel settembre 2011 Chiara è risultata unica europea nei sei semifinalisti al ‘Clara Haskil Competition’ dopo una selezione di 94 partecipanti, e nel febbraio 2012 ha vinto il 1° Premio al Concorso Internazionale ‘Città di Padova’, suonando il Concerto di Schumann con l’Orchestra di Padova e del Veneto. DANIELA PICCARI Studia canto e si dedica alla musica classica, jazz e rock e a 18 anni inizia a lavorare come attrice. Nel 1980, laureata in lettere, si trasferisce in Danimarca per far parte del gruppo internazionale di teatro Farfa fondato da Iben Nagel Rasmussen e fa parte del Nordisk Teaterlaboratorium diretto da Eugenio Barba (Odin Teatret). Nel 1985 con l’attrice danese Tove Bornhoft fonda la compagnia Teater Rio Rose che dirige tuttora. Nel 1995, tornata in Italia, inizia la collaborazione con Accademia Perduta/Romagna teatri con lo spettacolo La Gazza Ladra. Turandot è l’opera per ragazzi successiva che rende stabile la partecipazione di Daniela Piccari alle produzioni di Accademia Perduta e inaugura l’ottima intesa lavorativa con l’attore Claudio Casadio che segnerà gli anni seguenti. Dal 2005, a Forlì, inizia in veste di docente il progetto triennale ‘Teatro in Corso’, una scuola teatrale in collaborazione con il polo scientifico-didattico di Forlì dell’Università di Bologna, la Fondazione della Cassa dei Risparmi di Forlì e Accademia Perduta/Romagna Teatri. Da gennaio 2009 è docente e coordinatrice del nuovo Biennio di Specializzazione in Discipline e Tecniche dello Spettacolo dal Vivo istituito a Forlì, presso la Fabbrica delle Candele, dall’Accademia di Belle Arti di Bologna.