QUADRO CONOSCITIVO E PIANO DEL PARCO: CRITERI E
CONTENUTI
SOMMARIO
1
QUADRO CONOSCITIVO E PIANO DEL PARCO: PREMESSA E STRUTTURA DEL
DOCUMENTO
1.1
6
ASPETTI GEOLOGICI - PREMESSA
7
1.1.1
RIFERIMENTI CARTOGRAFICI E GEOGRAFICI
9
1.1.2
SETTORE GEOLOGICO - GEOMORFOLOGICO
9
1.1.3
SETTORE IDROLOGIA E IDROGEOLOGIA
11
1.1.3.1
Bacini principali presenti all’interno della Riserva Naturale
11
1.1.3.2
Bacini minori presenti all’interno della Riserva Naturale
12
1.1.3.3
Bacini minori presenti all’esterno della Riserva Naturale
13
1.1.4
IDROGRAFIA SUPERFICIALE
13
1.1.5
SORGENTI E IDROGRAFIA SOTTERRANEA
13
1.1.6
CENNI DI IDROGEOLOGIA
14
1.1.7
FALDA FREATICA
15
1.1.8
FALDA PROFONDA
15
1.1.9
VULNERABILITÀ IDROGEOLOGICA
15
1.1.10
SISMICITÀ
16
1.1.10.1
1.2
Sismicità del sito in esame
ASPETTI FLORISTICO-VEGETAZIONALI
16
19
1.2.1
PAESAGGIO VEGETALE DEL COMPRENSORIO
19
1.2.2
ARCHIVIAZIONE DEI DATI E REALIZZAZIONE DELLE CARTOGRAFIE
21
1.2.3
ATLANTE DEGLI HABITAT NATURA 2000 PRESENTI NEL COMPRENSORIO DELLA RISERVA
21
1.2.3.1
Descrizione degli Habitat Natura 2000 presenti nel comprensorio (SIC e ZPS)
21
1.2.3.2
Elenco delle specie vegetali della flora vascolare rinvenute nel comprensorio
33
1.2.3.3
Status conservazionistico di alcune specie significative per il comprensorio
37
1.2.4
PRINCIPALI CRITICITÀ RISCONTRATE
41
1.2.4.1
Criticità Habitat Natura 2000
51
1.2.4.2
Scheda sinottica Minacce – Misure di Salvaguardia
54
1.2.4.3
Inadeguata perimetrazione della ZPS e della Riserva Naturale
56
1.2.5
ATTIVITÀ DI STUDIO/MONITORAGGIO E AZIONI GESTIONALI SU FLORA E VEGETAZIONE
58
1.2.6
BIBLIOGRAFIA CITATA E CONSULTATA
66
1.3
ASPETTI FAUNISTICI
68
1.3.1
FONTI DOCUMENTALI CONSULTATE
69
1.3.2
ARCHIVIAZIONE DEI DATI E REALIZZAZIONE DELLE CARTOGRAFIE
70
1.3.3
ANALISI DELLO STATO DI FATTO PER GRUPPI FAUNISTICI
70
1.3.3.1
Invertebrati
1.3.3.2
Pesci
73
1.3.3.3
Anfibi e Rettili
84
1.3.3.4
Uccelli
86
1.3.3.5
Mammiferi
1.3.4
1.3.4.1
70
89
PRINCIPALI CRITICITÀ RISCONTRATE
91
Utilizzo di diserbanti e pesticidi dannosi per gli ecosistemi acquatici e per le catene trofiche ad essi
associate 92
1.3.4.2
Riduzione delle aree di alimentazione/riproduzione per l’avifauna e la batracofauna
1.3.4.3
Gestione idraulica dei corsi d’acqua non attenta alle necessità di ordine naturalistico con ripercussioni su
96
diverse componenti faunistiche (Uccelli, Anfibi)
1.3.4.4
98
Riduzione degli habitat di sosta per l’avifauna migratrice costituiti dagli stagni temporanei, a seguito dei
livellamenti dei terreni ad uso agricolo
100
1.3.4.5
Conflitto/Fattore attrattivo tra attività di acquacoltura e presenza di Ardeidi
100
1.3.4.6
Disturbo legato alle attività ricreative (pesca sportiva, sorvolo degli specchi d’acqua) sulle comunità
ornitiche nidificanti e svernanti.
101
1.3.4.7
Presenza di elettrodotti con rischio di collisione ed elettrocuzione per l’avifauna
103
1.3.4.8
Insoddisfacente perimetrazione della ZPS e della Riserva Naturale
104
1.3.4.9
Presenza di specie alloctone
1.3.4.10
1.3.5
106
Danni causati dalla presenza del Cinghiale
107
AREE DI INTERESSE FAUNISTICO
111
1.3.6
ATTIVITÀ DI STUDIO/MONITORAGGIO SULLA FAUNA RITENUTE PRIORITARIE
114
1.3.7
ELENCO DEI PRINCIPALI INTERVENTI/AZIONI DI CONSERVAZIONE E GESTIONE DELLA FAUNA
RITENUTI NECESSARI
115
1.3.7.1
Azioni volte al ripristino, alla riqualificazione e all’ampliamento delle zone umide
1.3.7.2
Azioni volte alla gestione naturalistica dei corsi d’acqua naturali e artificiali
115
1.3.7.3
Azioni volte alla conservazione e al ripristino degli stagni temporanei residui
116
1.3.7.4
Azioni volte ad attenuare/eliminare il conflitto tra le attività di acquacoltura e la presenza di Ardeidi 116
1.3.7.5
Azioni volte a mitigare gli effetti del disturbo sulla fauna indotto da alcune attività ricreative.
1.3.7.6
Riduzione del rischio di elettrocuzione e collisione di avifauna con gli elettrodotti di Media Tensione e di
115
116
Alta Tensione presenti nella Riserva.
1.3.7.7
117
Predisposizione di specifiche iniziative e programmi volti a ridurre/eliminare l’impatto generato dalle
specie aliene sugli habitat e le specie autoctone.
117
1.3.7.8
Interventi diretti volti al contenimento delle popolazioni di Cinghiale all’interno della Riserva Naturale.
1.3.7.9
Interventi diretti volti a favorire la presenza di specie di Anfibi.
118
1.3.7.10
quanto previsto dal Piano d’Azione Nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari (PAN).
119
1.3.7.11
121
1.3.8
1.4
119
Interventi volti a ridurre l’impatto dei prodotti fitosanitari sugli ecosistemi acquatici, in accordo con
Adeguamento della perimetrazione della ZPS e della Riserva Naturale
BIBLIOGRAFIA CITATA E CONSULTATA
ASPETTI RELATIVI ALL’AGRICOLTURA
1.4.1
L’AGRICOLTURA NELLA RISERVA
124
130
131
1.4.2
LA BASE PRODUTTIVA E L’USO DEL SUOLO
131
1.4.3
IL SETTORE AGRICOLO NEI COMUNI DELLA RISERVA.
131
1.4.4
L’USO DEL SUOLO
136
1.4.5
LE FILIERE AGRICOLE
138
1.4.6
I FENOMENI INNOVATIVI LEGATI AL SETTORE AGRICOLO
1.5
TURISMO, SERVIZI, INFRASTRUTTURE
1.5.1
142
1.5.1.1
Il paesaggio delle acque da Terenzio Varrone al Gran Tour.
1.5.1.2
L’evoluzione geomorfologica del territorio
150
1.5.1.3
Una storia importante
152
1.5.2
1.5.2.1
1.5.2.2
1.5.3
CARATTERISTICHE E POTENZIALITA’ TURISTICHE
Il contesto territoriale
Il turismo nella Riserva naturale dei Laghi Lungo e Ripasottile
SERVIZI E INFRASTRUTTURE
144
159
159
161
174
1.5.3.1
Strutture e servizi della Riserva naturale
174
1.5.3.2
Sentieri Natura, percorsi e itinerari
175
1.5.3.3
Strutture e servizi per l’accoglienza turistica
178
1.5.4
PROPOSTE E CRITICITA’ PER UNA GESTIONE ECO-SOSTENIBILE
179
1.5.5
BIBLIOGRAFIA E DOCUMENTAZIONE UTILIZZATA
183
1.6
LA STORIA DEL TERRITORIO
1.6.1
2
INTRODUZIONE
140
142
CARATTERI STORICO-AMBIENTALI
PIANO DEL PARCO: CRITERI E CONTENUTI
184
184
212
2.1
INTRODUZIONE
212
2.2
IL PIANO DEL PARCO
213
2.3
QUADRO DI RIFERIMENTO
214
2.3.1
ASPETTI GENERALI
214
2.3.2
LE PRINCIPALI NORME DI RIFERIMENTO
215
2.3.2.1
Convenzioni internazionali di riferimento
215
2.3.2.2
Altri documenti finalizzati alla gestione dei Siti Natura 2000
215
2.3.2.3
Normativa Nazionale
215
2.3.2.4
Normativa Regionale
216
2.3.2.5
Ulteriori disposizioni
217
Piano del parco e pianificazione sovraordinata
220
2.3.2.6
2.3.3
RISERVA NATURALE REGIONALE, SITI DI INTERESSE COMUNITARIO (S.I.C.) E ZONA DI
PROTEZIONE SPECIALE (Z.P.S.)
2.4
222
2.3.3.1
Criteri e contenuti dei Piani di Gestione dei S.I.C. e delle Z.P.S.
2.3.3.2
Il Piano di Gestione del SIC/ZPS IT6020011
226
2.3.3.3
Percorso metodologico del Piano
226
224
I RAPPORTI CON IL TERRITORIO ESTERNO E IL SISTEMA DELLE AREE PROTETTE REGIONALE, LA
CREAZIONE DI UNA "RETE ECOLOGICA".
227
2.5
CONFINI DEL PARCO NATURALE E DELLE AREE CONTIGUE
229
2.6
CRITERI DI PIANIFICAZIONE E PERCORSO METODOLOGICO
234
2.6.1
FASE DELLE ANALISI
234
2.6.2
FASE DELLA VALUTAZIONE E SINTESI
235
2.7
IL PAESAGGIO COME STRUMENTO DI SINTESI DELLA PIANIFICAZIONE
237
2.8
ELABORATI PROPEDEUTICI ALLA ZONIZZAZIONE
240
2.8.1
TIPOLOGIE E ELEMENTI PERCETTIVI DEL PAESAGGIO
240
2.9
IDONEITÀ DEGLI AREALI E DISTRIBUZIONE SPECIE FAUNISTICHE DI INTERESSE COMUNITARIO
242
2.10
I SISTEMI TERRITORIALI E LE PROPOSTE
242
2.11
LA SINTESI DEL SISTEMA AMBIENTALE
242
2.12
LA SINTESI DEL SISTEMA ANTROPICO
243
2.13
LE PROPOSTE DI ZONIZZAZIONE
243
2.14
IL MODELLO E LE STRUTTURE DI FRUIZIONE
244
2.15
VIABILITÀ E ACCESSI
244
2.15.1
SENTIERI E CIRCUITI DI VISITA
245
2.15.2
IPOTESI DI RIORGANIZZAZIONE
246
2.15.3
ALTRE ATTREZZATURE DI FRUIZIONE
246
2.15.3.1
Porte della riserva
2.15.3.2
Centri Visita e Musei
247
2.15.3.3
Punti di interpretazione del paesaggio
248
2.15.3.4
Strutture ricettive
248
246
SETTEMBRE 2014
1
QUADRO CONOSCITIVO E PIANO DEL PARCO: PREMESSA E STRUTTURA DEL
DOCUMENTO
La presente relazione completa il lavoro di redazione del Piano del Parco (PdP) della Riserva naturale
Laghi Lungo e Ripasottile, ed illustra la metodologia di redazione, i criteri e i contenuti degli elaborati
prodotti.
Nell’articolazione del Piano, sia nella fase degli studi e delle ricerche che nella fase di sintesi
conclusiva, è stato seguito un metodo di lavoro finalizzato a garantire da una parte un criterio di
massima collegialità e coinvolgimento di tutti i settori anche nella fase finale delle scelte di
pianificazione, e dall’altra la completa rispondenza ai criteri e direttive fissati sia dalle leggi principali
di riferimento, (la L.N. 394/1991 e la L.R. 29/1997), sia dai documenti di orientamento emanati al
riguardo dalla Regione Lazio, in particolare le “Linee guida per la redazione dei Piani delle aree
protette regionali”, approvati con Delibera G.R. n°765 del 2004. L’articolazione del Piano, come
anche i suoi contenuti, sono pertanto uniformati alla metodologia indicata, e ad esplicitare con
riferimenti e modelli concreti il percorso teorico “analisi-valutazione-progetto” fissato dalle citate
Linee Guida.
Un’attenzione particolare, nell’elaborazione del modello di Piano e del metodo di lavoro, è stato
riservato alla verifica, recepimento e confronto con la pianificazione paesistica operante, ovvero i
Piani Paesistici ed il recente Piano Territoriale Paesistico regionale, strumenti che dettano le norme e
le cautele per la salvaguardia del paesaggio e dei beni naturali e storici in esso contenuti, e
costituiscono il riferimento ed il livello minimo di tutela da garantire sul territorio del Parco.
La medesima attenzione è stata infine riservata al Piano di Gestione redatto dalla Riserva Naturale
con la collaborazione dell’Agenzia Regionale per i Parchi, per il SIC e la ZPS ricadenti nel suo territorio
ed inclusi nell’area protetta regionale.
Nella redazione del Piano del Parco, si è ritenuto pertanto di dover completare il percorso del Piano
di Gestione, inserendo accorgimenti e contenuti idonei a configurarlo anche come il terminale
ultimo delle cautele e delle misure di conservazione previste dal suddetto Piano di Gestione.
Questo metodo di lavoro, e la collegialità con la quale si è proceduto, con il consenso di tutti gli
incaricati, ha fatto sì che i diversi contributi tematici abbiano assunto un grande valore propositivo e
siano di fatto entrati a far parte integrante del momento finale di sintesi e pianificazione, uscendo
quindi dal più riduttivo ruolo di “indagine di base” nel quale sono troppo spesso relegati, e entrando
invece a pieno titolo nel percorso propositivo e decisionale che costituisce la fase finale della
pianificazione.
La seguente relazione riporta dunque dapprima i risultati degli studi e delle ricerche di settore, e
nella seconda parte la puntuale illustrazione del poercorso di pianificazione seguito e l’illustrazione
delle varie fasi e dei prodotti del lavoro del gruppo.
Tutti gli incaricati, sentono il dovere di ringraziare il Commissario della Riserva Naturale, il Direttore,
l’Ufficio Tecnico, gli Uffici Amministrativi e i Guardiaparco della Riserva Naturale, i Sindaci e le
Amministrazioni dei comuni interessati, che in diversa misura hanno tutti contribuito al buon esito
del lavoro svolto.
Si ringraziano infine i funzionari della Direzione Regionale Infrastrutture, Ambiente e Politiche
Abitative, Aree Parchi e Riserve Naturali e Valutazione Impatto Ambientale, e i funzionari dell’ARP ,
che hanno seguito la redazione del Piano durante tutto il percorso fornendo sostegno, assistenza, e
un prezioso contributo di idee ed esperienza.
1.1
ASPETTI GEOLOGICI - PREMESSA
Contornata dalla cerchia dei monti Sabini e dei monti Reatini, la Riserva Naturale dei Laghi Lungo e
Ripasottile occupa il settore NE della Piana Reatina su un’area di circa 40 Kmq (fig.1).
Fig.1 - Inquadramento geografico dell’area della Riserva.
All’interno della Riserva sono presenti i Laghi di Ripasottile, il Lago Lungo, il Lago di Fogliano, i quali
insieme al Lago di Ventina e l’attuale Lago di Piediluco, sono un residuo dell’antico Lago Velino che
sin dall’era quaternaria occupava la pianura reatina, essendosi formato per un’ostruzione calcarea
alle Marmore, causata dai depositi del Velino le cui acque sono ricche di idrati e carbonati di calcio
(fig2).
Il Duprè Theseider distingue, nella vita del Lago, due fasi: una “preistorica” e una “storica”. La prima,
corrispondente al periodo di massima ampiezza del Lago, occupava le terre della pianura reatina fino
al livello di m. 378/80, ed è durata dalla costituzione dello sbarramento calcareo alle Marmore, fino
ad un momento imprecisato in cui le acque del Velino, aprendosi un varco verso il Nera, causarono
un primo svuotamento del bacino, dando vita al Lago Velino “storico” che, alto fino alla isoipsa di m.
375, durò sino a quando Curio Dentato, nel 272 a.C., non operò il primo taglio delle Marmore.
Fig.2 – I laghi reatini nella carta del Bleau del 1649.
Questo “nuovo” Lago, costituito in buona parte, soprattutto nell’agro reatino, da vasti
impaludamenti, avrebbe derivato il nome da “velia”, nome che nell’antica lingua italica significava,
appunto, palude o acquitrinio, secondo quanto scrive Dionigi d’Alicarnasso.
Nell’agro reatino il Lago era alimentato, oltre che da numerosi fossi e torrenti, dai fiumi Velino,
Turano e S. Susanna (quest’ultimo nella fase di massima ampiezza del Lago non si era ancora
formato).
Emergevano dalle acque, come isole, gli attuali Colle S. Pastore, Montecchio, Montisola, Colle S.
Balduino, Colle Torretta, Colle di Murovecchio e Reopasto.
Dall’agro reatino il Lago Velino si estendeva oltre l’isola di Reopasto, lungo l’attuale valle, fino a
Marmore. All’altezza dell’attuale Piedimoggio iniziava il braccio di Ventina che arrivava fin sotto il
Colle Restano.
Dal Piano di Canale, il Lago Velino si estendeva nel territorio di Piediluco, con una forma non dissimile
da quella attuale: a Valle Prata e a Ponticelli si insinuavano due bracci fin sotto le relative colline,
l’attuale Tenuta, la cosiddetta Bandita, e le zone di Cornello e Capulozza erano interamente ricoperte
dalle acque da cui emergeva il Colle di Grugliano.
Non c’era quella continuità, come alcuni immaginano, tra il Lago di Ventina e il Lago di Piediluco, che
avrebbe trasformato il complesso collinoso costituito dal Monte Caperno, Monte Maro, Monte
Restano e Monte Castellone in un’unica grande isola.
Nel 290 a.C. con la vittoria di Sentino sulla Lega ltalica, i Romani, messa fine alle guerre sannitiche
che con alterne vicende si protraevano da 53 anni, si annettevano anche il territorio reatino.
Secondo la tradizione, Manlio Curio Dentato, per la terza volta console nel 272 a.C., bonificò le paludi
veline aprendo un canale alle Marmore, originando così una grandiosa cascata ‘artificialÈ con un
salto di oltre centosessanta metri. Ciò produsse l’abbassamento delle acque e la perdita di continuità
tra il Lago di Piediluco e i Laghi di Rieti.
1.1.1
RIFERIMENTI CARTOGRAFICI E GEOGRAFICI
L’area oggetto di studio è inserito nelle Tavolette II S.E. “Rieti”, II NO “Contigliano”, II NO “Greccio”, II
NE “Cantalice, I SO “Labro e I SE “Poggio Bustone” del Foglio n°138 della Carta d’Italia IGM in scala
1:25.000.
Nella Carta Tecnica Regionale l’area è compresa nelle sezioni: 347050 (Piè di Moggio), 347060
(Labro), 347070 (Poggio Bustone), 347090 (M.Lupara), 347100 (Lago di Ripa Sottile), 347100
(Cantalice), 347140 (Contigliano), 347150 (Rieti Nord). Le coordinate geografiche (sistema ED 50) del
sito di interesse sono le seguenti: Lat 42.47338° e Long 12.84076° (Baricentro dell’area della
riserva). La quota media dell’area della Riserva Naturale è di 380m slm.
1.1.2
SETTORE GEOLOGICO - GEOMORFOLOGICO
La piana reatina si sviluppa a N e a NO dell’abitato di Rieti con una superficie di circa 90 kmq. L’area è
delimitata a N e a E dalle propaggini occidentali del gruppo montuoso del Terminillo, a O e a S dai
versanti orientali della catena dei Monti Sabini.
All’interno della piana s’individuano alcuni rilievi collinari (Montecchio 481 m s.l.m., Colle Terria 404
m s.l.m., Colle S. Pastore 412 m s.l.m., Montisola 428 m s.l.m.), allineati in direzione N-S, che dividono
longitudinalmente la pianura in due aree di differente estensione.
Nel settore NO sono presenti due laghi (Lago Lungo e Lago di Ripasottile) di limitata profondità,
residuo del lago reatino i cui depositi colmano l’attuale pianura.
La piana reatina, disposta con un asse N-NO e S-SE alla confluenza dei Fiumi Velino, Salto e Turano
costituisce una depressione caratterizzata da un’evoluzione tettonica recente, colmata
prevalentemente da sedimenti continentali di età plio-quaternaria di circa 500 m di spessore
massimo (MANFREDINI, 1972; COSENTINO et alii, 1991; CICCOLELLA et alii, 1993), con termini
conglomeratici più antichi e limoso-argillosi più recenti. La deposizione all’interno del bacino,
bordato da alti strutturali caratterizzati da formazioni marine calcaree e marnose di facies umbra, di
età triassico-eocenica, è stata guidata dall’attività del sistema di faglie (BARBERI & CAVINATO, 1993)
che ne delimitavano il margine orientale. In particolare, in località San Gregorio e Castelfranco, tra la
vasta piana alluvionale ad O e i rilievi del gruppo del M. Terminillo ad E, affiorano sedimenti lacustri
ghiaioso-sabbiosi con intercalazioni argillose.
L’area in studio è bordata dai terreni della successione sabina e di transizione (CIVITELLI et alii, 1986;
CORDA & MARIOTTI, 1986; COSENTINO & PAROTTO, 1986; GALLUZZO & SANTANTONIO, 2002). Si
tratta di una successione di termini calcareo-silico-marnosi interessata a vari livelli da notevoli
quantità di materiale detritico, anche grossolano, qualitativamente e quantitativamente variabili
spostandosi dalle zone più prossime alla piattaforma carbonatica laziale-abruzzese verso le aree
interne del bacino. In particolare, marne, calcari marnosi e calcari con selce, afferenti alle formazioni
della “Corniola”, “Rosso Ammonitico”, “Maiolica” e “Scaglia” sono presenti prevalentemente sul
bordo occidentale e nord-orientale della piana. A NE e ad E della Piana Reatina tali litotipi sono
sovrapposti a depositi calcarei, talora dolomitici con tracce di carsificazione, afferenti alla formazione
del “calcare massiccio”.
Nel settore della Piana Reatina ricorrono varie superfici tettoniche, tra cui l’evidente superficie di
sovrascorrimento che rappresenta una linea tettonica d’importanza regionale (COSENTINO et alii,
1991; COSENTINO & PAROTTO, 1986) la quale, con andamento meridiano, decorre dal margine
occidentale della conca reatina proseguendo sia a N sia a S con una pendenza variabile ed
immersione verso ovest. L’area in studio è stata sottoposta ad un’intensa tettonica traslativa
(MANGANELLI & FARAMONDI, 1990) e successivamente ad una fase di tettonica distensiva di età
plio-quaternaria (SERVA & SALVINI, 1972; SALVINI & VITTORI, 1982; CAVINATO & TOZZI, 1986) (fig.3).
Riguardo alla genesi della Piana Reatina, è stato evidenziato il ruolo fondamentale svolto dalla
tettonica, prima compressiva e poi distensiva, per la formazione di una struttura riconducibile a
quella di un semigraben, di cui il sistema di faglie N160 rilevato sul suo margine orientale costituisce
la master fault (ACCORDI & CARBONE, 1986; CAVINATO et alii, 1989; COSENTINO et alii, 1991),
riempito da sedimenti villafranchiani di facies di conoide alluvionale e di facies fluviale e lacustre che
indicano un reticolo idrografico ed una paleogeografia diversi dall’attuale (BARBERI & CAVINATO,
1993; FERRELI et alii, 1993; BRUNAMONTE et alii, 1994; GUERRIERI et alii, 2004).
L’attuale assetto della piana reatina risale invece al Pleistocene medio a seguito di nuovi eventi
tettonici distensivi orientati N-S e la cui master fault è posizionabile in corrispondenza del margine
occidentale del bacino villafranchiano (MICHETTI et alii, 1993; BRUNAMONTE et alii, 1994; GUERRIERI
et alii, 2004). Almeno dal Pleistocene medio fino all’Olocene l’evoluzione geomorfologica della Piana
Reatina è stata controllata dallo sviluppo lungo la valle del Fiume Velino di sbarramenti naturali di
travertino, i più importanti dei quali si rinvengono nelle località Marmore, alla confluenza del F.
Velino con il F. Nera che avviene con una cascata di 160 m di dislivello, e nella località Tre Strade
(oggi Quattro Strade). Il progressivo innalzamento di detti sbarramenti, protrattosi durante il periodo
storico (LEGGIO & SERVA, 1991) ha determinato, a monte, la formazione di bacini fluvio-lacustri e
palustri più o meno estesi, nei quali sono stati riconosciuti i resti di cinque ordini di depositi terrazzati
disposti rispettivamente a circa 520, 500, 480, 440, 420 m s.l.m. (CARRARA et alii, 1993; CARRARA et
alii, 1995; SOLIGO et alii, 2002) incisi nei terreni villafranchiani e post-villafranchiani. In detti bacini
sono stati deposti sedimenti sabbioso-limoso-calcarei interdigitati con travertini stromatolitici e
fitoermali (FERRERI, 1985; CARRARA et alii, 1995).
Dall’epoca romana in poi l’evoluzione geomorfologia della piana è stata legata all’attività antropica
che determinò condizioni di sovralluvionamento del Fiume Velino alternate a fasi di erosione.
La bonifica pressoché totale dell’area è stata raggiunta negli anni trenta con la costruzione delle
dighe sui fiumi Salto e Turano.
La morfologia dei luoghi è caratterizzata da un’ampia zona alluvionale in cui si snoda, con andamento
meandriforme, il corso del Fiume Velino ad Ovest ed il Canale di Santa Susanna sia ad Est che a
Settentrione. Nella porzione Nord questi due corsi d’acqua convergono in prossimità delle pendici di
Monte Rotondo (553 m s.l.m.) e poi, il Fiume Velino, prosegue il suo corso in direzione W-WNW.
Geomorfologicamente è un’area prevalentemente pianeggiante la cui monotonia è interrotta da una
serie di piccoli rilievi come Montecchio, Colle San Pastore, Colle San Balduino, Montisola, che si
elevano massimo 100 metri sulla quota della piana e da due zone depresse occupate dai laghi Lungo
e Ripasottile.
Fig.3 - Inquadramento geologico-strutturale dell’area della Riserva.
1.1.3
1.1.3.1
SETTORE IDROLOGIA E IDROGEOLOGIA
Bacini principali presenti all’interno della Riserva Naturale
All’interno della Riserva Naturale sono presenti due bacini principali: Lago Lungo o di Cantalice e Lago
di Ripasottile.
Questi sono posti in comunicazione dal canale di Vergara che consente al primo di confluire sul
secondo, dove è attiva un'idrovora che ne abbassa costantemente il livello alla quota 369 m slm, 2
metri al di sotto del livello naturale.
Il lago di Ripasottile è situato nella parte settentrionale della pianura reatina ad occidente del lago di
Cantalice, da cui dista in linea d’aria (dalla sponda settentrionale della Volta all’imbocco del fosso
Vargara, emissario del lago di Cantalice), appena 1,350 m., e a mezzodì delle ridenti colline di Labro,
ricoperte di uliveti e di vigneti. Ha una forma rettangolare, ma è quasi diviso in due bacini da una
penisoletta che si protende dalla sponda meridionale e rispecchia nelle tranquille acque del lago una
rigogliosa vegetazione costituita prevalentemente da pioppi del Canadà e da salici.
Il suo perimetro è di circa 5.2 km e profondità massima 7.50m. Le quote nell’intorno del lago sono
comprese tra 368 e 372 m slm, mentre i terreni che si rinvengono nell’intorno del bacino sono
riferibili a depositi olocenici palustri e lacustri costituiti da limi, argille e torbe.
Nell’angolo di nordest una stretta lingua di terra, che si protende verso la foce del fiume di S.
Susanna, divide quasi dal resto del lago un piccolo specchio d’acqua a forma di sacco che vien
chiamato dai pescatori la Volta e fa parte, come ho già detto del territorio del comune di Rivodutri.
Dipende dal lago di Ripasottile un altro piccolo lago, presso la Casa Rossa, che viene chiamato Lama
della Casa. Di recente il Lago o Lama di Casa Rossa e la Lama La Volta sono stati inseriti nel
CATALOGO 2011 DEI SINKHOLES DEL LAZIO: luoghi vincolati dal punto di vista naturalistico e di
particolare pregio geologico, ambientale ed idrogeologico, all’interno dei quali sono presenti
Sinkholes.
Il lago ha un solo immissario: il Fiume S.Susanna (settore N del lago), mentre l’emissario è il
Fiumarone (settore NE del Lago), a sua volta immissario in destra idrografica del F.Velino.
Il bacino anche chiamato Lago di Cantalice, insieme al Lago di Ripasottile, costituisce il residuo della
Palude Velina, il quale sul finire dell’epoca glaciale, occupava tutta la Piana di Rieti. Il bacino, oltre al
lago principale è costituito da due specchi lacustri, tutti connessi tra loro: Pozzo o Lametta (NW dal
lago principale), Lago Stretto (S dal lago principale). Dal Lago Lungo dipendono più o meno
direttamente altri due piccoli bacini o lame: Lago di Fogliano (a S) e del Lago di Vottone (a NE). Di
recente il Lago di Fogliano, il Pozzo o Lametta e il Lago Stretto sono stati inseriti nel CATALOGO 2011
DEI SINKHOLES DEL LAZIO: luoghi vincolati dal punto di vista naturalistico e di particolare pregio
geologico, ambientale ed idrogeologico, all’interno dei quali sono presenti Sinkholes.
Il perimetro del Lago Lungo è di circa 6 Km e profondità massima 7.25m. Le quote nell’intorno del
lago sono comprese tra 370 e 374 m slm, mentre i terreni che si rinvengono nell’intorno del bacino
sono riferibili a depositi olocenici palustri e lacustri costituiti da limi, argille e torbe. Il lago ha due
principali immissari posti a sud del bacino: il Fosso di S.Liberato e il Fosso di Capodacqua o Vallone di
Cantalice, mentre l’emissario è il Fosso Vargara che esce dal bacino Lametta (settore NW del Lago);
presso il Ponte Crispolti si unisce al Fiume S.Susanna, immissario del Lago di Ripa Sottile. Di recente il
Lago di Fogliano, il Pozzo o Lametta e il Lago Stretto sono stati inseriti nel CATALOGO 2011 DEI
SINKHOLES DEL LAZIO: luoghi vincolati dal punto di vista naturalistico e di particolare pregio
geologico, ambientale ed idrogeologico, all’interno dei quali sono presenti Sinkholes.
1.1.3.2
Bacini minori presenti all’interno della Riserva Naturale
Il bacino anche chiamato Lama di S.Balduino, si colloca alle pendici orientali del Colle omonimo; è
posto circa 600m a sud dal Lago di Ripa Sottile, i quali sono collegati tramite canalizzazioni artificiali.
Le quote nell’intorno del lago sono comprese tra 367 e 370 m slm, mentre i terreni che si rinvengono
nell’intorno del bacino sono riferibili a depositi olocenici palustri e lacustri costituiti da limi, argille e
torbe. Di recente il Lago di Comunaletto è stato inserito nel CATALOGO 2011 DEI SINKHOLES DEL
LAZIO: luoghi vincolati dal punto di vista naturalistico e di particolare pregio geologico, ambientale ed
idrogeologico, all’interno dei quali sono presenti Sinkholes.
Detto anche Lago di Vuotone o Lama Votone, si colloca a NE del Lago Lungo a circa 300 m. Ha una
forma rettangolare e un perimetro di 750 m circa. Nelle carte risulta avente un emissario, mentre ne
è privo. I terreni sono prevalentemente sedimenti fluvio-lacustri il cui strato superficiale rappresenta
il più recente colmamento della pianura; lo strato sottostante, pleistocenico, è costituito da
conglomerati poligenici intercalati da sabbie e sabbie argillose.
Di recente il Lago Vottone è stato inserito nel CATALOGO 2011 DEI SINKHOLES DEL LAZIO: luoghi
vincolati dal punto di vista naturalistico e di particolare pregio geologico, ambientale ed
idrogeologico, all’interno dei quali sono presenti Sinkholes.
1.1.3.3
Bacini minori presenti all’esterno della Riserva Naturale
Il lago di Ventina è un piccolo specchio d'acqua dalla forma allungata con modesta profondità 3-4
metri circa, situato in una valletta in provincia di Rieti, compresa fra l'abitato di Colli Sul Velino e il
grande lago di Piediluco ubicato in Umbria nella provincia di Terni (circa 6 km NW dal Lago di Ripa
Sottile). Rappresenta uno degli ultimi resti sopravvissuti alle bonifiche, cominciate in epoca romana,
del Lacus Velinus. Il bacino si raccoglie in una sinclinale di calcare argilloso del quale sono composti i
colli che racchiudono il lago di Piediluco, il quale è diviso da quello di Ventina da calcari cretacei.
Questa sinclinale è formata dalle boscose pendici meridionali del M. Maro e del M. Restano a nord, e
dalle pendici settentrionali dei colli di Labro (M.Lungo) a sud.
Il Lago di Ventina, è alimentato dalle acque meteoriche e da quelle di sorgenti poste nella riva
meridionale, ma non ha un ricambio idrico sostenuto e pertanto è più sensibile a forme varie di
inquinamento. Non esiste un emissario naturale, ma una forma o canale che lo unisce al Fiume
Velino. Le quote nell’intorno del lago sono comprese tra 370 e 365 m slm.
1.1.4
IDROGRAFIA SUPERFICIALE
L’idrografia superficiale è condizionata dal fiume Velino, collettore principale dell’area.
Il pattern del reticolo idrografico è di tipo sub-dendritico, si riconosce infatti nel disegno un certo
controllo tettonico e/o strutturale ad orientazione N-S ed E-W dell’aste principali.
Il Fiume Velino, dopo aver percorso circa 90km dalla sorgente, attraversa la Piana Reatina in
direzione N con ripetuti e stretti meandri delimitando il settore occidentale della Riserva Naturale.
L’asta fluviale è incrementata dalle acque di alcune cospicue manifestazioni sorgentizie (Cantaro,
S.Liberato, Vicenna Riara, S.Susanna) e dai fiumi Salto, Turano, Canera, Fiume ed Canale S.Susanna ed
altri corsi d’acqua minori.
Da segnalare, sono le acque sorgive del S.Susanna che si snodano per circa 7 chilometri
attraversando i Comuni di Rivodutri e di Colli Sul Velino, fino ad immettersi nel fiume Velino. Negli
anni 1930-1940 furono realizzate le opere di bonifica della Piana, che diedero definitivamente
l’attuale configurazione geografica con il convogliamento delle copiose acque della sorgente S.
Susanna nel fiume Velino attraverso un canale artificiale.
1.1.5
SORGENTI E IDROGRAFIA SOTTERRANEA
La struttura idrogeologica della Piana riceve contributi di acque sotterranee prevalentemente dal
settore orientale, tramite travasi non quantificati, provenienti dalla struttura idrogeologica dei Monti
Reatini e determinati dal ridotto contrasto di permeabilità tra gli acquiferi carbonatici e i depositi
detritici e di conoide.
Nella Piana Reatina sgorgano diverse sorgenti che possono suddividersi in 2 gruppi:
- sorgenti di portata modeste, poste generalmente a quota superiore a quella della piana, prive di
rapporti diretti con l’idrogeologia della Piana Reatina;
- sorgenti periferiche pedemontane con portata cospicua che influenzano l’idrogeologia della Piana
in modo più o meno diretto: S.Susanna, S.Liberato, Vicenna Riara.
L’andamento della circolazione idrica sotterranea si caratterizza per una morfologia che, dai rilievi,
converge verso la piana. Studi recenti confermano l’esistenza di assi di drenaggio diretti, nel settore
orientale, da Cantalice verso la sorgente di Vicenna Riara ed in quello nordorientale, dalla sorgente S.
Susanna verso il Lago Lungo. Nel bordo occidentale della piana, gli apporti sotterranei dalla dorsale
carbonatica sono limitati e non esistono sorgenti basali di importanza regionale: la direzione di flusso
è, in ogni caso, verso la piana.
La falda freatica nella piana è in equilibrio dinamico con i corsi d’acqua che la solcano, il Velino e gli
affluenti, Salto e Turano, con i quali vi è scambio di discreti quantitativi idrici, di entità variabile nel
tempo e nello spazio.
Le direttrici di flusso ed i punti di recapito delle falde sono condizionati dalla presenza di sistemi di
faglie dirette plio-quaternarie ai bordi della piana: la localizzazione, infatti, delle sorgenti di S.
Susanna e delle Canapine è in prossimità della zona di incrocio della faglia bordiera orientale con
quella settentrionale, a contatto con le strutture idrogeologiche altamente produttive appartenenti
alla struttura dei Monti Reatini.
Le sorgenti di S.Susanna si trovano alla base dei M.ti Reatini in loc.Piè di Colle (comune di Rivodutri),
che con una portata di 5.5 mc/s, rappresentano una delle sorgenti più grandi d’Europa. Una notevole
percentuale della portata della sorgente, si infiltra in una conoide sepolta, degradante verso S,
alimentando numerose polle che affiorano in corrispondenza del lato occidentale della conoide e,
alimentando la falda freatica della Piana reatina. È considerata una delle emergenze
dell’idrostruttura denominata Sistema del M.te Terminillo e dichiarata Monumento Naturale nel
1977. Le acque della sorgente traboccano in corrispondenza del punto più basso della linea di
contatto fra la maiolica a monte e le sovrastanti marne a fucoidi a valle; il piano di contatto è
orientato localmente in direzione N, con immersione W. Le acque sorgive, con una temperatura
costante di 10° gradi, scorrono per circa 7Km e danno origine al Fiume S.Susanna che si getta nel
Lago di Ripasottile con numerose sorgive che si aggiungono al nascente fiume e il Canale artificiale di
S.Susanna, nel Fiume Velino. L’area di assorbimento del bacino idrico sotterraneo della sorgente, non
facilmente delimitabile nella sua totalità, dovrebbe estendersi notevolmente in direzione N per oltre
una ventina di chilometri su una larghezza varabile da 3 a 8 km circa.
L’area di ricarica della sorgente si estende, verso nord, per oltre una ventina di chilometri, con una
larghezza variabile dai tre agli otto chilometri fino alle falde del Monte Terminillo, il rilievo più alto
dei Monti Reatini.
Studi anche recenti hanno mostrato che una notevole quantità delle acque della Santa Susanna si
infiltra in una conoide sepolta, e va ad alimentare, lungo un asse preferenziale di drenaggio,
numerose sorgenti della piana poste più sud: le sorgenti Canapine e Vicenna Riara.
Inoltre, è stato ipotizzato che un’ulteriore quantità di acqua si disperde nei depositi recenti della
piana, alimentandone la falda freatica che affiora a livello del lago Lungo e del lago di Ripasottile.
1.1.6
CENNI DI IDROGEOLOGIA
I complessi idrogeologici riconosciuti per l’area della Riserva Naturale sono: il Complesso dei depositi
alluvionali e lacustri indifferenziati della Piana Reatina (Olocene), il Complesso dei depositi detritici
(Pleistocene-Olocene) e il Complesso fluvio-lacustre conglomeratico sabbioso (Pliocene sup.Pleistocene).
Il Complesso dei depositi alluvionali è costituito da alternanze di sedimenti a granulometria variabile
dalla ghiaia all’argilla, con prevalenza delle frazioni fini e con frequenti intercalazioni di livelli torbosi
nerastri e localmente livelli travertinosi. Lo spessore è variabile in funzione dell’articolazione del
substrato (massimo 200 m). Costituisce un aquitard, presentando nel complesso una bassa
permeabilità, ad eccezione delle intercalazioni ghiaiose, sede di falde alimentate prevalentemente
tramite travasi sotterranei. Il complesso ospita falde libere e in pressione di estensione ed
importanza variabile in relazione con lo spessore, la litologia e la geometria del deposito. Infiltrazione
efficace: estremamente limitata. Grado di permeabilità relativa: scarso.
Il Complesso dei depositi detritici comprende i detriti di falda e di versante e le conoidi alluvionali
antichi e recenti, talvolta cementati, e le coperture eluvio-colluviali. Nelle conoidi, la frazione
grossolana (ghiaie calcaree e silicee) prevale nella zona apicale, mentre nella zona distale è
prevalente la frazione sabbioso-limosa. La componente eluvio-colluviale è a principale granulometria
sabbioso-limosa con inclusi clastici centimetrici. Affiora nelle zone di raccordo tra i rilievi e le aree
depresse, dove può raggiungere spessori di qualche decina di metri. Dotato di discreta permeabilità,
può ospitare falde a deflusso sotterraneo rapido e di rilevanza locale, principalmente per travaso
dagli acquiferi carbonatici. Laddove i detriti sono sostenuti da un substrato a bassa permeabilità,
ospitano falde idriche di interesse locale, che alimentano sorgenti poste alla periferia del deposito
detritico o acquiferi contigui. Le sorgenti connesse a questo complesso presentano in genere regime
variabile, con minimi marcati nella stagione non piovosa. Infiltrazione efficace: variabile tra 200 e 400
mm/anno. Grado di permeabilità relativa: medio.
Il Complesso fluvio-lacustre conglomeratico-sabbioso è costituito conglomerati cementati in banchi
con intercalazioni di marne e argille sabbiose, di facies salmastra e lacustre, di spessore variabile da
qualche decina di metri ad oltre un centinaio di metri. È costituito da clasti provenienti dal
disfacimento della catena carbonatica e dai depositi terrigeni sinorogenici. Ha caratteri idrogeologici
variabili a causa della eterogeneità dei sedimenti; contiene falde anche produttive.
1.1.7
FALDA FREATICA
I depositi fluvio-lacustri che ricoprono la Piana Reatina con uno spessore medio di 80m circa, sono
costituiti da limi argillosi e sabbiosi con intercalazioni lentiformi a granulometria grossolana; tali
deposti caratterizzati da media e bassa permeabilità sono sede di falda freatica.
Questa digrada da S verso N con una pendenza intorno allo 0.2% ed è alimentata dal Fiume Velino,
dal Fiume Turano e anche dalle acque delle sorgenti S.Susanna, S.Liberato, Vicenna Riara, che si
infiltrano nella copertura fluvio-lacustre tramite le rispettive conoidi di deiezione.
Nel settore della pianura in destra del Velino, la falda è richiamata verso il Lago di Ripasottile.
La profondità della falda al di sotto del piano campagna oscilla tra 1e 2 m nei periodi di morbida e fra
2 e 4 m nei periodi di magra.
1.1.8
FALDA PROFONDA
Dal punto di vista dell’idrogeologia profonda, la Piana Reatina, può suddividersi in due zone distinte,
allungate in direzione N:
- zona comprendente le fasce occidentale e centrale, nelle quali al di sotto della copertura fluviolacustre (alcune decine di metri di spessore), si trovano le formazioni pre-plioceniche di facies umbra.
- zona comprendente la fascia orientale, nella quale sotto la copertura fluvio-lacustre dello spessore
inferiore a 100m, si trovano depositi lacustri argillosi di potenza maggiore di 400m.
Per la prima, la falda si aggira intorno a 50-100m, mentre per la seconda, si devono raggiungere
profondità maggiori di 400m.
1.1.9
VULNERABILITÀ IDROGEOLOGICA
Un’analisi di studio del territorio della Riserva Naturale si è basata sulla consultazione del “Progetto
di Piano Stralcio di Assetto Idrogeologico” (PAI) redatto dall’Autorità di Bacino del Fiume Tevere.
Il PAI è uno strumento tecnico–amministrativo di base finalizzato ad una corretta gestione del
territorio in materia di difesa idrogeologica ed ambientale.
Il Piano ha previsto la realizzazione di un “Inventario dei fenomeni franosi” con la perimetrazione dei
corpi di frana attraverso l’interpretazione fotogeologica multiscalare e multitemporale.
In generale l’inventario costituisce un livello di attenzione di probabile dissesto che dovrà essere
verificato sul terreno sulla base di indagini mirate.
Dal punto di vista della stabilità geomorfologica si evidenziano alcuni dissesti gravitativi classificati
attivi e quiescenti che interessano prevalentemente i settori immediatamente esterni all’area della
Riserva Naturale.
Da segnalare nel settore Nord, la presenza di aree adibite a terreni agricoli soggette a fenomeni
franosi tipo soliflusso e reptazione.
Nel settore estremo NW della Riserva si segnalano invece zone soggette a frane non cartografabili
(piccole dimensioni) e/o soggette a caduta massi.
Relativamente all'assetto idraulico il P.A.I. persegue, attraverso le norme d'uso del territorio e la
programmazione delle relative azioni, l'obiettivo di conservare, difendere e valorizzare il suolo, sulla
base delle caratteristiche fisiche ed ambientali del territorio interessato, garantendo al territorio del
bacino del fiume Tevere un livello di sicurezza idraulica adeguato rispetto agli eventi storici e
probabili.
Per il settore d’interesse sono state individuate aree di pericolosità idraulica e zone di rischio lungo il
reticolo principale e secondario (escludendo ovviamente le aree collinari che bordano la conca e i
piccoli rilievi presenti all’interno della Riserva Naturale).
In particolare gran parte del territorio della Riserva Naturale, ricade all’interno di aree a rischio
esondazione, comprese nelle fasce fluviali A, B e C:
- fascia A, per la sua vicinanza al corso d‘acqua, è caratterizzata dalla massima pericolosità ed è
definita dal limite delle aree di esondazione diretta della piena di riferimento con Tr 50.
- fascia B è compresa tra il limite delle aree di esondazione diretta ed indiretta delle piene con Tr 50 e
Tr 200.
- fascia C comprende le porzioni di territorio inondabili comprese tra le piene con Tr 200 e Tr 500 e le
aree marginali della piena con Tr 200.
1.1.10 SISMICITÀ
1.1.10.1 Sismicità del sito in esame
È stata effettuata una ricerca degli eventi di magnitudo M >5 occorsi in un arco temporale compreso
tra l’anno 217 A.C. ed il 2002 D.C. all’interno di un’area circolare di raggio pari a 30 km con centro sul
lotto oggetto di studio, di coordinate geografiche (WGS84): LAT: 42.472° LONG: 12.839°
La ricerca è stata eseguita utilizzando il catalogo parametrico dei terremoti italiani C.P.T.I.04,
disponibile in rete.
dove:
N = Numero d’ordine; Tr = Tipo di record; Anno, Me, Gi, Or, Mi, Se = Tempo origine; AE =
Denominazione dell’area dei massimi effetti; Rt = Codice dell’elaborato di riferimento; Np = Numero
dei punti di intensità; Imx = Intensità massima; Io = Intensità epicentrale; Lat, Lon = Localizzazione
epicentrale; Maw = Magnitudo momento.
I risultati ottenuti dalla ricerca indicano la presenza di 46 terremoti storici; le intensità massime
osservate (I0=9-10 MCS) corrispondono con i terremoti più antichi con epicentro individuati nell’area
del Reatino nel -76, 1298, 1898, a Piediluco nel 1785, in Sabina nel -174, nell’Aquilano nel 1073, ad
Antrodoco nel 1961.
L’analisi della sismicità intesa come distribuzione spazio-temporale dei terremoti avvenuti nel tempo
in una determinata area costituisce il primo tassello negli studi di valutazione della pericolosità
sismica di base.
Infatti trattandosi di modelli probabilistici, le caratteristiche sismotettoniche e le modalità di rilascio
dell’energia sismica nel passato consentono la messa a punto di modelli che descrivano l’attività
sismica futura e dunque permettono di stimare i livelli di accelerazione attesi.
Secondo la zonazione sismogenetica ZS9 - che individua aree omogenee caratterizzate da sorgenti in
grado di generare terremoti e da una distribuzione spaziale uniforme degli eventi sismici (per zona
sismogenetica si intende la presenza di strutture geologiche in grado di generare terremoti, le
cosiddette “faglie capaci”) - il territorio della Riserva Naturale è posto nella zona sismogenetica ZS920
(fig.4).
Zonazione sismogenetica ZS9
da “Rapporto conclusivo del Gruppo di lavoro per la
redazione della Mappa di pericolosità sismica” INGV
Questa sismo-zona coincide con il settore in distensione tirrenica, caratterizzata da una sismicità di
bassa energia che sporadicamente raggiunge valori di magnitudo relativamente elevati.
Il valore di magnitudo massima MWmax attesa, per la zona 920 della zonazione sismogenetica ZS9,
è pari a 4.83.
1.2
1.2.1
ASPETTI FLORISTICO-VEGETAZIONALI
PAESAGGIO VEGETALE DEL COMPRENSORIO
Il territorio compreso all’interno della Riserva Naturale Regionale “Laghi Lungo e Ripasottile”
racchiude a tutt’oggi valori floristici e vegetazionali di valore elevatissimo. La storia delle
trasformazioni del paesaggio legato alla millenaria frequentazione di questi territori da parte
dell’uomo ha plasmato il paesaggio attraverso la messa in opera di interventi che hanno, in tempi
diversi e con azioni a diverso grado di impatto, definitivamente cambiato l’aspetto della Piana.
L’intero dominio perialveale e planiziale, dominato dagli espandimenti del Velino e dal ristagno delle
acque provenienti dalle numerose sorgenti pedemontane alla base del massiccio del Monte
Terminillo (vd. sorgente di S. Susanna), in passato è stato sottoposto a regimazione delle acque,
stravolgendo i gradienti idrici e sottraendo alle comunità vegetali originarie spazi utili al loro
accantonamento. Inoltre tale operazione ingegneristica, pur avendo reso disponibile un maggior
spazio utile all’agricoltura, ha indotto un disequilibrio idrologico e idrochimico con inevitabili
ripercussioni sui processi di autoregolazione delle comunità biotiche presenti in loco, tale da indurre
al sistema mutevoli strategie di adattamento, senza purtroppo mai giungere ad un equilibrio stabile
dell’ecosistema fluvio-palustre riconducibile alla condizioni iniziale (pre-interventi di bonifica).
Le forme di vegetazione caratterizzanti gli Habitat presenti nella Pian dei Laghi Reatini, possono
essere considerate rappresentative di tutte le tappe della serie di vegetazione locale, dagli ambienti
acquatici a quelli palustri con vegetazione da erbacea a arborea, e per tale ragione ancora più
preziose ai fini della conservazione del paesaggio, della flora e vegetazione umida locale.
L’importanza poi dal punto di vista naturalistico ed ecologico è evidente e innegabile, trattandosi di
forme di vegetazione al di fuori del loro ambito eco-geografico di pertinenza (si tratta perlopiù di una
vegetazione a carattere centro-europeo) e per tale ragione più vulnerabile e a maggior rischio di
estinzione. Non di secondaria importanza è poi la considerazione che proprio per l’estrema rarità in
territorio peninsulare, queste forme di vegetazione, valori irrinunciabili per la conservazione di
testimonianze di un paesaggio vegetale in via di scomparsa, sono di difficile identificazione e
descrizione e necessitano ad oggi il maggior sforzo della comunità scientifica e civile per la loro
salvaguardia e conservazione.
Valga ad esempio di ciò, la presenza nel territorio in esame di forme di vegetazione ascrivibili al
codice 7210* (Cladium mariscus, Peucedanum palustre) osservate da Pedrotti e Orsomando
nell’ambito degli studi relativi alla realizzazione del “Progetto ENEL” per l’utilizzazione del Lago di
Ripasottile e del Lago Lungo (Pedrotti E., Orsomando E., 1980)1.
Questo comprensorio ricade storicamente nei territori del Lacus velinus del periodo storico e
preistorico e quindi alle residuali-relittuali forme di vegetazione oggi lì rifugiate, rende di estrema
urgenza attuare forme di gestione specifiche e tutela integrate su scala territoriale che comprendano
tutti gli ambienti umidi caratterizzanti l’unità idromorfologica costituita dalle piane alluvionali, le
sorgenti, gli specchi lacustri e i corsi d’acqua compresi tra i territori de il lago di Piediluco, Ventina,
Lungo e Ripasottile, il Fiume Velino e la Piana di San Vittorino. Le aree su citate, sono “isole” che
hanno in comune un cospicuo numero di specie a carattere di estrema rarità e di interesse come
relitti biogeografici, che rendono necessario lo sviluppo di connessioni naturali, in ambito di strategie
per la conservazione, per il loro mantenimento. Ciò impone la necessità che venga loro assicurata la
1
PEDROTTI F. - ORSOMANDO E. 1980 - Studio sulla flora e sulla vegetazione della piana di Rieti in relazione al “Progetto ENEL” di
utilizzazione del Lago di Ripasottile e del Lago Lungo. Camerino
sopravvivenza attraverso l’attuazione di programmi di gestione e monitoraggio coerenti ed omogenei
in un’ottica di rete (Piani Integrati). Solo attraverso azioni coordinate sul territorio si può giungere
infatti alla formulazione di strategie gestionali che consentano il mantenimento di questa flora
rarissima e ormai ridotta al limite dell’estinzione locale, dovuto quasi esclusivamente da pressioni
antropiche incontrollate e inappropriata gestione del biotopo.
In particolar modo l’area oggetto del redigendo Piano rappresenta un elemento nodale per la
distribuzione e sopravvivenza di specie palustri (i.e. Carex paniculata) che sono in via di rarefazione
estrema mancando localmente siti idonei per il loro accantonamento. I drenaggi, le bonifiche e
l’agricoltura intensiva hanno colpito infatti proprio i sistemi ambientali più adatti per la loro crescita
(paludi, pantani, ristagni stagionali con forti escursioni di livello) rendendo vieppiù necessario il
ricorso alla creazione di stazioni accessorie anche rispetto al loro naturale occorrere nel paesaggio
vegetale naturale.
Dell’originario assetto di un esteso mosaico di zone palustri e corpi d’acqua non rimangono perciò
oggi che frammenti isolati impoveriti sia in termini floristici che di struttura della vegetazione la cui
conservazione è obiettivo primario e irrinunciabile di qualsiasi programmazione volta alla
conservazione del patrimonio naturale del territorio regionale e nazionale.
In relazione alla Legge Regionale n. 94 del 17 giugno 1985, pubblicata nel B.U.R.L. n° 20 del 10 luglio
1985, con cui la Regione Lazio istituisce La “Riserva parziale naturale dei Laghi Lungo e Ripasottile”
(estesa circa 3.300 ha), viste le attuali condizioni ambientali in cui grava il biotpo dei Laghi Reatini che
sarà necessario al più presto attuare e aggiornare strategie necessarie per una pianificazione idonea
alla sopravvivenza di tali ecosistemi.
Proprio nell’ambito delle analisi tematiche per la realizzazione del Piano d’assetto del sito, sono stati
realizzati sopralluoghi nell’area al fine di identificare lio stato di salute delle formazioni vegetazionali
presenti e sono state valutate tutte le componenti documentali esistenti in campo floristicovegetazionale del territorio, al fine di definire una quadro sinottico delle problematiche esistenti.
Da una stesura classica del documento di analisi floristico-vegetazionale dell’area, sono state
identificate specifiche comunità vegetazionali, che successivamente sono state inserite all’interno
dell’apparato nomenclaturale Natura 2000 (“Habitat Natura 2000”). Tale operazione si è resa
necessaria in quanto l’area protetta ricade nel sito Natura 2000 ZPS IT6020011 e in un più ampio
sistema di corridoi ecologico-funzionali della Rete Ecologica Nazionale e/o Regionale (R.Eco.R.d.
Lazio, 2010/2012). Pertanto come considerato nella Direttiva comunitaria 92/43/CEE all’art. 11, che
prevede in suddette aree il monitoraggio dello stato di conservazione degli habitat e delle specie
della flora e della fauna di importanza comunitaria indicati negli allegati, sono stati identificati gli
Habitat Natura 2000 presenti in loco e valutato lo stato di conservazione degli stessi. In aggiunta a ciò
viene altresì previsto dall’articolo 3 del DPR n. 357 del 08/09/97, che recepisce l’articolo 11 della
Direttiva Habitat, che le Regioni dovranno svolgere le attività di monitoraggio anche nelle aree di
collegamento ecologico funzionale che rivestono importanza primaria per la fauna e la flora
selvatiche e che costituiscono elementi essenziali della Rete Ecologica Nazionale e/o Regionale.
Pertanto si è analizzata la connessione della suddetto bitotpo con ambiti ecologicamente affini, che
definiscano un ambito ecologico funzionale unificato lungo una direttrice (corridoio) che nel caso
della Riserva dei Laghi è il Fiume Velino.
In sintesi, nel documento di analisi, sono state documentate le criticità esistenti, la valutazione delle
attuali norme se sufficienti alla salvaguardia dei sistemi ambientali fluvio-palustri e definito specifiche
misure/azioni necessarie a risolvere alcune problematiche emerse dalle analisi di dettaglio
effettuate.
1.2.2
ARCHIVIAZIONE DEI DATI E REALIZZAZIONE DELLE CARTOGRAFIE
Tutti i dati raccolti nell’ambito del presente documento sono stati archiviati all’interno di un
geodabase in formato.dbf, utilizzato in ambiente Gis. I temi sono stati realizzati in formato
shapefile.shp e georiferiti nel sistema UTM 33 sferoide INT1909 ED (European Datum) 1950, come
richiesto dalle Linee Guida Regionali (DGR 6 agosto 2004, n. 765.Legge regionale 6 ottobre 1997, n.
29 «Norme in materia di aree naturali protette regionali» e successive modifiche ed integrazioni.
Approvazione delle Linee Guide per la redazione dei Piani delle aree naturali protette regionali).
Sono quindi state prodotte 2 carte tematiche di analisi:
Carta della Vegetazione – scala 1:10.000
Carte degli Habitat Natura 2000 – scala 1:10.000
1.2.3
ATLANTE DEGLI HABITAT NATURA 2000 PRESENTI NEL COMPRENSORIO DELLA RISERVA
Di seguito viene presentate una descrizione sintetica dei risultati ottenuti dalle ricerche floristicovegetazionali nel territorio in esame. La descrizione della componente vegetazionale viene
presentata nell’accezione delle codifiche nomenclaturali previste dalla Direttiva “Habitat Natura
2000” e relativo codice CORINE BIOTOPOES. Così da rendere la lettura delle informazioni floristicovegetazionali, condivisibili con i strumenti di gestione e pianificatori, esistenti in termini di legge,
delle aree protette nazionali (vd. D.L. n.394/91, D.P.R. n.357/97 e L.R. 06 Ottobre 1997, n. 29).
1.2.3.1
Descrizione degli Habitat Natura 2000 presenti nel comprensorio (SIC e ZPS)
3150 LAGHI EUTROFICI
HYDROCHARITION
NATURALI
CON
VEGETAZIONE
DEL
MAGNOPOTAMION
O
Codice CORINE Biotopes
22.13 - Eutrophic waters
22.41 - Free-floating vegetation - Lemnion minoris (Hydrocharition)
22.421 - Large pondweed bed – Magnopotamion
Codice EUNIS
C1.3 - Permanent eutrophic lakes, ponds and pools
Frase diagnostica dell’habitat in Italia
Habitat lacustri, palustri e di acque stagnanti eutrofiche ricche di basi con vegetazione dulciacquicola
idrofitica azonale, sommersa o natante, flottante o radicante, ad ampia distribuzione, riferibile alle
classi Lemnetea e Potametea.
Descrizione dell’Habitat nel sito
Si tratta delle superfici dei laghi principali (Ripasottile, Lungo e il Lago di Ventina esterno alla riserva
ma in area contigua) e delle porzioni ad acque ferme di lame, fossi e canali di drenaggio presenti sulla
Piana. Potenzialmente, tutti i corpi d’acqua a lento corso sono in grado di ospitare le forme di
vegetazione caratterizzanti l’Habitat, nella realtà il grado di alterazione fisica, fisico-chimica e chimica
delle acque rende pressoché ovunque inospitale il mezzo alla sopravvivenza delle specie più sensibili.
L’attuale popolamento vegetale idrofitico dei corpi d’acqua maggiori è infatti limitato alla presenza di
Lemna trisulca, Nuphar luteum, Utricularia vulgaris (specie “di rilievo” segnalate per il comprensorio),
Lemna minor, Najas marina (che costruisce le zolle flottanti e che attualmente costituisce l’idrofita
dominante nel lago di Ripasottile), Nymphaea alba.
Lo stato di conservazione dell’Habitat evidenzia segni di degrado a carico delle formazioni
vegetazionali idrofitiche verosimilmente dovuti ad una alterazione della qualità delle acque. La
presenza quasi esclusiva di Najas nelle acque del Lago di Ripasottile, parla infatti a favore di una
salinizzazione delle acque. Salinità che, se pur deve aver sempre caratterizzato localmente alcune
venute a giorno d’acqua per motivi legati alle caratteristiche geologiche, geodinamiche, litologiche e
idrologiche locali, ha indotto, in conseguenza della fase moderna di accentuazione e concentrazione
del fenomeno per ragioni presumibilmente antropiche, all’esclusione di tutte le altre specie
acquatiche non alo-tolleranti. Popolamenti di idrofite caratteristiche di acque fresche ed ossigenate
si trovano nel lago a ridosso dell’entrata del canale che rappresenta ciò che sopravvive dell’alveo
dell’ex Fiumarone. Qui, infatti, si estendono cuscini flottanti di Callitriche cfr. palustris in acque che si
mantengono limpide (a differenza del resto del corpo d’acqua) fino a circa 4 metri dal punto di
immissione del canale.
Figura 1 - Aspetto dell’Habitat 3150: sponda del Lago Lungo con la fascia costiera caratterizzata
dall’estensione di zattere galleggianti di popolazioni di Nuphar luteum e Nymphaea alba
L’evidente impoverimento floristico e di complessità di struttura suggerisce la necessità di intervenire
con urgenza sulla salvaguardia dell’integrità del mezzo (vale a dire di tutti i corpi d’acqua, dalle
sorgenti, ai bacini a i corsi e i fossi) in modo tale da assicurare condizioni ambientali in grado di
sostenere la persistenza di popolazioni vitali delle specie caratterizzanti l’Habitat consentendo anche
alle specie che attualmente si sono ritirate in stazioni rifugiali (presso sorgenti o canali di deflusso) di
ricolonizzare spontaneamente spazi idonei alla loro sopravvivenza.
3240 FIUMI ALPINI CON VEGETAZIONE RIPARIA LEGNOSA A SALIX ELEAGNOS
Codice CORINE Biotopes
24.224 - Gravel bank thickets and woods
44.112 - Pre-Alpine willow and sea-buckthorn brush
Codice EUNIS
F9.11 - Thickets of Salix sp. mountain river
Frase diagnostica dell’habitat in Italia
Formazioni arboreo-arbustive pioniere di salici di greto che si sviluppano sui greti ghiaioso-sabbiosi di
fiumi con regime torrentizio e con sensibili variazioni del livello della falda nel corso dell'anno. Tali
salici pionieri, con diverse entità tra le quali Salix eleagnos è considerata la specie guida, sono sempre
prevalenti sulle altre specie arboree che si insediano in fasi più mature. Tra gli arbusti, l’olivello
spinoso (Hippophae rhamnoides) è il più caratteristico indicatore di questo habitat. Lo strato erbaceo
è spesso poco rappresentato e raramente significativo. Queste formazioni hanno la capacità di
sopportare sia periodi di sovralluvionamento che fenomeni siccitosi.
Descrizione dell’Habitat nel sito
L’Habitat, nonostante la denominazione faccia riferimento a connotati geografici extra-appenninici, è
stato indicato come presente sul territorio della Regione Lazio, e più specificatamente nel sito
d’indagine, per designare porzioni di vegetazione spondicola caratteristica dei tratti superiori dei
corsi d’acqua, dove sia possibile rinvenire popolazioni di salice ripaiolo (Salix eleagnos), alberello
policormico adattato a sopravvivere in condizioni di disturbo meccanico lungo le sponde dei fiumi
con velocità di corrente elevata. La preferenza per substrati ghiaiosi e ciottolosi ha limitato di molto
la diffusione della specie lungo gli alvei dei piccoli corsi appenninici, le cui portate di solito esigue non
agiscono attraverso il trasporto solido di clasti di dimensione elevata, trattandosi il più delle volte di
alvei con substrato fangoso. In Appennino, la specie trova siti di accantonamento nei tratti iniziali dei
fiumi montani dove il suo collocamento ha significato spesso relitto poiché rappresentativo di una
distribuzione che ha conosciuto la massima espansione in periodi del postglaciale in cui
l’approvvigionamento idrico doveva essere più ricco dell’attuale. Nel comprensorio d’indagine, si
trova uno dei popolamenti eterotopici a S. eleagnos più depressi in termini di quota dell’Italia
peninsulare, lungo il tratto iniziale a ridosso delle sorgenti del fosso di S Susanna, dove la sede del
fosso ripercorre l’alveo originario. Qui, la velocità della corrente opera una cassazione dei sedimenti
conferendo ai depositi alveali caratteristiche tali da consentire lo sviluppo di S. eleagnos. Lungo il
restante corso del fosso di S. Susanna, spesso sottoposto a rimaneggiamento per operazioni di
“ripulitura” delle sponde con taglio e asportazione di materiale vegetale, la specie non si presenta
più. In tal senso la specie localmente mostra di avere scarse capacità colonizzative e di dispersione
(nonostante sia potenzialmente in grado di produrre ricacci vigorosi anche da frammenti radicali)
nelle condizioni ambientali di substrato e regime idrico imposte dalla regimazione delle acque e dalla
ripetitiva manomissione delle sponde.
Figura 2 - Habitat 3240: individuo di Salix eleagnos presente lungo il fosso presso le sorgenti di Santa
Susanna
Al fine di salvaguardare gli ultimi isolati individui (sottoposti a stress tali da connotare la specie come
a rischio di estinzione locale) è necessario provvedere ad assicurarne la conservazione e l’integrità
attraverso l’attuazione di forme di tutela localissime e dedicate. Va effettuato un rilievo di dettaglio
di tutti gli individui presenti e le sponde in cui la specie viene rinvenuta vanno sottratte a qualsiasi
forma di manomissione distruttiva o di disturbo operata ad esempio con sfalci e tagli.
3140 ACQUE OLIGOMESOTROFE CALCAREE CON VEGETAZIONE BENTICA DI CHARA SPP.
Codice CORINE Biotopes
22.12 - Acque mesotrofiche
22.441 - Tappeti di Chara
Codice EUNIS
C1.14 / C1.25 - Charophyte submerged carpets in oligotrophic waterbodies
Frase diagnostica dell’habitat in Italia
L’habitat include distese d’acqua dolce di varie dimensioni e profondità, grandi laghi come piccole
raccolte d'acqua a carattere permanente o temporaneo, site in pianura come in montagna, nelle
quali le Caroficee costituiscono popolazioni esclusive, più raramente mescolate con fanerogame. Le
acque sono generalmente oligomesotrofiche, calcaree, povere di fosfati (ai quali le Caroficee sono in
genere molto sensibili). Le Caroficee tendono a formare praterie dense sulle rive come in profondità,
le specie di maggiori dimensioni occupando le parti più profonde e quelle più piccole le fasce presso
le rive.
Descrizione dell’Habitat nel sito
Si tratta di piccoli lembi di vegetazione acquatica sommersa presente su fondali in presenza di acque
limpide e fresche o in corrispondenza di venute a giorno d’acqua. Ad oggi non è stato possibile
identificare nel comprensorio d’indagine alcun popolamento caratterizzato da questa forma di
vegetazione che doveva aver avuto originariamente stazioni di accantonamento in ambiente
fontinale e sul fondo dei laghi e delle lame principali, nelle porzioni in cui la superficie non fosse
completamente coperta da vegetazione galleggiante.
Per la loro sopravvivenza, le alghe Characee che caratterizzano l’Habitat necessitano di acque
calcaree oligo-mesotrofiche, pure e ben ossigenate, caratterizzate da buona luminosità e assenza di
torbidità. Sono estremamente sensibili, manifestando immediata regressione, alla presenza di
inquinamento da parte di fertilizzanti (soprattutto fosfati) e di diserbanti. Il fatto che non sia stata
registrata nel corso della presente indagine se non indice di scomparsa locale (si tratta di a
dispersione rapidissima e capacità propagativa efficacissima) è conseguenza del fatto che le specie
caratterizzanti l’Habitat devono aver conosciuto un momento di ritrazione drastica conseguente
all’instaurarsi di condizioni ambientali sfavorevoli, collocandosi in stazioni di dimensioni ridottissime
e che perciò possono facilmente sfuggire al campionamento.
Nonostante non sia stato rinvenuto l’Habitat in occasione delle campagne di rilevamento condotte
per il presente studio, per le ragioni suddette non se ne esclude la presenza.
Al fine di conservare l’Habitat è necessario condurre campagne di monitoraggio di dettaglio che
portino al censimento e alla caratterizzazione fisica e biologica di tutti i punti d’acqua presenti nel
comprensorio con caratteristiche idonee a sostenere popolazioni vitali di alghe Characee
assicurandone il buon stato di conservazione.
Come per la componente macrofitica dell’Habitat 3150 il cattivo stato di conservazione osservato per
l’Habitat ad alghe Characeae suggerisce la necessità di intervenire con urgenza per assicurare la
salvaguardia dell’integrità della risorsa idrica sia in termini quantitativi che qualitativi.
3260 FIUMI DELLE PIANURE E MONTANI CON VEGETAZIONE DEL RANUNCULION FLUITANTIS E
CALLITRICHO-BATRACHION
Codice CORINE Biotopes
24.4 - Euhydrophytic river vegetation
22.432 - Shallow-water floating communities
Codice EUNIS
C1.242 - Comunità galleggianti di Ranunculus subgenus Batrachium in acque poco profonde
C2.1 - Sorgenti, fontanili e geyser
C2.2 - Corsi d’acqua permanenti a carattere torrentizio (ruscelli e torrenti), non influenzati dalle
maree
C2.3 - Corsi d’acqua permanenti a carattere potamale (fiumi a lento decorso), non influenzati dalle
maree
Frase diagnostica dell’habitat in Italia
Questo habitat include i corsi d’acqua, dalla pianura alla fascia montana, caratterizzati da
vegetazione erbacea perenne paucispecifica formata da macrofite acquatiche a sviluppo
prevalentemente subacqueo con apparati fiorali generalmente emersi del Ranunculion fluitantis e
Callitricho-Batrachion e muschi acquatici. Nella vegetazione esposta a corrente più veloce
(Ranunculion fluitantis) gli apparati fogliari rimangono del tutto sommersi mentre in condizioni
reofile meno spinte una parte delle foglie è portata a livello della superficie dell’acqua (CallitrichoBatrachion).
Questo habitat, di alto valore naturalistico ed elevata vulnerabilità, è spesso associato alle comunità
a Butomus umbellatus; è importante tenere conto di tale aspetto nell’individuazione dell’habitat.
La disponibilità di luce è una fattore critico e perciò questa vegetazione non si insedia in corsi d'acqua
ombreggiati dalla vegetazione esterna e dove la limpidezza dell’acqua è limitata dal trasporto
torbido.
Descrizione dell’Habitat nel sito
L’Habitat descrive la vegetazione sommersa delle acque fluenti pure, fresche ben ossigenate e ricche
di basi (particolarmente calcio) di regola sorgentizie o influenzate dall’acqua freatica. Si tratta di
praterie sommerse discontinue a reofite (entità che sopportano un flusso di corrente impetuosa) che
si sviluppano nella porzione centrale dei corsi d’acqua a corrente veloce, in ambiente lotico e in corpi
d’acqua in corrispondenza di venute a giorno. Localmente gli aspetti più interessanti sono quelli
presenti nel fosso e nel canale di S. Susanna e in alcuni fossi a regime continuo in cui popolazioni di
Hippuris vulgaris ricoprono con continuità il fondale, con valori di copertura anche molto elevati. H.
vulgaris è specie a carattere microtermo estremamente rara nel Lazio, le uniche stazioni note sono a
Posta Fibreno, ai laghi Lungo e Ripasottile in provincia di Rieti e in alcune aree della Piana Pontina.
Insieme a Hippuris si trovano cuscini flottanti di Callitriche cfr palustre (il riconoscimento sicuro
dell’entità specifica è possibile solo attraverso il confronto di numerosi corpi fruttiferi) idrofita
formante imponenti corpi flottanti in grado di resistere allo sradicamento operato da correnti anche
sostenute.
Alla definizione dell’Habitat partecipano anche alcune elofite a comportamento idrofitico quali
Berula erecta, Apium nodiflorum, Sparganium erectum, Veronica beccabunga, Veronica anagallisaquatica, Nasturtium officinale. Tali specie, soprattutto in prossimità delle sorgenti o in porzioni di
fondale dei corsi d’acqua a minor profondità, costituiscono tappeti clonali spesso monofitici come
risposta a eventi di taglio frequente.
L’Habitat risulta ben rappresentato localmente con popolazioni di Callitriche sp.pl. consistenti dal
punto di vista numerico e una elevata superficie di diffusione nel territorio. Per la conservazione
delle specie caratteristiche è importante assicurare oltre a una ottima qualità delle acque anche un
livello di regime idrico in grado di sostenere la persistenza di acque circolanti sempre limpide e
ossigenate.
La presenza di popolazioni localizzate di Hippuris vulgaris suggerisce la necessità di assicurare la
continuità fisica di porzioni alveali ben conservate, prive di elementi di ostacolo alla diffusione di
frammenti o organi di riproduzione della specie.
La presenza di tappeti clonali di elofite idrofitiche può essere indice di disturbo frequente operato
attraverso il taglio della vegetazione acquatica, in tal caso andrebbe allungato il periodo di riposo tra
un taglio e l’altro, dando la possibilità alle specie di produrre porzioni fiorali emerse che consentano
agli individui, oltre alla riproduzione vegetativa assicurata dalla propagazione di frammenti, la
riproduzione sessuata, evento indispensabile al fine di garantire il mantenimento della necessaria
variabilità genetica intraspecifica.
7210* PALUDI CALCAREE CON CLADIUM MARISCUS E SPECIE DEL CARICION DAVALLIANAE
Codice CORINE Biotopes
53.3 - Fen-sedge beds (Cladietum marisci i.a)
Codice EUNIS
Beds of large sedges normally without free-standing water
Frase diagnostica dell’habitat in Italia
Formazioni emergenti azonali a dominanza di Cladium mariscus, con distribuzione prevalente nella
Regione Bioclimatica Temperata ma presenti anche nei territori a Bioclima Mediterraneo,
generalmente sviluppate lungo le sponde di aree lacustri e palustri, spesso in contatto con la
vegetazione delle alleanze Caricion davallianae o Phragmition.
Descrizione dell’Habitat nel sito
È forse l’Habitat la cui corretta segnalazione e identificazione rappresenta uno dei momenti più
importanti dell’inquadramento della vegetazione del sito a fini gestionali e conservazionistici, il cui
carattere di preziosità è stato riconosciuto anche dalla Comunità Europea attraverso la designazione
dell’Habitat prioritario. Si tratta di forme di vegetazione definite di “torbiera”, a carattere relitto
aventi una distribuzione puntiforme e strettamente legata al determinismo ecologico locale.
Localmente il riconoscimento dell’Habitat è stato determinato dal rinvenimento di Cladium mariscus,
ciperacea di grandi dimensioni che ha in Italia una caratteristica distribuzione disgiunta, costruendo
popolamenti monofitici nelle bassure planiziali costiere interdunali (dove si rinviene abbondante su
estese superfici anche se in popolamenti isolatissimi) e popolamenti polifitici assieme ad altre
ciperacee nelle conche intermontane delle medie quote appenniniche e alpine in ambiente calcareo.
La stazione dei laghi reatini acquisisce un ruolo di prim’ordine nella ricostruzione della storia del
popolamento vegetale dell’ultimo ciclo glaciale contribuendo all’identificazione della rete di siti
relittuali-rifugiali in cui la specie è stata in grado di sopravvivere ai drammatici effetti di
frammentazione dell’areale indotti dalle trasformazioni climatiche delle fasi più aride del glaciale
prima e di quelle del postglaciale poi.
La specie nel comprensorio è stata rinvenuta, oltre che dagli scriventi, dal personale del Parco, in 4
stazioni, in alcuni casi ridotte a un singolo individuo, la cui capacità di sopravvivenza risulta
estremamente e drammaticamente compromessa, minacciata da azioni di manomissione e disturbo
meccanico.
Figura 3 - Habitat 7210: individuo di Cladium mariscus presente lungo la sponda del tratto iniziale del Canale
della Vergara presso il Lago Lungo
È urgentissimo provvedere alla tutela assoluta di tutti gli individui rimasti ed è assolutamente
necessario avviare campagne di censimento di dettaglio, con strumenti e tempi opportuni, che
identifichino tutti i siti di accantonamento della specie. Trattandosi di stazioni spondali, è molto
elevato il pericolo di subire danneggiamento e alterazione a causa di interventi antropici. Pratiche di
“ripulitura” delle sponde per migliorare l’accessibilità al corso d’acqua da parte a fini ricreativi o per
lo svolgimento di pratiche agricole hanno già drasticamente danneggiato alcune popolazioni di
Cladium. Valga ad esempio di ciò il rinvenimento di un singolo individuo di Cladium mariscus, lungo la
sponda del Canale della Vergara in prossimità del Lago Lungo. L’individuo è rimasto verosimilmente
isolato, a partire da una popolazione originaria più cospicua, a causa di ripetuti eventi di disturbo
operati sulla sponda che, trovandosi al termine di un sentiero, subisce frequenti manomissioni da chi
deve accedere al corso d’acqua. La tutela assoluta delle sponde è prerogativa essenziale al fine di
garantire un soddisfacente stato di conservazione di tutto l’ecosistema ripariale e delle specie di
rilievo qui accantonate.
92A0 FORESTE A GALLERIA DI SALIX ALBA E POPULUS ALBA
Codice CORINE Biotopes
44.141- Mediterranean white willow galleries
44.613 - Cyrno-Sardian poplar galleries
44.614 - Italian poplar galleries
Codice EUNIS
G1.112- Boscaglie ripariali mediterranee di Salix sp. ad alto Fusto
G1.31 - Foreste ripariali mediterranee a Populus alba e Populus nigra dominanti
Frase diagnostica dell’habitat in Italia
Boschi ripariali a dominanza di Salix spp. E Populus spp. presenti lungo i corsi d’acqua del bacino del
Mediterraneo, attribuibili alle alleanze Populion albae e Salicion albae. Sono diffusi sia nel piano
bioclimatico mesomediterraneo che in quello termomediterraneo oltre che nel macrobioclima
temperato, nella variante submediterranea.
Descrizione dell’Habitat nel sito
Si tratta di una vegetazione di legnose dominata da Salix alba e Populus nigra, cui si accompagnano
con valori di copertura minori, Populus alba e Ulmus minor, ampiamente diffuse nella penisola sui
suoli alluvionali periodicamente sommersi o che risentono degli spandimenti laterali dei corsi
d’acqua di pianura, ove tendono a formano cordoni continui lungo i corsi d’acqua.
Nel comprensorio si rinvengono popolamenti residuali a pioppi e salici in lembi estremamente
frammentati e discontinui ad andamento lineare lungo il margine delle sponde lacustri (ivi compreso
il lago di Ventina), spesso ridotti alla presenza di singoli individui. Il popolamento viene impreziosito
localmente dalla presenza di Salix cinerea, alberello policormico a diffusione centroeuropea,
ampiamente diffuso nel territorio, dove rappresenta perlopiù stadi successionali del bosco alveale,
sulle sponde sottoposte a “ripulitura” periodica non frequente. Un altro elemento che compone il
mosaico vegetazionale di queste formazioni è rappresentato da Alnus glutinosa, presente
sporadicamente nella Piana ma più ampiamente rappresentato lungo il corso del Velino rappresenta
un’entità che suggerisce collegamenti interessantissimi in un’ottica di Rete. Connesso con questi
episodi di aneto alveale è anche il rinvenimento di cospicue popolazioni di Frangula alnus (=Rhamnus
frangula), alberello policormico che del bosco ad ontani e salici costituisce gli stadi di ricostituzione
assieme a Salix cinerea, e a specie erbacee come Carex pendula e Thelypteris palustris.
Di estremo interesse nella ricostruzione e ricostituzione di una foresta alluvionale della piana, è il
rinvenimento di individui di Fraxinus cfr. excelsior nei territori a nord dell’area di studio, all’interno
dei confini dell’alveo del paleolago velino nelle sue propaggini settentrionali verso il lago di Ventina.
Figura 4 - Habitat 92A0: popolamento a Salix alba e Populus nigra presso la sponda meridionale del Lago di
Ripasottile
La vegetazione legnosa alveale e igrofila è quella che più ha sofferto della trasformazione del
paesaggio naturale operato dall’uomo. L’attuale stato di conservazione non concede ulteriori
deleghe alla distruzione, costituendo ogni individuo l’ultimo rappresentante di un paesaggio in via di
scomparsa. Trattandosi perlopiù di specie vigorose estremamente veloci nella ricolonizzazione del
territorio, gli interventi di salvaguardia possono essere individuati nel novero delle azioni di tutela a
carattere conservativo rappresentate dalla sottrazione di porzioni di territorio dalle azioni di disturbo
(taglio e sfalcio) da avviare a colonizzazione spontanea. Attraverso la riconquista di spazi disponibili,
anche a carattere lineare, come le delimitazioni interpoderali lungo i fossi di drenaggio e la
protezione delle fasce di rispetto perialveali per una larghezza di almeno 5 metri per sponda, si
possono garantire sufficienti misure atte ad assicurare la sopravvivenza dell’Habitat e il
miglioramento dello stato di conservazione dell’Habitat.
3270 FIUMI CON ARGINI MELMOSI CON VEGETAZIONE DEL CHENOPODION RUBRI P.P E
BIDENTION P.P.
Codice CORINE Biotopes
24.52 - Euro-Siberian annual river mud communities
22.33 - Bur marigold communities
Codice EUNIS
C3.5 - Vegetazione pioniera effimera delle sponde periodicamente sommerse
Frase diagnostica dell’habitat in Italia
Comunità vegetali che si sviluppano sulle rive fangose, periodicamente inondate e ricche di nitrati dei
fiumi di pianura e della fascia submontana, caratterizzate da vegetazione annuale nitrofila pioniera
delle alleanze Chenopodion rubri p.p. e Bidention p.p.. Il substrato è costituito da sabbie, limi o argille
anche frammisti a uno scheletro ghiaioso. In primavera e fino all’inizio dell’estate questi ambienti, a
lungo inondati, appaiono come rive melmose prive di vegetazione in quanto questa si sviluppa, se le
condizioni sono favorevoli, nel periodo tardo estivo-autunnale. Tali siti sono soggetti nel corso degli
anni a modifiche spaziali determinate dalle periodiche alluvioni.
Descrizione dell’Habitat nel sito
L’Habitat individua le forme di vegetazione delle sponde fangose periodicamente emerse dei corpi
d’acqua. Sono costituite da erbai di specie annuali estive a carattere nitrofilo che vengono a formarsi
in ambienti umidi a ridosso di sponde basse soggette a periodica emersione e inondamento.
Nell’area di studio si tratta di popolamenti dominati da Bidens tripartita e specie diverse di
Polygonum, tra cui P. cfr mite e P. hydropyperis, che si insediano sulle sponde lasciate scoperte dal
ritiro delle acque nei periodi di abbassamento del livello dei laghi. Queste comunità pioniere dei suoli
fangosi e ricchi di nitrati hanno distribuzione frammentaria e incostante. L’unico sito di una certa
estensione identificato nell’area di studio è localizzato al ciglio del canneto sulla sponda
settentrionale del lago di Ripasottile dove ha carattere frammentario in quanto intercalato da lembi
di praterie ad alti carici e canneto soggette a disturbo antropico per sfalcio. La stazione in oggetto si
trova infatti a ridosso del percorso in traversine di legno della stazione di inanellamento.
Paradossalmente le stazioni secondarie di questo habitat si trovano proprio in corrispondenza di
luoghi in cui il regime di disturbo è presente anche se moderato. La competizione con il canneto
infatti costringe alla ritrazione queste specie in stazioni puntuali.
In questo caso la reale consistenza dell’Habitat localmente va soggetta a ulteriore conferma con
approfondimenti in termini di rilievi di campo di dettaglio che identifichino altre stazioni con flora
maggiormente diversificata.
Figura 5 - Habitat 3270: stazione di Bidens tripartita e Polygonum cfr mite presso la stazione ornitologica di
inanellamento di Ripasottile
La naturale collocazione frammentaria e puntiforme dell’Habitat nonché il carattere perlopiù
secondario delle stazioni attuali, suggeriscono come pratica per la conservazione la tutela rigorosa
delle stazioni esistenti, il censimento di dettaglio e la rilevazione di vegetazione dei popolamenti, il
monitoraggio del dinamismo in atto al fine di evidenziare cambiamenti nella struttura floristica e
della vegetazione.
I050 Magnocaricion elatae stands (Habitat Nuovo in via di approvazione da parte della EEA)
Oltre gli Habitat ufficialmente riconosciuti e inclusi in Allegato I della Direttiva Habitat si rinvengono
lungo la fascia spondale dei principali corsi d’acqua (Canale di Santa Susanna, corso del Velino, bacini
e lame della Piana Reatina) forme di vegetazione il cui afferimento a categorie Habitat Natura 2000 è
attualmente in fase di valutazione da parte della Commissione Europea. Dato il carattere di
eccezionalità che assumono tali formazioni si riporta in questo studio la segnalazione del
riconoscimento dell’Habitat proposto: I050 Magnocaricion elatae stands (Magnocariceti). Sono
costituiti perlopiù da carici (Carex paniculata, Carex acutiformis, Carex riparia), di taglia grande o
molto grande, alte da 50 a 150 cm sul livello medio del suolo, che formano coltri dense o singoli cespi
molto compatti.
Il carattere “cespitoso” di queste carici conferisce loro capacità di estrema tolleranza nei confronti di
periodi di emersione indotti da variazioni del livello idrico. Per tale motivo di norma si collocano
dietro le formazioni a cannuccia di palude, verso terra, nella zona dove la sommersione è periodica
con un periodo di essiccamento più intenso e prolungato. Solo in tali ambienti la loro strategia
competitiva le rende vincenti nei riguardi di Phragmites e danno vita pertanto a formazioni
indipendenti. Localmente si tratta perlopiù di una vegetazione ad alti carici dominata da cespi di
Carex paniculata presente in frammenti lungo le sponde del Canale di S. Susanna e di estensioni di
Carex acutiformis formanti una fascia a ridosso del canneto in regime di disturbo moderato qua e la
nel territorio lungo il perimetro dei laghi e in altre stazioni pianeggianti lungo i corsi d’acqua del
reticolo idrografico superficiale.
Tali formazioni infatti, se pur ridotte a lembi esigui spesso ridotti a singoli individui, rappresentano un
valore del patrimonio botanico di estrema rilevanza, rappresentando gli ultimi esponenti di una flora
e vegetazione a carattere boreale che ha conosciuto alla nostra latitudine nel corso dell’ultimo
postglaciale un drammatico fenomeno di ritrazione dell’areale di diffusione. Per tali ragioni la
comunità scientifica ha proposto l’inserimento di questi prati spondali all’interno della codifica
Habitat proponendo un codice apposito, attualmente in fase di valutazione.
Figura 6 - Habitat I050: Cespi di Carex paniculata
L’Habitat, se pur non ancora inserito in allegato della Direttiva, per il carattere di rarità delle forme di
vegetazione rappresentate merita l’attuazione di forme di tutela dedicate. Come per la restante
vegetazione spondale, la preservazione rigorosa degli ecosistemi ripari attraverso l’allontanamento di
qualsiasi forma di disturbo e stress costituisce una misura di tutela minima al fine di garantirne la
sopravvivenza.
1.2.3.2
Elenco delle specie vegetali della flora vascolare rinvenute nel comprensorio
Oltre alle specie censite nel corso dei rilevamenti effettuati in occasione del presente lavoro,
vengono inseriti nella seguente lista anche quelle entità non più rinvenute ma segnalate in
letteratura per il territorio in esame. Vengono segnalate nell’elenco con un asterisco (*) le citazioni di
specie ricavate dalla consultazione del lavoro di tesi di laurea di Alfredo Pasquetti (Vegetazione e
Cartografia del Lago Lungo, relatore Prof. Franco Pedrotti, Università degli Studi di Camerino)
disponibile presso la biblioteca della Riserva, e con 2 asterischi (**) le specie ricavate dal lavoro
pubblicato da Pedrotti e Orsomando (Flora e Vegetazione della Piana di Rieti) negli Atti dell’85°
congresso della Società Botanica Italiana del 1990.
Briofite
Humulus lupulus L.
Carex pseudo-cyperus L
Ricciaceae
Riccia fluitans L. emend. Lorb
Ricciocarpus natans L.**
Caprifoliaceae
Carex paniculata L.
Sambucus ebulus L.
Carex riparia L.
Sambucus nigra L.
Carex acutiformis
Carex hirta L.
Pteridofite
Equisetaceae
Equisetum arvense L.
Equisetum telmateja Ehrh.
Cyperaceae
Caryophyllaceae
Cladium mariscus L.
Silene alba L.
Cyperus longus L.
Myosoton aquaticum L.
Schoenoplectus lacustris (L.)
Palla
Stellaria media L.
Thelypteridaceae
Cucubalus baccifer L.**
Schoenoplectus
tabernaemontani
Palla**
(Gmelin)
Thelypteris palustris Schott
Asteraceae
Angiosperme
Alismataceae
Alisma plantago-aquatica L.
Arctium lappa L.
Bidens tripartita L.
Alnus glutinosa (L.) Gaertn
Petasites hybridus L
Pulicaria dysenterica L.
Senecio jacobaea L.
Borraginaceae
Symphytum officinale L.
Euphorbia palustris L.*
Erigeron canadensis L.
Eupatorium cannabinum L.
Betulaceae
Euphorbiaceae
Xanthium strumarium L.
Senecio erraticus Bertol
Graminaceae
Agrostis alba L.
Arrhenatherum elatius L. presl
(Beauv)
Deschampsia
(Beauv)
caespitosa
L.
Holcus lanatus L.
Phalaris arundinacea Moench.
Butomaceae
Convolvulaceae
Butomus umbellatus L.**
Calystegia sepium L.
Phragmites australis (Cav.)
Poa trivialis L.
Panicum
Michx
Callitricaceae
Callitriche cfr. stagnalis L.
Callitriche cfr. obtusangula Le
Gall.
Cornaceae
dichotomiflorum
Echinocloa crus-galli (L.) Beaur
Cornus sanguinea L.
Guttiferae
Cruciferae
Hypericum tetrapterum L.
Nasturtium officinale L.
Cannabaceae
Hippuridaceae
Hippuris vulgaris L.
Sambucus nigra L.
Primulaceae
Sambucus ebulus L.
Lysimachia vulgaris L.
Hydrocharitaceae
Hydrocharis morsus-ranae L.**
Malvaceae
Ranunculaceae
Althaea officinalis L.
Clematis vitalba L.
Iridaceae
Iris pseudacorus L.
Najadaceae
Ranunculus repens L
Najas marina L.
Ranunculus sardous Crantz *
Thalictrum flavum L.
Juncaceae
Juncus
Schrank**
subnodulosus
Caltha palustris*L.
Nympaeaceae
Nuphar luteum L.
Rhamnaceae
Nymphaea alba L.
Lamiaceae
Rhamnus catharticus L.
Lycopus europaeus L.
Frangula alnus Mill (Rhamnus
frangula L.)
Onagraceae
Mentha aquatica L.
Epilobium hirsutum L.
Scutellaria galericulata L.
Rosaceae
Stachys palustris Hudson
Orchidaceae
Potentilla reptans L.
Leguminosae
Epipactis
Crantz**
palustris
(Miller)
Rubiaceae
Galega officinalis L.
Polygonaceae
Galium aparine L.
Lemnaceae
Polygonum persicaria L.
Galium mollugo L.
Lemna minor L.
Polygonum
terrestre L.
amphibium
var.
Salicaceae
Lemna trisulca L.
Polygonum hydropiper L.
Populus nigra L.
Polygonum mite Schrank
Populus alba L.
Lentibulariaceae
Rumex conglomeratus Murray
Populus x canadensis L.
Utricularia australis R. Br.**
Rumex sanguineus L.
Salix purpurea L.
Lythraceae
Rumex
Hudson**
hydrolapathum
Salix cinerea L.
Lythrum salicaria L.
Lythrum hyssopifolia L.**
Salix alba L.
Potamogetonaceae
Salix triandra L. (cfr.)*
Potamogeton cfr pusillus L.*
Loniceraceae
Solanaceae
Solanum dulcamara L.
Sparganiaceae
Sparganium erectum L.
Typhaceae
Typha angustifolia L. *
Typha latifolia L.
Ulmaceae
Ulmus minor Miller
Umbrelliferae
Daucus carota L.
Berula erecta (Hudson) Covile
Oenanthe acquatica L. (Poiret)
Peucedanum
Moench**
Urticaceae
Urtica dioica L.
palustre
(L.)
1.2.3.3
Status conservazionistico di alcune specie significative per il comprensorio
Per l’area Protetta Regionale “Laghi Lungo e Ripasottile”, non vengono riportate specie appartenenti
agli Allegati della Direttiva, solo 7 specie vegetali sono riportate tra le ”Altre specie importanti di
Flora e Fauna”: Butomus umbellatus, Euphorbia palustris, Hippuris vulgaris, Lemna trisulca, Nuphar
luteum, Thelypteris palustris, Utricularia vulgaris. Di queste, solo 4 (Hippuris vulgaris, Lemna trisulca,
Nuphar luteum, Thelypteris palustris) sono state effettivamente ritrovate nel territorio della Riserva
nel corso dei rilievi realizzati per il presente studio. Il grado di conservazione per tutte le specie si può
considerare soddisfacente trattandosi di popolazioni che se pur limitate a poche stazioni si
rinvengono localmente abbondanti.
Oltre alle specie citate nella scheda dell’Formulario Standard del Ministero, si segnala qui la presenza
di altre specie che possono essere considerate di rilievo, specie segnalate in passato da studiosi che
hanno erborizzato nel territorio (cfr Pedrotti & Orsomando 1980) ma (ad esclusione di Cladium
mariscus) non più rinvenute in tempi recenti: Peucedanum palustre, Epipactis palustris, Juncus
subnodulosus, Hydrocharis morsus-ranae, Ricciocarpus natans. Per tutte queste specie, è necessario
attivare censimenti di dettaglio per poter rappresentare l’effettiva diffusione sul territorio al fine di
escluderne definitivamente la presenza sul territorio o, se confermate, attivare programmi di
conservazione finalizzati alla loro tutela.
FOTO DI SPECIE DI AMBIENTI FLUVIO-LACUSTRI RARE O PROTETTE:
Cladium mariscus
Carex paniculata
Carex elata
Carex pseudocyperus
1.2.4
PRINCIPALI CRITICITÀ RISCONTRATE
Nell’ambito di una prima valutazione generale dello stato di salute degli ecosistemi fluvio-palustri, la
componente idrica è sicuramente uno degli elementi di maggior valore e su cui necessariamente
bisognerà avviare pratiche gestionali mirate alla tutela e salvaguardia del complesso idromorfologico
della Piana Reatina, ampiamente interessato in passato da artificializzazioni idromorfologiche, per
favorire lo sviluppo agricolo del territorio. Di seguito si elencano in dettaglio le analisi di alcuni
parametri idro-chimici, selezionati dagli scriventi, che rappresentano gli unici dati esistenti pubblicati
in materia, necessari per valutare la condizione chimico-fisica degli ecosistemi fluvio lacustri
esaminati.
Figura 7 - Dal Piano di Gestione SIC/ZPS 2007 (dati Casella Laura et al.), parametri fisico-chimici dei due Laghi
a confronto con la Sorgente S. Susanna.
Nella Figura 7, sono messi a confronto alcuni parametri chimico-fisici dei due Laghi in relazione alla
Sorgente Susanna. Questo confronto mette in evidenza il depauperamento della qualità delle acque
dalla matrice chimica di base (sorgenti basali di S. Susanna, punto di affioramento dell’ acquifero
profondo del massiccio del Monte Terminillo), con la matrice chimica dei laghi che raccolgono tutte
le acque di scorrimento superficiale dell’intero bacino imbrifero dei laghi reatini.
Sito
pH
Cond. El. TDS
(mS/cm) (mg/l)
T (°C)
Salinità
(mg/l)
1
“Sorgente S. Susanna”
7.4
784
447
10.0
0.0
2
“Fosso S. Susanna”
7.6
633
360
12.6
0.0
3
“Lago Lungo - superficie
8.0
443
253
24.8
0.0
4
“Lago Lungo - Nymphaea”
7.7
419
239
24.6
0.0
5
Canale Vergara
7.5
448
256
25.8
0.0
6
Fiumarone
7.7
802
457
11.3
0.1
7
Lago Ripasottile - Fiumarone
7.8
800
488
11.3
0.1
8
Lago Ripasottile - superficie
8.1
714
407
22.0
0.1
N. Progressivo
Figura 8 – Confronto dei parametri chimico fisici (dati Casella et al. 2007).
Dalla Fig.8 emerge che tutti i parametri chimico-fisici dei laghi differiscono dalla Sorgente S. Susanna.
In particolar modo il valore della conducibilità elettrica risulta esser confrontabile solo tra la sorgente
di S. Susanna e il torrente, con caratteristiche simili risulta il Fiumarone e il tratto in entrata del
Fiumarone all’interno del Lago di Ripasottile. Il Lago Lungo risulta aver una diversa concentrazioni di
minerali disciolti, dovuta probabilmente ad una alimentazione più superficiale dell’acquifero di base
rispetto alla Sorgente di S. Susanna. I valori di temperatura sono elevati nei due laghi a confermare
una scarsa alimentazione da parte della sorgente S. Susanna. I valori più preoccupanti sono da
evidenziare nel pH e salinità dei sistemi lacustri, il pH risulta esser maggiore nei due specchi lacustri,
mentre la salinità maggiore è esclusiva del Lago di Ripasottile, morfologicamente sito nel punto più
depresso della piana Reatina dove raccoglie le acque di superficie e di drenaggio dell’intero sistema
fluvio-lacustre.
Dati ARPA
LAZIO
2005
2006
2007
2008
2009
20112013
2010
Lago
Lungo
5
No
2
No
4
No
3
No
3
No
3
No
3
No
Lago di
Ripasottile
4
No
1
No
1
No
1
No
n.d.
No
3
No
3
No
Lago di
Ventina
3
No
2
No
2
No
3
No
2
No
n.d.
No
2
No
Figura 9 - Dati ARPA Lazio, monitoraggio Laghi a confronto I laghi Reatini (Lago Lungo, Rispasottile e
Ventina), il valore zero corrisponde ad un non dato.
Figura 10 - Confronto cronologico e linee di tendenza (linee tratteggiate) degli andamenti del l'indice SEL
(Stato Ecologico dei Laghi).
Dalla figura 10, emerge dai dati dell’indice di Stato Ecologico dei Laghi, come nel tempo i laghi Reatini
abbiano variato il loro stato di Salute da valori prossimi al 5 (pessimo) fino ad una sufficienza che
sembrerebbe caratterizzare gli ultimi anni analizzati. In particolare sembrerebbe tendera ad un
miglioramento generale dello stato di salute de Lago Lungo rispetto ad un graduale peggioramento
del Lago di Ripasottile. Il Lago di Ventina sembra esser decisamente più stabile dei due laghi.
Lago RIPASOTTILE - PERIODO CALDO (Aprile-Settembre 2006)
Parametri
SUPERFICIE
FONDO
Temperatura (°C)
19,46 ± 1,32
11,85
Ossigeno disciolto (mg/L)
11,06 ± 0,73
8,66
Ossigeno (% saturazione)
108
94,5
pH
8,04 ± 0,05
7,85
Solidi sospesi (mg/L)
2,41 ± 0,66
nr
BOD5
2,3 ± 0,27
nr
Azoto Nitrico (mg/L)
0,06 ± 0,015
0,40
Azoto nitroso (μg/L)
30
8,50
Ammoniaca totale (mg/L)
0,07
0,07
Azoto totale (mg/L)
0,72
0,67
Fosforo totale (μg/L)
0,09 ± 0,02
140,70
Ortofosfato (μg/L)
nr
4,26
Zinco (μg/L)
1,88 ± 0,48
0,70
Rame (μg/L)
2,33 ± 0,78
0,62
Arsenico (μg/L)
0,64 ± 0,14
nr
Cromo (μg/L)
0,70 ± 0,15
0,82
Nichel (μg/L)
2,67 ± 0,13
0,74
Piombo (μg/L)
0,30 ± 0,11
nr
Mercurio (μg/L)
0,09 ± 0,043
nr
Trasparenza (m)
nr
nr
Alcalinità (mg/L)
745
666
Conducibilità (μS/cm)
505
556,5
Clorofilla "a"(μg/L)
nr
nr
L’analisi chimica conferma una evidente stratificazione termica estiva rilevata dai valori medi di
temperatura dell’acqua che variano da circa 19,5°C in superficie a circa 12°C sul fondo.
L’ossigeno disciolto che in superficie ha valori di concentrazione di circa 11 mg/L, cade a valori di 8
mg/L sul fondo, mentre a saturazione sul fondo diminuisce del 14 %.
I valori dell’azoto ammoniacale, nitroso e nitrico sono significativi o molto elevati e non mostrano
stratificazione a livello del fondo.
Dati estremamente significativi sono quelli riferiti alla concentrazione del fosforo totale che si trova, in
concentrazioni molto elevate (140,7 microg/L), pressoché completamente a livello del fondo.
Si registra anche in questo caso una acidificazione –seppur contenuta- dell’acqua a livello del fondo
con un cambio sensibile del pH da 8,04 a valori di 7,85.
Non sono disponibili dati relativi alla clorofilla a.
Figura 11 - Dal Piano di Gestione SIC/ZPS 2007 (dati Damiani et al.), analisi idrochimica del Lago di Ripasottile
- (Aprile-Settembre)
Lago Ripasottile - PERIODO FREDDO (Ottobre2005 -Marzo 2006)
Parametri
SUPERFICIE
FONDO
Temperatura (°C)
9,26 ± 1,04
10,07 ± 2,53
Ossigeno disciolto (mg/L)
13,28 ± 1,53
13,25
Ossigeno (% saturazione)
99,25
134
pH
8 ± 0,67
8,02 ± 2,006
Solidi sospesi (mg/L)
0,82 ± 3,22
nr
BOD5
2,16 ± 0,25
nr
Azoto Nitrico (mg/L)
0,05 ± 0,007
0,73 ± 0,303
Azoto nitroso (μg/L)
15
10
Ammoniaca totale (mg/L)
0,08 ± 0,014
nr
Azoto totale (mg/L)
0,59
1,11 ± 0,47
Fosforo totale (μg/L)
0,08
210
Ortofosfato (μg/L)
0,01
6,67 ± 4,99
Zinco (μg/L)
4,03 ± 0,74
2,99
Rame (μg/L)
1,03 ± 0,17
0,42
Arsenico (μg/L)
0,77 ± 0,19
nr
Cromo (μg/L)
0,74 ± 0,22
0,17
Nichel (μg/L)
0,58 ± 0,19
nr
Piombo (μg/L)
0,23 ± 0,063
nr
Mercurio (μg/L)
nr
nr
Trasparenza (m)
2,15
nr
Alcalinità (mg/L)
653
697,3
Conducibilità (μS/cm)
535,5
565,3
Clorofilla "a"(μg/L)
3,77
6,50
Considerando la deviazione standard (errore standard), i valori di temperatura delle acque di fondo e di
superficie appaiono in isotermia conseguente l’avvenuto rimescolamento termico stagionale.
Anche i valori di ossigeno disciolto e di saturazione in ossigeno appaiono omogenei e stazionari tra
epilimnio ed ipolimnio.
I nutrienti azotati presentano concentrazioni significative e appaiono distribuiti più omogeneamente
lungo la colonna d’acqua per l’avvenuto rimescolamento del lago;
Il fosforo totale assume valori di concentrazione di ben 210 microg/L, alquanto elevati, al livello del
fondo, fenomeno che deriva dal fatto che tale nutriente è associato ai sedimenti e da questi rilasciato a partire
dalle acque interstiziali.
I valori di concentrazione della clorofilla a risultano molto elevati, soprattutto a livello del fondo,
presumibilmente per la proliferazione di diatomee bentoniche.
Figura 12 - Dal Piano di Gestione SIC/ZPS 2007 (dati Damiani et al.), analisi idrochimica del Lago di Ripasottile
- (Ottobre-Marzo)
Lago LUNGO - PERIODO CALDO (Aprile-Settembre 2006)
Parametri
SUPERFICIE
FONDO ( - 4 )
Temperatura (°C)
21,66 ± 1,38
14,15
Ossigeno disciolto (mg/L)
14,26 ± 3,46
7,44
Ossigeno (% saturazione)
88
86
pH
8,03 ± 0,066
7,77
Solidi sospesi (mg/L)
7,64 ± 1,48
nr
BOD5
3,77 ± 1,72
nr
Azoto Nitrico (mg/L)
0,07 ± 0,015
1,21
Azoto nitroso (μg/L)
100
19,25
Ammoniaca totale (mg/L)
0,04
0,08
Azoto totale (mg/L)
1,62
1,45
Fosforo totale (μg/L)
0,10 ± 0,028
205,00
Ortofosfato (μg/L)
nr
8,50
Zinco (μg/L)
3,22 ± 0,74
3,10
Rame (μg/L)
1,86 ± 0,44
1,00
Arsenico (μg/L)
0,88 ± 0,17
nr
Cromo (μg/L)
0,68 ± 0,13
0,71
Nichel (μg/L)
1,24 ± 0,20
0,74
Piombo (μg/L)
0,24 ± 0,042
0,09
Mercurio (μg/L)
0,09 ± 0,041
0,09
Trasparenza (m)
nr
nr
Alcalinità (mg/L)
967
844,50
Conducibilità (μS/cm)
391
401,50
Clorofilla "a"(μg/L)
nr
nr
Come si può constatare il lago Lungo è soggetto a stratificazione termica estiva come evincibile dai
valori medi di temperatura dell’acqua che variano da circa 21°C in superficie a circa 14°C nel fondo.
L’ossigeno disciolto che in superficie ha valori di concentrazione di circa 14 mg/L, cade a valori di 7
mg/L sul fondo, mentre a saturazione sul fondo diminuisce del 2%.
I valori dell’azoto nitrico mostrano che il 94% del totale è stratificato a livello del fondo (0,07 mg/L in
superficie e ben 1,21 mg/L sul fondo).
L’azoto ammoniacale, di 0,04 mg/L il superficie, raddoppia a livello del fondo.
I dati ancora più significativi sono quelli riferiti alla concentrazione del fosforo totale che da 0,1
microg/L della superficie svetta a ben 205 microg/L a livello del fondo.
Si registra, inoltre, una acidificazione delle acque di fondo con un cambio sensibile del pH da 8,03 a
valori di 7,72.
Figura 13 - Dal Piano di Gestione SIC/ZPS 2007 (dati Damiani et al.), analisi idrochimica del Lago Lungo (Aprile-Settembre)
Lago Lungo - PERIODO FREDDO (Ottobre2005-Marzo 2006)
Parametri
SUPERFICIE
FONDO ( - 4 )
Temperatura (°C)
10,77 ± 1,25
12,70 ± 1,92
Ossigeno disciolto (mg/L)
10,22 ± 0,99
11,30 ± 0,77
Ossigeno (% saturazione)
123,43 ± 6,72
3,47 ± 116,433
pH
8,02 ± 0,62
8,16 ± 0,074
Solidi sospesi (mg/L)
5,43 ± 0,91
nr
BOD5
2,73 ± 0,23
nr
Azoto Nitrico (mg/L)
0,08 ± 0,014
0,62 ± 0,49
Azoto nitroso (μg/L)
12,67 ± 2,67
19,33 ± 5,812
Ammoniaca totale (mg/L)
0,28 ± 0,061
nr
Azoto totale (mg/L)
0,72 ± 0,17
1,36 ± 0,522
Fosforo totale (μg/L)
0,12 ± 0,034
28,35 ± 8,32
Ortofosfato (μg/L)
0,02
19,510 ± 14,146
Zinco (μg/L)
2 ± 0,51
1,77 ± 0,604
Rame (μg/L)
1,12 ± 0,16
0,79 ± 0,105
Arsenico (μg/L)
1,04 ± 0,25
1,200
Cromo (μg/L)
0,64 ± 0,166
0,66 ± 0,27
Nichel (μg/L)
0,26 ± 0,059
0,420
Piombo (μg/L)
0,32 ± 0,068
0,110
Mercurio (μg/L)
0,060
nr
Trasparenza (m)
1,13 ± 0,233
nr
Alcalinità (mg/L)
688 ± 16,371
767,8 ± 57,29
Conducibilità (μS/cm)
364,67 ± 20,731
380 ± 28,006
Clorofilla "a"(μg/L)
7,20 ± 4,050
3,507 ± 2,474
I valori di temperatura appaiono anomali: le acque di fondo infatti dovrebbero essere più fredde per la
proprietà dell’acqua a stratificare per differenza di densità che è massima a 4°C.
Anche i valori di ossigeno disciolto e di saturazione in ossigeno appaiono anomali:la maggior pressione
idrostatica che si registra sul fondo e la maggiore temperatura riportata per il fondo dovrebbero far diminuire i
valori di ossigenazione del’ipolimnio. L’anomalia, se reale, andrebbe studiata e andrebbe osservato, altresì,
l’eventuale presenza di acido solfidrico potenzialmente in grado di interferire con le misure dell’ossigeno
disciolto.
I nutrienti azotati e fosfatici presentano concentrazioni significative e, anche se appaiono distribuiti più
omogeneamente lungo la colonna d’acqua per l’avvenuto rimescolamento invernale del lago, continuano a
mostrare valori più elevati al livello del fondo, fenomeno che deriva dal fatto che tali nutrienti vengono rilasciati
dai sedimenti che precedentemente li avevo assorbiti. I sedimenti lacustri, notoriamente, sono molto ricchi di
nutrienti.
I valori di concentrazione della clorofilla denotano un forte fenomeno eutrofico tendente all’ipertrofia,
nonostante la stagione fredda per solito rallenta i fenomeni di “esplosione” algale.
Figura 14 - Dal Piano di Gestione SIC/ZPS 2007 (dati Damiani et al.), analisi idrochimica del Lago Lungo (Ottobre -Marzo)
I suddetti dati mostrano che tutti i parametri tendono ad un marcato stato di eutrofizzazione delle
acque dei Laghi.
Nel complesso persiste una stagionalizzazione della eutrofizzazione delle acque, con un
addensamento in periodo estivo dei nutrienti responsabili del fenomeno (azoto e fosforo), a livello
dei sedimenti di fondo. Inoltre nel 2005-2006 dalle analisi effettuate, l’inquinamento di tipo chimico
delle acque appare contenuto.
Dal quadro esposto, basato sui dati idrochimici confrontati tra loro, mostrano come lo stato di salute
dei laghi vari molto nel tempo con una certa tendenza ad un sostanziale peggioramento idrochimico
e biologico della Piana Reatina. È indubbio che tutte le opere storiche, a partire dall’epoca romana
fino al XX secolo (nel '30, ci fu la costruzione del canale di S.Susanna), determinino attualmente una
condizione innaturale che costringe la natura e l’uomo ad uno sforzo di convivenza non determinato
da processi naturali posti all’equilibrio.
Proprio le ultime opere di bonifica, per creare il convogliamento delle acque della sorgente S.
Susanna direttamente nel fiume Velino, per collegare i due laghi con un canale artificiale (la Vergara)
e per realizzare un impianto di sollevamento nel lago di Ripasottile per trasferire le acque in
“esubero” nel fiume Velino, furono necessarie per vedere “risolto” la questione della regimazione
dell’acque di superficie nella parte più depressa della conca reatina.
Questa opera determinò definitivamente uno squilibrio idrobiologico che è tuttora in atto. La
maestosa opera a fin di bene creò inevitabilmente nuove aree per l’agricoltura, che ad oggi
determina uno degli squilibri maggiori che influisce notevolmente sulla salvaguardia dei biotopi,
attualmente tutelati sia dalla legge istitutiva della Riserva Naturale, sia dalla Direttiva Habitat.
Dell’originario assetto di un esteso mosaico di zone palustri e corpi d’acqua non rimangono perciò
oggi che frammenti isolati impoveriti sia in termini floristici che di struttura della vegetazione, la cui
conservazione è obiettivo primario e irrinunciabile di qualsiasi programmazione volta alla
conservazione del patrimonio naturale di una Riserva Naturale Regionale, inserita nel quadro delle
Aree Protette Nazionali ed Europee (vd. Rete Natura 2000).
Lo stato di conservazione degli ecosistemi acquatici e palustri evidenzia segni di degrado a carico
delle formazioni vegetazionali verosimilmente dovuti principalmente a due ordini di fattori:
l’alterazione della qualità e quantità della risorsa idrica (ad es. la presenza quasi esclusiva di
Najas marina nel lago di Ripasottile così come la scomparsa recente di numerose specie di flora,
ancora segnalate nei decenni passati, parla infatti a favore di una salinizzazione e di una
alterazione degli equilibri fisico-chimici delle acque);
il consumo di suolo operato a partire principalmente dal secondo dopoguerra a discapito delle
formazioni naturali da parte delle attività agricole prima e di espansione dei centri urbani e della
produzione poi.
L’evidente impoverimento floristico e la complessità del sistema biotico suggerisce la necessità di
intervenire con urgenza sulla salvaguardia dell’integrità del mezzo, in modo tale da assicurare
condizioni ambientali in grado di sostenere la persistenza di popolazioni vitali di specie igrofile
consentendo anche alle specie che attualmente si sono ritirate in stazioni rifugiali (presso sorgenti o
canali di deflusso) di ricolonizzare spontaneamente spazi idonei alla loro sopravvivenza.
A nostro avviso, a seguito degli interventi di bonifica e successiva espansione dell’attività agricola,
uno dei fattori connessi allo stato di salute dell’ecosistema fluvio-lacustre è sicuramente collegato ai
processi di meccanicizzazione prima e introduzione della chimica nella gestione dei terreni agricoli
successivamente. La meccanicizzazione e la rotazione delle colture nei terreni agricoli, manteneva in
qualche misura in equilibrio il processo tra rinaturalizzazione spontanea delle porzioni di territorio
agricolo e gestione dei terreni da parte degli agricoltori. La recente introduzione di sostanze chimiche
che facilitano in qualche misura la filiera agricola, hanno inevitabilmente capovolto il tradizionale
contrasto tra naturalizzazione e artificializzazione dei terreni, portando a una scarsa capacità di
resistenza e resilienza di tali ecosistemi. Prodotti fitosanitari, erbicidi, pesticidi e fertilizzanti hanno
introdotto un processo devastante che ha ridotto notevolmente la qualità dei biotopi interessati,
misurata da indicatori come la presenza di specie vegetali e animali molto sensibili a tali cambiamenti
(cfr. Capitolo Aspetti Faunistici).
Alcuni indicatori idrochimici e biologici, oltre a prove inconfutabili date da testimonianze fisiche,
mettono in evidenza l’utilizzo di tali sostanze, quasi sempre prevalentemente costituite da sostanze
chimiche contenenti Azoto e Fosforo. Proprio alcune di queste sostanze sono responsabili di valori
oltre il limite ammesso (cfr. All. 1 del D. lgs. 152/99 – Stato ecologico dei laghi), come riportato nelle
tabelle degli elementi chimici analizzati nei due laghi.
Al momento la problematica dell’utilizzo degli erbicidi chimici sembrerebbe destare maggior
attenzione, difatti proprio come descritto dagli stessi produttori, l’utilizzo prolungato e le quantità
utilizzate producono nel tempo inevitabilmente danni irreversibili agli ecositemi fluvio-lacustri. Tale
condizione mette a repentaglio, oltre all’esistenza e coesistenza degli agro-ecosistemi, anche la
sussistenza delle nuove economie agricole legate al turismo ambientale e la filiera dei prodotti tipici
di tipo biologico con utilizzo di buone pratiche per la gestione sostenibile dell’ambiente. Inoltre si
ritiene ravvisare che, tale gestione del territorio, senza alcun intervento programmatico/gestionale
da parte dell’Ente gestore, farà cadere inevitabilmente uno dei principi fondamentali della Riserva
stessa, ossia la conservazione della Natura del biotopo in questione, sensu L. 394/91, sensu legge
regionale dei parchi 29/97 e legge istitutiva della Riserva Naturale.
Inoltre come riportato nel capitolo “Utilizzo di diserbanti e pesticidi dannosi per gli ecosistemi
acquatici e per le catene trofiche ad essi associate”, gli effetti di tali sostanze e in particolare gli
erbici, non solo producono l’inevitabile essiccamento del cotico erboso, ma danneggiano
inevitabilmente la componente biologica dei suoli, riducendo i microorganismi necessari ai processi
di riciclo dei nutrienti (azoto fissatori etc.) che garantiscono la produttività del terreno. Per di più,
tale effetti sulla componente biologica dei suoli, comporta una potenziale ripresa del cotico erboso
costituito prevalentemente da specie vegetali aliene anziché specie vegetali native tipiche del
paesaggio pre-trattamento con erbicidi (Irvine et al. 2013).
Visto che tali sistemi sono attualmente i siti di accantonamento di flora igrofila, e sistemi di
vegetazione sommersi e semi sommersi, di una più estesa porzione di territorio (vd. antica
estensione Lago Velinus), che ormai rappresentano gli ultimi nuclei relittuali ad elevata diversità
all’interno del paesaggio planiziale della Riserva, è quanto mai necessario intervenire con opportune
misure necessarie all’abbandono di pratiche agricole deleterie e dannose che potrebbero portare in
breve ad un’impoverimeto definitivo delle cenosi vegetali presenti nella piana dei laghi reatini.
I suddetti sistemi naturali sono soggetti a variazioni ambientali, legate alle variazioni naturali del
complesso ecosistemico. Tali variazioni sono soggette alle sollecitazioni/pressioni esterne al sistema
naturale come ad esempio le attività agricole che storicamente hanno inevitabilmente plasmato il
territorio. Le attuali tecniche agricole dato l’avvento della “chimicizzazione agricola” in sostituzione
delle tecniche tradizionali di gestione dei terreni agricoli, hanno notevolmente aggravato lo stato di
conservazione degli ecosistemi di palude presenti nella piana lacustre reatina. Data l’esistenza di una
Riserva Naturale Regionale e l’istituzione di un’area Natura 2000 che hanno come obiettivo tutelare
gli ecosistemi naturali caratterizzanti il paesaggio naturale della Piana Reatina, sarà indispensabile
intervenire con adeguati strumenti di gestione che mirino alla salvaguardia del biotopo.
Pertanto gli interventi dovrebbero essere realizzati attraverso l’attuazione di fasi successive:
ripristino di una naturalità diffusa nel tessuto agricolo della piana alluvionale da attuare
principalmente attraverso l’avviamento a ricolonizzazione spontanea da parte della vegetazione
naturale, finalizzate alla tutela degli habitat acquatici e palustri minacciati dalle attività agricole
intensive;
ripristino dei valori naturali, in termini idrologici e idrochimici, dei sistemi fluvio palustri della Piana;
favorire un processo agricolo che miri alla gestione degli agro-ecossitemi e che favorisca i
processi agronomici che non utilizzino prodotti dannosi per la sopravvivenza degli ecosistemi
fluvio-palustri;
riqualificazione del paesaggio attraverso proposte di trasformazione dei terreni agricoli
abbandonati, dell’arredo verde pubblico e dei lembi di vegetazione ripariale soggetta a ripetuti
tagli per la gestione dei fossi artificiali;
avvio di processi di gestione integrata per migliorare la conoscenza delle dinamiche ambientali e
favorire la conservazione degli ecosistemi naturali a rischio, costantemente soggette ad azioni
non concordate e non efficaci per una gestione consapevole del territorio.
Se avviate tali procedure si potrebbe in breve avere un netto cambio di tendenza, con un potenziale
cambiamento dello stato di conservazione degli habitat caratterizzanti la Riserva.
Inoltre si ravvisa che data l’estensione della Piana Reatina, rispetto all’estensione della Riserva stessa,
che talune azioni su elencate, con specifici protocolli d’intesa con organizzazioni locali, andranno
necessariamente estese all’intera Piana. Tali azioni sono necessarie a scala ampia in relazione alle
morfologie della Piana e al reticolo idrologico che drena inevitabilmente le acque superficiali verso il
Fiume Velino e verso i Laghi retini, generando così un unico luogo di accumulo di acque e sedimenti.
Tale via di scolo se attraversante aree soggette ad utilizzo di sostanze nocive (es. diserbanti,
fertilizzanti etc.) o aree di accumulo della rete delle “acque scure” (depuratori), trascinerà il suo
carico, sia in termini di sostanze chimiche diluite che di sedimenti nocivi, verso i laghi, aggravando lo
stato di salute degli stessi. Tali aspetti risultano anche dai dati ottenuti dal Piano di Gestione della
ZPS e dall’analisi dei dati, anche se non esaustivi, dell’ARPA Lazio.
1.2.4.1
Criticità Habitat Natura 2000
Di seguito si riassumono le indicazioni sintetiche dei singoli Habitat, derivate da analisi di campo e
specifici riscontri avuti con il personale della Riserva e fruitori del territorio, da cui si evidenziano
criticità riscontrate e a seguire e una schema sintetico delle stesse:
•
3150 Laghi eutrofici naturali con vegetazione del Magnopotamion o Hydrocharition
L’evidente impoverimento floristico del Habitat suggerisce la necessità di intervenire con urgenza
sulla salvaguardia dell’integrità del mezzo (vale a dire di tutti i corpi d’acqua, dalle sorgenti, ai bacini
a i corsi e i fossi) in modo tale da assicurare condizioni ambientali in grado di sostenere la persistenza
di popolazioni vitali delle specie caratterizzanti l’Habitat consentendo anche alle specie che
attualmente si sono ritirate in stazioni rifugiali (presso sorgenti o canali di deflusso) di ricolonizzare
spontaneamente spazi idonei alla loro sopravvivenza.
•
3240 Fiumi alpini con vegetazione riparia legnosa a Salix eleagnos
Al fine di salvaguardare gli ultimi isolati individui (sottoposti a stress tali da connotare la specie come
a rischio di estinzione locale) è necessario provvedere ad assicurarne la conservazione e l’integrità
attraverso l’attuazione di forme di tutela localissime e dedicate. Va effettuato un rilievo di dettaglio
di tutti gli individui presenti e le sponde in cui la specie viene rinvenuta vanno sottratte a qualsiasi
forma di manomissione distruttiva o di disturbo operata ad esempio con sfalci e tagli.
•
3140 Acque oligomesotrofe calcaree con vegetazione bentica di Chara spp.
Al fine di conservare l’Habitat è necessario condurre campagne di monitoraggio di dettaglio che
portino al censimento e alla caratterizzazione fisica e biologica di tutti i punti d’acqua presenti nel
comprensorio con caratteristiche idonee a sostenere popolazioni vitali di alghe Characee
assicurandone il buon stato di conservazione. Come per la componente macrofitica dell’Habitat 3150
il cattivo stato di conservazione osservato per l’Habitat ad alghe Characeae suggerisce la necessità di
intervenire con urgenza per assicurare la salvaguardia dell’integrità della risorsa idrica sia in termini
quantitativi che qualitativi.
•
3260 Fiumi delle pianure e montani con vegetazione del Ranunculion fluitantis e CallitrichoBatrachion
L’Habitat risulta ben rappresentato localmente con popolazioni di Callitriche sp.pl. consistenti dal
punto di vista numerico e una elevata superficie di diffusione nel territorio. Per la conservazione
delle specie caratteristiche è importante assicurare oltre a una ottima qualità delle acque anche un
livello di regime idrico in grado di sostenere la persistenza di acque circolanti sempre limpide e
ossigenate.La presenza di popolazioni localizzate di Hippuris vulgaris suggerisce la necessità di
assicurare la continuità fisica di porzioni alveali ben conservate, prive di elementi di ostacolo alla
diffusione di frammenti o organi di riproduzione della specie.La presenza di tappeti clonali di elofite
idrofitiche può essere indice di disturbo frequente operato attraverso il taglio della vegetazione
acquatica, in tal caso andrebbe allungato il periodo di riposo tra un taglio e l’altro, dando la
possibilità alle specie di produrre porzioni fiorali emerse che consentano agli individui, oltre alla
riproduzione vegetativa assicurata dalla propagazione di frammenti, la riproduzione sessuata, evento
indispensabile al fine di garantire il mantenimento della necessaria variabilità genetica intraspecifica.
•
7210* Paludi calcaree con Cladium mariscus e specie del Caricion davallianae
È urgentissimo provvedere alla tutela assoluta di tutti gli individui rimasti ed è assolutamente
necessario avviare campagne di censimento di dettaglio, con strumenti e tempi opportuni, che
identifichino tutti i siti di accantonamento della specie. Trattandosi di stazioni spondali, è molto
elevato il pericolo di subire danneggiamento e alterazione a causa di interventi antropici. Pratiche di
“ripulitura” delle sponde per migliorare l’accessibilità al corso d’acqua da parte a fini ricreativi o per
lo svolgimento di pratiche agricole hanno già drasticamente danneggiato alcune popolazioni di
Cladium. Valga ad esempio di ciò il rinvenimento di un singolo individuo di Cladium mariscus, lungo la
sponda del Canale della Vergara in prossimità del Lago Lungo. L’individuo è rimasto verosimilmente
isolato, a partire da una popolazione originaria più cospicua, a causa di ripetuti eventi di disturbo
operati sulla sponda che, trovandosi al termine di un sentiero, subisce frequenti manomissioni da chi
deve accedere al corso d’acqua. La tutela assoluta delle sponde è prerogativa essenziale al fine di
garantire un soddisfacente stato di conservazione di tutto l’ecosistema ripariale e delle specie di
rilievo qui accantonate.
•
92A0 Foreste a galleria di Salix alba e Populus alba
La vegetazione legnosa alveale e igrofila è quella che più ha sofferto della trasformazione del
paesaggio naturale operato dall’uomo. L’attuale stato di conservazione non concede ulteriori
deleghe alla distruzione, costituendo ogni individuo l’ultimo rappresentante di un paesaggio in via di
scomparsa. Trattandosi perlopiù di specie vigorose estremamente veloci nella ricolonizzazione del
territorio, gli interventi di salvaguardia possono essere individuati nel novero delle azioni di tutela a
carattere conservativo rappresentate dalla sottrazione di porzioni di territorio dalle azioni di disturbo
(taglio e sfalcio) da avviare a colonizzazione spontanea. Attraverso la riconquista di spazi disponibili,
anche a carattere lineare, come le delimitazioni interpoderali lungo i fossi di drenaggio e la
protezione delle fasce di rispetto perialveali per una larghezza di almeno 5 metri per sponda, si
possono garantire sufficienti misure atte ad assicurare la sopravvivenza dell’Habitat e il
miglioramento dello stato di conservazione dell’Habitat.
•
3270 Fiumi con argini melmosi con vegetazione del Chenopodion rubri p.p e Bidention p.p.
La naturale collocazione frammentaria e puntiforme dell’Habitat nonché il carattere perlopiù
secondario delle stazioni attuali, suggeriscono come pratica per la conservazione la tutela rigorosa
delle stazioni esistenti, il censimento di dettaglio e la rilevazione di vegetazione dei popolamenti, il
monitoraggio del dinamismo in atto al fine di evidenziare cambiamenti nella struttura floristica e
della vegetazione.
•
I050 Magnocaricion elatae stands
L’Habitat, se pur non ancora inserito in allegato della Direttiva, per il carattere di rarità delle forme di
vegetazione rappresentate merita l’attuazione di forme di tutela dedicate. Come per la restante
vegetazione spondale, la preservazione rigorosa degli ecosistemi ripari attraverso l’allontanamento di
qualsiasi forma di disturbo e stress costituisce una misura di tutela minima al fine di garantirne la
sopravvivenza.
1.2.4.2
Scheda sinottica Minacce – Misure di Salvaguardia
SPECIE E/O
HABITAT
(Nat.2000)
Tutte le
comunità
floristicovegetazionali
MINACCIA/PROBLEMA
Uso Erbicidi, Pesticidi e
attività agricola di tipo
intensivo ed estensivo
MISURA DI SALVAGUARDIA
Limitazione della attività agricole di tipo estensivo e intensivo e
favorire il mantenimento dei terreni in buone condizioni
agronomiche e ambientali, limitare l’eliminazione degli elementi
naturali e seminaturali che caratterizzano il paesaggio agrario
della Piana. Come da Deliberazione della Giunta Regionale 22
dicembre 2008, n. 972.
Limitare uso di sostanze nocive per il diserbo chimico dei campi
agricoli, che inficiano le caratteristiche idrochimiche naturali dei
sistemi fluvio-palustri (vd. DECRETO LEGISLATIVO 14 agosto
2012 , n. 150).
Estendere le misure cautelative a tutta la Piana Reatina
Presenza di:
Cladium
mariscus;
Carex
paniculata;
Le specie elencate dovranno essere escluse da qualsiasi forma di
Eradicazione artificiale delle taglio e/o eradicazione in quanto appartenenti a liste di flore
specie elencate
rare e di rilievo per il Lazio, nonché caratterizzanti alcuni degli
Habitat Natura 2000 rivenuti nell’area protetta.
Carex
pseudocyperus;
Carex elata.
Tutte le
comunità
forestalie
arbustive
Frammentazione del
Paesaggio. Eccessiva
frammentazione dei sistemi
forestali naturali lungo i
fossi e sui rilievi collinari
presenti nella piana
Incrementare e incentivare l’utilizzazione del sistema dei “campi
chiusi” con siepi a filare di specie arboree e arbustive locali.
Favorire tutti quei processi di ricostituzione dei sistemi naturali
e seminaturali ,che caratterizzano il paesaggio della Piana,
tramite lo sviluppo di protocolli di buone pratiche gestionali del
territorio, legate ai processi di sfalcio agricolo.
Misure specifiche di conservazione per la salvaguardia
dell’integrità dei corpi idrici (cfr. Strumento Normativo: N).
3150
Alterazione chimico-fisica e
biologica delle acque fluviolacustri (processi di
eutrofizzazione ed
inquinamento in atto).
Interventi per il miglioramento della qualità delle acque
(abbattimento inquinanti) e ripristino della funzionalità
idrologica (ripristino della circolazione idrica per la diluizione dei
nutrienti e degli inquinanti).
Taglio delle porzioni
superficiali per il passaggio
dei natanti
Salvaguardia dei siti rifugiali (aree sorgentizie, accantonamenti
residuali di specie indicatrici quali Nymphaea alba, Nuphar
luteum, Utricularia vulgaris, Llemna trisulca, etc.)
Realizzazione di una carta di dettaglio della distribuzione delle
forme di vegetazione caratterizzanti l’Habitat e degli ecosistemi
dinamicamente ad esse correlate
Rilievo di dettaglio degli individui di Salix eleagnos presenti.
3240
3140
Riduzione della superficie di
accantonamento
dell’Habitat dal 15% al 5%,
per probabile errata
segnalazione originaria
Riduzione della superficie di
accantonamento
dell’Habitat dal 5% al 1%,
verosimilmente a causa di
fenomeni di eutrofizzazione
dei corpi idrici
Sottrazione dei tratti spondali con presenza dell’Habitat a
manomissioni, alterazioni ed usi distruttivi dello stesso
Rispetto e mantenimento dei fossi di drenaggio lungo le
delimitazioni interpoderali e tutela delle fasce perialveali (cfr.
leggi vigenti)
Rilievo di dettaglio e monitoraggio delle stazioni residuali.
Interventi e regolamentazione delle attività per il miglioramento
della qualità delle acque (abbattimento inquinanti, soprattutto
composti del fosforo) e ripristino della funzionalità idrologica.
Allungamento del periodo di riposo tra tagli successivi e
pianificazione delle attività di taglio (tagli a mosaico) in modo da
consentire uno sviluppo costante della vegetazione.
3260
Si potrà effettuare una “ripulitura” nell’alveo del canale per un
estensione verticale che comprenda lo spazio occupato dal
corpo idrico, compreso tra la quota minima della portata media
annuale e la portata massima (definita da un picco di piena
successivo ad un evento meteorico di una certa intensità). Per r
ripulitura si intende l’eliminazione di tutti gli ostacoli naturali
che possono impedire il deflusso idrico (rami secchi, tronchi o
rami in alveo e zolle di suolo derivanti da fenomeni franosi
spondali locali, anche colonizzate da vegetazione a Cannuccia di
Palude, Tifa o vegetazione spondale erbacea) e artificiali
(materiali solidi di origine antropica). È da escludere dalla
“ripulitura” qualsiasi forma di vegetazione acquatica sommersa
Taglio vegetazione
o semi-sommersa (per vegetazione acquatica sommersa o semiacquatica lungo i corpi idrici sommersa, si intende vegetazione radicata sul fondo del canale,
fluvio-lacustri
in alveo).
Nella restante porzione delle sponde, definite dalla zona
occupata nei livelli di massima e minima portata naturale
dell’alveo e la sponda emersa del canale sino al raggiungimento
del margine superiore del canale stesso, si potranno effettuare
azioni di sramatura, sbrancatura e capitozzatura degli individui
di Salix sp.pl. e Populus sp.pl. con diametro a petto d’uomo
superiore ai 50 cm. Tali processi di taglio devono riguardare solo
individui arborei di Salix sp.pl. e Populus sp.pl. e non vanno
praticati su tutti gli individui arbustivi delle suddette specie.
Tutte le azioni elencate sono da effettuarsi esclusivamente nel
periodo autunnale o invernale e fuori dai periodi fenologici
legati alla riproduzione delle specie presenti, che vanno
dall’inizio della primavera (21 Marzo dell’anno corrente) fino
alla fine dell’Estate (21 Settembre dell’anno corrente).
Censimento di dettaglio e studi fenologici (fioritura e
fruttificazione) sugli individui di Cladium mariscus
Divieto assoluto di qualsiasi disturbo o manomissione meccanica
degli individui di C. mariscus
7210
Stazioni relittuali a
carattere puntiforme e
isolato, sottoposte a
manomissione e disturbo
Interventi di tutela localizzati nell’intorno dei siti di presenza
della specie in esame, al fine di favorirne l’espansione naturale
Promozione di una Banca del Germoplasma per lo studio e la
conservazione del patrimonio genetico delle popolazioni di
Cladium mariscus
Rispetto e mantenimento dei fossi di drenaggio lungo le
delimitazioni interpoderali e tutela delle fasce perialveali (cfr.
leggi vigenti)
92A0
Trasformazione del
Rispetto e mantenimento dei fossi di drenaggio lungo le
paesaggio naturale ad
delimitazioni interpoderali e tutela delle fasce perialveali (cfr.
opera delle attività agricole. leggi vigenti)
3270
Formazioni nitrofile a
carattere secondario che
rischiano di scomparire per
Censimento di dettaglio e rilevazione dei popolamenti secondari
l’evoluzione naturale del
canneto. Siti primari ridotti
Ricerca di eventuali potenzialità per siti primari
a causa della regimazione
delle acque che non
Monitoraggio del dinamismo in atto
consente la formazione di
banchi fangosi
stagionalmente emersi
I050
Accantonamenti puntiformi
di Carici cespitose di origine
relittuale-residuale (Carex
pani culata) sottoposte
lungo le sponde a fenomeni
di disturbo da taglio e
sfalcio per opere di
“ripulitura”
Rilievo di dettaglio e monitoraggio delle stazioni residuali di tutti
gli individui esistenti
tutela rigorosa degli individui esistenti e delle porzioni di sponda
circostanti
Rispetto e mantenimento dei fossi di drenaggio lungo le
delimitazioni interpoderali e tutela delle fasce perialveali (cfr.
leggi vigenti)
Suddette misure di salvaguardia se non adottate in forma urgente, con specifiche misure di gestione
e adeguato strumento di pianificazione, renderanno vano e inefficace la strategia sin qui adottata
dalla Regione nel pianificare la Riserva con specifica Legge Regionale per l’istituzione della stessa.
Pertanto la probabile e quanto mai certa evoluzione del territorio in tali condizioni, porterà
inevitabilmente ad una cospicua perdita di elementi floristico-vegetazionali, che intaccheranno
inevitabilmente il paesaggio caratterizzante la Riserva dei Laghi Lungo e Ripasottile.
1.2.4.3
Inadeguata perimetrazione della ZPS e della Riserva Naturale
Data l’attuale condizione ecologica in cui gravano le cenosi esistenti all’intermo della Riserva, data la
perimetrazione della Zona di Protezione Speciale (ZPS) e data l’estesione attuale della Riserva si
propone di avviare una perimetrazione più attinente alle strategia di conservazione degli Habitat
Natura 2000 all’interno e immediatamente all’estreno dei perimetri attuali della Riserva e un
adeguamento dei limiti del sito Natura 200 algi stessi.
Proprio in ambito di Rete Ecologica, alla luce delle valutazioni effettuate, si rende necessario
ampliare l’estensione della Riserva, con l’annessione del tratto fluviale del Fiume Velino fino al Lago
di Ventina. Tale estensione garantirà una connessione infrastrutturale di corridoi verdi lungo l’asta
fluviale principale del Fiume Velino al fine di mantenere in continuità i sistemi fluvio-palustri presenti
nel settore settentrionale della Piana Reatina. Inoltre date le criticità riscontrate degli Habitat
presenti nel SIC “Lago di Ventina”, e i fattori i rischio degli Habitat presenti nella Riserva dei Laghi, si
necessità di avviare quanto prima un piano di controllo e monitoraggio da parte delle autorità
competenti e avviare processi pianificatori per far riferimento ad uno specifico quadro gestionale
(afferibile alle legge 394/91 e leggi regionali), che tuteli definitivamente le emergenze naturalistiche
del Lago di Ventina.
Le forme di vegetazione caratterizzanti gli habitat presenti nelle aree dei Laghi Reatini e Lago di
Ventina, possono essere considerate rappresentative di tutte le tappe della serie di vegetazione
locale, dagli ambienti acquatici a quelli palustri con vegetazione da erbacea a arborea, e per tale
ragione ancora più preziose ai fini della conservazione del paesaggio, della flora e vegetazione umida
locali.
1.2.5
ATTIVITÀ DI STUDIO/MONITORAGGIO E AZIONI GESTIONALI SU FLORA E VEGETAZIONE
Scheda Azione Tipo
PIANO DEL PARCO
RISERVA NATURALE REGIONALE “LAGHI LUNGO E RIPASOTTILE”
Titolo dell’azione
Riduzione dei fenomeni di criticità indotta dalle attività umane sul
patrimonio naturale nel territorio della Piana dei Laghi Reatini
Localizzazione
Intero territorio della Riserva Naturale
Specie o Habitat di direttiva Habitat:
interessate
3150 Laghi eutrofici naturali con vegetazione del Magnopotamion o
Hydrocharition
3140 Acque oligomesotrofe calcaree con vegetazione bentica di Chara
spp.
3240 Fiumi alpini con vegetazione riparia legnosa a Salix eleagnos
3260 Fiumi delle pianure e montani con vegetazione del Ranunculion
fluitantis e Callitricho-Batrachion
7210* Paludi calcaree con Cladium mariscus e specie del Caricion
davallianae
92A0 Foreste a galleria di Salix alba e Populus alba
3270 Fiumi con argini melmosi con vegetazione del Chenopodion rubri p.p
e Bidention p.p.
I050 Magnocaricion elatae stands
Tipo azione
Intervento Attivo gestionale e Incentivazione
Descrizione dello stato
attuale e dei fattori di
minaccia e criticità che
motivano l’intervento
Il territorio compreso all’interno dell’area SIC/ZPS “Laghi Lungo e Ripasottile” e della più ampia Riserva
Naturale Regionale omonima, racchiude a tutt’oggi valori floristici e vegetazionali di valore elevatissimo. La
storia delle trasformazioni del paesaggio legato alla millenaria frequentazione di questi territori da parte
dell’uomo ha plasmato il paesaggio attraverso la messa in opera di interventi che hanno, in tempi diversi e
con azioni a diverso grado di impatto, definitivamente cambiato l’aspetto della Piana.
L’intero dominio perialveale e planiziale dominato dagli espandimenti del Velino e dal ristagno delle acque
provenienti dalle numerose sorgenti pedemontane è stato sottoposto a regimazione delle acque,
stravolgendo i gradienti idrici e sottraendo alle comunità vegetali originarie spazi utili all’accantonamento.
Dell ’originario assetto di un esteso mosaico di zone palustri e corpi d’acqua non rimangono perciò oggi che
frammenti isolati impoveriti sia in termini floristici che di struttura della vegetazione la cui conservazione è
obiettivo primario e irrinunciabile di qualsiasi programmazione volta alla conservazione del patrimonio
naturale del territorio.
Lo stato di conservazione degli ecosistemi acquatici e palustri evidenzia segni di degrado a carico delle
formazioni vegetazionali verosimilmente dovuti ad una alterazione della qualità delle acque. La presenza
quasi esclusiva di Najas marina nel lago di Ripasottile così come la scomparsa recente di numerose specie di
flora, ancora segnalate nei decenni passati, parla infatti a favore di una salinizzazione e di una alterazione
degli equilibri fisico-chimici delle acque.
L’evidente impoverimento floristico e di complessità di struttura suggerisce la necessità di intervenire con
urgenza sulla salvaguardia dell’integrità del mezzo in modo tale da assicurare condizioni ambientali in grado
di sostenere la persistenza di popolazioni vitali di specie igrofile consentendo anche alle specie che
attualmente si sono ritirate in stazioni rifugiali (presso sorgenti o canali di deflusso) di ricolonizzare
spontaneamente spazi idonei alla loro sopravvivenza.
Finalità
dell’azione L’obiettivo principale dell’intervento è quello di assicurare la salvaguardia della vegetazione esistente e di
(obiettivo specifico)
favorirne la conservazione in condizioni ottimali. Di seguito si riassumono le indicazioni sintetiche presentate
nei paragrafi riguardanti la descrizione dei singoli Habitat di cui si evidenziano criticità riscontrate e alcune
proposte di interventi e gestione.
3150 Laghi eutrofici naturali con vegetazione del Magnopotamion o Hydrocharition
L’evidente impoverimento floristico e di complessità di struttura suggerisce la necessità di intervenire con
urgenza sulla salvaguardia dell’integrità del mezzo (vale a dire di tutti i corpi d’acqua, dalle sorgenti, ai bacini
a i corsi e i fossi) in modo tale da assicurare condizioni ambientali in grado di sostenere la persistenza di
popolazioni vitali delle specie caratterizzanti l’Habitat consentendo anche alle specie che attualmente si sono
ritirate in stazioni rifugiali (presso sorgenti o canali di deflusso) di ricolonizzare spontaneamente spazi idonei
alla loro sopravvivenza.
3240 Fiumi alpini con vegetazione riparia legnosa a Salix eleagnos
Al fine di salvaguardare gli ultimi isolati individui (sottoposti a stress tali da connotare la specie come a rischio
di estinzione locale) è necessario provvedere ad assicurarne la conservazione e l’integrità attraverso
l’attuazione di forme di tutela localissime e dedicate. Va effettuato un rilievo di dettaglio di tutti gli individui
presenti e le sponde in cui la specie viene rinvenuta vanno sottratte a qualsiasi forma di manomissione
distruttiva o di disturbo operata ad esempio con sfalci e tagli.
3140 Acque oligomesotrofe calcaree con vegetazione bentica di Chara spp.
Al fine di conservare l’Habitat è necessario condurre campagne di monitoraggio di dettaglio che portino al
censimento e alla caratterizzazione fisica e biologica di tutti i punti d’acqua presenti nel comprensorio con
caratteristiche idonee a sostenere popolazioni vitali di alghe Characee assicurandone il buon stato di
conservazione.
Come per la componente macrofitica dell’Habitat 3150 il cattivo stato di conservazione osservato per
l’Habitat ad alghe Characeae suggerisce la necessità di intervenire con urgenza per assicurare la salvaguardia
dell’integrità della risorsa idrica sia in termini quantitativi che qualitativi.
3260 Fiumi delle pianure e montani con vegetazione del Ranunculion fluitantis e Callitricho-Batrachion
L’Habitat risulta ben rappresentato localmente con popolazioni di Callitriche sp.pl. consistenti dal punto di
vista numerico e una elevata superficie di diffusione nel territorio. Per la conservazione delle specie
caratteristiche è importante assicurare oltre a una ottima qualità delle acque anche un livello di regime idrico
in grado di sostenere la persistenza di acque circolanti sempre limpide e ossigenate.
La presenza di popolazioni localizzate di Hippuris vulgaris suggerisce la necessità di assicurare la continuità
fisica di porzioni alveali ben conservate, prive di elementi di ostacolo alla diffusione di frammenti o organi di
riproduzione della specie.
La presenza di tappeti clonali di elofite idrofitiche può essere indice di disturbo frequente operato attraverso
il taglio della vegetazione acquatica, in tal caso andrebbe allungato il periodo di riposo tra un taglio e l’altro,
dando la possibilità alle specie di produrre porzioni fiorali emerse che consentano agli individui, oltre alla
riproduzione vegetativa assicurata dalla propagazione di frammenti, la riproduzione sessuata, evento
indispensabile al fine di garantire il mantenimento della necessaria variabilità genetica intraspecifica.
3270 Fiumi con argini melmosi con vegetazione del Chenopodion rubri p.p e Bidention p.p.
La naturale collocazione frammentaria e puntiforme dell’Habitat nonché il carattere perlopiù secondario
delle stazioni attuali, suggeriscono come pratica per la conservazione la tutela rigorosa delle stazioni
esistenti, il censimento di dettaglio e la rilevazione di vegetazione dei popolamenti, il monitoraggio del
dinamismo in atto al fine di evidenziare cambiamenti nella struttura floristica e della vegetazione.
Finalità
dell’azione 7210* Paludi calcaree con Cladium mariscus e specie del Caricion davallianae
(obiettivo specifico)
È urgentissimo provvedere alla tutela assoluta di tutti gli individui rimasti ed è assolutamente necessario
avviare campagne di censimento di dettaglio, con strumenti e tempi opportuni, che identifichino tutti i siti di
accantonamento della specie. Trattandosi di stazioni spondali, è molto elevato il pericolo di subire
danneggiamento e alterazione a causa di interventi antropici. Pratiche di “ripulitura” delle sponde per
migliorare l’accessibilità al corso d’acqua da parte a fini ricreativi o per lo svolgimento di pratiche agricole
hanno già drasticamente danneggiato alcune popolazioni di Cladium. Valga ad esempio di ciò il rinvenimento
di un singolo individuo di Cladium mariscus, lungo la sponda del Canale della Vergara in prossimità del Lago
Lungo. L’individuo è rimasto verosimilmente isolato, a partire da una popolazione originaria più cospicua, a
causa di ripetuti eventi di disturbo operati sulla sponda che, trovandosi al termine di un sentiero, subisce
frequenti manomissioni da chi deve accedere al corso d’acqua. La tutela assoluta delle sponde è prerogativa
essenziale al fine di garantire un soddisfacente stato di conservazione di tutto l’ecosistema ripariale e delle
specie di rilievo qui accantonate.
92A0 Foreste a galleria di Salix alba e Populus alba
La vegetazione legnosa alveale e igrofila è quella che più ha sofferto della trasformazione del paesaggio
naturale operato dall’uomo. L’attuale stato di conservazione non concede ulteriori deleghe alla distruzione,
costituendo ogni individuo l’ultimo rappresentante di un paesaggio in via di scomparsa. Trattandosi perlopiù
di specie vigorose estremamente veloci nella ricolonizzazione del territorio, gli interventi di salvaguardia
possono essere individuati nel novero delle azioni di tutela a carattere conservativo rappresentate dalla
sottrazione di porzioni di territorio dalle azioni di disturbo (taglio e sfalcio) da avviare a colonizzazione
spontanea. Attraverso la riconquista di spazi disponibili, anche a carattere lineare, come le delimitazioni
interpoderali lungo i fossi di drenaggio e la protezione delle fasce di rispetto perialveali per una larghezza di
almeno 5 metri per sponda, si possono garantire sufficienti misure atte ad assicurare la sopravvivenza
dell’Habitat e il miglioramento dello stato di conservazione dell’Habitat.
I050 Magnocaricion elatae stands
L’Habitat, se pur non ancora inserito in allegato della Direttiva, per il carattere di rarità delle forme di
vegetazione rappresentate merita l’attuazione di forme di tutela dedicate. Come per la restante vegetazione
spondale, la preservazione rigorosa degli ecosistemi ripari attraverso l’allontanamento di qualsiasi forma di
disturbo e stress costituisce una misura di tutela minima al fine di garantirne la sopravvivenza.
Descrizione
dell’azione L’intervento prevede la realizzazione di tre azioni differenti:
(metodologia)
e
programma operativo
ripristino di una naturalità diffusa nel tessuto agricolo della piana alluvionale da
attuare principalmente attraverso l’avviamento a ricolonizzazione spontanea da parte della vegetazione
naturale. In particolar modo ciò verrà realizzato attraverso la recinzione delle “raccolte d’acqua” (sink-hole
allagati, lame, sorgenti) finalizzate alla tutela degli habitat acquatici e palustri minacciati dalle attività agricole
intensive;
riqualificazione del paesaggio attraverso proposte di trasformazione dell’arredo verde
pubblico e privato volte alla sostituzione delle legnose derivate da piantumazione estranee al paesaggio
locale (sostituzione di conifere con specie arboree del paesaggio agrario della tradizione come pioppi
cipressini, olmi, fruttifere domestiche);
bonifica dai rifiuti sull’intera area e in particolar modo nel reticolo idrografico di
superficie secondario;
realizzazione di due canali di derivazione dal canale di S. Susanna al fine di favorire
ingresso di acqua a maggior grado di ossigenazione nel Lago di Ripasottile il primo all’interno del Fosso di S.
Susanna presso la località Canapine, il secondo nella lama in fase di interramento a nord del lago di
Ripasottile tra le località Colle Pipino e Colle Bianco.
I vantaggi rappresentati dall’ innesco di fenomeni di colonizzazione da parte delle popolazioni di una flora
igrofila accantonate nelle immediate vicinanze dell’area di intervento, sono incentrati sull’ assenza di eventi
di manipolazione arbitraria nel riassetto della vegetazione per mezzo di piantumazioni e alle conseguenze di
in inquinamento genetico inevitabilmente connesso a tali operazioni a seguito dell’impiego di materiale da
impianto di origine alloctona.
La vegetazione così ricostituitasi nel processo di colonizzazione naturale , pur di neoformazione mantiene
quindi intatto il valore documentario in quanto affidata ai meccanismi di un determinismo naturale indotto
dalla nuova idrografia superficiale, esaltando il valore documentario della vegetazione dell’area in
adempimento alle prescrizioni delle Direttive Comunitarie.
Gli impianti di legnose saranno limitati a specie di fruttifere domestiche nello spazio prettamente agricolo e a
talee e astoni di salici e pioppi locali nello spazio perialveale ciò alfine di ottenere il duplice vantaggio del
recupero del pregio paesaggistico e del valore storico-culturale ed ecologico dell’area.
L’ingresso di acqua nel lago favorirà i processi di diluizione rispetto ai valori elevati attuali di salinità e
nutrienti, adducendo acque a maggior ossigenazione e ripristinando una circolazione che porterà al generale
migliorare della qualità idrica del bacino e favorendo il ripristino di condizioni ambientali idonee allo sviluppo
dell’originale vegetazione spontanea e di una fauna diversificata.
Come riferimento per la ricostruzione di un paesaggio agrario della tradizione può essere utilizzato il
contenuto delle descrizioni della cartografia IGM realizzata in tempi antecedenti la più moderna fase di
“modernizzazione” del tessuto agricolo, in cui venivano chiaramente indicate le zone soggette maggiormente
ad impaludamento e tutte le principali zone sorgentizie. Informazioni di cui si è persa traccia nelle cartografie
successive (es C.T.R.) e che sono altresì di fondamentale importanza e riferimento per garantire l’efficacia
dell’intervento.
Indicatori target
Tuttte le cenosi legate agli ecosistemi fluvio-lacustri
Ripristino e ampliamenti delle superfici degli habitat lacustri e palustri;
Descrizione dei risultati
attesi
Ricostituzione di un saliceto di piana alluvionale planiziale intramontano, corridoio di
collegamento con aree forestate vicine in modo da ridurre l’isolamento ecologico del sito;
Ampliamento dell’area del saliceto di golena, canneto a Phragmites australis e creazione di zone
umide a diversa profondità per assicurare habitat idonei alle specie di interesse comunitario.
Soggetti competenti
modalità attuative
Priorità dell’azione
e Parco Naturale, Provincia, Regione Lazio e Enti di Ricerca
Elevata
Tempi e stima dei costi
Tempi di realizzazione 24 mesi
Costi indicativi 400.000,00 €
Scheda
Azione Tipo
PIANO DEL PARCO
RISERVA NATURALE REGIONALE “LAGHI LUNGO E RIPASOTTILE”
Titolo dell’azione
Monitoraggio Idrochimico e Biotico dei sistemi fluvio-lacustri
Localizzazione
Intero territorio della Riserva Naturale
Specie o Habitat
interessate
di
Commento [E1]: Come sotto aspetto
indicazioni Enrico e Alba per
condividere Scheda…DA FINIRE…
direttiva Habitat:
3150 Laghi eutrofici naturali con vegetazione del Magnopotamion o
Hydrocharition
3140 Acque oligomesotrofe calcaree con vegetazione bentica di Chara spp.
3240 Fiumi alpini con vegetazione riparia legnosa a Salix eleagnos
3260 Fiumi delle pianure e montani con vegetazione del Ranunculion fluitantis e
Callitricho-Batrachion
7210* Paludi calcaree con Cladium mariscus e specie del Caricion davallianae
3270 Fiumi con argini melmosi con vegetazione del Chenopodion rubri p.p e
Bidention p.p.
I050 Magnocaricion elatae stands
Tipo azione
Intervento Attivo Monitoraggio e Incentivazione
Descrizione
dello
stato
attuale e dei
fattori
di
minaccia
e
criticità che
motivano
l’intervento
A nostro avviso, a seguito degli interventi di bonifica e successiva espansione dell’attività agricola, uno dei fattori connessi
allo stato di salute dell’ecosistema fluvio-lacustre è sicuramente collegato ai processi di meccanicizzazione prima e
introduzione della chimica nella gestione dei terreni agricoli successivamente. La meccanicizzazione e la rotazione delle
colture nei terreni agricoli, manteneva in qualche misura in equilibrio il processo tra rinaturalizzazione spontanea delle
porzioni di territorio agricolo e gestione dei terreni da parte degli agricoltori. La recente introduzione di sostanze chimiche
che facilitano in qualche misura la filiera agricola, hanno inevitabilmente capovolto il tradizionale contrasto tra
naturalizzazione e artificializzazione dei terreni, portando a una scarsa capacità di resistenza e resilienza di tali ecosistemi.
Prodotti fitosanitari, erbicidi, pesticidi e fertilizzanti hanno introdotto un processo devastante che ha ridotto notevolmente
la qualità dei biotopi interessati, misurata da indicatori come la presenza di specie vegetali e animali molto sensibili a tali
cambiamenti (cfr. Capitolo Aspetti Faunistici).
Alcuni indicatori idrochimici e biologici, oltre a prove inconfutabili date da testimonianze fisiche, mettono in evidenza
l’utilizzo di tali sostanze, quasi sempre prevalentemente costituite da sostanze chimiche contenenti Azoto e Fosforo.
Proprio alcune di queste sostanze sono responsabili di valori oltre il limite ammesso (cfr. All. 1 del D. lgs. 152/99 – Stato
ecologico dei laghi), come riportato nelle tabelle degli elementi chimici analizzati nei due laghi.
Al momento la problematica dell’utilizzo degli erbicidi chimici sembrerebbe destare maggior attenzione, difatti proprio
come descritto dagli stessi produttori, l’utilizzo prolungato e le quantità utilizzate producono nel tempo inevitabilmente
danni irreversibili agli ecositemi fluvio-lacustri. Tale condizione mette a repentaglio, oltre all’esistenza e coesistenza degli
agro-ecosistemi, anche la sussistenza delle nuove economie agricole legate al turismo ambientale e la filiera dei prodotti
tipici di tipo biologico con utilizzo di buone pratiche per la gestione sostenibile dell’ambiente. Inoltre si ritiene ravvisare
che, tale gestione del territorio, senza alcun intervento programmatico/gestionale da parte dell’Ente gestore, farà cadere
inevitabilmente uno dei principi fondamentali della Riserva stessa, ossia la conservazione della Natura del biotopo in
questione, sensu L. 394/91, sensu legge regionale dei parchi 29/97 e legge istitutiva della Riserva Naturale.
Commento [E2]: Da condivider con
Enrico ed Alba per deeifnire una
scheda unica sul monitoraggio dei
prodotti chimici…
Finalità
dell’azione
(obiettivo
specifico)
L’obiettivo principale dell’intervento è quello di assicurare la salvaguardia della vegetazione esistente e di favorirne la
conservazione in condizioni ottimali. Di seguito si riassumono le indicazioni sintetiche presentate nei paragrafi riguardanti
la descrizione dei singoli Habitat di cui si evidenziano criticità riscontrate e alcune proposte di interventi e gestione.
3150 Laghi eutrofici naturali con vegetazione del Magnopotamion o Hydrocharition
L’evidente impoverimento floristico e di complessità di struttura suggerisce la necessità di intervenire con urgenza sulla
salvaguardia dell’integrità del mezzo (vale a dire di tutti i corpi d’acqua, dalle sorgenti, ai bacini a i corsi e i fossi) in modo
tale da assicurare condizioni ambientali in grado di sostenere la persistenza di popolazioni vitali delle specie caratterizzanti
l’Habitat consentendo anche alle specie che attualmente si sono ritirate in stazioni rifugiali (presso sorgenti o canali di
deflusso) di ricolonizzare spontaneamente spazi idonei alla loro sopravvivenza.
3240 Fiumi alpini con vegetazione riparia legnosa a Salix eleagnos
Al fine di salvaguardare gli ultimi isolati individui (sottoposti a stress tali da connotare la specie come a rischio di estinzione
locale) è necessario provvedere ad assicurarne la conservazione e l’integrità attraverso l’attuazione di forme di tutela
localissime e dedicate. Va effettuato un rilievo di dettaglio di tutti gli individui presenti e le sponde in cui la specie viene
rinvenuta vanno sottratte a qualsiasi forma di manomissione distruttiva o di disturbo operata ad esempio con sfalci e tagli.
3140 Acque oligomesotrofe calcaree con vegetazione bentica di Chara spp.
Al fine di conservare l’Habitat è necessario condurre campagne di monitoraggio di dettaglio che portino al censimento e
alla caratterizzazione fisica e biologica di tutti i punti d’acqua presenti nel comprensorio con caratteristiche idonee a
sostenere popolazioni vitali di alghe Characee assicurandone il buon stato di conservazione.
Come per la componente macrofitica dell’Habitat 3150 il cattivo stato di conservazione osservato per l’Habitat ad alghe
Characeae suggerisce la necessità di intervenire con urgenza per assicurare la salvaguardia dell’integrità della risorsa idrica
sia in termini quantitativi che qualitativi.
3260 Fiumi delle pianure e montani con vegetazione del Ranunculion fluitantis e Callitricho-Batrachion
L’Habitat risulta ben rappresentato localmente con popolazioni di Callitriche sp.pl. consistenti dal punto di vista numerico
e una elevata superficie di diffusione nel territorio. Per la conservazione delle specie caratteristiche è importante
assicurare oltre a una ottima qualità delle acque anche un livello di regime idrico in grado di sostenere la persistenza di
acque circolanti sempre limpide e ossigenate.
La presenza di popolazioni localizzate di Hippuris vulgaris suggerisce la necessità di assicurare la continuità fisica di
porzioni alveali ben conservate, prive di elementi di ostacolo alla diffusione di frammenti o organi di riproduzione della
specie.
La presenza di tappeti clonali di elofite idrofitiche può essere indice di disturbo frequente operato attraverso il taglio della
vegetazione acquatica, in tal caso andrebbe allungato il periodo di riposo tra un taglio e l’altro, dando la possibilità alle
specie di produrre porzioni fiorali emerse che consentano agli individui, oltre alla riproduzione vegetativa assicurata dalla
propagazione di frammenti, la riproduzione sessuata, evento indispensabile al fine di garantire il mantenimento della
necessaria variabilità genetica intraspecifica.
3270 Fiumi con argini melmosi con vegetazione del Chenopodion rubri p.p e Bidention p.p.
La naturale collocazione frammentaria e puntiforme dell’Habitat nonché il carattere perlopiù secondario delle stazioni
attuali, suggeriscono come pratica per la conservazione la tutela rigorosa delle stazioni esistenti, il censimento di dettaglio
e la rilevazione di vegetazione dei popolamenti, il monitoraggio del dinamismo in atto al fine di evidenziare cambiamenti
nella struttura floristica e della vegetazione.
Finalità
dell’azione
(obiettivo
specifico)
Commento [E3]: Se potete inserite
specie
Descrizione
L’intervento prevede la realizzazione azioni di monitoraggio:
dell’azione
(metodologia)
Idorchimica
e programma
operativo
Analisi dei suoli
Indicatori
target
Recupero dei terreni post agricoli
Azioni gestionali per buone pratiche agricole
Misure di mitigazione del rischio di contaminazione dei corpiidrici superficiali da deriva e ruscellamento di
sostanze tossiche per gli ecosistemi fluvio-lacustri
Tuttte le cenosi legate agli ecosistemi fluvio-lacustri
Ripristino e ampliamenti delle superfici degli habitat lacustri e palustri;
Descrizione
dei risultati
attesi
Ripristino delle buone condizioni idrochimiche e miglioramento dei Parametri dell’indice SEL.
Parco Naturale, Provincia, Regione Lazio e Enti di Ricerca
Soggetti
competenti e
modalità
attuative
Priorità
dell’azione
Elevata
Tempi e stima Tempi di realizzazione 24 mesi
dei costi
Costi indicativi 400.000,00 €
1.2.6
BIBLIOGRAFIA CITATA E CONSULTATA
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67
1.3
ASPETTI FAUNISTICI
Con Legge Regionale L.R. n. 94 del 17 giugno 1985, pubblicata nel B.U.R.L. n° 20 del 10 luglio 1985, la
Regione Lazio ha istituito La “Riserva parziale naturale dei Laghi Lungo e Ripasottile” (estesa circa
3.300 ha), la cui gestione è affidata ad un consorzio costituito tra i comuni di Cantalice, Colli sul
Velino, Contigliano, Poggio Bustone, Rivodutri e la comunità montana del Reatino V zona.
I fini istitutivi, riportati nell’art. 1 della legge citata sono i seguenti: “…. tutelare l'integrità delle
caratteristiche ambientali e naturali della flora e della fauna e al tempo stesso valorizzare le risorse al
fine di una razionale fruizione da parte dei cittadini, in particolare a scopo scientifico…..”
L’importanza naturalistica dell’area era già stata evidenziata nel 1971 con il suo inserimento da parte
della Società Botanica Italiana (SBI) nel “Censimento dei biotopi di rilevante interesse vegetazionale,
meritevoli di conservazione in Italia” e nel 1973 il CNR inserisce il territorio dei laghi nella
“Cartografia delle zone di particolare valore naturalistico del Lazio”.
Nei primi anni '80, a fronte di una accresciuta sensibilità locale verso la tutela delle risorse naturali,
spinsero le forze politiche e sociali locali a proporre l'istituzione di un'area protetta anche a seguito
della preoccupazione ingenerata da alcuni progetti che andavano ad interessare l’area dei laghi
reatini. La minaccia principale proveniva da un progetto di regolarizzazione degli argini del Lago di
Ripasottile, con la realizzazione di un invaso dalla forma regolare destinato a creare un bacino di
accumulo per l'alimentazione della centrale idroelettrica delle Marmore, nei momenti di maggior
richiesta di energia elettrica da parte della rete nazionale. Fu allora proposta da un consigliere
regionale reatino l'istituzione di una Riserva Naturale che culminò con l'emanazione della legge
istituiva L.R. 17 giugno 1985 n. 94.
La zona umida ed il territorio circostante sono di estremo interesse per l’avifauna, soprattutto per
quella acquatica e per tale motivo l’area fu prima designata da BirdLife Intenational come Important
Bird Areas (IBA) e successivamente (1995-1996) designata dal Ministero dell’Ambiente e dalla
Regione Lazio come Zona di Protezione Speciale (ZPS) ai sensi della “Direttiva Uccelli” e denominata
“Laghi Lungo e Ripasottile” (codice IT6020011), con un’estensione di 907,5 ettari. La medesima area
è inoltre un Sito di Interesse Comunitario (SIC), tutelato ai sensi della “Direttiva Habitat” ed a breve,
sarà designato dalla Regione Lazio quale Zona Speciale di Conservazione (ZSC) a seguito
dell’emanazione di specifiche Misure di Conservazione. Viene di seguito riportata una sintetica
descrizione dei valori naturalistici tutelati nel sito Natura 2000 incluso nella Riserva.
SIC-ZPS “Laghi Lungo e Ripasottile” (codice IT6020011),
Regione Biogeografica: Mediterranea
Provincia: Rieti
Comuni: Rivodutri, Cantalice, Poggio Bustone, Contigliano, Colli sul Velino
Estensione: 907,5 ha
L’area è situata in un’ampia pianura compresa tra l’Appennino centrale ed il preappennino, tra i
monti Reatini e i monti Sabini, a una quota di circa 370 m s.l.m. Il comprensorio dei laghi Lungo e
Ripasottile comprende un territorio pianeggiante in parte coltivato, dove si conservano ancora delle
zone umide a carattere residuale. I due bacini maggiori da cui prende il nome il sito sono estesi
rispettivamente 60 ha e 80 ha e distano tra loro circa 2 km; la profondità media dei due laghi è
rispettivamente di metri 2,5 e 3,8. L’attuale zona umida, che oltre ai due bacini principali comprende
68
anche alcune specchi d’acqua minori (le cosiddette lame, sorgenti e prati stagionalmente sommersi),
è quanto resta dell’antico Lacus Velinus che, in tempi storici, prima delle consistenti opere di
bonifica, occupava gran della pianura reatina settentrionale. Attualmente rimangono circa 500 ha di
zona umida, suddivisi tra laghi, prati inondati stagionalmente, sorgenti, fiumi e rii minori. I bacini
lacustri sono caratterizzati principalmente dalla presenza di estese e continue fasce perimetrali di
canneto a cannuccia di palude. Nel tratto della risorgiva di S. Susanna è presente un nucleo di salici
arbustivi a salice ripaiolo riferibile all’habitat di interesse comunitario “Fiumi alpini con vegetazione
riparia legnosa a Salix elaeagnos”. Altri due habitat segnalati nel sito sono rintracciabili nella
vegetazione sommersa dei bacini e delle lame minori. Si tratta dei “Laghi eutrofici naturali con
vegetazione del Magnopotamion o Hydrocharition” e delle “Acque oligomesotrofe calcaree con
vegetazione bentica di Chara spp.”. Notevole la rilevanza ornitologica della zona umida reatina. Per
comprendere l’importanza del sito è sufficiente citare la presenza di 219 specie osservate
complessivamente dagli anni ’80 ad oggi e gli oltre 3.700 uccelli acquatici svernanti (dato riferito al
2006). Numerose le specie d’interesse ornitologico e conservazionistico presenti, tra le quali
ricordiamo il martin pescatore, il tarabusino e le colonie nidificanti di nitticora e airone cenerino; il
tarabuso e l’airone bianco maggiore svernanti che frequentano il canneto e i campi coltivati. Presenti
anche durante le migrazioni e/o in inverno la moretta tabaccata, la sgarza ciuffetto, la garzetta,
l’airone rosso, la gru, il cavaliere d’Italia, il piropiro boschereccio, il mignattino, il combattente, la
schiribilla, l’albanella minore e il falco di palude. I censimenti invernali svolti con regolarità annuale
da oltre 20 anni nell’ambito dell’International Waterfowl Census hanno evidenziato l’elevata
specificità dell’area per lo svernamento della moretta, dell’airone cenerino e del tarabuso, per i quali
il sito è considerato di rilevanza nazionale. L’area è di un certo interesse anche per gli anfibi in quanto
ospita due specie di interesse comunitario, il tritone crestato italiano e l’ululone dal ventre dal giallo
(da tempo però non più ritrovato). La sua collocazione in un’area di pianura intensamente coltivata e
in parte urbanizzata rende la zona umida particolarmente sensibile, anche a seguito delle sue
caratteristiche ambientali, idrogeologiche e idrologiche.
Scopo del presente Rapporto è quello di sintetizzare le conoscenze faunistiche disponibili,
provenienti dalla letteratura scientifica integrandole con quelle provenienti da studi o documenti non
pubblicati, al fine di costruire quel necessario quadro conoscitivo, strumento indispensabile su cui
basare le successive fasi di valutazione e di proposta gestionale, integrandole con quelle delle altre
discipline considerate.
Sono state quindi sintetizzate le conoscenze relative a tutte le Classi di Vertebrati, e sono state
recuperate anche le poche informazioni disponibili relative agli invertebrati. Tale scelta ha consentito
di pervenire alla composizione di un quadro conoscitivo piuttosto esauriente ed aggiornato.
Le informazioni relative alla presenza ed alla localizzazione di specie/aree di particolare valore
faunistico e/o di interesse gestionale, sono state riportate nelle cartografie allegate alla presente
relazione (Carta delle Valenze faunistiche e Carta delle Aree di Interesse Faunistico).
1.3.1
FONTI DOCUMENTALI CONSULTATE
Di seguito vengo elencate le principali fonti bibliografiche e le Banche-Dati consultate per la
composizione del quadro conoscitivo analitico contenuto nel presente rapporto sulla fauna.
Alcuni delle fonti documentali utilizzate sono state fornite dall’Agenzia Regionale per i Parchi (ARP)
sottoforma di Banca-Dati, altre sono state fornite dalla Riserva Naturale a seguito della realizzazione
di specifici studi di settore, come di seguito indicato:
AA.VV., 2009. La Riserva naturale dei Laghi Lungo e Ripasottile.Conoscenza e pianificazione. Studi
e materiali per le norme di salvaguardia della ZPS IT6020011. Studi e Ricerche. Quaderni della
Riserva dei Laghi Lungo e Ripasottile.Pp.139. Rieti.
69
AA.VV., 2009. Misure di Conservazione ZPS IT ZPS IT6020011 Laghi Lungo e Ripasottile. Agenzia
Regionale per i Parchi – Regione Lazio. Relazione tecnica e cartografie.
Banca Dati faunistica - Agenzia Regionale per i Parchi (ARP). Data-Base georeferenziato relativo ai
seguenti taxa: Pesci, Anfibi, Rettili, Uccelli, Mammiferi.
Ulteriori contributi bibliografici specifici vengono richiamati nel testo e riportati come citazioni estese
nel relativo capitolo della bibliografia; la maggior parte delle informazioni disponibili sono relative al
taxon degli Uccelli (cfr Bibliografia).
1.3.2
ARCHIVIAZIONE DEI DATI E REALIZZAZIONE DELLE CARTOGRAFIE
Tutti i dati raccolti nell’ambito del presente documento sono stati archiviati all’interno di un
geodabase in formato.dbf, utilizzato in ambiente ArcGis. I temi sono stati realizzati in formato
shapefile.shp e georiferiti nel sistema UTM 33 sferoide INT1909 ED (European Datum) 1950, come
richiesto dalle Linee Guida Regionali (DGR 6 agosto 2004, n. 765.Legge regionale 6 ottobre 1997, n.
29 «Norme in materia di aree naturali protette regionali» e successive modifiche ed integrazioni.
Approvazione delle Linee Guide per la redazione dei Piani delle aree naturali protette regionali).
Sono quindi state prodotte 2 carte tematiche di analisi:
Carta delle valenze faunistiche – scala 1:10.000
Carte delle aree di interesse faunistico – scala 1:10.000
1.3.3
1.3.3.1
ANALISI DELLO STATO DI FATTO PER GRUPPI FAUNISTICI
Invertebrati
Alcuni degli studi utilizzati per delineare un primo quadro dell’invertebratofauna acquatica della
Riserva provengono dagli studi svolti da Moretti e Pirisinu (1980) nell’ambito del progetto ENEL
riguardante l’utilizzazione dei laghi come bacini di riserva per un impianto idroelettrico e da un
gruppo interdisciplinare di studenti e docenti dell’Università tedesca di Essen che svolsero in più
campagne rilievi su diversi gruppi zoologici (AA.VV., 1983, 1984). A questi studi si aggiunge un
contributo sulla odonatofauna della conca reatina a cura di Di Domenico & Carchini, 1995, con
campionamenti eseguiti tra il 1990 ed 1993, con un particolare focus sul Lago di Ventina.
I primi due Autori nel corso dei rilevamenti svolti nel 1980 hanno evidenziato che il lago di Ripasottile
presentava una comunità di invertebrati bentonica caratterizzata numericamente dagli Oligocheti
Tubificidae e dai Ditteri Chironomidi; mentre in alcuni settori meridionali caratterizzati dalla presenza
di macrofite sommerse e lamineti (attualemnte molto ridotti) erano presenti sia Chironomidi sia
Tricotteri Idroptilidi; presenti ma meno abbondanti sono anche i Nematodi (vermi con corpo
cilindrico), i Molluschi Gasteropodi ed i Bivalvi. Tra questi ultimi sono da ricordare due specie
presenti in tutte le acque della Riserva: Unio elongatulus e Anodonta cygnea. Il lago Lungo presenta
caratteristiche simili a quello di Ripasottile, ma se ne differenzia per lo minore trasparenza delle
acque che si rivelano sempre più torbide e meno dure. Questi fattori si ripercuotono sulla fauna
acquatica che risulta più povera di specie. È stata segnalata in questo lago lo presenza di 19 specie di
Coleotti palpicorni, di Leptodora kindtii, il più grande Cladocero (Crostaceo) della fauna paleartica, e
dei Ditteri del genere Chaoborus che occupano i laghi ricchi di sostanza organica. Il lago di Fogliano,
attualmente quasi del tutto prosciugato, presenta un numero maggiore di Tricotteri e 23 specie di
Coleotte palpicorni. Interessante é la presenza del Tricottero Ceraclea senilis che nell’Appennino è
stata trovato soltanto in questo lago ed in quello di Chiusi. Nel fiume Velino sono state identificate
70
alcune specie di Tricotteri di interesse zoologico, come Limnephilus helveticus presente in Italia solo
nella piana reatina ed in Lombardia, Rhyachophila foliacea presente nell'Italia centro meridionale e lo
sottospecie Halesus radiatus vaillanti limitata soltanto alle acque correnti della piana reatina.
In generale la presenza di Odonati (vedi tab. 1) si collega a situazioni intermedie (acque
mesotrofiche) essendo assenti sia nelle acque molto oligotrofe che in quelle fortemente inquinate
(eutrofiche). Gli ambienti che ospitano il maggior numero di specie di Odonati sono le piccole e
medie raccolte di acqua dolce come le lame, piccoli laghi e le torbiere. Nei laghi le larve colonizzano
le zone litorali e comunque tutte quelle con vegetazione immersa o emergente. Le torbiere acide
sono gli ambienti maggiormente colonizzati. Negli ambienti di sorgenti ed in generale nelle acque
oligotrofe gli Odonati, seppur presenti, hanno una bassa diversità (Carchini G.M., 1984). La lista
faunistica sopra riportata è stata stilata in base a catture di adulti (le larve della maggior parte delle
specie identificate svolgono il loro ciclo vitale in raccolte d'acqua come le lame).
71
Tabella 1 LISTA DEGLI ODONATI PRESENTI NELLA RISERVA PARZIALE NATURALE DEI LAGHI LUNGO E
RIPASOTTILE (AA.VV., 1984).
ZYGOPTERA
Calopterygidae
Lestidae
Platycnemidae
Coenagrionidae
ANISOPTERA
Aeshnidae
Cordulegasteridae
Corduliidae
Libellulidae
Calopteryx splendens
Calopteryx haemorrhoidalis
Calopteryx virgo
Lestes virens*
Sympecta fusca
Platycnemis pennipes
Ischnura elegans
Ceriagrion tenellum
Coenagrion puella
Coenagion pulchellum
Coenagrion lindeni
Erythromma viridulum
Erythromma najas*
Pyrrhosoma numphula
Brachyton pratense
Aeshna cyanea
Aeshna mixta
Anaciaeschna isosceles
Anax imperator
Anax parthenope
Hemaniax ephippiger
Cordulegaster boltoni
Cordulia aenea*
Somatochlora meridionalis*
Libellula quadrimaculata
Libellula depressa
Libellula fulva
Orthetrum brunneum
Orthetrum coerulescens
Orthetrum cancellatum
Crocothemis erythraea
Sympetrum fonscolombei
Sympetrum sanguineum
Sympetrum flaveolum*
Sympetrum striolatum
* rinvenuta nel solo Lago di Ventina
Tra i Crostacei Decapodi, già dal 1996 è segnalata la presenza di 2 specie alloctone di gambero nella
Riserva; Gambero di Galizia Astacus leptodactylus e Gambero rosso Procambarus clarkii (Chiesa et al.,
2005).
72
1.3.3.2
Pesci2
La fauna ittica della Riserva è costituita da 18 specie, sette autoctone (38,9%; di due specie l’origine
autoctona andrebbe confermata), a cui si aggiungono circa il doppio, 11 (61,1 %), specie alloctone,
introdotte nel bacino per la pescasportiva o professionale (vedi tab.2). Una delle sette, il Vairone,
presente lungo il fiume Velino, rientra tra quelle di interesse comunitario (allegato II della direttiva
Habitat 92/43/CEE), per altre come la Scardola o il Luccio, l’attribuzione delle popolazioni presenti
alle entità indigene è ancora da verificare. Altre ancora, comuni in un recente passato, come la
Rovella3 (Rutilus rubilio), sembrerebbero estinte localmente, forse a causa della competizione con
altre specie alloctone (ad es. Triotto Rutilus aula).
La comunità ittiologica, pur in questo contesto depauperato ed alterato e pur non ospitando al suo
interno elementi di elevato interesse zoologico, merita comunque una particolare attenzione, sia
perché l’area è stata designata come Sito di Importanza Comunitaria (l’area della Riserva è stata
designata sia come SIC che come Zona di Protezione Speciale), sia per le relazioni che le diverse
specie ittiche hanno con le altre componenti del biotopo, prima fra tutte quelle verso le zoocenosi
indigene e verso le fitocenosi acquatiche sommerse (il sito Natura 2000 è stato designato anche per
la presenza di questa fitocenosi di interesse). A queste problematiche ecologiche di gestione si
aggiunge l’attività di pesca sportiva, che viene praticata nei bacini e nei corsi d’acqua e che, in alcuni
casi, può produrre degli ulteriori impatti sulle comunità biologiche presenti.
Per tentare di delineare un quadro conoscitivo e formulare delle proposte di gestione di questo
gruppo faunistico, è stata svolta un’indagine ittiologica, per lo più compilativa, che potesse
permettesse di definire un inventario aggiornato delle specie presenti, individuare le lacune
conoscitive, produrre delle proposte di gestione e delineare le problematiche ingenerate dalla
presenza dei numerosi taxa alloctoni.
Il quadro conoscitivo si basa sulle conoscenze acquisite dagli Autori nel corso degli anni, e dalla
consultazione della bibliografia presente, peraltro non particolarmente abbondante nell’area
protetta:
Studio realizzato per la redazione delle misure di conservazione della Zona di Protezione Speciale
IT 6020011 “Laghi Lungo e di Ripasottile” (Colombari e Tesei, 2009);
Carta della Biodiverità ittica della Provincia di Rieti, campionamenti realizzati nel 1998-2001 e nel
2008-2009 (Colombari, 2009)
Carta della Biodiversità ittica delle acque correnti del Lazio, a cura dell’Agenzia Regionale Parchi
(Sarrocco et al., 2012).
2
3
Per la sistematica di questo gruppo si è fatto riferimento a Kottelat & Freyhof (2007) ed ai successivi contributi di Bianco e Delmastro
(2012) e Bianco (2013).
La segnalazione della specie riportata nello studio di Colombari e Tesei (2009) andrebbe verificata in quanto è probabile che si tratti di un
errore di determinazione con il Triotto (Rutilus aula), particolarmente abbondante in tutte le acque lacuali e nei canali a corrente
moderata.
73
Tabella 2 Elenco delle specie presenti nei corpi idrici presenti nella riserva, categoria di origine, note
ecologiche. ? = taxon o categoria di origine da confermare
CLASSIFICAZIONE
E NOME SCIENTIFICO
Anguillidae
Anguilla anguilla (Linnaeus, 1758)
Salmonidae
Salmo trutta L. , 1758
Onchorhynchus mykiss (Walbaum,
1792)
Cyprinidae
Cyprinus carpio Linnaeus, 1758
Squalius squalus (Bonaparte, 1837) sin.
Leuciscus cephalus (Linnaeus, 1758)
Leuciscus leuciscus (L., 1758)?
Alburnus arborella (Bonaparte, 1841)
NOME ITALIANO
CATEGORIA DI ORIGINE INTERAZIONE CON
L'AMBIENTE O LE SPECIE
AUTOCTONE
Anguilla
Autoctona?
Trota di torrente
Alloctona
Trota iridea
Alloctona
Si ibrida e compete con altre
specie di trote autoctone
Compete con altre specie di
trote autoctone
Carpa
Alloctona
Interferisce con le specie
autoctone attraverso
l'alterazione degli habitat
Cavedano
Leucisco
Alborella
Autoctona
Alloctona
Alloctona, transfaunata
Non conosciuta
Alloctona, transfaunata
Interferisce con i Ciprinidi
autoctoni, ad es. Rutilus
rubilio
Interferisce con i Ciprinidi
autoctoni
Rutilus aula (Bonaparte, 1841) sin.
Rutilus erythrophthalmus Zerunian, 1982 Triotto
Rutilus rutilus (L., 1758)
Telestes muticellus (Bonaparte, 1837)
sin. Leuciscus souffia muticellus
Scardinus scardafa (Bonaparte, 1837)?
sin. Scardinius erythrophthalmus
(Linnaeus, 1758)
Tinca tinca (Linnaeus, 1758)
Ictaluridae
Rutilo,
Alloctona
Vairone, Mozzella
Autoctona
Scardola
Tinca
Autoctona
Autoctona?
Ameiurius melas (Rafinesque, 1820)
Esocidae
Esox cisalpinus Bianco & Delmastro,
2011 sin. Esox lucius Linnaeus, 1758
Poecilidae
Pesce gatto
Alloctona
Luccio
Autoctona
Gambusia holbrooki Girard, 1859
Percidae
Perca fluviatilis Linnaeus, 1758
Centrarchidae
Gambusia
Alloctona
Persico reale
Alloctona, transfaunata
Lepomis gibbosus (Linnaeus, 1758)
Persico sole
Gasterosteidae
Gasterosteus gymnurus Cuvier, 1829 sin.
Gasterosteus aculeatus
Spinarello
Alloctona
Interferisce con le specie
autoctone, predatore
Interferisce con le specie
autoctone, ad es. con
Spinarello
Interferisce con le specie
autoctone
Autoctona
74
ANGUILLA Anguilla anguilla (Linnaeus, 1758)
Caratteristiche della specie
È una specie migratrice catadroma, distribuita su gran parte delle coste europee dal nord della
Scandinavia al nord Africa e dalle regioni del Mediterraneo orientale fino alle Azzorre.
Presenza della specie nel Lazio e nel sito
Nel Lazio si ritrova in tutti i bacini fluviali, soprattutto nei tratti del medio e basso corso di fiumi e
canali. La sua distribuzione ed abbondanza nella regione è anche in relazione con le attività di
“ripopolamento” attuate dalle amministrazioni provinciali di competenza, soprattutto a monte delle
aste fluviali dove sono presenti dighe e sbarramenti. È probabile che la presenza del taxon nel sito sia
dovuta alle immissioni che vengono effettuate nei bacini e corsi d’acqua limitrofi, in quanto il
collegamento con il bacino idrografico principale del Tevere è interrotto dalla discontinuità della
Cascata delle Marmore che ne impedirebbe la risalita lungo il Fiume Velino. Alcune segnalazioni della
specie sono riportate nei bacini maggiori e lungo il corso del fiume Velino (Colombari, 2009).
Stato di conservazione
A livello globale ha subito un brusco decremento in tutti gli stadi di accrescimento. In Italia, la
presenza di giovanili è scesa ai minimi storici dal 1980 al 2000, con una presenza del 1-5% dei livelli
osservati in anni precedenti al 1980; tra i diversi fattori di disturbo, sono da citare l’eccessiva
pressione di pesca e la presenza di dighe e sbarramenti sulle aste fluviali che ne bloccano la
migrazione. L'Anguilla europea, nel giugno 2007, è stata inserita nell’allegato II della Convenzione sul
commercio internazionale di specie minacciate di estinzione della Fauna selvatica e della Flora
(CITES). Nello stesso anno, il Consiglio Europeo (CE), con il regolamento N. 1100/2007, ha previsto
misure per la ricostituzione dello stock di Anguilla europea, richiedendo a tutti gli Stati membri in cui
sono presenti habitat naturali idonei di stabilire piani di gestione su scala di bacino idrografico. La
Regione Lazio, con la DGR n. 160 del 5 marzo 2010, ha approvato un piano di gestione dell’Anguilla
dove sono previste misure di conservazione e ricostituzione dello stock.
TROTA DI TORRENTE o FARIO Salmo trutta L. 1858
Caratteristiche della specie
Salmonide di taglia media; le dimensioni massime raggiunte, comunque dipendenti dalla dimensione
del corso d’acqua, sono di 50 cm di lunghezza totale per 1-1,5 kg di peso. Occupa i tratti alti dei fiumi
e torrenti, caratterizzati da acque cristalline, ossigenate e turbolente, con substrato ciottoloso.
Presenza della specie nel Lazio e nel sito
Nel Lazio occupa gran parte del tratto alto dei torrenti montani e dei corsi d’acqua che si originano da
sorgenti pedemontane. Nella Riserva è presente lungo il canale e fiume di S.Susanna, nei corsi
d’acqua che si originano dalle sorgenti Canapine, nel Fiume Fiumarone e Lungo il Fiume Velino. È
presente sporadicamente nei laghi principali, soprattutto quello di Ripasottile. Il popolamento
presente si mantiene per lo più attraverso introduzioni (le cosiddette “semine”) svolte dalla Provincia
di Rieti e in precedenza dal proprietario dei diritti esclusivi di pesca (2M Ittica sas, Rieti), così come
riportato anche nello studio svolto per la definizione delle norme di salvaguardia della ZPS
(Colomabri e Tesei, 2009).
Origine della specie ed impatti sulle biocenosi indigene
75
È stata introdotta a scopo alieutico in tutta Italia da tempi storici attraverso semine e ripopolamenti
effettuati con materiale proveniente da vari ceppi, per lo più transalpini. È difficile determinare
l’origine delle popolazioni, ma nel Lazio è da considerarsi alloctona, transfaunata. Nella Riserva è
molto probabile che le popolazioni autoctone, ora estinte, presenti lungo le sorgenti pedemontane,
siano da riferire al taxon Salmo cettii (trota mediterranea). È stato osservato che l’aumento della
Trota fario in siti dove sono presenti anche le lamprede e lo Spinarello porta queste specie al
decremento. Appare quindi evidente la necessità di vietare l’immissione di questo Salmonide
alloctono per evitare danni alle specie indigene. Secondo l’attuale normativa, DPR 357/97 art.12
comma 3, nei siti della rete natura 2000, come è il caso del territorio della Riserva, “sono vietate la
reintroduzione, l'introduzione e il ripopolamento in natura di specie e popolazioni non autoctone”.
TROTA IRIDEA Onchorhynchus mykiss (Walbaum, 1792)
Caratteristiche della specie
È un pesce di medie-grandi dimensioni che raggiungei 70 cm di lunghezza nelle aree di origine, ma in
condizioni particolari si ottengono lunghezze anche superiori. Occupa i tratti alti e medi dei fiumi,
caratterizzati da acque cristalline, ossigenate e turbolente, con substrato ciottoloso.
Presenza della specie nel Lazio e nel sito
Specie alloctona, la Trota iridea è originaria dell’America nord occidentale ed è stata introdotta in
Italia alla fine del secolo scorso come specie d’allevamento. Nel Lazio è presente in modo sporadico è
collegata sempre a introduzione per scopi alieutici. Recentemente è stata segnalata una popolazione
naturalizzata in provincia di Rieti (Maio, 2012 in Sarrocco et al., 2012). Nella Riserva è presente lungo
il canale e fiume di S.Susanna, nel Fiume Fiumarone e Lungo il Fiume Velino. Probabilmente a seguito
di fughe accidentali dagli impianti di troticoltura presenti presso Ponte S.Angelo-Case Mazzetelli e
Sorgente di S.Susanna.
Origine della specie ed impatti sulle biocenosi indigene
È riconosciuta la sua capacita di competere con altre specie di trote autoctone. Secondo l’attuale
normativa, DPR 357/97 art.12 comma 3, nei siti della rete natura 2000, come è il caso del territorio
della Riserva, “sono vietate la reintroduzione, l'introduzione e il ripopolamento in natura di specie e
popolazioni non autoctone”.
CARPA Cyprinus carpio Linnaeus, 1758
Caratteristiche della specie
La Carpa è una specie di taglia grande, potendo raggiungere la lunghezza totale massima di 130 cm e
oltre 30 kg di peso. La specie è tipica del tratto inferiore dei fiumi, degli stagni e delle acque lentiche
in genere. Ha dieta onnivora, alimentandosi di invertebrati bentonici, vegetazione acquatica
sommersa e detriti vegetali.
Presenza della specie nel Lazio e nel sito
Ampiamente diffusa nel Lazio a seguito delle numerose e regolari immissioni.
Nel sito è presente in gran parte dei bacini maggiori dimensioni, anche a seguito di ripetute
immissioni, anche in conseguenza della pratica sportiva del Carp fishing.
76
Origine della specie ed impatti sulle biocenosi indigene
La Carpa, indigena in parte dell’Europa orientale e nell'Asia, è stata introdotta in Italia nel periodo
dell’Impero Romano, probabilmente tra il 10 ed il 100 d.C.; allevata nel Medioevo grazie ai monaci
cistercensi. Attualmente è ampiamente acclimatata nelle acque stagnanti e nei fiumi a lento corso
della pianura.
La specie può causare elevati livelli di torbidità nelle acque e disturbi alla vegetazione acquatica, tali
impatti dovrebbero essere considerati con molta attenzione negli interventi di immissione a fini
alieutici perché possono determinare delle alterazioni negli equilibri trofici ed ecosistemici. È
opportuno, tra l’altro, segnalare che l’introduzione della Carpa nelle regioni neartica e neotropicale,
avvenuta alla fine del 1800, ha comportato conseguenze negative nei confronti delle specie indigene
(Lorenzoni et al., 2010). Un’ attenzione particolare dovrebbe essere posta allo svolgimento della
disciplina del Carp fishing in siti di interesse conservazionistico, in tratti di riva dove vegetano canneti
a cannuccia di palude (Phragmites australis) e tappeti sommersi di vegetazione acquatica (“Laghi
eutrofici naturali con vegetazione del Magnopotamion o Hydrocharition”), a causa dell’incremento
artificiale di risorse trofiche, dovuto alle tecniche di pasturazione ed al disturbo alla fauna, nonchè al
danneggiamento della vegetazione riparia e semisommersa per la presenza di pescasportivi e di
eventuali natanti. A ciò si aggiunge, spesso, l’obbligo di pesca no kill che di fatto impedisce la
traslocazione/rimozione dell’esemplare ed il conseguente mantenimento, nel tempo, della
popolazione alloctona (cfr. Regolamento della disciplina della pesca della Riserva).
CAVEDANO Squalius squalus (Linnaeus, 1758)
Caratteristiche della specie
Specie tendenzialmente reofila e termofila, predilige acque limpide a fondo ghiaioso e sabbioso.
L’ampia valenza ecologica gli consente di colonizzare sia le zone pedemontane dei corsi d’acqua, in
alcuni casi convivendo con salmonidi e ciprinidi frigofili, sia quelle ipopotamali, fino alle zone
estuarine.
Presenza della specie nel Lazio e nel sito
Il Cavedano è autoctono nei bacini fluviali del Lazio. È tra le specie più frequenti e diffuse nei bacini
fluviali del territorio laziale, nei quali colonizza le porzioni collinari e di pianura, corrispondenti alla
zona dei ciprinidi reofili termofili, secondo il modello di zonazione del basso bacino del Tevere
(Tancioni et al., 2010).
Nel sito è frequente regolarmente lungo il Fiume Velino, dove è relativamente abbondante lungo il
canale di collegamento tra l’idrovora, in località Lanserra, e il fiume.
Stato di conservazione
Attualmente il Cavedano non è considerata una specie minacciata, sia a livello italiano (Lista Rossa
WWF) sia a livello europeo (nella Lista Rossa IUCN è considerata a basso rischio: Freyhof & Kottelat,
2008); tuttavia le popolazioni italiane, i “cavedani italiani”, devono essere considerati specie
endemica (Kottelat & Freyhof, 2007; Bianco e Delmastro, 2011). Il Cavedano è autoctono nei bacini
fluviali del Lazio; la conservazione delle popolazioni laziali del taxon dovrebbe prevedere la
minimizzazione delle introduzioni di Ciprinidi alloctoni per la pesca sportiva, anche in ambienti lentici
artificiali, dove, viceversa, potrebbero essere introdotti soggetti morfologicamente e geneticamente
compatibili con le popolazioni originarie, prodotti in specifici incubatoi di bacino. Il fattore di
minaccia principale è legato all’introduzione di ciprinidi alloctoni (es. Leuciscus leuciscus ed altre
77
popolazioni alloctone di “cavedano” introdotte, in passato, nei laghi artificiali laziali) che, una volta
acclimatati, potrebbero competere con il taxon, limitando la capacità delle popolazioni di rinnovarsi
o, attraverso l’ibridazione, inquinando geneticamente le popolazioni laziali.
LEUCISCO Leuciscus leuciscus (L., 1758)
Caratteristiche della specie
Pesce di taglia media, tipico di acque correnti, di aspetto simile al Cavedano comune; il corpo ha
forma allungata e snella e colore grigio-argenteo, più chiaro sul ventre, con pinne semitrasparenti
grigio-brunastre (aranciate quelle pari), di cui l’anale con margine concavo.
Presenza della specie nel Lazio e nel sito
È presente lungo il Fiume Salto in prossimità del confine con l’Abruzzo. Nella Riserva sono presenti
nuclei numerosi della specie lungo il canale di collegamento tra le idrovore di Lanserra ed il Velino. È
necessaria comunque una conferma dell’attribuzione di questi nuclei al taxon in oggetto.
Origine della specie ed impatti sulle biocenosi indigene
L’areale originario di questa specie comprende gran parte dei bacini dell’Europa continentale , la
penisola scandinava e la Gran Bretagna (Kottelat & Freyhof, 2007). Questa specie è in grado di
ibridarsi con altri Ciprinidi di generi affini e di entrare in competizione alimentare con i Salmonidi
autoctoni.
ALBORELLA Alburnus arborella (Bonaparte, 1841)
Caratteristiche della specie
L’Alborella è un pesce di taglia piccola: gli adultiraggiungono lunghezze massime intorno ai 16-17 cm,
con un peso massimo di circa 20 g (Kottelat & Freyhof,2007). È una specie bentopelagica, in grado di
popolare diversi tipi di ambienti acquatici di pianura. È un pesce gregario che vive in gruppi molto
numerosi, prevalentemente negli strati superficiali o a mezz’acqua.
Presenza della specie nel Lazio e nel sito
È stata introdotta in numerose località laziali, con popolazioni naturalizzate. Nella Riserva sono
presenti nuclei numerosi lungo il canale di collegamento tra le idrovore di Lanserra ed il Velino.
Origine della specie ed impatti sulle biocenosi indigene
La specie è originaria della Dalmazia, Slovenia, Svizzera e di tutta l’Italia settentrionale. Può entrare in
competizione con specie indigene che presentano abitudinio alimentari simili.
TRIOTTO Rutilus aula (Bonaparte, 1841)
Caratteristiche della specie
Ciprinide di piccole dimensioni che predilige le acque a corrente lenta o stagnante dei tratti medioterminali di corsi d’acqua, canali e laghi, con densa vegetazione e fondali sabbiosi o fangosi.
78
Presenza della specie nel Lazio e nel sito
Nel Lazio è presente in numerosi siti, in tutte le province, con presenze più sporadiche in provincia di
Latina. È segnalato nel Lago di Piediluco e lungo il Fiume Velino. Attualmente questa specie alloctona
è presente con popolazioni numerose nei due bacini maggiori, Lungo e Ripasottile.
Origine della specie ed impatti sulle biocenosi indigene
È una specie endemica dell’Italia settentrionale, ma è stata ampiamente introdotta in vari siti
dell’Italia centro-meridionale, tra cui nel Lazio. L’introduzione del Triotto, nei bacini laziali in cui era
già presente la Rovella (Lago di Bracciano, Fiume Amaseno), ha quasi portato alla scomparsa delle
popolazioni locali di quest’ultima, per un fenomeno di esclusione competitiva (Bianco & Taraborelli,
1985; Zerunian, 2003). Lo stesso fenomeno è stato osservato anche in Umbria, nel Lago di Piediluco
(Lorenzoni et al., 2010). È necessario quindi impedire ulteriori introduzioni di Triotti, ad esempio,
vietando qualsiasi tipo di ripopolamento effettuato con materiale ittico prelevato in natura e/o non
perfettamente identificato.
RUTILO Rutilus rutilus (L., 1758)
Caratteristiche della specie
Specie di media taglia originaria del distretto danubiano,questo Ciprinide ha il corpo fusiforme con il
dorso leggermente arcuato. Può raggiungere le dimensioni di 50 cm di lunghezza e i 2 kg di peso.
Presenza della specie nel Lazio e nel sito
Nel Lazio, questa specie è confinata nel bacino del Fiume Tevere. Nelle aree lacustri ha uno dei suoi
habitat di elezione, soprattutto nelle zone ben vegetate (Lago del Salto, Rieti). Individui della specie
sono presenti nel canale di collegato tra Lanserra ed il Fiume Velino.
Origine della specie ed impatti sulle biocenosi indigene
Specie alloctona originaria dell’Europa continentale fino agli Urali e di ampie zone dell’Asia; viene
segnalata in Italia dagli anni’80 del Novecento. La sua presenza provoca una serie di effetti di
competizione alimentare e spaziale con altri Ciprinidi; è inoltre è possibile l’ibridizzazione con altri
taxa della famiglia.
VAIRONE o MOZZELLA Telestes muticellus (Bonaparte, 1837)
Caratteristiche della specie
È un pesce gregario di taglia medio-piccola (normalmente raggiunge la lunghezza totale di 18-20 cm,
anche se sono noti valori superiori); vive in acque correnti, limpide e ricche di ossigeno, con fondali
ghiaiosi.
Presenza della specie nel Lazio e nel sito
Nel Lazio è risultato diffuso prevalentemente nei bacini centrali e centro-settentrionali del Lazio (cfr.
Sarrocco et al., 2012). È segnalato lungo il fiume Velino, a nord del confine della Riserva (Colombari,
2009).
Stato di conservazione
79
Distinto recentemente a livello specifico dalle popolazioni del distretto Padano-Veneziano (cfr.
Bianco, 2013). La specie sebbene riattribuita ad una nuova entità tassonomica va considerata di
interesse comunitario e riferita al precedente sinonimo di Leuciscus souffia inserito nell’elenco delle
specie dell’allegato II della direttiva 92/43/CEE. Gli interventi di conservazione per questo taxon in
Italia devono essere rivolti in primo luogo alla tutela dei tratti medio-alti dei corsi d’acqua,
preservando la naturalità degli alvei e una buona qualità delle acque.
SCARDOLA Scardinius sp. (Bonaparte, 1837).
Caratteristiche della specie
È una specie gregaria di medie dimensioni che frequenta le acque a lento corso o stagnanti di
pianura, con una particolare predisposizione per quelle con fondo fangoso e ricche di vegetazione
acquatica. Resistente a carenze di ossigeno e all'eutrofizzazione delle acque, situazione da cui spesso
trae vantaggio rispetto alle altre specie ittiche.
Presenza della specie nel Lazio e nel sito
L’areale di distribuzione originario comprende l’intero Lazio. Una popolazione discretamente
numerosa è segnalata nei bacini lacustri della Piana di Rieti, all’interno della Riserva Regionale Laghi
Lungo e Ripasottile (Colombari e Tesei, 2009), tuttavia il taxon presente dovrebbe essere
determinato a livello specifico.
Stato di conservazione
Secondo Kottelat & Freyhof (2007) e Bianco e Delmastro (2011) le popolazioni di Scardola del
distretto tosco-laziale dovrebbero appartenere alla specie endemica Scardinius scardafa (Bonaparte,
1837). Tuttavia sembra che queste popolazioni originarie siano per lo più estinte in Italia centrale,
sostituite da popolazioni provenienti della Pianura Padana, quest’ultime proposte come specie
separata denominata S. esperidicus. Secondo i due Autori italiani, popolazioni residuali della specie
indigena sopravvivono in pochi siti, forse anche al confine con il Lazio, nel Lago di Piediluco.
Attualmente, per la sua rarità, è considerata minacciata in modo critico (categoria CR; AA.VV., 2013).
TINCA Tinca tinca (Linnaeus, 1758)
Caratteristiche della specie
È una specie di medie dimensioni di colore è verde oliva, bocca con labbra carnose, di colore giallorossastro, provvista di due barbigli. Il maschio dalla femmina sono distinguibili dall’analisi delle pinne
ventrali. L’habitat preferito è quello dei laghi e dei canali con velocità della corrente ridotta.
Presenza della specie nel Lazio e nel sito
È presente in numerosi bacini e corsi d’acqua della regione, anche se si delinea una contrazione della
consistenza delle popolazioni.
Stato di conservazione
Specie con distribuzione euro-asiatica; l’indigenato in Italia è stato di recente messo in discussione
(cfr. Bianco, 2013). Nel sito, la specie è presente in gran parte dei bacini lacustri, canali e fossi, ma
non si hanno informazioni riguardo a consistenza e tendenza della popolazione.
80
PESCE GATTO AMEIURIUS MELAS (Rafinesque, 1820)
Caratteristiche della specie
È un pesce di dimensioni medie, che può anche superare i 50 cm di lunghezza totale; in Italia però
raggiunge generalmente i 30 cm; predilige le acque calde, a corso lento o stagnanti, a substrato
fangoso e ricche di vegetazione (Gandolfi et al., 1991).
Presenza della specie nel Lazio e nel sito
Nel Lazio, è presente in numerosi bacini lacustri e nei bacini idrografici del Tevere e Astura (cfr.
Sarrocco et al., 2012). Nella Riserva è presente nei bacini principali e nei canali di collegamento
(Colombari e Tesei, 2009).
Origine della specie ed impatti sulle biocenosi indigene
È originaria della parte orientale del Nord America, dal sud del Canada al nord del Messico; è stata
ampiamente introdotta in numerosi altri Paesi. Questa specie alloctona può interagire con le specie
indigene predandone le uova o i giovani, competendo per le stesse risorse trofiche o addirittura
influenzandone il comportamento.
LUCCIO Esox cfr. cisalpinus (Bianco e Delmastro, 2011)
Caratteristiche della specie
Il luccio è un pesce di grande taglia; può raggiungere una lunghezza superiore a 135 cm ed un peso di
oltre 30 kg. Tipico delle acque ferme o a corrente moderata, evita acque eccessivamente torbide e
necessita di un fondale sabbioso o fangoso ricco di vegetazione acquatica.
Presenza della specie nel Lazio e nel sito
Le popolazioni dei bacini laziali sono con probabilità di origine alloctona, in gran parte introdotte e
acclimatate, già a partire dagli anni ’60 del secolo scorso, soprattutto negli invasi artificiali e nelle
facies lentiche fluviali del Tevere (ad es.: Alviano, Nazzano, Scandarello). Nella riserva è necessario
stabilire l’origine delle popolazioni presenti e la loro attribuzione tassonomica.
Stato di conservazione
Secondo un recentissimo lavoro, i lucci italiani dei distretti padano-veneto e tosco-laziale
apparterrebbero ad una nuova specie, Esox cisalpinus n.sp. (Bianco e Delmastro, 2011), endemica
italiana, e sarebbero separati dal resto delle popolazioni transalpine. Tale separazione si basa su
analisi molecolari che sono state associate anche a caratteri fenotipici di livrea. I lucci italiani, infatti,
presentano una livrea a bande laterali oblique, rispetto alle popolazioni transalpine che, invece,
mostrano una pigmentazione a prevalenza di macchie ovalari sui fianchi. In Italia, l’areale originario
comprenderebbe tutte le regioni settentrionali e parte di quelle centrali fino al Lazio e all’Abruzzo,
dove, però, le popolazioni locali sono state in parte interessate da introduzioni di individui di origine
nord-americana e centro-europea. In passato, su questa specie è stata esercitata una forte pressione
di pesca professionale e sportiva e questo ha rappresentato uno dei principali fattori di minaccia. Per
la sua conservazione andrebbero tutelate le aree di deposizione e di nursery, nelle aree di presenza.
Sarebbe necessario, anche in considerazione delle nuove conoscenze tassonomiche acquisite sulle
popolazioni italiane, identificare eventuali nuclei autoctoni di luccio, dai quali poter selezionare un
parco riproduttori regionale per un’eventuale produzione di giovanili da ripopolamento.
81
GAMBUSIA Gambusia holbrooki Girard, 1859
Caratteristiche della specie
La Gambusia di Holbrook è una specie di piccola taglia (circa 4 cm di lunghezza massima), con la
bocca rivolta in alto e munita di piccoli denti; la mandibola è sporgente e gli occhi sono grandi.
Questa specie occupa gli stagni, laghetti, canali di bonifica ed ambienti marginali ai fiumi, dove si
accresce rapidamente (Scalici et al., 2007).
Presenza della specie nel Lazio e nel sito
La distribuzione nel territorio regionale è ampia. Nel sito occupa gran parte della fascia litoranea dei
bacini maggiori e minori e dei canali e fossi a corso lento.
Origine della specie ed impatti sulle biocenosi indigene
Originaria del Nord America, la Gambusia è stata introdotta largamente in Europa (Meffe, 1991;
Haynes e Cashner, 1995). In Italia fu introdotta nel 1922 ed oggi è diffusa in tutte le regioni. G.
holbrooki è stata oggetto di passate introduzioni nelle attività di lotta biologica (lotta alle zanzare del
genere Anopheles), ma non sembra avere avuto una grande azione antianofelica. Ha, al contrario,
avuto un notevole impatto sulla fauna indigena, soprattutto sullo zooplancton e sulle uova e sugli
avannotti di pesci autoctoni.
PERSICO REALE Perca fluviatilis Linnaeus, 1758
Caratteristiche della specie
Pesce di taglia media; difficilmente supera i 45 cm di lunghezza e i 3 kg di peso. È un predatore che
preferisce i bacini lacustri e i corsi d’acqua a debole o a debolissima corrente.
Presenza della specie nel Lazio e nel sito
Nei bacini del Lazio la specie è alloctona, transfaunata, introdotta ripetutamente, dai primi del ‘900
ad oggi, soprattutto nei laghi vulcanici e negli invasi artificiali (es. laghi di Bracciano, Vico, Albano,
Bolsena, Mezzano, Turano, Salto e Scandarello). Presente anche nel medio corso del fiume Velino
(RI). Nel sito la specie era relativamente abbondante fino agli anni’90 del novecento, attualmente la
sua presenza andrebbe confermata.
Origine della specie ed impatti sulle biocenosi indigene
La distribuzione geografica è piuttosto ampia popolando le acque interne, correnti e stagnanti,
dell’emisfero settentrionale. Per quanto riguarda l’Italia, sono stati espressi dubbi sul suo indigenato
(Sommani, 1967), anche se la sua presenza nell’area padano-veneta è documentata da diversi secoli.
Oggi è presente in tutta l’Italia peninsulare comprese le isole. Per il suo interesse commerciale ed
alimentare è stato introdotto in diverse aree esterne al suo areale primario, sia nel emisfero
settentrionale che in quello australe; in queste ultime regioni è stata confermata la sua competizione
con le specie acquatiche indigene e sono state rilevate delle alterazioni delle biocenosi originarie a
seguito della sua introduzione (Closs et al., 2003).
82
PERSICO SOLE Lepomis gibbosus (Linnaeus, 1758)
Caratteristiche della specie
Il Persico sole è una specie di dimensioni medio-piccole (fino a 10-15 cm di lunghezza) che può
raggiungere una taglia massima attorno ai 20 cm e peso di 50g. È una specie euriterma che si adatta
facilmente in diverse condizioni ambientali, anche se preferisce le acque lente e ricche di vegetazione
acquatica. Grazie alle sue capacità di adattamento, è comunque in grado di colonizzare velocemente
i diversi ambienti acquatici, quali fiumi, laghi e stagni.
Presenza della specie nel Lazio e nel sito
Attualmente risulta ampiamente diffuso nelle acque del Lazio; è presente in tutti i bacini idrografici
regionali, a eccezione di alcuni montani del reatino e del frusinate. Nel sito è discretamente
frequente lungo tutta la fascia litoranea dei bacini e dei canali a corso lento.
Origine della specie ed impatti sulle biocenosi indigene
È una specie alloctona, originaria del Nord-America, nella regione dei Grandi Laghi e dell’alto corso
del Mississipi. È stato introdotto in Europa alla fine dell’800 ed all'inizio del secolo scorso in Italia
settentrionale e successivamente, verso la metà del Novecento, si sono avute le segnalazioni anche
nell’Italia centrale (Gandolfi e Zerunian, 1987; Kottelat & Freyhof, 2007). È una specie che, a causa
delle sue abitudini alimentari, è in grado di incidere negativamente sulle uova e sulle fasi larvali e
giovanili di molte specie delle acque lotiche, inducendone una riduzione demografica e successi
riproduttivi contenuti. Ad esempio nel Lago Trasimeno, in Umbria, è ritenuta una delle specie ittiche
alloctone che ha contribuito alla scomparsa della Rovella (Lorenzoni et al., 2010).
SPINARELLO Gasterosteus gymnurus Cuvier, 1829
Caratteristiche della specie
È una specie di piccole dimensioni che raggiunge in media i 7-8 cm di lunghezza con massimi di 12
cm.
Presenza della specie nel Lazio e nel sito
Nel Lazio presenta una distribuzione ristretta,frammentata, limitata solo ad alcuni bacini e
sottobacini (Tevere, Velino, Aniene, Sacco, Liri-garigliano, F.Sisto e Fondi-Itri), in diverse località le
popolazioni si presentano contenute in termini numerici (cfr. Sarrocco et al., 2012). Nell’Alto Lazio è
segnalato nel Lago di Bolsena. Nella Riserva è stato segnalato lungo il Canale di S.Susanna, nella zona
delle risorgive omonime e in alcuni tratti del Velino (Colombari, 2009). È probabile che la specie abbia
una distribuzione discretamente più ampia.
Stato di conservazione
In un recente lavoro Kottelat & Freyhof (2007) fanno rientrare gli spinarelli delle acque dolci
mediterranee nella specie G. gymnurus, separandoli da Gasterosteus aculeatus a cui si dovrebbero
riferire le popolazioni migratrici del nord-Europa. Attualmente la specie è in netta regressione in
tutto l’areale italiano (Gandolfi et al., 1991) ed è classificato come “vulnerabile” dalla lista rossa
nazionale (Bulgarini et al., 1998). Nella Lista Rossa nazionale, recentemente ripubblicata, il taxon non
è menzionato (AA.VV., 2013). A livello internazionale, nella IUCN Red List la specie G. gymnurus non
viene fatta rientrare tra le specie minacciate (categoria Least Concern), anche se il trend delle
popolazioni non è conosciuto e viene riportata come localmente rara. Le misure di conservazione da
83
mettere in atto sono da indirizzare verso la conservazione morfo-idrologica degli ambienti acquatici,
soprattutto delle aree di risorgiva. Particolari benefici alla conservazione delle popolazioni
potrebbero venire dalla messa a punto di protocolli specifici per la manutenzione dei canali (sfalci)
condivisi con gli enti gestori (Maio, 2012 in Sarrocco et al., 2012).
Discussione
Dall’analisi della BD ARP e dei lavori specificii pubblicati a livello locale e provinciale (Colombari,
2009; Colombari e Tesei, 2009; Sarrocco et al., 2012) risulta che le uniche specie di interesse
conservazionistico nel territorio della Riserva sono, allo stato attuale delle conoscenze, il Vairone
(Telestes muticellus) e lo Spinarello (Gasterosteus gymnurus). Tenendo presente le nuove proposte
provenienti da Kottelat & Freyhof (2007) e Bianco (2013) andrebbe aggiornato il quadro
tassonomico.
Da queste recenti proposte scaturiscono le seguenti considerazioni:
la popolazione di Luccio andrebbe determinata a livello specifico, per evidenziare la presenza di
Esox cisalpinus;
analoga la situazione per la scardola; andrebbe confermato l’indigenato o meno della
popolazione presente. Il taxon autoctono, se presente, sarebbe tra l’altro di forte interesse
conservazionistico in quanto considerato estremamente minacciato (categoria CR) nella nuova
Lista Rossa;
anche i cavedani presenti andrebbero studiati e determinati: confermando la presenza di
Squalius squalus , indigeno, e l’attribuzione delle popolazioni a pinne rosse al taxon Leuciscus
leuciscus.
La problematica delle specie alloctone dovrebbe essere affrontata nel dettaglio, attraverso
interventi di gestione, rivolti alla conservazione delle zoocenosi e fitocenosi autoctone.
A tal riguardo, la situazione attuale, sulla presenza delle specie alloctone, dovrebbe essere la
seguente:
lungo i corsi d’acqua fredda, Velino compreso, tutti i Salmonidi presenti sono da attribuire a
Salmo trutta alloctona e a Oncorhynchus mykiss, anch’essa alloctona;
nel canale di collegamento tra Lanserra ed il Velino vi sono, oltre alle specie molto diffuse nei
laghi, altre tre specie alloctone, Leuciscus leuciscus, Rutilus rutilus e Alburnus alburnus;
nei laghi le specie alloctone sono molto numerose ed abbondanti: Lepomis gibbosus, Rutilus
aula, Gambusia holbrooki, Perca fluviatilis, Ameiurus melas, Cyprinus carpio.
Infine sarebbe opportuno avere una conferma dell’estinzione a livello locale della Rovella (Rutilus
rubilio), una specie di interesse comunitario presente nell’area fino ad un più recente passato,
probabilmente scomparsa a seguito dell’introduzione del congenere Triotto (Rutilus erytrophtalmus).
1.3.3.3
Anfibi e Rettili
Le informazioni disponibili e di seguito riportate provengono dalla relazione inserita nel Piano di
Gestione-Misure di Conservazione della ZPS, curata dal Dott. Gianpaolo Montinaro. I dati in essa
contenuti provengono da segnalazioni contenute nella Banca Dati ARP, nella Banca Dati erpetologica
dell’Università di Roma Tre e da specifiche indagini di campo condotte nel 2008-2009 dal Dott.
Montinaro. La situazione riscontrabile nel 2009 in riferimento alle specie presenti nel territorio della
ZPS è quella di seguito riportata (in neretto le specie direttamente censite nel corso dell’indagine).
84
Anfibi:
Tritone punteggiato
Tritone crestato
Ululone appenninico
Rospo comune
Raganella italiana
Rana dalmatina
Rana verde
Rettili:
Lucertola muraiola
Ramarro
Orbettino
Biacco
Saettone
Natrice dal collare
Natrice tassellata
Testuggine palustre dalle orecchie rosse
La presenza delle specie non ritrovate nel corso dell’indagine non può essere esclusa, visto il ristretto
arco temporale nel quale sono state effettuate le ricerche, tuttavia è da notare come in tutte le zone
d’acqua visitate non siano mai stati avvistati individui appartenenti alle 2 specie di natrici (ciò farebbe
propendere per una loro effettiva assenza). Per le due specie di interesse comunitario inserite
all’interno dell’allegato II della Direttiva Habitat (il Tritone crestato italiano e l’Ululone appenninico),
vengono di seguito fornite indicazioni di maggior dettaglio. Un’altra specie di interesse
conservazionistico è la Rana dalmatina. La mancata conferma della specie è da imputare al periodo di
campionamento. Nonostante ciò la specie era ben segnalata all’interno dell’area. Nel dettaglio
popolazioni di questo anfibio sono note nei pressi di Colle Cialone (Poggio Bustone, 1996), Colle
Trullo (Cantalice, 1996) ed in località Grotte di San Nicola (Colli sul velino, 1996), Patule (Rivodutri,
1983), Lago di Ripasottile (Rieti, 1996), Lago Lungo (Rieti, 1996) e Montisola (Contigliano, 1996). Si
ritiene opportuno pertanto prevedere campionamenti mirati nel periodo febbraio-marzo per cercare
di aggiornare lo stato della salute di queste popolazioni.
Tritone crestato italiano Triturus carnifex
Per il tritone crestato sono stati individuati 4 siti riproduttivi. Attualmente nell’area si rinviene
esclusivamente all’interno di canali di irrigazione, dove convive spesso con il Tritone punteggiato (T.
vulgaris). Si nutre di piccoli invertebrati, talora anche di specie congeneri più piccole e delle sue
85
stesse larve. Larve e adulti sono predati da uccelli e mammiferi acquatici, serpenti del genere Natrix,
pesci carnivori, crostacei decapodi, larve di insetti acquatici, ecc.
Reperti e segnalazioni per l’area (sono riportate solo le segnalazioni più recenti per ogni località)
LOCALITA
FONTE
ANNO
Lago Lungo
Database erpetologico Università Roma 3
1973
Lago di Ripasottile
Database erpetologico Università Roma 3
1973
Montisola
Database erpetologico Università Roma 3
1996
Pratetta, presso Lago Votone
Personale guardiaparco
2006
Settecamini
G. Montinaro
2007
Casa Ara Grande, pressi
G. Montinaro
2007
Montisola
G. Montinaro
2007
Pratetta, presso Lago Votone
G. Montinaro
2007
Ululone ventre giallo Bombina pachypus
I risultati delle ricerche di campo condotte per il Piano di Gestione sono risultati negativi per l’ululone
appenninico: l’unica stazione ancora nota negli anni ’90 è stata profondamente modificata e la
popolazione non è stata confermata nel corso delle indagini condotte dal Dott. Montinaro e la specie
è da considerarsi attualmente estinta nell’area della Riserva.
La specie è legata per la riproduzione a habitat acquatici di modeste dimensioni, quasi sempre
piccole pozze e ruscelli. Nel primo caso si tratta per lo più di pozze temporanee o durature originate
dalla presenza di fontanili, piccole risorgive, depressioni del terreno, solchi lasciati da mezzi agricoli
riempiti d'acqua oppure da pozze di abbeverata scavate per il bestiame. Nel caso degli ambienti reici,
questi sono costituiti in massima parte dall’alto corso di piccole aste secondarie. Generalmente
questi ambienti acquatici sono al margine di boschi di latifoglie o di cespuglieti. Si tratta di un
elemento K-selezionato a lunga vita (ca. 10 anni) e tardiva maturità sessuale (3 anni) a spiccata
filopatria verso i siti riproduttivi.
LOCALITA
FONTE
ANNO
Patule (Rivodutri)
Database erpetologico Università Roma 3
1983
Grotte di San Nicola (Colli sul Velino)
Database erpetologico Università Roma 3
1990
1.3.3.4
Uccelli
Le informazioni riguardanti questa Classe provengono da diversi fonti: la Banca Dati ARP predisposta
nell’ambito della realizzazione di PAUNIL (Progetto Atlante degli Uccelli Nidificanti nel Lazio); il
contributo sugli Uccelli inserito nel Piano di Gestione della ZPS (a cura del Dott. Stefano Sarrocco
dell’ARP); la consistente mole di contributi scientifici disponibili su questo taxon (cfr. bibliografia). In
86
totale sono segnalate 227 specie (cfr check-list allegata tratta da Rossi et al., 2006 e aggiornamenti
successivi).
- Avifauna nidificante
Sono ad oggi segnalate 90 specie nidificanti di cui 41 non Passeriformi e 49 Passeriformi (Rossi et al.,
2006 e aggiornamenti successivi) di queste, 12 sono di interesse comunitario in quanto inserite in
Allegato I della Direttiva Uccelli: Tarabusino, Nitticora, Sgarza ciuffetto, Airone guardabuoi, Garzetta,
Airone cenerino, Nibbio bruno, Falco di palude (prima nidificazione nel 2013), Succiacapre, Martin
pescatore, Tottavilla, Averla piccola. Il Tarabusino (Ixobrychus minutus) nidifica con un minimo di 7
coppie rilevate nel 2007 (5 coppie nel ’95 ) mentre il Martin pescatore (Alcedo atthis) è presente con
un minimo di 5 coppie nidificanti. Anche l’Averla piccola (Lanius collurio) è confermata nell’area
come nidificante, con una stima di 4-5 coppie.
Dal 2002 nella Riserva nidifica una colonia di Nitticora e la situazione relativa alla consistenza delle
coppie nidificanti è riportata nella tabella seguente (Angelici et al., 2009; Sterpi, com. pers. per il dato
riferito al 2012).
Anno
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2012
N° coppie
16-18
16-18
18-20
16-18
22-24
15-20
20-25
5-10
60-80
Dal 2011 sono inoltre presenti alcune coppie di Airone cenerino (Zanotti et al., 2011) con nidi
localizzati nel canneto dell’isolotto centrale del Lago Ripasottile dove il disturbo antropico e dei
predatori terrestri è minimo. Nel 2013 la popolazione nidificante di questa specie ha raggiunto le
circa 40 coppie (Sterpi M., com.pers.). Questa nidificazione segue ad una fase di forte incremento
della popolazione svernante locale favorito dalla presenza di due troticolture che hanno funzionato
come siti di foraggiamento artificiale (Brunelli et al., 2004, 2009).
Nel sito viene segnalata la presenza di una coppia nidificante di Nibbio bruno Milvus migrans
(Sarrocco, 2009a); osservazioni ripetute di individui isolati o in coppia sono state confermate anche
nella stagione riproduttiva 2007 e tale stima coincide con quella riportata nel Formulario Standard
(1995).
Nel 2013 ha nidificato nell’area (Lama Votone c/o Lago Lungo) una coppia di Falco di palude Circus
aeruginosus, mentre sempre nella stessa lama, la garzaia di Nitticore si è arricchita di altre specie di
Ardeidi ed in particolare hanno nidificato Garzetta (5-10 coppie), Sgarza ciuffetto (4 coppie) e,
probabilmente, Airone guardabuoi (1-2 coppie) (Sterpi M. com pers.).
- Avifauna acquatica svernante
Con l’istituzione dell’area protetta dei laghi Lungo e Ripasottile, nel 1985, insieme all’entrata in
vigore del divieto di caccia e delle altre norme di conservazione, i contingenti di uccelli acquatici
svernanti sono aumentati negli anni, in modo costante (cfr. Sarrocco e Brunelli, 1997). Tuttavia,
nonostante l‘istituzione dell’area protetta sia avvenuta nel 1985, l’effettiva efficacia del regime di
protezione è stata raggiunta solo dal 1989-90, periodo in cui è stata realizzata la tabellazione
dell’area protetta ed è iniziata la sorveglianza da parte del personale preposto. Infatti si è passati dai
poco più di 500 individui presenti negli anni ’80 agli oltre 2000 della seconda metà degli anni ’90, fino
ad arrivare ai tre massimi registrati rispettivamente nel 2002 (3.336 individui), nel 2006 (3.716
individui), nel 2011 (3.477 individui). La situazione rilevata è rappresentata nella figura 1. Questa
considera una serie storica di 29 anni, dall’istituzione fino all’anno 2013, e riporta il numero di
individui e di specie acquatiche svernanti nel sito. Il numero di specie nel periodo 1985-2013 oscilla
tra 12 (1988) e 27 (2002 e 2013) e, nell’intero intervallo, è in media di 21,38 specie/anno (ds ± 4,81,
intervallo 12-27). Anche per quanto riguarda il numero di individui svernanti la situazione è analoga
87
in quanto, dopo un consistente incremento degli anni ’90, la tendenza negli anni successivi descrive
una complessiva stabilizzazione delle presenze (media 1985-2013: 1.809,72 ind./anno, ds ± 991,05,
intervallo 179-3.719).
Figura 15 Andamento del numero di individui e di specie svernanti nel sito, negli anni 1985-2013. fonte: piano
di gestione della zps, (Sarrocco, 2009a), aggiornato, al 2013.
Gabbiano reale med.
Fischione
2%
Svasso maggiore
3%
1%
A irone bianco
A irone cenerino
maggiore
7%
1%
Pavoncella
7%
A ltre
2%
Mestolone
7%
Germano reale
7%
Gabbiano comune
19%
Folaga
7%
Moretta
12%
A lzavola
8%
Moriglione
8%
Cormorano
9%
Figura 16. Grafico della composizione media percentuale delle specie svernanti nel sito in oggetto. Periodo
1993-2006. Fonte: Piano di Gestione della ZPS (Sarrocco, 2009a)
88
Confrontando le consistenze al 2013 con quelle riportate nel Formulario Standard, per le specie
acquatiche svernanti di interesse comunitario, si rileva una sostanziale stabilità per: Tarabuso
(Botaurus stellaris) e Moretta tabaccata (Ayhya nyroca); un netto incremento per Airone bianco
maggiore (Casmerodius alba) e Nitticora (Nycticora nycticorax). La prima specie è passata dai 2
individui mediamente presenti (1995) ad una media di circa 40 individui svernanti, con punte di 102
individui nel 2011; la seconda presenta un nucleo svernante, al 2007, di circa 20 individui che è
andato diminuendo negli anni a seguire (2 individui nel 2012, 4 nel 2013). Va comunque sottolineato
che, almeno per l’Airone b.maggiore la tendenza all’incremento sembra essersi mantenuto fino alla
prima metà del 2000 per poi ridursi negli anni successivi. A queste specie riportate nel formulario se
ne devono aggiungere due ulteriori, il Falco di palude (Circus aeruginosus), che è divenuto regolare
come svernante dall’inizio degli anni’90, con una media di 3,3 individui (anni 96-07), e l’Albanella
reale (Circus cyaneus), anch’essa svernante ma con una presenza più irregolare del congenere. Da
segnalare la presenza di 3 individui di Marangone minore (Phalacrocorax pygmaeus) nel 2013. Tra gli
svernanti possono essere considerati anche la Gru (Grus grus), la Pesciaiola (Mergellus albellus) e la
Garzetta (Egretta garzetta) anche se la loro presenza è alquanto irregolare e per la seconda
accidentale. Per quanto riguarda l’unico passeriforme di interesse comunitario legato all’habitat
acquatico, il Forapaglie castagnolo (Acrocephalus melanopogon), si conferma la presenza nel sito
come svernante e migratore, anche se mancano dati raccolti in modo sistematico, utili a stimarne la
consistenza invernale (73 individui catturali nel periodo 2000-2005 nella stazione ornitologica di
Ripasottile).
- Avifauna acquatica migratrice: difficile tracciare un quadro analitico significativo in quanto
mancano dati di riferimento raccolti in modo sistematico, almeno per quanto riguarda le specie di
interesse comunitario. Per questi taxa si conferma il sito come area di sosta nel corso della
migrazione (stop-over): Sgarza ciuffetto (Ardeola ralloides), Garzetta (Egretta garzetta) Airone rosso
(Ardea purpurea), Falco pescatore (Pandion haliaetus), Albanella minore (Circus pygargus), Schiribilla
(Porzana parva), Cavaliere d’Italia (Himantopus himantopus), Mignattino (Chlidonias niger), Piro piro
boschereccio (Tringa glareola), Combattente (Philomachus pugnax). È probabile un sensibile
decremento delle specie legate ai prati umidi ed alle aree inondate temporaneamente, ad es. Tringa
glareola e Philomachus pugnax.
Da diversi anni, molto rilevante appare la presenza regolare (nei mesi che vanno da febbraio a
marzo) della Gru Grus grus, per la quale il sito sembra rivestire un importante ruolo di stop-over
durante la migrazione primaverile pre-riproduttiva (anche oltre 600 individui in sosta).
1.3.3.5
Mammiferi
Scarse e frammentarie sono le informazioni disponibili per questa Classe; esse provengono per lo più
dalle informazioni contenute nel contributo sui Mammiferi inserito nel Piano di Gestione della ZPS (a
cura della Dott.ssa Ivana Pizzol dell’ARP). In particolare sono state analizzate le recenti segnalazioni di
presenza di alcune specie di particolare interesse conservazionistico, quali il Lupo, e sono stati svolti
alcuni approfondimenti sulla comunità di micromammiferi. Le recenti e occasionali segnalazioni di
Lupo (Canis lupus all’interno della ZPS, ed in particolare di eventi di predazione a carico di specie
domestiche, trova riscontro in un’unica pratica di indennizzo per danni da fauna selvatica trattate
dall’Ente gestore della Riserva in cui ricade la ZPS, avvenuta a danno di cinque ovini nel 2005.
Non è, infatti, improbabile che la specie possa sporadicamente frequentare l’area soprattutto
durante i tentativi di dispersione per la ricerca di nuovi territori da colonizzare. La presenza del Lupo
è inoltre accertata in aree non lontane dalla ZPS, in particolare nel Comprensorio dei Monti Reatini
viene valutata la presenza stabile di almeno 3 esemplari (WWF-Lazio, 2003). In queste aree la
presenza è confermata anche dal ritrovamento di alcuni esemplari morti per diverse cause.
89
Altre specie di interesse non segnalate nel formulario standard del sito sono rappresentate dai
chirotteri. È stata accertata la presenza di tre specie, il Pipistrello nano (Pipistrellus pipistrellus), il
Pipistrello albolimbato (Pipistrellus kuhlii) e il Pipistrello di Savi (Hypsugo savii) (relazione interna
ARP, 2008) oltre ad una segnalazione di Ferro di cavallo minore (Rhinolophus hipposideros) all’interno
delle Grotte di S. Nicola (Sarrocco in verbis, ritrovamento di un esemplare avvenuto 1996). Tutte le
specie segnalate sono inserite nell’Allegato IV della Direttiva Habitat. La raccolta dei dati di presenza
della chirotterofauna è stata effettuata dal personale della Riserva.
La caratterizzazione e l’analisi delle comunità di micromammiferi rappresentano un utile strumento
per evidenziare i cambiamenti delle condizioni ecologiche e dell’habitat. La scarsa vagilità che
caratterizza queste specie, infatti, comporta che alcuni parametri ecologici delle cenosi (ricchezza,
diversità in specie e abbondanza) siano fortemente influenzati dalle condizioni ecologiche e
dell’habitat. Ciò si riflette anche su altre componenti ecosistemiche per l’importante ruolo ecologico,
svolto dalla comunità dei micromammiferi come fondamentale risorsa trofica per diversi gruppi di
mammiferi (mustelidi, i canidi ed i felidi) e per alcuni gruppi di uccelli (rapaci notturni).
Nel Piano di Gestione della ZPS viene riportata la situazione relativa alla presenza di micromammiferi
che rappresentano un gruppo faunistico sensibile ai cambiamenti delle condizioni ecologiche e
dell’habitat; i dati riportati fanno riferimento a lavori pregressi (Esposito 2004, Zapponi 2004) e ad
una specifica ricerca condotta attraverso l’analisi di 28 borre di Barbagianni (Tyto alba).
Nella tabella di seguito riportata vengono indicate le specie determinate raffrontate con la checklist
elaborata in un precedente lavoro del 1996 (Bunone 1996). Nella tabella vengono riportate anche le
specie non rinvenute durante l’analisi delle borre ma segnalate in altri lavori recenti. Si tratta
soprattutto di rinvenimenti casuali ed occasionale avvenuti nel corso di altri studi faunistici riportati
in bibliografia.
Tabella 3 Aggiornamento della cheklist dei micromammiferi presenti nella ZPS.
Ordine
Specie indagine
Bunone 1996
Specie indagine 2007 ◙ e
studi post 1996*
RODITORI
INSETTIVORI
Sorex arenus
Neomys fodiens
Neomys fodiens*
Suncus etruscus
Suncus etruscus◙
Crocidura suaveolens
Crocidura suaveolens ◙
Crocidura leucodon
Crocidura leucodon ◙*
Microtus savii
Microtus savii◙
Arvicola terrestris
---------------
Apodemus sylvaticus
Apodemus sylvaticus◙*
Rattus rattus
Rattus rattus*
Mus musculus
------------
------------
Rattus norvegicus*
90
I dati derivanti dai campioni raccolti nel 2007 confermano sostanzialmente (con l’esclusione
dell’arvicola acquatica europea non campionata) la presenza di tutte le specie rinvenute nel ’96 e
questo rappresenta di per sé un risultato positivo confermato anche da valori di ricchezza in specie
misurati superiori alla media dell’Italia centrale. Tra i Roditori va aggiunto l’Istrice la cui presenza è
stata piu volte accertata mediante il rinvenimento di aculei. Vanno però fatte alcune considerazioni
che derivano dai valori ottenuti dalla misurazione di alcuni indici che concorrono a descrivere, anche
se parzialmente, le condizioni e le eventuali alterazioni locali dell’ambiente. La diversità biotica è uno
degli indici utilizzati per la descrizione dei cambiamenti ambientali. Nella tabella seguente vengono
riportati i valori dell’indice misurato nel ’96 e nell’indagine effettuata nel 2007.
Indice diversità
biotica (Shannon)
1996
Indice diversità biotica
(Shannon) 2007
1,336747
1,675331
L’indice di diversità biotica calcolato, che mette in relazione la ricchezza con l’abbondanza relativa
delle specie, riflette la dominanza di alcune specie (roditori) rispetto ad altre (insettivori) come già
emerso nella più esaustiva indagine del 1996 (due anni di campionamento in diverse stagioni).
Tuttavia per i dati raccolti nel 2007 l’indice presenta valori più elevati che sembrano suggerire la
presenza, nell’area di raccolta dei dati, di una comunità di micromammiferi meglio strutturata.
Considerando che complessivamente dal 1996 l’uso del territorio della ZPS non ha subito importanti
cambiamenti, soprattutto per quanto riguarda le pratiche agricole, i dati raccolti nel 1996 e nel 2007
possono essere considerati come rappresentativi di due aree della ZPS con alcune diversità
ambientali. Il sito di raccolta del 1996 infatti è situato in prossimità del Borgo Settecamini in un’area
caratterizzata da un’intensa attività agricola mentre nel 2007 la raccolta è stata effettuata in un’area
con presenza di diverse tipologie ambientali quali piccole aree boscate e aree di coltivo abbandonate
(aree a copertura erbacea densa, graminacee) che nel loro insieme presentano una matrice
ambientale più complessa in grado di rispondere meglio alle esigenze ecologiche sia della comunità
dei micromammiferi ma anche della chirotterofauna.
I valori più alti dell’indice di diversità biotica misurati per i dati raccolti nel sito del 2007 potrebbero
spiegarsi considerando la maggiore eterogeneità che caratterizza il sito. Va inoltre sottolineato che
l’estensione dell’homerange del Barbagianni è stata stimata, in diversi studi, compresa tra 1-7 km2.
Considerando come centro il luogo di accumulo delle borre e l’intera area potenziale di attività del
Barbagianni si evidenziano le differenze ambientali tra i due siti di raccolta dei dati.
Nella Riserva è presente una popolazione di Cinghiale Sus scrofa che ha originato un significativo
conflitto sociale e per il cui controllo è stato predisposto dalla Riserva stessa, uno specifico “Piano
per la programmazione degli interventi di controllo numerico del Cinghiale (Sus scrofa l.) nella
Riserva Naturale regionale dei Laghi Lungo e Ripasottile” (Adriani, 2011).
1.3.4
PRINCIPALI CRITICITÀ RISCONTRATE
Le criticità di seguito riportate sono state tratte per lo più dalle Norme di Salvaguardia previste dalla
Riserva nella ZPS (AA.VV., 2009) e dai riscontri diretti avuti durante gli incontri con l’Ente di Gestione
in riferimento alla predisposizione del Piano di Assetto.
91
1.3.4.1 Utilizzo di diserbanti e pesticidi dannosi per gli ecosistemi acquatici e per le catene trofiche
ad essi associate
Nella Riserva Naturale dei Laghi Lungo e Ripasottile, gli agro-ecosistemi costituiscono una frazione
cospicua del territorio (circa l’80%), la parte restante è costituita da sistemi fluvio-palustri (laghi,
lame, canali, corsi d’acqua, sistemi sorgentizi, ambiti fontinali). La contiguità territoriale tra queste
due tipologie ambientali è strettissima e l’una si compenetra nell’altra.
Gli ambiti agricoli, percorsi da canali e corsi d’acqua, e intervallati dalla presenza dei laghi e delle
“lame”, sono utilizzati per lo più per motivi trofici e di sosta durante il periodo delle migrazioni e
dello svernamento, da numerose specie di uccelli, molte delle quali di interesse comunitario in
quanto inserite in Allegato I della Direttiva Uccelli (cfr Piano di Gestione, Sarrocco, 2009a).
Raccolte d’acqua e canali di irrigazione costituiscono inoltre siti di presenza e siti riproduttivi per
diverse specie di Anfibi (cfr. Piano di Gestione, Montanaro 2009). Inoltre tali sistemi sono
attualmente i siti di accantonamento di flora igrofila, e sistemi di vegetazione sommersi e semi
sommersi, di una più estesa porzione di territorio (vd. antica estensione Lago Velinus), che ormai
rappresentano gli ultimi nuclei relittuali ad elevata diversità all’interno del paesaggio planiziale della
Riserva. Tali siti sono ascrivibili ad Habitat Natura 2000, anche prioritari (vd. Allegato I Direttiva
Habitat) e a biotopi con flora di rilevante interesse naturalistico e conservazionistico.
I dati di carattere agronomico contenuti nel Piano di Gestione della ZPS (Battisti, 2009) evidenziano
che l’agricoltura della Riserva, è caratterizzata da un notevole dualismo strutturale. Da un lato vi
sono gli imprenditori agricoli con aziende medio grandi: circa 5 con superfici agricole > 150 ha a cui si
aggiungono una decina di proprietà comprese tra 50 e 100 ha; dall’altro troviamo alcune proprietà
medio piccole (tra 10 e 50 ha), e piccoli agricoltori che impegnano anche le superfici di proprietà
pubblica. L’agricoltura nella Riserva coinvolge circa 50 addetti.
La tabella successiva fornisce un quadro generale della situazione attuale delle aziende agricole vitali,
presenti sul territorio della Riserva Naturale dei Laghi Lungo e Ripasottile, distinte in base all’indirizzo
produttivo (Tab 4).
Tabella 4. Aziende agricole presenti nel territorio della Riserva Naturale dei Laghi Lungo e Ripasottile
INDIRIZZO PRODUTTIVO
Zootecnico
Zootecnia con agriturismo
Produzione cerealicola e foraggiera
Produzione ortofrutticola
Totali
N° AZIENDE
N° ADDETTI
6
2
10
2
20
15
7
20
10
52
Per quanto riguarda il settore zootecnico sono circa trecento (300) i capi bovini allevati
prevalentemente da ingrasso e circa cinquecento (500) i capi ovini e caprini. Sono invece circa
venticinque (25) i capi equini. Da un esame dei dati sopra riportati risulta evidente l’importanza del
settore zootecnico, in termini di numero di aziende e di numero degli addetti.
Breve descrizione delle tipologie delle coltivazioni erbacee usuali e loro localizzazione ed estensione
(Tab. 5).
Tabella 5. Tipologie delle coltivazioni erbacee usuali nel Territorio della Riserva
TIPOLOGIA COLTURALE
DESCRIZIONE
92
Frumento; (Triticum spp)
La coltivazione del frumento interessa tutta l’area della Riserva per
una superficie di 600 ettari circa.
Mais; (Zea mais)
La coltivazione del Mais interessa tutta l’area della Riserva per una
superficie di circa 800 ettari.
Orzo; (Hordeum vulgare)
La coltivazione dell’orzo è presente in tutte le zone dell’area della
riserva con una superficie pari a 330 ettari.
Girasole; (Helianthus annuus)
La coltivazione occupa un’area di circa 170 ettari.
Erba medica; (Medicago
sativa)
La coltivazione di Erba Medica occupa una superficie di circa 550
ettari.
Erbai autunno-primaverili
Questi tipi di colture le troviamo presenti soprattutto nelle zone
marginali della Riserva con una estensione di circa 20 ettari.
Nell’ambito dei sopralluoghi congiunti (gruppo di lavoro incaricato del Piano e ARP) effettuati nel
corso della redazione del Piano di Assetto della Riserva Naturale, è stato rilevato il diffuso utilizzo di
erbicidi a base di glifosate, soprattutto nelle aree coltivate a cereali e a mais.
Tali trattamenti vengono effettuati in quanto l’utilizzo del prodotto consente di limitare i costi di
lavorazione dell’appezzamento riducendo le necessarie fasi di lavorazione del terreno e, di
conseguenza, i costi produttivi in termini di giornate/uomo impiegate.
Foto 1. Nell’ambito dei sopralluoghi effettuati per il Piano di Assetto è stata rilevata la presenza di contenitori di
erbicidi. Nell’immagine una tanichetta di Roundup 360 Power (prodotto dalla Monsanto) trovata in prossimità
del Canale di S. Susanna. Foto Giancarlo Cammerini.
93
Foto 2. Sullo sfondo si evidenziano i campi trattati con glifosate all’interno di una delle aziende di grandi
dimensioni presenti nella Riserva. In particolare si tratta di circa 90 ettari nell’area di Formone Lungo/Fosso di
Valle Tribolata, a nord di Casone Torretta, immediatamente a sud di Lago Lungo (settore orientale della
Riserva). Foto Stefano Sarrocco.
Foto 3. Uno dei campi trattati con glifosate, è evidente il cosiddetto “effetto Orange” dovuto al disseccamento
delle piante. Foto Enrico Calvario.
Tali prodotti hanno effetti negativi riconosciuti sia a livello ambientale sia a livello della salute umana;
la letteratura scientifica a riguardo è molto estesa, non ultimo il lavoro di Samsel A. e S. Seneff, 2013
ma anche molti altri4. Tanto che l’Unione Europea denuncia la pericolosità dei pesticidi, emana
4
Samsel A. and S. Seneff, 2013 - GlyphosatÈs Suppression of Cytochrome P450 Enzymes and Amino Acid Biosynthesis by the Gut
Microbiome:
Pathways
to
Modern
Diseases,
Entropy
2013,
15,
1;
94
regolamenti su di essi (gennaio 20095) per ridurne l’uso e pubblica l’elenco delle sostanze da bandire
(che in futuro dovrà via via essere integrato), in quanto più pericolose delle altre. L’elenco
comprende 22 sostanze, tra le quali figura il glufosinate. La Commissione Europea ha invece deciso di
posticipare al 2015, la revisione decennale delle verifiche sulla sicurezza del glifosato e di altre 38
sostanze chimiche prevista per il 2012. Contemporaneamente, con la direttiva 2009/128/CE del
Parlamento Europeo e del Consiglio, recepita con il decreto legislativo 14 agosto 2012, n. 150, l’UE ha
istituito un quadro per l'azione comunitaria ai fini dell'utilizzo sostenibile dei prodotti fitosanitari.
Aspetto indiscutibile è che il glifosate, come anche evidenziato nella “Scheda di Sicurezza” (cfr
allegato 1) del prodotto da parte dell’azienda produttrice, “ha effetti altamente tossici per gli
organismi acquatici e può provocare a lungo termine effetti negativi per l’ambiente acquatico”.
Sempre nella Scheda di Sicurezza del prodotto viene raccomandato di “Tenere lontano da canali di
scolo, fogne, fossi e corsi d'acqua” e viene sottolineata la caratteristica del prodotto di presentare
una Tossicità acuta nelle alghe verdi, nella trota iridea, nel lombrico, nella pulce d’acqua.
Inoltre come riportato in letteratura tecnico-scientifica, gli effetti degli erbici come il glisofate, non
solo producono l’inevitabile essiccamento del cotico erboso, ma danneggiano inevitabilmente la
componente biologica dei suoli, riducendo i microorganismi necessari ai processi di riciclo delle
sostanze (azoto fissatori etc.) che garantiscono la produttività del terreno. Per di più, tale effetti sulla
componente biologica dei suoli, comporta una potenziale ripresa del cotico erboso costituito
prevalentemente da specie vegetali aliene anziché specie vegetali native tipiche del paesaggio pretrattamento con erbicidi a glisofate (Irvine et al. 2013).
Oltre agli effetti diretti e indiretti del glifosate sulla matrice biologica del suolo e la relativa
produttività post utilizzazione, sono note in letteratura anche le potenzialità inquinanti sugli
ecosistemi acquatici (Pérez,2011) e relativa conservazione degli stessi. L’effetto percolazione della
sostanza nei suoli e le relative concentrazioni nelle falde acquifere è stato dimostrato in laboratorio
in ambito di specifici studi di settore. Altri studi hanno testato la velocità di deflusso e relative
concentrazioni di glifosate nei corsi d’acqua. Da tali studi specifici è stata anche dimostrata la
permanenza, in termini di giorni, di elevate concentrazioni nelle acque prima del totale assorbimento
e/o biodegradazione. Data la notevole resistenza in soluzione dovuta alla durezza chimica dell’acqua,
il glifosato può muoversi velocemente, in funzione del deflusso idrico, fino a distanze considerevoli, a
tal punto da interessare aree dove il glifosato non viene utilizzato come erbicida.
In relazione a tutto ciò, la fitotossicità di erbicidi come il glifosato sulle macrofite esposte a diversi
livelli di concentrazione (anche minimi) è stata oggetto di numerose attività sperimentali e ricerche
anche a carattere applicativo. I risultati si generalizzano evidenziando un innegabile effetto
depressore di tali composti sulla capacità di sviluppo delle biomasse acquatiche. Ciò è di particolare
importanza da evidenziare in un contesto come il sistema fluvio lacustre qui studiato, poiché in esso
sono accantonate specie acquatiche e palustri (macrofite e alghe) di rilevante interesse naturalistico.
Specie come Nymphaea alba, Lemna minor, L. trisulca, Najas marina, Nuphar luteum, Utricularia
vulgaris, Potamogeton sp.pl., Callitriche sp.pl., distintive di Habitat Natura 2000 “3150 Laghi eutrofici
naturali con vegetazione del Magnopotamion o Hydrocharition” e Chara sp.pl. distintive di Habitat
Natura 2000 “3140 Acque oligomesotrofe calcaree con vegetazione bentica di Chara spp.”, presenti
nella Riserva. Pertanto devono essere tutelate in modo rigoroso e possono chiaramente svolgere
funzione di specie indicatrici di stato di conservazione degli habitat rispettivi, in caso di esposizione
http://www.ftsnet.it/documenti/476/ISPRA_fitosanitari%20nelle%20acque.pdf; http://www.agricolturaitalianaonline.gov.it; Gentilini P.
2012 Esposizione a pesticide e rischi per la salute umana. Medicina e salute pubblica, Il Cesalpino; G.E. Seralini et al. 2009 - “Differential
Effects of Glyphosate and Roundup on Human Placental Cells and Aromatase” Environmental Health Perspectives, 2009; Cockburn M, et al.
Prostate cancer and ambient pesticide exposure in agriculturally intensive areas in California Am J Epidemiol 2011 Jun 1;173(11):1280-8.
5
Regolamento (CE) n.1107/2009 relativo all’immissione in commercio di prodotti fitosanitari è stato pubblicato il 24 novembre 2009.
95
agli erbicidi. Sarebbe auspicabile che il loro fosse oggetto di specifici programmi di monitoraggio sia
in campo che in laboratorio.
Nel Piano di Gestione della ZPS (Montinaro, 2009) viene fatto presente che le raccolte d’acqua, e i
canali irrigazione, appaiono spesso privi di vegetazione acquatica e con una scarsa fauna di
invertebrati; la componente vegetale è presupposto fondamentale per gli Anfibi in quanto assolve a
diverse funzioni: riproduzione, alimentazione e nascondiglio mentre gli invertebrati costituiscono una
importante risorsa trofica. Tra le cause vengono elencate una gestione non corretta dello sfalcio della
vegetazione, la mancanza di fasce di tolleranza tra campi agricoli e canali e l’utilizzo di fertilizzanti,
erbicidi e/o pesticidi dannosi per gli ecosistemi acquatici. Numerose sono le pubblicazioni scientifiche
che mettono in luce gli effetti negativi del glisofate sugli ecosistemi acquatici e su alcuni gruppi
animali tra cui gli Anfibi e i Pesci (ad es. Hall, 1992; Mann & Bidwell, 1999; Slooff, 1983; Van
Wijngaarden, 2005;: Howe, 2004)
Pur in assenza di analisi chimiche che certifichino la presenza del prodotto in oggetto nelle acque
della Riserva e quindi della ZPS, appare impossibile, vista la contiguità territoriale, tra aree agricole
irrorate e acque (fossi, canali di scolo, laghi, lame, corsi d’acqua), poter escludere che tale
contaminazione possa avvenire, con frequenza e regolarità, con esiti fortemente negativi
sull’integrità complessiva degli ecosistemi acquatici, visti gli effetti di tossicità dichiarati anche sulle
componenti primarie, alla base delle reti trofiche in essi presenti, ed in virtù del principio di
precauzione della Commissione Europea, nella misura in cui esso prescrive che gli obiettivi di
conservazione di Natura 2000 dovrebbero prevalere sempre in caso “incertezza”.
A tale proposito, la .Comunicazione della Commissione sul principio di precauzione. (Commissione
europea, 2000a, COM(2000) 1 final) stabilisce che l’applicazione del principio precauzionale
presuppone:
individuazione degli effetti potenzialmente negativi risultanti da un dato fenomeno, prodotto o
procedura;
una valutazione scientifica dei rischi che non possono essere determinati con sufficiente certezza
in ragione della loro natura imprecisa o non definitiva o della insufficienza di dati (Commissione
europea, 2000a, p. 14)”
1.3.4.2
Riduzione delle aree di alimentazione/riproduzione per l’avifauna e la batracofauna
Nel corso degli ultimi decenni le zone umide residuali della Piana di Rieti hanno subito una ulteriore
riduzione quanto a superficie ed anche una loro banalizzazione; a questo processo di origine
antropica si è associato anche un processo naturale di evoluzione che ha prodotto in tempi rapidi,
una senescenza delle stesse attraverso un colmamento delle depressioni ed una conseguente
diminuzione degli habitat delle acque aperte, con una loro trasformazione in facies con caratteri più
terrestri. Nella grande maggioranza dei casi, come già detto, questo processo è stato velocizzato
dalle bonifica avvenuta negli anni ‘50 che ha portato all’attuale stato idrografico ed idraulico del sito,
con un livello dei laghi e delle zone umide mantenute da un impianto idrovoro due metri sotto il
livello naturale. Questo atto conclusivo, che aveva già dei precedenti nelle più consistenti bonifiche
storiche, ha ridotto la zona umida alla dimensione di alcune decine di ettari, facendo scomparire una
parte degli specchi d’acqua minori e riducendo in modo consistente tutti quei prati umidi e quelle
superfici temporaneamente allagate che ricoprivano gran parte della pianura settentrionale.
96
Tabella 6 Quadro comparativo della variazione delle superfici a acque libere nel comprensorio in esame,
suddivise nei diversi bacini lacustri.
Denominazione dei
bacini
1920-21
1948
1991
1999
2005
Var.
in ha
in ha
in ha
in ha
in ha
in %
La Volta
Lago di Ripasottile
Lago Lungo
Lama di S.Balduino
6,7
7,09
5,22
5,1
5,14
-23,31
98,6
100,02
69,09
68,95
69,25
-29,77
66,75
52,64
44,07
43,91
44,33
-33,59
3,25
0,99
1,6
1,59
-51,11
2,68
2,01
2,08
2,12
-52,23
-
Lago Pozzo
4,44
Lama dei Santi
-
1,28
0,68
0,53
0,47
-63,54
Lama Vergara 2
-
0,84
0,27
0,22
0,28
-66,98
4
4,76
1,24
0,59
0,27
-93,3
3,17
1,56
0,04
0,04
0,06
-98,17
11,14
8,32
2,42
0
0
-100
Lama della Casa
Lama Votone
Lago di Fogliano
Lama di Valle Tribolata
Lama Vergara 3
Lama Vergara 1
Lama di S.Balduino bis
Lama della Casa bis
Totale
0,74
0
0
0
-100
-
0,95
0,51
0
0
0
-100
-
0,28
0
0
0
-100
-
0,23
0
-
0,09 -
195,75
184,19
0
-
126,03
0
-
123,02
-100
-
123,5
-36,91
I dati numerici sono espressi in ettari (ha); nell’ultima colonna è riportata la variazione percentuale
della superficie tra il 1920-21 o il 1948 ed il 2005. In mancanza di dati (-) la variazione iniziale si
riferisce alla prima data utile (da Sarrocco, 2009b).
La tabella 6 mostra i cambiamenti avvenuti, in termini di superfici delle acque libere, nei principali
bacini lacustri presenti nel comprensorio, dagli anni’20 al 2005.
Le fonti documentali utilizzate sono le seguenti:
1920-21: Riccardi 1920-21, 1922;
1948: tavolette in scala 1:25.000 dell’Istituto Geografico Militare Italiano (IGMI);
1991: Cartografia Tecnica Regionale in scala 1:10.000;
1999 e 2005: foto aeree Regione Lazio.
97
I risultati riportati nella tabella mettono in evidenza in particolare la totale scomparsa di acque libere
(tra il -90 e il -100%) in 7 depressioni minori (lame), probabilmente in coincidenza con l’ultima
bonifica avvenuta dopo il 1948 con la costruzione delle idrovore e l’abbassamento generale del livello
delle acque, e le consistenti riduzioni dei due bacini maggiori con una perdita del 30% della
superficie.
In totale si è passati dai 196 ha di acque aperte degli anni’20 dell’altro secolo agli attuali 123 ettari,
con una variazione di oltre il 35%.
A questa riduzione delle superfici degli ambienti lacustri, si aggiunge anche una scomparsa o una
contrazione di altri habitat acquatici difficilmente quantificabili, ma che comunque hanno
interessato:
i prati umidi e le zone temporaneamente allagate c/o le lame della Vergara;
le aree inondate circostanti il lago di Fogliano.
Questa perdita di habitat è probabilmente la causa di tendenze evidenziate negli ultimi anni, tra cui il
decremento di alcuni gruppi faunistici (alcune anatre del genere Anas e limicoli dei generi Tringa e
Philomachus, diverse specie di Anfibi) .
1.3.4.3 Gestione idraulica dei corsi d’acqua non attenta alle necessità di ordine naturalistico con
ripercussioni su diverse componenti faunistiche (Uccelli, Anfibi)
Gli ambienti acquatici lentici (laghi e lame) rappresentano solo una parte delle tipologie di habitat del
sito, in cui si rinvengono anche numerose tipologie di ambienti lotici, come fiumi, canali e fossi (ad
es.: fiumi Velino, S.Susanna e Fiumarone, canali di S.Susanna e della Vergara). La rilevanza di questi
ambienti acquatici reici è indubbia in quanto un numero rilevante di specie utilizzano questi habitat
come aree di alimentazione e di nidificazione.Questi corsi d’acqua sono ad alta idoneità per le specie
acquatiche soprattutto in presenza di un ambiente ripario ben conservato, con tracciati sinuosi, rive
degradanti verso il centro dell’alveo, fasce di vegetazione riparia erbacea ed arbustiva che occupino
sia l’area golenale che la sommità degli argini. La funzione di questa componente vegetale associata
agli ambienti reici risulta molto importante sia come zona rifugio e nidificazione per le specie
ornitiche sia come fascia tampone e filtro per ridurre l’impatto di eventuali inquinanti e sedimenti.
Nonostante la loro rilevanza i corsi d’acqua, gli alvei e le loro rive sono sottoposti attualmente ad una
gestione essenzialmente idraulica che spesso ne impedisce una funzionalità anche naturalistica. Gli
interventi, realizzati dal Consorzio della Bonifica Reatina, comportano essenzialmente:
il dragaggio del fondo
la totale rimozione della vegetazione di riva ed arginale.
A questi interventi per fini idraulici, si aggiungono gli interventi svolti dai conduttori dei fondi che
spingono le loro pratiche agricole a ridosso degli argini, rimuovendone la vegetazione e spesso
ricoprendola con i terreni provenienti dalle arature.
98
Foto 4. Le foto propongono alcune delle situazioni in cui versano alcuni dei canali presenti nel sito, in cui è evidente la
mancanza di continuità della fascia vegetale riparia lungo le rive: le arature o le escavazioni interessano le scarpate e
la sommità dell’argine. nel caso degli interventi realizzati per finalità idrauliche, oltre all’escavazione dell’alveo, la
rimozione della vegetazione interessa quasi sempre simultaneamente entrambe le rive. Fonte: Piano di Gestione della
ZPS.
Foto 5. Rive del canale di S.Susanna in prossimità delle sorgenti in cui si evince l’ultimo intervento di “gestione
idraulica”, settembre 2013. Foto Alba Pietromarchi
99
A supporto delle considerazioni sopra esposte, merita una attenta riflessione l’immagine fotografata
a settembre scorso (2013), in cui è evidenziato l’ultimo intervento di “gestione idraulica” realizzato
lungo le rive del canale di S.Susanna in prossimità delle sorgenti. Il taglio ha interessato tutta la
vegetazione riparia, erbacea ed arbustiva.
1.3.4.4 Riduzione degli habitat di sosta per l’avifauna migratrice costituiti dagli stagni temporanei,
a seguito dei livellamenti dei terreni ad uso agricolo
Soprattutto nel settore orientale del Lago Lungo, sono presenti durante il tardo inverno e la
primavera alcune superfici che vengono temporaneamente allagate, si tratta di pozze temporanee
alimentate per lo più da acque di falda. Le dimensioni di questi veri e propri stagni temporanei sono
di poche decine o centinaia di metri quadrati, bordano come accennato in precedenza la lama
Votone e la riva orientale del lago Lungo. Per buona parte si costituiscono in depressioni presenti
all’interno di campi coltivati o lungo i margini degli appezzamenti. In precedenza, queste depressioni
occupavano anche altri settori del sito, tra i quali la sponda settentrionale del Lago Lungo e le
immediate vicinanze delle lame della Vergara; a seguito dei livellamenti dei terreni ad uso agricolo
queste acque astatiche sono scomparse. Quelle rimaste ospitano durante il periodo delle migrazioni
alcune specie di interesse comunitario, tra cui il Piro piro boschereccio (Tringa glareola),
Combattente (Philomachus pugnax) e, nella primavera 2008, è stato osservato anche un Croccolone
(Gallinago media), uno Scolopacidi in forte decremento in Europa.
Foto 6 Immagini di stagni temporanei riprese nel mese di maggio 2008 nei pressi di lama Votone e lago Lungo.
Fonte: Piano di Gestione della ZPS
1.3.4.5
Conflitto/Fattore attrattivo tra attività di acquacoltura e presenza di Ardeidi
L’andamento delle presenze degli Ardeidi ha presentato un incremento delle consistenze nella
seconda metà degli anni ’90, con un picco localizzato nel 2002 (452 individui), un successivo
decremento delle presenze (221 individui nel 2008 e nel 2010), un aumento con un massimo di 524
individui registrato nel 2011. Il consistente incremento numerico osservato ha interessato per lo più
la componente svernante del gruppo, ma ha determinato anche la costituzione di una colonia
riproduttiva di Nitticore e di altre specie di aironi (Garzetta, Airone cenerino, Sgarza ciuffetto, Airone
guardabuoi), ed è dovuto in massima parte alla disponibilità artificiale di risorse alimentari, messe a
disposizione dai due allevamenti ittici presenti nel sito, troticolture delle Sorgenti di S.Susanna e di
Casale Mazzetelli. Nell’ultima decade la tendenza si è invertita è si è assistito ad un altrettanto
consistente decremento delle presenze (oltre il 50% degli individui), dovuto con molta probabilità
100
alla misure di dissuasione messe in campo dai due impianti i troticoltura che hanno ridotto
l’accessibilità alla risorsa alimentare attraverso il miglioramento della copertura delle reti sulle
vasche di allevamento. La disponibilità di risorse alimentari ha determinato quindi, inizialmente, la
costituzione di un nucleo svernante e nidificante di Ardeidi, con molta probabilità superiore alla
capacità naturale (capacità portante) dell’area protetta. Tra l’altro due di queste specie, l’Airone
bianco maggiore e la Nitticora, sono specie di interesse, minacciate, e per tale motivo strettamente
protette, inserite nell’allegato 1 della direttiva 79/409. La problematica è quindi particolarmente
complessa, in quanto da una parte l’ente gestore del sito dovrebbe tentare di ripristinare gli equilibri
ambientali e quindi evitare il foraggiamento artificiale delle specie, così come vorrebbe una corretta
pratica legata alla conservazione delle specie, dall’altra si pone la questione di conservare almeno
parte di questo popolamento anche se “artificialmente” costituito. Alle problematiche di tema
naturalistico si aggiungono poi quelle di natura economica in quanto la risorsa alimentare utilizzata si
traduce in un danno economico per i gestori degli impianti, che vedono sottratta una parte, anche se
contenuta, delle loro produzioni, e che potrebbero attivare le richieste di risarcimento per danni da
fauna selvatica in base all’art. 34 della LR 29/97.
1.3.4.6 Disturbo legato alle attività ricreative (pesca sportiva, sorvolo degli specchi d’acqua) sulle
comunità ornitiche nidificanti e svernanti.
In anni recenti sono state portate avanti molte ricerche sul disturbo provocato agli uccelli nidificanti
dalle attività umane (Drewitt, 2007; Hockin et al. 1992; Hill et al. 1997: in Sarrocco, 2009b). In
particolare è stata prestata particolare attenzione agli effetti prodotti dal disturbo delle attività
ricreative o del tempo libero (ad es.: Burger &Gochfeld 1998, Sidaway 1990, Burger et al. 1995,
Fitzpatrick& Bouchez 1998, Woodfield & Langston 2004: in Sarrocco, 2009b). Il problema è di tale
interesse per la conservazione che la British Ornithologists’ Union (BOU) ha organizzato nel 2005 uno
specifico meeting scientifico denominato Birds & Recreational Disturbance per affrontare in modo
organico le problematiche emergenti da questa importante tematica. Parimenti negli USA, sempre in
anni recenti, sono stati svolti numerosi lavori sull’argomento ed in alcuni di questi studi è stata
osservata una significativa interferenza tra attività del tempo libero e le comunità ornitiche. In
particolare Schummer and Eddleman (2003: in Sarrocco, 2009b) hanno evidenziato che gli effetti del
disturbo sull’avifauna acquatica migratrice, in alcuni casi di una certa rilevanza, incrementava in
modo significativo la spesa energetica delle specie. Ciò ha portato gli autori della ricerca a consigliare
ai “gestori delle zone umide” di prendere in considerazione tale problematica nell’ambito della
predisposizione di attività di ricreazione all’interno di queste aree. In un’altra ricerca, Burgher and
Gochfeld (1998) trovarono tra l’altro che molte specie di uccelli acquatici sottoposti al disturbo da
presenza umana diminuiscono i tempi di alimentazione ed incrementano i tempi di vigilanza:
soprattutto le specie più sensibili possono trovare difficoltà ad assicurarsi una quantità adeguata di
cibo e di riposo. Nel sito in oggetto tra le attività che si configurano di una certa significatività per il
disturbo indotto rientrano quelle dovute al volo libero e alla pesca sportiva praticate, la prima, con
parapendii e deltaplani, la seconda, con natanti nel Lago Lungo e Lago di Ripasottile. Entrambe le
attività sono motivo di disturbo sia in inverno che nella stagione riproduttiva. Per quanto riguarda il
volo a vela l’effetto del sorvolo sui bacini, in particolar modo sul lago Lungo e sulle zone umide
contermini, determinano almeno in inverno continui involi dei contingenti degli uccelli acquatici.
Analoga situazione viene determinata dall’esercizio della pesca sportiva, particolarmente quella
relativa alla pratica del carp-fishing che prevede tra l’altro l’utilizzo di imbarcazioni con presenza di
piazzole adibite a questo tipo di pesca situate anche in punti raggiungibili solo mediante utilizzo di
natante. In particolare questo effetto di disturbo appare particolarmente rilevante nel Lago Lungo e
nel Lago di Ripasottile, soprattutto durante il periodo dello svernamento. Al disturbo prodotto dalla
presenza umana si aggiunge quello prodotto sulla vegetazione ripariale e natante, in quanto
l’apertura di “finestre” nel canneto da cui pescare provoca ulteriori riduzioni dei potenziali siti di
rifugio e di nidificazione e, soprattutto, il danneggiamento diretto della vegetazione acquatica e
ripariale. L’incompatibilità delle attività di pesca, con riferimento al carp-fishing, con la gestione
101
dell’avifauna acquatica svernante e nidificante nella ZPS è stata peraltro messa bene in evidenza, per
quanto concerne gli aspetti legali, dall’avvocato Roberta Angeletti in un documento inserito nel Piano
di Gestione della ZPS, con specifici richiami alle normative comunitarie e di recepimento delle stesse
da parte del nostro Paese. E’ emersa inoltre l’assoluta incompatibilità della navigazione per motivi
legati alla tecnica del carp-fishing, con quanto riportato nella Legge Istituitva della Riserva Naturale
stessa. Nel Lago di Ventina (SIC ma non ZPS) la questione inerente il carp-fishing è stata già affrontata
e regolamentata nell’ambito del Piano di Gestione del Sito Natura 2000 approvato dal Comune di
Colli sul Velino; in tal caso non è stata ravvisata incompatibilità tra l’esercizio di tale attività (nelle
modalità concordate con il Comune ed i portatori di interesse e inserite nel Regolamento annesso al
Piano di Gestione del sito.
Foto 7 Sulla sinistra è visibile uno dei piccoli pontili di attracco per le imbarcazioni da pesca sportiva. È evidente
che il disturbo non interessa la sola avifauna ma si attua anche nei confronti della vegetazione riparia che risulta
assente. Sulla destra è visibile il campo di base e di atterraggio nel sito per il volo libero. Fonte: Piano di Gestione
della ZPS
Foto 8. Le due foto sopra riportate evidenziano due effetti prodotti dalla presenza delle attività di pesca sportiva
nel lago Lungo: nella foto a sinistra è evidente il danneggiamento del lamineto a seguito dell’ingresso di
imbarcazioni dalla postazione di pesca. Nella foto a destra un edificio utilizzato come rimessa dai pescasportivi a
ridosso dello specchio d’acqua, in piena fascia riparia. Fonte: Piano di Gestione della ZPS.
102
1.3.4.7
Presenza di elettrodotti con rischio di collisione ed elettrocuzione per l’avifauna
L’impatto con le linee elettriche ad alta (AT) e media tensione (MT), costituisce un grave fattore di
rischio per molte specie di uccelli: rapaci diurni e notturni e altri uccelli di grandi dimensioni come
aironi, cicogne e fenicotteri subiscono una forte mortalità dovuta all’impatto con elettrodotti
(Pirovano e Cocchi, 2008). La morte avviene per due cause:
elettrocuzione (fulminazione per contatto tra conduttori), ciò avviene soprattutto con le linee a
media tensione;
collisione in volo contro i conduttori, ciò si verifica soprattutto con le linee ad alta tensione, ma
anche con linee di media tensione .
Il fenomeno dell’elettrocuzione avviene quando l’uccello tocca contemporaneamente due elementi,
conduttori, che presentano una differenza di potenziale. Il contatto può avvenire quando l’individuo
si posa su una parte dell’installazione elettrica, quando si invola da essa, ma anche quando è posato
ed effettua dei movimenti con il corpo o con le ali. In generale il momento più a rischio di contatto è
quando l’animale si posa su di un palo di sostegno.
Il rischio è particolarmente subdolo, i pali delle linee elettriche costituiscono infatti una forte
attrazione per molte specie di uccelli, sono sfruttati, in particolare dai rapaci, come posatoi per la
caccia, ma anche come siti di nidificazione, soprattutto da Corvidi e cicogne.
Vari studi hanno dimostrato come le dimensioni del fenomeno siano di notevole proporzione e
localmente l’impatto, per alcune specie, può determinarne anche l’estinzione (cfr. Penteriani, 1998):
Gli studi su questo fenomeno hanno inoltre evidenziato come le vittime siano soprattutto i giovani e i
subadulti, questo può determinare effetti negativi a lungo termine sulle popolazioni locali di una
determinata specie in quanto ne modifica la struttura e influenza negativamente il naturale
avvicendamento tra generazioni. Per ciò che concerne la localizzazione delle linee elettriche,
particolarmente pericolose sono quelle che attraversano zone umide con ingenti quantitativi di
uccelli acquatici nidificanti e svernanti; quelle poste su rotte preferenziali per la migrazione; quelle
che attraversano gole e valloni; quelle poste all’interno di boschi se i cavi si trovano ad altezza
superiore delle chiome degli alberi. Nel sito in oggetto la problematica non è stata ancora affrontata
e l’entità dell’impatto non è conosciuta, è comunque probabile che esistano degli effetti in quanto
sono presenti nel sito diversi elettrodotti di cui almeno uno di AT.
103
Foto 9. Immagini di linee elettriche di MT (a sinistra) ed AT (a destra) in località di Settecamini. Fonte: Piano di
Gestione della ZPS
1.3.4.8
Insoddisfacente perimetrazione della ZPS e della Riserva Naturale
L’attuale perimetrazione della Zona di Protezione Speciale (ZPS) include un’area di 907,5 ha di
superficie ed al suo interno la grande maggioranza delle zone umide (circa 150 ha) presenti nell’area
insieme ad alcuni nuclei forestali di poche decine di ettari (circa 6 ha). Le rimanenti porzioni di
territorio comprendono seminativi asciutti ed irrigui (circa 650 ha).
Nella tabella 4 sono riportati i diversi utilizzi delle diverse porzioni di territorio del sito e la loro
importanza per l’avifauna associata. È evidente che gli specchi d’acqua ad elevata ricchezza di specie
occupano una percentuale ridotta del sito, 14,2 %; le paludi interne ad elevata specificità funzionale
meno del 2% del territorio; ancora più ridotta la superficie dei boschi di latifoglie con lo 0,3%. Al
contrario le superfici di maggiore dimensione hanno una scarsa valenza ornitologica, tra queste vi
sono i seminativi, che pur avendo una bassa “funzionalità ornitologica” occupano oltre il 50% del sito.
A questa situazione territoriale si aggiunge una ulteriore considerazione sulla parziale adeguatezza
della delimitazione del sito, in quanto una parte delle segnalazioni delle specie e delle aree di
rilevanza ornitologica ricadono all’esterno della ZPS, soprattutto a nord e ad ovest del sito ove è
presente una piccola zona umida di carattere residuale. Per quanto riguarda la Riserva Naturale i
confini attuali includono solo un piccolo tratto del Fiume Velino ed essi passano peraltro lungo la sua
riva destra (escludendo quindi di fatto il fiume dal perimetro della Riserva); seguendo il corso del
fiume si incontra poco più a nord il Lago di Ventina (anch’esso sito di interesse comunitario) la cui
gestione richiederebbe senz’altro un approccio unitario con quello della Riserva Naturale.
104
Tabella 7 Classi di copertura del suolo corine landcover e relativa valenza ornitologica nella ZPS Laghi Lungo e
Ripasottile (da Sarrocco, 2009b).
105
1.3.4.9
Presenza di specie alloctone
Le invasioni di specie alloctone negli ambienti naturali, agricoli e antropizzati, costituiscono
un’emergenza ambientale sulla biodiversità e sui processi ecologici, producono danni economici a
numerose attività antropiche e inducono rilevanti problematiche di carattere sanitario. I costi
imputabili agli effetti della presenza delle specie alloctone invasive (Invasive Alien Species - IAS) sono
spesso particolarmente elevati e derivano sia dalla necessità di mettere in campo attività di
eradicazione e controllo di tali specie, sia dai danni diretti provocati all’agricoltura, alle attività di
pesca, alle infrastrutture ed alla salute umana oltreché alla conservazione della biodiversità delle
specie autoctone e degli habitat naturali.
Per rispondere alla minaccia delle invasioni biologiche in modo coordinato, nel 2003 la Convenzione
di Berna ha adottato una Strategia Europea sulle Specie Alloctone Invasive. Analogamente la
Strategia Europea per la Biodiversità per il 2020, adottata nel maggio 2011, prevede una legislazione
specifica per combattere le specie aliene.
La minaccia delle specie alloctone e le iniziative volte alla prevenzione, al contenimento ed
all’eradicazione di questa emergenza ambientale sono state indicate anche nella Strategia Nazionale
per
la
Biodiversità
predisposta
dal
nostro
Paese
nel
2010
(http://www.minambiente.it/pagina/strategia-nazionale-la-biodiversita).
Secondo l’attuale normativa vigente nei Siti della Rete Natura 2000 (DPR 357/97 art. 12 comma 3),
come è il caso di almeno parte del territorio della Riserva, “sono vietate la reintroduzione,
l'introduzione e il ripopolamento in natura di specie e popolazioni non autoctone”; nonostante ciò,
molte sono le specie alloctone presenti.
Infatti nella Riserva è stata accertata la presenza di diverse specie alloctone sia tra gli invertebrati
(Gambero di Galizia Astacus leptodactylus e Gambero rosso Procambarus clarkii) che tra i Vertebrati
(Testuggine palustre dalle orecchie rosse Trachemys scripta e numerose specie ittiche da considerare
alloctone e/o transfaunate). Tra i pesci la componente delle specie alloctone è particolarmente
numerosa come già richiamato nel paragrafo §5.2.1. Di seguito si elencano le diverse specie alloctone
rilevate nell’area protetta con l’indicazione sintentica degli impatti provocati da esse sulle specie e
sulle biocenosi indigene:
Gambero di Galizia Astacus leptodactylus
Gambero rosso Procambarus clarkii; ha contribuito al declino del gambero di torrente in quanto
compete con questa specie indigena e è un vettore dell’infezione fungina (peste del gambero)
provocata da Aphanomyces astaci; contribuisce al degrado degli ecosistemi d’acqua dolce
predando invertebrati e alimentandosi di macrofite, produce inoltre danni alla stabilità delle rive
a seguito della sua attività di scavo;
Testuggine palustre dalle orecchie rosse Trachemys scripta; si alimenta di numerose specie
animali, tra cui invertebrati, anfibi, rettili, piccoli mammiferi ed uccelli; compete per il cibo, i siti
di basking e di riproduzione con le tartarughe indigene ed in particolare con la tartaruga palustre
europa (Emys orbicularis), può diffondere parassiti e malattie;
Trota di torrente Salmo trutta; si ibrida e compete con altre specie di trote autoctone
Trota iridea Onchorhynchus mykiss; compete con altre trote autoctone
Carpa Cyprinus carpio; interferisce con le specie ittiche autoctone attraverso l’alterazione degli
habitat acquatici;
106
Leucisco Leuciscus leuciscus; non conosciuto;
Alborella Alburnus arborella non conosciuto;
Triotto Rutilus aula; compete con i Ciprinidi autoctoni, ad es. Rovella;
Rutilo Rutilus rutilus; compete con i Ciprinidi autoctoni;
Pesce gatto Ameiurius melas; interferisce con le specie autoctone, predatore;
Gambusia Gambusia holbrooki; interferisce con le specie autoctone, ad es. con Spinarello;
Persico reale Perca fluviatilis; non conosciuto;
Persico sole Lepomis gibbosus; interferisce con le specie autoctone.
La gestione di queste popolazioni alloctone presuppone quindi che la Riserva metta in atto
programmi e iniziative volti a prevenirne l’introduzione e l’invasione, assicurandone la rapida
identificazione, rimuovendo i nuclei di nuovo insediamento, attivando azioni coordinate di
eradicazione e controllo per le specie già insediate nel suo territorio, mitigando gli impatti sulle
specie indigene e sugli ecosistemi colpiti.
1.3.4.10 Danni causati dalla presenza del Cinghiale
La Riserva Naturale a causa delle problematiche indotte dalla presenza della specie, si è dotata di uno
specifico “Piano per la programmazione degli interventi di controllo numerico del cinghiale (Sus
scrofa) nella Riserva Naturale Regionale dei Laghi Lungo e Ripasottile” (Adriani, 2011); da questo
documento sono tratte le informazioni di seguito riportate.
All'inizio degli anni 1990 il Cinghiale non compariva tra le componenti della biocenosi dell'Area
Protetta. Già alla fine dello stesso decennio, però, l'intera provincia di Rieti risultava inclusa
nell'areale nazionale della specie, ed il Cinghiale era indicato come stabile, diffuso e cacciato. Dal
Piano Faunistico Venatorio Provinciale di Rieti risulta che nelle aree adiacenti la Riserva nei primi anni
2000 i danni attribuiti al Cinghiale variavano, localmente, da 0 a 100 €/kmq di SAU mentre la densità
degli abbattimenti era compresa tra 0 ed 1 capo/kmq di superficie comunale.
Uno specifico studio condotto a livello provinciale ha successivamente dimostrato, però, che i dati
ufficiali degli abbattimenti rappresentano soltanto il 50% del prelievo reale. L'ultimo aggiornamento
della Banca Dati Ungulati fissa il prelievo a livello provinciale in 5÷10 capi/kmq.
Tra i fattori di primaria importanza che incidono sulla presenza del suide nell'Area Protetta e sulle
problematiche ad essa collegate rientrano l'attività venatoria praticata nelle aree circostanti (con il
conseguente "effetto spugna" - Monaco et al., 2010) e le fasi fenologiche delle colture in atto nella
Riserva (abbondanza di risorsa trofica, ricorrenti danni alle coltivazioni e conflitto sociale che ne
consegue). Tenuto conto di ciò, nell'ottica delle finalità conservazionistiche proprie dell'Area
Protetta, non devono essere sottovalutati gli effetti che un'eccessiva densità (e stabilità) di cinghiali
possa provocare sui processi di salvaguardia di specie ornitiche nidificanti a terra, di anfibi e rettili di
interesse conservazionistico.
Ma, prioritariamente, è per contenere l'impatto che la specie esercita sui sistemi agricoli e gestire il
conseguente conflitto sociale che si è giunti da parte della Riserva a maturare la decisione di redigere
un apposito Piano.
107
L'effetto spugna che la Riserva esercita sul Cinghiale è stato indiscutibilmente dimostrato dall'epilogo
del fenomeno di allagamento di gran parte dall'Area Protetta che si è verificato nell'inverno
2010/2011, in piena stagione venatoria. Conseguenza di tale evento è stata la totale fuoriuscita dei
cinghiali dalla Riserva e dal massiccio abbattimento che si è verificato nelle aree circostanti (dato solo
parzialmente desumibile dai verbali di battuta depositati presso l'Ufficio Caccia dell'Amministrazione
Provinciale di Rieti).
Tutto ciò lascia anche comprendere le motivazioni della posizione assunta da parte del mondo
venatorio che si dichiara apertamente contrario alla possibilità di attivare il controllo selettivo del
Cinghiale nell'Area Protetta (posizione, questa, apertamente espressa anche nella riunione di
concertazione avutasi nell’ambito della redazione del Piano citato, in data 15.4.2011).
- Il contesto sociale: l’agricoltura
La descrizione del contesto sociale deriva, integralmente, dal contributo tecnico fornito dalla RNRLLR
alla stesura del precedente Piano di controllo numerico del Cinghiale (anno 2006). Tale contributo,
redatto all'epoca dal dr. Giovanni Piva (Coordinatore operativo del Piano allora adottato), descrive
contesti e situazioni che, ad oggi, appaiono sostanzialmente immutate.
Schematicamente, ed in estrema sintesi, la distribuzione fondiaria della Riserva è strutturata secondo
un sistema che annovera grandi e piccole proprietà. Si fanno ricadere nella prima tipologia gli
appezzamenti di grande estensione (> 150 ha; 4 casi), appezzamenti medio grandi (50÷100 ha, una
decina di casi) e proprietà medio piccole (10÷50 ha, pochi casi). Tipologie che si concentrano,
prevalentemente, nel territori dei comuni di Rieti e Colli sul Velino. Nel secondo gruppo rientrano i
"piccoli agricoltori", che impegnano una grande superficie di proprietà pubblica (Parti comunali di
Cantalice e Poggio Bustone) e la zona di pianura del comune di Rivodutri. Nei territori dei comuni di
Cantalice, Rivodutri e Poggio Bustone prevalgono, invece, le piccole proprietà e gli affitti.
La grande e la media proprietà, disponendo spesso di salariati e propri mezzi meccanici, è volta alla
produzione di reddito. La media proprietà, nella maggior parte dei casi, conduce direttamente i fondi
e si affida a terzisti solo per alcune lavorazioni: prima aratura, semina, raccolta, essiccazione del
prodotto. I piccoli agricoltori si affidano in larga parte ai terzisti e le produzioni sono quasi sempre
destinate all’autoconsumo mediante il reimpiego nell’allevamento degli animali domestici (anche di
bassa corte) o vengono conferiti ai grossisti come integrazione del reddito familiare.
In questo quadro, l'agricoltura condotta nella Riserva intesa come "sistema economico" non
coinvolge oltre 50 persone. La conduzione di piccoli fondi con finalità di autoconsumo interessa,
invece, la quasi totalità delle famiglie residenti nei comuni di Rivodutri, Poggio Bustone e Cantalice.
Alle aree contigue alla Riserva, per ragioni orografiche, fa invece riferimento la popolazione di Colli
sul Velino.
Del tutto peculiare è il modello prevalente nella comunità di Cantalice, che nella parte comunale
esterna all'Area Protetta coltiva per la sussistenza, mentre gli Usi Civici di pascolo e legnatico,
esercitati a quote superiori (Montagna del Terminillo, Cima d’Arme, Forcella di Cantalice),
garantiscono legna da ardere e possibilità di condurre piccoli e piccolissimi allevamenti di bestiame.
Nel citato contributo della Riserva alla stesura del Piano di controllo numerico del Cinghiale del 2006,
così veniva descritta la sostenibilità ecologica delle attività agricole condotte nell'Area Protetta: «La
sostenibilità ambientale dell'agricoltura della Riserva è attualmente bassa in quanto vi è eccesso di
input, eliminazione degli elementi di bioconnettività e banalizzazione del paesaggio, tuttavia un
programma di riconversione ecologica che tenga conto del rapporto con l’area vasta può consentire il
parziale superamento del problema. Il comportamento della grande agricoltura è imitato sovente dai
piccoli produttori che, nel tentativo di mantenere costante l’integrazione al reddito familiare,
108
accentuano l’intensità dei trattamenti e tendono ad acquisire alla coltura, per raschiare brandelli di
superficie, le aree di pertinenza dei fossi e dei canali che, in natura, andrebbero a costituire gli
elementi di connessione ecologica. La presenza dell'uomo nei campi è, con l’esclusione della piccola
agricoltura, infine minima in quanto, fatte salve le principali operazioni colturali non è ravvisato il
bisogno di sorvegliare i terreni inoltre grazie ad un regolamento inefficiente i comportamenti virtuosi
di protezione delle colture non sono adottati».
Secondo questa descrizione il settore dei piccoli agricoltori risulta costituito da partecipanti agli Usi
Civici che hanno in gestione parcelle di terreno all’interno dell’Area Protetta. Questi soggetti,
stimabili in circa 1000-1500 unità, sono tutti abitanti del comune di Cantalice e detengono il diritto
collettivo a coltivare le Parti Comunali. La ripartizione per categorie è la seguente: circa 50 sono i
partecipanti all’Uso Civico di Poggio Bustone, circa 60 i piccoli proprietari del comune di Poggio
Bustone, 100 i piccoli proprietari del comune di Rivodutri, 1 grande proprietario nel comune di
Rivodutri, 2 medie proprietà nel comune di Rivodutri, 1 grande proprietario nel comune di Colli Sul
Velino, 3 medi proprietari nel comune di Colli sul Velino, circa 10 medi proprietari nel comune di
Rieti, 3 grandi proprietari nel comune di Rieti.
Secondo quanto chiaramente emerso nell'incontro di concertazione avutosi, nell’ambito della
redazione del Piano citato, con i portatori di interesse il 15.04.2011 presso la sede amministrativa
della Riserva, è innegabile il fondamentale ruolo reddituale che l'attività agricola riveste nelle
popolazioni locali, e non può essere assolutamente classificato come secondario quello di
"tradizione", che riguarda essenzialmente i piccoli e piccolissimi produttori.
- Quantificazione dei danni da Cinghiale
Il frequente sommarsi delle azioni di più specie nei singoli eventi di danneggiamento alle colture
agricole (ad es.: Cinghiale, Storno e Cornacchia), non distinto per specifica entità nei verbali di stima,
preclude l’esatta valutazione della frazione causata dal Cinghiale. Estrapolando dalla documentazione
disponibile gli sporadici dati riferibili a tale distinzione specifica e, soprattutto, sentito il parere dei
tecnici incaricati dalla RNRLLR per l’esecuzione delle stime, si è concordato nel fissare al 90% del
danno annuale complessivo la frazione da attribuire al Cinghiale. Stima, quest’ultima, ritenuta
“prudenziale” dagli operatori.
Tenuto conto di ciò, elaborando i dati disponibili è stato possibile determinare quanto riportato nella
seguente tabella.
Tabella 8. Stima del danno attribuito al cinghiale per evento dal 2001 al 2010. Fonte: Adriani, 2011
La portata complessiva dei danni da Cinghiale nell’ultimo decennio (334.551 €, con una media di
oltre 33.400 €/anno) e la particolare capacità impatto sulle colture per singolo evento sono soltanto
due dei molteplici fattori che inducono ad intervenire sulla specie.
- Il conflitto sociale
Nell'incontro pubblico con i portatori d'interesse, tenutosi in fase di concertazione del Piano citato il
15.04.2011, è emersa la chiara consapevolezza dei convenuti (agricoltori, associazioni di categoria,
amministratori locali) che: «l’integrazione tra uomo e ambiente naturale e la salvaguardia delle
attività agro-silvo-pastorali e tradizionali vengono annoverate tra le finalità istitutive più significative
109
di un’area protetta» (L. 394/1991, art. 1). È su questo presupposto, a ragione ritenuto inderogabile
dalle parti, che si origina il conflitto sociale. Gli agricoltori ed i loro rappresentanti di categoria hanno
mostrato, in quell'occasione, di costituire un blocco unico e compatto, non chiuso e refrattario ma
disposto ad accogliere eventuali azioni/provvedimenti che fossero realmente risolutivi dei loro
problemi.
Tali azioni, è stato sostenuto con forza, debbono essere, però, concrete, efficaci e di rapida
applicazione. La categoria ha fortemente lamentato la sostanziale inadempienza dell'Area Protetta
rispetto al precedente Piano di contenimento dei danni da Cinghiale. Inadempienza lamentata per
aver limitato le azioni alla sola prevenzione (recinzioni elettrificate) e non essere intervenuti nel
controllo selettivo della specie. Tale atteggiamento è stato unanimemente ritenuto non giustificabile
neanche se motivato da precise volontà politiche e/o impedimenti di natura burocratica.
Altro elemento portato fortemente in evidenza è quello delle attività di prevenzione e dei costi
aggiuntivi che la sua adozione, obbligatoria per poter accedere all'eventuale indennizzo dei danni,
apporta ai bilanci aziendali. Gli agricoltori hanno unanimemente e con determinazione lamentato che
i prezzi correnti dei loro prodotti agricoli non garantiscono margini sufficienti per sostenere i costi
aggiuntivi dovuti alla messa in opera ed alla gestione delle reti elettrificate come sistema di
prevenzione dei danni (manodopera diretta e/o salariata), nonostante le reti siano concesse in
comodato d'uso gratuito dall'Ente.
L'uso delle reti elettrificate, inoltre, viene indicato come parzialmente efficace per la seguente serie
di motivi:
1. la morfologia del territorio, caratterizzata dalla presenza di una fitta rete di canali e scoline, rende
difficile (oltre che onerosa) sia l'istallazione che la gestione delle recinzioni elettrificate;
2. la distribuzione territoriale delle colture a mais, coltivato su grandi estensioni con scarse soluzioni
di continuità, costituisce un ostacolo ad ogni forma di intervento, talvolta di difficile superamento;
3. nei casi in cui i cinghiali trovano/producono dei varchi attraverso le recinzioni elettrificate, le
recinzioni stesse si trasformano, poi, in un ostacolo alla fuoriuscita degli animali dai seminativi.
Producendo, in tal caso, un effetto contrario a quello desiderato. L'esperienza acquisita negli anni
passati indica che ciò accade principalmente nei grandi appezzamenti (cfr. con il caso di cui al punto e
del Capitolo 7);
4. gli agricoltori che non installano le reti elettrificate nei propri appezzamenti, fungono da richiamo
per i cinghiali e, favorendo la circolazione degli animali, aumentano il rischio di danno anche nelle
particelle che, invece, sono sottoposte a prevenzione. Unica soluzione che viene prospettata come
possibile dai portatori d'interesse, a garanzia della perpetuazione delle attività agricole nella Riserva,
è l'intervento di controllo diretto del suide. Ipotesi, come già accennato, decisamente osteggiata
dalla componente venatoria presente.
Nel Piano citato è stata anche prodotta una “Carta del Rischio” realizzata a partire dall'analisi della
ricorrenza dei danni nelle singole particelle interessate dal fenomeno. Questo strumento favorisce
l'immediata individuazione delle aree a diverso livello di rischio statistico di danno. Su quelle di livello
massimo sarà possibile concentrare particolare attenzione nell'adozione degli strumenti di
prevenzione generale e ricorrente (recinzioni elettrificate) e collocare le strutture inamovibili utili al
controllo diretto del Cinghiale.
110
Figura 17. Carta del rischio dei danni da Cinghiale. Fonte: Adriani, 2011.
1.3.5
AREE DI INTERESSE FAUNISTICO
All’interno del comprensorio preso in esame sono state individuate una serie di aree di interesse
faunistico che presentano le seguenti caratteristiche cenotiche ed ecologiche:
elevata ricchezza di specie
comunità ben strutturate
elevata specificità funzionale
Le aree con queste caratteristiche sono rappresentate nella carta delle aree di interesse faunistico e
elencate e descritte di seguito (Figura 5).
Aree ad elevata specificità funzionale per specie forestali (lembi e formazioni forestali): si
trattra delle cenosi forestali presenti nel comprensorio analizzato, che mantengono
zoocenosi strutture e ad elevata ricchezza di specie; nella Riserva queste cenosi sono molto
ridotte e discontinue e per tale motivo meritevoli di un’attenta conservazione (Colle Cialone,
nuclei presso Montisola, versanti settentrionali di Monte Castagneto).
Aree di riproduzione ed alimentazione a media ricchezza, soggette a rapida evoluzione: si
identificano per lo più con cespuglieti e ex coltivi (Colle Trullo), in rapida evoluzione verso
stadi più maturi della formazione ed in questo processo evolutivo andrebbero condotti; sono
presenti in gran parte all’esterno dell’attuale area protetta, nel comprensorio
settentrionale.
Aree di alimentazione e di sosta per avifauna acquatica, elevata ricchezza di specie,
numerose specie ittiche alloctone; queste aree si identificano con i bacini lacustri maggiori e
minori (Ripasottile, Lungo, Ventina, lame di Fausti e Fredda, Lago Pozzo o Laghetto) con
acque libere; sono aree ad elevata specificità funzionale, utilizzate da zoocenosi acquatiche
sia stabilmente che durante gli spostamenti migratori (ad es. avifauna acquatica); tutti bacini
111
sono interessati dalla presenza di specie ittiche alloctone che dovrebbero essere tenute sotto
controllo numerico o se possibile eradicate; questi ambienti lentici sono soggetti ad una
rapida evoluzione naturale verso stadi maggiormente stagnatili, ripari o igrofili; questo
processo potrebbe essere controllato e contrastato.
Aree di foraggiamento artificiali per avifauna (troticolture); sono indicati i due impianti di
troticoltura presenti nella Riserva; in un recente passato, ma ancora adesso, hanno
permesso la costituzione di aggregazioni di Ardeidi e Laridi e con probabilità hanno
funzionato da innesco per la costituzione di colonie nidificanti (garzaie)e nuclei svernanti; è
opportuno che si prevedano delle azioni di riqualificazione ambientale utili alla creazione di
habitat favorevoli e sostitutivi di questi siti di foraggiamento artificiale.
Aree di nidificazione e rifugio, soggette a rapida evoluzione (fasce elofitiche e ripariali); sono
inclusi ex habitat lentici (lacustri) in fasi avanzate di evoluzione in cui le acque aperte sono
del tutto o in parte scomparse (ad es.: lago di Fogliano, lame di casa Rossa, Votone, Valle
Tribolata e della Vergara, lame di Montisola); svolgono una funzione essenziale come
rifugio e sosta per la fauna.
Aree riparie di riproduzione (uccelli acquatici) e rifugio (cinghiale), ad elevata specificità
funzionale; costituiscono le fasce riparie che bordano i laghi e le lame e su cui attivare tutte
quelle misure gestionali che ne possano permettere il mantenimento e l’ampliamento;
hanno funzione di rifugio e di alimentazione; costituiscono ambienti nodali per i Passeriformi
migratori in quanto aree di stop-over.
Aree a bassa specificità funzionale per specie forestali (lembi e formazioni forestali); è un
singolo frammento, ristretto, per lo più di origine artificiale (parco di Casa Rossa) ma in
stretta continuità con le formazioni riparie adiacenti .
Aree di alimentazione e sosta per specie migratrici e svernanti (coltivi a mosaico); ecosistema
a mosaico costituito da coltivi poco estesi intervallati da fasce e lembi ripari, utilizzato da
uccelli migratori per la sosta e l’alimentazione e da altre specie sedentarie degli spazi aperti.
Si tratta della pianura del Fiume di S.Susanna e dell’area delle risorgive poste ad est di
Lago Lungo (Canapine, Vicenna Riara). La gestione da prevedere dovrebbe perseguire il
mantenimento dell’attuale assetto agronomico e l’eventuale riqualificazione ambientale di
alcuni frammenti (ad es.: zona dei cosiddetti lamacchioni di S.Susanna e Canapine, sorgente
di Vicenna Riara, fasce perimetrali di Valle Tribolata).
Aree di sosta di avifauna migratrice, con elementi di interesse, soggette a rapida evoluzione,
fasce riparie arbustive; un unico appezzamento, continuo, in gran parte coltivato, esteso
circa 20 ha, (situato a contatto con il lato nord-orientale del Lago di Ripasottile) soggetto a
parziale sommersione in inverno e primavera, utilizzato da uccelli migratori e svernanti. La
gestione dovrebbe essere indirizzata alla riqualificazione ed al mantenimento delle
caratteristiche idrologiche e botaniche (fasce arbustive ed erbacee riparie).
Ambiente reico ad elevata specifica funzionale; comunità ittica con elementi alloctoni ed altri
ambienti reici di interesse. Sono inclusi i corsi d’acqua maggiori (Velino, S.Susanna, Vergara)
e i principali ambienti reici minori che svolgono una funzione essenziale per il
mantenimento degli apporti idrici e della conservazione delle popolazioni acquatiche. La
gestione dovrebbe essere indirizzata quanto meno al mantenimento delle attuali portate e
regimi, ed alla conservazione ed eventuale espansione delle fasce vegetali riparie associate.
112
Figura 5. Aree di interesse faunistico individuate nel territrio della Riserva e nel comprensorio di area vasta.
113
1.3.6
ATTIVITÀ DI STUDIO/MONITORAGGIO SULLA FAUNA RITENUTE PRIORITARIE
La Riserva Naturale ha già attivato negli anni diverse attività di studio/monitoraggio/censimento per
diversi gruppi faunistici; vengono di seguito elencate le attività in tal senso ritenute rilevanti e
prioritarie al fine di mantenere aggiornate nel tempo le informazioni riguardanti lo stato di
conservazione delle specie/gruppi maggiormente significativi e caratterizzanti i popolamenti della
Riserva Naturale. Tali attività dovranno essere sostenute e gestite dalla Riserva Naturale anche in
collaborazione con altri enti/società scientifiche/ associazioni/professionisti, qualora ritenuto
opportuno e necessario.
Realizzazione dei censimenti annuali dell’avifauna acquatica svernante secondo la metodologia
del progetto I.W.C.
Mantenimento ed attivazione stagionale della Stazione di Inanellamento per lo studio delle
specie ornitiche migratrici.
Monitoraggio annuale delle colonie di Ardeidi ad oggi presenti sull’isolotto centrale del Lago di
Ripasottile e presso Lama Votone (numero di coppie nidificanti e successo riproduttivo per ogni
specie)
Monitoraggio annuale di alcune specie di Rapaci di interesse comunitario quali Nibbio bruno e
Falco di palude (numero di coppie e successo riproduttivo).
Monitoraggio dei rapaci rupicoli nidificanti in prossimità della Riserva Naturale (numero di coppie
e successo riproduttivo).
Studio annuale per verificare l’entità degli impatti da collisione con le linee elettriche di MT e AT
presenti nella Riserva (transetti quindicinali condotti lungo la linea elettrica alla ricerca di
esemplari rimasti folgorati o collisi).
Monitoraggio annuale degli Anfibi con particolare riferimento a Rana dalmatina (febbraio-marzo)
e Tritone crestato e Tritone punteggiato per la verifica della permanenza dei siti riproduttivi nelle
località di seguito elencate. Rana dalmatina: Colle Cialone (Poggio Bustone), Colle Trullo
(Cantalice), Grotte di San Nicola (Colli sul Velino), Patule (Rivodutri), Lago di Ripasottile (Rieti),
Lago Lungo (Rieti), Montisola (Contigliano. Si ritiene opportuno pertanto prevedere
campionamenti mirati nel periodo febbraio-marzo per cercare di aggiornare lo stato della salute
di queste popolazioni. Tritone crestato e Tritone punteggiato: all’interno di canali di irrigazione
nei pressi delle seguenti località: Settecamini, Casa Ara Grande, Montisola, Pratetta c/o lago
Votone.
Indagini mirate su alcune specie ittiche in relazione ai seguenti aspetti:
-
determinazione a livello specifico delle popolazioni di Luccio presenti al fine di verificare la
presenza di Esox cisalpinus, specie endemica italiana.
-
determinazione a livello specifico della popolazione di Scardola per confermarne o meno
l’indigenato (appartenenza alla specie Scardinius scardafa). ll taxon autoctono è di forte
interesse conservazionistico in quanto classificato come estremamente minacciato (categoria
CR) nella nuova Lista Rossa dei Vertebrati;
-
determinazione a livello specifico delle popolazioni di cavedani per confermare o meno la
presenza di Squalius squalus (indigeno) e per l’attribuzione certa delle popolazioni a pinne
rosse al taxon Leuciscus leuciscus;
-
ibdagine finalizzata a confermare l’estinzione a livello locale della Rovella (Rutilus rubilio),
specie di interesse comunitario presente nell’area fino ad un più recente passato,
114
probabilmente scomparsa a seguito dell’introduzione del congenere Triotto (Rutilus
erytrophtalmus).
1.3.7
ELENCO DEI PRINCIPALI INTERVENTI/AZIONI DI CONSERVAZIONE E GESTIONE DELLA FAUNA
RITENUTI NECESSARI
Nel Piano di Gestione della ZPS sono riportati una serie di interventi e azioni di conservazione
ritenute necessarie per una corretta gestione delle problematiche faunistiche e per una risoluzione
delle diverse criticità evidenziate. Anche alla luce delle analisi effettuate per il Piano di Assetto, tali
interventi appaiono congrui ed opportuni e vengono pertanto di seguito elencati. Alcuni degli
interventi individuati necessitano di opportune azioni di “regolamentazione” e quindi, quando
ritenuto necessario, sono stati inseriti all’interno del “Regolamento” e/o delle “Norme Tecniche di
Attuazione” e/o delle “Misure di Conservazione”. Gli interventi di studio/monitoraggio della Fauna
ritenuti prioritari sono inseriti nel precedente paragrafo.
1.3.7.1
Azioni volte al ripristino, alla riqualificazione e all’ampliamento delle zone umide
La superficie delle zone umide presenti nel sito si è notevolmente ridotta nel tempo ed è anche ora in
fase di regressione. La possibilità di svolgere degli interventi che permettano il recupero delle acque
aperte o che permettano di ampliare la superficie delle zone umide è estremamente rilevante dal
punto di vista ecologico-funzionale per la componente faunistica nel suo complesso (avifauna e reti
trofiche connesse). A tal riguardo andrebbero attuati i seguenti interventi:
Individuazione di aree inondabili temporaneamente (ad es.: comprensorio Lago Lungo o delle
Parti di Cantalice).
Ringiovanimento di alcuni specchi lacustri (Lama Votone, Lame della Vergara).
Allagamento anche temporaneo del Lago di Fogliano.
Creazione e conservazione di fasce tampone e zone filtro perimetrali ai corpi idrici esistenti.
1.3.7.2
Azioni volte alla gestione naturalistica dei corsi d’acqua naturali e artificiali
I corsi d’acqua naturali e artificiali presenti nella Riserva (fiumi, canali e fossi) rivestono una forte
rilevanza naturalistica in quanto anch’essi svolgono un ruolo ecologico-funzionale cardine all’interno
dei processi ecologici e delle reti trofiche che si instaurano nell’area. Appare quindi necessario che la
loro gestione tenga conto in modo equilibrato ed attento delle esigenze idrauliche affinchè siano
rispettate le prioritarie esigenze ecologiche e naturalistiche. È necessario soprattutto tenere conto
che lo stato di conservazione di questi ecosistemi reici è strettamente connesso anche al
mantenimento della fasce di vegetazione acquatica e ripariale associate, che costituiscono habitat
per numerose specie faunistiche. Alla luce di queste considerazioni e indispensabile che in tutti i corsi
d’acqua presenti nel sito si preveda come modello generale:
la conservazione della vegetazione acquatica sommersa e semisommersa nell’alveo, in quanto
habitat per numerose specie animali;
il mantenimento della vegetazione riparia erbacea ed arbustiva lungo le rive, le scarpate degli
argini e la sommità arginale in quanto habitat per numerose specie animali;
il mantenimento di una fascia di rispetto esterna alla sommità arginale, su entrambe le rive sia
come fascia tampone per arginare l’apporto dei residui dei fitofarmaci nelle acque sia qyale
habitat per numerose specie animali;
115
la necessità di sottoporre alla procedura di valutazione di incidenza tutti gli interventi idraulici
(anche quelli esterni alla ZPS in quanto gli effetti si possono ripercuotere all’interno), al fine di
evitare:
•
il contemporaneo intervento su entrambe le rive del corso d’acqua;
•
la totale rimozione della vegetazione acquatica sommersa e semisommersa nell’alveo;
•
la totale rimozione della vegetazione riparia erbacea ed arbustiva lungo le rive, le scarpate
degli argini e la sommità arginale;
•
di effettuare gli interventi durante i periodi riproduttivi e di svernamento delle specie
ornitiche o comunque durante periodi sensibili per i diversi gruppi faunistici ecologicamente
associati a questi corsi d’acqua.
È inoltre auspicabile che si pervenga in tempi brevi alla stipula di un accordo tra la Riserva Naturale
ed il Consorzio della bonifica reatina al fine di indivuare un protocollo tecnico condiviso nel quale
individuare le più opportune modalità operative, sulle diverse tipologie di interventi idraulici
effettuati, che si pongano come obiettivo prioritario la salvaguardia dei sistemi ecologici interessati.
1.3.7.3
Azioni volte alla conservazione e al ripristino degli stagni temporanei residui
La quasi totale scomparsa delle zone umide temporaneamente allagate priva l’area di importanti
habitat per la sosta e l’alimentazione delle specie ornitiche migratrici; attualmente tali habitat residui
sono per lo più concentrati nei terreni circostanti il Lago Lungo. È quindi indispensabile conservare
strettamente le aree depresse ancora esistenti ed i relativi stagni temporanei che ancora in alcuni
periodi vi si formano. . A tal riguardo è opportuno che nel “Regolamento” e nelle “Norme Tecniche
d’Attuazione” sia inserito il divieto di realizzazione dei livellamenti dei terreni agricoli e di bonifiche a
carico degli stagni temporanei o dei prati umidi. È inoltre necessario prevedere l’ampliamento, il
ripristino e la creazione di nuovi habitat di questo tipo nelle aree maggiormente idonee
1.3.7.4 Azioni volte ad attenuare/eliminare il conflitto tra le attività di acquacoltura e la presenza di
Ardeidi
L’obiettivo principale che si pone l’intervento è quello di ridurre o evitare del tutto il foraggiamento
artificiale delle specie selvatiche; nel caso particolare si tratta di evitare il foraggiamento degli Ardeidi
nei due impianti di troticoltura presenti nell’area sito (società SAIF e ASA), prevedendo in tempi
medi, la realizzazione di nuovi siti di alimentazione (cfr. Intrevento precedente). È inoltre urgente
prevedere in tempi brevi la realizzazione di accordi con la proprietà degli impianti di troticoltura per
concordare una forma di rimborso per il prelievo effettuato dagli aironi; in tal senso la Riserva
Naturale assicurerà il necessario supporto tecnico per la predisposizione di strumenti di dissuasione
idonei per Ardeidi.
1.3.7.5 Azioni volte a mitigare gli effetti del disturbo sulla fauna indotto da alcune attività
ricreative.
Il disturbo connesso alle attività ricreative può avere effetti di una certa significatività nel sito,
soprattutto nelle aree di rimessa e di nidificazione dell’avifauna acquatica (laghi e lame). È opportuno
a tale riguardo limitare l’accesso a queste aree, anche in considerazione della ristretta estensione
degli ambienti di acque aperte e della loro sensibilità al disturbo. I due principali motivi di disturbo
sono legati da un lato alla presenza della pesca sportiva ed in particolar modo del carp-fishing nel
Lago Lungo e nel Lago di Ripasottile, dall’altro alla frequentazione di aree contigue alle zone umide
da parte di fruitori del volo libero. In particolare per quanto riguarda la Pesca ed in riferimento al
Carp-fishing, si sono tenuti due specifici incontri di confronto (2 settembre 2014 e 10 settembre
116
2014) presso gli Uffici della Riserva Naturale a Rieti, con il Commissario, la Direzione, gli Uffici Tecnici,
i Guardiparco durante i quali è emersa la consapevolezza e la necessità, con l’accortezza di procedere
per diverse fasi temporali, di regolamentare in modo estremamente stringente tale attività (carpfishing) fino a giungere nel giro di tre anni, alla sua completa chiusura in quanto nelle sue modalità di
svolgimento, in palese conflitto sia con la legge istituiva della Riserva Naturale (per quanto riguarda
le attività di navigazione) sia con gli obiettivi generali di conservazione propri dei valori naturalistici
presenti nella Riserva Naturale sia con gli obiettivi di tutela della ZPS (come evidenziato nel Piano di
Gestione della ZPS dal documento tecnico prodotto per la Riserva Naturale dall’Avvocato Roberta
Angelini), con particolare riferimento al disturbo ingenerato dal carp-fishing nei confronti
dell’avifauna acquatica svernante e nidificante nei due laghi principali.
Nel Lago di Ventina (SIC ma non ZPS) la questione inerente il carp-fishing è stata già affrontata e
regolamentata nell’ambito del Piano di Gestione del Sito Natura 2000 approvato dal Comune di Colli
sul Velino; in tal caso non è stata ravvisata incompatibilità tra l’esercizio di tale attività (nelle
modalità concordate con il Comune ed i portatori di interesse e inserite nel Regolamento annesso al
Piano di Gestione del sito) e pertanto a quel documento si è fatto riferimento nel normare tale
attività nell’ambito del presente Piano di Assetto.
Per quanto invece riguarda il sorvolo, la necessità di pervenire ad una sua regolamentazione, almeno
per quel che riguarda il territorio della Riserva compreso nella ZPS, è anche richiamata dal DPR 17
ottobre 2007 e dalla DGR 612/2011. E’ infatti evidente che sorvoli a bassa quota (< a 300 metri s.l.m.)
dei due principali bacini lacustri possono ingenerare significativi atti di disturbo e perturbazione nei
confronti dell’avifauna acquatica svernante e nidificante.
Per tali motivazioni si è proceduto ad affrontare tali problematiche nell’ambito del “Regolamento” e
delle “Norme Tecniche di Attuazione”.
1.3.7.6 Riduzione del rischio di elettrocuzione e collisione di avifauna con gli elettrodotti di Media
Tensione e di Alta Tensione presenti nella Riserva.
È necessario mettere in programma la realizzazione di una attività di ricognizione standardizzata nel
sito per avere informazioni riguardo l’entità di questi impatti (raccolta di individui di avifauna
sensibile a questo tipo di impatto deceduti in prossimità dell’elettrodotto) per poi prevedere dei
possibili interventi di mitigazione, attraverso specifici accordi con il gestore (ENEL/ TERNA), che
prevedano
l’isolamento dei conduttori delle linee elettriche o di loro tratti in prossimità degli armamenti con
guaina isolante;
la messa in opera di elementi di dissuasione, come spirali colorate sui conduttori e/o sulle funi di
guardia per aumentarne la visibilità;
la messa in opera di armamenti sospesi/mensole in sostituzione di quelli presenti al fine di
rendere meno probabile il rischio di elettrocuzione.
La necessità di rendere più sicuri gli elettrodotti per l’avifauna all’interno delle ZPS è anche
richiamata dal DPR 17 ottobre 2007 e dalla DGR 612/2011.
1.3.7.7 Predisposizione di specifiche iniziative e programmi volti a ridurre/eliminare l’impatto
generato dalle specie aliene sugli habitat e le specie autoctone.
La gestione delle popolazioni di specie alloctone presenti nell’area rende necessaria l’attivazione da
parte della Riserva sia di programmi e iniziative volti a prevenirne l’ulteriore introduzione (ad es.
protocollo con la Provincia di Rieti al fine di sottoporre a specifica valutazione di incidenza i Piani di
117
ripopolamento ittico annualmente formulati dall’Ente), sia l’attivazione di specifici programmi di
eradicazione o contenimento delle specie alloctone invasive presenti con particolare riferimento a
quelle appartenenti ai gruppi dei crostacei decapodi, dei Pesci e delle testuggini acquatiche.
1.3.7.8 Interventi diretti volti al contenimento delle popolazioni di Cinghiale all’interno della
Riserva Naturale.
Occorre mettere in atto le iniziative e le attività indicate nel “Piano per la programmazione degli
interventi di controllo numerico del cinghiale (Sus scrofa)” già approvato dalla Riserva Naturale.
Facendo riferimento alla normativa di settore, in relazione alla problematica in oggetto, si evince
quanto segue.
Art. 11 comma a) della Legge istitutiva della Riserva Naturale (L.R. 17 giugno 1985, n. 94) “Nel
territorio della «Riserva parziale naturale dei laghi Lungo e Ripasottile» è consentito: catturare specie
animali selvatiche solo a scopo di ricerca scientifica e sulla base di un piano organico, funzionale alle
finalità della riserva, preventivamente approvato dall'ente gestore, sentito il parere del comitato
tecnico scientifico e dell'ufficio parchi e riserve naturali della Regione”. Commento: la cattura è
quindi consentita solo per scopo scientifico.
Art. 22 della Legge quadro nazionale sulle aree protette (L.N. 394/91) “. . . nelle riserve naturali
regionali l’attività venatoria è vietata, salvo eventuali prelievi faunistici ed abbattimenti selettivi
necessari per ricomporre squilibri ecologici. Detti prelievi ed abbattimenti devono avvenire in
conformità al regolamento del parco o, qualora esso non esista, alle direttive regionali per iniziativa e
sotto la diretta responsabilità e sorveglianza dell’organismo di gestione del Parco e devono essere
attuati dal personale da esso dipendente o da persone da esso autorizzate.”. Commnento: la legge
quadro nazionale prevede la possibilità di operare anche in assenza di regolamento, sotto la diretta
responsabilità dell’ente di gestione.
Art. 4 comma 5 della Legge Quadro regionale sulle aree protette (L.R. 29/97) “. . . La sezione aree
naturali protette (del Comitato Tecnico scientifico per l’ambiente) esprime. . . pareri obbligatori: . . .
sui prelievi ed abbattimenti faunistici all’interno delle aree naturali protette, di cui all’art. 27,
comma;”. Commento: la legge regionale di recepimento della legge quadro nazionale appare più
restrittiva e prevede ad esempio il parere del Comitato tecnico Scientifico.
Art. 27 comma 3 della Legge Quadro regionale sulle aree protette (L.R. 29/97) “Fermo restando il
divieto di cattura, uccisione, danneggiamento e disturbo delle specie animali nelle aree naturali
protette, il regolamento disciplina eventuali prelievi faunistici ed abbattimenti selettivi necessari per
ricomporre squilibri ecologici. Detti prelievi e abbattimenti devono comunque avvenire per iniziativa e
sotto la diretta responsabilità e sorveglianza dell’ente di gestione dell’area naturale protetta e sono
attuati dal personale da esso dipendente o da persone da esso autorizzate, iscritte in un elenco tenuto
dall’Amministrazione provinciale di residenza a seguito della frequentazione di un apposito corso,
organizzato dalla provincia medesima, finalizzato a fornire una idonea conoscenza circa l’ecologia e
la gestione delle popolazioni animali selvatiche, nonché sulle tecniche e le modalità con cui effettuare
i prelievi e gli abbattimenti selettivi”. Commento: la legge regionale di recepimento della legge
quadro nazionale appare più restrittiva e gli abbattimenti faunistici possono essere disciplinati
esclusivamente all’interno del Regolamento dell’area protetta..
118
Preso atto della situazione descritta e della normativa di settore sopra riportata, si provvederà ad
affrontare la problematica nell’ambito della “Regolamentazione” e delle “Norme Tecniche di
Attuazione” del Piano di Assetto della Riserva.
1.3.7.9
Interventi diretti volti a favorire la presenza di specie di Anfibi.
Tra gli interventi diretti individuati dal Piano di Gestione della ZPS vi è quello relativo alla
realizzazione ex novo di stagni circondati da bosco ripariale, quali habitat idonei alla riproduzione di
specie di Anfibi come Tritone crestato italiano, Tritone punteggiato e Rana dalmatina. Una delle aree
individuate è ubicata nei pressi del settore est del Lago Lungo. Un altro intervento previsto è quello
relativo alla realizzazione di una raccolta d’acqua artificiale (ad. es. fontanile), da progettare e
costruire secondo criteri e modalità idonee per favorire la colonizzazione, la sosta e la riproduzione di
diverse specie di Anfibi, in località Grotte di San Nicola nel Comune di Colli sul Velino.
1.3.7.10 Interventi volti a ridurre l’impatto dei prodotti fitosanitari sugli ecosistemi acquatici, in
accordo con quanto previsto dal Piano d’Azione Nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti
fitosanitari (PAN).
Il tema dell’uso dei prodotti fitosanitari in ambito agricolo all’interno della Riserva Naturale e
dell’impatto causato da questi sugli ecosistemi ed in particolare sugli ecosistemi acquatici è stato
ampiamente trattato con particolare riferimento agli erbicidi (glifosate).
Pur non essendoci ad oggi norme che vietino l’uso di questi prodotti, la tendenza in atto, dovuta al
livello di consapevolezza raggiunto sui danni causati agli ecosistemi ed alla salute umana, è quella di
limitarne/vietarne l’uso, soprattutto in riferimento ad alcuni ambiti territoriali.
Il 12 febbraio 2014 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto del 22 gennaio 2014 relativo
all’adozione del Piano di Azione Nazionale (PAN) per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, ai sensi
dell’articolo 6 del decreto legislativo 14 agosto 2012, n. 150 recante: «Attuazione della direttiva
2009/128/CE che istituisce un quadro per l’azione comunitaria ai fini dell’utilizzo sostenibile dei
pesticidi».
Il PAN delinea la cornice di riferimento normativo sulla quale si basano le scelte effettuate nel
presente Piano di Assetto e vengono di seguito riportate le Misure che più si riferiscono alle tipologie
presenti nel contesto territoriale della Riserva Naturale.
A.5 − Misure specifiche per la tutela dell’ambiente acquatico e dell’acqua potabile e per la riduzione
dell’uso di prodotti fitosanitari in aree specifiche (rete ferroviaria e stradale, aree frequentate dalla
popolazione, aree naturali protette) (articoli 14 e 15 del decreto legislativo n. 150/2012).
A.5.1 − Linee guida.
I Ministeri dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle politiche agricole alimentari e
forestali e della salute, su proposta del consiglio, entro 12 mesi dall’entrata in vigore del Piano,
predispongono linee guida di indirizzo per la tutela dell’ambiente acquatico e dell’acqua potabile e
per la riduzione dell’uso di prodotti fitosanitari e dei relativi rischi in aree specifiche. Tali linee guida
individuano una serie di misure nonché i relativi criteri di scelta e riguardano:
1) la tutela dell’ambiente acquatico e dell’acqua potabile;
2) le misure volontarie di accompagnamento per la mitigazione del rischio, volte a minimizzare i
rischi associati alla deriva, al ruscellamento e alla percolazione;
119
3) la tutela delle biodiversità e le misure specifiche di mitigazione del rischio da inserire nei piani di
gestione e nelle misure di conservazione dei Siti natura 2000 e delle aree naturali protette, istituite in
base alla legge nazionale 6 dicembre 1991, n. 394 e alle relative leggi regionali, in funzione degli
obiettivi di tutela;
4) le misure volontarie per favorire l’applicazione e l’integrazione di quelle di protezione dei Siti
natura 2000 e delle aree naturali protette, istituite in base alla legge 6 dicembre 1991, n. 394 e alle
relative leggi regionali, in coerenza con la nuova programmazione della PAC, nonché i criteri affinché
l’attuazione di dette misure non sia assoggettata a valutazione di incidenza ambientale (VINCA).
A.5.2.1 − Misure specifiche per l’ambiente acquatico.
Allo scopo di tutelare l’ambiente acquatico, entro 2 anni dall’entrata in vigore del Piano, tenuto
conto degli obiettivi di qualità ambientale e degli esiti dei monitoraggi ambientali effettuati ai sensi
della direttiva 2000/60 CE le regioni e le province autonome, conformemente alle linee guida di cui al
precedente paragrafo A.5.1, adottano misure specifiche per la riduzione della presenza nell’ambiente
dei prodotti fitosanitari classificati pericolosi per l’ambiente acquatico. Tra le possibili misure sono da
contemplare: misure di mitigazione, sostituzione/ limitazione d’uso/ eliminazione di prodotti
fitosanitari, nonché iniziative di informazione e formazione. La scelta sarà operata da parte delle
regioni e delle province autonome tenendo conto delle peculiarità del territorio e della sua fragilità,
del tipo di pressioni presenti e del tipo di risposta atteso, nonché degli ecosistemi da salvaguardare.
A.5.8 − Tutela dei Sif natura 2000 e delle aree naturali protette.
Le misure per la tutela della biodiversità previste nel presente capitolo si applicano con priorità ai siti
della Rete natura 2000 e alle aree naturali protette, istituite in base alla legge n. 394 del 1991 e alle
relative leggi regionali, e integrano le misure già stabilite nei piani dei parchi nazionali e regionali, nei
piani di gestione delle riserve naturali statali e regionali e dei siti della Rete natura 2000, nonché le
misure di conservazione della biodiversità definite con altri provvedimenti amministrativi e legislativi
a livello nazionale e regionale.
A.5.8.1 − Misure per la riduzione del rischio causato dall’uso dei prodotti fitosanitari.
I Ministeri dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle politiche agricole alimentari e
forestali e della salute, su proposta del consiglio, entro 12 mesi dall’entrata in vigore del Piano,
predispongono le linee guida, di cui al paragrafo A.5.1, per la scelta delle misure specifiche da inserire
nei piani di gestione e nelle misure di conservazione dei Siti natura 2000 e delle aree naturali
protette, istituite in base alla legge 6 dicembre 1991, n. 394 e alle relative leggi regionali, tenendo
conto delle caratteristiche di pericolo e di rischio delle sostanze attive e dei prodotti fitosanitari,
nonché delle attività agricole ivi presenti, in funzione almeno dei seguenti target da salvaguardare:
habitat e specie di interesse comunitario legate agli ecosistemi acquatici (allegato V) ;
habitat e specie di interesse comunitario legate agli ecosistemi terrestri;
habitat in cui vi è la necessità di tutelare le api e gli altri impollinatori, come ad esempio gli
imenotteri selvatici e i lepidotteri.
Nei siti della Rete natura 2000 e nelle aree naturali protette istituite in base alla legge 6 dicembre
1991, n. 394 e alle relative leggi regionali, al fine di rafforzare la strategia di tutela della biodiversità,
già sancita da altri strumenti normativi e pianificatori ed in particolare dall’ultima Strategia nazionale
sulla biodiversità, le misure di riduzione dell’uso dei prodotti fitosanitari e/o dei rischi di cui all’art. 15
del decreto legislativo n. 150/2012, sono definite, sulla base delle linee guida di cui sopra, entro 2
anni dall’entrata in vigore del Piano, dalla regione o provincia autonoma competente, in accordo con
l’Ente gestore, laddove esistente, in base alle specifiche caratteristiche del sito da tutelare.
120
Ciascuna misura, ivi comprese eventuali misure di riduzione e/o divieto di prodotti fitosanitari, deve
essere integrata nel Piano di gestione del sito (o altro piano equivalente) o con le misure di
conservazione, sulla base delle specifiche esigenze in funzione delle specie e/o degli habitat da
tutelare e degli esiti delle attività di monitoraggio ambientale. Con riferimento alle specie endemiche
o ad elevato rischio di estinzione, le regioni e le province autonome e gli enti gestori delle aree
naturali protette possono definire ulteriori misure per la riduzione e/o il divieto d’uso di prodotti
fitosanitari, sulla base delle linee guida di cui sopra.
Le misure di cui sopra si integrano con gli strumenti ed i dispositivi della PAC, come previsto al
comma 3 dell’art. 2 del decreto legislativo n. 150/2012.
Dette misure generano effetti positivi sulla biodiversità, sull’acqua e sul suolo, e sono equivalenti a
quelli prodotti dalle pratiche agricole benefiche per il clima e l’ambiente, così come individuate nei
regimi di sostegno della PAC. I Ministeri della salute, dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare e delle politiche agricole, alimentari e forestali, analogamente a quanto indicato al precedente
paragrafo A.5.2, con il supporto del consiglio, mettono a disposizione delle regioni e delle province
autonome nonché degli enti gestori delle aree naturali protette, le informazioni più rilevanti sulla
tossicità, l’ecotossicità, il destino ambientale e gli aspetti fitosanitari relativi ai prodotti fitosanitari in
commercio. Gli enti interessati garantiscono la formazione delle competenze tecniche necessarie per
operare le scelte relative alle prescrizioni e limitazioni da adottare in modo mirato, tenendo conto
dei target da salvaguardare e delle specifiche caratteristiche di pericolosità dei prodotti fitosanitari.
All’interno delle zone classificate a bosco e ad esse assimilate, ai sensi del decreto legislativo n.
227/2001, è vietato l’utilizzo di prodotti fitosanitari per il contenimento della vegetazione nelle aree
a particolare destinazione funzionale (viali tagliafuoco, zone di rispetto degli elettrodotti, gasdotti
ecc.), fatta salva la possibilità di deroghe in presenza di particolari emergenze fitosanitarie e
conservazionistiche. Con la finalità di rendere più efficace l’azione degli utilizzatori professionali che
operano in aziende ricadenti nei siti della Rete natura 2000 e nelle aree naturali protette, istituite in
base alla legge n. 394 del 1991 e alle relative leggi regionali, le regioni e le province autonome
promuovono un’attività formativa ed informativa finalizzata all’acquisizione delle conoscenze relative
ai rischi per la biodiversità derivanti dall’uso dei prodotti fitosanitari in tali aree, con particolare
riferimento alla scelta delle sostanze attive compatibili con le pertinenti prescrizioni del piano di
gestione/misure di conservazione o di altro strumento di gestione già adottato.
Tenuto conto delle priorità di tutela degli ecosistemi acquatici indicate nelle decisioni della
Conferenza delle parti (COP) della Convenzione di Ramsar (www.ramsar.org) e negli accordi
internazionali sottoscritti dall’Italia (AEWA e MEDWET), le Zone Ramsar hanno priorità di tutela e
richiedono un maggior livello di salvaguardia. A questo scopo, entro 2 anni dall’entrata in vigore del
Piano, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, tenuto conto delle linee
guida di cui al paragrafo A.5.1, di concerto con il Ministero delle politiche agricole alimentari e
forestali, sentito il consiglio, in accordo con le regioni e le province autonome e gli enti
territorialmente competenti, individua prescrizioni per il divieto, ove possibile, nelle zone Ramsar, dei
prodotti fitosanitari pericolosi per gli ecosistemi acquatici, nonché di quelli rinvenuti a seguito delle
attività di monitoraggio ambientale, laddove disponibili i relativi dati.
In riferimento allla cornice di riferimento normativo sopra descritta, l’uso dei prodotti fitosanitari,
con particolare riferimento al glifosate, è stato regolamentato all’interno del Regolamento e delle
Norme Tecniche di Attuazione, al fine di ridurre l’impatto sugli ecosistemi acquatici.
1.3.7.11 Adeguamento della perimetrazione della ZPS e della Riserva Naturale
Dall’analisi della figura 3 si può notare come una parte delle segnalazioni delle specie e delle aree di
rilevanza ornitologica ricadano all’esterno della ZPS (limiti in rosso), soprattutto a nord del sito.
121
Queste segnalazioni si riferiscono in maggioranza a specie legate alle formazioni forestali e
cespugliate. Ad occidente del sito sono poi presenti alcune piccole porzioni di zone umide (in fucsia) a
carattere residuale che presentano delle buone potenzialità per le specie acquatiche. È quindi
evidente che il confine della ZPS dovrebbe essere modificato, rendendolo vicino a quello della
Riserva Naturale, perlomeno per quel che riguarda il limite nord.
Figura 3. Localizzazione dei principali siti di sosta, alimentazione o riproduzione delle specie di interesse
comunitario e delle aree più rilevanti per la loro specificità funzionale. Fonte: Piano di Gestione della ZPS
Per quanto riguarda il confine della Riserva Naturale, sembra opportuno inserire al suo interno il
corso del Fiume Velino, laddove esso viene intersecato dai confini ad oggi vigenti. Sembra inoltre
opportuno in un ottica di rete ecologica, estendere gli attuali confini della Riserva, seguendo verso
nord il corso del Fiume Velino, per andarsi a collegare con il SIC “Lago di Ventina - IT 6020010”; ciò
garantirebbe una gestione unitaria di un comprensorio che costituisce un'unica unità idromorfologica
ed ecologica, superando così l’attuale gestione “a isole” con competenze amministrative frazionate,
di territori rilevanti sotto il profilo naturalistico quali il corso del F. Velino, i laghi Reatini, il Lago di
Ventina.
Occorre mettere in evidenza che tale necessità è stata già richiamata nel Piano di Gestione del SIC
Lago di Ventina approvato dal Comune di Colli sul Velino. In tale Piano infatti viene fatto presente
che per consentire una più efficace gestione del sito e per rendere cogente il suo naturale
collegamento ecologico-funzionale con il Fiume Velino e quindi con i Laghi della Piana Reatina (Lago
Lungo e Lago di Ripasottile) è opportuno estendere la perimentrazione della Riserva lungo il corso del
Fiume Velino, almeno fino all’altezza del lago di Ventina, per poi allargarsi a ricomprendere tutta la
perimentrazione del sito.
122
L’inclusione del SIC all’interno della Riserva consentirebbe di poter usufruire delle possibilità di
gestione operativa della Riserva e del personale addetto (uffici tecnici e guardiaparco) sia nelle
attività di sorveglianza sia nelle attività di tipo gestionale, oltre ad aumentare le possibilità di
accedere a finanziamenti dedicati alle aree protette, all’interno dei vari strumenti di programmazione
regionali.
123
1.3.8
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129
1.4
ASPETTI RELATIVI ALL’AGRICOLTURA
La Riserva Naturale dei Laghi Lungo e Ripasottile è stata istituita con L. R. 17 giugno 1985 n. 94, e
riguarda un'area di 2942 ha, a cavallo dei territori comunali di Cantalice, Colli sul Velino, Contigliano,
Poggio Bustone, Rivodutri e Rieti ed è collocata a Nord del capoluogo della provincia.
Circa i 2/3 del territorio dell'area ricadono nel comune di Rieti, mentre Comuni come Colli sul Velino,
Contigliano e soprattutto Cantalice contribuiscono con superfici molto piccole
L’area occupata dalla Riserva Naturale dei Laghi Lungo e Ripasottile fa parte della più vasta Piana di
Rieti, meglio conosciuta come la Valle Santa per la presenza di importanti testimonianze del
passaggio e del soggiorno di Francesco d’Assisi.
La Piana di Rieti è costituita da una conca intramontana, circondata da tutte le parti da colli e monti,
come i Sabini ad ovest e i Reatini, con il massiccio del Terminillo, ad est, mentre a sud viene chiusa
dai primi rilievi che danno poi vita al massiccio dei Monti Cicolani.
A nord dolci rilievi collinari che ospitano l’abitato di Colli sul Velino, già conosciuto come Colli di
Labro, la separano dall’area di Piediluco e dalla terrazza delle Marmore, sospesa ad oltre 180 metri
sulla sottostante Valle del Nera.
Nella Piana Reatina confluiscono copiose le acque raccolte nel vasto bacino che dà vita ai Fiumi
Velino ed ai suoi affluenti Salto e Turano, cui si aggiungono i Fosssi Canera, dell’Acquamartina,
dell’Acquarisciana, e non ultima la Sorgente di S. Susanna che dà vita, con i suoi 5,5 mc/s al fiume ed
al canale omonimi.
La presenza di numerose specie prioritarie ai sensi della Direttiva 79/409 CEE e di habitat prioritari ai
sensi della Direttiva 92/43 CEE, ha fatto designare parte della piana come SIC e ZPS con il codice
IT6020011 “Laghi Lungo e Ripasottile”.
Nel territorio della Riserva ricadono i Comuni di seguito elencati con le superfici totali e quelle
appartenenti all’Area della Riserva:
La superficie comunale interessata alla Riserva è di appena 2.942 Ha pari all’8,2% del totale delle
superfici comunali pari a 35.999 ettari. I Comuni di Rieti e Rivodutri assorbono da soli l’80,3% del
territorio della Riserva Mentre il Comune di Cantalice vi partecipa con appena 60 dei suoi 3.771 ha.
Comune
Superficie
comunale totale
(ha)
Superficie
comunale
interessata dalla
Riserva
(ha)
Incidenza
sulla
superficie
comunale
(%)
Cantalice
Colli sul Velino
Contigliano
Poggio Bustone
Rieti
3.771
1.307
5.351
2.233
20.652
60
118
117
283
1.843
1,6
9
2,2
12,7
8,9
2,0
4,0
4,0
9,6
62,6
Rivodutri
Totale Area
2.685
35.999
521
2.942
19,4
8,2
17,7
100,0
Incidenza su
superficie Riserva
(%)
130
1.4.1
L’AGRICOLTURA NELLA RISERVA
L’area della Riserva è caratterizzata da un esteso uso agricolo. Le sole parti non soggette a colture
sono le aree demaniali prospicienti i laghi e le poche aree di proprietà della Riserva stessa (acquisite
allo scopo di creare zone filtro tra attività agricole e laghi).
Non vengono integralmente rispettate le aree prospicienti i canali ed i corsi d’acqua naturali, dove le
coltivazioni si estendono all’interno delle proprietà del Consorzio di Bonifica Reatina e nella fascia di
rispetto prevista nella normativa di settore (Piano Stralcio Piediluco del Piano di Bacino del Tevere).
L’area dal punto di vista agricolo è suddivisa in due aree piuttosto ben distinte:
L’area ad est del lago Lungo, e quella a nord della strada provinciale per Poggio Bustone, dove
oltre alle proprietà comunali affidate in assegnazione alle famiglie residenti (le cosiddette “parti
comunali”) coltivate con sistemi tradizionali e per il fabbisogno familiare (orti e cereali per
allevamento familiare).
Il resto dell’area, soprattutto quella a sud del Lago di Ripasottile e fra i due Laghi più estesi, è
costituita invece da proprietà consistenti coltivate in maniera estensiva con rotazioni costanti tra
le colture di mais, grano, girasole, erba medica. Sporadiche coltivazioni di sorgo, soprattutto
connesse alla loro scarsa appetibilità da parte del Cinghiale che costituisce uno dei maggiori
problemi per le pratiche agricole. Alcune proprietà raggiungono i 200 ettari.
1.4.2
LA BASE PRODUTTIVA E L’USO DEL SUOLO
La definizione economico–statistica della base produttiva agricola dell’Area della Riserva verrà fatta
attraverso tre fasi :
1. analisi del settore agricolo dei Comuni facenti parte della Riserva nella loro interezza;
2. definizione dei valori statistici di Uso del Suolo del solo territorio che fa parte della Riserva;
3. definizione delle filiere presenti nell’Area della Riserva e valutazione del loro valore economico.
1.4.3
IL SETTORE AGRICOLO NEI COMUNI DELLA RISERVA.
I dati statistici forniti dal Censimento ISTAT (2010) riferiti alle superfici produttive dei Comuni il cui
territorio rientra nel perimetro della Riserva, costituiscono la base informativa territoriale dell’Area
Protetta, dalla quale si estrapolano le informazioni necessarie ad individuare e distinguere le filiere
produttive di maggior rilevanza connesse al settore agricolo, forestale o ambientale-paesaggistico.
131
N° aziende agricole
Superficie agr. utilizzata (SAU) - ha
1990
2000
2010
diff
2000
Rieti Provincia
22.225,00
18.998,00
9.228
Cantalice
615,0
481,00
Colli sul Velino
94,0
Contigliano
2010-
1990
2000
2010
diff 2010-2000
9.770
110.523
104.857
88.476
16.381
130
351
1.808
1.241
1.113
129
111,00
20
91
250
413
316
96
414,0
368,00
144
224
2.364
2.127
1.855
272
Poggio Bustone
264,0
299,00
104
195
681
1.226
448
778
Rieti
1.613,0
1.202,00
622
580
8.364
6.564
9.378(*
2.815
Rivodutri
263,0
238,00
89
149
1.307
1.063
880
183
Tot RISERVA
3.263,0
2.699,00
1.109
1.590
14.774
12.634
13.990
1.356
Fonte Censimento agricoltura 2010
(*) il dato è quello ufficiale dell’Istat ma sembra risultare errato rispetto al dato del precedente censimento del 2000
132
Dall’analisi e dal confronto di questi dati risulta come, negli ultimi anni, la Superficie Agricola
Utilizzata, su questi Comuni, secondo il Censimento 2010 sia pari a circa 13.990 ha, con un
incremento di 1356 ha rispetto al precedente Censimento del 2000.
Avuto riguardo alle colture praticate nei Comuni della riserva si rilevano tre gruppi di colture:
1. I seminativi che rappresentano il 46,5% del totale (24,7% di Cereali e 16,8% di Foraggere
avvicendate);
2. Prati permanenti e pascoli che impegnano il 51,1% del totale
3. Le colture legnose sono praticamente assenti rappresentando il 2,2 % del tutto marginali.
In aggiunta ai 13.990 ha di superficie agricola utilizzata sono presenti altresì 7.297 ha di Boschi
annessi ad aziende agricole.
La struttura produttiva dei Comuni della Riserva evidenzia inoltre un calo di 1.590 aziende agricole
nel decennio 2000 – 2010
Colture praticate nei Comuni della Riserva - ha
Colture
Tot Comuni Riserva
Tot Prov
% su Prov
% su tot Riserva
Cereali da granella
3459
7211
48,0
24,7
Legumi secchi
50
288
17,3
0,4
Ortive e patata
55
248
22,2
0,4
Piante industriali
492
704
70,0
3,5
Foraggere avvicendate
2350
15110
15,6
16,8
Altri seminativi
3
77
3,7
0,0
Terreni a riposo
94
674
14,0
0,7
Tot seminativi
6504
24312
26,8
46,5
Vite
53
757
7,1
0,4
Olivo
184
10510
1,7
1,3
Fruttiferi
51
1450
3,5
0,4
Altro
26
91
28,4
0,2
Tot Legnose
314
12808
2,5
2,2
Prati permanenti e pascoli
7142
51184
14,0
51,1
altro
29
172
16,9
0,2
Tot SAU
13990
88476
15,8
100,0
Boschi annessi ad az.agric.
7297
70692
Serre (are)
24
438
Fonte: ISTAT Censimento 2010
133
N° Az. con allevamenti
Anno
1990
2000
2010
2010-2000
Prov di Rieti
6770
4819
2438
2381
Cantalice
225
166
68
-98
Colli sul Velino
20
12
7
-5
Contigliano
121
141
66
-75
Poggio Bustone
87
115
50
-65
Rieti
774
455
214
-241
Rivodutri
140
84
39
-45
Totale
1367
973
444
-529
134
N° capi Bovini i
N° capi Ovini Caprini
Anno
1990
2000
2010
Diff
2000
Rieti
34341
31791
30974
Cantalice
877
522
Colli sul Velino
32
Contigliano
2010-
Anno
1990
2000
2010
Diff 20102000
-817
Rieti
103762
89012
66310
-22702
511
-11
Cantalice
744
582
108
-474
49
55
6
Colli sul Velino
249
208
244
36
879
902
1090
188
Contigliano
752
1700
1679
-21
Poggio Bustone
87
130
225
95
Poggio Bustone
1302
1673
953
-720
Rieti
4131
2306
2515
209
Rieti
3756
2680
2367
-313
Rivodutri
239
297
344
47
Rivodutri
1731
960
284
-676
Totale
6400
4359
4867
508
Totale
8534
7803
5635
-2168
135
Il settore zootecnico dei Comuni della riserva inteso come la totalità dei capi e delle aziende di tutto il
territorio comunale presenta le seguenti caratteristiche:
Una consistente contrazione delle aziende con allevamenti : -529 aziende nell’ultimo decennio.
Allo stato attuale le imprese zootecniche sono appena 444
Un aumento del numero dei capi bovini di 500 unità che tuttavia potrebbe essere la risultante di
un normale ciclo di allevamento
Una consistente contrazione del numero di capi ovicaprini allevati (-2.168 nel decennio) anche se
il totale dei capi allevati è pari a quello dei bovini fatte salve le ovvie considerazioni sulla diversità
della consistenza ponderale.
In sintesi, l’agricoltura dei Comuni della Riserva appare caratterizzata da:
una preponderante estensione delle coltivazioni di pieno campo, per lo più indirizzate alla
produzione di cereali, e foraggere avvicendate, utilizzate in prevalenza dagli allevatori locali;
una elevata presenza di superfici utilizzate per prati pascoli per una zootecnia da allevamento
allo stato brado, principalmente di vacche e vitelli da carne; significativa è altresì, la presenza di
allevamenti ovini, utilizzati per soddisfare la domanda locale e in parte dell’area metropolitana di
Roma di carne, latte e derivati;
una consistente presenza di superficie a boschi che rappresenta una risorsa importantissima in
termini paesaggistici e naturalistici, oltre che economica in termini di produzione di legname.
1.4.4
L’USO DEL SUOLO
Al fine di una valutazione oggettiva dell’economia agricola della Riserva, l’analisi ovviamente non può
essere limitata ai dati statistici dei Comuni della Riserva nella loro interezza territoriale ma deve
essere affinata prendendo in esame i soli territori ricadenti nella Riserva.
Ciò è stato realizzato attraverso la valutazione dell’uso del suolo per definire con sufficiente
approssimazione le colture presenti nel territori interessati e successivamente le principali filiere
presenti sul territorio ed il loro valore economico al fine di valutare l’impatto di politiche del
territorio da concretizzarsi nel piano di assetto.
Per ricondurre i dati statistici del Censimento ISTAT di livello comunale all’effettivo territorio
dell’Area Protetta, si è proceduto all’ elaborazione della attuale ripartizione nell’uso agricolo del
suolo all’interno della Riserva, ossia dell’estensione delle principali classi di coltura presenti sul
territorio (seminativi, orti, colture legnose, pascoli, boschi, ecc.).
L’integrazione tra dati statistici e altre fonti informative ha permesso sia di disporre di una corretta e
realistica base informativa, sia di alimentare un successivo sistema di valutazione economica del
territorio e della sua suscettività per quanto attiene alle produzioni agro-forestali dell’Area Protetta.
I dati relativi all’Uso del Suolo, infatti, consentono di conoscere dettagliatamente il territorio di
riferimento ed offrono alcune specifiche e basilari indicazioni sulle caratteristiche ambientali,
paesaggistiche e di ruralità del territorio.
L’elaborazione dei dati degli Usi del Suolo della Riserva per le macro-classi di copertura codificate dal
sistema CORINE Land Cover, ha permesso di ripartire le superfici ad uso agricolo come di seguito
sintetizzato.
La superficie totale dell’area della Riserva è pari a 2.942 ha di cui l’85% di uso agricolo e il rimante
distribuito tra tutti gli altri usi ivi compresa la superficie dei due laghi. Avuto riguardo all’estensione
di tutti i territori dei Comuni che partecipano alla Riserva, la quota afferente a questa ultima è
davvero modesta : 2.942 ha su un totale di 35.999 pari ad appena l’8,2% del totale.
Superfici totali e uso del suolo - ha
Superficie totale
Seminativi
Tot Comuni riserva (*)
Tot confini Riserva
(**)
% Riserva su tot
35.999
2.942
8,2
2425
36,7
6.612
Ortive
118
..
Vite
53
10
18,9
Olivo
184
3
1,6
Fruttiferi
25
..
Prati naturali
7.142
24
0,3
Bosco
7.297
51
0,7
Tot. Sup Agroforestale
21.431
2.514
11,7
(*) Censimento 2010
(**) Uso del Suolo
Uso del suolo nei confini della riserva - ha
Colture
ha
% su tot Sup
%
su
agricola
Seminativi semplici in aree irrigue
2.017
68,6
80,2
Seminativi semplici in aree irrigue, rete dei piccoli
appezzamenti
399
13,6
15,9
Colture temporanee associate a vigneto
9
0,3
0,4
Vigneti
10
0,3
0,4
Oliveti
3
0,1
0,1
Prati naturali
24
0,8
1,0
Boschi
38
1,3
1,5
Aree agroforestali
13
0,4
0,5
Totale uso agricolo
2.514
85,4
100,0
Uso non agricolo
428
14,6
TOTALE
2.942
100,0
sup
137
Le attività agricole si sviluppano su appena 2.514 ha comprensivi della superficie coperta da boschi
che tuttavia è di appena lo 0,7% del totale.
Quella della Riserva è una agricoltura molto tradizionale e quasi monoculturale: il 96 % della
superficie infatti è coltivata a seminativi ; le colture arboree ( vite e olivo) sono del tutto marginali e
quelle ortive e fruttifere rappresentano quasi esclusivamente fenomeni aziendali per autoconsumo
Le superfici a seminativi sono rappresentate principalmente da colture cerealicole presenti
tradizionalmente sul territorio con forte impiego di trattamenti e concimazioni eseguite con
lavorazioni meccaniche conto terzi, come tutte le operazioni connesse alla coltivazione, oltre a
colture foraggere destinate all’allevamento di bestiame.
1.4.5
LE FILIERE AGRICOLE
Per la definizione dell’architettura del Piano è evidente la centralità della fase di analisi del territorio,
specificatamente diretta alla individuazione delle filiere di maggior rilevanza dal punto di vista delle
attività rurali e delle caratteristiche connesse al settore agricolo, forestale o ambientalepaesaggistico, sia in termini di ricaduta sull’economia e sulla struttura produttiva locale, sia in
un’ottica di strategia coordinata per il loro sviluppo.
La metodologia proposta, di conseguenza, prevede l’attuazione di una analisi descrittiva delle
potenzialità locali, basata sulle risultanze di una ricognizione conoscitiva con particolare riferimento
agli aspetti produttivi, socio-economici e di mercato.
Ai fini della corretta individuazione delle filiere maggiormente suscettibili di interventi migliorativi
dell’economia delle imprese attive nella Riserva, sono stati individuati ulteriori elementi riferibili ad
aspetti statistici e territoriali specifici.
Per quanto attiene agli aspetti socio-economici, in particolare, si è proceduto ad una prima
classificazione delle filiere produttive agro-forestali di rilevante presenza sul territorio sulla base del
loro valore economico o Valore della Produzione Agricola a livello comunale, determinato applicando
la metodologia degli “indicatori strutturali”.
Per i Comuni compresi nella Riserva , questa modalità prevede che la stima del Valore della
Produzione Agricola sia la risultante di alcuni elementi individuati a livello comunale e riferiti alla
Superficie Agricola Totale comunale inclusa nell’Area Protetta, tra i quali:
1. superficie investita: è l’elemento di maggior rilievo e pertanto si è deciso di utilizzare un dato
molto prossimo alla realtà derivato dall’analisi dell’uso del suolo dell’Area Protetta per classi di
coltura su base CORINE LAND COVER . La distribuzione di dettaglio delle superfici per singolo
prodotto (ad es. avena, grano duro, orzo, ecc tra i cereali industriali) e per quota di Superficie
Agricola Totale comunale compresa entro l’Area Protetta, è stata stimata applicando alle
superfici di ogni classe la quota percentuale per singolo prodotto presente in ogni Comune, quale
risulta dai dati censuari del 2010
2. consistenza zootecnica: è stata stimata applicando la consistenza comunale per specie, stimata
dai dati censuari ISTAT 2010, la quota di Superficie Agricola Totale compresa entro l’Area
Protetta;
3. resa per ha / capo: in assenza di dati ufficiali sulle rese comunali, la stima è stata ottenuta
utilizzando le rese medie provinciali. Sarebbe auspicabile, per una migliore attendibilità statistica,
realizzare un’indagine specifica - che esula dagli impegni e dagli obiettivi del Piano - per
individuare le rese a livello comunale o per aree omogenee.
4. prezzo di vendita: è l’elemento necessario per stimare il Valore della Produzione Agricola per
prodotto, ottenuto applicando i prezzi medi attuali rilevati (fonte CCIAA di Roma o ISMEA o
138
statistiche congiunturali ISTAT ) alle rese per ha / capo ed alle superfici investite o consistenza
zootecnica a livello comunale.
Il Valore della Produzione Agricola è stimato quindi, utilizzando la base dati relativa alle superfici
investite per singole colture agrarie cui vengono attribuiti valori corrispondenti ai rendimenti unitari
ed ai prezzi di vendita attualmente riscontrabili sui mercati regionali per prodotto.
È da rilevare che il calcolo del Valore della Produzione Agricola (VPA) riguarda solo le aree di ciascun
Comune che appartengono al Parco. Ciò è stato possibile in quanto:
1. sono stati utilizzati i dati di superficie dell’Uso del Suolo precedentemente illustrata;
2. è stata applicata una metodologia che si basa sul concetto di invarianza, per aree omogenee,
delle rese medie per ettaro delle singole produzione e dei prezzi di vendita; ipotesi questa
abbastanza plausibile in un mercato concorrenziale, quale è quello agricolo. Il Valore della
Produzione Agricola stimato per ciascun prodotto, è stato quindi riaggregato in categorie che – di
fatto – individuano le principali filiere. I risultati complessivi di tali elaborazioni costituiscono un data
base organico da cui estrarre informazioni sintetiche per la individuazione e classificazione delle
filiere prioritarie. Successivamente, per queste filiere produttive potrà essere verificata e valutata la
presenza di specifiche esigenze ed opportunità di sviluppo attraverso l’analisi SWOT.
SAU per filiera
FILIERE
% SAU
Filiera
per VPA €
% VPA
Totale
sul VPA per ha di
SAU Riserva
Seminativi
2.425
96,5
3.880.301
85,5
1.600
Viticoltura
10
0,4
19.880
0,4
1.988
Olivicoltura
3
0,1
3.011
0,1
1.004
Prati naturali
24
1,0
7.680
0,2
320
Bosco
51
2,0
65.408
1,4
1.283
561.702
12,4
4.537.981
100,0
Zootecnia
Tot Riserva
2.513
100,0
139
Da quanto esposto appare evidente che il VPA non è il reddito prodotto dalle colture, ma si
approssima molto alla PLV (produzione lorda vendibile) calcolata per anni dall’Istat ottenuta
moltiplicando la produzione ottenuta (sup. x resa) per il prezzo di mercato franco azienda. Tale valore
fornisce una stima relativa tra colture del valore economico delle superfici coltivate al lordo delle
spese. Dalla tabella emerge che le uniche due Filiere da prendere in esame sono quelle riferibili ai
seminativi (nella sua accezione più ampia) e alle produzioni zootecniche. Il valore dei seminativi
dovrebbe essere di 3 milioni e 800 mila euro pari a 1.600 euro per Ha coltivato. L’allevamento di
bestiame dovrebbe sfiorare i 500.000 euro. Il totale della VPA dei territori della Riserva è di circa
4.500.000 euro. Tutte le altre filiere risultano del tutto marginali e i valori ottenuti possono risentire
del margine di errore statistico stante l’ esiguità delle superfici rilevate.
1.4.6
I FENOMENI INNOVATIVI LEGATI AL SETTORE AGRICOLO
L’agricoltura biologica nel contesto agricolo della Riserva è fenomeno che presenta segnali di
significativa presenza anche se l’estensività delle colture non ne favorisce lo sviluppo. Allo stato
attuale sono state registrate 5 aziende che praticano tale metodica colturale o di trasformazione
Aziende Biologiche presenti nel territorio della Riserva
Azienda
Comune
Tipo
Valeriani Valeriano
Colli sul Velino
Vegetali
Az Agr Molino del Cantaro
Rieti
Vegetali
Vincenti Mareri Tosoni Marinella
Rieti
Vegetali
Paniconi Gianni e Luigino soc. agr. semp.
Rivodutri
Zootecniche
Tenuta dei Laghi
Rivodutri
Vegetali
L’agriturismo è una attività che si addice invece al territorio della Riserva tenuto conto della bellezza
dei paesaggi e dell’opportunità di sviluppare un turismo coerente con le attitudini dell’area della
Riserva.
Sulla base delle ricognizioni effettuate allo stato attuale sono stati censiti 4 agriturismi
effettivamente attivi all’interno della Riserva che presentano peraltro caratteristiche di ottima
qualità sia per i servizi offerti che per la possibilità di godere delle caratteristiche paesaggistiche e
gustare i prodotti tipici del territorio.
Agriturismi presenti nel territorio della Riserva
COMUNE
DENOMINAZIONE AZIENDA
INDIRIZZO
UBICAZIONE
AGRITURISTICA
AZIENDA
AZIENDA
AGRITURISMO da sor Ezio
di ROBERTO FESTUCCIA
RIETI
COOP. AGRICOLA SAN
NICOLA S.R.L. DOMENICO
MARI
RIETI
PICCOLA SOC. COOP.VA “LA
COLLINA”
RIETI
OSPITALITA'
IN CAMERE
(N. POSTI
LETTO)
VIA SETTECAMINI,
11 RIETI
0
VIA VILLA MARI,3
02100 RIETI
0
VIA
TORRETTA,142/B
LOC.
COLLE
TRULLO RIETI
6
OSPITALITA' IN
APPARTAMENTI
RISTORAZIONE
O
(N.
POSTI
MONOLOCALI
TAVOLA)
(N.
POSTI
LETTO)
0
30
15
0
0
40
140
TENUTA DEI LAGHI
RIVODUTRI
LOC CAMPIGLIANO
29
02100
RIVODUTRI
14
ND
200
La filiera corta è scarsamente presente nell’Area della Riserva. La Coop agricola Valle Santa
rappresenta una realtà economica significativa. Con oltre 60 dipendenti, svolge attività di
allevamento, macellazione, trasformazione, confezionamento e vendita sia di carni bufaline, bovine e
suine, sia di produzione e vendita di mozzarella di bufala e formaggi derivati dal latte prodotto in
azienda. È dotata di un centro vendita aziendale e una rete di vendita e consegna a domicilio
nell’intera Provincia e sino alle porte di Roma (zona Salario). Il sito di allevamento e colture foraggere
è situato in parte nell’area protetta, mentre altri siti di allevamento e trasformazione e lavorazione
sono situati all’esterno dell’area. Altra realtà economicamente rilevante è costituita dalla Azienda
Agricola Molino del Cantaro. Trattasi di una azienda che integra più attività innovative. Si estende su
60 ettari con produzione biologica di cereali che provvede a macinare in azienda con macine a pietra
mosse dall’acqua del Cantaro e a confezionare i propri prodotti per la vendita diretta. È’ inoltre
dotata di attività agrituristiche e didattiche.
141
1.5
1.5.1
TURISMO, SERVIZI, INFRASTRUTTURE
INTRODUZIONE
Il turismo nella Riserva Naturale dei laghi Lungo e Ripasottile, come d’altronde di tutte le Aree
Naturali Protette della Regione Lazio, rappresenta una condizione fondamentale per la conoscenza
della geografia, della storia, della biodiversità e per trasmettere i valori ambientali e culturali della
conservazione.
In particolare, in un’area protetta, la vocazione è quella al turismo sostenibile, ambientale e didattico
così come definito dall’Agenda per un turismo sostenibile dell’Unione Europea, con i seguenti
obiettivi: garantire la sicurezza dei turisti e delle comunità locali; proteggere le risorse naturali e
culturali delle destinazioni turistiche; diminuire l'utilizzo delle risorse e l'inquinamento dei luoghi
turistici; gestire il cambiamento nell'interesse del benessere della comunità; ridurre il carattere
stagionale della domanda; tener conto dell'impatto ambientale dei trasporti legati al turismo;
rendere il turismo accessibile a tutti, senza discriminazione; migliorare la qualità degli impieghi nel
settore del turismo.
Nell’ambito del turismo sostenibile nelle Aree Protette ci sono vari documenti posti come base per
una corretta gestione. La Regione Lazio in particolare fa riferimento a quello elaborato
dall’Organizzazione Mondiale del Turismo (OMT) che è l’unica organizzazione intergovernativa con il
ruolo di forum globale per le politiche legate al turismo. L’OMT ha definito come turismo sostenibile
quello capace di soddisfare le esigenze dei turisti di oggi e delle regioni ospitanti prevedendo e
accrescendo le opportunità per il futuro. Tutte le risorse dovrebbero essere gestite in modo tale che
le esigenze economiche, sociali ed estetiche possano essere soddisfatte mantenendo l'integrità
culturale, i processi ecologici essenziali, la diversità biologica, i modelli di vita dell'area in questione. I
prodotti turistici sostenibili sono quelli che agiscono in armonia con l'ambiente, la comunità e le
culture locali, in modo tale che essi siano i beneficiari e non le vittime dello sviluppo turistico. L’OMT
individua, inoltre, tre caratteristiche irrinunciabili del turismo sostenibile: a) Le risorse ambientali
devono essere protette; b) Le comunità locali devono beneficiare di questo tipo di turismo, sia in
termini di reddito sia per la qualità della vita; c) i visitatori devono vivere un'esperienza di qualità.
In quest’ottica il turismo sostenibile è, quindi, un’attività che cerca di minimizzare gli impatti
sull’ambiente, sulla cultura e sulla società generando contemporaneamente reddito, occupazione e
la conservazione degli ecosistemi locali. Dove economia, etica e ambiente hanno stessa
considerazione nella mente di chi muove e di chi ospita persone.
Queste considerazioni introduttive hanno un particolare valore se riferite alla Riserva naturale dei
Laghi Lungo e Ripasottile che a quasi trent’anni dalla costituzione (10-07-1985), ancora soffre di una
modesta conoscenza e considerazione come luogo turistico, peraltro comunque associata solo al più
vasto territorio della pianura reatina. Le presenze sono perlopiù legate alle iniziative che
stagionalmente la Riserva organizza in particolare per le scuole e per gli appassionati di ornitologia.
A causa probabilmente di problemi sia culturali che strutturali, le politiche di gestione sia della
Riserva Naturale sia dei vari Enti che si occupano di politiche del turismo hanno sottovalutato il
valore e la potenzialità della fruizione a scopo turistico della Riserva naturale. Va detto inoltre che
nell’ambito delle politiche turistiche la fruizione a scopo naturalistico e il turismo sostenibile, che
rivestono un target ben individuato rispetto a quella del turismo generalista, hanno avuto poco
rilievo e sempre legato a programmi specifici. Di fatto dunque quest’area è poco presente nei
programmi turistici degli operatori del settore se non in aggiunta ad altre aree limitrofe come i
Santuari francescani, la città di Rieti e il complesso turistico Piediluco-Cascata delle Marmore.
Tuttavia, facendo un’analisi attenta delle caratteristiche di quest’area in comparazione con altre zone
umide simili si possono costatare notevoli potenzialità sia per turismo ambientale sia per quello
legato a utilizzi legati allo sport all’aria aperta e al turismo enogastronomico.
Obiettivo del Piano è dunque quello di fare un’analisi e delle proposte che forniscano strumenti di
orientamento per le politiche turistiche soprattutto in funzione del turismo naturalistico e rurale ma
142
che possano anche svolgere una funzione significativa nel campo della conoscenza e della
conservazione degli habitat.
La descrizione del territorio, laddove presente anche in altre relazioni specifiche, non deve sembrare
ripetitiva, in quanto mirata essenzialmente a esplicitare meglio gli aspetti turistici e funzionale a
fornire un particolare punto di vista sul tema.
La trattazione è divisa in quattro parti, quella introduttiva disegna immediatamente i termini
dell’argomento “turismo” riferito alla Riserva e mette in luce come necessariamente ilturismo della
Riserva deve essere ricollegato al territorio più vasto che va dalla città di Rieti a quella di Terni . La
seconda parte è un inquadramento delle risorse reali o potenziali della Riserva dal punto di vista
storico-territoriale. La terza parte contiene un’analisi e una descrizione puntuale delle infrastrutture
e dei servizi presenti nel territorio, sia quelli riconducibili alla gestione della Riserva naturale che
quelli forniti da altri Enti pubblici e privati. La quarta parte cerca di analizzare le criticità riscontrate e
fornisce idee e strategie per migliorare la comunicazione e i servizi di accoglienza.
Il territorio della Riserva non ha poli di attrazione particolarmente adatti al turista classico, e dunque
deve essere considerato come un territorio viaggiatori motivati, per appassionati del paesaggio, per
osservatori a cui piace l’approfondimento e la lentezza. Queste caratteristiche, che nella
classificazione turistica corrispondono a un preciso target culturale-ambientale, hanno bisogno di
proposte e servizi mirati e di qualità. Molte località italiane con risorse ambientali e culturali del
tutto simili a quelle della Riserva, hanno avuto la lungimiranza di investire in ospitalità e servizi per
rendere la vacanza unica e ripetibilem, e creato una loro immagine forte ed attrattiva. Questo può
essere l’obiettivo e la strategia di chi opera su questo territorio, in linea con l’importanza, la storia e
la bellezza dei luoghi.
La piana reatina con il lago Lungo sullo sfondo la città di Rieti
143
1.5.1.1
Il paesaggio delle acque da Terenzio Varrone al Gran Tour.
Il territorio che un tempo era occupato dal vasto Lacus Velinus e che oggi comprende un’area che va
dalla città di Rieti fino alla Cascata delle Marmore è stato probabilmente più celebrato e ammirato
nel passato che nei giorni nostri. Questi territori sono noti da tempi storici e anche se la loro passata
frequentazione non può essere paragonata al fenomeno del turismo contemporaneo tuttavia può
fornire spunti di riflessione sulle sue valenze paesaggistiche.
Valle reatina
Infatti, il mosaico variopinto composto da geometrie di campi arati, borghi rurali, filari alberati,
sorgenti, corsi d’acqua e laghi che ancora oggi rappresenta la bellezza del paesaggio della pianura
reatina ha avuto in passato illustri estimatori.
Già Terenzio Varrone (116 a.C.–27 a.C.), uno degli uomini di cultura più importanti all’epoca della
Roma Repubblicana, descriveva la pianura amena e paragonava questi luoghi a quelli famosi per la
loro bellezza in Grecia, dove aveva soggiornato. Egli proveniva da un’antica famiglia reatina, per
questo chiamato anche il reatinus, aveva molti possedimenti, ville, pascoli, greggi e bestiame e la sua
stessa infanzia si ambientò nel territorio denominato Roseae riconducibile alla pianura reatina,
bonificata nel 264 a.C.. Il grande letterato e uomo di cultura nella sua opera più nota il De re rustica,
opera composta nel 37 a.C., mostra cognizioni naturalistiche, geografiche e storiche e parla anche
dell’importanza del buon gusto, secondo il quale gli agricoltori devono prefiggersi non solo il profitto
ma anche il piacere estetico offerto dalla bellezza delle piantagioni. Varrone afferma che un oliveto
con gli alberi piantati in modo ordinato, non solo vede aumentare la sua capacità produttiva ma
anche sale di valore, perché reso più bello: "Non c'è nessuno che fra due terreni di pari rendimento
non preferisca comprare a un prezzo più elevato quello che è più bello, piuttosto che quello che è, sì,
fruttifero, ma brutto." (De re rustica, I, 4, 2). Varrone quindi dimostra non solo di apprezzare la
pianura, i boschi, le acque nella loro armonia selvaggia, ma riconosce anche un valore economico ed
estetico a ciò che l’uomo costruisce attraverso la lavorazione della terra, dando a essa un maggiore
valore economico e estetico. Anche il più celebre tra i letterati romani, Publio Virgilio Marone,
decanta la bellezza dei territori della cascata, “Una valle d’oscure selve e tra le selve un fiume, che per
gran sassi rumoreggia e cade”.
Nell’alto medioevo il livello delle acque del Lacus Velinus tornò a salire: la cava curiana, il canale
scavato dai romani, che consentiva il deflusso delle acque, sì intorbidiva, i ternani, nella rocca
144
sovrastante la cascata vigilavano, perché non fosse riaperto il canale curiano che tanti danni causava
alla loro valle, così il lago riprese quota. Pertanto l’attraversamento in barca di questo bacino era una
cosa necessaria e probabilmente abituale. Una testimonianza inaspettata e affascinante ci giunge dai
viaggi che San Francesco faceva per recarsi nei santuari da lui fondati in luoghi ispirati alla Sua fede,
ma probabilmente anche dalla bellezza della natura. Nella Leggenda prima del Suo biografo
Tommaso da Celano si ha la testimonianza dell’esistenza del lago quando San Francesco compì un
miracolo salvando un gruppo di persone per alcun modo Reatinum navigantes, così come
nell’iconografia del 1457, relativa ai racconti di San Bonaventura dove è raffigurato il Santo su di una
barca: Francesco lascia libero un uccello palustre sul lago di Rieti. Tutto questo avveniva in uno
scenario straordinario in cui le acque avevano ripreso il posto delle terre coltivate, e nel quale San
Francesco per potersi recare a Greccio o Poggio Bustone utilizzava una barca. Per questo la
testimonianza del passaggio di San Francesco, che abbia scritto o semplicemente trovato l’ispirazione
per scrivere il Cantico delle Creature, è importante perché il Santo Patrono d’Italia ci riporta a una
dimensione della natura contemplativa e sovrannaturale. I luoghi dalla valle reatina così permeati
della presenza del Santo hanno sempre avuto nei secoli schiere di seguaci che si sono recati a visitare
i luoghi ancora fortemente permeati della Sua presenza. Il viaggio che portava da Assisi, la tomba di
San Francesco, fino a Roma, la tomba di Pietro, attraverso vari percorsi sono stati battuti da tanti
pellegrini, mercanti, artisti, predicatori, studiosi, oltre che da banditi, nullafacenti e avventurieri.
Non sappiamo se Dante Alighieri abbia mai visitato la cascata tuttavia anche a lui non esita ad
inserire versi nel XX canto del Paradiso dove scrive: Udir mi parve un mormorar di fiume –che scende
chiaro giù di pietra in pietra –mostrando l’uberta del suo cacume.
Mestro umbro, Francesco lascia libero un uccello palustre sul lago di Rieti. Miniatura alla Legenda
maior di San Bonaventura in un codice del 1457 (Roma, Museo Francescano)
Oggi su questi luoghi è stato creato un itinerario turistico denominato “Il Cammino di Francesco” che
attraversa la Riserva dei Laghi Lungo e Ripasottile avendo ai quattro lati della valle le tappe principali:
Fonte Colombo (dove Francesco stilò la regola definitiva del suo ordine), Poggio Bustone (punto
di
partenza della missione di pace dei francescani), Greccio (con la rappresentazione del primo
presepe) e Santa Maria della Foresta (con il miracolo dell’uva); santuari abbarbicati sui costoni
145
rocciosi
delle montagne che circondano la fertile pianura e disposti in modo da formare un’enorme
croce, da cui trae origine l’appellativo di Valle Santa.
Tuttavia se la pianura allagata ricca di animali e di vegetazione era uno spettacolo che si poteva
ammirare anche in altre zone della penisola, la Cascata delle Marmore, il punto nevralgico di tutto il
sistema idrografico, era invece cosa straordinaria e unica nel panorama paesaggistico europeo. Per
questo ha sempre rappresentato uno dei magneti turistici d’Italia e in particolare di quest’area.
Così quando nel XVII secolo iniziò in Italia quel fenomeno di viaggi e turismo denominato Grand Tour,
la Cascata delle Marmore e i territori limitrofi divennero un vero e proprio must per chi viaggiava
lungo lo stivale. Questo fenomeno del viaggiare coinvolse migliaia di persone provenienti soprattutto
dal nord dell’Europa e faceva parte di un percorso formativo che ogni giovane aristocratico doveva
fare. L’Italia diventa la mèta privilegiata da questi viaggiatori. Il primo motivo è certamente legato ai
classici e alle antichità: tutti vogliono vedere i resti della civiltà sulla quale è nata la civiltà
occidentale. Tuttavia già nel ‘700 le cose si evolvono, non sono più solo gli aristocratici a viaggiare,
ma tutta una serie di persone, intellettuali, scienziati e alto borghesi che si riversano in Italia e
cominciano a vivere il paesaggio in maniera differente: l’interesse non è più solo rappresentato dalle
testimonianze della classicità ma anche dalla natura che si ammira come opera d’arte perché
emoziona e arricchisce culturalmente. Così il paesaggio della Cascata delle Marmore diventa una
tappa obbligata per i viaggiatori che transitano nel nostro paese e se fino a quel momento il
paesaggio era quello della campagna felix dei romani, un paesaggio ordinato con una forte presenza
dell’uomo, come reazione a questo modo di interpretare il paesaggio ci si comincia ad interessare
alla natura che dimostra la propria forza, per cui si vanno a cercare quei luoghi dove la natura è
selvaggia. Per questo si cominciano a esplorare le vette, le cascate, i deserti le scogliere dei mari in
tempesta ovvero tutto quello che la natura esercita la propria forza. Un’artista che anticipa tutto
questo è Salvator Rosa che arriva a Terni 1662 e scrive una lettera a un suo amico e dice della Cascata
delle Marmore “cosa da far spiritare ogni incontentabile cervello per la sua orrida bellezza”.
Ovviamente è un testo di retorica, tuttavia è interessante come nell’opera di convinzione non sia
importante far riferimento a tesi razionali, quanto piuttosto far emergere l’emotività di chi ascolta.
Per questo c’è una contrapposizione fra la ragione e il razionale. Così come la descrizione poetica di
George Byron: Enorme cateratta e del baleno rapida al pari. La gran massa un nembo sgorga intorno di
spuma, e infuria e rugge ruinando nel baratro. Un inferno d’acqua che, imprigionata in quelle strette urla,
fischia, sobolle.
Questa dimensione diventa il manifesto di coloro che in quegli anni pensano a questo tipo di natura e
a questo paesaggio. In particolare un testo stampato nel 1757 da Edmund Burche, che in Italia si
traduce Inchiesta sul bello e sul sublime, diventa la Magna Carta di tutto quello che ha come
caratteristiche il sublime, la potenza, la lunghezza, la verticalità, l’infinito, la magnificenza.
Per questo la Cascata è riferimento importante in cui c’è l’elemento prorompente dell’acqua che
scorre e del rumore, la verticalità per cui diventa importante arrivare alla cascata attraverso Terni, e
in misura minore attraverso la città di Rieti. Alcune citazioni di un viaggiatore tedesco che si chiama
Lorenz Meyer che arriva nel 1783, la prima cosa che lui rileva vedendo la cascata: mai l’arte aveva
aiutato così felicemente la natura, sola sorgente dell’autentico bello del sublime mai ha ricercato
scena più ricca e maestosa, non c’è nulla che può rendere questo né la pittura né la parola. Tuttavia
una descrizione c’è la offre: Da qualsiasi punto si guardi la Cascata del Velino, di lato dall’alto e dal
basso essa offre lo stesso carattere di sublimità si vede in ogni dove l’immagine di una forza che
soggioga tutto, da ogni parte essa è ugualmente grande e maestosa. Scendendo circa trenta passi sul
pianto della cascata per andarsi a posare su un angolo sporgente della montagna si vede l’onda
spumeggiante staccarsi dalla roccia con il fracasso del tuono e disegnare nella sua caduta
un’immensa arcata. Sulla umida polvere che come una nebbia avvolge in lontananza questa enorme
colonna d’acqua i raggi infranti del sole dispiegano tutte le sfumature dell’arcobaleno il cui fulgore è
reso più solenne dal fresco verde del fogliame che copre la montagna e dalla schiuma argentata del
torrente. Nella sua caduta essa ricevuta da un vasto bacino di pietra da dove le sue acque schizzano
gorgogliando e la sua massa divisa da grossi blocchi di roccia che formano questo spazio da vita ad
146
altre mille piccole cascate. Riunite esse cadono nel Nera dopo aver trascinato fino a là delle onde
tranquille diventi un torrente furioso che si precipita verso Terni con un’impetuosità terribile.
Altro aspetto importante, che rileva anche una certa attualità, consisteva nell’individuazione del
punto migliore per ammirare la cascata. Ieri come oggi, tre sono i punti di osservazione: uno è alla
sommità, da dove si ammirano splendide vedute, ma se ne perdono altre; uno è a metà, dove era
stato costruito un posto per vedere al meglio; il terzo era a Villa Graziani che oggi non esiste più, da
dove si vedeva la cascata di fronte e dal basso, e dove oggi è ubicato il centro visita e la partenza dei
sentieri che s’inerpicano sul fianco delle cascate.
Tuttavia questo modo di percepire il paesaggio come forma di cultura, ieri come oggi, era in
particolare appannaggio della cultura europea del centro-nord. Pochissimi infatti i riscontri da parte
di viaggiatori italiani. Solo più tardi, nella cultura italiana, sarà Leopardi a riprendere questo concetto
del sublime.
Un altro viaggiatore che ha viaggiato e ha scritto su Rieti il VelinoEdward Lear nel 1843 narrava: Rieti
l’antica Reate, città dei sabini, molto antica, sta sul velino, all’estremità di una pianura ampia e fertile
la cui bellezza può essere poco apprezzata solo da un visitatore frettoloso…Penso di aver osservato
poche volte una scena più importante di quella offerta dalle torri di Rieti e dal suo tranquillo mondo di
vigneti, così come la vidi l’ultima sera del mio soggiorno.
I viaggiatori italiani e ancor di più chi viveva in questi luoghi guardavano la cascata e ancora di più la
pianura reatina solamente come una questione idraulica ed economica da risolvere definitivamente.
Le aristocrazie locali vedono solo una palude da bonificare, rendere più fertile per aumentare le loro
rendite mezzadrili. Anche in tempi recenti e comunque dopo la definitiva sistemazione dell’assetto
idraulico della città di Rieti, le testimonianze sulla considerazione estetica di questi luoghi sono
relegate a pochi intellettuali e non influiscono sulle politiche di valorizzazione: la pianura è percepita
solo come una tavola vuota dedita alle produzioni agricole.
Così è solo dagli anni ’70 che, con l’acuirsi delle problematiche ambientali e l’accresciuta conoscenza
scientifica del valore degli habitat, ci si cominaia a porre il problema della perdita di biodiversità e
conseguentemente anche del paesaggio causata dalle grandi trasformazioni dell’area. Le opere di
bonifica se da un lato hanno regalato terre ai proprietari (i frontisti) delle aree impaludate, dall’altro
hanno tolto tasselli di habitat dal mosaico esistente in particolare nelle aree adiacenti ai laghi. Basti
pensare che nei racconti di chi abitava le sponde del lago di Ripasottile fino agli anni ’60, si parla di
una natura strabordante, dove era ancora possibile ammirare centinaia di anatre in stormo e pescare
i gamberi “con lo scolapasta”. L’importanza naturalistica dell’area era peraltro già stata evidenziata
nel 1971 con il suo inserimento da parte della Società Botanica Italiana (SBI) nel “Censimento dei
biotopi di rilevante interesse vegetazionale, meritevoli di conservazione in Italia” e nel 1973 il CNR
inserisce il territorio dei laghi nella “Cartografia delle zone di particolare valore naturalistico del
Lazio”. Questo nucleo di testimonianze scientifiche fornì la base agli emergenti gruppi di
ambientalisti reatini per rivendicare la difesa dei laghi reatini contro un progetto di sfruttamento
idroelettrico dei laghi stessi. A seguito di quella mobilitazione in cui furono raccolte attraverso un
referendum popolare nella città di Rieti 5000 firme, iniziò un percorso di conoscenza e
sensibilizzazione delle peculiarità ambientali e quindi anche di una corretta fruizione dell’area. Da
quelle battaglie nacque la proposta di istituire la Riserva Naturale dei Laghi Lungo e Ripasottile.
C’è da ricordare come questo patrimonio ambientale fosse sconosciuto e poco apprezzato dalle
Amministrazioni locali e come ancora oggi le politiche, di valorizzazione tendano a tralasciare gli
aspetti ambientali per concentrarsi su altri elementi forse meno importanti. Una disattenzione che ha
certamente una motivazione culturale: può essere un utile riferimento ricordare il progetto di
cementificazione del fiume Velino nel centro storico di Rieti elaborato dal Comune negli anni ’80, e
respinto con forza dopo una campagna di sensibilizzazione che raccolse 10.000 firme, dimostrando
come solo la conoscenza e la consapevolezza possono far diventare i cittadini i migliori promotori
della propria città.
Infine, ma non per ultimo, tornando al concetto di paesaggio e della sua corretta gestione anche
estetica, vale la pena ricordare che sotto il profilo costituzionale l’art. 9 Cost. introduce la tutela del
147
“paesaggio” tra le disposizioni fondamentali. Il concetto non è però limitato al significato meramente
estetico di “bellezza naturale” quanto invece come bene “primario” ed “assoluto”, in quanto
abbraccia l’insieme “dei valori inerenti il territorio” concernenti l’ambiente, l’eco-sistema ed i beni
culturali che devono essere tutelati nel loro complesso, e non solamente nei singoli elementi che la
compongono. Il paesaggio rappresenta un interesse prevalente rispetto a qualunque altro interesse,
pubblico o privato, e, quindi, deve essere anteposto alle esigenze urbanistico-edilizie. Il piano
paesaggistico fornisce gli elementi per una valutazione ex ante della tipologia e dell’incidenza
qualitativa degli interventi ammissibili in funzione conservativa negli ambiti reputati meritevoli di
tutela. Proprio ultimamente il Consiglio di Stato si è pronunciato in una serie di sentenze affermando
che il paesaggio è bene primario e assoluto. La sua tutela dovrebbe essere prevalente su ogni altro
interesse, pubblico e privato, (Cons. Stato, Sez. IV, 29 aprile 2014, n. 2222).
Panorama al tramonto sul lago di Ripasottile.
Panorama con: da sinistra Valnerina, Cascata delle Marmore, fiume Velino e sullo sfondo i Monti
Reatini.
148
149
1.5.1.2
L’evoluzione geomorfologica del territorio
Non sempre l’importanza storica e ambientale di un territorio si manifesta con esempi che possono
avere una spendibilità turistica: così è anche per la Riserva dei laghi reatini, luogo che a prima vista
può apparire interessante solo in una dimensione naturalistica e paesaggistica. Per questo è
importante che per i monumenti della natura e della storia abbiano quella cornice di conoscenze che
permette di apprezzarli anche al di là della loro effettiva scenografia. Infatti, l’importanza e la
motivazione che essi possono avere nella promozione turistica, si ritrova nell’affascinante storia
naturale e umana che ha portato all’attuale aspetto. Una storia che ci parla di un grande lago, il lacus
Velinus che in epoca preistorica occupava l’intera piana reatina, delle vicende che hanno portato alla sua
bonifica e della difficile convivenza con l’uomo. Vicende divenute presto storia politica, economica, sociale: i
Sabini, i Romani, con la grandiosa opera di Manio Curio Dentato, i Cistercensi di San Pastore, i Papi e tutta
una schiera di celebri architetti furono per secoli impegnati nel problema dell’agro reatino. Tanti secoli di
bonifiche e di progetti portarono a soluzioni importanti ma non definitive. Solo negli anni 1938-40 si riuscì
ad arginare in maniera definitiva gli allagamenti del fiume, le famose pianare, con la regimazione dei due
affluenti principali Salto e Turano. Certamente il filo che lega questa storia con l’attualità è rappresentato
dalle acque che in passato sono state croce e delizia dei governanti, oggi rappresentato un ecosistema di
grande valore naturalistico e paesaggistico, capace di generare itinerari turistici di grande valore e bellezza.
Infatti, declinare al turisticamente praticabile le vicende geologiche e geomorfologiche di questo
territorio è certamente un’azione che deve essere dedicata più all’educazione ambientale che al
turismo in senso stretto. Infatti, la pianura reatina si presta bene a descrivere la geografia, la geologia
e tutte quelle caratteristiche di evoluzione territoriale. Molte di queste caratteristiche potrebbero far
pensare alla costruzione di un percorso Geo-turistico con una carta geomorfologica che possa far
leggere i segni dell’evoluzione territoriale anche ai visitatori.
Queste particolarità derivano da una storia geologica e geomorfologica interessante alla quale ha
contibuito in maniera determinante la mano dell’uomo. Un equilibrio dinamico mantenuto da una
gestione attenta del sistema idrografico ma che quando il tempo meteorologico e le precipitazioni
superano il normale livello, allora accade che la piana, accogliendo le acque del Velino, si trasforma in
cassa di espanzione e quasi fa immaginare il lago pleistocenico che occupa tutta la pianura e che
ancora più facile immaginare quando in inverno la nebbia ricopre la pianura e solo le colline di
Montecchio, Montisola e Colle Aluffi spuntano dal “lago” di nubi.
La piana reatina è figlia di grandi processi morfogenetici, così se la struttura tettonica ha un’età di un
milione di anni, la pianura così come oggi la vediamo ha un’età molto più giovane di circa 15.000 anni
dovuta al combinato di cause climatiche, geomorfologiche e umane.
Oggi si vede il bacino di Terni molto più basso di quello di Rieti e infatti il sistema idrografico va verso
la Valnerina ma prima degli ultimi eventi tettonici l’idrografia era completamente differente, tutti
questi fiumi anche il Nera era affluenti del paleovelino che andava lungo la via salaria antica verso
Roma. In circa un milione di anni tutto questo sistema si è invertito completamente. Questi fiumi e
questi valloni cambiano direzione, come ad esempio il vallone di Cantalice con una valle che finisce in
un’altra valle. Questo è uno degli esempi, ce ne sono pochi in Italia, molto scenografici
dell’evoluzione tettonica.
Dopo l’ultima glaciazione tutto il sistema, nell’alternarsi dei cambiamenti climatici, ha iniziato a
forgiare la pianura così come oggi la vediamo. Il Lacus Velinus comincia a formarsi con la costruzione
delle barriera travertinosa delle Marmore e ha la sua massima espansione tra il 6000 e il 2500 a.C.
Infatti, il clima caldoumido favorisce la deposizione del travertino e l’innalzamento dello
sbarramento, con il conseguente allagamento della pianura di Rieti. Il livello delle acque doveva
essere molto alto come dimostrato dalla presenza di resti fossili il cui habitat richiede acque
profonde. È molto probabile che le acque del lago arrivassero a toccare quota 376 mertri.
Attualmente, l’impianto idrovoro di Ripasottile mantiene il livello delle acque dei due laghi, collegati
150
da un canale artificiale, 3 metri al di sotto della quota naturale di 371 m s.l.m., sollevando e
convogliando le acque nel F. Velino. Il clima più secco attorno al 2000 a.C. ha provocato
l’abbassamento del lago preistorico, confinandolo nelle parti più depresse e favorando i primi
insediamenti dell’uomo in quest’area dal 3000 a.C.
Intorno all’anno 1000 a.C. ha origine una nuova fase lacustre in un clima caratterizzato da un
aumento delle precipitazioni e dall’innalzamento della soglia travertinosa alla confuenza del fiume
Velino. Come diretta conseguenza delle mutate condizioni ambientali, avviene l’abbandono degli
abitati lacustri, testimoniato dalla mancanza di reperti riferibili a questo periodo. Il nuovo ambiente
lacustre che si andava formando spinse le popolazioni a ripiegare sulle alture circostanti, come il
pianoro travertinoso di Quattrostrade in particolare a questo periodo si fa risalire lo sviluppo socioeconomico attorno all’altura calcarea di Rieti che iniziò a popolarsi stabilmente dal VI sec. a.C. Tale
ambiente lacustre, con una linea di riva compresa tra le isoipse 375-378 m, non subisce variazioni di
rilievo fino al III sec. a.C.
Dopo la conquista della Sabina, datata 290 a.C., nel 271 a.C. il console Manio Curio Dentato dà il via
ai lavori di taglio dello sbarramento delle Marmore e avvia di fatto la bonica della Piana Reatina.
Il primo punto è che gli agrimensori di Manio Curio Dentato con ogni probabilità realizzarono la loro
opera già nello scorcio del 290 a.C., opera completata nel 241 dai nuovi coloni. Loro ubicarono il
locus gromae, ovvero il centro della pertica in un punto all’asciutto al centro della pianura, un luogo
che oggi potremo ubicare dal colle di Rieti verso il centro della valle mentre il nuovo centro coloniale
venne ubicato sul colle travertinoso dove oggi sorge Rieti nella parte sud occidentale della piana. Dal
locus gromae vennero tracciate il decumano e il cardo quindi i quinari ed infine le suddivisioni interne
fino a completare la centuria. La centuria doveva servire anche da reticolo idrografico e conserva
anche le traccie fossili della prima strada diagonale della varatio, ancora oggi visibile nella strada
statale Terni-Rieti. La varatio non si trattava un mero esperimento matematico di verifica della
corretta costruzione della diagonale del quadrato ma diventava anche un punto di collegamento e
che doveva essere la via Curia ricordata dalle fonti storiche. Il limite nord della centuriazione
corrispondeva con il nuovo margine del lago bonificato tendente alla quota di 370 metri.
Oggi tutti questi eventi, se osservati nel controluce della storia naturale e umana, si trasformano
anche in una grande opportunità per lo sviluppo di un turismo evoluto e culturale.
151
1.5.1.3
Una storia importante
L’uomo sin dall’antichità ha sempre scelto con attenzione i siti più idonei per costruirvi le proprie
abitazioni. La confluenza tra due corsi d’acqua, la presenza di un’isola fluviale hanno spesso attirato
l’insediamento antropico. I pericoli di inondazioni che i luoghi potevano comportare, venivano ripagati
dagli indubbi vantaggi strategici, commerciali, di approvvigionamento e certo anche estetici che il sito
offriva ai suoi abitanti. Deve essere stata questa una delle motivazioni che portò antiche popolazioni
italiche ad insediarsi in quest’area. Da quel momento iniziò l’indissolubile storia che lega l’uomo,
aborigeno, italico, sabino, reatino al fiume Velino e alla pianura reatina. Infatti, da sempre l’elemento
acqua ha svolto un ruolo centrale nel segnare l’identità del paesaggio ma anchenel condizionare gli
assetti territoriali, le scelte insediative, le articolazioni socio-economico-politiche, i modelli culturali.
Il paesaggio creato dal fiume Velino è un esempio, ancora leggibile, del rapporto tra uomo e
ambiente nel succedersi dei periodi storici. Il lacus Velinus, formatosi nel Pleistocene (20 mila anni
orsono) ha una storia geologica che incontra la storia dei primi insediamenti umani solo 15.000 anni
orsono. Infatti, le prime testimonianze archeologiche di insediamenti perilacustri rinvenute sono
databili tra la fine dell’età del bronzo (XVI-XIV sec. a.C.) alla prima età del ferro (X-VIII sec. a.C.).
Testimoniano la presenza di tribù che si muovevano intorno al grande lago, spostamenti che vengono
presunti incrociando i ritrovamenti archeologici con le rilevazioni geomorfologiche e climatiche nella
pianura reatina e che individuano tra i 380-400 m.s.l.m. la linea di riva. I ritrovamenti degli archeologi,
su quelle che furono le sponde, le alture, le colline-isole dell’antico lago ci restituiscono l’antica
geografia della zona. Le località dei ritrovamenti hanno nomi familiari, Piediluco, Ventina, Contigliano,
Colli sul Velino, Ripasottile, Montecchio, Campo Reatino e ci fanno capire la consistenza del
popolamento dell’area sino alla conquista romana. La creazione del lago-palude, che occupava tutta
l’area dell’attuale pianura reatina, era stata opera proprio del fiume Velino che, con le sue acque ricche di
carbonato di calcio aveva costruito, depositando, nel ciglio delle Marmore una barriera travertinosa,
dividendo il Nera, che continuò a scavare il suo alveo, dal Velino, che invece cominciò a depositare
materiali fino a costruire il dislivello della Cascata. Queste concrezioni calcaree, il famoso travertino delle
Marmore, di fatto finirono per ostacolare il defluire delle acque, facendole ristagnare nella grande pianura.
Ritrovamenti, ricostruzioni, ipotesi, suggestioni sul pleistocenico lacus Velinus giungono ad una data certa,
intorno al III secolo a. C., all’indomani della conquista della Sabina da parte dei Romani, quando il console
Manio Curio Dentato nell’intento di prosciugare e rendere fertile la pianura reatina fece progettare delle
opere al margine della pianura che dovevano drenare le acque del lago. Ma prima che i romani
giungessero in quest’area gia da migliaia di anni vi era già una consolidata urbanizzazione delle aree
limitrofe al Lacus Velinus e alle aree stagionalmente impaludate della pianura con centri più o meno stabili
e certamente come area di transito.
• Protostoria ( a cura di Carlo Virili)
La ricerca archeologica tende a ricostruire i paesaggi antichi, ora divenuti “fossili”, attribuendo ogni
ricostruzione ad un preciso momento. Il paesaggio visibile è quindi il risultato di un processo storico
in cui ciò che noi vediamo, apparentemente appiattito nella contemporaneità, è in realtà frutto di
azioni umane o naturali stratificatisi nel tempo. L’archeologia dei paesaggi collegando ogni elemento
visibile al suo periodo storico permette di comprendere come ogni singolo monumento si inserisca
nel quadro dell’intero contesto paesaggistico. Durante il periodo protostorico (secoli XX-VIII a.C.), il
paesaggio della pianura reatina, probabilmente, era caratterizzato da una pluralità di specchi d’acqua
un po’ più profondi ed estesi di quelli attuali - Lago di Piediluco, Ventina, Ripasottile, Lungo, Fogliano
- che ne costituiscono dei fossili idrografici, alternati a lame e stagni meno profondi e a pantani
stagionali. In questo contesto ambientale di tipo fluvio-lacustre si struttura nel tempo il primo grande
evento insediativo, archeologicamente registrabile, della storia della piana di Rieti e del bacino di
Piediluco (TR): un sistema territoriale organizzato in abitati di tipo perilacustre. Nel caso della Conca
Velina l’elemento aggregante per la formazione di una serie di nuclei insediativi fu l’elemento
152
“umido” che condizionò e direzionò le scelte insediative. Quest’importante tessuto insediativo ha il
suo massimo sviluppo demografico, socio-economico e culturale tra l’età del bronzo finale (secoli XIIX a. C.) e gli inizi della prima età del ferro (secolo IX a. C.) quando sembra svilupparsi anche una
produzione metallurgica locale. A tale fase si riferisce il momento di deposizione dei ripostigli di
bronzi di Piediluco, in riferimento a probabili atti rituali di particolare valore e solennità, destinati alla
memoria storica collettiva. Il sistema insediativo velino entra in crisi a partire dallo scorcio del IX sec.
a.C. quando comincia un graduale ma sistematico spopolamento del territorio il cui abbandono
definitivo si compie durante l’VIII sec. a. C.
L’insediamento protostorico di Paduli di Monte Cornello (Colli sul Velino, Ri)
Il sito di Paduli, si estende tra il bacino di Piediluco e il lago di Ventina e si pone tra quelli più
significativi e rilevanti di tutto il comprensorio lacustre per dimensione, durata, quantità, qualità e
varietà dei reperti ceramici e metallici e modalità organizzative dell’insediamento. A Paludi di Monte
Cornello, risultano documentate tutte le fasi dell’età del bronzo, a partire dal Bronzo Medio 1-2, fino
ad arrivare agli inizi dell’età del ferro, con un incremento, da tradurre in termini demografici, nel
Bronzo Finale.
Il sito protostorico di Campo di S.Susanna (Rivodutri, Ri)
Questo è uno dei luoghi dove è iniziata la storia dell’archeologia protostorica della pianura reatina.
Infatti,proprio nell’area pianeggiate a est di Campigliano nel 1928 Caprioli trovò le prime tracce del
popolamento protostorico nella pianura. Esperto e diretto conoscitore del territorio e delle genti
contadine locali, impiegato sul territorio per la Confederazione Fascista degli Agricoltori, recuperò sul
posto centinaia di frammenti ceramici soprattutto riferibili all’età del bronzo recente (secoli XIV e XIII
a.C.) rinvenuti sia superficie, nella terra di riporto dello scavo dei canali, sia in situ, negli strati di
argilla nerastra riconoscibili nelle sezioni esposte delle trincee dei fossati. I reperti, provenivano,
insieme a quelli ancora in situ, da uno strato argilloso posto ad una profondità variabile da 0.20 a
1.50 metri rispetto al piano di campagna. Dall’osservazione delle sezioni esposte dei canali il Caprioli
notò che lo strato argilloso, sede del deposito archeologico, era coperto da uno strato di torba, e a
sua volta copriva un apprestamento ligneo costituito da tronchi d’albero“fossilizzati” disposti
orizzontalmente sul fondo del canale ed interpretabili come un’opera di bonifica dei terreni umidi da
destinare a sedi abitative. Tra gli oggetti meglio conservati vi sono un boccale a collo distinto, un
coperchio di olla con ansa a maniglia verticale e foro laterale e un’eccezionale grande protome
153
ornitomorfa pertinente ad un alare fittile.
L’insediamento protostorico di Fosso di Valle Tribolata (RI)
Il sito protostorico di Fosso di Valle Tribolata si trova tra il Lago Lungo e Casone Torretta
immediatamente a sud del Lago di Fogliano, oggi impaludato. Più precisamente i campi che hanno
restituito materiale archeologico si trovano di fronte ad una palude a sud del Lago di Fogliano, oggi
relitti dell’antico bacino del Lago Lungo che, in epoca antica, aveva un’estensione maggiore rispetto a
quella attuale. Il sito ha restituito un grande numero di materiali eterogenei: abbondanti frammenti
di ceramica d’impasto di uso quotidiano e domestico frequenti frammenti pertinenti a grandi
contenitori (dolia per contenere derrate alimentari, granaglie). Si aggiungono altrettanti frammenti
relativi a ceramica da fuoco nonché fornelli ed alari, legati indissolubilmente all’attività di cottura dei
cibi. Di notevole importanza è stato il recupero di alcuni frammenti di oggetti in bronzo come il
manico di un rasoio e staffe di fibule ascrivili al IX sec. a. C.. Tali rinvenimenti testimoniano come agli
inizi della prima età del ferro l’area velina sviluppò una produzione metallurgica locale inserita in un
quadro di rapporti formali con l’area tirrenica.
Di grande importanza è stato il ritrovamento di malte e intonaci di capanna, anche di grandi
dimensioni, le quali ci permettono di capire in che modo venivano costruite le abitazioni, di cui
purtroppo quasi mai ci pervengono le tracce a causa del materiale deperibile con il quale venivano
realizzate (telaio ligneo in cannucce palustri e malta di fango limo-argillosa).
L’insediamento di Casa Fonte Giovannone - Poggio Bustone
L’insediamento di Casa Fonte Giovannone è uno dei molti abitati di epoca protostorica rinvenuti
all’interno della Conca Velina. Si trova a nord-est del lago Lungo, odierno specchio d’acqua che in
antichità, assieme al lago di Ripasottile ed altre lame d’acqua oggi perdute, costituivano il contesto
ambientale della palus velina. La superficie occupata dal sito è di circa 5 ettari, distinta in due nuclei
ben definiti nello spazio, senza apparente soluzione di continuità. Il sito in questione è della tipologia
degli insediamenti perilacustri, difatti dobbiamo immaginare che in epoca protostorica le rive
dell’antico lago Lungo arrivassero all’incirca presso i piedi della collina su cui si istallò il nucleo di Casa
Fonte Giovannone. L’abitato, a seguito delle ricerche archeologiche di superficie, sembra avere una
continuità di vita lunga e rilevante: le evidenze ceramiche paiono mostrare un inizio di
frequentazione a partire dal periodo a cavallo tra il Bronzo Antico avanzato ed età del bronzo medio
iniziale (tra il 2000 ed il 1800 a.C. circa).
L’età più rappresentata archeologicamente è quella del bronzo recente (1350-1250 a. C.), deducibile
tramite il riconoscimento di “fossili guida” tipici dell’epoca. Il sito di Casa Fonte Giovannone, oltre ad
essere vicino alla grande sorgente di Santa Susanna, ha una fonte di acqua perenne a poche centinaia
di metri, con portata sicuramente minore, ma capace di sopperire alle richieste di un sito
protostorico.
LA CONQUISTA DELL’ACQUA: LA BONIFICA ROMANA E LA NASCITA DEL CONSORZIO DI BONIFICA
La prima bonifica della Pianura Reatina è attribuita al console romano Manio Curio Dentato, che con
un sapiente taglio presso la Cascata delle Marmore ed un sistema di canali drenanti, ideò lo
svuotamento parziale del lago Velino facendo precipitare le acque nel fiume Nera. Dopo l’opera
romana si attraversò un periodo di scarsa manutenzione delle opere di bonifica che produsse come
effetto il parziale riformarsi del lago. Seguirono una serie di proposte tecniche da cui scoppiarono
vere e proprie dispute tra Reatini e Ternani sulla gestione delle acque di scolo, con quest’ultimi che
temendo inondazioni nel proprio territorio interruppero i lavori persino con interventi armati. I lavori
si conclusero sotto la direzione del maestro Antonio da Sangallo il Giovane prima e Tomaso da Bisono
poi, con la creazione della cosiddetta Cava Paolina, ripristinando l’antica opera romana. Alla fine del
XVIII sec. l’Agro Reatino era in parte bonificato: da qui in poi avvenne l’edificazione del paesaggio
agrario, sostanzialmente rimasto immutato fino ai nostri giorni.
Solo nel secolo successivo, con la fondazione della Provincia di Rieti (1927), iniziarono i grandi lavori
di regimentazione delle acque. Nel 1928, tutta la città di Rieti partecipò alla costituzione del
154
Consorzio per la bonifica e l’irrigazione della Piana Reatina ed il Consiglio Provinciale di Rieti ratificò
la nomina del suo primo presidente: il Principe Lodovico Spada Potenziani. La Provincia di Rieti fu la
prima a rispondere alla necessità di una bonifica integrale del territorio italiano, così la bonifica della
pianura continuò negli anni successivi con sapienti opere dirette dall’Ing. Danilo Spada fino a
concludersi con la realizzazione delle due dighe sul fiume Salto e sul fiume Turano, opere necessarie
sia alla regolazione del deflusso delle acque nella pianura che alla produzione di energia idroelettrica,
e con la realizzazione di impianti idrovori tra i quali spicca per grandezza ed importanza quello del
lago di Ripasottile.
Le opere della bonifica della pianura reatina presenti su tutto il territorio sono oggi gestite e
manutenute dall’Ente preposto: il Consorzio della Bonifica Reatina. Il Consorzio provvede a:
salvaguardare, mantenere ed ammodernare il patrimonio di opere pubbliche di bonifica e di
irrigazione; rimuovere le situazioni di fatto che impediscono la totale sicurezza idraulica del territorio
ed il regolare deflusso delle acque, ponendo i necessari presidi che evitino, o quanto meno limitino,
gli effetti dannosi delle ricorrenti eccezionalità ed avversità atmosferiche; tutelare le risorse naturali,
regolamentare vecchie concessioni d’acqua anche a scopo plurimo, assicurare nuove disponibilità
idriche per la loro razionale utilizzazione a scopo irriguo e prevenire l’inquinamento delle acque.
LA BONIFICA DELL’AGRO REATINO E LA CASCATA DELLE MARMORE, DALLA FINE DELL’EPOCA
ROMANA ALL’ETA MEDIEVALE
(Questo paragrafo ed i due paragrafi seguenti sono ripresi dal volume “La Bonifica Reatina” di
Roberto Marinelli, Edizioni Libreria Colacchi)
«Chiunque sia stato l’ideatore della prima cava alle Marmore, certo si è che il taglio ebbe per effetto
lo svuotamento parziale del lago Velino», sostiene Eugenio Duprè Theseider, nel suo saggio storico
geografico sul Lago Velino, del 1939. Secondo il Duprè l’opera di svuotamento suddivise in più
specchi d’acqua, di diverse dimensioni, l’antico lago che ricopriva la Valle Reatina. Sembra evidente
che la bonifica romana non si sia limitata allo scavo del canale scolmatore, ed al suo mantenimento,
ma abbia prodotto una fitta rete di canali di scolo, in grado di agevolare il drenaggio delle acque.
Secondo Tersilio Leggio deve essere riferita al periodo romano, con elevato grado di probabilità,
anche la prima attivazione del Canale di Santa Susanna, il cui compito era ed è, quello di indirizzare la
grande quantità d’acqua delle sorgenti omonime direttamente nel Fiume Velino, evitandone
l’afflusso nel Lago di Ripa Sottile. L’analisi delle fonti e soprattutto l’indagine archeologica,
permettono di ritenere che il paesaggio della Piana Reatina, fino ai primi secoli dell’impero, non
dovesse essere molto differente da come si presentava alla fine degli anni Trenta del Novecento,
subito dopo la riattivazione del Canale di Santa Susanna, alla vigilia della realizzazione delle dighe sul
Salto e sul Turano, che avrebbero concluso sostanzialmente la bonifica reatina. Le opere di bonifica
richiedevano una costante attività di manutenzione, per la ripulitura dei canali di scolo delle acque, e
soprattutto per il forte potere incrostante del Velino, che tendeva a richiudere lo sbocco delle acque
al taglio delle Marmore.
Nonostante il decadimento delle istituzioni romane la manutenzione delle opere di bonifica proseguì
fino alla metà del VI secolo, grazie all’iniziativa dei principali proprietari terrieri. I primi segnali del
nuovo impaludamento della piana cominciarono a manifestarsi, secondo Leggio, all’inizio del
medioevo. Il progressivo ampliamento dell’area palustre fu dovuto al graduale abbandono del
sistema idraulico che aveva garantito il prosciugamento in età romana; soprattutto il continuo
ripristino della Cava curiana, che consentiva il normale deflusso del Velino alle Marmore. Ad iniziare
dalla fine dell’VIII secolo cominciò a riformarsi gradualmente l’antico lago, e nell’XI tornarono
d’attualità le grandi alluvioni, con gravi ripercussioni nella Valle del Nera e in quella del Tevere: le
fonti attestano enormi distruzioni e morti .
Dopo i tentativi dei monaci cistercensi, che nel XIII secolo tentarono inutilmente il recupero delle
terre coperte dalle acque del lago, tornato quasi alle dimensioni precedenti la bonifica romana, il
Comune reatino tentò di affrontare radicalmente il problema, proponendo il ripristino della Cava
curiana. Dal 1277 al 1460 si succedettero proposte, accordi e progetti, solo in parte attuati, per la
155
millenaria opposizione della città di Terni, sulla cui valle si sarebbe scaricato il flagello delle alluvioni.
Come sostiene Tersilio Leggio «E’ questo il vero discrimine delle bonifiche reatine nel medioevo: la
difficoltà di trovare una soluzione che fosse in grado di soddisfare contemporaneamente e
compiutamente le esigenze dei Reatini e dei Ternani».
La villa romana di epoca Repubblicana, si ritiene appertenuta al Console romano Quinto Assio.
DAL RINASCIMENTO AL 1787
Solo all’inizio del Quattrocento si tentò nuovamente di affrontare il problema in modo radicale, con
la riattivazione della Cava curiana, ma i lavori furono compiuti nel 1460, ed anche in questo caso
senza arrivare alla soluzione, come sempre per mancanza di una valutazione complessiva delle
problematiche reali, tra le quali c’era la manutenzione dei canali di drenaggio delle acque delle aree
paludose o alluvionali. Con la fine del medioevo, ricorda ancora Leggio, non cessarono gli interventi
di bonifica, che in qualche caso ottennero risultati, non solo grazie all’ evoluzione tecnologica, ma
anche e soprattutto per le diverse condizioni politiche e per una maggiore incisività dei ceti egemoni
reatini, capaci di far valere le proprie ragioni in sede governativa, nonostante la costantee fiera
opposizione dei ternani.
Eugenio Duprè Theseider, nel suo saggio storico-geografico sul Lago Velino del 1939, riferisce come
finalmente si arrivò ad una nuova sistemazione delle acque nel Piano delle Marmore, soltanto nel
1545. Nell’aprile di quell’anno, a seguito di forti inondazioni i Reatini si erano rivolti al papa Paolo III,
che era già stato a Rieti e si era reso conto personalmente della grave situazione idraulica. Fu stabilito
di scavare un nuovo emissario. Fu istituita una commissione, che il 25 giugno del 1545 si recò sul
posto, raggiungendo le Marmore in barca da Rieti. I lavori della cosiddetta Cava Paolina si conclusero,
tra molte difficoltà, nel 1555, senza tuttavia risolvere a pieno il problema, forse perché il corso del
canale era troppo tortuoso. Sta di fatto che qualche anno dopo si tornò a tentare di riattivare il
tracciato dell’antica Cava Curiana, che, «bene o male – riferisce il Duprè – aveva continuato a
convogliare fino ad allora la massima parte delle acque veline, mentre tutte le altre cave s’erano
rivelate inutili a brevissima scadenza».
Nel 1596 papa Clemente VIII, su sollecitazione dei notabili reatini, decise infine di affrontare
definitivamente la questione della bonifica dei terreni che giacevano sotto le acque del nuovo Lago
Velino o soggetti a frequenti impaludamenti. L’artefice del nuovo ardito progetto, destinato a dare
una prima vera soluzione alla questione, fu il celebre architetto Giovanni Fontana. La nuova opera,
156
detta Cava Clementina, fu conclusa nel 1598. Essa ripercorreva sostanzialmente la Cava Curiana,
eliminando le incrostazioni prodotte dal deposito delle acque, ampliandone e approfondendone
l’alveo, con maggiore pendenza. Quell’opera, commenta il Duprè con ammirazione, «si è conservata
tuttora immutata». L’obiettivo della bonifica delle terre sommerse della Piana Reatina fu raggiunto, a
scapito però delle regioni a valle, che risultarono evidentemente più facilmente alluvionabili. Per
questo si decise, nella prima metà del secolo XVII, di realizzare il cosiddetto Ponte regolatore, posto a
circa quattrocento metri dall’imbocco della cava, che con il suo arco massiccio di quasi quarantadue
metri di apertura, aveva la funzione di trattenere a monte della cascata le acque eccedenti la
massima portata, e facendole ristagnare nel Piano di Canale, a nord di Reopasto, per tutto il tempo
necessario al graduale deflusso, senza sovraccaricare il corso del Nera. Si riaprì di conseguenza una
nuova plurisecolare vertenza tra le città di Rieti e Terni, per i danni che il ristagno delle acque,
causato dal Ponte regolatore, produceva ai terreni a monte, che in caso di forti piene andavano
nuovamente a ripercuotersi sulla Piana Reatina. In sostanza tutto tornò quasi come prima della
bonifica clementina.
Durante il pontificato di Pio VI, dopo lunghe discussioni sulle diverse soluzioni tecniche, nel 1787, fu
scavato un diversivo alle acque del Velino, nella parte inferiore alla Caduta delle Marmore, per
impedire che cadessero a picco nel Nera, causando pericolosissimi rigurgiti. Dopo quell’anno, annota
ancora il Duprè, la storia della cascata non ha più vicende da registrare fino alla metà del secolo
successivo e all’avvento dell’era dell’industria, con lo sfruttamento a scopo energetico
dell’imponente massa d’acqua. Ma questa, come vedremo, è un’altra storia.
LA PIANA REATINA E I PROGETTI DI BONIFICA FRA SETTECENTO E OTTOCENTO
Nella seconda metà del Settecento, dopo l’apertura della Cava Clementina e del Canale Piano, nel
1787, anche le parti più depresse della Piana Reatina, cominciarono ad essere prosciugate:
scomparvero alcuni laghi minori e si ridussero di dimensione quelli maggiori, che assunsero la forma
molto vicina a quella del periodo immediatamente precedente la realizzazione dei bacini idroelettrici
del 1940. Nonostante rimanessero aperti i problemi del controllo dei principali corsi d’acqua, che
confluendo nella pianura, con arginature del tutto insufficienti a contenerne la massima portata,
periodicamente tendevano a ricreare le paludi nella parte più depressa, la pianura, parzialmente
bonificata, attrasse l’interesse dei proprietari terrieri e delle popolazioni dei paesi della conca
montana. Sembrarono concretizzarsi nuove possibilità di sfruttamento dei fertili terreni strappati alle
paludi, e si prospettarono opportunità di lavoro fino ad allora impensate. Anche le periodiche
inondazioni, in genere prevedibili, se non provocate da violente piene, erano ancora considerate un
arricchimento della feracità della zona.
Il regio commissario generale straordinario delle province dell’Umbria, istituito nel 1860, per
amministrare le delegazioni pontificie soppresse con l’unità d’Italia e predisporne l’inserimento nel
Regno d’Italia, si impegnò a portare a compimento molti degli interventi idraulici predisposti o
autorizzati, dal Governo pontificio.
Il commissario straordinario, Gioacchino Napoleone Pepoli, dispose le integrazioni dei finanziamenti
per i lavori idraulici, sulla base dei preventivi già formulati in precedenza, qualificando gli interventi
come «opere di pubblica utilità». Nella relazione trasmessa al Ministero dell’interno, la commissione
tecnica incaricata di riferire sullo stato dei lavori pubblici in Umbria, presentò una situazione
desolante, per il generale abbandono in cui si trovavano strade e corsi d’acqua.
Il nuovo governo regionale era fortemente stimolato a riprendere i progetti di bonifica sulla
pressione di quei proprietari terrieri che avrebbero maggiormente beneficiato della vendita dei beni
ecclesiastici; soprattutto quelli più attenti alle innovazioni in agricoltura, come i Potenziani, che
investiranno più di tutti nell’acquisto di nuove terre e nella produzione cerealicola, da destinare a
nuovi mercati . Ogni progetto andò incontro al fallimento, disperdendo le risorse in una miriade di
piccoli consorzi di bonifica per le diverse aree di crisi della Piana Reatina.
157
La soluzione arriverà dall’idea dell’ingegnere capo della Provincia di Perugia, Guido Rimini, che nel
1916 ideò il progetto delle dighe, che avrebbero contenuto le acque dei fiumi Salto e Turano a
monte, evitando l’impaludamento della Piana. La nascita poi dell’unico Consorzio di bonifica della
Piana Reatina, che assorbirà i piccoli enti preposti alla sistemazione delle zone paludose, nel 1929,
risolverà il problema della dispersione delle risorse e avvierà la progettazione del completamento
della bonifica e dell’irrigazione.
Il lago di Ventina e sullo sfondo i monti reatini con la vetta del Terminillo (2.217 m.)
158
1.5.2
1.5.2.1
CARATTERISTICHE E POTENZIALITA’ TURISTICHE
Il contesto territoriale
Nel territorio della pianura reatina, nella porzione a nord, quella più bassa nella quale si concentrano
tutte le acque, sorgenti e la falda è quasi affiorante, si crea una importante zona umida interna, ricca
di paesaggi acquatici e di habitat naturali: la Riserva parziale naturale dei laghi Lungo e Ripasottile.
Istituita con Legge Regionale n. 94 del 17 giugno 1985 con lo “scopo di tutelare l'integrità delle
caratteristiche ambientali e naturali della flora e della fauna e al tempo stesso di valorizzare le risorse
al fine di una razionale fruizione da parte dei cittadini, in particolare a scopo scientifico”. L'area si
estende su una superficie di 3.278 ettari, di cui circa 400 di aree lacustri, palustri e corsi d'acqua, e
circa 2.700 coltivati, e ricade all’interno dei Comuni di Rieti, Cantalice, Colli sul Velino, Contigliano,
Poggio Bustone, Rivodutri. Il contesto territoriale della Riserva fa tuttavia parte del Pianura reatina
conosciuta anche come la Valle Santa per la presenza di importanti testimonianze del passaggio e del
soggiorno di S. Francesco d’Assisi, estesa 90 kmq, ad una quota media di 375 metri sul livello del
mare. È racchiusa tra la catena dei Monti Sabini a ovest e quella dei Monti Reatini, con il massiccio
del Terminillo, a est, mentre a sud è chiusa dai primi rilievi che danno poi vita al massiccio dei Monti
Cicolani, e a nord dolci rilievi collinari la separano dall’area di Piediluco e dalla terrazza delle
Marmore, sospesa ad oltre 180 metri sulla sottostante Valle del Nera. Sino al periodo storico la Piana
era occupata dal vastissimo lago Velino, alimentato soprattutto dai copiosi apporti idrici del vicino
massiccio del Terminillo. Le grandi quantità di acque che confluivano verso la conca reatina, infatti,
non trovavano adeguate vie di deflusso a causa della presenza di grosse bancate travertinose nella
zona delle Marmore. Di fatto il protagonista del territorio è il fiume Velino che delimita il confine a
ovest della Riserva e che rappresenta la genesi di questo sistema di aree umide che prosegue poi
verso la Regione Umbria con il lago di Piediluco, la Cascata delle Marmore e il fiume Nera.
Infatti, la Riserva dei laghi si trova a pochi chilometri da uno dei luoghi turisticamente più rilevanti
159
d’Europa, la Cascata delle Marmore, anzi la stessa Cascata non è altro che la foce del fiume Velino e
sintesi spettacolare del sistema idrografico del Montepiano reatino.
Il bacino di Terni e quello di Rieti le cui testimonianze ci parlano di aree interconnesse in cui il
rapporto problematico con la risorsa acqua è diventato un elemento di produzione di ricchezza,
costituita dal sistema Nera-Velino e dai corrispondenti bacini idrografici e di alimentazione delle
sorgenti che estendevano quest’area anche in Umbria e Abruzzo. L’idea è che nella concezione
normale è che queste due aree sono collegate solo da un punto, dalla foce del Velino sul fiume Nera,
cioè dalla Cascata delle Marmore che è il punto nevralgico di tutto il sistema. Gli eventi che hanno
costituito questi due territori, il Velino che allagava la pianura reatina e che quindi cercava di drenare
le acque verso la Valnerina; e Terni da un lato si difendeva dalle inondazioni e cercava di gestire le
acque nel suo territorio di fatto tutti questi eventi in duemila anni hanno sedimentato una
separazione netta tra queste due realtà. Una separazione solo di tipo burocratico amministrativo
poiché da un punto di vista geografico le due aree hanno sempre avuto uno scambio continuo e
proficuo. Le città di Rieti e Terni sono collegate da una vasta area verde ricca di valori ambientali,
storico-archeologici, paesaggistici, naturalistici e religiosi. A differenze di moltre altre città vicine che
hanno come elemento urbanistico di collegamento la periferia, le città di Terni e Rieti sono collegate
da un grande parco naturalistico e da una campagna e fascia collinare integra. Infatti, questo è stato
uno degli elementi colti con la partecipazione al Progetto EDEN (European Destinations ExelleNce)
l’acronimo di destinazioni europee di eccellenza, un progetto che promuove modelli di sviluppo
sostenibile nel settore turistico in tutta l’Unione europea. Il progetto EDEN contribuisce a diffondere
le pratiche di sostenibilità utilizzate nelle destinazioni selezionate in tutta l’Unione e di trasformare
questi luoghi in località d’attrazione per tutto l’anno. Nel 2010 la sinergia tra le amministrazioni
provinciali di Rieti e Terni, nell'ambito del turismo acquatico, ha ottenuto il 2° posto tra le
Destinazioni Europee di eccellenza presenti sul territorio nazionale. Evidentemente è stata premiata
proprio la caratteristica di un territorio di qualità ambientale e sociale. Gli obiettivi che il programma
intende raggiungere sono quelli di attirare l’attenzione sui valori della diversità e sulle caratteristiche
comuni delle destinazioni turistiche europee, di migliorare la visibilità delle destinazioni europee
emergenti e di creare una piattaforma per lo scambio di buone pratiche in tutta l’Europa,
promuovendo anche il collegamento tra le destinazioni premiate. Nel mese di giugno 2014 è stato
firmato un documento per un’iniziativa ancora più ambiziosa, il progetto CIVITER: le politiche di
sviluppo territoriale integrato e il corridoio nord dell’area metropolitana romana. Un progetto
integrato dei processi di pianificazione strategica avviati dalle quattro città. Un disegno che parte
dalle connessioni infrastrutturali attuali e potenziali tra le quattro aree urbane e
contemporaneamente dalla consapevolezza dei limiti delle dimensioni di scala delle singole città se
proiettate in un orizzonte nazionale ed europeo.
Oggi in questa ottica di turismo ambientale, sportivo, religioso sempre alla ricerca di luoghi meno
inflazionati, l’area dei laghi reatini appare baricentrica rispetto ai tre poli turistici di riferimento:
1- La Cascata delle Marmore
2- Il Santuario di Greccio e gli altri paesi medievali attraversati dal “Cammino di Francesco”
3- I Monti Reatini e il Terminillo
Le presenze turistiche in queste tre aree hanno un’importanza di tutto rilievo, specialmente alle
Cascata delle Marmore, ma rappresentano anche tre tipi di turismo con target diversi. Nel mezzo di
questa triangolazione territoriale si trova la Riserva dei Laghi Lungo e Ripasottile in una posizione del
tutto strategica rispetto alle direttrici di spostamento dei flussi turistici.
Tuttavia su quest’area non ricadono i riflessi del turismo derivante dalle aree limitrofe, in un
rapporto che ci si potrebbe aspettare almeno intorno al 10%. Dato che dimostra la poca efficacia
delle politiche turistiche e di sviluppo del territorio, nonostante questo tipo di sviluppo sia presente
come asse economico prioritario nei programmi degli Enti pubblici del territorio interessato.
160
Le aree cerchiate ad una distanza media di 20 km. dalla Riserva dei laghi Lungo e Ripasottile, sono
tre aree a vocazione turistica.
1.5.2.2
Il turismo nella Riserva naturale dei Laghi Lungo e Ripasottile
Il fenomeno turistico nell’area della Riserva dei laghi è monitorabile solo attraverso i dati che fornisce
la Riserva stessa, ed è riferibile in particolare alle attività di Educazione Ambientale, ai corsi, alle
escursioni sul territorio e alle presenze nelle strutture alberghiere, anche se quest’ultime non sono
direttamente riconducibili alla fruizione della Riserva. Pertanto non vi sono dati che ci possono
restituire un’idea precisa di quanti turisti transitino e si fermino specificatamente per visitare la
Riserva.
Tuttavia, l’Ufficio di Educazione Ambientale della Riserva ha monitorato, attraverso il Centro visite
Lanserra presso il lago di Ripasottile, dati che parlano di circa 5.000 presenze, di cui 3.000 riferibili
direttamente alle attività di Educazione Ambientale e 1500-2000 ai turisti occasionali che giungono al
Centro visite.
Infatti, il Centro visite Lanserra, ubicato nell’edificio che ospita le idrovore tra il lago di Ripasottile e il
fiume Velino, è il luogo d’incontro dove si trovano le informazioni e i servizi per visitare la Riserva. In
molti casi, erroneamente, questo luogo è identificato con la Riserva stessa che invece ha
un’articolazione territoriale molto più ampia.
Quindi, questi dati non sono sufficienti a interpretare il fenomeno turistico, e le presenze diffuse nel
territorio sono difficilmente separabili da quelle del contesto territoriale limitrofo essendo la Riserva
dei Laghi un territorio di passaggio attraversato da importanti strade di comunicazione.
Per questo quando parliamo di turismo nella Riserva Naturale dei Laghi Lungo e Ripasottile dobbiamo
considerare un territorio più ampio che corrisponde all’area dei quattro Santuari Francescani, la città
di Rieti, i paesi di origine medievale che fanno da corona alla pianura reatina, la stazione turistica del
monte Terminillo e soprattutto la Cascata delle Marmore.
161
Per fare un’analisi articolata e capire i margini di evoluzione quantitativa e qualitativa dell’offerta
turistica abbiamo seguito i criteri base del marketing territoriale turistico sintetizzandolo in 4 punti:
A) ACCESSIBILITA’
B) STRUTTURA DELL’OFFERTA RICETTIVA
C) DIMENSIONE E CARATTERISTICHE DEI FLUSSI TURISTICI
D) VOCAZIONE TURISTICA, CIO’ CHE ESERCITA L’ATTRAZIONE DEL TURISTA
a ) Accessibilità:
La Riserva dei laghi si trova al centro della pianura reatina a metà strada tra la città di Rieti e Terni.
Una posizione strategica e baricentrale tra i due capoluoghi da cui distano entrambi dai 15 ai 20 km.
-
I due assi stradali principali sono rappresentati da:
- Superstrada Rieti-Terni: l'opera complessiva è inserita nel primo Programma delle infrastrutture
strategiche della Legge Obiettivo e riguarda l'itinerario Civitavecchia-Viterbo-Orte-Terni-Rieti che con
il completamento dell’ultimo tratto in galleria sulla Valnerina ha considerevolmente ridotto i tempi di
percorrenza tra Rieti-Terni (20 min circa).
Questo asse stradale si trova nel versante ovest della pianura e ha due uscite in corrispondenza dei
paesi di Contigliano e Greccio, quindi entra in galleria per uscire sul lago di Ventina nel comune di
Colli sul Velino, in questo punti verrà ubicato l’uscita prima che dell’entrata nella galleria Tascino che
esce direttamente su Terni e la Valnerina. L’uscita sul lago di Ventina diventerà strategica e di fatto
diventerà la Porta della Riserva, infatti, la proposta di perimetrazione di questo Piano di Assetto
include il SIC Lago di Ventina che si trova al confine con la Provincia di Terni e a 10 min di automobile
da Terni e la Cascata delle Marmore.
S.S. 79 Ternana: questo percorso che collega Rieti e Terni è l’accesso storico prima della costruzione
della superstrada. Attraversa la pianura reatina e taglia in due parti il perimetro della Riserva
transitando tra il lago Lungo e il lago di Ripasottile. Questo asse stradale collega con i Comuni a norest della pianura, Morro, Rivodutri, Poggio Bustone, Cantalice. Per giungere alla Riserva dei Laghi
questo è senza dubbio l’arteria principale che consente poi di accedere alle strade provinciali,
comunali e vicinali che collegano le località dentro la Riserva. Infatti, lungo il percorso della strada
ternana si trovano il bivio per la strada Lanserra e Settecamini che conducono al lago di Ripasottile e
la strada dei Laghi e Torretta verso il lago Lungo oltre che le rispettive provinciali che collegano i
paesi alla valle.
Ferrovia Terni-Rieti-Sulmona: questa ferrovia inaugurata nel 1875 si snoda per un percorso totale di
164 Km da Terni a Sulmona, passando per Rieti, il valico di Sella di Corno e L’Aquila. La linea è
un’importante dorsale tra Umbria ed Abruzzo e nella mente dei progettisti, essa avrebbe dovuto
collegare il nord ed il sud attraversando le zone interne dell’Appennino, collegando Firenze a Napoli
senza passare per Roma. La ferrovia a binario singolo e non elettrificato ha 20 stazioni e 16 fermate.
Stazioni: Terni, Marmore, Greccio, Contigliano, Rieti, Cittaducale, Castel Sant'Angelo, Antrodoco Borgo Velino, Rocca di Fondi, Rocca di Corno, Sella di Corno, Sassa - Tornimparte, L’Aquila, Paganica,
San Demetrio ne Vestini, Fagnano - Campana, Beffi, Molina - Castelvecchio, Raiano, Sulmona.
Fermate: Terni Cospea, Stroncone (soppressa), Piediluco (soppressa), Labro-Moggio, Terria
(soppressa), Poggio Fidoni, Cotilia (soppressa), Sorgenti del Peschiera, Canetra, Antrodoco Centro,
Vigliano d’Abruzzo (già stazione, soppressa), Scoppito (soppressa), Villa Sant'Angelo (soppressa),
Fontecchio, Tione degli Abruzzi, Acciano, Pratola Peligna Superiore (già stazione). Il percorso della
ferrovia fiancheggia quello della superstrada Rieti-Terni sul versante ovest della pianura e benchè
oggi riveste un ruolo poco significativo, nell’ottica di un turismo sostenibile ha grandi potenzialità in
quanto le sue fermate di Moggio, Greccio, Contigliano immettono dentro i percorsi che giungono alla
Riserva. A tal proposito vale ricordare che questo percorso è stato proposto come candidato a
itinerario europeo della cultura e sono previsti interventi per il potenziamento delle fermate e il
collegamento con il monte Terminillo con il collegamento di autolinee dalla stazione di Rieti. Questo
tratto di Ferrovia Rieti-Terni riveste un’importanza solo locale ma potrebbe avere una funzione anche
162
turistica se venisse adeguato negli orari e nei servizi. Un tentativo per questa funzione sembra nelle
intenzioni delle Amministrazioni comunali di Terni e Rieti che con il progetto Civiter progettano di
realizzare una migliore sinergia tra i due territori. Per quanto concerne il collegamento ferroviario
dalla città di Rieti le due stazioni di riferimento sono Terni (raggiungibile via treno) e Roma
raggiungibile via autobus sulla S.S. Salaria.
- Roma e il collegamento con gli aereoporti: nella città di Rieti e più in generale in Sabinai si è
sempre lamentato l’isolamento rispetto ad altri centri serviti da ferrovie e autostrade con stazioni e
fermate vicino alla città. Tuttavia sad una analisi attenta, tale handicap non appare poi così forte.
Infatti, Rieti dista solo 1,15 ora di macchina dalla Capitale e 1,45 dall’aereoporto più importante
d’Italia, quello di Fiumicino, e sempre con 1,30 ore di percorrenza è possibile giungere
all’aereoporto di Ciampino, terminale privilegiato di voli low cost. Inoltre il collegamento con
l’aereoporto di Fiumicino è facilitato dal treno metropolitano che da Fara Sabina (Passo corese)
collega la sabina direttamente con l’aereoporto. Un raggio di percorrenza dunque ancora adeguato
allo sviluppo di politiche turistiche. C’è da aggiungere che ci si trova vicino alla città di Roma che con i
suoi 4 milioni di abitanti e la sua veste di maggiore metà turistica italiana, potenzialmente
rappresenta un bacino di utenza enorme.
Per quanto concerne sia i servizi di collegamento con autobus pubblico che quello ferroviario c’è da
fare una notazione generale molto importante: sia gli orari sia i servizi di informazioni non sono
orientati verso il turista. Per quanto concerne gli orari si nota come nei giorni festivi e durante
l’estate le corse diminuiscono e i servizi e le informazioni dedicate ai turisti sono del tutto
inadeguate.
Il collegamento tra Rieti e Terni attraverso l’omonima superstrada è divenuto ancora più rapido per
l’apertura della nuova galleria che evita la tortuosa S.S. 79. Dalla parte della pianura il primo svincolo
è sul lago di Ventina, area inserita nel perimetro Riserva come proposto nel Piano di Assetto.
163
B ) Struttura dell’offerta ricettiva:
Per lavorare ad un offerta competitiva ed individuare le linee operative attraverso cui procedere è
indispensabile avere chiaro il quadro di quanto è presente sul territorio sia in termini di strutture
ricettive che di servizi. Creare un quadro conoscitivo dell’offerta turistica dunque il primo
fiondamentale passo. E’ necessario precisare che nell’analisi dei dati statistici delle presenze, si deve
far riferimento al soggiorno di almeno una notte. Questo significa che le presenze giornaliere non
vengono prese in considerazione, anche per l’ impatto poco rilevante su una economia vocata al
turismo.
Nel descrivere la struttura dell’offerta ricettiva, a differenza delle altre analisi sono state prese in
considerazione solo quelle presenti nel perimetro della Riserva Naturale o nelle immediate vicinanze,
in quanto il dato sulle strutture che comprendono la pianura e Rieti risultarebbe dispersivo e poco
indicativo. L’elenco è fatto secondo la tipologia e vede la presenza di:
1 Hotel, 2 Alberghi, 5 Agriturismi, 5 Bed and Brekfast, 2 Ostello della gioventù
per un totale di circa 300 posti letto. Un offerta di ospitalità non adeguata ai possibili trend di
crescita di questo territorio. Questo fattore limitante spiega in parte anche la scarsa presenza stabile
dei turisti in quest’area. In definitiva la ricettività reatina è caratterizzata da una presenza
quantativamente modesta e concentrata sull’ospitaltà alberghiera, poche significative attività
agrituristiche, una sostanziale assenza della ricettività extralberghiera tipo campeggi, B&B e aree per
camper, una presenza diffusa ma gestita in modo “informale” della ricettività religiosa.
Si deve rilevare poi come quasi nessuna delle strutture promuova la propria attività facendo leva
sulla posizione all’interno della Riserva dei Laghi, e come non sia quasi mai disponibile materiale
divulgativo o servizi per visitare la Riserva, mentre è indubbio che il vero motore che muove il
turismo sono proprio gli hotel, alberghi, agriturismo, B&B e tutti i servizi che ruotano intorno a
queste strutture.
Le due strutture che si trovano dentro la Riserva dei Laghi raggiungono anche un livello di eccellenza:
il Relais Villa D’Assio (4 stelle con 106 posti letto con piscina e centro congressi) e l’Agriturismo
Tenuta Due Laghi (Azienda certificata biologica e con un livello di ospitalità eccellente), hanno
entrambi infatti una visibilità buona sul web e sui siti maggiormente frequentati come TripAdvisor.
Un’altra eccellenza , nel campo della Ristorazione, è rappresentata dal Ristorante La Trota che si
trova sulle Sorgenti di S.Susanna e che ha ottenuto l’ambito riconoscimento delle tre forchette da
parte della guida del Gambero Rosso.
c) Dimensione e caratteristiche dei flussi turistici:
Dalle analisi effettuate è del tutto evidente come questo territorio costituisca una risorsa quasi
inesplorata dal punto di vista turistico, mentresi ritiene che se adeguatamente sostenuta può
divenire una meta turistica di eccellenza. Questa affermazione è senza dubbio confortata dalle analisi
statistiche sugli andamenti dei flussi turistici degli ultimi anni, soprattutto per quanto attiene alle
motivazioni del viaggio ed al movimento dei clienti per tipologia di località. I dati ISTAT del
censimento degli esercizi turistici per l’anno 2012 forniscono dati ufficiali della ricettività alberghiera,
nei dati forniti dall’Ufficio Turistico della Regione Lazio, e elaborati recentemente dallo studio
commissionato dalla V° Comunità Montana del Montepiano reatino e realizzato dal Dott. Diego
Petruccelli.
Da questi dati , appare evidente come la quantità di presenze medie durante l’anno nel territorio
confinate con la Riserva sia del tutto ragguardevole.
Lo studio elaborato da Petruccelli evidenzia come gli arrivi nella provincia di Rieti siano stati nel 2012
circa 60.000 di cui circa 33.000 nei comuni diversi dal capoluogo – con circa 27.000 italiani e circa
6.000 stranieri.
Considerando che la capacità ricettiva dei sei comuni è pari a circa l’11% della capacità ricettiva dei
comuni della provincia diversi dal capoluogo, una stima di massima porta ad indicare in 6.600 gli
arrivi dei turisti nei sei comuni, che corrispondono ad una media di 18 arrivi al giorno; la medesima
metodologia applicata alle presenza porta a stimare in circa 16.000 quelle dei sei comuni (Tavola 67).
164
165
Una corretta valutazione dei volumi turistici della provincia è possibile considerando la situazione
della provincia di Terni (Tavole 68 e69) che complessivamente raccoglie circa il quintuplo di arrivi e
presenze.
Come visto gli arrivi nell’area sono in larga prevalenza di Italiani; purtroppo l’analisi per regione
dell’origine dei turisti è disponibile solo a livello di regione di destinazione . L’analisi indica che in ogni
caso l’area di origine prevalente è il Lazio (ovviamente l’area di Roma), che deve essere comunque
considerata il primo target per azioni di sviluppo; le due regioni immediatamente seguenti sono, sia
con destinazione Lazio che con destinazione Umbria, Lombardia e Campania.
I primi paesi sia per arrivi che per presenze in provincia di Rieti sono Cina, Germania, Francia e
Stati Uniti; fra questi forse la Cina può presentare un dato influenzato da flussi di tipo “etnico” più
che “leisure” (e cioè di turismo per motivi di piacere). L’analisi dei dati relativi alla provincia di Terni
porta ad includere fra i paesi più interessanti anche Paesi Bassi e Belgio; confrontando i dati relativi
alle presenze è importante osservare che anche tutte le altre origini con destinazione nella provincia
di Terni (Regno Unito, Romania, Australia, Svizzera, Canada, Austria, Polonia, Spagna) hanno
dimensioni maggiori di tutte le origini con destinazione nella provincia di Rieti (esclusa la Cina); nel
fare considerazioni relative allo sviluppo del turismo nei sei comuni non si può quindi prescindere dal
fare riferimento anche alla situazione della provincia di Terni.
166
167
Un ulteriore elemento di analisi è costituito dall’andamento mensile di arrivi e presenze che risulta
essere, per le presenze degli Italiani in provincia di Rieti, fortemente stagionale con il picco nei mesi
estivi, luglio–agosto e settembre mentre per gli stranieri in provincia di Rieti è più stabile. Le
presenze degli stranieri nella Pianura hanno sia provenieneza dal turismo umbro che da quello della
Sabina reatina dove da circa 20 anni si è consolidato una presenza straniera continua e di qualità.
- Comune di Rieti che comprende anche i dati del Terminillo = 61.759 presenze l’anno
- Comune di Greccio che comprende anche i dati del Santuario = 10.000 presenze l’anno
- Cascata delle Marmore = 400.000 presenze l’anno
Come dicevamo, non ci sono dati che ci fanno capire quanti e quali di questi turisti transitano nella
Riserva e vengono a conoscenza delle possibilità di fruizione, tuttavia possiamo affermare che assai
pochi hanno informazioni circa la possibilità di visitare la Riserva dei laghi.
Se consideriamo che, come già evidenziato, dei potenziali turisti che transitano nell’area della Riserva
solo 2000 vengono registrati presso il Centro visite della Riserva indipendentemente dalla loro
eventuale visita. Quindi se sommiamo gli arrivi sopra descritti, nel perimetro intorno alla Riserva a
un’ideale distanza di 20 Km abbiamo una media di 450.000 visitatori l’anno, se consideramo che
normalmente le mete turistiche di punta riversano sul territorio circostante una percentuale di arrivi
intorno al 10% si capisce che con una opportuna rete di ospitalità e di servizi turistici anche la Riserva
dei laghi potrebbe avere una presenza media annua almeno pari a quella che attualmente visita la
città di Rieti.
DISTANZE DAI MAGGIORI CENTRI URBANI E
DALLE LOCALITA’ CON MAGGIORI PRESENZE TURISTICHE
3.000000 ab
48.000 ab
113.000 ab
TERNI
20 min
MARMORE
400.000
presenze/anno
ROMA
75 min
RIETI
15 min
GRECCIO
10.000
presenze/anno
d) Vocazione turistica, ciò che esercita l’attrazione:
Come detto nell’introduzione in un’area protetta il “patrimonio” turistico è rappresentato dalle
caratteristiche geografiche, geologiche, idrografiche e soprattutto naturalistiche e ambientali
dell’area. Tuttavia nella Riserva dei Laghi Lungo e Ripasottile in considerazione della storia
geomorfologica che ha portato all’attuale contesto territoriale, le caratteristiche ambientali si
168
sommano a quelle della storia della lunga bonifica e a tutti gli eventi ad essa connessa. E’ comunque
necessario fare un’analisi più approfondita per capire quante e quali delle caratteristiche
potenzialmente valide possono essere realmente fruibili e quante e quali possono avere un asset
turistico sul quale eventualmente investire.
Le condizioni indispensabili per rendere appetibile l’area della Ruiserva, sono essenzialmente due: la
disponibilità di informazioni sulle attività (cosa visitare, cosa fare, i servizi disponibili), la presenza e
l’efficienza dei servizi turistici (strutture ricettive, ristorative e servizi di accompagnamento). A
seguire non va sottovalutata l’importanza di un sistema di trasporti che permetta la mobilità sul
territorio. Altre considerazioni utili che si evincono dai dati delle altre Riserve e Parchi del Lazio sono
quelli concernenti l’organizzazione della vacanza nella quale prevale il fai-da-te, e dal fatto che la
fruizione delle aree umide avviene soprattutto in primavera e autunno, stagioni meno utilizzate dagli
altri tipi di turismo presenti nell’area come quello religioso (Inverno, estate), sport dell’aria (estate),
sport invernali (inverno).
L’elenco degli asset turistici è riferita alla vasta area presa in considerazioni dai dati statistici dei flussi
turistici mentre sarà oggetto di un’analisi più specifica solo gli asset direttamente riferibili alle località
e attività nella Riserva.
Asset turistici e località con presenza turistica:
- Santuari Francescani e Cammino di Francesco,
- Rieti: mura medievali, museo civico e archeologico, ponte e viadotto romano,
- Paese di Labro,
- Lago di Ventina,
- Monti reatini e Monte Terminillo (Piste da sci e sport della montagna),
- Leonessa e Vallonina,
- Cascata delle Marmore (Umbria).
Asset ambientali Riserva:
- Lago Lungo e Ripasottile,
L’area dei due laghi, i piccoli specchi d’acqua e i prati allagari limitrofi rappresentano da un punto di
vista naturalistico una delle poche aree umide interne della penisola. Inserite tra le (IBA) Important
Bird Areas e aree della Rete Ecologica Natura 2000 con ZPS e SIC. Una delle motivazioni per
l’istituzione di questa area protetta fu determinata proprio da una presenza importante di avifauna
acquatica svernante. Infatti, le conclusioni dello studio fatto dalla Riserva in collaborazione con l’ARP
dal titolo “Ali sui Laghi” mette in rilievo l’importanza della zona per l’avifauna migratrice con la
presenza di 219 specie osservate dagli anni ’80 ad oggi e gli oltre 3700 uccelli acquatici svernanti tra
le quali ci sono molte specie di interesse conservazionistico. Dal 2006 quest’area è dotata di una
Stazione Ornitologica che svolge un’azione di monitoraggio e studio delle specie migratrici con
collaborazioni di livello internazionale e con l’INFS Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica.
Target turistico: Turismo naturalistico soprattutto per l’avifauna acquatica, trekking e sport all’aria
aperta, turismo rurale, pescasportiva.
- Sorgenti, canale e fiume di S.Susanna,
Questa sorgente si trova all’estremità nord della Riserva, nel Comune di Rivodutri, e scaturisce al
confine tra il complesso carbonatico dei monti reatini e i terreni alluvionali della pianura reatina. Ha
un regime perenne con una portata media di 5.500 l/sec. La sorgente alimenta il fiume e il canale di
S.Susanna che contengono habitat di interesse, mentre il fiume di origine naturale sfocia nel lago di
Ripasottile, il canale scorre su un canale artificiale con argini in terra nella parte nord della piana fino
a confluire con il fiume Velino. Intorno all’area delle sorgenti sorge un parco botanico e parte un
sentiero sia pedonale che ciclabile che percorrendo l’area a fianco del fiume S.Susanna giunge fino
alla S.S. 79 Ternana. Vicino all’area non vi sono servizi della Riserva ma è presente un bar e un
169
parcheggio.
Questo è uno dei punti che in genere i turisti che visitano la Riserva inseriscono nel loro programma
di visita, anche grazie alla presenza nei pressi di due ristoranti-albergo, uno dei quali (il Risotrante La
Trota) visitato dagli appassionanti di gastronomia in quanto premiato con il prestigioso
riconoscimento delle tre forchette dalla guida del Gambero Rosso.
Sempre al fianco della sorgente si trova l’omonimo mulino posto sulla sorgente di Santa Susanna, che
svolge una macinazione tradizionale ad acqua. Le sorgenti sono molto antiche ed erano già
conosciute al tempo dei romani e all'epoca si chiamavano "LE SETTIME ACQUE". Si comincia a parlare
del molino agli inizi dell'800, quando Pipino il Breve (padre di Carlo Magno), che a quel tempo stava
facendo una battaglia sotto Poggio Bustone (RI), pensò di far costruire un molino sulla sorgente Santa
Susanna. Sappiamo che il canale di derivazione per il molino è stato costruito dai soldati di Pipino il
Breve, il molino non ne siamo certi, non avendo trovato nessun dato di riscontro. Abbiamo però una
data certa della sua esistenza nell'anno 1203, quando l'allora proprietario Teodino da Apoleggia donò
un sesto del molino allo stato Pontificio.
L’accesso a quest’area sulla strada provinciale che collega la S.S. 79 Ternana al paese di Rivodutri.
Target turistico: Turismo naturalistico, trekking e sport all’aria aperta, turismo rurale e gastronomico,
pescasportiva.
Sorgenti di S.Susanna
- Villa Romana di “Quinto Assio” e Monumento Naturale “Quercia di S.Nicola”
Nel comune di Colli sul Velino in località Grotte di San Nicola, è attesta la presenza di due Villae
Rusticae, delle quali una del I secolo a.C. appartenuta a Quinto Assio, che fu console nel 55 a.C. La
Villa di Quinto Assio è menzionata da Marco Terenzio Varrone in un dialogo con Appio Claudio nel
corso del quale vengono poste a confronto le ville reatine di Assio e quella romana di Appio Claudio.
Altre notizie sulle ville che il senatore Quinto Assio possedeva a nord-ovest della piana reatina
giungono da un frequentatore d’eccezione: Marco Tullio Cicerone. Nel 54 a.C. il grande oratore viene
chiamato a difesa dei reatini in una delle innumerevoli cause loro intentate dai cittadini di Interamna
(oggi Terni) a proposito della diatriba per la “questione delle Marmore”. Cicerone ebbe dunque
modo di visitare la villa di Assio detta “delle Rosce” descrivendone in una lettera le meraviglie. La
costruzione era sopraelevata rispetto al livello dei campi, ben orientata e servita di impianti idraulici
che sfruttavano le vicine sorgenti di Santa Susanna, note all’epoca come Septem Aquae. I resti
dell’antica villa sono di notevole bellezza e dimensione per una struttura di nicchioni separati da
pilastri e nella parte ipogea contiene una cisterna. Sempre in quest’area, al fianco della villa si trova
l’unico Monumento Naturale della Riserva ed è la Quercia di S.Nicola che da studi effettuati è la più
antica della Riserva. L’accesso a quest’area avviene attraverso una deviazione dalla strada S.S. 79, su
strada sterrata.
170
Target turistico: Turismo archeologico e naturalistico, trekking, turismo rurale.
- Fiume Velino
Il fiume Velino è il vero protagonista di questo territorio: con i suoi sedimenti ha “ costruito” la
pianura e tutto il panorama ambientale oggi presente. Nei 90 km del suo corso attraversa tesori
naturali, archeologici e paesaggistici di inestimabile valore. Nasce da una piccola sorgente sopra il
paese di Cittareale, dalla quale fuoriescono mediamente 7 litri/secondo, lungo il percorso riceve
acque dal sottosuolo, dalle sorgenti dagli affluenti giungendo al termine del suo percorso con una
portata meida di 60.000 litri/sec. Dopo aver attraversato la città di Rieti si immette nella pianura e
dopo aver attraversato il ponte di Terria, costeggiato colle S. Pastore ed il borgo rurale di Piedifiume entra,
rappresentandone il confine ovest, nella Riserva naturale dei laghi Lungo e Ripasottile. Il Velino che in
questo tratto scorre più veloce, riceve acque dal lago di Ripasottile, collegato attraverso un canale
artificiale all’impianto di sollevamento (edificio di proprietà del Consorzio di Bonifica della Piana
Reatina e oggi adibito a Centro visite della Riserva). Infatti, tutta l’area mantiene il suo equilibrio
idraulico attraverso due opere fondamentali che a tutt’oggi svolgono la funzione di regimare le acque.
La prima è il canale di S.Susanna che convoglia una parte delle copiose sorgenti direttamente nel
Velino e l’altro è appunto l’impianto idrovoro di Lanserra che pompando le acque dal lago di
Ripasottile al Velino mantiene il livello del lago 3 metri al di sotto del livello naturale. IL Lago di
Ripasottile, collegato attraverso il canale artificiale della Vergara con il lago Lungo, mantiene
quest’ultimo, per il principio dei vasi comunicanti, allo stesso livello.
Il Velino, dopo aver sfiorato Ripasottile, costeggia Montisola e percorre una radura fino alla base di
monte Rotondo, dove si trova la confluenza di due importanti corsi d’acqua, affluenti del Velino, il
Fiumarone ed il canale di S.Susanna. Mentre il canale riceve gran parte delle acque dell’omonima
sorgente, il corso del Fiumarone è protagonista di una singolare anomalia, e segue due correnti: dalla
troticoltura partono due rami di cui uno scorre verso il lago di Ripasottile e l’altro nel verso opposto,
171
divenendo così immissario del Velino. Riceve le acque effluenti dall’impianto di troticoltura situato in
località Ponte S.Angelo, dopo che lo stesso impianto ne ha derivato ed utilizzato le acque prendendole
dal canale di S.Susanna. Dopo aver girato intorno a monte Rotondo, il fiume si immette nel Piano
Canale, il tratto di Velino che collega il lago di Piediluco ai Laghi Reatini. A destra del fiume si apre una
radura che ospita il lago di Ventina posto a quota 365 mt. Anticamente parte del lacus Velinus si è
separato sia dal lago di Piediluco che dai laghi reatini in seguito alle opere di bonifica, oggi si trova alla
destra del fiume tra i monti Lungo e Restano. Il fiume Velino un tempo era collegato al lago attraverso
un piccolo canale.
Il Lago di Ventina è rimasto sostanzialmente invariato, tanto da ospitare specie comuni durante le
glaciazioni in tutta l’Italia centro-meridionale. Infatti queste specie, testimonianza di epoche e climi così
lontani oggi sono presenti nelle regioni nordiche o in alcuni ambienti relittuali proprio come il lago di
Ventina.
La biodiversità elevata dell’area e l’assenza di modificazioni importanti da parte dell’uomo ci fa
immaginare come doveva essere il panorama anche migliaia di anni orsono. Intorno al lago si trova
un’ambiente seminaturale tra i campi coltivati e vegetazione naturale che si estende fino ai paesi di
Colli sul Velino e Labro.
Target turistico: Turismo naturalistico, canoa, soft rafting, trekking, turismo rurale.
- Centro visite, Lanserra e Stazione ornitologica Lago di Ripasottile.
Attualmente questo Centro visite è costituito da una ampia sala dove con biblioteca multimediale. E’
attualmente il centro delle attività dirette a fornire servizi e informazioni ai turisti. L’edificio ha un
tetto panoramico da dove è possibile osservare dall’alto il lago di Ripasottile.
-
Target turistico: Turismo naturalistico, stage, trekking, turismo rurale.
-
Area di partenza e arrivo parapendio, deltaplano.
un’ambiente seminaturale tra i campi coltivati e vegetazione naturale che si estende fino ai
paesi di Colli sul Velino e Labro.
172
-
Target turistico: Turismo naturalistico, trekking, Parapendio, Deltaplano
Conclusioni:
Su tutte queste località site all’interno del perimetro della Riserva, la Carta della fruibilità è tutta da
scrivere, e come vedremo successivamente ci sono alcune attività che dovrebbero essere coordinate
e sviluppate.
Infatti, la attuale bassa frequentazione, unita alle buone potenzialità di sviluppo turistico dedel
settore. L’obiettivo è quello di dare un valore aggiunto ai territori, in modo da contribuire alla
crescita di un turismo consapevole e rispettoso delle risorse presenti e che sia in grado di
determinare ricadute positive sulle comunità locali.
Dalle statistiche, infatti, emerge che le motivazioni principali del soggiorno in Italia sono la ricerca del
relax ed il bisogno di esercitare attività sportive. Non di secondaria importanza sono
l’enogastronomia (soprattutto per gli stranieri che la reputano una credenziale di scelta in quasi il 9%
dei casi) e l’interesse per l’identità locale. Analizzando i dati ISTAT sul movimento dei clienti per
tipologia di località e raffrontando annualità diverse come nel caso della tabella sottostante , nella
quale il raffronto è stato fatto tra le annualità 2009 e 2012 possiamo vedere come è in netta crescita
il turismo verso le località lacuali e le località collinari e che tale crescita è alimentata soprattutto dai
flussi provenienti dai paesi esteri.
Alla stessa conclusione si perviene se si analizzano i dati dell’Osservatorio Turistico della provincia di
Rieti presso la Camera di Commercio che in una recente rilevazione diretta a 82 operatori della
provincia, con questionario chiuso e domande dirette sull’andamento della stagione (2012), le
interviste hanno avuto la seguente distribuzione:
173
Queste considerazioni sulle “Preferenze e stili di viaggio” fanno notare come la quota delle vacanze
Natura sia tra quelle più ricercate e per le quali il territorio ha più caratteristiche specifiche.
Infatti anche il turismo religioso, riferibile ai visitatori che transitano nei Santuari Francescani sono
molto assimilabili ad un turismo escursionistico e ambientale.
1.5.3
1.5.3.1
SERVIZI E INFRASTRUTTURE
Strutture e servizi della Riserva naturale
• Sede legale e uffici, Presidenza, Direzione, Uff.Tecnico, Guardiaparco.
La sede della Riserva naturale dei Laghi Lungo e Ripasottile è ubicata Nnella sede della V° Comunità
Montana Montepiano reatino a Rieti. Questa sede svolge solo un ruolo amminstrativo e come
sportello per informativo per la cittadinanza.
• Centro Visite Lago di Ripasottile.
Si trova all’interno dei locali delle Idrovore sul lago di Ripasottile in località Lanserra. Questo è il vero
punto di riferimento turistico attuale per chi si avvicina alla visita della Riserva dei Laghi. E’possibile
svolgere attività di Educazione Ambientale sia per la presenza sia di personale qualificato che per le
attrezzature e la piccola ma significativa biblioteca presente. Recentemente sono terminati i lavori
per l’utilizzo del grande terrazzo che fa da tetto all’edificio, è un punto panoramico a 360 gradi sulla
Riserva.
Questa località funge da meeting point di un po’ tutte le inziative che hanno spaziato dall’ornitologia,
all’aecheologia, alla ricerca delle coltivazioni perdute come il guado a mostre per la valorizzazione del
patrimonio rurale.
Il Centro Visita e Info Point risulta fra le strutture destinate alla comunicazione e all’informazione del
pubblico. Ai limitati periodi di apertura, o all’apertura solo stagionale della struttura.
• Centro Visite Lago Lungo.
Si trova sulla strada provinciale che conduce a Poggio Bustone. Gli edifici e la località intorno sono la
base di partenza e di atterraggio per gli amanti del volo planato come Parapendio e Deltaplano che
svolgono un ruolo significativo nel panorama turistico pur rappresentando qualche criticità per il
potenziale disturbo all’avifauna.
• Centro di Ricerca Ornitologico e di Monitoraggio – Villa Rinaldi
Si trova fuori il perimentro della Riserva vicino alle Sorgenti di S.Susanna. E’ un edificio rurale a due
piani nel quale si svolgono ricerche soprattutto per l’avifauna, di vigilanza antincendio e di
monitoraggio del territorio. Questa è una delle attività centrali della Riserva che possono avere un
ruolo decisivo per il turismo scolastico e il birdwacthing.
• Centro Inanellamento avifauna.
Si tratta di una serie di strutture (reti) poste in luoghi strategici della Riserva per la cattura e
l’inanellamento degli uccelli. La fase di studio e marcatura attraverso l’anello viene effettuato in una
piccola struttura in legno alla foce del fiume Fiumarone sul lago di Ripasottile che fa da base per le
174
rilevazioni e l’inannellamento dell’avifuana. Quest’attività di ricerca ha una rilevanza sia dal punto di
vista della ricerca scientifica che per le attività di educazione ambientale.
• Sala mostre e convegni
E’ un edificio di proprietà del Comune di Colli sul Velino, ristrutturato e riadattato dalla Riserva dei
Laghi per ospitare eventi e mostre. Questo edificio, posto a margine del centro abitatto, affacciato
sulla pian, con l’inclusione del Lago di ventina e di una vasta zona del Comune di Colli sul Velino
dentro il perimetro della Riserva, è destinato a svolgere un ruolo ancora più importante.
• Pontili e postazioni per il Carp fishing
Questa attività per gli appassionati della pesca alla Carpa riscuote un buon successo di presenze
nonostante le molte criticità sull’ambiente e la scarsa compatibilità verso gli altri fruitori della
Riserva.
Si tratta di quattro postazioni due ubicate nel lago di Ripasottile, due sul Lago Lungo alcune delle
quali sono raggiungibili con imbarcazione.
1.5.3.2
Sentieri Natura, percorsi e itinerari
Sentieri attrezzati esistenti
- Sentiero Natura del Lago di Ripasottile
E’ il percorso natura storico della Riserva, creato circa 25 anni fa si trova nel settore nord del lago di
Ripasottile avendo come punto di partenza e di arrivo il Centro visite Lanserra. Per questo motivo è
un po’ considerato il punto di ritrovo per chi vuole visitare la Riserva. E’ dotato di due capanni per
l’osservazione dell’avifauna e costeggia prima il lago e poi il fiume Fiumarone. La sua frequentazione
è strettamente legata al Centro visite dove si possono ricevere informazione e guide per
l’osservazione della natura.
- Sentiero Natura del Lago Lungo
Questo itinerario percorre il tratto nord-ovest di lago Lungo. La partenza si trova sulla S.S. 79 sul
ponte Crispolti che attraversa il canale della Vergara. Infatti, il sentiero percorre un tratto del canale
per poi girare intorno alle lame e al lago fino a ricongiungersi con il il sentiro che conduce al centro
visite di lago Lungo.
Anche questo sentiero ha una segnaletica e pannellistica con le indicazioni delle specie animali più
importanti e tre capanni per l’osservazione.
-
-
• Sentieri attrezzati in via di realizzazione e in progetto
Sentiero Sorgente S.Susanna – Centro Visite Lago Lungo – Ternana – Ponte Crispolti/Lungo fiume
S.Susanna. Area Sorgenti con punto di osservazione Vasche, Area di sosta Centro visite Lago Lungo –
Area Attrezzata Ripaaottile. Questo percorso pedonale e ciclabile ristabilisce e rende convenzionali
percorsi e aree di sosta già utilizzate cercando di creare un circuito con gli altri percorsi e sentieri
della Riserva. L’area più importante è certamente quella delle Sorgenti del Peschiera dove è gia
presente un giardino botanico e si trova vicino al Centro Ornitologico della Riserva.
Sentiero escursionistico Ponte Crispolti – Centro Visite Lago di Ripasottile
Il progetto relativo al ripristino/realizzazione di un sentiero escursionistico capace di collegare il
Centro Visite della Riserva con Ponte Crispolti (punto d partenza/arrivo dell’esistente sentiero del
Lago Lungo), si inserisce in un vasta azione di valorizzazione dell’area protetta mediante una più
estes fruizione, da parte di appassionati e visitatori, delle qualità ambientali faunistiche presenti
all’interno della Riserva Naturale, oltre che, nel territorio circostante. Questo percorso di grande
valore ambientale e naturalistico è stato progettato nell’area più conservata della Riserva, dove
attualmente non si trova nessuna struttura per il turismo. Pertanto sarà necessario utilizzare molte
cautele nella realizzazione, memtre per quanto concerne la gestione si propone di non equipararlo
175
agli altri sentieri già presenti, differenziandolo e limitandone l’uso, proprio in quanto conduce nel
cuore della Riserva.
- Percorso lacustre Ripasottile – Villa D’Assio
Questo progetto è ubicato sempre al fianco dell’edifico delle Idrovore dove viene inserito un pontile
di attracco per imbarcazioni ecologiche e dal quale inizia il percorso che giunge ai resti della Villa
romana di Quinto Assio e alla Quercia di S.Nicola, Monumento Naturale. Anche questo intervento
cerca di aumentare gli attrattori ambientali realizzando un sistema di percorsi organici nell’intero
territorio dell’area protetta con un iniziativa, quella del pontile che prelude ad una frequantazione
del lago di Ripasottile con un imbracazione. Anche questa attività andrebbe relegata solo alle attività
di studi e didattiche.
Ponte ciclopedonale sul fiume Velino
La localizzazione del ponte è identificata dal toponimo Borgo Nero, sul lato sinistro, in territorio del
Comune di Contigliano, dal toponimo Settecamini, sul lato destro, in territorio del Comune di Rieti.
Opera strategica per la lo sviluppo dei percorsi turistici della Pianura reatina, tale localizzazione
risponde a diverse esigenze e finalità, certamente la principale è quella di consentire il passaggio dal
versante dei monti Sabini al versante dei Monti Reatini.
Interventi - Piano di Gestione SIC Lago di Ventina
Il Piano di Gestione del SIC Lago di Ventina, prevede degli interventi per il miglioramento della
conservazione degli habitat rilevati e contemperare strutture per la fruizione della aree intorno al
lago. Questi interventi previsti anche con un progetto PIT del Comune di Colli sul Velino sono in via di
definizione presso gli uffici della Regione Lazio. Quest’area se l’attuale Piano di Assetto verrà
approvato, come già detto, assumerà un ruolo strategico per l’accessibilità e visibilità della Riserva.
Per questo dovrebbero essere incentivati interventi e servizi per il turismo anche nella prospettiva
del completamento dell’asse viario Rieti-Terni che avrà la sua uscita proprio al lago di Ventina.
- Realizzazione di un centro all’aperto per l’archeologia sperimentale delle aree umide
Questo progetto punta alla valorizzazione e alla didattica in ambiti storico-naturalistico, la sua
ubicazione si trova al fianco dell’edifico delle Idrovore e si propone di realizzare strutture e aree
attrezzate, uniche nel loro genere in tutta la provincia di Rieti, con possibilità di spazi espositivi per
favorire, in primis, il turismo scolastico locale, e poi quello regionale ed interregionale attraverso
un’operazione di comunicazione didattico-divulgativa calata all’interno di un contesto archeologiconaturalistico in cui l’acqua costituisce l’elemento ecologico nodale. Il tema è quello dell’ archeologica
dei paesaggi d’acqua e l’idea portante è quella di ricostruire una piccola porzione di un’eccellenza ed
eccezionalità territoriale all’interno di un percorso e di un paesaggio dettato dalla natura e dalla
storia: il paesaggio protostorico, ambientale ed antropico dell’area umida velina. (Questo progetto è
inserito in una delle Schede di proposta di intervento).
Percorso Storico-Archeologico
Il progetto ha come obbiettivo la documentazione, la conservazione e la valorizzazione della più
antica memoria storica del territorio nelle sue manifestazioni materiali ed immateriali attraverso la
realizzazione e la gestione coordinata di strutture museali, centri di documentazione, laboratori,
foresterie, percorsi ed attività di didattica ed intrattenimento di carattere ambientale ed
archeologico di natura tematica, convegni, conferenze, seminari, corsi, festival, spettacoli, mostre
temporanee, pubblicazioni (quaderni scientifici e didattici, guide, materiale promozionale) e
produzione di filmati Il progetto vuole appresentare uno strumento concreto di sviluppo delle
comunità locali partendo dalla salvaguardia e dalla promozione e valorizzazione del patrimonio
territoriale nelle sue componenti ambientali, storico-culturali, produttive ed etnografiche, alla ricerca
di una strutturazione che preveda una politica integrata cultura-ambiente-economia nella Regione
Lazio. In un’ottica di distretto d’eccellenza “dell’archeologia preistorica delle aree umide” è
176
impensabile non attivare il marketing territoriale per una logica di sviluppo locale.
Le basi del progetto di sviluppo del territorio punta ad inquadrare l’archeologia dei paesaggi “umidi”
come uno degli strumenti del marketing territoriale capace di valorizzare il prodotto, il consumatore
e il valore sociale ed emozionale rappresentato dal bene culturale-ambientale come espressione di
paesaggi mentali associativi archeologico-naturali. L’esistenza nell’area velina di un grande
patrimonio di archeologia preistorica pone delle buone premesse per un processo distrettuale che
rientra in una più ampia strategia di riqualificazione culturale e territoriale, le cui implicazioni hanno
la capacità di coinvolgere diversi settori quali il turismo, i trasporti, l’offerta alberghiera ma anche
quella commerciale.
Il progetto prevede la ricostruzione di abitazioni protostoriche nei terreni demaniali dove sono stati
individuati i siti archeologici più importanti; al loro interno avrebbero luogo sperimentazioni di
attività quotidiane svolte dagli antichi abitatori della Conca Velina: filatura-tessitura (realizzazione di
in telaio verticale), produzione di utensili in bronzo (realizzazione di un pozzo di forgia), produzione di
vasellame (realizzazione di un forno da vasaio), produzioni alimentari (processi di caseificazione). Con
la realizzazione di sentieri di collegamento da percorrere a piedi o in bicicletta o a cavallo si otterrà
un percorso archeologico didattico-divulgativo diffuso sul territorio per favorire il turismo didattico.
La creazione di tutta una serie di percorsi interni perilacustri (sentieri natura, piste ciclabili, anche per
bici elettriche e percorsi per mountain-bike, piste per disabili motori ) e di avvicinamento (trasporto
su ferro “dolce” utilizzando la linea ferroviaria storica del tipo Terni-L’aquila-Sulmona con stazioni
presenti all’interno della Piana ), dettati da una filosofia di assoluta eco-sostenibilità, proprio per
meglio fruire - in maniera più compatibile - della tipicità dell’offerta museale proposta, può
coadiuvare una sinergia con le associazioni locali e non, di tipo pubblico-privato (associazioni
ciclistiche, atletiche, disabili
Pista ciclabili, il progetto della V° Comunità Montana – Montepiano reatino
Il territorio interessato dal progetto è costituito dalla conca reatina e dalla fascia collinare e montana
che vi si affaccia, per una superficie di circa 600 chilometri quadrati, circa un quinto della superficie
dell’intera provincia, dei quali oltre 100 sono rappresentati dalla pianura. L’area è ripartita in 13
Comuni, tra quali il capoluogo Rieti e una Comunità Montana che è l’Ente sovra comunale che
propone il presente progetto. In tale area sono presenti numerosi elementi di elevato valore
turistico, sotto la matrice comune e dominante dell’ambiente e del paesaggio: le acque (premio
EDEN 2011, i santuari Francescani, la riserva naturale dei laghi Lungo e Ripasottile, l’agricoltura ed
allevamento di qualità (la terra di N. Strampelli), i borghi, le attività all’aria aperta ( la patria del volo
a vela), la storia e le tradizioni culturali e gastronomiche, in uno slogan, il vivere sano in un ambiente
meraviglioso. Per conoscere le principali caratteristiche di questo territorio si riportano di seguito
alcuni spunti delle analisi contenute nel relazione d’area del Programma Integrato. Le sei misure di
cui si costituisce il progetto, descrivono più in dettaglio gli obiettivi che si prefigge il piano: 1.
Miglioramento accessibilita' e fruibilita' con le modalita' slow del territorio e collegamento delle
emergenze presenti, 2. Incentivazione attivita' sportive e ricreative all'aria aperta, 3. Potenziamento
e qualificazione dell'offerta del sistema ricettivo, 4. Recupero ambientale e valorizzazione
paesaggistica, 5. Potenziamento e qualificazione dei settori produttivi agricolo, artigianale e
gastronomico, 6. Marketing territoriale
All’interno delle sei misure sono individuati 16 interventi, alcuni divisi in più stralci progettuali per
facilitarne l’attuazione. I 16 interventi sono: 1. Realizzazione del ponte pedonale sul Velino il località
Montisola 2. Valorizzazione del Cammino di Francesco - Interventi fruibilità del percorso 3.
Valorizzazione del Cammino di Francesco - Interventi per la messa in sicurezza del percorso 4.
Completamento dell’anello sud della ciclovia della conca reatina e raccordo con la pista ciclabile
urban 5. Realizzazione dell’anello nord della rete di piste ciclabili della conca
Reatina 6. Realizzazione di una rete di sentieri idonei per mountain bike, cavallo e trekking 7.
Realizzazione di aree attrezzate di servizio e ristoro 8. Sistemazione pista di decollo deltaplani e
parapendii 9. Realizzazione di villaggi prefabbricati in legno per l’ accoglienza dei turisti 10.
Realizzazione di abitazioni galleggianti ed ecosostenibili sui laghi 11. Realizzazione aree service e
sosta camper 12. Disinquinamento dei corsi d’acqua e dei laghi della Piana Reatina attraverso la
177
realizzazione di tratti di rete fognante e relativi impianti di fitodepurazione al servizio dei nuclei
abitati e case sparse 13. Rimozione vegetazione ripariale e mantenimento dell’officiosità idraulica dei
corsi d’acqua 14. Costituzione dell’ufficio per il paesaggio 15. Rete di imprese " La valle Santa di
Francesco" 16. Marketing territoriale
Percorso dei casali e paesaggi agrari
I caratteri salienti del paesaggio agrario della pianura reatina sono determinati dalla presenza del
reticolo insediativo delle case coloniche intersecato dalla fitta rete delle strade poderali, dei canali di
scolo e irrigazione e dei segni di delimitazione delle proprietà e delle colture. Le trama di
appoderamento e l’ordinamento colturale costituiscono la struttura di base, la grammatica primaria
che caratterizza il paesaggio agrario della Piana; a questi patterns va attribuito un ruolo di
rappresentazione della permanenza e della continuità storica. In particolare lungo il percorso intorno
il lago di Ripasottile c’è una particolare rilevanza di edifici che al meglio rappresentano la tradizionale
archiettura nella piana reatina. Settecamini, Piedifiume, Procoio, Casa Bianca, La Palombara, Grotte
di S. Nicola solo alcuni dei più rappresentativi agglomerati rurali. Questo percorso non codificato da
un progetto specifico è però integrato nell’offerta di vistia che attualmente viene offerta e sarebbe
auspicabile che venisse ulteriromente valorizzato.
1.5.3.3
Strutture e servizi per l’accoglienza turistica
In questa relazione abbiamo accennato a quanti e quali progetti di programmazione e promozione
turistica sono proposti nel territorio. Promozione che si base certamente sulle indubbie potenzialità
offerte dalla natura della Riserva dei laghi, tuttavia bisogna considerare che se solo una piccola parte
della richiesta venisse soddisfatta non ci sarebbero strutture idonee per qualità e quantita a ospitare
i turisiti e viaggiatori. Il territorio ha grandi potenzialità grazie al grande patrimonio culturale e
soprattutto ambientale ma la crescita turistica rischia di essere fortemente limitata da un sistema
ricettivo poco sviluppato e caratterizzato da luci ed ombre, e da un sistema di comunicazione
nient’affatto efficace, cui si aggiungono le difficoltà del trasporto pubblico e la scarsità di eventi.
Il tema delle strutture ricettive appare dunque essere una delle questioni chiave per lo sviluppo
turistico; in questo campo le azioni sono primariamente di responsabilità di imprenditori privati, ma
le amministrazioni pubbliche possono avere un ruolo.
A fronte del limitato numero di B&B i comuni possono svolgere un’opera di sensibilizzazione
proponendo il modello dell’albergo diffuso che in aree simili ha avuto significativi incrementi e
comunque mettere in atto azioni diretta ad implementare la costituzione di attività agrituristiche
178
recuperando il patrimonio rurale esistente, così come i B&B o le locande nei centri storici limitrofi.
Ac seguire si ripoirta un elenco delle strutture, dal quale emerge conme, a fronte della resenza di
alcune eccellenze, complessivamente non si abbia una adeguata dotazione in grado di rispondere a
concreti programma di promozione turistica.
Hotel
Relais Villa D’Assio – Colli sul Velino (www.relaisvilladassio.com)
Albergo
Albergo Parco alle Noci – Rivodutri (www.parcoallenoci.it)
Albergo Villa Tizzi – Poggio Bustone (www.villatizzi.it)
Agriturismo
Tenuta Due Laghi - Rivodutri (www.tenutaduelaghi.com)
San Pastore - Contigliano (www.sanpastore.it)
Le Fontanelle - Contigliano (www.agriturismolefontanelle.com)
La Collina - Rieti
Le Chiuse di Reopasto – Contigliano (www.lechiusedireopasto.it)
Bed and Brekfast
7Camini – Rieti
Il Palazzo - Rivodutri (www.latrota.it)
Villa Belvedere - Rivodutri (www. villabelvedere.it)
Il Palazzo - Rivodutri (www.latrota.it)
Fonte del Pioppo - Loc.Montisola – Contigliano (www.fontedelpioppo.it)
Ostello della Gioventù,
Villa Franceschini – Contigliano
La Locanda Francescana – Poggio Bustone
1.5.4
PROPOSTE E CRITICITA’ PER UNA GESTIONE ECO-SOSTENIBILE
Nel turismo ormai da tempo si è andato progressivamente affermando un cambiamento molto
importante: se prima infatti venivano studiate le caratteristiche delle persone che sceglievano un
determinato luogo, oggi vengono messi al centro degli studi le passioni, i desideri, le motivazioni che
influenzano la scelta dei turisti. Gli studi sono cambiati in funzione del cambiamento della domanda
(anzi della società, sempre più evoluta e complessa) e non viceversa. Inoltre con la crescita del
turismo e l’affinarsi degli studi sociali e delle tecniche di marketing, lo studio dei fenomeni è
diventato uno strumento attraverso il quale individuare possibili vantaggi competitivi. La frase va
ribaltata: il punto è che mentre prima scelta della destinazione e motivazione coincidevano, adesso le
motivazioni dietro a una scelta turistica sono molto più complesse e quindi la scelta di un luogo
piuttosto che un altro è meno legata al luogo in sé, quanto piuttosto a una serie di circostanze legate
ad aspettative, stile di vita, identità sociale, costo, qualità, ecc.
E’ diventato quindi sempre più importante conoscere il motivo per cui si viaggia rispetto al luogo in
cui si va, il che ha determinato da un lato la segmentazione della domanda: da un unico target, ad
esempio chi va in montagna, si è passati a più target: chi sceglie la montagna persciare, per fare
vacanza attiva, per stare a contatto con la natura; dall’altro la necessità da parte dell’offerta di
adattarsi a queste nuove esigenze dei turisti. Quest’ordine di considerazione si misura con
l’evoluzione delle aree territoriali protette che stanno sempre più affermando il loro valore, il loro
ruolo attivo nel tessuto sociale, culturale ed economico dei territori di cui fanno parte.
179
Le aree protette si stanno progressivamente trasformando in zone da valorizzare attraverso forme di
turismo sostenibile, in cui una natura intatta, così come il patrimonio di salute e biodiversità, sono
visti anche come risorse turistiche. I Parchi possono dunque realizzare un uso innovativo dei luoghi,
dell’ambiente, affrontando un percorso di valorizzazione in chiave turistica che dovrà essere in grado
di:
• rendere attrattivo il territorio entrando in competizione con un mercato del turismo sempre più
specializzato;
• comunicare l’area e le attrattive del territorio, ma anche i divieti, nel modo più efficace possibile;
• trasmettere all’ospite le caratteristiche distintive, i temi forti e caratteristici.
In questa ottica, il vero punto di forza della Riserva dei laghi Lungo e Ripasottile rimane la presenza
di un patrimonio naturale di tutto rispetto. Se si considera che è sempre maggiore la richiesta da
parte del pubblico di soggiorni turistici “verdi”, che hanno nella scoperta della natura e nel rispetto
dell’ambiente i loro elementi caratteristici, capire lo stato dell’arte a livello regionale ed individuare
le linee programmatiche su cui lavorare, sembra essere la prospettiva da seguire. Sebbene il turismo
natura sia ancora una nicchia del mercato turistico è, in tutte le sue declinazioni, in constante
crescita, se si considera che è stata registrata una crescita a livello mondiale tre volte superiore a
quella segnata dal turismo nel suo complesso.
Dall’analisi dei dati recenti emerge che tra i segmenti più rappresentativi del turismo-natura, al primo
posto si collocano i “parchi-aree protette”, al secondo la “montagna” che, rispetto allo scorso anno,
scavalca l’”agriturismo” che scende in quarta posizione, preceduto anche dal segmento “mare-parchi
e riserve marine”. In quinta posizione troviamo il “turismo rurale” che precede a sua volta i “borghi
più belli d’Italia”, che fanno la loro prima apparizione in questa speciale graduatoria, e il “turismo
lacuale”.
Il turista che sceglie il prodotto turismo-natura per le proprie vacanze, lo fa perché ama rilassarsi e
vivere in un contesto tranquillo, conoscere le tradizioni culturali, folcloristiche ed enogastronomiche,
conoscere il “territorio ed ambiente e l’ospitalità e disponibilità della gente del luogo.
Riguardo invece alle aspettative, al primo posto troviamo il “vivere a contatto con la natura”, seguita
dalla possibilità di “praticare sport e attività all’aria aperta”, dal “frequentare luoghi poco affollati”,
dal “desiderio di libertà” e, infine, dai “prezzi modici”.
I turismi emergenti
Strettamente legato alla crescita dell’interesse per la forma fisica e per il benessere psicofisico, il
turismo sportivo, sta vivendo negli ultimi anni un grande successo di partecipazione. Inoltre,
costituisce una nuova opportunità di sviluppo locale in grado di completare l’offerta turistica di un
territorio che è in perfetta linea con le esigenze dei turisti natura. Da sempre il turismo nei parchi e
nelle aree protette si caratterizza come il turismo attivo per eccellenza: il fine non è solo quello di
ammirare le bellezze naturali e paesaggistiche, ma anche di rispondere al bisogno di pratica sportiva
insieme a quello di libertà, di contatto con la natura e di recupero della dimensione personale. Non è
facile quantificare il numero di turisti che pratica sport all’aria aperta, attività che può variare dalle
forme più semplici come la mountain bike fino agli sport estremi, passando attraverso i vari gradi di
intensità del trekking.
Quest’area ha già una grande tradizione di sport all’aria aperta come l’atletica leggera e gli sport
dell’aria e comunque rispetto alle caratteristiche sopra citate, la Riserva dei laghi sembra proprio il
luogo dove incrementare queste attività, sempre guardando alle linee guida sulla conservazione.
Il crescente interesse per la vacanza attiva come esperienza di pieno contatto con la natura, ha visto
il fiorire di una serie di attività sportive che potrebbero essere implementate anche nella Riserva dei
laghi.
Questo tipo di specializzazione dei prodotti turistici, ben si sposa con le risorse presenti, ma deve
necessariamente fare i conti non solo con i servizi turistici dedicati alle specifiche tipologie di attività
presenti nelle aree protette, ma anche con le strutture ricettive presenti, che devono essere in grado
180
di saper accogliere questi nuovi target. In questa fase sarà opportuno pertanto procedere ad un
focus sintetico sui possibili prodotti turistici da implementare, al fine di quantificare la domanda
turistica che li caratterizza e comprendere quali sono le esigenze dei turisti natura che decidono di
fare un’esperienza di vacanza attiva.
Prima di entrare nel dettaglio dei singoli prodotti turistici va inoltre ribadito che stiamo parlando di
attività di nicchia che possono essere realizzate in armonia con i criteri di sostenibilità ambientale di
cui le aree protette si fanno portatori.
Il cicloturismo
Il cicloturismo, dopo lo sci e il trekking, è la terza disciplina per numero di praticanti in vacanza. La
bicicletta suscita un grande interesse da parte della domanda turistica. Questo prodotto sembra
essere in perfetta linea con la vocazione naturalistica dei territori oggetto dell’analisi, ma perché si
possa lavorare allo sviluppo di questo segmento di mercato, indispensabile è la progettazione di
percorsi e strutture dedicate e lo sviluppo dei servizi connessi che permettano a chiunque di
avvicinarsi a tale pratica.
La Riserva dei laghi sembra il luogo ideale per praticare questo tipo di sport e di fatto già in tutta la
piaura esistono dei percorsi informali, certamente si tratta di dare risalto alle potenzialità che esso
offre, sviluppando strutture dedicate e agevolando l’arrivo, lo spostamento e la permanenza del
turista in mountain bike. E’ necessario offrire al turista in bicicletta la possibilità di venire in contatto
e di fruire di un significativo ambiente naturale, di potenziare la rete di percorsi cicloturistici
appositamente realizzati o che sfruttino la viabilità secondaria esistente, facilitando gli spostamenti
“lenti” e che questa rete sia supportata da una cartografia e da una cartellonistica apposita, lavorare
sulla sinergia tra le imprese, pubbliche e private, in sinergia, per il successo dell’iniziativa.
Gli sport fluviali
La Riserva è solcata da molti fiumi e torrenti e i due laghi. Ovviamente su tutte queste aree vige il
regolamento che disiplina la frequentazione di questi habitat che rappresentano il cuore della
biodiversità della Riserva. Quindi parliamo di una frequentazione molto rispettosa, tuttavia sul fiume
Velino che si collega al lago di Piediluco è possibile incentivare la pratica della canoa o del soft rafting
e altre frequentazioni in considerazione dell’evoluzione di questi sport in termini di tecnica e
sicurezza, che ha consentito di legare tali attività alla vacanza turistica tradizionale, con un
conseguente allargamento del bacino di domanda, non più limitato al target di “esperti”.
Rafting, canoismo e torrentismo, rappresentano discipline sportive molto interessanti per le
peculiarità che hanno e che si possono declinare in forme diverse nel territorio (assecondando la
vocazione sportiva/agonistica, ludica/ricreativa, formativa/educativa). Il rafting è uno sport adatto a
tutti, dai più piccoli ai più grandi (per i bambini spesso vengono creati percorsi ad “hoc”), non occorre
avere abilità particolari e nemmeno un’adeguata preparazione atletica, in quanto gli unici requisiti
sono saper nuotare, godere di buona salute e avere una sana voglia di avventura.
Escursionismo e trekking
Prima era considerato solo come una risorsa per lo sviluppo del turismo montano, invece
l’escursionismo praticato anche in luoghi non montani ha accresciuto il panorama dei turisti che lo
praticano ad ogni età.
Nel caso della pianura reatina si sommano tre caratterisitche che unite in costituiscono una
formidabile offerta di escursionismo e trekking. Infatti, il percorso religioso del “Cammino di
Francesco”, i Sentieri Natura della Riserva dei laghi Lungo e Ripasottile che introducono nella piana
reatina e i sentieri di montagna che, dalla piana, salgono fino sulla catena appenninica dei monti
reatini sono una formula che certamente può avere una straordinaria validità nel target del turismo
escursionistico.
L’equiturismo
Il turismo equestre nella Riserva è oggi limitato a qualche evento rievocativo, invece la varietà del
territorio e alla diversità naturalistica, paesaggistica e culturale, potrebbe rappresentare un valido
181
contributo all’offerta turistica del territorio. A confermare tutto questo sono appunto le rievocazioni
sulla transumanza che vengono stagionalmente proposte. D’altronde questo tipo di turismo è uno
dei più richiesti nelle aree protette appenniniche dove si proprongono dei veri e propri trekking tra
montagna e pianura.
Il turismo enogastronomico
Il turismo enogastronomico è sicuramente una forma di viaggio in grado di coinvolgere un numero
sempre maggiore di turisti e visitatori, che vogliono andare alla ricerca di sapori e di tradizioni
autentiche.
L'enogastronomia rappresenta un prodotto turistico trasversale, presente per qualità, ricchezza
e varietà su tutto il territorio a complemento di altri prodotti turistici come ad esempio la cultura, il
benessere, lo sport in montagna ecc.
Il turismo culturale
Il patrimonio artistico e culturale della Riserva è abbastanza povero se si esclude le testimonianze
della protostoria, cosi come proposte dal Dott. Carlo Virili (vedi proposta), o la villa romana di Quinto
Assio.
Quindi sembrerebbe che l’attrazione culturale sia soprattutto scritta, come dicevamo, nella storia del
territorio così poco visibile e scenografica. Tuttavia, ad attrarre i turisti culturali non c’è solo un
interesse specifico per la visita di monumenti, chiese, musei, ma anche la scoperta dell’atmosfera
della città e dei luoghi che si visitano anche attraverso tradizioni, gastronomia, artigianato. Anche
l’ambiente è un aspetto culturale qualificante del territorio, di chi ospita e di chi viene ospitato e
deve essere inteso come componente vitale di un nuovo modello culturale dinamico e sostenibile.
Affinché il patrimonio culturale si converta in prodotto turistico è opportuno procedere ad una
messa a sistema delle specificità culturali locali, anche attraverso una convivenza costruttiva tra i
residenti ed i flussi turistici. Affinché un elemento del patrimonio culturale si converta in prodotto
turistico è necessario renderlo adatto alla fruizione turistica attraverso:
Il turismo scolastico e l’Educazione ambientale
Questo dovrebbe essere il vero e proprio target di riferimento per un’area protetta. Il turismo
scolastico è ancora oggi un segmento poco studiato, nonostante la sua rilevanza economica – spesso
non compresa neppure dagli operatori del settore – e le sue potenzialità formative visto che
rappresenta un’occasione di integrazione forte tra le attività educative e quelle di
intrattenimento/divertimento. In relazione alle attività che è possibile svolgere all’interno delle aree
protette appare pertanto utile potenziare gli aspetti dell’educazione ambientale, rendendoli
maggiormente attrattivi per questo target. I Centri Visita svolgono spesso una funzione didattica,
culturale, educativa, essendo dotati di piccoli musei ed esposizioni, che ben si sposa con questa
tipologia di turismo, che permette di intercettare flussi turistici destagionalizzati.
Se questi sono i target di riferimento più adeguati certamente uno dei temi più importanti è quello
della conoscenza, comunicazione e promozione di questo territorio.
Comunicazione, promozione e servizi
Le azioni di sviluppo del turismo saranno tanto più di successo quanto avranno il supporto di
unacomunicazione istituzionale efficace, il sito ufficiale della Riserva dei laghi e quelli dei Comuni non
sono certamente esaurienti per la promozione del turismo. Infatti, un tema che vale la pena di
accennare è quello dell’identità visiva e comunicativa del territorio, come già evidenziato, l’area del
reatino in generale e più specificatamente quella della pianura non aderisce a nessun progetto di
identità turistica che lo faccia emergere e lo renda riconoscibile. Il brand, per così dire, più
riconosciuto è quello della Valla Santa di San Francesco recentemente coniugato con il Cammino di
Francesco, che tuttavia non rende giustizia a tutte le altre componenti del territorio.
Gli elementi originali e rari di questo territorio sono senza dubbio rappresentati dalla storia delle
182
acque e dalla loro presenza lussureggiante in ogni luogo di questo territorio che termina
clamorosamente con la Cascata delle Marmore.
Tentando di sintetizzare una descrizione del luogo, si avrebbe lam seguente immagine: nel centro
dell’Italia, lungo l’asse tra l’Umbria di Assisi e la città di Roma, si trovano le Terre verdi del fiume
Velino, che racchiudono in una giornata di cammino tutte le promesse di una vacanza perfetta. Qui è
possibile ammirare le multiformi manifestazioni della sorgente della vità: fiumi, laghi, fontanili,
risorgive sono diffusi in tutto il territorio e si mostrano lungo il cammino di cento percorsi. L’acqua
diviene spettacolo fragoroso nella Cascata alle Marmore e luogo d’incanto di natura e silenzio nei
piccoli Laghi di Piediluco, Ventina, Lagolungo e Ripasottile o nella Sorgente di S. Susanna. Nella
pianura solcata dalle acque, nelle colline, in montagna, in questa oasi di pace e di autentica
semplicità è possibile muoversi con dolcezza o con vigore, ma sempre lontani dal fragore delle
automobili e dall’atmosfera caotica della città. Lo sport per tutti, intenso e appassionato o lieve e
moderato, ma rigorosamente all’aria aperta, la quiete del paesaggio, il calore dell’accoglienza e
l’autenticità delle tradizioni accompagnano il visitatore in un percorso di completa rigenerazione.
1.5.5
-
-
-
-
-
BIBLIOGRAFIA E DOCUMENTAZIONE UTILIZZATA
Studio sulle potenzialità turistiche dei Comuni di Colli sul Velino, Greccio, Labro, Leonessa,
Morro Reatino, Rivodutri – Documentato preparato dal Dott. Diego Petruccelli - V° Comunità
Montana, Montepiano reatino, 2014.
Realizzazione di 4 pannelli didattici relativi ad una Prima Musealizzazione dei 4 siti
protostorici ricadenti nel territorio della Riserva naturale dei laghi Lungo e Ripasottile, Dott.
Carlo Virili, 2014.
Mostra: L’uomo e l’acqua nela Riserva, dall’archeologia protostorica all’archeologia
industriale, Consorzio di Bonifica della Piana reatina, Riserfva dei laghi, 2013.
Dati ISTAT 2010-2012.
Accordo di Programma tra le Provincie di Terni e Rieti e i Comunidi Terni e Rieti, per lo studio
preliminare di analisi ambientale finalizzato alla valorizzazione dell’asse Marmore-PiedilucoValle Santa, nell’ambito della promozione turistica del sistema ternano reatino.
Lo Sviluppo di una destinazione turistica sostenibile EDEN, Dott. Omero Mariani, 2013
Atlante Nazionale del Territorio Rurale, Dossier di Rieti, Ministero delle Politiche Agricole
Alimentari e Forestali, Rete Rurale Nazionale, 2007-2013
Il Parco Accogliente. Fruibilità e Accessibilità delle Aree Naturali Protette del Lazio, Agenzia
Regionale dei Parchi, 2012.
Carta Europea del Turismo Sostenibile nelle Aree Protette, Federparchi, 2010
Ricognizione, mappatura e analisi del turismo nei parchi e riserve naturali della Regione
Lazio, CTS, 2010
Le performance di vendita delle imprese del ricettivo -Osservatorio turistico provinciale Periodo di riferimento: Gennaio a Marzo 2013 e prenotazioni Aprile-Giugno 2013,
Osservatorio Turistico Provinciale, Camera di Commercio di Rieti
Rieti Centro d’Italia verso il Giubileo del 2000 – Documento a cura del Censis
183
1.6
1.6.1
LA STORIA DEL TERRITORIO
CARATTERI STORICO-AMBIENTALI
Le caratteristiche orografiche e idrogeologiche del territorio della cosiddetta Piana Reatina, e
soprattutto le loro vicende, così come quelle delle popolazioni che lo abitarono nel tempo, sono state
per la prima volta insieme e in maniera puntuale studiate e descritte da Dupré Theseider (E. Dupré
Theseider, Il lago Velino. Saggio storico-geografico, Rieti 1938), con un’opera che rimane
fondamentale per qualsiasi approccio alle problematiche «ambientali» e «storico-ambientali» del
territorio in essa descritto dall’età quaternaria in poi. L’opera di Dupré Theseider rappresenta un
esame puntuale sia della cartografia medievale e moderna riguardante i laghi residuali, sia della
documentazione scritta, sia delle fasi climatiche che hanno generato e condizionato lo sviluppo di siti
abitati dall’età del bronzo all’età del ferro (e che poi hanno determinato anche la nascita e lo
sviluppo di Rieti).
Particolare attenzione è stata posta dall’illustre studioso – che ancora oggi non può essere ignorato
in qualsiasi ricerca che abbia per oggetto l’evoluzione del Lago Velino – e da alcuni altri che hanno
seguito la sua scia, sui primi insediamenti umani, sulle prime opere di bonifica che ebbero come
punto nodale quella realizzata nel 272 a. C. dal console Manio Curio Dentato. La bonifica Curiana non
fu sufficiente a prosciugare l’intera Piana e, come messo a fuoco da altri studiosi, si resero necessarie
le aperture di altre «cave» come la Gregoriana e la Paolina.
L’opera di Dupré Theseider si innestava su un solco già tracciato da un altro grande studioso sabino, il
geografo Riccardi [R. Riccardi, Il lago di Cantalice o Lungo. Note limnologiche, in «Rivista Geografica
Italiana», XVIII/5-10 (1921), pp. 76-85; Id., Il lago di Ripasottile. Note limnologiche, in «L’Universo»,
III/10 (1922), pp. 677-694]. In tempi molto più recenti, però, una notevole produzione bibliografica è
venuta ad approfondire e ad arricchire la conoscenza delle vicende storiche e delle trasformazioni del
paesaggio del territorio che qui ci interessa, permettendo una serie di nuove acquisizioni sulle
caratteristiche ambientali, culturali, storiche e artistiche.
Indubbiamente un forte impulso alla «scoperta» e allo studio della protostoria velina venne dato in
quegli stessi anni da Giacomo Caprioli che nella zona di Ponte Crispolti, di Campo Reatino Alto e di
Basso Cottano, recuperò, durante la realizzazione dei canali di bonifica, numerosi e importanti
oggetti e frammenti ceramici risalenti per lo più alla tarda età del bronzo (XIV-X sec. a. C.)6. Le
scoperte del Caprioli si sono rivelate importanti anche per formulare sempre più attendibili teorie
sulle dinamiche del popolamento umano della Piana. Su questo specifico argomento il contributo più
consistente è venuto (Anni Settanta-Ottanta del secolo scorso) dal prof. Gian Luigi Carancini
dell’Università di Perugia che è riuscito ad individuare, con il suo gruppo di ricerca sul campo, 40
insediamenti protostorici.
In tempi a noi piuttosto vicini, infine, è intervenuta (1 dicembre 2012) la realizzazione di un rilevante
(ma ahimè scarsamente pubblicizzato) convegno di studi sull’antico Ager Reatinus (“Antichi abitatori
della Conca Velina. Ricognizioni archeologiche nell’area dell’antico Lacus Velinus”), che ha portato a
una migliore conoscenza non solo degli aspetti idrogeologici del territorio della Riserva, ma anche ad
approfondimenti e a precisazioni riguardanti alcuni siti archeologici protostorici che insistono sullo
stesso territorio: uno di essi ricade nel Comune di Rivodutri, uno in quello di Poggio Bustone e due in
quello di Rieti. Simone Amici e Carlo Virili hanno parlato del sito di Casa Fonte Giovannone, Lionello
Morandi di quello di Vicenna Riara, ancora Carlo Virili di quello del Campo di Santa Susanna, e Giulia
Ranelli infine dell’ultimo a Fosso di Valle Tribolata. Si attendono ovviamente gli Atti di quel Convegno
6
Fra i reperti rinvenuti da Caprioli è la famosa urna cineraria a capanna risalente al IX secolo a. C. ora al Museo Civico di Rieti, Sezione
Archeologica.
184
per poter elaborare delle schede più numerose, precise ed esaustive di quelle che da noi sono state
qui allegate.
Nella figura, la Carta dei rinvenimenti preistorici nella cosiddetta Piana Reatina (inclusa area Riserva
Laghi Lungo e Ripasottile).
(Da Reate e l’Ager Reatinus. Vespasiano e la Sabina: dalle origini all’impero, Roma 2009)
Nella vasta ma non sempre innovativa produzione bibliografica, invece, vanno citati in particolare i
seguenti studi:
185
•
R. Lorenzetti, Studi e materiali per una storia sociale e economica della Sabina, Città di Castello
1989;
•
R. Lorenzetti, Insediamenti storici e architettura rurale nella valle reatina, Perugia 1994;
•
R. Marinelli, Malinconiche dimore. Indagini tra topografia ed etnografia degli insediamenti
medievali e pastorali abbandonati dei Monti Reatini ai confini dell’Abruzzo, L’Aquila 2007;
•
R. Marinelli, La bonifica reatina. Dal canale settecentesco di Pio VI alle Marmore ai impianti
idroelettrici del Bacino Nera-Velino, L’Aquila 2010.
Queste opere hanno il merito di aver fatto crescere l’attenzione verso il patrimonio culturale
(architettonico nonché archeologico), verso il paesaggio (custode di una variegata fauna) e verso i
molteplici beni materiali che si trovano all’interno dei confini della Riserva. Non solo, ma hanno
anche permesso di cogliere diverse interrelazioni (alcune di originale particolarità) fra i citati fattori.
Per fare un esempio, si pensi alla testimonianza di un insediamento abitativo sparso, diffusosi fra Sei
e Settecento (con un certo ritardo rispetto ai territori umbri limitrofi), e caratterizzato da una
notevole serie di edifici colonici molti dei quali oggi abbandonati ma ancora tali da offrire precisa
testimonianza del loro valore storico, artistico e culturale.
Proprio questo tipo di insediamento si pone come asse portante dei risultati della nostra
osservazione-ricognizione perché rappresenta una testimonianza storica esemplare, tale cioè da
dover e poter essere estesa ad altri territori (anche più lontani) per poter trarre differenze e
similitudini di processi costruttivi seguiti sia per le cosiddette case mezzadrili (o fattorie), sia per i
semplici annessi (magazzini e fienili).
L’esame sul campo e la testimonianza offerta dai (pochi) documenti del passato sugli edifici rurali ci
permettono di classificare gli insediamenti della Riserva (e della Piana) in quattro tipologie principali:
•
Insediamento a nucleo centrale, a sua volta di tipo regolare (esempio: Casa Bianca, con la casa
mezzadrile fiancheggiata dagli edifici annessi), oppure irregolare (la maggior parte dei casali
isolati);
•
Insediamento a corte. Tipico esempio è offerto da Settecamini (complesso S. Giuseppe).
•
Insediamento lineare lungo la strada sia del casale sia degli annessi principali. Un esempio viene
da Case Procoio già di proprietà dei principi Potenziani.
•
Insediamento misto (fra quello lineare e quello a corte). Es. Piedifiume.
Per quanto riguarda la schedatura di essi (sono decine e decine i casali meritevoli di attenzione) il
nostro riferimento principale e costante è alla catalogazione curata nel 2008 da Carlo Cellamare e
Michela Colantuono, del Dipartimento di Architettura e Urbanistica dellUniversità di Roma La
Sapienza7. Chiaramente, come avvertono Cellamare e Colantuono nel loro repertorio, che così come
il nostro rappresenta soltanto una minuscola banca dati, le sopradette tipologie insediative possono
presentarsi sia in un unico immobile sia in maniera ripetitiva.
A loro volta le tipologie edilizie principali (per le quali utilizziamo gli stessi criteri di Cellamare e
Colantuono) sono rappresentate dalla casa mezzadrile (casale) e dall’annesso più tipico, cioè il fienile.
7
Questo lavoro, a sua volta, partiva dalla citata ricerca di Lorenzetti sugli insediamenti storici e
l’architettura rurale nella valle reatina, ricca di documenti d’archivio e di riferimenti cartografici, che si
impone come prima organica raccolta di dati sulla formazione di questi complessi agricoli.
186
Il casale, generalmente a pianta rettangolare, nelle strutture portanti è fabbricato in muratura mista
in sponga o pietrame e laterizio; i solai sono realizzati con travi e tavole di legno oppure con travi di
ferro e voltine in laterizio, successivamente modificati con travette in cemento armato.
Il piano terraneo del casale (il rustico) è generalmente adibito a magazzini, rimessa degli attrezzi e a
stalle; il piano superiore, al quale si accede mediante una scala esterna con loggetta terminale, è
adibito invece ad abitazione. La copertura del tetto, infine, è fatta di coppi in laterizio.
Anche il fienile è utilizzato come deposito di attrezzi e macchinari oltre che di prodotti agricoli. Esso è
a pianta rettangolare, a un solo piano (non mancano soppalchi interni che sopperiscono a necessità).
Alcuni fienili presentano pilastri costruiti in murature di mattoni o in legno; altri, più recenti e
moderni, sono in ferro oppure in cemento armato. Di conseguenza anche il tetto a volte presenta
una struttura in capriate in legno o in ferro oppure in cemento armato; la copertura è in coppi, in
lamiera e persino in cemento armato.
Come detto poco sopra, la nostra schedatura degli edifici e dei complessi di edifici rurali di valore
storico, architettonico e ambientale compresi nel perimetro della Riserva, segue costantemente la
catalogazione fatta da Carlo Cellamare e Michela Colantuono del Dipartimento di Architettura e
Urbanistica dellUniversità di Roma La Sapienza, arricchendola, qua e là, di alcune minime
osservazioni collegate alle finalità complessive del Piano di Assetto.
Sulla stessa falsariga sono stati schedati gli edifici di culto edificati nel territorio della Riseva dei Laghi;
per essi si è tenuto conto anche di quanto rilevato dalla Carta dei luoghi di culto dela Diocesi di Rieti
realizzata nel 1997 dalla Regione Lazio.
Fra i beni culturali da preservare abbiamo incluso le idrovore che permettono di mantenere le acque
del lago di Ripa Sottile a un livello tale da rendere possibile l’attività agricola nei terreni circostanti
che altrimenti sarebbero costantemente invasi dalle acque . Le idrovore, risalenti a oltre mezzo
secolo fa ma ancora in uso da parte del Consorzio di Bonifica della Piana reatina, rappresentano già
esempi di archeologia industriale da non tralasciare ma da tutelare e preservare.
Le schede, di conseguenza, rispondono a queste ipotesi informative
Denominazione (attuale ed eventuali precedenti).
•
Tipologia (insediamento agricolo, edificio sacro, edificio civile, impianto tecnico).
•
Comune
•
Località
•
Datazione (rilevata per lo più con i criteri di Cellamare-Colantuono, con eventuali note
storiche)
•
Caratteri ed elementi di pregio (consistenza fisica, elementi di arredo, distribuzione degli
spazi)
•
Stato di conservazione
Segue REPERTORIO SCHEDE BENI STORICI
187
Scheda archeologia industriale n. 1
IMPIANTO DELLE IDROVORE
Denominazione
Attuale: Centro Visite Riserva Naturale Laghi Lungo e Ripa Sottile
Fabbricato idrovore
Tipologia
Impianto tecnico
Comune
Colli sul Velino
Località
Lanserra
Datazione
1937-1945
Caratteri ed
Complesso di quattro elettropompe ad asse verticale a servizio continuo con
elementi
di
pregio
portata massima di 18,5 mc/sec.; mantiene il livello dei due laghi (collegati tra loro
dal canale della Vergara) alla quota costante di 369 m s.l.m. [e comunque al di
sotto del livello naturale].
Stato
di
Buono
conservazione
Bibliografia
Marinelli 2010, pp. 257-281
188
Scheda n. 1
CASA FIORENTINI
Denominazione
Casa Fiorentini; è detta anche Case Micheli
Tipologia
insediamento agricolo. Tipica casa mezzadrile.
Comune
Rieti
Località
Fra Settecamini e Lama dei Santi
Datazione
Successiva al 1820. Attualmente appartiene alla famiglia Inches.
Caratteri
del
complesso
Tipica casa mezzadrile di origine antica con annessi di più recente costruzione.
Anche l’edificio fattoriale originale ha subito aumenti di cubatura in tufo e laterizi.
Materiali utilizzati
Pietrame misto per la struttura portante; travi di legno in copertura; laterizio.
Elementi di pregio
Consistono
Stato
Edificio fatiscente
(Cellamare-Colantuono)
nell’articolazione
degli
spazi
interni
(abitazione sovrapposta al rustico), nei materiali e negli elementi di finitura.
di
conservazione
Bibliografia
CELLAMARE-COLANTUONO 2008, sch. 1.
189
Scheda n. 2
CASA MEZZADRILE DI SETTE CAMINI
Denominazione
Nessuna
Tipologia
Insediamento agricolo. Tipica casa mezzadrile.
Comune
Rieti
Località
Sette Camini
Datazione
Prima metà del XIX secolo. L’edificio, dismesso, è di proprietà privata.
Caratteri
Edificio singolo; conformazione degli spazi e materiali utilizzati rimasti inalterati.
del complesso
Materiali
Per la struttura portante sono stati usati pietrame misto listato a mattoni; la
utilizzati
copertura è stata realizzata con travi di legno; ricorsi in laterizio a sottolineare le
aperture e le «finestre cieche».
Elementi
Essi sono rappresentati non solo dall’articolazione degli spazi interni (abitazione
di pregio
sovrapposta a rustico), dai materiali e dalle finiture, ma anche dal sistema di
accesso: la scala esterna è coperta da tettoia addossata alla facciata che immette
su un ballatorio con forno.
Stato di
Fatiscente.
conservazione
Bibliografia
CELLAMARE-COLANTUONO 2008, sch. 2.
190
Scheda n. 3
SETTE CAMINI
Denominazione
Sette Camini. San Giuseppe.
Tipologia
Insediamento agricolo. Tipica casa mezzadrile.
Comune
Rieti
Località
Sette Camini
Datazione
Caratteri
II metà del XVII sec.? Proprietà privata della famiglia Blasetti.
del
Agglomerato costituito da due grandi complessi fattoriali e da una chiesa (sch. a
complesso
parte).
Materiali utilizzati
Pietrame misto listato a mattoni per la struttura portante; ricorsi in laterizio a
sottolineare gli archi degli ingressi , le aperture e le «finestre cieche». Il
complesso non ha subito ristrutturazioni e/o aggiunte tali da averne pregiudicato il
carattere originario.
Elementi
di
pregio
Nell’articolazione degli spazi interni (abitazione sovrapposta a rustico), nei
materiali e negli elementi di rifinitura, nel sistema di accesso alle abitazioni (scala
esterna addossata a facciata, coperta con tettoria e terminante con ballatoio.
Stato
di
Fatiscente, fatta eccezione per un’ala del complesso residenziale .
conservazione
Bibliografia
CELLAMARE-COLANTUONO 2008, sch. 3.
191
Scheda n. 4
PIEDIFIUME
Denominazione
Piedifiume. Già Tenuta del Sacramento
Tipologia
Insediamento agricolo. Tipica casa mezzadrile.
Comune
Rieti
Località
Piedifiume
Datazione
Seconda metà XVIII sec.; all’epoca era costituita da una casa rurale con stalla,
chiesetta e mulino. Venne acquistata nel 1797 dalla famiglia Potenziani che
trasformò la tenuta in una moderna azienda agraria.
Caratteri
del
complesso
Agglomerato costituito da un grande edificio fattoriale d’epoca con forno esterno
e 4 casali edificati ungo la strada. Alcune rimesse e alcuni annessi sono di più
recente costruzione.
Materiali utilizzati
Pietrame misto listato a mattoni, capriate lignee, pietra squadeata negli angoli e
negli architravi monolitici degli ingressi, aperture sottolineate da laterizio.
Elementi di pregio
Nell’articolazione degli spazi interni (abitazione sovrapposta a rustico), nel
sistema di accesso (scala esterna addossata alla facciata che termina con un
ballatoio), nei materiali e negli elementi di finitura.
Stato
di
Fatiscente.
conservazione
Bibliografia
CELLAMARE-COLANTUONO 2008, sch. 4.
192
Scheda n. 5
CASE PROCOIO
Denominazione
Case Procoio
Tipologia
Insediamento agricolo. Tipica casa mezzadrile.
Comune
Rieti
Località
Colle S. Balduino
Datazione
Edificato dai marchesi Potenziani intorno al 1830. Nel 1924 ha subito alcuni
ampliamenti e rimaneggiamenti.
Caratteri
del
complesso
Agglomerato di edifici fattoriali contigui; grande fontana all’ingresso del
complesso.
Materiali utilizzati
Scale in pietra. Altro non visibile a seguito di recenti ristrutturazioni.
Elementi di pregio
Nell’articolazione degli spazi interni (abitazione sovrapposta a rustico), nel
sistema di accessi (scala esterna addossata alla facciata e che termina con un
ballatoio).
Stato
di
Buono.
conservazione
Bibliografia
CELLAMARE-COLANTUONO 2008, sch. 5.
193
Scheda n. 6
CASA BIANCA
Denominazione
Casa Bianca
Tipologia
Insediamento agricolo. Tipica casa mezzadrile.
Comune
Rieti
Località
Casa Bianca
Datazione
Post 1820. Evidenti testimonianze di ristrutturazioni succssive.
Caratteri
del
Agglomerato costituito dall’edificio mezzadrile, 2 stalle esterne, 2 fienili, una
complesso
porcilaia, una grande fontana.
Materiali utilizzati
Struttura portante in pietrame misto listato a mattoni rifinito con intonaco di
Elementi di pregio
Nell’articolazione degli spazi interni (abitazione sovrapposta a rustico), nel
cemento.
sistema degli accessi (scala esterna addossata alla facciata che immette su un
ballatoio), nei materiali utilizzati.
Stato
di
Fatiscente
conservazione
Bibliografia
CELLAMARE-COLANTUONO 2008, sch. 6.
194
Scheda n. 7
ARA GRANDE
Denominazione
Ara Grande
Tipologia
Insediamento agricolo
Comune
Rieti
Località
Ara Grande
Datazione
1800 ca.; più volte definita nei docc. «trasannone ad uso fienilessa».
Caratteri
del
Fienile
complesso
Materiali utilizzati
Pietrame misto nella struttura portante; capriate ligneee e copertura in
Elementi di pregio
Capriate lignee
Stato di conservazione
Fatiscente
Bibliografia
CELLAMARE-COLANTUONO 2008, sch. 7.
coppi.
195
Scheda n. 8
COMUNALETTO
Denominazione
Comunaletto
Tipologia
Insediamento agricolo. Tipica casa mezzadrile.
Comune
Rieti
Località
Comunaletto
Datazione
Post 1820. È uno dei numerosi complessi che contraddistinguono l’Area
Comunaletto.
Caratteri
del
complesso
Assembramento di edifici composto dal fabbricato fattoriale con stalla e forno
esterni, e dai depositi dei raccolti e degli attrezzi di più recente costruzione.
Materiali utilizzati
Struttura portante in pietrame misto listato a mattoni, parzialmente coperta da
intonaco; orditura lignea per le coperture.
Elementi di pregio
Nell’articolazione degli spazi interni (abitazione sovrapposta a rustico), nel
sistema degli accessi (scala esterna addossata alla facciata che immette sul
ballatoio), nei materiali usati.
Stato
di
Fatiscente
conservazione
Bibliografia
CELLAMARE-COLANTUONO 2008, sch. 8.
196
Scheda n. 9 bis
CASAL GRANDE 2
Denominazione
[Casal grande]
Tipologia
Insediamento agricolo
Comune
Rieti
Località
Comunaletto
Datazione
Ante 1820. Si tratta di due edifici colonici che sorgono lungo la strada, di fronte a
Casal grande con il quale condividono diversi caratteri ed elementi di pregio.
Caratteri
del
-
complesso
Materiali utilizzati
Struttura portante in pietrame misto listato a mattoni parzialmente nascosta
dall’intonaco.
Elementi di pregio
-
Stato
Fatiscente
di
conservazione
Bibliografia
CELLAMARE-COLANTUONO 2008, sch. 9
197
Scheda n. 9
CASAL GRANDE
Denominazione
Casal Grande. Oggi Agriturismo San Nicola.
Tipologia
Insediamento agricolo. Tipica casa mezzadrile.
Comune
Rieti
Località
Comunaletto
Datazione
Ante 1820. È uno dei 5 casali della cosiddetta Area Comunaletto (Tenuta
Caratteri
Edificio singolo; si componeva in origine di 18 vani occupati da due famiglie
del complesso
coloniche. Dopo i recenti restauri, che non hanno alterato le caratteristiche originarie
Comunaletto).
del manufatto, è stato trasformato in agriturismo.
Materiali
Struttura portante in pietrame misto listato a mattoni parzialmente nascosta
utilizzati
dall’intonaco.
Elementi
Nell’articolazione degli spazi interni (abitazione sovrapposta a rusticvo), nei materiali
di pregio
utilizzati, nel sistema degli accessi (scala esterna addossata alla facciata culminante
con un ballatoio. Meritevoli di attenzione sia la copertura a volte sia le mangiatoie in
pietra in quelle che furono le vecchie stalle.
Stato di
Buono.
conservazione
Bibliografia
CELLAMARE-COLANTUONO 2008, sch. 9.
198
Scheda n. 10
CASA ROSSA
Denominazione
Casa Rossa
Tipologia
Insediamento agricolo.
Comune
Rieti
Località
Vicinale
Datazione
1604. Il complesso venne fatto edificare dai marchesi Vecchiarelli a seguito della
bonifica clementina che restituì alla coltivazione ampi terreni prima del tutto
impraticabili. Attualmente appartiene alla famiglia Giovannetti.
Caratteri
del
complesso
Unico grande edificio attualmente ad uso residenziale; il carattere originario è
stato piuttosto alterato da ristrutturazioni e finiture. Di recente costruzione sono
anche le rimesse per attrezzi e autoveicoli.
Materiali utilizzati
Di difficile identificazione; data l’origine storica, si presume pietrame misto.
Elementi di pregio
L’antichità della fabbricazione.
Stato
Edificio ristrutturato.
di
conservazione
Bibliografia
CELLAMARE-COLANTUONO 2008, sch. 10.
199
Scheda n. 11
CASA SAN NICOLA
Denominazione
Casa San Nicola. Già Casino S. Nicola
Tipologia
Insediamento agricolo
Comune
Rieti
Località
Via Ternana
Datazione
Ante 1820
Caratteri
Agglomerato costituito da due grandi complessi fattoriali contigui dotati di stalle
del complesso
esterne e, sul lato opposto della strada, di un edificio di culto (v. Chiese, sch. 1).
Depositi per foraggio e rimesse agricole di recente costruzione. Le ristrutturazioni e
le superfetazioni hanno in parte pregiudicato il carattere originario del complesso.
Materiali
Pietrame misto listato a mattoni per la struttura portante parzialmente coperto da
utilizzati
intonaco. Orditura lignea, tavelle in laterizio e coppi per le coperture. Ricorsi in
laterizio e in pietra a sottolineare gli archi degli ingressi, le aperture e le “finestre
cieche”.
Elementi
Nell’articolazione degli spazi interni (abitazione sovrapposta a rustico), nei materiali
di pregio
e negli elementi di finitura, nel sistema degli accessi (scala esterna – coperta da
tettoria – addossata alla facciata che culmina con un ballatoio.
Stato di
Fatiscente.
conservazione
Bibliografia
CELLAMARE-COLANTUONO 2008, sch. 11.
200
Scheda n. 12
IL CROCEFISSO
Denominazione
Il Crocefisso. Il Crocifisso.
Tipologia
Insediamento agricolo.
Comune
Rieti
Località
(il Crocefisso)
Datazione
Ante 1820.
Caratteri
Agglomerato formato da due complessi fattoriali ai quali sono stati aggiunti
del complesso
depositi e rimesse di raccolti e di attrezzi molto più recenti che ne compromettono
in parte la visione d’insieme.
Materiali utilizzati
Pietrame misto listato a mattoni nella struttura portante parzialmente coperta da
intonaco. Orditura lignea, tavelle in laterizio e coppi per le coperture. Ricorsi in
laterizio e in pietra a sottolineare gli archi degli ingressi, le coperture e le finestre
cieche.
Elementi
di
pregio
Nell’articolazione degli spazi interni (abitazione sovrapposta a rustico), nei
materiali e negli elementi di finitura, nel sistema degli accessi (scala esterna
coperta da tettoia addossata alla facciata che immette su un ballatoio)
Stato
di
Discreto. Gli edifici sono abitati.
conservazione
Bibliografia
CELLAMARE-COLANTUONO 2008, sch. 12.
201
Scheda n. 13
LA PALOMBARA
Denominazione
La Palombara
Tipologia
Insediamento agricolo. Tipica casa mezzadrile.
Comune
Rieti
Località
Palombara
Datazione
Caratteri
Ante 1820
del
Edificio fattoriale con stalla esterna; a questi elementi originali sono aggiunti
complesso
depositi, autorimesse e annessi agricoli vari di recente costruzione.
Materiali utilizzati
Pietrame misto listato a mattoni nella struttura portante parzialmente coperta da
Elementi di pregio
Articolazione degli spazi interni (abitazione sovrapposta a rustico); materiali ed
intonaco di cemento. Orditura lignea a sostegno delle coperture.
elementi di finitura; sistema di accesso (scala esterna addossata alla facciata
che culmina in un ballatoio.
Stato
di
Fatiscente.
conservazione
Bibliografia
CELLAMARE-COLANTUONO 2008, sch. 13.
202
Scheda n. 14
CASA TOPPE
Denominazione
Casa Toppe
Tipologia
Insediamento agricolo. Tipica casa mezzadrile.
Comune
Rieti
Località
[Casa Toppe]
Datazione
Caratteri
Post 1820. Ha subito evidenti e numerosi interventi di ristrutturazione.
del
complesso
Complesso formato dall’edificio fattoriale storico, da due stalle e da alcuni
annessi costruiti di recente per l’attività agricola necessaria.
Materiali utilizzati
Struttura portante in pietrame misto listato a mattoni e rifinito con intonaco di
cemento.
Elementi di pregio
Nell’articolazione degli spazi interni (abitazione sovrapposta al rustico), nei
materiali utilizzati, nel sistema di accesso alle abitazioni (scala esterna addossata
a facciata,culminante con ballatoio).
Stato
di
Discreto.
conservazione
Bibliografia
CELLAMARE-COLANTUONO 2008, sch. 14.
203
Scheda n. 15
CASA DE GUIDI
Denominazione
Casa De Guidi
Tipologia
Insediamento agricolo. Tipica casa mezzadrile.
Comune
Rieti
Località
Ponte Crispolti
Datazione
Ante 1820
Caratteri
del
Edificio fattoriale di matrice storica; stalle ed annessi per l’attività agricola di
complesso
recente costruzione.
Materiali utilizzati
Struttura portante in pietrame misto listato a mattoni, rifinito con intonaco di
Elementi di pregio
Nell’articolazione degli spazi interni (abitazione sovrapposta a rustico<9, nei
cemento.
materiali utilizzati (es. tufo).
Stato
di
Fatiscente
conservazione
Bibliografia
CELLAMARE-COLANTUONO 2008, sch. 15.
204
Scheda n. 16
COLLE TRULLO
Denominazione
Colle Trullo
Tipologia
Insediamento agricolo. Abitazione contadina con altro edificio vicino.
Comune
Cantalice
Località
Colle Trullo
Datazione
Prima metà XVIII sec. (?).
Caratteri
del
Edificio abitativo con stalla. Il secondo edificio era forse un ovile.
complesso
Materiali utilizzati
Pietrame misto per le strutture in elevazione. Travi lignee.
Elementi
Nell’organizzazione degli spazi, nei materiali ma soprattutto nel singolare
di
pregio
conformazione degli spazi con soppalchi fatti di travi lignee per la conservazione
del foraggio [da qui il foraggio poteva essere direttamente calato nelle mangiatoie
sottostanti senza dover accedere direttamente negli spazi del bestiame].
Stato
di
Edifici diroccati.
conservazione
Bibliografia
CELLAMARE-COLANTUONO 2008, sch. 17.
205
Scheda Chiesa n. 1
SAN NICOLA IN VIA TERNANA
Denominazione
Attuale: chiesa di San Nicola, San Nicola in via Ternana
Tipologia
Edificio di culto
Comune
Rieti
Località
Casa San Nicola
Datazione
Databile fine XVIII-primi XIX secolo; attestata nel Catasto Gregoriano (1819).
Chiesa del Centro pastorale S. Pio X (1995), inclusa nella parrocchia di S.
Barbara in Agro.
Caratteri ed
elementi di pregio
Stato
di
Discreto
conservazione
Criticità
e
potenzialità
Bibliografia
CARTA 1997, scheda RI105.
CANDOTTI 1995 p. 90.
CANDOTTI 1999, p.42.
Scheda n. 2
SAN GIUSEPPE A SETTECAMINI
Denominazione
Attuale: chiesa di San Giuseppe
Tipologia
Edificio di culto (proprietà priv. fam. Blasetti)
Comune
Rieti
Località
Settecamini
Datazione
Sec. XVIII, inclusa nella parrocchia di Santa Barbara in Agro.
Caratteri ed
elementi di pregio
Stato di conservazione
Bibliografia
CANDOTTI 1995 p. 61.
CANDOTTI 1999, p.41.
206
Scheda n. 3
NATIVITÀ DI MARIA
Denominazione
Attuale: Natività di Maria, chiesa di S. Maria.
Tipologia
Edificio di culto (propr. priv.)
Comune
Rieti
Località
Pratolungo
Datazione
Fine XVIII sec.; attestata nel Catasto Gregoriano (1819). Fa parte della
parrocchia di S. Barbara in Agro.
Caratteri ed
elementi di pregio
Stato
di
conservazione
Bibliografia
CARTA 1997, scheda RI094.
CANDOTTI 1995 p. 70.
CANDOTTI 1999, p.41.
207
Scheda Archeologia n. 1
SITO DI CAMPO DI SANTA SUSANNA
Denominazione
Sito di Campo di Santa Susanna
Tipologia
Sio archeologico
Comune
Rivodutri
Località
Campo di Santa Susanna
Datazione
Tarda età del bronzo (1350-1300 a. C.)
Notazioni
Il sito è stato esplorato nel periodo 1928-1929 con il recupero di diversi oggetti fra i
quali un terminale di alare a testa di papera stilizzata.
Bibliografia
Caprioli 1929
Scheda n. 2
SITO DI CASA DI FONTE GIOVANNONE
Denominazione
Sito di Casa di Fonte Giovannone
Tipologia
Sito archeologico
Comune
Poggio Bustone
Località
Casa di Fonte Giovannone
Datazione
Tarda età del bronzo (1250-1200 a. C.)
Notazioni
Durante le ricognizioni effettuate sul posto nel 2011 sono stati rinvenuti diversi
reperti fra i quali un terminale di ansa, con appendici laterali, di ciotola in impasto
ceramico.
Bibliografia
208
Scheda n. 3
SITO DI VICENNA RIARA
Denominazione
Sito di Vicenna Riara
Tipologia
Sito archeologico
Comune
Rieti
Località
Vicenna Riara
Datazione
Tarda età del bronzo/prima età del ferro (1000-900 a. C.)
Notazioni
Sul sito sono state condotte ricognizioni nel 2011 che hanno portato alo reperimento
di frammenti di utensili fra i quali un piano di cottura di fornello in impasto di fango.
Bibliografia
Scheda n. 4
SITO DI FOSSO DI VALLE TRIBOLATA
Denominazione
Sito di Fosso di Valle Tribolata
Tipologia
Sito archeologico
Comune
Rieti
Località
Valle Tribolata
Datazione
Età del bronzo
Notazioni
Durante le ricognizioni effettuate nel 2011 è venuto alla luce un frammento di
intonaco di capanna in impasto di fango.
Bibliografia
209
La Bibliografia inserita nelle schede è la seguente:
•
Candotti 1995 = Luciano Candotti, I santi venerati nelle chiese della diocesi di Rieti, Rieti 1995
•
Candotti 1999 = Luciano Candotti, I luoghi del sacro nella diocesi di Rieti, Rieti 1999²
•
Caprioli 1929 = Giacomo Caprioli, Rieti nella preistoria, in «Latina Gens», VII/3 (1929), pp. 106115
•
Carta 1997 = Regione Lazio, Centro Regionale Documentazione, Carta dei luoghi di culto dela
Diocesi di Rieti, vol. I, Roma 1997.
•
Cellamare-Colantuono 2008 = Inquadramento territoriale ed indicazioni di Pianificazione Riserva
naturale dei Laghi (…). Catalogazione del patrimonio di architettura rurale, Rieti 2008.
•
Lorenzetti 1994 = Roberto Lorenzetti, Insediamenti storici e architettura rurale nella valle reatina,
Perugia 1994
•
Marinelli 2010 = R. Marinelli, La bonifica reatina. Dal canale settecentesco di Pio VI alle Marmore
agli impianti idroelettrici del Bacino Nera-Velino, L’Aquila 2010
Ci piace concludere con una considerazione che è anche un auspicio. Oltre il confine attuale della
Riserva sorgono diversi edifici rurali (un esempio per tutti: Villa Torretta, che Cellammare e
Colantuono hanno comunque schedato [sch. 16]), meritevoli di attenzione al pari di quelli qui
(ri)segnalati. Sarebbe il caso che per la loro tutela, e soprattutto per la salvaguardia del contesto
paesaggistico e naturale del territorio, si possa giungere all’inserimento di essi nell’area sottoposta a
tutele e vincoli, così da non disperdere la testimonianza storica dei processi costruttivi e dei caratteri
stilistici e compositivi di un così interessante territorio.
Enrico Di Nicola
NOTA DEL GRUPPO DI LAVORO
Questa parte della relazione è frutto del lavoro del Dott. Enrico Di Nicola, valente studioso di storia
del territorio e autore di innumerevoli testi dedicati al reatino, venuto a mancare durante la
redazione del Piano. Questo testo costituiva la prima provvisoria stesura del suo lavoro, che la sua
prematura scomparsa ha impedito di affinare ed ultimare.
Siamo certi di fare cosa gradita a lui ed a tutti quelli che lo hanno conosciuto pubblicando il testo
senza alcuna modifica o completamento.
210
211
2
2.1
PIANO DEL PARCO: CRITERI E CONTENUTI
INTRODUZIONE
In questa sezione della relazione vengono illustrate le fasi del lavoro di redazione del Piano del Parco
della Riserva Naturale Laghi Lungo e Ripasottile, nonché la metodologia, i criteri informatori del Piano
e i contenuti degli elaborati prodotti nella fase finale.
I principali riferimenti giuridici e metodologici, sono costituiti dalle leggi di riferimento, (la L.N.
394/1991 e la L.R. 29/1997), e dai documenti di orientamento emanati dalla Regione Lazio, in
particolare le “Linee guida per la redazione dei Piani delle aree protette regionali”, approvati con
Delibera G.R. n°765 del 2004.
L’intero percorso del piano e i suoi contenuti sono pertanto uniformati alle direttive citate, e ad
esplicitare nella pratica il percorso “analisi-valutazione-progetto” fissato dalle citate Linee Guida.
L’altro imprescindibile riferimento è costituito dalla pianificazione paesistica operante, ovvero i Piani
Paesistici ed il recente Piano Territoriale Paesistico Regionale che dettano le norme di tutela del
paesaggio e delle risorse del territorio, e costituiscono ai sensi delle leggi vigenti il livello minimo di
tutela da garantire sul territorio del Parco ai beni paesaggistici.
Con il decreto legislativo n. 42/2004, comunemente denominato “codice Urbani”, i parchi e le riserve
nazionali o regionali, nonché i territori di protezione esterna dei parchi, (quali ad esempio i corridoi
“ecologici”), sono infatti sottoposti alle disposizioni del testo unico per il loro interesse paesaggistico.
Il codice Urbani contiene inoltre due norme di raccordo tra la pianificazione paesaggistica e gli altri
strumenti di pianificazione; l’art. 145, commi 3° e 4°, recita infatti: “Le previsioni dei piani
paesaggistici di cui agli articoli 143 e 156 sono cogenti per gli strumenti urbanistici dei comuni, delle
città metropolitane e delle province, sono immediatamente prevalenti sulle disposizioni difformi
eventualmente contenute negli strumenti urbanistici, stabiliscono norme di salvaguardia applicabili
in attesa dell’adeguamento degli strumenti urbanistici e sono altresì vincolanti per gli interventi
settoriali. Per quanto attiene la tutela del paesaggio, le disposizioni dei piani paesaggistici sono
comunque prevalenti sulle disposizioni contenute negli atti di pianificazione.
Entro il termine stabilito nel piano paesaggistico e comunque entro e non oltre due anni dalla sua
approvazione, i comuni, le città metropolitane, le province e gli enti gestori delle aree naturali
protette conformano e adeguano gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica alle
previsioni dei piani paesaggistici, introducendo, ove necessario, le ulteriori previsioni conformative
che, alla luce delle caratteristiche specifiche del territorio, risultino utili ad assicurare l’ottimale
salvaguardia dei valori paesaggistici individuati dai piani. I limiti alla proprietà derivanti da tali
previsioni non sono oggetto di indennizzo.”
L’ultimo importante riferimento, è poi costituto a livello locale dal Piano di Gestione redatto dalla
Riserva naturale per il SIC e ZPS ricadente nel suo territorio, anche alla luce della Deliberazione
assunta al riguardo dalla Regione Lazio, n° 533/2006, “Misure di conservazione transitorie e
obbligatorie da applicarsi nelle Zone di Protezione Speciale”.
Il Piano del Parco pertanto assume anche il ruolo di veicolo di ingresso delle misure di conservazione
previste dal suddetto Piano di Gestione nella normativa operante.
A livello infine di filosofia progettuale, il principale riferimento del Piano deve essere considerata la
Convenzione Europea del Paesaggio, recepita nel 2000 dallo Stato Italiano, che così si è impegnato a
salvaguardare il proprio paesaggio, convenendo che esso è “Componente fondamentale del
patrimonio culturale e naturale dell’Europa, e contribuisce al benessere e alla soddisfazione degli
esseri umani”.
212
Per tutelare il paesaggio la Regione Lazio si è dotata dei Piani Territoriali Paesistici, la cui recente
rielaborazione, il P.T.P.R., fonda anch’essa la sua strategia non più sulle singole categorie di beni
naturali, come i vecchi P.T.P., ma proprio sui paesaggi.
Il Piano di un Parco, ai sensi delle leggi che lo regolano, è considerato invece strumento di
organizzazione del territorio di livello superiore, e per i suoi contenuti e le finalità, rappresenta oggi
probabilmente l’unico strumento dove le due discipline affini ma diverse della pianificazione
territoriale e paesistica sono chiamate ad integrarsi.
Su queste considerazioni è stato pertanto elaborato un modello di Piano capace di garantire la
salvaguardia del paesaggio e l’organizzazione del territorio.
2.2
IL PIANO DEL PARCO
Il Piano di un’area protetta, secondo quanto previsto dalla L.R.29/1998, è finalizzato alla promozione
dei valori naturali, paesistici e culturali presenti, e contiene la definizione dei seguenti punti:
Perimetro definitivo dell’area
Destinazioni di uso pubblico o privato e normativa delle diverse aree
Accessibilità veicolare e pedonale
Sistemi di attrezzature e servizi
Indirizzi e criteri per interventi sulla flora, fauna, paesaggio e beni culturali
Organizzazione del territorio in zone secondo il seguente schema:
Zone A di Tutela integrale
Zone B di Tutela generale
Zone C di Protezione
Zone D di Promozione economica e sociale
Si integra con il Regolamento di Attuazione e con il Programma di Promozione Economica e Sociale,
che completano la dotazione di strumenti di controllo e gestione del territorio protetto.
Natura ed effetti del Piano del Parco
Il Piano del Parco sostituisce ad ogni livello i Piani Urbanistici ed ogni altro strumento di
pianificazione attuativo, ai sensi della L.N. 6/12/1991, n.394, nonché della L.R. 29/1997 e successive
modificazioni.
Il Piano del Parco è pertanto sovraordinato agli strumenti urbanistici comunali, che dovranno essere
adeguati alle direttive in esso contenute.
Ha inoltre valore prescrittivo, previa la verifica della compatibilità, nei confronti dei Piani Provinciali
di cui alla L.R. 17/1986.
Per quanto attiene la tutela paesistica, è invece subordinato ai dettami dei Piani Territoriali Paesistici
e del più recente Piano Territoriale Paesistico Regionale, che rappresentano pertanto il livello minimo
di tutela da garantire all’interno del perimetro del Parco.
Il Piano ha effetto di dichiarazione di pubblico interesse generale e di urgenza ed indifferibilità degli
interventi in esso previsti.
213
Per le eventuali procedure di espropriazione si fa riferimento a quanto previsto nel D.P.R. 327/2001.
Le procedure di approvazione ed i termini della sua entrata in vigore vengono indicate dalla Legge
Regionale n° 29/1997, Art. 26, e successive modificazioni.
Ai sensi della Legge Quadro sulle aree protette n.394/1991, esso ha validità a tempo indeterminato,
fermo restando però l'obbligo di una sua revisione ogni 10 anni. Agli aggiornamenti e alle variazioni
del Piano si provvede secondo le stesse procedure previste per l’adozione e l’approvazione dalla L.R.
29/1997 nonchè dall’Art. 3 della L.R. n° 10 del 23.04.2003..
Entro 6 mesi dall'approvazione del Piano dell’Area Protetta i comuni interessati dovranno provvedere
ad adeguare i propri strumenti urbanistici comunali alle direttive contenute nel Piano del Parco o nei
suoi strumenti attuativi.
Il Piano ha la finalità di garantire la tutela del territorio del Parco e di tutti i beni naturali,
paesaggistici, storici e culturali in esso contenuti, e di garantirne la corretta fruizione, attraverso le
normative, gli interventi e le azioni ritenuti necessari. Ha inoltre la finalità di assicurare lo sviluppo
economico e sociale delle popolazioni locali.
Stabilisce la perimetrazione definitiva del territorio del Parco, e prevede l’organizzazione del
territorio e la sua classificazione in zone e sottozone a seconda del regime di tutela necessario.
Individua le aree contigue utili a garantire la più efficace salvaguardia dell’area naturale protetta e
dei beni in essa contenuti, nonché la corretta fruizione degli stessi.
Indica inoltre le modalità, gli indirizzi ed i criteri per la salvaguardia della flora, della fauna, del
paesaggio e dei beni naturali, storici e culturali.
Ai sensi dell’art. 26 comma 5 della L.R. 29/1997, il Piano è immediatamente vincolante per le
pubbliche amministrazioni ed i privati dal momento della sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale
della Regione Lazio.
2.3
2.3.1
QUADRO DI RIFERIMENTO
ASPETTI GENERALI
Il comprensorio cui appartiene la Riserva naturale dei Laghi Lungo e Ripasottile appartiene alla
grande unità geografica della Piana Reatina, ovvero dell’antico Lago Velino
Nel settore della Pianificazione generale, i Piani Territoriali di Coordinamento Regionali ancora non
giungono a definizione, al di là di una prima fase relativa alle sole valutazioni preliminari sui comparti
di pianificazione, e nel settore dei Parchi e delle Riserve Naturali, pur dopo lì istituzione di numerose
aree protette, sono ancora da segnalare ritardi e mancanza di efficienza e programmazione
nell’attivazione e nel funzionamento di importanti aree.
Attualmente, pur con le ombre e le incertezze rilevate, i principali strumenti di pianificazione
territoriale per il comprensorio di cui fa parte il comprensorio della piana reatina debbono comunque
essere considerati i Piani Territoriali Paesistici (P.T.P.), il recente Piano territoriale Paesistico
regionale (P.T.P.R.), il Piano Regionale dei Parchi (L.R.29/1997), ed il Piano Territoriale Provinciale,
mentre a livello di Piani Generali, i Piani Territoriali di Coordinamento Regionali (P.T.C.) sono ancora
fermi alle fasi preliminari. Va infine citata la recente approvazione da parte della Giunta Regionale di
una delibera per l’approvazione delle Misure di Conservazione dei SIC/ZPS del comprensorio, che ha
aperto un processo nel quale dovrà inserirsi anche il presente Piano del Parco.
214
2.3.2
LE PRINCIPALI NORME DI RIFERIMENTO
Il quadro di riferimento giuridico è articolato e complesso, e va dalle norme comunitarie, a quelle
statali e regionali, fino alle direttive, circolari, documenti di programmazione o indirizzo emanate dai
vari enti territoriali. Nel paragrafo dedicato alla Normativa Tecnica vengono elencate le principali
norme e documenti di riferimento, utili alla definizione del quadro normativo. Molte delle norme
citate dettano disposizioni che regolamentano settori diversi, da quello idrogeologico a quello
urbanistico, ai regimi di tutela del paesaggio o dei beni archeologici, alla qualità delle acque, alla
viabilità, e molti altri. Il Piano del Parco detta norme che intervengono in alcuni di questi settori,
integrando gli effetti delle norme già in vigore, che evidentemente rimangono valide.
2.3.2.1
Convenzioni internazionali di riferimento
Convenzione di Parigi del 1950 per la tutela dell’avifauna.
Convenzione di Ramsar del 1971 sulla tutela delle zone umide di importanza internazionale.
Convenzione di Barcellona del 1976 per la protezione del mare Mediterraneo.
Convenzione di Berna del 1979 per la tutela della vita selvatica e dell’ambiente naturale
d’Europa.
Convenzione di Bonn del 1979 per la tutela delle specie migratorie.
Convenzione di Rio de Janeiro del 1992 sulla biodiversità e sull’uso sostenibile delle risorse
naturali e sul cambiamento climatico e sulla desertificazione.
2.3.2.2
Altri documenti finalizzati alla gestione dei Siti Natura 2000
Guida all’interpretazione dell’art. 6 della Direttiva Habitat 92/43/CEE “La gestione dei siti della
Rete Natura 2000” a cura della Commissione Europea (DGXI).
“Linee guida per la gestione dei siti Natura 2000” a cura del Ministero dell’ambiente e della
Tutela del Territorio – Servizio Conservazione Natura.
“Manuale delle linee guida per la redazione dei piani di gestione dei Siti Natura 2000” a cura del
Ministero dell’ambiente e della Tutela del Territorio – Servizio Conservazione Natura.
“Linee guida per la redazione dei piani di gestione e la regolamentazione sostenibile dei SIC e
ZPS” a cura di Regione Lazio, Assessorato all’Ambiente, Direzione Regionale Ambiente e
Protezione Civile.
“Criteri di classificazione degli habitat” a cura del Ministero dell’ambiente e della Tutela del
Territorio – Servizio Conservazione Natura.
2.3.2.3
Normativa Nazionale
L. 394/91 “Legge quadro sulle aree naturali protette” e successive modificazioni ed integrazioni.
Decreto Ministeriale 20 gennaio 1999 di modifica degli allegati A e B del decreto del Presidente
della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, in attuazione della direttiva 97/62/CE del Consiglio,
recante adeguamento al progresso tecnico e scientifico della direttiva 92/43/CEE. (Riporta gli
elenchi di habitat e specie aggiornati dopo l’accesso nell’Unione di alcuni nuovi Stati).
Decreto Ministeriale 3 aprile 2000, Pubblicazione dell’elenco dei siti di importanza comunitaria
(SIC) e delle zone di protezione speciale (ZPS), individuati ai sensi delle Direttive 92/43/CEE e
79/409/CEE.
215
Decreto 3 settembre 2002 del Ministero Ambiente “Linee guida per la gestione dei siti Natura
2000”.
DPR 120 del 12 marzo 2003 “Regolamento recante modifiche ed integrazioni al decreto del
Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, concernente attuazione della direttiva
92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e
della fauna selvatiche”.
2.3.2.4
Normativa Regionale
L.R. 1 settembre 1989, n. 56 “Piani regionali degli insediamenti radiotelevisivi”.
L.R. 5 maggio 1993, n. 27 “Norme per la coltivazione delle cave e delle torbiere della Regione
Lazio”.
L.R. 2 maggio 1995, n. 38 “Disciplina regionale in materia di smaltimento dei rifiuti.
D.G.R. 19 marzo 1996, n. 2146 “Direttiva 92/43/CEE /HABITAT: approvazione della lista dei siti
con valori di importanza comunitaria del Lazio ai fini dell’inserimento nella rete ecologica
europea “Natura 2000”.
L.R. 6 ottobre 1997, n. 29 “Norme in materia di aree naturali protette regionali e successive
modificazioni e integrazioni.
L.R. 6 luglio 1998, n. 24 “Pianificazione paesistica e tutela dei beni e delle aree sottoposti a
vincolo paesistico.
L.R. 11 dicembre 1998, n. 53 “Organizzazione regionale della difesa del suolo”.
L.R. 22 giugno 1999, n. 9 “legge sulla montagna”.
L.R. 20 gennaio 1999, n. 4 “Adozione delle prescrizioni di massima e polizia forestale di cui al RDL
3267/23 e RD 1126/26”.
L.R. 1 settembre 1999, n. 20 “Tutela del patrimonio carsico e tutela della speologia”.
L.R. 22 dicembre 1999, n. 38 “Norme sul governo del territorio”.
L.R. 5 gennaio 2001, n. 1 “Norme per la valorizzazione e lo sviluppo del litorale del Lazio.
L.R. 3 agosto 2001, n. 18 “Disposizioni in materia di inquinamento acustico per la pianificazione e
il risanamento del territorio”.
DGR n. 11746/93 “Piano regionale dei parchi e delle riserve naturali”.
DGR n. 2146/96 di proposta della lista dei SIC per l’inserimento nella rete Natura 2000.
D.G.R. 2 agosto 2002, n. 1103 “Approvazione delle linee guida per la redazione dei Piani di
gestione e la regolamentazione sostenibile dei SIC e ZPZ (punto 1.4)”.
L.R. 2 novembre 2006 n°14 “Norme in materia di agriturismo e turismo rurale”
D.G.R. n. 363 del 16 maggio 2008: Rete Europea Natura 2000: Misure di conservazione
obbligatole da applicarsi nelle zone di protesone speciale,
D.G.R. n. 928 del 17 dicembre 2008; Modifica delle deliberazione 363/2008;
216
DGR n. 64 del 29 gennaio 2010 "Approvazione delle Linee Guida per la procedura di Valutazione
di.Incidenza (art. 5 DPR 3 57/1997).
2.3.2.5
Ulteriori disposizioni
Assumono inoltre importanza le seguenti disposizioni, che mantengono la loro validità e
compongono il quadro di riferimento all’interno del quale si va ad inserire il Piano del Parco.
Delibera di Giunta Regionale 4 agosto 2006, n. 534 “Definizione degli interventi non soggetti alla
procedura di Valutazione di Incidenza”.
Decreto Legislativo 12 aprile 2006, n. 163 “Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e
forniture in attuazione delle Direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE.
Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 “Norme in materia ambientale”.
Regolamento Regionale 18 aprile 2005, n. 7 (BUR 30 aprile 2005, n. 12, s.o. n. 4) “Regolamento di
attuazione dell’art. 36 della L.R. 28 ottobre 2002, n. 39 (Norme in materia di gestione delle
risorse forestali) ”.
Regolamento Regionale 14 aprile 2005, n. 5 “Attuazione dell'art. 7 della L.R. 6 dicembre 2004, n.
17 (Disciplina organica in materia di cave e torbiere e modifiche alla L.R. 6 agosto 1999, n. 14 Organizzazione delle funzioni a livello regionale e locale per la realizzazione del decentramento
amministrativo - e successive modifiche) ”.
Decreto del Ministero 25 marzo 2005, “ Elenco delle Zone di protezione speciale (ZPS),
classificate ai sensi della direttiva 79/409/CEE”.
Delibera di Giunta Regionale 10 dicembre 2004, n. 1221 “Indicazioni per la presentazione alla
Regione dei progetti per l’acquisizione del parere di cui all’art. 46 della L.R. 7 giugno 1999, n. 6,
concernente disposizioni sulla Valutazione di Impatto Ambientale, nonché del parere di
Valutazione di Incidenza, ai sensi dell’art. 5 comma 4 e 5 del D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357 e
ss.mm.ii.”.
Legge Regionale 6 dicembre 2004, n. 17 “Disciplina organica in materia di cave e torbiere e
modifiche alla L.R. 6 agosto 1999, n. 4 (Organizzazione delle funzioni a livello regionale e locale
per la realizzazione del decentramento amministrativo) ” e ss.mm.ii.
Decreto del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti 22 aprile 2004, n. 67/S (modifica al D.M. 5
novembre 2001, n. 6792) recante “Norme funzionali e geometriche per la costruzione delle
strade”.
Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 “Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi
dell’art. 10 della Legge 6 luglio 2002, n. 137”e ss.mm.ii.
Legge Regionale 28 ottobre 2002, n. 39 “Norme in materia di gestione delle risorse forestali” e
ss.mm.ii.
Decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327 “Testo unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità” e ss.mm.ii.
Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 “Testo Unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia edilizia” e ss.mm.ii.
Decreto Legislativo 18 maggio 2001, n. 227 “Orientamento e modernizzazione del settore
forestale, a norma dell’art. 7 della Legge 5 marzo 2001, n. 57”.
217
Legge 21 novembre 2000, n. 353 “Legge Quadro in materia di incendi boschivi” e ss.mm.ii.
Delibera di Giunta Regionale 18 luglio 2000, n. 1727 “Reg. (CE) n. 1257/99. Piano Regionale di
Sviluppo Rurale 2000/2006, per consolidare lo sviluppo delle aree rurali del Lazio. Approvazione”.
Decreto del Ministero 3 aprile 2000 “Elenco dei siti di importanza comunitaria e della zone a
protezione speciali, individuati ai sensi delle direttive 92/43/CEE e 79/409/CEE”.
Delibera di Giunta Regionale 12 febbraio 2000, n. 2546 “Criteri e modalità di esclusione dei
procedimenti di verifica ex art. 10 comma 3 del D.P.R. 12 aprile 1996 per i parcheggi pubblici e
privati. Revoca D.G.R. 30 marzo 1999, n. 1838”.
Legge Regionale 22 dicembre 1999, n. 38 “Norme sul governo del territorio” e ss.mm.ii.
Decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554 “Regolamento di attuazione
della Legge Quadro in materia di lavori pubblici Legge 11 febbraio 1994, n. 109 e successive
modificazioni”.
Decreto del Ministero dei Lavori Pubblici 30 novembre 1999, n. 557 “Regolamento recante
norme per la definizione delle caratteristiche tecniche delle piste ciclabili”.
Legge Regionale 5 ottobre 1999, n. 27 “Adeguamento della Legge Regionale 4 aprile 1979, n. 21
alla Legge Regionale 6 ottobre 1997, n. 29 e successive modificazioni”.
Regolamento CE del Consiglio del 17 maggio 1999, n. 1257 sul sostegno allo sviluppo rurale da
parte del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG) e che modifica ed
abroga taluni regolamenti.
Delibera di Giunta Regionale 9 febbraio 1999, n. 378 “Adeguamento del Programma Regionale
Agroambientale – Attuativo del Reg. CEE 2078/92 e del Reg. CE 746/96 - Al quadro normativo
generale di cui al D.M. 27 marzo 1998, n. 159, relativo a norma di attuazione in materia di
controlli e di sanzioni”.
Legge Regionale 20 gennaio 1999, n. 4 “Adozione delle prescrizioni di massima e di polizia
forestale di cui al R.D. 30 dicembre 1923”.
Legge 19 ottobre 1998, n. 366 “Norme per il finanziamento della mobilità ciclistica”.
Legge Regionale 6 luglio 1998, n. 24 “Pianificazione paesistica e tutela dei beni e delle aree
sottoposte a vincolo paesistico”.
Legge Regionale 30 giugno 1998, n. 21 “Norme per l’agricoltura biologica”.
Legge Regionale 10 novembre 1997, n. 36 “Norme in materia di agriturismo”.
Legge Regionale 6 ottobre 1997, n. 29. “ Norme in materia di aree naturali protette regionali” e
ss.mm.ii.
Decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357 “Regolamento recante
attuazione della Direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e
seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche”.
Decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n. 503 “Regolamento recante norme per
l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici”.
Delibera di Giunta Regionale 28 maggio 1996, n. 4340 “Criteri progettuali per l’attuazione degli
interventi in materia di difesa del suolo nel territorio della Regione Lazio”.
218
Decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996 “Atto di indirizzo e coordinamento per
l’attuazione dell’art. 40 comma 1 della Legge 22 febbraio 1994, concernente disposizioni in
materia di Valutazione di Impatto Ambientale” e ss.mm.ii.
Legge 14 febbraio 1994, n. 124 “Ratifica ed esecuzione sulla biodiversità di Rio de Janeiro del 5
giugno 1992”.
Legge 11 febbraio 1994, n. 109 “Legge Quadro in materia di lavori pubblici” e ss.mm.ii.
Decreto del Presidente della Repubblica 14 aprile 1993, n. 1474 “Atto di indirizzo e
coordinamento alle Regioni recante criteri e modalità per la redazione dei programmi di
manutenzione idraulica e forestale”.
Direttiva CE del Consiglio del 21 maggio 1992, n. 43 relativa alla conservazione degli habitat
naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche.
Decreto Legislativo 30 aprile 1992, n. 285 “Nuovo Codice della Strada” e ss.mm.ii.
Legge 11 febbraio 1992, n. 157 “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per
il prelievo venatorio” e ss.mm.ii.
Legge 6 dicembre 1991, n. 394 “Legge Quadro sulle Aree Protette” e ss.mm.ii.
Legge 28 giugno 1991, n. 208 “Interventi per la realizzazione di itinerari ciclabili e pedonali nelle
aree urbane”.
Delibera di Giunta Regionale 19 giugno 1991, n. 4972 “Legge Regionale 16 febbraio 1990, n. 13.
Interventi regionali per favorire lo sviluppo del trasporto ciclistico. Approvazione delle norme
tecniche per la costruzione di piste ciclabili”.
Legge Regionale 16 febbraio 1990, n. 13 “Interventi regionali per favorire lo sviluppo del
trasporto ciclistico”.
Legge 8 luglio 1986, n. 349 “Istituzione del Ministero dell’Ambiente e norme in materia di danno
ambientale” e ss.mm.ii.
Legge Regionale 3 gennaio 1986, n. 1 “Regime urbanistico dei terreni di uso civico e relative
norme transitorie”.
Legge 8 agosto 1985, n. 431 “Conversione in legge, con modificazioni, del Decreto Legge 27
giugno 1985, n. 312, recante disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse
ambientale. Integrazioni dell’art. 82 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616”.
Direttiva CE del Consiglio del 27 giugno 1985, n. 337 concernente la Valutazione di Impatto
Ambientale di determinati progetti pubblici e privati e ss.mm.ii.
Direttiva CE del Consiglio del 2 aprile 1979, n. 409 concernente la conservazione degli uccelli
selvatici.
Legge Regionale 29 dicembre 1978, n. 79 “Testo Unico delle norme sulle espropriazioni per
pubblica utilità contenute nelle Leggi Regionali 17 agosto 1974, n. 41, 4 febbraio 1975, n. 19, 26
gennaio 1977, n. 12, 8 novembre 1977, n. 43, coordinato con le norme di cui al D.P.R. 24 luglio
1977, n. 616 e alla Legge 3 gennaio 1978, n. 1”.
Legge 5 agosto 1978, n. 457 “Norme per l’edilizia residenziale” e ss.mm.ii.
219
Legge Regionale 19 settembre 1974, n. 61 “Norme per la protezione della flora erbacea ed
arbustiva spontanea”.
Regio Decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 “Testo Unico delle disposizioni di legge sulle acque e
impianti elettrici” e ss.mm.ii.
Legge 16 giugno 1927, n. 1766 “Conversione in legge del R.D. 22 maggio 1924, n. 751,
riguardante il riordinamento degli usi civici nel Regno, del R.D. 28 agosto 1924, n. 1484, che
modifica l’art. 26 del R.D. 22 maggio 1924, n. 751, e del R.D. 16 maggio 1926, n. 895, che proroga
i termini assegnati dall’art. 2 del R.D. 22 maggio 1924, n. 751”.
Regio Decreto 16 maggio 1926, n. 1126 “Approvazione del Regolamento per l’applicazione del
R.D. 30 dicembre 1923, n. 3267, concernente il riordinamento e la riforma della legislazione in
materia di boschi e di terreni montani”.
Determinazione del Direttore 21 gennaio 2009, n. 59 "Direttiva 79/409/CEE concernente la
conservazione degli uccelli selvatici.
DGR n° 612 del 16 dicembre 2011 denominata “Rete Europea Natura 2000: misure di
conservazione da applicarsi nelle Zone di protezione Speciale (ZPS) e nelle Zone Speciali di
Conservazione (ZSC)”.
DGR n° 569/2012 del 5 dicembre 2012 denominata “Misure contrattuali di Conservazione per i
siti della Rete Natura 2000 di cui alle Direttive 2009/147/CE e 92/43/CEE”.
2.3.2.6
Piano del parco e pianificazione sovraordinata
Il Piano del Parco si inserisce all’interno del quadro degli strumenti di Pianificazione generale, in un
quadro articolato i cui principali riferimenti sono i seguenti:
I Piani Territoriali Paesistici (P.T.P.) ed il P.T.P.R.
I Piani Paesistici (P.T.P.) ed il recente Piano Paesistico Regionale (P.T.P.R.) , dettano le norme e le
cautele per la salvaguardia del paesaggio e dei beni naturali e storici in esso contenuti, e
costituiscono come più volte ripetuto il riferimento ed il livello minimo di tutela da garantire sul
territorio del Parco.
Pertanto, nella fase di analisi, è stata dedicata grande attenzione alla puntuale illustrazione di questi
strumenti, ed alla lettura integrata delle direttive di tutela provenienti da essi, al fine di rendere
manifesti e chiaramente leggibili sia i Livelli di Tutela ai quali il territorio del Parco è sottoposto, sia il
Grado di Trasformabilità che da essi deriva. Queste indicazioni sono dunque alla base del processo di
pianificazione e ne costituiscono l’elemento invariante e il punto di partenza.
Si ritiene opportuno sottolineare con forza questo aspetto, dal momento che esso costituisce il
principale elemento di condizionamento e indirizzo di tutto il processo di formazione del Piano,
limitandone in qualche modo le capacità operative e le possibilità di interpretazione. Appare dunque
evidente come in termini di panificazione e tutela, il Piano del Parco debba muoversi all’interno di un
quadro di riferimento consolidato, che lascia margini di scelta assai ridotti.
Da questa valutazione discende anche gran parte del modello e dei criteri elaborati per il Piano del
Parco, per il quale è stato scelto un percorso che, pur assumendo come riferimento i livelli di tutela
indicati dalla Pianificazione Paesistica, tuttavia tenta di superare i limiti e le eventuali incongruenze di
questo quadro con indicazioni e interpretazioni più puntuali, e di integrarlo con l’elaborazione di
220
strategie puntuali e di progetti di sistema, ai quali è affidato un importante ruolo di caratterizzazione
e valorizzazione del territorio del Parco.
Il Piano Regionale dei Parchi
Preceduta da una fase preliminare, lo Schema di Piano Regionale dei Parchi e delle Riserve adottato
con deliberazione della G. R. del 29/9/1992, con il quale venivano individuate le aree da sottoporre a
tutela e fissate norme di salvaguardia, è stata successivamente approvata la Legge Regionale n°
29/1997, “Norme in materia di aree naturali protette regionali” secondo quanto previsto dalla L.N.
394/1991, per adeguare le direttive regionali a quanto appunto stabilito dalla suddetta legge.
A seguito dell’emanazione della legge quadro regionale, la Regione si impone di approvare un Piano
dei Parchi, di cui però al momento é contenuto nella Legge 29/1997 solo un primo stralcio, per la
istituzione di alcune aree minori.
Per quanto attiene le aree protette regionali già istituite, è stato introdotto solo un riordino di alcune
competenze gestionali, e ridefinite le modalità di redazione degli strumenti urbanistici delle stesse, il
Piano dell’area naturale protetta, adeguando contenuti e procedure a quanto previsto nella L. N.
394/1991.
Il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale. (P.T. C. P.). e il Piano territoriale Provinciale
Generale ( P.T.P.G.)
La Legge 142/1990 assegnava alle Province il compito della pianificazione di area vasta,
individuandone lo strumento nel “Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (P.T.C.P.)”, in un
contesto giuridico tuttavia ancora incerto, e non del tutto definito. Successivamente, con le Leggi
Regionali 4 e 5 del 1997, la Regione indicava le modalità per la formazione e l’approvazione di tali
piani, sempre però “in attesa dell’entrata in vigore di norme regionali in materia di pianificazione
territoriale e della legge urbanistica”.
In questo quadro ancora incompiuto, e in attesa dell’indicazione di competenze e procedure
definitive, la Provincia di Rieti ha adottato nel 1999, il Piano Territoriale di Coordinamento, secondo
le procedure allora vigenti previste dalla L.R. 6/99. La documentazione è stata trasmessa alla Regione
che ha espresso parere favorevole ma con l'obbligo di adeguarlo alla nuova normativa entrata in
vigore dopo la sua adozione, in particolare la L. 38/99 e le sue successive modifiche ed integrazioni.
Per ottemperare alle disposizioni della Regione, la Provincia di Rieti ha avviato un processo di
rielaborazione del Piano, anche con l'obiettivo di aggiornare le valutazioni sul contesto provinciale. Lo
schema di PTPG che ne è scaturito ha comportato una completa rielaborazione dei materiali che
costituivano il PTCP adottato nel 1999.
Il Piano di Bacino
L’Ente di Gestione dovrà adeguare il Piano del Parco alle disposizioni contenute nei Piani di Bacino
approvati., laddove vincolanti.
L’Ente di Gestione avvia d’intesa con la Regione Lazio la procedura di aggiornamento con riferimento
a quanto previsto dall’art. 164 del D.Lgs. 152/2006.
I Piani Regolatori Generali Comunali
L’ultimo livello di analisi ha riguardato la strumentazione urbanistica comunale. Tutti i comuni
dell’area, a parte il Comune di Cantalice, possieono Piani Regolatori Vigenti, ed in alcuni casi sono in
221
corso rioelaborazioni o varianti, ma non ancora adottate e quindi non valutabili. IL CVomune di
cantalice è dotato di Programma di fabbricazione, ed ha in fase di redazione il P.U.C.G.
Nell’analisi si è tenuto conto delle destinazioni di Piano vigenti negli strumenti attualmente in vogore
e, a fini di orientamento, sono stati comunque esaminati gli struimenti in fase di elaborazione, per
eventuali indicazioni strategiche utili.
Deve essere rilevato come nessuno degli strumenti esaminati, sia quelli vigenti che quelli in itinere,
assegni una forte valenza alla presenza della Riserva naturale, e ne faccia uno degli elementi della
pianficazione comunale. Per lo più se ne registra la presenza, senza però assegnarle alcun ruolo
organizzativo del territorio, né legarla a dinamiche locali o destinazioni di piano. Pertanto in tutti i
casi i territrori interni alla Riserva sono destinati a Zona Agricola, a volte con sottolieatuire di valore
ambientale, ma senza peraltro poi normative conseguenti. Nel solo Comune di Rivodutri, lungo il
canale di S. Susanna e la Sorgente, vengono date indicazionin circa Zone da destinare ad usi pubblicio
servizi, che vengono pertanto recepite .
2.3.3 RISERVA NATURALE REGIONALE, SITI DI INTERESSE COMUNITARIO (S.I.C.) E ZONA DI
PROTEZIONE SPECIALE (Z.P.S.)
Appare a questo punto utile, prima di passare all’illustrazione del modello e dei contenuti della
pianificazione dell’area, sottolineare anche l’importante aspetto rappresentato dal rapporto fra la
politica di tutela naturalistica regionale, che ha portato all’istituzione del la Riserva naturale e che
detta le direttive per la sua pianificazione, e le politiche comunitarie, che intervengono anch'esse nel
regime di tutela dell’area con le proprie direttive.
Nel quadro degli strumenti e delle politiche di conservazione degli ambienti naturali, infatti, le
direttive dell'Unione Europea per la salvaguardia delle aree naturali e delle specie faunistiche degli
stati membri stanno assumendo sempre maggiore importanza.
La Direttiva 79/409/CEE "Uccelli", concernente la conservazione degli uccelli selvatici, e la 92/43/CEE
"Habitat", concernente la conservazione degli habitat naturali e seminaturali, fissano le strategie
dell'Unione Europea nel settore e indicano le aree ritenute di interesse comunitario, che gli stati
membri sono quindi impegnati a salvaguardare, classificandole come "Zone a Protezione Speciale"
(ZPS) o "Siti di Interesse Comunitario" (SIC).
Deve essere sottolineato come, in linea con l'affinamento e l'evolversi delle strategie e delle filosofie
di salvaguardia e protezione del territorio, anche gli strumenti comunitari abbiano modificato le
proprie filosofie di base.
Infatti fra la direttiva Uccelli, risalente al 1979 e la più recente "Habitat" emanata nel 1992, si registra
un significativo mutamento di strategia: mentre la prima era diretta in modo particolare alla
salvaguardia delle singole specie faunistiche minacciate, o dei singoli biotopi nei quali le stesse erano
presenti, con la successiva direttiva habitat si introduce il concetto di "rete ecologica" ovvero di
connessione e dipendenza fra le singole aree segnalate, il cui valore trascende dunque quello
puntuale del sito.
Si afferma così il concetto, venuto poi via via affinandosi con successivi pronunciamenti e documenti
anche in direttive e documenti programmatrici dello stato o delle regioni, della necessità di non
limitare l'azione di salvaguardia ai confini delle singole aree, spesso insufficienti a garantire anche la
salvaguardia delle emergenze naturali presenti, ma di ampliare le misure a congrue fasce esterne ed
a corridoi ecologici di collegamento, per creare un sistema più idoneo a garantire la conservazione
delle specie faunistiche, di per sé mobili e non riconducibili a siti ristretti, come anche dei loro habitat
222
e degli ambienti naturali minacciati o rari, la cui sopravvivenza é spesso messa in pericolo da processi
che hanno origine al di fuori delle aree protette ed esulano dalla loro capacità gestionale
Si afferma, in sintesi, il concetto che la biodiversità in Europa potrà essere mantenuta solo se si
garantiscono le condizioni di sviluppo che gli ecosistemi richiedono per esplicare le loro funzioni
vitali.
L'obiettivo attuale della politica comunitaria é dunque quello della creazione di una "Rete Ecologica
Paneuropea", estesa a tutta l'Europa e così strettamente connessa che possa conservare
efficacemente ecosistemi, habitats, specie faunistiche e paesaggi di interesse comunitario anche
inseriti in un contesto territoriale in grande e continua trasformazione ed utilizzato per attività
umane produttive.
La "Rete ecologica" così concepita é formata da tre componenti :
•
le aree protette (Core areas), che assicurano la conservazione di importanti ecosistemi e specie
faunistiche;
•
i corridoi (corridors) che uniscono le varie aree protette e permettono lo scambio, la migrazione
ed il movimento delle specie;
•
le zone di protezione esterna (buffer zones), che proteggono la rete ecologica da possibili danni
derivanti da attività esterne.
In parallelo all'obiettivo della creazione di questa rete di protezione, l'azione della Comunità Europea
é anche volta a coniugare la conservazione della biodiversità con le attività di altri settori, quali
l'agricoltura e il turismo, ma anche la pesca, la forestazione, l'industria, i trasporti, ad ottenere il
massimo consenso e coinvolgimento delle comunità locali in questa azione di salvaguardia.
Deve essere sottolineato, al termine dell'illustrazione della politica del'U.E., come gran parte dei SIC e
delle ZPS già individuate, sia in Italia che negli altri stati membri, interessi Parchi e Riserve Naturali già
istituite, e come dunque si renda indispensabile coniugare le azioni ed i programmi messi in essere
dagli Enti gestori delle aree protette, con quelli proposti dall'U.E.
In particolare, oltre al migliore sfruttamento degli strumenti di intervento finanziari dell'Unione
europea, come ad esempio i Programmi Life Natura e Life Ambiente, è indispensabile
l'armonizzazione dei modelli e degli strumenti di gestione del territorio promossi dall'U.E. e dagli Stati
membri. L'Unione Europea infatti, auspica per i suoi SIC e ZPS la redazione di "Piani di Gestione" o
“Misure di Conservazione” finalizzati a perseguire gli obiettivi di conservazione illustrati sopra. In
parallelo, lo Stato italiano emette direttive con leggi nazionali, o tramite le Regioni con leggi regionali,
con cui indica criteri e procedure per la formazione degli strumenti di assetto del territorio delle aree
protette, che nel Lazio sono appunto i Piani delle Aree Protette, ed i loro Regolamenti e Programmi di
Attuazione, che in genere sono finalizzati sia a perseguire gli obiettivi di salvaguardia ambientale, che
ad organizzare l'infrastrutturazione delle aree per il loro uso turistico e per la creazione di servizi, sia
infine alla promozione delle attività economiche compatibili.
Si tratta evidentemente di obiettivi per gran parte coincidenti, e tuttavia sembra opportuno che gli
strumenti di assetto territoriale in corso di elaborazione da parte di tutte le aree protette regionali,
laddove, come nel caso della Riserva Naturale Laghi Lungo e Ripasottile i perimetri dell'area protetta
e quelli della ZPS o dei SIC si sovrappongono, recepiscano esplicitamente quanto indicato dall'Unione
Europea nei suoi documenti, si configurino anche come modelli capaci di integrare quei Piani di
Gestione che l'Unione auspica per le ZPS e per i SIC, e pongano dunque le premesse per coniugare
l'azione dell'U.E. con quella delle istituzioni locali, e creare già dalle regioni i fondamenti di quella
"rete ecologica paneuropea" che rappresenta l'obiettivo finale.
223
La Riserva Naturale Laghi Lungo e Ripasottile contiene al suo interno un S.I.C. /Z.P.S che interessa le
aree più sensibili dei due laghi.
Inoltre, le stesse caratteristiche ambientali della Riserva ed il fatto che si tratti di una zona umida di
grande valore, parte di un vasto sistema fluviale anch’esso di elevato valore naturalistico, rendono
quanto mai opportuna questa verifica, e la redazione di un Piano del Parco che sia al tempo stesso
già strutturato per recepire al suo interno le indicazioni provenienti dal “Piano di Gestione" della ZPS
e del S.I.C.
Va infatti sottolineato come la stessa Direttiva habitat, all'Art. 6, nel quale viene sancita la necessità
dell'elaborazione di idonei programmi di gestione, indica la possibilità sia di ricorrere a
".....appropriati piani di gestione specifici.....", sia quella di ricorrere invece a strumenti ".....integrati
ad altri piani di sviluppo...." come appunto appare opportuno nel caso del Parco di Bracciano, per il
quale, essendo stata avviata e conclusa la redazione delle “Misure di Conservazione” della ZPS e dei
Sic presenti mentre è ancora in corso la redazione del Piano del Parco, si rende necessario
sottolinearne la connotazione in questo senso inserendo gli accorgimenti ed i contenuti idonei a
configurarlo anche come il terminale ultimo delle cautele e delle misure di conservazione previste.
2.3.3.1
Criteri e contenuti dei Piani di Gestione dei S.I.C. e delle Z.P.S.
Pur in mancanza di riferimenti e di una metodologia consolidata, tuttavia numerosi documenti
illustrativi redatti dall' U.E. articoli e opuscoli divulgativi, oltre alla ricca e recente documentazione
prodotta dal Ministero dell’Ambiente e dalla regione Lazio in questi ultimi anni, nonché i primi Piani
di Gestione prodotti appunto dalla Regione Lazio nell’ambito del DOCUP Ob. 2, permettono di fissare
i criteri ai quali devono rispondere tali Piani ed il loro rapporto con la pianificazione consolidata, che
possono sinteticamente essere così riassunti:
•
-Riferimento agli articoli delle Direttive "Habitat" e "Uccelli"
•
-Utilizzo dei codici e nomenclatura delle Direttive.
•
-Finalità, obiettivi e metodologie di intervento e gestione rispondenti a quanto contenuto
nell'Art. 6 della Direttiva Habitat.
•
-Puntuale individuazione degli habitat compresi e specifiche indicazioni per ciascuno di essi circa
la caratterizzazione, gli indicatori di stato, le possibili minacce, e le indicazioni per la gestione.
•
-Puntuale individuazione delle specie della Direttiva presenti, specifiche indicazioni per ciascuna
di esse circa la distribuzione e presenza,, gli indicatori di stato, le possibili minacce, e le
indicazioni per la gestione.
•
-Esauriente illustrazione delle caratteristiche dell'area, nei suoi aspetti ambientali, storici,
produttivi e tradizionali di uso del suolo.
•
-Quadro degli aspetti amministrativi, urbanistici e dei vincoli sul territorio.
•
-Previsione del sistema di controllo e monitoraggio.
•
-Indicazione degli studi e ricerche di settore per gli approfondimenti e verifiche necessari.
•
-Previsione delle necessità gestionali e finanziarie.
•
-Idonea suddivisione del territorio in aree e soggette a diverse e appropriate normative di uso.
224
•
-Efficace processo di consultazione e coinvolgimento delle comunità e forze produttive locali
durante la fase di formazione del Piano.
•
-Indicazione delle azioni da adottare nei territori esterni per garantire l'efficacia delle misure di
conservazione, e per prefigurare la "rete ecologica".
Come si vede, oltre a riferimenti specifici alle azioni e direttive dell'Unione Europea, si tratta in gran
parte di criteri e misure condivisibili anche ai fini della formazione del Piano del Parco, e già facenti
parte della struttura e dell'iter di formazione dello stesso, a conferma di come la filosofia di gestione
dei territori protetti e delle risorse naturali sia fondata su criteri universalmente condivisi, e che
possono ormai entrare a far parte degli strumenti di pianificazione classici e più consolidati, in un
processo di assimilazione che si auspica possa portare al definitivo superamento della
contrapposizione fra la tutela dell'ambiente e l' uso del territorio.
Allo scopo di sottolineare dunque la "coincidenza" fra Piano del Parco e futuro Piano di Gestione
della ZPS e dei SIC, nel presente Piano saranno adottate misure mirate appunto ad aumentare questa
rispondenza, come in particolare la scelta di utilizzare lo strumento delle "Aree contigue", introdotto
dalla L. 394/1991, per ampliare il territorio coinvolto nel processo di pianificazione,o quella di inserire
indicazioni su vasti territori esterni, individuando i "corridoi faunistici" e i collegamenti con altre aree
naturali, possibili serbatoi di scambio per la Riserva Naturale, come il vicino Lago di Ventina, e per
questo possibile oggetto di future misure di salvaguardia da parte della Regione o degli altri enti
territoriali nell’ambito del più vasto progetto del Parco Fluviale del Velino.
Il Piano del Parco, quindi, dedica particolare attenzione anche a questo settore, e ipotizza, anche al di
fuori dei confini della Riserva Naturale, un futuro modello di organizzazione del territorio capace di
affermare e consolidare questa filosofia.
Si tratta di una ipotesi preliminare di armatura territoriale basata appunto sulla creazione di una rete
ecologica regionale, seppure limitata alle possibili connessioni della Riserva Naturale con gli altri
territori naturali del suo circondario. Per la redazione di questa ipotesi, sono stati presi in
considerazione alcuni degli aspetti più significativi e ormai consolidati della filosofia dei "wildlife
corridors" o delle "greeeways" o dei "biocanali", che è alla base del concetto di rete ecologica
propugnato dall'Unione Europea. Sono quindi stati considerati i territori in grado, per le loro
caratteristiche, di rappresentare "corridors" o "buffer zones" , ovvero corridoi di continuità e
collegamento ecologico, e zone filtro esterne, e di connettere così la Riserva Naturale ad altri territori
naturali, serbatoi potenziali di espansione o scambio. La scelta dei territori suddetti, è stata fatta
principalmente sulla base della loro naturalità e livello di conservazione. Di questi corridoi e di queste
fasce esterne, dovrà in futuro ipotizzarsi un regime di tutela e controllo assimilabile almeno a quello
delle Zone Contigue, ed in grado cioè di regolamentare aspetti fondamentali ai fini della efficacia
della rete ecologica, quali in particolare:
•
-Attività venatoria;
•
-Usi produttivi incompatibili o inquinanti del suolo;
•
-Sfruttamento delle risorse forestali compatibile con le esigenze di mantenimento della
"biodiversità";
•
-Localizzazione e estensione dei nuovi insediamenti residenziali;
•
-programmazione degli eventuali interventi di ripristino o miglioramento ambientale dei corridoi
e eliminazione delle barriere architettoniche e strutturali.
È evidentemente un livello di programmazione e pianificazione del territorio su vasta scala che non
compete alla Riserva Naturale, tuttavia si è ritenuto che il Piano del Parco potesse ugualmente
225
rappresentare un momento di riflessione e di proposta utile all'avvio di questo processo, il cui
obiettivo ultimo rimane senza dubbio la creazione del Parco Fluviale del Velino
2.3.3.2
Il Piano di Gestione del SIC/ZPS IT6020011
Nel comprensorio della Riserva Naturale Laghi Lungo e Ripasottile è compreso l’omonimo SIC/ZPS
IT6020011, mentre leggermente più a nord è collocato il SIC IT6020010 Lago di Ventina.
Il Piano di Gestione è attualmente completato ed in fase di esame da parte della Regione, ma anche
se non ancora esaminato ed approvato, costituisce un utile riferimento sia in termini di conoscenze,
sia in termini di prescrizioni e indicazioni normative. Sarà pertanto attentamente valutato e dove
opportuno recepito all’interno del Piano del Parco, che diverrà così il terminale attraverso il quale le
misure cautelari proposte dal piano di gestione assumeranno valore regolamentare. Il Piano di
Gestione fornisce un esauriente e dettagliato quadro delle componenti naturalistiche del territorio,
con particolare riferimento agli Habitat ed alle Specie inserite nelle Direttive Comunitarie.
Quanto alle indicazioni prescrittive, esso fornisce numerose e puntuali indicazioni strategiche i per la
salvaguardia di specie e habitat, indicando i modelli e gli obiettivi per la tutela delle stesse, pur se
nella maggior parte dei casi non indica misure specifiche o elementi normativi, nè il percorso per
arrivare ad una effettiva cogenza delle misure, e pertanto appare obbligata la strada del loro
recepimento nell’impianto normativo del Piano del Parco.
2.3.3.3
Percorso metodologico del Piano
Prima di illustrare il modello prescelto e la struttura del Piano, vengono brevemente riassunte le
metodologie ed i processi seguiti nelle varie fasi di formazione del Piano stesso, dalle fasi di analisi
del territorio su scala più vasta, fino a quelle concernenti, pur se ancora in fase di bozza preliminare,
l’uso delle varie parti del territorio del Parco.
Il Piano d’Assetto di un Parco o Riserva Naturale, denominato dalla L. R. 29/1997 Piano del Parco,
sostituisce tutti gli strumenti urbanistici operanti sull’area oggetto della pianificazione.
Appare evidente quindi come esso non possa limitarsi a regolamentare l’uso corretto delle risorse
naturali, o la semplice fruizione di tali beni, ma debba necessariamente porsi in rapporto con la
pianificazione territoriale urbanistica “classica”, e come anzi l’integrazione fra gli strumenti ormai
consolidati di questa pianificazione e di quella di settore, (Piani Regolatori Comunali, Piani territoriali
di Coordinamento, ed i più recenti Piani Territoriali Paesistici), e come la conciliazione fra la
pianificazione del territorio classica e la pianificazione del comparto naturalistico sia uno dei
principali obiettivi da raggiungere.
A tale scopo, nella formazione del Piano del Parco, considerata anche la presenza sul territorio del
SIC e della ZPS, e il relativo Piano di Gestione, uno spazio ed un ruolo importante è stato riservato,
oltre che alla elaborazione delle linee di tutela delle risorse naturali, ed alla regolamentazione di una
corretta fruizione delle stesse, anche al rapporto dell’area protetta e delle sue attività con il resto del
territorio, sia a vasta scala, prefigurando sia il futuro scenario possibile di eventuali connessioni con
altre aree protette o aree di valore naturalistico e ambientale utili alla configurazione di una rete di
connessioni che concorrano alla formazione della Rete Ecologica Regionale e Nazionale, sia a scala
minore, individuando già in questa fase le aree più strettamente correlate con essa e suscettibili di
ospitare attività ed iniziative legate al Parco naturale o utili alla conservazione dei beni.
Va anche sottolineato come le necessità di una pianificazione integrata di tutti i settori mal si concili
con l’individuazione di confini rigidi entro i quali le scelte del piano assumono valore cogente, stabiliti
226
dalla perimetrazione dell’area protetta, spesso insufficienti o inadeguati. Né appaiono sufficienti a
superare questo handicap l’opportunità offerta dalla possibilità di individuare “zone contigue” sulle
quali espandere alcune delle capacità di intervento del piano.
Molti processi, infatti, investono aree assai più vaste: basta pensare ad esempio, nel caso della
Riserva Naturale Laghi Lungo e Ripasottile, alle molte problematiche legate al controllo della qualità
delle acque dei Laghi, all’uso di fertilizzanti in agricoltura nell’intera Piana reatina, o ancora alla
necessità di idonei “corridoi faunistici” con le altre aree protette vicine, quali il Lago di Ventina o la
Piana di S. Vittorino
Appare dunque utile che il Piano del Parco affronti tali problematiche, anche limitandosi a sollevarle
o dando indicazioni sulle strategie utili ad inserire a pieno titolo il Parco nel più generale processo di
pianificazione d’area vasta, e ad ottimizzarne così le capacità e le possibilità.
Di seguito, dunque, vengono riassunte le metodologie seguite, ed i vari livelli di indagine, di
valutazione e di sintesi che hanno portato alla formazione del piano.
I RAPPORTI CON IL TERRITORIO ESTERNO E IL SISTEMA DELLE AREE PROTETTE REGIONALE,
LA CREAZIONE DI UNA "RETE ECOLOGICA".
2.4
Il Piano della Riserva Naturale Laghi Lungo e Ripasottile, con il Regolamento di Attuazione e con il
Programma Pluriennale Socio Economico, costituirà l’insieme della strumentazione operante del
territorio, e si prefigge, in armonia con i principi della L. R. 29/1997 e della L. N. 394/1991, di
raggiungere una serie di obiettivi specifici, sinteticamente riassunti nei seguenti punti:
•
-Tutela e valorizzazione delle risorse naturali, ambientali, culturali e paesaggistiche del territorio,
anche in relazione ai territori contermini.
•
-Sviluppo della funzione sociale di tali risorse.
•
-Promozione dello sviluppo delle condizioni di vita delle popolazioni locali nel quadro di un più
razionale rapporto Uomo/Territorio.
•
-Promozione dell’organizzazione del territorio secondo l’assetto più idoneo in relazione alla
quantità e consistenza delle risorse e al loro più razionale utilizzo e conservazione.
•
-Promozione e sviluppo della ricerca scientifica e della sperimentazione di nuovi modelli
gestionali delle risorse.
•
-Promozione ed organizzazione delle connessioni con la altre aree naturali contigue, ai fini della
costruzione della rete ecologica regionale e nazionale.
Tali obiettivi vengono perseguiti nel Piano attraverso le destinazioni delle varie parti del territorio e le
relative normative d’ uso previste, e attraverso la previsione di una serie di interventi ed azioni
specifiche indicate dal piano o contenuti nelle Schede Progetti.
Quanto alla procedura di formazione, occorre sottolineare l'importanza che ha rivestito la fase
preliminare di confronto fra il gruppo dei redattori del Piano, gli organi gestionali della Riserva
Naturale e le Amministrazioni locali..
Questo momento di confronto e verifica che si è esplicitato in numerosi incontri tecnici e
nell’apertura di uno Sportello di Contatto con i cittadini presso tutti i comuni, è stato determinante
per l'individuazione degli specifici obiettivi della Pianificazione dell'area protetta e del suo contesto
territoriale, in particolare il resto della Piana reatina che costituisce un Unicum territoriale
227
omogeneo. I rapporti che la pianificazione andrà a stabilire con il territorio circostante sono stati
valutati infatti, oltre che per i riflessi e gli effetti del sistema di scambio con l'esterno, anche per
definire la stessa organizzazione interna dell'area, i cui servizi sono stati strutturati anche in ragione
del livello di infrastrutturazione del suo immediato intorno, e dell'attenzione che alla Riserva
Naturale hanno destinato gli Enti locali interessati.
A questo riguardo sono stati anche valutati i riflessi positivi che sul territorio esterno possono avere i
servizi e le attività connesse alla fruizione della Riserva e la azioni di promozione che la stessa potrà
attuare, ed é stata pianificata l'organizzazione della fruizione anche tenendo conto delle opportunità
di visita e sosta, delle capacità ricettive e dei servizi offerti dai centri abitati più vicini, che da questo
coinvolgimento potranno trarre impulso e rivitalizzazione.
Infine deve essere sottolineata l'importanza, a livello di gestione diretta del territorio, assegnata dal
Piano a quello strumento di controllo e riequilibrio rappresentato dalle cosiddette "aree contigue" al
Parco, sulle quali il Piano del Parco incide direttamente con prescrizioni vincolanti.
Riassumendo si può affermare che il processo di indagine e di elaborazione del Piano del Parco si è
sviluppato attraverso fasi diverse e così articolate:
La prima fase é consistita nella discussione sui grandi criteri di indirizzo generale del territorio nel suo
complesso, inserito all'interno del più vasto bacino omogeneo del Fiume Velino. In questo caso il
compito del Piano del Parco è stato quello di verificare le opzioni della Pianificazione sovracomunale,
delle tendenze in atto, delle aspettative degli Enti locali e della loro attività di programmazione, delle
scelte strategiche che per quest'area compiono gli enti sovracomunali, la Provincia e la Regione Lazio,
nella consapevolezza che la sola protezione a mezzo di normative dell’area della Riserva Naturale
Laghi Lungo e Ripasottile può non essere sufficiente alla sua conservazione ed al suo sviluppo. Alla
luce di tali linee di tendenza, il Piano del Parco si è posto l'obiettivo di contribuire con le sue scelte
alla formazione di un quadro di riferimento omogeneo e coordinato rispondente alle aspettative di
tutto il comprensorio, al fine di collocare in questo quadro la Riserva Naturale Laghi Lungo e
Ripasottile, con tutte le sue specificità. Una funzione dunque, di supporto e concorso alla formazione
e sviluppo delle grandi idee e delle linee generali di tutela e gestione del territorio.
La seconda fase individuata è invece quella che ha preso in considerazione la sfera di operatività
“allargata" del Piano del Parco, quella cioé che investe sia il territorio perimetrato che le "Aree
contigue" appartenenti ai comuni dell'area protetta.
Come è noto in questa caso sia la Legge Quadro Nazionale n°394/1991 che la L.R. 29/1997, come in
genere anche le leggi istitutive delle singole aree protette, assegnano al Piano del Parco la facoltà di
individuare aree esterne "contigue", funzionali alla pianificazione dell'area protetta vera e propria, e
danno al Piano stesso la facoltà di organizzare queste aree con effetto vincolante, al pari per molti
versi di quelle comprese all'interno della perimetrazione.
Nell'economia del Piano ed ai fini di una armonica organizzazione del territorio, appare senz'altro
enorme l'importanza di tale strumento, che consente di "allargare" il controllo e le capacità di
intervento ad aree più vaste, sia per assicurare continuità agli ambienti e habitat compresi, e per
prefigurare così quella armatura di aree naturali, fasce e corridoi che costituisce il progetto di Rete
ecologica, sia anche per localizzare eventuali strutture proprie della Riserva Naturale nei territori o
nei centri abitati esterni più vicini, per esigenze di ricettività, per servizi culturali o informativi, per la
promozione del recupero del patrimonio edilizio finalizzato a tali scopi, per la rivitalizzazione del
commercio e dei servizi sociali, per la localizzazione e il potenziamento di strutture ricreative,
sportive, culturali, associative, etc.
Vale la pena di sottolineare subito come, nel caso della Riserva Naturale Laghi Lungo e Ripasottile
costituita in parte da aree delicate ed ecologicamente molto sensibili, nelle quali si riversa attraverso
una fitta rete di torrenti e canali tutto il sistema idrico della piana, e per gran parte da comprensori
228
agricoli attivamente utilizzati, questa possibilità abbia assunto una importanza ancora maggiore,
offrendo l'opportunità di aumentare le capacità della Riserva stessa e le sue potenzialità, e possa
invece costituire lo strumento per garantire meglio i risultati di salvaguardia e conservazione delle
aree naturali più delicate e sensibili.
L’ultima fase del processo di pianificazione è quella che riguarda il territorio protetto e la gestione
delle sue risorse.
In questo caso al Piano, oltre che il proprio ruolo di strumento di gestione e organizzazione del
territorio, è stato affidato anche un ruolo di strumento di conoscenza e documentazione del
territorio, monitoraggio del suo stato e di eventuali modificazioni, guida alla sua fruizione e utilizzo
compatibile, guida al completamento delle conoscenze e della ricerca scientifica. Infine, all’interno
del Piano, un ruolo determinante sarà assegnato ai progetti, destinati a valorizzare e promuovere
specifici aspetti, ad attivare risorse, a promuovere le attività della popolazione, a stimolare la
riqualificazione del territorio e la ricomposizione del paesaggio.
In tutti questi settori, oltre che dalle indagini dirette e dalla ricerca sul campo, un contributo
determinate al Piano è venuto dalle conoscenze e dalle esperienze acquisite negli anni dalla Riserva
Naturale, come anche dal bagaglio di conoscenze, studi e ricerche contenute nel Piano di Gestione
del SIC/ZPS, redatto di recente.
2.5
CONFINI DEL PARCO NATURALE E DELLE AREE CONTIGUE
La prima operazione svolta è stata quella di verificare puntualmente l’effettiva rispondenza dei
confini stabiliti dalla Legge Istitutiva alle esigenze di tutela ed alla reale situazione di fatto riscontrata
sul territorio.
Si è poi proceduto a redigere una proposta di revisione degli stessi, laddove essi non rispondevano
alle esigenze sopradette, ovvero fossero di difficile individuazione, ovvero configurassero una
immotivata separazione fra aree omogenee. In questa azione di verifica, è stato molto utile il
contributo degli organi di controllo della Riserva naturale, e degli uffici tecnici della stessa e dei
comuni, che hanno fornito indicazioni su tutti i punti di conflitto, difficile interpretazione o
problematiche di gestione derivanti da confini incongrui o di difficile lettura.
Nel corso degli studi e dei confronti con gli enti territoriali, è emersa con chiarezza la necessità di una
revisione del perimetro della riserva, tendente soprattutto a enfatizzare il suo ruolo di protezione
degli estremi lembi residui del lago velino, nonché degli elementi naturalistici importanti del Fiume
Velino. Pertanto, oltrere alle rettifiche puntuali di confini, si è deciso di prevere un ampliamento della
Riserva naturale che inglobando il corso del Velino, a monte della Riserva stessa, la riconnetta con
l’importante area naturale del lago di Ventina e delle aree limitrofe, già designate quali SIC e ZPS, e
per le quali si configura un ruolo significativo nella formazione della Rete Ecologica Regionale e nel
futuro Parco Fluviale del Velino. Viene anche rettificato il confine che corre lungo il corso del Velino,
che pur essendo all’ origine dell’istituzione della Riserva, e pur costituendo uno degli elementi
principali del sistema della piana, per gran parte è escluso dall’area protetta.Una ulteriore rettifica in
ampliamento dell’area porotetta riguarda poi il Monte Castagneto, del quale era inserita nella
Riserva solo una piccola fascia adiacente la Strada Provinciale. Si è ritenuto invece utile il suo
inserimento fino al crinale, in quanto completamente ricoperto da bosco misto, e quindi in grado di
rapporesentare un habitat boschivo, quasin del tutto assente nell’area protetta.
Oltre a queste modifiche significative, sono poi previsti diversi aggiustamenti di monore entità.
Si tratta nella maggior parte dei casi di modifiche di dettaglio, configurabili come correzioni o
aggiustamenti di inesattezze o errori cartografici, o in qualche caso di correzioni tese ad eliminare
fattori di disturbo o aree fortemente antropizzate e ormai prive di qualsiasi interesse ambientale. In
229
particolare, vengono escluse le aree piàù problematiche e caratterizzate dalla presenza di
urbanizzazione diffusa, come il colle di Campigliano, ormai completamente urbanizzato, o le aree
caratterizzate da presenza di siti industriali, depositi di vetture o altro, lungo il confine Est della
Riserva.
Quanto invece alle aree esterne, come in tutti i territori protetti, anche qui si è rilevata l'esigenza di
attenuare le differenze fra territorio protetto e territori esterni, soprattutto quelli delle fasce
limitrofe. A questo scopo, per garantire gli obiettivi di tutela, è stata valutata a lungo l’ipotesi di
indicare quale Area Contigua tutta la rimanente parte della piana reatina ricompresa nel bacino
idrico dei due laghi, al fine soprattutto di garantire un sistema e strumenti di controllo efficaci sui
metodi di conduzione dell’agricoltura, ed evitare che l’afflusso di inquinanti possa compromettere la
salute dei due laghi.
In parallelo a questa operazione, è stata valutata la possibilità di escludere dall’area protetta la parte
marginale della piana verso Rieti, a confine con la vasta area contigua individuata, assimilandola
anch’essa ad area contigua, in quanto si riteneva appunto omogenea alle aree esterne più che a
quelle interne alla Riserva Naturale, e cèpriva ormai di elementi di qualità ambientale e naturale
significativi. Si tratta di una area con caratteri di agricoltura produttiva estensiva, come per altro il
resto della piana reatina. Durante questa fase di valutazione è stata svolta una intensa attività di
concertazione locale, con incontri con le Amministrazioni interessate, con le categorie produttive,
con i cittadini, al fine di evidenziare eventuali problematiche e ottenere un più largo consenso su
obiettivi e strategie. Perplessità sono state espresse in questi incontro sia da parte degli
amministratori che dei cittadini intervenuti, sia in particolare dalle organizzazioni agricole, circa
l’opportunità di estendere l’area protetta con nuove zone contigue, imponendo così un vincolo di
tipo paesistico ad aree prive di valori ambientali e paesaggistici, con il risultato di appesantire e
penalizzare le attività in atto. Sono state pertanto avanzate altre alternative, quali l’avvio di un Patto
Territoriale, finalizzate in modo più specifico all’ottenimento del risultato atteso in termini di
controllo delle attività inquinanti.
La tavola seguente riporta i confini proposti durante la fase di consultazionem, prima di giungere alla
proposta definitiva, con le aree in discussione quali aree contigue, e poi proposte quali aree per
l’avvio di un Patto territoriale.
230
LEGENDA:
1) Area protetta
3) Area contigua della piana reatina
4) area attualmente interna alla Riserva e proposta quale area contigua
5) Area Contigua proposta a Montisola
Come si vede, sono state proposte quali aree contigue una piccola area adiacente Montisola e il
Velino, caratterizzata da una interessante zona umida, e una vasta area che comprende gran parte
della piana reatina esterna alla Riserva dei laghi, fino a margine del centro abitato di Rieti. Per questa
area, (identificata nella figura con il n° 3) così come per quella interna qualora riclassificata contigua,
si ritiene che pur non sussistendo ulteriori elementi di criticità o necessità di tutela, sarebbe utile la
previsione di regolamentazioni volte all’eliminazione dell’utilizzo di diserbanti ed altri inquinanti nei
sistemi agricoli. Dai confronti con gli enti locali e con le forze produttive, così come dalle
considerazioni fatte dal gruppo di lavoro anche nelle sedi di conferenze e verifiche con i diversi
settori regionali coinvolti, è emerso infine un orientamento tale da consigliare non già la
231
classificazione delle aree in oggetto come Contigue, ma bensì quello dell’adozione di strumenti
diversi, quali i Patti territoriali, Accordi di programma, o progetti speciali (LIFE o altri strumenti
finanziari finalizzati alla tutela ambientale). Le Aree contigue, così come identificate dalle leggi vigenti
e dalla prassi attuale, non appaiono infatti del tutto idonee alla finalità individuata ed alle necessità
emerse dagli studi. Esse infatti appaiono più idonee e garantire continuità funzionale ai territori
interni ed esterni alle aree protette, ovvero a garantire idonei “cuscinetti” di continuità o
salvaguardia, piuttosto che a specifiche finalità quali quella indicata. Comportano inoltre
l’imposizione del Vincolo di tipo paesistico in quanto assimilate ai parchi ed alle riserve naturali,
vincolo che appare invece non necessario nei territori in oggetto, privi di valori paesistici ed
ambientali, e invece vocati alla agricoltura produttiva intensiva. Pertanto appare più idoneo
l’adozione di uno strumento finalizzato al perseguimento di specifici obiettivi di gestione territoriale,
quali appunto i Patti Territoriali, strumenti di programmazione negoziata locale previsti dalla Regione
Lazio “….per il coordinamento e l’attuazione degli interventi che implicano decisioni istituzionali e
l’impiego integrato di risorse finanziarie a carico di una pluralità di soggetti pubblici e privati, la
Regione promuove, tra l’altro, il ricorso agli accordi di programma e agli strumenti di contrattazione
programmata, ivi comprese le programmazioni negoziate, le intese istituzionali di programma, gli
accordi di programma quadro, i patti territoriali, i contratti di programma, i contratti d’area previsti
dall’articolo 2, comma 203, della legge 23 dicembre 1996, n.662….” o ancora appunto gli Accordi di
Programma Quadro (APQ) appositamente sottoscritti dalla Regione Lazio in attuazione dell’Intesa
Istituzionale di Programma (IIP) definita con le Amministrazioni dello Stato fra i quali risultano al
momento definiti 4 Accordi di Programma Quadro, fra i quali “Difesa del suolo e risorse idriche” e
“Aree sensibili, Parchi e riserve”, che appaiono entrambi adatti agli scopi da perseguire.
Pertanto nella stesura finale del Piano viene indicata come Area Contigua la sola area sotto il rilievo
di Montisola, mentre per la Piana reatina, e quindi anche per l’area che era in discussione quale Area
Contigua, si è ritenuto di dover avviare le procedure per la formazione di un Patto Territoriale fra
Regione Lazio, Riserva Naturale, Comune di Rieti, Comune di Contigliano e Comune di Cantalice per
una gestione compatibile dell’agricoltura della piana e l’avvio di un grande processo di riconversione
della stessa verso criteri di qualità e sostenibilità.
La tavola seguente rappresenta la soluzione definitiva proposta.
232
Legenda:
1) Riserva Naturale
2) Ampliamento della Riserva Naturale lungo Corso del Velino e fino al Lago di Ventina
3) Area Contigua di Montisola
4) Area dei Patti Territoriali
233
CRITERI DI PIANIFICAZIONE E PERCORSO METODOLOGICO
2.6
In linea con quanto illustrato fin qui in merito alla definizione delle strategie e degli obiettivi
principali da raggiungere con il Piano, anche nella fase di pianificazione puntuale si è ritenuto di
adottare un criterio capace di sottolineare al meglio l'estrema delicatezza e valore naturalistico di
alcune aree lacustri come anche la varietà e ricchezza paesaggistica degli ambienti agricoli presenti, e
quindi di assicurare in via prioritaria l'obiettivo della conservazione e salvaguardia di questi siti di
straordinario interesse scientifico e naturalistico, ma in parallelo anche il mantenimento delle
peculiarità e dei valori documentari e culturali riscontrati nelle altre aree.
Questo riconoscimento e questo sforzo parallelo, è utile anche al fine di assicurare un corretto
rapporto di interscambio fra le diverse parti del territorio della Riserva Naturale, e soprattutto fra le
aree umide più sensibili, che rappresentano il cuore naturalistico della Riserva stessa, ed il resto del
territorio protetto.
Questo aspetto appare strettamente connesso con il primo, in quanto l'efficacia delle misure di
protezione degli ambienti più delicati discende direttamente dalla capacità degli ambienti circostanti
di rappresentare idonei spazi di espansione per la fauna, come anche di alleggerire la pressione
esterna su tali aree, e di garantire la presenza di zone "filtro" per il turismo .
Un ulteriore importante obiettivo, una volta garantiti gli obiettivi primari di salvaguardia, è infine
quello di organizzare la "sovrastruttura" del territorio, ed il suo rapporto con l'esterno e con i fruitori,
di pianificare e regolamentare cioé tutto il complesso delle attrezzature e strutture capaci di
garantirne la corretta fruizione e lo svolgimento delle attività turistiche, didattiche, senza interferire
con gli obbiettivi della conservazione, e anzi svolgendo se possibile un ruolo di supporto e
integrazione a questa.
Identico discorso di "conciliazione possibile" va fatto per quanto attiene l'ultimo degli obiettivi di
base della pianificazione: quello di garantire il mantenimento, ovvero il ripristino, di un corretto ed
armonico rapporto fra le attività economiche tradizionali presenti, ed in particolare l’agricoltura che
rappresenta un elemento fondamentale di questo paesaggio, e la salvaguardia delle risorse
ambientali e anzi, dove possibile, di rendere queste due esigenze complementari e funzionali l'una
all'altra, trasformando le attività economiche in un valore attrattivo, e le risorse naturali in fonte di
attività economiche.
2.6.1
FASE DELLE ANALISI
Le analisi preliminari alla formazione del piano, sono state condotte secondo il seguente schema:
1) Aspetti del sistema naturalistico-ambientale
•
caratteristiche qualitative e potenzialità delle comunità vegetali;
•
situazioni di particolare valore e vulnerabilità floristico-vegetazionale, a livello di comunità e
specie;
•
qualità e potenzialità delle popolazioni animali e delle specie di particolare interesse e/o
vulnerabilità;
•
livelli di valore/interesse faunistico del territorio e loro risultanza dalle interferenze
antropiche;
•
aree e siti naturali localizzati di valore e/o vulnerabilità idrogeologica, vegetazionale e
faunistica;
234
•
priorità di tutela/riqualificazione mirata, vegetazionale e faunistica delle diverse parti del
territorio;
•
caratteri geomorfologici del territorio, e siti di particolare interesse e/o vulnerabilità;
•
aspetti del sistema lacuale e idrogeologico, e delle risorse idriche.
2) Aspetti del sistema insediativo-storico
•
caratteri e tipologie degli insediamenti interni o limitrofi (paesi, nuclei abitati, case sparse,
strutture agricole) ed eventuale rilevanza storico/architettonica/tipologica;
•
potenzialità di riuso del patrimonio edilizio;
•
patrimonio storico/archeologico della Riserva e del comprensorio: capacità attrattive e
possibilità di intervento.
3) Aspetti del sistema sociale-economico
•
caratteri attuali, recenti e storici delle utilizzazioni tradizionali del territorio e delle risorse
•
caratteri passati, attuali e tendenziali della popolazione (demografia, attività, etc.);
•
caratteri e tendenze della fruizione turistica spontanea e potenziale (organizzata).
4) Aspetti del sistema infrastrutturale
•
caratteri e tipi delle infrastrutture e dei servizi sul territorio;
•
caratteristiche del sistema infrastrutturale e di servizio interno alla Riserva Naturale,
rispondenza/compatibilità alle esigenze funzionali e protezionistiche.
2.6.2
FASE DELLA VALUTAZIONE E SINTESI
Al termine del processo descritto e sulla base delle indagini e delle valutazioni espresse per i vari
settori nonché delle risultanze e indicazioni del Piano di Gestione, sono scaturite le valutazioni finali e
le proposte di classificazione riferite ad ambiti vasti ovvero ad unità ambientali limitate, che hanno
dunque portato alla individuazione delle Zone omogenee di tutela generale e delle sottoclassi di
tutela di aree o elementi specifici o puntuali.
Il processo seguito per giungere alle definizione delle singole aree, come già rilevato, è equiparabile a
quello posto a base di recenti esperienze e studi in materia e che hanno condotto all'elaborazione
delle teorie della "LANDSCAPE ECOLOGY", per la classificazione e la rappresentazione del territorio, o
ancora all'elaborazione di modelli di pianificazione e zonizzazione basati sul riconoscimento dei
"sistemi ambientali" ovvero delle "unità di paesaggio" e delle "unità ecosistemiche".
Le dimensioni della Riserva naturale Laghi Lungo e Ripasottile sono relativamente modeste,
soprattutto se rapportate ai modelli generali della pianificazione territoriale ed alle dimensioni di
riferimento di questi modelli di rappresentazione dell'ambiente, tuttavia la filosofia adottata per la
scomposizione del territorio e per la classificazione delle varie aree è riconducibile a questi modelli, e
trova anzi nel maggior dettaglio raggiungibile su un territorio di dimensioni più limitate un momento
di maggiore approfondimento e arricchimento.
Sulla base prima degli elementi unificanti e poi di quelli distintivi, e quindi delle omogeneità come
delle "diversità" rilevate nei vari ambienti e paesaggi, delle caratteristiche particolari di ogni sito,
235
degli elementi di interesse, utilizzo, rischio o altri fattori di valutazione presenti, il territorio è stato
dapprima indagato e interpretato nei suoi grandi caratteri distintivi, per individuare le grandi unità
omogenee che caratterizzano la morfologia, il paesaggio e l’uso del territorio, e successivamente
scomposto in "Unità omogenee di paesaggio", che risultano finalizzate alla interpretazione e
catalogazione del territorio in ragione delle sue diversità strutturali e funzionali, o correlate alla
qualità, condizione, vulnerabilità o altro aspetto proprio dei siti, o infine alle loro prospettive di
utilizzo.
In questa ottica i diversi contributi tematici hanno assunto un grande valore propositivo e sono
entrati di fatto a pieno titolo nel processo di pianificazione, non limitandosi a costituire solo un
bagaglio di informazioni e ad esaurire il processo conoscitivo propedeutico alla fase di pianificazione
ma di fatto disgiunto da questa, ma andando invece a comporre le tessere del quadro propositivo dal
quale scaturiscono non solo gli elementi propositivi e i criteri generali della pianificazione, ma anche
le indicazioni puntuali di gestione e progettazione del territorio.
Questo criterio di grande attenzione ai singoli contributi è stato esplicitato anche nella restituzione di
questo bagaglio di conoscenze, che non sono state relegate nel fascicolo degli allegati e della
documentazione di base, ma confluiscono all’interno di una rappresentazione del territorio basato su
ogni singola Unità di Paesaggio, con indicazioni provenienti da tutti i comparti e che compongono da
un lato la sintesi del processo conoscitivo, e dall’altro la prefigurazione tutti gli elementi propositivi di
area tematica, sia in termini di valori ambientali, che in termini di panificazione, e quindi di
indicazioni gestionali e progettuali.
In sintesi il processo seguito prende avvio dal territorio nel suo complesso, per interpretarlo con gli
strumenti delle conoscenze di settore e attraverso la lente delle singole diversità tematiche giungere
ad una sua scomposizione in comparti omogenei, per tornare infine ad una lettura integrata
dell’intero territorio con gli strumenti della pianificazione, garantendo così la massima integrazione
ed unitarietà fra studi e proposte.
Quanto al percorso seguito per giungere a questo quadro di riferimento puntuale, esso è dunque
partito dalle grandi categorie di paesaggio, per poi scomporle a loro volta nelle singole Unità minime
omogenee di Paesaggio, all’interno delle quali sono state calate dapprima tutte le indicazioni
provenienti dal quadro di riferimento normativo, come P.T.P.G., P.T.P., P.T.P.R., P.R.G., e
successivamente tutte le esigenze di tutela o gestione provenienti dai singoli settori di indagine del
comparto ambientale, secondo il seguente schema:
•
quadro degli elementi normativi cogenti
•
sintesi dei valori ambientali paesistici e storico-culturali
•
caratteri, limiti e potenzialità della fruizione antropica
•
esigenze generali di tutela
•
esigenze settoriali di tutela
•
proposte di settore per la gestione
236
2.7
IL PAESAGGIO COME STRUMENTO DI SINTESI DELLA PIANIFICAZIONE
Il percorso di indagine territoriale, come anche tutti i valori e le segnalazioni di attenzione o
sensibilità, il quadro di riferimento dei vincoli e delle cautele per l’utilizzo del territorio, sono stati
rappresentati in tavole sintetiche secondo il seguente schema, che prende avvio dalla forma del
paesaggio.
Come è noto, il paesaggio è un fenomeno complesso che riassume molte componenti diverse che,
sebbene strumentalmente disaggregabili, sono tra loro strettamente interrelate. Tra queste,
considerata la forte rilevanza che assumono nel territorio della Riserva naturale sono state per prime
prese in considerazione quelle che attengono ai caratteri idrogeomorfologici e vegetazionali.
Il paesaggio della Riserva naturale edelle aree limitrofe lungo il corso del Velino risulta infatti
connotato con straordinaria evidenza dai caratteri tipici dell’antico sistema lacustre e delle valli
fluviali di pianura.
La Riserva naturale dei Laghi Lungo e Ripasottile si trova infatti a margine della piana reatina, una
conca intramontana circondata da alti rilievi montuosi, di cui costituisce una parte rilevante e
contiene i resti dell’antico Lago Velino, costituiti appunto dai due specchi d’acqua protetti.
Oltre ai due laghi, a margine dell’area protetta va segnalata poi la Sorgente di S. Susanna, una
poderosa risorgiva naturale con una portata di circa 5 mc/sec, dichiarata Monumento Naturale. Oltre
ai laghi e al Fiume Velino, ed ai canali di S. Susanna e della Vergara va registrata all’interno della
Riserva una fitta rete di canali e di scoline che drenano nei laghi le acque superficiali.
Quindi l’acqua, nelle sue varie forme, segna e caratterizza profondamente il territorio della Riserva
naturale, ne costituisce il tratto più rilevante e dà origine ai paesaggi naturali e alle aree più
importanti e preziose.
Il resto del territorio è costituito da aree agricole ancora coltivate, che seppure non presentano
grande rilevanza naturalistica e ambientale, tuttavia rivestono un elevato valore in quanto ben
conservate e ricche di valori storici e culturali, percorse da un reticolo di canali e arricchite dalla
presenza di siepi, filari ed altri elementi di connessione ecologica e rifugio faunistico.
L’insieme di queste peculiarità, insieme con i soprassuoli che le connotano ulteriormente, siano essi
di natura spontanea che di origine antropica, costituisce l’oggetto dei tre elaborati cartografici che
compongono questo settore del lavoro, e dai quali prende avvio tutto il processo, di cui di seguito si
descrivono i contenuti:
•
La forma del territorio, il paesaggio di un antico lago
•
Le unità minime di paesaggio
•
I caratteri del Paesaggio: tipologie, connessioni, elementi percettivi
L’intero territorio della Riserva Naturale è stato dunque interpretato dapprima alla luce dei suoi
caratteri basilari, ovvero la forma e l’origine dei paesaggi che lo compongono. La Riserva naturale dei
Laghi Lungo e Ripasottile costituisce un esempio rappresentativo del tipico paesaggio delle pianure
fluviali. Comprende due laghi, che rappresentano una parte modesta dell’intera superficie della
Riserva Naturale, ed una vasta area di campagna pianeggiante, che presenta spesso pregevoli
caratteri paesaggistici. Il lago Lungo e quello di Ripasottile occupano il fondo della piana reatina e
quindi dell’antico Lago Velino, e sono circondati da una cintura montana che nel settore Nord Est
culmina con il Monte Terminillo.
Nel settore Nord Ovest invece la piana si restringe attorno al corso del Velino fino a giungere ad
un’altra zona umida assai interessante, il Lago di Ventina.
237
Questi caratteri sono rappresentati nella Tavola di base del processo di interpretazione del territorio
“La forma del territorio: il paesaggio di un antico lago”.
La tavola costituisce la prima delle tre cartografie che riguardano i caratteri del paesaggio della
Riserva Naturale. Si tratta di un elaborato sintetico redatto alla scala 1:10.000 che interessa il
territorio della Riserva Naturale e le aree contigue
Questa tavola, che è quella dalla quale prende avvio la fase conclusiva del percorso di pianificazione,
contiene la lettura della forma del territorio e la sua scomposizione in grandi unità paesaggistiche
omogenee. I tratti morfologici che segnano tutto il paesaggio sono stati individuati nei due maggiori
elementi di caratterizzazione, ovvero il paesaggio “della grande piana e delle piane di transizione”,
che costituiscono l’areale dell’antico lago Velino, ed il paesaggio “dei rilievi interni e delle colline”.
A loro volta poi, in un processo di progressivo approfondimento e aumento di scala di lettura, questi
due grandi categorie di paesaggio sono stati scomposti in paesaggi omogenei.
Poiché tra i numerosi e diversi aspetti che concorrono alla connotazione del paesaggio la forma del
territorio assume un ruolo primario, questa prima generale e sintetica individuazione delle grandi
tipologie di paesaggio che connotano il territorio della Riserva Naturale è stata effettuata prendendo
in considerazione in primo luogo gli aspetti geomorfologici del territorio.
A questi sono stati associati i caratteri dei soprassuoli che li accompagnano, che ne costituiscono al
tempo stesso conseguenza ed elemento di enfatizzazione.
I contenuti della tavola sono così espressi:
•
la grande piana
•
le piane di transizione
•
i rilievi interni e le colline
•
la valle del Velino
Come è evidente questa prima generale distinzione è stata effettuata individuando i paesaggi delle
colline limitrofe e delle ondulazioni interne rispetto al paesaggio della piana, associando ai caratteri
morfologici dell’altimetria e dell’acclività il tipo dei soprassuoli.
Una volta individuati e cartografati i lineamenti paesaggistici caratterizzanti, il passo successivo è
stato quello di indagare, ad una scala ancora maggiore, i numerosi micro paesaggi che compongono il
mosaico generale del territorio, ricercando la chiave per la loro lettura nei loro caratteri morfologici,
o nella copertura vegetale, nell’uso del suolo, nell’unità percettiva del paesaggio, nella tessitura
catastale, o negli altri caratteri che permettono di percepire la loro diversità nei confronti dei
paesaggi circostanti.
L’obiettivo, come peraltro già illustrato, era quello di ottenere un mosaico completo e articolato di
unità minime omogenee alle quali riferirsi nelle indagini di settore e successivamente nella
indicazione di criteri e direttive per la loro conservazione ed il loro utilizzo.
Questo approfondimento ha dato luogo alla redazione della tavola denominata “Le Unità di
paesaggio”
Questa tavola costituisce la terza delle cartografie che riguardano i caratteri del paesaggio della
Riserva Naturale. Così come nel caso della precedente, si tratta di un elaborato sintetico redatto alla
scala 1:10.000 che interessa il territorio della Riserva Naturale e le aree oggetto di proposta di
ampliamento come aree contigue.
238
La tavola rappresenta il mosaico delle unità di paesaggio minime omogenee che compongono,
affiancandosi l’una all’altra, il territorio oggetto di indagine. Si intendono per unità di paesaggio
singole unità territoriali omogenee subordinate a un carattere paesaggistico prevalente, individuabili
tenendo conto delle diverse combinazioni in cui possono comporsi in ciascuna di esse gli aspetti
geomorfologici, biotici e antropici, e delimitabili utilizzando segni del territorio che possono avere
origine da ciascuno dei tre sopradetti aspetti.
Poiché, così come evidenziato in chiusura della trattazione relativa all’elaborato precedente, il
paesaggio della Riserva Naturale risulta assai marcatamente connotato dall’ azione dell’acqua e dalla
presenza di un antico lago, tutte le unità di paesaggio individuate risultano connotate in modo più o
meno marcato da questa origine. Le diverse modalità in cui questa natura si manifesta consentono
di poter raggruppare le singole unità in quattro gruppi di unità tra loro analoghe.
Nella tavola sono delimitate e numerate le seguenti 23 unità di paesaggio, così raggruppate:
PAESAGGI DELLE COLLINE E DEI RILIEVI INTERNI
A1
Coste del Monte Castagneto
A2
Colle di Campigliano
A3
Pendici di Montisola
A4
Colle di S. Balduino
A5
Colle di Cerro Cupo
PAESAGGI DELLA GRANDE PIANA
B1
La piana interna
B2
La piana di Patule
B3
La Piana del Formone Lungo
PAESAGGI DELLE PIANE DI TRANSIZIONE
C1
Campi di Patalocco
C2
Campi di Piedidolle
C3
Campi di Pratetta
C4
Campi di S. Susanna
C5
Campi di Lama dei Santi
C6
Campi di Montisola
C7
Campi di Lagolungo
PAESAGGI DEI LAGHI E DEI CORSI D’ACQUA
D1
Lago di Ripasottile
D2
Lago Lungo e di Fogliano
239
D3
Lago di Comunaletto
D4
Corso del Velino
D5
Corso del S. Susanna
D6
Sorgenti di S. Susanna
D7
Lago di Vottone
D8
Fiume S. Susanna e Canale Vergara
I paesaggi dei laghi comprendono, oltre ai due specchi d’acqua di Lago Lungo e Ripasottile, i resti di
due piccoli laghi, e il tracciato di tutti i principali corsi d’acqua interni.
I paesaggi delle Piane comprendono tutta la piana interna all’area protetta suddivisa in sub unità
omogenee, con le grandi piane interne e le piane minori di transizione4 che le ricollegano con la cinta
collinare esterna.
I paesaggi delle colline e dei rilievi interni comprendono tutte le aree marginali che cominciano ad
elevarsi verso le colline e le ondulazioni interne anche se modeste.
A questi paesaggi sono poi andati ad aggiungersi quelli relativi alle aree di nuovo inserimento nella
Riserva Naturale, e alle aree contigue, ovvero:
•
L’alto corso del Velino
•
Il lago di Ventina
•
Le sponde del lago di Ventina
•
La piana umida di Montisola
2.8
ELABORATI PROPEDEUTICI ALLA ZONIZZAZIONE
In questa fase del lavoro sono stati prodotti elaborati che, pur afferendo ancora alla fase preliminare
di indagine, tuttavia contengono già elementi utili alla pianificazione, valutazioni ed elementi
propositivi propedeutici alla Zonizzazione.
2.8.1
TIPOLOGIE E ELEMENTI PERCETTIVI DEL PAESAGGIO
Questa elaborazione completa l’analisi degli elementi caratterizzanti del sistema ambientale, e
costituisce la terza delle tre cartografie tematiche che riguardano i caratteri del paesaggio della
Riserva Naturale.
Anche in questo caso si tratta di un elaborato analitico che interessa il territorio della Riserva
Naturale e le aree contigue e contiene valutazioni circa il valore del Paesaggio quale elemento al
tempo stesso caratterizzante e connettivo per il territorio e per la rete ecologica, e valuta a questi fini
elementi che, anche se non ricompresi fra i valori e gli elementi di continuità già indicati dagli studi di
settore, sono comunque ritenuti importanti ed utili per la composizione del quadro definitivo delle
componenti paesaggistiche e ambientali del territorio.
240
Contiene inoltre le sottolineature che per il comparto antropico provengono da diverse aree di
studio, come ad esempio il sistema insediativo e infrastrutturale, o il sistema di fruizione con i suoi
elementi percettivi, o le aree che si ritiene necessitino di programmi di riqualificazione per il
recupero dell’immagine o della qualità percettiva di aree sensibili per il loro rapporto con il resto del
territorio.
Gli elementi di valutazione considerati sono rappresentati secondo la seguente articolazione.
PAESAGGI DI RILEVANZA GEOMORFOLOGICA
•
Specchi d’acqua e fondi asciutti di antichi laghi
•
Corsi d’acqua naturali e canali di bonifica
•
Rilievi interni
PAESAGGI NATURALI E SEMINATURALI
•
Fasce ripariali, aree residue boscate, elementi lineari di connessione della rete ecologica
•
Cespuglieti, arbusteti, prati-pascoli naturali
PAESAGGI ANTROPICI
•
Paesaggi agrari
•
Paesaggi insediativi
•
Complessi rurali di interesse storico tipologico
Come è evidente il primo livello di analisi riguarda l’individuazione delle tipologie di paesaggio che
connotano il territorio della Piana e della Riserva naturale.
Tra i Paesaggi di rilevanza morfologica sono stati individuate quelle forme particolari e tipiche del
paesaggio vallivo fluviale che caratterizzano il territorio della Riserva naturale: oltre agli specchi
d’acqua e al corso dei torrenti naturali e delle canalizzazioni di bonifica, sono segnalati come
elementi di importanza morfologica anche i piccoli rilievi interni e i rilievi di transizione siti ai margini
della piana..
I Paesaggi naturali e seminaturali sono stati individuati mediante la ricognizione di quegli insiemi di
spazi connotati più o meno marcatamente dalla compresenza di particolari manifestazioni di natura
vegetazionale, idrografica e geomorfologica tra loro interconnesse in modo da formare una struttura
territoriale sistemica. Si tratta degli spazi paesaggistici dove con maggior rilievo si manifestano i
caratteri naturali sia in forma reale che potenziale, e che pertanto costituiscono il substrato sul quale
si appoggia e può ulteriormente svilupparsi la rete ecologica. Nel territorio oggetto di indagine, per lo
più una piana agricola, questi paesaggi si manifestano con particolare rilevanza.
Nell’ambito dei paesaggi naturali e seminaturali sono stati individuati , oltre ai laghi ed ai corsi
d’aqua, anche l’ insieme composto dalle fasce vegetate ripariali e dai residui di aree boscate anche
se limitate, dagli elementi lineari di connessione della rete ecologica, comprendendo tra queste
ultime tutte quelle situazioni a sviluppo lineare che potessero costituire elementi di connessione
della rete ecologica, quali filari alberati, siepi, etc., ed infine i cespugleti o arbusteti residui, per lo più
localizzate in aree di pendice.
Gli Ambiti dei complessi rurali di interesse storico tipologico riguardano infine i grandi complessi
rurali presenti nel territorio della Riserva naturale, e che della stessa e della Piana reatina
contribuiscono a definire il carattere e l’immagine storica, con le loro aree di pertinenza.
241
L’individuazione dei paesaggi naturali e seminaturali è stata effettuata sulla base della tavola dell’Uso
del suolo, con integrazioni mediante fotointerpretazione di dettaglio.
I Paesaggi agrari sono stati individuati utilizzando l’inviluppo di tutti i Territori agricoli perimetrati
nella tavola dell’ Uso del suolo.
I paesaggi insediativi sono stati individuati utilizzando l’inviluppo di tutti i territori modellati
artificialmente perimetrati nella tavola dell’Uso del suolo o dal PTPR.
I paesaggi come sopra individuati, così come tutti gli altri elementi di valore, sono indicatori di
sensibilità dal punto di vista paesaggistico – ambientale, e costituiscono oggetto di proposta di
settore.
2.9
IDONEITÀ DEGLI AREALI E DISTRIBUZIONE SPECIE FAUNISTICHE DI INTERESSE COMUNITARIO
La seconda delle elaborazione sintetiche della fase finale riguarda le indicazioni e valutazioni in
merito alla fauna selvatica di interesse comunitario presente sul territorio della Riserva naturale, o
comunque alla fauna rara o minacciata..
Le informazioni derivano in parte dagli studi propedeutici del Piano di Gestione, ed in parte da
informazioni ed elementi di conoscenza acquisiti nelle indagini di campo.
Contiene dunque l’indicazione degli areali di presenza o potenziale idoneità per alcune delle specie di
fauna maggiore più rappresentative e importanti, con una graduatoria relativa al livello di idoneità
degli areali, e indicazioni puntuali di siti di presenza di specie sensibili e di tutte le specie della fauna
minore inserite nella Direttiva Habitat.
Sia le indicazioni di areali vasti che quelle di siti localizzati sono dunque inserite nelle sintesi
conoscitive propedeutiche alla zonizzazione quali segnalazioni di sensibilità e necessità di cautele di
aree o siti puntiformi, e vanno così a completare il quadro di riferimento della fase finale.
2.10
I SISTEMI TERRITORIALI E LE PROPOSTE
Una volta fissati i grandi caratteri di riferimento del territorio della Riserva, e definiti gli ambiti minimi
di riferimento di tutti gli studi e delle successive interpretazioni ed elaborazioni, il percorso è
proseguito con il trasferimento degli esiti delle indagini di base all’interno degli ambiti minimi, ovvero
le Unità di Paesaggio, e una volta completato il quadro conoscitivo di ogni ambito, con l’elaborazione
da parte di ogni singola area di studio, di criteri, direttive, cautele e indicazioni di gestione sempre
riferiti ad ogni singolo ambito. Questa fase ha portato all’elaborazione di due rappresentazioni
sintetiche dei due sistemi ambientale e antropico, secondo il modello indicato dalle Linee Guida per
la redazione dei Piani delle aree protette regionali, ai Punti 2.2. E, F .
2.11
LA SINTESI DEL SISTEMA AMBIENTALE
Questa elaborazione rappresenta la ricognizione dei valori e della sensibilità dal punto di vista
ambientale del territorio della Riserva e delle aree oggetto di proposta di ampliamento, mediante la
rappresentazione cartografica di tutte le proposte di settore delle discipline di carattere ambientale,
ai fini della Zonizzazione finale.
Sono state considerate pertanto tutte le segnalazioni che per il settore vegetazionale, faunistico e
geologico provengono in merito ad ambiti del territorio della Riserva nei quali si registra la presenza
242
di elementi rilevanti per i singoli comparti, quali formazioni forestali o vegetazionali di pregio, rare o
minacciate, o componenti importanti della rete ecologica, ovvero habitat importanti per la fauna, siti
di riproduzione o nidificazione, ambienti con presenza di specie faunistiche rare o minacciate,
potenziali siti idonei all’espansione o colonizzazione da parte di specie faunistiche, microhabitat o siti
puntuali di specie importanti, o aree con presenza di fenomeni geologici importanti o fenomeni
visibili o caratterizzanti il paesaggio, o siti di particolare delicatezza per il sistema idrogeologico. Oltre
a questi elementi sono poi stati cartografati anche tutti gli elementi rilevanti provenienti dagli studi e
dalle indicazioni del Piano di Gestione, quali gli habitat della Direttiva, i siti con presenza di specie
faunistiche della Direttiva, e altri habitat o siti ritenuti comunque di rilevante interesse per gli
obiettivi del Piano di Gestione.
Infine contiene le indicazioni del comparto agricolo agricolo che concernono ambienti rurali di
rilevante interesse o valore paesistico, storico-culturale o ambientale.
2.12
LA SINTESI DEL SISTEMA ANTROPICO
Come per il sitema ambientale, anche per quello antropico trovano spazio e rappresentazione in un
elaborato sintetico tutte le considerazioni, informazioni e proposte di settore che in qualche modo
attengono alla presenza dell’uomo sul territorio, sia dal punto di vista dello stato di diritto, - ovvero la
pianificazione urbanistica, paesistica o di tutela, ed il quadro normativo generale,- sia dal punto di
vista dello stato di fatto, -ovvero il, quadro degli insediamenti residenziali, dei servizi e delle
infrastrutture, delle attività produttive, del sistema di fruizione, del patrimonio storico, o infine le
indicazioni provenienti dal comparto agricolo produttivo in merito a aree di particolare valore
produttivo, e quindi da salvaguardare al loro uso attuale, e quelle invece caratterizzate da elementi di
criticità per l’ambiente derivanti dalle attività che su di essi si svolgono, per le quali si impone una
particolare attenzione nella redazione delle Normative di Uso e nelle destinazioni di Zona.
L’elaborazione dà luogo pertanto ad una rappresentazione sintetica del livello di trasformabilità del
territorio, laddove vengono evidenziate le aree a maggiore criticità e sensibilità, e quindi con un
basso o nullo livello di trasformabilità
2.13
LE PROPOSTE DI ZONIZZAZIONE
Tutte queste segnalazioni, unite alle indicazioni derivanti dal livello di trasformabilità fissato dal
P.T.P.R. , concorrono all’ articolazione in zone che il Piano del Parco deve prevedere ai sensi dell’art.
26 lett. f) della L.R. 29/97 “Norme in materia di aree naturali protette regionali”, secondo il seguente
criterio:
•
proposta di zona A-B:
habitat natura 2000, fasce ripariali vegetate, aree residue boscate,
elementi lineari di connessione della rete ecologica, aree non trasformabili da P.T.P.R.
•
proposta di zona B-C: cespuglieti, arbusteti, prati e pascoli naturali, pendici di continuità, specchi
d’acqua, aree a limitata trasformabilità da P.T.P.R.
•
proposta di zona C: paesaggi agrari
•
proposta di zona D: paesaggi insediativi e produttivi
Nella fase finale della relazione, vengono illustrati i criteri definitivi e le scelta di Zonizzazione
scaturute dalle valutazioni e dalle proposte fin qui descritte.
243
2.14
IL MODELLO E LE STRUTTURE DI FRUIZIONE
Nel quadro delle analisi e delle valutazioni e delle proposte di organizzazione del territorio, un peso
rilevante assume anche il comparto della fruizione turistica. Nella filosofia e nella strategia di un
Piano dinamico e non fondato solo sui vincoli ma sulla gestione attiva, la previsione di un sistema di
fruizione organico e funzionale rappresenta, oltre che uno strumento di valorizzazione e
incentivazione di attività economiche, anche uno degli strumenti attraverso i quali ci si prefigge di
perseguire una più efficace tutela delle risorse naturali, assieme alle Zonizzazioni ed alla Normativa.
A tale scopo il sistema di fruizione dovrà essere composto da strutture, percorsi e attrezzature
didattiche e informative distribuiti sul territorio della Riserva Naturale e nel suo immediato intorno in
modo tale da essere capaci di distribuire le presenze sull’intero territorio, sia al fine di alleggerire la
pressione sulle aree più sensibili che di far ricadere i benefici della presenza turistica in modo
uniforme sul territorio e sui centri abitati vicini.
Nel Piano dunque è stato esaminato il quadro attuale, con i suoi punti di forza e le eventuali
debolezze, al fine di predisporre una ipotesi di sistema di strutture e attrezzature quanto più
possibile completo e caspace di inserirsi nella dinamica locale e nel tessuto sociale delle popolazioni
locali.
La Riserva Naturale non registra al suo interno centri abitati né nuclei abitati consistenti. Vanno però
considerati come strettamente legati alla Riserva i paesi di Rivodutri, Poggio Bustone, Cantalice, con
le loro frazioni, e in misura minore anche il paese di Morro e Colli sul Velino, mentre Rieti appare più
lontana anche se potenzialmente legata alla dinamica dell'area.
Oltre alla più volte auspicata possibilità di assicurare una adeguata ricaduta economica alle
popolazioni locali, l’esigenza di prevedere un sistema di fruizione efficace nasce anche da altre
valutazioni, quali la presenza di un ricco patrimonio edilizio rurale disponibile e recuperabile
all’interno dell’area protetta, e nei centri storici vicini, e la opportunità di salvare questo patrimonio
dal degrado al quale spesso viene abbandonato in mancanza di utilizzi produttivi. Una ulteriore
spinta viene poi dalla presenza di attività già avviate di commercio e servizio e la possibilità di una
loro specializzazione, dalla disponibilità di giovani in cerca di prima occupazione, e infine dalla
posizione stessa dei paesi, a margine della Riserva Naturale, e situati lungo le principali direttrici di
accesso.
In conclusione, è evidente come fra le ipotesi di strategie future e di assetto del territorio, anche il
modello da attuare per la fruizione e le modalità di presenza dei visitatori nelle varie parti riveste
quindi una grande importanza.
2.15
VIABILITÀ E ACCESSI
Attualmente gli accessi alla Riserva naturale, come pure la fruizione pubblica dello stesso, avvengono
in maniera non proprio “organizzata” (mancanza di un piano organico e mancanza di una corretta
differenziazione delle modalità di accesso, percorrenza, fruizione).
La “penetrazione” avviene, di fatto in relazione alla continuità viaria delle infrastrutture che
dall’esterno interessano il territorio protetto.
In particolare appaiono privilegiati:
•
l’ingresso da Sud lungo la Provinciale Rieti-Piediluco-Terni
•
l’ingresso da Nord sempre lungo la Provinciale Rieti-Piediluco-Terni
244
•
l’ingresso da Poggio Bustone
Numerose altre strade a differente tipologia (comunali: asfaltate, non asfaltate, vicinali, di servizio
forestali, sentieri e percorsi, etc.) strutturano ed innervano il territorio in maniera più che adeguata
alle necesità di collegamento e servizio.
2.15.1 SENTIERI E CIRCUITI DI VISITA
La Riserva Naturale è interessata da un sistema di percorsi viari che comprende oltre ai tracciati
principali di collegamento, anche numerosi tracciati di penetrazione e interesse locale.
Per alcuni di questi sono proponibili Progetti, destinati a valorizzare parti della Riserva Naturale
caratterizzate da elementi di interesse specifici, come il Paesaggio dei laghi, il paesaggio della
bonifica, i paesaggi agricoli della tradizione, i complessi rurali.
Nel complesso, si tratta di una rete di sentieri completa, che raggiunge tutte le parti del territorio,
anche se allo stato atttuale risulta comunque carente l’organizzazione del sistema di visita, e
l’accessibilità di alcune delle aree più attrattive, difficilmente visitabili. La carenza maggiore si registra
infatti proprio nel sistema di accesso ai laghi, ed alle aree di osservazione della fauna, che invece
rappresenta una delle principali attrattive potenziali.
Da rilevare comunque come sia attualmente in fase di realizzazione un progetto che precvede la
realizzazione di un lungo sentiero natura proprio a ridosso dei due laghi e delle aree più interessanti,
con camminamenti e osservatori.
Oltre ad una azione di completamento, la rete sentieristica dovrà essere sottoposta da una parte ad
alcune limitazioni, per evitare un eccessivo afflusso in aree delicate, e dall’altra ad una opera di
caratterizzazione, con l'obiettivo di evitare una frequentazione diffusa e incontrollata, obiettivo che
viene ritenuto indispensabile ai fini della salvaguardia, viste le ridotte dimensioni della Riserva
Naturale ed il carattere localizzato dei beni naturali più preziosi, incentivando però in parallelo una
offerta alternativa verso circuiti oggi poco frequentati ma con elevate potenzialità. Pertanto sarà
demandato alla ricchezza e completezza del sistema, delle attrattive e dei supporti informativi e
didattici, più che ai divieti, il compito di incentivare la frequentazione di alcune zone per preservarne
altre, in un'ottica appunto di gestione attiva, fatta di opportunità più che di vincoli.
I circuiti e sentieri di visita principali dovranno essere adeguatamente segnalati, dotati di strutture
informative e didattiche alla partenza e nei siti di maggiore interesse e di guide alla visita.
Ad integrazione di quelli già attrezzati e segnalati, vengono proposti alcuni grandi circuiti di visita che
interessano tutto il territorio, permettono una visita ragionata alle principali risorse naturali,
paesaggistiche e storiche, ed altri itinerari secondari meritevoli di adeguata valorizzazione, secondo
un criterio generale di riorganizzazione del sistema di accessi, sentieristica e viabilità interna, con
l'obiettivo anche di integrare il territorio dei Comuni attualmente meno interessati dalla dinamica di
fruizione della Riserva Naturale e dai suoi circuiti di visita.
A seguire si riporta l’elenco delle principali attrezzature di visita attuali.
•
Centro visita lago di Ripasottile (Idrovore)
•
Centrio visite Lago Lungo
•
Centro ricerche Villa Rinaldi
•
Centro inanellamento uccelli
245
•
Sala mostre Colli sul Velino
2.15.2 IPOTESI DI RIORGANIZZAZIONE
L’analisi del sistema di viabilità e percorsi interni ha evidenziato come lo stesso non si configuri come
un sistema efficace e organizzato, e gli interventi attuati in passato abbiano assunto più un carattere
episodico che quello di una organica programmazione. La strategia del Piano è pertanto volta a
superare questo handicap, ed a fornire indicazioni capaci di trasformare la rete esistente in un vero e
proprio sistema, dotato di tematismi, circuiti principali e secondari, connessioni fra gli stessi e con le
principali attrattive presenti. Anche per questa opera di caratterizzazione e riorganizzazione, i punti
di partenza ed i riferimenti principali sono stati il paesaggio caratteristico della Riserva ed i suoi beni
ambientali e culturali, al fine di sottolineare la diversità e peculiarità di questo territorio rispetto agli
altri. Sono stati previsti alcuni grandi circuiti principali, che si sviluppano per gran parte sulla rete
viaria carrabile esistente, con diramazioni e completamenti costituiti da viabilità secondaria
pedonale.
I temi prescelti sono i seguenti:
•
Un paesaggio d’acqua: lungo laghi, fiumi e canali
•
La storia antica: il popolo delle palafitte
•
Le dimore e i campi dell’uomo: il paesaggio della bonifica
•
Le dimore e i campi dell’uomo: il paesaggio della tradizione
2.15.3 ALTRE ATTREZZATURE DI FRUIZIONE
Oltre alla sentieristica ed alla viabilità, altre attrezzature contribuiscono alla creazione di un sistema
organico, attrattivo ed efficace. Allo stato attuale la Riserva Naturale non possiede una rete
strutturata e registra carenze in numerosi settori. Di seguito vengono pertanto elencate le
attrezzature e strutture utili a completare il sistema, e le loro caratteristiche.
2.15.3.1 Porte della riserva
Queste strutture, vere e proprie "Porte d'ingresso", in genere posizionate in corrispondenza degli
accessi principali, sono destinate a dare al visitatore una prima immagine della Riserva e ad
enfatizzare l'ingresso nell'area protetta e pertanto il suo valore. In questo caso inoltre, le “Porte”
dovranno anche sottolineare l’ingresso nella Piana Reatina, obvvero nel letto dell’antico lago e in una
unità geografica e poroduttiva di straordinario intreresse.
Vengono individuate numerose aree, fra le quali vanno considerate prioritarie le seguenti aree,
corrispondenti agli accessi più frequentati ed a quelli più significativi ed importanti ai fini del modello
di fruizione proposto:
•
l’accesso da Sud, ovvero da Rieti attraverso la direttrice Rieti-Piediluco-Terni, dove si registra il
passaggio dalla città al sistema agricolo della Piana
246
•
l’accesso da Nord, ovvero da Terni-Piediluco lungo la stessa dierettrice, dove si gode di alcuni
straordinari panorami dall’alto della piana e del fiume Velino
•
l’acceso da Est, ovvero da Poggio Bustone, dove si giunge in prossimità dei laghi attraverso un
paesaggio agricolo di grande bellezza.
•
l’accesso da Ovest, ovvero da Colli sul Velino lungo il Canale di S. Susanna, dove si arriva alla
piana costeggiando importanti vie d’acqua.
2.15.3.2 Centri Visita e Musei
I Centri Visita e i Musei di un’area protetta sono strutture fondamentali per l'immagine dello stessa,
per il suo funzionamento e per l'efficacia del messaggio e del contatto con i visitatori.
Costituiscono, infatti, il primo approccio del turista con l’area protetta e se ben organizzati e dotati
dei servizi e supporti necessari, possono orientare il visitatore nella scoperta dei valori e del territorio
protetto, educarlo ad un corretto rapporto con l'ambiente, indirizzarlo alla fruizione e all'utilizzo dei
servizi presenti e delle attività collaterali, favorendo anche il contatto con la realtà locale e
l'economia.
I Musei quindi, in questa ottica debbono essere intesi non come semplici strutture espositive, ma
come il luogo dove creare, elaborare e diffondere la cultura ambientale e dove conservare e
valorizzare quella tradizionale, dove avviare i processi di ricerca e studio, e trasformare in occasione
di didattica e informazione i risultati acquisiti. Sono infine il luogo dove i visitatori, ma soprattutto i
giovani, potranno entrare in contatto ed interagire con la ricerca e la cultura scientifica, con la storia
delle popolazioni e, infine, sono il luogo dove le stesse popolazioni potranno vedere ospitate e
valorizzate tutte le proprie espressioni e tradizioni.
Oltre alla struttura già esistente nel fabbricato delle Idrovore, che dovrà essere maggiormente
indirizzato verso l’oosservazione neturalistica, vista la posizione particolarmente favorevole
all’osservazione della fauna, si ritiene che debba essere allestita una grande struttura dedicata alla
storia della bonifica reatina e alle trasformazioni del paesaggio che ne sono derivate.
Infine si ritiene che dovrebbe essere recuperata e valorizzata la grande tradizione agricola legata alla
coltivazione del grano, con un centro tematico dedicato proprio a questo e dotato di un laboratoriobanca del seme.
L’organizzaione proposta è la seguente:
•
Centro Visite Idrovore: se ne propone una specializzazione quale Centro tematico dedicato alla
Bonifica Reatina.
•
Centro Visite Lago Lungo: se ne propone la specializzazione quale centro per l’osservazione
naturalistica e base di partenza per il Birdwatching.
•
Centro Ricerche Villa Rinaldi: dovrebbe conservare la sua destinazione attuale.
•
Centro Visite Tematico “Il popolo delle palafitte” dedicato ai siti archeologici ed alle Popolazioni
Protostoriche. Potrebbe essere localizzato nel Comune di Rivodutri, in una struttura viscina al
Ponte Crispolti ed a S. Susanna, di proprietà delle Regione, e quindi facilmente ottenibile in
comodato d’uso gratuito, o in una delle due case cantoniere anch’esse libere e potenzialmente
disponibili.
247
•
Centro Sperimentale Agricoltura “ Strampelli” : potrebbe essere localizzato negli immobili
pubblici in località Piedifiume, che grazie all’ampiezza degli spazi permetterebbero la
realizzazione di un vero e proprio centro studi sperimentale, con laboratori, banche dati, banche
del seme, ospitalità, centro convegni, etc.
•
Centro visite “ L’origine dell’ecologia” dedicato a S. Francesco quale padrino dell’ecologia
moderna, potrebbe essere localizzato nella Bibiloteca Comunale di Rivodutri, o in altra struttura
vicina alle Sorgenti di S. Susanna
•
Sala Mostre Colli sul Velino, dovrebbe trasformarsi in un Centro convegni, potenziato e
specializzato per mostre tematiche e convegni.
2.15.3.3 Punti di interpretazione del paesaggio
Si tratta di semplici attrezzature di interpretazione posizionate in luoghi dove il paesaggio assume
tratti caratteristici o che offrono l'opportunità di sottolineare aspetti o fenomeni interessanti (i laghi,
le aree allagate, le anse del fiunme, le piane alluvionali, i rilievi, etc). Attraverso la lettura e la
comprensione dei singoli episodi il visitatore acquisisce così elementi di conoscenza utili a
comprendere poi la complessità dei fenomeni naturali, i processi di formazione e trasformazione
degli ambienti, il paesaggio della piana e quello dei rilievi esterni, nella loro completezza.
Non vengono date indicazioni in merito alla localizzazione delle strutture, che dovranno essere
selezionate in rapporto alla realizzazione di più complessi progetti di fruizione, quali quelli dei circuiti
di visita tematici.
2.15.3.4 Strutture ricettive
Una sufficiente dotazione di strutture ricettive di vario tipo costituisce un elemento assai importante
per lo sviluppo e la gestione della Riserva Naturale e per la ricaduta economica del flusso turistico
attirato. In tutti i comuni del comprensorio si registra la presenza di un ricco patrimonio edilizio
storico, soprattutto nei centri storici, verso il quale dovrebbe essere rivolta in via prioritaria una
azione di ricerca degli spazi necessari. Allo stesso modo, una azione di promozione, sensibilizzazione
e ricerca andrà svolta nei confronti del patrimonio edilizio rurale, al fine di creare una rete di
ospitalità diffusa su tutto il territorio. A questo scopo si auspica un'azione da parte della Riserva
Naturale per la sensibilizzazione dei proprietari di eventuali immobili vuoti da destinare ad usi
ricettivi, anche tramite un regime di aiuti finanziari, di supporti tecnici e progettuali in un primo
momento, e di fornitura di assistenza per il reperimento di presenze poi.
Oltre a questa azione per lo sviluppo della ricettività nei centri abitati, che dovrà esplicarsi con una
serie di azioni, in tempi lunghi appare opportuno promuovere anche la creazione, in aree idonee
anche esterne alla Riserva , di strutture ricettive di tipo campeggistico, di più facile e immediata
fattibilità e adatte ad un tipo di turismo molto diffuso fra i potenziali fornitori di aree protette
naturali.
248
3.1 PIANO DEL PARCO E PROGRAMMAZIONE ECONOMICA E SOCIALE
3.1.1 A corredo del Piano, pur se solo in forma preliminare, e quindi al livello di linee guida e strategie
di indirizzo, si è ritenuto utile corredare le analisi e le previsioni “territoriali” con un modello di
sviluppo economico sociale, che potrà venire completato e integrato con la redazione del Pluriennale
Economico e Sociale, che completerà il quadro degli strumenti di programmazione della Riserva
Naturale, e permetterà di approfondire e dettagliare al meglio il modello di sviluppo socio
economico.
Ai sensi della L.R. 29/1997, Art. 30, l’Ente gestore della Riserva Naturale è tenuto alla elaborazione di
un Programma Pluriennale Di Promozione Economica E Sociale, (P.P.P.E.S.), "al fine di favorire lo
sviluppo economico e sociale delle collettività residenti all'interno dell'area protetta e dei territori
adiacenti", nel quale indicare gli interventi da attuare, in sintonia con quanto previsto per l’area dallo
Stato, dalla Regione e dagli altri enti locali interessati.
Ai successivi articoli 31,32,33,34,35,36 la L.R. 29/1997 indica poi alcuni settori strategici nei quali la
Riserva Naturale è chiamata ad intervenire, sempre al fine di favorire lo sviluppo e armonizzare la
gestione delle risorse naturali con la gestione complessiva del territorio e delle attività che su di esso
si esplicano.
Al fine di coordinare ed integrare gli interventi di tipo infrastrutturale e di gestione del territorio
indicati e disciplinati dal Piano dell'Area Protetta con quelli di promozione e valorizzazione delle
risorse economiche e sociali, che spesso sono coincidenti o interconnessi, nonché di ottimizzare
l’uso delle risorse disponibili e di garantire una corretta applicazione delle direttive del Piano
dell’Area Naturale Protetta, in attesa della redazione de P.P.E.S., si è comunque ritenuto dunque utile
fissare le linee programmatiche di sviluppo e indicare assi, strategie e connessioni fra i due strumenti.
In particolare questa sinergia si ritiene indispensabile nel caso della Riserva Naturale Laghi Lungo e
Ripasottile, proprio in virtù di quanto rilevato anche nel Piano dell'Area Protetta in merito alle
strategie future della stessa. Il Piano sottolinea infatti come, in parallelo al potenziamento del
“Sistema Riserva” per la Riserva Naturale sia indispensabile anche assumere un ruolo trainante
anche nel settore della promozione economica e sociale delle popolazioni locali e nella
riqualificazione dell’immagine del territorio.
Sulla base delle analisi socio-economiche svolte, sono stati individuati gli elementi critici e quelli di
forza e di successo per lo sviluppo del territorio in base ai quattro settori tematici sviluppati
attraverso l’analisi di contesto:
•
economia
•
territorio
•
sistema agricolo e turistico
•
patrimonio naturale e culturale
Lo schema ottenuto ha messo in evidenza quei fattori interni ed esterni al territorio che ne
costituiscono il carattere dominante, o che ne condizionano lo sviluppo, e che pertanto identificano i
punti di forza, di debolezza, le minacce ed opportunità rilevabili, sulla base delle quali sono stati
elaborati gli assi e le direttrici di intervento.
In vista della futura redazione del Piano Pluriennale Economico e Sociale, nel Piano d’Assetto ci si è
limitati alla costruzione di un quadro programmatico di riferimento dove il P.P.E.S. potrà far
confluire in una cornice finanziaria le strategie territoriali, come l’individuazione delle zone, gli
eventuali interventi e trasformazioni, gli usi ed attività.
249
L'applicazione della normativa e delle zonizzazioni di uso del territorio contenute nel Piano dell'Area
Protetta e nel coincidente Piano di Gestione della Zona a Protezione Speciale garantiscono la
protezione e il corretto utilizzo delle risorse naturali, storiche, ambientali della Riserva Naturale, e
regolamentano la presenza e le attività dell'uomo sul territorio protetto in modo tale da creare un
equilibrio fra la conservazione delle risorse presenti e la permanenza e promozione delle attività
compatibili. A questo primo obiettivo di salvaguardia per così dire "passiva", garantita cioè da
regolamenti e norme d’uso, deve poi seguire il raggiungimento degli altri obiettivi della
Pianificazione della Riserva Naturale, in linea con i principi ispiratori della Legge istitutiva come di
tutta la filosofia di conservazione delle risorse naturali della Regione Lazio, come anche di quella
dell’Unione Europea, che si propongono, oltre alla salvaguardia ambientale, anche l’obiettivo di uno
sviluppo durevole, fondato sul migliore sfruttamento e godimento "compatibile" delle risorse,
finalizzati alla promozione sociale ed economica delle popolazioni locali.
Occorre pertanto integrare le direttive di tutela ed uso del territorio con una strategia di promozione
e sviluppo dello stesso, fissare un calendario di azioni necessarie al perseguimento di questi scopi e
indicare tempi e modi della loro realizzazione in un arco di tempo compatibile con la validità del
piano e con il mutare dello scenario legislativo e territoriale.
In questa parte del piano vengono pertanto indicati i settori prioritari di intervento, le azioni da
avviare e i loro tempi di attuazione, completi dell’indicazione sui costi presunti di realizzazione, per
poter quantificare le necessità globali e programmare al meglio l’utilizzo delle risorse disponibili,
come le priorità nell'accesso alle possibili fonti di finanziamento.
Non è stato invece fissato un tetto annuo delle spese possibili, per la difficoltà di indicare un "bilancio
di previsione".
Il bilancio della Riserva Naturale dipende infatti da molte variabili: oltre che dai finanziamenti
attribuiti annualmente dalla Regione Lazio per le spese di gestione e per il personale, anche e
soprattutto dalle capacità di attingere ai fondi per investimenti che la stessa Regione attribuisce alle
Riserve Naturali sulla base delle loro proposte e della validità dei loro programmi, e ancora dalle
capacità di attivare ogni altro possibile canale di finanziamento, quali soprattutto quelli offerti dai
regolamenti comunitari, o ancora dal coinvolgimento di partners privati nei programmi.
Proprio per questa variabilità, e per la possibilità di accedere a fondi diversi, per i quali é sempre
necessario disporre di programmi definiti e spesso di progetti esecutivi, appare quantomai
importante che la Riserva Naturale sia provvista di un articolato e completo programma, di un
serbatoio di proposte, che possa servire da supporto e guida in questa opera di ricerca di fondi, e
prima ancora in quella di utilizzo ottimale di quelli disponibili.
3.2 INDIVIDUAZIONE E DESCRIZIONE DELLA STRATEGIA E DEGLI ASSI
3.2.1 Le ipotesi di sviluppo socio-economico sono state elaborate intorno all’idea guida di una
specializzazione dello sviluppo centrato ed integrato intorno al patrimonio naturalistico, culturale e
paesaggistico della Riserva Naturale Laghi Lungo e Ripasottile, ed alla sua grande tradizione agricola.
In sintesi, attraverso il potenziamento dell’offerta e dell’immagine, dovuta alla specializzazione e
all’integrazione delle funzioni, l’insieme dei “Comuni della Riserva Naturale” potrà sviluppare una
capacità di richiamo specifica che si traduce, rispetto alle offerte concorrenti, in un vantaggio
comparato in termini di attrazione di flussi turistici.
Su questa base è allora possibile dar vita ad un processo che dia luogo alla nascita o alla
riqualificazione dei necessari servizi territoriali. Gli stessi prodotti tipici (dall’enogastronomia
250
all’artigianato) acquisteranno in questo ambito un diverso posizionamento di mercato e nuove e più
attraenti caratterizzazioni.
La creazione nell’area di un “Sistema della Riserva Naturale” può innescare processi cumulativi
attraendo nuova domanda turistica ed allo stesso tempo creando “economie di agglomerazione”
incentivate dalla nascita di servizi di “rango” superiore e dalla diffusione all’interno dell’area delle
nuove esperienze e dinamiche.
Gli obiettivi di sviluppo, evidentemente compatibili con i processi di tutela e valorizzazione culturale,
ambientale e naturalistico dell’intero patrimonio dell’area, diventano allora:
•
la riqualificazione del sistema agricolo
•
la valorizzazione economica integrata dell’intero patrimonio culturale e dell’insieme delle
risorse presenti nell’area;
•
l’adeguamento dell’offerta di servizi culturali, delle infrastrutture, dei servizi di accoglienza e
dell’insieme dei servizi territoriali;
•
la crescita della domanda turistica, dei tempi di permanenza dei turisti e la
destagionalizzazione dei flussi.
Attraverso il perseguimento di tutti questi obiettivi sarà possibile soddisfare la condizione necessaria
di ogni processo di sviluppo economico: attrarre nell’area (o creare anche all’esterno per i prodotti
territoriali) quella massa critica di domanda che è necessaria per rendere conveniente la
partecipazione dei privati alla realizzazione degli interventi e dei servizi di loro competenza
Gli Assi di Sviluppo individuati, sulla base di questi obiettivi e tenendo conto delle vocazioni profonde
dell’area risultanti dalle analisi precedenti, possono rappresentare per i Comuni della Riserva
Naturale , ma più in generale per l’insieme dei Comuni compresi nelle aree contermini (area vasta
della Piana Reatina) tre diverse linee di specializzazione fondate su un’offerta integrata tra:
1) le risorse ambientali e le risorse naturali del territorio;
2) le risorse culturali e tradizionali del territorio;
3) le risorse produttive agroalimentari del territorio.
Per il raggiungimento di questo sistema di obiettivi, si individuano essenzialmente due linee primarie,
che si integrano a vicenda nel perseguimento di uno sviluppo sostenibile delle risorse e delle
economie locali.
La prima linea è quella riferita alla difesa e valorizzazione dell’ambiente: la valorizzazione delle
risorse del territorio e la gestione della qualità ambientale, attraverso l’attivazione di attività
integrative al reddito (agriturismo, turismo rurale, ecc.) e attraverso la tutela o il recupero
dell’ambiente naturale e la riduzione dell’impatto ambientale degli insediamenti.
La seconda linea è quella dello sviluppo delle risorse endogene (naturali, culturali, agricole, ecc.)
attraverso il recupero e il sostegno delle peculiarità e del radicamento nella realtà, della tipicità, della
qualità, configurando quindi l’insieme delle attività in un sistema capace di utilizzare le risorse in
un’ottica di sviluppo sostenibile.
In questa ottica, il perseguimento dello sviluppo socio-economico rusulterà infatti strettamente
connesso alla tutela ambientale, alla conservazione dell’equilibrio generale e del valore del
patrimonio naturale.
251
Al fine di raggiungere gli obiettivi fissati, la strategia delineata è orientata alla valorizzazione delle
potenzialità più rilevanti riassumibili nell’agricoltura di qualità, nel consolidamento di un sistema
ricettivo per un turismo sostenibile, nella valorizzazione dell’ambiente e del cospicuo patrimonio
culturale (turismo, agricoltura, arte, ambiente).
La strategia indicata viene strutturata come un programma integrato di interventi e azioni, che
investe tutti i settori, e non solo quelli di diretto impatto sulle attività economiche e sul tessuto
sociale, in quanto si ritiene che in questa ottica di sinergia ed integrazione, anche tutti gli interventi
di realizzazione di infrastrutture, attrezzature di visita, informazione, didattica, o valorizzazione e
salvaguardia del paesaggio, della fauna o delle altre risorse naturali, siano anche essi utili e
finalizzabili più in generale alla promozione del territorio nel suo complesso, e quindi anche delle
attività economiche e del tessuto sociale e culturale delle popolazioni. Pertanto sono state
considerate tutte le iniziative ed azioni che si ritiene possano essere messe in essere negli anni
futuri, raggruppate per settori di intervento, fissando anche le priorità secondo i seguenti criteri,
indicati nell'ordine:
•
interventi che pongono rimedio a situazioni di rischio o grave degrado ambientale.
•
interventi che possono contribuire in modo più sensibile allo sviluppo dell'area e delle attività
economiche.
•
Interventi che possono costituire modelli per l'avvio di iniziative simili o suscitare nuove
iniziative da parte di privati.
•
Interventi con elevata capacità di favorire l'integrazione della Riserva Naturale nel tessuto
sociale e nell'attività di gestione territoriale delle amministrazioni locali.
3.2.2 Gli interventi e azioni individuati secondo le priorità descritte, sono stati poi organizzati
secondo Assi di Sviluppo, così strutturati.
SALVAGUARDIA E RIQUALIFICAZIONE DELLE RISORSE NATURALI E AMBIENTALI
Questo settore riveste grande importanza, in quanto strettamente connesso con la gestione dei
valori naturalistici presenti, la loro salvaguardia e fruizione. Inoltre sono inserite in questo settore
tutte le indagini, gli studi, le proposte per la migliore conoscenza, protezione e ricostituzione delle
risorse presenti, propedeutico a gran parte delle altre azioni.
Sono state previste indagini conoscitive e censimenti regolari e mirati per il patrimonio faunistico,
verifiche e monitoraggio continuo anche per il patrimonio vegetazionale e le sue eventuali
modificazioni, per la modificazione degli habitat lacustri.
Oltre alle indagini, alla luce delle quali, in una seconda fase, potranno essere affinate le strategie di
tutela o proposte nuove azioni, sono inseriti in questo settore anche alcuni interventi “strutturali”,
con particolari finalità dimostrative e didattiche, quali la realizzazione di vivai e arboreti/giardini
botanici.
Come già sottolineato, la salvaguardia delle risorse è in linea generale garantita dal regime di tutela
determinato dalle norme di uso del territorio.
Una importante integrazione di questa azione di tutela può comunque essere ottenuta da azioni
destinate ad aumentare e ad ottimizzare gli habitat della fauna presente, e a favorirne l'espansione.
In questa ottica vengono indicate alcune priorità nel ripristino e controllo degli equilibri naturali degli
ecosistemi presenti.
252
In particolare, gli studi e le ricerche svolti per la redazione del piano, come anche i censimenti
faunistici, e le osservazioni condotte dal personale della Riserva Naturale negli anni, sottolineano la
necessità di intervenire per la difesa ed il ripristino dell’equilibrio naturale dei laghi, minacciati da un
progressivo peggioramento della qualità delle acque
Altre azioni dirette alla salvaguardia della fauna possono essere individuate all'interno di azioni che
vengono elencate fra quelle di promozione e gestione di attività produttive, come quelle dirette alla
gestione "compatibile" di aree agricole, o al miglioramento o recupero dei caratteri naturali di altre, a
conferma della sinergia esistente fra i vari settori.
Oggetto di studio e di attenta valutazione, e di interventi che già alla luce delle condizioni attuali
rivestono carattere di urgenza, dovrà essere poi la presenza del cinghiale, e gli effetti della stessa sia
sull'ambiente naturale e sulla fauna sia sul paesaggio e sulle colture agricole, per valutare tempi e
modalità di ulteriori e più incisivi interventi di selezione e contenimento del numero.
Opportuno appare poi un censimento degli scarichi che affluiscono al Velino ed ai Laghi, sia tramite le
reti di smaltimento dei Comuni limitrofi, sia soprattutto dai numerosi insediamenti sparsi nelle zone
rurali.
I progetti individuati per questo settore sono i seguenti.
•
Tutela e regolamentazione dei fontanili e dei punti d’acqua isolati
•
Completamento/ampliamento del reticolo ecologico
•
Siepi e alberature del sistema agricolo
•
Studio e individuazione delle aree a protezione integrale
•
Vivai ecotipi locali
•
Ampliamento aree umide/esondabili
TUTELA E PROMOZIONE DELLE ATTIVITA’ ECONOMICHE
Gli interventi di questo settore costituiscono il cuore di questo P.P.P.E.S., in quanto proprio ad essi è
affidata gran parte della strategia di sviluppo economico e possibile raggiungimento di
autofinanziamento che rappresenta uno dei più importanti obiettivi della Riserva Naturale.
Agli interventi ed alle azioni di questo Settore è demandato inoltre l'obiettivo di conciliare la
presenza della Riserva Naturale e la sua politica di salvaguardia dell'ambiente con le esigenze di
promozione e sviluppo sociale ed economico delle comunità locali.
Uno dei presupposti e degli obiettivi è dunque il massimo coinvolgimento possibile della comunità
locale nei programmi e nell'attività della Riserva Naturale, nell'intento di far entrare la stessa e le sue
attività nel costume locale.
Pertanto uno sforzo considerevole dovrà essere fatto perchè le nuove attività programmate siano
sempre affiancate e legate a quelle tradizionali, in una politica di integrazione progressiva che le porti
ad essere interdipendenti e dimostri agli operatori locali come le loro tradizioni e le loro attività
possano essere alla base di una crescita e di uno sviluppo armonico, e su di esse possano basarsi e
svilupparsi altre attività senza stravolgerle, e anzi sostenendole e contribuendo alla loro
sopravvivenza.
253
Questa integrazione di funzioni, quella produttiva e quella di fruizione, andrà promossa e
sottolineata anche con interventi mirati con scopi dimostrativi. Per raggiungere questo risultato, la
Riserva Naturale potrà anche promuovere attività e processi di qualificazione professionale nei
settori tradizionali e in quelli di nuovo sviluppo, quali soprattutto i servizi turistici, potrà organizzare
punti di vendita, controllare e regolamentare il commercio di prodotti per garantirne la qualità e
migliorare il reddito, affidare in gestione gran parte delle attività e assistenza svolte all’interno delle
proprie strutture creando nuove opportunità di occupazione qualificata.
Quanto al settore produttivo tradizionale, all'interno della Riserva Naturale esso si identifica
essenzialmente con l' attività agricola, che viene svolta nella piana su terreni privati. In questo
settore, l'obiettivo perseguito dalla Riserva Naturale è quello della qualità e della specializzazione.
Attraverso interventi di riconversione al biologico, recupero di produzioni tipiche, trasformazione in
loco con metodi artigianali, controlli e apposizione di marchi d'origine e di qualità, si punta infatti ad
ottenere una fortissima caratterizzazione dell'area e dei suoi prodotti, e a creare un supporto di
assistenza, promozione e vendita, capace di garantire una immagine forte in grado di assicurare
elevati valori commerciali ai prodotti e vendita diretta sul posto, approfittando dei grandi flussi
turistici legati alla Riserva Naturale e alle sue attattive naturalistiche.
La Riserva Naturale svolgerà in questa operazione una funzione importante di traino, assistenza,
garanzia, e laddove possibile e necessario, anche di conduzione diretta di alcune attività o di
creazione o finanziamento di strutture di supporto, quali centri di esposizione e vendita, laboratori
artigianali di trasformazione, aree espositive temporanee o stagionali, etc..
Vengono infine elencati in questo settore gli interventi promozionali previsti per lo sviluppo della
disponibilità ricettiva dell’area.
Non si ritiene infatti che la Riserva Naturale debba intervenire direttamente in questo campo, con la
costruzione di proprie strutture: gli sforzi debbono invece essere indirizzati verso l’affermazione di
una politica di piccoli interventi di ripristino e riconversione del patrimonio edilizio esistente a
margine della Riserva Naturale, sia nei centri abitati, sia nelle zone rurali.
La Legge Regionale recante “Norme per la disciplina e classificazione degli esercizi di affittacamere,
ostelli e case per ferie”, e le disposizioni per lo sviluppo della pratica del “Bed & Breakfast”, che
introducono importanti facilitazione e semplificazioni nell’esercizio di tali attività anche da parte di
semplici cittadini, costituiscono senz’altro l’occasione per avviare un programma promozionale in
tale direzione, diffondendo e promuovendo i contenuti della legge e le attività previste. In questo
modo la Riserva Naturale potrà farsi promotrice di una campagna di informazione, di un censimento
delle disponibilità, e successivamente, d’accordo con i Comuni interessati, di una intervento di
sostegno economico per la riconversione delle abitazioni non utilizzate, soprattutto nei centri storici
e nelle campagne, favorendo così il mantenimento e rinnovo del patrimonio storico e tradizionale, e
la permanenza nelle zone rurali. L’intervento potrà configurarsi come partecipazione agli oneri
finanziari per mutui o prestiti destinati al recupero, o come contributo a fondo perduto, o assistenza
tecnica, e, con il concorso dei comuni, anche come agevolazione sugli oneri concessori, o sulle tasse
per le abitazioni destinate a ricettività famigliare.
•
Promozione filiera cerealicola
•
Promozione produzioni orticole
•
Promozione apicoltura
•
Promozione e diffusione di metodi di produzione agricoli e zootecnici biologici
•
Marchio di qualità
254
•
Promozione agriturismo e turismo locale
•
Promozione della ricettività diffusa
ORGANIZZAZIONE E PROMOZIONE DELLA FRUIZIONE, VALORIZZAZIONE DEL PAESAGGIO
Anche a questo settore viene dedicata una particolare attenzione, finalizzata a dare della Riserva
naturale una immagine forte e caratterizzata, legata al territorio e non solo alla fruizione di specifiche
risorse naturali.
Fra le azioni più rilevanti di questa opera di ammodernamento e rinnovo, si ritiene sia senz'altro
quella che riguarda un grande programma di "Accessibilità globale" della Riserva Naturale che
prevede la revisione di tutti i supporti didattici e informativi, di tutte le strutture di accoglienza, di
tutti i sentieri, lo studio e l'individuazione delle aree più adatte ad una accessibilità totale, diretta sia
a portatori di handicap motori che a non vedenti o ad altre categorie svantaggiate.
In parallelo vengono individuati alcuno grandi Circuiti tematici, legati ai principali valori presenti, e
vengono indicate le strutture utili a completare l’offerta della comunicazione e dei servizi della
Riserva.
Un cenno particolare merita infine la auspicabile acquisizione in comodato o altra forma di utilizzo da
parte della Riserva Naturale del grande complesso di Piedifiume, attualmente inutilizzato, che
potrebbe configurarsi come un grande centro di Studi e Ricettività internazionale legato alle iniziative
dell'Unione Europea per la rete natura 2000 ed alla promozione dell’agricoltura compatibile.
•
Sentieri natura
•
Itinerario delle acque
•
Itinerario dei campi della tradizione
•
Itinerario degli antichi popoli lacustri
•
Itinerario della bonifica
•
Porte della Riserva naturale
•
Museo della bonifica e del paesaggio
•
Museo del popolo delle palafitte
•
Centro studi agricoltura
TUTELA E VALORIZZAZIONE DEL PAESSGGIO, DEI BENI ARCHEOLOGICI E STORICO MONUMENTALI
Anche questo settore, come il precedente, assume grande importanza nella gestione della Riserva
Naturale ed in particolare per lo sviluppo ed il consolidamento del suo rapporto con la popolazione.
Pur non contenendo al suo interno i centri abitati, né rilevanti beni monumentali, tuttavia si ritiene
che le azioni di valorizzazione e salvaguardia del patrimonio storico e della cultura locale, in quanto
risorse proprie del territorio e della popolazioni non meno di quelle ambientali, siano essenziali per il
consolidarsi dell’immagine della Riserva Naturale e per il suo completo inserimento nelle dinamiche
del territorio.
255
Deve essere anche sottolineata in particolare l'importanza di alcune azioni di sostegno e
incentivazioni destinate alle popolazioni residenti, che oltre a promuovere il recupero e riuso del
patrimonio abitativo storico, possono contribuire a rinsaldare il legame fra la popolazione e la Riserva
Naturale identificando quest'ultima come un aiuto e un supporto per l'economia.
Sono dunque previste sia azioni dirette di partecipazione al recupero delle strutture più importanti,
sia indirette, di incentivo all'intervento privato, per promuovere in particolare il recupero del ricco
patrimonio di edilizia rurale sparsa della piana.
E' infine prevista una azione di tutela del "paesaggio storico", con interventi diretti al ripristino e
manutenzione dei paesaggi agrari, sentieri, strutture, sia nei confronti dei privati, con incentivi per il
mantenimento e per il recupero, da parte dei proprietari degli appezzamenti, dei paesaggi e delle
forme e tecniche di conduzione agricola tradizionali. Uno studio di settore potrà inoltre indicare
anche modelli di "ripristino" del paesaggio, e di inserimento nello stesso di elementi qualificanti,
quali filari di alberi, alberature sparse di specie adatte, siepi, o altro, sempre al fine di contribuire a
ricreare un "paesaggio vasto" di grande interesse sia estetico che culturale, come anche
micropaesaggi utili per la diversificazione degli habitat faunistici e la conservazione di specie
tradizionali da frutto.. Questa azione, che si coniuga strettamente con quella per il progressivo
passaggio delle colture al biologico, assume grande importanza nel quadro delle strategie future, in
quanto strettamente correlata a quelle di promozione e sviluppo dell'agricoltura, come anche a
quelle di tutela della fauna e della biodiversità, in linea con i più moderni principi sostenuti anche
dall'Unione Europea per le aree di interesse comunitario, per le quali questo sforzo di conservazione
e valorizzazione integrata del connubio paesaggio/ambiente naturale/attività agricole
viene
indicato come uno dei punti qualificanti di una corretta pianificazione e gestione.
La Riserva Naturale dei Laghi Lungo e Ripasottile inoltre appare, per le sue stesse caratteristiche
territoriali, dimensioni, morfologia, caratteri paesaggistici e d'uso del suolo, come un modello
ottimale per l'applicazione di questi principi.
•
Studio e valorizzazione siti protostorici lacustri
•
Censimento architetture rurali della bonifica
•
Villa e siti epoca romana
•
Valorizzazione delle pendici panoramiche e dei crinali
•
Riqualificazione del paesaggio agrario
•
Valorizzazione e salvaguardia delle visuali
INTERVENTI PER LA PROMOZIONE DELLA RISERVA NATURALE.
A questo settore è infine assegnato il compito di contribuire in modo determinante a consolidare ed
a diffondere l'immagine della Riserva Naturale.
Infatti quanto più efficaci e mirate saranno le azioni di promozione, tanto più la Riserva Naturale avrà
possibilità di farsi conoscere e quindi di attirare presenze sempre più numerose.
Oltre alle azioni più classiche, come produzione di materiale illustrativo, carte turistiche e tematiche,
guide, opuscoli, e ora anche video e filmati, è importante un'azione di marketing e l'elaborazione di
strategie di penetrazione e presenza sempre più efficaci in ambienti quali scuole, aziende, uffici, o di
256
garantire qualificate presenze di studiosi e ricercatori, quali università, istituti di ricerca, associazioni
etc.
Importante anche la presenza su canali in continua espansione, quali la rete telematica o le
televisioni locali.
Pertanto sono previste le spese necessarie sia alla realizzazione di materiale divulgativo, sia ad una
costante azione di marketing, promozione e organizzazione di contatti e iniziative qualificate.
Vengono inoltre elencate in questo settore anche alcune iniziative strettamente connesse con lo
sviluppo delle attività produttive, quali quelle per l'utilizzo del marchio di qualità della Riserva
Naturale per i prodotti commercializzati, o di un marchio di origine all'interno della Riserva Naturale,
o di un sito internet di promozione e vendita dei prodotti, o di siti per l'organizzazione e vendita via
internet anche di posti letto, visite guidate e altri servizi di assistenza.
257
3.1 LA ZONIZZAZIONE
3.1.1 Il percorso del Piano si conclude con la redazione della tavola di Zonizzazione, redatta sulla base
di tutte le considerazione fin qui espresse, e con i Progetti, che completano il quadro previsionale e
l’ipotesi di organizzazione proposta.
Come più volte ripetuto, la Zonizzazione risponde ai criteri dettati sia dalla L.N. 394/1991 che dalla
L.R. 29/1997, e prevede dunque la classificazione di tutto il territorio nelle quattro Zone Omogenee
previste dalle leggi citate:
•
Zone A di Tutela integrale
•
Zone B di Tutela generale
•
Zone C di Protezione
•
Zone D di Promozione economica e sociale
Prevede poi l’articolazione in Sottozone, a seconda delle diverse caratteristiche dei territori e delle
risorse presenti, e delle finalità della pianificazione.
Allo stesso modo, la Normativa Tecnica relativa alle diverse Zone e Sottozone risponde alle esigenze
di regolamentazione del territorio nei suoi caratteri generali, e dei diversi e peculiari caratteri delle
risorse in esso contenute e delle singole parti dello stesso.
Il criterio seguito per giungere alla divisione in Zone e Sottozone e all’elaborazione delle relative
Norme d’Uso, segue pertanto due percorsi paralleli e complementari, che riguardano il primo le
esigenze generali di tutela del territorio nei suoi caratteri generali, quali i grandi lineamenti del
paesaggio, il suolo, la forma e l’utilizzo del territorio, la copertura vegetale, ed il secondo le
particolari caratteristiche delle singole unità di paesaggio e delle risorse localizzate in esse presenti e
le specifiche esigenze di tutela, fruizione, utilizzo e valorizzazione che ne derivano.
I riferimenti diretti sono da una parte la sintesi di tutti gli studi di settore e le valutazioni che dagli
stessi emergono in merito a sensibilità, presenza di valori, criticità, rischi, esigenze di tutela
dell’intero territorio, e dall’altra le specifiche valutazioni che derivano dalle Unità di Paesaggio, e che
rappresentano pertanto la parallela sintesi e valutazione dei valori localizzati presenti in ogni singola
Unità.
Il metodo adottate permette pertanto sia una lettura integrata di tutto il territorio e l’elaborazione di
strategie generali di tutela e gestione, sia una verifica delle indicazioni di carattere generale nelle
singole aree omogenee, ed infine la loro integrazione con le specifiche indicazioni che emergono
dalla lettura puntuale di queste aree.
Su queste considerazioni, sono stati fissati gli obiettivi e improntati i criteri generali della
pianificazione, della zonizzazione, e delle relative Norme d’uso, che tendono dunque a conservare e
valorizzare l’immagine del territorio, ed a seguire, all’interno di questo quadro di riferimento ed a
completamento e maggiore definizione dello stesso, sono stati definiti obiettivi e strategie per gli
specifici valori presenti in ogni Unità di Paesaggio, ed elaborate le Normative destinate ai singoli
comparti o settori di intervento.
258
3.1.2 GLI OBIETTIVI GENERALI DI TUTELA E LA ZONIZZAZIONE
Per l’elaborazione degli obiettivi generali della tutela, e quindi della Zonizzazione finalizzata alla loro
salvaguardia e gestione, si è dunque partiti dalle valutazioni fatte sui caratteri distintivi del paesaggio
del Parco, considerato come elemento connettivo di tutti i valori presenti, e quindi bene primario
oggetto della tutela, e sui più rilevanti beni naturali e culturali presenti.
Componenti fondamentali del paesaggio sono stati considerati i seguenti elementi:
•
la grande piana
•
le piane di transizione
•
i rilievi interni
•
la valle del Velino
•
il patrimonio storico-archeologico
•
i paesaggi agrari di valore storico documentario
Identico valore, ai fini della tutela, è stato attribuito alle più rilevanti componenti del quadro delle
risorse naturali, quali:
•
Specchi d’acqua
•
Corsi d’acqua naturali e canali di bonifica
•
Fasce ripariali, aree residue boscate, elementi lineari di connessione della rete ecologica,
habitat Natura 2000
•
Cespuglieti, arbusteti, prati-pascoli naturali
Dapprima dunque sono stati fissati gli obiettivi e le strategie generali della pianificazione per tutti i
valori sopraelencati:
La grande piana e le piane di transizione:
le piane costituiscono l’elemento dominante del paesaggio. In parte occupate dai resti degli antichi
laghi, o ormai asciutte e utilizzate per l’agricoltura, segnano comunque tutto il territorio, ne
disegnano la forma e ne caratterizzano l’aspetto.
L’obiettivo generale della pianificazione è quindi costituito dalla salvaguardia della morfologia, ddalla
tutela del suolo da utilizzi o trasformazioni che ne possano compromettere l’integrità e l’equilibrio
idrogeologico.
La classificazione in Zone e le Normative prevedono pertanto un livello di tutela adeguato alla
delicatezza e importanza dei siti, con la destinazione a Zone B di tutte le parti che conservano tracce
d ed elementi di naturalità o valore paesaggistico, e Zona C di tutto il tresto della piana agricola.
I laghi e i corsi d’acqua naturali
259
Gli specchi d’acqua dei Laghi con le loro fasce ripariali sono gli elementi di maggiore spicco e valore
naturalisici, e quelli più soggetti a pressioni e rischi a causa dell’inquinamento, dell’ utilizzo turistico
delle sponde e della delicatezza delle risorse.
In questo caso gli obiettivi generali della pianificazione sono quelli della conservazione della risorsa
idrica, della salvaguardia delle fasce ripariali più ben conservate, dell’organizzazione e
razionalizzazione delle attività turistiche che al lago fanno riferimento, della conservazione del
patrimonio ittico presente.
Le destinazioni di Zona prevedono pertanto la classificazione in Zona A di tutela integrale degli
specchi d’acqua, dei corsi d’acqua naturali e di tutte le aree residue di vegetazione riparia, in Zona B
di tutte le aree ancora integre e comunque suscettibili di ricomposizione della vegetazione originaria,
di tutte le aree che compongono i piani dei laghi e conservano le loro caratteristiche originali, di tutte
le aree coperta da vegetazione. Il Regolamento di Attuazione del Parco, in fase di redazione
contestualmente al Piano prevede modalità e caratteri della navigazione e della pesca.
Gli habitat prioritari della Direttiva Comunitaria
Le Direttive comunitarie prevedono l’obbligo di conservazione di tutte le associazioni vegetali e
forestali di maggior pregio e rarità.
Nella Riserva Naturale sono presenti diversi habitat protetti dalle citate direttive, e si impone
pertanto il recepimento delle stesse.
Gli obiettivi della pianificazione sono dunque quelli della integrale conservazione degli habitat
comunitari presenti nella loro attuale estensione, e della loro possibile ricostituzione ed espansione
nelle aree contigue ancora integre.
Le destinazioni di Zona prevedono pertanto la classificazione in Zona A di tutte le aree interessate
dagli habitat comunitari, e in Zona B delle aree di loro possibile espansione naturale.
I boschi residui e i cespuglieti
I boschi residui, assai limitati, e i cespuglietti rappresentano una delle componenti fondamentali del
sistema naturale, sia per il loro elevato valore ambientale e naturalistico, sia per la loro funzione per
la tutela del suolo, la qualità dell’aria e dell’ambiente in generale, sia come habitat per moltissime
specie animali, sia infine per il loro valore paesaggistico e di testimonianza.
Gli obiettivi generali della pianificazione sono dunque quelli della conservazione del valore
paesaggistico dei residui dei boschi .
Le destinazioni di Zona prevedono la classificazione in Zona B di tutti i boschi residui .
Il patrimonio storico-archeologico
Al pari degli elementi principali del sistema naturale e paesistico, le aree e i resti isolati di interesse
storico archeologico costituiscono la testimonianza della storia di questo territorio e dei popolamenti
umani.
La Riserva Naturale pur non contenendo al suo interno aree o complessi di rilevanza monumentale,
è tuttavia caratterizzata dalla presenza di numerose pregevoli testimonianze storiche architettoniche
260
, di numerose aree archeologiche di epoche diverse, a conferma di una storia antichissima, e che
vanno da resti di epoche protostoriche, al periodo etrusco, all’epoca romana, fino ai più recenti
insediamenti di elevato valore storico, rappresentati da Ville e Casali dell’ultimo periodo successivo
alla bonifica.
Gli obiettivi generali della pianificazione sono in questo caso quelli della migliore conoscenza del
patrimonio esistente, per gran parte ancora non indagato, della sua conservazione e valorizzazione e,
laddove possibile, come nel caso di casali storici di epoche più recenti, della incentivazione di un
modello di utilizzo e fruizione che prevede anche l’avvio di attività compatibili .
Le destinazioni di Zona sono pertanto volte a garantire sia gli obiettivi di tutela che quelli di
valorizzazione, con la tutela di tutte le aree archeologiche con presenze certe e fruibili, o
prescrizione di progetti specifici di ricerca in caso di aree vaste con presenze diffuse ma poco
conosciute.
Per quanto invece attiene i casali storici, la cui importanza risiede oltre che nel loro intrinseco valore
architettonico e tipologico, anche nel contesto ambientale e nel ruolo che esse hanno nella
caratterizzazione del paesaggio, ma che al contempo possiedono spesso potenzialità intatte sia dal
punto di vista produttivo a servizio dell’agricoltura, sia anche di riuso a fini di ricettività turistica e
inserimento di nuove attività di supporto, , si prevede la classificazione in Zona D, ma con previsioni
di mantenimento integrale del bene nel caso di casali di riconosciuto ed elevato interesse storico
monumentale, ovvero in Zona D degli immobili e delle aree anche limitrofe agli stessi ma privi dello
stesso interesse storico e passibili quindi di riconversione, adeguamento o inserimento di nuove
attività di servizio compatibili.
I paesaggi agrari di valore storico documentario
Al pari delle testimonianze storico archeologiche, anche i paesaggi assumono spesso valore culturale
e documentario, laddove conservano i tratti dell’utilizzo tradizionale che ne ha determinato la forma
e l’aspetto, e si inseriscono in modo armonico nel paesaggio circostante, contribuendo anzi alla sua
bellezza e varietà.
Nella gran parte dei casi, rappresentano inoltre importanti aree di rifugio e alimentazione per la
fauna selvatica, contribuendo così in modo determinante alla conservazione ed all’aumento della
biodiversità.
Nella Riserva Naturale dei Laghi Lungo e Ripasottile, numerose e assai pregevoli sono le aree che
possono essere considerate tali, dagli appezzamenti limitrofi ail Corso del S. Susanna in comune di
Rivodutri, alle aree fittamente parcellizzate e ancora intensamente coltivate a colture orticole e
frutteti., alle pendici dei comuni di Cantalice e Poggio Bustone, alle pendici di Campigliano o
Montisola.
L’obiettivo generale della pianificazione è dunque quello della conservazione del loro valore storico e
documentario, delle forme di conduzione tradizionali, di tutti gli elementi isolati o lineari di interesse
vegetazionale o paesaggistico, del valore estetico delle colture e del paesaggio che compongono.
La destinazione di zona prevede la classificazione in zona c con diverse regolamentazioni di tuto altri
elementi della tradizione.
Il paesaggio urbanizzato e il paesaggio rurale insediativo
261
Vengono infine fissati i criteri generali di Zonizzazione relativi ai paesaggi antropici, sia quelli
caratterizzati da più iconcentrata urbanizzazione, comunque limitati, sia quelli rurali interessati da
insediamenti sparsi o localizzati, sia di tipo residenziale che agricolo produttivo.
Per tutti questi territori gli obiettivi della pianificazione sono improntati alla conservazione e sviluppo
compatibile delle attività e degli insediamenti esistenti, con diverse caratteristiche e indicazioni.
Per quanto attiene infatti le aree maggiormente urbanizzate e trasformate, e ormai di fatto parte del
tessuto insediativo consolidato, le destinazioni di Zona e le normative prevedono la conferma delle
loro capacità edificatorie, così come consentite dagli strumenti di tutela vigenti, con indicazioni
mirate ad una loro migliore integrazione nel paesaggio circostante laddove necessario.
3.1.3 LA NORMATIVA TECNICA DI ATTUAZIONE
Il complesso delle Norme Tecniche di Attuazione completa il quadro pianificatorio, dettando le
norme generali di tutela e le specifiche normative da applicare alle diverse Zone e Sottozone,
secondo la seguente articolazione.
Il primo Titolo delle Norme Tecniche definisce la natura, gli effetti e le finalità del Piano del Parco, le
modalità delle sua applicazione, gli ambiti di vigenza, il regime e le modalità d’uso delle Aree
Contigue individuate dal Piano, la struttura e composizione dello stesso.
Con il secondo Titolo inizia il comparto normativo. In linea con il criterio base delle pianificazione e
il percorso metodologico e fondativo del Piano, anche la normativa ricalca lo stesso percorso, e
costruisce attorno alla tutela del paesaggio e delle sue componenti gran parte del l’impianto
normativo, indicando dapprima le Norme Generali, ovvero il complesso di prescrizioni che si
applicano su tutto il territorio protetto, senza distinzioni di classificazione di zona e sono finalizzate a
garantire la conservazione e valorizzazione dei beni primari che contribuiscono alla composizione e
definizione dei diversi paesaggi, ovvero i beni e le risorse idriche e geomorfologiche, i beni naturali, i
beni storico culturali, i paesaggi insediativi e rurali, le attività di gestione e trasformazione che a vario
titolo incidono sugli aspetti percettivi del paesaggio. Oltre a indicare le misure di salvaguardia di tutte
queste componenti e dei vari paesaggi che esse contribuiscono a formare, le Norme indicano anche
le modalità per la loro eventuale riqualificazione e ricomposizione.
Ad integrazione delle Norme Generali, vengono poi definite le Normative Particolari che disciplinano
le diverse Zone e Sottozone, e che discendono dall’analisi puntuale dei valori e delle sensibilità
specifiche riscontrate in ogni parte del territorio, così come rappresentato nel Repertorio delle Unità
di Paesaggio, considerando anche le loro eventuali necessità di integrazione e interscambio.
A seguire vengono elencate tutte le componenti che concorrono alla definizione del sistema della
fruizione del Parco, e dettate prescrizione per la loro realizzazione e gestione.
L’ultimo Titolo è dedicato alla definizione del quadro giuridico istituzionale di riferimento, ovvero il
complesso delle norme che regolano la disciplina sul territorio dei beni naturali e ambientali, con
riferimento sia alle Direttive Comunitarie ed agli altri documenti e Convenzioni finalizzati alla
gestione dei beni naturali di interesse comunitario, sia alle normative nazionali e regionali, sia infine
alle ulteriori disposizioni nazionali o regionali che intervengono nelle disciplina delle attività di
trasformazione del territorio che hanno comunque incidenza sul paesaggio e sui beni naturali e
ambientali. A seguire vengono e definiti i rapporti del Piano del Parco con gli altri strumenti di
programmazione e pianificazione generali, quali il Piani di Bacino, il Piano di Gestione dei Siti di
Interesse Comunitario, la Pianificazione Paesistica, ed infine i rapporti di integrazione con gli altri
strumenti di gestione e programmazione del Parco, ovvero il Regolamento di Attuazione e il
Programma di Promozione Economica e Sociale.
262
Infine il complesso delle Norme e delle previsioni territoriali di assetto è integrato dai seguenti
Progetti, sotto forma di schede sintetiche, ai quali è affidato il compito di contribuire all’obiettivo di
valorizzazione dello stesso e promozione delle attività economiche compatibili che assieme alla
tutela è una delle finalità principali del Piano.
PROGETTI DI SVILUPPO DEL TERRITORIO
TUTELA E PROMOZIONE DELLE ATTIVITA’ ECONOMICHE
•
•
•
•
•
•
Promozione filiera cerealicola
Promozione produzioni orticole
Promozione apicoltura
Promozione e diffusione di metodi di produzione agricoli e zootecnici
biologici
Promozione agriturismo e turismo locale
Promozione della ricettività diffusa
ORGANIZZAZIONE E PROMOZIONE DELLA FRUIZIONE
•
•
•
•
•
•
•
•
Sentieri natura
Itinerario delle acque
Itinerario dei campi della tradizione
Itinerario degli antichi popoli lacustri
Itinerario della bonifica
Porte della Riserva naturale
Museo della bonifica e del paesaggio
Centro studi agricoltura
SALVAGUARDIA E RIQUALIFICAZIONE DELLE RISORSE NATURALI E AMBIENTALI
•
•
•
•
•
Tutela e regolamentazione dei fontanili e dei punti d’acqua isolati
Completamento/ampliamento del reticolo ecologico
Siepi e alberature del sistema agricolo
Studio e individuazione delle aree a protezione integrale
Vivai ecotipi locali
TUTELA E VALORIZZAZIONE DEL PAESAGGIO E DEI VALORI GEOMORFOLOGICI
•
•
•
Valorizzazione delle pendici panoramiche e dei crinali
Riqualificazione del paesaggio agrario
Valorizzazione e salvaguardia delle visuali
TUTELA E VALORIZZAZIONE DEI BENI ARCHEOLOGICI E STORICO MONUMENTALI
Siti protostorici lacustri
Censimento architetture rurali della bonifica
Villa e siti epoca romana
263
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