il
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QUINDICINALE
D’INFORMAZIONE LOCALE
de
I PATERNESI
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10 MAGGIO 2007
I Paternesi speciale di Free Press allegato de “La Sicilia” all’edizione di Catania del 10 maggio 2007 - e-mail: [email protected]
- Spedizione A.P. comma 20b - Art. 2 legge 662/96 Pubblicità Publikompass Catania tel. 095 7306311 - Progetto grafico Studio Di Marco Realizzazione Melamedia s.a.s. - Tipografia e stampa E.TI.S. 2000 S.p.A.
Storia,
miti e leggende
della fonte
Maimonide
QUELLA
LUNGA STRADA
VERSO
L’ I N T E G R A Z I O N E
Scout: impegnarsi
a fondo per costruire
un mondo migliore
Fidapa: il lato femminile
del volontariato
made in Paternò
Calcio, Giuseppe Fallea:
l’anno prossimo sarà tutta
un’altra storia
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I PATERNESI
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EDITORIALE
S
Nella foto:
una casa
di campagna
paternese.
Questi edifici
vengono spesso
usati come rifugio
dagli stranieri
senza una casa
e dovessimo ricercare un elemento comune alla storia della città e della cittadinanza paternese,
potremmo affermare che Paternò, da sempre, è crocevia di popoli, terra d’emigrazione e d’immigrazione,
in cui culture diverse, e a volte avverse, si sono incontrate, scontrate e dunque fuse contribuendo a
formare quella che definiremmo l’identità siciliana. Della koinè culturale, del crogiuolo etnico che
ha caratterizzato la nostra storia, Paternò ne è fulgido esempio con le sue testimonianze storicoartistiche. Tornando a tempi più recenti, non c’è paternese che non possa citare in famiglia o fra le amicizie
una storia d’emigrazione. Stati Uniti, Australia, Germania, Francia e Belgio da decenni ospitano intere generazioni
di nostri concittadini alla ricerca di lavoro e di una nuova vita. Ma la storia degli uomini è
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una ruota che gira, così, da culla di civiltà e terra di emigrati, Paternò, oggi, affronta un nuovo
capoverso del suo divenire sociale: l’immigrazione. Proprio su questo delicato argomento,
con un articolo di Salvo Spampinato, vogliamo puntare l’attenzione in questo primo numero
di maggio de I Paternesi. Del lungo cammino verso una perfetta integrazione ci interessa
parlare sopratutto del rapporto che gli stranieri paternesi sono riusciti a stringere con la
nostra comunità. Una relazione difficile, sopratutto nei primi tempi, ma che anche grazie all’
aiuto delle associazioni di volontariato locali ha trovato un equilibrio tutto sommato stabile.
Eppure, come si evince dal servizio, c’è ancora molto da fare.
Con Francesco Giordano ci occupiamo invece di storia, miti e leggende legati a un importantissimo luogo della
nostra città che, dopo vent’anni, ha finalmente riaperto i battenti: la Fonte Maimonide. L’Acqua grassa è tornata
a sgorgare e per celebrare l’evento, vogliamo raccontare tutti i fatti più curiosi che ruotano intorno a essa: fra
trattati scientifici sulla composizione del liquido, soldati saraceni privi di scrupoli e terribili mostri che, secondo
la tradizione popolare, infestavano la zona.
Ecco poi Tutti giovani marmotte, lo spazio dedicato ai movimenti scoutistici della città. In questo numero, Giorgio
Cicciarella si occupa dell’Agesci Paternò quinto, il gruppo più giovane del territorio che opera in pieno centro
storico. In Club e associazioni, Mary Sottile delinea un quadro dettagliato delle attività dalla Fidapa, sodalizio
tutto al femminile che dal 1983 a oggi ha promosso numerosi progetti, iniziative e programmi in campo sociale,
nel settore economico, culturale e sanitario. Infine lo sport, con Antonino Sambataro che traccia un ritratto del
difensore del Paternò Calcio Giuseppe Fallea. In casa rossazzurra, dopo la sofferta conquista della salvezza
matematica, c’è finalmente un clima rilassato e la dirigenza, l’allenatore e i giocatori pensano già alla prossima
stagione quando, a detta di tutti, si assisterà a un torneo del tutto diverso. All’interno del giornale, anche le
rubriche fotografiche curate in collaborazione con Orazio Oliveri.
Auguriamo a tutti una buona lettura, ricordandovi che il prossimo numero del nostro periodico sarà in edicola,
sempre con La Sicilia, il 24 maggio.
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QUELLA LUNGA STRADA
V E R S O L’ I N T E G R A Z I O N E
di Salvo Spampinato
Ci occupiamo di immigrazione e del rapporto che gli stranieri paternesi
sono riusciti a stringere con la nostra comunità
Una relazione difficile, sopratutto nei primi tempi, ma che anche grazie all’aiuto
delle associazioni di volontariato locali ha trovato un equilibrio tutto sommato stabile
Eppure, c’è ancora molto da fare
Nella foto: da sinistra Ismael, Salaar,
Mosa, Adam e Omar. Rifugiati politici
provenienti dal Darfur
S
e dovessimo ricercare
un elemento comune
alla storia della città e
della cittadinanza paternese, potremmo affermare che Paternò, da sempre, è
crocevia di popoli, terra d’emigra-
zione e d’immigrazione, in cui
culture diverse, e a volte avverse,
si sono incontrate, scontrate e
dunque fuse contribuendo a formare quella che definiremmo l’
identità siciliana. Della koinè
culturale, del crogiuolo etnico che
ha caratterizzato la nostra storia,
Paternò ne è fulgido esempio con
le sue testimonianze storico-artistiche.
Tornando a tempi più recenti,
non c’è paternese che non possa
citare in famiglia o fra le amicizie
una storia d’emigrazione. Stati
Uniti, Australia, Germania, Francia e Belgio da decenni ospitano
intere generazioni di nostri concittadini alla ricerca di lavoro e di
una nuova vita. Ma la storia degli
uomini è una ruota che gira, così,
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da culla di civiltà e terra di emigrati, Paternò, oggi, affronta un
nuovo capoverso del suo divenire
sociale: l’immigrazione. Se fino a
qualche anno fa, infatti, fosse
stato chiesto a un paternese di indicare qualcuno col termine “straniero” i più avrebbero indicato gli
zingari della comunità Rom, che
per venti anni hanno occupato il
territorio delle Salinelle. Non
deve dunque stupire più di tanto
se fino a dieci anni fa a Paternò
“straniero” era sinonimo di zingaro, termine assunto poi nel linguaggio corrente per apostrofare
in modo fortemente dispregiativo
una determinata persona.
Dieci anni fa, per la maggior
parte dei paternesi, il rapporto
con gli immigrati si limitava,
dunque, a un distaccato, quasi
ostile, rapporto con la comunità
rom o con i primi nordafricani
sbarcati in Sicilia. Ma il tempo dei
vu cumprà è finito da un pezzo, e
oggi l’allargamento dell’Unione
Europea, le mutate esigenze del
mercato del lavoro, i nuovi flussi
di immigrazione hanno inciso e
trasformato il rapporto fra Paternò
e i suoi immigrati.
Contrariamente a quanto si possa pensare, si scopre, per esempio,
che esiste una Paternò nella Paternò, una realtà vissuta da alcuni
nostri concittadini che aiutano e
conoscono quotidianamente gli
immigrati presenti sul territorio.
“Circa 15 anni fa - spiega
Salvatore Mazzamuto, diacono e
membro dell’associazione Famiglie di Terra Santa - già alcuni
paternesi mossi dalla carità (tra
cui il mai dimenticato signor
Peppino Iuculano) solevano aiutare
questi ragazzi che giungevano per
lo più dal nord Africa alla ricerca
di lavoro”.
Mazzamuto, alla luce della sua
esperienza, spiega che a Paternò
- come in tulla la Sicilia, d’altrode il flusso migratorio che riguarda i
nordafricani non è costante tutto
l’anno, ma è legato alla stagionalità del lavoro nelle campagne.
“Sono in prevalenza tunisini
- afferma -, marocchini ed egiziani.
Hanno un’età compresa fra i 18
e i 35 anni e molti di loro hanno
un diploma e alcuni addirittura la
laurea. Arrivano a Paternò a dicembre quando comincia la raccolta
delle arance per poi trasferirsi a
marzo in altri paesi per iniziare la
raccolta di altra frutta o verdura”.
Il telefono cellulare per molti di
loro è l’unico mezzo con cui poter
contattare le famiglie o per comunicarsi nuove opportunità di lavoro.
“Quest’anno - spiega Mazzamuto - il dato più positivo della
nostra attività di volontariato è
stata la risposta dei giovani paternesi. In tanti si sono presentati
presso la nostra sede in via Vittorio Emanuele 357 per aiutarci nel
distribuire la cena o nel portare
abiti, scarpe e coperte”.
“Si potrebbe pensare - aggiunge che, a causa della loro povertà, gli
immigrati che ospitiamo la sera
per la cena possano compiere
chissà cosa e invece la stragrande
maggioranza di essi, pur essendo
a digiuno dal giorno prima perché
senza lavoro, aspetta in silenzio e
con grande educazione il proprio
turno ringraziandoci mille volte
per il servizio svolto”.
“Spesso - incalza - i ragazzi immigrati ci raccontano che alcuni
datori di lavoro hanno l’abitudine
di promettere la paga e a fine giornata di non dare nulla”.
Il quadro sull’immigrazione a
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Sopra:
Giuseppe Patané
Paternò ci è ulteriormente chiarito da Giuseppe Patanè, diacono
e membro dell’associazione Famiglie di terra santa.
“L’inverno appena trascorso
- dice - è stato particolarmente
duro per gli immigrati paternesi
a causa della mancanza di lavoro. Alcuni di loro ci hanno confidato di non aver mai lavorato
in tre mesi e che senza la nostra
mensa sarebbero rimasti senza
speranze”.
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La mensa di cui si parla viene
organizzata dall’associazione Famiglie di Terra santa da dicembre
a metà marzo e rimane aperta
tutti i giorni.
“Quest’anno - riprende - in media abbiamo dato da mangiare a
più di 60 persone al giorno, il che
vuol dire che per tre mesi abbiamo preparato più di cinquemila
risposta dei paternesi il prossimo
anno sia ancora maggiore”.
Altro valido aiuto all’opera è
prestata dai volontari della Caritas,
che nei pomeriggi di lunedì e giovedì in via Sacramento 1 organizzano il servizio docce e lavanderia
per gli immigrati.
“Nel nostro centro - raccontano
Angela Ardizzone e Marco Arcidia-
pasti senza il minimo aiuto dall’
esterno”.
La chiusura della mensa non è
avvenuta per scelta dei volontari
quanto perché non c’era più nulla
da cucinare.
“Per tanti concittadini - conclude Patanè - il nostro servizio è
un fastidio. Per fortuna tanti altri
ci sostengono in questo difficile
compito di carità sperando che la
cono - diamo la possibilità agli immigrati di potersi lavare e pulire i
vestiti”.
Anche Angela e Marco raccontano
la loro esperienza.
“In tre anni - dicono - qui non
è successo mai nulla di spiacevole. Ormai il nostro non è più
un servizio, ma un momento
per conversare un po’ con questi
ragazzi. Sono dei gran lavoratori
Sopra: l’entrata dei locali in cui si svolge il servizio docce
A destra: Angela Ardizzone e Marco Arcidiacono - Sotto: la sala della mensa
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Sotto: una casa abbandonata di periferia, spesso rifugio per extracomunitari
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e dispiace pensare che molti di
loro siano costretti a dormire
fuori perché nessuno gli affitta
una casa”.
Adam, Ismael, Mosa, Salaar e
Omar sono cinque sudanesi di
età fra i venti e i quarant’anni,
provenienti dalla regione del
Darfur in cui dal 2003 si combatte una terribile guerra civile fra
tribù che ha già causato oltre
400.000 morti. I cinque sudanesi,
sbarcati due anni fa sulle coste
ragusane, da tre mesi vivono e
lavorano a Paternò con lo status
di rifugiati politici che l’Italia ha
concesso loro a causa della guerra.
“Sono partito dalla Libia due
anni fa - spiega Adam - con un’imbarcazione pagando 1.500 dollari.
Poi mi hanno condotto nei centri
di permanenza temporanea dove
sono stato tre mesi e in ultimo mi
hanno concesso l’asilo politico a
causa della guerra”.
La storia di Adam e un po’ la
storia di tutti e cinque. Adam,
nel suo paese, lavorava come
ragioniere e ha dovuto lasciare
la moglie e cinque figli di cui
due all’Università. Ismael era pasticcere, Mosa era sarto, Salaar
era commerciante e il più giovane
Omar cameriere.
“I primi tempi a Paternò - spiega Ismael - sono stati durissimi
perché non avevamo niente e per
due settimane abbiamo dormito
sotto gli alberi vicino allo stadio”.
Poi, grazie all’aiuto di alcuni
volontari i cinque sono stati assunti come operai e oggi vivono e
lavorano in una decorosa casa in
campagna.
“Paternò è una città molto bella
- dicono - e dobbiamo dire grazie
ai paternesi che ci hanno accolto e
dato un lavoro onesto per vivere”.
Altra diffusa rappresentanza di
immigrati è quella proveniente
dall’Europa dell’est. Dalla Romania, Bulgaria e Polonia giungono
in maggior parte donne grazie a
un passaparola lungo migliaia di
chilometri. Contrariamente agli
immigrati africani, tra gli europei
dell’est le donne sono per lo più
impegnate in casa come assistenti
per gli anziani o per la pulizia
degli appartamenti, mentre gli
uomini spesso vengono ingaggiati
come muratori e per manovalanza
generica.
Elena è una rumena 53 enne di
Piatraneamz, una località a nord
della Romania, che ha trovato
occupazione come badante in una
famiglia paternese.
“In Romania - racconta Elena ero telefonista per la Telecom
rumena. Poi, a causa di una crisi
della società ho perso il posto di
lavoro e grazie a un’amica sono
partita per Paternò, dove lavoro
come assistente per anziani da un
anno e mezzo”.
Elena è giunta a Paternò grazie
ad un’agenzia rumena che orga-
nizza i viaggi in pullman al prezzo
di 250 euro sola andata.
“In Romania - dice - c’è poco
lavoro, e i pochi impieghi disponibili sono pagati una miseria”.
Un’altra storia, sempre dall’Est,
è quella di Giovanni e Micaela,
una giovane coppia di trentenni
provenienti da Iasi, città rumena
quasi al confine con la Moldavia.
“Sono partito - racconta Giovanni - circa due anni fa con il
pullman. Ho cercato lavoro in
giro per la Sicilia e ho avuto
anche brutte esperienze con
gente che non mi pagava. Poi mi
sono stabilito a Paternò, dove
seppur con difficoltà ho trovato
un posto come muratore”.
La moglie lo ha raggiunto un
anno dopo e adesso è assunta
come assistente per anziani.
Fra i maggiori gruppi di immigrazione presenti a Paternò non
abbiamo dimenticato i cinesi, il
cui numero è aumentato, sopratutto negli ultimi anni, in manie-
Elena
ra considerevole. Abbiamo tentato
di interpellare anche loro sul rapporto stretto con la città e con i
paternesi, ma hanno preferito non
rilasciare dichiarazioni.
Segno che ancora, per una totale integrazione, c’è ancora molta
strada da fare.
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STORIA, MITI E LEGGENDE
DELLA FONTE MAIMONIDE
di Francesco Giordano
Dopo oltre vent’anni dalla sua chiusura,
l’Acqua grassa è tornata finalmente a sgorgare
Per celebrare l’evento, puntiamo i riflettori su tutto
ciò che ruota attorno a questo importantissimo
luogo delle nostra città: fra trattati scientifici
sulla composizione del liquido,
soldati saraceni privi di scrupoli e terribili mostri
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La Fonte agli inizi del Novecento
er secoli fu considerata
la Fonte della salute e
ora, dopo oltre vent’
anni dalla sua chiusura,
l’antica Fonte Maimonide, detta popolarmente dell’
Acqua grassa, è ritornata a sgorgare presso l’omonima contrada,
situata nella periferia nord-ovest
di Paternò. Il tutto grazie a un intervento di recupero e riqualificazione dell’area in cui essa si trova.
Già antichi documenti - ricordiamo
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Sotto: riproduzione su pietra lavica ceramizzata di una veduta del Settecento dell'antica Fonte
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tra i primi storici Arezio e Fazello -, parlarono di questo luogo da
cui scaturisce una fresca e deliziosa acqua dal gusto acidulo-frizzantino e magnesiaco-ferruginoso,
insieme ad altre acque presenti
nelle campagne paternesi. Addirittura, se ne contavano 1.000,
certamente una cifra gonfiata per
evidenziare la ricchezza di acqua
in queste contrade.
Non soltanto l’Acqua grassa,
quindi, ma anche altre sorgenti
godevano presso gli antichi di
ottima reputazione. Per esempio,
si fa spesso menzione dell’Acqua
rossa - oggi commercializzata o della sorgente Monafria. Quest’
ultima, in passato, era utilizzata
per azionare le pesanti ruote dei
mulini, mentre oggi, la si sfrutta
per l’irrigazione degli agrumeti,
nonché nelle luppinàre - cioè le
grandi vasche dove si effettua la
lavorazione dei lupini. Qui i semi,
messi in ceste cilindriche, vengono sottoposti all’azione dell’acqua
corrente per alcuni giorni, per
privarli del gusto amaro e successivamente vengono cotti in caldaie
e salati, pronti per la vendita.
Ritornando alla Fonte Maimonide o dell’Acqua grassa, essa si
trova nelle vicinanze delle famose
Salinelle, e tra Otto e Novecento
visse i suoi “momenti di gloria”.
Difatti, quest’acqua ferruginosa e
ricca di anidride carbonica, che
tinge di rosso le pietre su cui
scorre, veniva addirittura esportata in tutta la provincia di Catania
e oltre, poiché ritenuta di grande
utilità per le sue spiccate qualità
medicinali. Un piccolo stabilimento che sorgeva vicino alla
fonte, estraeva anche dall’acqua
l’anidride carbonica.
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Sopra: il nuovo ingresso
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Nel Settecento, Vincenzo Chisari, importante medico paternese
che fece sull’acqua delle accurate
analisi - per cui fu ricordato dallo
storico catanese Scinà -, ne comprese l’importanza per l’uso di
bagni a scopo terapeutico. Si realizzò dunque un bagno pubblico
nei pressi della Fonte, ma esso
venne distrutto alla fine dell’
Ottocento.
Numerosi uomini di scienza e
di storia si occuparono del liquido
della fonte Maimonide: Deodat
Dolomieue, nei suoi studi sui
prodotti dell’Etna, ne parlò con
molto interesse come acqua acidula perché ricca di acido carbonico - addirittura, era ritenuta
simile, se non superiore, alla consimile acqua di Vichy -; nel 1853,
invece, Agostino Giuffrida, docente all’Università di Catania,
ne parlò nel suo Quaesita medica,
mentre ancora prima, nel Settecento, a parlarne fu anche lo
storico Vito Amico nel suo Lessico
topografico; nell’Ottocento a decantarne caratteristiche e pregi fu poi
il Ferrara, celebre storico catanese.
Ma, il primo a occuparsi in
maniera più accurata dell’Acqua
grassa fu il medico e fisico palermitano Giuseppe De Gregorio il
quale, nel 1760, ne fece un’accurata analisi, i cui risultati furono
pubblicati in un opuscolo intitolato Delle acque acidule della
Sotto: Interno della Fonte Maimonide
città di Paternò. Vi si scrisse che
l’Acqua grassa aveva proprietà
diuretiche e purgative, ed era
anche adatta per combattere
diverse malattie, quali piaghe e
affezioni della pelle.
Tanti altri, specialmente nell’
Ottocento, furono gli scienziati
attratti da questa “acqua miracolosa” - come recitava uno slogan lanciato per la commercializzazione
del prezioso liquido -, gareggian-
do nell’analizzarla e nel descriverne pregi e virtù: Alfio Ferrara,
Carmelo Maravigna, Giuseppe
Costanzo e Orazio Silvestri sono
i nomi che vanno aggiunti agli
altri citati. Il Silvestri, nel 1882,
ne pubblico un’attenta analisi chimica correlata da molteplici e
importanti notizie e osservazioni.
Ma, alla Fonte Maimonide sono
legate anche una serie di suggestive leggende, che ne fanno un luo-
go ancor più interessante. Queste
sono strettamente connesse al
nome della stessa, le cui origini
sono tutt’altro che chiare. Difatti,
nel corso dei secoli, diversi studiosi si sono avvicendati nell’individuarne la giusta etimologia. A
riguardo, la tesi più plausibile
sembrerebbe quella che ne attribuisce il significato a due parole
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ebraiche, majim, acqua, e monah,
distribuire, quindi: fonte distributrice d’acqua. Per altri, il nome
Maimonide deriverebbe dalla leggenda del Gatto Maimonide, figura
fantastica e orribile che appariva
nei pressi della sorgente per spaventare coloro che intendevano
sfruttare i benefici dell’acqua a
scopo di lucro. La fantasia popolare
identificò poi Maimonide con un
indefinito e crudele invasore saraceno. Un certo Goito Maimone,
proveniente dalla Spagna nell’XI
secolo, prima dell’arrivo dei Normanni; quindi uno spauracchio
dei cristiani. Questo il racconto
riportato da fonti arabe: Giafar II,
emiro della Sicilia, voleva riscuotere con la forza dei dazi eccessivi,
ma Jusaph, suo padre, lo richiamò
in Africa e vi sostituì il secondogenito Alì. Questi governò con tanta
bontà, tanto da permettere ai cristiani di esprimere liberamente il
loro culto. Ciò irritò il crudele
generale Goito Maimone il quale
venne in Sicilia per umiliare e
opprimere Alì e i cristiani. Giungendo da Patti sembra sia passato
da Paternò (allora Batarnù) per
giungere a Siracusa, lasciando nei
luoghi che attraversava i segni
della sua crudeltà.
Secondo questa leggenda, quindi, la denominazione deriverebbe
da questo soldato saraceno, il
quale si poneva in agguato nei
dintorni della sorgente, e da qui
usciva improvvisamente per scagliarsi contro chiunque e per
devastare le campagne.
Successivamente, dal nome
Goito nacque la già citata leggenda, del Gatto mammone, un gatto
(per altri una scimmia) che aveva
il suo covo nel luogo in cui sorge
la Fonte. Addirittura, i più superstiziosi tra il popolo, crearono una
invocazione scaramantica contro
questo spauracchio, affinché si
allontanasse nel momento in cui
ci si doveva accostare alla sorgente o per bere o per tingere i panni
grazie a una preventiva preparazione e all’immersione degli stessi nell’acqua. Gattu Mammuni, ti
dugnu lu cudduruni, si mi tingi lu
miu rubbittuni e cioè: Gatto
mammone ti do la mia focaccia se
mi aiuti a tingere i miei panni,
ripetevano quindi continuamente
le donne che si avvicinavano al
luogo nei momenti di maggiore
solitudine.
Ma, pensare che queste superstizioni siano frutto solo dei secoli passati è un errore. Difatti,
come alcuni ancora ricordano, in
tempi a noi recenti si è gridato
ancora al mostro. Era l’anno
1981, quando, stando ai racconti
di alcuni testimoni oculari, proprio nei dintorni agresti della
fonte Maimonide, venne avvistato
più volte uno strano animale.
Sotto: la Fontanella con la celebre Acqua grassa che sgorga da un rubinetto di ottone
Addirittura, un uomo raccontò
di aver visto un grosso rettile divorare un cane. Subito nacque la
leggenda - oggi la chiameremmo
metropolitana - d’o mostru ‘i l’
Acqua rassa: il mostro dell’acqua
grassa.
Ritornando brevemente all’
etimologia del termine Maimonide, è però d’obbligo citare l’ultima
tesi, pronunciata nel 2006 dal
professor Angelino Cunsolo. Secondo Cunsolo, il termine deriverebbe palesemente, e semplicemente, dal nome del celebre
medico e filosofo ebreo Mosè
Maimonide, vissuto in Spagna tra
il XI e il XIII secolo. Una tesi che
si aggiunge alle altre.
Intanto, tra leggende e trattatelli sulle sue virtù, la Fonte
Maimonide è stata riaperta, e l’acqua grassa è ritornata a scorrere
per deliziare, come da tradizione
plurisecolare, il palato dei paternesi. Questo luogo, più volte edificato e tante volte distrutto e
abbandonato, è finalmente risorto, con tutto il suo carico di storia
e leggende.
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Tutti giovani marmotte
IMPEGNARSI A FONDO
PER COSTRUIRE
UN MONDO MIGLIORE
Proseguiamo il nostro
viaggio fra i movimenti
scout
cittadini
parlando
dell’Agesci Paternò
quinto, il gruppo più
giovane del territorio
che opera in pieno
centro storico
U
na tradizione che affonda le proprie radici
nell’immediato dopoguerra e che ai giorni
nostri permette all’Associazione guide e scout cattolici
d’Italia di annoverare, a Paternò,
ben cinque gruppi: di fatto uno
ogni diecimila abitanti. Una
media invidiabile se si considera
la variegata realtà dell’associazionismo cittadino, una scelta di vita
che va al di là delle mode del
momento, delle tante distrazioni
della società contemporanea. Decine e decine i giovani ancor oggi
affascinati dal metodo educativo
di lord Robert Baden Powell, il
padre nobile dello scoutismo
mondiale.
“Cinque gruppi, cinque dita
della stessa mano”. Un’immagine
di comunità allargata che ben
si coniuga con il più autentico
spirito scout. A esprimere il concetto Turi Mazzamuto, uno dei
capi storici dello scoutismo cittadino, oggi impegnato nel Paternò
qunito. Nato una decina di anni
fa, è il più giovane de cinque gruppi e opera in pieno centro storico,
avendo la parrocchia di San Michele Arcangelo - retta da Padre
Alessandro Ronsisvalle - come riferimento.
“Il fenomeno scoutistico a
Paternò - afferma - è molto, e ha
una base storica che merita di
essere ricordata ai più giovani,
partendo dalla figura di padre
Enrico Berger (un domenicano
francese, rettore del Santuario
Maria Santissima della Consolazione) che dal 1954 in poi avviò
tanti ragazzi all’esperienza scout”.
Padre Berger, religioso giunto
a Paternò un po’ per caso, un po’
- a quanto risulta - per punizione,
amò moltissimo la nostra città,
tanto da arrivare a dire: Io non
vorrei mai abbandonare Paternò,
Sopra: Padre Berger e una delle prima squadriglie di scout paternesi
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Le vostre istantanee
I nonni Pina e Pippo Furnari e Maria
Lo Bello sono orgogliosi di annunciare
la nascita della loro bellissima nipotina
Mara.
Colgono l’occasione per augurare
ai genitori Massimo e Antonella
tanta felicità, e noi della redazione
de I Paternesi, non possiamo far altro
che unirci a loro
Le immagini da pubblicare vanno fatte pervenire al nostro fotografo: Foto flash di Orazio Oliveri, via Vittorio Emanuele 324 Paternò
Tel.095/841087 -. 347/1742823
o inviate agli indirizzi e-mail: [email protected] o [email protected]
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Tutti giovani marmotte
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che è una grande promessa per
l’avvenire. Venne accontentato e
finì con il concludere qui la sua
esperienza terrena. Da allora riposa
nel cimitero monumentale, sulla
Collina.
“Quello di padre Enrico - continua il nostro interlocutore - è un
testamento spirituale per tutti
gli scout: mai abbandonare la
speranza che educando le giovani
generazioni ci sia un miglioramento della nostra città, dell’intera società. Educazione ai sani
principi, ai valori dell’accoglienza,
della solidarietà, della famiglia,
dell’onestà, sono questi i concetti
centrali, e attuali anche ai giorni
nostri. Da grande uomo di cultura
qual era il domenicano francese
capì le enormi potenzialità del
metodo scout. Ma se nel dopo-
Sopra: la chiesa di San Michele Arcangelo
guerra quest’opera poteva essere in qualche modo marginale,
perché si rivolgeva a piccole nicchie e perché le agenzie educative
(scuola e famiglia in primo luogo)
funzionavano meglio di oggi, ai
giorni nostri la situazione si è
capovolta. Il nostro intervento è
sempre più determinante”.
Da qui la necessità di modificare
l’immagine stereotipata degli scout
intesi come i bontemponi che
vanno a giocare nei boschi con l’
aria scanzonata. Chi, nel ruolo di
capo, si cimenta nello scoutismo
sa di essere chiamato a svolgere
una missione: educare i giovani di
oggi a diventare gli adulti di
domani.
“Il lato scoraggiante di questo
nobile servizio - afferma Mazzamuto - sta nel fatto che le trasforma-
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B/N
zioni avvengono in lunghi periodi
e non sempre chi si spende per
questa causa vede i frutti del proprio lavoro ripagati. Il nostro
compito è però quello di lasciare il
mondo un po’ migliore di come l’
abbiamo trovato e per questo dobbiamo continuare a impegnarci”.
“Oggi a Paternò - prosegue operano cinque gruppi e al di
là dell’aspetto strettamente numerico voglio sottolineare, anche
a nome di tanti altri capi, che
la speranza è quella di vedere gli
scout operare fuori dalle loro
sedi per intervenire nell’ambito
sociale, per interagire con il territorio. Questa è la nuova frontiera dello scoutismo e serve maggiore sensibilità di fronte ai segni
della storia. Bisogna fare qualcosa per prevenire l’abbandono scolastico, il bullismo, la micro-criminalità. Non mancano di certo
gli ambiti di intervento. È necessario che gli adulti-educatori si
raccordino di più tra loro per
affrontare queste tematiche, per
estenderle ai ragazzi. Lo dico
perché a mio parere i nostri giovani, grazie ai mezzi di comunicazione, sanno spesso quello che
accade a migliaia di chilometri di
distanza, ignorando però la realtà
che li circonda”.
Nel concludere il proprio intervento Mazzamuto lancia un’interessante proposta alla prossima
Amministrazione comunale: intitolare - in occasione del centenario dalla fondazione dello scoutismo, che ricorre proprio quest’
anno - due strade di Paternò a
lord Baden Powell e padre Berger,
fulgidi esempi di impegno sociale e attenzione per il prossimo. Un
modo, semplice ed efficace, per
rendere onore a due benefattori,
saldando ancor più il già stretto
legame che intercorre tra la comunità locale e il movimento scoutistico.
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GIORGIO CICCIARELLA
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I PATERNESI
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Colore
GIOVEDÌ
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I PATERNESI
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Club e associazioni
IL LATO FEMMINILE
DEL VOLONTARIATO
MADE IN PATERNÒ
La sezione cittadina della Fidapa
nacque nel 1983
e da allora sono stati tanti i progetti,
le iniziative e i programmi promossi
in numerosi settori del sociale
Sopra: alcune socie del gruppo con la Pannitteri (terza da destra)
D
onne impegnate a
360 gradi nei settori
portanti della società
civile. Donne che si
spendono, volontariamente, progettando e realizzando
iniziative, divenute, spesso, determinanti per offrire un sostegno concreto alle istituzioni pubbliche.
Stiamo parlando dell’associazione femminile Fidapa, sigla racchiudente la forza e la concretezza di
un’associazione che da ventiquattro
anni opera sul territorio paternese.
La Federazione italiana donne arti
professione affari nacque, come
sezione, a Paternò nel 1983 e da
allora sono stati tanti i progetti, le
iniziative e i programmi promossi
in campo sociale, nel settore economico, culturale e sanitario.
Oggi l’associazione può contare
sulla forza di quarantaquattro
donne, guidate dall’attuale presidente, Salvina Sambataro. Una
gestione, la sua, giunta quasi alla
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scadenza - la Fidapa rinnova le cariche del direttivo ogni due anni cosicché l’incontro si presenta
come un’occasione per conoscere
il gruppo e fare un bilancio degli
ultimi due anni trascorsi.
“Per me - evidenzia la presidente
Salvina Sambataro - è stata un’esperienza positiva ed entusiasmante.
Abbiamo portato a termine numerose attività, tante importanti.
Questa è la dimostrazione che la
ricchezza degli uomini, sono gli
uomini stessi. Abbiamo dimostrato che con impegno e costanza si
riescono a fare grandi cose e
voglio sottolineare come quanto
ottenuto sia il risultato non di una
singola persona ma del gruppo.
In questo biennio di presidenza,
sono stata circondata da donne
che con passione e determinazione, superando tutti gli ostacoli
incontrati, hanno affrontato insieme a me questo impervio tratto di
strada”.
Nel biennio della presidenza
Sotto: la presidente Salvina Sambataro
Sambataro, come già accennato,
sono state tante le iniziative portate a termine. Su tutte possiamo
citare i tre progetti più importanti,
tutti ancora in itinere: Scalinata
settecentesca itinerario d’arte, Il
colore della salute rossoarancio
- Management del rilancio economico, e infine il progetto Prevenzione Hpv: nuovi orizzonti per la
salute - per la prevenzione del
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I PATERNESI
Club e associazioni
tumore al collo dell’utero, lanciato nelle scuole paternesi con una
campagna informativa e realizzato
in collaborazione con l’Ausl 3 e il
consultorio familiare.
Il primo progetto, è stato presentato lo scorso anno all’Amministrazione comunale - al momento
si attendono i finanziamenti - e ha
lo scopo di rivalutare la scalinata
settecentesca. Un progetto culturale importante che alla luce degli
interventi di recupero del bene
storico-architettonico, partiti in
queste settimane, riveste una notevole importanza. Da realizzare
in collaborazione con l’Accademia
delle Belle Arti di Catania, il programma d’intervento della Fidapa
GIOVEDÌ
10 MAGGIO 2007
Sotto: la Fidapa a Milano
prevede la partecipazione di giovani pittori per dipingere le nicchie della scalinata.
“Un’idea che ha una finalità triplice - spiega la Sambataro - riconsegnare il giusto valore, storico,
architettonico e culturale alla scalinata, scoprire nuovi talenti pittorici che si contenderanno, con
un concorso, il dipinto più bello, e
trasformare questo bene culturale
da statico in animato”.
Il secondo progetto, in campo
economico, ha puntato a rivalutare la principale fonte di ricchezza
per la città di Paternò: l’arancia.
Con un lavoro di due mesi, le socie
della Fidapa sono riuscite a mettere insieme dieci commercianti e
portarli a Milano, per partecipare
a un road show di due giorni. Un’
occasione per far gustare il prodotto tipico paternese e far conoscere, attraverso un dvd, la città di
Paternò e i suoi beni. Nella due
giorni sono stati oltre ventimila i
visitatori dello spazio Fidapa, che
ha anche distribuito circa 12000
retine di arance, e 15000 spremute. Contattati, inoltre, i direttori
dei grossi centri di distribuzione
per una capillare diffusione del
prodotto paternese. Il progetto si
è concluso nei giorni scorsi, con
un convegno dove sono stati chiesti l’apertura di uno sportello per
l’agricoltura, l’organizzazione di
corsi di formazione sull’arancia e
la costituzione di un marchio di
qualità.
Terza e ultima iniziativa - ma
non per ordine d’importanza - è
il progetto Hpv. E nessuno meglio
della presidente Sambataro, biologa del servizio di Laboratorio
d’analisi, dell’ospedale Santissimo Salvatore di Paternò, può capire l’importanza della prevenzione. Alla luce della scoperta del
vaccino contro l’Hpv, già disponibile in Italia, il progetto della
Fidapa, e quindi la campagna informativa alle adolescenti, diventa
fondamentale.
Per capire l’importanza di quest’
ultimo progetto, basta analizzare
un dato: ogni anno in Sicilia vengono diagnosticati da 500 a 700
nuovi casi di Hpv, causa del cancro del collo dell’utero e seconda
causa di morte per patologie oncologiche nelle giovani donne.
Nella nostra Isola, quasi la metà
dei nuovi casi diagnosticati ogni
anno è mortale. Per contrastare
la diffusione del virus importante
è anche una corretta vita sessuale,
ed è per questo che il principale
argomento degli incontri svolti
nelle scuole è stata proprio l’educazione sessuale. Un progetto pilota,
questo della Fidapa, che potrebbe
estendersi agli altri Comuni della
provincia.
Un cenno, infine, per il talk
show, organizzato nei mesi scorsi
su Donne Sicilia impresa condotto dalla giornalista Rai Adriana
Pannitteri. Nel corso dell’appuntamento, sono state premiate l’
imprenditrice Ada Distefano, Amministratore unico della Advanced
technology solutions e la responsabile comunicazione e marketing
Vini Planeta, Francesca Planeta.
“Mi auguro - conclude la presidente Sambataro - che il nuovo
direttivo continui con lo stesso
entusiasmo. Sono convinta, come
abbiamo dimostrato, che la Fidapa
per crescere debba esternalizzare
le proprie risorse. Se si rimane nel
chiuso dell’associazione non si
riescono a ottenere gli stessi
risultati”.
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MARY SOTTILE
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I PATERNESI
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Ballare con I Paternesi
LASCIARSI TRASCINARE
D A L L A PA S S I O N E
D E L TA N G O A R G E N T I N O
Un nuovo spazio
tutto dedicato alla danza,
in cui Antonino Fallica
ci spiega storia e passi
fondamentali dei balli
più famosi e richiesti
N
egli ultimi anni, sopratutto
grazie a film e programmi televisivi di grande successo che ne
hanno fatto riscoprire la bellezza, è tornata
prepotente, negli italiani, la passione per la
danza. Per questo motivo, abbiamo deciso di
dar vita a un nuovo spazio in cui forniremo
alcuni cenni storici sui balli di coppia più
famosi e ne spiegheremo i passi base grazie al
contributo del maestro di danza sportiva
Antonino Fallica che oggi, in questo nostro
primo appuntamento, ci parla di tango.
Argentino, naturalmente.
“Ieri si ballava la disco dance - esordisce il
maestro -, poi è arrivato il turno del caraibico.
Oggi, si balla sempre di più la milonga, il vero
fenomeno del momento, che sta affermandosi
sempre più anche nella nostra provincia e tra
i nostri concittadini”.
A Paternò, infatti, l’amore per questo ballo
sembra affondar radici nei ricordi dei nostri
nonni che, tra una danza e l’altra, riuscivano
a socializzare e divertirsi in occasioni come il
Carnevale o le feste in casa approntate al momento. Eppure, ci fu un periodo in cui il tango
fu bandito come ballo scabroso. Dovette addirittura intervenire il Papa per
tranquillizzare gli animi
dei perbenisti e decidere
le sorti di uno stile che,
nato come fenomeno di
costume alla fine dell’Ottocento in Sud America,
ebbe la sua patria proprio
a Buenos Aires, capitale
argentina.
A tal proposito il presidente dell’Escuela de baile
Non solo danza afferma
come “da due anni a questa parte, molti bambini
studiano il tango sia per
gareggiare che per provare nuove emozioni. I risultati sono ottimi, visto
che tra i nostri competitori abbiamo dei campioni d’Italia. La nostra
maestra Graziella Pulvirenti, anch’essa campionessa di tango argentino,
sta facendo un lavoro
attento tra i nostri allievi,
spiegando quelli che sono
i principi fondamentali,
la cultura e le origini del
tango”.
Occorre inoltre sottolineare come Non solo
danza organizzi periodicamente degli stage, ultimo dei quali quello con i
due famosi maestri Argentini Vicky & Leo - ballerini e coreografi dell’
Ufficio culturale dell’ambasciata della Repubblica
Argentina in Italia - nonché allenamenti serali
domenicali che si effettuano nella sede dell’
associazione (Via Bellia 356, Paternò).
“Il tango argentino - riprende Fallica - è il ballo
più sensuale e avvolgente che conosca e non
sarebbe tale se non avesse l’abbraccio. Questa
danza racconta l’incontro di due persone che
stringendosi l’un l’altro provano delle emozioni
sempre nuove e ogni volta più intense. Non a
caso, un famoso detto riferito al tango recita:
uno più uno uguale a uno. La coppia è quindi
intesa come un’unica entità”.
Inserito tra le tre discipline delle danze argentine, i passi base del tango possono essere
semplici nel contesto, ma difficili nell’esecuzione perché è di vitale importanza l’equilibrio all’interno della coppia. I comandi sono a
carico dell’uomo, che improvvisa e interpreta
il tutto in base alle sensazioni che il brano gli
suggerisce. La donna, invece, esegue i passi
con sensualità e movenze che avvolgono
anche il compagno. Adorni, ganchos, lapis e
barridas trasferiscono allo spettatore una sensualità unica.
I passi base, sia per l’uomo che per la donna,
sono otto. L’uomo inizia col piede destro
indietro, seguito dalla donna col sinistro
avanti. Lui continua con la gamba sinistra a
lato, destra a lato per la donna. Il passo tre per
l’uomo è un’uscita in esterno con la gamba
destra fuori delle gambe di lei, sinistro indietro per la donna. Nel passo quattro l’uomo
porta la gamba sinistra in avanti, mentre la
donna porta la gamba destra indietro. Nel
passo cinque lui, con un piccolo comando,
permette alla donna di eseguire un passo
incrociato con la gamba sinistra sulla destra,
chiudendo con la gamba destra. Eccoci così al
passo sei, dove l’uomo ruota il busto di un
quarto e, contemporaneamente, porta la
gamba sinistra in avanti. La donna va indietro
con la gamba destra seguendo la direzione
indicata dall’uomo. Il passo sette vede poi
l’uomo portare la gamba destra a lato, sinistra
a lato per la donna. Infine, nel passo otto, l’uomo chiude con la gamba sinistra seguito dalla
destra della donna.
“Certamente - conclude Fallica - coloro che
saranno catturati da quest’entusiasmante ballo non si accontenteranno soltanto di questi
semplici passi base. Il tango argentino è uno
strumento che aiuta a sentire il proprio corpo,
recuperare le emozioni perdute e, con loro,
una vitalità ed energia forse accantonate in un
angolo nascosto del nostro cuore. Occorrono
tre componenti: tecnica, cervello e, soprattutto,
partecipazione emotiva. Accostatevi a questa
disciplina. Sarà un’emozione unica”.
GENNARO CORONE
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I PATERNESI
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10 MAGGIO 2007
Fede rossazzurra
L’ANNO
PROSSIMO
SARÀ TUTTA
UN’ALTRA STORIA
Dopo la conquista della salvezza matematica,
il difensore Giuseppe Fallea
analizza la stagione del Paternò Calcio,
pensando al suo futuro
e a quello del gruppo
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P
artita tra mille difficoltà, la stagione del
Paternò Calcio si è
chiusa con un bilancio
positivo. Seppur con
qualche affanno, infatti, è stata
centrata la salvezza - quella che
fin dall’estate è sempre stato considerato il primo obiettivo stagionale - ed è quindi lecita la soddisfazione espressa dalla società
rossazzurra.
Uno dei punti fermi del campionato appena concluso è stato senza
dubbio Giuseppe Fallea, giovane difensore agrigentino (classe 1988)
arrivato a stagione in corso e alla
sua prima esperienza in un campionato duro e impegnativo come
la serie D.
“Posso ritenermi soddisfatto - dice Fallea - sopratutto perché sono
stato costretto ad adattarmi a un
ruolo un po’ diverso dal mio, dato
che da centrale di difesa il mister
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I PATERNESI
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10 MAGGIO 2007
Cartoline da Paternò
Ogni città, si sa, di notte assume un fascino
tutto particolare.
Non è sempre facile, però, riuscire a catturare
la loro bellezza in una singola immagine.
Per questo motivo, il nostro Orazio Oliveri,
nello scatto che vi proponiamo ci dimostra
tutta la sua bravura e ci fa innamorare ancora
un po’ di più della nostra magnifica Paternò
Le immagini da pubblicare vanno fatte pervenire al nostro fotografo: Foto flash di Orazio Oliveri, via Vittorio Emanuele 324 Paternò
Tel.095/841087 -. 347/1742823
o inviate agli indirizzi e-mail: [email protected] o [email protected]
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I PATERNESI
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10 MAGGIO 2007
Fede rossazzurra
segue da pagina 21
mi ha spostato sulla fascia destra.
L’importante però è giocare e
poter dare il proprio contributo
alla causa”.
La stagione del Paternò Calcio
ha subito una svolta decisiva con
il cambio di allenatore, quando
Angelo Busetta è tornato a sedere
sulla panchina rossazzurra. Ed è
proprio al tenace tecnico che Fallea
desidera dedicare la conquista della salvezza.
“Devo ringraziarlo tantissimo
- conferma - perché, fin dal primo
giorno, ha rasserenato l’ambiente
con la sua esperienza e la sua
competenza. Personalmente ho
una grande stima di Busetta, perché cerca quotidianamente di farmi crescere sotto tutti i punti di
vista, donandomi consigli preziosi.
Il più importante è senza dubbio
quello di non cambiare mentalità,
di restare sempre umile”.
Passando alla stagione di tutto
il gruppo paternese, è inevitabile
il rammarico per un obiettivo,
quello dei play-off, che a un certo
punto della stagione sembrava
davvero a portata di mano.
“Il raggiungimento degli spareggi promozione - riprende il
dfensore - sarebbe stato un grande
premio alla nostra stagione.
Purtroppo siamo un po’ mancati
nel derby contro l’Adrano, che
poteva rappresentare una svolta.
Venivamo da una grande prestazione in casa della Sangiuseppese
(promossa in serie C2) e forse
abbiamo accusato un po’ di tensione. Non siamo stati abbastanza
freddi e poi, senza nulla togliere a
Varrica, mancava il nostro bomber Lo Coco che quest’anno, con i
suoi gol, ci ha dato una grossa
mano. Comunque l’importante
era salvarci e ci siamo riusciti. L’
anno prossimo sono convinto che
sarà tutta un’altra storia”.
E proprio in ottica futura che la
società sta cominciando a lavorare
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per costruire, per la stagione 2007/
2008, un Paternò forte e competitivo. Fallea dovrebbe continuare a
far parte del progetto, anche se
non è ancora stato messo nero su
bianco.
“Ho già avuto qualche contatto
con la società - spiega - ma non è
stata presa una decisione definitiva. C’è ancora tempo per discuterne. Personalmente spero di
continuare quest’avventura anche
nella prossima stagione e di ritrovare molti dei miei compagni. Mi
sono integrato bene all’interno del
gruppo soprattutto con Lo Coco,
Cicutti e con i compagni di stanza
Candido e Lunetto”.
Tra pochi giorni mister Busetta
ordinerà ai suoi ragazzi il rompete
le righe.
Per quest’anno va bene cosi, l’
anno prossimo - lo dice Fallea e ci
crede tutto l’ambiente - sarà tutta
un’altra storia.
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