LA FINE DEL CAPITALISMO LIBERALE
(fine ‘800)
Cause:
Lo sviluppo dei mercati genera conflitti per
il controllo delle materie prime e dei
mercati di sbocco e stimola i governi a
intervenire con misure protezionistiche o
con interventi armati
La difficoltà per i paesi late comers di
competere
con
i
paesi
di
prima
industrializzazione
rende
cruciale
l’intervento dello stato (finanziamenti,
misure doganali, commesse pubbliche)
La
mercificazione della forza lavoro
produce condizioni di lavoro e di vita
inique e stimola l’organizzazione dei
lavoratori e la rivendicazione di una
limitazione allo sfruttamento della classe
operaia attraverso misure legislative e il
riconoscimento
delle
rappresentanze
sindacali
Da parte imprenditoriale si affermano
tendenze al controllo dei mercati di sbocco
e di approvvigionamento (influenze sui
governi, accordi e monopoli) e tendenze a
tenere alto il livello dei prezzi, limitando la
concorrenza (monopoli o differenziazione
dei prodotti)
Il capitalismo regolato
Organizzazione dell’impresa (impresa
fordista)
Politiche macroeconomiche
Keynes
L'impatto delle teorie keynesiane sulle
scienze economiche fu di enormi
proporzioni: esse rappresentano i pilastri e
le
fondamenta
della
moderna
macroeconomia,
cioé
di
quell'area
dell'economia
che
studia
problemi
aggregati, ossia derivati dalla somma
totale delle azioni nei diversi mercati.
Opera fondamentale è Teoria generale
dell'occupazione,
pubblicata
interesse,
originariamente
moneta,
nel
1936.
Analizzando il rapporto tra i risparmi e gli
investimenti,
l'opera
keynesiana
ripropone lo schema teorico-economico
liberista neoclassico, ma capovolgendone
la prospettiva rispetto alle fondamentali
variabili della domanda e dell'offerta
Si nega l'esistenza di un meccanismo
spontaneo per la piena utilizzazione delle
risorse produttive e il riassorbimento della
disoccupazione,
meccanismo
che
può
essere sintetizzato dalla famosa immagine
ipotizzata da Adam Smith della "mano
invisibile"che pone in equilibrio i mercati.
• Keynes sostenne infatti la necessità, per
superare le depressioni economiche e
mantenere alti i livelli di occupazione, di
un controllo sui tassi di interesse bancari e
sugli investimenti privati, di una forte
tassazione di tipo progressivo, oltre che di
una politica di investimenti pubblici, come
politica riequilibratrice della distribuzione
dei redditi e apportatrice di una maggiore
propensione al consumo.
• La
propensione al consumo è la
percentuale del proprio reddito che un
consumatore è disposto ad utilizzare per i
consumi,
all'aumentare
della
quale
corrisponde un aumento della ricchezza: la
maggiore domanda di consumi genera,
infatti, una maggiore produzione di beni e
servizi e, in conseguenza, un aumento
ipotizzabile di ricchezza.
• Keynes attaccò la mera esistenza del
sistema capitalistico come sicurezza
implicita di equilibrio dei mercati: degli
anni trenta, periodo di crisi economica
fortissima, di disoccupazione e produzione
a bassi livelli, egli considerò la
sottoutilizzazione delle risorse produttive
come fattore determinante del collasso
economico.
• Il ragionamento di Keynes avvicinava
causalmente lo scarso livello produttivo di
beni e servizi alla mancanza della
necessaria domanda degli stessi. Vi era il
problema chiaro di aumentare la domanda
di beni e servizi, affinché il sistema
economico riuscisse a produrre quanto era
potenzialmente possibile. Quindi era
necessario
stimolare
la
domanda,
incrementandola attraverso un adeguato
programma di investimenti pubblici.
• Keynes si trovò a doversi confrontare non soltanto con
una teoria che riteneva sbagliata, ma con l'intero corpo
delle convenzioni etiche che su quella teoria erano state
edificate e che predicavano le virtù del risparmio, anzi,
della "astinenza”, della libera iniziativa e, naturalmente,
della moderazione salariale. Il problema non era solo di
una teoria contraddetta dall’osservazioine empirica, ma
di convinzioni morali: ai tempi di Keynes gli economisti
ortodossi additavano a causa della disoccupazione i
salari a loro dire ancora "troppo elevati", nonostante ogni
ulteriore diminuzione di essi si traducesse in ulteriori
cadute della domanda, del reddito e dell'occupazione
stessa.
• In effetti, più ancora che come il secolo
dell'industrializzazione, l'Ottocento appariva anche a
Keynes fondato su una "religione“: la vocazione al
risparmio. La vitalità dell'intero sistema, non solo
economico ma anche politico e sociale, riposava sul
differimento dei consumi. "Era precisamente la
ineguaglianza di distribuzione della ricchezza che
rendeva possibili quelle vaste accumulazioni di
ricchezza fissa e di sviluppo dei capitali che
contraddistinguono quel periodo da ogni altro
• Lo sviluppo di questo rimarchevole sistema
dipendeva perciò da un doppio inganno. Da un lato le
classi lavoratrici accettavano, per ignoranza o per
impotenza, o erano costrette, persuase o indotte dal
costume, dalla convenzione o dalla autorità e dal ben
regolato ordine sociale, ad accettare una situazione
per la quale esse potevano chiamare propria una ben
piccola parte della torta che esse stesse e la natura e i
capitalisti
avevano
cooperato
a
produrre.
• Dall'altro lato era consentito ai capitalisti di
•
considerare propria la miglior parte della torta
ed essi erano teoricamente liberi di consumarla,
nella tacita, sottintesa condizione che in pratica
ne avrebbero consumato una ben piccola
porzione. Il dovere di risparmiare divenne
celebrata virtù e l'ingrossamento della torta
oggetto di una vera religione.
Il XIX secolo era soggetto a due pericoli: che,
nonostante tutto, la popolazione crescesse più in
fretta della torta, o che questa fosse "un bel
giorno inghiottita prematuramente dalla guerra".
Fu in effetti la guerra a rivelare il duplice
inganno su cui poggiava il sistema, con il suo
principio dell'accumulazione.
• Le immani distruzioni provocate dalla guerra e
l'inflazione "hanno rivelato a tutti la possibilità
del consumo immediato e a molti la vanità
dell'astinenza". A guerra finita, Keynes poteva
avanzare qualche ipotesi sul prossimo futuro: "le
classi lavoratrici possono non essere più disposte
a così larghe rinunzie e le classi capitalistiche,
non più fiduciose nel futuro, possono avere
voglia di godere in modo più completo la loro
libertà di consumo". Le due previsioni, il
prossimo acuirsi delle lotte sociali e l'effimero
boom consumistico dei ruggenti anni venti,
erano entrambe ben fondate.
• Poteva così dire anche l' 'indicibile': e cioè che "il
decadente capitalismo, internazionale ma individualistico,
nelle cui mani ci siamo trovati dopo la guerra, non sta
avendo molto successo. Non è intelligente, né bello, né
giusto, né virtuoso, né si comporta come dovrebbe. In
breve non ci piace e anzi stiamo cominciando a detestarlo".
E' così che, sull'austero Times, dopo aver paragonato l'impasse in cui si
trovavano le economie capitalistiche avanzate alla situazione di due
automobilisti incrociatisi nel mezzo di una strada e incapaci di capire
come andare avanti senza scontrarsi (perché nessuno sa da che lato
spostarsi per passare e lasciar passare l'altro), Keynes può paragonare
il deficit spending ad un "espediente grazie al quale ciascuno si muove
simultaneamente un pò più sulla propria sinistra".
E' così che, in una conversazione radiofonica alla Bbc
sulla pianificazione (un esperimento allora tentato solo
dai sovietici e dai fascisti e ritenuto dai più del tutto
incompatibile
con
i
principi
di
una
comunità
democratica), egli può affermare senza timore che gli
piacerebbe "tentare di verificare se non sia
possibile godere dei vantaggi di entrambi i
mondi",
vale
a
dire
dei
vantaggi
pianificazione e di quelli della democrazia.
della
In definitiva il ragionamento di Keynes è
questo:
• il perseguimento dell’utile individuale non
•
•
coincide con il perseguimento dell’utile
collettivo
l’attore atomistico spesso non dispone
delle informazioni e delle capacità
adeguate per perseguire il proprio utile
Rischi,
incertezza
ed
ignoranza
condizionano la vita economica e sociale e
limitano
le
capacità
di
crescita
dell’economia e tendono a tenere bassi gli
investimenti e a sottoutilizzare il capitale e
il lavoro
• Problema: come garantire il livello di
produzione e di occupazione? (ottica
macroeconomica in contrapposizione
all’ottica micro che si interrogava
sulla formazione dei prezzi e la
distribuzione dei redditi)
• Legge di Say
(economia classica e
neoclassica): l’offerta crea sempre la sua
domanda. Gli squilibri sono momentanei,
poiché la concorrenza riallocherà le risorse
in modo da garantire il pieno impiego. In
particolare si suppone che tutto il
risparmio si traduca in investimento e che
basti agire sul tasso di interesse e sul
livello dei salari per stimolare gli
investimenti (bassi interessi e bassi salari
= maggiori investimenti).
• In realtà condizioni di incertezza
circa i futuri rendimenti possono
limitare gli investimenti e produrre
un equilibrio di sotto-occupazione.
• La Grande Depressione dimostra che
il meccanismo concorrenziale non
riesce a frenare la caduta degli
investimenti e dell’occupazione
• E’ l’intervento dello stato che può invece
•
•
efficacemente porsi come regolatore della
domanda attraverso:
il deficit spending (come manovra di breve
periodo)
lo stimolo della domanda attraverso un
incremento
dei
redditi,
poiché
la
propensione al consumo è superiore per i
redditi più bassi occorre puntare non solo
su commesse e finanziamenti alle imprese,
ma soprattutto sul pieno impiego pubblico
e le politiche redistributive
• Due versioni:
• Keynesianesimo debole (interventi
anticongiunturali di breve periodo)
• keynesianesimo della crescita
(obiettivi di crescita economica sul
lungo periodo)
• "Dobbiamo tendere a separare quei
servizi che sono tecnicamente sociali
da quelli che sono tecnicamente
individuali. L'azione più importante
dello Stato si riferisce non a quelle
attività che gli individui privati
esplicano già, ma a quelle funzioni
che cadono al di fuori del raggio
d'azione degli individui, a quelle
decisioni che nessuno compie se non
vengono compiute dallo Stato.
• Non è necessario un sistema di socialismo di Stato che abbracci la
maggior parte della vita economica della collettività. Non è la proprietà
degli strumenti di produzione che è importante che lo Stato si assuma.
Se lo Stato è in grado di determinare l'ammontare
complessivo dei mezzi dedicati a aumentare gli
strumenti di produzione e il saggio base di
remunerazione per coloro che li posseggono, esso
avrà compiuto tutto quanto è necessario".
manifesto, se non rivoluzionario, certamente radicale
Un
• L'assunzione di questa prospettiva era imposta,
per il Keynes del '36, anche da importanti e
lungimiranti considerazioni politiche: "il mondo
non tollererà ancora per molto tempo la
disoccupazione, che è associata, inevitabilmente
associata,
con
l'individualismo
capitalista
d'oggigiorno". L'assunzione di questa stessa
prospettiva sarebbe inoltre più favorevole alla
pace di quanto non sia un sistema teso alla
conquista dei mercati altrui.
• Se le nazioni imparassero a costituirsi una situazione di
piena occupazione mediante la loro politica interna, non
vi sarebbero più ragioni economiche per contrapporre
l'interesse di un paese a quello dei suoi vicini: "il
commercio internazionale cesserebbe di essere quello
che è ora, ossia un espediente disperato per preservare
l'occupazione interna forzando le vendite sui mercati
esteri e limitando gli acquisti - metodo che, se avesse
successo, sposterebbe semplicemente il problema della
disoccupazione sul vicino che ha la peggio nella lotta ma sarebbe uno scambio volontario e senza impedimenti
di merci e servizi, in condizioni di vantaggio reciproco".
Le Trasformazioni dell’impresa
dal fordismo ai modelli produttivi flessibili:
Le variabili economiche
Le variabili sociali e culturali
Le variabili politiche
I trenta gloriosi anni
del capitalismo regolato
• Cause:
• * La politica degli aiuti americani (piano Marshall)
• * L’incremento del commercio internazionale grazie alla
liberalizzazione degli scambi e alla stabilizzazione dei cambi
• * La crescita della domanda dovuta alle esigenze della
ricostruzione prima e alla crescita dei redditi poi
• * La disponibilità di un’ampia offerta di lavoro proveniente
dai settori a bassa produttività
• * Lo sviluppo tecnologico che permette di abbassare i costi
e incrementare la produzione
Aspetti nuovi rispetto
al capitalismo degli anni ’30:
• regolarità e continuità della crescita
• crescita della produzione e del
reddito a tassi mai registrati prima
• diffusione sociale della prosperità
anche
attraverso
le
politiche
pubbliche di redistribuzione (salario
indiretto)
• flusso elevato di risparmi e
investimenti
La violenza del mercato viene
addomesticata (Shonfield)
• per effetto:
• dell’azione dello
•
stato attraverso un
orientamento
alla
pianificazione
dell’economia a fini di sviluppo (controllo
del credito, imprese statali, regolazione
del mercato, piena occupazione) e
attraverso i sistemi di protezione sociale.
Dell’azione
delle
imprese
che
si
burocratizzano,
assumono
grandi
dimensioni con investimenti ingenti per
produzioni di grande serie
• Sinergia
positiva
(Gourevitch:
compromesso storico) tra azione
pubblica che stabilizza il mercato,
sostiene l’occupazione e regola la
domanda e imprese che accrescono
la
produzione
grazie
alla
liberalizzazione degli scambi e alla
crescita dei consumi.
IL FORDISMO
• Modello di organizzazione economica che
si basa su grandi imprese. Caratteristiche:
integrazione verticale (inclusione di
diverse fasi produttive, di servizi di ricerca
e sviluppo, fino alla distribuzione e al
controllo
delle
fonti
di
approvvigionamento di materie prime)
separazione tra proprietà e management.
Produzione
di
massa di beni
standardizzati prodotti in grande
quantità con macchine specializzate
 Organizzazione
del
lavoro
tayloristica (divisione del lavoro in
compiti semplici e ripetitivi)
 separazione
tra
ideazioneprogettazione ed esecuzione;
Manodopera poco qualificata
Varietà delle forme nazionali relative:
• alla proprietà e gestione dell’impresa
• ai rapporti con la finanza (ruolo della
borsa e delle banche)
• all’organizzazione del lavoro
• al ruolo dello stato.
Caratteri comuni:
• il requisito della stabilità (mercati,
forza lavoro, organizzazione)
• il ruolo dello stato sociale (politiche
di redistribuzione, sostegno alle
imprese e di stabilizzazione)
• Relazioni industriali (contrattazione
collettiva e istituzionalizzazione)
• Le imprese fordiste costituiscono il
settore più visibile e ad alta
produttività, ma hanno dei limiti alla
loro estensione:
– Tecnologici (richiedono elevati
investimenti)
– Di mercato (richiedono mercati ampi e
stabili)
• Persiste una domanda di beni non
standardizzati prodotti in serie
limitata che viene soddisfatta da
piccole imprese organizzate in modo
diverso (organizzazione del lavoro
meno
parcellizzata,
manodopera
specializzata, macchine più flessibili):
• macchine utensili
• beni di alta qualità
• beni a domanda instabile
CRISI DEL FORDISMO
Fattori congiunturali:
• l’aumento del costo del petrolio
• l’abbandono del regime dei cambi
fissi
• Fattori strutturali
• saturazione del mercato dei beni di
massa (nuovi stili di vita e modelli di
consumo,
indotti
anche
dalle
politiche delle imprese)
• concorrenza dei paesi di nuova
industrializzazione
• la crescita della conflittualità operaia
(piena
occupazione,
rifiuto
del
taylorismo)
• gigantismo industriale ed eccesso di
complessità organizzativa
• introduzione
di
tecnologie
elettroniche in grado di abbassare i
costi
per
produzioni
non
standardizzate di elevata qualità in
serie limitata.
Lo stato sociale
Definizione
Origini
Tappe
Ambiti di intervento
Cause
Modelli
Welfare state
Insieme di politiche pubbliche connesse al
processo di modernizzazione
Tramite le quali lo stato fornisce ai propri
cittadini protezione contro i rischi e bisogni
prestabiliti sotto forma di assistenza,
assicurazione e sicurezza sociale
Introducendo specifici diritti sociali nonché
specifici doveri di contribuzione
Modalità di intervento
Assistenza Assicurazione sociale
sociale
Sicurezza
sociale
Copertura
selettiva
universale
Prestazioni
Copertura Contributive/retributive A somma
del bisogno
fissa
finanziamento Fiscalità
generale
occupazionale
contributiva
Fiscalità
generale
Radici storiche
Assistenza pubblica ai poveri
Tutela dei datori di lavoro
Mutualismo
Fasi
Instaurazione (dalla fine dell’ottocento, 1883,
alla prima guerra mondiale). Assicurazione di
lavoratori
Consolidamento (tra le due guerre):
assicurazione sociale
Espansione (dopoguerra): sicurezza sociale
Crisi (metà anni settanta): sicurezza sociale
Funzioni del welfare
Sostegno all’accumulazione (riproduzione
della forza lavoro, domanda di beni)
Consenso sociale(capitalismo regolatoe
riformista)
Differenziazione
Tipologia delle prestazioni
Generosità delle prestazioni
Aventi titolo
Modelli di welfare
Residuale
Occupazionale
universalistico
Welfare system
In realtà il benessere della popolazione dipende da
un mix di:
Risorse di mercato
Risorse familiari/solidaristiche
Risorse pubbliche
Tendenza: un eccessivo squilibrio verso le risorse
pubbliche
scivolamento distributivo
Crisi del welfare
Crisi fiscale
Crisi di legittimazione
Crisi di funzionamento
La crisi del welfare
-
Vecchie premesse:
Economia in crescita
Società industriale
Stabilità familiare e divisione di genere del
lavoro
Struttura demografica in equilibrio
Aspettative morigerate e stabili
Solidità e centralità dello stato nazione
Trasformazioni
Rallentamento dello sviluppo
Società post-industriale
Ridefinizione dei rapporti di genere
Invecchiamento della popolazione e
migrazioni
Aspettative crescenti
Internazionalizzazione economica, perdita
di capacità di governo dello stato nazione
Sfide
Contenimento dei costi
Ammortizzatori sociali, flessibilità
Conciliazione tra vita professionale e
responsabilità familiari
Contenimento delle spese pensionistiche e
sanitarie e ammortizzatori sociale per gli
immigrati
Ridefinizione degli standard di prestazione
Adattamento alle nuove condizioni di apertura
dei mercati
Difficoltà
Gruppi di interessi non utenti
Scarsa visibilità tra contributi e prestazioni
Maggiore voice di chi perde la protezione
rispetto a chi dovrebbe acquistarla
Problemi di consenso politico
Modelli produttivi flessibili
• Trasformazioni
tecnologiche
e
organizzative
• produzione diversificata di qualità:
• grandi imprese (tecnologie flessibili e
snellimento organizzativo per produzioni di
beni non standardizzati di qualità)
• piccole imprese (produzioni di beni non
standardizzati in serie più brevi)
• Alla chiusura e all’integrazione verticale di
tipo gerarchico tipica del sistema fordista
che plasma il mercato, si sostituisce un
modello organizzativo, basato sulla rete
come sistema di apprendimento per
acquisire una maggiore capacità di
cambiamento
rispetto
agli
stimoli
dell’ambiente esterno
• reti di piccole imprese
• impresa rete
La trasformazione delle grandi imprese
Neofordismo tecnologico: massiccia automazione
della produzione resa possibile dai progressi
della tecnologia elettronica in grado di superare
la rigida concatenazione lineare tradizionale e
permettere maggiore flessibilità
Produzione diversificata di qualità: innovazione
tecnologica e innovazione nell’organizzazione del
lavoro (gruppi di lavoro polifunzionali, a
composizione mista)
In generale la via maestra di uscita dal fordismo:
la produzione snella (lean production)
• applicazione della pratica del Just in time: ogni
materiale o componente deve arrivare alle postazioni nel
momento in cui è necessario (riduzione delle scorte,
degli scarti, accorciamento dei tempi di risposta agli
input del mercato). L’intero flusso si avvia in base alla
domanda a valle e attiva il processo di produzione e
l’approvvigionamento dei materiali.
• Immagine del tubo di cristallo: fa riferimento al flusso
teso che regola il processo produttivo e lo lega con i
fornitori. Processo ad un tempo trasparente e fragile,
poiché ogni inconveniente nell’approvvigionamento o
nella produzione si rende subito evidente e rischia anche
di bloccarli.
Altro principio il kaizen (miglioramento
continuo),finalizzato a prevenire ed
eliminare ogni fonte di errore
Non c’è una best way, come predicava il
taylorismo, ma occorre puntare sempre al
miglioramento, mobilitando il personale
alla ricerca della soluzione più appropriata.
Non a caso esistono dispositivi con cui il
lavoratore può bloccare il processo
(principio di autoattivazione)
• utilizzo di macchinari meno specializzati
utilizzabili
per
produzioni
diverse
(addirittura tecnologie “frugali”)
• decentramento dell’autorità attraverso la
riduzione della distanza tra concezione ed
esecuzione e creazione di unità operative
che assumono le funzione di aziende
semiautonome
• elevata
•
•
collaborazione della manodopera,
maggiore qualificazione, orientamento al lavoro
di
gruppo,
al
problem
solving,
alla
responsabilizzazione e all’identificazione con
l’azienda (problemi qualificazione, controllo);
maggiore collaborazione con subfornitori, cui
vengono demandate tutte le produzioni
complementari, ma che lavorano per più
committenti e non più per monocommittenza
maggiore radicamento rispetto all’ambiente
esterno (ruolo dei fattori culturali e istituzionali)
Problemi
La produzione snella è veramente altra
cosa dal fordismo taylorismo? E’ foriera di
miglioramento della qualità del lavoro?
- Spesso crescita del controllo (management
a vista)
- Introduzione dei meccanismi di mercato
nella gestione organizzativa
- Compenetrazione tra gerarchia e mercato
Le piccole imprese e i distretti
industriali
• Fenomeno diffuso in tutti i paesi sviluppati in
•
•
•
aree dove già esisteva un tessuto di piccole
imprese o in aree di nuova specializzazione
produttiva
forte dinamismo negli anni ‘70
settori di tipo tradizionale (beni per la persona e
per la casa)
settori moderni (metalmeccanica, produzione di
macchine utensili, elettronica, informatica)
• processo produttivo divisibile in fasi
diverse tecnicamente separabili
• specializzazione delle piccole imprese per
fasi o componenti
• produzione soggette ad alta variabilità
quantitativa e qualitativa della domanda
• flessibilità
organizzativa
(tecnologia,
mansioni, utilizzo di forza lavoro, rapporto
con il mercato, tipologia di prodotti)
I distretti industriali in Italia
Regioni del NEC (Centro-Nord Est)
Settori tradizionali e moderni
Elevata complementarietà e collaborazione
fra imprese
Specializzazione in una fase del processo
o nella produzione di componenti
Capacità di rispondere in modo flessibile
agli stimoli del mercato attraverso:
innovazione e cooperazione
Fattori economici e istituzionali che
hanno favorito la nascita e la crescita
dei distretti in Italia
Fattori esogeni
Fattori endogeni
Fattori endogeni
1) campagna urbanizzata e rete di piccoli e
medi centri con tradizioni artigianali,
commerciali e finanziarie
2) rapporti di produzione in agricoltura
(mezzadria e lavoro autonomo)
3) subculture politiche territoriali che hanno
influenzato il tessuto fiduciario (capitale
sociale),
le
relazioni
industriali
(cooperazione)
4) prassi amministrative che hanno favorito
lo sviluppo di beni e servizi collettivi
(infrastrutture, formazione, servizi sociali e
amministrativi efficienti)
5) concorrenzialità/cooperazione
6) capacità di produrre beni collettivi
7) mercato del lavoro flessibile
Fattori esogeni:
•
•
•
•
•
•
•
domanda per beni di qualità
inflazione anni ‘70
scarsi controlli fiscali e contributivi
decentramento produttivo delle grandi imprese
tecnologie informatiche adatte all’innovazione su
piccola scala
immigrazione in condizioni di piena occupazione
del mercato del lavoro locale
dislocazione della produzione nei paesi meno
sviluppati
• Obiettivi:
• rispondere velocemente agli input di un
mercato frammentato e instabile
• ridurre i costi
• distribuire i rischi
Le grandi tendenze post-fordiste
• De-industrializzazione
• Crescita del lavoro autonomo
• Diminuzione della dimensione media delle
imprese
• Terziarizzazione
• Fine dell’espansione del welfare
• Ripresa del mercato
• Cambiamenti nella stratificazione sociale
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Sociologia economica