LA FINE DEL CAPITALISMO LIBERALE (fine ‘800) Cause: Lo sviluppo dei mercati genera conflitti per il controllo delle materie prime e dei mercati di sbocco e stimola i governi a intervenire con misure protezionistiche o con interventi armati La difficoltà per i paesi late comers di competere con i paesi di prima industrializzazione rende cruciale l’intervento dello stato (finanziamenti, misure doganali, commesse pubbliche) La mercificazione della forza lavoro produce condizioni di lavoro e di vita inique e stimola l’organizzazione dei lavoratori e la rivendicazione di una limitazione allo sfruttamento della classe operaia attraverso misure legislative e il riconoscimento delle rappresentanze sindacali Da parte imprenditoriale si affermano tendenze al controllo dei mercati di sbocco e di approvvigionamento (influenze sui governi, accordi e monopoli) e tendenze a tenere alto il livello dei prezzi, limitando la concorrenza (monopoli o differenziazione dei prodotti) Il capitalismo regolato Organizzazione dell’impresa (impresa fordista) Politiche macroeconomiche Keynes L'impatto delle teorie keynesiane sulle scienze economiche fu di enormi proporzioni: esse rappresentano i pilastri e le fondamenta della moderna macroeconomia, cioé di quell'area dell'economia che studia problemi aggregati, ossia derivati dalla somma totale delle azioni nei diversi mercati. Opera fondamentale è Teoria generale dell'occupazione, pubblicata interesse, originariamente moneta, nel 1936. Analizzando il rapporto tra i risparmi e gli investimenti, l'opera keynesiana ripropone lo schema teorico-economico liberista neoclassico, ma capovolgendone la prospettiva rispetto alle fondamentali variabili della domanda e dell'offerta Si nega l'esistenza di un meccanismo spontaneo per la piena utilizzazione delle risorse produttive e il riassorbimento della disoccupazione, meccanismo che può essere sintetizzato dalla famosa immagine ipotizzata da Adam Smith della "mano invisibile"che pone in equilibrio i mercati. • Keynes sostenne infatti la necessità, per superare le depressioni economiche e mantenere alti i livelli di occupazione, di un controllo sui tassi di interesse bancari e sugli investimenti privati, di una forte tassazione di tipo progressivo, oltre che di una politica di investimenti pubblici, come politica riequilibratrice della distribuzione dei redditi e apportatrice di una maggiore propensione al consumo. • La propensione al consumo è la percentuale del proprio reddito che un consumatore è disposto ad utilizzare per i consumi, all'aumentare della quale corrisponde un aumento della ricchezza: la maggiore domanda di consumi genera, infatti, una maggiore produzione di beni e servizi e, in conseguenza, un aumento ipotizzabile di ricchezza. • Keynes attaccò la mera esistenza del sistema capitalistico come sicurezza implicita di equilibrio dei mercati: degli anni trenta, periodo di crisi economica fortissima, di disoccupazione e produzione a bassi livelli, egli considerò la sottoutilizzazione delle risorse produttive come fattore determinante del collasso economico. • Il ragionamento di Keynes avvicinava causalmente lo scarso livello produttivo di beni e servizi alla mancanza della necessaria domanda degli stessi. Vi era il problema chiaro di aumentare la domanda di beni e servizi, affinché il sistema economico riuscisse a produrre quanto era potenzialmente possibile. Quindi era necessario stimolare la domanda, incrementandola attraverso un adeguato programma di investimenti pubblici. • Keynes si trovò a doversi confrontare non soltanto con una teoria che riteneva sbagliata, ma con l'intero corpo delle convenzioni etiche che su quella teoria erano state edificate e che predicavano le virtù del risparmio, anzi, della "astinenza”, della libera iniziativa e, naturalmente, della moderazione salariale. Il problema non era solo di una teoria contraddetta dall’osservazioine empirica, ma di convinzioni morali: ai tempi di Keynes gli economisti ortodossi additavano a causa della disoccupazione i salari a loro dire ancora "troppo elevati", nonostante ogni ulteriore diminuzione di essi si traducesse in ulteriori cadute della domanda, del reddito e dell'occupazione stessa. • In effetti, più ancora che come il secolo dell'industrializzazione, l'Ottocento appariva anche a Keynes fondato su una "religione“: la vocazione al risparmio. La vitalità dell'intero sistema, non solo economico ma anche politico e sociale, riposava sul differimento dei consumi. "Era precisamente la ineguaglianza di distribuzione della ricchezza che rendeva possibili quelle vaste accumulazioni di ricchezza fissa e di sviluppo dei capitali che contraddistinguono quel periodo da ogni altro • Lo sviluppo di questo rimarchevole sistema dipendeva perciò da un doppio inganno. Da un lato le classi lavoratrici accettavano, per ignoranza o per impotenza, o erano costrette, persuase o indotte dal costume, dalla convenzione o dalla autorità e dal ben regolato ordine sociale, ad accettare una situazione per la quale esse potevano chiamare propria una ben piccola parte della torta che esse stesse e la natura e i capitalisti avevano cooperato a produrre. • Dall'altro lato era consentito ai capitalisti di • considerare propria la miglior parte della torta ed essi erano teoricamente liberi di consumarla, nella tacita, sottintesa condizione che in pratica ne avrebbero consumato una ben piccola porzione. Il dovere di risparmiare divenne celebrata virtù e l'ingrossamento della torta oggetto di una vera religione. Il XIX secolo era soggetto a due pericoli: che, nonostante tutto, la popolazione crescesse più in fretta della torta, o che questa fosse "un bel giorno inghiottita prematuramente dalla guerra". Fu in effetti la guerra a rivelare il duplice inganno su cui poggiava il sistema, con il suo principio dell'accumulazione. • Le immani distruzioni provocate dalla guerra e l'inflazione "hanno rivelato a tutti la possibilità del consumo immediato e a molti la vanità dell'astinenza". A guerra finita, Keynes poteva avanzare qualche ipotesi sul prossimo futuro: "le classi lavoratrici possono non essere più disposte a così larghe rinunzie e le classi capitalistiche, non più fiduciose nel futuro, possono avere voglia di godere in modo più completo la loro libertà di consumo". Le due previsioni, il prossimo acuirsi delle lotte sociali e l'effimero boom consumistico dei ruggenti anni venti, erano entrambe ben fondate. • Poteva così dire anche l' 'indicibile': e cioè che "il decadente capitalismo, internazionale ma individualistico, nelle cui mani ci siamo trovati dopo la guerra, non sta avendo molto successo. Non è intelligente, né bello, né giusto, né virtuoso, né si comporta come dovrebbe. In breve non ci piace e anzi stiamo cominciando a detestarlo". E' così che, sull'austero Times, dopo aver paragonato l'impasse in cui si trovavano le economie capitalistiche avanzate alla situazione di due automobilisti incrociatisi nel mezzo di una strada e incapaci di capire come andare avanti senza scontrarsi (perché nessuno sa da che lato spostarsi per passare e lasciar passare l'altro), Keynes può paragonare il deficit spending ad un "espediente grazie al quale ciascuno si muove simultaneamente un pò più sulla propria sinistra". E' così che, in una conversazione radiofonica alla Bbc sulla pianificazione (un esperimento allora tentato solo dai sovietici e dai fascisti e ritenuto dai più del tutto incompatibile con i principi di una comunità democratica), egli può affermare senza timore che gli piacerebbe "tentare di verificare se non sia possibile godere dei vantaggi di entrambi i mondi", vale a dire dei vantaggi pianificazione e di quelli della democrazia. della In definitiva il ragionamento di Keynes è questo: • il perseguimento dell’utile individuale non • • coincide con il perseguimento dell’utile collettivo l’attore atomistico spesso non dispone delle informazioni e delle capacità adeguate per perseguire il proprio utile Rischi, incertezza ed ignoranza condizionano la vita economica e sociale e limitano le capacità di crescita dell’economia e tendono a tenere bassi gli investimenti e a sottoutilizzare il capitale e il lavoro • Problema: come garantire il livello di produzione e di occupazione? (ottica macroeconomica in contrapposizione all’ottica micro che si interrogava sulla formazione dei prezzi e la distribuzione dei redditi) • Legge di Say (economia classica e neoclassica): l’offerta crea sempre la sua domanda. Gli squilibri sono momentanei, poiché la concorrenza riallocherà le risorse in modo da garantire il pieno impiego. In particolare si suppone che tutto il risparmio si traduca in investimento e che basti agire sul tasso di interesse e sul livello dei salari per stimolare gli investimenti (bassi interessi e bassi salari = maggiori investimenti). • In realtà condizioni di incertezza circa i futuri rendimenti possono limitare gli investimenti e produrre un equilibrio di sotto-occupazione. • La Grande Depressione dimostra che il meccanismo concorrenziale non riesce a frenare la caduta degli investimenti e dell’occupazione • E’ l’intervento dello stato che può invece • • efficacemente porsi come regolatore della domanda attraverso: il deficit spending (come manovra di breve periodo) lo stimolo della domanda attraverso un incremento dei redditi, poiché la propensione al consumo è superiore per i redditi più bassi occorre puntare non solo su commesse e finanziamenti alle imprese, ma soprattutto sul pieno impiego pubblico e le politiche redistributive • Due versioni: • Keynesianesimo debole (interventi anticongiunturali di breve periodo) • keynesianesimo della crescita (obiettivi di crescita economica sul lungo periodo) • "Dobbiamo tendere a separare quei servizi che sono tecnicamente sociali da quelli che sono tecnicamente individuali. L'azione più importante dello Stato si riferisce non a quelle attività che gli individui privati esplicano già, ma a quelle funzioni che cadono al di fuori del raggio d'azione degli individui, a quelle decisioni che nessuno compie se non vengono compiute dallo Stato. • Non è necessario un sistema di socialismo di Stato che abbracci la maggior parte della vita economica della collettività. Non è la proprietà degli strumenti di produzione che è importante che lo Stato si assuma. Se lo Stato è in grado di determinare l'ammontare complessivo dei mezzi dedicati a aumentare gli strumenti di produzione e il saggio base di remunerazione per coloro che li posseggono, esso avrà compiuto tutto quanto è necessario". manifesto, se non rivoluzionario, certamente radicale Un • L'assunzione di questa prospettiva era imposta, per il Keynes del '36, anche da importanti e lungimiranti considerazioni politiche: "il mondo non tollererà ancora per molto tempo la disoccupazione, che è associata, inevitabilmente associata, con l'individualismo capitalista d'oggigiorno". L'assunzione di questa stessa prospettiva sarebbe inoltre più favorevole alla pace di quanto non sia un sistema teso alla conquista dei mercati altrui. • Se le nazioni imparassero a costituirsi una situazione di piena occupazione mediante la loro politica interna, non vi sarebbero più ragioni economiche per contrapporre l'interesse di un paese a quello dei suoi vicini: "il commercio internazionale cesserebbe di essere quello che è ora, ossia un espediente disperato per preservare l'occupazione interna forzando le vendite sui mercati esteri e limitando gli acquisti - metodo che, se avesse successo, sposterebbe semplicemente il problema della disoccupazione sul vicino che ha la peggio nella lotta ma sarebbe uno scambio volontario e senza impedimenti di merci e servizi, in condizioni di vantaggio reciproco". Le Trasformazioni dell’impresa dal fordismo ai modelli produttivi flessibili: Le variabili economiche Le variabili sociali e culturali Le variabili politiche I trenta gloriosi anni del capitalismo regolato • Cause: • * La politica degli aiuti americani (piano Marshall) • * L’incremento del commercio internazionale grazie alla liberalizzazione degli scambi e alla stabilizzazione dei cambi • * La crescita della domanda dovuta alle esigenze della ricostruzione prima e alla crescita dei redditi poi • * La disponibilità di un’ampia offerta di lavoro proveniente dai settori a bassa produttività • * Lo sviluppo tecnologico che permette di abbassare i costi e incrementare la produzione Aspetti nuovi rispetto al capitalismo degli anni ’30: • regolarità e continuità della crescita • crescita della produzione e del reddito a tassi mai registrati prima • diffusione sociale della prosperità anche attraverso le politiche pubbliche di redistribuzione (salario indiretto) • flusso elevato di risparmi e investimenti La violenza del mercato viene addomesticata (Shonfield) • per effetto: • dell’azione dello • stato attraverso un orientamento alla pianificazione dell’economia a fini di sviluppo (controllo del credito, imprese statali, regolazione del mercato, piena occupazione) e attraverso i sistemi di protezione sociale. Dell’azione delle imprese che si burocratizzano, assumono grandi dimensioni con investimenti ingenti per produzioni di grande serie • Sinergia positiva (Gourevitch: compromesso storico) tra azione pubblica che stabilizza il mercato, sostiene l’occupazione e regola la domanda e imprese che accrescono la produzione grazie alla liberalizzazione degli scambi e alla crescita dei consumi. IL FORDISMO • Modello di organizzazione economica che si basa su grandi imprese. Caratteristiche: integrazione verticale (inclusione di diverse fasi produttive, di servizi di ricerca e sviluppo, fino alla distribuzione e al controllo delle fonti di approvvigionamento di materie prime) separazione tra proprietà e management. Produzione di massa di beni standardizzati prodotti in grande quantità con macchine specializzate Organizzazione del lavoro tayloristica (divisione del lavoro in compiti semplici e ripetitivi) separazione tra ideazioneprogettazione ed esecuzione; Manodopera poco qualificata Varietà delle forme nazionali relative: • alla proprietà e gestione dell’impresa • ai rapporti con la finanza (ruolo della borsa e delle banche) • all’organizzazione del lavoro • al ruolo dello stato. Caratteri comuni: • il requisito della stabilità (mercati, forza lavoro, organizzazione) • il ruolo dello stato sociale (politiche di redistribuzione, sostegno alle imprese e di stabilizzazione) • Relazioni industriali (contrattazione collettiva e istituzionalizzazione) • Le imprese fordiste costituiscono il settore più visibile e ad alta produttività, ma hanno dei limiti alla loro estensione: – Tecnologici (richiedono elevati investimenti) – Di mercato (richiedono mercati ampi e stabili) • Persiste una domanda di beni non standardizzati prodotti in serie limitata che viene soddisfatta da piccole imprese organizzate in modo diverso (organizzazione del lavoro meno parcellizzata, manodopera specializzata, macchine più flessibili): • macchine utensili • beni di alta qualità • beni a domanda instabile CRISI DEL FORDISMO Fattori congiunturali: • l’aumento del costo del petrolio • l’abbandono del regime dei cambi fissi • Fattori strutturali • saturazione del mercato dei beni di massa (nuovi stili di vita e modelli di consumo, indotti anche dalle politiche delle imprese) • concorrenza dei paesi di nuova industrializzazione • la crescita della conflittualità operaia (piena occupazione, rifiuto del taylorismo) • gigantismo industriale ed eccesso di complessità organizzativa • introduzione di tecnologie elettroniche in grado di abbassare i costi per produzioni non standardizzate di elevata qualità in serie limitata. Lo stato sociale Definizione Origini Tappe Ambiti di intervento Cause Modelli Welfare state Insieme di politiche pubbliche connesse al processo di modernizzazione Tramite le quali lo stato fornisce ai propri cittadini protezione contro i rischi e bisogni prestabiliti sotto forma di assistenza, assicurazione e sicurezza sociale Introducendo specifici diritti sociali nonché specifici doveri di contribuzione Modalità di intervento Assistenza Assicurazione sociale sociale Sicurezza sociale Copertura selettiva universale Prestazioni Copertura Contributive/retributive A somma del bisogno fissa finanziamento Fiscalità generale occupazionale contributiva Fiscalità generale Radici storiche Assistenza pubblica ai poveri Tutela dei datori di lavoro Mutualismo Fasi Instaurazione (dalla fine dell’ottocento, 1883, alla prima guerra mondiale). Assicurazione di lavoratori Consolidamento (tra le due guerre): assicurazione sociale Espansione (dopoguerra): sicurezza sociale Crisi (metà anni settanta): sicurezza sociale Funzioni del welfare Sostegno all’accumulazione (riproduzione della forza lavoro, domanda di beni) Consenso sociale(capitalismo regolatoe riformista) Differenziazione Tipologia delle prestazioni Generosità delle prestazioni Aventi titolo Modelli di welfare Residuale Occupazionale universalistico Welfare system In realtà il benessere della popolazione dipende da un mix di: Risorse di mercato Risorse familiari/solidaristiche Risorse pubbliche Tendenza: un eccessivo squilibrio verso le risorse pubbliche scivolamento distributivo Crisi del welfare Crisi fiscale Crisi di legittimazione Crisi di funzionamento La crisi del welfare - Vecchie premesse: Economia in crescita Società industriale Stabilità familiare e divisione di genere del lavoro Struttura demografica in equilibrio Aspettative morigerate e stabili Solidità e centralità dello stato nazione Trasformazioni Rallentamento dello sviluppo Società post-industriale Ridefinizione dei rapporti di genere Invecchiamento della popolazione e migrazioni Aspettative crescenti Internazionalizzazione economica, perdita di capacità di governo dello stato nazione Sfide Contenimento dei costi Ammortizzatori sociali, flessibilità Conciliazione tra vita professionale e responsabilità familiari Contenimento delle spese pensionistiche e sanitarie e ammortizzatori sociale per gli immigrati Ridefinizione degli standard di prestazione Adattamento alle nuove condizioni di apertura dei mercati Difficoltà Gruppi di interessi non utenti Scarsa visibilità tra contributi e prestazioni Maggiore voice di chi perde la protezione rispetto a chi dovrebbe acquistarla Problemi di consenso politico Modelli produttivi flessibili • Trasformazioni tecnologiche e organizzative • produzione diversificata di qualità: • grandi imprese (tecnologie flessibili e snellimento organizzativo per produzioni di beni non standardizzati di qualità) • piccole imprese (produzioni di beni non standardizzati in serie più brevi) • Alla chiusura e all’integrazione verticale di tipo gerarchico tipica del sistema fordista che plasma il mercato, si sostituisce un modello organizzativo, basato sulla rete come sistema di apprendimento per acquisire una maggiore capacità di cambiamento rispetto agli stimoli dell’ambiente esterno • reti di piccole imprese • impresa rete La trasformazione delle grandi imprese Neofordismo tecnologico: massiccia automazione della produzione resa possibile dai progressi della tecnologia elettronica in grado di superare la rigida concatenazione lineare tradizionale e permettere maggiore flessibilità Produzione diversificata di qualità: innovazione tecnologica e innovazione nell’organizzazione del lavoro (gruppi di lavoro polifunzionali, a composizione mista) In generale la via maestra di uscita dal fordismo: la produzione snella (lean production) • applicazione della pratica del Just in time: ogni materiale o componente deve arrivare alle postazioni nel momento in cui è necessario (riduzione delle scorte, degli scarti, accorciamento dei tempi di risposta agli input del mercato). L’intero flusso si avvia in base alla domanda a valle e attiva il processo di produzione e l’approvvigionamento dei materiali. • Immagine del tubo di cristallo: fa riferimento al flusso teso che regola il processo produttivo e lo lega con i fornitori. Processo ad un tempo trasparente e fragile, poiché ogni inconveniente nell’approvvigionamento o nella produzione si rende subito evidente e rischia anche di bloccarli. Altro principio il kaizen (miglioramento continuo),finalizzato a prevenire ed eliminare ogni fonte di errore Non c’è una best way, come predicava il taylorismo, ma occorre puntare sempre al miglioramento, mobilitando il personale alla ricerca della soluzione più appropriata. Non a caso esistono dispositivi con cui il lavoratore può bloccare il processo (principio di autoattivazione) • utilizzo di macchinari meno specializzati utilizzabili per produzioni diverse (addirittura tecnologie “frugali”) • decentramento dell’autorità attraverso la riduzione della distanza tra concezione ed esecuzione e creazione di unità operative che assumono le funzione di aziende semiautonome • elevata • • collaborazione della manodopera, maggiore qualificazione, orientamento al lavoro di gruppo, al problem solving, alla responsabilizzazione e all’identificazione con l’azienda (problemi qualificazione, controllo); maggiore collaborazione con subfornitori, cui vengono demandate tutte le produzioni complementari, ma che lavorano per più committenti e non più per monocommittenza maggiore radicamento rispetto all’ambiente esterno (ruolo dei fattori culturali e istituzionali) Problemi La produzione snella è veramente altra cosa dal fordismo taylorismo? E’ foriera di miglioramento della qualità del lavoro? - Spesso crescita del controllo (management a vista) - Introduzione dei meccanismi di mercato nella gestione organizzativa - Compenetrazione tra gerarchia e mercato Le piccole imprese e i distretti industriali • Fenomeno diffuso in tutti i paesi sviluppati in • • • aree dove già esisteva un tessuto di piccole imprese o in aree di nuova specializzazione produttiva forte dinamismo negli anni ‘70 settori di tipo tradizionale (beni per la persona e per la casa) settori moderni (metalmeccanica, produzione di macchine utensili, elettronica, informatica) • processo produttivo divisibile in fasi diverse tecnicamente separabili • specializzazione delle piccole imprese per fasi o componenti • produzione soggette ad alta variabilità quantitativa e qualitativa della domanda • flessibilità organizzativa (tecnologia, mansioni, utilizzo di forza lavoro, rapporto con il mercato, tipologia di prodotti) I distretti industriali in Italia Regioni del NEC (Centro-Nord Est) Settori tradizionali e moderni Elevata complementarietà e collaborazione fra imprese Specializzazione in una fase del processo o nella produzione di componenti Capacità di rispondere in modo flessibile agli stimoli del mercato attraverso: innovazione e cooperazione Fattori economici e istituzionali che hanno favorito la nascita e la crescita dei distretti in Italia Fattori esogeni Fattori endogeni Fattori endogeni 1) campagna urbanizzata e rete di piccoli e medi centri con tradizioni artigianali, commerciali e finanziarie 2) rapporti di produzione in agricoltura (mezzadria e lavoro autonomo) 3) subculture politiche territoriali che hanno influenzato il tessuto fiduciario (capitale sociale), le relazioni industriali (cooperazione) 4) prassi amministrative che hanno favorito lo sviluppo di beni e servizi collettivi (infrastrutture, formazione, servizi sociali e amministrativi efficienti) 5) concorrenzialità/cooperazione 6) capacità di produrre beni collettivi 7) mercato del lavoro flessibile Fattori esogeni: • • • • • • • domanda per beni di qualità inflazione anni ‘70 scarsi controlli fiscali e contributivi decentramento produttivo delle grandi imprese tecnologie informatiche adatte all’innovazione su piccola scala immigrazione in condizioni di piena occupazione del mercato del lavoro locale dislocazione della produzione nei paesi meno sviluppati • Obiettivi: • rispondere velocemente agli input di un mercato frammentato e instabile • ridurre i costi • distribuire i rischi Le grandi tendenze post-fordiste • De-industrializzazione • Crescita del lavoro autonomo • Diminuzione della dimensione media delle imprese • Terziarizzazione • Fine dell’espansione del welfare • Ripresa del mercato • Cambiamenti nella stratificazione sociale