Luigi Anolli (a cura di), Fondamenti di psicologia della comunicazione, Il Mulino 2011
Capitolo V. La comunicazione non verbale
La comunicazione non verbale fra natura e cultura
La comunicazione è un’attività complessa che fa riferimento a
una molteplicità diversificata e contemporanea di differenti
sistemi di significazione e di segnalazione
Entro l’ambito della comunicazione non verbale (CNV), è
compreso un insieme di fenomeni e di processi comunicativi,
quali: le qualità prosodiche e paralinguistiche della voce, la
mimica facciale, i gesti, lo sguardo, la prossemica e l’aptica, la
cronemica, per giungere fino alla postura, all’abbigliamento e al
trucco
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Luigi Anolli (a cura di), Fondamenti di psicologia della comunicazione, Il Mulino 2011
Capitolo V. La comunicazione non verbale
Origine della CNV
Secondo la psicologia ingenua
• è più spontanea e “naturale” della comunicazione verbale, meno
soggetta a forme di controllo volontario
• rappresenta una sorta di “linguaggio del corpo” e, in quanto tale,
universale, esito dell’evoluzione filogenetica e regolato da precisi
processi e meccanismi nervosi
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Luigi Anolli (a cura di), Fondamenti di psicologia della comunicazione, Il Mulino 2011
Capitolo V. La comunicazione non verbale
Coevoluzione fra gene (natura) e ambiente (cultura)
Le strutture nervose e i processi neurofisiologici condivisi in modo
universale a livello di specie umana sono organizzati in configurazioni
differenti secondo le culture di appartenenza
Si integrano processi elementari automatici con processi
volontari e consapevoli
La variabilità della consapevolezza e del grado di controllo
procede lungo un continuum neurofisiologico, da manifestazioni
involontarie a manifestazioni pienamente consapevoli ed
esplicite
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Capitolo V. La comunicazione non verbale
• La flessibilità e plasticità della CNV pongono le condizioni per le
possibilità di apprendimento di diverse modalità comunicative non
verbali
• Vengono attivati importanti processi di condivisione convenzionale
all’interno di ogni comunità di partecipanti; le predisposizioni
genetiche sono declinate, di volta in volta, secondo linee e
procedure distinte e differenziate che conducono a modelli diversi e,
talvolta, assai distanti fra loro sul piano dei sistemi non verbali di
interazione
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Capitolo V. La comunicazione non verbale
Continuità e discontinuità fra comunicazione
verbale e non verbale
L’atto comunicativo è prodotto dal comunicatore e interpretato dal
destinatario sulla base di una molteplicità di sistemi di significazione
e di segnalazione
Sistemi non verbali di significazione e segnalazione, cui un
parlante deve fare riferimento assieme al codice linguistico
Ciascuno produce una specifica porzione di significato che partecipa
alla configurazione finale del significato medesimo
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Luigi Anolli (a cura di), Fondamenti di psicologia della comunicazione, Il Mulino 2011
Capitolo V. La comunicazione non verbale
Il verbale non esiste senza il verbale
La comunicazione verbale si è costituita sulla piattaforma non verbale
di comunicazione.
Senza le premesse delle pratiche non verbali il linguaggio non sarebbe
mai sorto nella nostra specie.
Esiste quindi un’asimmetria strutturale fra linguaggio e sistemi non
verbali in quanto il linguaggio non è indipendente, ma è sempre
supportato dal dispositivo non verbale.
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Capitolo V. La comunicazione non verbale
Differenze fra verbale e non verbale lungo tre assi
A. Digitale vs. Analogico
Codice linguistico = digitale
CNV = analogico
I fonemi sono tratti diacritici
distintivi e oppositivi
Gli aspetti non verbali
presentano variazioni continue
e graduate in modo
proporzionale a ciò che
intendono esprimere
Non si tengono in debito conto i processi e le variazioni
culturali e convenzionali sottese alla produzione e alla
regolazione della CNV; anche i sistemi non verbali presentano
aspetti di arbitrarietà e sono influenzati dagli standard culturali
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Luigi Anolli (a cura di), Fondamenti di psicologia della comunicazione, Il Mulino 2011
Capitolo V. La comunicazione non verbale
B. Denotativo vs. connotativo
Verbale = denotazione
Non verbale = connotazione
Funzione semantica: il linguaggio
designa e veicola i contenuti (il
“che cosa” viene detto);
informazione semantica
Funzione espressiva: modalità con
cui le informazioni e i contenuti
sono veicolati (il “come” viene
detto); informazione affettiva
Ipotesi attualmente poco sostenibile e giustificabile:
significato = convergenza di una molteplicità di
componenti (verbali e non verbali)
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Luigi Anolli (a cura di), Fondamenti di psicologia della comunicazione, Il Mulino 2011
Capitolo V. La comunicazione non verbale
C. Arbitrario vs. motivato
Segno linguistico = arbitrario
CNV = motivato
Combinazione di un significante
e di un significato; rapporto di
semplice contiguità
Gli elementi della CNV trattengono
degli aspetti della realtà che
intendono evocare; rapporto di
similitudine fra l’unità non verbale e
quanto viene espresso
Ipotesi messa in dubbio dallo studio sull’iconismo fonosimbolico: i suoni
di una lingua, oltre al carattere di arbitrarietà, hanno anche una
funzione evocativa (onomatopee, sinestesie)
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Capitolo V. La comunicazione non verbale
Autonomia e interdipendenza semantica
dei sistemi non verbali
Concezione integrata fra gli aspetti verbali e quelli non verbali nella
definizione del significato di un atto comunicativo
• Processo di interdipendenza semantica (sintonia semantica +
pragmatica): garantisce l’unitarietà e la coerenza del significato
• Parimenti, ogni sistema è dotato di una relativa autonomia, in quanto
concorre in modo specifico e distinto a generare il profilo finale del
significato
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Capitolo V. La comunicazione non verbale
• Calibrazione situazionale: messaggio che idealmente copre
le opportunità a sua disposizione, giungendo alla produzione
del “messaggio giusto al momento giusto”
• Efficacia comunicativa: capacità di individuare un percorso
comunicativo che massimizzi le opportunità e che minimizzi i
rischi contenuti all’interno di un’interazione
• Oscillazione del significato fra stabilità e instabilità; non vi è
mai un significato completamente stabile o uno completamente
instabile, ma un significato stabile che presenta aree di
instabilità
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Capitolo V. La comunicazione non verbale
Il sistema vocale
La voce manifesta e trasmette numerose componenti di significato
oltre alle parole
• Nell’atto di pronunciare una parola, assieme agli elementi linguistici
sono intrinsecamente associati gli aspetti prosodici dell’intonazione e
quelli paralinguistici del tono, del ritmo e dell’intensità dell’eloquio
• La sintesi degli aspetti vocali verbali e non verbali costituisce l’atto
fonopoietico [Anolli e Ciceri]
 Riferimento al canale vocale-uditivo: richiede una quantità minima di
energia fisica, consente la trasmissione e ricezione dei segnali a
distanza, assicura un feedback completo e ha una rapida
evanescenza
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Capitolo V. La comunicazione non verbale
Le componenti della comunicazione vocale
La voce è una sostanza fonica, composta da una serie di fenomeni e
processi vocali
1. I riflessi (lo starnuto, la tosse ecc.), i caratterizzatori vocali (il riso, il
pianto ecc.) e le vocalizzazioni (le “pause piene”)
2. Le caratteristiche extra-linguistiche (caratteristiche anatomiche
permanenti ed esclusive dell’individuo): organiche e fonetiche
3. Le caratteristiche paralinguistiche (insieme delle proprietà acustiche
transitorie che accompagnano la pronuncia di un enunciato e che
possono variare da situazione a situazione)
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Capitolo V. La comunicazione non verbale
Le caratteristiche paralinguistiche
Determinate da diversi parametri
i. Il tono: frequenza fondamentale (Fº) della voce; l’insieme delle variazioni di
tono determina il profilo di intonazione
ii. L’intensità: volume della voce; è connessa con l’accento enfatico
iii. Il tempo: determina la successione dell’eloquio e delle pause; comprende
la durata (tempo necessario per pronunciare un enunciato, comprese le
pause), la velocità di eloquio (numero di sillabe al secondo comprese le
pause), la velocità di articolazione (numero di sillabe al secondo escluse le
pause), la pausa (sospensione del parlato: pause piene = uso di
vocalizzazioni tipo mhm, ehm ecc.; pause vuote = periodi di silenzio)
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Capitolo V. La comunicazione non verbale
Atto fonopoietico
Due componenti:
1. componente vocale verbale (o linguistica):
a. la pronuncia di una parola o frase (fonologia)
b. il vocabolario (lessico e semantica)
2. componenti vocali non verbali: determinano la qualità della
voce di un individuo; “impronta vocalica” generata dall’insieme
delle caratteristiche extra-linguistiche e paralinguistiche
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Capitolo V. La comunicazione non verbale
La voce delle emozioni
Importanza delle proprietà vocali per esprimere le emozioni
1.Fase di encoding
Analisi e misurazione dei correlati acustici dell’espressione vocale
delle emozioni (Anolli e Ciceri)
Ogni emozione è caratterizzata da un preciso
e distintivo profilo vocale
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Capitolo V. La comunicazione non verbale
2.Fase di decoding
Capacità del destinatario di riconoscere e di inferire lo stato affettivo ed
emotivo del parlante prestando attenzione soltanto alle sue
caratteristiche vocali
Accuratezza media di riconoscimento pari al 60%
Sono più facilmente identificabili le espressioni vocali delle emozioni
negative, rispetto a quelle delle emozioni positive: le prime sono più
strettamente connesse con le condizioni della sopravvivenza degli
individui
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Capitolo V. La comunicazione non verbale
Il silenzio
Modo strategico di comunicare. Il suo significato varia con le
situazioni, con le relazioni e con la cultura di riferimento
Il valore comunicativo del silenzio è da attribuire alla sua ambiguità
•
Legami affettivi (unione/separazione)
•
Funzione di valutazione (approvazione/disapprovazione)
•
Processo di rivelazione (trasparenza/opacità)
•
Funzione di attivazione (concentrazione/dispersione mentale)
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Capitolo V. La comunicazione non verbale
Regia del silenzio: insieme complesso di standard sociali che
governano il silenzio

situazioni sociali in cui la relazione fra i partecipanti è incerta,
poco conosciuta, vaga o ambigua

situazioni sociali in cui vi è una distribuzione nota e
asimmetrica di potere sociale fra i partecipanti
Il silenzio presenta importanti variazioni culturali
1. Culture occidentali (individualistiche): silenzio = minaccia,
mancanza di cooperazione per la gestione della
conversazione
2. Culture orientali (collettivistiche): silenzio = indicatore di
fiducia, di confidenza, di armonia e di intesa
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Capitolo V. La comunicazione non verbale
Il sistema cinesico
Comprende i movimenti del corpo, del volto e degli occhi
I nostri movimenti implicano la produzione
e la trasmissione di significati
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Capitolo V. La comunicazione non verbale
La mimica facciale
Movimenti del volto: sistema semiotico privilegiato; manifestazione di
determinati stati mentali del soggetto, esperienze emotive, atteggiamenti
interpersonali
1.Ipotesi globale delle espressioni facciali
Le configurazioni espressive del volto per manifestare i diversi stati
emotivi sono gestalt unitarie e chiuse, universalmente condivise,
sostanzialmente fisse, di natura discreta, specifiche per ogni
emozione e controllate da definiti e distinti programmi neuromotori
innati
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Luigi Anolli (a cura di), Fondamenti di psicologia della comunicazione, Il Mulino 2011
Capitolo V. La comunicazione non verbale
Teoria neuroculturale
Ekman, due livelli di analisi
Livello molecolare
Livello molare
Movimenti minimi e distinti dei
numerosi muscoli che
consentono l’elevata mobilità ed
espressività del volto; regola
l’azione del programma nervoso
motorio
Configurazione finale risultante; si
manifesta nell’assumere una
determinata espressione facciale
come corrispondente a una data
esperienza emotiva; regole di
esibizione e modificazione
dell’espressione emotiva
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Luigi Anolli (a cura di), Fondamenti di psicologia della comunicazione, Il Mulino 2011
Capitolo V. La comunicazione non verbale
Facial Action Coding System
(FACS, Ekman e Friesen):
Sistema di osservazione e di classificazione di tutti i movimenti facciali
visibili in riferimento alle loro componenti anatomo-fisiologiche
corrispondenti
Continuum indifferenziato dei movimenti facciali: 44 unità di azione
(AU)
analisi di oltre 7000 movimenti ed espressioni facciali in tutte
le loro combinazioni
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Capitolo V. La comunicazione non verbale
Ipotesi globale + teoria neuroculturale
Corrispondenza isomorfa fra le espressioni facciali delle emozioni e i
programmi neuromotori corrispondenti
Limiti:
• non sono in grado di precisare i programmi neuromotori
• le componenti molecolare e molare costituiscono due componenti
distinte, non confondibili tra loro
• la teoria neuroculturale è una teoria bifattoriale (fattore genetico +
fattore culturale), di natura meccanicistica e additiva, che si limita a
“combinare” e ad accostare semplicemente insieme questi due
fattori
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Capitolo V. La comunicazione non verbale
2. Ipotesi dinamica delle espressioni facciali
Processo sequenziale e cumulativo presente in ogni espressione
facciale; risultato della progressiva accumulazione e integrazione
dinamica degli esiti delle singole fasi della valutazione della
situazione interattiva ed emotiva
• Espressioni facciali = configurazioni motorie momentanee, dotate di
una elevata flessibilità e variabilità, in grado di adattarsi attivamente
e in continuazione alle condizioni contingenti della situazione
• Assumono un valore modale, essendo ricorsive e presentando una
certa uniformità in riferimento alle interazioni comunicative
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Capitolo V. La comunicazione non verbale
3. Il valore emotivo vs. comunicativo
delle espressioni facciali
A. Prospettiva emotiva (Ekman e Izard)
•
Isomorfismo fra emozione ed espressione facciale
•
Semantica delle espressioni facciali (Wierzbicka)
o
o
Le espressioni facciali manifestano un significato oggettivo e
invariante, indipendente dal contesto e universalmente intelligibile
Tale significato è di natura iconica, generato dalla combinazione
componenziale di otto unità motorie minime, su base autoriferita
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Luigi Anolli (a cura di), Fondamenti di psicologia della comunicazione, Il Mulino 2011
Capitolo V. La comunicazione non verbale
Prospettiva emotiva + ipotesi dell’universalità
Ricerca a sostegno della prospettiva emotiva:
•
Friesen: ripresi di nascosto, soggetti americani e giapponesi
hanno prodotto espressioni facciali simili in risposta ai medesimi
stimoli
Ricerca a sostegno dell’ipotesi dell’universalità:
•
Ekman e Friesen: soggetti appartenenti a culture diverse hanno
presentato valori simili e concordanti nella capacità di riconoscere
le emozioni attraverso le corrispondenti espressioni facciali
volontarie (o mimate)
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Luigi Anolli (a cura di), Fondamenti di psicologia della comunicazione, Il Mulino 2011
Capitolo V. La comunicazione non verbale
Prospettiva emotiva + ipotesi dell’universalità
Limiti di queste ricerche:
•
il materiale usato come stimolo accentua i movimenti facciali in
modo stereotipato
•
si è fatto ricorso a un disegno sperimentale within-subject che
favorisce l’addestramento e l’apprendimento
•
i soggetti dovevano scegliere la loro risposta entro un elenco
limitato di etichette emotive; una “scelta forzata” che aumenta di
molto la percentuale delle risposte corrette rispetto alla tecnica
della “scelta libera”
•
è probabile che i soggetti preletterati siano stati influenzati dai
feedback forniti dai mediatori culturali
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Capitolo V. La comunicazione non verbale
•
Ipotesi dell’universalità minima (Russel e Fernández-Dols)
Esiste un certo grado di somiglianza fra le culture
nell’interpretazione delle espressioni facciali, senza tuttavia
prevedere un sistema innato di segnalazione degli stati
psicologici, anche se si riconosce la probabilità che in certe
condizioni si possano compiere inferenze accurate
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Capitolo V. La comunicazione non verbale
B.La prospettiva comunicativa
Ecologia comportamentale = Le espressioni facciali hanno un valore
eminentemente comunicativo, poiché manifestano agli altri le intenzioni
del soggetto in base al contesto contingente
• Valore sociale intrinseco delle espressioni facciali: consentono di
comunicare agli altri in maniera flessibile i propri obiettivi e interessi
• Socialità implicita: le persone producono espressioni sociali anche
quando sono da sole, in quanto si è sempre in presenza di un uditorio
implicito
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Luigi Anolli (a cura di), Fondamenti di psicologia della comunicazione, Il Mulino 2011
Capitolo V. La comunicazione non verbale
•
Dissociabilità fra interno (esperienza soggettiva) ed esterno
(manifestazione)
•
Scompare la distinzione fra espressione “autentica” (suscitata in
modo automatico dal programma nervoso corrispondente) ed
espressione “falsa” (generata dall’intervento delle regole di
esibizione per motivi culturali)
•
Importanza fondamentale del contesto
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Capitolo V. La comunicazione non verbale
Il sorriso
Secondo numerosi studiosi (Darwin; Ekman): sorriso = espressione
universale di un’esperienza più o meno intensa di gioia
Secondo ricerche più recenti (Fernández-Dols): il sorriso non ha un
legame né necessario né sufficiente con le emozioni, bensì è
strettamente connesso con l’interazione sociale
• Sorriso = promotore dell’affinità relazionale (impiegato al fine di
stabilire e mantenere una relazione amichevole con gli altri)
• Sorriso = regolatore dei rapporti sociali (la sua frequenza e intensità
sono governate dal potere sociale e dal genere)
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Capitolo V. La comunicazione non verbale
Lo sguardo
Il contatto oculare (o sguardo reciproco) aumenta l’attivazione
nervosa in molte specie, compresa quella umana
Passo fondamentale per l’avvio di qualsiasi
rapporto interpersonale
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Capitolo V. La comunicazione non verbale
1. La durata dello sguardo
•
In genere la durata dello sguardo è di 3 secondi
•
La durata dei contatti visivi è pari a 1,5 secondi
•
Nelle culture occidentali prevale uno sguardo diretto che
comunica fiducia e apertura mentre in quelle orientali lo sguardo
diretto è presente solo tra familiari
•
Nelle culture orientali si compiono inferenze riferite al volto altrui
meno accurate ma questa tendenza è compensata da
un’estrema attenzione al contesto
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Luigi Anolli (a cura di), Fondamenti di psicologia della comunicazione, Il Mulino 2011
Capitolo V. La comunicazione non verbale
2. La fissazione oculare: sguardo prolungato e duraturo fra
due persone che non può essere ignorato
•
Può avere valore di minaccia e di pericolo
•
È caratteristico delle situazioni di seduzione e di innamoramento;
altri segnali di attrazione sessuale sono:
• lo “sguardo laterale”
• la dilatazione della pupilla
•
Nelle conversazioni asimmetriche, chi è in una posizione di
potere tende a guardare di più e più a lungo l’interlocutore che
non viceversa
•
Differenze culturali nel prolungamento dello sguardo
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Capitolo V. La comunicazione non verbale
3. Sguardo e genere
•
Le donne sono più pronte allo sguardo reciproco e guardano in
media di più e più a lungo degli uomini
•
Le donne dimostrano una migliore competenza nella
comprensione del significato altrui. Sono altresì più attente ai
microindizi oculari
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Capitolo V. La comunicazione non verbale
4. Lo sguardo e la gestione dell’immagine personale
Sguardo = segnale comunicativo efficace per generare e gestire un
determinato profilo della propria immagine personale
• Chi guarda il partner dimostra maggiore competenza generale
• Serve a regolare il rapporto di vicinanza o di distanza con le altre
persone nella gestione dell’intimità
• Favorisce la cooperazione, facilitando la comunicazione di intenti
positivi di condivisione
• È un segnale potente per chiedere e ottenere il consenso al
proprio punto di vista
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Capitolo V. La comunicazione non verbale
5. Sguardo e conversazione
Nelle culture occidentali
•
serve per inviare e raccogliere informazioni, nonché per
acquisire il feedback del partner
•
Segnale efficace per gestire la regolazione dei turni
•
segnale di appello (disposizione a iniziare un’interazione)
•
Funzione di sincronizzazione (evitare le sovrapposizioni)
•
Funzione di monitoraggio (controllare l’interazione con il partner)
•
Funzione di segnalazione (manifestare le proprie intenzioni)
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Capitolo V. La comunicazione non verbale
I gesti
Azioni motorie coordinate e circoscritte, volte a generare un
significato e indirizzate a un interlocutore, al fine di raggiungere
uno scopo
1. Tipologia dei gesti
• Gesticolazione (o gesti iconici o lessicali): “illustratori” o “gesti
ideativi”; accompagnano l’azione del parlare; scarsamente
convenzionalizzati (sono idiosincratici)
• Pantomima: rappresentazione motoria e imitazione di azioni, di
scene o di situazioni
• Emblemi (o gesti simbolici): “gesti semiotici”; sono notevolmente
convenzionalizzati e codificati
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Capitolo V. La comunicazione non verbale
• Gesti deittici: movimenti, di norma compiuti con l’indice, per
indicare un certo oggetto, una direzione o un evento a distanza
• Gesti motori (o percussioni): movimenti semplici, ripetuti in
successione e ritmici; possono accompagnare il discorso o essere
prodotti da soli
• Linguaggio dei segni: sistema dei segni impiegato dai sordomuti;
ha le proprietà di un linguaggio vero e proprio in termini di
arbitrarietà nella relazione fra segno e referente
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Capitolo V. La comunicazione non verbale
2. Gesti e parole
Gesti = parte integrante del discorso
interdipendenza tra gesto e parola
• Modo spaziale di rappresentazione simbolica
• Integrano il percorso proposizionale del significato attivato dal
linguaggio
• I gesti iconici (o lessicali) contribuiscono a rendere più preciso e
completo il significato di un enunciato
• Possono aggiungere importanti porzioni di significato alle parole
• Svolgono un’azione pragmatica nei confronti dell’enunciato
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Luigi Anolli (a cura di), Fondamenti di psicologia della comunicazione, Il Mulino 2011
Capitolo V. La comunicazione non verbale
3. Gesti e culture
I gesti presentano rilevanti variazioni culturali, soprattutto in
riferimento agli emblemi e al linguaggio dei segni
•
Per esempio, il gesto della mano a borsa, pressoché
sconosciuto in Inghilterra, ha un significato di interrogazione e
perplessità nell’Italia meridionale, significa buono in Grecia,
lentamente in Tunisia, paura nella Francia meridionale e molto
bello presso alcune comunità arabe
•
Per quel che riguarda i gesti iconici (o lessicali), gli italiani del
sud, per esempio, fanno ampio uso di gesti fisiografici, mentre gli
ebrei di lingua yiddish impiegano gesti ideografici
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Capitolo V. La comunicazione non verbale
Il sistema prossemico e aptico
Sistemi di contatto
prossemica
aptica
Percezione, organizzazione e uso
dello spazio, della distanza e del
territorio nei confronti degli altri
Insieme di azioni di contatto
corporeo con un altro
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Capitolo V. La comunicazione non verbale
Prossemica e territorialità
L’uso dello spazio e della distanza implica un equilibrio
instabile fra processi affiliativi (di avvicinamento) ed esigenze
di riservatezza (di distanziamento)
Gestione della propria territorialità
•
Territorio: area geografica che assume risvolti e significati
psicologici nel corso degli scambi di comunicazione
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Capitolo V. La comunicazione non verbale
Prossemica e territorialità
Regolazione della distanza spaziale = buon indicatore della distanza
comunicativa fra le persone. Diversi tipi di distanza
• Zona intima (fra 0 e 0,5 m circa): distanza delle relazioni intime
• Zona personale (fra 0,5 e 1 m circa): area invisibile che circonda in
maniera costante il nostro corpo
• zona sociale (fra 1 e 3,5/4 m): distanza per le interazioni meno
personali
• Zona pubblica (oltre i 4 m): distanza tenuta in situazioni pubbliche
ufficiali
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Capitolo V. La comunicazione non verbale
Prossemica e territorialità
Differenze culturali nella prossemica
Cultura della distanza
Cultura della vicinanza
La distanza interpersonale è
grande, angolazione obliqua e
ogni riduzione spaziale è
percepita come invasione
La distanza interpersonale è
ridotta, angolazione diretta e la
distanza è valutata come
freddezza e ostilità
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Capitolo V. La comunicazione non verbale
Aptica e contatto corporeo
Azioni di contatto corporeo nei confronti degli altri
Aptica
Sequenze di contatto reciproco
Contatto individuale
Due o più azioni di contatto
compiute in modo reciproco nel
corso della medesima interazione
Unidirezionale e rivolto da un
soggetto a un altro
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Capitolo V. La comunicazione non verbale
• Nei rapporti amorosi, il contatto corporeo invia messaggi di affetto, di
coinvolgimento e di attrazione sessuale; in pubblico, assume il valore
comunicativo di segno di legame
• Il contatto corporeo può comunicare una relazione di dominanza e di potere
• In numerose circostanze il contatto fisico è regolato attraverso rituali che vi
attribuiscono uno specifico significato legato al contesto d’uso
• Il contatto corporeo ha una molteplicità di effetti, spesso fra loro contrapposti
• Esistono rilevanti differenze culturali (culture del contatto, come quella araba
e latina vs. culture del non contatto, come le culture nordiche, quella
giapponese e quella indiana)
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Capitolo V. La comunicazione non verbale
Il sistema cronemico
Modo con cui gli individui percepiscono e usano il tempo per
organizzare le loro attività e per scandire la propria esperienza
La cronemica, che fa parte della cronobiologia, è influenzata dai
ritmi circadiani (= cicli fisiologici e psicologici del soggetto nel
periodo delle 24 ore
• Cicli infradiani (ciclo superiore a un giorno)
• Cicli ultradiani (diversi cicli al giorno)
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Capitolo V. La comunicazione non verbale
Il sistema cronemico
La configurazione temporale dei ritmi circadiani è determinata da
agenti sincronizzatori ambientali
• I ritmi circadiani sono influenzati dall’azione di un orologio biologico
interno (orologio circadiano) che va più lentamente quando non è
governato dai fattori ambientali
• Presentano rilevanti variazioni connesse con i fattori socioculturali
(sincronizzatori)
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Luigi Anolli (a cura di), Fondamenti di psicologia della comunicazione, Il Mulino 2011
Capitolo V. La comunicazione non verbale
Il sistema cronemico
Culture veloci
Culture lente
Prospettiva temporale orientata
al futuro, qualificata dalla
pianificazione di un traguardo a
medio e a lungo termine
(obiettivo distale); vincoli
temporali molto forti,
favoriscono un’organizzazione
delle attività secondo una
scansione temporale che
prevede di realizzare un’attività
per volta (monocronia)
Prospettiva temporale orientata al
passato (tradizione) e al presente,
senza l’esigenza di una
programmazione anticipata che
comprenda un esteso arco
temporale (obiettivi prossimali); la
modesta suddivisione dei lavori e
la limitata specializzazione del
tempo consentono la compresenza
di diverse attività svolte nel
medesimo tempo (policronia)
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Luigi Anolli (a cura di), Fondamenti di psicologia della comunicazione, Il Mulino 2011
Capitolo V. La comunicazione non verbale
Principali funzioni della comunicazione non verbale
La metafunzione relazionale della comunicazione non verbale
La CNV partecipa in modo attivo e autonomo a produrre il
significato di qualsiasi atto comunicativo
La CNV fornisce una rappresentazione spaziale e motoria
della realtà, non una rappresentazione proposizionale
Risulta poco idonea a definire e a trasmettere conoscenze
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Luigi Anolli (a cura di), Fondamenti di psicologia della comunicazione, Il Mulino 2011
Capitolo V. La comunicazione non verbale
• Grado limitato di convenzionalizzazione: CNV viene lasciata a forme
di apprendimento latente e implicito
• Alla CNV è affidata la componente relazionale della comunicazione:
“che cosa” è comunicato (componente proposizionale); “come” è
comunicato (componente relazionale)
• I segnali non verbali servono a generare e a sviluppare una
interazione con gli altri (metafunzione della CNV)
• Sono fondamentali per mantenere e rinnovare le relazioni nel corso
del tempo
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Luigi Anolli (a cura di), Fondamenti di psicologia della comunicazione, Il Mulino 2011
Capitolo V. La comunicazione non verbale
• Sono particolarmente efficaci nel cambiare una relazione in corso; il
cambiamento psicologico delle relazioni passa in modo prevalente
attraverso il cambiamento dei segnali non verbali
• Sono utili per gestire e regolare l’estinzione di una relazione,
intervenendo nel processo di mediazione per la separazione
• I segnali non verbali incidono profondamente sulle relazioni anche in
situazioni particolari come quelli di acquisizione e fusione
organizzativa (merging)
• L’efficacia relazionale della CNV dipende dalla stretta connessione
che esiste fra interazione e relazione
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Comunicazione non verbale