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I Quaderni del Consumatore
IL CONSUMO
SOSTENIBILE
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Si ringrazia per la collaborazione
l’Avv. Giulia Fesce del Foro di Ancona
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Indice
Presentazione
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1. Cos’è il consumo sostenibile
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2. Percorsi di sviluppo, consumo sostenibile
e scenario internazionale
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3. Il ruolo del consumatore
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4. Modello di consumo sostenibile
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5. Le etichette ecologiche
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6. Il quadro normativo in Italia
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7. La Camera di Commercio di Ancona
e la sostenibilità
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Presentazione
La Camera di Commercio di Ancona, come istituzione chiamata a rappresentare le istanze del mondo economico locale ed a supportarne lo
sviluppo, da tempo offre nuovi servizi e strumenti operativi per la promozione di un modello locale di sviluppo sostenibile.
L’Ente camerale ritiene infatti che tale tema riveste un ruolo fondamentale in una visione europea della “economia sociale di mercato”, tanto
da farne una delle priorità nei propri programmi. La qualità, l’ambiente e l’etica rappresentano i nuovi fattori di competitività, gli elementi
della nuova strategia su cui puntare per il rilancio e la qualificazione
del territorio.
Se l’impegno deve coinvolgere primariamente governi e istituzioni, va
sottolineato che gesti come accendere la luce, utilizzare gli elettrodomestici, gettare i rifiuti, andare in macchina, adoperare l’impianto di
riscaldamento, possono influire sulle condizioni ambientali in misura
rilevante.
In questa prospettiva, il Quaderno “Il Consumo Sostenibile” vuole essere un contributo al percorso da intraprendere: il cittadino-consumatore, con il proprio stile di vita, le piccole azioni e i comportamenti
quotidiani di consumo e gestione delle risorse può favorire in misura
rilevante la sostenibilità.
La pubblicazione contiene una serie di informazioni e consigli per
un consumatore che voglia divenire attore di uno sviluppo sostenibile, modificando alcune abitudini per contribuire al benessere della collettività.
Ancona, marzo 2009
Il Presidente
Giampaolo Giampaoli
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1. Cos’è il consumo sostenibile
L’emergenza ambientale che sta interessando il nostro pianeta, i cambiamenti climatici che ne sono un chiaro sintomo ed i loro catastrofici effetti sulla vita dell’umanità impongono modifiche ed interventi concreti sul modello di sviluppo che fino ad oggi abbiamo adottato. Il tentativo di porre in essere un modello di “sviluppo sostenibile”, che cioè consenta “alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la capacità delle future generazioni di soddisfare i loro propri bisogni” (rapporto Brundtland 1987), è
compito non solo dei governi e delle istituzioni, ma anche di ciascun
cittadino, che, scegliendo di adottare un modello di consumo sostenibile, che comporta solo la modifica di alcune piccole abitudini
ed il compimento di semplici gesti quotidiani, può contribuire al benessere della collettività.
Il ministro dell’ambiente norvegese alla
Tavola Rotonda di Oslo del 1994 su
Produzione e Consumo Sostenibili
ha definito il consumo sostenibile
come “l’utilizzo di beni e servizi che
rispondono alle esigenze fondamentali e determinano una migliore
qualità della vita, minimizzando
l’uso delle risorse naturali, dei materiali tossici, della produzione di
rifiuti e di sostanze inquinanti durante il ciclo di vita, in modo da non sconvolgere le esigenze delle generazioni future.” Da un punto di vista concreto il consumo sostenibile consiste perciò in un sistema di pratiche sociali, economiche e politiche
messe in atto sia a livello individuale e domestico, sia a livello governativo, finalizzate a ridurre al minimo i costi ambientali (in termini
di sfruttamento di risorse e produzione di rifiuti) per produrre, usare e smaltire beni e servizi, ad incrementare l’utilizzo di dispositivi di
efficienza nell’uso di acqua ed energia, a garantire la risposta a bisogni fondamentali come cibo, acqua, salute, educazione e casa per tutte le popolazioni del mondo, a produrre beni e ad utilizzare risorse
compatibili e adattate ai limiti ambientali del globo.
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In sintesi pertanto il consumo può ritenersi sostenibile quando i
beni ed i prodotti che consumiamo quotidianamente vengono
prodotti ed usati nel pieno rispetto degli ecosistemi e delle risorse naturali.
Al concetto di consumo sostenibile è strettamente legato quello di
consumo responsabile e critico, che si pone in atto orientando la
propria scelta oltre che su prodotti realizzati in modo sostenibile da
un punto di vista ambientale, su quelli che provengono da imprese
valutate positivamente sotto il profilo “etico”; i consumatori più sensibili e accorti, infatti, allarmati da notizie e scandali come quello, per
citare il più “tristemente famoso”, dei palloni da calcio fabbricati dai
bambini, hanno iniziato a richiedere maggiori informazioni sui metodi di produzione. Ecco così che chi pone in essere il consumo critico boicotta l’acquisto di quei prodotti provenienti, ad esempio, da
una multinazionale che possiede attività inquinanti, che esporta rifiuti pericolosi nel sud del mondo, che nell’Europa dell’Est sfrutta i
lavoratori, che è compromessa con i sistemi militari o che si avvale
di lavoro minorile. Sulla spinta di questo fenomeno, mediante il quale l’atto di acquisto diventa espressione ideologica e morale, molte
imprese si sono viste costrette a mutare i propri comportamenti e le
proprie politiche che devono sempre più tener conto delle reazioni
di una buona fetta dei consumatori.
La crescente sensibilizzazione verso questo genere di problematiche
ha portato al nascere delle sigle ISO 14001, EMAS e SA8000 (vedi
infra, § 7), che certificano aziende e/o prodotti coerenti con i principi della sostenibilità e della responsabilità sociale d’impresa.
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2. Percorsi di sviluppo, consumo sostenibile
e scenario internazionale
Il concetto di consumo sostenibile fa la sua comparsa ufficiale nel
1987 con il già citato Rapporto Brundtland, dal nome del primo
ministro norvegese Gro Harlem Brundtland che ha presieduto la
Commissione Mondiale su Ambiente e Sviluppo. Il rapporto afferma
che “Esiste un chiaro legame tra i problemi ambientali e la distribuzione
della ricchezza e della povertà nel mondo”. L’ esasperato e incontrollato
sviluppo tecnologico e la sempre maggiore produzione di beni sono
infatti la causa dell’inquinamento delle acque, dell’aumento della temperatura del globo, dell’accumulo dei rifiuti e dell’ampliamento del
divario tra paesi ricchi e paesi poveri nel mondo. A tal proposito il
rapporto Brundtland auspica per la prima volta un modello di economia sostenibile “che rappresenta nient’altro che un ordine sociale più alto: un ordine che si interessa delle generazioni future così come della nostra
e che sia più orientato al benessere del pianeta e dei poveri, piuttosto che delle acquisizioni di breve periodo. Questo sforzo, fondamentalmente nuovo e
con alcune incertezze, è molto meno rischioso che mantenere lo status quo”.
La progressiva presa di coscienza della necessità di salvaguardare l’ambiente per le generazioni future e di affrontare tutti i problemi connessi all’emergenza ecologica, unitamente all’esigenza di pianificare
un più equo sviluppo sociale ed economico a livello mondiale, hanno portato organizzazioni internazionali, movimenti di opinione, studiosi e governi ad instaurare un ampio dibattito sul futuro del pianeta e ad assumere progressivamente impegni in tal senso.
Con il Vertice della Terra, svoltosi nel 1992 a Rio de Janeiro, lo sviluppo ed il consumo sostenibili vengono già assunti come l’unica
strada percorribile per la sopravvivenza del pianeta e con l’approvazione della “Dichiarazione di Rio sull’Ambiente e lo Sviluppo”, gli
Stati si impegnano a incentivare l’adozione di tale modello. A Rio sono state firmate anche le Convenzioni sui Cambiamenti Climatici e
sulla Biodiversità e sono state gettate le premesse per quella contro
la Desertificazione, con cui i governi degli Stati firmatari si sono impegnati a studiare ed utilizzare misure finalizzate alla prevenzione, al
controllo e alla mitigazione degli effetti delle attività umane sul pianeta. Tra i documenti prodotti a Rio particolare importanza ha
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l’“Agenda 21”, un ampio e articolato programma di azioni per lo sviluppo sostenibile del pianeta fino a tutto il 21° secolo.
Nel 1997 si tiene la Conferenza di Kyoto durante la quale viene definito uno specifico protocollo – entrato in vigore nel febbraio 2005
- che impegna i Paesi sottoscrittori a ridurre complessivamente, entro il 2012, del 5,2% rispetto ai livelli del 1990, le principali emissioni di gas capaci di alterare il naturale effetto serra del pianeta, individuando esplicitamente le politiche e le azioni operative che si dovranno sviluppare.
Le politiche e gli interventi per ridurre le emissioni sono finalizzate a:
- migliorare l’efficienza tecnologica e ridurre i consumi energetici nel
settore termoelettrico, nel settore dei trasporti e in quello abitativo e
industriale;
- promuovere azioni di riforestazione per incrementare le
capacità del pianeta di assorbimento dei gas serra;
- promuovere forme di gestione sostenibile di
produzione agricola;
- incentivare la ricerca, lo sviluppo e l’uso
di fonti di energie rinnovabili;
- limitare e ridurre le emissioni di metano dalle discariche di rifiuti e dagli
altri settori energetici;
- applicare misure fiscali appropriate per
disincentivare le emissioni di gas serra.
Si è ormai consapevoli che un tale percorso può concretizzarsi solo attraverso lo sforzo congiunto tra istituzioni e cittadini, che devono scegliere ed essere in grado, anche attraverso un’approfondita ed appropriata campagna di informazione, di consumare
in maniera sostenibile.
L’Unione Europea ratifica il Protocollo di Kyoto nel 2002.
Nel 2002 si tiene a Johannesburg il Summit Mondiale sullo Sviluppo Sostenibile, che, a dieci anni dagli eventi di Rio, si pone l’obiettivo di verificare l’attuazione degli impegni in quell’occasione assunti. Il risultato non è soddisfacente, infatti le condizioni dell’ambiente risultano peggiorate e non vi è stata l’auspicata inversione di tendenza sui modelli di produzione e consumo. Si concludono i lavori
con l’adozione di tre importanti documenti: la “Dichiarazione sullo
sviluppo sostenibile”, un “Piano di implementazione” dell’Agenda 21
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e una “Lista di iniziative” per azioni specifiche, laddove viene più volte menzionato il fondamentale ruolo del consumatore finale.
Si è tornato a discutere dell’argomento a livello internazionale durante il Processo di Marrakech (giugno 2003), organizzato con l’obiettivo di dare seguito alle Raccomandazioni del Vertice di Johannesburg, coinvolgendo governi, organizzazioni internazionali e società
civile nello sviluppo di un “quadro decennale di programmi per sostenere attività ed iniziative volte a promuovere modelli di produzione e consumo sostenibili”.
Nella realizzazione di questo programma di attività internazionale a
lungo termine è fondamentale il ruolo delle Task Force tematiche,
presiedute dai singoli Paesi e che si focalizzano concretamente sulle
tematiche principali. Nel maggio 2006 (durante la quattordicesima
sessione della Commissione per lo sviluppo sostenibile) l’Italia ha
lanciato una Task Force tematica sull’Educazione al consumo sostenibile, con l’obiettivo di identificare ed attuare le appropriate sinergie tra iniziative regionali ed internazionali e favorire lo sviluppo di
attività e progetti pilota, coinvolgendo, in particolare, i Paesi in via
di sviluppo.
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3. Il ruolo del consumatore
Si è già più volte fatto cenno al fatto che i cittadini-consumatori con
il loro stile di vita, le piccole azioni e i comportamenti quotidiani di
consumo e gestione delle risorse possono contribuire alla sostenibilità. Se è certamente vero che l’impegno deve coinvolgere fortemente governi e istituzioni, è altrettanto vero che gesti come accendere
la luce, far funzionare gli elettrodomestici, gettare i rifiuti, andare in
macchina, accendere l’impianto di riscaldamento, possono influenzare le condizioni ambientali in misura non trascurabile. A sostegno
di tale affermazione è sufficiente considerare alcuni dati: in Italia le
famiglie sono responsabili di circa il 27% delle emissioni nazionali
di gas inquinanti, di cui il 10% proviene dagli impianti di riscaldamento, il 9% dal trasporto privato (traffico di autovetture) ed il 3%
dai rifiuti solidi urbani. Considerando che la popolazione italiana ha
raggiunto circa i sessanta milioni di abitanti e che l’emissione pro capite di anidride carbonica è di 7,8 tonnellate, ci rendiamo conto che
un nostro contributo e impegno nel migliorare l’uso delle risorse diventa rilevante se non indispensabile. Ancora, per fare un altro esempio concreto, secondo dati diffusi dall’Enea (Ente per le nuove tecnologie, l’energia e l’ambiente), il consumo di un solo chilowattora,
che corrisponde a circa mezz’ora di accensione di uno scaldabagno
o di una stufetta elettrica, richiede la combustione di circa 250 grammi di olio combustibile (un quarto di chilo di petrolio) e provoca
l’immissione nell’atmosfera di 750 grammi di anidride carbonica (circa 400 litri di CO2). Ma una famiglia di quattro persone consuma circa 7 chilowattora al giorno, bruciando due chili di petrolio e liberando quasi 2.800 litri di CO2. Inoltre, una famiglia produce ogni giorno quasi sei chili di rifiuti e consuma circa 1.000 litri di acqua.
È pertanto di fondamentale importanza far crescere nel consumatore la consapevolezza critica rispetto alla situazione presente e la coscienza del proprio ruolo di attore fondamentale nell’attuazione di
un modello di “consumo sostenibile”, che potrà perseguire orientando le proprie scelte verso beni e prodotti rispettosi dell’ambiente, che
consentano di contenere lo sfruttamento delle risorse e ridurre le
emissioni di gas inquinanti. Non va dimenticato che un tale comportamento si traduce in un indiscusso vantaggio per il consumatore sotto un duplice profilo: egli infatti potrà contribuire a migliorare la qualità dell’ambiente in cui vive e al tempo stesso risparmiare denaro.
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4. Modello di consumo sostenibile
Alla luce di quanto sinora detto, troveremo di seguito una serie di
suggerimenti per il consumatore che voglia farsi parte attiva e responsabile del consumo sostenibile; non si tratta di precetti ovviamente né di modelli di comportamento, ma di piccoli gesti che hanno lo scopo di abituarci a rispettare l’ambiente e che tutti insieme
diventano un serio contributo per la sua tutela e per il benessere di
ogni cittadino.
L’ILLUMINAZIONE
Per illuminare in modo appropriato un ambiente occorre scegliere il tipo di lampada giusta e collocarla
nella posizione più opportuna, senza che sia necessario
aumentare la potenza delle lampadine e quindi i consumi. Il
lampadario posto al centro del soffitto non è la migliore soluzione da un punto di vista energetico; la scelta più vantaggiosa in termini di consumo sarebbe quella di creare una luce soffusa in tutto
l’ambiente per poi intervenire con fonti luminose più intense nelle
zone destinate a specifiche attività.
Sono da evitare i lampadari con molte lampadine. Per fare un esempio, una lampada da 100 watt fornisce la stessa illuminazione di 6
lampadine da 25 watt, consumando ben il 50% in meno.
Possiamo prestare attenzione anche al momento dell’acquisto; troviamo infatti in commercio lampade a incandescenza (le comuni lampadine, che si dividono in normali e alogene), che permettono di risparmiare al momento dell’acquisto, ma consumano di più, oppure
lampade a scarica elettrica in gas, conosciute come lampade ad alta
efficienza, che hanno un prezzo iniziale elevato, ma consentono di
ridurre fortemente i consumi di energia elettrica fino a circa il 70%
rispetto alle lampadine ad incandescenza.
È bene spegnere sempre gli interruttori di televisione e impianti stereo, poiché anche in stand-by gli elettrodomestici consumano e, laddove possibile, utilizzare interruttori a tempo.
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GLI ELETTRODOMESTICI E L’ETICHETTA ENERGETICA
Per ottimizzare il consumo di energia portato dai numerosissimi elettrodomestici ormai diventati indispensabili nelle nostre case, andrebbero privilegiati i modelli di più recente fabbricazione, provvisti di
etichetta energetica, che va controllata attentamente al momento dell’acquisto. La Direttiva Europea 92/7/CE ha stabilito l’obbligo per i
produttori di applicare agli elettrodomestici un’etichetta energetica;
pertanto in Italia, a partire dal 1998, tutti gli elettrodomestici ne sono stati muniti: lavastoviglie, frigoriferi, forni elettrici, condizionatori e così via. L’ etichetta energetica consente di conoscere caratteristiche e consumi e di valutare fin dal momento dell’acquisto i costi di
esercizio di ciascun modello.
Settore 1
Settore 2
Settore 3
Settore 4
Settore 5
Esempio di una etichetta energetica di un elettrodomestico
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Come leggere l’etichetta energetica
L’etichetta è divisa in settori: nel settore 1 (vedi immagine) viene identificato l’elettrodomestico (nome o marchio della casa produttrice e
nome o codice del modello); nel settore 2 si trova una scala di riferimento per le categorie di efficienza energetica divisa in 7 classi, dalla A (bassi consumi) alla G (alti consumi) e si evidenzia a quale classe appartiene l’elettrodomestico in esame (sappiamo che oggi si assiste addirittura alla proposta di frigoriferi, ad esempio, di classe A+ e
A++, ancora più efficienti di quelli di classe A); nel settore 2 viene riportato il simbolo dell’Ecolabel (vedi infra § 5); modelli diversi appartenenti alla stessa classe possono essere ulteriormente confrontati in base al consumo di energia, indicato nel settore 3 dell’etichetta ed
espresso come consumo annuo (kWh/anno) o per ciclo di utilizzo
(kWh/ciclo); il consumo – attenzione! – viene stimato per un utilizzo in condizioni standard predefinite, ad esempio tenendo l’apparecchio sempre acceso, a porte chiuse e in condizioni particolari di laboratorio, dunque sarà bene ricordare che il consumo reale potrà variare sensibilmente in base al modo in cui viene utilizzato l’apparecchio e al luogo in cui esso viene installato (e qui entrerà in gioco il
comportamento sostenibile-responsabile del consumatore); ad esempio il consumo di un frigorifero aumenta molto se lo si apre spesso
o lo si tiene aperto a lungo, mentre per quel che riguarda l’utilizzo di
lavatrici e lavastoviglie andrebbero sempre privilegiati programmi
“rapidi”, “economici” o in generale effettuati a temperature più basse; per il frigorifero invece il termostato andrebbe mantenuto su una
posizione intermedia, non bisognerebbe mai introdurvi alimenti caldi,
né tenere aperti gli sportelli per più di qualche secondo.
Nel settore 4 dell’etichetta energetica vengono forniti dati sulla capacità dell’apparecchio come, ad esempio, il volume utile complessivo
di frigorifero e congelatore o l’efficacia di lavaggio o di centrifugazione
per le lavatrici.
Nel settore 5, infine, è indicata la rumorosità dell’apparecchio (quando
prescritto).
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I RIFIUTI
Una famiglia di 4 persone in Europa produce in media ogni giorno 4 kg di rifiuti, che aumentano con
l’aumentare dello sviluppo produttivo. Una non
corretta gestione dei rifiuti determina pericoli di degrado per l’ambiente e compromissione delle risorse (aria, acqua e suolo); un modo per ridurre la portata del problema è considerare i rifiuti anche una potenziale fonte di energia e di materie prime, sia attraverso il riuso dei materiali, sia attraverso un loro utilizzo come combustibile. Interventi macroscopici di questo tipo spettano naturalmente a governi ed istituzioni, ma quel che il singolo consumatore può fare è in primo luogo ridurre la quantità di rifiuti prodotta, soprattutto
di imballaggi, che rappresentano ben il 30-40% del totale dei rifiuti solidi urbani prodotti dalle famiglie. Il secondo tipo di impegno per il
consumatore è quello di contribuire alla raccolta differenziata, essenziale per poter recuperare materiali di buona qualità, riutilizzabili e
vendibili nel mercato del riciclaggio. Importante è poi ricordare che rifiuti tossici e pericolosi per l’uomo come medicinali scaduti, pile elettriche ed oli esausti devono essere raccolti negli appositi contenitori.
L’ACQUA
Nelle nostre case arriva acqua potabile, che viene prodotta sfruttando le risorse di migliore qualità. Inoltre
prima di uscire dal nostro rubinetto l’acqua deve essere pompata, depurata, canalizzata e per alcuni usi
anche riscaldata; pertanto sprecare acqua significa
contestualmente sprecare energia. L’ acqua va dunque
utilizzata con il massimo scrupolo e, se possibile, con alcuni accorgimenti, come applicare il frangigetto ai rubinetti o installare sciacquoni a flusso differenziato, ed adottando alcuni comportamenti quotidiani come privilegiare per l’igiene personale la doccia piuttosto che
il bagno in vasca (che richiede circa il doppio dei litri di acqua), chiudere il rubinetto fintanto che ci si spazzolano i denti, raccogliere ed
utilizzare l’acqua piovana per annaffiare le piante del giardino o del
balcone, lavare frutta e verdura lasciandola in ammollo per un poco
di tempo piuttosto che sotto l’acqua corrente.
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RISCALDAMENTO
Secondo recenti studi una famiglia media italiana
potrebbe risparmiare senza fare rinunce, ma usando meglio l’energia, il 40% delle spese di riscaldamento. Molta parte dell’energia utilizzata per riscaldare infatti viene dispersa dalle pareti e dal tetto degli edifici, pertanto un primo suggerimento per ottenere una riduzione di consumo – e quindi di emissione di gas inquinanti - è quello di eseguire
interventi di isolamento termico su tetto e pareti e di coibentare i solai. Per avere una resa ottimale in casa di giorno la temperatura andrebbe mantenuta sui 20 °C e di notte sui 16°C, mentre è fondamentale eseguire i controlli (obbligatori per legge) su funzionamento, efficienza ed emissione di fumi della caldaia; prestiamo inoltre attenzione a non coprire i termosifoni con tende o mobili, mettiamo biscioni
di lana tra porta di ingresso o porte finestre e pavimento.
TRASPORTI
L’ attuale sistema di mobilità, basato su gomma e
sul trasporto individuale, è tra le principali cause
di inquinamento acustico e atmosferico, di spreco energetico e della congestione del traffico che rendono sempre più invivibili le nostre città. Il problema è serio ed è stato affrontato ovviamente anche a livello governativo con iniziative che hanno mirato a
limitare il traffico nei centri abitati, a favorire l’acquisto di mezzi a
basso consumo, a metano, a GPL e a trazione elettrica, a limitare le
emissioni di gas nelle auto di nuova costruzione in ottemperanza alle direttive comunitarie e via dicendo. Non va dimenticato però che
anche in questo ambito il contributo di ciascun cittadino riveste una
fondamentale importanza. Dunque è auspicabile che ogni automobilista si metta in regola con la normativa sugli scarichi, che integri
l’uso dell’automobile con quello dei mezzi pubblici e che soprattutto non dimentichi l’importanza di una salutare attività fisica: lasciare ogni tanto la macchina in garage e spostarsi a piedi, laddove ovviamente possibile, contribuirebbe a migliorare la qualità della vita
delle nostre città con notevoli benefici per la salute e la sicurezza. La
velocità elevata, oltre ad essere un pericolo per la sicurezza, facendo
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aumentare i giri del motore aumenta i consumi; accensione e carburazione regolati correttamente possono far risparmiare fino al 10% e
circolare con pneumatici sgonfi aumenta il consumo di carburante
del 2-3%. Si stanno poi diffondendo usi alternativi dell’automobile
come il car pooling e il car sharing: il primo consiste nell’organizzarsi
con i colleghi di lavoro, i compagni di scuola e gli amici per prendere una sola macchina e fare spostamenti in modo organizzato e pianificato, il secondo è un sistema di autonoleggio self service che mette a disposizione alcune auto in ogni ora del giorno e della notte ogni
volta che se ne ha bisogno, così un’unica auto nell’arco della giornata è utilizzata da più persone in momenti diversi.
DETERGENTI E PRODOTTI PER L’IGIENE
Anche nel settore dell’igiene personale e della casa
è possibile adottare comportamenti che riducono
l’impatto ambientale delle sostanze nocive contenute nei detergenti e nei solventi: utilizzare quantità minime di detersivo per lavatrice e lavastoviglie, utilizzare prodotti naturali per alcuni tipi di pulizie (ad es. acqua e aceto per i vetri, olio di oliva per i mobili di legno, acqua e bicarbonato per pulire il forno), acquistare comunque detersivi “ecologici”, cioè privi di
fosfati, NTA (acido nitrilotriacetico), tensioattivi cationici (altamente tossici), sbiancanti e profumi sintetici. Tutti i prodotti con erogatori spray (lacche, deodoranti, bombolette per il forno o per la stiratura) liberano particelle tossiche chiamate CFC (cloro fluoro carburi),
responsabili dell’assottigliamento dell’ozono atmosferico.
CARTA
Risparmiare carta, come è ben noto, significa contribuire a ridurre la deforestazione selvaggia presente in molte parti del pianeta. Utilizziamo tovaglioli di stoffa e stracci da cucina, carta igienica e carta
da cucina ottenute da carta riciclata o da macero, acquistiamo stampanti fronte retro in modo da ridurre il consumo di carta, usiamo
block notes fatti con fogli di riuso sporchi solo da un lato.
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BIOARCHITETTURA
Dallo Statuto dell’Istituto Nazionale di Bioarchitettura leggiamo che si definisce bioarchitettura “l’insieme delle discipline che attuano e predispongono un
atteggiamento ecologicamente corretto nei confronti dell’ecosistema antropico-ambientale. In una visione caratterizzata dalla più ampia interdisciplinarietà e da un utilizzo razionale e sostenibile delle risorse, la Bioarchitettura tende alla conciliazione ed
integrazione delle attività e dei comportamenti umani con le preesistenze ambientali ed i fenomeni naturali, al fine di realizzare un miglioramento della qualità della vita presente e futura”. Ancora, il già
citato Rapporto Brundtland definisce la Bioarchitettura come una pratica architettonica rispettosa dei principi della sostenibilità, con l’obiettivo di instaurare un rapporto equilibrato tra l’ambiente ed il costruito, soddisfacendo bisogni delle attuali generazioni senza compromettere, con il consumo indiscriminato delle risorse, quello delle generazioni future. Dunque chi costruisce secondo i principi della bioarchitettura tende a privilegiare la qualità della vita ed il benessere psico-fisico dell’uomo, ad impiegare il più possibile materiali ecocompatibili (acqua, legno, pietra, argilla), a causare il meno possibile emissioni dannose (fumi, gas, acque di scarico, rifiuti), a concepire edifici flessibili ad eventuali rimozioni, ampliamenti o cambiamenti di destinazione d’uso, a prevedere un diffuso impiego di fonti energetiche
rinnovabili (cioè quelle che possono essere considerate “inesauribili”, come l’eolico, il solare, l’energia idraulica). Purtroppo a volte l’utilizzo di queste tecniche prevede dei costi più elevati rispetto all’edilizia tradizionale, ma ci si sta muovendo a grandi passi verso una
maggiore accessibilità alla bioarchitettura anche sotto il profilo economico. Nell’ambito delle fonti energetiche rinnovabili, ad esempio,
chi installa impianti solari fotovoltaici può usufruire di incentivi governativi. L’impianto fotovoltaico permette di trasformare direttamente l’energia solare in energia elettrica. Gli impianti fotovoltaici producono energia che viene direttamente convogliata nella rete a 220V
di tensione e 50hz di frequenza e un contatore misura i Kw prodotti. L’ abitazione continuerà così ad essere servita dalla rete, rimanendo indipendente dal funzionamento dell’impianto fotovoltaico (notte, giornate nuvolose, guasti). Verrà poi effettuato un conguaglio tra
corrente consumata e corrente prodotta.
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La bioarchitettura prevede tra le altre cose l’utilizzo di legni provenienti da piante coltivate con sistemi controllati come il faggio, la robinia, l’ontano o anche le conifere (pino e abete) purché provenienti da Paesi che abitualmente praticano il taglio controllato delle piante (ad esempio la Finlandia).
ALIMENTAZIONE E AGRICOLTURA BIOLOGICA
L’ agricoltura biologica va intesa come parte integrante di un sistema di agricoltura sostenibile e come
una valida alternativa ai tipi di agricoltura più tradizionali. Dall’entrata in vigore della normativa comunitaria
sull’agricoltura biologica nel 1992, diecimila aziende si
sono convertite a questo sistema, in risposta ad una maggiore consapevolezza dei consumatori per quanto riguarda i prodotti ottenuti
con metodi biologici e al conseguente aumento della domanda degli
stessi. Il concetto stesso di sviluppo sostenibile, più volte menzionato, deve coinvolgere necessariamente anche il processo di produzione alimentare. Per conseguire questo obiettivo gli agricoltori devono
tenere conto degli effetti che avrà la loro attività sul futuro dell’agricoltura e dell’impatto ambientale dei sistemi da loro utilizzati. Ed è
per questo che agricoltori, consumatori e politici hanno mostrato un
rinnovato interesse per l’agricoltura biologica. Il metodo di produzione biologico è un sistema di gestione dell’impresa agricola che
mette al primo posto non la produzione fine a se stessa (cioè produrre il più possibile), ma la produttività nella salvaguardia della salute
dell’uomo e dell’ambiente in cui vive; in particolare esso è caratterizzato da: adozione di tecniche colturali idonee a preservare la struttura e gli equilibri microrganici del terreno; utilizzo di varietà vegetali adatte all’ambiente specifico; esclusione dell’utilizzo di fertilizzanti, diserbanti e antiparassitari chimici; divieto di utilizzo di organismi geneticamente modificati (OGM); controllo da parte di enti terzi autorizzati su tutte le fasi della produzione. Perché possa ottenere
la certificazione delle produzioni come “Prodotto da agricoltura biologica”, l’azienda agricola deve aver rispettato gli standard previsti
per un periodo definito di “conversione all’agricoltura biologica” di
almeno due anni prima della semina o, nel caso delle colture perenni diverse dai prati, di almeno tre anni prima del raccolto.
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L’Italia è il primo paese in Europa per numero di aziende che applicano il metodo di produzione biologico. In materia di etichettatura
le disposizioni comunitarie sono molto precise e riguardano origine,
preparazione, trasformazione e confezionamento dei prodotti.
Da febbraio 2000 è stato inoltre introdotto il nuovo marchio europeo per il biologico; l’agricoltura biologica è infatti l’unico metodo di
coltivazione regolato da precise norme europee, stabilite in principio
dal regolamento CE n. 2092 del 1991, di recente aggiornate con il
regolamento CE n. 834 del 2007 (relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici), che semplifica la materia
sia per gli agricoltori che per i consumatori.
La nuova disciplina reca un insieme coerente di obiettivi, principi e
norme fondamentali sulla produzione biologica, compreso un nuovo regime permanente d’importazione e un sistema di controllo più
razionale. L’uso del marchio biologico UE è reso obbligatorio, ma
può essere accompagnato da marchi nazionali o privati. Un’apposita indicazione informerà i consumatori del luogo di provenienza dei
prodotti. Potranno avvalersi del marchio biologico solo i prodotti alimentari che contengono almeno il 95% di ingredienti biologici, ma
i prodotti non bio potranno indicare, nella composizione, gli eventuali ingredienti biologici. Resta vietato l’uso di organismi geneticamente modificati ed ora verrà indicato espressamente che la presenza accidentale di OGM in misura non superiore allo 0,9% vale anche
per i prodotti bio. Rimane invariato l’elenco delle sostanze autorizzate in agricoltura biologica. La nuova normativa apre inoltre la possibilità di aggiungere ulteriori disposizioni sull’acquacoltura, sulla vitivinicoltura, sulle alghe e sui lieviti bio.
Il marchio europeo per il biologico
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L' etichetta aiuterà il consumatore a riconoscere il prodotto biologico,
contraddistinto in primo luogo dalla dicitura “proveniente da agricoltura biologica” o da altre espressioni che suggeriscano all'acquirente
metodi di produzione biologica; deve inoltre essere presente un codice che indica l'organismo di controllo, il logo comunitario e un'indicazione del luogo in cui sono state coltivate le materie prime. Altre specifiche ulteriori indicazioni sono previste per singole categorie di prodotti (ad esempio, i mangimi).
Quando nell’etichetta ci sono tali diciture il consumatore può essere
certo che si tratta di un prodotto biologico. Per il prodotto venduto
sfuso (frutta, ortaggi, pane, ecc...) si può controllare che il contenitore riporti la dicitura “da agricoltura biologica” con tutte le prescrizioni di legge, come le altre etichette.
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5. Le etichette ecologiche
Di particolare aiuto per il consumatore, che è intenzionato a scegliere i prodotti secondo i principi del consumo sostenibile, può essere
saper riconoscere le etichette a valenza ecologica. Si sono diffuse a
partire dagli anni ’70 e da allora sono proliferate al punto che ne esistono diverse decine, anche se – è bene ricordarlo – non tutte con lo
stesso grado di attendibilità, efficacia e riconoscibilità presso il cliente finale. Per semplificare il consumatore deve sapere che le etichette ecologiche esistenti possono essere classificate in tre tipologie: etichette tipo I, etichette tipo II, etichette tipo III. Le etichette di tipo I
sono basate sul superamento di criteri ecologici predefiniti da una
parte terza e sulla convalida da parte di un verificatore accreditato;
sono forse quelle più conosciute, in quanto a questa categoria appartengono i marchi nazionali e quello europeo, l’Ecolabel (vedi infra).
Le etichette di tipo II sono asserzioni ambientali basate su autodichiarazioni di produttori, importatori o distributori, senza la verifica di un accertatore indipendente. Naturalmente tale circostanza ne
riduce l’attendibilità, sebbene vi siano dei parametri introdotti dalla
norma volontaria UNI EN ISO 14021:2002 per rendere più credibile questo strumento e garantire maggiormente i consumatori dalle
informazioni ingannevoli.
Le etichette (e dichiarazioni ambientali) di tipo III
consistono in una dichiarazione quantificata dei
potenziali impatti ambientali associati al
ciclo di vita del prodotto e valutati in
conformità a delle regole predefinite. La funzione è quella di facilitare il confronto tra prodotti omogenei.
La più utilizzata è la DAP, Dichiarazione
Ambientale di Prodotto (vedi infra).
Vi sono infine altri marchi di tipo privato e settoriale che non rientrano nella suddetta divisione (es. FSC, vedi infra).
Di seguito proponiamo un elenco, non esaustivo, delle etichette ecologiche più ricorrenti.
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ECOLABEL: il marchio europeo di qualità ecologica è
l’etichetta più diffusa nel settore ed ha lo scopo di promuovere i prodotti e i servizi che presentano un minore impatto sull’ambiente rispetto ad altri della stessa categoria, fornendo altresì ai consumatori informazioni e
indicazioni precise e scientificamente accertate sui prodotti, attestando che l’oggetto è costruito in maniera ecocompatibile. È uno strumento ad adesione volontaria che viene
concesso a quei prodotti e servizi che rispettano criteri ecologici e prestazionali stabiliti a livello europeo. L’ etichetta ecologica europea è stata istituita con regolamento comunitario n. 880/92 ed in
seguito revisionata, sino ad arrivare alla stesura dell’attuale regolamento n. 1980/2000, proprio con l’obiettivo di incentivare il naturale diffondersi sul mercato di prodotti a ridotto impatto ambientale.
Per i produttori l’ottenimento dell’Ecolabel costituisce, pertanto, un attestato di eccellenza, una opportunità per poter dimostrare l’impegno
e l’attenzione dell’azienda alle problematiche ambientali, in un mercato sempre più sensibile a queste tematiche. I criteri per il riconoscimento del diritto ad apporre il marchio sono periodicamente sottoposti a revisione e resi più restrittivi, in modo da favorire il miglioramento continuo della qualità ambientale dei prodotti e servizi; in particolare i criteri vengono stabiliti per categorie di prodotti e sono basati su:
1) le prospettive di penetrazione del prodotto sul mercato;
2) la fattibilità degli adattamenti tecnici ed economici necessari;
3) il potenziale di miglioramento dell’ambiente a seguito della scelta
dei consumatori.
Inoltre tali criteri interessano tutto il ciclo di vita del prodotto, dall’estrazione delle materie prime, passando attraverso i processi di lavorazione, alla distribuzione (incluso l’imballaggio) e all’utilizzo, fino allo smaltimento del prodotto a fine vita. Gli aspetti che vengono
analizzati sono, in particolare, il consumo di energia, l’inquinamento delle acque e dell’aria, la produzione di rifiuti, il risparmio di risorse naturali, la sicurezza ambientale e la protezione dei suoli.
Quasi tutti i prodotti possono, in presenza dei necessari ed accertati
requisiti, apporre il marchio di qualità ecologica, con esclusione di:
prodotti alimentari, bevande, prodotti farmaceutici, alcuni dispositivi medici, sostanze o preparati classificati come “pericolosi”, prodotti fabbricati con processi suscettibili di nuocere in modo significati-
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vo alle persone e/o all’ambiente. Nel dettaglio sono 26 i gruppi di
prodotti/servizi che possono richiedere l’Ecolabel europeo, tra cui carta, vernici naturali (bassa tossicità, economia d’utilizzo, non infiammabilità), materassi, lampadine, frigoriferi, detersivi, scarpe, tessuti (privi di sostanze tossiche per la colorazione, si evitano così dermatiti e
allergie) nonché servizi per la ricettività turistica e di campeggio. In
Italia vi sono circa 1.200 prodotti con marchio Ecolabel e il numero
è in costante crescita, come in tutta Europa.
Riassumendo, dal punto di vista del consumatore, l’Ecolabel europeo garantisce che il prodotto: 1) ha un minor impatto ambientale rispetto agli altri prodotti presenti sul mercato; 2) è stato sottoposto a
severissimi test per assicurarne le qualità ambientali e prestazionali.
Scegliendo prodotti e servizi Ecolabel, quindi, il consumatore
contribuisce a migliorare l’ambiente, riceve un’informazione trasparente e credibile, acquista prodotti che non contengono componenti dannosi alla salute.
FSC: La certificazione FSC è assegnata dal Consiglio per la Gestione Forestale Sostenibile (Forest Stewardship Council), un’organizzazione mondiale che
ha stabilito principi e criteri per una gestione delle
foreste ecologica e socialmente compatibile. Un prodotto ligneo può fregiarsi del marchio FSC solo se
vi è la garanzia assoluta che il legno proviene effettivamente da una
foresta FSC ed anche tutte le aziende che utilizzano quel legno devono possedere la medesima certificazione.
ENERGY STAR: Energy Star è un programma governativo americano per promuovere la conservazione
di energia migliorando l’efficienza dei prodotti di consumo. L’applicazione è iniziata su prodotti informatici
e poi si è estesa ad altre applicazioni come i prodotti
da ufficio, l’illuminazione ed altro. Energy Star ha dato un forte supporto alla diffusione di semafori LED e di lampade a fluorescenza, sistemi di gestione dell’energia per uffici e prodotti con standby a consumo ridotto.
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FAIRTRADE: Possono fregiare i propri prodotti del
marchio Fairtrade le aziende che rispettano i principi
ed i criteri del commercio equo e solidale, in particolare: scegliere di collaborare con gruppi che hanno scarse possibilità di accesso al mercato tradizionale, rispettare il prezzo equo, cioè un minimo garantito che copra non solo i costi di produzione, ma assicuri anche un margine per investimenti sociali, impegnarsi a stabilire relazioni commerciali stabili per poter permettere ai produttori di pianificare con più certezza il proprio futuro.
INFORMAZIONI AMBIENTALI: Si tratta di un simbolo che si trova nella maggior parte dei detergenti per
la casa ed indica che per la loro produzione sono state
usate sostanze che sciolgono lo sporco degradabili al
90% in 28 giorni. Va tenuto presente che la biodegradabilità è stata imposta dalla legge 136/1983, dunque dovremmo “allarmarci” se non trovassimo questa etichetta sui detergenti che acquistiamo.
100% ENERGIA VERDE: è il primo marchio italiano
che certifica l’energia prodotta da fonti rinnovabili “sostenibili” ed è destinato a produttori, consumatori finali, grossisti e traders. Il marchio ha valenza internazionale, qualifica i produttori e gli utilizzatori di “energia verde” per il loro impegno a favore dell’ambiente e ha lo scopo di
creare un sistema volontario di mercato per incentivare la produzione
di energia da fonti rinnovabili.
TRANSFAIR: marchio nato all’interno del mondo del
commercio equo e solidale per combattere il lavoro
minorile (utilizzato fino al 2003).
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DAP, Dichiarazione Ambientale di Prodotto: la
Dichiarazione Ambientale di Prodotto è basata sull’analisi dell’intero ciclo di vita del prodotto stesso;
permette di chiarire al consumatore le interazioni tra quel bene e
l’ambiente e di confrontare medesimi prodotti della stessa categoria
grazie ad un metodo di valutazione rigido ed omogeneo per tutti.
La credibilità delle informazioni contenute nella DAP e della metodologia di calcolo adottata è dovuta alla verifica e convalida di una
parte terza. Una DAP si compone di cinque parti fondamentali: una
descrizione dell’azienda e del prodotto o servizio oggetto della DAP;
la dichiarazione della prestazione ambientale del
prodotto o del servizio (è il “cuore” della
DAP, poiché contiene le informazioni precise sul profilo ambientale in termini di
risorse impiegate, emissioni inquinanti,
rifiuti prodotti, ecc..); altre informazioni
ambientali (ad es. uso appropriato del
prodotto); informazioni sulle modalità di
riciclaggio e smaltimento del prodotto;
informazioni dal produttore o dall’ente di
certificazione (ad es. parametri ambientali di
riferimento).
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6. Il quadro normativo in Italia
- Delibera CIPE (Comitato Interministeriale Programmazione Economica) del 28 dicembre 1993: attuazione dell’Agenda 21.
- A livello europeo, il “VI Programma quadro di ricerca e sviluppo” fissa gli obiettivi e le priorità che fanno parte della strategia comunitaria per lo sviluppo sostenibile e per le politiche ambientali.
- La Commissione Mediterranea per lo Sviluppo Sostenibile istituita nel 1995 ha il mandato di avviare attività connesse alla promozione dello sviluppo sostenibile.
- Il Programma stralcio di tutela ambientale, approvato con decreto del Ministero dell’Ambiente il 28 maggio 1998, individua gli strumenti per promuovere lo sviluppo sostenibile, far fronte ai cambiamenti climatici, riformare la gestione dei rifiuti, risanare il territorio,
le aree urbane e le acque, conservare e valorizzare il patrimonio naturale e le biodiversità, il mare, le coste e le isole minori.
- La delibera CIPE del 19/11/1998 “Linee guida per le politiche e
misure nazionali di riduzione delle emissioni di gas serra” definisce
le politiche e le misure nazionali per rispondere agli impegni assunti con la sottoscrizione del Protocollo di Kyoto sulla riduzione delle
emissioni dei gas serra.
- Con la legge 344/97 il governo si impegna ad adottare e sviluppare misure per favorire la sostenibilità ambientale. La legge fornisce
supporto tecnico e organizzativo allo sviluppo di tecnologie pulite e
alla sostenibilità urbana, definisce misure per il miglioramento della
progettazione ambientale e per la formazione di nuove figure di tecnici e operatori per l’ambiente.
- Dopo la ratificazione del protocollo di Kyoto nel 2002, il governo italiano ha adottato politiche fiscali e tariffarie ed ha stanziato fondi per incentivi economici/finanziari finalizzati a promuovere lo sviluppo sostenibile ed i nuovi modelli di consumo.
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7. La Camera di Commercio di Ancona
e la sostenibilità
Le Camere di Commercio nel settore dello sviluppo e del consumo
sostenibile svolgono un importante ruolo e sono impegnate su più
fronti: quello dell’informazione, dell’incentivazione e del controllo.
Una delle strategie intraprese dalla Comunità Europea in osservanza
degli impegni assunti dai Paesi sottoscrittori del Protocollo di Kyoto
è stata l’adozione di una Direttiva (1999/94/CE) riguardante la disponibilità di informazioni sul consumo di carburante e le emissioni di
CO2 da fornire ai consumatori nell’ambito della commercializzazione di autovetture nuove. L’Italia ha recepito questa Direttiva con il
DPR 17 febbraio 2003 n. 84, in cui si individua una serie di adempimenti per i costruttori, i rivenditori, il Ministero delle Attività Produttive (ora Ministero dello Sviluppo Economico) e le Camere di
Commercio. Queste ultime, nell’ambito della loro competenza territoriale, hanno il ruolo di vigilare in merito a quanto stabilito dal detto DPR e di informare periodicamente il Ministero dello Sviluppo
Economico, ai fini del monitoraggio sullo stato di attuazione del programma di informazione. Presso la Camera di Commercio di Ancona è disponibile la Guida sul risparmio di carburanti e sulle emissioni di CO2 delle autovetture.
Al fine di incentivare lo sviluppo imprenditoriale in senso “sostenibile” e “responsabile”, la Camera di Commercio di Ancona promuove, mediante la concessione di contributi alle PMI disciplinati da apposito regolamento, l’adozione da parte delle imprese
della provincia di Ancona, di sistemi di gestione ambientale ISO
14001:2004 ed EMAS o di responsabilità sociale secondo lo schema certificativo SA8000.
La ISO 14001 è la certificazione che può conseguire l’impresa che
adotti determinati standard di gestione ambientale; in particolare l’organizzazione certificata ha un sistema di gestione adeguato a tenere
sotto controllo gli impatti ambientali delle proprie attività e ne ricerca sistematicamente il miglioramento in modo coerente, efficace e soprattutto sostenibile. Dunque è una certificazione di impresa e non
di prodotto.
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La Registrazione EMAS (Eco-Management and Audit Scheme) è uno strumento volontario creato dalla Comunità Europea al quale possono aderire le organizzazioni per valutare e migliorare le proprie prestazioni ambientali e fornire al pubblico informazioni sulla propria gestione ambientale. Il sistema di gestione ambientale dello standard EMAS è basato sulla norma ISO 14001, di cui sono richiamati tutti i requisiti; in aggiunta a ciò viene mantenuto un dialogo aperto con il pubblico attraverso la pubblicazione ed il continuo aggiornamento di una Dichiarazione Ambientale in cui devono essere riportati informazioni
e dati di rilievo circa gli impatti ambientali dell’organizzazione (politica ambientale, illustrazione del sistema di gestione ambientale, natura degli impatti ambientale ed obiettivi di miglioramento, ecc…).
La sigla SA8000 identifica uno standard internazionale di certificazione redatto dal CEPAA (Council of Economical Priorities Accreditation Agency) e finalizzato a certificare appunto alcuni aspetti della
gestione aziendale attinenti alla responsabilità sociale di impresa ed
in particolare il rispetto dei diritti umani, il rispetto dei diritti dei lavoratori, la tutela contro lo sfruttamento dei minori, le garanzie di sicurezza e salubrità dei luoghi di lavoro. La norma SA8000, rispetto
alle tipiche normative ISO con le quali ha in comune la struttura formale, per sua natura interessa tutta l’azienda, richiedendo il coinvolgimento di direzione, top management, fornitori, subfornitori e - importantissimi - dei consumatori finali. Per spiegare concretamente, i
requisiti vengono verificati con interviste casuali direttamente nei
confronti dei dipendenti o nei confronti dei subfornitori (che difficilmente sono in contatto diretto con l’azienda certificata) per verificare eventuali casi di mobbing o l’utilizzo di lavoratori irregolari.
Sotto questo profilo si sottolinea che la stessa Camera di Commercio di Ancona ha ottenuto, prima in Italia, la registrazione ambientale EMAS al termine di un percorso di certificazione e di esame condotto da un soggetto verificatore esterno (Certiquality).
Il 3 luglio 2008 si è svolta alla Loggia dei Mercanti di Ancona la presentazione ufficiale del riconoscimento ricevuto e della Dichiarazione Ambientale, uno degli strumenti che l’istituzione si è data per comunicare a tutti i suoi interlocutori e per colloquiare con essi: non
solo imprese e associazioni di categoria ma anche le altre istituzioni
pubbliche, il personale, i singoli cittadini. Con tale registrazione, la
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Camera di Commercio ha deciso di intraprendere in prima persona
un’analisi dell’impatto ambientale provocato dalle proprie attività e si è data degli obiettivi precisi (e molto pratici) già in parte conseguiti: riduzione dei consumi energetici, delle emissioni del gas
serra, di acqua, carta, toner e incentivo degli acquisti verdi nonché dell’utilizzo dei trasporti pubblici da parte dei propri dipendenti.
Inoltre, nella consapevolezza che la nuova sfida imprenditoriale sta
nel combinare il rispetto di norme ambientali rigorose con le esigenze di una economia in continua crescita, sviluppandole in maniera
sostenibile, la Camera di Commercio di Ancona è stata anche il
primo Ente in Europa a promuovere la costituzione di una Scuola EMAS per Consulenti e Revisori Ambientali, assumendo così
un ruolo di primo piano nella diffusione dei sistemi di Gestione Ambientale e della cultura ambientale. La Scuola è stata istituita nel marzo 2001 e rappresenta il primo modello riconosciuto in ambito europeo. Con Delibera di Giunta Camerale n°83 del 19/03/2001 si è
stipulata la Convenzione tra l’Ente camerale e il Comitato per l’Ecolabel e per l’Ecoaudit per l’istituzione della prima Scuola nazionale
per Consulenti e Revisori ambientali EMAS. A questa convenzione
hanno aderito successivamente la Provincia di Ancona, il Comune di
Ancona e l’Università Politecnica delle Marche, ottenendo anche il
patrocinio dalla Regione.
La Scuola EMAS di Ancona è ritenuta per le Marche un’opportunità
che coinvolge tutti gli attori sociali, chiamati a diversi livelli e con
competenze differenziate, a definire obiettivi, strategie, azioni per attività integrate di informazione e formazione, soprattutto in
conseguenza della rapida evoluzione degli scenari e dei
nuovi compiti che si ritiene debba assolvere la formazione ambientale, richiedendo,
quindi, un salto di qualità a
chi promuove e a chi opera in
questo ambito. Obiettivo della
Scuola è quello di creare figure
professionali riconosciute in grado
di assistere le organizzazioni (Enti ed
imprese) nella predisposizione e attuazione del sistema di gestione ambientale
(Consulenti EMAS) o per le fasi specifiche
di Audit interno (Revisori).
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I Corsi formativi organizzati forniscono ai futuri Consulenti competenze specialistiche per poter svolgere attività di sensibilizzazione del
tessuto locale sui temi della sostenibilità ambientale e dello sviluppo
“sostenibile” del territorio e generare nuove soluzioni e proposte in
grado di colmare il ritardo attuale nell’implementazione di politiche
ambientali applicate a contesti aziendali e/o istituzionali.
Gli iter formativi realizzati dalla Scuola, inoltre, rispondono a precisi criteri di qualità volti a promuovere una cultura ecosistemica e sono orientati a perseguire i seguenti obiettivi generali:
- rafforzare e sviluppare negli operatori ambientali le competenze e
le capacità necessarie a migliorare la qualità dei processi di programmazione, progettazione e gestione in un contesto organizzativo orientato alla qualità e allo sviluppo sostenibile;
- promuovere, nelle organizzazioni pubbliche e private, la conoscenza e l’utilizzo integrato dei Sistemi di Gestione Ambientale e degli
strumenti di miglioramento delle prestazioni ambientali dei prodotti e dei servizi nell’ottica delle “politiche integrate di prodotto”;
- aggiornare gli operatori sulle politiche per la sostenibilità dello sviluppo, sulla normativa ambientale, sugli aspetti procedurali e sulla distribuzione delle competenze del “sistema regionale per l’ambiente”
tra Regione, Province, Comuni e ARPAM.
In questa prospettiva, la Scuola EMAS di Ancona ha assunto in questi anni di attività il ruolo di capofila nel progetto di diffusione del
“Sistema Scuola EMAS” in tutta Italia contribuendo all’apertura di altre Scuole e con il preciso obiettivo di creare una rete per la condivisione di documenti, aggiornamenti, esperienze e criticità per un miglioramento continuo delle performance.
A quanto appena scritto va poi aggiunta l’apertura presso la Camera di Commercio di Ancona
di uno Sportello dedicato alla promozione,
sensibilizzazione e diffusione della cultura
della Responsabilità Sociale d’Impresa e
delle buone pratiche locali di CSR. Il servizio è stato avviato nel 2005 (a seguito di
un protocollo d’intesa tra Ministero del
Lavoro e Unioncamere Nazionale) nell’ottica complessiva della realizzazione di un
modello locale di sviluppo sostenibile.
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Lo sportello svolge attività di informazione alle imprese e alle altre
organizzazioni del territorio mediante la realizzazione di convegni,
seminari tecnici, corsi di formazione e altre iniziative promozionali
quali la partecipazione condivisa con le PMI locali a Fiere nazionali
legate ai principi della sostenibilità.
Inoltre, tra le azioni di sensibilizzazione sui temi ambientali sviluppate dalla Camera, sta assumendo sempre maggiore rilievo la creazione di un osservatorio in materia di brevetti ambientali che mira a colmare la lacuna rappresentata dall’assenza sull’intero territorio
nazionale di un monitoraggio sistematico dei brevetti nazionali ed
europei con potenziale impatto ambientale.
Nel corso del 2008 sono state poste le fondamenta per raggiungere
questo importante obiettivo, iniziando la raccolta di informazioni,
per il momento su scala regionale, relativamente a quelle invenzioni
industriali che potrebbero avere un impatto concreto sull’ambiente.
Dopo aver compiuto questo primo, ma fondamentale, step la Camera intende dare la giusta visibilità alle invenzioni sinora trovate rendendole consultabili all’interno del sito web www.marcheinnovazione.it, portale interamente dedicato ai temi dell’innovazione e del
trasferimento tecnologico in ambito regionale, all’interno del quale
la Camera di Commercio di Ancona ha curato la realizzazione della
sezione “BREVETTI”.
Infine, i cittadini possono ricevere informazioni sulla normativa nazionale e comunitaria e richiedere pareri relativi alle problematiche
connesse al consumo presso il Servizio di Tutela del Consumatore dell’Ente Camerale. Tale ufficio organizza ogni anno numerose
attività di carattere divulgativo (seminari, convegni, tavole rotonde…), finalizzate ad approfondire i principali aspetti della complessa legislazione sul consumo: un’adeguata conoscenza delle disposizioni applicabili costituisce, infatti, uno strumento fondamentale per
la realizzazione di un sistema economico caratterizzato da un maggior equilibrio tra imprese e consumatori. Il Servizio di Tutela del
Consumatore cura inoltre la realizzazione di opuscoli e guide su temi di attualità; si segnalano a questo proposito le seguenti pubblicazioni: Guida all’e-commerce; Riferimenti normativi in tema di etichettatura dei prodotti alimentari; Istruzioni per te che viaggi; Opuscolo sulle clausole vessatorie; Depliant sulle garanzie per i beni di
consumo; Guida all’etichettatura delle calzature.
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RIFERIMENTI UTILI
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NOTE
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CERTIQUALITY
È MEMBRO DELLA
FEDERAZIONE CISQ
Ufficio Registro Imprese - certificato UNI EN ISO 9001
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Il Consumo sostenibile - Camera di Commercio di Ancona