L’Europa in movimento Direzione generale Istruzione e cultura La politica per l’occupazione e la politica sociale dell’Europa: una politica per le persone Commissione europea Il presente opuscolo è pubblicato in tutte le lingue dell’Unione europea: danese, finnico, francese, greco, inglese, italiano, olandese, portoghese, spagnolo, svedese e tedesco. Commissione europea Direzione generale Istruzione e cultura Unità Pubblicazioni, rue de la Loi 200, B-1049 Bruxelles Manoscritto terminato in maggio 2000 Copertina: EKA Una scheda bibliografica figura alla fine del volume. Lussemburgo: Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee, 2000 ISBN 92-828-8273-X © Comunità europee, 2000 Riproduzione autorizzata. Printed in Belgium STAMPATO SU CARTA SBIANCATA SENZA CLORO La politica per l’occupazione e la politica sociale dell’Europa: una politica per le persone Indice L’Unione europea, posti di lavoro e politica sociale 3 Posti di lavoro più numerosi e migliori per tutti: la strategia europea per l’occupazione 8 L’Europa investe nelle persone; il Fondo sociale europeo 13 Opportunità, sicurezza, protezione e diritti: la politica europea per i lavoratori dipendenti e i lavoratori autonomi 17 Il futuro della protezione sociale nell’Unione europea 22 Pari opportunità e pari diritti: la politica dell’UE per la parità tra le donne e gli uomini 24 Lotta contro la discriminazione e l’emarginazione 28 Le prospettive per il futuro: la politica dell’occupazione e la politica sociale in Europa oltre il 2000 30 Altre fonti d’informazione 31 L’Unione europea, posti di lavoro e politica sociale Obiettivo della politica europea dell’occupazione e della politica sociale è di promuovere una qualità della vita e livelli di vita dignitosi per tutti in una società attiva, inclusiva e sana. Sinora tale politica ha contribuito a migliorare le vite di milioni di cittadini dell’UE, compresi i disoccupati, gli anziani, i disabili, le persone emarginate dalla società, quelle che incorrono in discriminazioni sul mercato del lavoro e molte altre ancora. Grazie a quello che ormai è noto come «modello sociale europeo» le persone che vivono nell’UE non sono abbandonate in balia delle forze del mercato. Al contrario esse dispongono di una delle più forti reti di sicurezza sociale esistenti al mondo. Ciò è dovuto al fatto che l’Unione europea crede fermamente nella necessità di una forte competizione per le imprese onde migliorare la produttività e la crescita ma crede altrettanto fermamente nella necessità di una forte solidarietà tra i cittadini per creare una società stabile e una prosperità condivisa tra tutti. In che modo l’Unione europea attua la politica in campo sociale e occupazionale? L’UE non affronta di propria iniziativa la politica occupazionale e sociale dell’Europa né è l’unica responsabile in tale campo. La politica sociale è responsabilità precipua degli Stati membri. Conformemente al principio di sussidiarietà, l’Europa si occupa soltanto delle questioni per le quali una soluzione a Non solo le finanze, ma anche la disoccupazione e le questioni sociali sono al centro delle preoccupazioni degli Stati membri dell’Unione europea. Ecco l’obiettivo dell’integrazione europea secondo i trattati: «La Comunità [l’UE] ha il compito di promuovere nell’insieme della Comunità (...) uno sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile delle attività economiche, un elevato livello di occupazione e di protezione sociale, la parità tra uomini e donne, una crescita sostenibile e non inflazionistica, un alto grado di competitività e di convergenza dei risultati economici, un elevato livello di protezione dell’ambiente e il miglioramento della qualità di quest’ultimo, il miglioramento del tenore e della qualità della vita, la coesione economica e sociale e la solidarietà tra Stati membri». Articolo 2 del trattato che costituisce la Comunità europea (CE) modificato dal trattato di Amsterdam 1997. La CE è, quale «primo pilastro», una parte dell’Unione europea. 3 La politica per l’occupazione e la politica sociale dell’Europa: una politica per le persone livello di UE appare più opportuna. Sinora l’UE ha fissato soltanto standard minimi e diritti di minima. Gli Stati membri possono quindi adottare norme e regolamenti che vanno al di là delle disposizioni sociali europee. Per risolvere i problemi sociali dell’Europa occorre l’apporto congiunto del maggior numero possibile di attori, ed è per questo che la politica occupazionale e sociale dell’Europa è gestita di concerto con gli Stati membri e in cooperazione con le associazioni e le organizzazioni non governative (ONG). A metà degli anni ’90 queste organizzazioni si sono federate per costituire la «Piattaforma delle ONG europee in campo sociale» che contribuisce alla politica sociale europea con opinioni e idee. Le ONG sono inoltre partner competenti e importanti dell’UE nell’attuare le misure di politica sociale e costituiscono un anello importantissimo tra l’UE e i suoi cittadini tramite questi contatti cui si applica spesso la definizione di «dialogo civile». Gli obiettivi della politica occupazionale e sociale comprendono l’ulteriore sviluppo del dialogo civile come anche del «dialogo sociale» vale a dire negoziati tra le parti sociali a livello europeo. Qual è il ruolo delle parti sociali? Le parti sociali sono i sindacati e le organizzazioni datoriali. Le loro organizzazioni centrali a livello europeo svolgono un ruolo importante contribuendo, secondo procedure determinate, a dare forma e sostanza alla politica occupazionale e sociale dell’Europa. Nel 1985 la Confederazione europea dei datori di lavoro (UNICE), la Confederazione europea dei sindacati (ETUC) e il Centro europeo dell’impresa pubblica (CEEP) hanno concordato di collaborare su base regolare. L’accordo sulla politica sociale del 1992 ha fatto dei sindacati e delle organizzazioni datoriali consulenti specialistici delle istituzioni europee. Ma è stato il trattato di Amsterdam del 1997 a farne dei codecisori. Una volta che le parti sociali hanno concluso un accordo esse possono ora presentarlo alle istituzioni europee affinché venga trasformato in una normativa europea. Le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro hanno così assunto una maggiore importanza nell’ambito della politica occupazionale e sociale. Esse sono diventate partner, condizione essenziale se si vogliono affrontare le sfide del cambiamento socioeconomico in Europa. I principali compiti della politica sociale europea sono descritti nell’articolo 136 del trattato CE: «La Comunità [l’UE] e gli Stati membri (...) hanno come obiettivi la promozione dell’occupazione, il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro che consenta la loro parificazione nel progresso, una protezione sociale adeguata, il dialogo sociale, lo sviluppo delle risorse umane atto a consentire un livello occupazionale elevato e duraturo e la lotta contro l’emarginazione». 4 Grecia Portogallo Spagna Italia Francia Lussemburgo Irlanda Regno Unito Belgio Olanda Germania Danimarca Austria Svezia Finlandia Stati membri UE (*) Cipro Malta Turchia Bulgaria Romania Slovenia Ungheria Repubblica slovacca Repubblica ceca Polonia Lituania Lettonia Estonia Paesi candidati con i quali sono in corso i negoziati d’adesione (*) Territori d’oltremare ed extracontinentali non riprodotti. Altri paesi candidati La politica per l’occupazione e la politica sociale dell’Europa: una politica per le persone tori che, secondo loro, metterebbero sotto pressione i sistemi sociali. In realtà, però, non vi è motivo di grandi preoccupazioni poiché l’UE porta avanti una strategia di preadesione che promuovere il ravvicinamento dei diritti sociali ancora prima dell’adesione. Il trattato di Amsterdam del 1997 ha dato nuovo impulso agli sforzi per creare nuovi posti di lavoro in Europa. Quali saranno le ripercussioni dell’allargamento dell’UE? L’Unione europea conduce negoziati di allargamento con dodici paesi che hanno chiesto di aderire all’UE (la maggior parte dei paesi dell’Europa centrale e orientale). L’adesione di nuovi Stati membri all’Unione europea costituisce una sfida non solo in termini economici, ma anche in un’ottica di politica sociale poiché il livello di vita nella maggior parte dei paesi candidati è inferiore alla media dell’UE. I cittadini dell’UE potrebbero chiedersi con una certa preoccupazione cosa ne sarà della coerenza sociale dell’UE quando essa sarà costituita di un numero di gran lunga superiore rispetto agli attuali 15 Stati membri. Soprattutto negli Stati membri che hanno una frontiera comune con un paese candidato i cittadini temono un grande afflusso di lavora- I paesi candidati devono attuare progressivamente la normativa dell’UE, compresa quella in materia di politica sociale, per poter essere accolti. L’UE aiuta i paesi candidati a modernizzare i loro sistemi sociali mediante «partenariati per l’adesione» che comportano un consistente sostegno finanziario da parte dell’UE e scambi di esperienze e di know-how. I programmi dell’UE in materia di istruzione e formazione, ad esempio, sono stati aperti a partecipanti di questi paesi. La strategia di preadesione dell’UE va quindi a vantaggio dei cittadini dei futuri Stati membri e, in un’ottica di lungo periodo, va anche a vantaggio della stabilità sociale dell’UE. Cosa comporta il trattato di Amsterdam sul piano della politica occupazionale e sociale? Il trattato di Amsterdam, che è stato concordato nel 1997 ed è entrato in vigore nel maggio 1999 ha costituito un importante svolta nella politica occupazionale e sociale dell’Europa. Ad Amsterdam, i capi di Stato o di governo hanno aggiunto al trattato un intero capitolo sull’occupazione e hanno dichiarato, per la primis- L’articolo 125 del trattato CE definisce gli obiettivi della strategia europea per l’occupazione: «Gli Stati membri e la Comunità [l’UE] (...) si adoperano per sviluppare una strategia coordinata a favore dell’occupazione e, in particolare, a favore della promozione di una forza lavoro competente, qualificata, adattabile e di mercati del lavoro in grado di rispondere ai mutamenti economici (...)». 6 sima volta, che la politica occupazionale costituisce un compito comune europeo. Cos’è il programma di azione sociale? Il trattato ha anche introdotto diversi nuovi compiti per la politica sociale europea. Ad esempio, l’UE può ora intraprendere azioni per lottare contro la discriminazione o per aiutare le persone emarginate a trovare il loro ruolo nella società, rispecchiando così l’impegno di realizzare una società integrata. Nel 1993 la Commissione ha avviato un’ampia consultazione sul futuro della politica sociale europea. Obiettivo della consultazione — che aveva ricevuto impulso dai libri verde e bianco sulla politica sociale nel 1993 e 1994 — era di sviluppare un approccio ampio, innovativo e lungimirante in materia di politica sociale europea. Il risultato è stato il programma a medio termine di azione sociale 1995-1997. Il trattato di Amsterdam è anche importante perché ha conferito alla politica occupazionale e sociale una dimensione veramente europea. Nel corso degli anni ’90 la maggior parte delle misure dell’UE in materia di politica sociale si basavano sull’accordo sulla politica sociale allegato in forma di protocollo al trattato dell’UE del 1992 nonché sulla Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori adottata dai capi di Stato o di governo nel 1989. I diritti fondamentali dei lavoratori proclamati dai governi comprendevano la protezione della salute e della sicurezza sul lavoro, la formazione, nonché la parità di trattamento tra gli uomini e le donne. Mentre la Carta non era un documento legalmente vincolante, l’accordo sulla politica sociale assicurava che l’UE fosse in grado di intraprendere azioni negli ambiti sociali coperti dalla Carta. Tuttavia il Regno Unito non aveva sottoscritto né la Carta né l’accordo sulla politica sociale. Conseguentemente, parte della normativa dell’UE in campo sociale era applicabile in soli 14 dei 15 Stati membri. Il trattato di Amsterdam ha posto fine a questa diversità nello sviluppo della politica sociale dell’UE. Prendendo le mosse dai risultati del primo programma e dal nuovo impulso dato dalla politica per l’occupazione e dal trattato di Amsterdam, il programma di azione sociale 1998-2000 ha definito un nuovo quadro per lo sviluppo della politica sociale europea. I suoi principali obiettivi erano di promuovere una società inclusiva e di preparare i singoli cittadini ai mutamenti del mondo del lavoro in un’epoca di globalizzazione e di rapido cambiamento tecnologico. Essa ha raggruppato le principali linee d’azione in tre capitoli principali: posti di lavoro, competenze e mobilità, il mondo del lavoro in mutamento e una società dell’inclusione. Questo quadro d’azione per la politica sociale è stato attuato parallelamente alla strategia europea per l’occupazione adottata ad Amsterdam nel 1997. L’accordo è ora parte integrante del trattato e le sue disposizioni si applicano senza distinzione a tutti gli Stati membri. Tutti i cittadini dell’UE possono ora rifarsi alla normativa sociale adottata dall’UE negli anni ’90 ed applicata retrospettivamente al Regno Unito. 7 La politica per l’occupazione e la politica sociale dell’Europa: una politica per le persone Posti di lavoro più numerosi e migliori per tutti: la strategia europea per l’occupazione All’alba del XXI secolo, l’elevato livello di disoccupazione costituisce uno dei più gravi problemi socioeconomici per quasi tutti gli Stati membri. Un cittadino dell’UE su dieci si trova a cercare lavoro invano. Il tasso di occupazione in Europa è del 61 %, vale a dire quasi dieci punti percentuali al di sotto degli Stati Uniti e del Giappone. Anche se nell’UE sono stati creati milioni di nuovi posti di lavoro, milioni di persone non riescono ancora a trovare un’occupazione. Inoltre più della metà di tutte le persone in cerca di lavoro sono disoccupate da più di un anno. Oltre alla carenza netta di posti di lavoro, alcuni gruppi della popolazione incontra- no difficoltà sul mercato del lavoro: i disoccupati di lungo periodo, i giovani, i disoccupati anziani, i disabili, le donne e le minoranze etniche. Il tasso di occupazione delle donne in Europa è di circa il 20 % inferiore al tasso corrispondente degli uomini. Per i disabili esso è ancora più basso ed è di circa il 30 % inferiore alla media europea. L’obiettivo dell’UE è quindi non solo di assicurare la creazione di un maggior numero di posti di lavoro, ma anche di fornire migliori opportunità sul mercato del lavoro per i gruppi della popolazione che sinora si sono trovati in situazione di svantaggio. UE Agricoltura 3,0 % Industria 17,8 % Servizi 39,7 % Industria 17,7 % Servizi 54,3 % Non occupati 39,5 % USA Agricoltura 2,0 % Non occupati 26,0 % Occupazione per settore: percentuale della popolazione attiva complessiva, 1997. La categoria «non occupati» comprende i disoccupati in cerca di lavoro e i cittadini che si trovano fuori dal mercato del lavoro. 8 All’inizio degli anni ’90 è risultato chiaro che la crescita economica non bastava da sola a risolvere i problemi strutturali che gravavano sul mercato del lavoro dell’UE. Il libro bianco della Commissione Crescita, competitività e occupazione ha suscitato a partire dal 1993 un intenso dibattito sul modo in cui l’UE potesse assicurare posti di lavoro sostenibili e migliori opportunità per le persone svantaggiate in cerca di lavoro. Dalla discussione è emersa la «strategia europea per l’occupazione» consacrata dal trattato di Amsterdam. Nel vertice di Lussemburgo del 1997 i capi di Stato o di governo hanno adottato quello che era in assoluto il primo gruppo di «Orientamenti per l’occupazione» con l’obiettivo di sviluppare una politica del mercato del lavoro più attiva che in passato. Invece di concentrarsi esclusivamente su un sostegno ai redditi dei disoccupati, sono state messe all’ordine del giorno misure preventive che davano rilievo all’occupabilità delle persone in cerca di lavoro, all’imprenditorialità, all’adattabilità delle imprese e dei lavoratori al cambiamento economico e tecnologico nonché alle pari opportunità per le donne e gli uomini e per i disabili. 9 La politica per l’occupazione e la politica sociale dell’Europa: una politica per le persone Occupabilità Imprenditorialità Questo capitolo si riferisce alle competenze delle persone in cerca di lavoro. La formazione, la formazione continua, la riqualificazione e un’adeguata consulenza in materia di carriere sono gli strumenti con i quali i governi possono assicurare che le persone in cerca di lavoro dispongano delle competenze e delle esperienze richieste dal mercato del lavoro. Gli obiettivi sono: Se si vogliono creare nuovi posti di lavoro è importante semplificare la vita per le aziende. L’intenzione dei paesi dell’UE è quindi di agevolare la creazione di nuove imprese e incoraggiare le persone a diventare lavoratori autonomi ricorrendo alle seguenti strategie: • identificare gli ostacoli che si frappongono alla creazione di piccole e medie imprese e apportare i necessari cambiamenti; • a tutti i giovani devono essere offerte opportunità di formazione, di riqualificazione, occupazione o tirocinio pratico prima che essi abbiano trascorso un periodo di disoccupazione di sei mesi; • ridurre gli oneri fiscali e contributivi che gravano sulla manodopera, in particolare per quanto concerne i posti di lavoro a bassa retribuzione; • ai disoccupati più avanti con gli anni deve essere offerta la possibilità di un nuovo inizio, più in particolare mediante una formazione continua e un orientamento in materia di carriere, prima che essi abbiano passato un periodo di disoccupazione superiore a dodici mesi; • esaminare il modo per creare un maggior numero di posti di lavoro nella sfera sociale, ad esempio nel settore del volontariato e in quello cooperativo. • almeno a un disoccupato su cinque deve essere offerta un’opportunità di riqualificazione o di formazione continua; • deve essere ridotto il tasso di abbandono scolastico e si deve creare un sistema di apprendistato o migliorare il sistema esistente. I governi degli Stati membri possono realizzare questi obiettivi soltanto se le organizzazioni dei lavoratori e quelle dei datori di lavoro si accordano per accrescere il numero di tirocini, apprendistati, opportunità di riqualificazione e altre possibilità di acquisizione di competenze. Verso posti di lavoro migliori e più numerosi: i quattro pilastri della strategia europea per l’occupazione. 10 Adattabilità Pari opportunità Le imprese e i lavoratori si trovano costretti a adattarsi. Devono affrontare nuove tecnologie e condizioni di mercato mutevoli. Quest’adattamento dovrebbe essere agevolato: Gli Stati membri dell’UE attribuiscono un’importanza particolare al fatto di assicurare che le donne e gli uomini abbiano uguali opportunità di carriera nonché all’integrazione dei disabili nel mercato del lavoro. Essi hanno quindi deciso di: • sviluppando strategie per realizzare organizzazioni moderne e flessibili di concerto con le parti sociali; • adottare misure per assicurare che un maggior numero di donne entri sul mercato del lavoro e abbia accesso a settori e a occupazioni che precedentemente erano appannaggio degli uomini; • esaminando se le attuali forme di occupazione estremamente diversificate richiedono nuovi tipi di contratto di lavoro; • migliorare la disponibilità di strutture per la custodia dei bambini e di assistenza agli anziani per incoraggiare le donne a rimanere nel campo del lavoro o ad entrarvi; • introducendo, là dove è possibile, incentivi per la formazione continua e individuale nelle imprese. • rimuovere progressivamente gli ostacoli che rendono difficile per le donne e gli uomini ritornare al lavoro dopo una interruzione (dovuta, ad esempio, all’educazione dei figli); • consacrare un’attenzione particolare alle difficoltà incontrate dai disabili nel trovare lavoro. 11 La politica per l’occupazione e la politica sociale dell’Europa: una politica per le persone Le piccole imprese sono elementi essenziali per creare nuovi posti di lavoro. 2. ogni paese redige un piano d’azione nazionale in cui descrive il modo in cui gli orientamenti vengono tradotti nella pratica nel modo più confacente a tale paese; tale processo deve coinvolgere un’ampia gamma di partner: sindacati, datori di lavoro, autorità locali e regionali; EKA 3. la Commissione e il Consiglio esaminano congiuntamente ciascun piano d’azione nazionale e presentano una relazione al Consiglio europeo di dicembre (vertice UE). La Commissione presenta inoltre una raccomdanzione di revisione degli orientamenti per l’occupazione per l’anno successivo. Come funziona nella pratica la strategia europea per l’occupazione? Gli obiettivi della politica per l’occupazione non sono semplici slogan. I governi degli Stati membri hanno adottato politiche estremamente articolate nell’ambito dei quattro pilastri fondamentali (cfr. l’illustrazione). I pilastri della strategia europea per l’occupazione non forniscono soltanto un orientamento agli Stati membri, essi costituiscono parte integrante di tutte le politiche dell’UE. È per questo che essi sono portati avanti simultaneamente a livello regionale, nazionale ed europeo. Nel contesto della strategia europea per l’occupazione gli Stati membri coordinano le loro politiche del mercato del lavoro in un ciclo annuale che funziona così: 1. all’inizio dell’anno, su proposta della Commissione, il Consiglio approva una serie di ambiti d’azione prioritari — gli orientamenti per l’occupazione. Questi orientamenti comprendono obiettivi concreti; 12 Su proposta della Commissione, il Consiglio europeo può, se del caso, emanare raccomandazioni specifiche ai governi di singoli Stati membri. In altre parole, esso può raccomodare misure specifiche per aiutarli a raggiungere i loro obiettivi di politica dell’occupazione. In tal modo l’UE è doppiamente partecipe della politica dell’occupazione: tramite la propria politica e a sostengo delle politiche degli Stati membri. Subito dopo il primo vertice sull’occupazione del 1997, si sono decise azioni concrete a livello dell’UE: «Iniziativa crescita e occupazione», un programma di sostegno finanziario per le piccole e medie imprese (PMI). Obiettivo del programma è di agevolare l’accesso al capitale di rischio e a garanzie finanziarie per le PMI che sono spesso altamente innovative e creano un maggior numero di posti di lavoro rispetto ad altre imprese. L’Europa investe nelle persone: il Fondo sociale europeo Il Fondo sociale europeo (FSE) è lo strumento finanziario dell’UE per investire nelle persone. A partire dal 1957, l’FSE ha applicato il principio di un finanziamento congiunto per contribuire a quanto gli Stati membri fanno per migliorare le prospettive lavorative dei cittadini e aiutare a sviluppare le loro competenze. Il Fondo sociale europeo convoglia denaro europeo per aiutare gli Stati membri a raggiungere gli obiettivi che essi hanno concordato e in modo da creare posti di lavoro più numerosi e migliori. Il suo compito è di contribuire a prevenire e a combattere la disoccupazione, rendere i lavoratori e le imprese europee meglio preparati per affrontare le nuove sfide e impedire che le persone perdano ogni contatto con il mercato del lavoro. • L’FSE contribuisce a sviluppare le competenze delle persone, in particolare di quelle che incontrano particolari difficoltà a trovare un lavoro, a mantenere il proprio posto di lavoro o che ritornano sul mercato del lavoro dopo un’assenza. • L’FSE aiuta gli Stati membri nei loro sforzi per realizzare nuovi sistemi e politiche attive onde combattere le cause che sottendono la disoccupazione e migliorare le competenze. • L’FSE adatta il proprio sostegno ai bisogni specifici delle regioni che si trovano ad affrontare problemi particolari. L’Unione europea dispone di nuovi mandati per affrontare il nuovo millennio. Una delle priorità principali è la lotta contro la disoccupazione nonché la necessità di migliorare le competenze della manodopera in modo da migliorare le prospettive dei lavoratori e la competitività dell’UE. Anche se l’Europa ha creato posti di lavoro ciò ha avuto scarse ripercussioni sul numero di disoccupati. A tale proposito un fattore importante è costituito dalla carenza di competenze e quindi la necessità per le persone di sviluppare le giuste competenze per ottenere lavoro e per le imprese di sviluppare la giusta base di esperienza per stimolare la crescita e creare posti di lavoro, soprattutto nei nuovi settori. Il 2000 segnerà l’inizio di un nuovo ciclo settennale per il Fondo sociale europeo nel corso del quale le sue potenzialità dovranno essere pienamente integrate — sia in termini politici che gestionali — con quanto viene fatto dagli Stati membri onde attuare la strategia europea per l’occupazione. 13 Il Fondo sociale europeo finanzia iniziative di formazione per aiutare le persone a mantenere o a trovare un posto di lavoro. La politica per l’occupazione e la politica sociale dell’Europa: una politica per le persone Uno dei principali compiti della politica sociale consiste oggi nel ridurre il tasso di disoccupazione in Europa. L’FSE è uno dei quattro fondi strutturali dell’UE, gli altri sono il Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG), lo Strumento finanziario di orientamento della pesca (SFOP) e il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR). La loro missione comune è di ridurre le diversità del tenore di vita tra i cittadini e le regioni dell’UE. Cosa può fare l’FSE? Considerati assieme, i quattro fondi utilizzeranno circa 195 miliardi di euro nel settennio 2000-2006 onde raggiungere tre obiettivi: L’FSE può fornire aiuti volti al conseguimento di un’ampia gamma di obiettivi politici onde assistere gli Stati membri nello sviluppo dei loro mercati del lavoro e delle competenze dei lavoratori o di coloro che sono alla ricerca di lavoro. Gli Stati membri e le regioni in tutta l’UE hanno strategie e strutture diverse. Essi decidono a quali ambiti politici occorra prestare maggiore attenzione e come fare il migliore uso dei finanziamenti dell’FSE per gli obiettivi che a essi stanno maggiormente a cuore, anche se sono tenuti a riservare un’attenzione particolare allo sviluppo delle competenze e alle pari opportunità nonché alla necessità di assicurare che gli interventi siano radicati in piani di sviluppo locale. • Obiettivo n. 1: promuovere lo sviluppo delle regioni in ritardo di sviluppo. Circa due terzi dei finanziamenti dei fondi strutturali dovranno essere usati a vantaggio delle regioni il cui PIL pro capite è inferiore al 75 % della media UE. Regioni di questo tipo si trovano in nove paesi dell’UE e tra esse vi sono le regioni più remote dell’UE (i dipartimenti francesi d’oltremare, le Azzorre, Madera e le Canarie). L’obiettivo n. 1 fornisce anche assistenza alle regioni scarsamente popolate della Svezia settentrionale e della Finlandia. L’FSE si occupa essenzialmente del sostegno di cui hanno bisogno i singoli cittadini per accrescere la loro occupabilità, ma può essere utilizzato anche per contribuire a migliorare i sistemi e le strutture onde far meglio funzionare il mercato del lavoro stesso. • Obiettivo n. 2: sostenere la conversione socioeconomica di quattro tipi di zone che presentano difficoltà particolari: quelle che incontrano problemi ad adattarsi al cambiamento nel settore industriale e in quello dei servizi, le zone rurali in declino, le zone urbane in difficoltà e le zone depresse che dipendono in misura notevole dal settore della pesca. I programmi dell’FSE che attuano tali piani hanno una durata di sette anni. Gli ambiti strategici sono concepiti in modo da interagire con i piani di azione per l’occupazione che gli Stati membri seguono nel dare attuazione alla strategia europea per l’occupazione. • Obiettivo n. 3: erogare finanziamenti a tutte le regioni dell’UE, fatta eccezione per le regioni dell’obiettivo n. 1, onde aiutarle ad adattarsi e a modernizzare le loro politiche e i loro sistemi di istruzione, formazione e occupazione. Nel periodo di programmazione 20002006 l’FSE cofinanzierà misure degli Stati membri in cinque diversi ambiti prioritari: 14 Quali tipi di misure sono finanziate dall’FSE? • sviluppo di una politica attiva del mercato del lavoro; • aiuto alle persone esposte al rischio di emarginazione sociale, in particolare considerando le loro opportunità sul mercato del lavoro; La ripartizione dei finanziamenti e la decisione in merito ai progetti specifici destinati a ricevere un cofinanziamento dell’FSE nell’ambito dei programmi di ciascuno Stato membro sono di competenza delle autorità nazionali di ciascun paese. Allorché sono i cittadini a beneficiare di un sostegno dell’FSE ciò avviene essenzialmente tramite la partecipazione a attività specifiche di formazione o di altro tipo organizzate nella loro zona. Si tratta di attività gestite da tutta una gamma di organizzazioni dei settori pubblico e privato come ad esempio istituzioni di istruzione e formazione, organizzazioni di volontariato, sindacati e comitati aziendali, associazioni di categoria e singole imprese. I promotori di progetti che desiderano chiedere un sostegno dell’FSE dovrebbero informarsi presso il loro ministero nazionale competente per l’occupazione. • miglioramento dell’istruzione in generale e della formazione professionale al fine di incoraggiare l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita e l’acquisizione delle competenze richieste dal mercato del lavoro; • promozione dell’adattabilità dei lavoratori, dell’imprenditorialità e delle competenze della manodopera negli ambiti della ricerca, della scienza e della tecnologia; • incoraggiamento del lavoro autonomo e dell’occupabilità delle donne nonché misure per combattere le disuguaglianze basate sul sesso nel mercato del lavoro. Quale è l’ambito dell’intervento dell’iniziativa comunitaria? L’assistenza dell’FSE verrà concentrata in particolare su progetti volti a favorire l’acquisizione e il miglioramento delle competenze. Tuttavia, un finanziamento dell’FSE può anche essere concesso a istituzioni che si occupano di migliorare la formazione e la formazione continua, a progetti modello e a ambiti come quello della sensibilizzazione. Per essere ammessi a fruire di un finanziamento i progetti devono assicurare le pari opportunità tra le donne e gli uomini, incorporare iniziative locali per l’occupazione e tenere conto delle moderne tecnologie dell’informazione e della comunicazione. EQUAL è la parte del Fondo sociale europeo riservata alle operazioni internazionali: l’iniziativa comunitaria. Per il 2000-2006 essa ha rimpiazzato le precedenti iniziative ADAPT e Occupazione, la seconda delle quali comprendeva quattro filoni: NOW, I finanziamenti dell’FSE sono ripartiti fra gli Stati membri. La Commissione concorda l’importo per obiettivo e per paese e approva le priorità di programmazione di ciascuno Stato membro. EKA In che modo i finanziamenti dell’FSE raggiungono coloro che ne hanno bisogno? 15 EQUAL aiuta i gruppi vulnerabili che sono spesso oggetto di discriminazione — ad esempio i disabili — e si adopera per dar loro pari opportunità. La politica per l’occupazione e la politica sociale dell’Europa: una politica per le persone Horizon, Youthstart e Integra. EQUAL patrocina misure volte a combattere qualsiasi forma di sperequazione e discriminazione sul mercato del lavoro compresa la discriminazione a motivo del sesso dell’origine etnica, dell’età, della disabilità, delle tendenze sessuali o delle qualifiche limitate. EQUAL dà inoltre rilievo all’approccio transnazionale; per essere ammessi a fruire di un finanziamento i progetti devono coinvolgere partner di almeno due Stati membri e perseguire un approccio innovativo. Il contenuto dovrebbe essere in linea con uno dei quattro pilastri della strategia per l’occupazione ed essere basato sul cosiddetto «partenariato per lo sviluppo» che coinvolge associazione e organizzazioni nel settore pubblico e privato. L’obiettivo finale è di assicurare un accesso al mercato del lavoro per tutti. I programmi Leonardo da Vinci e Socrates sono esempi dello sforzo dell’Unione europea per offrire ai giovani un’esperienza all’estero. In che modo i cittadini possono acquisire competenze internazionali? Il miglioramento delle competenze dei cittadini è stato a lungo una delle preoccupazioni dell’UE in ambito sociale. Quest’obiettivo non si limita alle attività 16 del Fondo sociale europeo, ma è perseguito anche quale parte integrante di diverse altre misure dell’Unione europea. Nel settore dell’istruzione due programmi, Socrates e Leonardo da Vinci, hanno promosso efficacemente una dimensione internazionale nelle università, nelle scuole e nell’ambito della formazione professionale. Qualifiche quali le competenze linguistiche e le esperienze in altri paesi sono vitali per il futuro. Le misure dell’UE sono volte ad aprire l’accesso alle opportunità di apprendimento per tutti, in patria e all’estero, mediante partnership, sistemi di scambio e eliminazione degli ostacoli burocratici che impediscono il riconoscimento delle qualifiche in altri paesi. Più di un milione di persone si è avvantaggiato dei programmi dell’UE onde portare avanti il loro sviluppo personale in un contesto europeo. Anche gli aiuti dell’UE alla ricerca e allo sviluppo tecnologico attribuiscono priorità alle azioni che assicurano un uso effettivo delle nuove tecnologie nella vita quotidiana e in modo da far sì che il più gran numero possibile di cittadini europei abbiano la capacità di svolgere appieno il loro ruolo nella società fondata sulla conoscenza. Opportunità, sicurezza, protezione e diritti: la politica europea per i lavoratori dipendenti e i lavoratori autonomi In che modo i lavoratori possono contribuire a far sì che le loro imprese siano dotate delle tecnologie e delle procedure operative di cui hanno bisogno per potere competere? E quali sono le conseguenze di tali cambiamenti per i lavoratori? Gli aspetti sociali della società dell’informazione e la modernizzazione efficace del Per rimanere competitivi i paesi dell’UE devono puntare sulle nuove tecnologie e su nuove strutture di gestione. EKA La normale giornata di lavoro di molti lavoratori dipendenti e lavoratori autonomi nell’Unione è mutata rapidamente nel corso degli anni ’90. Le imprese dispongono ora di computer, di linee ISDN e di telefoni cellulari. Il commercio via Internet, i servizi bancari on line e le comunicazioni mediante posta elettronica stanno diventando sempre di più la norma soprattutto tra i giovani lavoratori e imprenditori. Tuttavia, l’Europa è ancora in ritardo rispetto agli USA. Nel settore europeo dell’informazione e della tecnologia della comunicazione circa 500 000 posti di lavoro non possono essere occupati per mancanza di persone qualificate. La carenza di competenze pregiudica lo sviluppo economico dell’UE per non parlare di quello delle singole imprese. Anche le imprese che hanno introdotto la tecnologia più aggiornata non conoscono automaticamente un miglioramento nella loro flessibilità, mentre i mercati richiedono in misura crescente una rapidità di reazione in modo da tenere conto delle esigenze mutevoli dei consumatori. Per rimanere competitive molte imprese devono cambiare la loro organizzazione del lavoro. Sono ora messi in causa i sistemi di produzione, di gestione, i processi operativi e le strutture gestionali. lavoro sono attualmente all’esame della Commissione europea congiuntamente con le parti sociali. La Commissione ha invitato le parti sociali a raggiungere accordi quadro sulla riorganizzazione del lavoro, accordi che concilino l’esigenza di sicurezza che i lavoratori avvertono e l’esigenza da parte degli imprenditori di avere la massima flessibilità. L’UE invoca quindi soluzioni di partenariato ogniqualvolta sia possibile, ad esempio l’introduzione di modelli alternativi di orario lavorativo o di nuovi tipi di contratto. Di quali diritti dispongono i lavoratori in Europa? L’UE si occupa di questioni legate al diritto del lavoro fin dalla metà degli anni ’70. Anche se la responsabilità primaria delle norme in materia di lavoro è di pertinenza degli Stati membri, gli sviluppi economici sfocianti nel completamento di un mercato comune hanno presto incoraggiato i governi a perseguire uno standard minimo di protezione dei lavoratori in 17 La politica per l’occupazione e la politica sociale dell’Europa: una politica per le persone tutta Europa. Attualmente vi sono requisiti minimi europei negli ambiti dell’orario di lavoro, della protezione dei giovani sul lavoro, dei licenziamenti collettivi imminenti, dei trasferimenti di imprese e dell’insolvenza dell’imprenditore. Questi diritti dei lavoratori hanno un importante scopo sociale, vale a dire quello di assicurare che la competitività economica nell’UE non si ripercuota negativamente sui livelli di tutela dei lavoratori. I diritti dei lavoratori europei comprendono i seguenti aspetti: • i giovani non possono lavorare prima di avere compiuto i 15 anni di età e non possono fare lavoro straordinario prima dei 18 anni; • i lavoratori adulti devono disporre di 11 ore di riposo tra una giornata lavorativa e l’altra (vi sono eccezioni per certi comparti); • i lavoratori hanno il diritto ad un contratto in cui siano specificati la retribuzione, i diritti alle ferie e il periodo di preavviso; • si devono adottare misure specifiche in materia di salute e sicurezza per le gestanti, le puerpere e le donne che allattano. Le donne non possono essere licenziate per il solo fatto di avere avuto un figlio, di aspettarne uno o di avere preso un congedo di maternità. to. Il principale risultato di questi accordi è che un datore di lavoro non può discriminare un lavoratore part time o un lavoratore a tempo determinato. La direttiva europea sul congedo parentale costituisce un importante successo per le parti sociali in quanto è stata preceduta da un accordo tra le loro organizzazioni centrali. La direttiva statuisce che sia le donne sia gli uomini hanno titolo al congedo parentale in caso di nascita o di adozione di un bambino. Essa conferisce inoltre loro il diritto di ritornare ad occupare lo stesso posto di lavoro o un posto equivalente. Sebbene i lavoratori fruiscano di diritti europei, il diritto del lavoro nell’UE varia da uno Stato membro all’altro. I governi e i sottoscrittori di accordi collettivi possono in qualsiasi momento introdurre disposizioni che vanno al di là dei requisiti minimi europei. Ma quale diritto si applica allorché i lavoratori occupati da un’impresa in uno Stato membro sono mandati a lavorare in un altro paese per un tempo determinato? L’UE ha adottato una direttiva sul distaccamento dei lavoratori in base alla quale il diritto applicabile è il diritto del lavoro del paese in cui il lavoro è eseguito. Che ne è dei diritti dei lavoratori in materia d’informazione, consultazione e partecipazione? Importanti diritti europei in relazione all’orario di lavoro, a nuove forme di contratto e al congedo parentale sono stati conseguiti tramite il «dialogo sociale». Nel corso degli anni ’90 le organizzazioni centrali delle parti sociali hanno stipulato accordi sul congedo parentale, il lavoro part-time e il lavoro a tempo determina18 Le joint-venture e le fusioni transfrontaliere sono diventate fenomeni diffusi nel mercato interno. Nel corso degli anni ’90 si era posta la questione del modo in cui le imprese europee con stabilimenti e lavoratori in diversi paesi dovessero organizzare la partecipazione dei lavoratori. Dopotutto, ogni Stato membro ha un proprio sistema invalso di informazione, consultazione e partecipazione dei lavoratori. Nel 1994, dopo aver sentito i pare- ri delle parti sociali, si è deciso a livello europeo di regolamentare gli aspetti dell’informazione e della consultazione sul tutto il territorio europeo. protezione della salute e della sicurezza, l’eliminazione dei rischi e dei fattori che determinano gli infortuni, l’informazione, la consultazione e la formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti. Essa si applica a tutti i settori di attività. Le imprese e i gruppi di imprese con almeno 150 dipendenti in ciascuno di due paesi dell’UE e con un totale di più di 1 000 dipendenti devono ora istituire un comitato aziendale europeo se la loro manodopera lo richiede. La direttiva in questione non contiene regole dettagliate sui poteri o gli obblighi del comitato aziendale europeo, ma lascia ai rappresentanti dei lavoratori e ai datori di lavoro la facoltà di negoziare i dettagli. Il concetto di accordi collettivi si è dimostrato efficace ed entro il 1999 circa 600 multinazionali operanti nell’UE disponevano già di un comitato aziendale europeo. Diverse direttive basate su questa direttiva quadro sono state introdotte efficacemente e costituiscono ora un solido corpus legislativo che copre il massimo di situazioni di rischio con il minimo di disposizioni regolamentari. L’obiettivo della politica dell’UE in questo ambito è consistito negli anni nel ridurre al minimo gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. A partire dal 1978 e dal primo programma di azione europeo per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro, una diffusa accettazione del ruolo dell’Unione europea ha rimpiazzato la dipendenza totale dalla legislazione nazionale. La moderna normativa dell’UE attinente al luogo di lavoro si basa ora su un quadro costituito dalla direttiva 89/391/CEE del Consiglio concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro. Tale direttiva ha costituito una solida base per molte iniziative successive. Essa stabilisce standard minimi che gli Stati membri hanno la facoltà di rafforzare e contiene principi generali sulla prevenzione dei rischi professionali, la EKA Cosa fa l’UE in materia di salute e sicurezza sul lavoro? Esse riguardano soggetti svariati e tecnici come ad esempio l’uso di attrezzature di protezione individuale, il lavoro su unità dotate di videoterminale, l’esposizione dei lavoratori agli agenti chimici, fisici e biologici, le industrie estrattive, la sicurezza sui cantieri temporanei e mobili e le lavoratrici gestanti o puerpere. L’UE ritiene che un quadro ben concepito di salute e sicurezza sia l’elemento centrale per creare e mantenere una manodopera flessibile e produttiva. Il fatto di disporre di standard migliori di salute e sicurezza sul lavoro corroborati da norme e da una cultura del lavoro volta a prevenire gli incidenti piuttosto che ad accet19 I regolamenti dell’UE stabiliscono standard minimi di sicurezza sul lavoro. La politica per l’occupazione e la politica sociale dell’Europa: una politica per le persone tarli come inevitabili reca enormi benefici sul piano economico e su quello umano. Per creare un approccio più strutturato all’informazione, l’UE ha istituito nel 1995 l’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro con sede a Bilbao. L’Agenzia svolge ora un ruolo centrale raccogliendo e diffondendo informazioni e fornendo assistenza tecnico-scientifica alla Commissione e agli Stati membri. E i lavoratori che operano in un altro paese? La libera circolazione dei lavoratori costituisce un diritto fondamentale sin dall’istituzione della Comunità europea nel 1957, l’antesignana dell’attuale UE. Cinque milioni di europei se ne avvantaggiano ora come se si trattasse di un fatto scontato e lavorano in un altro Stato membro. Il trattato spiega cosa significa effettivamente la libera circolazione. Estratto dall’articolo 39 del trattato CE: «Essa [la libera circolazione dei lavoratori] implica l’abolizione di qualsiasi discriminazione, fondata sulla nazionalità, tra i lavoratori degli Stati membri, per quanto riguarda l’impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro». 20 La libertà di circolazione ha acquistato un’ulteriore rilevanza in relazione al mercato interno in quanto uno degli obiettivi del mercato interno è di consentire sia ai beni che ai capitali di circolare liberamente. Il mercato interno implica anche che i cittadini siano liberi di lavorare in qualsiasi luogo nell’Unione europea. L’UE ha consacrato il diritto alla libera circolazione in norme e regolamenti specifici di modo che i lavoratori dipendenti o i lavoratori autonomi che si recano in un altro Stato membro per motivi di lavoro possono essere accompagnati dalle loro famiglie e i disoccupati possono, a certe condizioni, andare in un altro Stato membro a cercare lavoro. Il trattato stabilisce che chiunque si sposti nell’UE per motivi di lavoro non può subire discriminazione imponendo così all’UE di occuparsi della legislazione sociale atta a tutelare i lavoratori migranti e i lavoratori frontalieri. Ad esempio, quale Stato membro deve versare la pensione a un lavoratore che sia stato attivo in diversi paesi? E quale è il sistema di previdenza sociale responsabile? La normativa europea fornisce risposte chiare a tutti questi quesiti. Ciononostante, i cittadini dell’UE incontrano ripetutamente difficoltà per quanto concerne il loro diritto alla libera circolazione. Un problema ricorrente è quello del riconoscimento delle qualifiche professionali e dei titoli accademici. Anche se gli Stati membri hanno regole diverse per quanto concerne il diritto a esercitare certe professioni, i governi hanno concordato in linea di principio il riconoscimento reciproco delle qualifiche professionali. L’UE si adopera per migliorare il coordinamento tra le autorità competenti e assicurare che i cittadini siano pienamente informati dei loro diritti in materia di libera circolazione. A tal fine essa ha istituito il centro di informazione «Europe Direct» che può essere contattato mediante un numero verde in ogni paese dell’UE (si veda in fondo al presente opuscolo) o su Internet: citizens.eu.int. Come posso trovare lavoro in un altro paese dell’UE? I cittadini che intendono esplorare il mercato del lavoro europeo possono ottenere aiuto da Eures, l’agenzia di collocamento europea. Eures è stata fondata a metà degli anni ’90 dalla Commissione europea e dalle autorità preposte all’occupazione di tutti gli Stati membri più la Norvegia e l’Islanda. L’obiettivo iniziale era di scambiare informazioni sui posti di lavoro, formare gli euroconsiglieri e creare basi di dati. Gli euroconsiglieri, oggi in numero superiore a 500, costituiscono i punti di contatto specifici della rete presso le autorità preposte all’occupazione. Gli euroconsiglieri si scambiano reciprocamente informazioni sulle offerte di lavoro, sulle richieste di lavoro, sulla situazione del mercato del lavoro e sulle condizioni di vita e di lavoro nei vari paesi. Essi intrattengono rapporti particolarmente stretti nelle regioni frontaliere dell’Europa. Per coadiuvare gli euroconsiglieri la Commissione ha creato due basi di dati che vengono alimentate con tutte queste informazioni. Nel frattempo, non solo gli euroconsiglieri ma un numero crescente di uffici del lavoro ha accesso a tali sistemi. La libertà di circolazione tra i diversi paesi è sempre stata una priorità dell’UE. Nel 1998 la Commissione europea ha fatto un ulteriore passo avanti: gli interessati non hanno più bisogno di recarsi a un ufficio del lavoro per vedere se vi sia un posto adatto a loro nell’UE. Eures è ora disponibile on line su Internet: europa.eu.int/comm/employment_social/ elm/eures. Essa aiuta in tal modo i cittadini a avvalersi del loro diritto alla libera circolazione e, così facendo, contribuisce allo sviluppo di un mercato del lavoro europeo. 21 La politica per l’occupazione e la politica sociale dell’Europa: una politica per le persone EKA Il futuro della protezione sociale nell’Unione europea Il numero di anziani aumenterà rapidamente nei prossimi decenni. I sistemi di protezione sociale svolgono un ruolo importante in Europa perché danno sicurezza ai cittadini e contribuiscono alla stabilità politica e sociale e al successo economico. Le prestazioni da essi erogate comprendono i trattamenti sanitari in caso di malattia e in seguito a infortuni sul lavoro e assicurano un reddito al pensionamento o in caso di disoccupazione. Senza la protezione sociale nella forma di prestazioni fiscali e assicurative, 4 famiglie dell’UE su 10 vivrebbero in condizioni di relativa povertà (vale a dire esse disporrebbero di meno del 50 % del reddito medio). Stando così le cose invece la cifra si situa attorno al 17 %. Tuttavia, i sistemi di protezione sociale in tutti gli Stati membri sono ora messi alla prova, non da ultimo a causa delle tendenze demografiche: i cittadini europei stanno invecchiando. Tra il 1960 e il 1995 la speranza media di vita è aumentata di 8 anni per gli uomini e di 7 anni per le donne. Ma nonostante quest’aumento, 22 nell’UE vi è la tendenza al pensionamento precoce dei lavoratori anziani, spesso già all’età di 55 anni. Il passaggio ad una società di anziani non potrà essere arrestato dalla prossima generazione. Dalle previsioni emerge che nel XXI secolo ci saranno più anziani che giovani nell’UE. Tuttavia, la base finanziaria dei sistemi di protezione sociale è messa in pericolo non solo dal cambiamento demografico, ma anche dal livello di disoccupazione che si mantiene elevato. I paesi dell’UE si trovano quindi dinanzi al compito di riformare i loro sistemi di protezione sociale per renderli finanziariamente sostenibili pur assicurandone l’efficienza. Quale ruolo svolge l’UE in relazione ai sistemi di protezione sociale? L’organizzazione dei sistemi di protezione sociale è di competenza esclusiva degli Stati membri. Tuttavia, negli anni ’90 il Consiglio dell’UE ha concordato una «strategia di convergenza» volta a realizzare nel lungo termine un ravvicinamento delle politiche e dei sistemi di protezione sociale. Esso ha adottato due raccomandazioni che fissavano obiettivi specifici. Ad esempio, ogni cittadino dell’UE privo di reddito da lavoro o da capitale dovrebbe ricevere un reddito minimo dallo Stato. Sinora 13 Stati membri hanno introdotto disposizioni in tal senso. La riforma dei sistemi di protezione sociale svolge anche un ruolo in relazione alla strategia per l’occupazione. Gli Stati membri vogliono porre in atto le condizioni per contribuire attivamente a rafforza- re l’occupabilità dei cittadini. La Commissione europea conduce riunioni congiunte con le organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori, i governi, esperti e ONG per discutere e analizzare le modalità per raggiungere tale obiettivo e per vedere quali strategie si possono adottare onde riformare i sistemi sociali. La Commissione propone un’ampia strategia per modernizzare la protezione sociale, strategia che tiene pienamente conto degli interessi degli anziani. Indipendentemente dall’importanza attribuita alla riforma dei sistemi di protezione sociale, è anche essenziale tutelare le pensioni e mantenere uno standard elevato di assistenza sanitaria. Per aiutare gli Stati membri la Commissione ha creato Missoc, un sistema d’informazione reciproca sulla protezione sociale nella Comunità, che raccoglie, analizza e pubblica dati sulle politiche della protezione sociale in tutti gli Stati membri. Le relazioni di Missoc sono consultabili all’indirizzo Internet: europa.eu.int/comm/ employment_social/soc-prot/missoc99. e le organizzazioni non governative, modelli di transizione progressiva dal lavoro al pensionamento, di pari passo con prospettive realistiche di una vecchiaia che valga la pena di vivere. In questo ambito è chiamata a svolgere un ruolo la politica dell’UE nel campo della ricerca, finanziando progetti medici e sociali legati alla vecchiaia. Gli anziani hanno diritto a non subire discriminazioni o svantaggi ingiustificati: nel contesto della sua politica di non discriminazione l’UE intende prevenire la discriminazione obiettivamente ingiustificata contro i lavoratori più anziani. Cosa fa l’UE per gli anziani? Nel contesto della politica sociale e occupazionale europea le preoccupazioni e i bisogni degli anziani acquistano una crescente importanza. L’immagine dell’età e dell’invecchiamento cambia in continuazione. Attualmente gli anziani in Europa sono più attivi, più sani e più intraprendenti rispetto alle generazioni precedenti. Nello stesso tempo, essi si trovano esclusi dal mondo del lavoro in un età sempre più precoce. Anche se si sta dimostrando vana la speranza, legata ai prepensionamenti, che i lavoratori anziani vengano rimpiazzati dai giovani. La tendenza ai prepensionamenti non ha comportato un aumento sensibile del tasso medio di occupazione nell’UE. La Commissione europea intende sviluppare, congiuntamente con le parti sociali 23 La politica per l’occupazione e la politica sociale dell’Europa: una politica per le persone Pari opportunità e pari diritti: la politica dell’UE per la parità tra le donne e gli uomini 100 Millions Milioni 90 80 89% 80% 70 71% 60 50 63 % 54% 40 30 20 10 0 1975 women Donne 1985 1995 2005 2015 men Uomini Colmare le disparità di trattamento tra uomini e donne Le percentuali si riferiscono alla quota di donne occupate rispetto a uomini occupati nei 15 paesi dell’UE. Le proiezioni si basano sull’andamento dell’occupazione femminile e di quella maschile nel periodo 1985-1995. 24 I diritti delle donne sono diritti umani e l’uguaglianza tra sessi è chiaramente uno dei principi fondamentali di ogni democrazia moderna. L’uguaglianza di opportunità è consacrata nel trattato UE quale importante preoccupazione dell’Unione. Sin dagli anni ’70 l’UE si è impegnata ad assicurare pari opportunità assumendosi così un ruolo pionieristico. La base della politica dell’UE in materia di pari opportunità era costituita dalla disposizione del trattato in base alla quale si doveva garantire alle donne e agli uomini pari retribuzione per uno stesso lavoro. Tuttavia, questo primo passo sulla via dell’uguaglianza ha determinato nella pratica soltanto mutamenti graduali. Per tale motivo, nonostante gli sforzi degli ultimi decenni, una parità di opportunità completa non è stata ancora raggiunta. In media le donne europee guadagnano ancora un quarto in meno rispetto agli uomini ed è ancora più probabile trovare le donne in rapporti di lavoro insicuri piuttosto che ai vertici delle carriere. Nelle famiglie sono sempre le donne a sostenere il maggior onere nell’allevamento dei figli e nei lavori domestici. In altri termini, c’è ancora lavoro da fare nell’UE per realizzare nella pratica le pari opportunità. Anche se la politica delle pari opportunità va essenzialmente a vantaggio delle donne, anche gli uomini possono beneficiarne. Ad esempio, la giurisprudenza del la Corte di giustizia europea ha avuto un peso importante nell’assicurare che nella maggior parte degli Stati membri gli uomini percepiscano ora una pensione alla stessa età delle donne. Le disposizioni europee in materia di congedo parentale garantiscono anche diritti ai padri che lavorano in quanto su tutto il territorio dell’UE entrambi i genitori hanno diritto a un congedo parentale di almeno 3 mesi in caso di nascita o di adozione. I padri hanno lo stesso diritto delle madri di fruire di un’aspettativa se devono occuparsi di un familiare malato o infortunato. L’UE si adopera per creare pari opportunità per le donne e gli uomini. Ecco in breve i diritti europei in materia di pari opportunità: * Gli uomini e le donne hanno diritto a pari retribuzione per lo stesso lavoro e per un lavoro di pari valore. La Commissione europea ha pubblicato orientamenti in merito a quello che, nella pratica, va considerato uno stesso lavoro. * Alle donne devono essere date le stesse opportunità degli uomini per quanto concerne l’ac- cesso all’occupazione, alla formazione, alla formazione continua, lo sviluppo delle carriere e l’occupazione. La formulazione delle offerte di lavoro deve essere quindi neutra rispetto al sesso. * I sistemi di previdenza sociale (professionali e obbligatori) devono assicurare un trattamento uguale degli uomini e delle donne. * Le autorità devono trattare le donne che desiderano creare una propria impresa allo stesso modo degli uomini. * Le lavoratrici hanno diritto a prestazioni di maternità e ad un congedo durante la gravidan- za. 25 La politica per l’occupazione e la politica sociale dell’Europa: una politica per le persone EKA positiva) erano contrari alla normativa europea in materia di pari opportunità. Di conseguenza, nel corso degli anni ’90 l’UE ha modificato la propria legislazione e ha adottato una direttiva che contempla l’inversione dell’onere della prova. Ora spetta di norma alla parte convenuta dimostrare che la parte attrice non ha subito un’indebita discriminazione a motivo del sesso. La discriminazione positiva è ora consentita dal trattato di Amsterdam, ragion per cui le regole che danno la priorità alle donne nel caso di pari qualifiche rispetto agli uomini sono in linea con la normativa europea. Il sostegno alle donne imprenditrici è una priorità dell’UE. Quali sono i diritti europei in materia di pari opportunità? Per combattere la discriminazione basata sul sesso l’UE ha adottato innanzitutto una normativa europea per assicurare l’uguaglianza nel contesto dell’occupazione, della formazione, delle condizioni di lavoro e della previdenza sociale. Alla metà degli anni ’90 si sono posti diversi problemi legati all’applicazione di tali diritti. Ad esempio, le vittime di discriminazione dovevano provare dinanzi ai tribunali l’esistenza e la natura della discriminazione. Inoltre, la Corte di giustizia europea ha pronunciato due chiare sentenze in base alle quali diversi sistemi di quote basate sul sesso (discriminazione Quale è il significato e l’obiettivo del mainstreaming? La discriminazione contro le donne non è sempre un fenomeno palese; essa è spesso indiretta, si cela dietro norme apparentemente neutre. Ad esempio, ovunque nell’Unione europea i trasporti pubblici locali sono usati essenzialmente da donne. Decisioni riguardanti cambiamenti dell’orario o delle tariffe dei trasporti a prima vista non sembrano sollevare questioni di disparità basate sul sesso. Tuttavia, nella prassi, esse influiscono sulla vita quotidiana delle donne. Se si vuole prendere sul serio la realizzazione delle pari opportunità essa deve essere considerata un compito trasversale e i decisori politici devono esservi sensibilizzati. L’UE persegue quindi una nuova strategia volta a consolidare la parità di L’articolo 3 del trattato CE stabilisce che: «L’azione della Comunità [dell’UE] (…) mira ad eliminare le ineguaglianze, nonché a promuovere la parità, tra uomini e donne». 26 opportunità: la strategia di mainstreaming. Ciò significa che delle pari opportunità si deve tenere conto in tutte le politiche e in tutti i programmi. Il trattato di Amsterdam fa riferimento specifico al mainstreaming quale obbligo dell’UE. A livello dell’UE, la strategia di mainstreaming ha già inserito le pari opportunità negli obiettivi di un gran numero di programmi dell’UE. I programmi nel campo dell’istruzione, della formazione e della gioventù devono assicurare che le donne e le ragazze non si trovino ad essere in secondo piano tra i beneficiari delle misure da essi finanziate. In singoli casi, come ad esempio nell’ambito del programma pluriennale per le piccole e medie imprese, l’UE ha addirittura introdotto quote. Almeno un progetto su tre tra quelli finanziati da tale programma deve essere destinato ad imprenditrici. L’UE tenta inoltre di assicurare che almeno il 40 % dei membri di comitati consultivi e di altri organi specialistici sia costituito da esperti donne. Le pari opportunità sono state rese parte integrante non solo della strategia europea per l’occupazione, ma anche della politica estera e della politica di sviluppo dell’UE. La sensibilizzazione politica e gli strumenti legislativi sono, è vero, molto importanti per assicurare le pari opportunità per le donne e gli uomini, ma per conseguire un impatto sostanziale sulle diverse forme di discriminazione a danno delle donne l’UE avverte anche la necessità di programmi e misure specifici. Le donne sono le principali vittime di violenza nella famiglia e i principali oggetti di molestie sessuali sul lavoro. E sono le donne ad essere vendute come animali sui mercati della prostituzione. L’UE è impegnata a lottare contro queste forme di maltrattamento e di umiliazione delle donne tramite i suoi programmi Daphne e STOP. Daphne sostiene misure volte a combattere la violenza contro i bambini, i giovani e le donne, mentre il programma STOP aiuta gli Stati membri a coordinare le loro misure di prevenzione della tratta e dello sfruttamento di esseri umani. 27 La politica per l’occupazione e la politica sociale dell’Europa: una politica per le persone Lotta contro la discriminazione e l’emarginazione L’articolo 13 del trattato CE stabilisce che l’UE può prendere provvedimenti per «combattere le discriminazione fondate sul sesso, la razza o l’origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali». Nelle democrazie, e quindi negli Stati membri dell’UE, l’uguaglianza davanti alla legge è un fatto indiscusso. Ma nella vita quotidiana molte persone soffrono di discriminazioni per motivi non oggettivi. Una persona di colore può non essere in grado di trovare un appartamento o un disabile può non riuscire a trovare lavoro nonostante abbia eccellenti titoli di studio. La discriminazione ha molti aspetti e li si può riscontrare ovunque. Da un’indagine condotta nel 1997 dall’UE è emerso che 33 % dei cittadini dell’UE intervistati ritenevano di considerarsi spesso od occasionalmente razzisti. La xenofobia, l’antisemitismo e altre forme di discriminazione violano i diritti fondamentali delle persone interessate. Per molti anni le istituzioni dell’UE hanno fatto ricorso a dichiarazioni, campagne d’informazione e altri strumenti, in particolare misure di sensibilizzazione, di lotta contro la discriminazione. Ma l’UE non è stata in grado di procedere oltre per mancanza di un fondamento giuridico. Ciò ha portato a chiedersi se l’Unione europea avesse bisogno di una carta dei diritti e in che modo il rispetto dei diritti umani potesse essere consacrato nel trattato. Anche se il trattato di Amsterdam non ha fornito all’UE un codice di diritti fondamentali, esso ha formulato una chiara dichiarazione a sostengo dei diritti umani. 28 Cosa può fare l’UE per combattere la discriminazione? Tutti i paesi dell’UE si sono dotati di disposizioni per combattere la discriminazione, disposizioni contenute nella costituzione o in una normativa specifica. Anche in futuro i governi nazionali rimarranno responsabili della protezione dei loro cittadini contro la discriminazione. Tuttavia, per corroborare i diritti e le libertà fondamentali su cui si basa l’Unione europea e tenendo conto dell’importanza della libera circolazione, del mercato interno e dell’allargamento dell’Unione, l’UE è impegnata a realizzare una strategia paneuropea di lotta contro la discriminazione. Il fondamento è dato dal trattato di Amsterdam. Nel 1999 la Commissione europea ha presentato diverse importanti proposte di misure specifiche in virtù dell’articolo 13 al fine di modificare gli atteggiamenti che sottendono la discriminazione. Il primo aspetto di queste misure è dato da una protezione efficace. Il pacchetto di proposte contiene un programma di azione contro la discriminazione e due direttive quadro volte ad assicurare un standard giuridico minimo comune in tutta l’UE per la lotta contro il razzismo e contro la discriminazione sul lavoro. Viene ribadita l’importanza e l’applicazione del principio di non-discriminazione. La Commissione ad esempio ha proposto che le molestie sul lavoro siano considerate alla stregua di una discriminazione indiretta e siano quindi inaccettabili. Oltre a queste iniziative l’UE apre anche il Fondo sociale euro- peo ad azioni contro la discriminazione dando maggiore rilievo a tutti gli attori sociali. La politica antidiscriminatoria è strettamente correlata alla lotta contro l’emarginazione sociale. Le principali vittime della povertà e della disoccupazione nell’UE sono i gruppi di popolazione che si trovano ad essere spesso oggetto di disprezzo, rifiuto o discriminazione. Essi comprendono donne di diversa origine etnica, anziani e disabili. Dagli anni ’80 l’UE è impegnata ad aiutare le persone che si trovano ai margini della società e in futuro farà quanto in suo potere per integrare gli emarginati. Indipendentemente dal successo economico dell’UE e nonostante il carattere esemplare di certi sistemi di protezione sociale degli Stati membri, il numero delle persone che scivolano attraverso le maglie della rete di protezione sociale è aumentato in tutta l’UE a partire dagli anni ’80. Si tratta di persone che vivono del reddito minimo fornito dallo Stato o degli aiuti della solidarietà sociale. La disoccupazione, l’alcolismo e la tossicodipendenza, la discriminazione dovuta a disabilità fisica o mentale e il declino del ruolo della famiglia sono tutte cause che possono portare all’emarginazione dalla società. In passato l’UE ha attuato tutta una gamma di misure specifiche. I programmi «povertà» hanno contribuito a promuovere l’integrazione delle persone svantaggiate e il programma Helios ha aiutato gli Stati membri e le organizzazioni non governative ad aprire nuovi percorsi per sopperire ai bisogni dei disabili. Attualmente l’UE è impegnata in un’ampia strategia che comporta la cooperazione con gli Stati membri, con le organizzazioni non governative e le parti sociali. L’obiettivo è di affrontare il problema alla EKA In che modo l’UE promuove l’inclusione sociale? fonte e di aiutare queste persone ad aiutarsi da sole. Come le pari opportunità per le donne e gli uomini, i bisogni dei disabili devono costituire parte integrante di tutte le politiche dell’UE. L’Unione tiene conto del fatto che un cittadino dell’UE su 10 in età lavorativa è affetto da una disabilità fisica o mentale. Il Fondo sociale europeo e la strategia europea per l’occupazione svolgono un ruolo sempre più importante nel configurare una politica d’integrazione completa. Inoltre, l’UE intende promuovere l’integrazione delle persone svantaggiate mediante progetti e programmi specifici. Ad esempio, essa ha proposto un programma d’azione per l’integrazione dei rifugiati e, sulla base di un nuovo articolo del trattato di Amsterdam, adotterà misure concrete per combattere l’emarginazione sociale. 29 L’UE combatte la discriminazione basata ad esempio sulle tendenze sessuali, la razza e la religione. La politica per l’occupazione e la politica sociale dell’Europa: una politica per le persone Le prospettive per il futuro: la politica dell’occupazione e la politica sociale in Europa oltre il 2000 I risultati del vertice UE di Lisbona del marzo 2000 sulla riforma economica, l’occupazione e la coesione sociale hanno confermato l’impegno verso una nuova agenda socioeconomica per il 2000 e oltre. L’Europa deve progredire nell’economia basata sulla conoscenza e creare una «eEuropa», un’Europa elettronica. I capi di Stato o di governo hanno concordato un nuovo obiettivo strategico per l’UE da realizzare nel prossimo decennio: diventare l’economia mondiale più competitiva e maggiormente basata su conoscenze dinamiche, in grado di realizzare una crescita economica sostenuta con posti di lavoro migliori e più numerosi e una maggiore coesione sociale. Essi hanno concordato che ogni primavera si terrà un vertice UE per esaminare le questioni economiche e sociali e assicurare la coerenza d’insieme e un efficace monitoraggio dei progressi compiuti. L’UE promuove l’occupazione e la protezione sociale per tutti i cittadini nella futura società basata sulla conoscenza. A Lisbona gli Stati membri si sono ripromessi di accrescere in modo sostanziale i loro investimenti nell’istruzione e di rafforzare la loro cooperazione onde assicurare che le possibilità offerte dai moderni servizi delle comunicazioni siano accessibili a tutti. Essi hanno anche ribadito fortemente la necessità di modernizzare il modello sociale europeo e di sviluppare uno stato sociale attivo. Per la prima volta in assoluto le conclusioni hanno attribuito un elevata importanza all’inclusione sociale e alla necessità di un’azione UE in questo ambito. Si farà il necessario per esercitare un impatto più decisivo ai fini dell’eliminazione del fenomeno della povertà fissando obiettivi adeguati che verranno concordati dal Consiglio entro la fine del 2000. 30 Il vertice di Lisbona ha anche fatto propria l’idea che l’UE nel 2000 dovrebbe adottare una nuova agenda della politica sociale. Questa decisione quadro costituirà la continuazione del programma d’azione sociale 1998-2000. Il suo compito principale sarà di avviare «un circolo virtuoso» correlando in modo migliore le azioni riguardanti l’occupazione, la protezione sociale, l’inclusione sociale, il dialogo sociale, le pari opportunità e l’antidiscriminazione. Essa indicherà anche in che modo il Fondo sociale europeo coadiuverà le politiche concordate, in particolare la strategia per l’occupazione. Ci si augura che questa nuova agenda, che farà della «qualità» il motore trainante per realizzare un’economia efficace, posti di lavoro più numerosi e migliori e una società inclusiva, consoliderà ulteriormente gli sforzi dell’UE per promuovere l’occupazione, la prosperità e la giustizia sociale per tutti i cittadini. Altre fonti d’informazione Documenti, informazioni e pubblicazioni sugli argomenti trattati in questo opuscolo possono essere consultati sul sito web della direzione generale Occupazione e affari sociali della Commissione europea: europa.eu.int/comm/dgs/employment_social/index_en.htm ESmail è un notiziario trasmesso gratuitamente per posta elettronica dalla Commissione europea ed ha per tema l’occupazione e gli affari sociali. Attualmente è disponibile in inglese, francese e tedesco. Se volete essere inseriti sulla mailing-list, inviate semplicemente una e-mail a [email protected] Se cercate informazioni sulla libertà di circolazione consultate la pagine di Europe Direct su Internet: citizens.eu.int Cercate lavoro in un altro paese dell’UE? Consultate Eures all’indirizzo: europa.eu.int/comm/employment_social/elm/eures 31 Commissione europea La politica per l’occupazione e la politica sociale dell’Europa: una politica per le persone Serie: L’Europa in movimento Lussemburgo: Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee 2000 — 31 pagg. — 16,2 x 22,9 cm ISBN 92-828-8273-X Nell’ultimo decennio si è diffusa nell’Unione europea la consapevolezza del ruolo centrale svolto dalla politica per l’occupazione e dalla politica sociale. La strategia europea per l’occupazione, avviata nel 1997, viene portata attivamente avanti con l’obiettivo ambizioso di dare ai cittadini europei posti di lavoro più numerosi e migliori. Il modello sociale europeo abbraccia molti ambiti: dall’istruzione e formazione all’occupazione, dalla solidarietà e protezione sociale al dialogo tra i sindacati e gli imprenditori, dalla salute e sicurezza sul lavoro alla lotta contro il razzismo e la discriminazione. In tutta l’UE, la politica per l’occupazione e la politica sociale rispecchiano la convinzione che occorre una forte competizione tra le imprese per migliorare la produttività e la crescita, ma che occorre anche una forte solidarietà tra i cittadini per migliorare le condizioni atte a creare una società coesiva ed inclusiva. Quest’opuscolo sintetizza quanto l’Unione europea sta facendo a sostegno dell’occupazione, del benessere e della giustizia sociale per tutti i suoi cittadini. Altre informazioni sull’Unione europea Informazioni in tutte le lingue dell’Unione europea possono essere ottenute via Internet, sul server Europa (http://europa.eu.int). Europa in diretta I numeri verdi che vi danno un facile accesso alle informazioni sull’Unione europea: Italia: 800 876 166. Per ottenere informazioni e pubblicazioni sull’Unione europea in lingua italiana, rivolgersi a: RAPPRESENTANZE DELLA COMMISSIONE EUROPEA UFFICIO DEL PARLAMENTO EUROPEO Rappresentanza in Italia Via Poli, 29, I-00187 Roma Tel. (39) 06 69 99 91 Ufficio per l’Italia Via IV Novembre, 149, I-00187 Roma Tel. (39) 06 69 95 01 Fax (39) 06 69 95 02 00 E-mail: [email protected] Internet: http://www.europarl.it Rappresentanza a Milano Corso Magenta, 59, I-20123 Milano Tel. (39) 024 67 51 41 Ufficio di Milano Corso Magenta, 59, I-20123 Milano Tel. (39) 024 81 86 45 Fax (39) 024 81 46 19 E-mail: [email protected] Internet: http://www.europarl.it Rappresentanze e uffici della Commissione europea e del Parlamento europeo esistono anche negli altri Stati membri dell’Unione europea. Delegazioni della Commissione europea esistono in altri paesi del mondo. IT Nell’ultimo decennio si è diffusa nell’Unione europea la consapevolezza del ruolo centrale svolto dalla politica per l’occupazione e dalla politica sociale. La strategia europea per l’occupazione, avviata nel 1997, viene portata attivamente avanti con l’obiettivo ambizioso di dare ai cittadini europei posti di lavoro più numerosi e migliori. ISBN 92-828-8273-X 9:HSTCSC=]]W\XX:> UFFICIO DELLE PUBBLICAZIONI UFFICIALI DELLE COMUNITÀ EUROPEE L-2985 Luxembourg PH-26-99-255-IT-C Quest’opuscolo sintetizza quanto l’Unione europea sta facendo a sostegno dell’occupazione, del benessere e della giustizia sociale per tutti i suoi cittadini. 5 In tutta l’UE, la politica per l’occupazione e la politica sociale rispecchiano la convinzione che occorre una forte competizione tra le imprese per migliorare la produttività e la crescita, ma che occorre anche una forte solidarietà tra i cittadini per migliorare le condizioni atte a creare una società coesiva ed inclusiva. 4 Il modello sociale europeo abbraccia molti ambiti: dall’istruzione e formazione all’occupazione, dalla solidarietà e protezione sociale al dialogo tra i sindacati e gli imprenditori, dalla salute e sicurezza sul lavoro alla lotta contro il razzismo e la discriminazione.