——— 2° Conferenza Nazionale degli Ospedali per la promozione della salute ———
III° Sessione
57
——— 2° Conferenza Nazionale degli Ospedali per la promozione della salute ———
Luigi Resegotti
(Presidente)
Riprendiamo i lavori. Dò subito la parola al Dr. Clemente Ponzetti
Clemente Ponzetti
Direttore Sanitario dell'Ospedale di Ivrea- Castellamonte-Cuorgnè,
Coordinatore, Dirigente di Presidio della A.S.L. 9 di Ivrea
Ospedale e Territorio
Sono il referente per il gruppo "Ospedale e Territorio" e parlo a nome
delle 14 Aziende Ospedaliere e Aziende Territoriali del territorio piemontese che
partecipano a questo gruppo. Questo gruppo è nato, come gli altri tre gruppi,
ufficialmente nel dicembre 1997, funzionalmente e operativamente invece nel
gennaio 1998, abbiamo quindi due mesi di lavoro alle spalle, mesi di lavoro che
ci hanno portato a fare un'analisi ed un'ipotesi del possibile sviluppo delle scelte
operative, rispetto a questo tema assolutamente vasto e imbricato di
innumerevoli variabili, ma che è sicuramente stimolante e particolarmente
impegnativo.
Il nostro gruppo è molto numeroso, ma anche eterogeneo, e lo potete
vedere sulla cartina del Piemonte in cui sono rappresentati tutti i 4 quadranti
piemontesi; inoltre la tipologia aziendale è molto ben rappresentata, nel senso
che ci sono Aziende USL, Aziende Ospedaliere, Aziende USL di città come
Torino, cioè la 2 e la 4, altre Aziende USL con un territorio molto vasto, ma più
piccole come la mia di Ivrea, ed altre Aziende Ospedaliere ancora di notevole
interesse regionale, come quelle di Alessandria e di Cuneo. Abbiamo anche la
fortuna di avere nello stesso gruppo un'Azienda Ospedaliera, che è l'Azienda
A.S.L., su cui insiste questa Azienda Ospedaliera, così riusciamo anche in
diretta, certe volte, a vedere quali sono i rapporti tra queste due entità.
Per caratterizzarci ritengo il caso di dire che è un gruppo che è anche molto
eterogeneo dal punto di vista delle professionalità presenti, ci sono esperti della
qualità in staff alle Direzioni Generali, responsabili di S.A.S.T., direttori sanitari,
responsabili della formazione. Se questo da un punto di vista organizzativo può
essere considerato una criticità, dal punto di vista invece dell'apporto è
sicuramente particolarmente significativo.
Noi abbiamo pensato di fare delle scelte su questo tema e abbiamo
analizzato dapprima le criticità di questo rapporto tra ospedale e territorio,
criticità che possono essere sintetizzate in contesti normativi e gestionali; nel
58
——— 2° Conferenza Nazionale degli Ospedali per la promozione della salute ———
discorso di questa mattina, ad esempio, nessuno ha segnalato che la dicotomia
tra ospedale e territorio è dovuta non solo a leggi tipo la Riforma Sanitaria, ma
anche a leggi di tipo contrattuale.
Gli ospedalieri, fino allo scorso contratto, sono stati incentivati a
prestazione, quindi si sono appropriati, molto spesso inconsapevolmente, di una
certa attività che era ed è prettamente territoriale. Dal punto di vista gestionale,
gli ospedalieri hanno un sistema di remunerazione a tariffa, mentre non abbiamo
ancora un sistema di controllo sui medici di Medicina Generale, per cui abbiamo
punti diversi e velocità diverse nel sistema sanitario. Abbiamo barriere
informative, anche il cartaceo si interrompe, o perlomeno l'informatica cartacea
molto spesso segue dei canali prettamente specialistici; quindi se si esce da
questo ambito specialistico è difficile risalire a quella che è la storia del paziente.
Abbiamo inoltre differenti percorsi formativi, più generalista è il medico di
Medicina Generale, mentre ultra specialistico è tendenzialmente il medico
ospedaliero. I pregiudizi sull'operato sono tanti, sia da una parte che dall'altra, e
sono tali che molto spesso non fanno prendere in considerazione, in prima
battuta, neanche l'operato degli altri operatori.
I vincoli del quadro normativo. Devo dire che abbiamo un quadro
normativo non ancora completamente congruente, abbiamo delle leggi che non
sempre portano e conducono ad uno stesso fine, o hanno una stessa visione,
anche come scelta politica, fatto questo che è un grosso problema; abbiamo una
progettualità non ancora coordinata, come diceva il Dr. Favaretti, manca un
coordinamento molto spesso regionale, che è una nostra realtà, ma credo che lo
sia anche di altre realtà, e questo crea dei notevoli problemi.
E' ancora insufficiente il ruolo di coordinamento dei Distretti, come ha
detto il Prof. Cravero, un fatto questo che viviamo quotidianamente e che
abbiamo vissuto in questi anni. Inoltre è da tenere presente l'uso non ottimale dei
sistemi esistenti. Lavorando in ospedale, so che lo strumento "lettera di
dimissione" per quanto cartacea, molto spesso non è utilizzata.
La scelta comunque è stata di basare la strategia d'imbricare ospedale e
territorio su uno "zoccolo duro", cioè l'informazione, il territorio è inteso anche
come medici dipendenti della A.S.L che lavorano sul territorio, che non si
conoscono e non sanno quali sono le regole, che non gestiscono e non si
trasmettono informazioni.
Questa è l'area d'intervento del biennio con queste strategie, di cui
"documento sanitario personale", "continuità assistenziale", "flussi informativi".
59
——— 2° Conferenza Nazionale degli Ospedali per la promozione della salute ———
Non ho il tempo per parlare della "continuità assistenziale" e dei "flussi
informativi" (lo vedrete esplicitato nel resoconto che avete delle nostre attività).
Mi soffermo sul "documento sanitario personale" perché molti l'hanno
ritenuto un passo nel vuoto, nel senso che è un obiettivo troppo aleatorio e
grande. Noi vorremmo tentare di creare un documento sulla base anche di
esperienze già fatte, ad esempio noi abbiamo il documento A, che è il
documento per gli oncologici, e ci sono anche dei gruppi di neuropsichiatri che
stanno cercando di definire un documento personale del paziente. Vorremmo
raggiungere l'obiettivo di strutturare veramente un documento sanitario che
colga la storia e che abbia queste caratteristiche: raccoglitore unico cartaceo, o
informatico nelle Aziende ove è possibile la gestione informatica, che mutua da
software l'interfaccia grafica, custodito e gestito dal paziente.
Giuliano Guareschi
Direzione Sanitaria ASO OIRM - S.Anna – Torino
Progetto del Gruppo Interospedaliero sull'Umanizzazione dei Servizi Sanitari.
Miglioramento della salute del paziente intervenendo sulla componente
ansiogena nei vari momenti di impatto con la struttura sanitaria
Io rappresento il gruppo che si occupa dell'umanizzazione, che raccoglie
11 Aziende (non mi perdo nella descrizione della composizione, altrettanto
diversificata ed eterogenea, anche nelle figure dei partecipanti).
Noi siamo arrivati a questo obiettivo ambizioso, quello
dell'umanizzazione, che abbiamo voluto caratterizzare come miglioramento della
salute dei pazienti, intervenendo sulla componente ansiogena nel rapporto con le
strutture sanitarie; questo obiettivo è stato gradualmente raggiunto nel corso dei
nostri incontri sulla scorta di alcune motivazioni fondamentali.
Ci sono delle motivazioni sicuramente basate sulla normativa, che sono già
state richiamate durante la mattinata, ci sono delle motivazioni culturali legate
alla consapevolezza che il processo di aziendalizzazione potrebbe mettere a
rischio, effettivamente, il concetto globale di salute, secondo la definizione
dell'O.M.S. Per cui il disagio psichico del paziente e dell'utente, che viene a
confrontarsi con la struttura sanitaria, spesso è lasciato alla libertà individuale e
considerato sempre un momento opzionale.
Le motivazioni sono legate alle opportunità che vengono espresse da
questo particolare momento nella Sanità italiana, cioè dalla struttura attuale del
Sistema Sanitario Nazionale, che consistono nel non cadere nella trappola
60
——— 2° Conferenza Nazionale degli Ospedali per la promozione della salute ———
possibile, per cui si pensi che all'interno delle strutture aziendali, soprattutto
quelle ospedaliere, nell'esigenza di una presunta concorrenza, ci si fermi ad una
formazione di qualità, ad una produzione di prestazioni sanitarie di qualità,
secondo dei processi formativi svolti soltanto all'interno, senza cogliere
l'opportunità di poter lavorare, tramite il confronto, con le altre Aziende
Sanitarie.
Il programma di lavoro, stilato fin da gennaio, è quello di identificare i
momenti d'impatto con le strutture sanitarie, individuare la loro criticità dal
punto di vista dell'ansia, o disagio psichico, e individuare la scelta delle priorità
di lavoro. All'interno delle nostre Aziende, pur così diversificate, abbiamo notato
che le cause di quest'ansia alla fine sono sempre le stesse all'interno delle
Aziende e questo ci ha confortato, nonostante l'eterogeneità.
Non si vorrebbe certamente arrivare ad un Protocollo comune per tutte le
nostre Aziende, che vincolasse troppo i singoli ospedali ed i territori che ne
fanno parte, ma si vuole lavorare ad una traccia comune, che possa essere
condivisa da tutti, e sulla quale le peculiarità delle varie Aziende possano
comunque investire; se si parla, ad esempio, del Pronto Soccorso è evidente che
un Pronto Soccorso pediatrico può avere esigenze estremamente diverse da un
Pronto Soccorso generale, facente parte di una A.S.L., piuttosto che di un D.E.A.
o di un Ospedale Traumatologico.
Abbiamo deciso di cominciare in primo luogo dall'aspetto accoglienza,
intesa come rapporto utente-operatori sanitari (medici e infermieri), perché ci è
sembrata una priorità importante in quanto dalla relazione migliorata utentepaziente si pensa che possa migliorare anche il disagio psichico nell'utente;
infatti si viene spesso a creare un circolo vizioso tale per cui il clima avverso
riscontrato, ad esempio in un reparto di degenza, e dovuto a disagio negli
operatori sanitari, è fonte a sua volta di disagio negli utenti, e viceversa.
Il momento accoglienza, quindi rapporto tra utente e paziente, è un
momento trasversale presente nella varie situazioni dell'impatto dell'utente con
le strutture: l'accoglienza in ambulatorio, l'accoglienza in urgenza, l'accoglienza
durante la degenza di un ricovero ordinario, o degenza di un Day Hospital. Tutti
questi momenti hanno delle peculiarità diverse ed il nostro obiettivo è quello di
stilare un Protocollo di Accoglienza che possa essere particolare per ciascuno di
questi momenti.
Prima di tutto vorrei cogliere le opportunità ed i vincoli che ci sono stati in
questa prima fase del nostro lavoro in Rete, che è un lavoro che ha soltanto tre
mesi di vita, siamo soltanto all'inizio; noi ci eravamo dati come scadenza
61
——— 2° Conferenza Nazionale degli Ospedali per la promozione della salute ———
progettuale maggio/giugno del `98 e siamo riusciti a produrre una prima bozza
(vedi materiale distribuito), abbastanza condivisa perché, elaborata da un gruppo
numeroso tra i nostri, riguardante il progetto per un Protocollo di Accoglienza
durante la degenza ordinaria. Abbiamo anche una base di partenza per un
Protocollo di Accoglienza in Pronto Soccorso.
Per adesso abbiamo lavorato in gruppo, più che in Rete, quindi abbiamo
colto le difficoltà ed i vantaggi di lavorare in gruppo, fatto da non disprezzare
perché, anche per motivi banali di logistica e spostamento, riunire 11 Aziende e
riuscire a concordare un Protocollo comune è stato comunque un successo che ci
conforta. Sono stati riscontrati alcuni svantaggi: l'avere delle professionalità
diverse all'interno e forse delle sensibilità diverse per quanto riguarda le
necessità di accoglienza, di cambiare il modo di pensare degli operatori sanitari,
frutto ovviamente delle esperienze e delle specializzazioni dei singoli Presidi a
cui apparteniamo.
Ci tengo inoltre a sottolineare il fatto che la disponibilità di mezzi tecnici,
quali Internet e la posta via e-mail, come sempre precedono la capacità
dell'uomo di collegarsi in Rete, perché abbiamo gli strumenti ma non li
sappiamo utilizzare. Desidero ancora far rilevare l'importanza di non cadere
nell'equivoco per cui le Aziende, in particolare quelle ospedaliere, tendano per
motivi di concorrenza a chiudersi rispetto alle altre Aziende, come è stato
sottolineato questa mattina; questo fatto sarebbe un falso problema, sarebbe una
miopia intollerabile, che purtroppo è patrimonio della Pubblica Amministrazione
italiana che tende a limitare gli investimenti sul versante formativo (intendo
formazione vera e non solo formazione fatta da attestati di partecipazione) che
invece sono la risorsa del futuro.
Questo è un discorso ovvio, ma che diventa quanto mai pressante quando i
quadri intermedi e gli operatori della sanità mancano e difettano di questa
cultura, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti dell'umanizzazione, che qui si
vuole superare. Si vogliono superare ovviamente gli aspetti alberghieri che,
credo, tutte le nostre Aziende, in quest'ultima fase, hanno cercato di promuovere
per adeguarsi ai nuovi standard a cui si vuole arrivare, ma si parla di
umanizzazione intesa come relazione con gli utenti.
Non esiste una crescita delle conoscenze e quindi delle risorse a
disposizione, che sono anche di conoscenza, senza il confronto. Questo è
estremamente importante.
62
——— 2° Conferenza Nazionale degli Ospedali per la promozione della salute ———
Luigi Resegotti
Adesso abbiamo una situazione più difficile perché il problema degli
ospedali senza fumo ha due aspetti, in quanto esistono fumatori e fumatrici,
allora avremo una prima introduzione da parte delle signore, nostre colleghe, poi
avremo un intervento di una componente di questo gruppo, che però ha elaborato
un suo documento indipendente.
Lucia Occhionero
Pneumologo - ASL 19 - Asti
Coordinatore del progetto
Ospedali liberi dal fumo
Il progetto "Ospedali liberi dal fumo" è frutto dì una collaborazione di 9
Aziende Sanitarie della Regione Piemonte, la cui stesura è iniziata nel gennaio
`98 e si svolgerà nell'arco di tre anni, con termine nel 2000.
Nel corso della stesura del progetto sono state tenute presenti alcune
considerazioni di carattere generale ed alcuni dati emersi dalla letteratura: infatti,
pur essendo presente anche nel nostro Paese un movimento di opinione ed un
nuovo atteggiamento culturale sul problema, rimane ancora elevato il numero
dei fumatori (circa 14 milioni); le patologie fumo-correlate, di conseguenza,
rappresentano un gruppo di patologie molto diffuse che richiedono ingenti
risorse in termini di diagnosi, terapia, assistenza e riabilitazione. Da queste
premesse nasce, secondo noi, la necessità di assumere, da parte della struttura
sanitaria, un'attività di promozione della salute affrontando alla radice il
problema fumo.
Un altro spunto di riflessione nel nostro percorso è rappresentato
dall'elevata percentuale dei fumatori tra gli operatori sanitari, il 30-40% del
personale sanitario fuma: questo atteggiamento risulta diseducativo, propone
messaggi contraddittori e difficilmente un operatore-fumatore s'impegnerà
attivamente nel promuovere la disassuefazione dal fumo nei pazienti. Pertanto ci
è parso prioritario l'intervento educazionale a livello degli operatori sanitari per
far aumentare sia le loro conoscenze sui problemi connessi al fumo, sia per
ridefinire il loro ruolo esemplare rispetto all'utenza.
E' stata riconosciuta da tutti i partecipanti al progetto la necessità da un
canto di stimare l'abitudine al fumo del personale sanitario, dall'altra di valutare
la percezione che i pazienti hanno su come la struttura sanitaria affronta il
problema fumo. A questo scopo ci si è inseriti, come gruppo, nella ricerca
63
——— 2° Conferenza Nazionale degli Ospedali per la promozione della salute ———
multicentrica che l'Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri effettua su un
vasto numero di Presidi Sanitari italiani, al fine di conoscere la prevalenza
attuale del fumo tra gli operatori, la loro disponibilità a partecipare a programmi
di controllo sul fumo a beneficio sia proprio che dei pazienti.
Verranno somministrati due questionari, forniti dall'A.I.P.O., uno rivolto
agli operatori ed un altro rivolto agli utenti. A distanza di un anno, dopo che
saranno stati adottati interventi educazionali, si risomministreranno i questionari
per valutare le eventuali variazioni e cambiamenti.
Nel corso dell'elaborazione del progetto, data l'importanza e l'impatto del
problema fumo sulla popolazione, ci è parso opportuno coinvolgere anche le
strutture territoriali, in particolare:
¾ i medici di Medicina Generale, perché sono gli operatori che per primi
affrontano il problema fumo con il soggetto-fumatore; 0 il Dipartimento di
Prevenzione;
¾ S. A.S.T.;
¾ gli Ordini dei Medici;
¾ l'Ordine dei Farmacisti;
¾ il Collegio I.P.A.S.V.I.;
¾ il Collegio delle Ostetriche.
Occorre necessariamente anche il contributo dell'Amministrazione
Comunale, delle Agenzie esterne, delle Scuole, delle Associazioni no profit.
Programmazione degli interventi
1. Si prevede di attivare una biblioteca che serva per la raccolta e la
diffusione delle informazioni tra i partecipanti del gruppo.
2. Si introdurrà nelle cartelle cliniche il test di Faghestrom, un test per
valutare il grado di dipendenza dalla nicotina dei pazienti.
3. Costruzione di una cartellonistica relativa al fumo (osservando le pareti
dei nostri ospedali si notano anonimi cartelli di divieto di fumare, poco
leggibili e che non catturano certamente l'attenzione, ma soprattutto non
stimolano riflessioni sul problema). Noi ci proponiamo di costruire posters
con messaggi incisivi ed efficaci e messaggi positivi, inoltre stiamo
lavorando al fine di costruire, all'interno della struttura ospedaliera, un
percorso del fumo negli atrii, nelle portinerie, nei corridoi di accesso ai
vari reparti; quindi, nei luoghi ove c'è maggior passaggio di pazienti e
visitatori, potrebbero essere collocati i posters che saranno poi riproposti
all'interno di ciascun Reparto e Divisione. In questo modo ci si propone di
focalizzare costantemente lo stesso messaggio e di comunicare all'utenza
l'impegno assunto dalla struttura sanitaria.
64
——— 2° Conferenza Nazionale degli Ospedali per la promozione della salute ———
4. Attivazione dei progetti di counselling. A seconda delle necessità e delle
risorse locali si possono prevedere varie gradualità d'intervento.
5. Distribuzione di materiale informativo ai ricoverati.
6. Informazione diretta, a gruppi target nei reparti con patologie fumocorrelate, con lo scopo di rendere consapevoli i pazienti che la
sospensione dal fumo rappresenta il primo intervento terapeutico e che,
sicuramente comporterà un miglioramento della qualità della vita. In tale
sede verranno forniti dagli operatori sanitari suggerimenti e proposte per
attivare un programma di disassuefazione dal fumo.
7. Apertura dell'ambulatorio del fumo all'interno della struttura ospedaliera,
aperto sia agli operatori, sia agli utenti con il ricorso sia tecnico e psicocomportamentale che alla terapia sostitutiva. E' importante avvalersi di un
approccio multidisciplinare al problema.
Darò ora un cenno breve sulla valutazione che verrà effettuata tramite
questionari, interviste a campione e osservazioni. Gli indicatori di risultato
saranno:
o percentuale di astinenza dal fumo nei soggetti ricoverati nei reparti con
patologie fumo-correlate, dopo inserimento dei supporti (informazione
diretta, opuscoli, cartellonistica, ambulatorio del fumo);
o percentuale di astinenza dal fumo nei soggetti che si inseriscono in
progetti di counselling che accedono all'ambulatorio del fumo, situato
nell'Azienda Sanitaria.
Fabio Beatrice
A.S.L.-4 Ospedale Giovanni Bosco di Torino
Analisi sull'abitudine al fumo
presso A.S.L. 4 Ospedale Giovanni Bosco di Torino
Noi vogliamo semplicemente dare un piccolo contributo, anche se
abbiamo partecipato poco attivamente alle riunioni, cosa di cui facciamo mea
culpa, però ci eravamo dati uno scadenzario e l'abbiamo osservato. Ci sembrava
abbastanza interessante, sulla base di una serie di obiettivi che evidentemente
ricalcano quelli del progetto "H.P.H. Ospedale senza fumo", presentare alcuni
dati che in realtà hanno riguardato la problematica dello studio del fumo, inserita
nell'ambito di un questionario che, in passato, è stato prodotto dalla Scuola del
Prof. Sartoris, la Clinica Otorinolaringoiatrica dell'Università di Torino, sul
problema dei tumori testa-collo e della dipendenza di questi dai fattori combinati
fumo-alcool.
Abbiamo quindi accoppiato due tipi di questionari, uno informativo per
65
——— 2° Conferenza Nazionale degli Ospedali per la promozione della salute ———
sapere come si muoveva il fenomeno all'interno del nostro ospedale, ed
un'analisi di rischio per quanto riguarda il problema dei tumori delle vie aerodigestive superiori, fumo-alcool dipendenti.
Abbiamo dato 915 schede a tutto il personale sanitario del nostro
ospedale, Giovanni Bosco, tristemente ne sono tornate solo 286, che è un dato da
considerarsi abbastanza sconfortante; erano state date anonimamente, con
possibilità di risposta anonima. Chi vorrà fare delle domande su questo
argomento, potremmo essere precisi su come si è svolto il lavoro.
Un fatto interessante è che nel nostro ospedale abbiamo il 55% di
personale che non ha mai fumato, il 24% di fumatori attivi, il 21% di ex
fumatori. Ad esempio, quando noi chiediamo se all'interno dell'ospedale hanno
notato indicazioni che invitano a non fumare, l'87% risponde "si", il 13%
risponde "no" (risposta analoga a quella dei fumatori); se chiediamo
informazioni sulla chiarezza delle informazioni, notiamo che per i soggetti non
fumatori la segnaletica non è sufficientemente chiara, mentre nei fumatori noi
abbiamo un 72% di soggetti che ci dicono che assolutamente non è chiara. Il non
fumatore chiede evidentemente una maggiore chiarezza di divieto.
Ai soli fumatori è stata posta una serie di domande, ad esempio risulta che
81% di questi soggetti fumatori ha fumato all'interno dell'ospedale; purtroppo se
noi chiediamo quanti hanno fumato in presenza di un paziente, il 17% degli
operatori sanitari ammette di aver fumato in presenza del paziente.
C'è infine un ultimo aspetto che, tra le domande campionate, poteva dare
spunti di discussione, se noi chiediamo se sono d'accordo che sia un dovere del
personale sanitario non fumare di fronte ai pazienti, o comunque in ogni
ambiente sanitario, il 72% risponde "completamente", il 28% risponde "non del
tutto". Se poi ancora chiediamo se è opportuno attuare delle iniziative contro il
fumo, il 90% dice "si", però il solo richiedere delle informazioni dà la
sensazione che l'iniziativa stessa appaia troppo restrittiva al 33% delle persone
che fumano e lavorano in ospedale.
Queste sono solo alcune cose che spero possano essere utilizzate
nell'ambito della Rete, per cui noi siamo totalmente a servizio.
Luigi Resegotti
Questo questionario mi pare molto interessante e ritengo che debba essere
sviluppato tenendo conto di alcuni aspetti specifici, soprattutto del rapporto tra
medico e paziente; bisognerà inoltre tenere presente se il paziente è un fumatore,
66
——— 2° Conferenza Nazionale degli Ospedali per la promozione della salute ———
perché in nessun modo si deve colpevolizzare la gente. Noi possiamo chiedere al
personale di non fumare, perché volontariamente lavora in quell'ambiente e deve
avere rispetto per tutti gli altri.
In qualunque posto civile si vada in Inghilterra, quando uno dice "Mind if
I smoke ", la risposta sarà "Do it please ". Allora quando in Inghilterra si diceva
che non si doveva fumare negli ospedali, si considerava anche però che il
paziente con il vizio del fumo era venuto in ospedale non perché ci tenesse, ma
perché ne aveva bisogna, quindi comunque oltre a considerare la sua malattia
bisognava trovargli uno spazio e trovare qualcuno che non lo colpevolizzasse.
Gli si diceva "Let's go to a walk", quindi si andava in un angolo in cui si poteva
fumare insieme.
La testimonianza di una persona che dice "Io non fumo e tu non devi
fumare" è meno efficiente di quella che dice "Io fumerei ma siccome non fa bene
né a me, né a te, proviamo a non fumare insieme". Questo è un tema che
evidentemente ha interessato molte persone, per cui abbiamo degli interventi che
vengono da fuori, noi siamo curiosi di sapere se il problema del fumo è visto con
la stessa ottica anche in altre Regioni.
Marzia Martignon
Assistente Sanitaria - Servizio Educazione alla Salute
U.L.S.-3 di Bassano del Grappa
Un ospedale, una scuola ed un ambiente senza fumo
Porto una sintesi del progetto che abbiamo realizzato nella nostra U.L.S.
di Bassano. Il nostro progetto si caratterizza soprattutto per l'integrazione che si
è realizzata nel corso del `96 tra le attività dei servizi territoriali e l'Ospedale; la
nostra esperienza è iniziata nel `97, come quella di gran parte dell'attività dei
servizi territoriali, con interventi di educazione sanitaria soprattutto per la
prevenzione del tabagismo, rivolta ai ragazzi della Scuola Media.
Un punto forte e qualificante di questo sistema di educazione alla salute
nelle Scuole è stata l'implementazione di un sistema di verifica, utilizzato per
monitorare sia l'attività svolta all'interno del sistema scolastico, che le strategie
adottate; questo ha permesso di evidenziare sia al corpo docenti, che agli
operatori sanitari, la necessità di modificare alcune strategie adottate, per
orientare inevitabilmente le azioni verso un progetto di educazione alla salute.
Nel 1996 l'Ospedale di Bassano, aderendo alla Rete degli Ospedali che
promuovono la salute, ha sicuramente portato un grosso impulso a queste attività
che si erano implementate sul territorio.
67
——— 2° Conferenza Nazionale degli Ospedali per la promozione della salute ———
Lo scopo che ci eravamo prefissati, fin dall'inizio, rinforzato dagli
indirizzi della promozione della salute, è stata la creazione di ambienti liberi dal
fumo, fatto che doveva comportare la condivisione dell'iniziativa da parte di tutti
gli attori componenti i gruppi coinvolti. Ci siamo trovati anche in difficoltà nel
`95 quando abbiamo sperimentato una segnaletica antifumo, uniforme sia per i
Servizi Sanitari che per l'ambiente scolastico, perché volevamo utilizzarla come
strategia di conquista dell'ambiente, ecco perché "creare ambienti o aumentare
gli ambienti liberi dal fumo" all'interno della Scuola; la normativa prevedeva il
divieto assoluto.
Non abbiamo più potuto utilizzare il nostro censimento dei locali
predisposti per i fumatori. come punto di confronto per dare poi una valutazione
a lungo termine, però i Presidi di tutte le presidenze U.L.S. hanno aderito a
questa iniziativa ed hanno confermato che, al di là della norma, esistono
comunque sale insegnanti, oppure altri ambienti adibiti agli insegnanti fumatori.
Molto spesso gli insegnanti stessi fumano all'esterno, cioè nei cortili, nei locali
dove vengono chiaramente visti dai ragazzi.
In questo caso abbiamo adottato insieme la strategia di utilizzare la nostra
cartellonistica, senza il divieto, quindi l'invito che forse fumare non è utile farlo
davanti ai ragazzi; lo slogan è quello proposto dall'O.M.S., ripreso
precedentemente dall'Ospedale di Padova "Una scuola senza fumo. Se ci pensi,
si può", che è stato ripreso in tutti i contesti, nell'ambiente e nell'ospedale.
Attualmente la valutazione di questa conquista ambientale verrà fatta l'anno
prossimo, perché abbiamo un programma di azione con gli insegnanti all'interno
degli ospedali, dei Servizi Sanitari e della comunità.
I gruppi target del progetto sono stati inizialmente, e sono tuttora, gli
operatori, soprattutto territoriali ospedalieri ed i medici di medicina generale (per
conquistare poi i pazienti), gli insegnanti, gli alunni, inoltre arriviamo anche a
coinvolgere i leader della comunità.
In dieci anni di attività il progetto ha visto una naturale evoluzione, come
detto in precedenza, in linea con gli indirizzi della promozione e questo ha
permesso anche la conquista e lo sviluppo di azioni intersettoriali con altri
componenti presenti nella comunità, in primo luogo c'è l'ospedale, come valenza
di leadership culturale, quindi riferimento importante per la comunità (visitatori,
pazienti, etc.); tenete presente che la nostra U.L.S. è di 160 mila abitanti, che è
abbastanza piccola, quindi l'ospedale è ancora un punto di riferimento molto
importante. Abbiamo poi i Distretti che, a loro volta, sono diventati degli attori
del progetto (da gruppo target ad attori), il Dipartimento di Prevenzione, il
68
——— 2° Conferenza Nazionale degli Ospedali per la promozione della salute ———
Servizio Educazione e Promozione della Salute, i Servizi Sociali U.L.S., i
Medici di Medicina Generale.
Siamo riusciti inoltre ad avere il consenso formale da parte di due
Comuni, che coprono il 30% della nostra popolazione e sono i Comuni più
grossi, da parte delle Farmacie Comunali, da parte delle Associazioni Cittadine
di Volontariato (inizialmente quelle di tipo più assistenziale), abbiamo avuto,
ultimamente, anche un'adesione spontanea di Associazioni Culturali, poi
l'adesione del Provveditorato agli Studi e di tutte le Presidenze U.L.S. delle
Scuole Medie.
Abbiamo attuato in questi anni azioni e attività: per quanto riguarda
l'ospedale siamo partiti nel `95 con una segnaletica uguale e universale per tutti e
per tutto il nostro territorio, di modo che ogni logo esposto facesse sempre
riferimento all'adesione ad un progetto comune e trasversale a tutti; le attività
che abbiamo intrapreso sono state:
ƒ l'attivazione del gruppo interdisciplinare, operatori ospedalieri e
territoriali, visto che esisteva già un progetto a livello territoriale
abbastanza organizzato in linea con gli indirizzi della Rete;
ƒ l'informazione attraverso depliants e locandine già preformate con il
gruppo territoriale, quindi con i rappresentanti dei Comuni, delle
Farmacie, delle Associazioni di Volontariato;
ƒ le indagini abitudini al fumo che come dati si sovrappongono a quelli
esposti in precedenza, anche quelli di Bassano, con un lieve aumento di
fumatori per la zona dell'altopiano (noi abbiamo avuto un accorpamento
tra zona di pianura e zona pedemontana);
ƒ attivazione di corsi di disassuefazione precipui per gli ospedalieri;
ƒ segnaletica antifumo in tutti i reparti, in tutte le zone, soprattutto quelle di
passaggio per gli utenti;
ƒ è in programma anche una produzione specifica per l'ospedale di
calendari, un totem all'entrata dell'ospedale, proprio perché vi sia una
visibilità anche imponente.
Uno dei risultati ottenuti in questo periodo di tempo, da parte degli
operatori sanitari, soprattutto infermieri, medici e anche utenti, è la richiesta del
rispetto del divieto, non solo da parte dei non-fumatori che diventerebbe una
cosa quasi naturale, ma anche da parte dei fumatori, quindi in qualche modo
questo messaggio culturale è passato.
Altro fato importante è che la metodologia utilizzata sul territorio è stata
trasportata in ospedale, quindi il focus group, costituito in precedenza, ha fatto
un punto di riferimento anche per l'ospedale per la raccolta delle segnalazioni e
69
——— 2° Conferenza Nazionale degli Ospedali per la promozione della salute ———
per elaborare eventualmente delle proposte all'interno dell'ambiente ospedaliero.
Per quanto riguarda la Scuola è interessante vedere che abbiamo, in
maniera istituzionale, ottenuto l'inserimento del progetto nei piani educativi,
quindi ogni anno noi abbiamo l'adesione di 45 classi (60% di tutta la
popolazione della nostra U.L.S.) per le classi Seconde Medie, abbiamo 90
insegnanti che sistematicamente affrontano questo problema ed una formazione
comune fra insegnanti e operatori sanitari. Quest'anno la formazione è stata
proprio impostata sulla metodologia della promozione della salute ed ha avuto
notevole successo, anche perché era un bisogno dell'insegnante capire dove
canalizzare eventualmente le energie, le informazioni e l'educazione.
Nella Comunità abbiamo costruito delle alleanze soprattutto con 15
medici di Medicina Generale, che coprono il 30% della popolazione, poi
abbiamo la segnaletica antifumo in tutti i setting conquistati.
Una delle cose gratificanti per tutti è stata la richiesta da parte di Pubblici
Esercizi e di genitori di avere questo logo per aderire a questo progetto. Penso
che questa esperienza sia altamente positiva, poiché solo la condivisione di
valori, le scelte strategiche aziendali, la valutazione dell'impatto, sia
sull'efficacia che sulle strategie adottate, può portare sicuramente ad una
modifica.
Claudia Monti
Gruppo Romagnolo per l'Educazione alla Salute Oncologica - Faenza
Esperienza Romagnola "Ospedale senza fumo"
Io rappresento un'esperienza romagnola, in particolare il Gruppo
Romagnolo per l'Educazione alla Salute Oncologica nato nel 1992 da una
collaborazione che si era instaurata con l'Istituto Oncologico Romagnolo
(Istituto privato -che fa ricerca in campo oncologico) e la collaborazione con
tutte le Aziende USL della Romagna (Ravenna-Rimini-Cesena-Forlì).
Questo gruppo ha l'obiettivo di diffondere nel territorio romagnolo
progetti omogenei di educazione sanitaria su fattori di rischio oncologico, con la
possibilità di confrontare le esperienze locali e di mettere in comune i risultati ed
i dati di verifica. In particolare il gruppo, dal suo inizio, ha lavorato su
programmi di prevenzione dell'abitudine al fumo e sensibilizzazione sul fumo,
come fattore di rischio oncologico, rivolti a fasce differenziate di popolazione,
puntando soprattutto sull'obiettivo di formazione di formatori; quindi il target a
cui ci si è rivolti sono stati gli insegnanti da una parte e gli operatori sanitari
70
——— 2° Conferenza Nazionale degli Ospedali per la promozione della salute ———
dall'altra, perché per il loro ruolo hanno la possibilità di raggiungere larghi strati
della popolazione generale.
Anche noi abbiamo seguito la strategia dell'intervento precedente,
essendoci un'ampia collaborazione con il Centro di Educazione alla Salute di
Padova, per far arrivare in diversi ambienti dello stesso territorio degli stimoli
omogenei; quindi anche il progetto "Ospedale senza fumo" che è partito nel
1995, dopo che da due anni era partito il progetto "Lasciateci puliti" rivolto alle
Scuole Medie Inferiori, ha avuto l'obiettivo di far arrivare uno stimolo
all'ambiente, attraverso gli operatori sanitari.
Al progetto "Ospedale senza fumo" hanno aderito tutte le Aziende USL
della Romagna, ed anche in questo progetto c'è stata una fase di conoscenza del
problema fumo in ospedale, tramite un questionario che ha coinvolto gli
Ospedali di Rimini, Forlì e Faenza; in particolare questo questionario ha rilevato
le percentuali dei fumatori, che anche per noi si sovrappongono (lungo l'asse
della Via Emilia si fuma meno, sulla Riviera e venendo verso l'interno un poco
di più, si passa da un 32% di fumatori a Rimini ad un 39% a Faenza). Inoltre il
questionario, oltre alla percentuale dei fumatori, ha individuato in ospedale le
zone dove si fuma e l'esposizione degli operatori sanitari al fumo passivo e la
loro disponibilità a collaborare, affinché l'ospedale diventi un ambiente libero
dal fumo di tabacco.
Noi abbiamo avuto una buona adesione a questo questionario anche
perché è stata coinvolta la Scuola Infermieri, attraverso la collaborazione della
quale abbiamo ottenuto un 70% di risposta al questionario stesso, che era stato
diffuso nei suddetti ospedali tra gli operatori sanitari.
Dopo fa loro elaborazione, questi dati sono poi stati comunicati al
personale, in ogni ospedale si è svolto un convegno, tra marzo ed ottobre `96,
dove sono stati riferiti al personale ed è stato discusso il cammino successivo per
l'elaborazione di un progetto e di una strategia. Questi dati sono stati
recentemente pubblicati su Public Healths.
Successivamente anche l'Azienda USL di Cesena, che era rimasta fuori da
questa indagine conoscitiva, ha avviato anch'essa questa fase ed è arrivata al
momento di comunicazione agli operatori sanitari nel maggio del `97.
A seguito di questi convegni si è avuto un coinvolgimento degli operatori
più motivati, per cui in ogni ospedale si è creato un Comitato di Sorveglianza del
programma "Ospedale senza fumo". E' seguita poi la fase di realizzazione di una
cartellonistica educativa comune da affiancare a quella di divieto, che attiri
71
——— 2° Conferenza Nazionale degli Ospedali per la promozione della salute ———
l'attenzione sia degli operatori che dei parenti e dei pazienti sul programma
"Ospedale senza fumo"; la cartellonistica è stata individuata ed è stata applicata
in maniera uguale in tutti gli ospedali della Romagna. A questa fase hanno
aderito proprio tutti gli ospedali della Romagna, compresi gli Ospedali di
Ravenna, Lugo e Cesena.
Si è dato poi avvio alla fase organizzativa della disassuefazione, perché
nel questionario un certo numero di operatori sanitari aveva espresso il desiderio
di essere aiutato a smettere di fumare, quindi l'Istituto Oncologico Romagnolo
ha organizzato un Corso di Formazione, a cui hanno partecipato tutti gli
operatori delle Aziende USL della Romagna, proprio per dare la capacità di
creare dei "punti di disassuefazione" in ogni Azienda USL. Si è così creato un
gruppo di lavoro ed in ogni Azienda USL si sta realizzando un "punto di
disassuefazione" (in particolare è già operativo nell'Azienda USL di Cesena,
diventerà operativo nell'Azienda USL di Ravenna entro aprile e entro la fine del
`98 anche nell'Azienda USL di Rimini).
La fase più difficile del progetto è farlo diventare veramente una presa in
carico da parte delle Direzioni Generali delle Aziende USL e da parte delle
Direzioni Sanitarie, come un progetto globale di promozione alla salute, con una
presa in carico di emettere delibere aziendali riguardanti il divieto di fumo e la
creazione anche di efficaci modalità di controllo.
Attualmente stiamo realizzando una fase di sensibilizzazione del
personale sanitario che, attraverso Corsi di Formazione e Aggiornamento
obbligatorio, viene contattato e con questi si sta discutendo come portare avanti
in ogni reparto concretamente la riduzione del fumo e come attivare il
counselling nei confronti dei pazienti, durante la loro normale attività lavorativa.
Noi non siamo ancora arrivati alla fase di valutazione, anche se facendo
questo Corso di Formazione con gli operatori sanitari, soprattutto negli ospedali
in cui da più lungo tempo è partito il progetto, questi ultimi hanno già visto una
diminuzione del fumo in ospedale, particolarmente in determinati reparti e nelle
sale d'attesa e negli atrii, in cui il problema era veramente molto grave.
Direi che questa esperienza è positiva, perché, nonostante che le Aziende
USL siano diversamente coinvolte e ci sono state delle difficoltà, si è riusciti
comunque ad impostare una piattaforma di lavoro comune che è sfociata nella
produzione - un traguardo per noi - di una cartellonistica comune; inoltre questa
esperienza vedrà una fase di verifica, rispetto ai Corsi di Disassuefazione, perché
è stata fatta insieme la formazione ed insieme si farà la verifica della efficacia di
questi corsi, al momento rivolti solo al personale sanitario, ma poi in breve
72
——— 2° Conferenza Nazionale degli Ospedali per la promozione della salute ———
tempo verranno rivolti anche a tutta la popolazione. Anche noi stiamo prendendo
in considerazione la possibilità di coinvolgere i medici di Medicina Generale in
questo progetto, perché chiaramente hanno un ruolo molto importante.
Grace Rabacchi
Azienda Ospedaliera O.I R.M. - S. Anna - Torino
Relazione letta dalla Sig.ra Arcari
Problema della Violenza e dell'Abuso sulle Donne e sui Minori
Sostituisco la Dr.ssa Grace Rabacchi che ha dovuto assentarsi; presenterò
i progetti dell'Azienda Ospedaliera O.I.R.M. S. Anna e dall'A.S.L.-2 di Torino.
Per quanto riguarda l'Azienda Ospedaliera O.I.R.M. S. Anna verso la fine del
`96 il Comitato Pari Opportunità, prendendo atto di quanto il fenomeno della
violenza, dell'abuso e del maltrattamento alle donne e ai minori fosse rilevante,
cioè sempre più scoperto e frequente, ha pensato di organizzare dei Corsi di
sensibilizzazione sul problema, riservati agli operatori della nostra Azienda.
Questa proposta ha trovato la completa approvazione e sostegno della
Direzione Generale e di tutta l'Amministrazione dell'Azienda. Quindi in un'ottica
di promozione della salute a settembre e ottobre `97 si sono avuti i primi due
Corsi che, riservati agli operatori, hanno trattato temi quali:
ƒ La violenza sessuale: estensione e tipologie del fenomeno.
Tenuto da una Sociologa dell'Università di Padova, L. Terragni.
ƒ Il servizio sociale: dalla segnalazione all'intervento.
Tenuto da un Assistente Sociale del "Progetto Cappuccetto Rosso" della
Circoscrizione 6 di Torino, G. Valente.
ƒ Aspetti psicologici dei problema.
Tenuto da una Psicologa della U.S.L.-8 di Moncalieri, M. Giovannelli.
ƒ Violenza contro le donne: risposta di una istituzione sanitaria, esperienza del
soccorso violenza sessuale di Milano.
Tenuto da una Ginecologa responsabile del Soccorso Violenza Sessuale
della Clinica Mangiagalli di Milano, A. Kustermann, che opera già da
almeno un paio d'anni. (Devo dire che con la Clinica Mangiagalli di Milano
abbiamo avuto un continuo filo diretto e ci siamo avvalsi molto della loro
esperienza).
ƒ Il maltrattamento nel bambino.
Tenuto da una Pediatra dell'Istituto Gaslini di Genova, M.O. Ciccone.
ƒ II medico nei casi di sospetto abuso sessuale sui minori.
Tenuto dalla Ginecologa responsabile del "Progetto: Cappuccetto Rosso",
M.R. Giolito.
ƒ Tutela processuale e sostanziale dei minori vittime di violenza e di abuso.
73
——— 2° Conferenza Nazionale degli Ospedali per la promozione della salute ———
ƒ
Tenuto da una Giudice del Tribunale dei minori di Torino, A.M. Baldelli.
La segnalazione di reato e gli obblighi conseguenti nel caso di possibile
violenza ed abuso.
Tenuto da un Sostituto Procuratore della Repubblica di Torino, M. Boselli.
Questi primi due Corsi hanno coinvolto oltre 200 operatori, a cui è stato
somministrato a fine Corso un questionario, dal quale abbiamo tratto indicazioni
su quanto fosse stato gradito; l'elevata soddisfazione di questi operatori ci ha
spinto a mettere in previsione la prosecuzione di questi Corsi di
Sensibilizzazione. Sono però emersi vari problemi, che gli operatori ci hanno
posto, sulla difficoltà ad esempio nell'affrontare i casi non tanto di
maltrattamento e violenza dichiarata, ma di sospetto di abuso o maltrattamento.
Questo fatto suscita negli operatori molti dubbi su quali saranno poi i risvolti
legali che li coinvolgeranno, oppure su quali saranno i risvolti che
coinvolgeranno questa famiglia, la donna o il coniuge.
Il Comitato Pari Opportunità quindi, in pieno accordo con
l'Amministrazione, sta organizzando due Corsi di Formazione ad hoc, distinti, su
questo problema per gli operatori del D.E.A. dell'Ospedale Infantile Regina
Margherita e dell'Accettazione del S. Anna.
ƒ
ƒ
ƒ
Verranno trattati:
il concetto di accoglienza: la relazione e la comunicazione fra gli operatori
sanitari ed i cittadini/utenti;
semeiotica medica: indicatori fisici, comportamentali, emozionali;
aspetti medico legali: la normativa vigente, il referto e la certificazione.
Crea abbastanza disagio negli operatori stendere il verbale di accettazione
perché non si sa mai dove potrà finire questo verbale e che cosa accadrà.
Facendoci forti dell'esperienza della Mangiagalli, che ha adottato l'esperienza
decennale di un ospedale di Parigi, stiamo procedendo alla stesura di una scheda,
una sorta di verbale di accettazione, che entrerà in uso verso settembre del `98 e
che permetterà di raggiungere importanti obiettivi, ad esempio:
• la produzione di una certificazione soddisfacente dal punto di vista medico
legale,
• la rilevazione di dati che, per la loro completezza, potranno essere impiegati
nella valutazione tecnica e giudiziaria, evitando così ulteriori accertamenti
sulle vittime;
• sarà molto utile per rilevare con precisione il dato statistico o quantitativo,
quindi la misura di questo problema, perché, entrando nell'argomento,
abbiamo visto che è difficile recuperare questo dato statistico.
74
——— 2° Conferenza Nazionale degli Ospedali per la promozione della salute ———
Brevemente vi leggo il Progetto dell'A.S.L.-2 che si intitola “Abusi e
violenze: facciamo una catena per dire basta ai maltrattamenti ai minori”, la cui
responsabile è la Dott. Amalia Chirico. Il progetto è indirizzato ad una fascia di
utenti tra 0 e 14 anni, nel primo anno sarà dedicato alla sensibilizzazione ed alla
formazione degli adulti, preposti all'allevamento/educazione/formazione dei
minori, ed degli operatori socio-sanitari e sociali.
Per raggiungere questi obiettivi si prevedono 7 fasi:
• nella prima fase viene individuato e costituito un Gruppo di lavoro;
• nella seconda fase si prevede la programmazione ed attuazione, in
collaborazione con gli organi circoscrizionali e comunali, di una giornata
seminariale sui problemi relativi agli abusi e maltrattamenti dei minori, diretta
sia agli operatori socio-sanitari sociali e scolastici, sia alla popolazione in
generale del territorio della A.S.L.; in questa giornata seminariale si possono
prevedere interventi di sociologi, ginecologi, pediatri, psicologi, operatori
infermieristici, neuropsichiatri, esperti dell'educazione, magistrati, avvocati e
rappresentanti del Ministero delle Politiche Sociali;
• nella terza fase ci sarà l'individuazione, con l'aiuto del sociologo, di una zona
e di una porzione di territorio A.S.L. a cui indirizzare sperimentalmente
l'intervento; questa zona deve comprendere e prevedere un asilo nido, una
scuola elementare, una scuola media, servizi sanitari territoriali, servizi
sociali, volontariato, associazionismo;
• nella quarta fase verrà individuato un campione di adulti, fruitori del Corso di
sensibilizzazione e formazione sui problemi connessi agli abusi e
maltrattamenti sui minori; del gruppo di fruitori della formazione dovranno
comunque far parte operatori sociosanitari, sociali, scolastici, operatori
sportivi dell'associazionismo, operatori delle parrocchie e genitori;
• nella quinta fase il Gruppo di lavoro elaborerà i contenuti della formazione e
ne individuerà i docenti;
• nella sesta fase si organizzeranno seminari di sensibilizzazione e formazione;
• nella settima fase si avrà una giornata seminariale con il Gruppo di apertura,
che consentirà:
a. la verifica dell'esperienza, confrontando i dati del seminario iniziale
con quelli dell'attuale,
b. la programmazione di un intervento specifico sui minori abusati e
maltrattati, con particolare riguardo ai maltrattamenti psicologici,
c. la programmazione d'interventi diretti a recupero di soggetti
abusanti,
d. la programmazione d'interventi a carattere preventivo, educativo,
formativo per fasce di popolazione, genitori ed operatori insieme,
e. l'elaborazione di materiali informativi sulle strutture sociosanitarie e
sociali, preposte all'analisi ed agli interventi specifici sul problema,
75
——— 2° Conferenza Nazionale degli Ospedali per la promozione della salute ———
e le relative procedure.
Luigi Resegotti
Suggerirei solo di somministrare un questionario prima ed uno dopo per
vedere cosa è cambiato operativamente, poiché si tratta di rilevare quali sono i
problemi che vengono sentiti dagli operatori prima e vedere se, dopo aver fatto
questo lungo percorso, notano un cambiamento nel loro modo di operare.
Il Gruppo del C.T.O., Prof. Scansetti, parlerà del ruolo di un Trauma
Center nella prevenzione dei traumi.
Giovanni Scansetti
Azienda C.TO.-C.R.F. Maria Adelaide - Torino
"Trauma Center" nella Prevenzione dei Traumi
Come Trauma Center, noi abbiamo pensato se potevamo inserirci in
questa opera di promozione della salute, vedendola forse in termini più generali
che a noi si confà maggiormente, cioè in un'ottica di prevenzione.
Il Centro Traumatologico, pur essendo l'Ospedale più recente di Torino,
ha una storia già di circa 35 anni e in questa storia ha accumulato una grande
esperienza ed un grosso patrimonio di conoscenze. Abbiamo pensato che fosse il
caso di mettere queste conoscenze al servizio della promozione della salute.
della prevenzione, nella nostra Regione e anche nel nostro Paese.
(Il gruppo che si è coagulato su questa iniziativa compare su questo lucido)
La nostra Azienda è composta per metà da Ortopedici-Traumatologi,
quelli che ricostruiscono in generale i traumatizzati, ed in particolare gli
ustionati del nostro Centro Grandi Ustionati; abbiamo una grossa
Neurochirurgia, quindi tutti i traumi cranio-vertebrali vengono anche da noi,
oltre che all'Ospedale Molinette; abbiamo dei vasti Reparti di Rianimazione;
abbiamo dei grossi Reparti di Riabilitazione; abbiamo il settore della Medicina
del Lavoro.
Abbiamo mandato avanti per primi i Progetti Patatrac e Bip Bip, di cui voi
avete già visto delle realizzazioni ed anche i logo, perché sono stati distribuiti
all'ingresso, e che sono rivolti rispettivamente alla prevenzione primaria ed alla
prevenzione secondaria dei grandi traumi cranio-vertebrali.
Questi due Progetti, insieme, si propongono di informare i giovani su
76
——— 2° Conferenza Nazionale degli Ospedali per la promozione della salute ———
quali sono gli strumenti per la prevenzione dei grandi traumi cranio-vertebrali e
quali sono i comportamenti per evitarli, secondariamente si preoccupano di
preparare quella rete ultra-specializzata che in prevenzione secondaria riesce a
limitare i danni, quando questi traumi si sono verificati.
Questo gruppo più vasto, che si è creato tra di noi, si propone di
diffondere la conoscenza di comportamenti che stanno alla base, per esempio,
del verificarsi del trauma termico; molti sanno come si innesca la fiamma che ci
provoca l’ustione, ma incidere sui comportamenti e educare a prevenire gli atti
non considerati che li provocanoè uno degli scopi del gruppo, mentre il secondo
riguarda i traumatismi in genere, a parte quelli che sono già stati avviati, cioè i
cranio-vertebrali.
Noi sappiamo che sono due le età che vengono particolarmente colpite:
- l’età giovanile, quella in cui ci si fracassa di più, quella in cui si ama la
velocità, gli sport audaci;
- l’età avanzata, per la fragilità maggiore del suo impianto scheletrico e per
qualche difetto dell’acuità visiva.
Bisogna incidere con la prevenzione anche in questo settore, preparare ad
evitare.
In terzo luogo, c’è anche la consapevolezza, soprattutto nei paesi
anglosassoni, che le conseguenze di un cattivo modo di lavorare e di danni alla
salute per cause di lavoro non sono solo legati a sostanze tossiche o a macchine
pericolose, ma sono legati anche all’azione continua, ripetitiva e magari mal
diretta di piccole forze, di movimenti ripetuti, che provocano delle gravi
inabilità. (Negli USA sono al primo posto delle cause di invalidità professionale
in questi anni ’90: cumulative trauma disorders o ripetitive injuries diseases).
Noi articoleremo questa azione preventiva con attività di prevenzione
primaria, diretta al di fuori del nostro ospedale, che darà un contributo
informativo ed educativo: il contributo informativo è sui comportamenti, quello
educativo è per correggere i comportamenti errati. Ci sarà anche una
prevenzione di tipo secondario, al di dentro del nostro ospedale, che deve mirare
ad ottimizzare le nostre prestazioni in modo che l’iter di colui che arriva politraumatizzato nel nostro ospedale sia il più preparato e predisposto possibile,
affinchè l’esito, grande problema, sia più limitato, più benefico.
Questo ovviamente richiede anche una grossa opera educativa su noi
stessi medici, sul nostro personale e su tutta la nostra struttura, su tutta la sua
organizzazione; quindi gli operatori sanitari sono da completare nella loro
formazione per indirizzarli su questa linea di prevenzione secondaria.
77
——— 2° Conferenza Nazionale degli Ospedali per la promozione della salute ———
Non possiamo fare tutto da soli, abbiamo bisogno di supporti di
istituzioni, di associazioni, di iniziative come questa e di personalità che, per il
loro ruolo e per la loro esperienza, possano darci una mano e contribuire a quello
che noi intendiamo fare. Utilizzeremo i metodi più moderni, se possibile, mirati
agli utenti specifici a cui ci vogliamo rivolgere, il linguaggio sarà naturalmente
moderno e scelto accuratamente, come molti di noi hanno detto, perché è
indispensabile che le immagini e le parole siano effettivamente le migliori.
Utilizzeremo filmati in videocassetta, programmi interattivi informatici,
conferenze in ambito scolastico; terremo dei seminari, distribuiremo tante cose: i
logo, che voi avete visto, e stampati diversi; terremo delle manifestazioni su
questo argomento.
I vantaggi:
• diminuire il numero d'incidenti e la loro gravità - non abbiamo la presunzione
di incidere su tutto, pensiamo di ridurre il danno soprattutto;
• dare un trattamento uniforme e più avanzato possibile a chi comunque ricorre
alle nostre cure;
• accorciare i tempi di guarigione;
• diminuire la perdita delle capacità funzionali;
• ridurre i costi dei traumi per quanto riguarda la società.
Luigi Resegotti
Dò la parola alla Dr.ssa. Silvia Romagnoli, dell'A.S.O.-Ospedale
Maggiore della Carità di Novara, sul tema "Umanizzazione del Dipartimento di
Emergenza e Accettazione. Riduzione della componente ansiogena del paziente
che vi afferisce." (tema collegato con il II Gruppo).
Silvia Romagnoli
A.S.O.-Ospedale Maggiore della Carità di Novara
Umanizzazione del Dipartimento di Emergenza ed Accettazione
Nell'ambito dell'umanizzazione dei servizi sicuramente gli aspetti che
coinvolgono i Dipartimenti di Emergenza ed Accettazione hanno delle
particolarità che vanno evidenziate. Ho seguito lo schema proposto dal C.I.E.S.
per l'elaborazione di questo progetto e quindi ho illustrato in particolare tutti gli
aspetti che ci siamo trovati a trattare.
Il progetto è stato proposto dal Comitato Tecnico Locale H.P.H. ed ha
visto, quali soggetti coinvolti, sia la Direzione Sanitaria per quanto concerne il
78
——— 2° Conferenza Nazionale degli Ospedali per la promozione della salute ———
coordinamento delle attività ospedaliere, al fine di conseguire il livello di
efficienza, efficacia e gradimento dell'utenza con forme di standard stabilite dal
Direttore Sanitario, sia l'U.R.P. per quanto concerne la rilevazione del grado di
soddisfazione dei cittadini utenti sui servizi offerti. Inoltre è stata fatta un'analisi
dei bisogni e delle problematiche che andavano affrontate.
Per quanto riguarda i Dipartimenti di Emergenza e Accettazione il
problema è di immediata percezione, soprattutto se si tiene conto del fatto che
tali Dipartimenti sono stati organizzati secondo un modello del 1978, stabilito da
una Delibera della Giunta Regionale, che è rimasto immutato pur essendosi
radicalmente modificate le esigenze della popolazione utente. Queste esigenze si
sono modificate in quanto gli accessi al Pronto Soccorso nel corso degli ultimi
anni sono aumentati notevolmente, questo ha comportato la difficoltà di stabilire
con la popolazione utente, il paziente, un rapporto immediato e soprattutto una
informazione ai pazienti circa i percorsi ed i trattamenti che devono affrontare
nella loro permanenza nei servizi di Emergenza.
I problemi che sono emersi sono di carattere strutturale, infatti tutti gli
ospedali del Piemonte hanno dei problemi in sede di Dipartimento di Emergenza
che si evidenziano in una carenza di spazi, rispetto alla presenza di popolazione
che vi accede; questa carenza non consente di garantire il rispetto di requisiti
minimi di comfort e di un'adeguata privacy nei confronti di pazienti che vi
afferiscono.
Vi sono poi degli aspetti di carattere organizzativo per cui sarebbe
auspicabile:
• una maggiore responsabilizzazione di tutti gli operatori;
• una maggiore professionalità da parte di tutti gli operatori (per questo noi
stiamo cercando di approntare un Protocollo di Accoglienza);
• un miglioramento dell'informazione sugli aspetti strettamente legati alla
malattia, riguardo anche ai percorsi ed ai trattamenti che i pazienti devono
effettuare;
• un miglior coordinamento ed integrazione degli operatori, secondo le finalità
di una struttura a carattere dipartimentale, come i nostri Dipartimenti di
Emergenza ed Accettazione;
• la necessità di attivare percorsi formativi per il raggiungimento di un buon
livello di comunicazione;
• l'informazione alla cittadinanza sulle problematiche in urgenza, perché il
cittadino utente deve anche sapere ed imparare a capire che cosa significa un
Dipartimento di Emergenza ed Accettazione, quindi accedervi quando vi sia la
reale necessità;
• la necessità, emersa con l'attivazione del 118, di un'integrazione tra le figure
79
——— 2° Conferenza Nazionale degli Ospedali per la promozione della salute ———
operanti sul territorio e le figure operanti in sede di D.E.A.
Esperienze in questo senso sono già state poste in atto; si sta lavorando
molto sul problema dell'accreditamento dei Pronto Soccorso, quindi il discorso
umanizzazione va di pari passo con il discorso dell'accreditamento.
•
•
•
•
•
•
•
Ovviamente gli obiettivi che ci siamo posti, a lungo termine, sono:
una riduzione delle attese,
un miglioramento del comfort,
un'informazione adeguata sullo stato di salute,
un rapporto medico-paziente in sede più diretto e personalizzato,
un'assistenza infermieristica improntata a criteri di umanizzazione,
il rispetto della privacy,
l'acquisizione di un modello culturale nuovo che consideri tutti i pazienti, che
afferiscono al Dipartimento di Emergenza ed Accettazione, ugualmente ed
indistintamente bisognosi di cure e, come tali, destinatari della massima
professionalità da parte degli operatori, sia in termini di atti tecniciassistenziali, sia in termini di supporto psicologico.
In via ipotetica ci siamo proposti di raggiungere questi obiettivi, attraverso
fasi successive che non saranno facili da percorrere, entro la fine del 1999. Allo
stato attuale risulta difficile stabilire una caratterizzazione precisa delle varie fasi
del progetto, comunque il nostro impegno è di lavorare per il raggiungimento di
questi obiettivi entro la fine del prossimo anno.
La prime fase di attuazione del progetto consisterà in una ricognizione,
cioè un'analisi delle criticità presenti in sede di D.E.A. Si parlava con altri
componenti del Comitato Tecnico Locale di somministrare eventualmente un
questionario ai pazienti, o ai parenti dei pazienti afferenti al Pronto Soccorso, per
una più dettagliata analisi dei bisogni.
La seconda fase prevede la stesura di un Protocollo di accoglienza al
Dipartimento di Emergenza e Accettazione, fase che verrà espletata
presumibilmente nei mesi di luglio-agosto-settembre dell'anno in corso, la
presentazione del Protocollo e la sua divulgazione, la verifica dell'applicazione
dello stesso e la verifica poi dei cambiamenti apportati, dopo l'applicazione, in
termini di miglioramento della qualità dell'assistenza offerta.
Questo in sintesi è il programma che come Azienda Ospedaliera Maggiore
della Carità di Novara in termini di umanizzazione di Servizio di Emergenza ed
Accettazione ci siamo dati.
80
——— 2° Conferenza Nazionale degli Ospedali per la promozione della salute ———
Elisabetta Girotto
Dietista - Ospedale San Giovanni antica sede - A.S.L. 1 Torino
Relazione dell'Attività del Progetto AMACA.
Gruppi di auto mutuo aiuto nei disturbi alimentari.
Vorrei presentarvi questo progetto, nato nel 1994, che l'anno scorso, in
occasione del primo incontro regionale degli Ospedali Promotori di Salute, è
entrato a far parte di un progetto chiamato "Nutrizione e Salute" del nostro
ospedale.
Dal 1994 il nostro Servizio di Dietetica e Nutrizione Clinica ed il Settore
di Educazione Sanitaria della nostra azienda USL sono coinvolti in una
progettazione comune, finalizzata alla costituzione di Gruppi di Auto Mutuo
Aiuto per persone con problemi di comportamento alimentare. Il progetto ha
nome "AMACA" da Auto Mutuo Aiuto Comportamento Alimentare.
Questo progetto è nato dall'incontro di alcuni operatori, dopo che era stata
condotta un'osservazione ed una raccolta di dati presso il Servizio Ambulatoriale
di Dietetica e presso i Poliambulatori generici; questa osservazione ha
evidenziato la rilevanza del problema d'incidenza del peso corporeo in relazione
a problemi di salute secondari, registrata presso il Poliambulatorio (problemi
cardiologici oppure ortopedici), e l'inadeguatezza della tradizionale prescrizione
dietetica in termini di modificazione del comportamento alimentare.
Siamo partiti dall'esigenza, sentita dagli operatori, di offrire agli utenti un
luogo ed un tempo in cui il problema del comportamento alimentare potesse
essere pensato e riconosciuto nella sua complessità, prima di essere curato
attraverso una prescrizione dietetica, così come anche la definizione del
problema dell'eccedenza di peso, in termini di problema complesso e
multifattoriale, analogo al problema della dipendenza da sostanze psicoattive; si
è considerata anche l'ipotesi di aggredibilità del problema attraverso i Gruppi di
auto mutuo aiuto.
Il Gruppo di lavoro ha poi articolato un progetto specificando la
popolazione target, gli obiettivi, i metodi, gli strumenti ed i tempi previsti, ha
organizzato degli incontri informativi con gli Amministratori fino ad ottenere il
riconoscimento formale, attraverso una Delibera, ed ha dato inizio all'attività con
la formazione del primo gruppo nel dicembre del 1994.
Uno degli scopi fondamentali del Gruppo è lo svincolo da parte dei
partecipanti da una posizione di dipendenza e dalla competenza tecnica degli
81
——— 2° Conferenza Nazionale degli Ospedali per la promozione della salute ———
operatori, per questo motivo il sapere tecnico degli operatori, svestendosi della
dimensione magica di conoscenza complessa, viene messo a disposizione in un
luogo ed in un altro momento, diverso da quello del Gruppo, che è la Scuola
Nutrizionale.
Presento qualche dato relativo ai gruppi attualmente in attività che sono 8,
di cui 7 nel territorio torinese ed 1 a Torre Pellice: i partecipanti attivi sono 101,
i Gruppi si incontrano in un luogo ed in un orario preciso, stabilito per ogni
gruppo, in diversi giorni della settimana ed anche in diverse sedi, cercando di
spostarsi da un luogo strettamente ospedaliero ad un luogo che non ricordi tanto
il concetto dell'ospedale. Quindi ci siamo trasferiti dapprima in area di
educazione sanitaria e due gruppi attualmente si trovano presso un Istituto
Superiore. Le date di partenza, come vedete, vanno dal `94 e via via questi
gruppi si sono moltiplicati, altri sono nati ex novo, due sono nati nel gennaio del
`98.
La Scuola Nutrizionale è un momento diverso dal Gruppo di auto mutuo
aiuto, in essa una équipe con diverse specializzazioni cerca di dare dei concetti
base d'informazione alle persone che partecipano ai Gruppi; inoltre questa
Scuola non è solo aperta ai partecipanti ma anche alla popolazione, che non
partecipa ai Gruppi di auto mutuo aiuto.
Sono stati fatti, dal `94 ad oggi, 5 Cicli Scolastici di 10 lezioni ciascuno, i
cui titoli sono:
• L'evoluzione del concetto di salute ed i rapporti con l'alimentazione;
• I nutrienti ed i gruppi di alimenti;
• La composizione dei pasti e le tecniche di cucinazione;
• I modelli dietetici, la pubblicità, la moda, l'ambiente;
• Oltre la dieta: strategie di riabilitazione nutrizionale, strumenti e finalità;
• L' alimentazione: modelli culturali e aspetti psicologici;
• Il diario alimentare: il riconoscimento degli automatismi del recupero
dell'autocontrollo;
• L'attività fisica e i primi passi verso il cambiamento;
• Auto mutuo aiuto e problematica alimentare;
• Il gruppo come strumento di supporto al cambiamento;
• Consegna dei diplomi nella serata finale (alle persone che hanno partecipato al
corso è stato chiesto di intervenire ad un minimo di 8 lezioni per avere poi
l'attestato finale e di portarci un elaborato).
Il numero degli iscritti è aumentato sempre più, ma soprattutto è
interessante il rapporto dei diplomati, cioè delle persone che effettivamente
82
——— 2° Conferenza Nazionale degli Ospedali per la promozione della salute ———
hanno seguito tutto il corso.
Per quanto riguarda i dati dei gruppi, che sono aggiornati al giugno del
`97, comunque possiamo mantenere valido il dato del `96, perché la tendenza si
è dimostrata costante; risulta che il rapporto tra accoglienza, primi contatti e
ingressi nel gruppo è sempre più migliorato, poiché è sceso da 1,9 a 1,5.
Attraverso l'offerta di un'opportunità d'incontro tra persone che vivono un
medesimo stato di disagio e sofferenza è possibile:
ƒ aumentare le capacità dei singoli di far fronte al disagio;
ƒ strategie di copying;
ƒ favorire il sostegno reciproco e la solidarietà;
ƒ aumentare la capacità di autodeterminazione del proprio progetto di cura,
attraverso il riconoscimento ed il recupero delle capacità di autocura, proprie
e del gruppo;
ƒ aumentare la rete sociale dei partecipanti al gruppo;
ƒ promuovere la salute della comunità.
Alcuni dei progetti futuri sono già stati conseguiti, comunque le premesse
sono:
ƒ la crescente richiesta di partecipazione da parte degli utenti;
ƒ la richiesta di approfondimenti tecnici;
ƒ la crescente adesione degli operatori al modello di Auto Mutuo Aiuto, con
graduale abbandono del modello prescrittivo.
Invece tra i progetti pratici avevamo quello della formazione di nuovi
operatori, proprio nel novembre del `97 è stato fatto un Corso della durata di una
settimana, a cui hanno partecipato circa 60 persone; ci è stato accordato dalla
nostra Azienda Sanitaria di inserire delle quote partecipative, soprattutto per la
Scuola Nutrizionale, ma purtroppo sul supporto di Segreteria Informatica siamo
al punto di partenza, invece molto positivo è il collegamento con il progetto
H.P.H.
Saber Behnaz
A.S.L. 1 Torino
Progetto Gian Burrasca
Nutrizione e salute
Questo progetto nasce da un'iniziale esperienza condotta nell'anno
scolastico ‘96-‘97, presso Istituto Professionale per il Commercio "Giulio";
83
——— 2° Conferenza Nazionale degli Ospedali per la promozione della salute ———
inoltre questa nostra iniziale esperienza aveva evidenziato la necessità di
promuovere un'iniziativa specifica e dedicata integralmente ai problemi del
disturbo del comportamento alimentare.
Nell'ottica di rafforzamento dell'azione comunitaria, prevista dalla "Carta
di Ottawa", e per la competenza altamente specializzata abbiamo scelto di
collaborare per il nostro intervento multidisciplinare con l'A.B.A., che è
un'associazione privata che da anni si occupa dello studio e la ricerca
sull'anoressia e bulimia.
•
•
•
•
•
Gli obiettivi di questo progetto, inizialmente, erano:
sensibilizzare gli studenti e gli insegnanti alla promozione della salute,
promuovere in modo attivo la partecipazione critica alle scelte inerenti la
propria salute,
offrire la possibilità di riconoscere precocemente i primi segni dei disturbi
alimentari, specialmente quelli psicogeni, anoressia e bulimia, sia per quanto
riguarda l'aspetto nutrizionale che per quello relazionale,
creare una banca dati per conoscere la vastità e l'importanza del fenomeno
nell'ambito del campione scelto.
Questo progetto è iniziato nel gennaio 1998, aprendo uno sportello di
accoglienza e di consulenza nutrizionale e psicologica presso tre Istituti di medie
superiori di Torino. Inizialmente abbiamo fatto un incontro di sensibilizzazione e
di presentazione del progetto in ogni singola scuola, e poi abbiamo aperto lo
sportello per 2 ore al mese.
Successivamente abbiamo steso una scheda riportante i dati nutrizionali,
le abitudini alimentari, precedenti dietoterapie e eventuali segnali iniziali di
disagio alimentare psicogeno. L'équipe è formata da una dietologa, una dietista e
una psicologa. In seguito abbiamo fatto del follow up per i casi che si rivelavano
abbastanza critici per i nostri ambulatori.
Abbiamo i risultati parziali di tre mesi di lavoro, che però sono abbastanza
allarmanti.
Questo è un Istituto con un numero totale di allievi di 564. Noi abbiamo
fatto intervento di sensibilizzazione solo su 258 studenti che appartengono
maggiormente alle prime e alle seconde classi. Abbiamo scelto proprio questa
fascia di età perché è la più critica e puntavamo molto su una diagnosi precoce.
Gli allievi afferenti allo sportello, in 7 ore, sono 34, di cui 33 femmine e 1
maschio. Abbiamo effettuato un follow up su 14 ragazzi ed è emerso in modo
84
——— 2° Conferenza Nazionale degli Ospedali per la promozione della salute ———
abbastanza allarmante questo DAP (Disturbo Alimentare Psicogeno).
Su 33 ragazze che si sono presentate allo sportello: 7 avevano un disturbo
molto ben strutturato, proprio secondo i criteri del DMS4, e 20 sono venuti allo
sportello perché volevano dei consigli generali sulla nutrizione, sulla dieta per lo
sport, vari consigli specifici o meno, in modo generale.
Un altro Istituto presso il quale abbiamo presentato il nostro progetto e
con il quale abbiamo collaborato è l'Istituto Peano, che è un istituto frequentato
per la maggior parte da maschi: su 828 studenti, 773 sono maschi. In questo
Istituto non abbiamo riscontrato alcun tipo di disturbo alimentare psicogeno e
tutti i ragazzi che si sono rivolti allo sportello erano esclusivamente sportivi e
volevano avere informazioni su una dieta pre e post gara.
All'Istituto Giulio, in cui c'è una percentuale di ragazze abbastanza
elevata, si sono rivolte allo sportello 22 studenti, di cui 21 femmine, e tra queste
c'erano tre casi di disturbo ben strutturato, da seguire poi anche nel futuro.
Quindi il nostro lavoro non termina con l'anno scolastico ma i casi con problemi
seri vengono seguiti anche dopo.
Alla fine dell'anno scolastico è previsto un incontro interattivo con tutti gli
studenti, i genitori e gli insegnanti per valutare ciò che è stato fatto durante
l'anno scolastico e presentare eventuali proposte e progetti su cui lavorare nei
prossimi anni.
Luigi Resegotti
Grazie, Dottoressa, per il Suo intervento, molto interessante, che mi pare
apra già un percorso di prevenzione e cura collegati in ambienti scolastici e
questa mi sembra una cosa che debba essere sottolineata perché ha certamente
molta importanza.
Adesso, per fare un piccolo intervallo per le nostre menti che hanno già
lavorato abbastanza, vi racconto un'altra cosa: noi abbiamo lavorato
intensamente in questi giorni per preparare questa cartella in cui ci sono delle
copie, però purtroppo non ci sono tutte perché qualcuna è arrivata tardi, o forse
per qualcuna noi siamo stati poco attenti. Ci scusiamo molto di questo perché
non vorremmo che voi pensaste che noi abbiamo fatto una scelta intenzionale,
ma semplicemente qualcuno ci è sfuggito.
Comunque, gli errori sono la spinta per migliorare le cose, quindi, se noi
85
——— 2° Conferenza Nazionale degli Ospedali per la promozione della salute ———
avessimo presentato tutto bene nella cartella, forse non avremmo avuto lo
stimolo di realizzare degli Atti più completi, invece proprio questo ci suggerisce
che magari qualcuno di voi, che ha portato una bella relazione, potrebbe avere
piacere di vedere riprodotto il proprio lavoro su questi Atti. Quindi se qualcuno
di voi vuole farci avere del materiale, anche se non potremo pubblicare tutti,
cercheremo di mettere in questi Atti una parte di questo materiale, anche
illustrativo, perché lo riteniamo molto importante.
Abbiamo parlato con i medici di famiglia, con il Dr. Milillo, che aveva
detto che forse avrebbe mandato qualcuno a fare una presentazione. C'è per caso
qualcuno che viene a nome dei medici di famiglia? Non ce l'abbiamo.
Siamo arrivati all'ultimo punto, lo smaltimento dei rifiuti, la raccolta
differenziata dei rifiuti in ospedale. Già questa mattina abbiamo sentito che
l'Ospedale è un grande consumatore, compra molto materiale, promuove le ditte
che producono il materiale migliore, qualche volta ha promosso quelle che
producevano il materiale che rendeva di più, comunque ha sempre promosso
qualcosa e ha anche smaltito e deve smaltire molti rifiuti. Questo modo di
smaltire i rifiuti è un problema molto importante perché per molto tempo non si
faceva neanche una raccolta differenziata di certi rifiuti ospedalieri che sono
pericolosi. Oggi questa raccolta c'è e tutti sappiamo che questo problema è molto
importante. Passo quindi la parola al Dr. Flavio Frisson che tratterà questo
argomento.
Flavio Frisson
AULSS 15 Alta Padovana - Veneto
RICICLA - RIUSA – RISPARMIA.
La raccolta differenziata dei rifiuti in Ospedale
Io vengo dal Veneto, USL 15 Alta Padovana, e questo è un progetto che è
stato reso possibile all'interno di un bacino di più Comuni, dove c'è un Ente
specifico per la raccolta dei rifiuti, che si chiama Ente Bacino Padova 1, e questo
è un progetto che si è sviluppato all'interno di un'organizzazione complessiva
che vede coinvolti Amministrazioni Comunali e questo Ente Bacino.
Questo progetto è stato reso possibile grazie ad una struttura che è già
attiva sul territorio e che, all'interno di questo Bacino, permette una raccolta
differenziata in ogni Comune con risultati che vanno a incidere sulla raccolta
con un riciclaggio di oltre il 50%. Questo Bacino ha notevoli pubblicazioni in
giro per l'Italia in quanto, visti i risultati, viene portato come esempio di
86
——— 2° Conferenza Nazionale degli Ospedali per la promozione della salute ———
applicazione del famosissimo Decreto sul riciclaggio dei rifiuti.
•
•
•
•
•
•
•
E' un progetto che ha come obiettivi principali:
la condivisione di una politica pubblica per la salute,
la collaborazione a creare ambienti favorevoli e sani,
il rafforzamento dell'azione comunitaria,
mettere in grado i cittadini di compiere scelte che favoriscono la salute,
incoraggiando nei pazienti, nei familiari, nei dipendenti e nei visitatori un
ruolo attivo e di partecipazione.
Ci siamo dati degli obiettivi, che sono:
educare il paziente-ospite, il visitatore, nonché il personale, ad una corretta
separazione finalizzata al riciclaggio e quindi, più in generale, ad una
maggiore coscienza civica e rispetto per l'ambiente;
ridurre il quantitativo del rifiuto ospedaliero destinato alla discarica;
supportare un programma integrato di gestione dei rifiuti, in collaborazione
con il bacino di raccolta e i comuni ad esso afferenti.
Questo progetto lo abbiamo sviluppato con diverse fasi:
Fase educativa rivolta al personale, ai pazienti e ai visitatori con:
- incontri tematici, manifesti murali, volantini, pieghevoli da consegnare
al paziente al momento del ricovero;
- la creazione all'interno della struttura ospedaliera e delle strutture
distrettuali di isole ecologiche;
- un servizio di raccolta presso le stanze, da parte del personale
dipendente, con un apposito carrello multisacco e conseguente rinforzo
del messaggio (evidentemente per i rifiuti assimilabili agli urbani).
Fase gestionale che prevedeva:
- la corretta selezione, manipolazione e trattamento dei rifiuto ospedaliero;
- la raccolta differenziata del rifiuto assimilabile agli urbani;
- lo smaltimento e invio al processo di recupero della frazione riciclabile.
Per la buona riuscita di questi tipi di progetti è evidente che ci deve essere
a monte un mercato del riciclato che ci garantisca lo smaltimento corretto di
questo rifiuti. Ogni azione di questo tipo sarebbe vanificata se tutto tornasse alla
discarica.
Abbiamo avuto degli esiti molto favorevoli. Io ho i dati delle prime
valutazioni, fino a settembre 1997, e i risultati sono:
- la raccolta indifferenziata all'interno dell'Ospedale nel periodo AprileSettembre `96 era di 117.870 kg.;
87
——— 2° Conferenza Nazionale degli Ospedali per la promozione della salute ———
- nel periodo Aprile- Settembre ‘97, la quantità di rifiuti da discarica erano
85.550 kg., con una riduzione quindi del 27,5% del rifiuto.
- contemporaneamente raccoglievamo vetro, plastica e lattine per 15.520 kg. e
carta per 16.800 kg.
Quali sono le azioni future? La fase educativa-informativa, rivolta al
personale e ai pazienti, che deve essere mantenuta nel tempo, quindi questa è
un'azione quasi di educazione permanente. Inoltre, il progetto deve essere
continuamente aggiornato all'evoluzione della normativa, e voi sapete che anche
recentemente sono in corso emanazioni di regolamenti anche in materia di rifiuti
ospedalieri, e alle conseguenti scelte gestionali dell'Ente competente, Bacino
Padova 1.
Altri dati significativi, invece, sono legati più che altro all'attività di
gestione del nostro Presidio ospedaliero, danno i ROT in aumento, ma legato
all'aumento dell'attività, mentre la raccolta dei rottami, ferroso e vetroso, è
cospicua e significativa, quindi è anche questa un'azione di recupero che va fatta,
perfettamente in linea con la normativa vigente.
Credo che siamo una delle poche realtà, a livello italiano, che svolgono
questa raccolta differenziata all'interno di un Presidio ospedaliero e porto questa
nostra esperienza in quanto ritengo che possa essere facilmente copiata e
trasportata in molti altri Ospedali, sicuramente a giovamento della salute
pubblica ma, soprattutto, dell'ambiente.
88
Scarica

III° Sessione - Ospedali per la promozione della salute