La dimensione antropologica dell'accompagnamento (Seconda Relazione) 5) Base Fisiologica: corpo < > spirito/anima Esaminando l'antropologia dei Francescani da più vicino non possiamo non contestare un certo dualismo fra corpo/materia de una parte e spirito/anima dall'altra parte come base fisiologica dell'uomo e del suo mondo. Un testo esemplare per questo antagonismo possiamo trovare nel primo capitolo del “Itinerario della menti in Dio” di Bonaventura. “Infatti, per noi uomini, nella nostra attuale condizione, l'intera realtà costituisce una scala per ascendere a Dio. Ora, tra le cose, alcune sono vestigio di Dio, altre sua immagine; alcune sono corporee, altre spirituali; alcune sono temporali, altre sono immortali; e, pertanto, alcune sono fuori di noi, altre invece in noi. Di conseguenza, per pervenire alla considerazione del primo Principio, che è puro spirito, eterno e trascendente, è necessario che passiamo prima attraverso la considerazione delle sue vestigia che sono corporee, temporali ed esterne a noi, e questo significa essere condotti sulla via di Dio. È necessario, poi, che rientriamo nella nostra anima che è immagine di Dio, immortale, spirituale ed in noi, e questo significa entrare nella verità di Dio. È necessario, infine, che ci eleviamo a ciò che è eterno, puro spirito e trascendente, fissando con attenzione lo sguardo sul primo Principio, e questo significa allietarsi nella conoscenza di Dio e nell'adorazione della sua maestà.” La visione fisiologica dell'uomo ci porta davanti alla visione del antagonismo fra la dimensione materiale e la dimensione spirituale di tutte le realtà. In mezzo alle creature l'uomo è visto come unica creatura composta dalla materia/corpo e dalla dimensione spirituale. In questo senso l'uomo funge quasi come ponte fra la realtà materiale del creato e il mondo spirituale vicino a Dio. Con questa dottrina la tradizione francescana segue, come quasi tutta la scolastica, di più la filosofia greca e il suo dualismo che la visione più unitaria del pensiero ebreo nella bibbia. Seguendo questo dualismo del mondo greco la tradizione francescana non sempre è libera da un certo disprezzo per le cose materiali e il corpo favorendo la dimensione spirituale. Un disprezzo della dimensione corporale che spesso si fa anche strada negli ammonizioni formativi per la vita cristiana in genere e la vita religiosa in particolare. Ciò nonostante i pensatori francescani non cadano come tanti altri autori cristiani nella trappola del manicheismo. Che si salvano di questo ha la sua origine nella convinzione teologica che lega il corpo umana e il mondo materiale alla incarnazione del Figlio di Dio. Per i frati Gesù Cristo ha preso il carne umano nel vero senso della parola e così ha santificato anche la parte materiale del creato. Questa convinzione già possiamo trovare in modo rudimentale nel pensiero dello stesso San Francesco che afferma nella sua quinta ammonizione che l'uomo è creato e formato ad immagine del Figlio di Dio secondo il corpo e nella somiglianza secondo lo Spirito. Il corpo, in questa visione positiva, costituisce la condizione dell’essere-nel-mondo e del poterentrare-in-relazione, è il mezzo per andare verso Dio; egli stesso nel suo Figlio ha preso la forma umana, secondo la quale è stato formato il corpo umano. Il corpo/l’elemento fisico dell’uomo è quindi un’immagine del Figlio di Dio divenuto uomo.1 Francesco ha davanti agli occhi la teologia dell’“Homo assumptus“ e riconosce in Gesù Cristo, secondo l’inno della Lettera ai Colossesi, il primogenito di tutta la creazione (cfr Col 1, 15).2 In questa visione – che spiega il corpo dell’uomo come immagine del Verbo di Dio divenuto carne/corpo in Gesù Cristo – si trovano i primi avvii di quella tesi discussa nella teologia francescana, tesi che giunge fino alla teologia dell’universale primato di Cristo, che il primo motivo dell’Incarnazione del Verbo è da vedere nel fatto dell’”Homo assumptus” come l’uomo primogenito, l’originale dell’essere umano, l’esemplare primigenio dell’uomo.3 L’uomo si distingue dalle altre creature per l’elemento spirituale quale espressione della sua somiglianza con Cristo e quindi della somiglianza divina.4 Per Francesco è proprio questo elemento spirituale che fa l’uomo uomo secondo l’esemplare primigenio, Gesù Cristo, e che gli rende possibile l’autotrascendenza verso il Creatore.5 Di conseguenza per la realizzazione dell’uomo autentico nella sua capacità di rapportarsi a Dio è di decisiva importanza di far attenzione ad avere 1 2 3 4 5 Cfr. GNIECKI C., La visione dell’uomo, 83; NGUYEN-VAN-KHANH N., Gesù Cristo, 112: „Per Francesco, il Padre, nell’atto della creazione dell’uomo aveva in mente il suo Figlio diletto nella condizione umana. Cristo incarnato è così il primogenito della creazione“; VALTORTA U., L'uomo creato ad immagine del Figlio 'secondo il corpo' negli scritti di Francesco d'Assisi, in L'uomo e il mondo alla luce di Cristo, BATTAGLIA V.,( ed.), L.I.E.F., Vicenza 1986, 151 - 226. Cfr. per il fondamento biblico del significato dell’”Homo assumptus” nella teologia francescana: BASETTI-SANI G., Essenzialmente amore, Capitolo 4, 69- 108; VALTORTA A.U., Il ‘Senso’ dell’Incarnazione negli Scritti di S. Francesco d’Assisi. Prolegomeni a una lettura storica-teologica, in Il Santuario Francescano di Greccio e il messaggio dell’incarnazione, a cura di BATTAGLIA V., Atti del Primo Simposio tenuto a Rieti-Greccio: 13-15 Gennaio 1984, Roma 1985, 99-205, qui 189: „Per Francesco al principio della creazione vi è un essere che secondo il corpo è ad immagine del Figlio diletto: Gesù Cristo. E se l’immagine è corporea, Gesù Cristo, è la prima creatura di Dio“. Cfr. NGUYEN-VAN-KHANH N., Gesù Cristo, 114: „Non possiamo dire di più perchè mancano altri testi; ma non possiamo forse vedere le intuizioni fondamentali che ispireranno la teologia di Duns Scoto sul primato universale di Cristo?“; cfr. IAMMARONE G., La cristologia francescana, 44, nota 65: „(Am 5, 1 - Rnb 23, 1-3, 9-11) Questo passo e l’intuizione teologica che contiene sono considerati dagli studiosi, come vedremo, la radice sanfrancescana del cristocentrismo francescano, di quello scotiano/scotista in particolare“, e 44: „Nel rispetto, dell’esigenza di non forzare i testi né in direzione minimalistica né massimalistica, possiamo dire che il Santo, con uno sguardo di fede che radica il mistero dell’incarnazione del Figlio nell’iniziativa creatrice di Dio Padre/Trinità, vede l’Unigenito come il Primogenito della Famiglia umana uscita dalle mani onnipotenti e munifiche del Creatore, la vera immagine del Padre attraverso la quale, in vista della quale e a somiglianza della quale il Padre ha creato l’uomo secondo tutto il suo essere.“. Cfr. Gniecki C., Visione dell’uomo, 83. Cfr. Lo Spirito della orazione e della devozione. Argomenti per lo studio e la riflessione, Segretaria Generale di Formazione e di Studi OFM, ARREGUI J.M. - BRUNETTE P. - FREYER J.-B. - VAIANI C., Rom 1996; VAN ASSELDONK O., Spirito Santo, in ID., La Lettera e lo Spirito, Vol. II, Roma 1985, 5-29, qui 17. „lo Spirito del Signore e la sua santa operazione”.6 Per Francesco l’alta dignità dell’uomo consiste nell’essere immagine/somiglianza di Cristo con l’elemento materiale/corpo e l’anima/spirito. La portata di questa realtà della creazione è decisiva. L’uomo è icona di Cristo: affermazione teologico-spirituale riguardo all’uomo che equivale ad un elemento essenziale con carattere esistenziale.7 Ancora prima di qualsiasi teologia battesimale – che negli scritti di Francesco non è facile trovare – l’uomo già a causa della sua esistenza, per così dire dalla nascita, è connesso con Cristo con il corpo e con l’anima. Si può parlare dell’uomo cristocentrico non solo nella dimensione teologica-spirituale ma anche sul livello fisiologico. La visione cristocentrica sulla base della incarnazione che Francesco applica al corpo e alla dimensione spirituale dell'uomo Bonaventura applica conseguentemente a tutto il creato. Così scrive Bonaventura nel „De Reductione“: „Per una ragione analoga, è possibile argomentare che non può esservi nell’universo la più alta e la più nobile perfezione, se le tre nature, quella che ha in sé le ragioni seminali, quella che ha in sé le ragioni intellettuali e quella che ha in sé le ragioni ideali, non concorrono a costituire una sola persona; il che è avvenuto nell’incarnazione del Figlio di Dio. Tutta la filosofia naturale mette in evidenza, secondo un rapporto di proporzione, la Parola di Dio nata e incarnatasi per essere l’Alfa e l’Omega, nata cioè in principio e prima del tempo, ma incarnatasi alla fine dei tempi”.8 Cosi anche Bonaventura formula la cristocentricità della materia in relazione alla incarnazione. Sulla base di questa visione la tradizione del pensiero francescana riesce a superare un forte dualismo fra materia/corpo e spirito/anima a favore di una dualità positiva. Corpo e Spirito si ritrovano in una relazione reciproca d'insieme. Una relazione nella quale lo Spirito forma e guida il corpo, man nello stesso momento ogni anima vuole il suo corpo e non può stare senza il suo corpo. Per questo si confessa nel credo la risurrezione della carne. La dimensione spirituale che guida la dimensione corporea-materiale si attua attraverso l'operare delle diverse categorie della anima: la memoria, l'intelligenza e la volontà. Questa categorie attive dell'anima sono viste come impronta della trinità per formare l'uomo ad immagine della Trinità. Queste categorie dell'anima includano le potenze ragionevoli della conoscenza come la ratio e l'intellectus, inoltre la volontà come medio della libertà, il così detto “liberum arbitrium” e infine la coscienza come istanza del giudizio. L'anima comprende tutto ciò che fa dell'uomo un uomo e lo 6 Cfr Rb 10,8:FF 104; sul significato di questa espressione negli scritti di Francesco cfr. VAN ASSELDONK O., Lo spirito del Signore e la sua santa operazione negli scritti di S. Francesco, in ID., La Lettera e lo Spirito, Vol. II, Collegio San Lorenzo da Brindisi, Roma 1985 31-92. 7 Cfr. SPITERIS G., Francesco d’Assisi profeta dell’incontro tra occidente e oriente, in Francescanesimo e profezia, COVI E., (ed.), Collegio San Lorenzo da Brindisi, Roma 1985, 453 - 493, qui 491, l’Autore vede anticipata questa spiritualità di Francesco nei Padri greci e cita in italiano: GREGORIO DI NISSA, Seconda omelia sul Cantico dei Cantici, secondo PG 44, 765. 8 Red art 20 (V, 324 b). Traduz. it. in: Opere di San Bonaventura, Opuscoli teologici/1, Città Nuova Editrice 1993, tr. AAVV, p. 55. distingue da un animale. Pero anche con queste categorie dell'anima l'uomo non basta a se stesso, perciò deve mirare a Dio. L'anima è in cammino mirando il fine ultimo, che non può raggiungere con proprie forze per questo è assistito dalla grazia divina. In questo cammino l'anima è unità al corpo in una reciproca necessità. Come la anima con le sue categorie spirituale forma il corpo e guida il cammino dell'uomo verso Dio la formazione, proposta dalla tradizione francescana, punta quasi unicamente sul modellare l'uomo nella sua dimensione spirituale per realizzare sempre di più il suo essere creato in vista del divenire una immagine di Dio. Rendendosi conto che qui stiamo parlando e presentando una concezione scolastica e medioevale dell'uomo che non corrisponde più in tutte le sue dettagli ad una conoscenza moderna dobbiamo anche dire una parola dal punto di vista attuale. Dal punto di vista attuale si deve contestare alcune affermazioni venendo dalla antropologia odierna che si base sulla conoscenza innegabile della medicina, dello studio della fisio-biologia dell'uomo e in modo particolare della neurologia. Qui possiamo notificare che le categorie dell'anima: memoria, intelligenza e volontà con le loro potenze non sono state abolite pero sono attribuite al cervello. Il vivace dibattito degli anni passati se queste categorie, per dire con il nostro linguaggio: spirituale, sono totalmente derivante e dipendente dalla base fisio-biologica e neurologica, o se le categorie oggi attribuite al cervello trascendano la loro base corporale di un cervello funzionante, trova ultimamente un proposito concordato e accettato da una maggioranza di specialisti. Possiamo affermare che ormai solo una minoranza di ricercatori mantiene una visione puramente materialista. La maggioranza con diverse sfumature afferma che le nostre categorie e le loro potenze spirituale richiedano una base fisio-biologica e neurologica nella struttura materiale del cervello pero non possano essere identificati nel loro insieme totalmente con la base materiale e fisico del cervello. Cioè la dimensione della vita spirituale vuole per esempio la scintilla della trasmissione sinaptica degli neuroni pero non si esaurisce in questo funzionamento. Rimane aperto la possibilità della trascendenza. I risultati non ci portano a una visione totalmente materialista. Pero non si può nemmeno mantenere un dualismo fra materia e dimensione spirituale. La dimensione spirituale vuole una base fisio-biologica e neurologica per potersi sviluppare. Dal altra parte senza un input che viene dal ambiente, dalla cultura oppuro della fede in Dio l'attività celebrale sarebbe un funzionamento senza pensiero che probabilmente fa muover i membri di un corpo pero senza significato. Cioè il funzionamento celebrale è necessario, però solo da se non conferisce significato. La seria neurologia riconosce oggi che attraverso una evoluzione fisica-biologica il cervello dell'uomo offre una base fisica-biologica e neurologica per l'agire umano. Senza questa base l'uomo non può pensare ne agire. Tuttavia questa base si è sviluppata congiunta ad una dinamica progressiva delle relazioni, dell'agire in un contesto sociale e del muoversi in un ambiente correlativo. Tutto questo progredire ha portato al nostro cervello odierno, che in un continuo operare complesso, e in gran parte inconscio, offre le possibilità del pensare e del agire, ma senza determinarli nei dettagli. Anzi l'uomo è spinto dal suo cervello di prender decisioni per l'interagire nel suo ambiente vitale. Molti atti nella vita quotidiana l'uomo compie come riflesso quasi automaticamente, ma egli non è condannato al automatismo. Perché il funzionamento neurologico del cervello richiede una certa formazione e una certa educazione per essere adatto alle diverse situazioni che la vita relazionale del interagire nel mondo richiede. In questa dimensione i rappresentanti della neurologia odierna riconoscono anche il ruolo della volontà e della libertà. Sulla base di una forte disposizione neurologica l'uomo deve formare e educare la sua disposizione nell'interagire con il suo mondo per essere capace di volere il giusto e il buono e per muoversi dietro i valori della vita. La scienza della Neurologia non solo conosce sempre di più la complessità della predisposizione del cervello umano, ma ha scoperto anche che ognuno e ognuna ne ha il suo cervello, anche fisicamente visibile nelle diverse modulazioni esterne. Queste modulazioni non sono casuali, ma hanno da fare con il proprio carattere, con le proprie dotti e forze, ma anche con le debolezze. Questa base fisica-biologica e neurologica è la dimensione del cervello che deve essere educata e formata. Credo che qui troviamo il nostro aggancio per la visione francescana della persona e personalità, che ha la sua base naturale, ma che deve essere promossa, formata, educate, approfondita e stimolata alla maturazione. Il compito più nobile di questa formazione e educazione è aiutare a far maturare la potenzialità della libertà attraverso la sequela di Cristo, che ha donato tutto se stesso nell'amore per ridarci la nostra libertà di essere figli e figlie di Dio. 6) Base caratterologica-psycologica: qualità e “haeccitas” da realizzare Innanzitutto Bonaventura, un suo discepolo Pietro Giovanni-Olivi e Duns Scoto hanno dimostrato la finezza introspettiva della libera volontà che costituisce la persona elaborando alcune qualità che fondano e caratterizzano l'essere persona. Qualità che suonano già l'inizio del pensare nella modernità: l'autodeterminazione, l'autodominio, l'autoriflessione, l'autonomia e la autocoscienza, e in fine l'autotrascendenza. Importante è quale definizione i nostri francescani davano a queste qualità della persona. Definizione che loro per il loro tempo consideravano argomenti della psicologia umana. L'autodeterminazione è la capacità di assumersi la responsabilità delle proprie scelte. Io sono responsabile per le mie scelte e devo per questo assumermi le conseguenze. Non posso nascondermi nemmeno dietro una qualsiasi obbedienza, perché anche l'obbedire è una scelta. L'autodominio è visto come padronanza di se, una padronanza sulla propria volontà nel limite di una libertà possibile. La padronanza dirige e controlla i propri atti, specialmente la padronanza sul mondo dei sentimenti che eccitano l'essere umano. Questo autodominio come padronanza serve per non diventare semplicemente oggetto dei desideri, dei sentimenti o delle suggestioni o di una manipolazione qualsiasi. L'autoriflessione serve per sviluppare la libera coscienza su quello che io penso e quello che io faccio e la capacità di valutare tutto questo. Io possiedo me stesso in quanto sono capace di una autoriflessione. L'autonomia si manifesta in un mio proprio che mi distingue da tutti gli altri. Questo proprio è riconosciuto come dono di Dio. Infine l'autocoscienza è vista come disponibilità di accettare me stesso così come sono, con le mie forze ma anche con i miei limiti. L'autotrascendenza legata all'essere creatura con una struttura dialogica è la chiamata alla vita relazionale. Ora queste qualità non si danno perfettamente, ma devono essere sviluppate e maturate durante il percorso della vita sempre di nuovo secondo le circostanze. Sviluppare queste qualità vuol dire formare la propria personalità e raggiungere la propria dignità nella libertà. Più che queste qualità della persona sono maturate più libero diventa l'uomo. Questa libertà maturata sulla base delle qualità di persona diventa condizione per la giusta relazione con se stesso, con il mondo circostante, con gli altri e in modo particolare con Dio. Anzi, la tradizione antropologica francescana vede in questa libertà il fondamento necessario per entrare in una autentica relazione. Perché le qualità maturate liberanno quasi la capacità di mettersi in relazione. Essere libero per relazionarsi è visto come condizione dell'essere veramente creatura umana come immagine di un Dio ché in se stesso si rivela come relazione di amore e comunione. Così la libertà non è vista come un essere libero di, ma come un essere libero a favore di. In fondo un essere libero di se stesso a favore dell'altro. Questa libertà di essere libero a favore di, ché diventa possibile sulla base delle qualità di persona, è vista in una dimensione di amicizia. Chi è libero a favore dell'altro e capace di creare amicizia. L'amicizia come dono gratuito è vista come frutto della libertà. Una tale amicizia nella libertà sulla base della propria personalità culmina nel dono di se stesso a favore dell'altro. Conseguentemente la tradizione francescana vede nella panoramica di tale antropologia Gesù Cristo come l'uomo più perfetto. Gesù nella sua vita umana aveva dimostrato pienamente tutte le qualità della persona fino al dono della sua propria vita a favore degli altri. Per questo Gesù è il vero uomo e modello antropologico della umanità. L'accenno biblico al vangelo di Giovanni sembra ovvio: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici (cfr. Gv 15,13)”. Da Alessandro Hales a Duns Scotus tutta la tradizione si interroga sulle conseguenze di questa visione antropologica sulla vita e sul agire umano. Codesta questione pratica nasce intorno alla interpretazione della coscienza. La coscienza è vista come la capacità di riconoscere il bene e di distinguerla dal male. La coscienza così è un principio di conoscenza legata alla dimensione spirituale dell'uomo. Una luce che indica il bene e rifugge il male. Come principio di illuminazione spirituale indica alla ragione pratica la via verso il bene da seguire volontariamente. La coscienza trasmette le convinzioni della fede alla prassi dell’agire umano. L'uomo deve seguire sempre la sua coscienza anche se sbaglia perché è l'unica istanza morale alla quale lui in modo diretto tiene accesso. Certamente questa coscienza deve essere nutrita e formata per poter indicare sempre meglio senza grave spagli la via retta da seguire verso il bene che si rivela nella fede. Ora, per poter corrispondere al proprio essere una persona con dignità, l'uomo deve mettere alla base del suo agire un atto della libera volontà che nasce dal supporto dell'intelletto e della coscienza. L'intelletto informa la propria volontà sulle diverse possibilità dell'agire, la coscienza informa la volontà quale di queste possibilità dell'agire corrispondono al bene. In un certo senso l'intelletto e la coscienza indicano alla volontà le vie per un agire e la volontà nel limite della sua libertà sceglie se vuole o no agire, e se vuole agire su quale vie e con quali mezzi vuole muoversi. In questa situazione, Scoto spiega, la persona in genere si trova nella condizione di agire secondo l'affetto comodo (affectio commodi) o secondo l'affetto della giustizia (affectio iustitiae). L'affetto comodo mira un oggetto per il proprio bene stare, con un amore interessata (amor concupiscentiae), mentre l'affetto della giustizia mira un oggetto vedendo il bene proprio di questo oggetto e vuole l'oggetto così con un amore puro (amor amicitiae). La libera volontà si gioca fra affectio commodi e affectio iustitiae. Qui sta anche la base del agire etico e morale. Non è visto come un male agire solo con l'affetto comodo è con un amore interessato. Qualche volta l'uomo non è capace di fare di più e in alcuni casi è anche necessario per la propria sopravvivenza. Pero non è perfetto. L'uomo come immagine di Dio è chiamato all'atto della giustizia, cioè dell'amore disinteressato, per poter ricercare il Bene in se. Per questo il vero amore è un atto della volontà con il quale la persona che ama non cerca la sua propria utilità e non il proprio piacere, pero il bene dell'altro e per l'altro. La libertà consiste essenzialmente nella volontà di raggiungere questo agire nell'amore. La libertà è vista come una inclinazione della volontà verso il retto amore per poter amare l'oggetto per se stesso e per trovare il piacere nella bontà e nel bene del oggetto mirato. Naturalmente una tale libertà richiede la sua perfezione nell'amore di Dio attraverso la propria fede praticata. Con questa vita della fede che mira verso la libertà capace di amare si raggiunge la piena maturità del essere persona. La persona si realizza nel agire della prassi dell'amore. Un agire eticamente e moralmente non è semplicemente un dovere, ma l'agire eticamente e moralmente corrisponde al proprio essere una persona, alla propria “Haeccitas”. L'essere persona con tutte le qualità maturate si dimostra e si realizza quasi nella prassi della vita quotidiano attraverso un agire che rispecchia la propria personalità. 7) Campo pedagogico formativo della “forma vitae” Da una parte l'essere persona è considerata dalla tradizione francescana inerente alla natura umana in quanto dal punto di vista religioso si tratta di un dono di Dio che agguagli la creatura umana a Dio come suo immagine. In questo senso l'essere persona è una dignità che appartiene all'uomo sin dal primo momento come carattere e diritto inviolabile. Dall'altra parte l'essere persona deve essere sviluppata attraverso la maturazione delle diverse qualità che caratterizzano nella prassi della vita l'essere persona. Per dirlo così: l'uomo deve realizzare nella prassi del suo agire il suo essere una persona in quanto egli diventa una personalità maturando le sue qualità. Ci troviamo qui davanti un percorso umano della vita che richiede lo sforzo della educazione e della maturazione. Per questo la tradizione pedagogica della visione francescana va molto oltre del far sapere le conoscenze delle varie materia, anche se questo è necessario. La tradizione pedagogica francescana punta di più sull'accompagnare l'uomo nel suo percorso di far maturare le qualità umane e personali ché possiede. Al centro stanno in modo particolare quelle capacità che aiutano ad una vita comunicativa fraterna. Le qualità ché servano a relazionarsi in modo giusto con se stesso, con gli altri, con il proprio mondo e anche con Dio. Il nucleo formano le qualità della empatia, della comprensione, della misericordia e del perdono, della sincerità e della franchezza, della sollecitudine e della cura, del respetto e della sensibilità, della semplicità e dell'umiltà, dello spirito di servizio e dell'amore. Una tale formazione dell'essere una personalità si qualifica peculiarmente attraverso l'ispirazione evangelica. I valori del vangelo e del regno di Dio, ché non si fanno conoscere attraverso l'insegnamento teoretico del dogma o degli precetti morali, ma che si interiorizzano nella propria personalità attraverso la pratica della sequela di Cristo nella realtà di ogni giorno. Così la formazione e la educazione francescana punta sulla interiorizzazione di valori per via della incarnazione nella realtà del vissuto. Non si tratta di una spiritualizzazione della vita, ma piuttosto di uno stile di far imparare i valori dell'essere persona praticandoli. Facendo si impara, imparando si interiorizza, interiorizzando si trasforma il proprio essere secondo la vocazione del divenire sempre di più immagine di Dio. Ora nello stesso atteggiamento di Francesco si può riconoscere un modello di questo stile formativo. Vorrei terminare con la presentazione di alcuni elementi educativi che la prima generazione francescana ci propone con l'esempio dello stesso San Francesco e il suo modo di agire educativamente. Questo modello formativa di Francesco ci presentano le prime biografie e i primi testi di una riflessione sugli inizi del francescanesimo sulla base dei propri Scritti di Francesco. Di fatti i testi ci presentano la figura di un San Francesco come educatore con una suo proprio modo di procedere formativo e educando. 1. Educando e formando gli altri Francesco agisce con semplicità. La sua semplicità non è solo il comportamento di un cuore umano, genuino, pure e liscio. La sua semplicità crea un taglio di comportamento che vuole proporre uno stile alternativo a un mondo dove comanda il più forte, il più furbo e il più intrigante. La proposta della sua semplicità non segue le strade del maggior profitto e il tasso di crescita economico a prezzo di tanti poveri ed emarginati. Con la sua semplicità Francesco vuole educare alla inclusione di tutti che in qualche modo nelle società sono i perdenti. La sua semplicità educa alla accoglienza, alla ospitalità, alle porte e i cuori aperti. 2. Importante per Francesco sembra di educare verso una meta. Di fatti in un mondo disorientato lui offre un orientamento. Lo stile del suo essere un itinerante non si confonde con l'essere un vagabondo senza destinazione. La sua libertà del essere un forestiere in questo mondo è indirizzata e mira verso obiettivi ben precisati nella sua fede. 3. Appariscente è che Francesco nel suo piano intuitivo di formare non procede mai da solo, coinvolge gli altri e in modo particolare gli stessi formandi. Francesco qui crea un vero spirito fraterno. 4. Il suo modo di educare è una vera provocazione. Lui provoca l'altro di far venire fuori di se quelle che è di buone. Lui provoca le tendenze positive e li rinforza. Lui provoca anche quel bene nella persona che forse è nascosto, impedito dalla delusione, impedito da tanti pregiudizi, impedito dalla aggressione e dalla rabbia. Lo fa venire fuori per il bene della persona e del ambiente. Questa provocazione come forma educativa è intuitiva, spesso spontanea, molte volte non-conforme alle regole della società e della stessa chiesa. Provocando il Bene che si trova in ognuno lui orienta ad vivere i valori del Vangelo. 5. La sua formazione non è tanto teorica ma sperimentale. Lui non fa educare con tante parole ma con l'esempio, con il mettere immediatamente in pratica di vita. Si impara facendo. Si impara vivendo. In questo contesto lui stesso vuole dare l'esempio. Non chiede di nulla dagli altri che lui stesso non è disposto a praticare. In questo senso l'educatore o il formatore francescano è un provocatore. Deve provocare il nucleo del bene, del bello e del vero nell'altro affinché l'altro trova gusto nel far maturare le sue qualità personali ché corrispondono al essere persona e immagine di Dio.