Anno 36 - n. 416 - Aprile 2001 - Lire 2500
Aprile 2001 - pag. 1
C’è una sola Versilia: quella bagnata dallo stesso ed unico Fiume
Direzione: Casella Postale 94 - 55046 Querceta (Lucca) - Sped. in a. p. - 45% - art. 2 comma 20/b legge 662/96 - Filiale di Lucca - Abb. annuo lire 20.000 - Estero il doppio.
USCIRE DALl’IMMOBILISMO
NUOVE SCOPERTE
L’OPINIONE
Comune di Seravezza QUESTA VOLTA SI VOTA Tesori
voglia d’aria nuova
nascosti
Caro Giorgio,
Nel comune di Seravezza c’è
voglia di aria nuova. Si respira
camminando tra la gente, ascoltando i commenti per le strade.
Per una volta questo sentimento accomuna la montagna, Seravezza e la piana.
Proviamo a fare insieme
un’analisi e vedrai che le motivazioni saltano subito agli occhi. I paesi posti lungo la cintura del monte Cavallo (Azzano,
Fabiano, Giustagnana, Minazzana, Cerreta S. Antonio e Basati) sono stati abbandonati al
loro destino, lasciati ad un lento ed inesorabile decadimento.
Basti vedere i dati della popolazione, che pur non essendo
calata, almeno sulla carta, dal
1991 ad oggi (ma per una conferma sarà opportuno attendere
i dati dell’imminente censimento), vede sempre più elevata in
negativo la percentuale che separa le fasce di residenti giovani dalle altre, con un invecchiamento graduale medio poco rassicurante per il futuro.
Quella considerata la soglia
minima per garantire la sopravvivenza di tali comunità, che
fino ad appena cinquanta anni
fa avevano popolazioni doppie
o triple e che ci riporta indietro
addirittura ai dati del Campana
rilevati nella seconda metà del
Settecento (circa milletrecento
abitanti), è oggi, con appena
1.112 residenti, drammaticamente superata in negativo (solo
Ruosina esula da tale tendenza).
Eppure i segnali positivi ci sono
e con una politica più lungimirante farebbero preludere ad una
rivalutazione in chiave turistica (ma non solo) di tutto il bacino.
Occorre incentivare pratiche
poco valorizzate (vedi l’agriturismo) o lasciate a sè stesse
come il turismo del marmo, legato alla grande tradizione di
maestranze, sbozzatori e scultori, che hanno reso grande la nostra comunità, contestualmente
a quell’artigianato ora in crisi
d’identità e di ricambio generazionale. Azzano l’estate pullula
di giovani tedeschi che a rotazione vengono a formarsi, in
una sorta di “turismo fai da te”,
nel piazzale antistante la Cappella, dove vigila il benevolo
“Occhio di Michelangelo”.
Perché non creare un polo
per scultori che dalla ditta Henraux di Querceta, attraverso Seravezza e il Palazzo Mediceo,
arrivi alla Pieve di San Martino? Perché non riappropriarsi
di quello che ci appartiene e
che i nostri antenati ci avevano lasciato in eredità? La prima conseguenza sarebbe una
rivalutazione degli immobili
che quantomeno incentiverebbe la gente della montagna a
non abbandonare più i paesi e
consentirebbe (cosa oggi rara)
l’arrivo di nuovi residenti.
Per Seravezza e la sua cintura (Malbacco, Riomagno e Corvaia) vale un discorso analogo.
Il centro è in una situazione di
decadenza culturale e sociale. I
numerosi e splendidi palazzi
cinquecenteschi e seicenteschi,
per esempio, non sono localizzabili dal visitatore e risultano
spesso sconosciuti agli stessi
residenti. I commercianti vivono il disagio di una città d’arte
e di storia che sta perdendo la
propria identità e le proprie radici. Gli abitanti, dal ’91 ad
oggi, sono calati del 10% (147
abitanti in meno). Non esiste un
centro di aggregazione e lo storico teatro Dei Costanti è invaso dai rovi.
Palazzo, Mediceo unica realtà ad avere calamitato le attenzioni degli amministratori in
questi anni, rischia di rimanere
una cattedrale nel deserto se non
Lorenzo Marcuccetti
(Continua a pag. 2)
Approssimandosi un’altra
tornata elettorale si riapre anche
la discussione sull’importanza
della partecipazione della popolazione alla vita politica. L’esercito degli astensionisti dalle elezioni in Italia si avvicina anche
al 40%, ed è quindi appetibile e
determinante per le vittorie elettorali.
La disaffezione alla politica
può essere dovuta a molteplici
ragioni, che hanno ai loro estremi l’egoismo da un lato (cioè
l’idea che la partecipazione all’attività politica non porti alcun
beneficio personale) e il troppo
idealismo dall’altro (l’idea che
lo sforzo personale sia inutile a
risolvere i problemi).
Nel mezzo sta una folta schiera di ignavi che genera rabbia
in coloro che in qualche modo
si impegnano idealmente nella
politica: Dante li mette nell’Inferno, Gramsci cerca a più riprese di scuoterli, Moravia scrive su di loro uno dei suoi primi
lavori. E per dire come possono cambiare le cose, poco più
di cento anni fa Pio IX, con il
DELITTI NAZISTI IMPUNITI
Non Expedit, incoraggiò i cattolici ad astenersi dalla politica
mentre oggi i Vescovi invitano
con passione i cattolici alla partecipazione.
L’astensionismo è un male?
Per me sì, ma immagino che
politici attenti solo ai loro affari possano anche vederlo con
simpatia: a loro della popolazione interessa solo il voto, non la
partecipazione alla vita politica.
Mentre vedo difficilmente
recuperabile l’assenteismo derivante da egoismo, vedo invece più facile il recupero di quello dovuto a eccesso di idealismo.
Certamente molti metodi e
contenuti della politica sono
spesso sconfortanti. In tal senso due aspetti sembrano fondamentali nella politica attuale,
locale o generale: da un lato
appare scoraggiante la complessità di problemi che emergono
da alcuni anni, come le trasmigrazioni extracomunitarie, con
i loro carichi di pietà e di vio-
Attraverso alcune “note”
tratte dai taccuini (1967-1991)
che compilò Bruno Antonucci,
il professore-archeologo a cui
si deve anche il Museo di Pietrasanta (recentemente pubblicati, per conto della Banca di
Credito Cooperativo della Versilia e Lunigiana, a cura di Deborah Giannessi), abbiamo potuto rintracciare nella selva di
Azzano, uno straordinario megalitico-altare: segnalato da
Antonucci nel 1967, ma tuttora “inedito”.
Si tratta di un masso scolpito
a ampi ripiani e gradini, manufatto di imponenza e grande carica suggestiva: circa m. 2,50 in
altezza, con una base arrotondata di circa due. Semicoperto
da murettature per castagno, tra
i rovi della selva abbandonata,
non ci sarebbe riuscito di ritrovarlo senza la collaborazione di
Giorgio Salvatori
Giorgio Citton,
Isa Pastorelli
(Continua a pag. 2)
(Continua a pag. 2)
UN UOMO DI GOVERNO VERSILIESE DOC
La resistenza cominciò a Rodi CARLI, RIMANI DOVE SEI
Il diario del soldato versiliese Ettore Ancillotti riapre la pagina tragica ed ignorata della
morte per annegamento di oltre
4000 militari italiani nel Mar
Egeo. Come i commilitoni di
Cefalonia, anche i militari italiani di stanza nell’isola di Rodi
attendono ancora di essere ricordati ed onorati come primi protagonisti della Resistenza. Dopo
l’8 settembre 1943, infatti, non
depositarono le armi e, prima di
essere fatti prigionieri, combatterono contro i tedeschi fino a
mezzogiorno del 12 settembre.
La ribellione era stata preparata fino dal 26 luglio 1943,
quando –come ha lasciato scritto Ettore nel suo diario– venne
loro letto “il proclama di S.
Maestà il Re e S. Ecc. Badoglio
e venivamo esortati dal nostro
tenente Pino a mantenerci pronti a difenderci fino all’ultimo
sangue. In data 25 luglio 1943
il Duce cessa dal comando”.
Sue parole testuali. Sono sicuro che il diario di Ettore Ancillotti, che ho inviato al Presidente Ciampi, saprà far conoscere agli italiani anche la
tragedia dell’isola di Rodi e
che anche la data dell’11 febbraio 1944 sarà quella di una
altro percorso della memoria
italiana da nobilitare.
Già ne ho scritto sul Tirreno,
riportando le generalità complete del soldato di Pontestazzemese. Nel frattempo sono risalito
anche alle generalità di chi ha
permesso far giungere il prezioso diario fino a noi. È infatti arrivata da Roma la telefonata che
ha confermato quanto non avevo potuto precisare nel pezzo
scritto in precedenza sul nostro
ventitreenne geniere disperso tra
i flutti del mare Egeo.
La famiglia Guglielmi, alla
quale il giovane caporale affidò nel dicembre del 1943 la valigia con il diario da inviare ai
suoi famigliari, è quella di Spartaco Guglielmi, nato a Seravezza. Abitò in località Uccelliera
ed è morto; ma a Roma vive ancora, con la figlia Olga, la moglie Alice, oggi ultra ottantenne.
Tramite fax, le è stata inviata
la pagina del diario, l’ultima, in
cui il giovane militare scrisse,
riferendosi alla valigia, “prego
la famiglia Guglielmi che il tutto, ben poca cosa ma a me tanto cara, sia spedito ai miei cari,
che terranno quale ricordo mio,
pensando che ho mantenuto la
Giuseppe Vezzoni
(Continua a pag. 2)
DOVE SI PUÒ PRENOTARE
L’ALMANACCO VERSILIESE
L’Almanacco Versiliese sarà prossimamente posto in vendita
esclusivamente nelle seguenti edicole e librerie:
a PIETRASANTA – Santini e Tonacchera.
a SERAVEZZA – Binelli e Marcucci.
a QUERCETA – Delia.
a RIPA – Giannotti.
a FORTE DEI MARMI – Libreria Giannelli.
Ci sono ancora troppe cose da fare. Ecco l’elenco delle priorità.
Caro Giorgio,
nel numero di giugno di Versilia Oggi mi metti in prima pagina e inizi l’articolo con il mio
nome. Te ne sono grato e non
so se merito tanto. Ciò che mi
ha fatto piacere è di avermi inserito in compagnia di altri versiliesi come Leonetto Amadei e
Franco Barberi, i quali, in epoche diverse, hanno dato molto
al nostro paese. Amadei come
costituente prima e presidente
poi della Corte costituzionale è
tra quelli (pochi) che hanno disegnato la Repubblica italiana
e ne hanno assicurato e garantito lo sviluppo civile e democratico con l’esercizio della libertà
in uno Stato di diritto. Barberi
ha dato una profonda svolta al
concetto e alla personalità competente e tempestiva della Protezione civile. Lo ricordiamo in
Versilia nell’alluvione del ’96,
con quale generosità si è dato
per contenere la tragedia e con
quanta intelligenza e lungimiranza ha disegnato la legge per
la ricostruzione.
Di fronte a tali personalità
forse sei stato un pò imprudente avermici messo vicino: non
ritengo di meritarlo. Pur tuttavia il mio impegno e la mia dedizione per svolgere al meglio
l’incarico conferitomi dal presidente Amato saranno completi
ed intensi.
Il settore di cui mi occupo mi è
particolarmente congeniale in
considerazione degli studi fatti e
della professione esercitata di docente di educazione artistica. Anche nel mio impegno parlamentare, come Versilia Oggi ne ha
puntualmente riferito, frequentamente mi sono occupato di beni
culturali, anche versiliesi.
Oggi, più di ieri, darò ciò che
veramente mi sarà possibile per
conservare un enorme patrimonio che rappresenta la testimonianza diffusa delle grandi civiltà che si sono succedute nel
nostro paese e una grande ricchezza economica e sociale per
l’oggi e il domani. Grazie e un
caro saluto.
Carlo Carli
La lettera del sottosegretario
ai Beni culturali porta la data
del 16 giugno 2000 e mi giunse
puntualmente in quei giorni. È
passato quasi un anno ed ho voluto aspettare un pò di tempo
prima di farla conoscere. Non
faccio sconti a nessuno, quindi
neanche all’amico Carli. Debbo dire però che in questo frattempo si è mosso con serietà,
modestia esemplare e discrezione. Rimanga dov’è. Glielo auguro di cuore.
Dopo le elezioni resteranno
molte cose da fare, tutte importanti, che abbiamo già elencato in quel citato giugno del 2000
ponendole all’attenzione di
Carli: la Torre Medicea di Porta, il Santuario Mariano del
Piastraio, il porticato della
Cappella, il tetto del duomo e il
teatro Costanti di Seravezza, il
cimitero vecchio di Querceta
(Ezio Marcucci, remember?). In
questa stessa pagina si parla di
nuove scoperte archeologiche
in Alta Versilia: sono tesori nascosti. Ne riparleremo. Almeno
lo spero: Carlo rimani dove sei.
Aprile 2001 - pag. 2
SERAVEZZA
si appoggiano contestualmente
le altre realtà associative e culturali, abbandonate a sè stesse.
Il nostro comune vanta oltre
cinquanta associazioni. Una
vera ricchezza, in una società
sempre più schiava del televisore, l’oggetto di culto davanti
a cui, la sera, le persone si “incollano”. Tale vitalità associativa è un grande merito per questo settore di Versilia. Rappresenta un modo per vedersi, parlare, fare vita sociale e non
deve andare per nessun motivo disperso.
Nella Piana la situazione non
è meno avvilente. Lo sviluppo
urbanistico è di quanto più caotico si possa immaginare. Le
ditte che avevano rappresentato la forza economica del comune o hanno chiuso, o si sono
trasferite, o sono in forte crisi.
Chi rimane, dall’artigiano alla
grande ditta, tira per così dire
“a campare”, in attesa di aree
produttive mai realizzate e nel
disinteresse totale di chi amministra. La Piana Quercetana,
con Pozzi e Ripa, è ad oggi il
più grande dormitorio della
Versilia.
E meno male che ci sono le
contrade, che da 45 anni sopperiscono alle mancanze di chi
amministra con uno spirito di
sacrificio e di abnegazione ammirevoli. Deve finire questo
isolamento. Il Palio e quanto gli
ruota intorno, che rappresenta
la storia, il vissuto ed il vivere
insieme di questa Terra (perché, come diceva Silvano Alessandrini, “il Palio d’è la scusa”), dovrà ricevere le giuste attenzioni ed un aiuto concreto.
Basta con chi a parole promette mare e monti e poi nel pratico chiude ogni rubinetto.
Le cose da dire sarebbero tante, per tutto il territorio comunale. Credo però che, se dovessi riassumere con uno slogan
quanto sopra, riporrei tutto nella progettualità e non solo nella
programmazione. Sono i progetti chiari (e “mantenuti”) che
portano al risultato. Mancanza
di progettualità significa vivere
alla giornata, tamponare le falle senza mai riuscire a ristrutturare lo scafo. Occorre cambiare
registro: il modo di amministrare. Ecco perché nel comune di
Seravezza c’è voglia, e bisogno,
di aria nuova.
SI VOTA
lenze, il degrado della qualità
della vita, le inquietudini generate da alcuni fronti della scienza; d’altro lato un modo di fare
politica che, dopo la breve parentesi di Tangentopoli, sembra
avere ripreso i suoi affarismi,
con l’evidente scadimento della discussione in risse e scontri
tra lobby che attraversano un
po’ il fronte generale politico.
Così si assiste a lotte e colpi
bassi anche nelle formazioni
delle candidature elettorali che
ben poco hanno di democratico.
Con il risultato che una parte
sempre più numerosa di cittadini ha timore di partecipare
apertamente, preferendo appartarsi tra coloro che nella società
finiscono per non avere peso
sociale e politico.
A inizio ‘800 il filosofo tedesco Fichte ebbe a dire che una
comunità senza memoria e senza impegno è anche senza av-
venire. Su tale pensiero si creò
la Germania moderna, nella sua
storia buona e cattiva. Alla maniera di Fichte, direi che una
comunità assente dal dialogo
politico non ha futuro come società civile, e come tale vivrà in
uno stato di sudditanza animata
da sentimenti di rancore, invidie e rapporti intesi solo in termini di favoritismi o rifiuti, e
non di diritti e doveri quale si
converrebbe a una comunità
moderna.
Vasto è il fronte delle attività
nelle quali le persone si possono impegnare politicamente o
socialmente: dai diritti del cittadino, ai problemi della qualità della vita, all’uso delle risorse, allo sviluppo del lavoro, alle
attività culturali e sportive mediante organizzazioni e associazioni, laiche e religiose, esistenti
e da fare. E la partecipazione
della popolazione all’impegno
sociale e politico appare la garanzia più valida all’uso del
metodo democratico e alla prevenzione da avvenimenti sconcertanti dei quali nei tempi attuali si ha un campionario sempre più vario e disumano.
PS. Ringrazio tutti coloro che
hanno manifestato adesione
alla mia lettera rivolta al Sindaco di Pietrasanta sul numero
scorso di Versilia Oggi. Invito
coloro che non si sono firmati a
farlo senza timore: stiamo battendoci in modo civile, come
intendiamo continuare.
TESORI
Augusto d’Angiolo (della comunità montana) e di Renza
Neri, insegnante, a conoscenza
di una particolare leggenda legata al masso.
Così si è potuto localizzare un
documento culturalmente e storicamente eccezionale, un unicum che attende solo di essere
visto nella giusta ottica e valorizzato: innanzitutto liberato
con cura dalle murettature sovrapposte e anteposte, quindi
analizzato facendo convergere
le molteplici implicazioni storiche e antropo-archeologiche
che esso sollecita: infine visto
nella sua indubbia ricerca formale. Nè è da trascurare la leggenda tramandata, per la quale
in quei luoghi “viveva un popolo mite e felice”, che onorava
un idolo legato alla terra, alla
fecondità”: leggenda che si ritrova anche in altre località particolari, specie nel Nord Italia,
ripetendosi anche dove parla di
una “gallina d’oro, che faceva
le uova d’oro”.
A metà marzo 2001, 34 anni
dopo la nota nel “Taccuino”,
abbiamo rintracciato il masso e
ripulito dal terriccio per quanto
possibile, in attesa che venga
portato avanti il lavoro secondo quanto suggerito da Antonucci (evidenziare lo straordinario manufatto, ripulire e studiare il terreno circostante: cosa
oggi più facile, è vicino l’asfalto). Tocca ora a chi comprende
e sa valutare l’importanza di
uno straordinario monumentodocumento che deve essere salvato e amato.
Noi saremmo lieti venisse
chiamato “il Masso Antonucci”.
RESISTENZA
mia idea fino in fondo, e di ciò
siatene orgogliosi cari pappà,
mamma e Silvia”.
L’anziana signora Alice ha
confermato alla figlia Olga di
ricordare bene il soldatino del
Ponte che pregò suo marito di
spedire la valigia ai genitori che
vivevano a Pontestazzemese.
Non era invece a conoscenza
dell’esistenza del diario e della
sua morte.
Spartaco Guglielmi, con la
moglie Alice e le tre figlie, un
quarto figlio nascerà poi in Libano, si trovava nel dicembre
1943 a Rodi per lavoro. Sicuramente era a svolgere la mansione di meccanico, un mestiere,
la meccanica, che ha contraddistinto parecchi membri della sua
famiglia. Infatti il padre di Spartaco, Guglielmo, fu capo officina alla Giorgini e Maggi, al
“Pago”, in località Centrale di
Seravezza, e un altro figlio,
Nilo, è il creatore dell’Officina
Guglielmi di Querceta, oggi
azienda leader nella costruzione delle macchine del marmo,
macchinari che sono esportati in
tutto il mondo. Officina in cui
il sottoscritto lavora come tornitore da 37 anni.
Anche il padre di Ettore Ancillotti, Alfredo, lavorava presso il miccificio Giorgini, Maggi e Bertellotti del Martineto, a
Pontestazzemese. Sono arrivato al diario chiedendo a mio
padre se per caso ci fosse un
militare di Stazzema morto a
Cefalonia,dato che sull’eccidio
di Cefalonia avevo scritto due
pezzi per il Tirreno. “Ettore, mi
pare. Ma va’ a domandallo ala
Inise, che è su’ cugina”.
E così ho fatto, trovandomi
davanti invece che Cefalonia
all’isola di Rodi ed alla sorte infausta dello stazzemese Ettore
Ancillotti, inquadrato nel 15° Rgt
Genio, tragicamente condivisa da
4000 soldati italiani, che, imbarcati prigionieri su un piroscafo, il pomeriggio dell’11 febbraio 1944 vennero fatti salpare dal
porto di Rodi e la sera stessa si
inabissarono nel mar Egeo,
presso l’isola di Goidano.
Leggendo la relazione stilata
dalla “Commissione interministeriale di formazione e costruzione di atti di morte non redatti o distrutti per eventi bellici”
si apprende che “pochi furono i
naufraghi recuperati e di lui
nulla si è saputo dalla data del
sinistro”. Il diario di Ettore Ancillotti fu fatto stampare dai suoi
familiari presso la tipografia
Bacci di Pietrasanta per essere
donato ai conoscenti acciocché
del figlio ne mantenessero più
a lungo il ricordo.
Voglio sperare che il mio impegno, volto a portare alla luce
questo diario sugli “Avvenimenti più importanti della vita
vita militare di Ancillotti Ettore
di Alfredo”, determini a Pontestazzemese e a Sant’Anna una
lapide che ricordi, come segno
di prima Resistenza, anche la
tragedia dei 4000 militari italiani che perirono nel mar Egeo e
che si aggiunge così a quella di
Cefalonia.
UNA VECCHIA BATTAGLIA DI VERSILIA OGGI: AVEVAMO RAGIONE
CAMPI MAGNETICI ANCHE SULLE NOSTRE TESTE
Nella seconda parte degli
anni 80 Versilia Oggi si occupò
dei campi elettromagnetici generati dall’elettrodotto Acciaiolo - La Spezia, che tuttora attraversa anche il territorio versiliese. Il nostro periodico intraprese la sua isolata “battaglia” contro i rischi cui andavano incontro coloro che abitavano nelle
vicinanze dei fili dell’energia
elettrica, pari a 380 mila volt.
In sostanza Versilia Oggi auspicava che l’elettrodotto non entrasse in funzione se prima non
fosse stato dimostrato che esso
non avrebbe causato malattie di
sorta all’organismo dell’uomo.
In Italia studi scientifici sul
fenomeno dell’elettrosmog non
ve n’erano, quindi tutto nacque
dalle preoccupazioni della gente che riteneva di subire gravi
danni alla propria salute a causa della continua esposizione
alle onde elettromagnetiche. Mi
pare, se ben ricordo, che l’allarme scattò in seguito ai pareri
espressi da alcuni studiosi stranieri, convinti che la lunga permanenza all’interno di campi
magnetici potesse provocare alterazioni metaboliche e l’insorgere di gravi malattie tumorali
e leucemiche.
Con un’ordinanza, il pretore
di Pietrasanta Carletti, costrinse l’ENEL a non attivare l’impianto, permettendo così al Comune pietrasantino di proseguire il processo in sede civile. In
pratica non ci sarebbe stato alcun ostacolo alla messa in funzione dell’elettrodotto, se fosse
stato accertato che il campo
magnetico generato non avrebbe causato danni alla salute della gente, anche se non apparivano trascurabili i danni derivati
al paesaggio.
Non so se tale ordinanza sia
È NATA GRETA
Carla Pucci e Giacomo Lasagna annunciano con gioia che è
nata all’Ospedale di Massa la
loro nipotina Greta, figlia di
Massimiliano Bontempi e Barbara Lasagna.
Greta annovera fra i suoi antenati diretti Adele Ferrugento,
Tommaso Tomei Albiani, Olga
Tomei Albiani, il dott. Bettino
Pilli, l’avv. Aldo Lasagna e Carlo Pucci, mitico centro mediano del Forte dei Marmi della
serie C negli anni ’40.
stata allora rispettata e comunque ignoro come sia finita quella causa; immagino che l’ENEL
abbia operato secondo le leggi
esistenti, facendo così prevalere le sue ragioni, tant’è che dopo
diversi anni l’elettrodotto è ancora lì.
Non trovai neppure nelle librerie universitarie di Pisa una
pubblicazione che potesse ragguagliarmi in merito. In un mio
breve scritto pubblicato su Versilia Oggi nel mese di settembre 1989, comunque mi appellai alla sensibilità dell’ENEL,
così come aveva fatto anche il
sindaco di San Giuliano Terme,
affinché fosse costruito un elettrodotto alternativo lontano dai
centri abitati, per non danneggiare sia il paesaggio che la salute dei cittadini. Ma chi ha dato
ascolto alle nostre domande?
Gli anni purtroppo sono trascorsi veloci e siamo arrivati finalmente ad una legge che stabilisce dei limiti all’inquinamento
da elettrosmog (i parametri di
riferimento devono ancora essere fissati).
Di recente i mass media hanno diffuso la notizia relativa all’emissione, da parte del procuratore Raffaello Guariniello, di
una comunicazione di garanzia
contro il presidente dell’Enel
Chicco Testa, indagato per l’inquinamento elettromagnetico
che deriverebbe dagli elettrodotti piemontesi costruiti vicini
a scuole, parchi per giochi e
centri abitati, mentre a Roma il
ministro dell’ambiente Bordon
ha minacciato di staccare l’elettricità alla Radio vaticana, per
l’elevato inquinamento elettromagnetico generato dalle sue
antenne. Sembrerebbe che i casi
di leucemia che hanno colpito i
bambini che abitano nelle località vicine, siano sei volte superiori a quelli che si verificano
in altre zone distanti dalle antenne di radio vaticana. Ora il
Alessandra sposa
Alessandra Aliboni si è sposata con Ivan Fossati, musicista
nell’orchestra sinfonica “Verdi”
di Milano. Agli sposi ed ai loro
genitori Alberto e Dores di Forte dei Marmi e Virginio e Ada,
milanesi, le congratulazioni e
gli auguri più affettuosi di Versilia oggi e quelli particolari del
nostro direttore.
fenomeno dell’elettrosmog è
vieppiù ingigantito dalle antenne per i telefonini cellulari installate e la gente, all’inizio del
terzo millennio, ha il sacrosanto diritto di pretendere che vengano introdotti dei limiti rigidi
ai livelli di tale forma di inquinamento.
Attualmente si parla di nuove restrizioni e di tre soglie: la
prima che non deve essere mai
superata; la seconda da non superarsi in luoghi abitativi, scolastici ed in quelli adibiti a permanenze non inferiori a 4 ore
al giorno; la terza, la più restrittiva, che dovrà essere osservata
nella progettazione di nuove linee elettriche in prossimità egli
ambienti scolastici ed abitativi
ed aree destinate ai giochi per
bambini o comunque nei luoghi
adibiti a permanenza non inferiore a 4 ore giornaliere. Questi
limiti dovranno essere comunque considerati anche per la costruzione di fabbricati in prossimità di linee e installazioni
elettriche già presenti nel territorio.
Sono ritornato sul tema dei
campi elettromagnetici per sottolineare l’importanza del nostro periodico, che esce silenziosamente vittorioso da una
“battaglia” intrapresa 10-15
anni fa a difesa della salute degli abitanti della Versilia. Un
merito certamente ascrivibile al
suo direttore, che pose allora
degli interrogativi ai quali sarà
data, speriamo fra breve, una
risposta definitiva.
Renato Sacchelli
Direttore
GIORGIO GIANNELLI
periodico mensile
abbonamenti
c/c postale 10818557 intestato a
«Versilia Oggi» Casella Postale 94
55046 Querceta (LU) - Ordinario L.
25.000 - Estero L. 50.000 - Sostenitore L. 50.000. Reg. Trib. di Roma
n. 11298 del 26 novembre 1966 e
Trib. di Lucca n. 300 del 2 maggio
1978 - Partita IVA 01517670467
In caso di mancato recapito, si
restituisca al mittente che si
impegna a pagare la relativa tassa
Fotocomposizione
Litocomp-Querceta-tf/fax 0584-742011
E-mail: [email protected]
Stampa: Graficatre - Ripa di Versilia
La collaborazione a “Versilia Oggi”è
gratutita, spontanea e aperta a tutti.
Numero chiuso in tipografia
il 27 aprile 2001
Aprile 2001 - pag. 3
Gli studiosi di discipline filosofiche e storiche, le organizzazioni culturali laiche, i quotidiani e i periodici hanno nel
2000 dedicato non poca attenzione alla potente figura di Giordano Bruno, nella ricorrenza del
IV centenario del rogo. Il 17
febbraio 1600 infatti egli fu arso
vivo, come eretico, in Campo
de’ fiori a Roma, in esecuzione
di una sentenza del Sant’Uffizio.
Questo grande pensatore, filosofo e scrittore, è passato ai posteri non solo come insigne personaggio della storia della cultura italiana, europea, mondiale
ma è entrato nella leggenda
come apostolo e martire del libero pensiero e della intrepida
coerenza etica ed intellettuale.
Mi hanno colpito gli scarsissimi riferimenti al suggestivo,
bronzeo monumento che alla
fine del secolo XIX fu eretto in
sua memoria e in suo onore e
che domina imponente la caratteristica piazza romana su nominata, prossima al michelangiolesco Palazzo Farnese e
allo storico –e splendido– palazzo della Cancelleria, dove nel
1849 fu proclamata la Repubblica romana.
Il monumento raffigura l’eretico nella sua veste di frate domenicano in atteggiamento tragicamente severo, austero e
pensoso, e reca sul basamento
una epigrafe, dettata da Giovanni Bovio, la quale, per comune
opinione di letterati e di storici,
è da considerare una delle più
ROMA E PIETRASANTA A GIORDANO BRUNO
RIFLESSIONI
DAVANTI A DUE LAPIDI
riuscite ed efficaci che siano mai de Nolano. Certo, la concisione dire del verso successivo, è che
state scritte, per concisione lapidaria e per profondità di concetti: “A Giordano Bruno / il
secolo da Lui divinato / qui dove
il rogo arse”. Eccelsa, conveniamone. Solo più avanti, qualche
commento.
Trasferiamoci ora a Pietrasanta. Non tutti noi versiliesi
sappiamo che, entrando in questa incantevole cittadina da porta Pisana, appena oltrepassato
l’arco, a sinistra, ad altezza di
mezzanino, è visibile, un busto
in bronzo raffigurante Giordano Bruno, anche qui austero,
pensoso, corrucciato. Sotto il
busto si legge: “Di Giordano
Bruno / che le folgori del genio
divinatore / all’evo sanguigno
avventando / precorse i veri
onde albeggia / un domani di
scienza e di giustizia / e dal rogo
benedisse / –rapite al cielo dagli uomini– le resurrezioni della vita / vollero con le sembianze evocare / l’apostolato e il
martirio / i liberi pensatori della Versilia”.
Non lo nascondo, provo forte emozione ogniqualvolta sosto lì, guardo e leggo. Se potessi chiedere di aggiungere la mia
firma in calce all’elenco dei “liberi pensatori della Versilia”, lo
farei molto volentieri.
L’epigrafe sopra riportata fu
dettata da Pietro Gori, un avvocato anarchico ligure, anche lui
affascinato dalla figura del gran-
e la densità immaginifica ed
evocativa dell’epigrafe romana,
dodici parole a parte la dedica,
me la fanno considerare non
solo ineguagliabile ma nemmeno avvicinabile da qualunque
altra da me conosciuta salvo,
forse, quella dedicata a Nicolò
Machiavelli in Santa Croce a Firenze: “Tanto nomini nullum
par elogium”.
L’epigrafe romana apre con
un verso ispirato e assai suggestivo, sostanzialmente rivolto,
però, alle persone colte: il secolo divinato è certamente il
XIX e non ho dubbi nell’affermare che i nuclei forti di questa
divinazione sono due: in primis,
il libero pensiero, poi la scienza, la quale del resto altro non è
che libero pensiero proteso con
rigore alla ricerca del vero.
Credo, tuttavia, di non fare
alcun torto al monaco martire e
al suo interprete rilevando che
il XIX secolo contiene, a dir
poco, anche un altro sommo
valore che nessun pensatore, per
quanto profetico, poteva “divinare” tre secoli prima: quello
della nascita e della instaurazione, in molte nazioni, dello Stato di diritto: storica conquista
culturale e sociale seppure,
come tragicamente si è visto nel
secolo scorso, aleatoria e, per
qualche verso, persino pericolante.
Il meno, invece, che si possa
GIORGIO VANNI E IL SUO “CAPOLINEA” DI MILANO
“Il Corriere della Sera” lo ha ricordato così
Si è chiuso a Milano un locale storico, “Il Capolinea” di
via Ludovico il Moro, fondato nel 1969 dal fortemarmino
Giorgio Vanni. Vi si davano
spettacoli musicali ed era un
posto di ristoro. Così Guido
Vergani l’ha ricordato sul
“Corriere della Sera”:
Le milanesi notti del jazz,
come passione, come intelligenza musicale, e non soltanto
come additivo o propellente del
tirar mattina, devono molto al
«Capolinea» e a Giorgio Vanni
che lo aprì nel 1969. Allora, il
nostro «Sotto le stelle del jazz»,
come canta Paolo Conte, era
pallido, sbiadito, dopo la grande stagione del «Santa Tecla»,
dell’«Aretusa» negli anni del
dopoguerra e, sul finire del decennio Cinquanta, della «Taverna Mexico» dove Valdambrini,
Cuppini e Basso, tromba, batteria e sassofono, diedero vita a
jam session con Chet Baker, la
più grande, struggente tromba
bianca del Novecento.
Quando Giorgio Vanni approdò a Milano, il panorama jazzistico aveva i colori del tramonto. Era cominciata, anzi era già
fremente la stagione del rock
che dura tuttora e che, il jazz, lo
mise un po’ all’angolo. Nacque
il «Capolinea», oasi del dixieland, ma soprattutto del bebop,
del «cool» lungo i Navigli e un
po’ si riaccese il sole. Vanni aveva una bella storia. Me la raccontò, anni fa, lui stesso: «Ero
un ragazzino. Il fascismo mal
sopportava il jazz, anche se proprio la famiglia del «capo» stava partorendo un talento della
musica nera, il pianista Romano Mussolini. Vivevo a Forte
dei Marmi, lontano dai “giri”
dove, in barba al regime, si poteva ascoltare qualche concerto. In piena autarchia, i catacombali del jazz avevano convinto Louis Armstrong a deviare dai binari di una tournée europea e a debuttare, quasi clan-
destinamente, al Teatro Chiarella di Torino. Fu mio zio Romolo, che navigava sulla rotta per
New York, a portarmi i primi
dischi, Bix Beiderbeke, Jelly
Roll Morton, Duke Ellington.
Presi una cotta. Ma il salto lo
feci a Tombolo, accampamento
di fantaccini ribelli della Quinta Armata americana, nella pineta fra Livorno e Pisa. Quel
campo era una zona franca del
ballo, della musica, del sesso.
Non comandava nessuno. Completa anarchia. Subito dopo lo
sfondamento della Linea Gotica, ci andai al traino di un amico fotografo. I soldati di colore
facevano musica. Vidi la batteria e da allora non ho più mollato le bacchette. Da allora, per
me uno che suona è qualcosa di
più di un uomo. Al “Capolinea”
non faccio che celebrare ogni
sera il rito della mia passione».
Quell’«altare» non c’è più, se
non nei nostri ricordi.
Guido Vergani
1980. OPERAI MARMISTI AL PONTESTAZZEMESE
E DADDINO GRIDÒ: «A RINOTARE»
Riportiamo dal numero di
giugno del 1980 di Versilia
Oggi:
Gli operai marmisti versiliesi hanno, per tradizione
che affonda le proprie “barbe” addirittura nella antichità, sempre santificato il lunedì.
Una giornata di riposo solitamente riempita da merende abbondantemente annaffiate da “bianco” o “rosso”, consumabili in luoghi
disparati; al chiuso o all’aperto, secondo l’umore
del clima.
In un pomeriggio post-domenicale accadde che vari
amici, dopo deposta la pol-
verosa “cappa” da lavoro
decidessero di fare una capatina al Pontestazzemese
per ridurre in magre lische
saporose trote dell’allevamento curato con interessata passione da Milani Daddino.
Quando furono sul posto
ecco, malaugurato, un serio imprevisto.
Dopo avere parlato circa
le loro intenzioni al proprietario del locale si resero
conto che i fondi delle tasche di ognuno erano verdi
come la rabbia. Non una lira
o giù di lì risultò esistere.
Penoso bilancio, insomma,
che non doveva incidere af-
fatto sul programma. Uno
che vantava solida amicizia
col Milani corse a dirgli
che, semmai… al conto sarebbe stato fatto debito onore, con certezza, al sabato
più prossimo.
Dall’ombroso canneto, in
mezzo al quale stava quietamente sonnecchiando un laghetto ricco di pesce si udì
una sinistra brontolota e un
tonfo di inequivocabile significato. Era Daddino ad accompagnare il salto delle trote già racchiuse nella speciale retina per il pescaggio con
l’urlo sgradevole: “a rinotare!”.
Ulderico Becchini
l’epigrafe si innalza o, se volete, si inabissa fino al limite della vertigine: “qui dove il rogo
arse”; parole che devono essere
lette o pronunziate lentissimamente. Ti reclamano lì, nel punto preciso del tragico martirio
di un uomo colpevole soltanto
di non volere, nemmeno dinanzi al supremo, atroce sacrificio,
rinnegare il proprio pensiero. E,
se non erro, dell’atrocità commessa non è stato ancor chiesto
il perdono. Dinanzi al monumento, insieme tetro e luminoso, l’emozione può farsi angosciante. Solo distogliendo lo
sguardo e rivolgendolo intorno,
alla piazza, almeno di giorno,
vivace ed allegra, ti puoi rassenerare. Straordinaria densissima
concisione, dunque, e sovrano
potere evocativo: queste qualità io soprattutto vedo nell’epigrafe romana.
Ora siamo a Pietrasanta e rileggiamo quella attribuita a Pietro Gori. I primi due versi colpiscono per la potente carica
passionale e metaforica: l’autore si schiera, e coinvolge il lettore; ci sarà pure una sfumatura
enfatica, se si vuole, retorica,
ma, nei due versi quella che
oggi chiamiamo “intelligenza
emotiva” pervade le parole con
eccezionale intensità.
Mirabili, per densità lirica e
per veridicità filosofica appaiono a me i due versi successivi, i
quali, tuttavia, mostrano appieno tutto il disincantato del libero pensatore il quale ripone bensì la sua fede nella potenza creativa della mente umana ma
senza nulla concedere alla provvidenzialità della storia e alla
fatalità del progresso. Nelle verità bruniane solo “albeggia” il
domani di scienza e di giustizia. E in effetti nei secoli successivi, massimamente negli
ultimi due, la scienza è esplosa
–mi limito a constatarlo senza
commento– e, quanto alla giustizia, nessun dubbio sulle grandi conquiste realizzate, anche se
gradini da salire ne restano ancora non pochi; è poi vero che,
entro un vasto perimetro di civiltà, gli “eretici”, peraltro sempre più minoritari –e me ne dolgo– non rischiano ormai il rogo
reale ma, caso mai, come l’esperienza suggerisce, quello metaforico.
Qui il commento si avvia alla
conclusione perché l’epigrafe,
nei tre versi successivi mi appare scadere in una certa qual
retorica ed enfatica nebulosità,
forse evitabile, per poi risalire
a nobiltà espressiva nei versi di
chiusura. Ma oso dire che, se
quei tre versi non fossero stati
scritti, la lapide ne avrebbe guadagnato.
Due epigrafi a confronto: altissima la fonte di ispirazione;
intensamente partecipativi l’intelletto e la passione di coloro
che l’hanno raccolta, tre secoli
dopo.
Robi Ginnarelli
IL PIASTRAIO HA BISOGNO DI NOI
Dopo vari anni di grandi
difficoltà organizzative ed
economiche, finalmente siamo giunti all’inizio dei lavori
di restauro dell’unico Santuario Mariano della Versilia e
della Diocesi di Pisa: il Piastraio.
Dovrebbe essere iniziato il
primo lotto dei lavori per
un’importo di circa duecento
milioni; si realizzerà il rifacimento del tetto della chiesa e
del convento adiacente “Casa
del Pellegrino”.
Con il primo lotto dei lavori si porterà a compimento l’opera più importante, in
quanto l’umidità, l’acqua,
nel corso degli anni, ha rovinato gli affreschi, il tempiato in legno del convento
che oggi si trova in condizioni pietose.
Terminato il primo lotto,
occorrono altri fondi, molti, per il rifacimento degli
intonaci interni, dei pavimenti del convento, degli
impianti elettrici, dei servizi igienico sanitari e riportare gli affreschi al loro antico splendore. Il progetto
interamente realizzato richiede una spesa di circa ottocento milioni. Durante il
Giubileo Mariano, nella celebrazione al Santuario, dello scorso mese di maggio,
monsignor Benotto, nella
s u a o m e l i a d i s s e : “ Tu t t i
dobbiamo portare un mattone per questa casa di Maria”
ed ha sensibilizzato i presenti a contribuire; e quindi
ci auguriamo che queste parole non cadano nel vuoto,
e che le parrocchie si possano prendere a cuore l’iniziativa del restauro.
Puntualizziamo che questo
santuario situato a Stazzema
non deve essere considerato
luogo mariano esclusivo di
questo paese, ma di tutta la
Versilia e dell’intera Diocesi di
Pisa.
Il Santuario, a sua volta restaurato, dovrebbe ridiventare meta e sede di attività spirituali, di numerosi pellegrinaggi mariani, di ritiri spirituali, per rilanciando il Santuario nella sua originale vocazione.
A questo fine, il Comitato
per il restauro: “Salviamo il
Santuario del Piastraio”, con
la presidenza dell’arcivescovato Alessandro Plotti, lavora assieme a molte persone
di buona volontà per realizzare questo fine. Iniziamo
un lavoro impegnativo ed
oneroso, chiediamo quindi,
il sostegno di tutti i versiliesi per poter fare risorgere
quanto prima questo luogo
ricco di storia, che purtroppo, il secolarismo di questi
ultimi tempi ha messo in
ombra.
L’appalto dei lavori è stato
vinto dalla ditta Carli Antonio
e Bartolucci Sauro; i lavori di
restauro sono seguiti dagli architetti progettisti Mazzei, Manichini e Lucente di Pietrasanta.
Ci auguriamo che arrivino
i finanziamenti necessari per
poter proseguire i lavori; in
questi ultimi giorni di allestimento del cantiere, sono impegnati diversi volontari che
portano sul cantiere tutto il
materiale necessario ai lavori.
Chi volesse contribuire a
questa nobile iniziativa, può
effettuare il versamento sul c/
c bancario il n° 27653/80 presso la Banca di Credito Cooperativo della Versilia e Lunigiana.
Paolo Formiconi
Aprile 2001 - pag. 4
Lo studio di Fausto Marchetti, riguardante il marmo e le entrate del comune di Carrara, rappresenta un tentativo di risposta alle iniziative dell’imprenditoria locale, che è rappresentata non solo dagli industriali,
ma anche dalle cooperative di
escavazione e dal Consorzio
cave. Queste, collegialmente,
hanno contestato, in forme clamorose, la volontà di quel comune di continuare nell’applicazione della “tassa marmi”,
con incrementi di tariffe molto
elevati.
Gli obiettivi e le finalità sono
indicati chiaramente: si vuole
che dalle cave, e dai produttori
di marmi vengano prelevate le
risorse finanziarie per fronteggiare la realizzazione dei progetti della grande viabilità di
attraversamento dell’area centrale di Carrara, per isolare il
traffico dei trattori e dei camion
che giornalmente salgono nei
bacini estrattivi e tornano a valle carichi di blocchi o di scaglie.
L’ultimo censimento pubblicato dalla stampa ha registrato
una cifra di oltre 900 mezzi di
trasporto giornaliero. Un traffico di mezzi pesanti di enormi
proporzioni che richiede, per
rendere la città più vivibile un
intervento urgente che solo il
Comune può fronteggiare.
Il vero fatto nuovo degli ultimi cinque anni, che Marchetti
sottolinea, è il “mutato assetto
normativo, che il comune di
Carrara dispone, un complesso
normativo nazionale, regionale
e comunale che consente di assumere un ruolo incisivo nelle
politiche del settore marmifero”.
Gli strumenti normativi disponibili sono così diversi: la
tassa marmi è un’imposta di
consumo, che si riscuote a mezzo dell’ufficio accertamento,
CON L’INFAME TASSA SUL MARMO
COSÌ CARRARA
ESCE DALL’EUROPA
svantaggio di chi esercita quelle per i cavatori).
ufficio che “costituisce il confine della zona di libera circolazione del marmo e sui derivati”. E ancora: “Il passaggio di
tale confine senza previo pagamento del tributo, o senza prestazione di idonea garanzia fidejussoria o assicurativa, non è
permesso”.
La dichiarazione di destinazione è necessaria inoltre per accertare se i marmi sono destinati all’esportazione dal comune o se sono destinati “al consumo interno”.
Tutto questo si sta verificando all’inizio del 2000 in un Comune d’Europa, dove sono state abbattute le barriere doganali e si è affermato il principio
della libera circolazione delle
merci e degli uomini.
Fausto Marchetti, si sforza di
richiamare “l’attualità e non
l’anacronismo” delle norme
speciali che sono a disposizione del comune di Carrara. La
tassa marmi affonderebbe le sue
radici nella storia locale: “Nella coscienza collettiva locale, si
è tenacemente radicata nel corso dei secoli la convinzione non
soltanto della giustezza del prelievo speciale, ma della costante tenuità rispetto allo sfruttamento selvaggio del bene comune”. La tassa marmi dunque
come imposta riparatrice di giustizia a favore della comunità di
Carrara!
Nella storia la tassa sui marmi, è stata concepita prima
come regalia ai Principi, poi
come pedaggio per la manutenzione delle strade, infine come
dazio sui marmi o tassa di esportazione, che il bilancio del Comune finalizzava a certi obiettivi sociali e opere pubbliche
(porto, ospedale, case popolari,
assistenza sociale e previdenzia-
È stato osservato che, oggi,
non siamo più all’epoca di Fabbricotti! Su quell’attività primaria che si svolge nei canaloni di
Colonnata, Fanti Scritti e di
Lorano, non ci campano “solo
pochi”. Non sono solo gli escavatori privati infatti, legati a tradizioni familiari, ma sono le cooperative e i loro soci; sono i
piccoli escavatori che fanno
capo al Consorzio cave e sono i
lavoratori addetti allo svolgimento del lavoro, che ne traggono oggi benficio.
Si è aperto un processo che
prefigura un nuovo tipo di intervento pubblico, che incide
sulla struttura della produzione,
sulla sicurezza e sulla razionalità del lavoro: non siamo più
alla rapina spregiudicata della
montagna; le nuove tecnologie
di taglio del marmo hanno fatto
crescere la produttività del lavoro e aumentato la produzione. Nuove tecniche ingegneristiche come le cave in galleria
cominciano ad affermarsi come
strade nuove per lo sfruttamento dei giacimenti di marmo.
Quante sono le categorie e le
professioni che a Carrara traggono il loro reddito dal lavoro
delle cave? Ci sono i trasportatori, i portuali, i trasformatori
senza cave, ci sono dei commercianti di marmi, le aziende di
servizio che forniscono di macchinari e di utensili diamantati
le aziende e le cave, ci sono i
meccanici specializzati nella
manutenzione degli impianti, i
commercialisti, gli avvocati, i
direttori di cava, i consulenti
tecnici delle aziende ecc.
Non crediamo che il profitto
sia tutto concentrato solo nelle
mani di chi gestisce le cave, ma
si ridistribuisce in molti casi a
I PERSONAGGI DELL’ALMANACCO VERSILIESE
Gianlorenzo Berti gloria di Seravezza
Una pubblicazione (edizioni
Graficatre) sul poco conosciuto
Gianlorenzo Berti (1696-1766),
dottissimo teologo e filosofo agostiniano del ‘700 nato a Seravezza, è stata compilata da Narciso
Lega, prolifico studioso locale,
dopo attente ricerche archiviali
nelle biblioteche di vari ordini
religiosi. “Questa opera intitolata “La vita del Padre Gianlorenzo Berti (1696-1766) teologo di
Sua Maestà Imperiale”, presenta alcune novità su quanto conosciuto fino ad ora del teologo
Berti –si afferma nella prefazione– Innanzitutto fa vedere per la
prima volta l’immagine del padre agostiniano tramite le uniche
due raffigurazioni esistenti; illustra inoltre l’albero genealogico
del ramo del Berti, che sinora
nessuno aveva pubblicato”.
Gianlorenzo Berti –cui l’Almanacco Versiliese dedicherà un capitolo– è considerato uno dei più
dotti e stimati teologi del suo tempo. A 15 anni entrò in clausura
nell’Ordine agostiniano. In quell’occasione assunse il nome di
Gianlorenzo. Il suo vero nome era
Giovanni al quale volle legato il
nome Lorenzo per onorare San
Lorenzo, patrono di Seravezza al
quale attribuì la salvazione della
propria vita durante un incendio
che si sviluppò nella sua casa di
Seravezza. Del ragazzo Gianlorenzo furono subito evidenti le doti
di oratore e l’attitudine allo studio. Nel 1713 fu affiliato al convento di Santo Spirito a Firenze.
Lì divenne conosciuto con l’appellativo de “Il Fiorentino”. Nel convento fiorentino studiò con profitto Grammatica, poi Dialettica; in
quello di Roma (dal 1714 al 1716)
si specializzò in Filosofia; a Genova (dal 1716 al 1717) in Metafisica; poi ancora Teologia a Firenze, a Bologna e a Padova (dal
1717 al 1722). Nel giro di pochi
anni divenne conosciuto in tutti i
centri culturali e all’interno di
molti Ordini religiosi, e anche se i
suoi scritti suscitarono aspre polemiche e dibattiti fu comunque
universalmente stimato da tutti.
Conosceva perfettamente il
greco, ed era uno dei pochi a conoscere l’ebraico. Il greco lo studiò negli anni fiorentini dall’abate Antonio M. Salvini; l’ebraico
a Padova sotto la direzione dell’abate Domenico Lazzarini. Ricevette molti titoli durante la sua
carriera di studioso. Nel 1719, in
seguito ad una sua dotta difesa
su San Girolamo, è dichiarato
Lettore di Filosofia e tre anni più
tardi, nel 1722, riceve il titolo di
“Baccelliere”. Nello stesso anno
è ordinato sacerdote. A Pistoia,
lo stesso anno, viene chiamato a
tenere un Panegirico con un discorso intitolato “Delle lodi alla
città di Pistoia”. Dal 1723 al
1725 è Lettore di Filosofia nelle
città di Padova e di Firenze; nel
1727-28 è “Bollegialis” nella capitale. Predica missioni in ebraico a Livorno per gli ebrei, e la
città fa stampare le Conferenze
del Berti dal titolo “Il vero Mes-
sia è già venuto”. In quella circostanza molti ebrei si convertirono al cristianesimo. Nel 1726,
nel Duomo a Seravezza svolge il
tema: “In lode della SS.ma Vergine di Querceta”. Il teologo Berti, chiamato da tutti, inizia a girare l’Italia. Viene chiamato dovunque: Foligno; Mon. tenero;
Padova; Verona; Roma; Firenze;
Rimini e Fano, sono solo alcune
delle sue tappe. Nel 1733 viene
dichiarato Maestro di Teologia.
A Gianlorenzo Berti si deve la
pubblicazione di uno dei principali Manuali di Teologia (8 tomi,
composti in circa 7 anni) per gli
studi maggiori in Italia e nelle
province agostiniane (Polonia,
Austria e Germania). Altre pubblicazioni interessanti sono: “Ragionamento apologetico”, pubblicato a Venezia nel 1759; “Vita
di S. Agostino, con notizie sia sulla madre Monica che sui suoi familiari ed amici, dal titolo: “De
rebus gestis, S. Patris Augustini”.
Allontanatosi da Roma si reca
a Pisa dove vi rimane 18 anni
dopo essere stato invitato dal
Granduca Francesco di Lorena.
Qui, Padre Berti, completò la sua
carriera diventando Lettore Reale con cattedra di Storia Ecclesiastica. Molte altre pubblicazioni
produsse. Tra queste: “Dissertazioni storiche”. A Seravezza una
lapide nel Duomo di Seravezza e
un’altra nel loggiato della Misericordia ricordano la sua statura
culturale.
Massimo Tarabella
la funzione primaria di coltivatore dei giacimenti.
Ma le tasse, i controlli, le
campagne di sfiducia, si concentrano quasi sempre sui produttori di blocchi, di informi e
di scaglie: solo a loro si chiede
di pagare le tasse, e si tiene ferma e si utilizza tutta quella normativa pletorica che è stata messa in piedi, che è difficile gestione e trasforma il comune di
Carrara quasi come una piccola isola anacronistica nell’Europa del libero mercato e
del superamento delle barriere economiche.
Una nuova politica fiscale sui
marmi richiede un diverso
modo di pensare. Riaffiorano
qua o là antichi preconcetti e,
forse, devono ancora sedimentare gli effetti delle trasformazioni sociali che nell’ultimo
ventennio del secolo si sono
prodotte nella società apuana.
Basti pensare a quello che è
accaduto con la nascita e poi la
scomparsa della IMEG, la nascita e il successo delle cooperative, del Consorzio cave; il
ruolo Marmo Machine nella
promozione internazionale del
nostro distretto lapideo, le politiche del riordino della legislazione regionale sulle cave e la
stessa nuova normativa fiscale
che istituisce il canone di concessione, non più iniquo e irrisorio, che introduce con i piani
di coltivazione, l’istituto del
“contributo di autorizzazione”
per lavorare la cava.
Queste novità, sinteticamente richiamate, consentono di
pensare seriamente ad una nuova politica anche sul piano delle entrate, che prepari le condizioni per pervenire gradualmente al superamento di quella legge nazionale sulla tassa marmi,
che è una vera e propria anomalia nazionale, e non una riforma.
I risultati di quest’attività primaria di coltivazione delle cave,
che sono ripartiti sulla società
di Carrara, devono consentire di
affrontare con equità i costi rilevanti, per rendere più vivibile
l’ambiente della città per eliminare tutti gli impatti negativi
prodotti dal complesso delle attività per l’industria lapidea, che
non sono solo le cave.
L’attività estrattiva dei coltivatori delle cave di marmi di
Carrara, è la fonte primordiale
di una attività economica che
permea di se tutta la vita sociale non solo di Carrara, ma dell’intero comprensorio.
C’è consapevolezza che progetti d’intervento che diano respiro e prospettive di lungo termine alla escavazione del marmo, rappresentano una scelta
importante per alimentare quella attività di valorizzazione del
prodotto, che solo aziende specializzate di trasformazione, che
abbiano una loro conoscenza
adeguata dei mercati del mondo, possono effettuare fornendo al mercato dei lavorati prodotti di alta qualità.
La concorrenza che dilaga nel
mondo, con la scoperta di sempre nuovi materiali, e le capacità universali dei prodotti grezzi, ci insegna quanto sia utile,
valutare la situazione del settore, nei suoi rapporti con la domanda che proviene dai mercati più evoluti.
Evitando di entrare nel merito di problemi che spettano alle
rappresentanze delle imprese
locali e alle “inalienabili competenze del massimo organo
democratico” del comune di
Carrara, non sembra si possa
configurare, nell’atteggiamento
delle parti sociali, rispetto al
problema della pesante tassazione, quel “sovversivismo delle classi dirigenti” che è stato
evocato da Fausto Marchetti.
Certamente esiste un’affollamento di leggi e una normativa
molto elastica a disposizione del
Comune in materia di tasse sui
prodotti grezzi delle cave; ciò
potrebbe indurre, proprio per la
posizione dominante del settore nell’economia comprensoriale, per renderlo più libero ed
efficiente, “a pensare anche a
regole diverse”, come dice Marchetti.
Fra le “entrate speciali”, da
discutere, ci sta tutto il complesso delle tasse, dei canoni e del
contributo. Quel “tavolo di concertazione” voluto dal Consiglio comunale, ci auguriamo
possa diventare il luogo del confronto fra Ente locale e le parti
sociali, in senso lato, per individuare progetti e preventivare
il fabbisogno finanziario.
Guido Galeotti
Banca locale
partner globale.
Ciò che contraddistingue il nostro modo di essere
banca è proprio la capacità di essere tante banche
insieme in una volta sola.
Per questo oggi siamo la banca più vicina ai
commercianti e agli operatori economici, la banca
di casa in oltre 100.000 famiglie, la banca amica dei
pensionati, la banca aperta ai progetti dei giovani,
la banca partner delle imprese su tutti i mercati.
Una banca aperta alle esigenze di ciascuna
persona, ogni giorno, con la stessa cura e attenzione.
Continuiamo a crescere insieme.
CASSA
DI RISPARMIO
DI LUCCA
Più vicini al vostro mondo.
Aprile 2001 - pag. 5
Le cose di Alessandra in sant’Agostino
Alessandra Cancogni. Cave a Basati.
cose, nelle sue acqueforti, finiscono col dire molto più di quello che comunemente dicono o
fanno pensare. E avverte l’attenzione per Luigi Bartolini.
Le cose recano in sé, e nella
loro ubicazione, simboli e testimonianze particolari. E, se tratte fuori dal naturale contesto,
propongono valori, non solo
loro propri. Raffigurare le cose
è conquista della pittura moderna, iniziata da Caravaggio.
“Dipingere le cose” era anche
un impegno fondamentale di
Scipione. E, nelle incisioni della Cancogni, le cose sono spore di gemmazioni spontanee,
idee, richiami lirici di emozioni ineffabili.
Nel suo lavoro, c’è oggi un
senso metafisico che esalta e
innerva una poetica a corrente
continua. Dal ‘96, quando fece
una sua personale a Casa Cini
di Ferrara, presentata da Franco Patruno, critico de L’Osservatore Romano, questa eccezionale grafica ha trovato una capacità nuova e assolutamente
originale di leggere la realtà.
Acqueforti, litografie e l’imprevedibile avventura dell’acquerello, guizzo delicato di colore nella severa eleganza del
bianco-e-nero, sono l’arte stupefatta di Alessandra Cancogni.
Dal 1° al 13 maggio si tiene
a Pietrasanta (Chiostro di S.
Agostino, Sala delle Grasce) la
mostra “La mia Versilia” di
Alessandra Cancogni. Il mare
e la montagna sono le grandi
passioni di Alessandra, per cui
la Versilia, avvolta nello scenario imponente delle Alpi Apuane e distesa lungo il Tirreno, è
sempre stata ed è il suo habitat
naturale. Anche se vive e opera
a Firenze.
I piccoli paesi arroccati sul
cucuzzolo dei colli, sulle pendici
dei monti; i metati anneriti; i
castagni, farnie, noccioli e ontani; le marginette della devozione popolare; le marine sferzate dal libeccio sono i soggetti
delle sue straordinarie incisioni.
Usci stinti, finestre con le grate, davanzali di prospettive,
campanili, sabbia vellutata e
fantasiosi straccali hanno il valore di strumenti dai suoni eterni.
Non fra storte e alambicchi,
dunque, si distilla la sua poesia, ché nel suo lavoro tutto è
“dritto” e preciso.
L’uomo non si vede: se ne
avverte però la presenza.
È la sua storia senza date, la
cronaca antica e nuova, la vita
spigolata nell’umiltà di poche
biolche di terra scoscesa o in
riva la mare, fra reti, tramagli
e ombrelloni.
L’incisione è una mezzadrìa
tra disegno e scultura; è una
sorta di raffinatissimo bassorilievo, che poi si trasferisce sulla carta, mediante l’arte della
stampa. Pietrasanta, città d’arte e di splendidi artigiani, ha
avuto celebri scultori e pittori
illustri; e, nella seconda metà
dell’ottocento, un incisore di
grande talento: Angelo Ardinghi.
La mostra di Alessandra
Cancogni, nella sala Grasce del
S. Agostino, può avere perciò
anche il significato di un affettuoso omaggio a chi ha saputo
far grande questa città. Le grasce anticamente erano i granai,
i depositi dei viveri.
Presentando la sua prima
personale, Marcello Venturoli
indica la sua fondamentale ricerca all’interno delle cose. Le
Come presidente di questa nuova associazione, ho il piacere di
annunciarvi che il 5 marzo 2001
è nata “Handiamo! Versilia” presentata da un convegno che si è
tenuto presso l’auditorium della
scuola media di Marzocchino.
Sono stati illustrati agli ospiti, ai
ragazzi della scuola media ed ai
cittadini presenti, alcuni filmati
delle recenti Paraolimpiadi tenutesi a Sydney. Ha condotto la giornata Stefano Silva di Tele+.
Perché “Handiamo! Versilia?”.
Dopo la mia esperienza come atleta guida di Lorenzo Ricci alle Paraolimpiadi, mi sono reso conto che
circa l’ottanta per cento dei disabili
non ci nasce ma ci diventa ed è per
questo che abbiamo ancor più il
dovere di rimediare a ciò che ab-
HANDIAMO VERSILIA!
biamo sempre trascurato. Per circa
venti giorni ho vissuto a stretto contatto con questi ragazzi. Qualche
volontario di qualche associazione
potrebbe dirmi: “Io sono anni che
ci vivo a stretto contatto”. È vero,
ma io ci ho vissuto in un villaggio
Olimpico dove loro potevano muoversi liberamente in completa autonomia. Pochissime erano le volte che avevano bisogno di piccoli
aiuti (quando stiamo male tutti abbiamo bisogno di piccoli aiuti).
Vi assicuro che questo villaggio non era niente di particolare,
le corriere che vi circolavano avevano un sistema che con una pedana potevano salirci anche le carrozzine; ma questo anche in tutta
Raffaello Bertoli
FRANCESCO
È nato Francesco, figlio dell’avvocato Andrea Verona e di
Beatrice Galeotti. Un benvenuto al piccoletto. Ai genitori, alla
sorellina Elena che l’aspettava
da cinque anni, ed ai nonni
Giorgio, Liana e Renza i complimenti e gli auguri di Versilia
Oggi e del suo direttore in particolare.
Sydney, i marciapiedi e i locali non
avevano gradini ma scivoli, e questo in quasi tutta la città australiana. Persino i treni sono concepiti
per far salire le carrozzine autonomamente: Sydney è così perché
nella mentalità di quel popolo non
vi è una barriera culturale che favorisce la barriera architettonica.
Per questo “Handiamo! Versilia”
vuole proporre un punto di vista
diverso cercando di stimolare anche la Versilia ad attrezzarsi in tutti
i sensi ed in tutti i settori. Non sarebbe bello per una persona in carrozzina residente a Seravezza, poter salire un giorno da sola su un
pullman ed andare a Forte dei Marmi o a Pietrasanta in completa au-
IL GITARIO
di [email protected]
LE “MARMITTE” COSÌ SONO INACCESSIBILI
tonomia e poter entrare in qualche
locale, bar o quel che sia, fare spese o magari una partita a carte?
I nostri programmi prevedono
di far conoscere a tutti quello che
è lo sport per i disabili e questo
cercheremo di farlo nelle piazze
più affollate affinché anche casualmente venga riconosciuto il valore di queste persone. I soci fondatori sono Roberta Lombardi, Francesca Calamari, Elena Martinelli,
Gianni Del Medico, Enrica Tealdi, Maria Laura Bandelloni e don
Gianluca Martignetti. Abbiamo
programmi molto ambiziosi e se
prenderanno forma vi terremo aggiornati anche grazie a “Versilia
Oggi” che ci darà una mano a comunicare i nostri sentimenti.
è impossibile superare i risalti più
ripidi e presentando qualche difficoltà di natura alpinistica, ivi
compreso qualche passaggio di
secondo grado; qui sono d’obbligo le calzature da montagna ed è
consigliabile l’uso della corda per
farsi sicurezza (qualche chiodo
fisso per assicurazione si trova
lungo la via). Si possono raggiungere così le marmitte più alte, una
più bella dell’altra, per arrivare
infine al Passo Fiocca (m. 1550
s.l.m.), ben visibile anche dal basso: una grande sella di marmo liscio, di cui non conosco l’eguale
in tutte le Apuane, sovrastata dalla
parte sommitale della Penna di
Sumbra (m. 1765). Da qui si può
scendere ad Arni per il facile sentiero del Fato Nero, dove si trovano i migliori giacimenti di funghi della zona.
La salita oltre la prima marmitta sarebbe resa molto più facile e
sicura se, almeno nei punti difficili o più esposti, essa venisse attrezzata con corde fisse, scalette
fisse, anelli per assicurazione: la
salita al Passo Fiocca per la via
delle “marmitte dei giganti” potrebbe così diventare una delle più
belle tra le gite accessibili anche
ai non esperti di alpinismo, non
avendo nulla da invidiare per interesse naturalistico e panoramico alla traversata della cresta dell’Altissimo, alle ferrate del Forato e del Procinto, alla traversata
della Pania della Croce da Mosceta alla Bora di Canala.
Ma se anche non si vuole attrezzare il percorso per renderlo
più facile nella sua parte media
e alta, occorre almeno segnalare
la parte più bassa, fino alla prima marmitta, che potrebbe costituire una attrattiva importante
anche per i gitanti della domenica in scarpe da tennis, per i ragazzi in vacanza che vogliano
interrompere la vita di spiaggia
e vedere qualche cosa che difficilmente troveranno altrove. Basterebbe qualche manifesto ben
fatto lungo la costa, qualche indicazione ben visibile sulla strada del Cipollaio. E non guasterebbe, nei pressi della marmitta,
qualche didascalia esplicativa sul
modo in cui essa si è formata,
nonché l’avvertenza di non trattenervisi in caso di temporale o
di piogge intense: il torrente può
“risvegliarsi” all’improvviso e
diventare molto pericoloso.
Marco Del Medico
Pietro Ichino
Dal Passo Fiocca, lungo la
parete sud della Penna di Sumbra, scende un torrente –secco
per buona parte dell’anno– il cui
letto è interamente scavato nel
marmo bianco. Dove la pendenza si fa più ripida, la caduta dell’acqua ha scavato delle vasche
circolari di molti metri di diametro, che costituiscono uno spettacolo naturale raro e di grande
bellezza: le cosiddette marmitte
dei giganti. La più bassa di queste è raggiungibile agevolmente
in dieci minuti a piedi dalla strada che scende dal Cipollaio verso Castelnuovo. Ma nessun segnale aiuta il turista a trovare il
punto in cui lasciare la strada.
Il punto giusto si trova a circa
3,6 chilometri dall’imbocco nord
della Galleria del Cipollaio, un
centinaio di metri prima di una
torretta dell’Enel che quest’estate recava una grande scritta in
rosso: “Sono con te”. Da qui (circa a quota 600 s.l.m.) si diparte
in discesa verso sinistra (per chi
scende dal Cipollaio o da Arni)
una stradina sterrata, che raggiunge in breve il greto del torrente –
la Turrite Secca– in corrispondenza con una cava dismessa. Una
grossa scala di ferro fissa consente di uscire dalla cava e proseguire verso l’alto camminando agevolmente sul marmo liscio che
costituisce il letto del torrente.
Poco sopra si può ammirare la
prima grande “marmitta”.
Per chi voglia proseguire, le
cose si fanno più difficili: dei segni gialli indicano il percorso, che
segue il letto del torrente spostandosi sulle sponde nei tratti in cui
Aprile 2001 - pag. 6
Quando le mucche erano savie
A proposito di mucca pazza:
non ho ancora capito il perché
gli allevatori usino mangimi e
farine animali per le loro bestie;
forse perché così hanno un utile maggiore di guadagno, oppure fanno meno fatica per accudirle?
Negli anni sessanta del secolo passato, abitavo alle polle di
Vaiana; mio figlio studiava e
mio marito si trovava in Belgio
a lavorare nelle miniere di carbone; la mia nonna Ména non
stava con me però veniva spesso a trovarmi, così un giorno le
dissi: “Vorrei mette su una vitellina e allevalla per rivendila, così guadagno qualche cosa;
se m’insegni come si fa, la compro”.
Lei rispose subito con entusiasmo: “Eò… proviemo”. Feci
aggiustare una stalletta con la
mangiatoia e un pomeriggio
partimmo a piedi io e la nonna,
per andare a visitare una grande stalla piena di vitellini a
Marina di Pietrasanta. Sul posto la nonna dimostrò subito la
sua competenza: conosceva le
razze, guardava, tastava e commentava: “Deve esse co’ l’ossatura grossa, così se le governiamo bene, mette su tanta ciccia”.
Ne scelse una bianca e nera
che mi recapitarono il giorno
dopo; intanto la nonna mi aveva mandato al mulino per comprare un chilo di farina di gra-
no, uno di farinetta, uno di tritello e uno di semola, cioè tutta
la sequenza del grano macinato. La vitellina era abituata solo
al latte e così la nonna incominciò a farle sentire la farina bianca diluita con un pò di acqua
tiepida; ci volle tempo, ma la
bestia apprezzò quei beveroni e
quelli seguenti con le altre farine.
Per abituarla all’erba e al
fieno glel’accostavamo alla
bocca, poi incominciai a lasciarla nei prati che avevamo
vicino alla casa, ma purtroppo
l’erba che vi cresceva era rada
e di qualità scadente perché
non venivano più quelli del letame come una volta. Perciò
con un paio di stivali, entravo
nei fossi e con la falce, tagliavo la “sberna”, una specie di
alga che cresce, sopra l’acqua
stagnante e che la vitella incominciò a mangiare avidamente. Tutto procedeva bene, ma
una mattina entrando nella
stalletta, mi accorsi che durante la notte la manzetta era cresciuta troppo; infatti capii subito che era gonfia come un
pallone. Oddio!
Quando venne la mia nonna
incominciai a lamentarmi “Voi
vede’ che more?” Lei mi faceva
coraggio: “Aspetta a disperatti; vederai che si trova il rimedio; intanto vammi a piglia’ la
canna dal vino”. Andai a prendere la canna che era di gom-
ma e lunga circa due metri, convinta che con quella volesse farle un clistere, invece con delicatezza glie la introdusse in
bocca; spingeva piano piano e
mi spiegava: “Ci vorà del tempo perché c’è da trovà il punto
giusto”. Non dimenticherò mai
quei momenti: ad un tratto sentii come un leggero sibilo e la
pancia della bestia si afflosciò
come fa una palla quando si
buca e tornò di dimensioni normali.
Sortilegio o magia nera?
Niente di tutto questo: la nonna aveva semplicemente premuto con la canna un punto nel
corpo della manzetta facendo
così uscire l’aria che l’aveva
fatta gonfiare. In seguito andò
tutto bene e venne il momento
di vendere la bestia diventata
grande e robusta. Poi ne comprai altre, però il guadagno era
poco e la fatica tanta, così abbandonai l’impresa anche perché nel frattempo la mia nonna
era venuta a mancare.
Certo il mio fu un caso limite; è impensabile che oggi gli
allevatori usino i metodi di una
volta, però la natura ha le sue
leggi: fisse, ataviche, collaudate
nel tempo; si possono modificare un po’, ma non sovvertire del
tutto, altrimenti succede quello
che accade oggi con la mucca
pazza: la natura, appunto, si
ribella.
Leda Quintavalle Falasca
IL PALLONE A SPIGOLI DI COIO
A volte basta un gesto o una
figura a mettere in moto la macchina dei ricordi. Giorni fa a Seravezza, e precisamente al palazzo Mediceo, il di della “festa” al
dottor Carnicelli per il lavoro
svolto nell’ambito del territorio
comunale in tanti anni, ero lì con
le bande di Azzano e Riomagno,
riunite per l’occasione. Tanto che
si aspettava di suonare, nel campo sportivo lì davanti dei ragazzi giocavano una partita di pallone. Dattidichè, su un tiro alto,
un giocatore salta per dà di testa, ma sbilanciato finisce per
terra (si pe’ tera che lì l’erba
un’esiste proprio).
In quel momento m’è parso di
rivede’ il nostro stradone, campo di tante partite, sasso più sasso meno. Piansi tanto quela volta che, quando il mi’ cugino ripartì, mi lasciò il pallone. Era
vensuto in Italia con su’ pa’ e su’
ma’ e, quando ci veniino a trova’, un’aveino mai le mane vote,
qualco’ portaino sempre, ma
quela volta il pallone ’un d’era
pe’ me. Visto però com’erino ite
le cose, per fammi smette di raglià, melo lasciarono e così, feci
presto a smette: faceo di que salti
di gioia, mi par di rivedemmi.
Era un pallone di coio, n° 5,
di queli da dagli la sciugna,
completo di stringa e camera
NOZZE D’ORO
Gli amici carissimi Luigi Jenco e Maria Teresa Luciotti hanno festeggiato il 50° anniversario delle nozze avvenute nel
1951 nel duomo di S. Lorenzo
in Seravezza. Ce l’ha ricordato
la sorella Magda con i figli Gabriella, Antonio ed Angelica. A
Gigi, sostenitore e Magnifico di
Versilia Oggi, alla sua impareggiabile consorte ed alle loro figlie Anna Camilla ed Elena,
mariti e nipoti, l’augurio più affettuoso del nostro direttore. Ad
multos annos!
d’aria. Essì i palloni al mì tempo erino così, i più grandicelli
lo ricorderanno. Anco le squadre n’aveino uno, mìa come ora
che da tanti che ce n’hanno c’intrampolino!
Pe’ gonfiallo c’era d’anda’ in
Pozzi dal ciclista, sì quello che
il Becchino gli fece anco una
canzone; e ora un mi ricordo
come si chiamava, ma avete capito. Lù aveva la valvola e la
pompa, si gonfiava come a gonfia’ una bicicletta eppò un’era
mai gonfio ammo’. Ma questo
contava pogo.
Quello che c’è di bello in questa storia è che, essendo ancora
cicco, quando volevo giocacci
e portavo fora il pallone, arivaino que’ bighelloni più grandi e
ci giocavino loro. Magari mi
daino du figurini, quel che è
vero è vero ero pe’ gli affari:
Quella mattina ariva il mi’
amico e mi fà:
– Oh Antò, lo pigli il pallone
che si gioca io e te è?
– No! E giù un moccolo, perché almeno quelli li sapeo.
– Perché? Che t’ho fatto!
– Te nulla! Ma come lo porto
fori ci giochino que’ pecoroni
più grandi e noi lische!
– Mah, ma unno vedi che siemo soli!
– Allora sta a vede’ e doppo
dì se un’aveo ragione.
Un’erino anco passati dieci
menuti ed aveimo datto si e no
du’ calci quando i bighelloni
comincionno arrunassi, parea
avessero sonato il tam, tam.
– Antò, ce la fai fa’ una partita che è la rivincita di glieri. E
dai no, tu e lù fate i segnalinee.
Eppo’ toh, vi si regala du’ palline di tera cotta a testa.
– Che t’aveo ditto, testa piena di ballotti e ora?
– Antò, Antò, ariva anco il tu
fratello Tito.
– Ei ora su’ungnelo dò mi bacola, così siemo a posto: s’è bel-
le e rigiocato noi.
Po’ a che servivino i segnalinee nelo stradone? Di spalle
c’eno i monti, a destra il muro
di Ferruccio, a sinistra il muro
del Marina’, a monte il muro col
cancello usato come porta, e
lato mare la rete dell’oliveto del
prete. Ma quale linee c’era da
segna’? Ci s’arrampicava sul
muro, Imolona permettendo,
perché se lé era ala finestra e ci
vedea ce lo dava il cacao! Avea
paura che cascassimo di sotto,
infatti uno di noi un giorno prese una pallonata nel muso e casco’. Un si fece nulla, ma il giorno dopo vense co’ du’ occhi neri
che parea l’omo mascherato.
Il bello di quele partite lí era
che il pallone colla stringa andava bene fino che coppiedi,
magari scalzi, un lo coglievi in
pieno oppure quando davi di testa.
Dal fondo rimetteva in gioco
chi avea le scarpe e le più volte
volava anco la scarpa. Così
quando il pallone veniva colpito
con la testa proprio su la stringa,
i giocatori parea si svenissero, gli
occhi gli giravino sottosopra
come le tre cerage girino nel batamme, eppo’ gli rimanea la
stampa dela stringa fino a sera.
E quando invece pigliavino la
stringa coppiedi scalzi, andaino
a zoppagalletto pe’ lo stradone.
Così, fra stincate e botte per tera,
scappucciate, moccoli e altro
vocabolario vario, a fine partita
erino tutti sgrugnati. Ma a loro li
gli facea dichè, aveino visto la
guera nel muso.
Finivino di gioca’ a buio e il
pallone bastava me lo riportassi a casa. Quele partite lie ’un si
vedino gnanco ala televisione
quando gioca la nazionale, volete mette. Ma un giorno il pallone si scugì e issoldi pe’ portallo dal calzolaio l’aveimo lí, e
così finì il divertimento di tutti.
Antonio Bandelloni
1844. LA PRIMA FILARMONICA
IL PRIMATO DI SERAVEZZA
Fino allo scorso anno 2000,
sembrava che la più antica Banda musicale fosse quella di Farnocchia, nata 150 anni prima.
Da qualche anno, l’attuale
Presidente della Premiata Filarmonica dei Costanti Enzo Silvestri era intento alla ricerca di
dati certi sull’anno di fondazione della Società musicale che
presiede.
Frugando in diversi archivi
e ricevendo qualche informazione da privati in possesso di
vecchie carte, è riuscito a raccogliere alcuni documenti di
grande interesse, il più antico
ed importante dei quali comprova inequivocabilmente che
la Società filarmonica seravezzese era già costituita il 2 giugno 1844.
Ciò dimostra che la data di
fondazione può farsi risalire a
quella data. Anche se mancano,
per ora, dati anteriori al 1844 è
comunque assai presumibile
che la Società sia stata costituita in anni precedenti.
Da quanto detto, perciò, il
Corpo musicale seravezzese
può fin d’ora vantarsi di essere
il più antico fra quelli versiliesi, celebrando, nel 2001, il suo
157º anniversario.
Il presidente Silvestri prosegue le sue ricerche per arricchire la documentazione in suo
possesso e rintracciare, se possibile, notizie ancor più antiche.
La data 2 giugno 1844 è stampata in una lettera-opuscolo,
edita come supplemento al periodico parrocchiale “Giovine
Ape” dalla Tipografia Fratelli
Frediani di Massa il 6 giugno
1844 in occasione delle “Solennità Eucaristiche”.
La lettera-opuscolo era stata
redatta dal proposto dell’epoca
don Alessandro Vincenti e dedicata «Al presidente della Società Filarmonica, l’eccellentissimo signor dottor Angelo Vannucci» poiché conteneva una
lunga serie di elogi all’arte musicale e delicati, dotti giudizi
sulla musica, come voce ed
espressione dello spirito divino.
Narciso Lega
RINGRAZIAMENTO
Egregio direttore,
siamo la famiglia di Giovanni Gherardi di Cuneo e la vogliamo ringraziare di aver ricordato il babbo sul giornale “Versilia Oggi” a lui ed a noi molto
caro.
Lo leggiamo sempre con piacere, per noi è un filo conduttore con la Versilia, che ci fa sentire meno lontani.
Grazie e cordiali saluti.
Famiglia Gherardi
L’ultima
lettera
di Franco
Carissimo amico Giò,
il viso come la donna amata, e
Non immaginavo di diverti
mandare i miei auguri dal Tabarracci. Sono ricoverato qui per
una brutta edema polmonare, ma
sono in via di guarigione, e spero per Natale di essere a casa. Poi
una leggera ischemia alla mano
mi fa scrivere così orrendamente. Quale differenza fra questi
lindi lettini e le cuccette dell’“Espresso” e della “Emma”.
Là, si sentiva il colpo di mare
contro il moscone, il sibilo del
vento, l’odore, profumo, di quello che veniva su dal gavone, lo
scazzaburlo che veniva a baciarti
l’odore della salsedine. Insomma Giò, c’era una cosa che ora
non c’è più: ‘la gioventù’. Ero
un giovanotto di 20 anni, matricola 86795, che dal 1940 in poi
combatté con onore per la Patria,
diventò un’eroe anche se sconosciuto, ma pur sempre un’eroe.
Allora Giò io adesso sono da
ripone. Tanti affettuosi auguri
alla tua signora, a tutta la tua famiglia sparsa per l’Italia ed auguri ai numerosi libri da te scritti.
A te con amicizia.
Franco Polacci
UN
ESEMPIO Da
DIlei VITA
ho imparato tanto, laÈ con grande tristezza che mi
accingo a ricordare la cara Roberta Alessandrini, figlia di Garibaldo e sorella di Silvano. È
deceduta lasciando nel dolore la
figlia Luciana, i nipoti Maurizio e Alberto con le rispettive
mogli e i pronipoti Martina e
Filippo, nonché tante persone
amiche che, come me, la portano nel cuore.
Era una persona eccezionale.
Per lei l’amicizia era sacra, in
casa sua tutti i giorni c’erano
tante amiche che lei adorava e
con cui le piaceva stare in compagnia. Voleva parlare di tutti i
ricordi del passato e di suo fratello Silvano. Le piaceva la poesia, l’arte, la cultura ed anche
la buona cucina.
vorava bene con i ferri, con
l’uncinetto, ricamava, non poteva stare senza fare niente.
Conserverò gelosamente un fazzolettino che mi regalò un paio
di anni fa con tutto in giro un
pizzino fatto con l’uncinetto con
filo molto fine. Nel 1988 perse
improvvisamente il suo caro
sposo Renato Celi, ma non volle mai andare ad abitare con la
figlia a Treviglio.
Preferiva stare qui nella sua
villetta in mezzo al verde di via
Federigi dove ha concluso la sua
vita. Amava questo nostro giornale e l’aspettava con ansia tanto che io le avevo rinnovato l’abbonamento. Mi manca tanto.
Maria Giovanna Aliboni
Aprile 2001 - pag. 7
È UN TARABELLA DA AZZANO
RIFLESSIONI DAVANTI A PROMESSE CAMPATE PER ARIA
Sindaco in Belgio
MEGLIO UN UOVO OGGI CHE UNA GALLINA DOMANI
Già nel 1994, Marc Tarabella,
nato a Ougrée (Belgio) l’11 marzo 1963, e figlio di Bruno Tarabella, nato ad Azzano (Seravezza),
era uno dei più giovani sindaci del
Belgio. La sua lista aveva ottenuto sette dei tredici seggi del consiglio dopo i precedenti 18 anni passati tra i banchi della minoranza.
Sei anni dopo, guidando la sua
lista di socialisti e di cristiani di
sinistra, Marc ha realizzato la più
forte percentuale ottenibile in un
paese come il Belgio ottenendo
64,3 % dei voti (+ 19 rispetto al
successo ottenuto sei anni prima).
Adesso il suo gruppo ha dieci dei
tredici seggi. Tarabella con i suoi
1255 voti su 2648, ha ottenuto il
47,3 % dei voti personali realizzando così il terzo risultato assoluto. Il suo gruppo è composto da
cinque donne e cinque uomini e
la giunta è una delle più giovani
del Belgio con 37 anni di età media. Versilia Oggi gli esprime i
complimenti più affettuosi.
Caro direttore,
si rivà a rivotare. Dicono che
si cambierà tutto. Io non ci credo. Dicono anche che leveranno
le tasse e così chi ci rimetterà saremo noi poveri pensionati. Da
dove prenderanno i soldi se diminuiranno le entrate? Ognuno
tira l’acqua al suo mulino e la propaganda farà il suo gioco. Per
quanto riguarda la Versilia la cosa
migliore sarebbe quella di fare un
Comune unico. Sarà il modo
miglioreper risparmiare dei miliardi buttati al vento. Saluti tutti
gli amici di Pruno e Volegno.
Cesare Baldi
Caro Baldi, così mi dai l’occasione di parlare ancora una volta
di politica e ne ho poca voglia. Lo
schifo mi ha ormai avvolto quasi
completamente. Sono anni che
UN LIBRO DI GIORGIO MAGRI
ANCHE NELLA MUSICA SIAMO A ZERO
Tra i compositori, sei grandi versiliesi nell’ultimo secolo.
La musica e i musicisti della Versilia. E’ il titolo dell’ultimo libro di
Giorgio Magri che le edizioni del
Dialogo hanno recentemente messo
in libreria. L’autore si domanda subito: ha la Versilia una propria storia
della musica? E risponde: assolutamente si, anche se dalle considerazioni fatte dagli abitanti potrebbe sembrare di no, al punto che ho ritenuto
opportuno questo studio che, dopo
aver illustrato la situazione musicale
così come si presentava nell’Ottocento e nel secolo scorso, si limita ad esaminare la situazione dei compositori
che hanno visto la luce in Versilia.
Magri ne cita sei, analizzandone la qualità con l’aiuto anche di
diversi esempi musicali. Un lavoro per molti versi sorprendente,
che vuol restituire una perduta dignità ad un’arte straordinaria che
ha contribuito, e non poco, ad arricchire la civiltà versiliese. Facciamo subito questi nomi: Cesare
Galeotti (di cui il Magri ha parlato
anche nell’ultimo numero di Versilia Oggi, proponendo l’intitolazione a suo nome del teatro comunale di Pietrasanta o in via subordinata l’apposizione di una lapide
sull’esterno del teatro stesso), Stefano Bottari, Enzo Ceragioli ed i
Cipriani, Roberto e Silverio.
Cronologicamente il primo maestro compositore fu Roberto, nato a
Farnocchia il 20 giugno 1826, vissuto fino a 85 anni. Sua una composizione sorprendente: l’opera lirica
intitolata “A, B, C”, uno splendilo
lavoro che fa stupire per essere stato
pensato e realizzato in un piccolo paese sperduto (allora ben più di quanto
lo sia oggi) fra i monti apuani. Silverio, suo nipote, nacque anch’esso
a Farnocchia nel 1863 e morì a Venezia a 84 anni, prete salesiano. Stefano Bottari nacque a Pietrasanta nel
1865 e il suo nome è ancor oggi ricordato (da pochissimi, sia ben chiaro!) per uno Stabat Mater composto
per coro e complesso bandistico.
Morì alla Spezia a 77 anni.
Nella stessa Pietrasanta nacque
anche quello che Magri definisce il
più gran musicista che la Versilia abbia avuto: Cesare Galeotti. Era il 6
giugno 1870. Ancor giovane si spostò a Roma e poco dopo a Parigi, dove
si consolidò gran pianista e compositore, si creò una famiglia e un suo
modo musicale, ma non rinnegò mai
la propria terra natale. Ebbe fama internazionale soprattutto come autore: la sua opera teatrale “Anton” fu
rappresentata alla Scala nel febbraio
1900, diretta da Arturo Toscanini e
l’altra sua creazione, “La Dorise”, trovò al teatro de La Mannaie di Bru-
xelles un successo ancor maggiore.
Commenta il Magri: “non è che la
Versilia abbia fatto molto per ricordarsi di questo figlio prestigioso”.
Un altro maestro di gran prestigio, anch’egli poco ricordato dai suoi
conterranei, è stato Enzo Ceragioli,
nato a Seravezza l’11 ottobre 1908.
Divenne famoso nel campo della
musica leggera, soprattutto attraverso alcune belle canzoni che hanno
fatto conoscere il suo nome in ogni
angolo d’Italia. I versiliesi dovrebbero fargli un monumento solo per
avere composto una canzone colma
di struggente malinconia per la sua
terra natale, intitolata “Nostalgia del
mio paese”. Magri aggiunge però
che del Ceragioli devono essere ricordati almeno tre lavori importanti, composti fra il 1972 e il ’73: “Cirra”, ”La danzatrice di Chio” e “Balletti sui segni zodiacali”, un inno quest’ultimo alla Versilia. Ma chi le sa
queste cose, amici lettori?
A quelli finora citati va aggiunto il
nome di Giorgio Magri, musicista e
compositore, nato a Pietrasanta nel
1927, un mese dopo il direttore di Versilia Oggi. Il maestro Borlenghi ha
scritto di lui che “Memoria di un eccidio”, dedicato a S. Anna di Stazzema, rappresenta un capolavoro , che
la sua opera teatrale “La resa” è ricca
di teatralità, è musica vitale in cui gli
strumenti e le voci sono trattate con
grande perizia e che il “Concerto per
pianoforte” è stato un’opera riuscitissima. Magri ha composto più di
sessanta lavori musicali ed ha pubblicato una decina di libri in materia.
Alcune musiche di Giorgio hanno
goduto di una certa risonanza, tant’è
vero che un suo brano per pianoforte
ed orchestra, “Impressioni al Central
Park”, vinse un noto concorso internazionale e che “Primavera a New
York” ha varcato l’Atlantico approdando a Manhattan.
Giorgio Magri conclude il suo libro sostenendo che la Versilia non è
una terra nella quale la Musica sia
tenuta in molta considerazione. Lo
prova non soltanto il fatto non ricordare i suoi compositori, ma anche la
pressoché assoluta di una vita musicale artisticamente valida. Assenza
che indica chiaramente l’indifferenza della popolazione verso questa
forma d’arte. Ma la Versilia è in ogni
modo terra di musicisti com’è provato dai maestri che hanno formato
oggetto del libro di cui abbiamo parlato. Non è possibile smentire quanto
sostiene questo grande esperto in
materia. Forse tutto è dipeso dalla
scuola, pressoché assente nel settore nel settore musicale. Certo molto
dipende dalla mancanza di teatri ade-
guati. Dall’unità d’Italia, passando
per il fascismo, ad oggi i politici hanno ignorato completamente le grandi possibilità che alla Versilia sono
state offerte in passato. Basterebbe
citare Puccini e la non realizzazione
del Puccinianum da almeno cinquant’anni promesso alla gente che
fa turismo. Ci si è messo recentemente anche il sindaco di Pietrasanta assicurando che verrà realizzato
in via Olmi il progetto Portoghesi.
Noi l’abbiamo preso sul serio, ma
non abbiamo avuto nessun riscontro ed ecco perché abbiamo la netta
sensazione che si tratti di un’ennesima bufala. Ha ragione Magri: la
Versilia non è terra dove la Musica
sia presa in seria considerazione.
Giorgio Giannelli
ABBONAMENTI
In attesa
dell’Almanacco
Molti lettori ed amici sono in
attesa dell’Almanacco Versiliese
che ritarda per motivi del tutto indipendenti dalla nostra volontà.
Speriamo nel prossimo numero di
poter finalmente annunciare che
il primo volume della serie è giunto in libreria. È stata una fatica
immensa, superiore certamente
alle forze di cui disponiamo.
Intanto continuano a pervenire anche gli abbonamenti raddoppiatori-sostenitori. Questo
mese ringraziamo Mirella Baroncelli, Enrico Morin, Mirella
Sprovieri, Angelo Maiorino Adducchio, Benito Berti, Giorgio
Cherubini, Giovanni Raffo,
Laura Buti, Teresa Giannaccini, Mauro Bramanti, Rosanna
Pellizzari, Umberto Schouten,
Giuliana Quarisa Magistrelli,
Guglielmina Bigini, Doria Romei, Riccardo Maria Cavirani.
Sono i nominativi di coloro che
dall’inizio dell’anno ci mandano
una somma superiore a quanto richiesto, e che capiscono che solo così
si può assicurare lunga vita a questo nostro piccolo giornale. Spesso
anche noi ci domandiamo come abbiamo fatto a resistere così, battendo ogni primato, almeno nella storia del giornalismo versiliese che
pure ebbe, fin dai tempi degli Anselmo Bigongiari e Luigi Salvatori,
degli antenati importanti.
In un’epoca in cui i valori sono
messidaparte,noic’èl’abbiamofatta. Da noi interrogato un giovane illustre collega, Aronne Angelici ha
così spiegato il perché: “Semplice –ci
harisposto–ilfattoècheVersiliaOggi
è l’unico giornale alternativo”. Sarà.
non vado più a votare. Poi leggo
quanto scrivono Lorenzo Marcuccetti e Giorgio Salvatori in prima
pagina, poi sento quello che dice
Indro Montanelli. E allora riandrò a votare anch’io, tappandomi
il naso dalla puzza che sento. Del
resto lo stesso Montanelli così faceva quando era costretto a votare per la Democrazia cristiana.
Come ho spesso annotato nei mesi
precedenti ho l’impressione che,
dopo Tangentopoli, ci sia stata una
forte ripresa dei “soliti ignoti”, più
forti ed arroganti di prima. Chi mi
conosce sa che non sono mai stato tenero con le sinistre, anzi sono
sempre stato anticomunista, così
come del resto la mia bandiera è
tuttora quella della netta avversione al fascismo e non solo quello
in camicia nera..
La nostra Versilia è sempre stata governata dalle sinistre o giù di
lì.La Toscana è un feudo socialcomunista. Questo è un dato di
fatto dal quale partire. Io stesso
sono stato vittima di discriminazioni costanti se non d’autentiche
mascalzonate. Ho pagato cara la
mia indipendenza e la mia ribellione a qualsiasi forma di prevaricazione. Debbo dire però che ho
potuto scrivere da 35 anni a questa parte tutto ciò che ho voluto,
senza peli sulla lingua, al punto
che sono stato definito un Bastian
contrario ed il mio amico Angiolino Silicani mi dà addirittura, e
su questo stesso mio giornale, della Pecora nera. Osservo anche che
la mia è stata una scelta di campo
in piena libertà e che, se qualche
persecuzione ho ricevuto, mai nessuno si è permesso di pretendere
di chiudermi la bocca. E ci sono
tanti modi per tappare la bocca a
qualcuno e non solo fisicamente.
Questo per dire che, nonostante
tutto, questo “regime” ci ha per
lo meno permesso di vivere in libertà. E ti par poco, abituati come
s’era in passato a subire qualsiasi forma di prepotenza?
Noi siamo stati comunque e siamo in un regime, osservati, ma finora liberi di esprimerci come abbiamo voluto. Sarà poco, sarà tanto, a me pare sufficiente almeno per
sopravvivere. Adesso vengono fuori
quelli del cosiddetto Polo della libertà, appunto. Se non sbaglio però
qualcuno che oltre mezzo secolo fa
non era tanto amante della libertà
si trova proprio accanto, al fianco,
o sopra o sotto, o di traverso, a chi
sbandiera ai quattro venti questa
fatidica parola. Ho scritto qualche
libro sul periodo storico attraversato dalla Versilia dal 1919 al 1945
per dire che qualcosa di poco simpatico è avvenuto nel cosiddetto
ventennio. Non la starò a far troppo lunga. A buon intenditore poche parole.
Se le carte sono quaranta, ho
l’impressione che il 13 maggio ci
troveremo davanti ad una svolta
epocale. Si chiude la Repubblica
fondata sul lavoro, ossia la Prima
Repubblica, ed allora io che a
questo punto mi sento un conservatore ed ho paura dei salti nel
buio e, come te, delle roboanti promesse di radicali mutamenti, mi
attacco a quel poco di libertà che
ci siamo conquistati e dico NO ai
sostanziali quanto incredibili mutamenti. Tanto più che sono arciconvinto che le cose rimarranno
quelle di prima, o di sempre che si
voglia dire. L’Italia è la patria del
Gattopardo. Per cui non saranno
certamente i nuovi-vecchi arrivati che ridurranno i poteri forti, che
aboliranno l’inutile Senato, che ridurranno il numero dei parlamen-
tari, che renderanno la politica accessibile a tutti. Lo stesso sistema
elettorale è una gabbia nella quale siamo cascati e, chi vincerà con
questo sistema, non avrà certo
nessun interesse a cambiarlo. Ed
io invece lo voglio cambiare.
Per conservare quel poco di
benessere che ci siamo conquistati, come ho già scritto il mese scorso, preferisco non cadere dalla
padella alla brace. Mi dirai: ma
allora vuoi rimanere nella padella, con l’olio bollente che ti brucia la pelle? Rispondo. sempre
meglio la padella della brace, perché nel fuoco si brucia per sempre. Nella padella c’è sempre la
speranza di saltare di fuori, a forza di agitarci. E noi sono cinquantanni che ci agitiamo. Ho passato
il tempo dei sogni e mi trovo davanti la realtà che abbiamo voluto: la fine del fascismo, la fine del
comunismo. E mi sembra che,
contrariamente alle parole dell’ultima canzone di Gaber, qualcosa
la nostra generazione, sia pure
favorita dal contesto internazionale, è riuscita a fare. Non siamo
del tutto falliti, perché i risultati
sono davanti ai nostri occhi: fine
delle dittature almeno in Europa
e benessere generalizzato. Ecco
perché, oggi, mi sento un conservatore. Qualcuno vorrebbe la fine
anche del capitalismo. Diamo il
tempo al tempo, ma non corriamo verso l’autodistruzione.
Accenni alla diminuzione delle
tasse e tocchi un tasto serio: se
diminuiranno le entrate –scrivicome faranno a pagare le pensioni alla povera gente? Hai centrato l’argomento: meglio un uovo
oggi che una gallina domani. Noi
in Versilia abbiamo la tassa sull’aria, cioè a dire la bolletta del
Consorzio della cosiddetta bonifica. Insieme all’ingegner Luigi
Pellizzari ho chiamato in causa lo
stesso Consorzio e mi sono rivolto alla Magistratura. Sono anni,
non ricordo neppure quanti, che
aspettiamo la prima udienza. I rinvii avvengono di sei mesi in sei
mesi. E’ stato nominato un perito
super partes e questo perito manda a dire che è sempre stato nell’impossibilità di presentare la
perizia. E nessuno del Tribunale
ha mai pensato di sostituirlo. E si
tratta di una causa sociale, formulata cioè nel pubblico interesse. Te
lo immagini come funziona il resto della Giustizia in Italia? E tu
pensi davvero che il nuovo “ghe
pens mì” abbia qualche interesse
a far funzionare la Giustizia come
dovrebbe?
Ora siamo nelle mai dei nostri
compatrioti. La storia la conoscono. Se voteranno perché tutto cambi
nel senso che tutto rimanga come
prima, noi per venti anni (io, per
esempio non ci sarò più) avremo
gli stessi nuovi-vecchi padroni davanti. Non facciamoci illusioni: anche nel 1922 qualcuno affermò che
il fascismo sarebbe durato lo spazio di un mattino. Poi ci sono volute tre guerre ed una sonora sconfitta per togliercelo di dosso in modo
tragico. Ho la sensazione che ci avviamo ad un nuovo ventennio. Se
gli italiani non si danno una regolata il 13 maggio, per vent’anni
avremo davanti gli stessi vecchi
uomini (anche se si spacciano per
nuovi) che faranno i loro comodi
come hanno sempre fatto. Ed allora, di fronte a questo pericolo reale, mi fermo e rifletto: meglio un
uovo oggi che una gallina domani,
meglio restare nella padella che
cadere nella brace. I vecchi proverbi potrebbero aver ragione!
Aprile 2001 - pag. 8
ADESSO I CINESI CI BATTONO ANCHE NEL SETTORE MARMO
BANCA della VERSILIA
e della LUNIGIANA
nfor ma
DUE CLAVATTE UNA LILLA…
to al clientela internazionale con mag-
Riportiamo dalla rivista
“Marmo macchine”:
Il vecchio Lin arrivò in Italia poco
dopo l’ultima guerra mondiale, vendeva le “clavatte” che esibiva ai passanti nella valigetta portata a tracolla e tirava a campare. Il padre di Lin,
nato e cresciuto vicino a Via Canonica, Chinatown di Milano, dopo le
medie e le serali d’apprendistato artigianale cominciò a produrre e vendere “bolse” e “cintule” in un piccolo retrobottega. L’ultimo dei Lin si è
laureato alla Statale, ha fatto un corso di perfezionamento linguistico a
Pechino e si è messo in commercio,
comprando e vendendo qualsiasi
cosa, anche “malmi e glaniti glezzi
e lavolati” al mercato internazionale, così mi aveva detto suo padre.
L’ho incontrato lo scorso mese di
agosto all’aeroporto, in partenza per
la Germania, col computerino aperto sulle ginocchia. Non lo vedevo
da anni: gli ho domandato della famiglia, poi dove stesse andando.
– A Berlino e subito dopo in
Canada, a Montreal.
– Di che cosa ti occupi precisamente?
– Adesso soltanto di importexport di marmi e graniti in blocchi e lavorati: conosco bene il
mercato e penso che per un po’
di tempo non avrò proprio ragione di cambiare, poi si vedrà.
– Vendi di più in Italia o all’estero? In Europa, in America, o in altri Paesi?
– Dappertutto. Certo in Italia e in Cina mi è più facile perché conosco perfettamente entrambe le lingue, ma anche nel
resto d’Europa e in Sud America me la cavo abbastanza bene.
– Ho sentito dire che in Germania voi cinesi avete raccolto grossi
ordinativi di grandi lavorati, facendo dei prezzi veramente stracciati…
– Non è proprio così.
– Com’è, allora?
– Grazie anche agli italiani!
– Come sarebbe a dire?
– Sono stati i produttori italiani
quelli che hanno creato il mercato e
che in seguito ce lo hanno regalato.
– Spiegati meglio.
– A me, cinese nato a Milano,
spiace dirlo ma è così. Gli italiani
avevano in mano tutto il mercato e
I GEMELLINI
Eccoli lì nella doppia carrozzina, una specie di trenino,
Gianluca e Gianmarco, i gemellini di Flavio Tessa e Sabrina
Dini. Benvenuti nella famiglia
di Versilia Oggi che ha vissuto
al tempo del nonno Ivo, lunghi
momenti sereni. Auguri a tutti,
a cominciare dal fratellino Pierlorenzo e dai nonni Loretta, Enrica e Piero.
lo hanno perso per vari motivi: non
hanno saputo conservarsi la clientela, forse non hanno curato i rapporti d’affari come avrebbero dovuto, e più recentemente non hanno
colto la domanda di lavorati a prezzi contenuti, di conseguenza i tedeschi hanno comperato il materiale
prima in Grecia, Turchia, Spagna,
Portogallo e persino nella ex Jugoslavia, poi in Cina, dove c’era al
prezzo che stava loro bene. Tutto qui.
Chiunque venda attualmente in
Germania, sa che deve ringraziare
gli italiani, È la verità.
– Ne sei sicuro? O è il solito
discorso di chi vende o svende
a qualsiasi costo, talvolta addirittura rimettendoci pur di battere la concorrenza?
– Assolutamente no, perché se
così fosse, per esempio, la vendita
dei 70.000 metri quadrati di granito in posa all’aeroporto di Düsseldorf sarebbe un fatto eccezionale.
– Invece?
– Invece no. I prezzi dei materiali
cinesi sono inferiori a quelli europei, questo è vero, ma non si vendono soltanto per questo: si deve riconoscere che gli esportatori cinesi si
muovono più di qualsiasi altro operatore, fanno pressing sul mercato,
portano i loro campioni, portano i
loro campioni e i prezzi negli studi
di architettura delle grandi città
come dei piccoli centri, non stanno
a perdersi su listini talvolta incomprensibili e litigare sui nomi dei materiali, accettano ogni competizione e così riescono a vendere quei
70.000 metri quadrati di G 603 a
Düsseldorf come i 1.000 a Berlino,
senza perdere occasioni. Per noi cinesi ogni ordine è importante, e ciascun granito è denominato con una
semplice G e un numero, non ci sono
esclusive se non di fatto: quale italiano venderebbe un marmo chiamandolo M più un numero?
– Hai detto che siete pronti a
vendere senza badare alla quantità. Può darsi ma… e la qualità?
– Conta, conta. Ma conta anche
la disponibilità. Ogni ordine è importante. in questo computer portatile ho memorizzato l’offerta di varie partite mediamente considerevoli, ma anche quelle inferiori a 1.000
metri quadrati, delle quali posso organizzare sia la spedizione dalla
Cina a qualsiasi porto italiano come
ad Amburgo via mare, sia la consegna senza alcun problema. Questo
è possibile ma più difficile quando
si trattano materiali grezzi o lavorati
tra mercati europei.
– Ho capito, questione agilità
operativa. Ma come avete fatto
a entrare così velocemente nel
nostro mercato internazionale?
– Noi cinesi abbiamo prima di tutto visitato, poi corteggiato e acquisi-
gior propensione all’acquisto, quella
delle industrie italiane. Ora stiamo incontrando, conoscendo e conquistando anche gli stessi clienti italiani nelle loro fiere specializzate e in quelle
dove si presentano all’estero. Lo scorso anno al Cina ha esportato vari milioni di tonnellate di pietre naturali, il
cui valore è aumentato di circa un terzo negli ultimi cinque anni… Non è
stato facile. Ultimamente siamo stati
anche ostacolati…
– Infatti, la vostra aggressività commerciale ha indotto non poche proteste in Spagna e soprattutto in Portogallo, dove mi pare ci siano state anche delle aggressioni nei confronti di
alcuni autotrasportatori di materiali lavorati importati dalla Cina.
– Questi sono eccessi che non
servono a niente. Noi stiamo nel
mercato come ci stanno i portoghesi, i greci e gli italiani, per
competere e guadagnare. E il
mercato sceglie in funzione delle
sue necessità, affare per affare.
– Già, ma mi risulta che proprio in conseguenza di questi eccessi sia stata avviata un’iniziativa antidumping a Bruxelles…
– La Comunità Europea è fondata sulla libertà d’impresa nel libero
mercato: non saranno certo i blocchi stradali a fermare la concorrenza. Io compro materiali in Cina come
in Italia e li vendo al mercato che
acquista per pura convenienza. Oggi
l’approvvigionamento di certi marmi italiani è ancora abbastanza vantaggioso, quindi si può fare; quando
non lo sarà più, i compratori si rivolgeranno ad altre fonti, non importa se dentro o fuori la Comunità
Europea. Quello che attrae è il profitto, e il mercato va c’è dove c’è
profitto. Business is business. L’ho
appreso proprio qui, dove sono nato
e cresciuto, nella cosiddetta capitale
economica d’Italia.
Il quadro automatico delle partenze scala le linee degli orari
d’imbarco. C’è chi recupera il bagaglio a mano e chi conclude frettolosamente la conversazione al telefonino. Lin chiude il computer.
Chiamano il volo per Berlino.
– Bene, ci rivediamo alla Fiera di Verona?
– Si, credo proprio che non
mancherò. Gli operatori cinesi
saranno tanti…
– Più che a Carrara?
Pulisce le lenti e ride, non risponde.
Partito. Al giovane Lin, figlio di
Lin e nipote di Lin, sono bastati pochi minuti per riassumere ciò che è
stato fatto ultimamente dagli esportatori cinesi e che si sarebbe dovuto fare da parte italiana nell’ultimo mezzo secolo.
Angelo Marabelli
in
Come proteggere gli investimenti
dagli storni dei mercati azionari
Le borse europee sono scese molto negli ultimi mesi a
causa del rallentamento dell’economia americana che ha
diffuso tra gli investitori un
pesante pessimismo.
Proprio i dati sull’economia
Usa sono di difficile interpretazione, per alcuni analisti siamo di fronte a una dura recessione, per altri è solo un rallentamento congiunturale fisiologico dopo un decennio di
crescita economica.
Allo stadio attuale gli scenari possibili sono ancora due
e bisognerà attendere ulteriori dati economici per capire la
portata della crisi economica
americana.
Se effettivamente il rallentamento dell’economia americana prenderà i connotati di una
recessione la banca centrale
americana (Fed) dovrà ridurre i tassi di oltre 100 punti base
portandoli sotto il 4 per cento,
naturalmente ci vorranno minimo 6-8 mesi perché i benefici effetti della politica monetaria di taglio dei tassi si facciano sentire sull’economia.
Sicuramente per i mercati
sarebbe meglio un rallentamento dell’economia soft, in
questo caso la banca centrale
americana opterebbe per un
Toto Ministri
In vista di ogni elezione
politica, riprende in Italia il
gioco del totoministri: un
gioco senza dubbio appassionante, per mezzo del quale
ogni partito si batte per ottenere nel nuovo governo il
maggior numero di ministri.
Si tratta però di un numero
di amministratori –nel nostro
caso i ministri– che non può
essere mutato a piacimento
ma che deve essere fissato
secondo un organico razionale e stabile.
E tale è quel numero che
corrisponde alle principali
funzioni che lo Stato è chiamato ad esercitare, come la
gestione degli affari interni, i
rapporti con l’estero, le finanze, la difesa, e le comunicazioni.
Un discorso simile potrebbe essere fatto anche a proposito dei sottosegretari, il
cui numero va limitato allo
taglio dei tassi di circa l’1 per
cento con una possibilità di
recupero degli indici azionari nel breve periodo (3-5 mesi
ca).
Sicuramente lo storno dei
mercati azionari ha colto molti investitori di sorpresa, è
andata molto meglio ai risparmiatori che hanno optato per investimenti obbligazionari o che hanno sottoscritto piani di accumulo
(PAC) di fondi che grazie ad
acquisti mensili hanno sempre mediato i prezzi.
Sia con mercati in difficoltà che con mercati orientati a
una forte crescita, i PAC sono
risultati da sempre lo strumento vincente per i risparmiatori.
Agli investitori che vogliono investire senza rischiare
nulla la Banca della Versilia
e della Lunigiana credito cooperativo ha dedicato due
nuovi prodotti obbligazionari che offrono cedole annue
lorde che oscillano da un
4,25% al 4,4%.
Le nuove obbligazioni lanciate dalla Banca della Versilia e della Lunigiana hanno
scadenza aprile 2004 e possono essere disinvestire in
ogni momento.
stretto indispensabile: ciò
anche per facilitare il coordinamento tra i vari soggetti
interessati, oltre che per evitare lo sperpero di denaro
pubblico.
Quali le speranze per il futuro prossimo? Direi poche, perché molti sono gli interessi collegati alla situazione in atto.
Non rinuncio comunque a sperare.
Ermanno Eydoux
LAUREA
Belinda Giannessi della Pieve di S. Giovanni e S. Felicita, si è laureata presso l’Università di Pisa in lingue e letteratura straniere con una tesi
di critica femminista ad un romanzo inglese contemporaneo. Alla bellissima neodottoressa ed ai genitori, comandante Raffaello Giannessi e
professoressa Franca Moriconi, i complimenti e gli auguri
particolari del nostro giornale.
BANCA della VERSILIA e della LUNIGIANA
Società Cooperativa a responsabilità limitata - Capitali e riserve L. 92.191.002.751
Sede e Direzione Generale:
Pietrasanta - Via Mazzini, 80 - Telefono 0584 7371
Filiali:
•Pietrasanta, Sportello Sede - Via Mazzini, - Telefono 0584 7371 •Pietrasanta, Agenzia di Città - loc. IARE) - Telefono 0584 793334
•Marina di Pietrasanta - Via Donizetti - Telefono 0584 745777 •Ripa di Versilia - Via A. De Gasperi - Telefono 0584 767153 •Capezzano Pianore - Via Sarzanese - Telefono 0584 915025
•Forte dei Marmi - Via IV Novembre - Telefono 0584 82752/3 •Stiava - Via Matteotti 52 - Telefono 0584 970094 •Pontestazzemese - Piazza Europa - Telefono 0584 775031
•Sportello Self Service - Piazza Statuto - Pietrasanta •Sarzana - Via Muccini - Telefono 0187 60291 •Borghetto Vara - Via IV Novembre - Telefono 0187 897181
Una Banca locale a sostegno del territorio
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n° 416 Aprile 2001