Anno 36 - n. 416 - Aprile 2001 - Lire 2500 Aprile 2001 - pag. 1 C’è una sola Versilia: quella bagnata dallo stesso ed unico Fiume Direzione: Casella Postale 94 - 55046 Querceta (Lucca) - Sped. in a. p. - 45% - art. 2 comma 20/b legge 662/96 - Filiale di Lucca - Abb. annuo lire 20.000 - Estero il doppio. USCIRE DALl’IMMOBILISMO NUOVE SCOPERTE L’OPINIONE Comune di Seravezza QUESTA VOLTA SI VOTA Tesori voglia d’aria nuova nascosti Caro Giorgio, Nel comune di Seravezza c’è voglia di aria nuova. Si respira camminando tra la gente, ascoltando i commenti per le strade. Per una volta questo sentimento accomuna la montagna, Seravezza e la piana. Proviamo a fare insieme un’analisi e vedrai che le motivazioni saltano subito agli occhi. I paesi posti lungo la cintura del monte Cavallo (Azzano, Fabiano, Giustagnana, Minazzana, Cerreta S. Antonio e Basati) sono stati abbandonati al loro destino, lasciati ad un lento ed inesorabile decadimento. Basti vedere i dati della popolazione, che pur non essendo calata, almeno sulla carta, dal 1991 ad oggi (ma per una conferma sarà opportuno attendere i dati dell’imminente censimento), vede sempre più elevata in negativo la percentuale che separa le fasce di residenti giovani dalle altre, con un invecchiamento graduale medio poco rassicurante per il futuro. Quella considerata la soglia minima per garantire la sopravvivenza di tali comunità, che fino ad appena cinquanta anni fa avevano popolazioni doppie o triple e che ci riporta indietro addirittura ai dati del Campana rilevati nella seconda metà del Settecento (circa milletrecento abitanti), è oggi, con appena 1.112 residenti, drammaticamente superata in negativo (solo Ruosina esula da tale tendenza). Eppure i segnali positivi ci sono e con una politica più lungimirante farebbero preludere ad una rivalutazione in chiave turistica (ma non solo) di tutto il bacino. Occorre incentivare pratiche poco valorizzate (vedi l’agriturismo) o lasciate a sè stesse come il turismo del marmo, legato alla grande tradizione di maestranze, sbozzatori e scultori, che hanno reso grande la nostra comunità, contestualmente a quell’artigianato ora in crisi d’identità e di ricambio generazionale. Azzano l’estate pullula di giovani tedeschi che a rotazione vengono a formarsi, in una sorta di “turismo fai da te”, nel piazzale antistante la Cappella, dove vigila il benevolo “Occhio di Michelangelo”. Perché non creare un polo per scultori che dalla ditta Henraux di Querceta, attraverso Seravezza e il Palazzo Mediceo, arrivi alla Pieve di San Martino? Perché non riappropriarsi di quello che ci appartiene e che i nostri antenati ci avevano lasciato in eredità? La prima conseguenza sarebbe una rivalutazione degli immobili che quantomeno incentiverebbe la gente della montagna a non abbandonare più i paesi e consentirebbe (cosa oggi rara) l’arrivo di nuovi residenti. Per Seravezza e la sua cintura (Malbacco, Riomagno e Corvaia) vale un discorso analogo. Il centro è in una situazione di decadenza culturale e sociale. I numerosi e splendidi palazzi cinquecenteschi e seicenteschi, per esempio, non sono localizzabili dal visitatore e risultano spesso sconosciuti agli stessi residenti. I commercianti vivono il disagio di una città d’arte e di storia che sta perdendo la propria identità e le proprie radici. Gli abitanti, dal ’91 ad oggi, sono calati del 10% (147 abitanti in meno). Non esiste un centro di aggregazione e lo storico teatro Dei Costanti è invaso dai rovi. Palazzo, Mediceo unica realtà ad avere calamitato le attenzioni degli amministratori in questi anni, rischia di rimanere una cattedrale nel deserto se non Lorenzo Marcuccetti (Continua a pag. 2) Approssimandosi un’altra tornata elettorale si riapre anche la discussione sull’importanza della partecipazione della popolazione alla vita politica. L’esercito degli astensionisti dalle elezioni in Italia si avvicina anche al 40%, ed è quindi appetibile e determinante per le vittorie elettorali. La disaffezione alla politica può essere dovuta a molteplici ragioni, che hanno ai loro estremi l’egoismo da un lato (cioè l’idea che la partecipazione all’attività politica non porti alcun beneficio personale) e il troppo idealismo dall’altro (l’idea che lo sforzo personale sia inutile a risolvere i problemi). Nel mezzo sta una folta schiera di ignavi che genera rabbia in coloro che in qualche modo si impegnano idealmente nella politica: Dante li mette nell’Inferno, Gramsci cerca a più riprese di scuoterli, Moravia scrive su di loro uno dei suoi primi lavori. E per dire come possono cambiare le cose, poco più di cento anni fa Pio IX, con il DELITTI NAZISTI IMPUNITI Non Expedit, incoraggiò i cattolici ad astenersi dalla politica mentre oggi i Vescovi invitano con passione i cattolici alla partecipazione. L’astensionismo è un male? Per me sì, ma immagino che politici attenti solo ai loro affari possano anche vederlo con simpatia: a loro della popolazione interessa solo il voto, non la partecipazione alla vita politica. Mentre vedo difficilmente recuperabile l’assenteismo derivante da egoismo, vedo invece più facile il recupero di quello dovuto a eccesso di idealismo. Certamente molti metodi e contenuti della politica sono spesso sconfortanti. In tal senso due aspetti sembrano fondamentali nella politica attuale, locale o generale: da un lato appare scoraggiante la complessità di problemi che emergono da alcuni anni, come le trasmigrazioni extracomunitarie, con i loro carichi di pietà e di vio- Attraverso alcune “note” tratte dai taccuini (1967-1991) che compilò Bruno Antonucci, il professore-archeologo a cui si deve anche il Museo di Pietrasanta (recentemente pubblicati, per conto della Banca di Credito Cooperativo della Versilia e Lunigiana, a cura di Deborah Giannessi), abbiamo potuto rintracciare nella selva di Azzano, uno straordinario megalitico-altare: segnalato da Antonucci nel 1967, ma tuttora “inedito”. Si tratta di un masso scolpito a ampi ripiani e gradini, manufatto di imponenza e grande carica suggestiva: circa m. 2,50 in altezza, con una base arrotondata di circa due. Semicoperto da murettature per castagno, tra i rovi della selva abbandonata, non ci sarebbe riuscito di ritrovarlo senza la collaborazione di Giorgio Salvatori Giorgio Citton, Isa Pastorelli (Continua a pag. 2) (Continua a pag. 2) UN UOMO DI GOVERNO VERSILIESE DOC La resistenza cominciò a Rodi CARLI, RIMANI DOVE SEI Il diario del soldato versiliese Ettore Ancillotti riapre la pagina tragica ed ignorata della morte per annegamento di oltre 4000 militari italiani nel Mar Egeo. Come i commilitoni di Cefalonia, anche i militari italiani di stanza nell’isola di Rodi attendono ancora di essere ricordati ed onorati come primi protagonisti della Resistenza. Dopo l’8 settembre 1943, infatti, non depositarono le armi e, prima di essere fatti prigionieri, combatterono contro i tedeschi fino a mezzogiorno del 12 settembre. La ribellione era stata preparata fino dal 26 luglio 1943, quando –come ha lasciato scritto Ettore nel suo diario– venne loro letto “il proclama di S. Maestà il Re e S. Ecc. Badoglio e venivamo esortati dal nostro tenente Pino a mantenerci pronti a difenderci fino all’ultimo sangue. In data 25 luglio 1943 il Duce cessa dal comando”. Sue parole testuali. Sono sicuro che il diario di Ettore Ancillotti, che ho inviato al Presidente Ciampi, saprà far conoscere agli italiani anche la tragedia dell’isola di Rodi e che anche la data dell’11 febbraio 1944 sarà quella di una altro percorso della memoria italiana da nobilitare. Già ne ho scritto sul Tirreno, riportando le generalità complete del soldato di Pontestazzemese. Nel frattempo sono risalito anche alle generalità di chi ha permesso far giungere il prezioso diario fino a noi. È infatti arrivata da Roma la telefonata che ha confermato quanto non avevo potuto precisare nel pezzo scritto in precedenza sul nostro ventitreenne geniere disperso tra i flutti del mare Egeo. La famiglia Guglielmi, alla quale il giovane caporale affidò nel dicembre del 1943 la valigia con il diario da inviare ai suoi famigliari, è quella di Spartaco Guglielmi, nato a Seravezza. Abitò in località Uccelliera ed è morto; ma a Roma vive ancora, con la figlia Olga, la moglie Alice, oggi ultra ottantenne. Tramite fax, le è stata inviata la pagina del diario, l’ultima, in cui il giovane militare scrisse, riferendosi alla valigia, “prego la famiglia Guglielmi che il tutto, ben poca cosa ma a me tanto cara, sia spedito ai miei cari, che terranno quale ricordo mio, pensando che ho mantenuto la Giuseppe Vezzoni (Continua a pag. 2) DOVE SI PUÒ PRENOTARE L’ALMANACCO VERSILIESE L’Almanacco Versiliese sarà prossimamente posto in vendita esclusivamente nelle seguenti edicole e librerie: a PIETRASANTA – Santini e Tonacchera. a SERAVEZZA – Binelli e Marcucci. a QUERCETA – Delia. a RIPA – Giannotti. a FORTE DEI MARMI – Libreria Giannelli. Ci sono ancora troppe cose da fare. Ecco l’elenco delle priorità. Caro Giorgio, nel numero di giugno di Versilia Oggi mi metti in prima pagina e inizi l’articolo con il mio nome. Te ne sono grato e non so se merito tanto. Ciò che mi ha fatto piacere è di avermi inserito in compagnia di altri versiliesi come Leonetto Amadei e Franco Barberi, i quali, in epoche diverse, hanno dato molto al nostro paese. Amadei come costituente prima e presidente poi della Corte costituzionale è tra quelli (pochi) che hanno disegnato la Repubblica italiana e ne hanno assicurato e garantito lo sviluppo civile e democratico con l’esercizio della libertà in uno Stato di diritto. Barberi ha dato una profonda svolta al concetto e alla personalità competente e tempestiva della Protezione civile. Lo ricordiamo in Versilia nell’alluvione del ’96, con quale generosità si è dato per contenere la tragedia e con quanta intelligenza e lungimiranza ha disegnato la legge per la ricostruzione. Di fronte a tali personalità forse sei stato un pò imprudente avermici messo vicino: non ritengo di meritarlo. Pur tuttavia il mio impegno e la mia dedizione per svolgere al meglio l’incarico conferitomi dal presidente Amato saranno completi ed intensi. Il settore di cui mi occupo mi è particolarmente congeniale in considerazione degli studi fatti e della professione esercitata di docente di educazione artistica. Anche nel mio impegno parlamentare, come Versilia Oggi ne ha puntualmente riferito, frequentamente mi sono occupato di beni culturali, anche versiliesi. Oggi, più di ieri, darò ciò che veramente mi sarà possibile per conservare un enorme patrimonio che rappresenta la testimonianza diffusa delle grandi civiltà che si sono succedute nel nostro paese e una grande ricchezza economica e sociale per l’oggi e il domani. Grazie e un caro saluto. Carlo Carli La lettera del sottosegretario ai Beni culturali porta la data del 16 giugno 2000 e mi giunse puntualmente in quei giorni. È passato quasi un anno ed ho voluto aspettare un pò di tempo prima di farla conoscere. Non faccio sconti a nessuno, quindi neanche all’amico Carli. Debbo dire però che in questo frattempo si è mosso con serietà, modestia esemplare e discrezione. Rimanga dov’è. Glielo auguro di cuore. Dopo le elezioni resteranno molte cose da fare, tutte importanti, che abbiamo già elencato in quel citato giugno del 2000 ponendole all’attenzione di Carli: la Torre Medicea di Porta, il Santuario Mariano del Piastraio, il porticato della Cappella, il tetto del duomo e il teatro Costanti di Seravezza, il cimitero vecchio di Querceta (Ezio Marcucci, remember?). In questa stessa pagina si parla di nuove scoperte archeologiche in Alta Versilia: sono tesori nascosti. Ne riparleremo. Almeno lo spero: Carlo rimani dove sei. Aprile 2001 - pag. 2 SERAVEZZA si appoggiano contestualmente le altre realtà associative e culturali, abbandonate a sè stesse. Il nostro comune vanta oltre cinquanta associazioni. Una vera ricchezza, in una società sempre più schiava del televisore, l’oggetto di culto davanti a cui, la sera, le persone si “incollano”. Tale vitalità associativa è un grande merito per questo settore di Versilia. Rappresenta un modo per vedersi, parlare, fare vita sociale e non deve andare per nessun motivo disperso. Nella Piana la situazione non è meno avvilente. Lo sviluppo urbanistico è di quanto più caotico si possa immaginare. Le ditte che avevano rappresentato la forza economica del comune o hanno chiuso, o si sono trasferite, o sono in forte crisi. Chi rimane, dall’artigiano alla grande ditta, tira per così dire “a campare”, in attesa di aree produttive mai realizzate e nel disinteresse totale di chi amministra. La Piana Quercetana, con Pozzi e Ripa, è ad oggi il più grande dormitorio della Versilia. E meno male che ci sono le contrade, che da 45 anni sopperiscono alle mancanze di chi amministra con uno spirito di sacrificio e di abnegazione ammirevoli. Deve finire questo isolamento. Il Palio e quanto gli ruota intorno, che rappresenta la storia, il vissuto ed il vivere insieme di questa Terra (perché, come diceva Silvano Alessandrini, “il Palio d’è la scusa”), dovrà ricevere le giuste attenzioni ed un aiuto concreto. Basta con chi a parole promette mare e monti e poi nel pratico chiude ogni rubinetto. Le cose da dire sarebbero tante, per tutto il territorio comunale. Credo però che, se dovessi riassumere con uno slogan quanto sopra, riporrei tutto nella progettualità e non solo nella programmazione. Sono i progetti chiari (e “mantenuti”) che portano al risultato. Mancanza di progettualità significa vivere alla giornata, tamponare le falle senza mai riuscire a ristrutturare lo scafo. Occorre cambiare registro: il modo di amministrare. Ecco perché nel comune di Seravezza c’è voglia, e bisogno, di aria nuova. SI VOTA lenze, il degrado della qualità della vita, le inquietudini generate da alcuni fronti della scienza; d’altro lato un modo di fare politica che, dopo la breve parentesi di Tangentopoli, sembra avere ripreso i suoi affarismi, con l’evidente scadimento della discussione in risse e scontri tra lobby che attraversano un po’ il fronte generale politico. Così si assiste a lotte e colpi bassi anche nelle formazioni delle candidature elettorali che ben poco hanno di democratico. Con il risultato che una parte sempre più numerosa di cittadini ha timore di partecipare apertamente, preferendo appartarsi tra coloro che nella società finiscono per non avere peso sociale e politico. A inizio ‘800 il filosofo tedesco Fichte ebbe a dire che una comunità senza memoria e senza impegno è anche senza av- venire. Su tale pensiero si creò la Germania moderna, nella sua storia buona e cattiva. Alla maniera di Fichte, direi che una comunità assente dal dialogo politico non ha futuro come società civile, e come tale vivrà in uno stato di sudditanza animata da sentimenti di rancore, invidie e rapporti intesi solo in termini di favoritismi o rifiuti, e non di diritti e doveri quale si converrebbe a una comunità moderna. Vasto è il fronte delle attività nelle quali le persone si possono impegnare politicamente o socialmente: dai diritti del cittadino, ai problemi della qualità della vita, all’uso delle risorse, allo sviluppo del lavoro, alle attività culturali e sportive mediante organizzazioni e associazioni, laiche e religiose, esistenti e da fare. E la partecipazione della popolazione all’impegno sociale e politico appare la garanzia più valida all’uso del metodo democratico e alla prevenzione da avvenimenti sconcertanti dei quali nei tempi attuali si ha un campionario sempre più vario e disumano. PS. Ringrazio tutti coloro che hanno manifestato adesione alla mia lettera rivolta al Sindaco di Pietrasanta sul numero scorso di Versilia Oggi. Invito coloro che non si sono firmati a farlo senza timore: stiamo battendoci in modo civile, come intendiamo continuare. TESORI Augusto d’Angiolo (della comunità montana) e di Renza Neri, insegnante, a conoscenza di una particolare leggenda legata al masso. Così si è potuto localizzare un documento culturalmente e storicamente eccezionale, un unicum che attende solo di essere visto nella giusta ottica e valorizzato: innanzitutto liberato con cura dalle murettature sovrapposte e anteposte, quindi analizzato facendo convergere le molteplici implicazioni storiche e antropo-archeologiche che esso sollecita: infine visto nella sua indubbia ricerca formale. Nè è da trascurare la leggenda tramandata, per la quale in quei luoghi “viveva un popolo mite e felice”, che onorava un idolo legato alla terra, alla fecondità”: leggenda che si ritrova anche in altre località particolari, specie nel Nord Italia, ripetendosi anche dove parla di una “gallina d’oro, che faceva le uova d’oro”. A metà marzo 2001, 34 anni dopo la nota nel “Taccuino”, abbiamo rintracciato il masso e ripulito dal terriccio per quanto possibile, in attesa che venga portato avanti il lavoro secondo quanto suggerito da Antonucci (evidenziare lo straordinario manufatto, ripulire e studiare il terreno circostante: cosa oggi più facile, è vicino l’asfalto). Tocca ora a chi comprende e sa valutare l’importanza di uno straordinario monumentodocumento che deve essere salvato e amato. Noi saremmo lieti venisse chiamato “il Masso Antonucci”. RESISTENZA mia idea fino in fondo, e di ciò siatene orgogliosi cari pappà, mamma e Silvia”. L’anziana signora Alice ha confermato alla figlia Olga di ricordare bene il soldatino del Ponte che pregò suo marito di spedire la valigia ai genitori che vivevano a Pontestazzemese. Non era invece a conoscenza dell’esistenza del diario e della sua morte. Spartaco Guglielmi, con la moglie Alice e le tre figlie, un quarto figlio nascerà poi in Libano, si trovava nel dicembre 1943 a Rodi per lavoro. Sicuramente era a svolgere la mansione di meccanico, un mestiere, la meccanica, che ha contraddistinto parecchi membri della sua famiglia. Infatti il padre di Spartaco, Guglielmo, fu capo officina alla Giorgini e Maggi, al “Pago”, in località Centrale di Seravezza, e un altro figlio, Nilo, è il creatore dell’Officina Guglielmi di Querceta, oggi azienda leader nella costruzione delle macchine del marmo, macchinari che sono esportati in tutto il mondo. Officina in cui il sottoscritto lavora come tornitore da 37 anni. Anche il padre di Ettore Ancillotti, Alfredo, lavorava presso il miccificio Giorgini, Maggi e Bertellotti del Martineto, a Pontestazzemese. Sono arrivato al diario chiedendo a mio padre se per caso ci fosse un militare di Stazzema morto a Cefalonia,dato che sull’eccidio di Cefalonia avevo scritto due pezzi per il Tirreno. “Ettore, mi pare. Ma va’ a domandallo ala Inise, che è su’ cugina”. E così ho fatto, trovandomi davanti invece che Cefalonia all’isola di Rodi ed alla sorte infausta dello stazzemese Ettore Ancillotti, inquadrato nel 15° Rgt Genio, tragicamente condivisa da 4000 soldati italiani, che, imbarcati prigionieri su un piroscafo, il pomeriggio dell’11 febbraio 1944 vennero fatti salpare dal porto di Rodi e la sera stessa si inabissarono nel mar Egeo, presso l’isola di Goidano. Leggendo la relazione stilata dalla “Commissione interministeriale di formazione e costruzione di atti di morte non redatti o distrutti per eventi bellici” si apprende che “pochi furono i naufraghi recuperati e di lui nulla si è saputo dalla data del sinistro”. Il diario di Ettore Ancillotti fu fatto stampare dai suoi familiari presso la tipografia Bacci di Pietrasanta per essere donato ai conoscenti acciocché del figlio ne mantenessero più a lungo il ricordo. Voglio sperare che il mio impegno, volto a portare alla luce questo diario sugli “Avvenimenti più importanti della vita vita militare di Ancillotti Ettore di Alfredo”, determini a Pontestazzemese e a Sant’Anna una lapide che ricordi, come segno di prima Resistenza, anche la tragedia dei 4000 militari italiani che perirono nel mar Egeo e che si aggiunge così a quella di Cefalonia. UNA VECCHIA BATTAGLIA DI VERSILIA OGGI: AVEVAMO RAGIONE CAMPI MAGNETICI ANCHE SULLE NOSTRE TESTE Nella seconda parte degli anni 80 Versilia Oggi si occupò dei campi elettromagnetici generati dall’elettrodotto Acciaiolo - La Spezia, che tuttora attraversa anche il territorio versiliese. Il nostro periodico intraprese la sua isolata “battaglia” contro i rischi cui andavano incontro coloro che abitavano nelle vicinanze dei fili dell’energia elettrica, pari a 380 mila volt. In sostanza Versilia Oggi auspicava che l’elettrodotto non entrasse in funzione se prima non fosse stato dimostrato che esso non avrebbe causato malattie di sorta all’organismo dell’uomo. In Italia studi scientifici sul fenomeno dell’elettrosmog non ve n’erano, quindi tutto nacque dalle preoccupazioni della gente che riteneva di subire gravi danni alla propria salute a causa della continua esposizione alle onde elettromagnetiche. Mi pare, se ben ricordo, che l’allarme scattò in seguito ai pareri espressi da alcuni studiosi stranieri, convinti che la lunga permanenza all’interno di campi magnetici potesse provocare alterazioni metaboliche e l’insorgere di gravi malattie tumorali e leucemiche. Con un’ordinanza, il pretore di Pietrasanta Carletti, costrinse l’ENEL a non attivare l’impianto, permettendo così al Comune pietrasantino di proseguire il processo in sede civile. In pratica non ci sarebbe stato alcun ostacolo alla messa in funzione dell’elettrodotto, se fosse stato accertato che il campo magnetico generato non avrebbe causato danni alla salute della gente, anche se non apparivano trascurabili i danni derivati al paesaggio. Non so se tale ordinanza sia È NATA GRETA Carla Pucci e Giacomo Lasagna annunciano con gioia che è nata all’Ospedale di Massa la loro nipotina Greta, figlia di Massimiliano Bontempi e Barbara Lasagna. Greta annovera fra i suoi antenati diretti Adele Ferrugento, Tommaso Tomei Albiani, Olga Tomei Albiani, il dott. Bettino Pilli, l’avv. Aldo Lasagna e Carlo Pucci, mitico centro mediano del Forte dei Marmi della serie C negli anni ’40. stata allora rispettata e comunque ignoro come sia finita quella causa; immagino che l’ENEL abbia operato secondo le leggi esistenti, facendo così prevalere le sue ragioni, tant’è che dopo diversi anni l’elettrodotto è ancora lì. Non trovai neppure nelle librerie universitarie di Pisa una pubblicazione che potesse ragguagliarmi in merito. In un mio breve scritto pubblicato su Versilia Oggi nel mese di settembre 1989, comunque mi appellai alla sensibilità dell’ENEL, così come aveva fatto anche il sindaco di San Giuliano Terme, affinché fosse costruito un elettrodotto alternativo lontano dai centri abitati, per non danneggiare sia il paesaggio che la salute dei cittadini. Ma chi ha dato ascolto alle nostre domande? Gli anni purtroppo sono trascorsi veloci e siamo arrivati finalmente ad una legge che stabilisce dei limiti all’inquinamento da elettrosmog (i parametri di riferimento devono ancora essere fissati). Di recente i mass media hanno diffuso la notizia relativa all’emissione, da parte del procuratore Raffaello Guariniello, di una comunicazione di garanzia contro il presidente dell’Enel Chicco Testa, indagato per l’inquinamento elettromagnetico che deriverebbe dagli elettrodotti piemontesi costruiti vicini a scuole, parchi per giochi e centri abitati, mentre a Roma il ministro dell’ambiente Bordon ha minacciato di staccare l’elettricità alla Radio vaticana, per l’elevato inquinamento elettromagnetico generato dalle sue antenne. Sembrerebbe che i casi di leucemia che hanno colpito i bambini che abitano nelle località vicine, siano sei volte superiori a quelli che si verificano in altre zone distanti dalle antenne di radio vaticana. Ora il Alessandra sposa Alessandra Aliboni si è sposata con Ivan Fossati, musicista nell’orchestra sinfonica “Verdi” di Milano. Agli sposi ed ai loro genitori Alberto e Dores di Forte dei Marmi e Virginio e Ada, milanesi, le congratulazioni e gli auguri più affettuosi di Versilia oggi e quelli particolari del nostro direttore. fenomeno dell’elettrosmog è vieppiù ingigantito dalle antenne per i telefonini cellulari installate e la gente, all’inizio del terzo millennio, ha il sacrosanto diritto di pretendere che vengano introdotti dei limiti rigidi ai livelli di tale forma di inquinamento. Attualmente si parla di nuove restrizioni e di tre soglie: la prima che non deve essere mai superata; la seconda da non superarsi in luoghi abitativi, scolastici ed in quelli adibiti a permanenze non inferiori a 4 ore al giorno; la terza, la più restrittiva, che dovrà essere osservata nella progettazione di nuove linee elettriche in prossimità egli ambienti scolastici ed abitativi ed aree destinate ai giochi per bambini o comunque nei luoghi adibiti a permanenza non inferiore a 4 ore giornaliere. Questi limiti dovranno essere comunque considerati anche per la costruzione di fabbricati in prossimità di linee e installazioni elettriche già presenti nel territorio. Sono ritornato sul tema dei campi elettromagnetici per sottolineare l’importanza del nostro periodico, che esce silenziosamente vittorioso da una “battaglia” intrapresa 10-15 anni fa a difesa della salute degli abitanti della Versilia. Un merito certamente ascrivibile al suo direttore, che pose allora degli interrogativi ai quali sarà data, speriamo fra breve, una risposta definitiva. Renato Sacchelli Direttore GIORGIO GIANNELLI periodico mensile abbonamenti c/c postale 10818557 intestato a «Versilia Oggi» Casella Postale 94 55046 Querceta (LU) - Ordinario L. 25.000 - Estero L. 50.000 - Sostenitore L. 50.000. Reg. Trib. di Roma n. 11298 del 26 novembre 1966 e Trib. di Lucca n. 300 del 2 maggio 1978 - Partita IVA 01517670467 In caso di mancato recapito, si restituisca al mittente che si impegna a pagare la relativa tassa Fotocomposizione Litocomp-Querceta-tf/fax 0584-742011 E-mail: [email protected] Stampa: Graficatre - Ripa di Versilia La collaborazione a “Versilia Oggi”è gratutita, spontanea e aperta a tutti. Numero chiuso in tipografia il 27 aprile 2001 Aprile 2001 - pag. 3 Gli studiosi di discipline filosofiche e storiche, le organizzazioni culturali laiche, i quotidiani e i periodici hanno nel 2000 dedicato non poca attenzione alla potente figura di Giordano Bruno, nella ricorrenza del IV centenario del rogo. Il 17 febbraio 1600 infatti egli fu arso vivo, come eretico, in Campo de’ fiori a Roma, in esecuzione di una sentenza del Sant’Uffizio. Questo grande pensatore, filosofo e scrittore, è passato ai posteri non solo come insigne personaggio della storia della cultura italiana, europea, mondiale ma è entrato nella leggenda come apostolo e martire del libero pensiero e della intrepida coerenza etica ed intellettuale. Mi hanno colpito gli scarsissimi riferimenti al suggestivo, bronzeo monumento che alla fine del secolo XIX fu eretto in sua memoria e in suo onore e che domina imponente la caratteristica piazza romana su nominata, prossima al michelangiolesco Palazzo Farnese e allo storico –e splendido– palazzo della Cancelleria, dove nel 1849 fu proclamata la Repubblica romana. Il monumento raffigura l’eretico nella sua veste di frate domenicano in atteggiamento tragicamente severo, austero e pensoso, e reca sul basamento una epigrafe, dettata da Giovanni Bovio, la quale, per comune opinione di letterati e di storici, è da considerare una delle più ROMA E PIETRASANTA A GIORDANO BRUNO RIFLESSIONI DAVANTI A DUE LAPIDI riuscite ed efficaci che siano mai de Nolano. Certo, la concisione dire del verso successivo, è che state scritte, per concisione lapidaria e per profondità di concetti: “A Giordano Bruno / il secolo da Lui divinato / qui dove il rogo arse”. Eccelsa, conveniamone. Solo più avanti, qualche commento. Trasferiamoci ora a Pietrasanta. Non tutti noi versiliesi sappiamo che, entrando in questa incantevole cittadina da porta Pisana, appena oltrepassato l’arco, a sinistra, ad altezza di mezzanino, è visibile, un busto in bronzo raffigurante Giordano Bruno, anche qui austero, pensoso, corrucciato. Sotto il busto si legge: “Di Giordano Bruno / che le folgori del genio divinatore / all’evo sanguigno avventando / precorse i veri onde albeggia / un domani di scienza e di giustizia / e dal rogo benedisse / –rapite al cielo dagli uomini– le resurrezioni della vita / vollero con le sembianze evocare / l’apostolato e il martirio / i liberi pensatori della Versilia”. Non lo nascondo, provo forte emozione ogniqualvolta sosto lì, guardo e leggo. Se potessi chiedere di aggiungere la mia firma in calce all’elenco dei “liberi pensatori della Versilia”, lo farei molto volentieri. L’epigrafe sopra riportata fu dettata da Pietro Gori, un avvocato anarchico ligure, anche lui affascinato dalla figura del gran- e la densità immaginifica ed evocativa dell’epigrafe romana, dodici parole a parte la dedica, me la fanno considerare non solo ineguagliabile ma nemmeno avvicinabile da qualunque altra da me conosciuta salvo, forse, quella dedicata a Nicolò Machiavelli in Santa Croce a Firenze: “Tanto nomini nullum par elogium”. L’epigrafe romana apre con un verso ispirato e assai suggestivo, sostanzialmente rivolto, però, alle persone colte: il secolo divinato è certamente il XIX e non ho dubbi nell’affermare che i nuclei forti di questa divinazione sono due: in primis, il libero pensiero, poi la scienza, la quale del resto altro non è che libero pensiero proteso con rigore alla ricerca del vero. Credo, tuttavia, di non fare alcun torto al monaco martire e al suo interprete rilevando che il XIX secolo contiene, a dir poco, anche un altro sommo valore che nessun pensatore, per quanto profetico, poteva “divinare” tre secoli prima: quello della nascita e della instaurazione, in molte nazioni, dello Stato di diritto: storica conquista culturale e sociale seppure, come tragicamente si è visto nel secolo scorso, aleatoria e, per qualche verso, persino pericolante. Il meno, invece, che si possa GIORGIO VANNI E IL SUO “CAPOLINEA” DI MILANO “Il Corriere della Sera” lo ha ricordato così Si è chiuso a Milano un locale storico, “Il Capolinea” di via Ludovico il Moro, fondato nel 1969 dal fortemarmino Giorgio Vanni. Vi si davano spettacoli musicali ed era un posto di ristoro. Così Guido Vergani l’ha ricordato sul “Corriere della Sera”: Le milanesi notti del jazz, come passione, come intelligenza musicale, e non soltanto come additivo o propellente del tirar mattina, devono molto al «Capolinea» e a Giorgio Vanni che lo aprì nel 1969. Allora, il nostro «Sotto le stelle del jazz», come canta Paolo Conte, era pallido, sbiadito, dopo la grande stagione del «Santa Tecla», dell’«Aretusa» negli anni del dopoguerra e, sul finire del decennio Cinquanta, della «Taverna Mexico» dove Valdambrini, Cuppini e Basso, tromba, batteria e sassofono, diedero vita a jam session con Chet Baker, la più grande, struggente tromba bianca del Novecento. Quando Giorgio Vanni approdò a Milano, il panorama jazzistico aveva i colori del tramonto. Era cominciata, anzi era già fremente la stagione del rock che dura tuttora e che, il jazz, lo mise un po’ all’angolo. Nacque il «Capolinea», oasi del dixieland, ma soprattutto del bebop, del «cool» lungo i Navigli e un po’ si riaccese il sole. Vanni aveva una bella storia. Me la raccontò, anni fa, lui stesso: «Ero un ragazzino. Il fascismo mal sopportava il jazz, anche se proprio la famiglia del «capo» stava partorendo un talento della musica nera, il pianista Romano Mussolini. Vivevo a Forte dei Marmi, lontano dai “giri” dove, in barba al regime, si poteva ascoltare qualche concerto. In piena autarchia, i catacombali del jazz avevano convinto Louis Armstrong a deviare dai binari di una tournée europea e a debuttare, quasi clan- destinamente, al Teatro Chiarella di Torino. Fu mio zio Romolo, che navigava sulla rotta per New York, a portarmi i primi dischi, Bix Beiderbeke, Jelly Roll Morton, Duke Ellington. Presi una cotta. Ma il salto lo feci a Tombolo, accampamento di fantaccini ribelli della Quinta Armata americana, nella pineta fra Livorno e Pisa. Quel campo era una zona franca del ballo, della musica, del sesso. Non comandava nessuno. Completa anarchia. Subito dopo lo sfondamento della Linea Gotica, ci andai al traino di un amico fotografo. I soldati di colore facevano musica. Vidi la batteria e da allora non ho più mollato le bacchette. Da allora, per me uno che suona è qualcosa di più di un uomo. Al “Capolinea” non faccio che celebrare ogni sera il rito della mia passione». Quell’«altare» non c’è più, se non nei nostri ricordi. Guido Vergani 1980. OPERAI MARMISTI AL PONTESTAZZEMESE E DADDINO GRIDÒ: «A RINOTARE» Riportiamo dal numero di giugno del 1980 di Versilia Oggi: Gli operai marmisti versiliesi hanno, per tradizione che affonda le proprie “barbe” addirittura nella antichità, sempre santificato il lunedì. Una giornata di riposo solitamente riempita da merende abbondantemente annaffiate da “bianco” o “rosso”, consumabili in luoghi disparati; al chiuso o all’aperto, secondo l’umore del clima. In un pomeriggio post-domenicale accadde che vari amici, dopo deposta la pol- verosa “cappa” da lavoro decidessero di fare una capatina al Pontestazzemese per ridurre in magre lische saporose trote dell’allevamento curato con interessata passione da Milani Daddino. Quando furono sul posto ecco, malaugurato, un serio imprevisto. Dopo avere parlato circa le loro intenzioni al proprietario del locale si resero conto che i fondi delle tasche di ognuno erano verdi come la rabbia. Non una lira o giù di lì risultò esistere. Penoso bilancio, insomma, che non doveva incidere af- fatto sul programma. Uno che vantava solida amicizia col Milani corse a dirgli che, semmai… al conto sarebbe stato fatto debito onore, con certezza, al sabato più prossimo. Dall’ombroso canneto, in mezzo al quale stava quietamente sonnecchiando un laghetto ricco di pesce si udì una sinistra brontolota e un tonfo di inequivocabile significato. Era Daddino ad accompagnare il salto delle trote già racchiuse nella speciale retina per il pescaggio con l’urlo sgradevole: “a rinotare!”. Ulderico Becchini l’epigrafe si innalza o, se volete, si inabissa fino al limite della vertigine: “qui dove il rogo arse”; parole che devono essere lette o pronunziate lentissimamente. Ti reclamano lì, nel punto preciso del tragico martirio di un uomo colpevole soltanto di non volere, nemmeno dinanzi al supremo, atroce sacrificio, rinnegare il proprio pensiero. E, se non erro, dell’atrocità commessa non è stato ancor chiesto il perdono. Dinanzi al monumento, insieme tetro e luminoso, l’emozione può farsi angosciante. Solo distogliendo lo sguardo e rivolgendolo intorno, alla piazza, almeno di giorno, vivace ed allegra, ti puoi rassenerare. Straordinaria densissima concisione, dunque, e sovrano potere evocativo: queste qualità io soprattutto vedo nell’epigrafe romana. Ora siamo a Pietrasanta e rileggiamo quella attribuita a Pietro Gori. I primi due versi colpiscono per la potente carica passionale e metaforica: l’autore si schiera, e coinvolge il lettore; ci sarà pure una sfumatura enfatica, se si vuole, retorica, ma, nei due versi quella che oggi chiamiamo “intelligenza emotiva” pervade le parole con eccezionale intensità. Mirabili, per densità lirica e per veridicità filosofica appaiono a me i due versi successivi, i quali, tuttavia, mostrano appieno tutto il disincantato del libero pensatore il quale ripone bensì la sua fede nella potenza creativa della mente umana ma senza nulla concedere alla provvidenzialità della storia e alla fatalità del progresso. Nelle verità bruniane solo “albeggia” il domani di scienza e di giustizia. E in effetti nei secoli successivi, massimamente negli ultimi due, la scienza è esplosa –mi limito a constatarlo senza commento– e, quanto alla giustizia, nessun dubbio sulle grandi conquiste realizzate, anche se gradini da salire ne restano ancora non pochi; è poi vero che, entro un vasto perimetro di civiltà, gli “eretici”, peraltro sempre più minoritari –e me ne dolgo– non rischiano ormai il rogo reale ma, caso mai, come l’esperienza suggerisce, quello metaforico. Qui il commento si avvia alla conclusione perché l’epigrafe, nei tre versi successivi mi appare scadere in una certa qual retorica ed enfatica nebulosità, forse evitabile, per poi risalire a nobiltà espressiva nei versi di chiusura. Ma oso dire che, se quei tre versi non fossero stati scritti, la lapide ne avrebbe guadagnato. Due epigrafi a confronto: altissima la fonte di ispirazione; intensamente partecipativi l’intelletto e la passione di coloro che l’hanno raccolta, tre secoli dopo. Robi Ginnarelli IL PIASTRAIO HA BISOGNO DI NOI Dopo vari anni di grandi difficoltà organizzative ed economiche, finalmente siamo giunti all’inizio dei lavori di restauro dell’unico Santuario Mariano della Versilia e della Diocesi di Pisa: il Piastraio. Dovrebbe essere iniziato il primo lotto dei lavori per un’importo di circa duecento milioni; si realizzerà il rifacimento del tetto della chiesa e del convento adiacente “Casa del Pellegrino”. Con il primo lotto dei lavori si porterà a compimento l’opera più importante, in quanto l’umidità, l’acqua, nel corso degli anni, ha rovinato gli affreschi, il tempiato in legno del convento che oggi si trova in condizioni pietose. Terminato il primo lotto, occorrono altri fondi, molti, per il rifacimento degli intonaci interni, dei pavimenti del convento, degli impianti elettrici, dei servizi igienico sanitari e riportare gli affreschi al loro antico splendore. Il progetto interamente realizzato richiede una spesa di circa ottocento milioni. Durante il Giubileo Mariano, nella celebrazione al Santuario, dello scorso mese di maggio, monsignor Benotto, nella s u a o m e l i a d i s s e : “ Tu t t i dobbiamo portare un mattone per questa casa di Maria” ed ha sensibilizzato i presenti a contribuire; e quindi ci auguriamo che queste parole non cadano nel vuoto, e che le parrocchie si possano prendere a cuore l’iniziativa del restauro. Puntualizziamo che questo santuario situato a Stazzema non deve essere considerato luogo mariano esclusivo di questo paese, ma di tutta la Versilia e dell’intera Diocesi di Pisa. Il Santuario, a sua volta restaurato, dovrebbe ridiventare meta e sede di attività spirituali, di numerosi pellegrinaggi mariani, di ritiri spirituali, per rilanciando il Santuario nella sua originale vocazione. A questo fine, il Comitato per il restauro: “Salviamo il Santuario del Piastraio”, con la presidenza dell’arcivescovato Alessandro Plotti, lavora assieme a molte persone di buona volontà per realizzare questo fine. Iniziamo un lavoro impegnativo ed oneroso, chiediamo quindi, il sostegno di tutti i versiliesi per poter fare risorgere quanto prima questo luogo ricco di storia, che purtroppo, il secolarismo di questi ultimi tempi ha messo in ombra. L’appalto dei lavori è stato vinto dalla ditta Carli Antonio e Bartolucci Sauro; i lavori di restauro sono seguiti dagli architetti progettisti Mazzei, Manichini e Lucente di Pietrasanta. Ci auguriamo che arrivino i finanziamenti necessari per poter proseguire i lavori; in questi ultimi giorni di allestimento del cantiere, sono impegnati diversi volontari che portano sul cantiere tutto il materiale necessario ai lavori. Chi volesse contribuire a questa nobile iniziativa, può effettuare il versamento sul c/ c bancario il n° 27653/80 presso la Banca di Credito Cooperativo della Versilia e Lunigiana. Paolo Formiconi Aprile 2001 - pag. 4 Lo studio di Fausto Marchetti, riguardante il marmo e le entrate del comune di Carrara, rappresenta un tentativo di risposta alle iniziative dell’imprenditoria locale, che è rappresentata non solo dagli industriali, ma anche dalle cooperative di escavazione e dal Consorzio cave. Queste, collegialmente, hanno contestato, in forme clamorose, la volontà di quel comune di continuare nell’applicazione della “tassa marmi”, con incrementi di tariffe molto elevati. Gli obiettivi e le finalità sono indicati chiaramente: si vuole che dalle cave, e dai produttori di marmi vengano prelevate le risorse finanziarie per fronteggiare la realizzazione dei progetti della grande viabilità di attraversamento dell’area centrale di Carrara, per isolare il traffico dei trattori e dei camion che giornalmente salgono nei bacini estrattivi e tornano a valle carichi di blocchi o di scaglie. L’ultimo censimento pubblicato dalla stampa ha registrato una cifra di oltre 900 mezzi di trasporto giornaliero. Un traffico di mezzi pesanti di enormi proporzioni che richiede, per rendere la città più vivibile un intervento urgente che solo il Comune può fronteggiare. Il vero fatto nuovo degli ultimi cinque anni, che Marchetti sottolinea, è il “mutato assetto normativo, che il comune di Carrara dispone, un complesso normativo nazionale, regionale e comunale che consente di assumere un ruolo incisivo nelle politiche del settore marmifero”. Gli strumenti normativi disponibili sono così diversi: la tassa marmi è un’imposta di consumo, che si riscuote a mezzo dell’ufficio accertamento, CON L’INFAME TASSA SUL MARMO COSÌ CARRARA ESCE DALL’EUROPA svantaggio di chi esercita quelle per i cavatori). ufficio che “costituisce il confine della zona di libera circolazione del marmo e sui derivati”. E ancora: “Il passaggio di tale confine senza previo pagamento del tributo, o senza prestazione di idonea garanzia fidejussoria o assicurativa, non è permesso”. La dichiarazione di destinazione è necessaria inoltre per accertare se i marmi sono destinati all’esportazione dal comune o se sono destinati “al consumo interno”. Tutto questo si sta verificando all’inizio del 2000 in un Comune d’Europa, dove sono state abbattute le barriere doganali e si è affermato il principio della libera circolazione delle merci e degli uomini. Fausto Marchetti, si sforza di richiamare “l’attualità e non l’anacronismo” delle norme speciali che sono a disposizione del comune di Carrara. La tassa marmi affonderebbe le sue radici nella storia locale: “Nella coscienza collettiva locale, si è tenacemente radicata nel corso dei secoli la convinzione non soltanto della giustezza del prelievo speciale, ma della costante tenuità rispetto allo sfruttamento selvaggio del bene comune”. La tassa marmi dunque come imposta riparatrice di giustizia a favore della comunità di Carrara! Nella storia la tassa sui marmi, è stata concepita prima come regalia ai Principi, poi come pedaggio per la manutenzione delle strade, infine come dazio sui marmi o tassa di esportazione, che il bilancio del Comune finalizzava a certi obiettivi sociali e opere pubbliche (porto, ospedale, case popolari, assistenza sociale e previdenzia- È stato osservato che, oggi, non siamo più all’epoca di Fabbricotti! Su quell’attività primaria che si svolge nei canaloni di Colonnata, Fanti Scritti e di Lorano, non ci campano “solo pochi”. Non sono solo gli escavatori privati infatti, legati a tradizioni familiari, ma sono le cooperative e i loro soci; sono i piccoli escavatori che fanno capo al Consorzio cave e sono i lavoratori addetti allo svolgimento del lavoro, che ne traggono oggi benficio. Si è aperto un processo che prefigura un nuovo tipo di intervento pubblico, che incide sulla struttura della produzione, sulla sicurezza e sulla razionalità del lavoro: non siamo più alla rapina spregiudicata della montagna; le nuove tecnologie di taglio del marmo hanno fatto crescere la produttività del lavoro e aumentato la produzione. Nuove tecniche ingegneristiche come le cave in galleria cominciano ad affermarsi come strade nuove per lo sfruttamento dei giacimenti di marmo. Quante sono le categorie e le professioni che a Carrara traggono il loro reddito dal lavoro delle cave? Ci sono i trasportatori, i portuali, i trasformatori senza cave, ci sono dei commercianti di marmi, le aziende di servizio che forniscono di macchinari e di utensili diamantati le aziende e le cave, ci sono i meccanici specializzati nella manutenzione degli impianti, i commercialisti, gli avvocati, i direttori di cava, i consulenti tecnici delle aziende ecc. Non crediamo che il profitto sia tutto concentrato solo nelle mani di chi gestisce le cave, ma si ridistribuisce in molti casi a I PERSONAGGI DELL’ALMANACCO VERSILIESE Gianlorenzo Berti gloria di Seravezza Una pubblicazione (edizioni Graficatre) sul poco conosciuto Gianlorenzo Berti (1696-1766), dottissimo teologo e filosofo agostiniano del ‘700 nato a Seravezza, è stata compilata da Narciso Lega, prolifico studioso locale, dopo attente ricerche archiviali nelle biblioteche di vari ordini religiosi. “Questa opera intitolata “La vita del Padre Gianlorenzo Berti (1696-1766) teologo di Sua Maestà Imperiale”, presenta alcune novità su quanto conosciuto fino ad ora del teologo Berti –si afferma nella prefazione– Innanzitutto fa vedere per la prima volta l’immagine del padre agostiniano tramite le uniche due raffigurazioni esistenti; illustra inoltre l’albero genealogico del ramo del Berti, che sinora nessuno aveva pubblicato”. Gianlorenzo Berti –cui l’Almanacco Versiliese dedicherà un capitolo– è considerato uno dei più dotti e stimati teologi del suo tempo. A 15 anni entrò in clausura nell’Ordine agostiniano. In quell’occasione assunse il nome di Gianlorenzo. Il suo vero nome era Giovanni al quale volle legato il nome Lorenzo per onorare San Lorenzo, patrono di Seravezza al quale attribuì la salvazione della propria vita durante un incendio che si sviluppò nella sua casa di Seravezza. Del ragazzo Gianlorenzo furono subito evidenti le doti di oratore e l’attitudine allo studio. Nel 1713 fu affiliato al convento di Santo Spirito a Firenze. Lì divenne conosciuto con l’appellativo de “Il Fiorentino”. Nel convento fiorentino studiò con profitto Grammatica, poi Dialettica; in quello di Roma (dal 1714 al 1716) si specializzò in Filosofia; a Genova (dal 1716 al 1717) in Metafisica; poi ancora Teologia a Firenze, a Bologna e a Padova (dal 1717 al 1722). Nel giro di pochi anni divenne conosciuto in tutti i centri culturali e all’interno di molti Ordini religiosi, e anche se i suoi scritti suscitarono aspre polemiche e dibattiti fu comunque universalmente stimato da tutti. Conosceva perfettamente il greco, ed era uno dei pochi a conoscere l’ebraico. Il greco lo studiò negli anni fiorentini dall’abate Antonio M. Salvini; l’ebraico a Padova sotto la direzione dell’abate Domenico Lazzarini. Ricevette molti titoli durante la sua carriera di studioso. Nel 1719, in seguito ad una sua dotta difesa su San Girolamo, è dichiarato Lettore di Filosofia e tre anni più tardi, nel 1722, riceve il titolo di “Baccelliere”. Nello stesso anno è ordinato sacerdote. A Pistoia, lo stesso anno, viene chiamato a tenere un Panegirico con un discorso intitolato “Delle lodi alla città di Pistoia”. Dal 1723 al 1725 è Lettore di Filosofia nelle città di Padova e di Firenze; nel 1727-28 è “Bollegialis” nella capitale. Predica missioni in ebraico a Livorno per gli ebrei, e la città fa stampare le Conferenze del Berti dal titolo “Il vero Mes- sia è già venuto”. In quella circostanza molti ebrei si convertirono al cristianesimo. Nel 1726, nel Duomo a Seravezza svolge il tema: “In lode della SS.ma Vergine di Querceta”. Il teologo Berti, chiamato da tutti, inizia a girare l’Italia. Viene chiamato dovunque: Foligno; Mon. tenero; Padova; Verona; Roma; Firenze; Rimini e Fano, sono solo alcune delle sue tappe. Nel 1733 viene dichiarato Maestro di Teologia. A Gianlorenzo Berti si deve la pubblicazione di uno dei principali Manuali di Teologia (8 tomi, composti in circa 7 anni) per gli studi maggiori in Italia e nelle province agostiniane (Polonia, Austria e Germania). Altre pubblicazioni interessanti sono: “Ragionamento apologetico”, pubblicato a Venezia nel 1759; “Vita di S. Agostino, con notizie sia sulla madre Monica che sui suoi familiari ed amici, dal titolo: “De rebus gestis, S. Patris Augustini”. Allontanatosi da Roma si reca a Pisa dove vi rimane 18 anni dopo essere stato invitato dal Granduca Francesco di Lorena. Qui, Padre Berti, completò la sua carriera diventando Lettore Reale con cattedra di Storia Ecclesiastica. Molte altre pubblicazioni produsse. Tra queste: “Dissertazioni storiche”. A Seravezza una lapide nel Duomo di Seravezza e un’altra nel loggiato della Misericordia ricordano la sua statura culturale. Massimo Tarabella la funzione primaria di coltivatore dei giacimenti. Ma le tasse, i controlli, le campagne di sfiducia, si concentrano quasi sempre sui produttori di blocchi, di informi e di scaglie: solo a loro si chiede di pagare le tasse, e si tiene ferma e si utilizza tutta quella normativa pletorica che è stata messa in piedi, che è difficile gestione e trasforma il comune di Carrara quasi come una piccola isola anacronistica nell’Europa del libero mercato e del superamento delle barriere economiche. Una nuova politica fiscale sui marmi richiede un diverso modo di pensare. Riaffiorano qua o là antichi preconcetti e, forse, devono ancora sedimentare gli effetti delle trasformazioni sociali che nell’ultimo ventennio del secolo si sono prodotte nella società apuana. Basti pensare a quello che è accaduto con la nascita e poi la scomparsa della IMEG, la nascita e il successo delle cooperative, del Consorzio cave; il ruolo Marmo Machine nella promozione internazionale del nostro distretto lapideo, le politiche del riordino della legislazione regionale sulle cave e la stessa nuova normativa fiscale che istituisce il canone di concessione, non più iniquo e irrisorio, che introduce con i piani di coltivazione, l’istituto del “contributo di autorizzazione” per lavorare la cava. Queste novità, sinteticamente richiamate, consentono di pensare seriamente ad una nuova politica anche sul piano delle entrate, che prepari le condizioni per pervenire gradualmente al superamento di quella legge nazionale sulla tassa marmi, che è una vera e propria anomalia nazionale, e non una riforma. I risultati di quest’attività primaria di coltivazione delle cave, che sono ripartiti sulla società di Carrara, devono consentire di affrontare con equità i costi rilevanti, per rendere più vivibile l’ambiente della città per eliminare tutti gli impatti negativi prodotti dal complesso delle attività per l’industria lapidea, che non sono solo le cave. L’attività estrattiva dei coltivatori delle cave di marmi di Carrara, è la fonte primordiale di una attività economica che permea di se tutta la vita sociale non solo di Carrara, ma dell’intero comprensorio. C’è consapevolezza che progetti d’intervento che diano respiro e prospettive di lungo termine alla escavazione del marmo, rappresentano una scelta importante per alimentare quella attività di valorizzazione del prodotto, che solo aziende specializzate di trasformazione, che abbiano una loro conoscenza adeguata dei mercati del mondo, possono effettuare fornendo al mercato dei lavorati prodotti di alta qualità. La concorrenza che dilaga nel mondo, con la scoperta di sempre nuovi materiali, e le capacità universali dei prodotti grezzi, ci insegna quanto sia utile, valutare la situazione del settore, nei suoi rapporti con la domanda che proviene dai mercati più evoluti. Evitando di entrare nel merito di problemi che spettano alle rappresentanze delle imprese locali e alle “inalienabili competenze del massimo organo democratico” del comune di Carrara, non sembra si possa configurare, nell’atteggiamento delle parti sociali, rispetto al problema della pesante tassazione, quel “sovversivismo delle classi dirigenti” che è stato evocato da Fausto Marchetti. Certamente esiste un’affollamento di leggi e una normativa molto elastica a disposizione del Comune in materia di tasse sui prodotti grezzi delle cave; ciò potrebbe indurre, proprio per la posizione dominante del settore nell’economia comprensoriale, per renderlo più libero ed efficiente, “a pensare anche a regole diverse”, come dice Marchetti. Fra le “entrate speciali”, da discutere, ci sta tutto il complesso delle tasse, dei canoni e del contributo. Quel “tavolo di concertazione” voluto dal Consiglio comunale, ci auguriamo possa diventare il luogo del confronto fra Ente locale e le parti sociali, in senso lato, per individuare progetti e preventivare il fabbisogno finanziario. Guido Galeotti Banca locale partner globale. Ciò che contraddistingue il nostro modo di essere banca è proprio la capacità di essere tante banche insieme in una volta sola. Per questo oggi siamo la banca più vicina ai commercianti e agli operatori economici, la banca di casa in oltre 100.000 famiglie, la banca amica dei pensionati, la banca aperta ai progetti dei giovani, la banca partner delle imprese su tutti i mercati. Una banca aperta alle esigenze di ciascuna persona, ogni giorno, con la stessa cura e attenzione. Continuiamo a crescere insieme. CASSA DI RISPARMIO DI LUCCA Più vicini al vostro mondo. Aprile 2001 - pag. 5 Le cose di Alessandra in sant’Agostino Alessandra Cancogni. Cave a Basati. cose, nelle sue acqueforti, finiscono col dire molto più di quello che comunemente dicono o fanno pensare. E avverte l’attenzione per Luigi Bartolini. Le cose recano in sé, e nella loro ubicazione, simboli e testimonianze particolari. E, se tratte fuori dal naturale contesto, propongono valori, non solo loro propri. Raffigurare le cose è conquista della pittura moderna, iniziata da Caravaggio. “Dipingere le cose” era anche un impegno fondamentale di Scipione. E, nelle incisioni della Cancogni, le cose sono spore di gemmazioni spontanee, idee, richiami lirici di emozioni ineffabili. Nel suo lavoro, c’è oggi un senso metafisico che esalta e innerva una poetica a corrente continua. Dal ‘96, quando fece una sua personale a Casa Cini di Ferrara, presentata da Franco Patruno, critico de L’Osservatore Romano, questa eccezionale grafica ha trovato una capacità nuova e assolutamente originale di leggere la realtà. Acqueforti, litografie e l’imprevedibile avventura dell’acquerello, guizzo delicato di colore nella severa eleganza del bianco-e-nero, sono l’arte stupefatta di Alessandra Cancogni. Dal 1° al 13 maggio si tiene a Pietrasanta (Chiostro di S. Agostino, Sala delle Grasce) la mostra “La mia Versilia” di Alessandra Cancogni. Il mare e la montagna sono le grandi passioni di Alessandra, per cui la Versilia, avvolta nello scenario imponente delle Alpi Apuane e distesa lungo il Tirreno, è sempre stata ed è il suo habitat naturale. Anche se vive e opera a Firenze. I piccoli paesi arroccati sul cucuzzolo dei colli, sulle pendici dei monti; i metati anneriti; i castagni, farnie, noccioli e ontani; le marginette della devozione popolare; le marine sferzate dal libeccio sono i soggetti delle sue straordinarie incisioni. Usci stinti, finestre con le grate, davanzali di prospettive, campanili, sabbia vellutata e fantasiosi straccali hanno il valore di strumenti dai suoni eterni. Non fra storte e alambicchi, dunque, si distilla la sua poesia, ché nel suo lavoro tutto è “dritto” e preciso. L’uomo non si vede: se ne avverte però la presenza. È la sua storia senza date, la cronaca antica e nuova, la vita spigolata nell’umiltà di poche biolche di terra scoscesa o in riva la mare, fra reti, tramagli e ombrelloni. L’incisione è una mezzadrìa tra disegno e scultura; è una sorta di raffinatissimo bassorilievo, che poi si trasferisce sulla carta, mediante l’arte della stampa. Pietrasanta, città d’arte e di splendidi artigiani, ha avuto celebri scultori e pittori illustri; e, nella seconda metà dell’ottocento, un incisore di grande talento: Angelo Ardinghi. La mostra di Alessandra Cancogni, nella sala Grasce del S. Agostino, può avere perciò anche il significato di un affettuoso omaggio a chi ha saputo far grande questa città. Le grasce anticamente erano i granai, i depositi dei viveri. Presentando la sua prima personale, Marcello Venturoli indica la sua fondamentale ricerca all’interno delle cose. Le Come presidente di questa nuova associazione, ho il piacere di annunciarvi che il 5 marzo 2001 è nata “Handiamo! Versilia” presentata da un convegno che si è tenuto presso l’auditorium della scuola media di Marzocchino. Sono stati illustrati agli ospiti, ai ragazzi della scuola media ed ai cittadini presenti, alcuni filmati delle recenti Paraolimpiadi tenutesi a Sydney. Ha condotto la giornata Stefano Silva di Tele+. Perché “Handiamo! Versilia?”. Dopo la mia esperienza come atleta guida di Lorenzo Ricci alle Paraolimpiadi, mi sono reso conto che circa l’ottanta per cento dei disabili non ci nasce ma ci diventa ed è per questo che abbiamo ancor più il dovere di rimediare a ciò che ab- HANDIAMO VERSILIA! biamo sempre trascurato. Per circa venti giorni ho vissuto a stretto contatto con questi ragazzi. Qualche volontario di qualche associazione potrebbe dirmi: “Io sono anni che ci vivo a stretto contatto”. È vero, ma io ci ho vissuto in un villaggio Olimpico dove loro potevano muoversi liberamente in completa autonomia. Pochissime erano le volte che avevano bisogno di piccoli aiuti (quando stiamo male tutti abbiamo bisogno di piccoli aiuti). Vi assicuro che questo villaggio non era niente di particolare, le corriere che vi circolavano avevano un sistema che con una pedana potevano salirci anche le carrozzine; ma questo anche in tutta Raffaello Bertoli FRANCESCO È nato Francesco, figlio dell’avvocato Andrea Verona e di Beatrice Galeotti. Un benvenuto al piccoletto. Ai genitori, alla sorellina Elena che l’aspettava da cinque anni, ed ai nonni Giorgio, Liana e Renza i complimenti e gli auguri di Versilia Oggi e del suo direttore in particolare. Sydney, i marciapiedi e i locali non avevano gradini ma scivoli, e questo in quasi tutta la città australiana. Persino i treni sono concepiti per far salire le carrozzine autonomamente: Sydney è così perché nella mentalità di quel popolo non vi è una barriera culturale che favorisce la barriera architettonica. Per questo “Handiamo! Versilia” vuole proporre un punto di vista diverso cercando di stimolare anche la Versilia ad attrezzarsi in tutti i sensi ed in tutti i settori. Non sarebbe bello per una persona in carrozzina residente a Seravezza, poter salire un giorno da sola su un pullman ed andare a Forte dei Marmi o a Pietrasanta in completa au- IL GITARIO di [email protected] LE “MARMITTE” COSÌ SONO INACCESSIBILI tonomia e poter entrare in qualche locale, bar o quel che sia, fare spese o magari una partita a carte? I nostri programmi prevedono di far conoscere a tutti quello che è lo sport per i disabili e questo cercheremo di farlo nelle piazze più affollate affinché anche casualmente venga riconosciuto il valore di queste persone. I soci fondatori sono Roberta Lombardi, Francesca Calamari, Elena Martinelli, Gianni Del Medico, Enrica Tealdi, Maria Laura Bandelloni e don Gianluca Martignetti. Abbiamo programmi molto ambiziosi e se prenderanno forma vi terremo aggiornati anche grazie a “Versilia Oggi” che ci darà una mano a comunicare i nostri sentimenti. è impossibile superare i risalti più ripidi e presentando qualche difficoltà di natura alpinistica, ivi compreso qualche passaggio di secondo grado; qui sono d’obbligo le calzature da montagna ed è consigliabile l’uso della corda per farsi sicurezza (qualche chiodo fisso per assicurazione si trova lungo la via). Si possono raggiungere così le marmitte più alte, una più bella dell’altra, per arrivare infine al Passo Fiocca (m. 1550 s.l.m.), ben visibile anche dal basso: una grande sella di marmo liscio, di cui non conosco l’eguale in tutte le Apuane, sovrastata dalla parte sommitale della Penna di Sumbra (m. 1765). Da qui si può scendere ad Arni per il facile sentiero del Fato Nero, dove si trovano i migliori giacimenti di funghi della zona. La salita oltre la prima marmitta sarebbe resa molto più facile e sicura se, almeno nei punti difficili o più esposti, essa venisse attrezzata con corde fisse, scalette fisse, anelli per assicurazione: la salita al Passo Fiocca per la via delle “marmitte dei giganti” potrebbe così diventare una delle più belle tra le gite accessibili anche ai non esperti di alpinismo, non avendo nulla da invidiare per interesse naturalistico e panoramico alla traversata della cresta dell’Altissimo, alle ferrate del Forato e del Procinto, alla traversata della Pania della Croce da Mosceta alla Bora di Canala. Ma se anche non si vuole attrezzare il percorso per renderlo più facile nella sua parte media e alta, occorre almeno segnalare la parte più bassa, fino alla prima marmitta, che potrebbe costituire una attrattiva importante anche per i gitanti della domenica in scarpe da tennis, per i ragazzi in vacanza che vogliano interrompere la vita di spiaggia e vedere qualche cosa che difficilmente troveranno altrove. Basterebbe qualche manifesto ben fatto lungo la costa, qualche indicazione ben visibile sulla strada del Cipollaio. E non guasterebbe, nei pressi della marmitta, qualche didascalia esplicativa sul modo in cui essa si è formata, nonché l’avvertenza di non trattenervisi in caso di temporale o di piogge intense: il torrente può “risvegliarsi” all’improvviso e diventare molto pericoloso. Marco Del Medico Pietro Ichino Dal Passo Fiocca, lungo la parete sud della Penna di Sumbra, scende un torrente –secco per buona parte dell’anno– il cui letto è interamente scavato nel marmo bianco. Dove la pendenza si fa più ripida, la caduta dell’acqua ha scavato delle vasche circolari di molti metri di diametro, che costituiscono uno spettacolo naturale raro e di grande bellezza: le cosiddette marmitte dei giganti. La più bassa di queste è raggiungibile agevolmente in dieci minuti a piedi dalla strada che scende dal Cipollaio verso Castelnuovo. Ma nessun segnale aiuta il turista a trovare il punto in cui lasciare la strada. Il punto giusto si trova a circa 3,6 chilometri dall’imbocco nord della Galleria del Cipollaio, un centinaio di metri prima di una torretta dell’Enel che quest’estate recava una grande scritta in rosso: “Sono con te”. Da qui (circa a quota 600 s.l.m.) si diparte in discesa verso sinistra (per chi scende dal Cipollaio o da Arni) una stradina sterrata, che raggiunge in breve il greto del torrente – la Turrite Secca– in corrispondenza con una cava dismessa. Una grossa scala di ferro fissa consente di uscire dalla cava e proseguire verso l’alto camminando agevolmente sul marmo liscio che costituisce il letto del torrente. Poco sopra si può ammirare la prima grande “marmitta”. Per chi voglia proseguire, le cose si fanno più difficili: dei segni gialli indicano il percorso, che segue il letto del torrente spostandosi sulle sponde nei tratti in cui Aprile 2001 - pag. 6 Quando le mucche erano savie A proposito di mucca pazza: non ho ancora capito il perché gli allevatori usino mangimi e farine animali per le loro bestie; forse perché così hanno un utile maggiore di guadagno, oppure fanno meno fatica per accudirle? Negli anni sessanta del secolo passato, abitavo alle polle di Vaiana; mio figlio studiava e mio marito si trovava in Belgio a lavorare nelle miniere di carbone; la mia nonna Ména non stava con me però veniva spesso a trovarmi, così un giorno le dissi: “Vorrei mette su una vitellina e allevalla per rivendila, così guadagno qualche cosa; se m’insegni come si fa, la compro”. Lei rispose subito con entusiasmo: “Eò… proviemo”. Feci aggiustare una stalletta con la mangiatoia e un pomeriggio partimmo a piedi io e la nonna, per andare a visitare una grande stalla piena di vitellini a Marina di Pietrasanta. Sul posto la nonna dimostrò subito la sua competenza: conosceva le razze, guardava, tastava e commentava: “Deve esse co’ l’ossatura grossa, così se le governiamo bene, mette su tanta ciccia”. Ne scelse una bianca e nera che mi recapitarono il giorno dopo; intanto la nonna mi aveva mandato al mulino per comprare un chilo di farina di gra- no, uno di farinetta, uno di tritello e uno di semola, cioè tutta la sequenza del grano macinato. La vitellina era abituata solo al latte e così la nonna incominciò a farle sentire la farina bianca diluita con un pò di acqua tiepida; ci volle tempo, ma la bestia apprezzò quei beveroni e quelli seguenti con le altre farine. Per abituarla all’erba e al fieno glel’accostavamo alla bocca, poi incominciai a lasciarla nei prati che avevamo vicino alla casa, ma purtroppo l’erba che vi cresceva era rada e di qualità scadente perché non venivano più quelli del letame come una volta. Perciò con un paio di stivali, entravo nei fossi e con la falce, tagliavo la “sberna”, una specie di alga che cresce, sopra l’acqua stagnante e che la vitella incominciò a mangiare avidamente. Tutto procedeva bene, ma una mattina entrando nella stalletta, mi accorsi che durante la notte la manzetta era cresciuta troppo; infatti capii subito che era gonfia come un pallone. Oddio! Quando venne la mia nonna incominciai a lamentarmi “Voi vede’ che more?” Lei mi faceva coraggio: “Aspetta a disperatti; vederai che si trova il rimedio; intanto vammi a piglia’ la canna dal vino”. Andai a prendere la canna che era di gom- ma e lunga circa due metri, convinta che con quella volesse farle un clistere, invece con delicatezza glie la introdusse in bocca; spingeva piano piano e mi spiegava: “Ci vorà del tempo perché c’è da trovà il punto giusto”. Non dimenticherò mai quei momenti: ad un tratto sentii come un leggero sibilo e la pancia della bestia si afflosciò come fa una palla quando si buca e tornò di dimensioni normali. Sortilegio o magia nera? Niente di tutto questo: la nonna aveva semplicemente premuto con la canna un punto nel corpo della manzetta facendo così uscire l’aria che l’aveva fatta gonfiare. In seguito andò tutto bene e venne il momento di vendere la bestia diventata grande e robusta. Poi ne comprai altre, però il guadagno era poco e la fatica tanta, così abbandonai l’impresa anche perché nel frattempo la mia nonna era venuta a mancare. Certo il mio fu un caso limite; è impensabile che oggi gli allevatori usino i metodi di una volta, però la natura ha le sue leggi: fisse, ataviche, collaudate nel tempo; si possono modificare un po’, ma non sovvertire del tutto, altrimenti succede quello che accade oggi con la mucca pazza: la natura, appunto, si ribella. Leda Quintavalle Falasca IL PALLONE A SPIGOLI DI COIO A volte basta un gesto o una figura a mettere in moto la macchina dei ricordi. Giorni fa a Seravezza, e precisamente al palazzo Mediceo, il di della “festa” al dottor Carnicelli per il lavoro svolto nell’ambito del territorio comunale in tanti anni, ero lì con le bande di Azzano e Riomagno, riunite per l’occasione. Tanto che si aspettava di suonare, nel campo sportivo lì davanti dei ragazzi giocavano una partita di pallone. Dattidichè, su un tiro alto, un giocatore salta per dà di testa, ma sbilanciato finisce per terra (si pe’ tera che lì l’erba un’esiste proprio). In quel momento m’è parso di rivede’ il nostro stradone, campo di tante partite, sasso più sasso meno. Piansi tanto quela volta che, quando il mi’ cugino ripartì, mi lasciò il pallone. Era vensuto in Italia con su’ pa’ e su’ ma’ e, quando ci veniino a trova’, un’aveino mai le mane vote, qualco’ portaino sempre, ma quela volta il pallone ’un d’era pe’ me. Visto però com’erino ite le cose, per fammi smette di raglià, melo lasciarono e così, feci presto a smette: faceo di que salti di gioia, mi par di rivedemmi. Era un pallone di coio, n° 5, di queli da dagli la sciugna, completo di stringa e camera NOZZE D’ORO Gli amici carissimi Luigi Jenco e Maria Teresa Luciotti hanno festeggiato il 50° anniversario delle nozze avvenute nel 1951 nel duomo di S. Lorenzo in Seravezza. Ce l’ha ricordato la sorella Magda con i figli Gabriella, Antonio ed Angelica. A Gigi, sostenitore e Magnifico di Versilia Oggi, alla sua impareggiabile consorte ed alle loro figlie Anna Camilla ed Elena, mariti e nipoti, l’augurio più affettuoso del nostro direttore. Ad multos annos! d’aria. Essì i palloni al mì tempo erino così, i più grandicelli lo ricorderanno. Anco le squadre n’aveino uno, mìa come ora che da tanti che ce n’hanno c’intrampolino! Pe’ gonfiallo c’era d’anda’ in Pozzi dal ciclista, sì quello che il Becchino gli fece anco una canzone; e ora un mi ricordo come si chiamava, ma avete capito. Lù aveva la valvola e la pompa, si gonfiava come a gonfia’ una bicicletta eppò un’era mai gonfio ammo’. Ma questo contava pogo. Quello che c’è di bello in questa storia è che, essendo ancora cicco, quando volevo giocacci e portavo fora il pallone, arivaino que’ bighelloni più grandi e ci giocavino loro. Magari mi daino du figurini, quel che è vero è vero ero pe’ gli affari: Quella mattina ariva il mi’ amico e mi fà: – Oh Antò, lo pigli il pallone che si gioca io e te è? – No! E giù un moccolo, perché almeno quelli li sapeo. – Perché? Che t’ho fatto! – Te nulla! Ma come lo porto fori ci giochino que’ pecoroni più grandi e noi lische! – Mah, ma unno vedi che siemo soli! – Allora sta a vede’ e doppo dì se un’aveo ragione. Un’erino anco passati dieci menuti ed aveimo datto si e no du’ calci quando i bighelloni comincionno arrunassi, parea avessero sonato il tam, tam. – Antò, ce la fai fa’ una partita che è la rivincita di glieri. E dai no, tu e lù fate i segnalinee. Eppo’ toh, vi si regala du’ palline di tera cotta a testa. – Che t’aveo ditto, testa piena di ballotti e ora? – Antò, Antò, ariva anco il tu fratello Tito. – Ei ora su’ungnelo dò mi bacola, così siemo a posto: s’è bel- le e rigiocato noi. Po’ a che servivino i segnalinee nelo stradone? Di spalle c’eno i monti, a destra il muro di Ferruccio, a sinistra il muro del Marina’, a monte il muro col cancello usato come porta, e lato mare la rete dell’oliveto del prete. Ma quale linee c’era da segna’? Ci s’arrampicava sul muro, Imolona permettendo, perché se lé era ala finestra e ci vedea ce lo dava il cacao! Avea paura che cascassimo di sotto, infatti uno di noi un giorno prese una pallonata nel muso e casco’. Un si fece nulla, ma il giorno dopo vense co’ du’ occhi neri che parea l’omo mascherato. Il bello di quele partite lí era che il pallone colla stringa andava bene fino che coppiedi, magari scalzi, un lo coglievi in pieno oppure quando davi di testa. Dal fondo rimetteva in gioco chi avea le scarpe e le più volte volava anco la scarpa. Così quando il pallone veniva colpito con la testa proprio su la stringa, i giocatori parea si svenissero, gli occhi gli giravino sottosopra come le tre cerage girino nel batamme, eppo’ gli rimanea la stampa dela stringa fino a sera. E quando invece pigliavino la stringa coppiedi scalzi, andaino a zoppagalletto pe’ lo stradone. Così, fra stincate e botte per tera, scappucciate, moccoli e altro vocabolario vario, a fine partita erino tutti sgrugnati. Ma a loro li gli facea dichè, aveino visto la guera nel muso. Finivino di gioca’ a buio e il pallone bastava me lo riportassi a casa. Quele partite lie ’un si vedino gnanco ala televisione quando gioca la nazionale, volete mette. Ma un giorno il pallone si scugì e issoldi pe’ portallo dal calzolaio l’aveimo lí, e così finì il divertimento di tutti. Antonio Bandelloni 1844. LA PRIMA FILARMONICA IL PRIMATO DI SERAVEZZA Fino allo scorso anno 2000, sembrava che la più antica Banda musicale fosse quella di Farnocchia, nata 150 anni prima. Da qualche anno, l’attuale Presidente della Premiata Filarmonica dei Costanti Enzo Silvestri era intento alla ricerca di dati certi sull’anno di fondazione della Società musicale che presiede. Frugando in diversi archivi e ricevendo qualche informazione da privati in possesso di vecchie carte, è riuscito a raccogliere alcuni documenti di grande interesse, il più antico ed importante dei quali comprova inequivocabilmente che la Società filarmonica seravezzese era già costituita il 2 giugno 1844. Ciò dimostra che la data di fondazione può farsi risalire a quella data. Anche se mancano, per ora, dati anteriori al 1844 è comunque assai presumibile che la Società sia stata costituita in anni precedenti. Da quanto detto, perciò, il Corpo musicale seravezzese può fin d’ora vantarsi di essere il più antico fra quelli versiliesi, celebrando, nel 2001, il suo 157º anniversario. Il presidente Silvestri prosegue le sue ricerche per arricchire la documentazione in suo possesso e rintracciare, se possibile, notizie ancor più antiche. La data 2 giugno 1844 è stampata in una lettera-opuscolo, edita come supplemento al periodico parrocchiale “Giovine Ape” dalla Tipografia Fratelli Frediani di Massa il 6 giugno 1844 in occasione delle “Solennità Eucaristiche”. La lettera-opuscolo era stata redatta dal proposto dell’epoca don Alessandro Vincenti e dedicata «Al presidente della Società Filarmonica, l’eccellentissimo signor dottor Angelo Vannucci» poiché conteneva una lunga serie di elogi all’arte musicale e delicati, dotti giudizi sulla musica, come voce ed espressione dello spirito divino. Narciso Lega RINGRAZIAMENTO Egregio direttore, siamo la famiglia di Giovanni Gherardi di Cuneo e la vogliamo ringraziare di aver ricordato il babbo sul giornale “Versilia Oggi” a lui ed a noi molto caro. Lo leggiamo sempre con piacere, per noi è un filo conduttore con la Versilia, che ci fa sentire meno lontani. Grazie e cordiali saluti. Famiglia Gherardi L’ultima lettera di Franco Carissimo amico Giò, il viso come la donna amata, e Non immaginavo di diverti mandare i miei auguri dal Tabarracci. Sono ricoverato qui per una brutta edema polmonare, ma sono in via di guarigione, e spero per Natale di essere a casa. Poi una leggera ischemia alla mano mi fa scrivere così orrendamente. Quale differenza fra questi lindi lettini e le cuccette dell’“Espresso” e della “Emma”. Là, si sentiva il colpo di mare contro il moscone, il sibilo del vento, l’odore, profumo, di quello che veniva su dal gavone, lo scazzaburlo che veniva a baciarti l’odore della salsedine. Insomma Giò, c’era una cosa che ora non c’è più: ‘la gioventù’. Ero un giovanotto di 20 anni, matricola 86795, che dal 1940 in poi combatté con onore per la Patria, diventò un’eroe anche se sconosciuto, ma pur sempre un’eroe. Allora Giò io adesso sono da ripone. Tanti affettuosi auguri alla tua signora, a tutta la tua famiglia sparsa per l’Italia ed auguri ai numerosi libri da te scritti. A te con amicizia. Franco Polacci UN ESEMPIO Da DIlei VITA ho imparato tanto, laÈ con grande tristezza che mi accingo a ricordare la cara Roberta Alessandrini, figlia di Garibaldo e sorella di Silvano. È deceduta lasciando nel dolore la figlia Luciana, i nipoti Maurizio e Alberto con le rispettive mogli e i pronipoti Martina e Filippo, nonché tante persone amiche che, come me, la portano nel cuore. Era una persona eccezionale. Per lei l’amicizia era sacra, in casa sua tutti i giorni c’erano tante amiche che lei adorava e con cui le piaceva stare in compagnia. Voleva parlare di tutti i ricordi del passato e di suo fratello Silvano. Le piaceva la poesia, l’arte, la cultura ed anche la buona cucina. vorava bene con i ferri, con l’uncinetto, ricamava, non poteva stare senza fare niente. Conserverò gelosamente un fazzolettino che mi regalò un paio di anni fa con tutto in giro un pizzino fatto con l’uncinetto con filo molto fine. Nel 1988 perse improvvisamente il suo caro sposo Renato Celi, ma non volle mai andare ad abitare con la figlia a Treviglio. Preferiva stare qui nella sua villetta in mezzo al verde di via Federigi dove ha concluso la sua vita. Amava questo nostro giornale e l’aspettava con ansia tanto che io le avevo rinnovato l’abbonamento. Mi manca tanto. Maria Giovanna Aliboni Aprile 2001 - pag. 7 È UN TARABELLA DA AZZANO RIFLESSIONI DAVANTI A PROMESSE CAMPATE PER ARIA Sindaco in Belgio MEGLIO UN UOVO OGGI CHE UNA GALLINA DOMANI Già nel 1994, Marc Tarabella, nato a Ougrée (Belgio) l’11 marzo 1963, e figlio di Bruno Tarabella, nato ad Azzano (Seravezza), era uno dei più giovani sindaci del Belgio. La sua lista aveva ottenuto sette dei tredici seggi del consiglio dopo i precedenti 18 anni passati tra i banchi della minoranza. Sei anni dopo, guidando la sua lista di socialisti e di cristiani di sinistra, Marc ha realizzato la più forte percentuale ottenibile in un paese come il Belgio ottenendo 64,3 % dei voti (+ 19 rispetto al successo ottenuto sei anni prima). Adesso il suo gruppo ha dieci dei tredici seggi. Tarabella con i suoi 1255 voti su 2648, ha ottenuto il 47,3 % dei voti personali realizzando così il terzo risultato assoluto. Il suo gruppo è composto da cinque donne e cinque uomini e la giunta è una delle più giovani del Belgio con 37 anni di età media. Versilia Oggi gli esprime i complimenti più affettuosi. Caro direttore, si rivà a rivotare. Dicono che si cambierà tutto. Io non ci credo. Dicono anche che leveranno le tasse e così chi ci rimetterà saremo noi poveri pensionati. Da dove prenderanno i soldi se diminuiranno le entrate? Ognuno tira l’acqua al suo mulino e la propaganda farà il suo gioco. Per quanto riguarda la Versilia la cosa migliore sarebbe quella di fare un Comune unico. Sarà il modo miglioreper risparmiare dei miliardi buttati al vento. Saluti tutti gli amici di Pruno e Volegno. Cesare Baldi Caro Baldi, così mi dai l’occasione di parlare ancora una volta di politica e ne ho poca voglia. Lo schifo mi ha ormai avvolto quasi completamente. Sono anni che UN LIBRO DI GIORGIO MAGRI ANCHE NELLA MUSICA SIAMO A ZERO Tra i compositori, sei grandi versiliesi nell’ultimo secolo. La musica e i musicisti della Versilia. E’ il titolo dell’ultimo libro di Giorgio Magri che le edizioni del Dialogo hanno recentemente messo in libreria. L’autore si domanda subito: ha la Versilia una propria storia della musica? E risponde: assolutamente si, anche se dalle considerazioni fatte dagli abitanti potrebbe sembrare di no, al punto che ho ritenuto opportuno questo studio che, dopo aver illustrato la situazione musicale così come si presentava nell’Ottocento e nel secolo scorso, si limita ad esaminare la situazione dei compositori che hanno visto la luce in Versilia. Magri ne cita sei, analizzandone la qualità con l’aiuto anche di diversi esempi musicali. Un lavoro per molti versi sorprendente, che vuol restituire una perduta dignità ad un’arte straordinaria che ha contribuito, e non poco, ad arricchire la civiltà versiliese. Facciamo subito questi nomi: Cesare Galeotti (di cui il Magri ha parlato anche nell’ultimo numero di Versilia Oggi, proponendo l’intitolazione a suo nome del teatro comunale di Pietrasanta o in via subordinata l’apposizione di una lapide sull’esterno del teatro stesso), Stefano Bottari, Enzo Ceragioli ed i Cipriani, Roberto e Silverio. Cronologicamente il primo maestro compositore fu Roberto, nato a Farnocchia il 20 giugno 1826, vissuto fino a 85 anni. Sua una composizione sorprendente: l’opera lirica intitolata “A, B, C”, uno splendilo lavoro che fa stupire per essere stato pensato e realizzato in un piccolo paese sperduto (allora ben più di quanto lo sia oggi) fra i monti apuani. Silverio, suo nipote, nacque anch’esso a Farnocchia nel 1863 e morì a Venezia a 84 anni, prete salesiano. Stefano Bottari nacque a Pietrasanta nel 1865 e il suo nome è ancor oggi ricordato (da pochissimi, sia ben chiaro!) per uno Stabat Mater composto per coro e complesso bandistico. Morì alla Spezia a 77 anni. Nella stessa Pietrasanta nacque anche quello che Magri definisce il più gran musicista che la Versilia abbia avuto: Cesare Galeotti. Era il 6 giugno 1870. Ancor giovane si spostò a Roma e poco dopo a Parigi, dove si consolidò gran pianista e compositore, si creò una famiglia e un suo modo musicale, ma non rinnegò mai la propria terra natale. Ebbe fama internazionale soprattutto come autore: la sua opera teatrale “Anton” fu rappresentata alla Scala nel febbraio 1900, diretta da Arturo Toscanini e l’altra sua creazione, “La Dorise”, trovò al teatro de La Mannaie di Bru- xelles un successo ancor maggiore. Commenta il Magri: “non è che la Versilia abbia fatto molto per ricordarsi di questo figlio prestigioso”. Un altro maestro di gran prestigio, anch’egli poco ricordato dai suoi conterranei, è stato Enzo Ceragioli, nato a Seravezza l’11 ottobre 1908. Divenne famoso nel campo della musica leggera, soprattutto attraverso alcune belle canzoni che hanno fatto conoscere il suo nome in ogni angolo d’Italia. I versiliesi dovrebbero fargli un monumento solo per avere composto una canzone colma di struggente malinconia per la sua terra natale, intitolata “Nostalgia del mio paese”. Magri aggiunge però che del Ceragioli devono essere ricordati almeno tre lavori importanti, composti fra il 1972 e il ’73: “Cirra”, ”La danzatrice di Chio” e “Balletti sui segni zodiacali”, un inno quest’ultimo alla Versilia. Ma chi le sa queste cose, amici lettori? A quelli finora citati va aggiunto il nome di Giorgio Magri, musicista e compositore, nato a Pietrasanta nel 1927, un mese dopo il direttore di Versilia Oggi. Il maestro Borlenghi ha scritto di lui che “Memoria di un eccidio”, dedicato a S. Anna di Stazzema, rappresenta un capolavoro , che la sua opera teatrale “La resa” è ricca di teatralità, è musica vitale in cui gli strumenti e le voci sono trattate con grande perizia e che il “Concerto per pianoforte” è stato un’opera riuscitissima. Magri ha composto più di sessanta lavori musicali ed ha pubblicato una decina di libri in materia. Alcune musiche di Giorgio hanno goduto di una certa risonanza, tant’è vero che un suo brano per pianoforte ed orchestra, “Impressioni al Central Park”, vinse un noto concorso internazionale e che “Primavera a New York” ha varcato l’Atlantico approdando a Manhattan. Giorgio Magri conclude il suo libro sostenendo che la Versilia non è una terra nella quale la Musica sia tenuta in molta considerazione. Lo prova non soltanto il fatto non ricordare i suoi compositori, ma anche la pressoché assoluta di una vita musicale artisticamente valida. Assenza che indica chiaramente l’indifferenza della popolazione verso questa forma d’arte. Ma la Versilia è in ogni modo terra di musicisti com’è provato dai maestri che hanno formato oggetto del libro di cui abbiamo parlato. Non è possibile smentire quanto sostiene questo grande esperto in materia. Forse tutto è dipeso dalla scuola, pressoché assente nel settore nel settore musicale. Certo molto dipende dalla mancanza di teatri ade- guati. Dall’unità d’Italia, passando per il fascismo, ad oggi i politici hanno ignorato completamente le grandi possibilità che alla Versilia sono state offerte in passato. Basterebbe citare Puccini e la non realizzazione del Puccinianum da almeno cinquant’anni promesso alla gente che fa turismo. Ci si è messo recentemente anche il sindaco di Pietrasanta assicurando che verrà realizzato in via Olmi il progetto Portoghesi. Noi l’abbiamo preso sul serio, ma non abbiamo avuto nessun riscontro ed ecco perché abbiamo la netta sensazione che si tratti di un’ennesima bufala. Ha ragione Magri: la Versilia non è terra dove la Musica sia presa in seria considerazione. Giorgio Giannelli ABBONAMENTI In attesa dell’Almanacco Molti lettori ed amici sono in attesa dell’Almanacco Versiliese che ritarda per motivi del tutto indipendenti dalla nostra volontà. Speriamo nel prossimo numero di poter finalmente annunciare che il primo volume della serie è giunto in libreria. È stata una fatica immensa, superiore certamente alle forze di cui disponiamo. Intanto continuano a pervenire anche gli abbonamenti raddoppiatori-sostenitori. Questo mese ringraziamo Mirella Baroncelli, Enrico Morin, Mirella Sprovieri, Angelo Maiorino Adducchio, Benito Berti, Giorgio Cherubini, Giovanni Raffo, Laura Buti, Teresa Giannaccini, Mauro Bramanti, Rosanna Pellizzari, Umberto Schouten, Giuliana Quarisa Magistrelli, Guglielmina Bigini, Doria Romei, Riccardo Maria Cavirani. Sono i nominativi di coloro che dall’inizio dell’anno ci mandano una somma superiore a quanto richiesto, e che capiscono che solo così si può assicurare lunga vita a questo nostro piccolo giornale. Spesso anche noi ci domandiamo come abbiamo fatto a resistere così, battendo ogni primato, almeno nella storia del giornalismo versiliese che pure ebbe, fin dai tempi degli Anselmo Bigongiari e Luigi Salvatori, degli antenati importanti. In un’epoca in cui i valori sono messidaparte,noic’èl’abbiamofatta. Da noi interrogato un giovane illustre collega, Aronne Angelici ha così spiegato il perché: “Semplice –ci harisposto–ilfattoècheVersiliaOggi è l’unico giornale alternativo”. Sarà. non vado più a votare. Poi leggo quanto scrivono Lorenzo Marcuccetti e Giorgio Salvatori in prima pagina, poi sento quello che dice Indro Montanelli. E allora riandrò a votare anch’io, tappandomi il naso dalla puzza che sento. Del resto lo stesso Montanelli così faceva quando era costretto a votare per la Democrazia cristiana. Come ho spesso annotato nei mesi precedenti ho l’impressione che, dopo Tangentopoli, ci sia stata una forte ripresa dei “soliti ignoti”, più forti ed arroganti di prima. Chi mi conosce sa che non sono mai stato tenero con le sinistre, anzi sono sempre stato anticomunista, così come del resto la mia bandiera è tuttora quella della netta avversione al fascismo e non solo quello in camicia nera.. La nostra Versilia è sempre stata governata dalle sinistre o giù di lì.La Toscana è un feudo socialcomunista. Questo è un dato di fatto dal quale partire. Io stesso sono stato vittima di discriminazioni costanti se non d’autentiche mascalzonate. Ho pagato cara la mia indipendenza e la mia ribellione a qualsiasi forma di prevaricazione. Debbo dire però che ho potuto scrivere da 35 anni a questa parte tutto ciò che ho voluto, senza peli sulla lingua, al punto che sono stato definito un Bastian contrario ed il mio amico Angiolino Silicani mi dà addirittura, e su questo stesso mio giornale, della Pecora nera. Osservo anche che la mia è stata una scelta di campo in piena libertà e che, se qualche persecuzione ho ricevuto, mai nessuno si è permesso di pretendere di chiudermi la bocca. E ci sono tanti modi per tappare la bocca a qualcuno e non solo fisicamente. Questo per dire che, nonostante tutto, questo “regime” ci ha per lo meno permesso di vivere in libertà. E ti par poco, abituati come s’era in passato a subire qualsiasi forma di prepotenza? Noi siamo stati comunque e siamo in un regime, osservati, ma finora liberi di esprimerci come abbiamo voluto. Sarà poco, sarà tanto, a me pare sufficiente almeno per sopravvivere. Adesso vengono fuori quelli del cosiddetto Polo della libertà, appunto. Se non sbaglio però qualcuno che oltre mezzo secolo fa non era tanto amante della libertà si trova proprio accanto, al fianco, o sopra o sotto, o di traverso, a chi sbandiera ai quattro venti questa fatidica parola. Ho scritto qualche libro sul periodo storico attraversato dalla Versilia dal 1919 al 1945 per dire che qualcosa di poco simpatico è avvenuto nel cosiddetto ventennio. Non la starò a far troppo lunga. A buon intenditore poche parole. Se le carte sono quaranta, ho l’impressione che il 13 maggio ci troveremo davanti ad una svolta epocale. Si chiude la Repubblica fondata sul lavoro, ossia la Prima Repubblica, ed allora io che a questo punto mi sento un conservatore ed ho paura dei salti nel buio e, come te, delle roboanti promesse di radicali mutamenti, mi attacco a quel poco di libertà che ci siamo conquistati e dico NO ai sostanziali quanto incredibili mutamenti. Tanto più che sono arciconvinto che le cose rimarranno quelle di prima, o di sempre che si voglia dire. L’Italia è la patria del Gattopardo. Per cui non saranno certamente i nuovi-vecchi arrivati che ridurranno i poteri forti, che aboliranno l’inutile Senato, che ridurranno il numero dei parlamen- tari, che renderanno la politica accessibile a tutti. Lo stesso sistema elettorale è una gabbia nella quale siamo cascati e, chi vincerà con questo sistema, non avrà certo nessun interesse a cambiarlo. Ed io invece lo voglio cambiare. Per conservare quel poco di benessere che ci siamo conquistati, come ho già scritto il mese scorso, preferisco non cadere dalla padella alla brace. Mi dirai: ma allora vuoi rimanere nella padella, con l’olio bollente che ti brucia la pelle? Rispondo. sempre meglio la padella della brace, perché nel fuoco si brucia per sempre. Nella padella c’è sempre la speranza di saltare di fuori, a forza di agitarci. E noi sono cinquantanni che ci agitiamo. Ho passato il tempo dei sogni e mi trovo davanti la realtà che abbiamo voluto: la fine del fascismo, la fine del comunismo. E mi sembra che, contrariamente alle parole dell’ultima canzone di Gaber, qualcosa la nostra generazione, sia pure favorita dal contesto internazionale, è riuscita a fare. Non siamo del tutto falliti, perché i risultati sono davanti ai nostri occhi: fine delle dittature almeno in Europa e benessere generalizzato. Ecco perché, oggi, mi sento un conservatore. Qualcuno vorrebbe la fine anche del capitalismo. Diamo il tempo al tempo, ma non corriamo verso l’autodistruzione. Accenni alla diminuzione delle tasse e tocchi un tasto serio: se diminuiranno le entrate –scrivicome faranno a pagare le pensioni alla povera gente? Hai centrato l’argomento: meglio un uovo oggi che una gallina domani. Noi in Versilia abbiamo la tassa sull’aria, cioè a dire la bolletta del Consorzio della cosiddetta bonifica. Insieme all’ingegner Luigi Pellizzari ho chiamato in causa lo stesso Consorzio e mi sono rivolto alla Magistratura. Sono anni, non ricordo neppure quanti, che aspettiamo la prima udienza. I rinvii avvengono di sei mesi in sei mesi. E’ stato nominato un perito super partes e questo perito manda a dire che è sempre stato nell’impossibilità di presentare la perizia. E nessuno del Tribunale ha mai pensato di sostituirlo. E si tratta di una causa sociale, formulata cioè nel pubblico interesse. Te lo immagini come funziona il resto della Giustizia in Italia? E tu pensi davvero che il nuovo “ghe pens mì” abbia qualche interesse a far funzionare la Giustizia come dovrebbe? Ora siamo nelle mai dei nostri compatrioti. La storia la conoscono. Se voteranno perché tutto cambi nel senso che tutto rimanga come prima, noi per venti anni (io, per esempio non ci sarò più) avremo gli stessi nuovi-vecchi padroni davanti. Non facciamoci illusioni: anche nel 1922 qualcuno affermò che il fascismo sarebbe durato lo spazio di un mattino. Poi ci sono volute tre guerre ed una sonora sconfitta per togliercelo di dosso in modo tragico. Ho la sensazione che ci avviamo ad un nuovo ventennio. Se gli italiani non si danno una regolata il 13 maggio, per vent’anni avremo davanti gli stessi vecchi uomini (anche se si spacciano per nuovi) che faranno i loro comodi come hanno sempre fatto. Ed allora, di fronte a questo pericolo reale, mi fermo e rifletto: meglio un uovo oggi che una gallina domani, meglio restare nella padella che cadere nella brace. I vecchi proverbi potrebbero aver ragione! Aprile 2001 - pag. 8 ADESSO I CINESI CI BATTONO ANCHE NEL SETTORE MARMO BANCA della VERSILIA e della LUNIGIANA nfor ma DUE CLAVATTE UNA LILLA… to al clientela internazionale con mag- Riportiamo dalla rivista “Marmo macchine”: Il vecchio Lin arrivò in Italia poco dopo l’ultima guerra mondiale, vendeva le “clavatte” che esibiva ai passanti nella valigetta portata a tracolla e tirava a campare. Il padre di Lin, nato e cresciuto vicino a Via Canonica, Chinatown di Milano, dopo le medie e le serali d’apprendistato artigianale cominciò a produrre e vendere “bolse” e “cintule” in un piccolo retrobottega. L’ultimo dei Lin si è laureato alla Statale, ha fatto un corso di perfezionamento linguistico a Pechino e si è messo in commercio, comprando e vendendo qualsiasi cosa, anche “malmi e glaniti glezzi e lavolati” al mercato internazionale, così mi aveva detto suo padre. L’ho incontrato lo scorso mese di agosto all’aeroporto, in partenza per la Germania, col computerino aperto sulle ginocchia. Non lo vedevo da anni: gli ho domandato della famiglia, poi dove stesse andando. – A Berlino e subito dopo in Canada, a Montreal. – Di che cosa ti occupi precisamente? – Adesso soltanto di importexport di marmi e graniti in blocchi e lavorati: conosco bene il mercato e penso che per un po’ di tempo non avrò proprio ragione di cambiare, poi si vedrà. – Vendi di più in Italia o all’estero? In Europa, in America, o in altri Paesi? – Dappertutto. Certo in Italia e in Cina mi è più facile perché conosco perfettamente entrambe le lingue, ma anche nel resto d’Europa e in Sud America me la cavo abbastanza bene. – Ho sentito dire che in Germania voi cinesi avete raccolto grossi ordinativi di grandi lavorati, facendo dei prezzi veramente stracciati… – Non è proprio così. – Com’è, allora? – Grazie anche agli italiani! – Come sarebbe a dire? – Sono stati i produttori italiani quelli che hanno creato il mercato e che in seguito ce lo hanno regalato. – Spiegati meglio. – A me, cinese nato a Milano, spiace dirlo ma è così. Gli italiani avevano in mano tutto il mercato e I GEMELLINI Eccoli lì nella doppia carrozzina, una specie di trenino, Gianluca e Gianmarco, i gemellini di Flavio Tessa e Sabrina Dini. Benvenuti nella famiglia di Versilia Oggi che ha vissuto al tempo del nonno Ivo, lunghi momenti sereni. Auguri a tutti, a cominciare dal fratellino Pierlorenzo e dai nonni Loretta, Enrica e Piero. lo hanno perso per vari motivi: non hanno saputo conservarsi la clientela, forse non hanno curato i rapporti d’affari come avrebbero dovuto, e più recentemente non hanno colto la domanda di lavorati a prezzi contenuti, di conseguenza i tedeschi hanno comperato il materiale prima in Grecia, Turchia, Spagna, Portogallo e persino nella ex Jugoslavia, poi in Cina, dove c’era al prezzo che stava loro bene. Tutto qui. Chiunque venda attualmente in Germania, sa che deve ringraziare gli italiani, È la verità. – Ne sei sicuro? O è il solito discorso di chi vende o svende a qualsiasi costo, talvolta addirittura rimettendoci pur di battere la concorrenza? – Assolutamente no, perché se così fosse, per esempio, la vendita dei 70.000 metri quadrati di granito in posa all’aeroporto di Düsseldorf sarebbe un fatto eccezionale. – Invece? – Invece no. I prezzi dei materiali cinesi sono inferiori a quelli europei, questo è vero, ma non si vendono soltanto per questo: si deve riconoscere che gli esportatori cinesi si muovono più di qualsiasi altro operatore, fanno pressing sul mercato, portano i loro campioni, portano i loro campioni e i prezzi negli studi di architettura delle grandi città come dei piccoli centri, non stanno a perdersi su listini talvolta incomprensibili e litigare sui nomi dei materiali, accettano ogni competizione e così riescono a vendere quei 70.000 metri quadrati di G 603 a Düsseldorf come i 1.000 a Berlino, senza perdere occasioni. Per noi cinesi ogni ordine è importante, e ciascun granito è denominato con una semplice G e un numero, non ci sono esclusive se non di fatto: quale italiano venderebbe un marmo chiamandolo M più un numero? – Hai detto che siete pronti a vendere senza badare alla quantità. Può darsi ma… e la qualità? – Conta, conta. Ma conta anche la disponibilità. Ogni ordine è importante. in questo computer portatile ho memorizzato l’offerta di varie partite mediamente considerevoli, ma anche quelle inferiori a 1.000 metri quadrati, delle quali posso organizzare sia la spedizione dalla Cina a qualsiasi porto italiano come ad Amburgo via mare, sia la consegna senza alcun problema. Questo è possibile ma più difficile quando si trattano materiali grezzi o lavorati tra mercati europei. – Ho capito, questione agilità operativa. Ma come avete fatto a entrare così velocemente nel nostro mercato internazionale? – Noi cinesi abbiamo prima di tutto visitato, poi corteggiato e acquisi- gior propensione all’acquisto, quella delle industrie italiane. Ora stiamo incontrando, conoscendo e conquistando anche gli stessi clienti italiani nelle loro fiere specializzate e in quelle dove si presentano all’estero. Lo scorso anno al Cina ha esportato vari milioni di tonnellate di pietre naturali, il cui valore è aumentato di circa un terzo negli ultimi cinque anni… Non è stato facile. Ultimamente siamo stati anche ostacolati… – Infatti, la vostra aggressività commerciale ha indotto non poche proteste in Spagna e soprattutto in Portogallo, dove mi pare ci siano state anche delle aggressioni nei confronti di alcuni autotrasportatori di materiali lavorati importati dalla Cina. – Questi sono eccessi che non servono a niente. Noi stiamo nel mercato come ci stanno i portoghesi, i greci e gli italiani, per competere e guadagnare. E il mercato sceglie in funzione delle sue necessità, affare per affare. – Già, ma mi risulta che proprio in conseguenza di questi eccessi sia stata avviata un’iniziativa antidumping a Bruxelles… – La Comunità Europea è fondata sulla libertà d’impresa nel libero mercato: non saranno certo i blocchi stradali a fermare la concorrenza. Io compro materiali in Cina come in Italia e li vendo al mercato che acquista per pura convenienza. Oggi l’approvvigionamento di certi marmi italiani è ancora abbastanza vantaggioso, quindi si può fare; quando non lo sarà più, i compratori si rivolgeranno ad altre fonti, non importa se dentro o fuori la Comunità Europea. Quello che attrae è il profitto, e il mercato va c’è dove c’è profitto. Business is business. L’ho appreso proprio qui, dove sono nato e cresciuto, nella cosiddetta capitale economica d’Italia. Il quadro automatico delle partenze scala le linee degli orari d’imbarco. C’è chi recupera il bagaglio a mano e chi conclude frettolosamente la conversazione al telefonino. Lin chiude il computer. Chiamano il volo per Berlino. – Bene, ci rivediamo alla Fiera di Verona? – Si, credo proprio che non mancherò. Gli operatori cinesi saranno tanti… – Più che a Carrara? Pulisce le lenti e ride, non risponde. Partito. Al giovane Lin, figlio di Lin e nipote di Lin, sono bastati pochi minuti per riassumere ciò che è stato fatto ultimamente dagli esportatori cinesi e che si sarebbe dovuto fare da parte italiana nell’ultimo mezzo secolo. Angelo Marabelli in Come proteggere gli investimenti dagli storni dei mercati azionari Le borse europee sono scese molto negli ultimi mesi a causa del rallentamento dell’economia americana che ha diffuso tra gli investitori un pesante pessimismo. Proprio i dati sull’economia Usa sono di difficile interpretazione, per alcuni analisti siamo di fronte a una dura recessione, per altri è solo un rallentamento congiunturale fisiologico dopo un decennio di crescita economica. Allo stadio attuale gli scenari possibili sono ancora due e bisognerà attendere ulteriori dati economici per capire la portata della crisi economica americana. Se effettivamente il rallentamento dell’economia americana prenderà i connotati di una recessione la banca centrale americana (Fed) dovrà ridurre i tassi di oltre 100 punti base portandoli sotto il 4 per cento, naturalmente ci vorranno minimo 6-8 mesi perché i benefici effetti della politica monetaria di taglio dei tassi si facciano sentire sull’economia. Sicuramente per i mercati sarebbe meglio un rallentamento dell’economia soft, in questo caso la banca centrale americana opterebbe per un Toto Ministri In vista di ogni elezione politica, riprende in Italia il gioco del totoministri: un gioco senza dubbio appassionante, per mezzo del quale ogni partito si batte per ottenere nel nuovo governo il maggior numero di ministri. Si tratta però di un numero di amministratori –nel nostro caso i ministri– che non può essere mutato a piacimento ma che deve essere fissato secondo un organico razionale e stabile. E tale è quel numero che corrisponde alle principali funzioni che lo Stato è chiamato ad esercitare, come la gestione degli affari interni, i rapporti con l’estero, le finanze, la difesa, e le comunicazioni. Un discorso simile potrebbe essere fatto anche a proposito dei sottosegretari, il cui numero va limitato allo taglio dei tassi di circa l’1 per cento con una possibilità di recupero degli indici azionari nel breve periodo (3-5 mesi ca). Sicuramente lo storno dei mercati azionari ha colto molti investitori di sorpresa, è andata molto meglio ai risparmiatori che hanno optato per investimenti obbligazionari o che hanno sottoscritto piani di accumulo (PAC) di fondi che grazie ad acquisti mensili hanno sempre mediato i prezzi. Sia con mercati in difficoltà che con mercati orientati a una forte crescita, i PAC sono risultati da sempre lo strumento vincente per i risparmiatori. Agli investitori che vogliono investire senza rischiare nulla la Banca della Versilia e della Lunigiana credito cooperativo ha dedicato due nuovi prodotti obbligazionari che offrono cedole annue lorde che oscillano da un 4,25% al 4,4%. Le nuove obbligazioni lanciate dalla Banca della Versilia e della Lunigiana hanno scadenza aprile 2004 e possono essere disinvestire in ogni momento. stretto indispensabile: ciò anche per facilitare il coordinamento tra i vari soggetti interessati, oltre che per evitare lo sperpero di denaro pubblico. Quali le speranze per il futuro prossimo? Direi poche, perché molti sono gli interessi collegati alla situazione in atto. Non rinuncio comunque a sperare. Ermanno Eydoux LAUREA Belinda Giannessi della Pieve di S. Giovanni e S. Felicita, si è laureata presso l’Università di Pisa in lingue e letteratura straniere con una tesi di critica femminista ad un romanzo inglese contemporaneo. Alla bellissima neodottoressa ed ai genitori, comandante Raffaello Giannessi e professoressa Franca Moriconi, i complimenti e gli auguri particolari del nostro giornale. BANCA della VERSILIA e della LUNIGIANA Società Cooperativa a responsabilità limitata - Capitali e riserve L. 92.191.002.751 Sede e Direzione Generale: Pietrasanta - Via Mazzini, 80 - Telefono 0584 7371 Filiali: •Pietrasanta, Sportello Sede - Via Mazzini, - Telefono 0584 7371 •Pietrasanta, Agenzia di Città - loc. IARE) - Telefono 0584 793334 •Marina di Pietrasanta - Via Donizetti - Telefono 0584 745777 •Ripa di Versilia - Via A. 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