SCUOLA E CULTURA ANTIMAFIA per un ponte culturale nel mediterraneo www.scuolaeculturaantimafia.it - www.etnomediterranea.org – email: [email protected] ______________________________ ___________________________________________________________ Il valore della scuola, oggi di Annamaria Ajovalasit Il tema della formazione dei giovani è, da Studenti in corteo a Palermo (foto Italpress) Studenti al festival della legalità 2012 a Villa Filippina sempre, il nucleo fondante della nostra attività di docenti. Non di tutti, forse, ma sicuramente di chi ha da sempre tentato di superare i limiti dei contenuti strettamente disciplinari per andare oltre e “caricare” di significato e di finalità formative la peculiarità dei diversi insegnamenti. E per realizzare ciò, è necessaria la volontà del docente a rinnovarsi, a non restare indietro rispetto agli interessi dei giovani che sono “galoppanti” ed impazienti, sospinti e sostenuti anche dal desiderio dell’ ”hic et nunc”, cioè dalla voglia di ottenere tutto e subito. E la Scuola come può andare loro incontro, che mezzi e strumenti è in grado di fornire? Che cosa realmente può proporre perché non si crei quella dicotomia, quel distacco dal reale, per cui, chiusosi il portone della Scuola alle loro spalle gli alunni ritornano anche con un certo sollievo alla vita, nota e familiare, di ogni giorno? Marco Lodoli, su Repubblica di alcuni giorni fa, dichiarava che l’umanesimo è morto e che lungi dal rimpiangerlo dobbiamo cercare di capire dove vanno i giovani e che cosa vogliono. Tale intervento ha suscitato l’interesse di molti (anche se di pochi giovani ) e mi spinge a qualche riflessione supportata anche dall’autorevole parere di Corrado Augias. Le discipline umanistiche traggono la loro denominazione dal fatto che sono proprie del genere umano e come tali comprendono tutto ciò che riguarda l’uomo, dalle cose più piccole e meno significative a quelle più complesse e ricche di significati. Ed umani sono i sentimenti ed i risentimenti, umane sono le aspirazioni al bene come le propensioni al male, umani sono i progetti e le aspettative come profondamente umani sono i momenti di cedimento e di sconforto a fronte di difficoltà o di fallimenti. Tutto ciò non solo costituisce la vita che è aldilà del portone della Scuola ma deve essere anche il senso di quanto trasmesso e reso fruibile e comprensibile a partire dalle aule scolastiche. (continua a pag 3) SCUOLA Sommario E CULTURA ANTIMAFIA NOVEMBRE 2012 ANNO XXVIII NUMERO 7-8 Il valore della scuola, oggi di Annamaria Ajovalasit pagg. 1-3 Il docente non è un elettrodomestico ! di G.B. Puglisi pag. 3 Ricordando Padre Puglisi di Antonino Raffaele pag. 4-7 Le esequie di Placido Rizzotto viste da uno studente pag. 7 Invio gratuito on-line Elezioni regionali, nuovo parlamento e bicentenario delle costituzioni liberali di Palermo e Cadice di Claudio Paterna pagg. 8-9 Reg. Trib. Di Palermo n. 41 del 12/11/1991 Un libro per i giovani: legalità ,baluardo alla prepotenza ! di Maria Vita Gambina pagg. 10-11 Direttore responsabile: Appunti di storia unitaria: dei siciliani e della mafia in America di Roberto Tripodi pagg. 12-13 Claudio Paterna Quinto festival della legalità:un dibattito col procuratore Ingroia di Claudio Farina pag. 14 Indirizzi web: Le scuole bersaglio dei vandali. Si riaffermi la presenza delle istituzioni nel territorio ! di Isabella Vitrano pagg.15-16 www.scuolaeculturaantimafia.it www.etnomediterranea.org L’azione educativa della scuola riuscirà a sradicare la diffusa “cultura” della corruzione ? Di Giovan B. Puglisi pagg. 17-18 e-mail: [email protected] Adieu,un film che è un saggio antimafia. Biofilmografia: Chi è Alberto Castiglione. di Carmelo Botta gli articoli possono essere anche inviati a: [email protected] pagg. 19-20 “Se vuoi…” un progetto di educazione alla legalità promosso da Agenti della Poilizia di Stato AA.VV. pagg. 21-22 [email protected] Impaginazione: G.B.Puglisi 2 Il valore della scuola, oggi rassegnata?) di essere arrivati o insindacabili ed i giovani non correrebbero più il pericolo della critica o del giudizio senza appello. Ed ancora: i “vecchi” di questa nostra generazione dovrebbero uscire dall’egoismo della loro raggiunta tranquillità economica e proiettarsi in un futuro che, libero dalle deleghe retoriche, troppo spesso nel passato trasmesse alle nuove generazioni ( la più famosa: voi, uomini del domani! ) si chiedano, con un pizzico di umiltà, che cosa realmente oggi, essi stessi, stanno, facendo per preparare il futuro. Studenti del Conservatorio “Bellini” di Palermo ED allora chi deve essere sempre aggiornato anche nel caso di programmi tradizionali o desueti, chi deve essere in grado di immettere il presente anche nel passato più lontano deve essere proprio il docente la cui presenza ed il cui intervento sono tanto più validi, utili ed indispensabili, quanto più comprensibile, chiaro ed inequivocabile è il suo riferimento alla sempre diversa realtà quotidiana. E questi sarà un docente sempre nuovo perché lui per primo imparerà giorno dopo giorno che la sua opera non deve incidere un “segno” che i giovani subiranno passivamente, ma piuttosto deve tendere a stimolare e sollecitare un’autonoma ricerca di sé. Per assumersi la loro parte di responsabilità. Anna Maria Ajovalasit Il docente non è un elettrodomestico ! Sembra al momento caduta, in seguito alle proteste del mondo della scuola e all’opposizione dei parlamentari del PD, la proposta del governo, inserita nella legge di stabilità ancora in discussione in parlamento, di elevare a 24 le ore di lezione dei docenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado senza alcun riconoscimento retributivo. La finalità era ovviamente quella di ridurre nel tempo di circa un terzo gli organici con una consistente economia per lo Stato. Il provvedimento se approvato sarebbe ovviamente entrato in conflitto con le norme che prevedono che gli impegni di lavoro del personale della scuola possono essere allo stato attuale solo oggetto di una contrattazione tra le parti: a meno che si voglia tornare indietro di alcuni decenni. Ma l’aspetto più preoccupante della proposta riguarda, oltre alla mancanza di rispetto di una categoria tra le meno retribuite nell’ambito europeo, il mancato riconoscimento dell’attuale impegno di lavoro dei docenti che hanno tra i loro compiti quello di In questo modo si dovrebbero ridurre al minimo i contrasti generazionali perché i “vecchi” non avrebbero più la sensazione (appagante? Universitari di Palermo al Parlamento europeo con T-Shirt: “No mafia. Siciliani contro tutte le mafie” (continua a pag. 11) 3 Ricordando Padre Puglisi. Testimonianza di Antonino Raffaele É strano ma mi accade tutte le volte che appare sullo schermo della tv padre Puglisi. Sono passati diciannove anni da quel 15 settembre del 1993. Eppure, per pochi attimi di secondi Lui, Pino, l'amico mio fraterno, è vivo, lo stanno intervistando, ci sta parlando, racconta della sua parrocchia di Brancaccio, dei suoi ragazzi che vuole togliere dalla strada. Pochi secondi e subito ritorno alla realtà. No. Non è vivo. Non c'è più. Parlano di lui. E si affastellano nella mia mente flussi di pensieri disordinati, intrecciati, annodati in un arco di tempo risalente sin dal 1966, quando ci conoscemmo, all'Addaura, al Roosevelt, lui giovane prete ventinovenne ed io studente universitario-lavoratore ventiduenne. Ambedue magri, di media statura, dal portamento semplice, calmi nel parlare, aventi in comune il luogo di lavoro, il Roosevelt appunto, spazi comuni, ragazzi adolescenti affidati per educarli, per farli crescere liberandosi dai bisogni spesso forti che avevano dietro le spalle, proiettandoli verso il riscatto sociale e l'emancipazione culturale e formativa. All'inizio ci demmo del lei. Lui era stato mandato nella Comunità educativo-assistenziale del Roosevelt con il ruolo di assistente spirituale e di cappellano; io, insieme ad altri giovani, prevalentemente studenti universitari che ci mantenevamo agli studi con il nostro lavoro di istitutori, avevo vinto un concorso nazionale indetto dall'ente parastatale che in convenzione con la Fondazione F.D. Roosevelt, garantiva il servizio di assistenza educativa e convittuale ai ragazzi. Fu lui, Pino, a rompere il ghiaccio e a proporre che ci dessimo del tu. Lo fece con tutti noi istitutori che, per la verità, eravamo molto vivaci e non tanto inclini a frequentare i preti, stanti gli anni caldi della contestazione giovanile e del clima che si viveva nelle università nel '68, università che di mattina, mentre i ragazzi erano a scuola, frequentavamo per i nostri studi. Condividevamo tante cose insieme. Il luogo privilegiato delle nostre conversazioni e dei nostri dibattiti-scontro era la piccola sala mensa riservata al personale. Mangiavamo prima che i ragazzi uscissero da scuola poiché da quel momento iniziava il nostro servizio sino a sera allorché andavano a dormire. Tra le 12 e le 13 consumavamo il nostro pasto preparato dalle brave suore e dalle “donne salariate” che lavoravano per l'ente. Quella era un'ora attesa e non solo perché consumavamo il nostro pranzo ma anche perché era l'occasione in cui ci si incontrava e, ideologicamente scontrava. Padre Puglisi poteva anche consumare il pasto in altro orario ben servito e accudito dalle suore, ma lui, no, preferiva stare in mezzo a noi, parlare e dialogare con noi, affrontare le sfide a cui lo sottoponevamo con i nostri discorsi critici e a volte volutamente provocatori nei confronti della chiesa , del suo potere temporale, dei valori dominanti. Eravamo imbevuti di Marcuse, Marx, Mao e quanto altro si può aggiungere. Era una continua sfida al giovane prete che, invece, colto, illuminato e psicologicamente attento alle problematiche dei giovani e del tempo, affrontava le discussioni con intelligenza e con sapiente strategia per “conquistarci”, per entrare in empatia con noi. Mi tornano in mente le lunghe passeggiate nei viali fiancheggiati da begli oleandri e le discussioni con lui sulla giustizia sociale, sullo sfruttamento delle fasce sociali più deboli, sullo scempio urbanistico prepotentemente fatto da chi negli anni sessanta amministrava la nostra città, sulle emarginazioni nei quartieri periferici, sul “destino crudele” che si accaniva su chi stava peggio, sul dolore dell'uomo , sul bene e sul male, sul cambiamento necessario 4 attraverso l’azione dell’uomo, diceva lui; la “rivoluzione”, dicevamo noi. E, se gli obiettavamo che non poteva esserci dialogo tra di noi perché avevamo visioni diverse della vita, aggiungeva: vedete, c'è qualcosa su cui siamo d'accordo, i valori per la giustizia, per la solidarietà, la lotta contro il male, contro la mafia ecc...; quindi, c'è un un pezzo di strada che possiamo fare insieme. E così rimaneva il legame tra di noi. Io, in particolare, avevo ricevuto una educazione cristiana in famiglia e in collegio. L'approccio con l'università mi aveva disorientato e fatto mettere in crisi l'educazione ricevuta. Il vento della contestazione alimentava la crisi ma l'incontro con padre Puglisi mi fu di aiuto per una rielaborazione e riflessione. E' proprio vero. Partendo dal pezzetto di strada che potevamo fare in comune, ne abbiamo costruito un altro per andare oltre, per una rivisitazione e rilettura del vangelo dove si annida la giustizia, la solidarietà, l'amore e la carità. Mi tornano in mente quelle belle passeggiate dall'Addaura a Mondello. Nella piazzetta c'era una bettola di vino. Noi ci sedevamo lì. Ordinavamo un uovo sodo con sale e un bicchiere di vino. Pino stava con noi. Il vinaio guardava sbalordito e scandalizzato dalla presenza del giovane prete. Un giorno eravamo lì noi due. Il vinaio ad un certo punto chiese al prete: parrinu, ma chistu è so frati? Padre Puglisi col suo solito sorriso, rispose: sì, me frati è. Da quel momento, scherzosamente, diventammo fratelli. E come fratello mi trattava. Nel 1968, i lavoratori e soprattutto le “donne salariate” dell'ente, sulla spinta di tre di noi istitutori, presero coscienza sindacale; organizzammo il primo sciopero della storia dell'ente. Un collega che studiava legge un giorno mi disse: non può continuare una situazione di lavoro così disumana per le “donne salariate”: non hanno un contratto; vengono pagate alla giornata, nonostante lavorino da anni; se si ammalano non vengono pagate. Dobbiamo fare qualcosa per loro. Mi portò in via Montevergini dove c'era la Camera del Lavoro. Ci fecero parlare con il responsabile della FIDEP ( la ( la Federazione Italiana Dipendenti Enti Pubblici), un certo Sebastiano Badalucco. Fondammo la prima cellula sindacale dentro l'ente e organizzammo il primo sciopero. La repressione dell'ente non tardò a farsi sentire. Io fui trasferito di ufficio a Siracusa, proprio nell'anno in cui dovevo fare la tesi di laurea; lo stesso accadde agli altri due colleghi. Padre Puglisi ci fu vicino. Il suo fraterno affetto, la sua presenza non ci mancarono e ci furono di conforto. Il giorno dello sciopero, pur non potendo aderire allo sciopero per il suo status, tuttavia fu vicino a noi e alle operaie non inquadrate con regolare contratto a tempo indeterminato, nonostante i notevoli anni di servizio continuativo, strategicamente interrotto dall'ente. L'ente non la smise di perseguitarci; doveva castigare noi contestatori che gli avevamo messo dentro la CGIL. Nell'anno successivo, a settembre, mi trasferirono a Potenza; io mi ero laureato due mesi prima a luglio. Non potevo tollerare l'accanimento dell'ente. Mi consultai con Pino e decisi di dimettermi e di attendere l'incarico di insegnamento da parte del Provveditorato. Furono momenti molto tristi e di insicurezza per me. Pino capì. Un giorno mi disse: in seminario c'è bisogno di un docente al ginnasio. Vuoi accettare? Accettai. Insegnai nel ginnasio del seminario minore che si trovava in via del Vespro per circa un mese; poi, ottenni l'incarico dal Provveditorato di Como e lasciai. Ci scrivevamo. Dopo un anno andai a trovarlo a Godrano. Quando tornai a Palermo padre Puglisi è stato concelebrante delle mie nozze con Lucia. Riprendemmo i contatti e un cammino di spiritualità insieme con altre coppie le cui nozze erano state celebrate da Pino. Nel '92 ci ritroviamo insieme al liceo Vittorio Emanuele II dove egli insegnava religione e io arrivavo quale preside. Appena un anno scolastico insieme sino al quel 15 settembre dell'anno successivo. Pino, che godeva della stima di tutta la comunità 5 vittorina, nel mese di maggio '93 era fortemente provato e preoccupato. Aveva già subito a Brancaccio minacce. Le vicende ormai sono a tutti note. Voleva lasciare la scuola per dedicarsi di più alla parrocchia, al Centro Padre Nostro e al Centro Vocazionale. Gli chiesi di ripensarci; di non lasciare completamente la scuola. Con una riduzione e concentrazione dell'orario avrebbe potuto conciliare i suoi impegni. Sarebbe stata una grossa perdita per il liceo se avesse lasciato l'insegnamento. Chiesi al mio vicario, il buon Beppe Indorato, di fare in modo di concentrare l'orario di insegnamento, senza, però, danneggiare la didattica. Beppe , bravissimo nel fare l'orario, c'è riuscito. Due giorni prima del 15 settembre comunicai la notizia a Pino; così ci avrebbe ripensato a non lasciare la scuola. Ma il 15 ci lasciò. Ci pensarono altri a fargliela lasciare. E' stato martirizzato. Non potevamo crederci. Quella mattina alle 7:30 arrivo in via Simone da Bologna, davanti al cancello della scuola trovo Caterina, la collaboratrice scolastica; piange gridando, mi dice: preside, ammazzaru a patri Puglisi. Non riesco a comprendere. Prendo il giornale presso la vicina edicola. Leggo il titolo. Mi rimetto in macchina, di istinto mi dirigo a Brancaccio velocemente, come se dovessi andare a salvarlo. Arrivato quivi, trovo nel quartiere la calma. Vita normale. Una situazione surreale, stante ciò che era successo.. Chiedo ad un passante. Mi alza le spalle. Giro per circa tre ore in macchina per la città, guidando senza meta e piangendo, piangendo a dirotto, come un bambino.. Mi ricompongo dal pianto verso le 11 e torno a scuola.Trovo l'androne pieno di ex alun- ni. Ci riuniamo, parliamo. Alcuni di loro, Bartolo Vultaggio, Nicola Sinopoli, Daniela Chinnici, Gianpiero Tre Re e altri lanciano l'idea di incontrarci, di fare qualcosa, di fondare l'Associazione Padre Puglisi. Si riunisce il Collegio Docenti. Si programmano iniziative e soprattutto momenti di riflessione con tutti i 1400 alunni che rientreranno a scuola tra pochi giorni. I sindacati confederali e lo Snals mi chiedono di aprire l'anno scolastico il primo giorno di scuola, cioè tre o quattro giorni dopo l'assassinio, in Aula Magna per fare un'assemblea sindacale. Rispondo: è il primo giorno in cui i ragazzi si vedono, dopo l'assassinio e le vacanze estive; abbiamo bisogno di piangere insieme, di elaborare il lutto, di rifletter sul nostro dolore nell'intimità. Come si fa in una famiglia quando accade una disgrazia. Ci sarà tempo per fare, poi, l'assemblea sindacale. Consulto il Collegio che concorda. E poiché in aula magna possono entrare 300 alunni, a gruppi di 300 alla volta nella prima settimana tutti gli studenti con i docenti e il personale si intrattengono in riflessioni . Intanto i sindacati, a lor parere, feriti nell'orgoglio della loro onnipotenza, scrivono al Ministro affinché mi censuri. Cosa non avvenuta. Ma i giornali titolano: preside si rifiuta di fare commemorare padre Puglisi nella scuola. Ricevo moltissime solidarietà da parte di persone anche estranee alla scuola che hanno capito la sensibilità della decisione mia e del Collegio. Tuttavia sono rimasti i titoli dei giornali, anche se il contesto degli articoli riportava i reali contenuti sopra descritti. Resta l'amarezza: quando si ostacola qualcuno nel raggiungimento dei suoi obiettivi, costui risponde colpendo. Mutatis, ovviamente, mutandis, è la stessa tecnica del potere mafioso che fa fuori chi gli è di ostacolo. Il potere quando si chiude nel suo narcisistico e utilitaristico “particulare”, si comporta così. E questo capita anche a certi - fortunatamente non a tutti – sinda- calisti o capiredattori responsabili dei titoli e sottotitoli. Mi piace concludere questi flash di memorie ricordando quanto una ex alunna del liceo Vittorio Emanuele II, Enza Mortellaro, scrisse sul giornale di istituto nell'articolo “il mio prof. di religione”: “ ...era un amico dolce che sapeva capirmi perché mi guardava con uno sguardo pieno di tenerezza, un amico che mi ha tirato su dalla fossa della disperazione, dell' angoscia, del non senso 6 Le esequie di Placido Rizzotto viste da uno studente Placido Rizzotto: sindacalista temerario pronto a lottare per difendere i diritti dei lavoratori siciliani oscurati dal’onta mafiosa. Quest’uomo abbiamo voluto ricordare: le suo origini, la sua vita, il suo impegno sociale raccolti in un dettagliato opuscolo scritto e progettato nella sua idea di insieme e nelle sue peculiarità da alcuni alunni del Liceo Scientifico Statale Benedetto Croce, guidati da uno storico (Prof. Michelangelo Ingrassia) e da un professore di storia e filosofia, docente nel suddetto liceo (Carmelo Botta). Il nostro scopo principale consisteva nel portare omaggio a questo grande personaggio della storia della nostra terra, spesso dimenticato. L’opuscolo è stato infatti presentato e distribuito gratuitamente in occasione dei funerali di stato di Placido Rizzotto, tenutisi a Corleone e volti a donargli finalmente degna sepoltura: Rizzotto viene assassinato 64 anni a dietro; le indagini sul suo caso cadono nel dimenticatoio delle inchieste giudiziarie. Una corleone blindata dalle forze dell’ordine tenute alla tutela di eminenti personaggi: il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, Piero Grasso, Umberto Postiglione, Leoluca Orlando… Forte il nostro impegno, sentite nel profondo le vicende di quel grande sindacalista: noi studenti del liceo “Croce” abbiamo portato avanti con determinazione e coscienza il nostro impegno civico, nel limite delle nostre possibilità. della vita e delle cose... “. Attendiamo con trepidazione l'imminente giorno della beatificazione di Pino, martire perchè ha testimoniato la fede lottando contro la mafia. Antonino Raffaele Gli studenti hanno approfondito la biografia di Placido Rizzotto sotto la guida dei proff. C. Botta e M. Ingrassia 7 Elezioni regionali, nuovo parlamento e bicentenario delle costituzioni liberali di Palermo e Cadice (1812): occasione di rilancio della Sicilia quale centro mediterraneo della pace e della cultura… Più volte su questo giornale abbiamo ripreso l'evento del Bicentenario della Carta Costituzionale di Palermo e Cadice del 1812, manifestando l'intenzione di farne argomento didattico ma anche occasione di riflessione delle prerogative costituzionali che la Sicilia ha saputo interpretare e può ancora interpretare. L'occasione delle elezioni regionali e dell'insediamento del nuovo Parlamento è certamente un momento propizio a fare quello che non s'è fatto nel passato! La politica regionale, l'ARS, non hanno brillato recentemente nell'interpretare le istanze democratiche e i bisogni della gente, tanto che gli eccessivi COSTI della POLITICA (troppi privilegi, troppi fondi riservati), hanno condotto in un vicolo cieco lo strumento autonomistico, oggi profondamente in crisi per l'uso esclusivo che di esso ha fatto la "casta".... Chi è sinceramente autonomista, e profondamente UNITARIO come noi, non può non riflettere sulla sfiducia generale dell'elettorato verso i partiti tradizionali, siano essi della seconda o prima Repubblica! L'Astensionismo dal voto fino al 53%, cui si aggiungono i voti dell'Antipolitica di Grillo(19%), i voti dei partiti esclusi sotto il 5%, portano a una maggioranza di governo regionale risicata che potrà contare sul 15-20% dell'elettorato effettivo dell'isola, per un totale del 25% compresa l'opposizione! Non è certo un buon auspicio tutto ciò, per celebrare il Bicentenario, che fu invece atto di rottura col passato feudale, chiara svolta contro l'Ancien Regime fondato sul monopolio del potere, un progetto rivoluzionario nel cuore del Mediterraneo col compito di ridare diritti agli "esclusi"... Dunque alla nuova Assemblea regionale rimane il compito di capovolgere la strada errata intrapresa Veduta di Palermo – Pittore Scuola di Posillipo da alcuni anni, da quando ,con la scomparsa delle ideologie, è scomparsa anche la lotta per le idee... Agli eletti si chiede di riprendere la strada del "volontariato"delle idee, di abbandonare la"professionalità" della politica, di impegnarsi in grandi progetti di riforma e sviluppo come lo furono quelli della stagione costituente 18121814 o più vicina quella del 1945-48. Da più parti lo chiedono la società civile, le fondazioni culturali, le associazioni di volontariato e no profit, intellettuali senza partito, insegnanti soprattutto, il cui lavoro è spesso considerato volontariato puro senza corrispettivi economici, sebbene sia alla base delle fondamenta socio-culturali del futuro...... Uno slancio ideale, una linea progettuale che guardi oltre gli steccati delle "appartenze"e delinei i caratteri di una "nuova cittadinanza" fondata sul Diritto per gli "esclusi", sull'Incontro verso i "Diversi", sulle Certezze della Giustizia, sulle Garanzie verso i "Deboli", sulle pacifiche relazioni tra i popoli, sul trionfo del Diritto e della Giustizia sulla criminalità organizzata! Questi principi che sono ispiratori di grandi istituzioni mondiali oggi possono essere propri del Parlamento siciliano, rinunciando tuttavia al cinismo e al sarcasmo, per far valere le ragioni della convivenza! Si perchè si tratta proprio di partire dalla centralità geografica dell'isola, dal centro del mediterraneo, dall’incontro di 8 religioni e razze diverse; partire, ad esempio, dall'accettazione della povertà diffusa nell'Altra Sponda, dalle biodiversità che costituiscono ricchezza se assecondate; Dal favorire il comune vantaggio negli scambi, il commercio equo e solidale, un "mercato" che abbia delle regole, tuttavia., e a tutto questo la nostra isola "cerniera" può venire incontro se ha il coraggio di concepire la sua autonomia non come privilegio ma come opportunità delle Regioni, per avvicinare gli Stati a politiche continentali, politiche certamente più grandi delle nazioni... La Scuola in questo senso è una palestra fondamentale di cultura costituzionale, e non solo perchè condivide gli ideali di educazione alla legalità che noi coniughiamo alla lotta contro la criminalità mafiosa, ma perchè attraverso la Didattica è in grado di offrire programmi educativi innovativi, al passo dei tempi. Sicuramente la valorizzazione delle culture regionali, delle lingue, dei costumi, del patrimonio culturale fanno parte di questa Didattica, ma proprio per il ruolo svolto dall'isola, e dalla sua Capitale, come cerniera culturale tra occidente e Oriente del Mediterraneo, la didattica nelle scuole dell'isola dovrebbe fare perno sull'amicizia tra i popoli di sponde opposte, tra religioni e popoli diversi. Da tempo auspichiamo che vengano introdotte materie curriculari quali Letteratura e Tradizioni popolari, quali Geografia delle Regioni d'Europa e del mediterraneo, e soprattutto Storia delle religioni universali , ma è certamente mancata una spinta politica e condivisa tra il mondo dell'Istruzione e le istituzioni regionali, probabilmente per scarsa attenzione della classe politica a questi temi(ah già erano molto inpegnati in altre faccende i 90 deputati dell'ARS!). Oggi questi temi sono indifferibili per il nuovo Parlamento che si va a eleggere! Recentemente un'associazione no profit. La Società Siciliana per l'Amicizia dei Popoli di Palermo ha indirizzato al nuovo sindaco di Palermo e ora ai novanta deputati dell'ARS , una lettera d'indirizzo chiamata semplicemente "La carta della Cultura" con la quale si sprona la politica a fare del proprio meglio affinchè, attraverso il raggiungimento di obiettivi intermedi, Pittura raffigurante il Parlamento siciliano in riunione si pongano le basi per le future scadenze internazionali, e una di queste è la candidatura di Palermo nel 2019 quale Capitale Europea della Cultura! Ma è chiaro che in tutto questo deve prevalere una vera Cultura della Pace, una Cultura che guardi oltre gli steccati del provincialismo localistico, della politica partitica, delle religioni, delle nazioni e confermi un ruolo di intermediazione che devono svolgere le regioni di confine nei confronti delle aree di conflitto, tra cui quelle storiche del mediterraneo.. Dal nostro punto d'osservazione di regione di "confine", noi siciliani offriamo un patrimonio storico-culturale invidiabile , a cominciare dalle nostre architetture e arti multiculturali, dalla nostra Letteratura schierata con i "vinti" della storia, dalla nostra musica così densa di umori extraregionali, dalle nostre feste e sagre popolari che sono un sincretismo vivente...e poi le RAGIONI DELLA PACE, da quelle antichissime dei Nativi contro i colonizzatori, a quelle della polis siracusana verso le altre grandi città mediterranee; dall'ecumene cristiana-medievale priva di steccati confessionali, all'incontro tra Arabi,uomini del nord e persistenze orientali nella rinnovata corte normanno-sveva,; Fino all'uso del Sabir tra gli uomini di mare oltre i conflitti turco-ispanici, alle proteste civiche contro l'Inquisizione antiebraicaantiislamica-antiprotestante, alle battaglie risorgimentali per la libertà e il diritto contro l'Ancien Regime, alle battaglie contro i blocchi contrapposti dell'est e dell'Ovest...... Tutto questo è raggiungibile soltanto se si crede che siamo in grado di farlo! Claudio Paterna 9 Un libro per i giovani: legalità ,baluardo alla prepotenza! un libro di Pietro Grasso recensito da Maria Vita Gambina “ La legalità è la forza dei deboli, è il baluardo che possiamo opporre ai soprusi, alla sopraffazione, alla prevaricazione, alla corruzione” Pietro Grasso L’ultimo libro di Pietro Grasso, procuratore nazionale antimafia, è “Liberi tutti”, lettera a un ragazzo che non vuole morire di mafia, edito da Sperling & Kupfer. Il procuratore dedica il libro al nipote Riccardo e a tutti quei ragazzi che non vogliono morire di mafia, animati dalla speranza di rendere il mondo più libero e giusto, attraverso le loro idee, i loro desideri e i loro sogni. Così come è stato per Pietro Grasso. “Cosa farai da grande?”. La mia risposta era invariabilmente: “ Il magistrato”, perché pensavo che si trattasse del modo più efficace per difendere i deboli”. Il libro è l’autobiografia di un uomo che da quaranta anni convive con la mafia, di cui conosce le sue mille maschere, le trame, le regole segrete, i rituali e l’idioma. Il libro è non solo una testimonianza, ma anche un bilancio dell’impegno del giudice contro il crimine e del suo bisogno di credere nell’antimafia della speranza, del consenso e dell’aiuto della collettività: “Muoiono di mafia, non solo le vittime della delinquenza organizzata, ma tutti coloro che si rassegnano a vivere nell’illegalità e nell’ingiustizia: chi chiude gli occhi di fronte ai reati; chi fa affari eludendo la legge; chi cerca i favori dei potenti; chi accetta il clientelismo e il compromesso per ottenere un beneficio. La mafia infatti non è solo un fenomeno criminale, ma un sistema sociale e culturale ben radicato. Il libro è soprattutto un appello alle giovani generazioni affinché la lotta alla mafia diventi prima di tutto un VALORE diffuso nella coscienza civile. Il giudice dice che ha conosciuto la mafia da vicino, senza mai considerarla un fatto “normale”, perché il pericolo più grande è proprio “l’assuefazione che genera indifferenza e rassegnazione, per questo dobbiamo dire ai giovani che si può morire di mafia, perché ci si volta dall’altro lato, adagiandosi al compromesso e affarismo”. 10 Il magistrato si racconta e ripercorre la sua vita e la sua carriera iniziata nel 1969 presso la pretura di Barrafranca per poi arrivare alla superprocura, alla Direzione nazionale antimafia. Nel libro, Pietro Grasso ripercorre le tappe del Maxiprocesso di Palermo, a partire dai primi pentiti di mafia, come Tommaso Buscetta: fu sua l’inquietante affermazione di fronte al pm secondo cui “in Sicilia non c’era filo d’erba che crescesse senza il controllo di Cosa Nostra”. Nel quarto capitolo, si parla delle “donne d’onore” che si sono ribellate all’ingiustizia e alla violenza mafiosa, come la vedova di Salvatore Inzerillo, autrice di un appello rivolto alle donne di mafia, pubblicato dal Giornale di Sicilia il 2 novembre 1996, scriveva così: “Donne di mafia, ribellatevi. Rompete le catene, tornate alla vita. Sangue chiama sangue, vendetta chiama vendetta. Basta con questa spirale senza fine.” liberazione per tutti gli altri. Perché la cultura della legalità è qualcosa di più della semplice osservanza delle leggi e delle regole; è un sistema di principi, idee, comportamenti ritenuto valido per tutti e utile per sé, che deve tendere alla realizzazione dei valori di uguaglianza, democrazia, giustizia, ma anche di quelli della libertà della persona, della dignità dell’uomo, della tolleranza, dell’integrazione, della non violenza, della pace. Il procuratore antimafia Pietro Grasso (foto Troccoli) Maria Vita Gambina Oggi ci sono altri esempi che ci permettono di rimanere aperti alla speranza: Felicia Impastato, Pietra Lo Verso, Michela Buscemi, Giacoma Filippello, Giusj Vitale. Nella biografia trovano posto anche gli aspetti più personali e gli eventi privati della vita di Grasso: le minacce di morte, la necessità di vivere sotto scorta e le morti dei suoi amici e colleghi. Il titolo, “Liberi tutti” ricorda uno dei più famosi giochi di gruppo per ragazzi, preferito dal giudice, una specie di nascondino, dove l’ultimo partecipante è libero e può beffarsi del suo carceriere per poi correre, raggiungere la la”tana” e gridare “liberi tutti”, liberando così tutti i suoi compagni; al piccolo Pietro piaceva restare per ultimo e liberare gli altri bambini. Il giudice spiega ai giovani come attraverso la cultura della legalità e con un progetto di sviluppo economico e un progetto di partecipazione democratica si può sperare di riscattarsi dalla violenza. “Bisogna incentivare la cultura della partecipazione, perché i processi di liberazione non avvengono attraverso la delega a un liberatore ma attraverso l’impegno di tutti e di tutti i giorni. In un certo senso è il contrario del gioco che facevo da bambino. Nessuno può “liberare tutti”, la magia non funziona se non nel gioco. Ma ciascuno di noi deve sforzarsi di agire come se potesse, con le sue scelte, con il suo comportamento, diventare uno strumento di 11 (Segue dalla pag. 3) preparare le lezioni, di effettuare le 18 ore frontali di lezione, di correggere settimanalmente pacchi di compiti, di partecipare al pomeriggio per 80 ore per anno scolastico alle riunioni collegiali ( ore che spesso vengono superate senza alcun riconoscimento economico). Quella dei docenti è tra l’altro una categoria dimostratasi spesso fragile, che più di altre a causa dello stress, è soggetta a patologie sia fisiche che di natura psichica. Affidarle altri carichi di lavoro oltre quelli già esistenti non sarebbe certamente a vantaggio della qualità del servizio scolastico. Insomma il docente non è un elettrodomestico che può lavorare a tempo indefinito tenendo collegata la spina alla presa elettrica ! Esiste certamente il problema della valutazione e del riconoscimento in termini di carriera e in termini stipendiali del lavoro e della professionalità dei docenti: ma questo è un altro discorso che è stato a volte da qualcuno avanzato e dai più immediatamente archiviato. G.B. Puglisi Appunti di storia unitariaDei siciliani e della mafia in America di Roberto Tripodi Crispi verso il grano siciliano, che convinse la Gran Bretagna a bloccare i commerci portando la borghesia siciliana e le sue iniziative imprenditoriali al fallimento. Gli emigranti erano costretti a vendere tutti i propri averi per procurarsi il passaporto, un contratto, il biglietto di viaggio. Solo per gli Stati Uniti era vietato avere un contratto preventivo, perché negli USA era prassi comune rispedire in patria chi non fosse in buona salute o risultasse pregiudicato. Fu tra il 1.870 e il 1.880 che ebbe inizio la grande emigrazione siciliana in America. E per cause storiche e sociali, fu anche in questo periodo che nacque in Sicilia la mafia, come fenomeno criminale organizzato e strutturato secondo precise regole e rigidi riti. L’emigrazione siciliana in America è la conseguenza della mancata attuazione dei decreti garibaldini di suddivisione ai contadini dei latifondi e dei beni ecclesiastici. Il passaggio dei poteri da Garibaldi alla monarchia Savoia, la morte improvvisa del Conte di Cavour, deceduto in soli cinque giorni dopo uno strano malore (probabilmente un avvelenamento voluto da Luigi Napoleone III, re di Francia, che osteggiava la nascita di un forte stato unitario ai confini) impedirono una vera riforma agraria e i latifondi furono messi all’asta e ricomprati dai nobili, i soli che possedevano i capitali necessari e le giuste amicizie in seno alla amministrazione statale. Il contratto di mezzadria era estremamente punitivo per i contadini affittuari, a differenza del contratto di livella in uso nel continente. La miseria terribile e la ricerca di mano d’opera degli imprenditori americani stimolarono circa 5.000 partenze l’anno fino al 1880,ma successivamente, la spinta all’emigrazione aumentò fino a raggiungere le 50.000 unità nel 1888 e nel 1906 supererà i 125.000 emigrati. Se nel decennio 1821 – 1830 emigrarono negli USA 102 siciliani, nel periodo 1901 – 1908 furono 412.000. Dal 1.900 al 1.915 dalla Sicilia emigrano in America 2.250.000 lavoratori che fecero diventare New York la quarta città italiana dopo Roma, Milano e Napoli. L’aumento esponenziale di questo fenomeno fu anche causato dalla crisi delle miniere di zolfo e dall’atteggiamento protezionistico di Francesco La nave “ America” Il Commissariato Generale per l’Emigrazione tentò di controllare il fenomeno migratorio, anche se con poco successo. Si limitò a pochi consigli come “… Nel Paese straniero l’emigrante eviti in modo assoluto l’ubriachezza, l’alcolismo, il gioco d’azzardo, che inducono al vizio e al disordine e danneggiano la salute.” Un episodio clamoroso mette ufficialmente in luce l’esistenza della mafia siciliana in America. Nel 1891, a New Orléans, la popolazione reagisce al’infiltrazione mafiosa con un massacro dalle connotazioni xenofobe. Le famiglie dei Matranga e dei Provenzano si contendevano il controllo del porto attraverso intimidazioni e corruzione della polizia locale. L’uccisione del capo integerrimo della polizia Mr. Hennessy, portò all’arresto di sei componenti del clan Matranga. Il Tribunale di New Orléans, però, assolse i sei sicari, tre per non aver commesso il fatto e gli altri tre per insufficienza di prove (un processo molto simile a quello per 12 l’uccisione di Placido Rizzotto in Sicilia). Una folla di circa mille persone, allora, si recò al carcere, prelevò a caso undici siciliani detenuti, e li massacrò sommariamente. Il 9 maggio il presidente degli Stati Uniti Harrison, fu costretto a occuparsene nel suo messaggio annuale al Congresso degli Stati Uniti. Nell’ultimo ventennio dell’800 l’Italia assume un ruolo di protagonista L’arrivo a Ellis Island l’occasione, ebbe luogo il primo maxiprocesso della storia alla mafia. Comparvero davanti al Tribunale 168 imputati, di cui 107 in stato di detenzione, chiamati a rispondere del reato di Associazione di malfattori. Appartenevano alla associazione “La Fratellanza” di Favara e furono i primi a praticare i rituali mafiosi. La Destra politica diede al fenomeno una risposta esclusivamente repressiva, senza incidere nei rapporti di lavoro e nell’organizzazione del sistema produttivo e sociale. La Sinistra giustifica la violenza della Fratellanza e di analoghe società segrete sorte a Piana degli Albanesi, a Contessa Entellina e nei Comuni che cinturano Palermo, con la motivazione della lotta popolare all’ingiustizia e al capitalismo. Napoleone Colajanni e l’avv. De Luca di Agrigento non comprendono la pericolosità del fenomeno, il sottrarsi della mafia alle leggi e allo Stato, l’omicidio perpetrato sistematicamente a fini di potere e ricchezza personali e polemizzano con Lombroso sostenendo la necessità della violenza popolare contro la giustizia dei ricchi. Lo stesso processo di Agrigento smentirà i socialisti, quando davanti ai giudici sfileranno i notabili del paese a testimoniare che gli imputati avevano mostrato una condotta irreprensibile. Emigranti in viaggio nella vicenda migratoria americana, ruolo che conserverà fino alla prima guerra mondiale. Le cause di questo grande movimento vanno ricercate anche nel modello di crescita dell’economia nazionale. Infatti il Sud puntò sulla difesa del latifondo, sul contratto di mezzadria, sul protezionismo, sulla sconfitta della borghesia. L’intermediazione mafiosa e l’organizzazione arretrata del lavoro agricolo, la mancata meccanizzazione della produzione agricola, produssero una crisi produttiva e occupazionale di grandi dimensioni. La miseria, la mancanza di democrazia, le durissime condizioni di lavoro nei campi e nelle miniere di zolfo, creano anche le condizioni per l‘espansione della criminalità organizzata. Nel suo saggio “Vicende e costumi siciliani”, Louise Hamilton Caico, nel 1910, (tradotto in italiano soltanto nel 1983) così descrive i lavoratori dello zolfo: “Il lavoro al quale il piconiere è sottoposto corrode e disgrega la sua personalità, fino alla perdita totale di ogni senso morale. Imbroglia e deruba il pur severo sorvegliante, durante il lavoro in miniera, e quando rientra in paese, non fa altro che bere e gioca d’azzardo, sperperando così tutto quello che ha guadagnato durante la settimana”. Il 2 marzo 1.885, nei locali della Chiesa di S. Anna in Girgenti, appositamente adibiti per Roberto Tripodi 13 Quinto festival della legalità:un dibattito col procuratore Ingroia In occasione del festival della legalità tenutosi nella verdeggiante Villa Filippina di Palermo, il procuratore Antonio Ingroia regala parte del suo tempo ad un uditorio di giovani menti (studenti di scuole medie e superiori) rispondendo ad alcune domande in modo coinciso e diretto. La prima di queste chiedeva che si spiegasse con chiarezza cosa sia la mafia e in che cosa consista la sua evoluzione (o involuzione) dai terribili anni delle stragi sino ai giorni nostri. Il procuratore, con tanto di citazioni ed esempi, risponde alla domanda a trecentosessanta gradi, ma volendo sintetizzare e ridurre alle linee più significative, emerge: la mafia mantiene la forza di un tempo (se non maggiorata) pur mascherandosi sotto altre forme ed interessi. La mafia degli angosciosi giorni delle stragi era più “rozza”, e i suoi funzionari vivevano ai margini dello scenario sociale; adesso i membri della mafia educati e istruiti diventano parte integrante dello stato: funzionari, grossi imprenditori, politici … una mafia che si evolve e diventa “civile” ma che resta pur sempre mafia. Aggiunge inoltre: “ la mafia non si è sconfitta. Sta solo cercando di oscurarsi in attesa che si calmino le acque!”. Non poteva ovviamente non parlarsi della trattativa Stato-Mafia che in questi giorni ha fatto tanto parlare, ma spesso e volentieri a sproposito. Ingroia dichiara, ed è palese, il suo profondo sdegno nei confronti dei rapporti che alcuni funzionari dello Stato (non ne fa i nomi per evitare di essere attaccato ancora) intrattennero e intrattengono con la mafia a cui dunque viene riconosciuta a tutti gli effetti l’autorità di stato “altro” o per meglio intenderci di anti-Stato: con interessi e tanto di capitale. Più volte il procuratore richiama alla memoria Borsellino o Falcone, e quando lo fa il suo volto si accende e, probabilmente, anche personale: si chiedeva cosa lo avesse spinto ad accettare il suo cuore, ma in virtù del ruolo che ricopre impone a se stesso un formale e lodevole contegno. L’intervista si sposta in fine da un piano propriamente tecnico ad uno più personale: si chiedeva cosa lo avesse spinto ad accettare l’incarico in Guatemala; se le critiche accreditategli di recente avessero avuto un peso non indifferente; se fosse stata quella una rinuncia (un addio) oppure solo , per così dire, un periodo di riflessione (un arrivederci). Il procuratore in prima istanza dichiara che l’incarico è stato accettato perché costituisce una grande opportunità per entrare a contatto con una realtà nuova, che gli consenta di mettere alla prova la sua esperienza di magistrato in Sicilia, per antonomasia : “Terra di mafia”. Una buona opportunità per acquisire “esperienza lavorativa”. Poi però Ingroia, forse per essere più sincero con se stesso e con l’uditorio, afferma che la politica italiana e dunque in esse anche la mafia, non potendo attaccare il lavoro ben svolto, attacca la persona che lo svolge muovendogli accuse infondate o comunque sia incoerenti e fuori luogo. Ingroia crede che allontanandosi si toglie alla politica la possibilità di fare tutto ciò, e in cuor suo spera che possa cadere quella maschera di ipocrisia che nasconde le più ignobili viltà. Claudio Farina 5ª F – Liceo sc. Benedetto Croce Le scuole bersaglio dei vandali. Si riaffermi la presenza delle istituzioni nel territorio ! di Isabella Vitrano Con l’avvio del nuovo anno scolastico ricominciano le incursioni, gli atti vandalici e i furti negli Istituti Scolastici di Palermo e provincia. Numerose le Scuole prese di mira nei vari quartieri della città: dal centro storico, allo Zen, a Borgo Nuovo, a Romagnolo. Nel mirino dei vandali anche la Scuola elementare “Morvillo” di Monreale dove, dopo l’ennesima irruzione di Settembre, il Comune ha deciso di integrare il sistema delle telecamere offerto da privati con quello antintrusione collegato con la Polizia Municipale e con i Carabinieri. Nella notte tra sabato e Domenica del 15 e 16 Settembre sono stati presi di mira anche gli uffici comunali di Via Messina Marine dove sono ospitati il servizio sociale territoriale, alcuni locali del settore pubblica istruzione e l’ufficio di coordinamento delle scuole materne di Brancaccio e dello Sperone. Un tornado sembra essersi abbattuto in questi locali dove i malviventi hanno distrutto infissi, mobili, porte, buttati per terra documenti ed hanno preso di mira la stanza del responsabile. All’Istituto comprensivo “Falcone” dello ZEN che ha subito negli ultimi anni numerose irruzioni, atti vandalici e furti; nella notte tra Venerdì e Sabato del 21 e 22 Settembre qualcuno è piombato all’interno dell’aula magna e dopo avere divelto la grata della finestra e rotto un vetro ha portato via a pezzi, l’impianto cinema molto costoso e sofisticato. Nella notte tra fra Domenica e Lunedì 23 e 24 Settembre il furto è stato completato e sono stati portati via lo schermo ed altro materiale didattico. 15 Alunni dell’I.C. “G.Falcone” in visita al Quirinale Resta comunque il rammarico del Dirigente Scolastico Domenico Di Fatta che in una Scuola fornita di telecamere le immagini registrate non sono utilizzabili. L’ultimo Istituto vandalizzato che ha subito dal mese di Settembre ad oggi ben sette incursioni è il “Filippo Raciti” di Borgo Nuovo dove gli alunni da Ottobre sono in vacanza forzata per i numerosi danni provocati alla struttura e ai sevizi igienici completamente distrutti. Agli alunni del “Raciti” viene negato il diritto allo studio previsto dalla Costituzione e dopo la violenza inaudita con cui i vandali si sono scagliati contro la loro scuola, non potranno rientrare nelle aule se i lavori non saranno completati e i locali messi in sicurezza. Locali della Filippo Raciti vandalizzati di recente Mi auguro che possa essere una soluzione quella proposta dall’Assessore Barbara Evola della presenza nelle scuole di trincea come la “Filippo Raciti” e la “Falcone” dei collaboratori - custodi e l’installazione dei dispositivi di video sorveglianza “ben funzionanti” e collegati con la sala operativa delle forze dell’ordine, che potranno intervenire immediatamente con la possibilità di trovare i colpevoli che danneggiano le scuole. A nostro modo di vedere è fondamentale che la scuola, come le istituzioni, siano centri di iniziativa per la rinascita delle periferie. Per fronteggiare l’escalation degli atti vandalici verificatisi negli ultimi mesi le forze dell’ordine dovrebbero predisporre un piano di controlli in prossimità delle scuole di frontiera. In questo modo lo Stato potrà dimostrare che il controllo del territorio gli consente di proteggere le scuole, presidi di legalità, si potrà cosi realizzare una forte alleanza tra scuola e territorio e le famiglie potranno riavere fiducia nelle istituzioni. Isabella Vitrano 16 L’istituto comprensivo “Falcone” in due anni ha subito 40 attentati tra furti, incendi e devastazioni. L’iniziativa è il segno che preside, personale della scuola, alunni e famiglie hanno la forza di reagire L’azione educativa della scuola riuscirà a sradicare la diffusa “cultura” della corruzione ? di Giovan B. Puglisi Le notizie relative a episodi di corruzione che quotidianamente da alcuni anni ad oggi i mezzi di informazione ci danno quale impatto hanno sul mondo della scuola ? Nel luogo dove si formano i cittadini di domani quale posizione e quali strategie educative possono adottare i docenti ? Si può nel parlare in classe di legalità ignorando che ministri, presidenti di regione, assessori sono protagonisti di fatti di illegalità, di corruzione, di abusi, di connivenza con la criminalità organizzata ? Non è certamente un bell’esempio quello che viene da chi rappresenta le istituzioni. Non tutti i politici sono indubbiamente corrotti , ma ogni giorno è un diluvio di notizie che danno del mondo della politica e degli affari un’immagine negativa col rischio che la fiducia nelle istituzioni democratiche si appanni sempre di più. In sintesi che della politica non aveva capito nulla: povero era nato e povero sarebbe morto come un grigio travet. Era il momento d’oro dei quarantenni rampanti del PSI. Ma pochi anni dopo un’indagine sull’amministrazione del Pio Albergo Trivulzio fece emergere che la corruzione nel mondo politico e del sottogoverno era dilagante. I giudici di Milano avviarono una serie di indagini che coinvolsero principalmente i partiti di governo per tangenti e per finanziamenti illeciti. Quella stagione che vide l’uscita di scena forzata e a volte drammatica di politici e di rappresentanti del mondo della finanza e dell’industria venne definita dalla stampa “Tangentopoli”. I partiti di governo si squagliarono come neve al sole. Furono varati governi di transizione presieduti da “tecnici” come Ciampi e Dini provenienti dalla direzione della Banca d’Italia. Poi qualcuno, che pur aveva avuto stretti contatti con i politici corrotti e di cui aveva goduto benefici e privilegi ( decreti così detti “Berlusconi” 1984/85 ) pensò di presentarsi all’elettorato italiano come innovatore e modernizzatore del paese. Sono passati da allora poco più di diciotto anni e, pur con l’alternarsi di governi di diversa collocazione politica, anziché La corruzione nel mondo politico e degli affari non è senza dubbio un fenomeno nuovo. Nell’ultimo trentennio ha certamente conosciuto in Italia un’accelerazione tale da farci oggi associare nelle statistiche ai paesi più corrotti del mondo. Un episodio dei primi anni ’80 può essere forse considerato il momento della svolta: nel marzo del 1983 un imprenditore si presentò al sindaco di Torino Diego Novelli lamentando che per dei lavori che avrebbe dovuto eseguire, un assessore gli aveva chiesto una tangente. Novelli non si scompose e gli disse di andare a riferire l’accaduto ai carabinieri. Lo scandalo conseguente con arresto del vicesindaco socialista e di un assessore comportò la caduta della giunta PCI-PSI e successivamente il ribaltamento delle alleanze: la successiva giunta del Comune di Torino fu DC-PSI. Sembra dalle cronache di allora che i rappresentanti socialisti piemontesi si fecero beffe di Novelli dicendogli 17 della promessa modernizzazione l’Italia ha visto diventare gli sprechi delle risorse pubbliche e la corruzione normale prassi nell’ambito delle istituzioni e del mondo degli affari. Le notizie di scandali relativi a fatti clamorosi di evasione fiscale, a ruberie, a tangenti e allo spreco del denaro pubblico si affastellano quasi creando un’assuefazione , mentre i cittadini comuni, le imprese, gli artigiani, i professionisti sono sottoposti ad una insopportabile pressione fiscale che si è resa necessaria per salvare il paese dalla bancarotta. Permane il dato di una cultura che vede la politica non come servizio reso condanne penali ancor più evidenzia l’anomalia della situazione italiana: non dovrebbe essere necessaria una legge, ma soltanto l’assunzione di una scelta etica, per impedire ai partiti di candidare persone con carichi pendenti o già condannati da sentenze della magistratura. Intanto le recenti elezioni in Sicilia hanno da un lato evidenziato, fatto molto grave, una forte disaffezione dei cittadini che per più della metà degli aventi diritto si sono astenuti dal voto; dall’altra l’affermarsi di movimenti che possono essere definiti alternativi ai partiti tradizionali o comunque di protesta. In tale contesto alla scuola spetta il compito non facile di educare le nuove generazioni ad una visione corretta dei rapporti con le istituzioni ed all’interno delle istituzioni. Un antico e rassegnato adagio recita“chi sta vicino al fuoco si riscalda”: chi sta al potere o chi gli sta vicino ne trae personali benefici. Vogliamo ancora sperare che la paziente azione educativa della scuola possa nel tempo modificare un modo purtroppo diffuso di concepire la partecipazione alla gestione della cosa pubblica. Antonio Rosmini aveva già evidenziato circa 160 anni fa nella sua opera“Progetto di Costituzione secondo la giustizia sociale” il rischio di fenomeni di corruzione nelle istituzioni ed aveva suggerito alcuni rimedi per limitarli alla collettività, ma come occasione per un facile arricchimento o comunque per trarne vantaggi personali. E’ attualmente in discussione in parlamento una proposta di legge “anticorruzione” che però ha già ricevuto numerose critiche perché non sembra che tocchi alcuni degli aspetti più gravi dei fenomeni di corruzione. Ci auguriamo che si tratti di un primo passo verso una regolamentazione più rigorosa. L’imminente decreto legislativo che porrà l’incandidabilità di coloro che hanno subito Giovan B. Puglisi 18 Adieu,un film che è un saggio antimafia. Biofilmografia: Chi è Alberto Castiglione. di Carmelo Botta Al centro di questo documentario c’è una riflessione, amara e provocatoria, sul tema “dell’addio” e sul destino, vissuto spesso in maniera tragica, di una città: Palermo. Le contraddizioni legate alla lotta alla mafia e alla “morte civile” della città e dei suoi abitanti che, come diceva Falcone, “sembra, a volte, che stiano affacciati alla finestra a vedere come finisce la corrida”. Dal 1992, da quel tragico anno in cui morirono Falcone e Borsellino e le loro scorte, sono già passati quasi 20 anni, la domanda di fondo del film è: ”siamo sicuri di aver sconfitto la mafia e che tanto sangue versato sia davvero servito a qualcosa?”. Domanda a cui rispondono, ognuno a modo proprio, la fotografa Letizia Battaglia, palermitana, una delle fotografe italiane più apprezzate e riconosciute a livello internazionale, che con i propri scatti ha documentato 30 anni di “guerra civile”, e Vittorio Teresi, magistrato di punta a Palermo, magistrato della Direzione Distrettuale Antimafia, protagonista della stagione del pool antimafia. Due figure poi, a fare da filo conduttore nel documentario: la storia di un uomo assoldato dalla mafia, prima come spacciatore e poi come killer, e che decide di lasciare la città per sempre, ed un bambino che si aggira per la città, nei luoghi simbolo di una rinascita che stenta a venire. Produttore: Koiné Film Regia: Alberto Castiglione Durata: 40’ Genere: Documentario Formato: 16:9 Biofilmografia Alberto Castiglione nasce a Palermo il 15 marzo 1977. Inizia giovanissimo ad occuparsi di regia teatrale con una compagnia di giovani attori siciliani. In seguito passa alla regia video, con particolare interesse al genere documentaristico. La sua attività produttiva iniziale si rivolge ad argomenti di carattere sociale come la condizione giovanile nelle città del meridione d’Italia. Nel 2000 fonda il gruppo artistico Stone Theatre. Inizia a lavorare in Rai come assistente alla regia nella realizzazione di documentari. Nel 2001 gira in Argentina La Memoria y la Historia(30’), documentario sulla crisi economica in relazione agli anni della dittatura, lavoro presentato al Prix du film documentaire Union Latine – La Cita di Biarritz. I suoi lavori sono distribuiti, a livello mondiale, da RaiTrade. E’ l’ideatore di “Zikr”, un 19 Alberto Castiglione progetto Cinematografico di Legalità e Memoria nei Paesi del Mediterraneo. Nel2003 esordisce sul palcoscenico mondiale alla 60 Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia con il mediometraggio “Picciridda”. Nell’ottobre del 2003 gli viene assegnata una Menzione Speciale al Premio Internazionale “Rocco Chinnici” come artista impegnato sul fronte della lotta alla mafia. Vincitore nello stesso anno del Premio della Critica Cinematografica e Televisiva. In questi anni non ha mai mancato di dare il suo contributo a manifestazioni nazionali sul tema della legalità come la “Carovana antimafia” e “Legami di Memoria”. Nel 2004 realizza il documentario Danilo Dolci, memoria e utopia che ripercorre i primi venti anni dell’esperienza del grande sociologo triestino in Sicilia, premio “Un Film per la Pace” nel 2006. Dal 2005 dirige la società di produzione Koiné Film. Nel settembre 2005 dirige la sezione documentari del Palermo Film Festival, Premio “Vittorio Albano”. Nel 2005 realizza un documentario-inchiesta sulla morte del giornalista, ex leader di Lotta Continua, Mauro Rostagno, ucciso dalla Mafia nel 1988. Finalista nel 2006 al Premio Giornalistico e Televisivo Ilaria Alpi per “Una voce nel vento” nella sezione Produzione. Vincitore dell’Audience Award 2006 al Biografilm Festival per Una voce nel vento. Responsabile tecnico della realizzazione dell’Archivio Audiovisivo “Danilo Dolci” e curatore del recupero dell’Archivio televisivo del giornalista Mauro Rostagno ad RTC. Autore di reportage radiofonici, tra cui quello su Don Luigi Sturzo per Radio Rai, e sceneggiature per il cinema. Dal 2006 è docente presso l’Università di Cassino(FR) dove dirige il corso su “Cinema e giustizia” nella Facoltà di Giurisprudenza. Docente di scrittura del documentario presso il Master di II° livello su “Sceneggiatura cinematografica” presso il DAMS di Udine. Nel 2007 ha realizzato il documentario “Verso un mondo nuovo”, il cui soggetto è basato sulla Marcia della Pace che nel 1967, guidata da Danilo Dolci, attraversò la Sicilia occidentale. Direttore artistico della prima edizione del Festival dei Giovani. Nle 2007 ha realizzato “Nel cuore dello Stato”, documentario incentrato sugli aspetti meno conosciuti del sequestro Moro e sulle complicità tra BR e agenzie d’intelligence internazionali. L’ultimo film-documentario realizzato è “Nella terra del Caos”, sul rapporto tra Pirandello e la Sicilia, prodotto da APQ Sensi Contemporanei e Regione Sicilia. Nel giugno 2011 l’Associazione tedesca “Mafia? Nein Danke!” gli ha dedicato due giornate a Berlino con la proiezione di “Una voce nel vento”, una delle quali presso la prestigiosa Humboldt Universitat. Premio “Un Film per la Pace” 2006 Miglior Documentario Faito Doc Festival 2007 Picciridda 2003 - (32’) Italia. Colore – B/N Docu-fiction Premio “Rocco Chinnici 2003” Premio Critica Cinematografica e Televisiva 2004 3 La Memoria y la Historia. 2001/2002 - (30’) Argentina – Italia. Colore Documentario Passaggi 2000 - (15’) Italia. Colore Cortometraggio Filmografia: Maria Sofia delle Due Sicilie, una Regina contro il Risorgimento. In collaborazione con: Deutsch-Italienische Vereinigung e.V.Frankfurt am Main FIAT Group Germany Durata: 20’ Anno: 2011 Nella terra del Caos -La Sicilia di Pirandello2010 – (50’) Documentario Nel cuore dello Stato Il grande intrigo del sequestro Moro 2008- (45’) Documentario - (15’) Italia. B/N Cortometraggio Principali Festivals e manifestazioni 60ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, Festival Delle Nazioni – Drop Out - Milano, MIP TV – Mercato Internazionale della televisione – Cannes, Premio della Critica Televisiva e Cinematografica, Prix du film documentaire Union Latine – La Cita (Biarritz), Retrospettiva de La Cita a Parigi – (Parigi), Sicilian Film Festival – Miami Beach-, Valsusa Film Festival, Bellaria Film Festival, Premio giornalistico e televisivo Ilaria Alpi, Biografilm International Film Festival (diverse edizioni), Mediterraneo Video Festival, FestivalStoria, Levante Film Fest 2006; 40ª Mostra del Nuovo Cinema di Pesaro, XVII Festival Latino Americano di Trieste, Festival Delle Nazioni. 4 Storie interrotte: il Sud che ha fatto l'Italia “Luigi Sturzo” Reportage radiofonico Koiné Film Contatti - Sede Legale: via Mariano Accardo 54, 90145 Palermo Tel. 0039 – 329 7365382 E-mail: [email protected] Homepage: http://www.koinefilm.it/home.html Rai Radio3 e Ministero per lo Sviluppo Economico 2007 Verso un mondo nuovo(1967: Sicilia) 2006- (50’) Italia. Colore Documentario Una voce nel vento 2005-(50’)Italia. Colore Documentario Audience Award 2006 Biografilm Festival Finalista Premio giornalistico e televisivo “Ilaria Alpi” Danilo Dolci, memoria e utopia 2004 – (60’) Italia. Colore Documentario Scheda curata da Carmelo Botta 20 un percorso di educazione alla legalità proposto dalla Polizia di Stato di Palermo Nell’Agosto 2008 un piccolo gruppo di amici “rispondeva” alla richiesta di un clan scout della provincia di Siracusa – che ci chiedeva di vivere un’esperienza fra le vie della nostra Palermo sulle orme di ”alcuni tratti indelebili” - attraverso un percorso che si prefiggeva di riscoprire quei valori universali come il rispetto, la giustizia, l’onestà e la legalità. Quel giorno, speso con amore, passione e tanta improvvisazione, si gettava un seme che con il tempo ha germogliato e messo radici, nasceva così il percorso SE VUOI. Oggi il percorso si sviluppa in due o più giornate ad è sostenuto dall’opera di alcuni poliziotti della Squadra Mobile (in abiti civili) che accolgono e accompagnano su richiesta, associazioni, gruppi scout, delegazioni scolastiche e altro, lungo un preciso itinerario che attraversa la nostra città di Palermo a bordo di un pullman della Polizia di Stato. È comunque patrimonio della nostra metodologia rincontrare scuole e gruppi scout, un terzo giorno, dopo il percorso, questo per ascoltare, dalla viva voce di quei ragazzi che hanno fatto l'esperienza, ciò che è successo nei lori cuori. Le varie “tappe del percorso”, sono costituite dai luoghi della memoria, posti dove ricordiamo chi ha speso la propria vita fino in fondo schierandosi dalla parte del bene e della giustizia prescindendo dal credo e dal colore politico. In questi siti troviamo ad attenderci un familiare, un amico o un collaboratore di questi uomini, essi ci ricordano pensieri, ideali e magari qualche aneddoto inedito del loro vissuto. L’itinerario si dispiega all’interno di un arco immaginario sia geografico che culturale, in quanto si parte dalla figura di P. Pino Puglisi (primo giorno) ucciso presso il quartiere Brancaccio (PA) e si conclude il secondo giorno a Cinisi (PA) presso la casa memoria di Peppino Impastato. All'interno del tragitto è possibile approfondire la conoscenza sulle storie di vittime di mafia note e non, per questo, oltre a dar voce alle storie dei noti magistrati FALCONE e BORSELLINO o Libero GRASSI, poniamo anche all'attenzione le figure di Mario FRANCESE giornalista di cronaca, di Carmelo IANNI', un albergatore di Carini, entrambi uccisi 21 dalla mafia a ridosso degli anni 80 e di tanti altri. Indicativamente crediamo che il percorso, per essere efficace e non risultare dispersivo, debba rivolgersi a 15/25 soggetti max. Oltre ai vari testimoni, secondo i tempi stabiliti, s’incontrano diversi organi di Polizia, a partire dal Questore, che dà il benvenuto in qualità di padrone di casa, per poi spostarsi presso la Squadra Mobile dove si incontrano poliziotti e funzionari che da anni sono in prima linea nel contrasto delle criminalità mafiosa, poi la visita procede presso la sala operativa 113, cuore di tutte le attività sul territorio, dove, allo stesso tempo è possibile visionare alcuni filmati sulle vittime di mafia e sulla lotta contro il racket. A seconda della disponibilità, ci si reca anche presso altri reparti come: artificieri, cinofili, scorte, poligono, reparto volo e pranzo tutti insieme! Come accennato, l’esperienza del “SE VUOI…” s’incentra prevalentemente sull’intervento di testimoni diretti dei fatti, traendo spunto dalla celebre frase: “Il mondo ha più bisogno di testimoni che di maestri (Paolo VI). Altri “testimoni-coadiutori” sono degli imprenditori che hanno avuto il coraggio di dire NO al racket e di denunciare i loro persecutori; i rappresentanti di alcune associazioni pro-legalità (come Addiopizzo) ed in ultimo, ma non per questo meno importante, alcuni colleghi che hanno prestato servizio presso la scorta Falcone. Grazie a questo percorso, in questi anni, abbiamo anche scoperto che i cognomi BORSELLINO, GRASSI e quello di tanti altri, per i familiari rimasti in vita, non è un privilegio ma una responsabilità e che i loro cari scomparsi non erano eroi ma uomini coerenti fino in fondo con le loro scelte. Abbiamo compreso che don Pino PUGLISI non era un prete antimafia, perché don Pino non era ANTI rispetto a niente in quanto lui era PRO, era per il Vangelo e per l’uomo e perché ognuno di essi, in un percorso di totale libertà e rispetto dell’altro, potesse comprendere e conoscere la sua vocazione. Abbiamo anche imparato qualcosa su di noi ovvero che quello che un operatore di polizia svolge in maniera quotidiana ed ordinaria nel corso della propria giornata lavorativa, all’esterno viene percepito dai giovani, come un fatto eccezionalmente straordinario, per scoprire invece un poliziotto a misura d’uomo, che potrebbe essergli padre o fratello maggiore, e che prima di quella giornata appariva totalmente altro ed irraggiungibile. È sorprendente notare come questo cammino, oltre a seminare un messaggio di speranza nel cuore dei tanti ragazzi che salgono sul pullman, li aiuti ad accorciare le distanze ed a smussare quei pregiudizi che spesso parte della società civile nutre nei confronti delle forze dell’ordine ed in generale nelle istituzioni. Infatti, a conclusione delle due giornate si respira quel senso pieno di comunione e di amicizia… e nel congedarsi si avverte anche una certa nostalgia. Monreale, quattro classi della scuola media Raimondo FRANCHETTI di Palermo un gruppo del liceo Regina Margherita di Palermo e tanti altri... Riteniamo opportuno sottolineare che il percorso del “SE VUOI…” non si propone come un bando di arruolamento nelle forze dell’ordine, né come una promozione sindacale anche se da esso è sostenuto con un prezioso ed indispensabile contributo in termini economici e di responsabilità - né tanto meno come un palcoscenico per propagande politiche e neanche come un momento di inculturazione religiosa. In poche parole possiamo concludere dicendo che “SE VUOI…” non è semplicemente un percorso antimafia o per la legalità è invece un’esperienza di vita che si veste della logica del proporre senza imporre, perché solo l’esercizio libero dell’amore può cambiare il cuore dell’uomo. Sovr. Francesco Sanfilippo, Sergio Rizzo e Francesco Mongiovì Dr. Antonio De Santis Vice Questore agg. Giovanni Assenzio, segr, prov. Siulp In questi anni abbiamo incontrato gli scout di: Siracusa, Crotone, Arese, Sassuolo, Parma, Piacenza, Ferrara, San Donà di Piave, Roma, delegazioni dei comuni di Mozzecane (VR) e Vicenza, scolaresche di Trento, Cefalù,