SCUOLA
E CULTURA ANTIMAFIA
per un ponte culturale nel mediterraneo
www.scuolaeculturaantimafia.it - www.etnomediterranea.org – email: [email protected]
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Il valore della scuola, oggi
di Annamaria Ajovalasit
Il tema della formazione dei giovani è, da
Studenti in corteo a Palermo
(foto Italpress)
Studenti al festival della legalità 2012 a Villa Filippina
sempre, il nucleo fondante della nostra attività di docenti.
Non di tutti, forse, ma sicuramente di chi ha da sempre
tentato di superare i limiti dei contenuti strettamente
disciplinari per andare oltre e “caricare” di significato e di
finalità formative la peculiarità dei diversi insegnamenti. E
per realizzare ciò, è necessaria la volontà del docente a
rinnovarsi, a non restare indietro rispetto agli interessi dei
giovani che sono “galoppanti” ed impazienti, sospinti e
sostenuti anche dal desiderio dell’ ”hic et nunc”, cioè dalla
voglia di ottenere tutto e subito. E la Scuola come può
andare loro incontro, che mezzi e strumenti è in grado di
fornire? Che cosa realmente può proporre perché non si crei
quella dicotomia, quel distacco dal reale, per cui, chiusosi il
portone della Scuola alle loro spalle gli alunni ritornano
anche con un certo sollievo alla vita, nota e familiare, di ogni
giorno? Marco Lodoli, su Repubblica di alcuni giorni fa,
dichiarava che l’umanesimo è morto e che lungi dal
rimpiangerlo dobbiamo cercare di capire dove vanno i
giovani e che cosa vogliono. Tale intervento ha suscitato
l’interesse di molti (anche se di pochi giovani ) e mi spinge a
qualche riflessione supportata anche dall’autorevole parere
di Corrado Augias. Le discipline umanistiche traggono la loro
denominazione dal fatto che sono proprie del genere umano
e come tali comprendono tutto ciò che riguarda l’uomo,
dalle cose più piccole e meno significative a quelle più
complesse e ricche di significati. Ed umani sono i sentimenti
ed i risentimenti, umane sono le aspirazioni al bene come le
propensioni al male, umani sono i progetti e le aspettative
come profondamente umani sono i momenti di cedimento e
di sconforto a fronte di difficoltà o di fallimenti. Tutto ciò
non solo costituisce la vita che è aldilà del portone della
Scuola ma deve essere anche il senso di quanto trasmesso e
reso fruibile e comprensibile a partire dalle aule scolastiche.
(continua a pag 3)
SCUOLA
Sommario
E CULTURA ANTIMAFIA
NOVEMBRE 2012
ANNO XXVIII
NUMERO 7-8
Il valore della scuola, oggi
di Annamaria Ajovalasit
pagg. 1-3
Il docente non è un elettrodomestico !
di G.B. Puglisi
pag. 3
Ricordando Padre Puglisi
di Antonino Raffaele
pag. 4-7
Le esequie di Placido Rizzotto viste da uno studente
pag. 7
Invio gratuito on-line
Elezioni regionali, nuovo parlamento e bicentenario delle
costituzioni liberali di Palermo e Cadice
di Claudio Paterna
pagg. 8-9
Reg. Trib. Di Palermo
n. 41 del 12/11/1991
Un libro per i giovani: legalità ,baluardo alla prepotenza !
di Maria Vita Gambina
pagg. 10-11
Direttore responsabile:
Appunti di storia unitaria: dei siciliani e della mafia in America
di Roberto Tripodi
pagg. 12-13
Claudio Paterna
Quinto festival della legalità:un dibattito col procuratore
Ingroia
di Claudio Farina
pag. 14
Indirizzi web:
Le scuole bersaglio dei vandali. Si riaffermi la presenza
delle istituzioni nel territorio !
di Isabella Vitrano
pagg.15-16
www.scuolaeculturaantimafia.it
www.etnomediterranea.org
L’azione educativa della scuola riuscirà a sradicare la diffusa
“cultura” della corruzione ?
Di Giovan B. Puglisi
pagg. 17-18
e-mail:
[email protected]
Adieu,un film che è un saggio antimafia.
Biofilmografia: Chi è Alberto Castiglione.
di Carmelo Botta
gli articoli possono essere anche inviati a:
[email protected]
pagg. 19-20
“Se vuoi…” un progetto di educazione alla legalità
promosso da Agenti della Poilizia di Stato
AA.VV.
pagg. 21-22
[email protected]
Impaginazione: G.B.Puglisi
2
Il valore della scuola, oggi
rassegnata?) di essere arrivati o insindacabili ed i
giovani non correrebbero più il pericolo della
critica
o
del
giudizio
senza
appello.
Ed ancora: i “vecchi” di questa nostra generazione
dovrebbero uscire dall’egoismo della loro raggiunta
tranquillità economica e proiettarsi in un futuro
che, libero dalle deleghe retoriche, troppo spesso
nel passato trasmesse alle nuove generazioni ( la
più famosa: voi, uomini del domani! ) si chiedano,
con un pizzico di umiltà, che cosa realmente oggi,
essi stessi, stanno, facendo per preparare il futuro.
Studenti del Conservatorio “Bellini” di Palermo
ED allora chi deve essere sempre aggiornato
anche nel caso di programmi tradizionali o
desueti, chi deve essere in grado di immettere il
presente anche nel passato più lontano deve
essere proprio il docente la cui presenza ed il cui
intervento sono tanto più validi, utili ed
indispensabili, quanto più comprensibile, chiaro
ed inequivocabile è il suo riferimento alla sempre
diversa realtà quotidiana. E questi sarà un
docente sempre nuovo perché lui per primo
imparerà giorno dopo giorno che la sua opera non
deve incidere un “segno” che i giovani subiranno
passivamente, ma piuttosto deve tendere a
stimolare e sollecitare un’autonoma ricerca di sé.
Per assumersi la loro parte di responsabilità.
Anna Maria Ajovalasit
Il docente non è un elettrodomestico !
Sembra al momento caduta, in seguito alle
proteste del mondo della scuola e all’opposizione
dei parlamentari del PD, la proposta del governo,
inserita nella legge di stabilità ancora in discussione
in parlamento, di elevare a 24 le ore di lezione dei
docenti delle scuole secondarie di primo e secondo
grado senza alcun riconoscimento retributivo. La
finalità era ovviamente quella di ridurre nel tempo
di circa un terzo gli organici con una consistente
economia per lo Stato. Il provvedimento se
approvato sarebbe ovviamente entrato in conflitto
con le norme che prevedono che gli impegni di
lavoro del personale della scuola possono essere
allo stato attuale solo oggetto di una
contrattazione tra le parti: a meno che si voglia
tornare indietro di alcuni decenni. Ma l’aspetto più
preoccupante della proposta riguarda, oltre alla
mancanza di rispetto di una categoria tra le meno
retribuite nell’ambito europeo, il mancato
riconoscimento dell’attuale impegno di lavoro dei
docenti che hanno tra i loro compiti quello di
In questo modo si dovrebbero ridurre al minimo i
contrasti generazionali perché i “vecchi” non
avrebbero più la sensazione (appagante?
Universitari di Palermo al Parlamento europeo con
T-Shirt: “No mafia. Siciliani contro tutte le mafie”
(continua a pag. 11)
3
Ricordando Padre Puglisi. Testimonianza di Antonino Raffaele
É strano ma mi accade tutte le volte che appare
sullo schermo della tv padre Puglisi. Sono passati
diciannove anni da quel 15 settembre del 1993.
Eppure, per pochi attimi di secondi Lui, Pino,
l'amico mio fraterno, è vivo, lo stanno
intervistando, ci sta parlando, racconta della sua
parrocchia di Brancaccio, dei suoi ragazzi che vuole
togliere dalla strada. Pochi secondi e subito ritorno
alla realtà. No. Non è vivo. Non c'è più. Parlano di
lui. E si affastellano nella mia mente flussi di
pensieri disordinati, intrecciati, annodati in un arco
di tempo risalente sin dal 1966, quando ci
conoscemmo, all'Addaura, al Roosevelt, lui
giovane prete ventinovenne ed io studente
universitario-lavoratore ventiduenne. Ambedue
magri, di media statura, dal portamento semplice,
calmi nel parlare, aventi in comune il luogo di
lavoro, il Roosevelt appunto, spazi comuni, ragazzi
adolescenti affidati per educarli, per farli crescere
liberandosi dai bisogni spesso forti che avevano
dietro le spalle, proiettandoli verso il riscatto
sociale e l'emancipazione culturale e formativa.
All'inizio ci demmo del lei. Lui era stato mandato
nella Comunità educativo-assistenziale del
Roosevelt con il ruolo di assistente spirituale e di
cappellano; io, insieme ad altri giovani,
prevalentemente studenti universitari che ci
mantenevamo agli studi con il nostro lavoro di
istitutori, avevo vinto un concorso nazionale
indetto dall'ente parastatale che in convenzione
con la Fondazione F.D. Roosevelt, garantiva il
servizio di assistenza educativa e convittuale ai
ragazzi. Fu lui, Pino, a rompere il ghiaccio e a
proporre che ci dessimo del tu. Lo fece con tutti
noi istitutori che, per la verità, eravamo molto
vivaci e non tanto inclini a frequentare i preti,
stanti gli anni caldi della contestazione giovanile e
del clima che si viveva nelle università nel '68,
università che di mattina, mentre i ragazzi erano a
scuola, frequentavamo per
i nostri studi.
Condividevamo tante cose insieme. Il luogo
privilegiato delle nostre conversazioni e dei nostri
dibattiti-scontro era la piccola sala mensa riservata
al personale. Mangiavamo prima che i ragazzi
uscissero da scuola poiché da quel momento
iniziava il nostro servizio sino a sera allorché
andavano a dormire. Tra le 12 e le 13 consumavamo
il nostro pasto preparato dalle brave suore e dalle
“donne salariate” che lavoravano per l'ente. Quella
era un'ora attesa e non solo perché consumavamo il
nostro pranzo ma anche perché era l'occasione in
cui ci si incontrava e, ideologicamente scontrava.
Padre Puglisi poteva anche consumare il pasto in
altro orario ben servito e accudito dalle suore, ma
lui, no, preferiva stare in mezzo a noi, parlare e
dialogare con noi, affrontare le sfide a cui lo
sottoponevamo con i nostri discorsi critici e a volte
volutamente provocatori nei confronti della chiesa ,
del suo potere temporale, dei valori dominanti.
Eravamo imbevuti di Marcuse, Marx, Mao e quanto
altro si può aggiungere. Era una continua sfida al
giovane prete che, invece, colto, illuminato e
psicologicamente attento alle problematiche dei
giovani e del tempo, affrontava le discussioni con
intelligenza e con sapiente strategia per
“conquistarci”, per entrare in empatia con noi. Mi
tornano in mente le lunghe passeggiate nei viali
fiancheggiati da begli oleandri e le discussioni con
lui sulla giustizia sociale, sullo sfruttamento delle
fasce sociali più deboli, sullo scempio urbanistico
prepotentemente fatto da chi negli anni sessanta
amministrava la nostra città, sulle emarginazioni nei
quartieri periferici, sul “destino crudele” che si
accaniva su chi stava peggio, sul dolore dell'uomo ,
sul bene e sul male, sul cambiamento necessario
4
attraverso l’azione dell’uomo, diceva lui; la
“rivoluzione”, dicevamo noi. E, se gli obiettavamo
che non poteva esserci dialogo tra di noi perché
avevamo visioni diverse della vita, aggiungeva:
vedete, c'è qualcosa su cui siamo d'accordo, i
valori per la giustizia, per la solidarietà, la lotta
contro il male, contro la mafia ecc...; quindi, c'è
un un pezzo di strada che possiamo fare insieme.
E così rimaneva il legame tra di noi. Io, in
particolare, avevo ricevuto una educazione
cristiana in famiglia e in collegio. L'approccio con
l'università mi aveva disorientato e fatto mettere
in crisi l'educazione ricevuta. Il vento della
contestazione alimentava la crisi ma l'incontro
con padre Puglisi mi fu di aiuto per una
rielaborazione e riflessione. E' proprio vero.
Partendo dal pezzetto di strada che potevamo
fare in comune, ne abbiamo costruito un altro
per andare oltre, per una rivisitazione e rilettura
del vangelo dove si annida la giustizia, la
solidarietà, l'amore e la carità. Mi tornano in
mente quelle belle passeggiate dall'Addaura a
Mondello. Nella piazzetta c'era una bettola di
vino. Noi ci sedevamo lì. Ordinavamo un uovo
sodo con sale e un bicchiere di vino. Pino stava
con noi. Il vinaio guardava sbalordito e
scandalizzato dalla presenza del giovane prete.
Un giorno eravamo lì noi due. Il vinaio ad un
certo punto chiese al prete: parrinu, ma chistu è
so frati? Padre Puglisi col suo solito sorriso,
rispose: sì, me frati è. Da quel momento,
scherzosamente, diventammo fratelli. E come
fratello mi trattava. Nel 1968, i lavoratori e
soprattutto le “donne salariate” dell'ente, sulla
spinta di tre di noi istitutori, presero coscienza
sindacale; organizzammo il primo sciopero della
storia dell'ente. Un collega che studiava legge un
giorno mi disse: non può continuare una
situazione di lavoro così disumana per le “donne
salariate”: non hanno un contratto; vengono
pagate alla giornata, nonostante lavorino da
anni; se si ammalano non vengono pagate.
Dobbiamo fare qualcosa per loro. Mi portò in via
Montevergini dove c'era la Camera del Lavoro. Ci
fecero parlare con il responsabile della FIDEP ( la
( la Federazione Italiana Dipendenti Enti
Pubblici), un certo Sebastiano Badalucco.
Fondammo la prima cellula sindacale dentro
l'ente e organizzammo il primo sciopero. La
repressione dell'ente non tardò a farsi sentire.
Io fui trasferito di ufficio a Siracusa, proprio
nell'anno in cui dovevo fare la tesi di laurea; lo
stesso accadde agli altri due colleghi. Padre
Puglisi ci fu vicino. Il suo fraterno affetto, la sua
presenza non ci mancarono e ci furono di
conforto. Il giorno dello sciopero, pur non
potendo aderire allo sciopero per il suo status,
tuttavia fu vicino a noi e alle operaie non
inquadrate con regolare contratto a tempo
indeterminato, nonostante i notevoli anni di
servizio continuativo, strategicamente interrotto
dall'ente. L'ente non la smise di perseguitarci;
doveva castigare noi contestatori che gli
avevamo messo dentro la CGIL. Nell'anno
successivo, a settembre, mi trasferirono a
Potenza; io mi ero laureato due mesi prima a
luglio. Non potevo tollerare l'accanimento
dell'ente. Mi consultai con Pino e decisi di
dimettermi e di attendere l'incarico di
insegnamento da parte del Provveditorato.
Furono momenti molto tristi e di insicurezza per
me. Pino capì. Un giorno mi disse: in seminario
c'è bisogno di un docente al ginnasio. Vuoi
accettare? Accettai. Insegnai nel ginnasio del
seminario minore che si trovava in via del Vespro
per circa un mese; poi, ottenni l'incarico dal
Provveditorato di Como e lasciai. Ci scrivevamo.
Dopo un anno andai a trovarlo a Godrano.
Quando tornai a Palermo padre Puglisi è stato
concelebrante delle mie nozze con Lucia.
Riprendemmo i contatti e un cammino di
spiritualità insieme con altre coppie le cui
nozze erano state celebrate da Pino.
Nel '92 ci ritroviamo insieme al liceo Vittorio
Emanuele II dove egli insegnava religione e io
arrivavo quale preside. Appena un anno
scolastico insieme sino al quel 15 settembre
dell'anno successivo.
Pino, che godeva della stima di tutta la comunità
5
vittorina, nel mese di maggio '93 era fortemente
provato e preoccupato. Aveva già subito a
Brancaccio minacce. Le vicende ormai sono a
tutti note. Voleva lasciare la scuola per dedicarsi
di più alla parrocchia, al Centro Padre Nostro e al
Centro Vocazionale. Gli chiesi di ripensarci; di
non lasciare completamente la scuola. Con una
riduzione e concentrazione dell'orario avrebbe
potuto conciliare i suoi impegni. Sarebbe stata
una grossa perdita per il liceo se avesse lasciato
l'insegnamento. Chiesi al mio vicario, il buon
Beppe Indorato, di fare in modo di concentrare
l'orario di insegnamento, senza, però,
danneggiare la didattica. Beppe , bravissimo nel
fare l'orario, c'è riuscito. Due giorni prima del 15
settembre comunicai la notizia a Pino; così ci
avrebbe ripensato a non lasciare la scuola. Ma il
15 ci lasciò. Ci pensarono altri a fargliela lasciare.
E' stato martirizzato. Non potevamo crederci.
Quella mattina alle 7:30 arrivo in via Simone da
Bologna, davanti al cancello della scuola trovo
Caterina, la collaboratrice scolastica; piange
gridando, mi dice: preside, ammazzaru a patri
Puglisi. Non riesco a comprendere. Prendo il
giornale presso la vicina edicola. Leggo il titolo.
Mi rimetto in macchina, di istinto mi dirigo a
Brancaccio velocemente, come se dovessi andare
a salvarlo. Arrivato quivi, trovo nel quartiere la
calma. Vita normale. Una situazione surreale,
stante ciò che era successo.. Chiedo ad un
passante. Mi alza le spalle. Giro per circa tre ore
in macchina per la città, guidando senza meta e
piangendo, piangendo a dirotto, come un
bambino.. Mi ricompongo dal pianto verso le 11
e torno a scuola.Trovo l'androne pieno di ex
alun- ni. Ci riuniamo, parliamo. Alcuni di loro,
Bartolo Vultaggio, Nicola Sinopoli, Daniela
Chinnici, Gianpiero Tre Re e altri lanciano l'idea di
incontrarci, di fare qualcosa, di fondare
l'Associazione Padre Puglisi. Si riunisce il Collegio
Docenti. Si programmano iniziative e soprattutto
momenti di riflessione con tutti i 1400 alunni che
rientreranno a scuola tra pochi giorni. I sindacati
confederali e lo Snals mi chiedono di aprire l'anno
scolastico il primo giorno di scuola, cioè tre o quattro
giorni dopo l'assassinio, in Aula Magna per fare
un'assemblea sindacale. Rispondo: è il primo giorno
in cui i ragazzi si vedono, dopo l'assassinio e le
vacanze estive; abbiamo bisogno di piangere insieme,
di elaborare il lutto, di rifletter sul nostro dolore
nell'intimità. Come si fa in una famiglia quando
accade una disgrazia. Ci sarà tempo per fare, poi,
l'assemblea sindacale. Consulto il Collegio che
concorda. E poiché in aula magna possono entrare
300 alunni, a gruppi di 300 alla volta nella prima
settimana tutti gli studenti con i docenti e il
personale si intrattengono in riflessioni . Intanto i
sindacati, a lor parere, feriti nell'orgoglio della loro
onnipotenza, scrivono al Ministro affinché mi censuri.
Cosa non avvenuta. Ma i giornali titolano: preside si
rifiuta di fare commemorare padre Puglisi nella
scuola. Ricevo moltissime solidarietà da parte di
persone anche estranee alla scuola che hanno capito
la sensibilità della decisione mia e del Collegio.
Tuttavia sono rimasti i titoli dei giornali, anche se il
contesto degli articoli riportava i reali contenuti
sopra descritti. Resta l'amarezza: quando si ostacola
qualcuno nel raggiungimento dei suoi obiettivi, costui
risponde colpendo. Mutatis, ovviamente, mutandis,
è la stessa tecnica del potere mafioso che fa fuori chi
gli è di ostacolo. Il potere quando si chiude nel suo
narcisistico e utilitaristico “particulare”, si comporta
così. E questo capita anche a certi - fortunatamente
non a tutti – sinda- calisti o capiredattori
responsabili dei titoli e sottotitoli.
Mi piace concludere questi flash di memorie
ricordando quanto una ex alunna del liceo Vittorio
Emanuele II, Enza Mortellaro, scrisse sul giornale di
istituto nell'articolo “il mio prof. di religione”: “ ...era
un amico dolce che sapeva capirmi perché mi
guardava con uno sguardo pieno di tenerezza, un
amico che mi ha tirato su dalla
fossa della
disperazione, dell' angoscia, del non senso
6
Le esequie di Placido Rizzotto
viste da uno studente
Placido Rizzotto: sindacalista temerario pronto
a lottare per difendere i diritti dei lavoratori
siciliani oscurati dal’onta mafiosa. Quest’uomo
abbiamo voluto ricordare: le suo origini, la sua
vita, il suo impegno sociale raccolti in un
dettagliato opuscolo scritto e progettato nella sua
idea di insieme e nelle sue peculiarità da alcuni
alunni del Liceo Scientifico Statale Benedetto
Croce, guidati da uno storico (Prof. Michelangelo
Ingrassia) e da un professore di storia e filosofia,
docente nel suddetto liceo (Carmelo Botta). Il
nostro scopo principale consisteva nel portare
omaggio a questo grande personaggio della storia
della nostra terra, spesso dimenticato. L’opuscolo
è stato infatti
presentato e distribuito
gratuitamente in occasione dei funerali di stato di
Placido Rizzotto, tenutisi a Corleone e volti a
donargli finalmente degna sepoltura: Rizzotto
viene assassinato 64 anni a dietro; le indagini sul
suo caso cadono nel dimenticatoio delle inchieste
giudiziarie. Una corleone blindata dalle forze
dell’ordine tenute alla tutela di eminenti
personaggi: il presidente della Repubblica
Giorgio Napolitano, Piero Grasso, Umberto
Postiglione,
Leoluca
Orlando…
Forte il nostro impegno, sentite nel profondo le
vicende di quel grande sindacalista: noi studenti
del liceo “Croce” abbiamo portato avanti con
determinazione e coscienza il nostro impegno
civico, nel limite delle nostre possibilità.
della vita e delle cose... “.
Attendiamo con trepidazione l'imminente giorno
della beatificazione di Pino, martire perchè ha
testimoniato la fede lottando contro la mafia.
Antonino Raffaele
Gli studenti hanno approfondito la biografia di Placido
Rizzotto sotto la guida dei proff. C. Botta e M. Ingrassia
7
Elezioni regionali, nuovo parlamento e bicentenario delle costituzioni liberali
di Palermo e Cadice (1812): occasione di rilancio della Sicilia quale
centro mediterraneo della pace e della cultura…
Più volte su questo giornale abbiamo ripreso
l'evento del Bicentenario della Carta
Costituzionale di Palermo e Cadice del 1812,
manifestando l'intenzione di farne argomento
didattico ma anche occasione di riflessione delle
prerogative costituzionali che la Sicilia ha saputo
interpretare e può ancora interpretare.
L'occasione delle elezioni regionali e
dell'insediamento del nuovo Parlamento è
certamente un momento propizio a fare quello
che non s'è fatto nel passato!
La politica regionale, l'ARS, non hanno brillato
recentemente nell'interpretare le istanze
democratiche e i bisogni della gente, tanto che
gli eccessivi COSTI della POLITICA (troppi
privilegi, troppi fondi riservati), hanno condotto
in un vicolo cieco lo strumento autonomistico,
oggi profondamente in crisi per l'uso esclusivo
che di esso ha fatto la "casta"....
Chi
è
sinceramente
autonomista,
e
profondamente UNITARIO come noi, non può
non riflettere sulla sfiducia generale
dell'elettorato verso i partiti tradizionali, siano
essi della seconda o prima Repubblica!
L'Astensionismo dal voto fino al 53%, cui si
aggiungono i voti dell'Antipolitica di Grillo(19%),
i voti dei partiti esclusi sotto il 5%, portano a
una maggioranza di governo regionale risicata
che potrà contare sul 15-20% dell'elettorato
effettivo dell'isola, per un totale del 25%
compresa l'opposizione!
Non è certo un buon auspicio tutto ciò, per
celebrare il Bicentenario, che fu invece atto di
rottura col passato feudale, chiara svolta contro
l'Ancien Regime fondato sul monopolio del
potere, un progetto rivoluzionario nel cuore del
Mediterraneo col compito di ridare diritti agli
"esclusi"...
Dunque alla nuova Assemblea
regionale rimane il compito di capovolgere la
strada errata intrapresa
Veduta di Palermo – Pittore Scuola di Posillipo
da alcuni anni, da quando ,con la scomparsa
delle ideologie, è scomparsa anche la lotta per
le idee...
Agli eletti si chiede di riprendere la strada del
"volontariato"delle idee, di abbandonare
la"professionalità" della politica, di impegnarsi
in grandi progetti di riforma e sviluppo come lo
furono quelli della stagione costituente 18121814 o più vicina quella del 1945-48.
Da più parti lo chiedono la società civile, le
fondazioni culturali, le associazioni di
volontariato e no profit, intellettuali senza
partito, insegnanti soprattutto, il cui lavoro è
spesso considerato volontariato puro senza
corrispettivi economici, sebbene sia alla base
delle fondamenta socio-culturali del futuro......
Uno slancio ideale, una linea progettuale che
guardi oltre gli steccati delle "appartenze"e
delinei i caratteri di una "nuova cittadinanza"
fondata sul Diritto per gli "esclusi", sull'Incontro
verso i "Diversi", sulle Certezze della Giustizia,
sulle Garanzie verso i "Deboli", sulle pacifiche
relazioni tra i popoli, sul trionfo del Diritto e
della Giustizia sulla criminalità organizzata!
Questi principi che sono ispiratori di grandi
istituzioni mondiali oggi possono essere propri
del Parlamento siciliano, rinunciando tuttavia al
cinismo e al sarcasmo, per far valere le ragioni
della convivenza! Si perchè si tratta proprio di
partire dalla centralità geografica dell'isola, dal
centro del mediterraneo, dall’incontro di
8
religioni e razze diverse; partire, ad esempio,
dall'accettazione della povertà diffusa nell'Altra
Sponda, dalle biodiversità che costituiscono
ricchezza se assecondate; Dal favorire il comune
vantaggio negli scambi, il commercio equo e
solidale, un "mercato" che abbia delle regole,
tuttavia., e a tutto questo la nostra isola
"cerniera" può venire incontro se ha il coraggio
di concepire la sua autonomia non come
privilegio ma come opportunità delle Regioni,
per avvicinare gli Stati a politiche continentali,
politiche certamente più grandi delle nazioni...
La Scuola in questo senso è una palestra
fondamentale di cultura costituzionale, e non
solo perchè condivide gli ideali di educazione alla
legalità che noi coniughiamo alla lotta contro la
criminalità mafiosa, ma perchè attraverso la
Didattica è in grado di offrire programmi
educativi innovativi, al passo dei tempi.
Sicuramente la valorizzazione delle culture
regionali, delle lingue, dei costumi, del
patrimonio culturale fanno parte di questa
Didattica, ma proprio per il ruolo svolto dall'isola,
e dalla sua Capitale, come cerniera culturale tra
occidente e Oriente del Mediterraneo, la
didattica nelle scuole dell'isola dovrebbe fare
perno sull'amicizia tra i popoli di sponde
opposte, tra religioni e popoli diversi. Da tempo
auspichiamo che vengano introdotte materie
curriculari quali Letteratura e Tradizioni popolari,
quali Geografia delle Regioni d'Europa e del
mediterraneo, e soprattutto Storia delle religioni
universali , ma è certamente mancata una spinta
politica e condivisa tra il mondo dell'Istruzione e
le istituzioni regionali, probabilmente per scarsa
attenzione della classe politica a questi temi(ah
già erano molto inpegnati in altre faccende i 90
deputati dell'ARS!). Oggi questi temi sono
indifferibili per il nuovo Parlamento che si va a
eleggere!
Recentemente
un'associazione no profit. La Società Siciliana per
l'Amicizia dei Popoli di Palermo ha indirizzato al
nuovo sindaco di Palermo e ora ai novanta
deputati dell'ARS , una lettera d'indirizzo
chiamata semplicemente "La carta della Cultura"
con la quale si sprona la politica a fare del
proprio
meglio
affinchè,
attraverso
il
raggiungimento di obiettivi intermedi,
Pittura raffigurante il Parlamento siciliano in riunione
si pongano le basi per le future scadenze
internazionali, e una di queste è la candidatura di
Palermo nel 2019 quale Capitale Europea della
Cultura! Ma è chiaro che in tutto questo deve
prevalere una vera Cultura della Pace, una Cultura
che guardi oltre gli steccati del provincialismo
localistico, della politica partitica, delle religioni,
delle nazioni e confermi un ruolo di
intermediazione che devono svolgere le regioni di
confine nei confronti delle aree di conflitto, tra cui
quelle storiche del mediterraneo..
Dal nostro punto d'osservazione di regione di
"confine", noi siciliani offriamo un patrimonio
storico-culturale invidiabile , a cominciare dalle
nostre architetture e arti multiculturali, dalla
nostra Letteratura schierata con i "vinti" della
storia, dalla nostra musica così densa di umori
extraregionali, dalle nostre feste e sagre popolari
che sono un sincretismo vivente...e poi le RAGIONI
DELLA PACE, da quelle antichissime dei Nativi
contro i colonizzatori, a quelle della polis
siracusana verso le altre grandi città mediterranee;
dall'ecumene cristiana-medievale priva di steccati
confessionali, all'incontro tra Arabi,uomini del
nord e persistenze orientali nella rinnovata corte
normanno-sveva,; Fino all'uso del Sabir tra gli
uomini di mare oltre i conflitti turco-ispanici, alle
proteste civiche contro l'Inquisizione antiebraicaantiislamica-antiprotestante,
alle
battaglie
risorgimentali per la libertà e il diritto contro
l'Ancien Regime, alle battaglie contro i blocchi
contrapposti dell'est e dell'Ovest......
Tutto questo è raggiungibile soltanto se si crede
che siamo in grado di farlo!
Claudio Paterna
9
Un libro per i giovani: legalità ,baluardo alla prepotenza!
un libro di Pietro Grasso recensito da Maria Vita Gambina
“ La legalità è la forza dei deboli, è il baluardo che
possiamo opporre ai soprusi, alla sopraffazione, alla
prevaricazione, alla corruzione” Pietro Grasso
L’ultimo libro di Pietro Grasso, procuratore
nazionale antimafia, è “Liberi tutti”, lettera a un
ragazzo che non vuole morire di mafia, edito da
Sperling & Kupfer. Il procuratore dedica il libro al
nipote Riccardo e a tutti quei ragazzi che non
vogliono morire di mafia, animati dalla speranza di
rendere il mondo più libero e giusto, attraverso le
loro idee, i loro desideri e i loro sogni. Così come è
stato per Pietro Grasso. “Cosa farai da grande?”. La
mia risposta era invariabilmente: “ Il magistrato”,
perché pensavo che si trattasse del modo più
efficace per difendere i deboli”. Il libro è
l’autobiografia di un uomo che da quaranta anni
convive con la mafia, di cui conosce le sue mille
maschere, le trame, le regole segrete, i rituali e
l’idioma. Il libro è non solo una testimonianza, ma
anche un bilancio dell’impegno del giudice contro il
crimine e del suo bisogno di credere nell’antimafia
della speranza, del consenso e dell’aiuto della
collettività: “Muoiono di mafia, non solo le vittime
della delinquenza organizzata, ma tutti coloro che si
rassegnano a vivere nell’illegalità e nell’ingiustizia:
chi chiude gli occhi di fronte ai reati; chi fa affari
eludendo la legge; chi cerca i favori dei potenti; chi
accetta il clientelismo e il compromesso per
ottenere un beneficio. La mafia infatti non è solo un
fenomeno criminale, ma un sistema sociale e
culturale ben radicato. Il libro è soprattutto un
appello alle giovani generazioni affinché la lotta alla
mafia diventi prima di tutto un VALORE diffuso
nella coscienza civile. Il giudice dice che ha
conosciuto la mafia da vicino, senza mai
considerarla un fatto “normale”, perché il pericolo
più grande è proprio “l’assuefazione che genera
indifferenza e rassegnazione, per questo dobbiamo
dire ai giovani che si può morire di mafia, perché ci
si volta dall’altro lato, adagiandosi al compromesso
e affarismo”.
10
Il magistrato si racconta e ripercorre la sua vita e
la sua carriera iniziata nel 1969 presso la pretura
di Barrafranca per poi arrivare alla superprocura,
alla Direzione nazionale antimafia. Nel libro,
Pietro Grasso ripercorre le tappe del Maxiprocesso di Palermo, a partire dai primi pentiti di
mafia, come Tommaso Buscetta: fu sua
l’inquietante affermazione di fronte al pm
secondo cui “in Sicilia non c’era filo d’erba che
crescesse senza il controllo di Cosa Nostra”. Nel
quarto capitolo, si parla delle “donne d’onore”
che si sono ribellate all’ingiustizia e alla violenza
mafiosa, come la vedova di Salvatore Inzerillo,
autrice di un appello rivolto alle donne di mafia,
pubblicato dal Giornale di Sicilia il 2 novembre
1996, scriveva così: “Donne di mafia, ribellatevi.
Rompete le catene, tornate alla vita. Sangue
chiama sangue, vendetta chiama vendetta. Basta
con questa spirale senza fine.”
liberazione per tutti gli altri. Perché la cultura
della legalità è qualcosa di più della semplice
osservanza delle leggi e delle regole; è un
sistema di principi, idee, comportamenti
ritenuto valido per tutti e utile per sé, che deve
tendere alla realizzazione dei valori di
uguaglianza, democrazia, giustizia, ma anche di
quelli della libertà della persona, della dignità
dell’uomo, della tolleranza, dell’integrazione,
della non violenza, della pace.
Il procuratore antimafia Pietro Grasso (foto Troccoli)
Maria Vita Gambina
Oggi ci sono altri esempi che ci permettono di
rimanere aperti alla speranza: Felicia Impastato,
Pietra Lo Verso, Michela Buscemi, Giacoma
Filippello, Giusj Vitale. Nella biografia trovano
posto anche gli aspetti più personali e gli eventi
privati della vita di Grasso: le minacce di morte,
la necessità di vivere sotto scorta e le morti dei
suoi amici e colleghi. Il titolo, “Liberi tutti”
ricorda uno dei più famosi giochi di gruppo per
ragazzi, preferito dal giudice, una specie di
nascondino, dove l’ultimo partecipante è libero e
può beffarsi del suo carceriere per poi correre,
raggiungere la la”tana” e gridare “liberi tutti”,
liberando così tutti i suoi compagni; al piccolo
Pietro piaceva restare per ultimo e liberare gli
altri bambini. Il giudice spiega ai giovani come
attraverso la cultura della legalità e con un
progetto di sviluppo economico e un progetto di
partecipazione democratica si può sperare di
riscattarsi dalla violenza. “Bisogna incentivare la
cultura della partecipazione, perché i processi di
liberazione non avvengono attraverso la delega a
un liberatore ma attraverso l’impegno di tutti e
di tutti i giorni. In un certo senso è il contrario del
gioco che facevo da bambino. Nessuno può
“liberare tutti”, la magia non funziona se non nel
gioco. Ma ciascuno di noi deve sforzarsi di agire
come se potesse, con le sue scelte, con il suo
comportamento, diventare uno strumento di
11
(Segue dalla pag. 3)
preparare le lezioni, di effettuare le 18
ore frontali di lezione, di correggere
settimanalmente pacchi di compiti, di
partecipare al pomeriggio per 80 ore per anno
scolastico alle riunioni collegiali ( ore che
spesso vengono superate senza alcun
riconoscimento economico). Quella dei docenti
è tra l’altro una categoria dimostratasi spesso
fragile, che più di altre a causa dello stress, è
soggetta a patologie sia fisiche che di natura
psichica. Affidarle altri carichi di lavoro oltre
quelli già esistenti non sarebbe certamente a
vantaggio della qualità del servizio scolastico.
Insomma il docente non è un elettrodomestico
che può lavorare a tempo indefinito tenendo
collegata la spina alla presa elettrica ! Esiste
certamente il problema della valutazione e del
riconoscimento in termini di carriera e in
termini stipendiali del lavoro e della
professionalità dei docenti: ma questo è un
altro discorso che è stato a volte da qualcuno
avanzato e dai più immediatamente archiviato.
G.B. Puglisi
Appunti di storia unitariaDei siciliani e della mafia in America
di Roberto Tripodi
Crispi verso il grano siciliano, che convinse la Gran
Bretagna a bloccare i commerci portando la
borghesia siciliana e le sue iniziative
imprenditoriali al fallimento. Gli emigranti erano
costretti a vendere tutti i propri averi per
procurarsi il passaporto, un contratto, il biglietto di
viaggio. Solo per gli Stati Uniti era vietato avere un
contratto preventivo, perché negli USA era prassi
comune rispedire in patria chi non fosse in buona
salute o risultasse pregiudicato.
Fu tra il 1.870 e il 1.880 che ebbe
inizio la grande emigrazione siciliana in America. E
per cause storiche e sociali, fu anche in questo
periodo che nacque in Sicilia la mafia, come
fenomeno criminale organizzato e strutturato
secondo precise regole e rigidi riti.
L’emigrazione siciliana in America è la
conseguenza della mancata attuazione dei decreti
garibaldini di suddivisione ai contadini dei latifondi
e dei beni ecclesiastici. Il passaggio dei poteri da
Garibaldi alla monarchia Savoia, la morte
improvvisa del Conte di Cavour, deceduto in soli
cinque giorni dopo uno strano malore
(probabilmente un avvelenamento voluto da Luigi
Napoleone III, re di Francia, che osteggiava la
nascita di un forte stato unitario ai confini)
impedirono una vera riforma agraria e i latifondi
furono messi all’asta e ricomprati dai nobili, i soli
che possedevano i capitali necessari e le giuste
amicizie in seno alla amministrazione statale.
Il contratto di mezzadria era estremamente
punitivo per i contadini affittuari, a differenza del
contratto di livella in uso nel continente. La
miseria terribile e la ricerca di mano d’opera degli
imprenditori americani stimolarono circa 5.000
partenze l’anno fino al 1880,ma successivamente,
la spinta all’emigrazione aumentò fino a
raggiungere le 50.000 unità nel 1888 e nel 1906
supererà i 125.000 emigrati. Se nel decennio 1821
– 1830 emigrarono negli USA 102 siciliani, nel
periodo 1901 – 1908 furono 412.000. Dal 1.900 al
1.915 dalla Sicilia emigrano in America 2.250.000
lavoratori che fecero diventare New York la quarta
città italiana dopo Roma, Milano e Napoli.
L’aumento esponenziale di questo fenomeno fu
anche causato dalla crisi delle miniere di zolfo e
dall’atteggiamento protezionistico di Francesco
La nave “ America”
Il Commissariato Generale per l’Emigrazione tentò
di controllare il fenomeno migratorio, anche se
con poco successo. Si limitò a pochi consigli come
“… Nel Paese straniero l’emigrante eviti in modo
assoluto l’ubriachezza, l’alcolismo, il gioco
d’azzardo, che inducono al vizio e al disordine e
danneggiano la salute.”
Un episodio clamoroso mette ufficialmente in luce
l’esistenza della mafia siciliana in America. Nel
1891, a New Orléans, la popolazione reagisce
al’infiltrazione mafiosa con un massacro dalle
connotazioni xenofobe. Le famiglie dei Matranga e
dei Provenzano si contendevano il controllo del
porto attraverso intimidazioni e corruzione della
polizia locale. L’uccisione del capo integerrimo
della polizia Mr. Hennessy, portò all’arresto di sei
componenti del clan Matranga. Il Tribunale di New
Orléans, però, assolse i sei sicari, tre per non aver
commesso il fatto e gli altri tre per insufficienza di
prove (un processo molto simile a quello per
12
l’uccisione di Placido Rizzotto in Sicilia). Una folla di
circa mille persone, allora, si recò al carcere,
prelevò a caso undici siciliani detenuti, e li
massacrò sommariamente. Il 9 maggio il
presidente degli Stati Uniti Harrison, fu costretto a
occuparsene nel suo messaggio annuale al
Congresso degli Stati Uniti. Nell’ultimo ventennio
dell’800 l’Italia assume un ruolo di protagonista
L’arrivo a Ellis Island
l’occasione, ebbe luogo il primo maxiprocesso
della storia alla mafia. Comparvero davanti al
Tribunale 168 imputati, di cui 107 in stato di
detenzione, chiamati a rispondere del reato di
Associazione di malfattori. Appartenevano alla
associazione “La Fratellanza” di Favara e furono i
primi a praticare i rituali mafiosi. La Destra
politica diede al fenomeno una risposta
esclusivamente repressiva, senza incidere nei
rapporti di lavoro e nell’organizzazione del
sistema produttivo e sociale. La Sinistra giustifica
la violenza della Fratellanza e di analoghe società
segrete sorte a Piana degli Albanesi, a Contessa
Entellina e nei Comuni che cinturano Palermo,
con la motivazione della lotta popolare
all’ingiustizia e al capitalismo. Napoleone
Colajanni e l’avv. De Luca di Agrigento non
comprendono la pericolosità del fenomeno, il
sottrarsi della mafia alle leggi e allo Stato,
l’omicidio perpetrato sistematicamente a fini di
potere e ricchezza personali e polemizzano con
Lombroso sostenendo la necessità della violenza
popolare contro la giustizia dei ricchi. Lo stesso
processo di Agrigento smentirà i socialisti,
quando davanti ai giudici sfileranno i notabili del
paese a testimoniare che gli imputati avevano
mostrato una condotta irreprensibile.
Emigranti in viaggio
nella vicenda migratoria americana, ruolo che
conserverà fino alla prima guerra mondiale. Le
cause di questo grande movimento vanno ricercate
anche nel modello di crescita dell’economia
nazionale. Infatti il Sud puntò sulla difesa del
latifondo, sul contratto di mezzadria, sul
protezionismo, sulla sconfitta della borghesia.
L’intermediazione mafiosa e l’organizzazione
arretrata del lavoro agricolo, la mancata
meccanizzazione della produzione agricola,
produssero una crisi produttiva e occupazionale di
grandi dimensioni. La miseria, la mancanza di
democrazia, le durissime condizioni di lavoro nei
campi e nelle miniere di zolfo, creano anche le
condizioni per l‘espansione della criminalità organizzata. Nel
suo saggio “Vicende e costumi siciliani”, Louise
Hamilton Caico, nel 1910, (tradotto in italiano
soltanto nel 1983) così descrive i lavoratori dello
zolfo: “Il lavoro al quale il piconiere è sottoposto
corrode e disgrega la sua personalità, fino alla
perdita totale di ogni senso morale. Imbroglia e
deruba il pur severo sorvegliante, durante il lavoro
in miniera, e quando rientra in paese, non fa altro
che bere e gioca d’azzardo, sperperando così tutto
quello che ha guadagnato durante la settimana”.
Il 2 marzo 1.885, nei locali della Chiesa di S. Anna
in Girgenti, appositamente
adibiti
per
Roberto Tripodi
13
Quinto festival della legalità:un dibattito col procuratore Ingroia
In
occasione del festival della legalità
tenutosi nella verdeggiante Villa Filippina di
Palermo, il procuratore Antonio Ingroia regala
parte del suo tempo ad un uditorio di giovani
menti (studenti di scuole medie e superiori)
rispondendo ad alcune domande in modo
coinciso e diretto. La prima di queste chiedeva
che si spiegasse con chiarezza cosa sia la mafia e
in che cosa consista la sua evoluzione (o
involuzione) dai terribili anni delle stragi sino ai
giorni nostri. Il procuratore, con tanto di
citazioni ed esempi, risponde alla domanda a
trecentosessanta gradi, ma volendo sintetizzare
e ridurre alle linee più significative, emerge: la
mafia mantiene la forza di un tempo (se non
maggiorata) pur mascherandosi sotto altre
forme ed interessi. La mafia degli angosciosi
giorni delle stragi era più “rozza”, e i suoi
funzionari vivevano ai margini dello scenario
sociale; adesso i membri della mafia educati e
istruiti diventano parte integrante dello stato:
funzionari, grossi imprenditori, politici … una
mafia che si evolve e diventa “civile” ma che
resta pur sempre mafia. Aggiunge inoltre: “ la
mafia non si è sconfitta. Sta solo cercando di
oscurarsi in attesa che si calmino le acque!”.
Non poteva ovviamente non parlarsi della
trattativa Stato-Mafia che in questi giorni ha
fatto tanto parlare, ma spesso e volentieri a
sproposito. Ingroia dichiara, ed è palese, il suo
profondo sdegno nei confronti dei rapporti che
alcuni funzionari dello Stato (non ne fa i nomi
per evitare di essere attaccato ancora)
intrattennero e intrattengono con la mafia a cui
dunque viene riconosciuta a tutti gli effetti
l’autorità di stato “altro” o per meglio intenderci
di anti-Stato: con interessi e tanto di capitale. Più
volte il procuratore richiama alla memoria
Borsellino o Falcone, e quando lo fa il suo volto
si accende e, probabilmente, anche personale: si
chiedeva cosa lo
avesse spinto ad
accettare il suo cuore, ma in virtù del ruolo che
ricopre impone a se stesso un formale e lodevole
contegno. L’intervista si sposta in fine da un
piano propriamente tecnico ad uno più
personale: si chiedeva cosa lo avesse spinto ad
accettare l’incarico in Guatemala; se le critiche
accreditategli di recente avessero avuto un peso
non indifferente; se fosse stata quella una
rinuncia (un addio) oppure solo , per così dire,
un periodo di riflessione (un arrivederci). Il
procuratore in prima istanza dichiara che
l’incarico è stato accettato perché costituisce
una grande opportunità per entrare a contatto
con una realtà nuova, che gli consenta di
mettere alla prova la sua esperienza di
magistrato in Sicilia, per antonomasia : “Terra di
mafia”. Una buona opportunità per acquisire
“esperienza lavorativa”. Poi però Ingroia, forse
per essere più sincero con se stesso e con
l’uditorio, afferma che la politica italiana e
dunque in esse anche la mafia, non potendo
attaccare il lavoro ben svolto, attacca la persona
che lo svolge muovendogli accuse infondate o
comunque sia incoerenti e fuori luogo. Ingroia
crede che allontanandosi si toglie alla politica la
possibilità di fare tutto ciò, e in cuor suo spera
che possa cadere quella maschera di ipocrisia
che nasconde le più ignobili viltà.
Claudio Farina
5ª F – Liceo sc. Benedetto Croce
Le scuole bersaglio dei vandali. Si riaffermi la presenza delle
istituzioni nel territorio !
di Isabella Vitrano
Con
l’avvio
del
nuovo
anno
scolastico ricominciano le incursioni, gli atti
vandalici e i furti negli Istituti Scolastici di
Palermo e provincia. Numerose le Scuole
prese di mira nei vari quartieri della città:
dal centro storico, allo Zen, a Borgo Nuovo, a
Romagnolo.
Nel mirino dei vandali anche la Scuola
elementare “Morvillo” di Monreale dove,
dopo l’ennesima irruzione di Settembre, il
Comune ha deciso di integrare il sistema
delle telecamere offerto da privati con quello
antintrusione collegato con la Polizia
Municipale e con i Carabinieri.
Nella notte tra sabato e Domenica del 15 e
16 Settembre sono stati presi di mira anche
gli uffici comunali di Via Messina Marine
dove sono ospitati il servizio sociale
territoriale, alcuni locali del settore pubblica
istruzione e l’ufficio di coordinamento delle
scuole materne di Brancaccio e dello
Sperone.
Un tornado sembra essersi abbattuto in
questi locali dove i malviventi hanno
distrutto infissi, mobili, porte, buttati per
terra documenti ed hanno preso di mira la
stanza del responsabile.
All’Istituto comprensivo “Falcone” dello ZEN
che ha subito negli ultimi anni numerose
irruzioni, atti vandalici e furti; nella notte tra
Venerdì e Sabato del 21 e 22 Settembre
qualcuno è piombato all’interno dell’aula
magna e dopo avere divelto la grata della
finestra e rotto un vetro ha portato via a
pezzi, l’impianto cinema molto costoso e
sofisticato.
Nella notte tra fra Domenica e Lunedì 23 e
24 Settembre il furto è stato completato e
sono stati portati via lo schermo ed altro
materiale didattico.
15
Alunni dell’I.C. “G.Falcone” in visita al Quirinale
Resta comunque il rammarico del Dirigente
Scolastico Domenico Di Fatta che in una
Scuola fornita di telecamere le immagini
registrate non sono utilizzabili.
L’ultimo Istituto vandalizzato che ha
subito dal mese di Settembre ad oggi ben
sette incursioni è il “Filippo Raciti” di
Borgo Nuovo dove gli alunni da Ottobre
sono in vacanza forzata per i numerosi
danni provocati alla struttura e ai sevizi
igienici completamente distrutti. Agli alunni
del “Raciti” viene negato il diritto allo
studio previsto dalla Costituzione e dopo la
violenza inaudita con cui i vandali si sono
scagliati contro la loro scuola, non
potranno rientrare nelle aule se i lavori
non saranno completati e i locali messi in
sicurezza.
Locali della Filippo Raciti vandalizzati di recente
Mi auguro che possa essere una soluzione
quella proposta dall’Assessore Barbara
Evola della presenza nelle scuole di trincea
come la “Filippo Raciti” e la “Falcone” dei
collaboratori - custodi e l’installazione dei
dispositivi di video sorveglianza “ben
funzionanti” e collegati con la sala
operativa delle forze dell’ordine, che
potranno intervenire immediatamente con
la possibilità di trovare i colpevoli che
danneggiano le scuole. A nostro modo di
vedere è fondamentale che la scuola, come le
istituzioni, siano centri di iniziativa
per
la
rinascita
delle
periferie.
Per fronteggiare l’escalation degli atti
vandalici verificatisi negli ultimi mesi le
forze dell’ordine dovrebbero predisporre
un piano di controlli in prossimità delle
scuole di frontiera. In questo modo lo
Stato potrà dimostrare che il controllo del
territorio gli consente di proteggere le
scuole, presidi di legalità, si potrà cosi
realizzare una forte alleanza tra scuola e
territorio e le famiglie potranno riavere
fiducia nelle istituzioni.
Isabella Vitrano
16
L’istituto comprensivo “Falcone” in
due anni ha subito 40 attentati tra
furti, incendi e devastazioni.
L’iniziativa è il segno che preside,
personale della scuola, alunni e
famiglie hanno la forza di reagire
L’azione educativa della scuola riuscirà a sradicare la diffusa
“cultura” della corruzione ?
di Giovan B. Puglisi
Le notizie relative a episodi di
corruzione che quotidianamente da alcuni anni
ad oggi i mezzi di informazione ci danno quale
impatto hanno sul mondo della scuola ? Nel
luogo dove si formano i cittadini di domani quale
posizione e quali strategie educative possono
adottare i docenti ? Si può nel parlare in classe di
legalità ignorando che ministri, presidenti di
regione, assessori sono protagonisti di fatti di
illegalità, di corruzione, di abusi, di connivenza
con la criminalità organizzata ?
Non è certamente un bell’esempio quello che
viene da chi rappresenta le istituzioni. Non tutti i
politici sono indubbiamente corrotti , ma ogni
giorno è un diluvio di notizie che danno del
mondo della politica e degli affari un’immagine
negativa col rischio che la fiducia nelle istituzioni
democratiche si appanni sempre di più.
In sintesi che della politica non aveva capito nulla:
povero era nato e povero sarebbe morto come
un grigio travet. Era il momento d’oro dei
quarantenni rampanti del PSI. Ma pochi anni
dopo un’indagine sull’amministrazione del Pio
Albergo Trivulzio fece emergere che la corruzione
nel mondo politico e del sottogoverno era
dilagante. I giudici di Milano avviarono una serie
di indagini che coinvolsero principalmente i partiti
di governo per tangenti e per finanziamenti
illeciti. Quella stagione che vide l’uscita di scena
forzata e a volte drammatica di politici e di
rappresentanti del mondo della finanza e
dell’industria venne definita dalla stampa
“Tangentopoli”. I partiti di governo si
squagliarono come neve al sole. Furono varati
governi di transizione presieduti da “tecnici”
come Ciampi e Dini provenienti dalla direzione
della Banca d’Italia. Poi qualcuno, che pur aveva
avuto stretti contatti con i politici corrotti e di cui
aveva goduto benefici e privilegi ( decreti così
detti “Berlusconi” 1984/85 ) pensò di presentarsi
all’elettorato italiano come innovatore e
modernizzatore del paese. Sono passati da allora
poco più di diciotto anni e, pur con l’alternarsi di
governi di diversa collocazione politica, anziché
La corruzione nel mondo politico e degli affari
non è senza dubbio un fenomeno nuovo.
Nell’ultimo trentennio ha certamente conosciuto
in Italia un’accelerazione tale da farci oggi
associare nelle statistiche ai paesi più corrotti del
mondo. Un episodio dei primi anni ’80 può
essere forse considerato il momento della svolta:
nel marzo del 1983 un imprenditore si presentò
al sindaco di Torino Diego Novelli lamentando
che per dei lavori che avrebbe dovuto eseguire,
un assessore gli aveva chiesto una tangente.
Novelli non si scompose e gli disse di andare a
riferire l’accaduto ai carabinieri. Lo scandalo
conseguente con arresto del
vicesindaco
socialista e di un assessore comportò la caduta
della giunta PCI-PSI e successivamente il
ribaltamento delle alleanze: la successiva giunta
del Comune di Torino fu DC-PSI. Sembra dalle
cronache di allora che i rappresentanti socialisti
piemontesi si fecero beffe di Novelli dicendogli
17
della promessa modernizzazione l’Italia ha visto
diventare gli sprechi delle risorse pubbliche e la
corruzione normale prassi nell’ambito delle
istituzioni e del mondo degli affari. Le notizie di
scandali relativi a fatti clamorosi di evasione
fiscale, a ruberie, a tangenti e allo spreco del
denaro pubblico si affastellano quasi creando
un’assuefazione , mentre i cittadini comuni, le
imprese, gli artigiani, i professionisti
sono
sottoposti ad una insopportabile pressione fiscale
che si è resa necessaria per salvare il paese dalla
bancarotta. Permane il dato di una cultura che
vede la politica non come servizio reso
condanne penali ancor più evidenzia l’anomalia
della situazione italiana: non dovrebbe essere
necessaria una legge, ma soltanto l’assunzione di
una scelta etica, per impedire ai partiti di
candidare persone con carichi pendenti o già
condannati da sentenze della magistratura.
Intanto le recenti elezioni in Sicilia hanno da un
lato evidenziato, fatto molto grave, una forte
disaffezione dei cittadini che per più della metà
degli aventi diritto si sono astenuti dal voto;
dall’altra l’affermarsi di movimenti che possono
essere definiti alternativi ai partiti tradizionali o
comunque di protesta. In tale contesto alla
scuola spetta il compito non facile di educare le
nuove generazioni ad una visione corretta dei
rapporti con le istituzioni ed all’interno delle
istituzioni. Un antico e rassegnato adagio
recita“chi sta vicino al fuoco si riscalda”: chi sta al
potere o chi gli sta vicino ne trae personali
benefici. Vogliamo ancora sperare che la paziente
azione educativa della scuola possa nel tempo
modificare un modo purtroppo diffuso di
concepire la partecipazione alla gestione della
cosa pubblica.
Antonio Rosmini aveva già evidenziato
circa 160 anni fa nella sua opera“Progetto
di Costituzione secondo la giustizia sociale”
il rischio di fenomeni di corruzione nelle
istituzioni ed aveva suggerito alcuni rimedi
per limitarli
alla collettività, ma come occasione per un facile
arricchimento o comunque per trarne vantaggi
personali.
E’ attualmente in discussione in
parlamento
una
proposta
di
legge
“anticorruzione” che però ha già ricevuto
numerose critiche perché non sembra che tocchi
alcuni degli aspetti più gravi dei fenomeni di
corruzione. Ci auguriamo che si tratti di un primo
passo verso una regolamentazione più rigorosa.
L’imminente decreto legislativo che porrà
l’incandidabilità di coloro che hanno subito
Giovan B. Puglisi
18
Adieu,un film che è un saggio antimafia.
Biofilmografia: Chi è Alberto Castiglione.
di Carmelo Botta
Al centro di questo documentario c’è una
riflessione, amara e provocatoria, sul tema “dell’addio”
e sul destino, vissuto spesso in maniera tragica, di una
città: Palermo. Le contraddizioni legate alla lotta alla
mafia e alla “morte civile” della città e dei suoi abitanti
che, come diceva Falcone, “sembra, a volte, che stiano
affacciati alla finestra a vedere come finisce la corrida”.
Dal 1992, da quel tragico anno in cui morirono Falcone e
Borsellino e le loro scorte, sono già passati quasi 20
anni, la domanda di fondo del film è: ”siamo sicuri di
aver sconfitto la mafia e che tanto sangue versato sia
davvero servito a qualcosa?”. Domanda a cui
rispondono, ognuno a modo proprio, la fotografa Letizia
Battaglia, palermitana, una delle fotografe italiane più
apprezzate e riconosciute a livello internazionale, che
con i propri scatti ha documentato 30 anni di “guerra
civile”, e Vittorio Teresi, magistrato di punta a Palermo,
magistrato della Direzione Distrettuale Antimafia,
protagonista della stagione del pool antimafia. Due
figure poi, a fare da filo conduttore nel documentario: la
storia di un uomo assoldato dalla mafia, prima come
spacciatore e poi come killer, e che decide di lasciare la
città per sempre, ed un bambino che si aggira per la
città, nei luoghi simbolo di una rinascita che stenta a
venire.
Produttore: Koiné Film
Regia: Alberto Castiglione
Durata: 40’
Genere: Documentario
Formato: 16:9
Biofilmografia
Alberto Castiglione nasce a Palermo il 15 marzo 1977.
Inizia giovanissimo ad occuparsi di regia teatrale con una
compagnia di giovani attori siciliani. In seguito passa alla
regia video, con particolare interesse al genere
documentaristico. La sua attività produttiva iniziale si
rivolge ad argomenti di carattere sociale come la
condizione giovanile nelle città del meridione d’Italia.
Nel 2000 fonda il gruppo artistico Stone Theatre. Inizia a
lavorare in Rai come assistente alla regia nella
realizzazione di documentari. Nel 2001 gira in Argentina
La Memoria y la Historia(30’), documentario sulla crisi
economica in relazione agli anni della dittatura, lavoro
presentato al Prix du film documentaire Union Latine –
La Cita di Biarritz. I suoi lavori sono distribuiti, a livello
mondiale, da RaiTrade. E’ l’ideatore di “Zikr”, un
19
Alberto Castiglione
progetto Cinematografico di Legalità e Memoria nei
Paesi del Mediterraneo. Nel2003 esordisce sul
palcoscenico mondiale alla 60 Mostra Internazionale
d’Arte Cinematografica di Venezia con il
mediometraggio “Picciridda”. Nell’ottobre del 2003
gli viene assegnata una Menzione Speciale al Premio
Internazionale “Rocco Chinnici” come artista
impegnato sul fronte della lotta alla mafia. Vincitore
nello stesso anno del Premio della Critica
Cinematografica e Televisiva. In questi anni non ha
mai mancato di dare il suo contributo a
manifestazioni nazionali sul tema della legalità come
la “Carovana antimafia” e “Legami di Memoria”. Nel
2004 realizza il documentario Danilo Dolci, memoria
e utopia che ripercorre i primi venti anni
dell’esperienza del grande sociologo triestino in
Sicilia, premio “Un Film per la Pace” nel 2006. Dal
2005 dirige la società di produzione Koiné Film. Nel
settembre 2005 dirige la sezione documentari del
Palermo Film Festival, Premio “Vittorio Albano”. Nel
2005 realizza un documentario-inchiesta sulla morte
del giornalista, ex leader di Lotta Continua, Mauro
Rostagno, ucciso dalla Mafia nel 1988. Finalista nel
2006 al Premio Giornalistico e Televisivo Ilaria Alpi
per “Una voce nel vento” nella sezione Produzione.
Vincitore dell’Audience Award 2006 al Biografilm
Festival per Una voce nel vento. Responsabile tecnico
della realizzazione dell’Archivio Audiovisivo “Danilo
Dolci” e curatore del recupero dell’Archivio televisivo
del giornalista Mauro Rostagno ad RTC. Autore di
reportage radiofonici, tra cui quello su Don Luigi
Sturzo per Radio Rai, e sceneggiature per il cinema.
Dal 2006 è docente presso l’Università di Cassino(FR)
dove dirige il corso su “Cinema e giustizia” nella
Facoltà di Giurisprudenza. Docente di scrittura del
documentario presso il Master di II° livello su
“Sceneggiatura cinematografica” presso il DAMS di
Udine.
Nel 2007 ha realizzato il documentario “Verso un
mondo nuovo”, il cui soggetto è basato sulla Marcia
della Pace che nel 1967, guidata da Danilo Dolci,
attraversò la Sicilia occidentale. Direttore artistico
della prima edizione del Festival dei Giovani. Nle 2007
ha realizzato “Nel cuore dello Stato”, documentario
incentrato sugli aspetti meno conosciuti del sequestro
Moro e sulle complicità tra BR e agenzie d’intelligence
internazionali. L’ultimo film-documentario realizzato è
“Nella terra del Caos”, sul rapporto tra Pirandello e la
Sicilia, prodotto da APQ Sensi Contemporanei e
Regione Sicilia. Nel giugno 2011 l’Associazione tedesca
“Mafia? Nein Danke!” gli ha dedicato due giornate a
Berlino con la proiezione di “Una voce nel vento”, una
delle quali presso la prestigiosa Humboldt Universitat.
Premio “Un Film per la Pace” 2006
Miglior Documentario Faito Doc Festival 2007
Picciridda
2003 - (32’) Italia. Colore – B/N
Docu-fiction
Premio “Rocco Chinnici 2003”
Premio Critica Cinematografica e Televisiva 2004 3
La Memoria y la Historia.
2001/2002 - (30’) Argentina – Italia. Colore
Documentario
Passaggi
2000 - (15’) Italia. Colore
Cortometraggio
Filmografia:
Maria Sofia delle Due Sicilie, una Regina contro il
Risorgimento.
In collaborazione con:
Deutsch-Italienische Vereinigung e.V.Frankfurt am Main
FIAT Group Germany
Durata: 20’
Anno: 2011
Nella terra del Caos
-La Sicilia di Pirandello2010 – (50’)
Documentario
Nel cuore dello Stato
Il grande intrigo del sequestro Moro
2008- (45’)
Documentario
- (15’) Italia. B/N
Cortometraggio
Principali Festivals e manifestazioni
60ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di
Venezia, Festival Delle Nazioni – Drop Out - Milano,
MIP TV – Mercato Internazionale della televisione –
Cannes, Premio della Critica Televisiva e
Cinematografica, Prix du film documentaire Union
Latine – La Cita (Biarritz), Retrospettiva de La Cita a
Parigi – (Parigi), Sicilian Film Festival – Miami Beach-,
Valsusa Film Festival, Bellaria Film Festival, Premio
giornalistico e televisivo Ilaria Alpi, Biografilm
International Film Festival (diverse edizioni),
Mediterraneo Video Festival, FestivalStoria, Levante
Film Fest 2006; 40ª Mostra del Nuovo Cinema di
Pesaro, XVII Festival Latino Americano di Trieste,
Festival Delle Nazioni. 4
Storie interrotte: il Sud che ha fatto l'Italia
“Luigi Sturzo”
Reportage radiofonico
Koiné Film Contatti - Sede Legale:
via Mariano Accardo 54, 90145 Palermo
Tel. 0039 – 329 7365382
E-mail: [email protected] Homepage:
http://www.koinefilm.it/home.html
Rai Radio3 e Ministero per lo Sviluppo Economico
2007
Verso un mondo nuovo(1967: Sicilia)
2006- (50’) Italia. Colore
Documentario
Una voce nel vento
2005-(50’)Italia. Colore
Documentario
Audience Award 2006 Biografilm Festival
Finalista Premio giornalistico e televisivo “Ilaria Alpi”
Danilo Dolci, memoria e utopia
2004 – (60’) Italia. Colore
Documentario
Scheda curata da Carmelo Botta
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un percorso di educazione alla legalità proposto dalla Polizia di Stato di Palermo
Nell’Agosto 2008 un piccolo gruppo di
amici “rispondeva” alla richiesta di un clan scout
della provincia di Siracusa – che ci chiedeva di
vivere un’esperienza fra le vie della nostra Palermo
sulle orme di ”alcuni tratti indelebili” - attraverso
un percorso che si prefiggeva di riscoprire quei
valori universali come il rispetto, la giustizia,
l’onestà e la legalità. Quel giorno, speso con
amore, passione e tanta improvvisazione, si
gettava un seme che con il tempo ha germogliato
e messo radici, nasceva così il percorso SE VUOI.
Oggi il percorso si sviluppa in due o più
giornate ad è sostenuto dall’opera di alcuni
poliziotti della Squadra Mobile (in abiti civili) che
accolgono e accompagnano su richiesta,
associazioni, gruppi scout, delegazioni scolastiche
e altro, lungo un preciso itinerario che attraversa
la nostra città di Palermo a bordo di un pullman
della Polizia di Stato. È comunque patrimonio della
nostra metodologia rincontrare scuole e gruppi
scout, un terzo giorno, dopo il percorso, questo
per ascoltare, dalla viva voce di quei ragazzi che
hanno fatto l'esperienza, ciò che è successo nei lori
cuori. Le varie “tappe del percorso”, sono
costituite dai luoghi della memoria, posti dove
ricordiamo chi ha speso la propria vita fino in
fondo schierandosi dalla parte del bene e della
giustizia prescindendo dal credo e dal colore
politico. In questi siti troviamo ad attenderci un
familiare, un amico o un collaboratore di questi
uomini, essi ci ricordano pensieri, ideali e magari
qualche aneddoto inedito del loro vissuto.
L’itinerario si dispiega all’interno di un arco
immaginario sia geografico che culturale, in
quanto si parte dalla figura di P. Pino Puglisi (primo
giorno) ucciso presso il quartiere Brancaccio (PA)
e si conclude il secondo giorno a Cinisi (PA) presso
la casa memoria di Peppino Impastato. All'interno
del tragitto è possibile approfondire la conoscenza
sulle storie di vittime di mafia note e non, per
questo, oltre a dar voce alle storie dei noti
magistrati FALCONE e BORSELLINO o Libero
GRASSI, poniamo anche all'attenzione le figure di
Mario FRANCESE giornalista di cronaca, di Carmelo
IANNI', un albergatore di Carini, entrambi uccisi
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dalla mafia a ridosso degli anni 80 e di tanti altri.
Indicativamente crediamo che il percorso, per
essere efficace e non risultare dispersivo, debba
rivolgersi a 15/25 soggetti max. Oltre ai vari
testimoni, secondo i tempi stabiliti, s’incontrano
diversi organi di Polizia, a partire dal Questore,
che dà il benvenuto in qualità di padrone di casa,
per poi spostarsi presso la Squadra Mobile dove
si incontrano poliziotti e funzionari che da anni
sono in prima linea nel contrasto delle
criminalità mafiosa, poi la visita procede presso
la sala operativa 113, cuore di tutte le attività sul
territorio, dove, allo stesso tempo è possibile
visionare alcuni filmati sulle vittime di mafia e
sulla lotta contro il racket. A seconda della
disponibilità, ci si reca anche presso altri reparti
come: artificieri, cinofili, scorte, poligono,
reparto volo e pranzo tutti insieme! Come
accennato, l’esperienza del “SE VUOI…”
s’incentra prevalentemente sull’intervento di
testimoni diretti dei fatti, traendo spunto dalla
celebre frase: “Il mondo ha più bisogno di
testimoni che di maestri (Paolo VI). Altri
“testimoni-coadiutori” sono degli imprenditori
che hanno avuto il coraggio di dire NO al racket
e di denunciare i loro persecutori; i
rappresentanti di alcune associazioni pro-legalità
(come Addiopizzo) ed in ultimo, ma non per
questo meno importante, alcuni colleghi che
hanno prestato servizio presso la scorta Falcone.
Grazie a questo percorso, in questi anni,
abbiamo anche scoperto che i cognomi
BORSELLINO, GRASSI e quello di tanti altri, per i
familiari rimasti in vita, non è un privilegio ma
una responsabilità e che i loro cari scomparsi
non erano eroi ma uomini coerenti fino in fondo
con le loro scelte.
Abbiamo compreso che don
Pino PUGLISI non era un prete antimafia, perché
don Pino non era ANTI rispetto a niente in quanto
lui era PRO, era per il Vangelo e per l’uomo e
perché ognuno di essi, in un percorso di totale
libertà e rispetto dell’altro, potesse comprendere
e conoscere la sua vocazione. Abbiamo anche
imparato qualcosa su di noi ovvero che quello che
un operatore di polizia svolge in maniera
quotidiana ed ordinaria nel corso della propria
giornata lavorativa, all’esterno
viene
percepito
dai giovani, come un fatto
eccezionalmente straordinario, per scoprire
invece un poliziotto a misura d’uomo, che
potrebbe essergli padre o fratello maggiore, e che
prima di quella giornata appariva totalmente
altro ed irraggiungibile. È sorprendente notare
come questo cammino, oltre a seminare un
messaggio di speranza nel cuore dei tanti ragazzi
che salgono sul pullman, li aiuti ad accorciare le
distanze ed a smussare quei pregiudizi che spesso
parte della società civile nutre nei confronti delle
forze dell’ordine ed in generale nelle istituzioni.
Infatti, a conclusione delle due giornate si respira
quel senso pieno di comunione e di amicizia… e
nel congedarsi si avverte anche una certa
nostalgia.
Monreale, quattro classi della scuola media
Raimondo FRANCHETTI di Palermo un gruppo
del liceo Regina Margherita di Palermo e tanti
altri... Riteniamo opportuno sottolineare che il
percorso del “SE VUOI…” non si propone come
un bando di arruolamento nelle forze
dell’ordine, né come una promozione sindacale anche se da esso è sostenuto con un prezioso ed
indispensabile contributo in termini economici e
di responsabilità - né tanto meno come un
palcoscenico per propagande politiche e
neanche come un momento di inculturazione
religiosa.
In poche parole possiamo concludere
dicendo che “SE VUOI…” non è semplicemente
un percorso antimafia o per la legalità è invece
un’esperienza di vita che si veste della logica del
proporre senza imporre, perché solo l’esercizio
libero dell’amore può cambiare il cuore
dell’uomo.
Sovr. Francesco Sanfilippo, Sergio
Rizzo e Francesco Mongiovì
Dr. Antonio De Santis Vice Questore agg.
Giovanni Assenzio, segr, prov. Siulp
In questi anni abbiamo incontrato gli scout di:
Siracusa, Crotone, Arese, Sassuolo, Parma,
Piacenza, Ferrara, San Donà di Piave, Roma,
delegazioni dei comuni di Mozzecane (VR) e
Vicenza, scolaresche di Trento, Cefalù,
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SCA novembre 2012 - Etnomediterranea