INTRODUZIONE [1] Il risparmio energetico (energy saving) è diventato una pratica necessaria, dal momento che la richiesta di energia nel nostro paese e nel mondo sta aumentando in modo pressoché costante. E’ noto che un aumento della produzione energetica comporta inevitabilmente un incremento delle emissioni inquinanti, che aggravano una situazione ambientale già adesso molto critica. I black-out forzati degli ultimi tempi e le targhe alterne nei centri urbani rappresentano due aspetti solo in apparenza diversi, ma il realtà strettamente connessi. Nella figura 1 è riportato, in termini di Mtep, l’andamento e la previsione energetica in Europa per quanto riguarda la produzione, il consumo e le importazioni. I settori in cui è possibile ottenere un risparmio energetico attraverso un uso razionale delle risorse energetiche sono: Edifici Illuminazione pubblica Trasporto Industria Impianti per la produzione di energia Di seguito verranno analizzati nel dettaglio i suddetti settori, cercando ove possibile di quantificare dal punto di vista economico il risparmio conseguibile. Per quanta riguarda gli edifici saranno prese in considerazione le sole abitazioni. ENERGY SAVING NELLE ABITAZIONI DOMESTICHE [1, 2, 3, 4] Un risparmio energetico e quindi economico non può prescindere dalla formulazione di un piano di efficienza energetica riguardante l’intera abitazione. Tale piano deve considerare l’abitazione come un sistema formato da alcune parti tra loro interagenti, vale a dire che il malfunzionamento di una parte si ripercuote anche sulle altre parti o su una porzione di esse. Ad esempio l’impianto di riscaldamento domestico, è formato dalla caldaia, dalle tubazioni e dai radiatori. Pertanto, nonostante si possa disporre di una caldaia ad altissima efficienza, se le tubazioni, le porte, le finestre e le pareti non sono ben isolate termicamente, si vanifica la buona prestazione della caldaia. Ecco dunque che una visione d’insieme dell’abitazione assicura che gli investimenti fatti avranno un periodo di payback limitato. Isolamento termico Il primo controllo da effettuare è quello dell’isolamento termico dell’abitazione, vale a dire ricorrendo a materiali ed a tecniche specifiche, che incrementano la coibenza, si rendono minime le infiltrazioni d’aria e proteggono dall’umidità. Esistono delle zone in cui è più necessario tale verifica: le pareti, i solai, il tetto, i pavimenti, il seminterrato, il vespaio aerato. I materiali isolanti hanno diverse forme (listelli, rotoli, ecc.) in quanto sono destinati a riempire vuoti ed a coprire superfici per aumentarne la resistenza alla trasmissione termica. Questa proprietà si misura in R seguito da un valore numerico: alti valori di R sono indice di un buon isolamento termico. Le sostanze isolanti più diffuse sono: la fibra di vetro, prodotta con sabbia e con vetro riciclato la lana di roccia, formata da roccia basaltica e da materiale riciclato proveniente dalle acciaierie i pannelli di cellulosa formati da carta da giornale riciclata, additivata con sostanze ignifughe polimeri a basso peso molecolare come il poliisocianurato, il polietilene estruso (XPS), il polietilene espanso (EPS) e simili. La zona dell’abitazione che consente un notevole isolamento termico è ovviamente il tetto; per verificare la sua adeguatezza è sufficiente misurare lo spessore di materiale isolante: un valore di R < 22, (che equivale a 17,78 cm di fibra di vetro, a 17,78 cm di lana di roccia oppure a 15,32 cm di cellulosa) indica la necessità di operare delle aggiunte di materiale coibente. I valori ottimali vanno da R22 a R49, in base alla regione in cui è ubicata la casa. Se dopo aver ottenuto tali valori per la copertura dell’edificio, sussistono ancora problemi di caldo o di freddo eccessivo, è opportuno procedere all’isolamento delle pareti esterne: valori di R11 fino a R28 sono consigliati per una buona coibenza. Impianto di riscaldamento e di condizionamento Il fabbisogno energetico per tale impianto rappresenta quasi la metà del costo di una bolletta media ed inoltre è responsabile negli USA dell’emissione di circa 0,5 miliardi di tonnellate di anidride carbonica/anno, del 24% delle emissioni totali di SO2 e del 12% delle emissioni totali di NOx: dunque influisce in modo rilevante sull’effetto serra e sulla cosiddetta “acidificazione”. Per quanto riguarda, invece, la situazione nel nostro paese ogni anno per riscaldare le nostre abitazioni bruciamo circa 14 miliardi di metri cubi di gas, 4,2 miliardi di chilogrammi di gasolio, oltre a 2,4 milioni di tonnellate di combustibili solidi, soprattutto legna e un po’ di carbone. Così facendo si riversano nell’ aria circa 380.000 tonnellate di sostanze inquinanti come ossidi di zolfo e di azoto, monossido di carbonio, ecc… Oltre alle sostanze propriamente dette inquinanti, si riversano nell’atmosfera anche più di 40 milioni di tonnellate di anidride carbonica (CO2): questa, come è noto, contribuisce al formarsi del così detto “effetto serra” causando l’innalzamento della temperatura media del nostro pianeta. Il riscaldamento è, dopo il traffico, la maggiore causa dell’inquinamento delle nostre città. In termini economici, il nostro Paese deve spendere globalmente 23.300 miliardi di vecchie lire (circa 12 miliardi di euro) per l’acquisto all’estero dell’energia, ed ogni famiglia italiana spende, in media un milione di vecchie lire (circa 500 euro) l’anno per riscaldarsi. Sistema di tubazioni Un primo accorgimento da adottare è quello di isolare termicamente il sistema di tubazioni che convoglia i fluidi caldi fino ai vari ambienti della casa: la dispersione termica lungo questo percorso incide notevolmente sui costi energetici (negli USA si stima un risparmio fino a 140 $/anno). I suggerimenti in tal senso sono: cercare le eventuali perdite e gli sfiati lungo il sistema di tubazioni; sigillarle con mastice, nastro metallico o sigillanti di altro genere; utilizzare delle guarnizioni ermetiche tra le giunture dei tubi per evitare fuoriuscite o infiltrazioni d’aria; effettuare un controllo a posteriori delle valvole di regolazione dell’aria, per verificare l’efficacia dell’intervento precedente; rivestire con materiale isolante le tubazioni che trasportano i fluidi: in particolare le tubazioni che si trovano in zone non riscaldate come il sottotetto, devono essere ricoperti con materiale isolante con minimo R6; infine effettuare un test di sicurezza sulla combustione per verificare l’efficienza delle apparecchiature di combustione anche dopo l’isolamento delle tubazioni. Pompe di calore Nelle abitazioni in cui si utilizza la corrente elettrica per il riscaldamento è consigliabile l’installazione di un’efficiente pompa di calore. Essa infatti rappresenta il più efficiente sistema di riscaldamento per climi temperati, in quanto fornisce una quantità di energia termica equivalente al triplo dell’energia elettrica consumata. Cerchiamo di capire il principio di funzionamento di una pompa di calore. Si definisce COP (Coefficient Of Performance) il rapporto tra il calore generato e l’energia elettrica fornita: una normale stufa elettrica ha un COP quasi unitario, in quanto trasforma per effetto Joule tutta la corrente in calore. Le attuali pompe di calore in commercio hanno un COP variabile da 2 a 3,5. Il principio fisico su cui si basa la pompa di calore è quello di asportare calore da una sorgente fredda e trasferirla ad una sorgente calda; ciò equivale all’inverso di un ciclo di Carnot, per il quale il rendimento è definito come rapporto tra lavoro compiuto e calore fornito: = L/Q oppure in termini di temperature assolute (°K) = (T2 – T1)/T2 E’ noto dalla termodinamica che il rendimento reale di una macchina termica, che funzioni con un ciclo di Carnot, può arrivare al massimo al 35%. Nel caso delle pompe di calore il rendimento è dunque definito come: = T2/(T2 – T1) e il suo funzionamento può essere così schematizzato: evaporazione di un fluido frigorifero a spese del calore sottratto alla sorgente fredda; compressione di questi vapori prodotti dal fluido frigorifero fino al condensatore; condensazione di tali vapori e conseguente rilascio del calore latente di condensazione utilizzato dalla sorgente fredda; il liquido prodotto nel condensatore passa in una valvola di espansione ove raggiunge la pressione operativa dell’evaporatore; inizio di un nuovo ciclo. Un esempio numerico chiarisce meglio le grandezze in gioco: supponiamo che la sorgente fredda (aria esterna) si trovi a 5°C (278,15°K) e che la sorgente calda (l’interno di un’abitazione) debba essere riscaldata a 20°C (293,15°K). Sostituendo questi valori alla formula del rendimento per una pompa di calore: = 293,15/(293,15-278,15) = 19,54 vale a dire che teoricamente il calore rilasciato è quasi venti volte superiore all’energia elettrica consumata dal sistema. Ovviamente nella pratica non si raggiungono mai tali rendimenti a causa delle limitate superfici di scambio, dei coefficienti di sporcamento, delle dissipazioni irreversibili dovute all’attrito, dei consumi di ventilazione e dei rendimenti di trasformazione. Tuttavia è importante notare che più piccola è la differenza tra le temperature delle due sorgenti (denominatore della formula del rendimento), maggiore sarà il guadagno conseguibile; ecco spiegato il motivo per cui in precedenza è stato raccomandato l’utilizzo delle pompe di calore nei climi temperati, nei quali le differenze di temperature tra ambiente esterno ed interno non così accentuate. Esistono tre tipi di pompe di calore: tipo aria-aria, “water source” e “ground source”. Esse raccolgono calore rispettivamente dall’aria, dall’acqua e dal terreno che si trova all’esterno dell’edificio e lo convogliano al suo interno. Inoltre sono delle macchine “reversibili”, in quanto sono in grado di compiere un doppio lavoro, agendo da impianto di climatizzazione centralizzato: infatti nei periodi estivi sono in grado di raccogliere il calore all’interno della casa e pomparlo all’esterno. Le pompe di calore riescono a diminuire la quantità di energia spesa per il riscaldamento fino al 30-40%. Riscaldamento e raffreddamento con sistema passivo ad energia solare Col termine sistema passivo ad energia solare s’intende ogni sistema che sfrutta l’energia solare al fine di riscaldare o di raffreddare utilizzando evaporazione, flusso termico e forza di gravità al posto di apparecchiature meccaniche, preposte a raccogliere ed a trasferire l’energia termica. Le tecniche di progettazione di questi sistemi devono essere considerate rispettose dell’ambiente ed economiche. Per quanto riguarda il riscaldamento, gli accorgimenti più rilevanti prevedono il posizionamento a sud di finestre ampie ed isolanti, corredate da solai in lastre di cemento armato o da pareti in materiali termo-assorbenti. Un’abitazione così concepita può portare ad un risparmio delle spese di riscaldamento fino al 50%, se confrontata con un’abitazione sprovvista di tali accorgimenti costruttivi. Per quanto concerne il raffreddamento, le tecniche costruttive comprendono sporgenze del tetto accuratamente progettate, finestre, pareti e tetto rivestiti di sottili strati riflettenti, di solito alluminio, il quale deve essere sovrapposto sui vetri opportunamente sagomati per originare una sorta di specchio. Infine vorremmo rispondere ad una delle domande più frequenti: quando è il momento di sostituire o per lo meno di migliorare l’impianto esistente? Esistono delle indicazioni in tal senso, che rappresentano il campanello d’allarme: il condizionatore o la pompa di calore hanno più di 10 anni; la caldaia ha più di 15 anni; le apparecchiature richiedono riparazioni più frequenti e la bolletta aumenta: evidentemente il sistema di riscaldamento/condizionamento sta perdendo efficienza; gli ambienti domestici sono troppo caldi d’estate e troppo freddi d’inverno: ciò significa che le apparecchiature non funzionano come previsto e/o le tubazioni non sono ben isolate; se la casa rimane disabitata per molte ore durante il giorno è opportuno installare un termostato programmabile, in modo da evitare inutili sprechi nelle ore di assenza o durante la notte; l’aria nell’ambiente domestico è troppo umida o troppo secca; la casa è molto polverosa: ciò indica che ci sono infiltrazione d’aria nelle tubazioni e la polvere asportata dalle fondamenta, dal vespaio aerato e dalla soffitta si riversa all’interno della casa; dunque bisogna isolare meglio le tubazioni per evitare spreco di energia e fastidiosi problemi causati dall’eccessiva polvere; il sistema di condizionamento è rumoroso: è probabile che il sistema di tubazioni sia sottodimensionato e che l’induttore dell’impianto posto all’interno della casa abbia un cattivo funzionamento. Finestre e acqua sanitaria Per ridurre le spese legate all’acqua calda per usi sanitari ci sono due possibilità: la prima è quella di ottimizzare l’impianto esistente, la seconda è quella di utilizzare un sistema alternativo di riscaldamento come un collettore solare. L’ottimizzazione prevede: evitare gli sprechi d’acqua calda, soprattutto durante la doccia: in media una famiglia di quattro persone, che fanno una doccia al giorno per circa 5 minuti, consuma in una settimana circa 700 galloni di acqua (2,65 m3), pari alla quantità di acqua potabile necessaria ad un adulto per 3 anni; abbassare la temperatura del termostato, in quanto talvolta accade di riscaldare l’acqua a temperature termicamente incompatibili con la nostra pelle; isolare termicamente la caldaia o lo scaldabagno, per esempio con vernici isolanti; acquistare riscaldatori moderni e più efficienti. Il collettore solare rappresenta un’alternativa economica e rispettosa dell’ambiente: si stima che il suo uso in 20 anni eviti le emissioni di circa 70 tonnellate di CO2. Per il funzionamento di un collettore solare si rimanda alla scheda monografica sull’energia solare riportata nel presente sito internet. Attualmente esistono in commercio alcuni tipi di vetri che, applicati alle finestre di un’abitazione, comportano una diminuzione delle spese energetiche. Innanzitutto è consigliabile dotarsi di finestre con doppia lastra di vetro ad alte prestazioni. Infatti nelle regioni più fredde è opportuno utilizzare doppi vetri con la camera riempita da gas e con rivestimento a bassa emittanza termica: ciò significa che la lastra di vetro è coperta da un rivestimento in grado di ridurre la quantità di calore ceduta all’ambiente esterno per irraggiamento. In particolare, poiché in questi climi la lastra di vetro interna deve essere più calda di quella esterna, bisogna rivestire la superficie esterna della lastra di vetro interna. Invece nelle regioni più miti, poiché la lastra di vetro esterna è più calda di quella interna, è consigliabile rivestire la superficie interna della lastra di vetro esterna. Un’altra soluzione per i climi caldi è rappresentata dai vetri spettralmente selettivi, vale a dire sono provvisti di una pellicola che blocca la porzione infrarossa dei raggi solari e lascia passare quella visibile. Poiché gli infrarossi sono la causa principale del riscaldamento solare, questa pellicola abbassa il “solar heat gain coefficient” ed aumenta la “visible light transmittance”, o più semplicemente riscalda meno la casa senza penalizzarne la luminosità. Realizzazione di un giardino La realizzazione efficiente di un giardino rappresenta per un’abitazione oltre che un valore aggiunto dal punto di vista estetico ed ambientale, anche un valido aiuto per il risparmio energetico. Infatti alberi ben posizionati, arbusti e piante rampicanti forniscono ombra, contrastano l’inquinamento atmosferico e acustico, e fungono da paravento. Un opportuno posizionamento degli alberi può contribuire ad un risparmio fino al 25%. Alcuni modelli matematici del DOE (Department Of Energy) predicono che bastano tre alberi, dislocati in modo efficiente attorno ad una casa, per conseguire un risparmio di circa 100-250$/anno. Durante i mesi estivi il principale nemico è l’accumulo di calore, localizzato nel tetto, nelle pareti e nelle finestre. E’ noto che le pareti scure assorbono dal 70 al 90% dell’energia radiante incidente sulle relative superfici. Una parte di essa è trasferita per conduzione all’interno dell’edificio, contribuendo in modo notevole al suo riscaldamento. Viceversa le superfici chiare riflettono la luce solare. In questo contesto gli alberi sono un valido ausilio, in quanto forniscono ombra ed attuano il processo dell’evapotraspirazione. Il raffreddamento per evaporazione o evapotraspirazione consiste nell’emissione in atmosfera di vapore acqueo in seguito ad intensa sintesi clorofilliana. Pertanto se nelle vicinanze di superfici riflettenti si trovano degli alberi, questi assorbono la luce riflessa da utilizzare nella fotosintesi, emettono vapore acqueo per evapotraspirazione e di conseguenza raffreddano l’aria circostante umidificandola. Nei mesi caldi il raffreddamento per evaporazione e l’ombra abbassano la temperatura dell’aria: studi condotti dal Lawrence Berkeley National Laboratory ha constatato che i quartieri alberati hanno una temperatura inferiore di 3-6°F (1,66-3,33°C) rispetto alle zone prive di alberi. In inverno invece gli alberi riparano le case dalle raffiche di vento, agendo da frangivento e canalizzandolo. Per esempio, se la temperatura esterna è di – 12°C e la velocità del vento di 32km/h, il raffreddamento da vento è –31°C. Il riparo offerto dagli alberi può portare ad un risparmio delle spese di riscaldamento di oltre il 30%, specialmente nelle zone intensamente ventilate. Infine la pavimentazione del giardino assorbe o riflette i raggi solari in base al colore (colori scuri assorbono l’energia radiante e viceversa). Illuminazione interna ed esterna all’abitazione Per quanto riguarda l’illuminazione all’interno della casa è più raccomandabile l’uso di lampadine fluorescenti: esse producono luce, in quanto la corrente elettrica attraversa un gas eccitando le sue particelle, le quali producono luce ultravioletta. Un rivestimento in fosforo posto all’interno della lampada assorbe la luce ultravioletta emettendo luce visibile. Le lampade fluorescenti generano meno calore delle lampade incandescenti e sono più efficienti: infatti nonostante siano più costose hanno una durata rispetto alle lampade incandescenti 6-10 volte superiore, recuperando ampiamente il maggior costo iniziale. L’illuminazione esterna ha una funzione decorativa e di sicurezza. Gli elementi più efficienti in tale settore sono le illuminazioni per sentieri a basso voltaggio e i proiettori al sodio ad alta pressione. Questi sono una forma di lampade ad alta intensità, che utilizza un arco elettrico per produrre una luce intensa, sono molto efficienti, affidabili ed hanno una lunga durata. Un valido contributo all’energy saving nell’illuminazione è dato dall’adozione di sistemi automatici di regolazione, accensione e spegnimento dei punti luce (sensori di luminosità e di presenza, sistemi di regolazione). Gli interventi inerenti alla regolazione riguardano: il comando manuale per aree distinte, il controllo automatico a tempo, il comando automatico con rilevatore di presenza, la regolazione del flusso luminoso in funzione del decadimento delle lampade, dell’orario e dell’apporto di luce diurna. Nel caso un’abitazione si trovi lontano da cabine di corrente elettrica, si possono utilizzare luci alimentate da moduli fotovoltaici, i quali trasformano direttamente la luce solare in energia elettrica. Di seguito sono riportati alcune indicazioni sull’utilizzo delle lampadine. Risulta importante adattare l’illuminazione alle diverse esigenze, evitando gli errori più frequenti: cioè una quantità di luce insufficiente allo svolgimento di determinate attività come cucinare, leggere, cucire ecc. che richiedono una buona acuità visiva e una errata distribuzione delle fonti luminose che lasciano fastidiose zone d’ombra o che provocano abbagliamento. Migliorare l’illuminazione non significa, infatti, semplicemente aumentare la potenza delle lampadine (e quindi i consumi di elettricità): molto più importante è invece determinare la corretta distribuzione delle sorgenti luminose e la giusta qualità della luce. Come determinare la quantità di luce necessaria in un ambiente? A questa domanda non si può dare una sola risposta. Cambia a seconda delle funzioni a cui è destinato l’ambiente. In ogni ambiente esistono delle attività principali che richiedono un particolare tipo di luce. In generale la soluzione migliore, per gli usi domestici, consiste nel creare una luce soffusa in tutto l’ambiente e intervenire con fonti luminose più intense nelle zone destinate ad attività precise come pranzare, leggere, studiare. È importante anche che le luci non abbaglino né direttamente, né per riflessione. Nel primo caso basta eliminare dal campo visivo le lampadine con sorgenti di luce concentrata: ciò non vuol dire sempre cambiare la lampada o modificarne la posizione; spesso basta sostituire la lampadina chiara con una smerigliata o una opacizzata. Nel caso della riflessione ci sono alcune considerazioni da fare: può dipendere dal tipo di materiali e di oggetti presenti in casa o dal tipo di lampada. Se ci sono superfici riflettenti si può intervenire sulla sorgente di luce e, ad esempio, sostituire una illuminazione concentrata con una diffusa. Si può anche intervenire sull’oggetto riflettente, cambiandolo di posto o modificandone l’orientamento. Non dimentichiamo inoltre che se vogliamo aumentare la luminosità e diminuire i consumi della luce artificiale le pareti degli ambienti devono essere tinteggiate con colori chiari. Ecco, infine, alcuni consigli pratici: Il lampadario centrale per l’illuminazione generale delle stanze non è una soluzione vantaggiosa in termini energetici, soprattutto quando questo è provvisto di molte luci: una lampada ad incandescenza da 100 watt fornisce la stessa illuminazione di 6 lampadine da 25 watt, ma queste ultime consumano il 50 per cento in più di energia elettrica. Dovendo scegliere un lampadario centrale è meglio utilizzarne uno con una luce sola, oppure, nel caso di un interruttore doppio si può installarne uno a due luci, una di potenza debole e una di potenza maggiore. L’illuminazione con lampada da terra o da parete, è migliore perché non crea zone d’ombra e dà una luce diffusa; si possono utilizzare apparecchi a luce diffusa tipo abatjour oppure apparecchi con lampade alogene. Per illuminare sculture, quadri, particolari oggetti, l’illuminazione più idonea è quella data dai faretti che creano un fascio di luce diretta. Nella zona pranzo è meglio utilizzare una luce sospesa concentrata sul tavolo oppure una lampada da terra, con braccio curvo, che illumini il tavolo. Per le scrivanie sono da preferire le lampade da tavolo con braccio orientabile. Nei bagni sono sufficienti plafoniere a soffitto o faretti ad accensione separata, vicino allo specchio. - Appliques e plafoniere sono una valida soluzione anche per i corridoi e per tutti gli ambienti di transito che non richiedono una forte illuminazione. In cucina, oltre all’illuminazione generale, occorre prevedere luci sotto i pensili, sui piani di lavoro e sul piano di cottura da utilizzare solo dove e quando servono. Può essere utile ricordare che l' incremento dell' efficienza nell' illuminazione, oltre a produrre effetti economici diretti grazie al risparmio energetico, può consentire miglioramenti produttivi legati al maggior comfort dei dipendenti (riduzione assenteismo, aumento della produttività). Considerando il peso economico molto maggiore dei costi del personale rispetto a quelli energetici, si comprende quale importanza possa avere tale aspetto. Risparmio energetico con gli elettrodomestici Un uso razionale dell’energia non può prescindere dall’acquisto di elettrodomestici efficienti, con consumi ridotti e da un loro utilizzo che minimizzi gli sprechi inutili e dannosi di energia. In effetti un elettrodomestico comporta due spese: quella d’acquisto e quella d’esercizio, vale a dire quella legata al tempo di vita dell’apparecchiatura, che è di solito molto lungo; un frigorifero ha una vita media di circa 20 anni, un condizionatore ed una lavastoviglie di circa 10 anni ed una lavatrice di circa 14 anni. Bastano semplici regole di utilizzo dettate spesso solo dal buon senso per diminuire il consumo di energia; a titolo esemplificativo di seguito vengono riportati alcuni utili consigli sull’uso e sulla manutenzione di lavatrice e di frigorifero, tratti dagli opuscoli redatti dall’ENEA (per scaricare gli opuscoli in versione integrale si rimanda ai nostri links riportati nella presente sezione). Corretto uso e manutenzione della lavatrice Scegliere correttamente il programma. Il programma a 90°C è ormai raramente necessario perché i detersivi di oggi assicurano un bucato “perfetto” a temperature più basse. Dovrebbe essere utilizzato esclusivamente per un bucato veramente molto sporco e con tessuti resistenti. Oltre al fatto che consuma molta elettricità per scaldare l’acqua e molto detersivo (circa il 20% in più perché, generalmente, questo programma prevede anche una fase di prelavaggio) la temperatura elevata dell’acqua deteriora più rapidamente la biancheria. Preferire i programmi di lavaggio a temperature non elevate (40°- 60°C). Come già detto oggi esistono detersivi molto attivi anche a basse temperature, in grado di garantire ottimi risultati; inoltre i tessuti durano di più e i colori non sbiadiscono. Utilizzare la lavatrice solo a pieno carico oppure servirsi del tasto “economizzatore o mezzo carico” quando c’è poca biancheria da lavare. In questo caso però bisogna ricordarsi che “mezzo carico” non significa “mezzo consumo”. L’energia e l’acqua consumate per lavare poca biancheria si riducono ma non così tanto come si è portati a credere. Controllare la quantità di detersivo in base alla durezza dell’acqua, senza mai esagerare: ne serve sempre meno di quanto pensiamo; verifichiamolo con la tabella presente sulle confezioni di detersivo e in base allo sporco effettivo della biancheria. Non superare mai le dosi di detersivo consigliate dalle case produttrici, perché il detersivo incide molto sui costi del bucato e concorre all’inquinamento dell’ambiente. Facciamo qualche prova di lavaggio con dosi ridotte: rimarremo soddisfatti e stupiti dei risultati! - - - - Pulire frequentemente il filtro: le impurità e il calcare accumulato ostacolano lo scarico dell’acqua. Usare i prodotti decalcificanti insieme al detersivo: evitano la formazione di depositi e facilitano le funzioni del detersivo soprattutto con “acqua dura”: aumenterà il costo del lavaggio ma si ridurranno gli interventi e - i costi – di manutenzione. Staccare i collegamenti elettrici e idraulici se la lavatrice è destinata a rimanere a lungo inattiva e mantenere l’oblò leggermente aperto per evitare la formazione di cattivi odori. Tenere sempre pulito il cassetto del detersivo evitando che si formino incrostazioni. Leggere sempre attentamente il libretto di istruzioni allegato al nuovo apparecchio: contiene preziosi suggerimenti per un migliore utilizzo dell’elettrodomestico. Corretto uso e manutenzione del frigorifero e del congelatore Posizionare gli apparecchi possibilmente nel punto più fresco della cucina, lontano dai fornelli, dal termosifone e dalla finestra. Per il congelatore, una buona collocazione può essere la cantina o il garage. Lasciare uno spazio di almeno 10 cm tra la parete e il retro dell’apparecchio e, se questo è inserito nei mobili della cucina, assicuratevi che vi sia spazio sia sopra che sotto per una buona ventilazione. Regolare il termostato su una posizione intermedia: posizioni più fredde sono inutili per la conservazione dei cibi, mentre aumentano i consumi energetici del 10-15%. Posizionare gli alimenti secondo le loro esigenze di conservazione ricordando che, generalmente, la zona più fredda del frigorifero è in basso, sopra i cassetti della verdura. Evitare di riempire eccessivamente il frigorifero e, specialmente se non è no-frost, cercare di lasciare un poco di spazio a ridosso delle pareti interne per favorire la circolazione dell’aria. Non introdurre mai cibi caldi nel frigorifero o nel congelatore perché contribuiscono alla formazione di ghiaccio sulle pareti. Fare attenzione quando si apre il frigorifero, in modo da prelevare o mettere dentro velocemente i cibi: per fare prima, basta prendere l’abitudine di tenerli in ordine, sempre negli stessi scomparti, o in contenitori separati o in sacchetti con etichetta. Riportare la manopola del congelatore in posizione di “conservazione” dopo aver surgelato i cibi alla temperatura più fredda. Controllare che le guarnizioni di gomma delle porte siano sempre in buono stato; nel caso siano scollate o deteriorate è bene sostituirle. Pulire ogni tanto il condensatore (serpentina) posto sul retro dell’apparecchio, dopo aver staccato l’alimentazione elettrica: lo strato di polvere che si forma fa aumentare i consumi in quanto non permette un buon raffreddamento. Sbrinare l’apparecchio non appena lo strato di ghiaccio supera i 5 mm di spessore. La brina sottrae infatti freddo all’apparecchio in quanto forma uno strato isolante, facendo aumentare i consumi di energia e riducendo, inoltre, lo spazio utilizzabile. - Leggere sempre molto attentamente il libretto di istruzioni allegato al nuovo apparecchio, contiene preziosi suggerimenti per un migliore utilizzo. ENERGY SAVING NELL’ILLUMINAZIONE PUBBLICA [4] Il costo dell' illuminazione pubblica si aggira fra il 15 ed il 25% del totale delle spese energetiche di un Ente Locale e si può avvicinare al 50% di quelle elettriche. Indipendentemente dalla quota, che varia chiaramente a seconda della tipologia del Comune considerato, le riduzioni dei consumi di elettricità che si possono ottenere mediante interventi di razionalizzazione degli impianti possono essere consistenti e vanno pertanto perseguite. Oltre all' illuminazione vera e propria concorre alle spese per un 10% circa il funzionamento dei semafori. Gli interventi realizzabili ricadono in tre categorie principali: sostituzione di componenti e sistemi con altri più efficienti (lampade, alimentatori, corpi illuminanti, regolatori); adozione di sistemi automatici di regolazione, accensione e spegnimento dei punti luce (sensori di luminosità, sistemi di regolazione del flusso); installazione di sistemi di telecontrollo e di gestione energetica della rete di illuminazione. Per quanto riguarda le lampade si segnalano gli interventi di sostituzione delle lampade a vapori di mercurio con quelle al sodio ad alta o bassa pressione. Per alcune utenze particolari, caratterizzate da manutenzione difficile e costosa, si può optare per lampade ad induzione (che offrono durate nell' ordine delle 60.000). Si sottolinea come le lampade attuali abbiano raggiunto rese cromatiche e durate eccellenti. Per quanto riguarda gli alimentatori è bene optare per quelli elettronici, che consentono di ridurre i consumi di energia elettrica (fra il 5 ed il 10%), di migliorare il funzionamento della lampada grazie alla frequenza di alimentazione più elevata e di conseguire maggiori durate rispetto a quelli magnetici. La corretta scelta dei corpi illuminanti permette di ottimizzare la distribuzione del flusso luminoso ed il rendimento di riflessione e la manutenzione. A tal fine oltre alla geometria giocano un ruolo importante i materiali. Relativamente ai semafori si possono conseguire risparmi consistenti adottando lampade e sistemi a led. Per quanto riguarda la seconda categoria di interventi si segnala la possibilità di installare riduttori di flusso. Tali dispositivi consentirebbero risparmi energetici ragguardevoli, nell' ordine del 30%, ma il loro impiego è in parte ostacolato dalle prescrizioni della norma UNI 10439, soprattutto in assenza di un piano urbano di illuminazione o di un' azione concordata con il settore viabilità e traffico dell' Ente Locale. In pratica le riduzioni di consumi conseguibili tenendo conto delle citate limitazioni è nell' ordine del 15-20%. I sistemi di telecontrollo e gestione energetica della rete di illuminazione pubblica permettono di ottenere il massimo risultato. L' accensione e lo spegnimento delle lampade può essere controllato al fine di evitare che sensori di luminosità sporcati da inquinamento ed altro allunghino l' intervallo di funzionamento. La manutenzione può essere condotta in modo più razionale e meno costoso, anche in considerazione della riduzione di efficienza delle lampade nel periodo precedente il fuori servizio definitivo. Il monitoraggio continuo della rete consente inoltre di individuare facilmente le aree con consumi anomali ed anche di pianificare al meglio la strategia di sviluppo della rete. Può essere utile ricordare che l' incremento dell' efficienza nell' illuminazione, oltre a produrre effetti economici diretti grazie al risparmio energetico, può consentire miglioramenti indiretti grazie alla riduzione degli incidenti stradali ed alla riqualificazione di zone urbane (un' illuminazione efficace migliora il senso di sicurezza contribuendo a ridurre il tasso di criminalità e valorizza monumenti e architettura). ENERGY SAVING NEL TRASPORTO [1, 5] Ogni anno il 65% del petrolio consumato negli USA viene utilizzato per il trasporto. La conseguenza diretta è che le emissioni dei veicoli sono diventate la principale fonte di inquinamento atmosferico. Pertanto la tecnologia ha profuso notevoli sforzi in due direzioni tra loro strettamente legate: migliorare sia i combustibili che la progettazione dei veicoli, incrementando in tal modo l’efficienza dei combustibili; ridurre lo scarico di sostanze tossiche in atmosfera. I cambiamenti nella composizione dei combustibili derivati dal petrolio, compresi la benzina e il gasolio, rappresentano un modo per aumentare le prestazioni dei veicoli riducendone le emissioni. Ad esempio la benzina riformulata contiene additivi come l’etanolo, un composto ossigenato in grado di ridurre le emissioni di monossido di carbonio. La benzina a basso contenuto di zolfo riduce nettamente gli ossidi di zolfo. I carburanti di ultima generazione per i motori Diesel, alcuni dei quali contengono pochissimo zolfo o sono prodotti da gas naturale, aiutano ad abbattere le emissioni inquinanti. Oltre ai combustibili derivati dal petrolio, la ricerca sta studiando e sviluppando combustibili alternativi, come il biodiesel, l’elettricità, il bioetanolo, l’idrogeno, il biometanolo, il gas naturale ed il propano, che riducono o eliminano i problemi d’inquinamento. Eccetto il propano ed il gas naturale, gli altri combustibili sopra elencati possono potenzialmente essere prodotti da fonti naturali e rinnovabili: l’etanolo dal mais, il biodiesel dalle oleaginose, l’idrogeno dall’acqua e l’elettricità dal vento. Il miglioramento e lo sviluppo conseguito con i combustibili più efficienti e meno inquinanti è stato accompagnato in modo duale dal settore della progettazione dei veicoli, dei componenti e dei materiali. Attualmente sono disponibili veicoli a combustibili alternativi, che possono indifferentemente utilizzare due tipi di combustibile o una miscela di essi (ad esempio benzina ed etanolo), e che sono venduti in flotte. Inoltre i passi avanti compiuti sui motori, sull’apparato propulsore, sul controllo delle emissioni, possono raddoppiare o addirittura triplicare l’efficienza degli attuali veicoli. Tra le nuove tecnologie si segnalano i veicoli ibridi, che combinano un motore elettrico ed una fuel cell, che, alimentata con idrogeno ed con ossigeno (contenuto nell’aria), genera corrente elettrica. Di seguito, a titolo esemplificativo, è riportato un breve cenno ai miglioramenti conseguiti nei moderni motori Diesel, in modo da poter apprezzare meglio il duplice obiettivo che caratterizza l’energy saving nel settore dei trasporti: migliorare sia i combustibili che la progettazione dei veicoli, incrementando in tal modo l’efficienza dei combustibili, e ridurre l’emissione di sostanze tossiche in atmosfera. Il motore Diesel si basa sulla tendenza alla combustione spontanea del combustibile (di solito gasolio), che brucia con l’ossigeno contenuto nell’aria, in quanto la miscela raggiunge un’elevata temperatura per compressione, senza bisogno di scintille, come avviene invece nei motori a benzina. La tendenza all’autoignizione si misura col numero di cetano. Nonostante gli sviluppi tecnologici, il concetto di motore a quattro tempi è rimasto inalterato per oltre 100 anni. Il primo tempo prevede l’immissione dell’aria nel cilindro, non appena il pistone crea lo spazio necessario, spostandosi dalla valvola d’aspirazione. La successiva compressione, dovuta alla corsa verso l’alto del pistone, comprime e riscalda contemporaneamente l’aria. Il combustibile viene iniettato ad alta pressione, non appena il pistone raggiunge la fine della corsa di compressione, bruciando spontaneamente quando viene a contatto con l’aria riscaldata. Nella successiva corsa di ritorno, il pistone spinge fuori dal cilindro i gas esausti di combustione, e il ciclo ricomincia con l’ingresso di aria fresca. I vecchi motori Diesel miscelavano l’aria ed il combustibile in una camere di precombustione, prima di iniettarli nel cilindro. La miscelazione e l’iniezione erano controllati meccanicamente, rendendo complicato l’adattamento della miscela alle condizioni variabili del motore. Ciò portava ad una combustione incompleta, specialmente alle basse velocità, con sprechi di combustibile ed elevate emissioni allo scarico della marmitta. I moderni motori iniettano il combustibile direttamente nei cilindri del motore, con l’ausilio di minuscole centraline computerizzate, che consentono l’immissione del combustibile nella giusta quantità e nei tempi ottimali. Oggi tutte le funzioni del motore sono controllate da un modulo elettronico, che comunica con un’elaborata serie di sensori posti in zone strategiche, in modo da monitorare ogni funzione, dalla velocità del motore alla temperatura dell’olio, e persino la posizione del pistone. Un controllo così meticoloso si traduce in una combustione pressoché completa, che comporta una maggiore potenza, la mancanza di sprechi di combustibile ed un abbattimento drastico degli effluenti inquinanti. Infatti le misurazioni sui moderni motori Diesel hanno evidenziato una diminuzione degli idrocarburi incombusti e di monossido di carbonio. Addirittura si è ottenuto una riduzione dal 1980 di circa il 90% di NOx e di particolati, responsabili delle piogge acide e di problemi respiratori rispettivamente. Ciononostante la loro quantità, in valore assoluto, è ancora piuttosto alta. I motori Diesel hanno raggiunto un’efficienza superiore a quelli a benzina (45% contro il 30%) ed ulteriori miglioramenti sono possibili (fino al 55-63%). Bisogna precisare che purtroppo un aumento dell’efficienza non comporta la scomparsa dei suddetti problemi ambientali, ma solo un’attenuazione. In conclusione tre sono le linee strategiche da perseguire per dare un seguito a quanto finora conseguito: una ricerca più approfondita sul processo di combustione nei motori Diesel per capire la genesi dei particolati e degli NOx; adozione di nuove tecnologie per l’abbattimento selettivo degli effluenti inquinanti, in particolare dei suddetti; miglioramento nel settore dei combustibili. ENERGY SAVING NELL’INDUSTRIA [1, 4, 6] L’industria è senza dubbio uno dei settori che consuma elevate quantità di energia. Per esempio negli USA oltre 1/3 dell’energia viene utilizzata nei processi produttivi. I combustibili più usati sono il gas naturale ed il petrolio, seguiti da energia elettrica e carbone. Pertanto l’industria, sia per motivi strettamente economici che per vincoli normativi, diventa un collaboratore obbligato nell’uso razionale dell’energia e nell’energy saving. Sono tantissimi i processi industriali che hanno subito un miglioramento energetico, che includono l’industria dell’alluminio, del vetro, delle materie plastiche e così via. Ognuno di questi processi può essere catalogato nella sfera dell’energy saving, se sussistono le seguenti condizioni: il risparmio deve essere effettivo, in termini di (Mtep risparmiati/anno)/euro investiti, e deve essere garantito per una durata superiore a quella di payback; - il processo sia documentabile, comprovabile e riproducibile nel rispettivo settore industriale. Di seguito sono riportati a titolo esemplificativo due innovazioni tecnologiche: il primo è in fase embrionale, ma è stato scelto per le sue enormi potenzialità, il secondo perché talvolta tecnologie valide ed efficienti non trovano applicazione pratica solo per interessi economici. Nuovi catalizzatori per l’ossidazione catalitica del benzene a fenolo [Partner del progetto: Akzo Nobel Chemicals, Inc., Dobbs Ferry, NY; Argonne National Laboratory, Argonne, IL; Northwestern University Center for Catalysis and Surface Science Evanston, IL]. Attualmente l’industria chimica utilizza il “processo al cumene” in tre stadi per produrre il 95% dei 4 miliardi di pounds di fenolo, un reagente chiave nella produzione dei fenoplasti, che sono resine termoindurenti, denominate anche bacheliti, ottenute dalla condensazione tra fenolo ed aldeide formica. Il processo in tre stadi prevede: alchilazione del benzene con propilene per ottenere il fenilpropano (cumene); ossidazione del cumene per ottenere il suo idroperossido; decomposizione acida (di solito acido solforico al 10%) dell’idroperossido con produzione di acetone e di fenolo, che vengono separati per distillazione. Queste reazioni di tipo radicalico sono in competizione con altre reazioni secondarie indesiderate. Il nuovo processo si basa invece sulla conversione diretta del benzene in fenolo, eliminando la necessità di neutralizzare gli acidi, di separare prodotti organici e di evitare la produzione di intermedi potenzialmente instabili, presenti nel processo al cumene. In linea teorica non sono previsti coprodotti, mentre il processo al cumene necessita, per essere economicamente competitivo, della vendita dell’acetone, il cui mercato è saturo, e degli altri composti pericolosi, che devono essere trattati con molta cautela. Pertanto si prospetta un buon risparmio energetico, una riduzione di prodotti indesiderati e di scarti pericolosi. Il fine principale del progetto è quello di sviluppare un processo economico ad un solo stadio per convertire il benzene a fenolo, con una resa non inferiore al 50% e con bassa produzione di composti organici indesiderati. Lo sviluppo tecnologico si sta orientando verso l’ossidazione catalitica altamente selettiva. Ricerche pregresse suggeriscono che una specifica forma di specie ossigenata può essere generata sulla superficie di un catalizzatore, con ottime prospettive di riuscita nella conversione diretta del benzene in fenolo. Il lavoro verterà sull’individuazione di un componente redox nel catalizzatore, capace di generare una specie ossidante partendo dall’ossigeno molecolare. Saranno investigati anche altre specie ossidanti, che possono avere potenziale applicazione. I ricercatori poi esamineranno l’utilizzo delle varie forme di composti ossidanti, che possano formarsi a basso costo da ossigeno molecolare. Sarà presa in considerazione anche l’ipotesi di usare catalizzatori non convenzionali per effettuare un’ossidazione parziale. In seguito si procederà alla caratterizzazione dei catalizzatori più idonei, per comprendere in modo dettagliato ed approfondito la loro struttura chimica e come possono migliorare la tecnologia della conversione del benzene. Saranno altresì condotti studi sul possibile impiego di bassi tempi di permanenza e di reattori omogenei in fase liquida durante la sintesi del nuovo catalizzatore. Le potenzialità del progetto sono enormi: - risparmio energetico di 65 mila miliardi di Btu (65 TBtu) entro il 2020; riduzione degli scarti di circa 50 Gt/yr; riduzione dei costi industriali; possibilità di riciclare il benzene dopo la separazione dal fenolo nella corrente in uscita dal reattore; abbattere le emissioni di CO2. Nella figura 2 è riportato lo schema della conversione diretta del benzene in fenolo. Figura 2 (Office of industrial technologies, U.S. Department of Energy) Ricompressione meccanica del vapore La ricompressione meccanica del vapore rappresenta una metodologia efficiente per concentrare soluzioni in vari processi industriali (può essere impiegata ad esempio nella concentrazione di succhi di frutta e pomodoro, dei mosti d' uva, degli agrumi e del latte). Essa può sostituire o integrare il sistema tradizionale basato su evaporatori. Nella figura 3 è riportato un sistema tradizionale a doppio effetto per la concentrazione di una soluzione. Viene prodotto vapore che viene adoperato per far evaporare il solvente nella soluzione nella prima colonna. L' analisi dei flussi energetici in entrata ed uscita da essa non è ottimale, in quanto circa l' ottanta per cento del contenuto entalpico si ritrova nel vapore del solvente. Per tale motivo si mettono in cascata altre colonne, al fine di utilizzare tale energia per concentrare ulteriormente la soluzione. Figura 3 (fonte ENEL Distribuzione) Nel passaggio da un sistema a semplice effetto ad uno a due o tre effetti si ottiene indicativamente un dimezzamento ed una riduzione ad un terzo dell' energia richiesta per tonnellata di acqua evaporata, come riportato nella tabella 1. Tabella 1 (fonte: U.I.E. "La compression mecanique de vapeur appliquee a la concentration par evaporation") Nel caso della compressione meccanica del vapore (figura a fianco, fonte ENEL Distribuzione), invece, si utilizza un compressore per innalzare la temperatura e la pressione del vapore del solvente, al fine di immetterlo nuovamente nella prima colonna. La caldaia rimane per l' avvio del processo e per integrazione, laddove il contenuto entalpico del vapore all' uscita del compressore non fosse adeguato. Come si può vedere dalla tabella il risparmio energetico collegato è sensibile. In generale i migliori risultati si possono conseguire con un' opportuna integrazione delle due alternative, mettendo in cascata due stadi ad evaporazione con uno a compressione meccanica, ad esempio. Si tratta comunque di tecnologie ben note e collaudate. Nel documento presentato da ENEL Distribuzione al convegno FIRE tenuto a Rimini in occasione di Ricicla Energia la convenienza economica comporta tempi di ritorno attualizzati nell' ordine di uno-due anni. L' analisi di altri casi riporta tempi di ritorno maggiori, nell' intorno dei 4-5 anni. Va detto che la convenienza può essere in buona parte legata al costo dei compressori per il vapore, che presentano costi più elevati di quelli tradizionali, a causa dei minori volumi di produzione, specie per taglie sotto i 500 kW. La mancata diffusione della tecnologia è inoltre da imputarsi ad altre motivazioni, come illustrato nel corso del dibattito seguito al convegno di Rimini. Fra esse si segnalano la mancanza di conoscenza da parte degli utenti (che accettano dunque quanto proposto dagli operatori) e la maggior convenienza per i fornitori dei prodotti ad offrire la soluzione tradizionale, in quanto in grado di garantire margini di ricavo superiori. ENERGY SAVING NEGLI IMPIANTI DI PRODUZIONE DI ENERGIA [1, 5] Si è evidenziato in sede di presentazione il continuo e crescente fabbisogno energetico a livello europeo e mondiale. Certamente la soluzione migliore non è quella di costruire nuove centrali di produzione, che spesso utilizzano combustibili convenzionali (derivati del petrolio e carbone): dunque i vari governi cercano di incentivare l’uso fonti alternative, rinnovabili ed a basso impatto ambientale, ma anche di supportare tecnologie che migliorino l’efficienza di quelle esistenti. In questo contesto non si sottraggono a tale impegno neanche gli impianti di generazione energetica. Nuove tecnologie applicate alla conservazione ed alla trasmissione di energia possono giocare un ruolo da protagonista. Per esempio gli attuali fili in rame durante la trasmissione di corrente si riscaldano per effetto Joule, dissipando parte dell’energia. Attualmente sono invece oggetto di studio materiali superconduttori, i quali offrendo pochissima resistenza al flusso di elettroni, non comportano grosse perdite durante la trasmissione in linea. Per lo stoccaggio dell’energia, oltre alle tradizionali batterie, si stanno mettendo a punto nuove soluzioni come le nanostrutture e la conservazione di corrente in spirali di filo superconduttore. A differenza dei combustibili, che sono delle riserve di energia chimica stoccabili in apposite cisterne, la corrente elettrica, che è una delle forme più nobili di energia, in quanto è trasformabile senza difficoltà nelle altre forme di energia, viene prodotta quando lo richiede la domanda. Esistono alcuni impianti di riserva, che lavorano a basso regime per molto tempo, e che sono utilizzati per fronteggiare le fluttuazioni della domanda. Tutto ciò rappresenta un’inutile spreco per le seguenti ragioni: nei periodi di elevata richiesta si portano tutti gli impianti a pieno regime, compresi quelli poco efficienti; la linea di trasmissione raggiunge il proprio limite, causando ulteriori perdite; l’impossibilità di stoccare l’energia elettrica durante i periodi di scarsa domanda costringe alcuni impianti a lavorare a basso regime per troppo tempo, abbassando l’efficienza globale del sistema produttivo; alcuni paesi non sono dotati di impianti di riserva e sono costretti ad aumentare le importazioni di corrente. Pertanto in questo scenario la conservazione di energia consentirebbe a tutti gli impianti di lavorare a pieno regime (situazione ideale dal punto di vista dell’efficienza), di accumulare gli eccessi produttivi nei periodi di bassa domanda e di sfruttarli nei momenti di eccessiva richiesta. Inoltre tale situazione favorirebbe un integrazione ottimale degli impianti di produzione intermittente, come quelli eolici e solari. Un’altra soluzione tecnologica sta affermandosi con grande rapidità, vale a dire la generazione distribuita di energia: produrre piccole quantità di energia nelle vicinanze dell’utenza significa affrancare la linea di trasmissione dai sovraccarichi e ridurre le distanze di distribuzione, riducendo quindi le perdite. Oggi i vari governi hanno messo a disposizione gli strumenti per ottenere buoni risultati. La speranza è che le agevolazioni, i finanziamenti e la diffusa sensibilità ambientale, stimolino una sana competizione tecnologica, che porti ad un maggior sfruttamento delle fonti rinnovabili ed a più cospicui investimenti nell’ammodernamento degli impianti esistenti e nella costruzione di centrali nuove e più efficienti. FONTI E RIFERIMENTI [1]: www.energialab.it (ingg. Doria, Puglioli, Forni, Andretta) [2]: http://www.eere.energy.gov/consumerinfo/energy_savers/ [3]: http://www.enea.it/ [4]: http://www.fire-italia.it/default.asp [5]: http://www.eere.energy.gov/ [6]: http://www.oit.doe.gov/