STUDI L’ENERGIA .2 a cura di Giovanni Vittorio Pallottino Sul precedente numero della rivista abbiamo presentato i primi due articoli dedicati al tema dell’energia nei quali abbiamo fornito il quadro concettuale di riferimento evidenziando i principi che sono alla base di alcuni processi fisici che coinvolgono le diverse fonti energetiche e i loro impieghi: in particolare abbiamo affrontato le questioni legate alle possibili applicazioni dell’energia solare. In questa seconda parte proponiamo un approfondimento dedicato all’energia eolica e nucleare. Chiudono la raccolta di interventi due articoli dedicati, il primo, al tema del risparmio energetico, il secondo, ad alcune riflessioni di carattere prettamente didattico. Abstract In the previous issue we presented the first two articles on the subject of energy in which we gave the relevant conceptual framework, highlighting the underlying principles of some physical processes which involve the various energy sources and their uses. In particular we tackled the questions linked to potential applications of solar energy. In this second part we go into greater depth on the subject of nuclear and wind energy. The report ends with two articles, the first on the issue of energy saving and the second on considerations of a mainly educational nature. NUOVA SECONDARIA - N. 6 2009 - ANNO XXVII 31 STUDI L’ELETTRICITÀ EOLICA Domenico Coiante i occupiamo qui brevemente della produzione trica a corrente alternata in modo da poter essere erogata d’energia elettrica mediante lo sfruttamento del verso la rete elettrica. vento: una fonte rinL’efficienza di trasformazione dal vento all’elettricità novabile derivata è definita come il rapporto tra la potenza elettrica dall’energia solare primaria. La istantanea in uscita e la potenza cinetica del vento in macchina che realizza la traentrata sull’area spazzata dal rotore. Si ha pertanto: sformazione energetica (Fig. 1) è chiamata aerogeneratore, o turη = Potenza elettrica/ Potenza cinetica = ηr ηm ηa (1) bina eolica. Come mostra la Fig. 2, si dove ηr è l’efficienza del rotore per la trasformazione parte dall’energia cinetica del della potenza cinetica del vento in potenza meccanica vento e si arriva all’erogaziosull’asse principale; ηm è l’efficienza del moltiplicatone d’energia elettrica su un re di giri; ηa è l’efficienza dell’alternatore per la tracarico o verso la rete nazionasformazione della potenza meccanica nella potenza le di distribuzione. L’energia elettrica finale. cinetica del vento mette in Rispetto all’orientamento del rotore le macchine eolirotazione un dispositivo che si differenziano fra macchine ad asse verticale e aerodinamico, detto rotore, macchine ad asse orizzontale. che può assumere diverse Nelle macchine in cui l’asse di rotazione è posto verforme. ticale rispetto al terreno le pale sono ortogonali Il rotore è solidale a un asse rispetto alla velocità del vento, indipendentemente meccanico, detto asse primadalla direzione da cui esso proviene. Appartengono a rio, la cui rotazione, medianquesta classe vari tipi di aerogeneratori che hanno te ingranaggi tali da effettuaavuto una certa diffusione negli anni ’80, ma che re la moltiplicazione del attualmente sono quasi del tutto abbandonati. numero dei giri, è trasmessa Nelle macchine ad asse orizzontale il rotore spazza ad un asse secondario. un’area posta su un piano verticale che un sistema di Fig. 1. Moderno aerogeneratore Quest’asse è solidale al rotocontrollo mantiene ortogonale alla direzione del danese con rotore a tre pale in una re di un alternatore, che a centrale eolica in montagna. vento. La rotazione è poi trasmessa ad un asse meccasua volta trasforma la potennico orizzontale. Appartengono a questa classe i noti za meccanica in potenza eletmulini a vento olandesi ed i recenti aerogeneratori a Fig. 2. Rappresentazione schematica della produzione dell’elettricità rotore bipala e tripala, come eolica attraverso stadi successivi di trasformazione dell’energia del quello mostrato in Fig. 1. In vento. queste macchine il rotore è costituito da un mozzo, su cui convergono due o tre pale a profilo aerodinamico alare, solidale con l’asse meccanico primario che trasmette la rotazione al moltiplicatore di giri e quindi al C 32 NUOVA SECONDARIA - N. 6 2009 - ANNO XXVII STUDI rotore di un alternatore. L’asse primario, il moltiplicatore di giri e il generatore elettrico sono contenuti in un involucro, detto gondola o navicella, che racchiude anche i sistemi di controllo dell’inclinazione delle pale e dell’imbardata dell’aerogeneratore. La navicella è montata sulla sommità di un traliccio o di un palo metallico di altezza adeguata alle dimensioni della macchina: dai 30 ad oltre 70 m in corrispondenza ai 100 kW o ai (1000÷2000) kW di potenza elettrica di targa. Il collegamento diretto alla rete elettrica impone il mantenimento della costanza della frequenza su 50 Hz, con la necessità di mantenere costante il numero di giri del rotore. Vi sono anche aerogeneratori nei quali si permette al rotore di seguire le variazioni di velocità del vento. Si genera in tal caso corrente alternata a frequenza variabile, richiedendo un opportuno convertitore elettronico, che la trasformi a frequenza fissa, in modo da permettere l’allacciamento alla rete. Pmax = (16 / 27 ) ⋅ (1 / 2 ) ⋅ ρ ⋅ A ⋅ V 3 . La potenza cinetica del vento e il limite di Betz La potenza cinetica P posseduta da una massa d’aria m che si muove sotto forma di vena fluida in condizioni di flusso laminare, cioè senza vortici, ad una velocità V è data dalla relazione: P = (1/2) A ρ V3 (2) dove A è la sezione trasversale della vena fluida e ρ è la densità dell’aria. Se A è espresso in m2, ρ in kg/m3 e V in m/s, P risulta direttamente in watt. Si noti che la potenza sviluppata dal vento è proporzionale al cubo della velocità dell’aria. Ciò significa, ad esempio, che un raddoppio della velocità del vento fa aumentare di otto volte la potenza contenuta nella vena fluida. Si definisce coefficiente di potenza di un aerogeneratore, Cp, il rapporto tra la potenza estratta dalla vena fluida per opera del rotore e quella totale disponibile nel vento. Ricordando la (1) e la (2) ed identificando con A l’area spazzata dalle pale del rotore, si ha pertanto: CP = Potenza meccanica estratta = ηr . (1 / 2 ) ⋅ A ⋅ ρ ⋅ V3 massimo sfruttamento dell’energia del vento. Nel contempo, però, esso offrirà un grande ostacolo all’attraversamento della vena fluida che, invece di passare attraverso il rotore, comincerà a defluire oltre i bordi dell’area A. È quindi chiaro che esiste un valore ottimale dell’energia estraibile da una vena fluida oltre il quale il vento sfugge senza rilasciare più energia al rotore. Si può dimostrare che il massimo di potenza estraibile dal vento corrisponde ad una situazione in cui la velocità dell’aria, misurata nella scia del rotore, è pari a 1/3 della velocità V dell’aria indisturbata. In queste condizioni il rotore sfrutta la differenza di velocità del flusso d’aria che corrisponde ai 2/3 di V. Si perviene così alla potenza massima estraibile dalla vena fluida: (4) Ne segue che un aerogeneratore, qualunque sia la forma del rotore, non potrà avere un coefficiente di potenza più alto del valore Cpmax = 16/27 = 59.3%, detto limite di Betz dal nome del ricercatore che per primo ne evidenziò l’esistenza. Pertanto, considerato che per l’aria ρ vale 1,225 kg/m3, la massima potenza meccanica estraibile per ogni m2 di area spazzata dalle pale del rotore, chiamata densità di potenza limite di Betz, è: Pmax / A = (16 / 27 ) ⋅ (1 / 2 ) ⋅ ρ ⋅ V 3 = 0.363 V 3 . (5) Qui è importante notare che il vento effettivamente utile è quello capace di generare almeno 0.5÷1 kW/m2 e, quindi con velocità superiore ai 10÷14 m/s, cioè 36÷50 km/h. La sensibilità ordinaria delle persone rispetto alla velocità del vento in genere tende a sopravvalutarne il valore e a considerare buoni anche siti di scarso interesse. Per tale motivo, un’accurata misurazione delle condizioni anemologiche su base statistica adeguata va considerata indispensabile per la classificazione dei siti. (3) Applicando il principio di Bernoulli della conservazione della portata nei fluidi a flusso laminare, si può dimostrare che esiste un valore massimo del coefficiente di potenza, che è minore dell’unità. Questo fatto può essere reso intuitivo con le seguenti considerazioni. Se il rotore potesse sfruttare tutta l’energia contenuta nel vento, la velocità dell’aria a valle del rotore sarebbe nulla. Un rotore costituito da molte pale fornisce l’immagine che più si avvicina all’idea del Curva di potenza di un aerogeneratore La potenza elettrica Pe prodotta da un aerogeneratore si ottiene moltiplicando la densità di potenza eolica data dalla (2) per i fattori di efficienza (Cp ηm ηa) considerati precedentemente. Ne consegue che la potenza elettrica Pd prodotta per ogni m2 dell’area A spazzata dalle pale del rotore, chiamata densità di potenza elettrica, si ottiene dividendo per A la potenza elettrica Pe: NUOVA SECONDARIA - N. 6 2009 - ANNO XXVII 33 STUDI Energia elettrica prodotta Pd = Pe/A = Cp ηm ηa [(1/2)ρV3]. (6) A questo punto teniamo presente che nella pratica per le macchine tripala si ha Cp ≅ 0,43, mentre per un buon moltiplicatore di giri ηm ≅ 0,70 e per l’alternatore ηa ≅ 0,95. Pertanto l’efficienza complessiva dell’aerogeneratore è: η ≅ 0,28. Inserendo i dati nella (6) si ottiene: Pd = 0,1715 V3 (W/m2). (7) Da questa relazione, assieme ad alcune considerazioni circa i limiti pratici imposti al funzionamento reale degli aerogeneratori, deriva la curva di potenza che caratterizza la macchina. Per tracciare questa curva, si divide l’asse delle velocità in quattro zone contigue: 1. Velocità del vento compresa fra 0 m/s e quella detta di cut in, che produce una velocità angolare di rotazione delle pale in grado di pilotare il generatore elettrico vincendo gli attriti. Pd = 0. 2.Velocità del vento compresa fra quella di cut in e quella corrispondente al raggiungimento della potenza di targa del generatore, detta velocità normale, Vn. In questa zona la potenza specifica aumenta con il cubo della velocità. 3. Velocità del vento compresa fra quella normale e quella di frenamento della macchina, detta di cut out. In tutta questa zona, il sistema di controllo mantiene costante ed uguale al valore di targa Pn la potenza elettrica generata. Quando la velocità del vento raggiunge il valore di cut out, il sistema di protezione attua il rallentamento del rotore ed il frenamento di sicurezza in modo da impedire danni all’aerogeneratore. Pd = Pn. Fig. 3 4. Velocità del vento superiori alla velocità di cut out. In questa zona l’aerogeneratore non produce alcuna potenza elettrica. Pd = 0. Fig. 3. Curva della densità di potenza e limite di Betz per un aerogeneratore. Nella pratica si utilizzano modalità diverse per il controllo del rotore, per esempio variando l’angolo d’incidenza rispetto al vento così da mantenere costante la potenza d’uscita dal generatore, oppure variando l’angolo che il piano del rotore forma con la direzione del vento, facendo ruotare la navicella sul piano orizzontale intorno all’asse della torre. 34 NUOVA SECONDARIA - N. 6 2009 - ANNO XXVII Dato che l’energia è il prodotto della potenza per il tempo, la curva di potenza, che è funzione della velocità del vento, deve essere trasformata in modo da essere espressa rispetto al tempo. Qui le cose si complicano perché la velocità del vento è una variabile statistica, i cui valori sono distribuiti secondo una legge probabilistica. Nel caso più semplice questa distribuzione può essere approssimata con quella di Rayleigh, per cui la densità di probabilità R(V) dei valori di V segue la legge: R(V) = (π/2) (V/Vm2) exp[–(π/4) (V/ Vm)2] (8) dove Vm è la velocità media. Essa ha un massimo (Rmax = (π/2)1/2 e-1/2 /Vm = 0,760/Vm ) alla velocità Vo = (2/π)1/2 Vm = 0,798 Vm . Stante il significato di R(V), la probabilità infinitesima dP di trovare un valore V della velocità del vento nell’intervallo compreso fra V e V+dV è data da: dP = R(V) dV. Per la legge dei grandi numeri, questa probabilità è anche uguale al rapporto tra il numero dt delle ore in cui si è verificato l’evento V e il tempo totale di osservazione T della misurazione delle velocità del vento (per T >> dt). Allora potremo scrivere: dP = dt/T = R(V) dV, da cui si ricava subito: dt = T R(V) dV. (9) La densità della potenza elettrica dell’aerogeneratore è rappresentata dalla curva di potenza Pd(V), quindi la densità d’energia elementare dE/A erogata nel tempo dt sarà: dE/A = Pd(V) dt = T Pd(V) R(V) dV. STUDI Pertanto l’energia elettrica prodotta durante il tempo T per l’area A spazzata dal rotore è data da: E=AT ∫ Pd (V)R(V)dV. ∞ 0 (10) Questa relazione rende subito evidente come la produzione di energia dipenda dall’incontro ottimale di due fattori, le caratteristiche tecniche dell’aerogeneratore [Pd(V)] e quelle anemometriche [R(V)] del sito in cui la macchina viene collocata. Se queste ultime non sono buone, non esiste aerogeneratore, per quanto tecnicamente valido, che possa dare una grande resa energetica. Richiamando la definizione delle velocità di cut in e di cut out, l’integrale (10) si riduce a: (11) Si ottiene in tal modo la curva cosiddetta delle durate di ciascuna velocità: D(V) = T R(V). (12) Se T rappresenta il periodo di un anno (8760 ore), D(V) darà la durata annuale di ciascuna velocità. Nella Fig. 4 vengono riportati insieme i grafici della durata e della potenza in funzione della velocità del vento. Fig. 4. Curva delle durate annuali della velocità del vento e curva di potenza dell’aerogeneratore. Fig. 4 dove: Vin è la velocità di cut in; Vn è la velocità corrispondente al raggiungimento della potenza nominale; Vout è la velocità di cut out; Pn è il valore di targa, o nominale, della potenza elettrica dell’aerogeneratore. Come mostra la (11), non è sufficiente conoscere la velocità media del vento per stimare la quantità d’energia elettrica ricavabile da un aerogeneratore in un determinato sito, ma occorre conoscere l’intera distribuzione della velocità del vento. L’accuratezza della stima di E dipende ovviamente dall’accuratezza con cui si conosce la curva di potenza e da quella con cui si è determinata la densità di probabilità della velocità del vento. Un caso pratico A titolo di esempio sul modo di procedere, si consideri il caso della curva di potenza della Fig. 3, applicata ad un ipotetico aerogeneratore con area A = 2127 m2, corrispondente ad un diametro del rotore di circa 52 m, altezza del mozzo da terra pari a 60 m e potenza nominale di 1 MW. Si supponga di collocare tale macchina in un sito avente velocità media del vento pari a 7 m/s misurata all’altezza del mozzo e distribuzione di Rayleigh. Per comodità visiva, si riporti la distribuzione della probabilità relativa a questi parametri sullo stesso grafico della curva di potenza dell’aerogeneratore Pe(V), avendo l’accortezza di moltiplicare tutti i valori di R(V) per T. È possibile notare subito che le due curve si sovrappongono solo parzialmente. Poiché l’energia è determinata dal prodotto D(V) Pe(V), ciò porta ad una distribuzione dell’energia con valori significativi solo in uno stretto intervallo di velocità del vento centrato intorno ai 12 m/s. Tale distribuzione è mostrata dal grafico della successiva Fig. 5. Si conclude che un aerogeneratore da 1MW collocato in un sito con velocità media del vento di 7 m/s avrà una produzione teorica di 1886 MWh all’anno. Poiché questa cifra corrisponde all’energia che l’aerogeneratore potrebbe produrre se funzionasse a piena potenza per 1886 ore, questa stessa durata viene assunta come indicativa della bontà del sito, riducendo tutto nel dire che ci si trova in un “sito da 1886 ore l’anno”, cioè con producibilità annuale di 1886 MWh/MW. NUOVA SECONDARIA - N. 6 2009 - ANNO XXVII 35 STUDI Fig. 5 Fig. 5. Energia annuale prodotta rispetto alla velocità del vento ed energia cumulata in un anno. Curva di producibilità energetica e sviluppo dell’eolico in Italia Il caso sopra esaminato può essere generalizzato, sempre con riferimento a una macchina da 1 MW, ripetendo i calcoli per diversi valori della velocità media del vento. I risultati ottenuti per l’energia annuale prodotta sono riportati nella curva di Fig. 6, che rappresenta la producibilità energetica annuale dei siti caratterizzati dalle rispettive velocità medie del vento. I siti eolici italiani interessanti per lo sfruttamento economico si trovano tipicamente raggruppati tra 5,5 e 7,5 m/s. Ad essi corrisponde una producibilità di circa Fig. 6 36 NUOVA SECONDARIA - N. 6 2009 - ANNO XXVII 1000÷2500 MWh/MW. I siti tipici del Nord-Europa si trovano collocati tra i 7 m/s e i 9 m/s, con punte anche di 10 m/s, con producibilità che può raggiungere valori superiori a 3500 MWh/MW. La situazione italiana, mediata su tutti i siti attualmente occupati dagli impianti, può essere riassunta utilizzando i dati ufficiali del Gestore dei Servizi Elettrici. Dato che nel 2007 si è avuta una produzione lorda di 4,034 TWh per una potenza eolica installata di 2714 MW, risulta che la producibilità attuale media del parco eolico italiano è di 1486 MWh/MW. Assumendo per semplicità che il valore medio della potenza degli aerogeneratori sia di 1 MW (cosa che è molto vicina alla realtà odierna), possiamo ricavare dal grafico di Fig. 6 che la velocità media del vento a 60 m dal suolo, caratteristica dei migliori siti eolici italiani, vale circa 6,5 m/s. Questi siti si trovano raggruppati nelle zone montuose, lungo i crinali appenninici ad altitudine intorno ai 1000 m, Fig. 6. Producibilità annuale d’energia per un aerogeneratore da 1 MW collocato in diversi siti caratterizzati dalla velocità media del vento misurata al mozzo. STUDI dove gli aspetti paesaggistici, faunistici e geologici assumono una particolare importanza, tanto da suscitare problemi d’impatto ambientale. Attualmente il livello di (1800÷2000) MWh/MW è da consiPer promuovere il suo sviluppo economico sono state adottate misure d’incentivazione pubblica sottoposte alla normativa detta dei Certificati Verdi, mediante cui il differenziale negativo dei costi è colmato con un certo margine di profitto. La situazione conseguente è divenuta particolarmente favorevole allo sviluppo degli impianti eolici in Italia, come si può vedere dalla serie storica della potenza installata mostrata nella Fig. 7. L’effetto dell’introduzione dei Certificati Verdi nel 2002 è chiaramente visibiFig. 7. La potenza eolica cumulativa installata in Italia (Fonte dei dati: ENEA, GSE e ANEV). le nel grafico, dove si nota che, a partire dal 2003, Fig. 8 l’andamento della potenza installata è iniziato a crescere in modo esponenziale, continuando con tale andamento fino ad aver raggiunto i 3736 MW alla fine del 2008. A questa data la produzione annuale d’energia elettrica è stata di circa 6 TWh, pari a circa 1,8% del fabbisogno elettrico nazionale e corrispondente al risparmio di circa 1,3 Mtep di petrolio, cioè a un contributo dello 0,7% al fabbisogno italiano d’energia primaria. In questo modo l’Italia ha recuperato numerose posizioni nella classifica Fig. 8. Potenza cumulata installata fino a dicembre del 2008 nei Paesi europei. (Fonte: Eurobserver eolica europea, collocanFeb. 2009). dosi al terzo posto (dopo Germania e Spagna) per quantità di potenza installata, come derare come il valore minimo della producibilità per ottenedimostra il diagramma della Fig. 8. re la competitività economica del kWh erogato. Pertanto Fig. 7 l’eolico italiano, che si trova ad un livello più basso, non è ancora competitivo con le fonti convenzionali. Domenico Coiante ENEA NUOVA SECONDARIA - N. 6 2009 - ANNO XXVII 37 STUDI ENERGIA NUCLEARE: prospettive della fusione e della fissione Giovanni Vittorio Pallottino, Giulio Valli S olo alla metà del secolo scorso l’uomo ha avuto cognizione di una delle più potenti forme di energia, quella che alimenta l’immensa fucina dell’Universo: l’energia emessa dal nucleo degli atomi. Nel cuore del nostro Sole, come di tutte le stelle, a una temperatura intorno ai 10-15 milioni di gradi, una serie di reazioni successive converte i nuclei degli atomi più piccoli, quelli dell’idrogeno, fondendoli tra loro, in nuclei più grandi di elio con il rilascio di una grande quantità di energia, l’energia che sostiene la vita sulla Terra. Questo processo di generazione di energia è denominato fusione termonucleare. Nell’ambiente costituito dal cuore delle stelle, caratterizzato da altissime temperature e forza gravitazionale, i processi di formazione di nuclei sempre più pesanti, a spese della fusione di nuclei più leggeri, procede fabbricando atomi sempre più grandi e pesanti. Alcuni degli atomi più pesanti, come il torio e l’uranio, sono tuttavia relativamente instabili, cioè tali che, per interazione con una particella nucleare, tipicamente un neutrone, possono andare in pezzi emettendo altri neutroni e di nuovo grandi quantità di energia nucleare. Questo processo di generazione di energia, opposto al precedente, è denominato fissione nucleare. Mentre l’uomo non è ancora riuscito a controllare la fusione termonucleare, riuscendo a riprodurla solo in forma incontrollata (la bomba all’idrogeno), è riuscito rapidamente a padroneggiare la fissione nucleare, utilizzandola in forma diffusa per la generazione di elettricità nelle centrali nucleari. Ma qual è l’origine dell’energia che si libera nei processi di fusione e di fissione nucleare? Essa proviene dalla conversione in energia di una piccola parte della massa dei nuclei atomici che intervengono in questi processi, come previsto dalla nota relazione di equivalenza fra massa ed energia introdotta da Albert Einstein: E = m c2. (1) Più precisamente, in una reazione nucleare nella quale la massa totale subisca complessivamente una diminuzione ∆m, si sviluppa l’energia ∆E = ∆m c2. E in effetti sia la fusione di nuclei leggeri che la fissione di nuclei pesanti conduce a una perdita di massa, come suggerisce la Fig. 1. 38 NUOVA SECONDARIA - N. 6 2009 - ANNO XXVII Fig. 1 Fig. 1. Il grafico in figura rappresenta approssimativamente come varia la massa per nucleone dei nuclei atomici dei vari elementi in funzione del numero atomico. La massa per nucleone non è costante: essa è assai grande per i nuclei più leggeri, presenta un minimo in corrispondenza del ferro e poi cresce moderatamente per i nuclei più pesanti. Ciò significa che la fissione di un nucleo pesante, e ancor più la fusione di due nuclei leggeri, è accompagnata da liberazione di energia, corrispondente alla perdita di massa. La fusione termonucleare e le sue prospettive Fra le diverse reazioni nucleari che sono state considerate in vista del loro impiego per sviluppare energia, quella di maggiore interesse per vari motivi, e quindi maggiormente studiata, è la fusione fra il deuterio (21H) e il trizio (31H), due isòtopi dell’idrogeno1, 2 H + 31H → 42He (3,5 MeV) + 10n (14,1 MeV) 1 (2) i cui prodotti, come illustrato nella Fig. 2, sono un nucleo di elio (42He) e un neutrone (10n), entrambi dotati di elevata energia cinetica. 1. La notazione abX indica il nucleo dell’elemento X avente numero di massa a, cioè costituito da a nucleoni (protoni e neutroni), e numero atomico b, cioè comprendente b protoni, pertanto dotato di carica positiva pari a b cariche elementari. STUDI Fig. 2. La fusione nucleare fra un nucleo di deuterio e uno di trizio sviluppa una notevole quantità di energia. Ma per realizzare la fusione fra dei nuclei atomici occorre preliminarmente avvicinarli, vincendo la repulsione elettrostatica che esiste fra loro in quanto dotati di carica elettrica positiva. A tale scopo occorre fornire ad essi energia, o equivalentemente portarli ad altissime temperature. In tali condizioni la materia muta il suo stato, da gas a plasma, uno stato in cui gli elettroni si separano dagli atomi, che si trasformano in nudi nuclei. Per contenere il plasma alle temperature necessarie per innescare le reazioni di fusione, la ricerca si è concentrata su due diversi mezzi di contenimento, quello magnetico e quello inerziale. Nel primo caso il plasma è tenuto in una “bottiglia” o “toro” anulare per mezzo di elevati campi magnetici, che tengono il plasma caldo separato dalle pareti del contenitore. Nel secondo caso, la stessa massa del combustibile previene, sotto rapida compressione, l’espansione e fuga del plasma. In ambedue i casi, il plasma deve essere isolato dai materiali di superficie per evitare il suo raffreddamento e l’interazione con le pareti del reattore. Uno dei sistemi più promettenti per raggiungere questo obiettivo utilizza il contenimento magnetico toroidale, del quale la forma chiamata Tokamak è la più diffusa. Dopo una serie di esperimenti preliminari, svolti nei decenni passati, tutti i maggiori paesi del mondo stanno cooperando attualmente alla costruzione di un reattore di prova della nuova generazione, the International Thermonuclear Experimental Reactor (ITER), che dovrebbe entrare in funzione nel 2015 – 2020. Se esso avesse successo, ma i dubbi e i problemi fisici tecnologici da superare in proposito sono ancora numerosi, i vantaggi dei reattori a fusione sarebbero quelli di una praticamente illimitata disponibilità di combustibile (deuterio disponibile dall’acqua di mare e trizio prodotto da abbondante litio); di essere inerentemente sicuri (poiché la dispersione del plasma bloccherebbe istantaneamente i processi di fusione); di produrre solo piccole quantità di prodotti di fissione molto radioattivi. Gli sviluppi della fissione nucleare Sorprendentemente rapido, stimolato anche dalle urgenze poste dalla seconda guerra mondiale, è stato invece lo sviluppo della scienza della fissione nucleare, che, dalla scoperta del neutrone fatta da James Chadwick nel 1932, è rapidamente progredita con la scoperta nel 1939 della fissione dell’atomo e della grande quantità di energia liberata da questo processo. Si è poi arrivati alla prima reazione a catena controllata (1943), alla bomba atomica (1945) e alla prima produzione di elettricità da energia nucleare (1951). Quindi, nel breve periodo di vent’anni, l’energia nucleare si è sviluppata dai primi principi di base al suo impiego pratico. Alle prime applicazioni alla produzione di energia elettrica in Unione Sovietica e negli Stati Uniti, seguirono in rapida successione quelle di numerosi altri Paesi, fra cui l’Italia, e la crisi del petrolio negli anni ’70 provocò un’impennata nella costruzione degli impianti nucleari. In seguito però, il rallentamento dell’economia mondiale, in combinazione con i prezzi in calo del combustibile fossile, ridusse drasticamente la crescita della domanda di energia nucleare, mentre due incidenti, il primo alla centrale di Three Mile Island, negli Stati Uniti (1978), e il secondo a Chernobyl, in Unione Sovietica (1986), sollevarono nell’opinione pubblica questioni serie circa la sicurezza degli impianti nucleari. L’effetto complessivo fu un significativo rallentamento dell’accrescimento dell’energia nucleare negli anni ’90. Ciononostante, alcuni paesi continuarono a perseguire con determinazione la costruzione di impianti nucleari. Complessivamente, oggi sono in funzione 436 reattori nucleari in 30 paesi, che coprono il 17% del fabbisogno mondiale di energia elettrica. E altri 44 sono in costruzione. La fissione nucleare I nuclei di determinati elementi pesanti, come l’uranio o il plutonio, quando sono colpiti da un neutrone possono scindersi in due frammenti, detti prodotti di fissione, rilasciando nel contempo due o tre neutroni ed energia. La fissione dei nuclei di uranio-235 non segue un’unica reazione nucleare perché essi possono spezzarsi producendo un’ampia varietà di frammenti, alcuni dei quali sono radioattivi e quindi decadono liberando energia a loro volta. Considerando l’uranio 235, queste reazioni, quando si producono due nuclei, si possono rappresentare nella forma generale NUOVA SECONDARIA - N. 6 2009 - ANNO XXVII 39 STUDI 1 n + 23592U → xhA + ykB + z(10n) 0 (3) dove z è il numero dei neutroni prodotti, mediamente 2,5, e A e B sono i nuclei di due elementi con caratteristiche tali da soddisfare la conservazione sia del numero di massa che del numero atomico. I prodotti di fissione, collidendo con gli atomi circostanti, perdono nello spazio di 1 mm la maggior parte della loro energia cinetica, sviluppando quindi calore che può essere utilizzato per generare energia elettrica. Mediamente, l’energia liberata dalle reazioni di fissione (3) è di circa 230 MeV, considerando sia l’energia cinetica dei prodotti, sia quella sviluppata a breve dai successivi decadimenti dei prodotti. (Fig. 3) di elementi a lunga vita, i quali o non esistono o sono in natura molto rari (es.: nettunio, plutonio, americio). Si tratta di elementi radioattivi, e alcuni – in particolare il plutonio – sono fissionabili e quindi possono venire utilizzati come combustibile nucleare. A causa delle loro lunghe vite medie, e un’alta tossicità biologica o radiologica, essi costituiscono, come alcuni prodotti di fissione, un’importante componente dei rifiuti nucleari, e questa è la ragione per cui questi materiali devono venire isolati per lunghi periodi di tempo. I reattori nucleari Si chiama reattore nucleare l’apparato impiegato per creare e controllare le reazioni di fissione, producendo quindi il calore e il vapore che nelle centrali nucleari muove le turbine e i generatori di energia elettrica. Tutti i tipi di reattori commerciali oggi in operazione hanno una serie di componenti in comune: il combustibile, il moderatore, il refrigerante e le barre di controllo. I principali Fig. 3 tipi sono i reattori ad acqua in pressione (PWR) e i reattori ad acqua bollente (BWR). La maggior parte dei reattori usa come combustibile l’ossido di uranio, arricchito2 intorno al 2-3 % in 235U, sotto forma di pastiglie cilindriche sinterizzate. Queste vengono caricate in tubi, che costituiscono le barrette di combustibile, fatti di metalli altamente resistenti alla corrosione, quali acciai inossidabili o leghe di Zircalloy, a basso assorbimento di Fig. 3. Rappresentazione del processo di fissione di un nucleo di uranio-235. neutroni. Il combustibile, insieme con le strutture meccaniche di sostegno, costituisce il “nocciolo” del reattore. I neutroni generati dalla fissione possono colpire un atomo Il moderatore è necessario, come si è detto, per rallentare i contiguo, che può scindersi a sua volta e rilasciare altri neutroni veloci creati dalla fissione in modo da renderli più neutroni, e così via, producendo così una reazione a catena. efficaci nel produrre ulteriori fissioni. Il moderatore deve Ma un neutrone, anziché fissionare un atomo, può essere costituito da un materiale di atomi leggeri, e non rimbalzare sul suo nucleo o comunque sfuggire senza assorbitori, così da permettere al neutrone di rallentare con alcuna interazione. Soltanto se vengono creati neutroni in urti successivi, senza venire assorbito. Solitamente si usa numero sufficiente a bilanciare quelli che vengono persi per l’acqua ordinaria; altri materiali usati sono la grafite e fuga o cattura, il processo di fissione finisce per autol’acqua pesante (acqua formata con deuterio). sostenersi. La massa critica è la massa minima di materiale La funzione del refrigerante è quella di assorbire il calore fissile, per un dato insieme di condizioni, necessario a prodotto dalla fissione nucleare, in modo da mantenere la mantenere la reazione a catena. temperatura del combustibile entro limiti accettabili, e di I neutroni più efficienti nel causare la fissione dell’uranio e trasferirlo al turboalternatore che produce energia elettrica: del plutonio sono quelli con una bassa energia cinetica direttamente oppure attraverso uno scambiatore di calore, (< 0,1 eV), chiamati: “neutroni lenti”. Sicchè occorre in entrambi i casi producendo il vapore necessario per muorallentare i neutroni più veloci, rilasciati durante la fissione, vere la turbina. Il refrigerante può anche fungere da modeutilizzando un materiale detto moderatore. ratore, e l’acqua è frequentemente usata con questa duplice I neutroni veloci prodotti dalle reazioni di fissione, con funzione nella maggior parte dei moderni reattori. Altri posenergie cinetiche dell’ordine dei MeV, sebbene poco sibili refrigeranti sono l’acqua pesante, gas quali l’anidride efficienti nel produrre la fissione dell’uranio, possono scindere un più ampio numero di isotopi fissionabili e anche provocare la trasformazione di atomi in quelli di altri 2. L’uranio naturale è composto essenzialmente da due isotopi nella proporzione U elementi. Ciò produce la creazione di un importante gruppo 99,29% e U 0,71%. 238 235 40 NUOVA SECONDARIA - N. 6 2009 - ANNO XXVII STUDI carbonica o l’elio, o metalli liquidi quali il sodio, o il piombo o il bismuto. Le barre di controllo sono fatte di materiali che assorbono fortemente i neutroni, per esempio boro, argento, indio, cadmio e afnio. Esse vengono introdotte nel reattore per ridurre il numero dei neutroni e quindi bloccare i processi di fissione quando lo si richieda, o, durante l’operazione, per regolare il livello della potenza sviluppata nel reattore. Un altro componente è il riflettore di neutroni che circonda il nocciolo e serve per riflettere il massimo numero di neutroni possibili, evitando che ne sfuggano. Il nocciolo e il riflettore sono contenuti in generale in un contenitore di grosso spessore in acciaio, chiamato il vessel in pressione del reattore. Schermi antiradiazione sono collocati tra nocciolo e vessel per ridurre l’alto livello di radiazione prodotto dai processi di fissione. Numerosi strumenti sono inseriti nel nocciolo e sostengono i sistemi che permettono di monitorare e controllare il reattore, per esempio le temperature, le radiazioni e i livello di potenza. Infine il componente che caratterizza e distingue più di ogni altro una centrale nucleare rispetto a una termica tradizionale è il contenitore d’impianto, tipicamente un’ampia struttura in cemento armato rinforzato progettata sia per contenere i prodotti di un rilascio radioattivo che per proteggere le strutture che costituiscono il contenitore del circuito primario in pressione da pericoli esterni, quali missili, incendi o esplosioni (Fig. 4). veloci per trasmutare determinati isotopi che non sono soggetti a fissione, per esempio 238U e 232Th, in altri che sono invece fissionabili, che possono andare ad alimentare il combustibile. Questa soluzione, migliorando l’efficienza di utilizzazione del combustibile, consentirebbe di aumentare notevolmente l’utilizzazione delle risorse disponibili di combustibile nucleare ed è perciò un elemento cruciale per la sostenibilità nei tempi molto lunghi dell’energia nucleare. Reattori di questo tipo sono stati costruiti e sono oggi in funzione, sebbene in un numero limitato di paesi. Reattore nucleare del tipo ad acqua in pressione (PWR) Generatore di vapore Vapore Vessel in pressione Turbina Fig. 5. La centrale di Olkilhuoto in Finlandia ove è attualmente in costruzione un nuovo impianto nucleare con potenza di 1600 MWe. Esperienza di funzionamento e sicurezza dei reattori Una grande quantità di informazioni e molte lezioni sono Barre state fornite dall’equivalente Pompa di controllo di oltre 10˙000 anni di esperienza dei reattori in tutto il Nocciolo mondo. Queste lezioni sono del reattore Alternatore costantemente diffuse e conPompa divise attraverso mezzi quali Struttura database, rapporti di organizdi contenimento zazioni internazionali, riviste tecniche e conferenze. Un Fig. 4. Schema di un reattore nucleare del tipo ad acqua in pressione (PWR). risultato significativo è stato un miglioramento costante nella sicurezza delle prestazioni degli impianti nucleari. I reattori sopra descritti sono detti reattori termici, perché in Alcuni reattori di prima generazione sono ancora in eserciessi la fissione è affidata a neutroni lenti, chiamati anche zio, quantunque dopo 35 anni e oltre di servizio essi si stia“termici”. I neutroni “veloci” prodotti dalla fissione, con no avvicinando alla fine della loro vita operativa. Parecchi energie cinetiche assai più alte, sono utilizzati nei reattori NUOVA SECONDARIA - N. 6 2009 - ANNO XXVII 41 STUDI protettive, sia in sito che fuori sito, quali i piani di evacuazione per il pubblico, e dovrebbe presentare dei miglioramenti sugli atteggiamenti correnti nei confronti della sicurezza. reattori attuali, costruiti negli anni ‘70 e ’80, raggiungeranno fra qualche anno la fine della loro vita. Tuttavia, gli studi basati sul loro funzionamento e le esperienze svolte sui materiali non hanno rivelato alcun serio argomento tecnico che inibisca un ulteriore prolungamento della vita operativa per molti di essi, in particolare per i reattori PWR e BWR. E infatti, per esempio, nel 2003 l’Autorità di Sicurezza Nucleare negli USA ha accordato a numerosi reattori un permesso di estensione della vita a 60 anni, 20 anni oltre la durata prevista inizialmente. Le generali ottime prestazioni di sicurezza degli impianti nucleari civili sono state guastate da due severi incidenti: nel 1979 alla centrale di Three Mile Island (TMI) negli Stati Uniti, e nel 1986 alla centrale Lenin di Chernobyl in Ucraina (allora Unione Sovietica). L’incidente di TMI provocò un serio danno al nocciolo del reattore, ma il vessel a pressione e il contenitore generale dell’impianto impedirono che, al di là di piccole tracce, i gas radioattivi venissero rilasciati nell’ambiente e causassero influenza alcuna sulla popolazione. L’incidente di Chernobyl, invece, va considerato sotto ogni punto di vista un disastro. A Chernobyl vi è stata una fusione del combustibile nucleare che, combinata con un’esplosione e un incendio, e la mancanza di un contenitore completo d’impianto, produsse una grande quantità di materiali radioattivi solidi e gassosi, che vennero dispersi ampiamente, con ricadute sull’Europa intera. Questi due incidenti ci hanno fornito importanti lezioni. L’incidente di TMI mise in evidenza la necessità di una maggior attenzione ai fattori umani, compresa una migliore qualificazione degli operatori, e di più efficaci procedure di comunicazione con il pubblico. L’incidente di Chernobyl, dovuto a manovre irresponsabili degli operatori e a debolezze nel progetto di quel particolare reattore, portò al riconoscimento cruciale dell’importanza di una cultura della sicurezza, a livello sia degli impianti che della formazione di dirigenti e operatori. Le esigenze di migliorare ulteriormente i livelli di sicurezza e di tagliare i costi di generazione sono oggi alla base dei progetti di nuovi tipi di reattori. Vari concetti di una nuova generazione di reattori nucleari di potenza sono stati proposti o sono in corso di studio. Alcune caratteristiche relative alla sicurezza dei reattori di nuova generazione possono così essere sintetizzate: considerazione esplicita degli incidenti severi come parte del progetto; uso di caratteristiche intrinseche di sicurezza per evitare alla radice il rischio dei più gravi incidenti; miglioramento del funzionamento e della manutenzione grazie a impiego estensivo di tecnologie digitali; riduzione della complessità dei sistemi, come sorgente potenziale di errori umani. Tutti questi elementi, se attuati con successo, potrebbero risultare nella riduzione di misure 42 NUOVA SECONDARIA - N. 6 2009 - ANNO XXVII I rifiuti radioattivi I rifiuti radioattivi, in generale, sono i prodotti di scarto di vari processi quali la fissione nucleare utilizzata per la produzione elettrica e l’impiego di atomi radioattivi nel settore alimentare, come traccianti nell’industria, per la sterilizzazione, e nella diagnostica e nella terapia medica. Gli atomi radioattivi contenuti nei rifiuti nucleari decadono emettendo radiazioni pericolose per l’uomo e devono essere mantenuti isolati per tutto il tempo in cui emettono radiazioni di entità apprezzabile. Gli atomi più radioattivi sono anche quelli che decadono più rapidamente e più rapidamente diventano inoffensivi, trasformandosi in atomi stabili. I rifiuti nucleari, in funzione del tipo di radiazioni emesse e della durata della loro pericolosità, sono classificati in: Rifiuti a bassa attività (provenienti da applicazioni medicali, industrie, ricerca scientifica), che includono materiali contaminati quali carta, stracci, indumenti protettivi, liquidi vari, ecc. Rifiuti a media attività (provenienti da centrali nucleari e impianti del ciclo del combustibile), che includono generalmente materiali di scarto, rottami da smantellamento, rottami metallici, liquidi vari, fanghi, resine esaurite, ecc. Rifiuti ad alta attività contenenti la maggior parte dei prodotti di fissione e dei transuranici prodotti nel reattore, costituiti essenzialmente dal combustibile irraggiato. Tutto il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti nucleari avviene sulla base di rigide e controllate procedure. I rifiuti a media e bassa attività, che costituiscono circa il 95% del totale, devono venir conservati schermati per tempi variabili da alcuni decenni ad alcune centinaia di anni. A tal fine sono posti in magazzini dotati di barriere e schermi artificiali, spesso interrati a bassa profondità o collocati in miniere esaurite o cavità naturali. Lo smaltimento di questi rifiuti è praticato in appositi Centri di deposito presenti in tutti i maggiori paesi. I rifiuti ad alta attività devono invece venir conservati, isolati dalla biosfera, per tempi assai lunghi, variabili dalle decine alle centinaia di migliaia di anni. Per assicurare che in tale periodo non avvenga alcun significativo rilascio all’ambiente essi vengono isolati con “barriere multiple”: essi sono dapprima immobilizzati in matrici insolubili quali vetri borosilicati o rocce sintetiche che vengono sigillate all’interno di contenitori di acciaio inossidabile resistenti alla corrosione; i contenitori sono a loro volta collocati sottoterra in strutture rocciose stabili, che costituiscono depositi geologici profondi. Una sistemazione, per la quale vi è un generale consenso scientifico internazionale. Depositi geologici profondi sono in corso di costruzione in Svezia e Finlandia, di approvazione negli Stati Uniti e STUDI di sperimentazione in molti altri paesi. In Italia sono giacenti circa 350 t di rifiuti di alta attività, lascito del passato programma nucleare, e circa 60˙000 m3 di rifiuti a bassa-media attività. E ogni anno si producono circa 500 tonnellate di rifiuti da ospedali e imprese, per i quali occorre dotarsi con una certa urgenza di un deposito finale nazionale, come in altri paesi. Circa il combustibile irraggiato, pur disponendo l’Italia di siti perfettamente adeguati anche in vista di un’eventuale ripresa di attività nucleari, va considerato che una serie di considerazioni politiche ed economiche stanno facendo maturare la soluzione di siti regionali-continentali per l’intero ciclo del combustibile (arricchimento, trattamento, smaltimento finale) ove anche i nostri rifiuti ad alta attività possono trovare adeguata sistemazione. La radioattività e l’uomo Tutti gli esseri viventi, fin dalla loro comparsa sulla Terra, si trovano in un ambiente continuamente pervaso di radiazioni emesse sia dal terreno che dall’atmosfera, provenienti da sostanze radioattive naturali e dai raggi cosmici. Il livello della radioattività naturale varia considerevolmente da zona a zona, anche nella sola Italia. Ora, come per molte altre cose naturali, le radiazioni possono essere benefiche o dannose per la salute. Piccole dosi non presentano assolutamente alcun rischio, l’uomo essendovi da sempre adattato, mentre dosi elevate sono pericolose. La scienza medica è stata tra le prime a studiare e utilizzare le proprietà penetranti della radiazione: l’uso dei raggi X rivoluzionò prima la diagnostica medica e poi i trattamenti terapeutici. Ma ben presto si scoprì che insieme ai benefici comparivano rischi, e che quindi occorreva proteggere le persone da livelli eccessivi di radiazioni. Da allora, con la crescente comprensione degli effetti delle radiazioni sono state sviluppate rigorose procedure di protezione radiologica. Le radiazioni prodotte all’interno di un reattore nucleare sono dello stesso tipo delle radiazioni naturali, ma molto più intense, e quindi tutti gli impianti nucleari sono dotati di schermi che bloccano all’interno queste radiazioni, permettendo alle popolazioni di vivere tranquillamente nelle zone circostanti. L’esposizione delle persone alle radiazioni provenienti da centrali nucleari è infatti assolutamente trascurabile rispetto agli altri contributi, dovuti per circa il 90% al fondo naturale e il 10 % alla diagnostica e ai trattamenti terapeutici. Persino nel caso del grave incidente già menzionato alla centrale nucleare TMI, che causò qualche piccola fuoriuscita di materiale radioattivo, peraltro molto al di sotto dei livelli raccomandati dalle norme internazionali, non si verificò mai alcuna evidenza, né al momento dell’incidente né successivamente (sono ormai trascorsi 30 anni), di danni prodotti dalla radioattività. Giovanni Vittorio Pallottino, Università «La Sapienza» - Roma Giulio Valli, ENEA INTRODUZIONE AL RISPARMIO ENERGETICO Giovanni Vittorio Pallottino A lla base del concetto di risparmio energetico vi è il riconoscimento che l’energia non è fine a se stessa, ma soltanto un mezzo per ottenere determinati beni, come costruire una casa o un’automobile, e servizi, come riscaldare un’abitazione o compiere un viaggio. E che questi beni e servizi richiedono generalmente quantità di energia diverse a seconda dei procedimenti che si seguono per ottenerli. Seguire il criterio del risparmio energetico significa allora scegliere le soluzioni tecnologiche che conducono a ridurre la spesa di energia a parità di risultato. Sicché il risparmio energetico può essere considerato come una sorta di invisi- bile, ma efficace, fonte energetica alternativa addizionale. Sappiamo inoltre che sfruttare al meglio l’energia disponibile, contenendone i consumi, contribuisce assai efficacemente a preservare l’ambiente del nostro pianeta e a ridurre i rischi di incidenti. Un esempio immediato di risparmio energetico? Sostituire le tradizionali lampadine a incandescenza con altre più efficienti, cioè che consumano meno energia a parità di illuminazione: oggi quelle fluorescenti, fra breve quelle a stato solido, cioè i LED (diodi emettitori di luce, che trasformano direttamente l’energia elettrica in energia luminosa). NUOVA SECONDARIA - N. 6 2009 - ANNO XXVII 43 STUDI Efficienza energetica Per discutere quantitativamente questa problematica si può definire una «efficienza» per ciascun diverso processo che conduce a un dato risultato, come rapporto fra l’energia minima necessaria per arrivare allo scopo e l’energia effettivamente spesa nel processo considerato. Consideriamo, per fissare le idee, un impianto di riscaldamento, usato per mantenere l’interno di un’abitazione a una temperatura gradevole durante il freddo invernale. Qual è l’«efficienza» dell’impianto? Possiamo calcolarla considerando il rapporto fra l’energia termica fornita all’abitazione e l’energia chimica del combustibile. In tal caso l’efficienza risulta attorno all’80%, dato che tipicamente risulta inutilizzato soltanto il 20% circa dell’energia del combustibile (combustione imperfetta, perdite di calore, riscaldamento dei fumi). Questa grandezza risulterebbe poi assai più bassa considerando l’impiego di stufe elettriche. In tal caso, infatti, è vero che l’energia elettrica che utilizziamo viene convertita totalmente per effetto Joule in energia termica, la quale viene poi tutta ceduta all’ambiente, però solo una frazione, mediamente il 40%, dell’energia del combustibile utilizzato in una centrale termoelettrica viene convertito in elettricità. E allora è chiaro che le stufe elettriche vanno usate con parsimonia. Ma è davvero necessario, per riscaldare un ambiente, «creare calore» bruciando un combustibile o utilizzando l’elettricità? In realtà ci si può procurare il calore che ci occorre prelevandolo dall’esterno, più freddo, per «pomparlo» all’interno. Questo processo, per il secondo principio della termodinamica, non può avvenire spontaneamente, ma può essere ottenuto usando la macchina termica chiamata pompa di calore. Questo apparecchio funziona come una macchina frigorifera, utilizzando il lavoro meccanico L, fornito da un motore elettrico, per spostare la quantità di calore Q da una temperatura T1 a un’altra T2, più alta. Se la pompa di calore funzionasse secondo un ciclo termico ideale, il rapporto fra il calore spostato Q e il lavoro svolto L, cioè l’energia spesa nel processo, sarebbe: Q T2 = L T2 − T1 Fig. 1. Oggi le a u t o consumano circa la m e t à del carburante di quelle di trenta anni fa: sono più leggere, hanno motori più efficienti e si è posta maggiore attenzione a ridurre la resistenza dell’aria con forme aerodinamiche. Ma sono in vista ulteriori progressi. Nella fotografia, la Toyota ES3: un prototipo a 4 posti, che pesa circa 700 kg, grazie a una struttura in alluminio e resine plastiche, e ha un coefficiente aerodinamico di 0,23. Il consumo è di appena un litro di gasolio per 47 km; il motore viene spento automaticamente quando il veicolo si ferma e l’impiego di freni rigenerativi consente di recuperare l’energia cinetica persa durante le decelerazioni. E qui possiamo anche notare, aprendo e chiudendo subito il discorso, che l’obiettivo del riscaldamento può essere affrontato ancor più efficacemente riducendo le perdite di calore verso l’esterno (Fig. 2). Ora considerazioni analoghe alle precedenti possono farsi per qualsiasi processo nel quale si impiega dell’energia: l’illuminazione necessaria a leggere il giornale (è davvero necessario illuminare tutta la stanza?), la cottura di un alimento, il viaggio da una città a un’altra (si (1) cioè alquanto maggiore dell’unità. E questo è certamente un metodo di riscaldamento assai efficiente. Per esempio, volendo riscaldare un’abitazione alla temperatura di 22°C (T2 = 293 K), con il calore prelevato dall’acqua di uno stagno che si trova a 5°C (T1 = 278 K), il rapporto fra il calore ottenuto a T2 e l’energia spesa, applicando la formula (1), è: Q/E = 293/(293 – 278) = 15. Ma in realtà l’efficienza delle pompe 44 NUOVA SECONDARIA - N. 6 2009 - ANNO XXVII di calore è alquanto più bassa, quando si tenga conto del costo energetico dell’energia elettrica e soprattutto del funzionamento effettivo di queste macchine, che è abbastanza diverso da quello ideale, quanto più vicine fra loro sono le due temperature di lavoro. E questa è la ragione per cui questo tipo d’impianto non è molto diffuso in Italia, anche per il suo maggior costo rispetto all’impiego di un normale bruciatore. Fig. 2. È ragionevole costruire edifici con grandi pareti vetrate? Si capisce facilmente che questa scelta è assai discutibile: occorreranno infatti grandi quantità di energia per mantenere gli interni al caldo nel periodo invernale e per raffreddarli durante quelli estivi. Sarebbe meglio, certamente, ispirarsi maggiormente all’architettura tradizionale. STUDI consuma più energia con il treno o con l’automobile?), … Particolare importanza, ai fini del consumo complessivo di energia, presentano i processi produttivi dell’industria, considerando l’energia impiegata per trasformare un minerale grezzo in un metallo (ferro, rame, alluminio, …) o per fabtro che “fredda”), trova impiego anche negli impianti di cogebricare un qualsiasi manufatto. L’efficienza di questi procesnerazione, nei quali si genera sia energia meccanica che enersi viene usualmente misurata in termini della cosiddetta gia termica. Qui il intensità energetica, data dal rapporto fra l’energia spesa per calore residuo, anziché realizzare un dato prodotto e il valore del prodotto La simbiosi industriale venire disperso nel(6,28 kJ/euro nel 2005). Qui il criterio del risparmio energel’ambiente, con inevitico ha condotto nel tempo a una serie di miglioramenti tecÈ possibile ottenere un notevole tabili effetti di inquinanologici, che hanno portato a ridurre il valore dell’intensità risparmio di materiali, oltre che di mento termico, viene energia, seguendo il concetto energetica complessiva del sistema industriale. È chiaro impiegato utilmente: della “simbiosi industriale”, che d’altra parte che questi progressi non richiedono soltanto porta a vantaggi sia ambientali in impianti industriali nuove tecnologie, ma anche considerevoli investimenti, e che economici. Un esempio di che necessitano di che i risultati si manifestano solo lentamente negli anni. applicazione pratica di tale Un contributo importantissiconcetto è in atto da tempo nella mo a questi progressi è dericittà di Kalundborg, in Ricordiamo che un motore termico assorbe il calore Danimarca, dove cinque diversi vato dai miglioramenti del Q2 da una “sorgente calda” alla temperatura T2 e cede impianti industriali (una centrale a rendimento dei motori termiil calore Q1 a una “sorgente fredda” alla temperatura carbone, una raffineria petrolifera T1, producendo il lavoro L = Q2 –Q1. Il suo rendimento ci1, usati per trasformare e fabbriche di prodotti (L/Q1) non può mai essere maggiore di 1–T1/T2, come energia termica in energia farmaceutici, enzimi e materiali stabilito da Carnot. meccanica, come è mostrato per l’edilizia) si scambiano energia e materiali, provvedendo nella Fig. 3. Oggi si arriva anche a fornire elettricità e calore infatti a ottenere rendimenti alle abitazioni della città. Ciò che energia termica oppudi conversione fin quasi al 60% utilizzando nelle centrali costituisce prodotto di scarto per re per il riscaldamento elettriche i cosiddetti sistemi a ciclo combinato, costituiti un impianto viene infatti utilizzato di edifici o di interi dall’accoppiamento di una turbina a gas e di una turbina a in un altro, attraverso una serie di quartieri cittadini. E vapore: la prima è alimentata dai gas prodotti dalla comvantaggiosi scambi reciproci. allora, a parte le inevibustione di gas naturale, la seconda dal vapore fortemente tabili dispersioni di riscaldato dai gas all’uscita della prima. calore, si può dire che tutta l’energia del combustibile viene pienamente utilizzata. L’idea di sfruttare il calore Q1 che un motore termico cede inevitabilmente alla “sorgente fredda” (generalmente tutt’al- Il risparmio energetico alla nostra portata Fig. 3. I progressi nella comprensione dei fenomeni che si verificano nei motori termici e i perfezionamenti delle tecnologie e dei materiali hanno condotto a migliorare il rendimento di queste macchine nel corso di tre secoli: dallo 0,5% del motore di Newcomen all’inizio del Settecento al quasi 60% dei sistemi a ciclo combinato usati oggi nelle centrali termoelettriche. Che cosa significa migliorare il rendimento delle centrali? Significa, a parità di energia elettrica prodotta, ridurre il consumo di combustibile con il vantaggio ulteriore di ridurre l’inquinamento ambientale e le emissioni di CO2. L’energia utilizzata nelle abitazioni rappresenta un quinto del fabbisogno energetico nazionale. Secondo gli esperti, l’impiego dei criteri del risparmio energetico potrebbe condurre a ridurre di circa il 30% la quantità di questa energia. E in effetti si può fare parecchio in tal senso: sia da subito e senza spesa apprezzabile, sia in seguito, con qualche spesa, in occasione del rinnovo di elettrodomestici o prendendo altre iniziative. Esempi di interventi immediati, alcuni dei quali ovvi ma non sempre messi in pratica, sono i seguenti. Riscaldamento: dove è possibile, d’inverno mantenere in casa una temperatura di non oltre 20°C; evitare di aprire le finestre quando il riscaldamento è in funzione; fare in modo che il flusso convettivo dell’aria scorra liberamente attorno ai 1. Migliorare il rendimento dei motori termici è un obiettivo di sempre, esplicitamente menzionato già nel titolo del brevetto del motore di James Watt “Metodo nuovamente trovato per la riduzione del consumo di vapore e combustibile nelle macchine a fuoco”, che risale al 1769. NUOVA SECONDARIA - N. 6 2009 - ANNO XXVII 45 STUDI Una serie di suggerimenti per migliorare l’efficienza energetica in casa e alla guida dell’auto, compilata dai tecnici dell’ENI si trova al sito: http://www.eni.it/efficienza-energetica/24-consigli-testo.html. Vari opuscoli su questi stessi argo- termosifoni, liberandoli da mobili o tendaggi; nelle regioni più fredde, sostituire i vetri delle finestre con doppi vetri. Illuminazione: spegnere le luci laddove non occorrono (soprattutto d’estate, ricordando che si tratta di generatori di calore); sostituire le lampade a incandescenza con lampade fluorescenti compatte (che a parità di illuminazione consumano l’80% in meno); pulire periodicamente i riflettori dei lampadari a luce diffusa; non eccedere inutilmente nei livelli di illuminazione. In cucina: non usare il forno per scongelare una rosetta; regolare il gas al minimo necessario per cuocere gli alimenti, evitando di destinare la maggior parte dell’energia al cambiamento di stato dell’acqua; usare pentole e padelle delle minime dimensioni necessarie allo scopo. Elettrodomestici: aprire lo sportello del frigorifero con parsimonia e non introdurvi alimenti caldi; tenere spenti gli apparecchi non utilizzati (anche quelli, come i televisori, che si possono lasciare in riposo, ma che anche così consumano energia); usare la lavastoviglie soltanto a pieno carico e alla minima temperatura dell’acqua indispensabile per il lavaggio. Gestione e guida dell’automobile: i suggerimenti si desumono dalla Tabella 1. Tabella 1 menti, compilati dai tecnici dell’ENEA, sono disponibili al sito: http://www.enea.it/. Gli usi finali dell’energia L’energia consumata in Italia nell’anno 2005 ammonta complessivamente a 198 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio, pari a 8,3 EJ (1 EJ = 1018 J). A questo fabbisogno contribuiscono in modo predominante i combustibili fossili. La Fig. 4 rappresenta i consumi di energia per settore d’impiego. Questi dati, tuttavia, non rendono conto della struttura interna e della complessità del “sistema energia” nazionale. Per esempio, il petro- Fig. 4. I tre settori che in Italia richiedono le maggiori quantità di energia, ciascuno lio (e i suoi deriva- all’incirca 1/3 del totale, sono l’industria, Cause di maggior consumo di carburante Maggior consumo (dati approssimati) - pneumatici sgonfi 3-5% - motore mal regolato 5-10% i trasporti e il settore civile, nel quale rientrano il terziario e il residenziale. ti) viene usato sia come combustibile per il riscaldamento sia come carburante per gli - portapacchi vuoto sul tetto 5-10% - guida aggressiva (cercare continuamente di 20-40% autoveicoli, ma serve anche a produrre sorpassare le altre macchine, accelerare inutilenergia elettrica e viene impiegato come mente in prossimità di un semaforo rosso, …) materia prima dall’industria delle materie 40-60% guidando alla velocità massima - guida troppo veloce plastiche. È chiaro allora che in alcuni di anziché a circa 2/3 di questa; questi impieghi il petrolio è insostituibile, - mantenere a lungo il motore acceso in folle il motore in folle consuma in tre minuti la nelle soste benzina necessaria a percorre 1 km. in altri solo parzialmente sostituibile, in altri ancora totalmente sostituibile con Altri interventi, più impegnativi, riguardano la sostituzione altre fonti di energia. di eventuali scaldabagni elettrici con apparecchi a gas, la I consumi di energia, infatti, si diversificano fortemente nei scelta di elettrodomestici a basso consumo, l’installazione differenti settori d’impiego, in relazione agli usi finali: illuminei termosifoni di valvole termostatiche o di “contabilizzanazione, riscaldamento, energia meccanica per i trasporti, … tori del calore”; l’impiego di pompe di calore al posto dei Sicchè i numeri che esprimono i consumi totali di energia, o bruciatori usuali. quelli per settore, rappresentano soltanto delle quantità Notiamo infine che la raccolta differenziata dei rifiuti può complessive, senza però rendere conto dei tipi di energia dare un notevole contributo al risparmio energetico. La necessari effettivamente per soddisfare gli usi finali. In altre parte combustibile viene infatti impiegata nelle centrali terparole, non esiste, da parte della società, una domanda miche chiamate termovalorizzatori (da una tonnellata di rifiugenerica di elettricità, di petrolio o di gas naturale, ma piutti trattata può essere prodotto circa 1 GJ di elettricità). Ma è tosto una domanda specifica per ciascuno dei diversi usi molto utile anche il recupero di determinati materiali. Per finali dell’energia (trasporto, riscaldamento, …), che può riciclare l’alluminio, ad esempio, occorre appena il 5% delessere soddisfatta, a fronte delle tecnologie disponibili, con l’energia necessaria per ottenere il metallo dal minerale, che l’una o l’altra delle varie fonti di energia. Più economicarichiede un processo elettrolitico energeticamente assai mente e/o più ecologicamente con l’una oppure con l’altra. dispendioso. Giovanni Vittorio Pallottino, Università «La Sapienza» - Roma 46 NUOVA SECONDARIA - N. 6 2009 - ANNO XXVII STUDI INSEGNARE L’ENERGIA a partire dal risparmio energetico e dalle fonti rinnovabili Michela Mayer I n tutti i “buoni” libri di testo, sia quelli di scienze per la scuola media sia quelli di fisica per le scuole superiori, non può mancare il “box”, la pagina, l’appendice, sui grandi problemi energetici del nostro tempo, dal risparmio energetico alle fonte rinnovabili, dai cambiamenti climatici alle centrali nucleari. Naturalmente questi box, queste pagine, sono lì per ricordare che i concetti difficili e un po’ lontani che vengono introdotti nella parte “importante” del libro – quella che serve per risolvere gli esercizi e per rispondere alle interrogazioni – servono anche a capire come va il mondo, anche se le contraddizioni non vengono sempre spiegate e non è facile capire perché dovremmo preoccuparci di non “consumare” troppo qualcosa che “si conserva’, o di non disperdere calore, visto che sembra possibile recuperarlo… Insomma l’attualità del problema energetico fornisce la motivazione, la spinta, per invitare gli studenti ad entrare dentro a concetti astratti e un po’ ostici che non corrispondono né al linguaggio dei mass media né a quello di senso comune. Ma è obbligatorio seguire questo percorso, o ci sono percorsi diversi, didatticamente più validi ed efficaci che vedono le definizioni come punto di arrivo e i problemi, come quello energetico, come punto di partenza? Siamo sicuri che solo avendo tutte le cosiddette conoscenze di base si possano costruire le “competenze” necessarie per intervenire in maniera consapevole sui grandi problemi scientifico-tecnologici del nostro tempo? Come affrontare il lavoro in classe? In realtà in altri paesi sono molti i curricoli che affrontano le tematiche scientifiche in maniera diametralmente opposta alla nostra: si parte dal problema reale, quello su cui vale la pena discutere perché richiede delle scelte economiche e sociali, e a partire dal problema si presentano e si approfondiscono via via i concetti necessari. Si rinuncia ad una apparente linearità di disegno didattico ma si acquista in significatività e quindi in efficacia. Così, ad esempio, il corso «Science for public understanding» (http://www.scpub.org/, testo per studenti di 16-17 anni che non seguono un indirizzo scientifico, equivalente quindi ad un nostro liceo classico, o artistico, o sociale) affronta il problema del consumo energetico: • il punto di partenza sono i combustibili, la dipendenza del mondo moderno da essi, e i problemi sia etici (per le generazioni future e i paesi in via di sviluppo) sia ambientali che questa situazione comporta; non c’è nessun capitolo precedente che spieghi la meccanica, o la termodinamica, o altri capitoli della fisica tradizionale; • fin dall’inizio si spiega che l’energia che si ottiene da combustibili fossili sia per fare andare “macchine” sia per produrre energia elettrica, non viene distrutta ma dopo l’uso è “dispersa nell’ambiente” e quindi meno utilizzabile; • per continuare a trattare il problema, la “definizione di energia”, e le sue proprietà, vengono presentate all’interno di un box, insieme al concetto chiave di “efficienza”; nel testo “portante” si continua invece a parlare di consumi, di previsioni per il futuro, di possibile riduzione del consumo di combustibili fossili attraverso il risparmio energetico; • il capitolo si chiude con un invito ad immaginare il futuro, e accenna a possibili scenari a seconda delle scelte che verranno fatte in campo energetico a livello mondiale. Il testo sceglie quindi di trattare un argomento partendo dall’attualità e dai dibattiti in corso, ed offre agli studenti la possibilità di capire e di intervenire nelle scelte, proponendo, o rammentando le informazioni scientifiche di base, ma in maniera contestualizzata. Questa è ad esempio la definizione di energia proposta: « ... la misura del massimo cambiamento possibile che un oggetto (o un insieme di oggetti) può “produrre”. Un oggetto può aver energia perché si sta muovendo, o perché è caldo, o perché è stato lanciato verso l’alto, o allungato o compresso. L’energia può essere trasferita da un oggetto ad un altro attraverso l’azione di una forza, o del calore, o da una radiazione o dall’elettricità. L’energia non è un concetto vago perché la quantità di energia trasferita in ognuno dei processi prima nominati può essere misurata e calcolata. La ragione per la quale l’energia si è rivelata un concetto così importante per il pensiero scientifico è che l’energia si conserva sempre: alla fine di un processo l’energia che si ha alla fine è la stessa che si aveva all’inizio, ….». Il nuovo corso Science and Society, http://www.scienceinso cietyadvanced.org/, rivolto allo stesso tipo di studenti, porta ancora più avanti la discussione e invita gli studenti a comparare e discutere i vantaggi per l’ambiente e per i consumi relativi alle opzioni del biocombustibile, dell’idrogeno e della macchina elettrica, rispetto ai trasporti a diesel e benzina. NUOVA SECONDARIA - N. 6 2009 - ANNO XXVII 47 STUDI Quadro di riferimento per la valutazione delle competenze scientifiche in PISA 2006. È facile per un insegnante italiano, i cui criteri di “qualità” per un testo scientifico sono spesso la “scientificità” del linguaggio, la generalità della presentazione, la presenza di formule e di esercizi a cui applicarle, … criticare questa impostazione. Ma se guardiamo all’efficacia, e quindi alla permanenza nel tempo e alla rilevanza sociale di quello che insegniamo occorre riconoscere che in questo modo si aiutano gli studenti ad orientarsi in un mondo pieno di Figura tratta da: OCSE, Valutare le competenze in Scienze, letmacchine e di trasformazioni e si tura e matematica. Quadro di riferimento di PISA 2006, trad. INVALSI, Armando Editore, Roma, 2007, p. 33. offrono loro strumenti interpretativi semplici, quali la rappresentazione dei flussi energetici, ma capaci di mettere in evidenza di riferimento per discutere l’approccio didattico alle scienze. la parte di energia che riusciamo effettivamente a utilizzare e Al centro sono proposte le competenze da valutare, e da quella che viene dispersa in ogni trasformazione. costruire attraverso i percorsi di insegnamento, ma queste Questo approccio, per molti insegnanti ancora sconcertante, è competenze sono rilevabili – e costruibili – solo all’interno di in realtà molto più corrispondente agli ultimi programmi della un contesto, e se il contesto è quello astratto e sterile degli scuola italiana e alle indicazioni che vengono dalle ricerche attuali libri scolastici, le competenze saranno più difficili da internazionali (OCSE-PISA e TIMSS). I nuovi programmi per costruire e soprattutto da applicare ad altri contesti. l’obbligo (Il nuovo obbligo di istruzione. Cosa cambia nella scuola?, Naturalmente per costruire competenze occorrono conodocumento MPI del 22 Agosto 2007) prevedono infatti tra le scenze, ma “senza esagerare”, infatti un numero sovrabboncompetenze di base l’analisi qualitativa e quantitativa dei dante e a volte inutilmente complesso di informazioni e di «fenomeni legati alle trasformazioni di energia a partire dall’espeformule non aumenta ma diminuisce le competenze, invirienza», e sottolineano l’importanza di far acquisire una «visiotando ad una memorizzazione rapida ma di breve durata. ne critica … in merito alla soluzione di problemi … e in particolare Questa sovrabbondanza di informazioni – proposte dai relativi ai problemi della salvaguardia della biosfera». Nel docunostri libri di testo, ma poi ‘considerate programma’, anche mento, le competenze di base da raggiungere a conclusione quando spesso non lo sono, da insegnanti, alunni e genitori dell’obbligo di istruzione, sono: – è una delle cause dei cattivi risultati della media degli stu• «Osservare, descrivere ed analizzare fenomeni appartenenti alla denti italiani nelle indagini internazionali. Basti pensare che realtà naturale e artificiale e riconoscere nelle sue varie forme i siamo il paese con il minor numero di ore di scienze settimaconcetti di sistema e di complessità. nali nella scuola media, tra quelli che hanno partecipato alle • Analizzare qualitativamente e quantitativamente fenomeni legaindagini TIMSS del 2003 e del 2007, e con la maggiore quanti alle trasformazioni di energia a partire dall’esperienza. tità di contenuti d’insegnamento. • Essere consapevole delle potenzialità e dei limiti delle tecnologie La scuola italiana propone quindi troppe informazioni e non nel contesto culturale e sociale in cui vengono applicate». invita a riflettere: né sui modi di procedere della scienza – la conoscenza sulla scienza – né sulle relazioni strettissime che Le ricerche internazionali a loro volta propongono un legano attualmente il progresso scientifico e tecnologico al approccio che abbia come obiettivo la costruzione di compeprogresso, ma anche ai problemi economici e sociali del tenze funzionali e contestualizzate, in una visione che ricoPianeta. Non curiamo l’interesse, né la motivazione, né la nosce la scienza e la tecnologia come uno dei motori della responsabilità che ogni cittadino deve avere per il proprio nostra società, la cui comprensione è quindi indispensabile ambiente locale, nazionale, globale. Ed ecco che quei paesi per ogni cittadino, anche per coloro che non si occuperanno professionalmente di scienza. che propongono un approccio ai problemi che può sembraIl “quadro di riferimento” proposto dal PISA per definire, e re meno scientifico e rigoroso, nelle ricerche internazionali ci quindi valutare, le competenze scientifiche, è anche un quadro superano tranquillamente. 48 NUOVA SECONDARIA - N. 6 2009 - ANNO XXVII STUDI La prova PISA sull’energia eolica di cui accludiamo alcune domande, prova sperimentata sul campo nel 2005 e che non ha poi fatto parte della rilevazione internazionale del 2006, mostra però il tipo di competenze che vengono richieste dal PISA e fa intendere chiaramente perchè molti dei nostri studenti, ma soprattutto quelli dell’Istruzione Tecnica e Professionale non sono in grado di rispondere. Non si tratta infatti di sapere defi- nizioni a memoria o di applicare formule, ma di saper ragionare su testi e su dati e di saperne trarre le conseguenze. E infatti tra le competenze identificate dal PISA e nelle quali otteniamo PROVA PISA SULL’ENERGIA EOLICA L’energia eolica è da molti considerata una fonte di energia in grado di sostituire le centrali termiche a petrolio o a carbone. I dispositivi nella foto sono rotori dotati di pale che il vento fa ruotare. Queste rotazioni permettono ai generatori messi in moto dalle pale di produrre energia elettrica. Un campo eolico→ Domanda.1 I grafici a fianco riportano la velocità media del vento in quattro diversi luoghi nel corso di un anno. Quale dei grafici indica il luogo più adatto all’installazione di un generatore ad energia eolica? Domanda.2 Più il vento è forte, più le pale del rotore girano veloci e maggiore è la quantità di energia elettrica prodotta. Tuttavia, in situazione reale, non esiste una relazione di proporzionalità diretta fra la velocità del vento e l’elettricità prodotta. Qui sotto vengono descritte quattro condizioni di funzionamento di una centrale eolica in situazione reale: • le pale cominciano a ruotare quando il vento raggiunge la velocità V1. • Per ragioni di sicurezza, la rotazione delle pale non accelera più quando la velocità del vento è superiore a V2. • La potenza elettrica è al massimo (W) quando il vento raggiunge la velocità V2. • Le pale smettono di ruotare quando il vento raggiunge la velocità V3. Quale fra i seguenti grafici rappresenta meglio la relazione fra velocità del vento e potenza elettrica nelle condizioni di funzionamento descritte? Domanda.3 A parità di velocità del vento, più l’altitudine è elevata, più le pale ruotano lentamente. Quale fra le seguenti ragioni spiega meglio perché, a parità di velocità del vento, le pale dei rotori girano più lentamente nei luoghi con una altitudine maggiore? A. L’aria è meno densa con l’aumento dell’altitudine. B. La temperatura si abbassa con l’aumento dell’altitudine. C. La gravità diminuisce con l’aumento dell’altitudine. D. Piove più spesso con l’aumento dell’altitudine. Domanda.4 Descrivi un vantaggio specifico ed uno specifico svantaggio della produzione di energia da parte dei generatori ad energia eolica, rispetto alla produzione di energia a partire dai combustibili fossili come il carbone e il petrolio. Un vantaggio........................................................................................ Uno svantaggio................................................................................................................................................ Prova tratta da: OCSE, Valutare le competenze in Scienze, lettura e matematica. Quadro di riferimento di PISA 2006, trad. INVALSI, Armando Editore, Roma 2007. NUOVA SECONDARIA - N. 6 2009 - ANNO XXVII 49 STUDI Gli studenti sono in grado di discutere sui temi della “scienza in divenire” e non devono rimanere solo fruitori passivi. cattivi risultati spicca la competenza: usare prove basate su dati scientifici. Siano testi, siano grafici, le informazioni scientifiche per i nostri studenti (e quindi per molti dei nostri insegnanti) sono verità da imparare a memoria e non elementi, anche contraddittori, sui cui ragionare criticamente. Il progetto Percezione e consapevolezza della Scienza, condotto dall’Istituto di Ricerche sulla Popolazione e le Politiche Sociali, in collaborazione con il British Council e altri istituti dello stesso CNR, organizza da anni assieme ad insegnanti di scuole di tipo diverso, un dibattito pubblico tra studenti ed esperti del settore su diverse tematiche di attualità (come per esempio i cambiamenti climatici). Ai ragazzi viene richiesto di discutere le loro idee ‘previe’ in proposito, di esaminare e discutere i materiali informativi forniti, di preparare domande e proposte da presentare durante il dibattito. La proposta, e le ricerche ad esso collegate, sono illustrate sul sito: http://www.irpps.cnr.it/com_sci/index.php. Gli obiettivi sono molteplici, e tra questi c’è quello di promuovere la “cultura scientifica e tecnologica, sollecitando l’interesse dei giovani per la scienza mediante riflessione critica su temi di attualità della scienza e tecnologia, sulle implicazioni economiche e sociali e sui valori scientifici ed etici” . Il progetto è stato inserito, con il titolo Ethics and Polemics, in una raccolta di Buone Pratiche di Cooperazione tra Formazione e Ricerca, curata dal progetto europeo Form-it. I materiali relativi a questo e ad altri progetti europei sono scaricabili in inglese dal sito www.form-it.eu, e in italiano in versione ridotta dal sito http://www.ssis.uniroma3.it/form-it/. La scienza nelle ricerche internazionali, ma anche nei nostri ultimi programmi, non è più una scienza per pochi, non è neutrale, non permette da sola di risolvere problemi che sono soprattutto economici e sociali, ma è uno strumento che occorre capire e imparare ad utilizzare, nell’interesse di tutti. Siamo entrati infatti in un secolo che richiederà grossi cambiamenti, nelle abitudini di vita, di trasporto, di comunicazione. Un secolo che dovrà dare una risposta allo sviluppo “insostenibile” che ha caratterizzato il secolo passato, che ha portato grandi progressi economici e sociali in alcune nazioni, ma che sta riducendo a ritmi accelerati le risorse disponibili per le generazioni che verranno. Il punto è rendersi conto che non abbiamo ancora le soluzioni, che si parla di “sviluppo sostenibile” ma che sappiamo soprattutto quello che non è – non è crescita illimitata, non è inquinamento, non è desertificazione, non è monopolio, …– ma non quello che potrà essere. Le Nazioni Unite hanno indetto un Decennio per l’Educazione allo Sviluppo Sostenibile – iniziato nel 2005 terminerà nel 2014 – e invitato a coniugare l’educazione scientifica e tecnologica con una educazione critica, creativa, aperta al cambiamento, dove i valori della democrazia e dell’ambiente e le culture non vengano sacrificati in nome del ‘progresso’. L’Educazione allo Sviluppo Sostenibile, di cui l’educazione alla comprensione dei problemi energetici fa parte, non è in contrasto con i risultati PISA: si sente dire sempre più spesso che non c’è tempo per i ‘progetti’, per il lavoro sull’ambiente o nel sociale, che l’Italia va così male che dobbiamo rimboccarci le maniche e tornare alle ‘nozioni di base’. Non c’è niente di più sbagliato! Come non si insegna a parlare a un bambino piccolo vocalizzando le lettere ma parlandogli, allo stesso modo è parlando dei problemi reali, i problemi dell’energia e dello sviluppo sostenibile, che si costruiscono motivazioni, interessi e competenze. Uno dei dati del PISA è che tra le caratteristiche degli studenti più correlate con l’ottenimento di buoni risultati nelle prove di scienze ci sono quelle legate alla «consapevolezza dei problemi ambientali» (Caponera e Di Chiacchio, INVALSI, 2008). Non correlate sembrano invece essere le caratteristiche «di preoccupazione verso l’ambiente» – troppo diffuse per essere significative di un maggiore impegno scientifico – e addirittura negativamente correlate le previsioni ‘ottimiste’, di quelli che 50 NUOVA SECONDARIA - N. 6 2009 - ANNO XXVII confidano nei prossimi 20 anni in una ‘diminuzione dei problemi ambientali’. Il coinvolgimento e la motivazione degli studenti sono strumenti essenziali per modificare in futuro i cattivi risultati internazionali, e lavorare su problemi reali e dibattuti, oggetto ancora di ricerca, è una delle strategie più promettenti (come si argomenta nel riquadro). In questo momento storico, con Obama che investe nelle energie verdi e l’Italia fanalino di coda in Europa per l’utilizzo dell’energia solare, l’esercizio più produttivo che possiamo far fare ai ragazzi è quello di invitarli ad ‘immaginare un futuro migliore’, più equo e più sostenibile, collaborando con gli enti di ricerca, con le associazioni, con reti e istituzioni, che sempre più chiamano la scuola ad uscire dall’isolamento e dalla ripetitività, per applicare competenze e conoscenze ai problemi concreti e reali che i giovani si troveranno tra breve ad affrontare. Michela Mayer Gruppo Internazionale Esperti, Ricerca OCSE-PISA BIBLIOGRAFIA A. Hunt, R. Millar, (a cura di), AS Science for Public Understanding, Nuffield Foundation, Heinemann, 2000. Nuffield Foundation & York University, AS Science in Society, Heinemann, 2008. MPI, Il nuovo obbligo di istruzione. Cosa cambia nella scuola?, documento del 22 Agosto 2007, http://www.pubblica. istruzione.it/normativa/2007/dm139_07.shtml. OCSE, Valutare le competenze in scienze, lettura e matematica. Quadro di riferimento di PISA 2006, trad. INVALSI, Armando Editore, Roma 2007, p. 33. INVALSI, Le competenze in scienze, lettura e matematica degli studenti quindicenni, Rapporto nazionale Pisa 2006, a cura di Bruno Losito, Armando Editore, Roma 2008. M. Mayer, E. Torracca, S. Schacherl (a cura di), Il contributo del progetto europeo Form-it alla ricerca internazionale sulla didattica delle scienze, SSIS Lazio, Roma 2008.