CARTINA APPENNINO - BORGHI
1 Rossena
2 Bergogno
3 Vercallo
4 Castello di San Valentino
5 S. Maria di Castello
6 Ca’ Toschi
7 I Borghi di Roncaglio
8 Vedriano
9 Crovara
10 Santo Stefano di Pineto
11 Il Fariolo
12 Il Fornacione
13 Pieve di San Vitale
14 Corneto
15 Gazzolo
16 Montedello
2
17 Frassinedolo
18 Ca’ Ferrari
19 Minozzo
20 Vallisnera di Sotto
21 Cecciola
22 Mulino di Cerreto Alpi
23 Ligonchio
24 Civago
Borghi Rurali dell’Appennino Reggiano
Valorizzazione e recupero realizzati attraverso
il Piano di Sviluppo Rurale della Provincia di Reggio Emilia
Il territorio rurale della Regione Emilia-Romagna è ricco di testimonianze storico-architettoniche talvolta a torto considerate minori, quali piccoli borghi, edifici rurali ed
elementi correlati, il cui pregio risiede nella storia secolare, nella originale tipologia
costruttiva nei materiali utilizzati. Il recupero di tali testimonianze può diventare il fulcro della valorizzazione paesaggistico-ambientale del territorio, accrescere l’attrattività
turistica rurale e, così, contribuire al sostegno di una economia sostenibile, fortemente
connessa alle espressioni tradizionali del paesaggio rurale. Uno specifico stanziamento
sui fondi del Programma di Sviluppo Rurale 2007-2013 (Asse 3, Misura 322), efficacemente attuato nell’ambito del PRIP - Programma Rurale Integrato Provinciale, approvato dal Consiglio provinciale nel 2007, ha permesso di finanziare un’articolata serie di
interventi che hanno contribuito al recupero ed alla valorizzazione di borgate, edifici
rurali, fontane, spazi comuni.
Gli interventi sono stati distribuiti su ampia parte del territorio provinciale, interessando soprattutto le aree collinari e montane, dove i fenomeni di progressiva perdita di
cura del territorio erano più consistenti e dove il patrimonio architettonico tradizionale
era più diffuso, ma anche più a rischio.
Le Provincia di Reggio Emilia, anche grazie all’attenzione delle amministrazioni comunali
e del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano, è risultata prima in tutta la Regione Emilia-Romagna nella progettazione e realizzazione di questi interventi, portando a
termine nel corso della programmazione 2007-2013 ben 37 restauri, per oltre 6,3 milioni di euro di investimento pubblico. Saldandosi efficacemente alle azioni già avviate con
la precedente programmazione 2000-2006, solo di poco inferiore in termini economici
ma con altri 38 interventi già attuati, si può tracciare un bilancio che rende orgogliosi,
non solo in termini quantitativi ma anche per la qualità delle realizzazioni. Gli uffici della
Provincia hanno infatti avuto cura di assicurare un approccio interdisciplinare, grazie al
quale è stata coinvolta anche la Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici
per le province di Bologna, Modena e Reggio Emilia, che ha fornito preziose indicazioni
progettuali e di scelta dei materiali da impiegare nei restauri.
In questa pubblicazione vengono illustrati 24 tra i più recenti interventi di ripristino edilizio ed ambientale dei nostri borghi. La finalità non è quella soltanto quella di rendere
conto del lavoro fatto, ma piuttosto di invitare i cittadini, semplicemente, a conoscere
e frequentare i borghi rurali, così ben riqualificati, con l’occhio attento del visitatore
curioso e informato. Conseguendo questo obiettivo, avremo arricchito di un significato
aggiuntivo l’opera di recupero che Unione Europea, Regione, la Provincia e gli Enti Locali
tutti hanno realizzato in questi anni per lo sviluppo rurale, nelle sue diverse e talora
inaspettate forme.
Roberta Rivi
Provincia di Reggio Emilia
Assessore Agricoltura, Promozione Territoriale,Tutela dei Consumatori, Benessere Animale
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LE TERRE DI CANOSSA:
CASTELLI, PIEVI E ANTICHI BORGHI
Nello scenario dell’Appennino Reggiano, dalle prime colline che si affacciano sulla pianura fino alla media montagna, intorno all’anno mille si rappresentavano le grandi vicende
della storia d’Europa. Protagonista di tanti episodi di lotte e rappacificazioni tra impero
e papato fu la contessa Matilde di Canossa, discendente dell’antica famiglia longobarda
degli Attonidi, che qui aveva collocato il centro politico e militare di un vastissimo feudo,
esteso dalla Lombardia alla Toscana. Di quel grande potere restano, come muti testimoni,
i numerosi castelli che ancora oggi ricordano al viaggiatore un periodo di forti passioni
politiche e religiose. Il più conosciuto di questi castelli, anche fuori dall’Italia, è Canossa,
che diede nome alla casata e che ospitò uno degli avvenimenti più celebri di tutto il
medioevo: nel gennaio del 1077 per tre giorni l’imperatore Enrico IV, scalzo e in veste
di pellegrino, implorò sotto le sue mura il perdono del Papa Gregorio VII. L’episodio,
ricordato dal cancelliere tedesco Bismark come esempio di una umiliazione storica della
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nazione tedesca, è diventato proverbiale in molte lingue europee dove l’espressione “andare a Canossa”
ha assunto il significato di chiedere perdono. A Canossa si possono visitare i ruderi imponenti sopra la
bianca rupe e un piccolo ma suggestivo museo. Vicino
si trova l’intatto castello di Rossena, una formidabile macchina da guerra che vigila sulla valle del fiume
Enza. Altri castelli rimandano all’epopea matildica, tra
cui Carpineti, che ospitò due concili e fu chiamato, per
la frequente presenza del Papa “la nuova Roma”, e Sarzano di Casina, recentemente restaurato. E rimangono
le pievi, a ricordo dall’azione riformatrice di Matilde nel capo ecclesiastico:Toano, Marola,
San Vitale di Carpineti, Beleo, Paullo, Pianzo, ricche di testimonianze romaniche ancora
leggibili e suggestive. Ma forse il lascito più diffuso e più pervasivo di questa storia antica
sono i numerosi borghi rurali, nati nel medioevo ma la cui impostazione urbana risente
delle corti e della case a torre edificate a cominciare dal Quattro-Cinquecento. Essi per
secoli hanno rappresentato una originale tipologia di insediamento del medio Appennino
che gli interventi recenti di recupero edilizio vogliono riproporre all’attenzione dei turisti
curiosi, attenti alla storia dell’Italia “minore”. La recente apertura del casello autostradale
sulla A 1 “Terre di Canossa - Campegine” ha reso più facilmente raggiungibile, e più noto,
questo straordinario comprensorio dove ambiente, storia e turismo si sposano con una
perfetta sintesi tipicamente italiana. Ed è una storia ancora viva e sentita, come testimoniano le feste in costume e i cortei storici, partecipati da centinaia di cittadini.
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L’APPENNINO,
NATURA E INSEDIAMENTI STORICI
Del sistema montuoso noto come Appennino Tosco Emiliano, l’Appennino Reggiano costituisce una sezione tra le più interessanti. Dalle rocce nude e dai prati di mirtillo del
crinale, l’Appennino scende a valle attraverso una serie di dorsali scavate dai torrenti che
ospitano boschi di castagni, faggi, pini e abeti, laghi glaciali, torbiere che costituiscono gli
elementi di maggior interesse ambientale. Cervi, caprioli, mufloni, cinghiali rappresentano
la fauna più vistosa, arricchita dalla ricomparsa dell’animale più simbolico di tutti: il lupo.
Il territorio naturalisticamente più pregiato è tutelato, con legge dello Stato, all’interno
del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano che comprende anche territori al di
là dello spartiacque, nella regione toscana e, dal lato reggiano, arriva a comprendere lo
splendido monolito della Pietra di Bismantova, una rupe fantastica ricordata da Dante
nel canto IV del Purgatorio, oggi conosciuta soprattutto nel mondo degli scalatori. Ai suoi
piedi, il centro di Castelnovo Monti, una cittadina fra le più eleganti ed attrezzate di tutto
l’Appennino settentrionale. L’Appennino è terra di tradizioni autentiche, come il Maggio
drammatico che si ricollega alle medioevali chansons de geste ed è imparentato con il
folklore toscano (a Villaminozzo gli è stato dedicato un museo, che si affianca al museo dei
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presepi, nel vicino paese di Gazzano). Manifestazioni musicali di prestigio hanno ricucito il
rapporto tra la montagna e le nuove generazioni, in un processo ormai bene avviato di ringiovanimento dell’immagine e della frequentazione della montagna. L’Appennino reggiano
è meritevole di visita anche per i borghi antichi, con le tipiche costruzioni in sasso, in alcuni
casi di origine quattrocentesca. L’Appennino reggiano, e il parco nazionale che ne tutela la
fascia più pregiata, non è infatti solo un meraviglioso espositore di bellezze naturali ma in
esso la componente storica e umana assume un rilievo più forte rispetto ad altre catene
montane, forse più spettacolari ma meno ricche di transumanze, meticciati culturali, sovrapposizioni di popoli e di viaggiatori. Se l’Appennino Tosco-Emiliano può vantare i pregi
e le qualità naturalistiche ed ambientali dei territori del Parco, non si può dimenticare che
molto si deve alla sua cultura. Una cultura che si è conservata fino a noi, generata dalla
storia di queste terre e protetta nella memoria dei luoghi e delle genti che li abitano. Le
numerose chiese, pievi, maestà, borghi, castelli e torri nella persistenza della pietra ci hanno
regalato i frammenti di una storia vissuta che si preservano e si valorizzano con intelligenti
interventi di restauro e con una adeguata promozione.
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ROSSENA - Canossa
Il Castello di Rossena è situato su una rupe vulcanica rossastra che gli dà il nome. Domina un amplissimo panorama sulla pianura e la valle dell’Enza, a circa tre chilometri
ad ovest di Canossa.
Rossena costituisce una delle emergenze più importanti delle Terre di Canossa. Il suo
profilo costituisce uno degli scorci paesaggistici più suggestivi di tutta l’area matildica.
A differenza di altri castelli che nel tempo si sono trasformati in residenze signorili,
Rossena ha conservato l’impianto originario di vera e propria macchina da guerra
che doveva fermare eventuali aggressioni nemiche provenienti dalla valle dell’Enza.
Il castello, forse iniziato nel 950, all’inizio era costituito da un mastio isolato, la cui
struttura (ora ribassata) è ancora leggibile al centro della costruzione principale. Di
proprietà della Diocesi reggiana, Rossena ha subito un profondo restauro in occasione del Giubileo dell’anno 2000 che ne ha permesso il recupero per usi ricettivi. Oggi
ospita un ostello con una cinquantina di posti letto. E’ interamente visitabile, a pagamento, con accesso alle cisterne e al cammino di ronda dove, nelle giornate limpide, si
ammira uno splendido panorama. Di fronte a Rossena si staglia la torre di Rossenella.
I colli vulcanici su cui sorgono il castello e la torre fanno parte della Riserva Naturale
Integrata della Rupe di Campotrera, istituita con legge regionale. Il borgo conserva il
caratteristico impianto direzionale focalizzato, ben riscontrabile inoltre dalla lettura
del catasto di Maria Luigia del 1821. All’ingresso del borgo, in corrispondenza del
primo sottopasso, in cui è visibile un tondo con l’immagine della Madonna, rimane
memoria di una antica torretta. Il restauro ha interessato la pavimentazione del borgo
e lo scolo dell’acqua piovana.
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bergogno - Casina
Il nucleo del paese presenta un impianto a sviluppo lineare disposto sulle falde settentrionali del Poggio Coste, alla destra del torrente Campola lungo l’antica mulattiera
da Paullo porta a Canossa. Con la costruzione della Strada Nazionale nel 1785, sviluppatasi con un tracciato di crinale ed alte coste, il paese, che aveva rivestito in passato
una funzione importante nella zona, fu relegato ad un ruolo secondario, allacciato
alla viabilità con una semplice strada mulattiera, ora completamente asfaltata e transitabile. La strada che attraversa il paese prosegue con un percorso di antica origine,
non carreggiabile, sino al torrente Campola, biforcandosi verso Cavandola/Canossa
e verso Votigno. All’ingresso del borgo, sulla destra, si trova l’oratorio con fronte a
capanna. Sulla sinistra è il pregevole complesso cinquecentesco già dei conti Giovanardi con impianto a pianta quadrangolare e torre colombaia. Discosta dalla strada, a
destra, è visibile una casa a torre, probabilmente ribassata con coronamento ad altana
e parte del cordolo di colombaia a dente di sega. Un rustico a fronte mostra ancora
diversi particolari architettonici caratteristici tra cui finestrelle a tre elementi con architrave triangolare, feritoie e tracce di un portale sopraelevato. Proseguendo lungo la
strada si osserva un interessante caseggiato dalla massiccia struttura cinquecentesca
dominante lo stretto vicolo, che scende verso rio Bergogno. Al centro dell’abitato si
innalza un’altra casa torre su pianta rettangolare e coperto a quattro falde. Diversi
sono gli interventi di recupero effettuati dai proprietari che hanno reso l’antico borgo
piacevolmente fruibile e ospitale. L’intervento pubblico di restauro ha integrato questi
interventi operando sulle strutture comuni e sulle reti tecnologiche e di servizio.
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VERCALLO - Casina
Nucleo rurale disposto su un piccolo terrazzo delle falde occidentali del Monte Pulce.
Conserva ancora pressochè inalterate le caratteristiche originarie del tipico borgo
rurale del nostro appennino, sviluppandosi in un aggregato morfologicamente omogeneo. Rimangono diverse testimonianze, per lo più portali e finestre architravati, a semplici elementi monolitici, talvolta zigrinati e riferibili al XVI-XVII secolo. Interessante è
la dicitura riscontrata in un edificio “AMA DIO NON FA(L)LIRE FA BENE E LASCIA
DIRE LI 9 GIUGNO 1671”. E’ ancora notabile una casa con torre del XVI secolo cui
si accompagna un sottopasso che la articola con i fabbricati vicini ad un complesso
rurale. La raccolta delle castagne rappresentava per il borgo una importante fonte di
sostentamento. Ne fa fede il metato (struttura per l’essicazione delle castagne) che si
trova all’ingresso dell’abitato.
Nel complesso il borgo appare discretamente restaurato negli edifici privati, tutti a
sasso a vista. L’intervento pubblico ha recuperato alcuni percorsi storici, curandone la
pavimentazione, l’illuminazione e lo scolo delle acque.
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IL CASTELLO DI SAN VALENTINO - Castellarano
Il castello e il borgo di San Valentino determinano un impianto tipicamente medievale,
arroccato su un costone elevato, tra le valli del Tresinaro e del Secchia, a sviluppo
lineare focalizzato sull’emergenza del castello cui si accede per un erta stradetta
fiancheggiata da case. All’inizio del borgo sono ancora individuabili le tracce del portale d’ingresso e di un largo fossato. Una piccola lapide datata “Aprile 1384” ricorda
i restauri di Bonifacio Fogliani dopo le distruzioni subite da parte dei Reggiani e dei
Gonzaga (una precedente distruzione con ricostruzione successiva è testimoniata
nell’anno 1288 a causa di lotte interne alla famiglia Fogliani).
Oggi spicca il torrione merlato medievale unito alla parte dell’antico maniero ricostruito nel XVI secolo. Oltre alla torre e alle mura perimetrali di sostegno a forte
scarpata, è da segnalare un bel loggiato cinquecentesco con quattro colonne in pietra,
decorate da capitelli con lo stemma della famiglia Sacrati. Lo stesso stemma orna
anche un camino in arenaria con decorazioni a fogliami ed animali, posto in una sala
al piano terreno. Entro il recinto del castello si trovava anche un oratorio dedicato a
S. Biagio, diroccato nel 1707. In suo luogo è stato in seguito costruito un oratorio dedicato a S. Domenico ed alla Madonna del Rosario. Il castello, acquistato dal Comune
di Castellarano,è stato oggetto di restauri e di interventi di protezione resi necessari
per contrastare alcuni gravi fenomeni di dissesto che avevano interessato nel 2010 le
murature di contenimento, in parte crollate a causa di infiltrazioni di acqua. Nei pressi
si trova l’antica pieve, già citata nei privilegi dell’Imperatore Ottone II del 960, conserva in parte l’impianto risalente alla ricostruzione quattrocentesca.
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Santa maria Castello - Viano
Il sito è di grande suggestione paesaggistica. Lo sguardo spazia tutto intorno dal vicino monte
Valestra alla Pietra di Bismantova, con la vallata del Tresinaro e - sullo sfondo, a nord - la
pianura. Il borgo è articolato linearmente e scalarmente lungo lo spartiacque in sommità alla
linea di costa alla destra del rio Fagiano. Il castello è già citato in documenti del X secolo ma
la sua fortuna è legata alla potente famiglia dei Fogliani, già possessori di decine di castelli nel
territorio reggiano. A Castello Querciola (altro nome con cui è nota la località) i Fogliani
resistettero come feudatari fino al 1720, con un possesso che è durato per cinquecento
anni. La zona, al centro di una conca dal rilevante pregio naturalistico, presenta l’interessante
fenomeno delle “salse”. Getti di fango che si sollevano rilasciando strutture coniformi simili
a piccoli vulcani (siamo all’interno di una fascia che attraversa con questi fenomeni l’Appennino modenese e reggiano). L’impianto del borgo è quello tipico della rocca medioevale a
cui si accede da un’unica strada che si conclude sul sagrato della chiesa di impianto ancora
romanico. Il paramento murario della chiesa è ancora quello originario in conci squadrati ed
orsati, molti dei quali siglati ed incisi. L’interno si sviluppa con una pianta ad aula. Il campanile
si innalza sul lato sud ed è concluso da una cella ottocentesca a monofore. L’originale palazzo
dominicale, residenza del feudatario, è stato inglobato dalla canonica. Nell’antico annesso
oratorio del Rosario rimangono interessanti affreschi raffiguranti la Madonna col Bambino,
S. Antonio Abate e un frate in preghiera, di scuola emiliana della fine XIV-inizi XV secolo. La
sala al piano superiore è invece caratterizzata da un fregio ad affresco con figure fantastiche
e stemmi, tradizionalmente riferito al grande pittore rinascimentale Lelio Orsi e databile tra
il 1535 ed il 1540, ed è quindi da considerarsi un’opera giovanile. Del castello poco o nulla
rimane, essendo stato inglobato in un edificio recente di nessun interesse. Il restauro ha
riguardato le mura, il palazzo feudale e ha riqualificato gli edifici del borgo.
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CA’ TOSCHI - Baiso
Proveniendo dalla pianura, poco prima del capoluogo Baiso si incontra il borgo noto
come Ca’ Toschi. A lato della strada provinciale è ben visibile un interessante complesso padronale. Sull’abitazione è murata una lapide che ricorda Giovan Battista Toschi
(1848-1934), illustre studioso di storia dell’arte, con particolare riferimento all’Appennino, che, nato qui, lasciò al comune in eredità la sua ricca biblioteca. Nell’edificio
è visibile un portale di ingresso archivoltato sormontato da un oculo con formella
siglata 1790- PRI DIE NONAS - MAII - ACTA FUIT.
Sul tetto è posto un campaniletto a vela, forse nel luogo dove un tempo si trovava
l’oratorio di San Prospero di cui si sono perdute le tracce. Grazie ai recuperi edilizi e
all’attività di valorizzazione pubblica, Casa Toschi ospita una pluralità di attività sociali,
educative e culturali. Nel centro di documentazione sono raccolti, e resi fruibili al
pubblico, i libri e manoscritti frutto della donazione originaria mentre nel contiguo
laboratorio multimediale un’aula attrezzata è stata destinata agli studenti per approfondimenti storico-artistici. Concerti serali estivi e l’ormai consolidata iniziativa “La
Tavola di Bisanzio” rappresentano le manifestazioni più rilevanti ospitate nella piazzetta del borgo, ora resa più accessibile dal restaurato percorso pedonale e abbellita
da interventi sulle facciate e dall’interramento di cavi e tubature. La Tavola di Bisanzio
ricorda le peculiarità gastronomiche della vallata, fra cui la rara tradizione della carne
di pecora, cucinata in molti modi, che rappresenta un probabile lascito delle truppe
bizantine che nel primo medioevo a lungo tennero queste terre contendendole ai
Longobardi lungo una linea di confine che passava proprio da queste parti.
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I BORGHI DI RONCAGLIO - Canossa
Un’unica tipologia di pavimentazione in pietra arenaria appenninica delle “strade
maestre medioevali” che attraversano i borghi rappresenta l’intervento unificante
che valorizza questi insediamenti del comune di Canossa che si affacciano sulla valle
dell’Enza. Si tratta di abitati di antica origine medioevale, con la presenza diffusa della
tipologia della “casa a torre” che, innalzandosi al centro degli abitati, definiscono una
specie di paesaggio turrito di grande effetto visivo.
La villa di Roncaglio è citata in un diploma del Re Lotario dell’anno 948 con il quale,
in adempimento della volontà di Alda, sua madre, dona al Vescovo di Parma Adeodato,
tre corti fra le quali quella di “Runcaria” sul fiume Enza. Seguì poi le vicende di questo
territorio, passando ai Canossa, ai Da Correggio e agli Estensi. La chiesa è un vero
gioiello di arte rurale e conserva una ancona intagliata, probabilmente della scuola
del Ceccati. Al complesso è unita un torre “colombaia” del sec. XVII. Da Roncaglio
si raggiunge Albareto, interessante nucleo ad impianto direzionale disposto ai margini
dei pendii declinanti a nord del monte Cavaliere. All’ingresso dell’abitato è visibile una
cappellina dedicata alla Madonna. Nel borgo si trova un complesso rustico dove, alla
base di una finestra, è visibile la data “1541”. Poco oltre si trova un altro impianto a
torre della seconda metà del secolo XVI. Case Curti, Iagarone, Solara e Verlano sono
anch’essi piccoli nuclei abitati che conservano in parte le caratteristiche tipologiche
originarie con la diffusa presenza di pregevoli case a torre variamente databili dal
secolo XVI al secolo XVIII.
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VEDRIANO - Canossa
Villa costituita da diversi nuclei di case sparse dai nomi propri di “La Villa”, “La Corte”,
“Il Casale”, “La Chiesa”, disposti sui pendii alla destra del torrente Tassobbio. L’Overmann e lo Schumann identificano con questa località il “Verianum” ricordato nel
documento del 958 in cui Adalberto Atto di Canossa risulta acquistare delle masserie.
D’altra parte, viene spontanea la supposizione che tale forma possa riflettere più da
vicino l’attuale toponimo “Verlano”, che corrisponde ad un centro abitato non distante. Vedriano già feudo della casa Pepoli di Bologna, fu annesso allaProvincia di Reggio
nel 1847 alla morte della Duchessa Maria Luigia di Parma. Il Molossi ne indica una
popolazione di 258 abitanti agli inizi del XIX secolo. La chiesa parrocchiale, dedicata a
S. Salvatore, appartenne alla Diocesi di Parma (il territorio fu a possesso del ducato
parmense fino al 1847) ed era una antica cappella della Pieve di Bazzano come risulta in un documento del 1230. Nel 1691 è soggetta al Vicariato di Scurano. Presenta
una semplice struttura con campanile a monofore, cuspidato ed è orientata in senso
liturgico. Interventi privati hanno permesso una discreta conservazione del tessuto
edilizio, che appare ben curato. Gli interventi effettuati sulla pavimentazione e sulle
aree pubbliche hanno completato il recupero di questa interessante testimonianza di
abitato rurale del medio appennino.
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CROVARA - Vetto
E’ un piccolo nucleo situato sui rilievi al margine sinistro del rio Tassaro che, incassato in
una profonda vallata, sfocia nel torrente Tassobbio, un affluente dell’Enza, in un luogo di
grande suggestione panoramica. Ospita, su una collinetta, i resti di un castello che appartenne stabilmente ai Da Palude (la famiglia feudale originaria della pianura reggiana il cui
personaggio più celebre è Arduino, il principale capo militare di Matilde di Canossa). La
prima menzione del castello risale al 1267 quando, in possesso di Jacopino della Palude, di
fazione ghibellina, viene espugnato dai Parmigiani e Reggiani. Il castello fu nuovamente assediato nel 1271 da truppe di Reggio, Parma e da altre di Mantova e Castiglione di Toscana.
Dopo lunga lotta fu espugnato e distrutto. I Signori della Palude lo rifabbricarono come
leggiamo nella Cronaca Parmigiana del 1307. Nello stesso anno Matteo da Correggio tentò invano di espugnare il castello.Ancora nel 1312 dovette subire una nuova distruzione da
parte dei Reggiani. Tornati in possesso del castello i Signori della Palude ne conservarono
in seguito il feudo confermato da molte investiture degli Estensi. Nella prima metà del secolo XVIII una cronaca segnala l’esistenza di “un’altissima torre ove sono orrende prigioni,
trabocchetti e profondi spechi fabbricati con insidie dentro cui precipitano le persone;
dall’altro lato la Chiesa parrocchiale dedicata a S. Giorgio ma tutto è disabitato”. La chiesa
di S. Giorgio, ad unica nave rivolta ad oriente, conserva ancora su di un fianco una specie
di grande sfera di arenaria scolpita con una raffigurazione demoniaca rintracciata tra le rovine del castello. Il restauro ha interessato un vecchio edificio rurale nei pressi della chiesa
che ora viene adibito a punto di ospitalità e ristoro, in un luogo dove si incontrano diversi
sentieri, lungo la vallata dell’Enza, nel cuore delle Terre di Canossa. Anche il sovrastante
sito del castello è stato oggetto di interventi di scavo archeologico che hanno evidenziato
le poche strutture ancora leggibili (una cisterna, un sotterraneo e tracce di muri).
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SANTO STEFANO DI PINETO - Vetto
Borgo situato alla destra del rio Tassaro, affluente di sinistra del torrente Tassobbio.
L’abitato occupa la sommità di un colle arenaceo su cui è distribuito linearmente.Vi si
conservano numerosi edifici di interesse, in parte manomessi. La località è citata negli
Estimi Reggiani del 1315 seguendo poi le vicende della chiesa parrocchiale di S. Stefano. All’ingresso del paese si osserva la così detta “Casa dei Da Palude” già residenza
patrizia di questa antica famiglia; l’edificio ha subito danni ad opera del terremoto del
1920 ma conserva un eccezionale interesse storico-artistico. La facciata è caratterizzata da due ordini di loggiato con colonnine tonde. All’interno del loggiato e dei vani
sono notabili numerosi affreschi raffiguranti immagini sacre attribuibili al XVII sec. ,
mentre un secondo portale quadrangolare ad architrave modanato, situato al primo
piano, è datato 1583. Si evidenzia l’antico oratorio interno, ancora officiato riportante
affreschi seicenteschi. Nel centro del paese si erge una massiccia casa a torre con
rosone in pietra databile al XVII secolo, cui è adiacente un fabbricato riferibile ad una
torre abbassata e rimaneggiata, con un portale sopraelevato tamponato a mensole
concave. All’estremità ovest della borgata è visibile un ampio edificio che la tradizione
locale indica come la più antica dimora dei Conti “Da Palude”. Alcuni interventi edilizi
hanno alterato la costruzione che tuttavia conserva una cantina con ampi sotterranei
e portali a tutto sesto; è possibile infine accedere ad un oratorio abbandonato con
un portale e due finestre riquadrate attribuibili al XVII-XVIII secolo. Il restauro ha
consentito il recupero ad uso pubblico di un edificio storico del borgo.
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IL FARIOLO - Castelnovo Monti
Il borgo di Fariolo (conosciuto localmente come Il Fariolo ma anche con la variante Feriolo) fu sede di podestà e per secoli costituì il principale centro politico della montagna
reggiana, trasferito poi nel vicino abitato di Castelnovo Monti nel corso del secolo XV.
Anticamente faceva parte di un nucleo di tre insediamenti raggruppati sotto la comune
denominazione di Felina (termine che oggi si applica solo alla frazione più importante, a
pochi chilometri dal Fariolo attuale). Dai documenti storici emerge come questa borgata,
oltre alla tradizionale economia agricola di sussistenza, abbia svolto nei secoli funzioni amministrative che giustificano le dimensioni rilevanti dell’insediamento. Il nucleo si presenta
come un impianto indifferenziato, con costruzioni soprattutto ottocentesche non sempre
restaurate con il dovuto rispetto, situato ai margini sud-orientali dei pendii del monte Tosco.Vi sorge dal XVII secolo l’oratorio della Concezione. L’oratorio presenta una semplice
facciata a capanna con portale architravato, nicchia del titolare ed oculo superiore. Ha un
basamento a bugnato, conci angolari a denti alterni, cornice di gronda e rivestimento ad
intonaco rustico. Di fronte è posta una maestà dedicata all’Ave Maria. Un’altra icona della
Beata Vergine è murata, poco oltre, sul prospetto di una abitazione. All’inizio dell’abitato è
visibile il fabbricato antica sede della Podesteria; la pianta è quadrangolare con portale d’ingresso archivoltato e chiave di volta scolpita, con elegante porta lignea intagliata; a lato dello stesso portale si apre una feritoia. Sullo stesso prospetto è notabile una finestrella a tre
elementi monolitici con architrave triangolare. Le abitazioni conservano senza manifeste
alterazioni l’impianto volumetrico e distributivo originario. Si riscontrano diversi particolari architettonici tra cui interessanti paramenti in pietra, finestre e portali di diversa fattura
riferibili ai secoli XVI-XVII. Gli interventi di recupero hanno interessato i percorsi storici,
l’illuminazione, gli allacciamenti tecnologici e il restauro dell’oratorio della Concezione.
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IL FORNACIONE DI FELINA - Castelnovo Monti
A valle della chiesa di S. Maria di Felina, ad una distanza di circa 500 ml. ad est della
stessa, è visibile un impianto industriale per la cottura di laterizi. Il complesso è indicativo per la tipologia ed è interessante come archeologia paleoindustriale. Figura
già esistente agli inizi del XX secolo ed è attivo fino al 1972. Gestito nelle ultime fasi
produttive dalla famiglia Prampolini, nel 2004 è stato acquisito dal Comune di Castelnovo Monti che ne ha curato il restauro. Verso la fine dell’Ottocento in regione
cominciarono a diffondersi le industrie con una intensificata richiesta di materiale
edilizio per la costruzione dei capannoni. La fornace di Felina (popolarmente detta
il fornacione, al fornason in dialetto) rispondeva a questa esigenza ed era costruito
secondo la tipologia della “fornace di Hoffmann”, una tecnologia presentata e brevettata alla esposizione mondiale di Parigi del 1867. La fornace è costituita da due
gallerie circolari concentriche. Quella esterna, di maggiori dimensioni, è detta canale
di cottura, con aperture laterali a distanze uguali per introdurre il materiale da cuocere. Un complesso sistema di griglie e canalette, controllato da valvole, consentiva
il riscaldamento delle dodici stanze poste a raggiera dove ruotava il materiale a
seconda delle fasi di lavorazione. Particolarmente vistosa è la ciminiera di 27 metri.
Il restauro è consistito in una serie di interventi sulla copertura, i solai, i muri e le
pavimentazioni e ha consentito la conservazione di una importante testimonianza
di archeologia industriale del territorio legata alla utilizzazione dell’argilla locale che
del resto risale a tempi antichissimi come è testimoniato dal rinvenimento nelle cave
della fornace di reperti fittili attribuibili alla prima età del ferro.
19
LA PIEVE DI SAN VITALE - Carpineti
Tutto fa pensare che l’area di San Vitale fosse in origine un luogo di insediamento bizantino,
come suggerisce la dedicazione a un santo caro alla liturgia dell’impero romano di oriente,
e quindi polo di diffusione del cristianesimo nell’Appennino. La pieve viene nominata per
la prima volta nel 980 nel diploma di Ottone II. Nel 1070 è compresa tra i possessi del
Marchese Bonifacio di Canossa. Il tempio risulta consacrato il 29 agosto 1145 dal Vescovo
Alberio e diventa il centro di un sistema di chiese che fa ad esso riferimento, anche per la
riscossione delle decime. La visita del Vescovo Rangone nel 1593 la descrive ad una navata
grande e due minori con colonne ad archi in pietra picchiata. L’edificio doveva comunque
già presentare alcuni problemi strutturali e funzionali se la visita del Vescovo Coccapani
del 1625 lascia disposizioni per ripristinare il tetto della pieve. Nel 1677 minaccia rovina;
nel frattempo il titolo di “pieve” inizia ad essere trasferito a S. Caterina. II successivo crollo
delle due navate laterali consentì all’arciprete conte Francesco della Palude di ricavare, nella
canonica a fronte, un palazzo principesco con seminterrato a foggia di cripta. Del vicino
edificio religioso non rimangono che alcuni muri e il portale strombato con due colonnine a
capitelli fogliati; la lunetta superiore è decorata con due cornici in arenaria, l’una con motivo
a treccia e l’altra a foglie di vite. Una serie di preziosi capitelli, trasferiti dalla chiesa diroccata
alla contigua canonica, sono ora conservati al museo diocesano di Reggio Emilia che dal 2008
ospita anche la mensa d’altare prima visibile presso la Chiesa di S.Andrea al Castello delle
Carpinete. L’acquisto da parte del Comune della canonica e il successivo restauro hanno
consentito di ricavare una struttura ricettiva con ristoro ed ostello. San Vitale è raggiungibile
a piedi dal castello di Carpineti con mezz’ora di cammino percorrendo il ‘sentiero dorato’
o direttamente in auto, con l’ultimo tratto su strada sterrata. San Vitale è centro turistico
vivace, con una pluralità di offerte e di iniziative, collegate con la gestione del vicino castello.
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CORNETO - Toano
Il paese di Corneto è caratterizzato soprattutto dalla snella ed elegante torre campanaria secentesca attribuita ad Antonio Ceccati. Si tratterebbe dell’unica realizzazione
architettonica realizzata dai Ceccati, una celebre famiglia di ebanisti (a loro risalgono
molti altari lignei intagliati della montagna). Alla base è un largo barbacane; la struttura, in pietra con ricorsi angolari alterni, è scandita dalla sequenza delle finestrelle e
conclusa dalla cella a trifore con colonnette in arenaria, abbinate e scolpite a spirale.
La porta di accesso reca un architrave stemmato e datato 1668. L’edificio della chiesa
scomparve nel la prima metà del secolo XVI.
La ricostruzione, con la dedica a San Martino, è del 1620. Nel 1767 viene realizzato il
portichetto sul prospetto meridionale. Nel 1924 la Chiesa è allungata di 5 metri. L’attuale edificio è orientato liturgicamente con facciata a capanna; il portale d’ingresso,
del secolo XVII, è in arenaria con nicchia a frontespizio arcato. L’interno è in volto a
croce ribassata e abside a catino. Il restauro ha riguardato il campanile, la chiesa e un
immobile contiguo, utilizzato come canonica, ispirato nella decorazione al campanile.
La struttura in pietra di tutto questo complesso di edifici era rimasta indebolita per
il cedimento delle malte e la perdita di pietrame. Particolare cura è stata riservata al
campanile il cui degrado era molto avanzato e ne comprometteva la stabilità.
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GAZZOLO - Ramiseto
Nucleo situato alle falde orientali del monte Frecana, in comune di Ramiseto. È uno dei borghi meglio conservati dell’alta valle dell’Enza.Anticamente fu comune, contea e giurisdizione.
Nel 1214 Salinguerra di Ferrara giurava fedeltà al Papa: tra i beni a lui concessi si ricordano
anche quelli “in Gazolo”. Nel 1216 gli uomini di Gazzolo, insieme a quelli di Nigone e Ramiseto, giurarono che il loro territorio apparteneva al Vescovo di Reggio. Successivamente la
località è compresa nei feudi della famiglia dei Terzi e poi dei Vallisnera. In seguito gli Estensi
ne investirono la famiglia Molza che vi tenne il dominio sino alla soppressione dei feudi. Una
visita dell’abitato può partire dalla chiesa che presenta un portale quadrangolare sormontato
da un frontespizio con icona marmorea raffigurante S. Rocco, di fattura seicentesca. Nei
pressi della chiesa si osserva il complesso monumentale di Casa Cavaglieri, di cui si evidenzia
la torre cui è aggregata una serie di edifici con caratteri architettonici riferibili dal XV al XVIII
secolo. Un’altra casa a torre è situata all’interno del borgo ed ha subito alcuni rimaneggiamenti; sono tuttavia visibili alcune archibugiere, un cordolo di colombaia con finestrella ed un
concio con millesimo 1745, un’altra ancora si trova all’uscita dell’abitato. Un ampio portale
di ingresso ad una corte del paese è datato 1596; nell’interno è visibile un balchio con colonnine. Nelle adiacenze sono osservabili due finestre quadrangolari di fattura quattrocentesca
aperte nel paramento di una probabile casa a torre rimaneggiata: la finestra superiore reca
in architrave il millesimo 1480, la croce greca e due rose a sei petali inscritte. Un massiccio
edificio situato all’estremità nord del paese, presso un sottopasso, è caratterizzato da un
coperto in piane a quattro falde su pianta quadrata. Un secondo fabbricato mostra nella
facciata un portale tamponato sopraelevato a mensole concave. Un pilastrino di recente
costruzione si innalza all’estremità nord del paese racchiudendo una icona marmorea in
nicchia. Il restauro ha ripavimentato il paese e restituita all’antico decoro l’area della fontana.
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MONTEDELLO - Ramiseto
Il borgo di Montedello è situato in posizione assai panoramica, sulla sommità di una
stretta dorsale che domina l’alta valle del torrente Enza. L’abitato esisteva già nel medioevo: fu sede di comune e di contea, a testimonianza della sua importanza. In quell’epoca
vi si innalzava assai probabilmente anche un fortilizio, del quale rimane forse testimonianza nella torretta con sottopasso che sovrasta tuttora il paese. All’ingresso dell’abitato si innalza una pregevole costruzione, in bella muratura di pietra, caratterizzata da un
loggiato con archeggiature in arenaria. Proseguendo si incontra subito dopo l’oratorio
seicentesco del borgo, con pianta ad aula, ornato da un bel portale quadrangolare recante il millesimo 1675. A lato è visibile un secondo portale ad arco con chiave di volta
datata 1865. Poco oltre, lasciando sulla destra la facciata di un fabbricato recentemente
ristrutturato sul quale è stato inserito un portale di arenaria in falso stile, si raggiunge
un sottopasso sormontato da una piccola torre, forse abbassata a causa di eventi sismici.
Sono qui osservabili alcuni elementi costruttivi sicuramente attribuibili alla architettura
medievale; è particolarmente degno di nota un ampio portale a mensole convesse e
stipiti composti con un’architrave triangolare, che si staglia a livello del piano terreno,
appena al di sotto della “torre”. A breve distanza sono invece osservabili alcuni dei più
bei portali seicenteschi della alta val d’Enza, caratterizzati da archi a tutto sesto, decorati
a bugnato, con superfici finemente zigrinate, sormontati da artistiche chiavi di volta recanti stemmi, simboli e millesimi; una di queste, ornata con il simbolo della “rosa” a sei
petali, risale al 1642. Sono infine notabili alcune immagini devozionali in marmo apuano,
sparse nell’abitato o contenute entro le nicchie di altrettanti piccoli pilastri votivi. Per
rendere più gradevole e fruibile l’antico borgo, si è deciso di rifare la pavimentazione
in pietra di Bedonia e realizzare un sistema di illuminazione pubblica del tutto nuovo.
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FRASSINEDOLO - Busana
Il borgo di Frassinedolo è costituito da una piacevole e articolata aggregazione di edifici rurali, a 750 metri di altitudine, in uno degli scenari più belli dell’Appennino reggiano, sul versante che digrada verso il fiume Secchia, nell’area dei gessi triassici, ai confini
del Parco Nazionale. La cappella di Frassinedolo è ricordata già nei documenti relativi
alla Pieve di Campiliola nel 1153 ed in una carta del Monastero di Marola del 1197.
Nel 1240 la Comunità di Frassinedolo con 5 uomini presta il giuramento di fedeltà al
Comune di Reggio. Alla fine del XVIII secolo era soggetta a Bismantova e comprendeva una popolazione di 255 abitanti, al massimo della sua espansione demografica.
L’antica chiesa dedicata ai SS.Vincenzo e Anastasio andò distrutta a causa di una frana.
L’attuale edificio, che presenta un’elegante facciata a capanna, fu costruito nel 1822
grazie a un sussidio del duca Francesco IV. Nell’abitato figura anche un palazzotto
signorile ad impianto quadrato articolato su due livelli di probabile fattura settecentesca; la struttura è in pietra, intonacata, con angolari rifiniti a ricorsi alterni e portale
d’ingresso ad arco. La tradizione rurale dell’abitato è testimoniata da abitazioni, stalle,
fienili, magazzini, aie e abbeveratoti tutti orientati alla trasformazione e conservazione
di latte, formaggi fra cui il pecorino, castagne e prodotti del sottobosco. La pavimentazione del percorso storico in pietra arenaria, materiale tradizionale, la sistemazione
e il consolidamento di argini e scarpate, oltre al rinnovamento dell’illuminazione pubblica e delle reti tecnologiche, hanno reso più facile e godibile la fruizione dell’antico
borgo, oggi in buona parte utilizzato per le seconde case ma che presenta, ancora attive, alcune aziende agricole che tramandano la vocazione originaria di questo abitato.
24
CA’ FERRARI - Busana
Vi sono borghi che conservano testimonianze di un passato importante ma che, in epoca
moderna, si sono spopolati e hanno conosciuto un grave degrado. È il caso di Ca’ Ferrari, che
si trova nel comune di Busana a poca distanza dal centro turistico di Cervarezza. Il primo sviluppo di questi centri comincia in epoca alto medioevale con la fondazione, in alta val Secchia,
della Corte di Nasseta, dipendente dalla diocesi di Reggio e collegata al dominio dei Canossa.
Con la crisi del potere feudale il territorio passa sotto il controllo del comune di Reggio e poi,
dal Quattrocento, degli Estensi. È proprio nel XV secolo che l’abitato di Ca’ Ferrari conosce il
suo massimo sviluppo, in un periodo di ripresa demografica della montagna. Anche la struttura
urbanistica fa riferimento al periodo che va dal secolo XV al secolo XVII con esempi di edifici
a corte in pietra con angolari parzialmente rifiniti disposti a ricorsi alterni. L’oratorio dedicato
alla Madonna della Pieve presenta una semplice facciata a capanna con portale ad arco ribassato
ed oculo superiore. Intorno, boschi di castagno (che erano delle vere e proprie coltivazioni
necessarie al sostentamento alimentare) e cedui di faggio, utilizzati per il legname. I boschi
hanno subito un ridimensionamento fino a questo secolo per dare spazio alle coltivazioni
che venivano praticate nei versanti meglio esposti. In epoca recente Ca’ Ferrari ha conosciuto
lo spopolamento che ha ridotto tanti borghi a luoghi abbandonati, dai quali la popolazione
è emigrata in pianura o verso l’unico centro che ha dimostrato capacità attrattiva grazie al
commercio e ai servizi, Castelnovo Monti. Ora, una completa ristrutturazione urbana, con una
nuova pavimentazione e la riqualificazione dell’accesso al parcheggio, ha permesso il recupero
dei percorsi pedonali e degli spazi comuni, con sedute, illuminazione e aree verdi. La vivibilità del
borgo ne risulta accresciuta, con possibilità di ospitare attività espositive, ricreative e ambulanti.
Il visitatore vi troverà un ambiente confortevole, dove le tracce del passato sono rese leggibili
da un buon intervento di conservazione e valorizzazione.
25
LA ROCCA DI MINOZZO - Villa Minozzo
Il borgo di Minozzo è situato in prossimità di una roccia vulcanica (esattamente una
ofiolite diabasica) situata alla sinistra del torrente Prampola. Costituisce l’abitato più
importante del comune dopo il capoluogo Villa. La Corte di Minozzo appare citata per
la prima volta nel Diploma di Ottone II che, nel 980, conferma alla Chiesa reggiana beni
e privilegi. Minozzo risulta già essere sede della chiesa plebana dedicata alla Assunzione
di Maria Vergine e centro di una corte di pertinenza vescovile. Nel 1070 tra le località
in cui il Vescovo di Reggio teneva un proprio presidio troviamo il Castello di Melocio
che doveva far parte del sistema difensivo canossiano. Nel 1268, come buona parte dei
comuni della montagna, anche Minozzo è costretto a prestare giuramento di fedeltà al
Comune di Reggio. Negli anni seguenti, Minozzo passerà sotto il potere dei Dalli (1321),
dei Dalli con i Fogliani (1325) ed infine definitivamente ai Fogliani nel 1335. Dal 2006 i
resti della rocca, in proprietà del Comune di Villa Minozzo, sono oggetto di diverse campagne di scavo archeologico, con il restauro delle strutture superstiti e il rinvenimento
di importanti testimonianze dell’impianto medievale. L’edificio, o ciò che rimane di quel
castello che doveva essere imponente, si trova posizionato in cima alla roccia vulcanica,
nel luogo più elevato e protetto. Fu abbandonato in epoca relativamente recente (fino ai
primi decenni del secolo XIX ospitò importanti autorità amministrative) e il suo degrado fu rapido. Nonostante i vari crolli succedutisi nel tempo, i restauri hanno permesso
di leggere in modo abbastanza chiaro l’originale impianto architettonico in precedenza
ridotto a un cumulo di macerie e muri sbrecciati. Il nuovo intervento ha permesso il
consolidamento di numerosi tratti murari degradati e la messa in evidenza di locali di
cui non si sospettava l’esistenza.
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VALLISNERA DI SOTTO - Collagna
Il borgo di Vallisnera è costituito da due nuclei abitati situati a quote differenti. La parte
superiore è costituita da una paio di edifici dei secoli XVII e XIX. Più ricca la sezione
inferiore, detta “di sotto”, che in passato era dominata da una rocca di cui rimangono scarsissime tracce, essendo franato il monte su cui era collocata. Si possono ancora ammirare,
nel borgo, portali di foggia sei-settecentesca, stipiti, elementi in pietra scolpita, tipi edilizi
risalenti al XVIII e XIX secolo, nonché le frequenti immagini devozionali in marmo apuano,
alcune delle quali di vecchia fattura e di elevato pregio artistico.Tra la villa di sopra e quella
di sotto è stata edificata l’attuale chiesa parrocchiale, dedicata a San Pietro, già dipendente
nel 1146 della Pieve di Campigliola. La collocazione geografica di Vallisnera, al confine fra
i due contadi, caratterizzò le sue vicende storiche. Nel 1229 infatti il Comune di Parma,
vantando antichi diritti della sua chiesa, si impadronì della rocca. I reggiani protestarono
subito, vantando i propri diritti che consistevano nella elezione dei consoli e nel fatto che
molti abitanti avevano giurato fedeltà al Comune reggiano. Nel 1237 la vicenda si compose
con il giuramento definitivo di Buonaccorso di Vallisnera al Comune di Reggio. La famiglia
Vallisnera compare fin dal 1107 e deterrà il possesso del luogo con il titolo di Contea fino
alla soppressione dei feudi. Tuttora il cognome Vallisneri è ampiamente diffuso nel Reggiano. Il recupero del borgo è consistito in una sistemazione generale con la collocazione di
un corrimano di ferro lungo i vicoli in pendenza, nel rifacimento della copertura del lavatoio, nella pavimentazione del percorso storico di via San Rocco e nella razionalizzazione
delle reti tecnologiche. Benchè oggi sia appartato rispetto alla viabilità principale della
montagna, il borgo di Vallisnera merita di essere visitato per le sue caratteristiche edilizie
ma anche per i boschi che lo circondano e la rete dei sentieri che lo collega al crinale e al
vicino monte Ventasso con il suo celebre lago e la stazione turistica.
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CECCIOLA - Ramiseto
Cecciola è uno dei borghi rurali
d’alta montagna meglio conservati
fra quelli ancora caratterizzati da un
impianto urbanistico tradizionale e
da un patrimonio di edifici di interesse storico. Cecciola fu possesso
della famiglia feudale dei Vallisneri,
che ne aveva giurisdizione già nel
1357. Il borgo era collegato al parmense tramite una mulattiera che
conduceva a Vairo, varcando l’Enza
su di un ponte ad arco ora scomparso che, secondo la tradizione,
era stato realizzato da Matilde di
Canossa. La sua collocazione geografica in corrispondenza di versanti
esposti a sud, a modesta acclività
ed a breve distanza da estesi affioramenti arenacei particolarmente
adatti alla crescita del castagno, dimostra come la “fondazione” dell’abitato derivi da una meditata scelta
insediativa. Il nucleo è pregevole per
le caratteristiche paesistiche e per
i boschi di castagno. La conformazione dell’abitato consegue dalla necessità di assicurare un ostacolo alle
avversità climatiche, consentendo lo
svolgersi delle attività anche in presenza di venti o nevicate. Cecciola è caratterizzato da
un intreccio di viottoli, con numerosi sottopassi sui quali si affacciano rustici caseggiati
che mostrano antichi portali, alcuni dei quali risalenti al secolo XVI, e pregevoli immagini
devozionali in marmo apuano. Gli stretti vicoli conducono a piccole aie lastricate sulle
quali prospettano bassi fabbricati di servizio, denominati “tegge”, con tetti a doppio
spiovente, un tempo coperti in paglia di segale, entro cui erano ricavate stalle e fienili. Si
consiglia di iniziare l’itinerario di visita dalla estremità occidentale del borgo, seguendo
l’attuale via degli Orti: è qui visibile la dimora della famiglia Torri, abbellita in facciata da
finestre in arenaria scolpite, mentre a livello del suolo si apre un portale ad arco stilisticamente attribuibile al XVIII secolo. In questi anni una serie di interventi di recupero
hanno riqualificato gli spazi esterni e i principali edifici antichi, alcuni dei quali sono ora
adibiti ad ospitalità turistica rurale o a laboratorio.
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IL MULINO DI CERRETO ALPI - Collagna
Cerreto Alpi è uno storico borgo della montagna, coinvolto in un interessante progetto di
turismo di comunità. Alpestre villaggio, tra i più suggestivi dell’alto appennino, è caratterizzato da un nucleo antico sulla sommità di uno scoglio roccioso che si eleva alla confluenza
tra il canale Cerretano ed il fiume Secchia. L’asprezza dei luoghi è descritta da Filippo Re alla
fine del settecento che nel suo “Viaggio agronomico nella montagna reggiana” dice testualmente: “Situata poco lunge dall’origine di Secchia al Nord-Est, cinta dall’alpi al Sud ed Ovest,
rimane esposta a tutta la furia dell’Aquilone. L’inverno vi è qui lunghissimo e crudele”. Luogo
di antichissime memorie, è probabilmente identificabile con la “curte in loco… Cereto…
juxta fluvio… Siecla” che la Regina Cunegonda donò al Monastero di Parma nell’835. L’abbondanza di legname permise l’impianto, nei secoli scorsi, anche di una attività metallurgica.
Un mulino in Cerreto Alpi è menzionato nel 1458 anche se l’attuale edificio, posto ai margini
meridionali del paese, risale probabilmente al secolo XIX. Presenta una pianta rettangolare
sviluppata su due livelli e conserva tutt’oggi un tipologia di grande interesse. Nel 1963 ha
cessato definitivamente l’attività molitoria. Un primo intervento di recupero si è svolto nel
rispetto delle caratteristiche originarie dell’edificio conservando l’antico mulino così com’era all’origine, compreso l’impianto macinante a pale orizzontali. Un secondo intervento è
l’esempio di un progetto di ristrutturazione interna al fine di ricavarvi un alloggio turistico. Il
salone è dominato dalla macina in pietra d’arenaria, mentre due accoglienti soppalchi creano
un angolo intimo e appartato. Si è provveduto inoltre all’inserimento di soluzioni moderne
(angolo cottura, bagno) in un contesto tradizionale con l’accostamento della pietra a vista al
legno, creando così inaspettati effetti.All’esterno, oltre alla realizzazione di un’area con tavoli
e barbecue, è stato predisposto un percorso escursionistico di avvicinamento che introduce
al tema dell’acqua e che si raccorda con la rete sentieristica del CAI.
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LIGONCHIO
Il centro storico di Ligonchio è
suddiviso in due agglomerati urbani situati rispettivamente a nord
ed a sud di un ripido colle, detto
monte Castello, sul quale nel medioevo si ergeva un’importante
torre difensiva . Questi due nuclei
sono situati a quote differenti e nel
loro interno sono suddivisi in alcuni rioni che conservano un interessante e vario patrimonio ambientale. In corrispondenza dei caseggiati
adiacenti alla chiesa (ricostruita
dopo il terremoto del 1920) sono
osservabili numerosi elementi costruttivi risalenti al XVII e XVIII
secolo. A breve distanza è osservabile un fabbricato di probabile
origine settecentesca, con portale
in arenaria ad arco cuspidato che
si apre a livello del piano terreno. Proseguendo lungo la strada
maestra si raggiunge, dopo poche
decine di metri, un agglomerato di
caseggiati, con stretto sottopasso,
ove sono visibili alcuni interessanti
fabbricati d’epoca: tra questi è notabile una rustica costruzione con
strette finestre riquadrate e massiccia muratura in pietra, indicativa delle caratteristiche costruttive degli edifici rurali
alto appenninici del XVIII secolo. A breve distanza, presso il sottopasso, è invece visibile
un portale ad arco con chiave di volta incisa, risalente al XVIII secolo; poco oltre si stagliano alcuni essiccatoi per castagne, con caratteristica pianta rettangolare e tetto a due
spioventi. Lo sviluppo urbanistico negli ultimi tempi ha in pratica fuso i due storici rioni
originari in un unico abitato, caratterizzato dalla presenza della grande centrale idroelettrica entrata in esercizio nel 1922. Il corpo principale è costituito da una elegante
architettura industriale in stile art-nouveau. La centrale dava lavoro un tempo a molte
persone. Oggi è completamente automatizzata e ospita dal 2009 in alcuni spazi resisi
liberi l’Atelier dell’acqua e dell’energia nato dalla collaborazione tra il Parco Nazionale
dell’Appennino Tosco-Emiliano e Reggio Children. Nei pressi, un recente intervento
privato ha realizzato un villaggio turistico moderno, con ampia capienza, rilanciando il
ruolo di Ligonchio come metà importante di turismo estivo. I recuperi edilizi effettuati
nell’abitato storico hanno consentito di ripavimentare le vie principali, di sistemare le
reti tecnologiche e di manutenere argini e scarpate.
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CIVAGO - Villa Minozzo
Località situata sulle pendici alla sinistra del torrente Dolo. L’abitato
sorge in prossimità dell’antica via
medioevale che, attraverso il passo
delle Forbici, conduceva in Toscana.
Il collegamento con la Toscana era
un tempo più importante di quello
a sud verso la pianura padana che
potè giovarsi di una strada carrozzabile, collegata con il capoluogo provinciale Reggio Emilia, solo
nel 1956. Civago, definita “la perla
d’Appennino” per il suo sviluppo
turistico (ospitò anche una stazione sciistica, ora dismessa), si colloca
nell’alta valle del Dolo, in un luogo
eccellente per le escursioni verso
il monte Cusna, i rifugi e i sentieri
del crinale. L’ampia conca di Civago
fu frequentata sin dalla più remota
antichità; ne sono testimonianza reperti archeologici risalenti al mesolitico ed all’età del bronzo, rinvenuti
in diversi luoghi; ancora oggi i versanti montuosi circostanti Civago
sono caratterizzati da numerosi nuclei rurali, talvolta di antica origine,
il cui sviluppo è stato incrementato
dalle favorevoli condizioni morfologiche dei luoghi. Civago mostra un impianto urbanistico caratterizzato da lunghe
schiere di fabbricati affacciantesi su un’unica “strada maestra” che fiancheggia il Dolo.
Affermatosi probabilmente come antico alpeggio dei borghi della media Val Dolo,
conservava sino a pochi anni fa numerosi caratteristici fabbricati in legno con tetto di
paglia (denominati “capanne”), la cui tecnica costruttiva risaliva a modelli assai antichi.
Ancor oggi è possibile osservare qualche traccia di queste vecchie costruzioni, il cui
originario manto di copertura è tuttavia stato sostituito da lamiere ondulate. All’ingresso del paese è visibile la chiesa parrocchiale, con facciata a capanna, caratterizzata
da un bel portale in arenaria di foggia ottocentesca. Elementi costruttivi risalenti alla
seconda metà dell’ottocento si incontrano anche in altre parti dell’abitato, attestando
come a tale periodo debba essere attribuita la maggior parte dei fabbricati attualmente esistenti.
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IAT REGGIO EMILIA
via Farini, 1/A - 42121 Reggio Emilia
Tel. 0522 451152 - Fax 0522 436739
[email protected] - www.municipio.re.it/turismo
UIT GUASTALLA
via Gonzaga, 16 - Palazzo Ducale - 42016 Guastalla
Tel. 0522 839763 - Fax 0522 839763
[email protected] - www.guastallastoriaecultura.it
IAT APPENNINO REGGIANO
via Roma, 79/E - 42035 Castelnovo Monti
Tel. 0522 810430 - Fax 0522 812313
[email protected] - www.appenninoreggiano.it
UIT SCANDIANO
p.zza della Libertà, 6 - 42019 Scandiano
Tel. 0522 764238 - Fax 0522 852323
[email protected] - www.terradelboiardo.it
UIT TERRE DI CANOSSA
Località Rossena, 83 - 42026 Canossa
Tel. 0522 877239 - Fax 0522 872225
[email protected] - www.matildedicanossa.it
UIT MUSEO DEL SUGHERO CERVAREZZA
p.zza 1° Maggio - 42032 Cervarezza di Busana
Tel. 0522 890655 - Fax 0522 890749
[email protected]
UIT CORREGGIO
c.so Cavour, 7 - Palazzo dei Principi - 42015 Correggio
Tel. 0522 631770 - Fax 0522 641105
[email protected]
UIT CERRETO LAGHI
p.le del Lago, 3 - 42037 Cerreto Laghi (Collagna)
Tel. 0522 898182
[email protected]
PER UNA RICERCA IN INTERNET
http://reggioemiliaturismo.provincia.re.it
sito turistico della Provincia di Reggio Emilia
www.guastallastoriaecultura.it
sito dello UIT di Guastalla
www.municipio.re.it/turismo
sito dello IAT di Reggio Emilia,
inserito nella rete regionale
www.terradelboiardo.it
sito dello UIT di Scandiano
www.appenninoreggiano.it
sito dello IAT di Castelnovo Monti,
inserito nella rete regionale
www.emiliaromagnaturismo.it
rete regionale delle informazioni turistiche
www.matildedicanossa.it
sito dello UIT Terre di Canossa
www.parcoappennino.it
sito del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano
www.stradavinicortireggiane.it
sito della Strada dei Vini e dei Sapori
delle Corti Reggiane
www.stradaviniesapori.re.it
sito della Strada dei Vini e dei Sapori
Colline di Scandiano e Canossa
Provincia di Reggio Emilia, servizio sviluppo economico, agricoltura e promozione del territorio
novembre 2013
www.kaiti.it
UFFICI DI INFORMAZIONE E ACCOGLIENZA TURISTICA
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