RS RS Anno XXXVI RICERCHE STORICHE Direttore Ettore Borghi Direttore Responsabile Piergiorgio Paterlini Coordinatore di Redazione Glauco Bertani Comitato di Redazione Laura Artioli, Glauco Bertani, Michele Belelli, Antonio Canovi, Maria Nella Casali, Alberto Ferraboschi, Cesare Grazioli, Francesco Paolella, Marco Paterlini, Massimo Storchi, Antonio Torrenzano, Lella Vinsani, Antonio Zambonelli N. 94 dicembre 2002 Rivista semestrale di Istoreco (Istituto per la storia della resistenza e della società contemporanea in provincia di Reggio Emilia) In copertina foto di documenti provenienti dal Fondo «Archivi IstorecoEgidio Baraldi». Le foto di Prampolini e Zibordi che corredono il saggio di M. Festanti provengono dalla fototeca della Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia. Direzione, Redazione, Amministrazione Via Dante, 11 - Reggio Emilia Telefono (0522) 437 327 FAX 442 668 http://www.istoreco.re.it e.mail: [email protected] Cod. Fisc. 80011330356 Prezzo del fascicolo Numeri arretrati il doppio Abbonamento annuale Abbonamento sostenitore Abbonamento benemerito Abbonamento estero 10,33 20 52 258 30,00 I soci dell'Istituto ricevono gratuitamente la rivista I versamenti vanno intestati a ISTORECO, specificando il tipo di Abbonamento, utilizzando il Conto Corrente bancario BIPOP-CARIRE n. 11701 oppure il c.c.p. N. 14832422 La collaborazione alla rivista è fatta solo per invito o previo accordo con la redazione. Ogni scritto pubblicato impegna politicamente e scientificamente l’esclusiva responsabilità dell’autore. I manoscritti e le fotografie non si restituiscono. Stampa GRAFITALIA - Via Raffaello, 9 Reggio Emilia Tel. 0522 511.251 Fotocomposizione ANTEPRIMA - Via Gramsci, 104/f Reggio Emilia Tel. 0522 271185 Editore proprietario ISTORECO Istituto per la Storia della Resistenza e della Società contemporanea in provincia di Reggio Emilia cod. fisc. 80011330356 Registrazione presso il Tribunale di Reggio Emilia n. 220 in data 18 marzo 1967 Con il contributo della Fondazione Pietro Manodori «E qui si è discusso e stiamo ricordando un evento centrale e terribile nella vita di questo secolo: la persecuzione e gli atti che compì il nazifascismo nel cuore del secolo e contro cui io imparai faticosamente, anche con errori, a combattere. Semmai il mio dubbio è che noi che vivemmo quelle vicende e quegli orrori, non riusciamo ancora a raccontare come dovremmo quello che abbiamo visto». PIETRO INGRAO, 1999 Indice Editoriale Giannetto Magnanini, Istoreco e le sfide del nuovo millennio 7 Ricerche Maurizio Festanti, Le lettere di Camillo Prampolini a Giovanni Zibordi. 1921-1929 «Camerati contadini» in Germania Introduzione, e.b. – don Angelo Cocconcelli, 66 – Walter Cilloni, 72 – Peppino Gatti, 84 – Leonardo Rossi, 93 – Postfazione, e.b. 101 11 63 I 1170 civili deportati in Germania dalla provincia di Reggio Emilia Antonio Zambonelli, Qualche nota introduttiva Egidio Baraldi, Deportazione dei civili: i nomi e i luoghi 103 Giovanna Caroli, Deportati a Kahla 133 Marco Paterlini, Mercato nero: colpa vostra! Una questione di morale e politica 137 107 Memoria Maurizia Morini, Mi ricordo… Voci dal fronte. Lettere inviate ad Annita Malavasi 171 177 Note e rassegne Lucia Bonfreschi, Convegno: «La costituzione del consenso. Ordine, Legittimità e Resistenza nei sistemi politici europei, secoli XIX e XX», Bologna, Dipartimento di Politica, Istituzioni e Storia, 13-14 settembre 2002 183 Recensioni 187 Ultime acquisizioni della biblioteca di Istoreco 197 Istoreco e le sfide del nuovo millennio GIANNETTO MAGNANINI L'assemblea annuale di Istoreco del maggio scorso ha messo in evidenza l'acuto punto di crisi in cui si è trovato l'istituto nel contesto della situazione politica e istituzionale, ma anche nelle sue funzioni e nei suoi rapporti interni: tra comitato direttivo, soci fondatori, soci ordinari, collaboratori, ricercatori, con il territorio e la società civile su cui siamo chiamati ad operare. Le difficoltà di Istoreco non sono peculiarità proprie ma a livelli diversi si pongono in tutti gli altri sessanta istituti presenti sul territorio nazionale e anche nell'Insmli (Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia). Su queste cause esterne e interne siamo chiamati a misurarci. Per tale scopo abbiamo promosso un seminario programmatico per il 15 novembre aperto a contributi esterni e una conferenza di organizzazione per l’11 dicembre. Sul piano nazionale assistiamo ad una campagna aggressiva da destra che non basta più definirla di revisionismo storico. C'è un'azione aperta per una nuova egemonia culturale che si basa sul capovolgimento di valori e giudizi acquisiti da oltre cinquant’anni di studi, ricerche, riflessioni e su principi sanciti sin dal 1948 sulla Carta costituzionale. Sono messi in questione i dati della storia (avvento del fascismo, fascismo, antifascismo, vittoria della coalizione mondiale contro il fascismo e il nazismo) e dell'affermarsi e del riconoscersi nei principi di libertà, di democrazia, di socialità e solidarietà con le categorie più deboli, del valore del lavoro, della convivenza e emulazione pacifica tra i popoli, del ripudio della guerra e del terrorismo per risolvere i conflitti fra gli stati e i conflitti sociali. Il capovolgimento dell'interpretazione storica sta nel cancellare cosa è stato il fascismo, nel rivalutarlo, nel promuovere il razzismo in una società sempre più multietnica e multiculturale. Tutto ciò avviene senza una rivisitazione documentata sulle vicende del passato, ma solo miserevoli rivalutazioni di uomini e fatti del passato (Mussolini, Balbo, Anfuso, El 7 Alamein, ecc...) confidando sul possesso monopolistico dei mezzi d'informazione. In questa condizione sono devianti i richiami ad una condivisione acritica della storia italiana. La condivisione sta solo nell'accettazione dei valori della democrazia e nei principi fondamentali sanciti dalla Costituzione. Pertanto è bene continui la ricerca storica e il confronto su diverse opzioni storiografiche. L'impegno di Istoreco non può che continuare con la stessa determinazione del passato, ma deve soprattutto allargarsi e estendersi in un confronto esterno con altri istituti di ricerca. Per quanto si riferisce al passato possiamo affermare di aver adempiuto a quanto stabiliscono gli articoli dello statuto di Istoreco: raccogliere, conservare, documentare, diffondere il materiale e la memoria storica della Resistenza reggiana e nazionale promuovendone lo studio e la ricerca. In questi trentacinque anni di esistenza Istoreco si è affermato svolgendo un importante e grande lavoro con studi, pubblicazioni, favorendo la formazione e l'impegno di molti giovani ricercatori. Istoreco deve sempre più identificarsi come istituto culturale che svolge compiti di servizio e di ricerca. In questi mesi non siamo stati fermi, non ci siamo solo macerati sull'interrogativo del che fare. Vi sono atti che dimostrano le potenzialità che possiamo esprimere. Innanzi tutto, vi è la convenzione con l'amministrazione comunale di Reggio che affida ad Istoreco la gestione dei servizi del Polo archivistico, attiguo agli uffici della nostra sede. Nello stesso luogo dell'archivio storico del comune di Reggio si sono aggiunti gli archivi della Camera del lavoro, dell'Udi, del Pci, della Federazione delle cooperative, dell'Anpi, dell'Istoreco, di altri enti e personalità reggiane. Da ciò derivano compiti importanti che vedono impegnati collaboratori dell'Istoreco e che favoriscono il formarsi di nuovi storici, documentaristi, archivisti e offrendo a tutta la cittadinanza la possibilità di fruire della memoria della città e della provincia. Altre attività importanti sono: l'uscita del numero 94 di «Ricerche storiche», il programma didattico per l'anno 2002-2003, l'attività della sezione esteri, già impegnata nelle celebrazioni e nelle iniziative del 25 aprile e del 60° della fine del fascismo e dell'inizio della lotta armata per la liberazione del nazismo e fascismo. Inoltre, vi è il sito su Internet di tutte le informazioni dell'Istituto. Altre iniziative di studi si sono intraprese (don Pasquino Borghi, circoscrizioni, stragi nazi-fasciste, luglio 1960, centrale di Ligonchio e difesa delle strutture economiche sul finire della guerra). In queste settimane si è aggiunta una convenzione con la Legambiente e con organi cooperativi per salvaguardare materiali archivistici e stabilire nuovi rapporti di collaborazione. L'impegno che si impone ora è quello di definire una progettazione culturale complessiva che intrecci le domande del presente per costruire il futuro con la conoscenza e gli insegnamenti che si possono trarre dallo studio di tutto l'arco del secolo scorso. Del resto l'Istituto, già da anni, ha modificato il proprio statuto richiamandosi non solo allo studio della Resistenza ma della società contemporanea. Sinora ha prevalso lo studio e la ricerca sul periodo resistenziale ed è stato questo un lavoro ottimo. Deve essere perseguito ma deve arricchirsi, ampliarsi. Temi centrali per le generazioni del Duemila sono quelli della pace, del valore del lavoro, del rispetto di ogni nazionalità, diversità di razza, di religione, di patrimonio culturale. Dobbiamo produrre studi sulle guerre del '900 (due guerre mondiali, guerre coloniali e locali). Centinaia di milioni di morti: a cosa hanno servito? Centinaia di migliaia di giovani italiani tra il 1915 e il 1918 e tra il 1940 e il 1945 sono morti senza conoscere e odiare chi li uccideva e loro stessi venivano chiamati ad uccidere senza conoscere e odiare i giovani degli altri paesi. Centinaia di migliaia di giovani durante la prima guerra sono stati colpiti dalla 8 follia, dalla nevrosi, da altre malattie, sono stati renitenti, disertori, processati, condannati e anche fucilati. Campagne nazionalistiche, l'avvento del fascismo, altre guerre portate dal fascismo in Africa e in altri paesi dell'Europa hanno dato morte e distruzioni inenarrabili. Ora si cerca di coprire e di cancellare l'opera nefasta del fascismo, germi diffusi dell'antisemitismo e del nazionalismo. Vanno studiati i processi culturali e ideali sulle radici dell'antifascismo, di una nuova concezione europea, del vivere in società multietniche che non possono nutrire germi razzisti e nazionalisti. Lo studio deve affrontare anche la seconda parte del secolo scorso, in particolare i processi di costruzione della democrazia, l'esperienza degli amministratori popolari negli enti locali almeno dal 1946 al 1970 all'atto della costituzione dell'Ente regione. Un vasto campo riguarda lo studio delle profonde trasformazioni economiche e sociali dal '45 a fine secolo e delle molteplici forme dell'associazionismo democratico. Per operare in questo contesto Istoreco non può essere autoreferenziale, chiudersi in sé, deve aprirsi in un ruolo propositivo e competitivo con altre istituzioni culturali presenti in provincia (museo Cervi, Centro Prampolini, costituendo «R60» della CdL., altri centri culturali e riviste) ed in particolare con l'Università, ma anche sul piano regionale e nazionale e con un coordinamento centrale dell'Insmli che con il primo gennaio del 2003 diventerà privato. Un rapporto si dovrà stabilire anche con altri istituti (Gramsci, Basso, Luigi Sturzo, Fondazione Di Vittorio, Fondazione Feltrinelli). Istoreco deve sempre più essere centro di ricerche e di servizio. Già offre notevoli funzioni sul piano didattico con le scuole, di collaborazione a enti locali nei momenti delle campagne celebrative. Offre un servizio alla cittadinanza con la sua ricca biblioteca specializzata con l'archivio del movimento partigiano e della Rsi con la fototeca, l'emeroteca e la videoteca. Su questi temi (biblioteca, archivio, comunicazione, rivista «Ricerche storiche», comitato scientifico, sezione esteri, ecc...) si richiede una puntuale riflessione per corrispondere sempre meglio alle esigenze pubbliche. Infine, va ulteriormente riflettuto il rapporto con gli enti fondatori (Amministrazione comunale di Reggio, Amministrazione provinciale, organizzazioni partigiane Anpi e AlpiApc, Istituto Cervi) e in particolare con i comuni della provincia sulle questioni che abbiamo posto e che riguardano il contributo che può ampliare l'Istoreco sul piano delle ricerche e delle funzioni degli enti locali stessi. 9 Ricerche Le lettere di Camillo Prampolini a Giovanni Zibordi. 1921-1929 MAURIZIO FESTANTI Con la donazione delle carte di Giovanni Zibordi, voluta con generosa sensibilità dalla figlia Freja nel 1986, la Biblioteca Panizzi ha potuto acquisire una documentazione di straordinario interesse su vicende e protagonisti della storia contemporanea della nostra città. Le lettere che pubblichiamo in questa sede sono una concreta testimonianza dell’importanza che l’Archivio Zibordi riveste non solo per chi intenda approfondire lo studio di una delle figure più rilevanti della storia del socialismo reggiano, ma anche per chi voglia ricostruire alcune delle pagine più significative della nostra storia recente. Tra i numerosi motivi di interesse l’archivio offre anche la possibilità di integrare la corrispondenza tra Prampolini e Zibordi, fino ad oggi nota solo attraverso le lettere inviate dal secondo al primo, pubblicate da Renato Marmiroli nella sua edizione del carteggio prampoliniano1. Tra la carte di Zibordi sono state invece conservate le lettere inviategli da Prampolini, offrendoci così la possibilità di completare il quadro dei loro rapporti e di conoscere più a fondo le loro personalità. Le lettere di Prampolini abbracciano gli anni 1921-29: il periodo cruciale e drammatico della dispersione, sotto i colpi dell’assalto fascista, del grande patrimonio politico, sociale ed economico accumulato in trent’anni di lotte e di realizzazioni dal socialismo riformista reggiano. Proprio uno dei colpi più violenti del fascismo, l’ostracismo a Zibordi ed il suo definitivo esilio da Reggio, è all’origine di questo scambio epistolare. Per la prima volta infatti, dopo i diciassette anni in cui Prampolini e Zibordi avevano lavorato fianco a fianco quotidianamente, nella redazione della «Giustizia» in via Gazzata, si frapponeva tra i due una distanza che richiedeva di essere colmata da una fitta corrispondenza. L’urgenza dei problemi che questa forzata lontananza comportava, rischiando di compro- 11 mettere la sopravvivenza stessa della «Giustizia», la sola voce rimasta a contrastare la sopraffazione fascista, mette a nudo le diverse personalità dei due leader del socialismo reggiano. La drammaticità del momento storico e il filtro costituito dal rapporto epistolare consentono ad entrambi di aprire il proprio animo con tutta la franchezza e la sincerità che solo una forte e reciproca fiducia consente. Così Prampolini può confessare apertamente la nevrosi che spesso gli paralizza la mente e gli blocca il pensiero, lasciandolo inerte anche nei momenti in cui la sua parola sarebbe più necessaria e soprattutto facendogli penosamente misurare lo scarto tra le sue reali possibilità e le responsabilità politiche a cui è chiamato. Mentre Zibordi può dichiarare la propria inadeguatezza ad affrontare le situazioni di scontro e di conflitto, quando dalla parola si deve passare all’azione e mettere a repentaglio non solo la propria, ma anche l’altrui incolumità. Diversi dunque i caratteri e i temperamenti, ma identiche le convinzioni politiche, fondate sulla stessa concezione «pragmatica» degli interessi del proletariato e sulla condivisione dell’esperienza concreta di un riformismo che rifugge da promesse palingenetiche e che risulta vincente nella sua strategia del passo dopo passo, dell’azione quotidiana, della propaganda continua, dell’organizzazione costruita giorno per giorno. Non ci sono divergenze o difformità di vedute tra loro su questo terreno. Come non ci sono naturalmente nella profonda avversione verso ogni forma di massimalismo e nel disprezzo nei confronti delle «bestie ubriache in camicia nera», come Prampolini definisce i fascisti. Com’è naturale, nelle lettere gli argomenti e le valutazioni di natura politica si intrecciano con i temi della sfera privata, finché questi ultimi prendono completamente il sopravvento dal 1926, quando il timore di controlli e di sequestri chiude ogni possibilità di confronto politico anche solo attraverso la corrispondenza privata. Nelle ultime lettere di Prampolini si avverte, annidato tra i problemi e le incombenze della vita quotidiana, un senso inespresso di angoscia per un’intera stagione politica ormai avviata ad un triste tramonto, a cui si aggiunge il tormento per i disagi dell’esilio, per le ingiustizie subite, per l’incertezza del futuro, per le sofferenze della malattia. Anche nella sfera familiare, oltre che in quella politica, Prampolini e Zibordi si trovano a condividere, come padri, le stesse ansie e preoccupazioni: il primo per le difficoltà e le delusioni incontrate dalla figlia Piera nella sua professione di cantante lirica, alla faticosa ricerca di contratti e scritture; il secondo per la salute cagionevole della figlia Freja, costretta ad interrompere gli studi a causa della fragilità della sua costituzione fisica. La corrispondenza tra i due massimi protagonisti della storia del socialismo reggiano, nel clima drammatico della nascita e dell’affermazione del fascismo, ci offre dunque uno spaccato delle loro personalità e dei loro rapporti assai ricco di spunti e di motivi di interesse2. Anche se ci si deve rammaricare che essa non sia completa: le lettere intercorse tra loro dovettero essere molto più numerose di quelle che ci sono pervenute. L’esame della sistemazione dell’archivio Zibordi mette in evidenza infatti come egli abbia operato una selezione dei documenti da conservare. L’organizzazione interna dell’archivio testimonia in modo chiaro l’estrema cura con cui Zibordi, in un’epoca imprecisata ma certo tarda, dette un ordinamento organico alle sue carte, raccogliendole in buste sulle quali appose di sua mano una titolazione e in molti casi un preciso indice analitico del contenuto. È in questa fase di ordinamento complessivo che Zibordi con ogni probabilità decise quale documentazione conservare e quale invece gettare perché ritenuta scarsamente significativa. Le lettere di Prampolini non fanno eccezione, tanto che in alcune di esse è rimasta la traccia fisica, dovuta all’umidità, di altri biglietti o di altre lettere che erano state conservate 12 assieme a tutta la corrispondenza, ma che poi Zibordi ha ritenuto di non dover conservare. Certo si tratta di una prassi abbastanza abituale; meno consueta è invece l’operazione compiuta da Zibordi sulle stesse lettere conservate: allo scopo di risparmiare spazio, egli infatti ha provveduto spesso a ritagliare brani più o meno lunghi di lettera, eliminando la parte restante. A tali brani, quasi fossero schede utilizzabili in seguito, ha dato spesso un titolo, come nel caso dei brani di lettera del 13 aprile e del 10 agosto 1921, intitolati rispettivamente «Il rogo» e «Corgini» 1921. Zibordi giunge persino a rifilare i margini delle lettere di maggiore formato, cancellando a volte dati significativi nel caso di carte intestate, e a tagliare a metà le cartoline illustrate, di cui conserva solo la parte di sinistra con il testo. Si deve tuttavia al suo scrupolo di conservare ordinatamente il materiale documentario da lui raccolto a partire dal 1921 (la documentazione precedente andò quasi totalmente perduta nell’incendio del suo ufficio presso la redazione della «Giustizia» da parte dei fascisti) se oggi è possibile aggiungere tasselli importanti nella ricostruzione di vicende decisive della nostra storia recente. 1 Gli eventi del marzo-aprile 1921, che vedono i fascisti assaltare le sedi della Camera del Lavoro e della «Giustizia» ed attentare all’incolumità fisica dei leader del socialismo reggiano, sono noti e ampiamente riportati in tutte le ricerche storiche relative al periodo3. Ne richiamiamo solo i momenti essenziali, necessari alla comprensione del contesto in cui si collocano le lettere. Il 22 febbraio 1921 viene discussa alla Camera un’interrogazione di Zibordi sulla «Situazione della pubblica Sicurezza a Reggio Emilia»: in risposta alle assicurazioni del governo, il parlamentare reggiano denuncia le violenze fasciste che avevano provocato poche settimane prima le prime due vittime a Correggio4. Lo stesso Zibordi sollecita al ministero degli Interni l’invio di un ispettore che possa condurre un’indagine sulla situazione locale e tentare un’azione di pacificazione. Al ministero stesso inoltre erano giunte informative circa l’atteggiamento di acquiescenza, se non di aperto favore, verso i reati commessi dai fascisti tenuto dal vice-commissario di Pubblica sicurezza Marca e dal capitano dei Carabinieri Umberto Cazzaroli. Il ministero decide l’invio a Reggio dell’ispettore Trani e, viste le risultanze della sua inchiesta, dispone il trasferimento dei due funzionari. A questa notizia i fascisti, che attribuiscono la responsabilità del trasferimento allo stesso Zibordi, decidono di inviare una delegazione di tre rappresentanti, tra cui i segretario politico Milton Lari, a parlamentare con Prampolini e Zibordi per ottenere la revoca del provvedimento. L’incontro avviene il 14 marzo nella sede della «Giustizia» e si conclude in modo drammatico: all’uscita dalla redazione, i due parlamentari socialisti sono aggrediti da gruppi di fascisti che si erano riuniti nelle vie adiacenti e che si mettono al loro inseguimento. Prampolini e Zibordi riescono a stento a sottrarsi agli inseguitori e a riparare all’interno dell’abitazione di Prampolini, in Via Porta Brennone, mentre contro la porta d’ingresso vengono esplosi due colpi di arma da fuoco5. Già il giorno successivo dunque Zibordi è costretto ad allontanarsi da Reggio e a riparare a Roma. Una sua fugace riapparizione in città, la vigilia di Pasqua, provoca l’immediata reazione dei fascisti che continueranno a applicare l’ostracismo nei suoi confronti, informando le autorità che la presenza di Zibordi non sarebbe stata tollerata. Con questa lettera Prampolini trasmette a Zibordi il messaggio ricevuto dal prefetto Boniburini e vi aggiunge un proprio commento e l’annuncio di aver aderito alla sua richie- 13 sta anche a nome di Zibordi stesso. [Carta intestata:] Il Prefetto di Reggio Emilia 26 marzo 1921 Onorevole, Come sarà stato notato anche da Lei, il ritorno dell’On. Zibordi a Reggio ha ravvivato le ire e provocato subito incidenti, che, ripetendosi, potrebbero determinare quel fatto grave, che tutti temiamo e deprechiamo per la nostra Reggio. Io ho continuato a parlare colle persone più influenti; ma ho creduto anche mio dovere di avvertire oggi stesso il Ministero e rinnovargli la raccomandazione già fatta, per la pacificazione degli animi, di revocare il trasloco del vice commissario di P. S. Marca e almeno sospendere quello del capitano dei carabinieri Cazzaroli. Ma il mio telegramma non può avere l’efficacia che avrebbe la parola autorevole della S. V. e dell’On. Zibordi, pronunciata nello stesso senso e per lo stesso scopo. Mi permetto quindi di esprimerle il parere che sarebbe molto opportuno ed utile che le Signorie Loro appoggiassero validamente la mia proposta presso S. E. il Ministro dell’Interno (Gabinetto), al quale ho indirizzato il mio telegramma. Col maggiore ossequio Devotissimo Boniburini [a matita] Carissimo Giovanni – Ieri sera, appena ricevuto questo … documento che potrai conservare, cercai del prefetto ma non lo trovai. Sono stato esitante e poi mi sono deciso a valermi anche del tuo nome inviando al Ministero il seguente telegramma: Fermo proposito contribuire pacificazione animi, aderiamo pienamente proposta prefetto revoca trasloco Cazzaroli Marca. Non ho detto niente a nessuno e la responsabilità dell’atto è tutta mia. Credo di non aver sbagliato. Non ho nessuna fiducia nell’intelligenza, dignità ed energia del prefetto e non m’illudo che si sia resa di molto più vicina la pacificazione, ma sono convinto che sia nostro dovere cercarla con ogni mezzo, a costo di qualsiasi nostro sacrificio d’amor proprio: e d’altra parte mi sembra che sarebbe stato anche poco abile contenerci in modo da lasciar al prefetto la possibilità di dire che la pacificazione non l’abbiamo voluta noi. S’intende che al Prefetto stamattina, se gli potrò parlare, farò sapere che io e tu anche questa volta, come sempre, siamo pienamente d’accordo ed abbiamo decisa insieme la spedizione del telegramma. *** Ho visto ora (9.45) l’uomo. Mi ha riferito che i dirigenti delle Associazioni patriottiche (quelli della Battisti) gli promisero categoricamente di adoperarsi in ogni modo presso i giovani fascisti a portare la lotta su un terreno di civiltà, qualora fosse riparata la ingiustizia che essi pure deplorano ed han preso l’impegno di cancellare. Vedremo! Ti mando la Giustizia dove è orribilmente mutilato un brano del Corriere della Sera accennante a un tema sul quale noi dovremo molto insistere6. 14 Non ho il Giornale di Reggio, ma dirò alle tue donne di portartelo. Certamente parlerà della giornata di ieri; e tu potrai, spero, rispondere in tempo per la Giustizia di martedì7. Ricordati sempre: molta…didascalica, e niente ironia! A costo di parer ingenui fino alla follia, bisogna fare lo sforzo inaudito di tentar di persuadere gli stessi giovani fascisti dell’iniquità e inciviltà della loro violenza. Così si prepara la nostra rivincita nell’opinione pubblica. Ciao. Tuo Camillo 2 29/3/’21 Carissimo – Ho ricevuto le lettere. Corradini8 ha risposto telegraficamente che apprezza il nostro atto e lo crede utile allo scopo della tranquillità cittadina; ma poi soggiunge che per ragioni di disciplina e dopo tutto ciò che è avvenuto crede incompatibile la permanenza dei due funzionari a Reggio. Al prefetto, comunicandogli questo telegramma, ho osservato che egli avrebbe dovuto chiedere non la revoca, ma un supplemento di inchiesta, con l’impegno però da parte di tutti di considerare inappellabile quella qualsiasi decisione che avesse poi preso il Governo. So che il prefetto ha avuto oggi in proposito un colloquio coi rappresentanti dei liberali: Morandi, il vecchio, Petrazzani e Curti9; ma non so cos’abbiano concluso. Il Giornale si mantiene assai più misurato di prima. Ieri sono avvenuti incidenti a Fabbrico e S. Martino in Rio: molte revolverate a S. Martino, ma nessun morto, nessun ferito grave e quasi nessun ferito legger[…] 3 L’8 aprile i fascisti, dopo una serie di incidenti in cui era rimasto ferito uno di loro, assaltano la sede della Camera del lavoro, in Via Farini, e devastano il negozio della Cooperativa Stampa Socialista, situato al piano terra dello stesso edificio, e i locali del Club Socialista in Via Monzermone. Anche la redazione e la tipografia della «Giustizia», in Via Gazzata, sono distrutte e incendiate. Due giorni dopo, da Roma, Zibordi scrive alla figlia Freja: «Non so dirti l’animo mio: mi pare un sogno, e il dolore è aggravato dal rimorso della imprevidenza. Importanti incarti di partito che erano nella mia scrivania, carte private, i miei registri tenuti in ordine scrupoloso … Ma quel che più mi duole perché è irreparabile, tutta la mia produzione politico-giornalistico-letteraria, ch’era nel famoso armadio che pareva la torre d’un orologio! Mi sta bene, e non c’è che dire. Ben più importante che questi miei dolori privati è la situazione politica, che io non vedo risolvibile»10. Lo stesso giorno scrive a Prampolini: «Ho sfogato il mio dolore, in questo grigio pomeriggio, in questo scritto. Vedilo tu. Fanne quello che vuoi. Io non vedo chiaro in me; tutti i sentimenti più tristi, i pensieri politici e privati, il dolore pel tuo dolore – prima e sopra tutto – mi si confondono dentro. E insieme con questo, una umiliazione, un cruccio d’esser qui, relativamente al sicuro, e il dubbio tormentoso che il mio posto fosse là, preso te e voi… Sono giorni che, se vivrò, non dimenticherò mai»11. Nel breve frammento di risposta conservato da Zibordi, è evidente in Prampolini il proposito di evitare ogni rischio di personalizzazione e di mantenere ben distinti i due piani: quel- 15 lo privato e quello politico. L’accorato scritto di Zibordi viene così per il momento accantonato e Zibordi stesso viene incoraggiato a impegnarsi sui temi generali di attualità politica. [Carta intestata:] Camera dei Deputati [Di mano di Zibordi, a matita rossa:] «Il rogo»12 13 aprile [di mano di Zibordi:] 21 Carissimo – Ho messo da parte il tuo … grido di dolore, perché mi sembra che la sua pubblicazione, in questo momento, potrebbe esporti all’accusa di esser troppo preoccupato di te stesso. Certo sarebbe assolutamente inascoltata e intempestiva l’auto-difesa che hai scritta così bene e così veridicamente. Verrà l’ora per utilizzare il tuo sfogo. Intanto rivolgi tutte le tue energie alla dimostrazione dell’opportunità, anzi della necessità morale, politica e materiale di astenerci dalle elezioni, cioè di adattare la nostra tattica alle nuove condizioni createci dal colpo di Stato. Riflettendo meglio, io non oserei affermare che ci si debba astenere in tutta Italia13. Credo anzi che sarebbe un errore generalizzare, come sempre dicemmo in materia di tattica. Stiamo nel vero, nella realtà. Dove … 4 Zibordi scrive nuovamente a Prampolini la sera del 13 aprile14, esponendogli alcune riflessioni sulla natura del fascismo sia a livello locale che nazionale, senza tuttavia manifestare quegli «scrupoli» sulla sua permanenza a Roma a cui Prampolini fa riferimento in questo brano di lettera del 18. Evidentemente, la risposta si riferisce ad un’altra lettera andata perduta o forse a colloqui telefonici intercorsi nel frattempo. Il delicato problema del ritorno a Reggio agita la coscienza di Zibordi e, come si vedrà nella corrispondenza successiva, lo tiene in grande apprensione. Alle considerazioni di carattere personale, legate alla sicurezza della sua persona e dei suoi famigliari, si uniscono infatti anche valutazioni politiche, connesse alla sua funzione ed al suo ruolo nel partito sia a livello locale che nazionale. Di qui le continue raccomandazioni alla moglie ed alla figlia di non toccare con altri l’argomento, per non dare adito a quelle che potevano apparire come indebite pressioni. Scrive infatti alla figlia il 30 ottobre 1921: «I miei avvertimenti pel contegno da tenere non si riferivano solo a ciò che tu dici, ma anche e forse ancor più al mio problema: tornare, restar via – parlando con Pramp., con Soglia, etc. E raccomandavo che vi manteneste neutrali affinché non appaia che i vostri personali e privati sentimenti possano pesare su determinazioni politiche»15. 16 [Carta intestata:] Camera dei Deputati [A matita] Reggio E. 18/4/921 Carissimo – Due parole soltanto per dirti che i tuoi scrupoli per la forzata assenza sono semplicemente assurdi. Io te l’ho consigliata e sono ben contento d’averlo fatto, e non mi sarei mai perdonato di aver o poco o tanto contribuito invece a trattenerti qui, dove la tua presenza – ne sono certissimo, e gli stessi fascisti lo confermano cinicamente – non avrebbe fatto che rendere più difficile e penosa la situazione per tutti. Non aggiungere dunque dei dolori immaginari a quelli che purtroppo ci prodiga con tanta abbondanza la realtà … 5 Il breve frammento della lettera di Prampolini si inserisce in un contesto che vede il riaccendersi sulla stampa locale della polemica su Zibordi e sul suo forzato allontanamento da Reggio. Il «Giornale di Reggio», nel dare la notizia di una possibile candidatura di Zibordi a Cuneo, coglie l’occasione per l’ennesima invettiva contro «lo stupefacente, piramidale Zibordi» a caccia di medaglietta e per ribadire che il suo ostracismo non era stato deciso dai fascisti, ma «dalla massa che si infischia di lui e della sua boriosa prosopopea16. «La Giustizia» interviene a difesa di Zibordi con un articolo in cui si elencano tutti gli atti di intimidazione di cui Zibordi è stato vittima e che si chiude con queste parole: «Diranno, ad ogni modo, i fatti, se questa nuova edizione del pensiero fascista, sia una manovra ordita per preparare imboscate, o risponda sinceramente a verità»17. La frase si prestava evidentemente ad essere interpretata come il preannuncio di un possibile ritorno di Zibordi a Reggio, per tentare una prova di forza con i fascisti. [Di mano di Zibordi:] 4-5-21. La frase della Giustizia circa il tuo eventuale ritorno, fu, secondo me, una topica di Storchi18. Come prendere sul serio le proteste del Giornale e le sue assicurazioni? Tanto più che i fascisti, come sai, negano che quello sia il loro organo; e quando vogliono assumere impegni fanno parlare direttamente, sullo stesso Giornale, il loro Direttorio. Storchi doveva rilevar questo, invece di esprimersi come se noi volessimo tentar la prova del tuo ritorno. Ma di questo incidente nessuna parla più. Ancora affettuosissimi saluti ed auguri Camillo 6 La lettera di Prampolini è rivelatrice del clima politico che viene a crearsi a Reggio all’indomani delle elezioni politiche del 15 maggio 1921. All’interno del Partito socialista, si consuma la rottura tra l’ala riformista reggiana e la direzione massimalista del partito: la Federazione reggiana è sciolta d’autorità per aver scelto l’astensione dal voto e viene nominata una commissione d’inchiesta per indagare sul suo operato. Ai leader riformisti non sono risparmiati anche attacchi personali, come quello dell’«Avanti!» contro Zibordi, 17 al quale fa riferimento Prampolini nella seconda parte della lettera. In questi giorni Prampolini matura la consapevolezza che possano aprirsi spiragli al tentativo di «disarmare gli animi» e di eliminare la violenza come strumento di lotta politica. A suo avviso, l’affermazione dei partiti del Blocco nazionale alle elezioni pone paradossalmente in difficoltà il movimento fascista. I finanziatori del fascismo, avendo ottenuto lo scopo di frenare l’avanzata socialista, non avrebbero infatti più convenienza a mantenere una situazione di disordine sociale che potrebbe alla lunga danneggiare i loro interessi economici. Prampolini prende dunque l’iniziativa di rivolgersi, attraverso una lettera aperta pubblicata con grande risalto sulla «Giustizia», a Giuseppe Spallanzani, esponente di primo piano del Blocco, chiedendogli di fare la sua parte per condannare ogni forma di violenza e per evitare una guerra civile. Nello stesso tempo gli conferma che «Io e i miei compagni sordi ai biasimi di chi ci accusa di quietismo, invincibilmente avversi a tutto ciò che sa di violenza, di vendetta, di distruzione, di barbarie, proseguiremo … la nostra immutabile propaganda contro gli odi vecchi e nuovi e contro ogni spirito di rappresaglia»19. Il problema di evitare rappresaglie in caso di pacificazione non ha solo una valenza etica, coerentemente alla condanna della violenza che è uno dei principi fondamentali del socialismo prampoliniano, ma ha anche una motivazione politica. Si tratta infatti di rassicurare i borghesi finanziatori e sostenitori del fascismo che la smobilitazione del movimento fascista non provocherà ritorsioni e vendette e che «non ci sia niente da temere da un ritorno nella legalità da parte di chi ne è uscito». È la tesi sostenuta da Zibordi in un articolo che compare anonimo sulla «Giustizia» e che Prampolini richiama esplicitamente per ribadirne la validità. [Carta intestata:] Camera dei Deputati 1 giugno ‘21 Carissimo – Io non seppi tacerti il dolore che provo per l’insufficenza della mia opera, ma non ti tengo il broncio – tu l’avrai capito – per il fatto che tu toccasti questa mia piaga. Anche tu … non hai saputo tacere! La lettera a Spallanzani, che sarebbe stata assai meno francescana se fossi riuscito a dire quel che sentivo e che mi ero proposto di svolgere, ebbe tuttavia il risultato di far riunire a consulto i pezzi grossi del Blocco (Saracchi, Salvarani, ecc.) i quali impiegarono circa quattro ore a combinar la risposta. E dopo, come avrai visto, Spallanzani si è ritirato prudentemente dietro le quinte, e il Giornale ha molto abbassato il suo tono. Certo a questo ha contribuito principalmente il contegno dell’autorità politica, che ha cominciato ad agire davvero – sebbene con molta cautela – contro la violenza fascista. Il trasloco del questore20 è uno dei sintomi di questo mutamento di rotta. Oggi Cocconi21 mi diceva che le parti stanno invertendosi, perché la paura passa nell’altro campo. Tre fascisti di Campagnola, dei quali il Blocco dovrebbe liberarsi, chiedono – secondo narra Cocconi – 60 mila lire, ed hanno rifiutate le 15 loro offerte! Sarà vero o no, ma indubbiamente la situazione va spostandosi in nostro favore. Il pericolo nuovo contro il quale dobbiamo premunirci con una propaganda incessante ed energica (pensaci anche tu!) è quello delle rappresaglie da parte dei nostri. Vengono già a galla parole e propositi di vendetta. Specialmente le donne, e in parte anche gli adolescenti, si mostrano animate da spirito… fascista. Bisognerà insistere molto sul tema che hai toccato 18 nell’ultima parte del tuo articolo sulla smobilitazione22. Oggi il Comitato Federale provinciale ha deliberato di invitare i Circoli ad una azione assidua per il disarmo degli animi. L’articolo, o meglio l’attacco dell’Avanti! contro te è veramente nauseante. Se ti fossi stato vicino, t’avrei consigliato a rispondere senza riguardi23. Non per ira personale e per ritorsione (sia pur legittimissima) ma perché quel trafiletto è esso pure, a mio giudizio, una prova della partita doppia che l’Avanti! e la Direzione seguitano a giocare e che mi sembra sia tempo di denunciare. Questi signori che fanno gli eroi ed ordinano e mandano, restandosene a Roma od a Milano, ridendo delle nostre preoccupazioni per la vita e gli averi dei lavoratori, bisognerà che si decidano una buona volta, non pro o contro la collaborazione – che è troppo poco – ma pro o contro la guerra civile. Come si conciliano gli appelli della Direzione e gli articoli dell’Avanti! contro la violenza, come si conciliano con le pose gladiatorie che rifanno capolino appena la tempesta sembri cessare, e con l’obbrobriosa andata a Mosca, cioè alla glorificazione della guerra civile? Adler24 diceva ieri – a proposito di Mosca – che i socialisti austriaci non vogliono essere ospiti di gente che li vilipende nel modo più triviale. E noi, più vilipesi degli austriaci e mentre gridiamo abbasso la violenza, andiamo a farci pigliare a calci nel sedere! … Perché, se non sono dei pagliacci, i bolscevichi dovranno ben prendere a calci … morali i rappresentanti del nostro Partito, dopo tutto ciò che ne han detto e dopo l’atteggiamento degli stessi massimalisti di fronte al fascismo. È tollerabile moralmente ed è politicamente ammissibile questo funambolismo? A me sembra un delitto. Ravà non ha risposto. Forse non ricevette le lettere. Riscriveremo. Bellentani25 potrebbe ritornare, credo, alla Reggio-Ciano. Addio ancora. Spero che ci rivedremo qui più presto di quanto si poteva prevedere. Tuo aff.mo Camillo 7 [Carta intestata:] Camera dei Deputati [Di mano di Zibordi, a matita blu:] A Zibordi Sabato, 18/6/21 Carissimo – Ieri fui dal Prefetto26 per le nuove gesta fasciste che avrai appreso dalla Giustizia. Egli stesso verso la fine del nostro colloquio e senza che io l’avessi né informato né interrogato in proposito, mi disse di aver ricevuto dal Governo sollecitazioni per il tuo ritorno e di aver risposto che egli era pronto a difenderti con la forza pubblica, ma che solo a patto di una continua ed energica vigilanza27 tu potresti ora star qui. Gli ho osservato che non di questo si tratta, ma di una azione complessa, necessariamente lenta ma decisa per affrettare la formazione di un ambiente nel quale tu possa liberamente svolgere la tua attività politica. Ed egli ne ha convenuto ed ha promesso. Ma temo sia uomo troppo stanco e sfiduciato per fare veramente. Vedo che non si è ancora orientato: al punto che Iori28 gli sembra, infine, un uomo generoso e che gli permane il dubbio (e forse in cuor suo crede) che anche il movimento socialista della nostra provincia abbia meritata la reazione fascista, sia pure men che altrove, e che davvero soltanto adesso anche nella nostra provincia sia finalmente … 19 8 Lo scambio epistolare tra Zibordi e Prampolini del luglio-agosto 1921 non è solo un documento di grande interesse sul piano storico-politico, ma è anche una testimonianza di straordinaria intensità umana. Le quattro lunghe lettere, per fortuna in questo caso conservateci integralmente, intercorse tra loro sono rivelatrici di due personalità molto diverse, ma unite da un tale rapporto di amicizia da consentire loro di mettere reciprocamente a nudo il proprio animo ed i propri sentimenti più intimi. Anche le divergenze di vedute e persino le reciproche recriminazioni sono manifestate con l’animo di chi sa di non rischiare incomprensioni, perché i vincoli della stima e dell’affetto sono tanto saldi da non temere incrinature. Le lettere affrontano un problema che il passare del tempo rendeva sempre più critico e che, come abbiamo visto, era in questi mesi al centro della loro attenzione: quello del ritorno di Zibordi a Reggio29. Il problema contingente diventa però l’occasione per toccare temi e riflessioni più generali, in un confronto franco e serrato. Zibordi, nelle due lettere del 4 e 24 luglio30, illustra le motivazioni, personali e politiche, per le quali riterrebbe opportuno un suo distacco da Reggio. Le sue argomentazioni possono essere così sintetizzate: in primo luogo, gli ultimi eventi hanno dimostrato ancora una volta la sua inadeguatezza in situazioni di conflitto e di scontro («L’ansia della responsabilità mi fa impazzire» e perciò è «stretto dovere di ritirarsi dai posti a cui la fibra non basta»); egli non ha «la forza serena», quasi sovra-umana, di Prampolini. In secondo luogo, qualcosa si è spezzato nel rapporto tra lui e la città: «mi pare che quel che mi è avvenuto a Reggio mi abbia tagliato qualche radice». Zibordi lamenta l’isolamento in cui è stato lasciato, anche dallo stesso Prampolini: «Fin dall’inizio, la campagna coi fascisti la condussi da solo: solo nel giornale, solo per le strade». Infine, sente che ormai si è chiuso un ciclo e che la sua funzione a Reggio va esaurendosi: la sua attività giornalistica potrebbe essere più proficua se svolta a livello nazionale e non più circoscritta alla ristretta realtà locale. Zibordi non vorrebbe ripetere l’errore di Prampolini di voler limitare la sua azione politica a Reggio, colpa che egli considera un «delitto imperdonabile, causa di grandi rovine pel Socialismo italiano». Le lettere di Zibordi sono state cosparse da Prampolini di sottolineature, di punti esclamativi e interrogativi, di commenti a margine, a dimostrazione del fervore che lo animava nel confronto a distanza con l’amico. Il tono delle sue risposte è invece, come sempre, più pacato e più politico, anche se non mancano le annotazioni di carattere personale e psicologico. Prampolini non nega la fondatezza di alcuni degli argomenti di Zibordi, riconoscendo ad esempio la maggiore efficacia di una sua attività svolta a livello nazionale, ma non gli nasconde le rovinose conseguenze che avrebbe per la situazione politica reggiana il suo definitivo distacco. Né si trattiene dal rovesciare l’accusa di provincialismo che Prampolini si è sentito rivolgere a più riprese, a cominciare dalle lettere che Arturo Labriola gli scrisse quasi trent’anni prima, quando Prampolini gli manifestò le sue perplessità a trasferirsi a Milano per dirigervi «La Lotta di Classe»31. 20 [Carta intestata:] Camera dei Deputati Millesimo 6 luglio ‘21 Carissimo – Ricevo ora la tua e spero che questa mia ti raggiunga costì. Io credo, anzi son certo che, ritornando a Reggio in condizioni di libertà, tu riconquisteresti in brevissimo tempo anche di fronte agli avversari ed ai falsi compagni la posizione morale che avevi prima: la qualità e la quantità del tuo lavoro s’imporrebbe indubbiamente oggi come ieri. Se non ci fosse che questo ostacolo, ti risponderei dunque: preparati a ritornare appena giunta l’ora opportuna. Ma non posso invece disconoscere la gravità dell’altro impedimento al quale tu accenni: posso dirti soltanto che anch’io soffro dello stesso tuo male, anch’io ho le tue angosce, il tuo morboso senso di responsabilità, le tue insonnie, e – più di te – l’impossibilità di lavorare, quando l’animo è sconvolto dal timore di qualche sciagura. Ed anch’io – devo avertelo detto più volte – sono da tanto tempo desideroso di … andar in pensione, appunto perché non so reggere, fra altro, al dubbio continuo e tormentoso che lo stato patologico de’ miei nervi influisca sul mio pensiero, sui miei consigli e sulle mie decisioni in modo nocivo alla nostra idea. Io quindi non solo comprendo benissimo i tuoi scrupoli, ma li provo da anni e li sento ora, naturalmente, più che mai. Devi tu cedere ad essi? Puoi tu, ancora così giovane, fare ciò che farò io? Non sarebbe una diminutio capitis eccessiva? Non dovresti pentirtene domani? Son tutte domande alle quali tu solo puoi rispondere, perché tu solo puoi veramente misurare le tue forze. Io non ho mai capito perché Dante l’avesse tanto con papa Celestino, il quale a me sembra che fosse un galantuomo e non un vile. Se un uomo si sente incapace di compiere una determinata funzione sociale, egli fa né più né meno che il proprio dovere declinandola. Tutto sta che quell’uomo non giudichi male sé stesso diffidando delle sue forze. E perciò tu dovrai stare ben in guardia, e riposarti e magari consultare il medico prima di prendere una decisione radicale come quella che prospetti nella tua lettera. Ma bisognerà pure che ad una decisione tu venga, e senza troppo ritardo. Tu comprendi quale colpo sarebbe per il nostro movimento reggiano il tuo rifiuto definitivo. Un disastro, al quale io non so pensare e che avverrebbe proprio nel momento in cui tanti dei nostri, a cominciare da me e da Bellelli32, sono più o meno messi fuori di combattimento. Sarebbe indispensabile, oltre che la ricerca di altri uomini, anche una lunga preparazione morale per attutire il colpo. E per questo penso che, se mai tu fossi deciso al gran rifiuto, non dovresti tardare a far conoscere ai più intimi la tua decisione. Ripeto che tu solo puoi essere giudice; ma lasciami osservare che nella stessa tua lettera d’oggi vi sono, non una sola, ma due notizie di fatto che smentiscono le tue affermazioni di incapacità. Salute buona, tu dici, e attività ottima. Ed è vero per la salute, che ho constatata co’ miei occhi, e vero pure per attività, documentata da’ tuoi scritti. Ora, se ti sono restate e ti restano la salute e l’attività, non ostante ciò che hai patito e patisci, come puoi affermare che ti manca la fibra per lottare? Io, qui, dormo peggio che a Reggio e stanotte neanche il seronal mi ha dato il conforto usuale di qualche ora di riposo. Certo tu non sei nato per la guerra; hai una sensibilità troppo squisita per non soffrirne; ma non è vero che non ti bastino le forze per sopportarla. È vero invece che il tuo temperamento ti porta anzi volentieri all’attacco, quando anche non sarebbe proprio indispensabile, come è vero che lo stato d’animo nel quale ti trovi ora non è il più propizio per farti cono- 21 scere a te stesso. Io spero ancora che Reggio non ti perderà. Le mie vacanze sarebbero troppo inutili, se non sperassi così. Hai visto in quale polemica mi sono impegolato con Cerlini?33 Ora egli domanda un’inchiesta sulla sua vita, come se io avessi accennato ad atti disonesti nelle sue faccende private, e Storchi ha commesso lo sproposito di non pubblicare quest’altro documento. Gli ho telegrafato oggi perché lasci pienissima libertà di parola al nostro censore. Auguri e saluti affettuosi a voi tutti, anche a nome delle mie donne. Tuo Camillo Bonomi nell’ultimo colloquio che ebbi con lui al Tesoro mi domandò notizie di Strozzi34. Gliele diedi ed egli mostrò di non averle udite per la prima volta. Ma … a che servirà? 9 Millesimo 2/8/ ‘21 Carissimo – Dovrei scrivere chissà quante pagine per rispondere alla tua del 24 scorso; e per scrivere tante pagine chissà quanti giorni o settimane mi occorrerebbero. Tu non puoi immaginare, per esempio, quali sforzi m’è costata la polemica con Cerlini: ho temuto sul serio di esserne congestionato al punto da morir d’accidente. Ed anche le mie donne si sono accorte, malgrado tutte le mie cure per nasconderlo, ch’io stavo ostinandomi in un lavoro che mi faceva molto male. Se tu fossi capace di farti un’idea abbastanza esatta di questa malattia che mi tormenta fino da quando ero adolescente e che naturalmente è andata aggravandosi cogli anni, non staresti a fantasticare morbosamente sul fatto del mio mancato intervento scritto nei primi giorni dell’assalto fascista e su altri fatti consimili, e non chiameresti delitto né frutto di pigrizia né campanilismo l’aver io confinata a Reggio la mia attività. La realtà, durissima per me, è che il mio cervello moltissime volte assolutamente non funziona, o perché è vuoto e non ha nulla da dire anche nei momenti e nelle situazioni che più dovrebbero stimolarlo, o perché non riesce ad esprimere ciò che sente e vorrebbe e dovrebbe dire. Con una macchina così mal fatta sulle spalle, il solo rimprovero che mi si potrebbe fare è agli antipodi con quello che mi fai tu; e me lo feci migliaia di volte io stesso pensando che, anche rimanendomene rattrappito a Reggio, come tu dici, assunsi inconsciamente un carico molto superiore alle mie forze. Ma su questo terreno è impossibile che c’intendiamo: sarebbe come se un cieco volesse discutere con chi ci vede e lo rimprovera di non agire e pensare come chi ci vede. Dicevo, dunque, che non potendo risponderti, rinvio la conversazione a quando ci rivedremo. Noi rimarremo qui fino verso la metà o – se la canicola dura – verso la fine di questo mese. Non abbiamo la possibilità di darti alloggio, ma potremo alla meglio darti il pane quotidiano. Debbo però dichiararti subito due cose: che rinuncierò a considerare irreparabile la tua mancanza da Reggio appena tu mi avrai detto chi potremo chiamare a sostituirti. Sai da quanto tempo cerchiamo invano non un direttore, ma semplicemente un redattore della Giustizia e un segretario provinciale; sono così poco campanilista che riconosco senz’altro la molto maggiore utilità di un tuo lavoro, diremo così, nazionale e me lo auguro. Questo è il solo argomento valido, secondo 22 me, a favore del tuo distacco da noi. Ma rifletti bene: anche per quel più vasto e fecondo lavoro non sarà forse assolutamente indispensabile, ma è certo utilissimo fare il possibile perché non si dica che tu ci lasciasti per eccesso di precauzioni o d’amor proprio. Quanto ai nei dai quali vorresti arguire, se ho ben inteso, che la nostra separazione potrebbe giustificarsi anche perché … noi non siamo del tutto contenti di te, come tu non lo sei di te stesso e noi di noi stessi, lasciami dire, continuando il bisticcio, che io t’auguro di poter essere per tutta la tua vita così soddisfatto di te quanto sei stimato ed amato da noi. Qui sei proprio caduto col subcosciente nel campo dei pretesti. Ma … ne riparleremo. Intanto, ti mando affettuosi saluti anche a nome delle mie donne. Tuo Camillo Potresti informarti se, quale giornalista e non ostante la mia qualità di senatore … ferroviario, io abbia diritto a qualche viaggio gratuito per la mia famiglia, e quali pratiche occorrano per fare valere questo diritto? Vorrei servirmi dei biglietti giornalistici per il ritorno a Reggio. 10 Il 6 agosto 1921 Zibordi alla Camera dei Deputati veniva affrontato dal reggiano Ottavio Corgini, mutilato di guerra e deputato fascista35, che lo insultava e lo minacciava, intimandogli di far cessare la campagna mossa contro di lui dalla «Giustizia». Zibordi non reagì alla provocazione né raccolse l’invito del suo avversario a battersi «sul terreno cavalleresco». L’episodio fece un certo scalpore e fu ripreso da numerose testate giornalistiche, anche perché avvenuto all’indomani del patto di pacificazione tra fascisti e socialisti, siglato sotto gli auspici del Presidente della Camera Enrico De Nicola. Zibordi, di fronte alle critiche di avversari e di amici, dovette evidentemente manifestare all’amico Prampolini dubbi e perplessità sulla propria condotta, venendo da lui rassicurato sulla correttezza della sua scelta sia sul piano etico che su quello politico. [Di mano di Zibordi, a matita rossa:] Corgini Millesimo 10 agosto 1921 Carissimo – Sono senza carta da lettere e per non tardare a risponderti adopro questa. Quel tale di Poggio ti scrisse che eri un gran lavativo; io ti dico che sei un gran salame, se ti senti «turbato ed umiliato». Hai agito benissimo e spiegate magnificamente le ragioni della tua condotta36. Il mondo ne trarrà motivo di ridicolo? E che importa, se anche la tua coscienza ti dice «che era meglio fare così»? Tu non vuoi i confronti con me, ma io non posso impedire alla mia memoria di ricordare che io pure dovetti affrontare il ridicolo, quando, non una ma parecchie volte, rifiutai di battermi in duello37. Non era piacevole far questo, sebbene non fosse piacevole neppure correre il rischio di ferire e farsi ferire anche gravemente! Ora io mi compiaccio di essere stato fra i primi a ribellarmi al bestiale pregiudizio. Ed altrettanto avverrà per te. Si dirà che è molto comodo dare esempio di civiltà a questo modo, cioè sfuggendo al pericolo d’esser percossi o sbudellati. Ebbene, sì, andando per questa strada, si ha questo van- 23 taggio, si evitano le busse e le uccisioni. Ma non è questo appunto un passo verso la civiltà? che cos’è la civiltà se non un complesso di comodi, un crescente riguardo all’integrità personale ed alla vita? Dà un’occhiata, se avrai tempo, alla Storia di Cristo di Papini38. È esagerata, paradossale, falsa; ma è fondamentalmente vera, grande, immortale la tesi cristiana ch’egli svolge, e tu potrai averne molti spunti per sostenere a viso aperto, senza turbamenti né umiliazioni, che il meglio è veramente ciò che ti dice la tua coscienza, e che gli uomini sarebbero davvero vicini al paradiso se tutte le coscienze parlassero così. Vorrei saper scrivere come sai tu per sbandierare questo principio. Bisogna però cercare di essergli coerenti sino alle estreme conseguenze ed astenersi quindi, per quanto è possibile, dagli attacchi personali. Qui è il difficile, soprattutto quando – come fu nel tuo caso sul Giornale di Reggio – la provocazione viene dall’altra parte. Tuttavia la direttiva dev’esser questa. L’ho scritto anche a Storchi: battere e ribattere ostinatamente contro la violenza, per la libertà, per la tolleranza, svolgere in tutti i toni questo tema, ma lasciar da parte quanto più si può le persone dei fascisti ed anche le puntate ironiche o insolenti contro il fascismo in generale. Scartare insomma tutto ciò che può irritare gli animi, anziché aiutare a persuaderli. Predica facile, ma … vedi padre Zappata!39 Per i biglietti, siano i benvenuti se tu ne hai davvero disponibili; e in questo caso dovresti farti regalare anche quattro boni per bagaglio, di cui c’è sovrabbondanza perché quasi nessuno dei nostri deputati se ne serve. Salute ed umor buono (ancora padre Zappata!) per te e per le tue donne anche a nome dei miei di casa. Tuo Camillo S’intende (ma … con te bisogna dirlo!) che questa cartella è affatto confidenziale. Quell’articolo di Lazzari40 sul paradiso russo! Che roba! E che tiri può giocare al cervello la … fede! 11 Le due lettere di Prampolini, la seconda sintesi della prima che egli teme smarrita o sequestrata, costituiscono un’ulteriore testimonianza delle grandi difficoltà a mantenere in vita «La Giustizia». La forzata assenza di Zibordi ha aperto un vuoto che la disponibilità di Storchi non riesce del tutto a colmare e che, anzi, crea momenti di tensione e di incomprensione che Prampolini cerca di sopire. L’importanza e il significato di garantire la sopravvivenza del giornale sono del resto esplicitamente dichiarati nell’appello ai lettori che a più riprese viene pubblicato sul giornale: «Fra una settimana il nostro giornale entrerà nel suo 39° anno di vita. Anche la sua esistenza – vittoriosamente passata attraverso la reazione crispina e pellusiana – sta a dimostrare come sia stolta e vana la violenza contro le idee che hanno nella necessità della storia la loro ragion d’essere e di propagarsi. In questo nuovo momento di reazione, ricordino tutti i compagni e gli amici che il giornale è la più grande arma di difesa ed il maggior segno di vita del partito. Dov’è il giornale è l’idea che sopravvive, che parla, che si diffonde ancora, che vince, malgrado l’odio nemico»41. Di qui la necessità di trovare soluzioni, anche in vista della scadenza dell’impegno di Storchi a riprendere il lavoro all’«Avanti!» con l’inizio del 1922. La proposta di trasferirsi a 24 Milano per dirigervi «Cuore»42 e collaborare con l’«Avanti!» viene accolta da Zibordi che il 2 gennaio 1922 scrive a Prampolini: «Caro Camillo, sono sulle mosse di partire per Milano, dove spero poter far del bene a quel povero Cuore… Non escludo però che anche su questo terreno apparentemente apolitico, io possa trovarmi in conflitto con Serrati. Vedremo, e speriamo»43. La soluzione adottata comunque risolve tuttavia il problema solo in via temporanea. Il primo luglio 1922 «La Giustizia» quotidiana verrà infatti trasferita a Milano, dove, come si annuncia sul giornale, «uscirà ingrandita di formato e ricca di collaborazione e di notiziario … La Giustizia sarà diretta dai compagni Turati, Prampolini, Treves e avrà una redazione composta dai compagni Mazzoni, Zibordi, Vacirca, Storchi»44. A Reggio continuerà invece ad uscire la «Giustizia» domenicale, diretta sempre da Prampolini. [Carta intestata:] Camera dei Deputati Reggio E. 13/12/21 Carissimo – Per lo scatto di Storchi, comprendo il dispiacere e il risentimento della sig.a Cesira45, ma non c’è da andar oltre. Storchi è il primo a riconoscere che, in senso assoluto, le maggiori vittime del fascismo – in confronto a noi della Giustizia – siete voi. Ci vuol poco a capirlo, e lo capisci anche tu malgrado l’autocritica eccessiva con cui ti tormenti nelle ore di malumore. Ma Storchi parlava del giornale che pesa particolarmente sopra di lui, e in questo senso aveva pienamente ragione, né tu né io possiamo dargli sulla voce. Figurati che la tua lettera mi è stata consegnata, ieri, due minuti dopo ch’egli era alle prese col segretario del Fascio di Rubiera venuto a minacciarlo, insieme ad un altro ceffo da galera, per la cronaca della Giustizia circa l’aggressione della famiglia Zanti46. E la cronaca era stata fatta in assenza di Storchi! Se egli sbuffa e se gli sfugge qualche lamento, non è il caso di aversene a male né di rimproverarlo. Bisogna soltanto comprenderlo; e dobbiamo tutti comprenderci in questi momenti che ci rendono anche irritabili, e compatirci a vicenda. Intanto qui siamo agli sgoccioli. Col nuovo anno Storchi dovrebbe riprendere il suo lavoro all’Avanti! e noi, per quante ricerche abbiamo fatte, non abbiamo trovato chi possa aiutarci. Si è pensato ad una soluzione che temevamo incontrasse ostacoli insormontabili, ma che potrà invece attuarsi se tu l’accetti. Storchi ha proposto a Serrati 47 che tu sia provvisoriamente chiamato in vece sua all’Avanti!: non a fare il capo-cronista, ché non saresti al tuo posto, ma a collaborare in rubriche compatibili con la nostra tendenza e ad aiutare nella compilazione dei settimanali centrali, specialmente del Cuore. Serrati ha resistito un po’, ma infine ha accettato, come vedrai dalla sua qui acclusa. Noi – parlo anche a nome dei compagni della Federazione provinciale adunati stamane – abbiamo vivissime speranze che tu voglia accettare. Intendiamo il sacrificio che dovresti fare lasciando Roma per Milano, ma calcoliamo sul tuo spirito di sacrificio: e dobbiamo calcolarvi perché, se anche questa soluzione venisse a mancarci, saremmo costretti a cessare la pubblicazione del giornale, vale a dire a spegnere quello che, pur mutilato e paralizzato, è oggi l’organo più vivo e più necessario del nostro partito. Noi crediamo che da Roma potresti trasportare a Milano anche la Terra48 e gli altri tuoi lavori: cosicché dal punto di vista pecuniario la tua posizione migliorerebbe. E poi ti avremmo più vicino, ed anche per il fatto dell’andata e ritorno settimanale di Storchi potremmo 25 essere in più stretta corrispondenza. Si fa? Attendiamo ansiosamente risposta. *** Come avrai visto, qui domenica si inaugura la lapide ad … Amos Maramotti49. Mi pare che sarebbe opportunissima una interrogazione di qualche deputato nostro torinese, anche a cerimonia compiuta, per sapere che cosa ne pensino il ministro degli Interni e quello della Giustizia di tale incredibile apologia di reato. E magari interverranno alla inaugurazione anche il prefetto ed il procuratore del re! I torinesi, che sanno come morì Maramotti, potranno meglio d’ogni altro far rilevare tutto ciò che vi è di criminoso e provocatore in questa iniziativa. *** Pierina è a Milano in cerca di contratti50. Forse non resterà disoccupata in carnevale. Io sto … sempre allo stesso modo. Saluti affettuosi, anche dalle mie donne. Aff.mo tuo Camillo [Lettera di Giacinto Menotti Serrati a Prampolini, acclusa alla precedente] [Carta intestata] Avanti! Giornale del Partito Socialista – Direzione Milano, 12/XII/ 1921 Caro Prampolini, Tu sai a quali condizioni l’«Avanti!» ha concesso al compagno Storchi di allontanarsi dal giornale per adempiere i suoi doveri di deputato. Tu sai forse anche che quando egli non fu più eletto, noi desiderammo subito che egli riprendesse l’opera sua al giornale, opera che ci è sommamente necessaria. Attualmente poi noi siamo nella dolorosa necessità di concedere un lungo riposo al compagno Bastiani, il quale è in condizioni di salute assai difficili. Tutto il servizio di cronaca è affidato ad ottimi compagni, ma giovanissimi e poco al corrente della situazione milanese. Abbiamo ritenuto pertanto assolutamente per noi necessario che lo Storchi riprenda il suo posto presso la redazione dell’«Avanti!» e ne abbiamo parlato con lui. Lo Storchi ci ha dichiarato che egli è non solo disposto ma anche desideroso di ritornare fra noi; ma in pari tempo ci ha fatto presenti le condizioni e le necessità della stampa vostra e ci ha detto del tuo desiderio che egli rimanga a Reggio. Allo scopo di non crearvi imbarazzi, con Storchi stesso abbiamo prospettato una soluzione provvisoria che potrebbe giovare ad entrambe le parti. Mediante la stessa Storchi dovrebbe restare provvisoriamente a Reggio e voi dovreste indurre Zibordi a venirsene a Milano. Certo Zibordi, che non ha le conoscenze ambientali di Storchi, non potrebbe sostituire lo Storchi stesso alla direzione della cronaca. Noi vedremmo di provvedere per questo diversamente e Zibordi potrebbe liberare qualcuno dei nostri da altro lavoro. Egli poi avrebbe modo 26 di aiutarci nella compilazione delle nostre pubblicazioni settimanali. Naturalmente gli impegni reciproci dei due giornali verso i rispettivi redattori resterebbero quelli di prima. Ti prego di dirmi il tuo parere in merito, di interrogare lo Zibordi per ottenerne il consenso – quando voi siate d’accordo – e di credermi cordialmente tuo G. M. Serrati 12 [Carta intestata:] Camera dei Deputati 19/12/21 Carissimo – Da una tua che Bonaccioli51 riceve ora e che è (come sempre, dice lui) senza data, arguisco che tu non ricevesti una lunga mia lettera di martedì scorso. Nella quale, dopo averti spiegato che la frase di Storchi non aveva il significato attribuitole dalla signora Cesira ma si riferiva soltanto al fatto indiscutibile che il giornale adesso pesa soprattutto sulle spalle di lui (mentre anche per lui, come per tutti noi della Giustizia, è pacifico che le maggiori vittime del fascismo siete voi e non noi) ti facevo a nome della Commissione Federale provinciale la seguente proposta. Storchi col 1 gennaio prossimo dovrebbe riprendere il servizio all’Avanti! o perdere il posto. Se egli se ne va, noi dobbiamo cessare la pubblicazione della Giustizia, perché abbiamo inutilmente cercato chi possa, sia pure alla meglio, sostituirvi. E sospendere la pubblicazione della Giustizia in questo momento sarebbe dar la sensazione ai nostri, ed ai nostri avversari, della nostra agonia. Storchi ha proposto in nome nostro a Serrati che tu vada a dargli il cambio all’Avanti!: non come capo-cronista, naturalmente, ma come redattore di articoli compatibili con la nostra tendenza e come aiuto per le pubblicazioni settimanali dell’Avanti! e specialmente pel Cuore. Serrati ha accettato: e me lo scriveva in una lettera che ti spedii appunto martedì e che sarà andata perduta (o sottratta?) anch’essa, con la mia. Ti dicevo che noi aspettavamo con ansia una tua risposta affermativa. Che tu avresti percepito all’Avanti! lo stipendio di Storchi. Che noi credevamo possibile far trasportare a Milano la Terra; che la tua residenza a Milano sarebbe stata vantaggiosa per noi sotto molti rapporti, che comprendiamo il sacrificio che dovresti fare lasciando Roma per Milano, ma ti chiediamo ugualmente di farlo, per aiutarci a sostenere una lotta che minaccia di travolgerci. Scrivo a stento e non so perorare la nostra causa; ma tu non hai bisogno delle mie spiegazioni per intendere. Ti dicevo anche, in quella lettera, che sarebbe stata opportunissima una interrogazione di qualche nostro deputato (torinese possibilmente) sull’inaugurazione della lapide al Maramotti. È avvenuta ieri e ne leggerai il resoconto nel Giornale. Oltre l’apologia di reato (le spedizioni punitive sono bene un reato) quella cerimonia significa più precisamente l’apologia della guerra civile, l’esaltazione di chi va a distruggere ed uccidere non più contro lo straniero ma contro il connazionale, il concittadino. E le autorità lasciano fare. Forse (lo vedremo domani nel Giornale) parteciperanno esse pure alla festa? Di me non ti parlo. Fisicamente non c’è male; ma moralmente …! 27 Anche le mie donne, di salute, stanno abbastanza bene. Pierina è a Milano: sperava di occuparsi nella stagione di carnevale, ma ormai dovrà ricredersi. Saluti cordialissimi. Scrivi subito, raccomandata. Tuo Camillo 13 Nel novembre 1921, Taddeo Taddei, a nome della Commissione Amministrativa della «Giustizia», scriveva a Zibordi che era stata presa in esame la situazione economica, non certo florida, del giornale e che si era ritenuto necessario definire la sua posizione: «Tu sai in quali difficoltà ci siamo trovati e ci troviamo specialmente ora che viene ad esaurirsi il fondo della grande sottoscrizione “Pro ricostruzione”. Ma le Commissioni riunite non intendono per ciò di rovesciare su te solo i sacrifici ai quali andremo incontro. Noi vogliamo conservare il giornale che è quanto dire il tuo posto, epperciò provvederemo col concorso delle nostre organizzazione ai mezzi necessari. Tu ci devi dunque dire con tutta schiettezza in quali condizioni ti trovi, perché intendiamo corrisponderti quel tanto di compenso che sarà necessario a completare il tuo fabbisogno. Pei mesi di Novembre e Dicembre ti corrispondiamo lo stipendio di L. 1000 al mese; pel prossimo anno regoleremo lo stipendio stesso in base alle notizie che tu ci darai»52. Evidentemente, stando a quanto afferma Prampolini in questo brano di lettera, Zibordi aveva allora ritenuto di non dover avanzare nessuna richiesta. Ora tuttavia, il trasferimento a Milano ed il conseguente aumento delle spese, lo induce a richiedere all’Amministrazione del giornale un contributo di duecento lire mensili che gli viene riconosciuto. [Carta intestata:] Cassa di Risparmio di Reggio nell’Emilia. Il Presidente 4 marzo 22 Carissimo – Tu ci scrivevi verso la fine dell’anno passato di aver aggiustate le tue cose in modo che non ti occorreva nessun contributo dalla Giustizia; e noi credemmo quindi che il tuo problema finanziario fosse ancor meglio risolto quando con la collaborazione all’Avanti! ti procurasti le 1200 lire mensili che a Roma non avevi. Per questo a nessuno di noi venne in mente che tu ti trovassi ora in più difficili condizioni economiche, sebbene sia facile immaginar quale spesa debbano costarti le tue attuali … tre case forzate! Qui, come ti telefonai, si va male. Non sappiamo se e come la Giustizia quotidiana potrà arrivare a fine d’anno e, per mio conto, ho gravi dubbi anche per la domenicale che pure si trova in condizioni migliori. Ma la Commissione amministrativa, adunatasi finalmente ieri sera, ha concluso che 200 lire mensili non possono sensibilmente influire a peggiorare la… 14 Il breve frammento conservato da Zibordi va probabilmente inquadrato nei tentativi condotti da alcuni settori sindacali di sondare le possibilità di stabilire un’intesa con l’ala sinistra del legionarismo fiumano per difendere le organizzazioni operaie dal fascismo. Scrive a questo riguardo il Salierno: «Il 1° aprile (1922) arrivò (a Gardone), a titolo privato, l’on. Baldesi della Confederazione Generale del Lavoro allo scopo di sondare le possibilità di un’alleanza tra legionari e organizzazioni operaie; il 26 maggio fu la volta di D’Aragona, il segretario generale della Confederazione che si recò invece ufficialmente con il medesimo 28 intento: usare D’Annunzio in funzione anti-Mussolini»53. [Di mano di Zibordi:] 11-4-22 Una notizia strabiliante, ma segretissima. Baldesi54, parlando con D’Annunzio, citò ad esempio i contadini del Reggiano, assaliti anch’essi dal fascismo al grido di «eja, eja, alalà». E D’Annunzio scattò indignatissimo, tanto che Baldesi credette opportuno proporgli una visita alle nostre organizzazioni a… 15 Dall’1° al 2 ottobre 1922 si svolge a Roma il Congresso nazionale del Partito socialista in cui si consuma definitivamente la frattura tra massimalisti e riformisti: l’espulsione dei «destri» della frazione di concentrazione viene approvata con 32.106 voti contro 29.119. Gli esponenti del socialismo riformista, da Turati a Prampolini, da Treves a Matteotti, da Modigliani a Baldesi, da Nofri a Mazzoni si riuniscono in un’aula della Università Proletaria e, sotto la presidenza di Prampolini, decidono la costituzione del Partito Socialista Unitario Italiano con segretario Matteotti e con la «Giustizia», diretta da Treves, come organo di stampa. Poche settimane dopo, la marcia su Roma e la presa del potere da parte di Mussolini imprimono la svolta decisiva ad un quadro politico in forte fermento e mettono il partito appena costituito di fronte a nuovi problemi di strategia politica che non mancano di far sorgere contrasti interni, in particolare sul tema delle alleanze. Per usare le stesse parole di Zibordi, i dissensi sono riconducibili alle due «ali» interne al partito: «l’una che desiderava la scissione ritenendola ormai inevitabile e dolorosamente utile a chiarire e a rifare da capo l’anima e la (dirò così) pedagogia socialista tra le masse, così come fu espressa nel Manifesto prampoliniano; l’altra che subiva la scissione e l’avrebbe voluta deprecare, anteponendo e antevalutando, alla innegabile e riconosciuta differenza dottrinale, la necessità di un’unione proletaria da opporre al sormontante nemico». Messe alla prova in occasione delle elezioni amministrative del 10 dicembre, le due anime si scontrano «tra chi voleva, a Milano, il blocco dei partiti proletari contro il blocco borghese strettosi intorno al fascismo, e chi riteneva dovere il Partito socialista unitario scendere in campo da solo, con le sue idee, coi suoi programmi e con gli uomini suoi»55. Zibordi appartiene naturalmente alla prima ala ed è contrario, dopo la chiarificazione avvenuta attraverso una drammatica separazione, ad ogni possibilità di confondersi con i massimalisti ed i comunisti. E dunque, come forma di protesta verso le diverse direttive che Treves tende a imprimere al giornale, Zibordi rassegna le proprie dimissioni dalla redazione della «Giustizia» e naturalmente ne informa subito Prampolini. Prampolini si dichiara d’accordo con le convinzioni di Zibordi, ma ancora una volta, nel pregarlo di desistere dal proprio intento, manifesta con coerenza la sua concezione della politica come servizio, in cui la posizione personale e l’amor proprio intellettuale devono essere sacrificati al supremo interesse generale. 29 [Carta intestata:] Cassa di Risparmio di Reggio nell’Emilia. Il Presidente 29 novembre ‘22 Carissimo – Ho la tua. Non ti posso scrivere a lungo perché la testa non mi serve; e nemmeno posso recarmi subito costì. Sono dispiacentissimo della tua decisione, e spero che tu ti sia ricreduto; in caso contrario, ti faccio le più vive preghiere di non insistere nelle dimissioni. Non abbiamo ancora ricevuto la Critica, ma sono pienamente d’accordo con te circa il blocco: è un grosso errore sotto ogni punto di vista, e minaccia di distruggere tutto quel po’ di bene che abbiamo ottenuto con la separazione e che deve moltiplicarsi progressivamente. Ma se è vero ciò che leggo stamane, che il blocco escluderebbe i comunisti e viceversa si estenderebbe a destra verso i repubblicani ed i democratici, l’errore sarebbe assai meno grave e diverrebbe anzi, anche a mio giudizio, discutibile. Ad ogni modo, qualunque esso sia e ti sembri, e per quanto aspre ed inopportune possano essere le parole di Treves, tu devi parlare liberissimamente, ma non dimetterti. Un sacrificio che tu devi, che noi tutti in simili casi dobbiamo alla povera gente che è rimasta fedele al nostro ideale, che è tanto dolente, smarrita, sconfortata e della quale assolutamente non dobbiamo accrescere il dolore e il disorientamento per un eccessivo amore della verità: un amore che, in fondo, è anche amore del nostro Io. Ripeto che io spero d’aver fatto inutilmente questo sforzo di scriverti, perché tu avrai già rinunciato al tuo proposito. E me ne congratulo teco, mentre ti auguro tutto il bene … possibile per noi in questi gravi momenti. Tanti saluti anche alla signora Cesira. Tuo aff.mo Camillo. 16 Al Convegno Nazionale del Psu, che si svolge a Milano dall’11 al 12 novembre 1923, Camillo Prampolini tiene un applaudito discorso sui temi dell’unità della classe lavoratrice, della propaganda e delle prospettive politiche del socialismo. Il leader reggiano indica in particolare due obiettivi prioritari: «vincere l’odio nemico; vincere il terrore da cui sono prese le masse che ci seguono», da perseguire attraverso una propaganda che riesca a «interpretare il bisogno di civiltà, di pace ch’è in fondo alle anime di tanti». Per questo è necessario «riconfermare la netta separazione dal massimalismo, a meno che esso non venga del nostro parere, rinunciando alla dittatura, al putsch, e accettando il principio delle maggioranze». Perché appunto «il metodo democratico, lo “spirito” democratico risponde non soltanto alle necessità contingenti ma alle necessità finalistiche. È lo spirito democratico che occorre alle masse per attuare il socialismo»56. Il giorno successivo sulla «Giustizia» quotidiana appare un articolo in prima pagina (ben più quindi del «trafiletto» cui allude Prampolini) di plauso ad suo discorso e di celebrazione della sua figura di vecchio saggio, animato da una «forza serena», che «è il più giovane di tutti noi perché la sua fede è la più fresca e la più pura». Ne è estensore lo stesso Zibordi, che Prampolini, cercando di schermirsi dalle lodi, ringrazia con questa lettera «personalissima»57. 30 Reggio E. 16 nov. 23 personalissima Carissimo Giovanni – Tu sai che gli elogi esercitano sopra di me un’azione deprimente, quasi di sconforto, perché mi fanno sentire più forte il peso della mia insufficenza, tanto che mi sembrano un po’ una derisione – involontaria, s’intende – da parte di chi me li fa, ed un po’, da parte mia, uno scrocco; altrettanto involontario, si capisce! Tuttavia essi mi fanno anche piacere, perché, indubbiamente, serve alla nostra battaglia il dir bene dei nostri uomini: tanto che io stesso, nella Giustizia di domenica, riporto quelle parole di De Amicis, delle quali tu conservi il manoscritto, per contrapporle ad un attacco feroce della Rinascita58. Il tuo trafiletto poi l’ho aggradito anche perché è scritto da te, che sei davvero sincero (sebbene io sia convinto che tu mi vedi con lenti eccessivamente benevoli e rosee) e perché ti è stato suggerito da Treves, che io vorrei aderisse veramente ed appassionatamente alla tesi da me sostenuta nel Convegno. A proposito del quale debbo dirti, che il tuo resoconto del mio discorso è riuscito benissimo, ma dimostra come fosse fondato il timore che manifestai quando incominciai a parlare. Mi era infatti mancata la forza di prepararne un brevissimo schema, come comprendevo di dover far pensando che forse avrei dovuto intervenire nella discussione. E così il ragionamento – te ne sarai accorto tu pure ripetetendolo – è riuscito sgangheratissimo ed affatto incompleto. Non sarei capace di accomodarlo ora, perché quei tre giorni milanesi mi hanno come salassato il cervello; cosa che più o meno mi succede sempre quando sono lontano da casa, fuori dalle mie abitudini, e soprattutto quando assisto ad un Congresso! Ma il fatto è che non seppi dire quello che dovevo e pensavo; non seppi dimostrare come dall’azione-fascismo, il quale poggia sull’odio antisocialista e sul terrore diffuso nelle masse, si sviluppi (sempre nel campo psicologico) la reazione, nella quale si distinguono due opposte correnti: quella che sorge dal sentimento dell’odio e della vendetta e che porta alla guerra civile, e l’altra che sorge dal bisogno di pace e di tranquillità, che è fiancheggiata dai calcoli della ragione, e che porta verso la democrazia, intesa come riconquista della libertà e campo aperto a tutte le riforme mature nella coscienza della maggioranza; non seppi spiegare abbastanza per quali motivi noi dobbiamo favorire lo sviluppo di questa seconda corrente, e perché per favorirla sia necessario guardarsi da tutto ciò che direttamente o indirettamente va ad alimentare la corrente opposta, e perché favorendola si agisca nel modo più sollecito e profondamente efficace contro l’odio antisocialista e contro il terrore che paralizza il nostro movimento, ecc. ecc. Ed appunto perché mancò questa dimostrazione, il Levi59 ha potuto dire che il mio discorso era accademico e Nenni60 ha stampato che la nostra tattica guarda «agli sviluppi lontani della lotta sociale e non alle sue esigenze immediate», mentre è proprio per le esigenze immediate, anzi immediatissime che noi dobbiamo tener fermo il timone contro tutto ciò che sa di bolscevismo (cioè di fascismo), per stimolare ed esaltare tutto ciò che vi è di più socievole e civile nell’anima delle moltitudini. Ti ho inflitto questa zuppa, perché tu – che intendi così bene come la nostra lotta sia innanzi tutto, e specialmente oggi, un’opera di propaganda che deve svolgersi ed attecchire nel campo psicologico – possa tener conto nei tuoi scritti, e dir bene ciò che io non riesco nemmeno ad accennare decentemente. Sta in guardia però contro un pericolo: quello di essere troppo didattico (adopro la tua parola). Ricordati che la propaganda dobbiamo farla in modo e con un tono che sia bensì ricerca, spiegazione, istruzione, ma che nel tempo stesso sia anche incitamento a sperare, a credere, a volere, ad agire. Il pensiero per l’azione. 31 Dopo di che mandami a quel paese: salutami tanto e ringrazia le tue donne; le salutano, anzi vi salutano anche le mie. Ed io ti stringo affettuosamente la mano, meravigliato che, dopo questi giorni di buio pesto, il mio cervello sia stato capace stassera di scriverti queste paginette le quali, se non sono proprio luminose, sono però per il sottoscritto una meraviglia di lunghezza. Tuo Camillo 17 Ritorna in questa lettera uno dei temi ricorrenti di discussione tra Prampolini e Zibordi, quello del ruolo nazionale che Prampolini secondo molti avrebbe dovuto svolgere e della critica al suo restringersi alla realtà reggiana. Prampolini, come già nelle lettere del 6 luglio e del 2 agosto 1921, ribadisce che una realistica valutazione delle sue capacità e soprattutto della precarietà delle sue condizioni di salute non può che portare a conclusioni opposte e far quindi considerare le responsabilità assunte come un peso eccessivo per la sua fibra, spesso minata dalla psicastenia. Sulla fragilità nervosa di Prampolini, in una situazione per giunta resa così tragica dalle illegalità fasciste, sono significative le parole di Anna Kuliscioff: «Vidi Prampolini, venuto qui per una seduta del Comitato di amministrazione del giornale, e lo trovai, poveretto, enormemente depresso, tanto che pareva che il pensiero si formasse con gran lentezza, e l’espressione del pensiero fosse molto impacciata. Si vede che gli ultimi avvenimenti a Reggio e nel reggiano, – diciotto cooperative bruciate, Camera del Lavoro in città id., egli stesso insultato e oltraggiato con dichiarazioni che non gli avrebbero tolto un capello, perché ciò verrebbe troppo sfruttato politicamente, – scossero fortemente il suo debole sistema nervoso»61. [Carta intestata:] Camera dei Deputati Reggio E. 25 /11/ ‘23 Carissimo – Ti rispondo quasi esclusivamente per dirti che anche Pierina, dopo aver tanto sofferto, può dirsi ormai del tutto guarita; tu hai quindi senza dubbio ragione di aver fiducia nel tempo per la tua Freja, che guarirà – ve lo auguro di gran cuore – anche più sollecitamente. Circa la mia funzione nel Partito, ne abbiamo discusso ancora e tu sai che non siamo d’accordo. Io non avrei potuto sopportare un peso maggiore di quello che mi cascò sulle spalle per forza di cose, piuttosto che per mia volontà, e che infinite volte fu per me un tormento indicibile. Avrò torto (non lo credo), sarò un papa Celestino, ma ho sempre sentito così e nulla poteva mutarmi, e accrescermi fiducia in me stesso né diminuirmi la fobia della responsabilità. Adesso poi – contrariamente a ciò che pensa Storchi – non solo non leggo, ma vado rapidamente dimenticando anche quel che lessi in passato, e che fu una povera cosa per mancanza di tempo e soprattutto di metodo. Di eccezionale in me c’è soltanto la dedizione al socialismo, come tu dici, che riconosco io pure completa, ma che non basta neppure – in certe ore o giornate – per scrivere un gruppetto di cronaca della Giustizietta! È dunque assurdo credere di poter ricavare da me qualchecosa più di quel poco che dò. E tu, insieme 32 agli arsàn, mi pare che vogliate prendermi in giro (so bene che non è vero!) quando fate certi paragoni. Mi meraviglio soprattutto che li possa far tu, che hai tanto spirito critico e tanta equità di giudizio, e che hai certamente notato come nel nostro partito, benché così povero d’uomini, vi sia fortunatamente un buon numero di persone le quali, se per devozione non sono inferiori a me o mi superano, valgono poi per ingegno, per coltura, per esperienza, per senso politico incomparabilmente più di me. Chissà dove ci troveremmo, se non fosse così. Lo stesso Treves – non ostante i suoi difetti – è una grande forza nostra, che tutti [i] partiti possono invidiarci: ed io sarei addolorato se egli abbandonasse la direzione della Giustizia. Pensaci bene, e vedrai che vuoto lascierebbero le sue dimissioni. Mazzoni?62 Un valore, indubbiamente. Ma a parte anche le sue attitudini a diriger uomini (che non mi sembrano superiori a quelle di Treves, e che per certi riguardi sarebbero anzi inferiori) non ti sembra che vi sia una grande distanza fra i due, in materia di coltura generale, di lingue, di politica estera, di economia, ecc.? … Non mi rispondere. Non mi è possibile trattare di questi argomenti per lettera. Faccio troppa fatica. Ne parleremo a voce. Se verrà l’articolo a cui accenni, sarà benedetto. Se no, riporto quello del Lavoro sulla rivoluzione col clistere63. Ancora, auguri per Freja, e saluti affettuosi a voi tutti, compresi s’intende Storchi e compagni. Tuo Camillo 18 In vista delle elezioni politiche dell’aprile 1924, i fascisti scatenarono una violenta campagna di stampa contro Prampolini, rispolverando un’accusa di presunta speculazione finanziaria sulla quale già quattro anni prima si era cercato di montare uno scandalo. I termini dell’episodio sono così riassunti dalla «Giustizia»: «Il 3 giugno 1915, la sorella di Prampolini dava in mutuo ipotecario quinquennale ad un proprietario della bassa reggiana 27 mila lire oro che ella pagò versandone 30 mila di carta e col patto che alla scadenza il mutuatario gliele avrebbe restituite in oro oppure in una somma di biglietti corrispondenti al medesimo valore-oro da calcolarsi secondo i listini ufficiali. Alla scadenza il mutuatario pretendeva restituire solo le 30 mila in carta (corrispondenti alle 11 mila in oro). Ne nacque una lite giudiziaria. La Corte d’Appello di Modena nel giugno 1921 e la Cassazione di Torino nel settembre ’22 diedero ragione alla sorella di Prampolini»64. Prampolini decideva di querelare il «Giornale di Reggio» per diffamazione, ma in questa lettera si lamenta con Zibordi dell’atteggiamento tenuto dalla «Giustizia» quotidiana che, non essendo ancora intervenuta in sua difesa, dimostrava di sottovalutare i rischi politici connessi al tentativo di screditarlo presso gli elettori. 23 marzo ‘24 Carissimo – Ho ricevuto in casa il tuo espresso e leggo ora, qui in ufficio, il trafiletto. A me bastava sapere che fra voi non ci fu chi dubitasse. La cosa era meno impossibile di quanto tu supponi, poiché ancor oggi vi è chi non ha capito l’assoluta equità morale ed aritmetica di quel 30.000 = 72.000. E non si tratta di ignoranti, ma di persone istruite e perfino di avvocati, non socialisti, ma tuttavia equanimi ed onesti. Appunto perciò io – non solo per 33 me, ma per tutta la nostra lista, cioè per la nostra bandiera – ho creduto di dover insistere nella mia difesa, che ha dovuto essere un’antipaticissima autodifesa poiché non c’era nessuno che volesse o sapesse scrivere per me65. E per lo stesso motivo mi aveva impressionato il vostro silenzio. Se fossi stato bastonato anche leggermente, voi senza dubbio avreste parlato, e forse troppo! Ma l’attacco del Giornale era un colpo, almeno intenzionalmente, ben più grave. Di qui la mia attesa, non di un trafiletto – che mi sarebbe parso eccessivo – ma di una semplice nota redazionale alla corrispondenza, che dicesse anche soltanto ciò che mi scrivi tu: essere comico curarsi di una simile accusa. Cosa che io non credo, per le ragioni che ti ho accennate ed anche perché la campagna diffamatoria, questa volta, non restava nei limiti della nostra provincia, ma si estendeva a tutta la circoscrizione emiliana ed alla Sardegna, ed aveva quindi più larghe possibilità di far buona pesca fra i minchioni e gli ignari. Voi non avete riflettuto che qui non si trattava di lodar me, che veramente sono molto istrice, come tu dici, in fatto di lodi; ma si trattava di spiegare e difendere per la verità e nel comune interesse morale, un mio atto. Insomma, io vi accuso … di avermi stimato troppo, ritenendo che non ci fosse bisogno neppure di quel tanto di difesa che potevate fare solidarizzando con la corrispondenza reggiana! Quindi abbasso la direzione e la redazione della Giustizia! Ti ringrazio della pronta tua risposta che mi ha tranquillizzato su ciò che mi premeva, e rinnovo a te ed a tutti cordialissimi saluti Tuo Camillo. 19 Alle elezioni politiche del 6 aprile, funestate a Reggio dall’assassinio del candidato massimalista reggiano Antonio Piccinini da parte di sicari fascisti, la lista dei socialisti riformisti ottiene nel reggiano 11.307 voti, contro i 1.647 dei massimalisti e 1.935 dei comunisti. Prampolini viene rieletto deputato, assieme ad Agnini e Mazzoni. A livello nazionale, il «listone» che riunisce i fascisti ed alcuni esponenti liberali e democratici ottiene quasi il 65 per cento dei suffragi. Il 30 maggio Matteotti denuncia alla Camera il clima di intimidazione in cui le elezioni si sono svolte e, dopo pochi giorni, viene rapito ed ucciso. Della corrispondenza con Prampolini del periodo luglio-agosto 1924, Zibordi ha conservato uno stralcio di lettera ed un breve frammento, entrambi relativi in particolare alla situazione professionale di Amilcare Storchi, diventata delicata in seno alla redazione della «Giustizia». Non conosciamo le ragioni di quella che Prampolini definisce come una «crisi d’anima» che gli procura «un senso di pena e di sconforto»; si può tuttavia presumere che tali ragioni siano in qualche modo ricollegabili alla decisione di Storchi di espatriare in Argentina, da cui farà ritorno nel 1926. [Carta intestata:] Camera dei Deputati Moena 30 luglio 1924 Carissimo – Noi (parlo anche a nome di Lia ma non di Pierina, che è a Savona da Silvia) non sapevamo che la vostra Freja avesse dovuto nuovamente troncare i suoi studi 66. Immaginerai facilmente come partecipiamo al suo ed al vostro dolore, se penserai alle 34 nostre vicende che purtroppo ci han messo in grado di comprendervi perfettamente. Ma anche per voi, come per noi, speriamo nell’avvenire che vi auguriamo di tutto cuore finalmente tranquillo. Almeno, se non potrò goderne io, ne godano le nostre figliole e voi che, in confronto a me stravecchio, siete ancora giovani. È vero che a Gaetani67 promisi di occuparmi di Storchi. Credevo però che le cose si fossero accomodate senza di me. Confesso ad ogni modo che mi mancò la forza di eseguire un incarico tanto ingrato e che, riflettendoci meglio, mi sono persuaso che non spetta a me ma alla Direzione ed all’Amministrazione del giornale giudicare e decidere nell’interesse del Partito, che è l’interesse comune. Io mi dimisi dalla presidenza del Consiglio amministrativo anche perché compresi che, data la mia amicizia ed il mio affetto per Storchi e nell’impossibilità di apprezzare direttamente la sua opera, non potevo prendere una decisione serena ed imparziale a suo riguardo … specialmente fra gli operai. Ma non ostante i suoi difetti e le sue lacune (io vorrei meglio curata la propaganda specificamente socialista, che minaccia di scomparire fra le incombenti necessità della propaganda per la libertà e che dovrebbe forse avere una sua rubrica particolare, dedicata anche al nuovo pubblico piccolo-borghese affatto ignaro delle nostre idee ed ora orientatosi verso di noi) la Giustizia pare a me, ed a quasi tutti coloro che me ne parlano, molto68 … Non ti meravigliare se non ti scrivo. È un caso che oggi vi sia riuscito. Perché non andasti a veder Pierina al Dal Verme? Hai avuto paura di non poterne dir bene? 20 [Di mano di Zibordi:] 30-8-24 … Di Storchi non posso scriverti: dovrei andar molto per le lunghe e farci troppa fatica. Ti dico soltanto che la sua crisi d’anima mi dà un senso di pena e di sconforto. Del genero della signora De Giovanni69 posso dirti soltanto che tutti ne parlano molto bene; ma i tutti sono la stessa sig.ra ed i co[…]in fondo, li riconosceva; ma, come io gli dissi più volte, molti di quei difetti si convertivano in una utilità perché controbilanciavano i difetti opposti assai radicati e diffusi nel nostro Partito. Era un bene che alla direzione di gente troppo riguar[…] 21 [Cartolina postale] On. Prof. G. Zibordi Milano Casella Postale 977 Reggio E. 11 sett. 24 Carissimo – Anche a nome di Lia, ricambio a te ed alla signora Cesira il saluto che leggiamo nella Giustizia, con mille rallegramenti e con altrettanti auguri affettuosi per voi e per Freja. Camillo 35 22 Le tre lettere che seguono si riferiscono alla situazione venutasi a creare in seguito alla rottura nei rapporti, un tempo amichevoli, tra Zibordi e Renato Marmiroli70. L’antefatto può essere così ricostruito: la sera del 20 settembre alcuni socialisti reggiani si riuniscono a cena in casa di Amleto Ragazzi e decidono di inviare una cartolina di saluti e di auguri a Zibordi, in occasione del suo cinquantaquattresimo compleanno. Zibordi nel ricevere il biglietto augurale si stupisce di vedere comparire tra le altre anche la firma di Marmiroli e, sdegnato, chiede spiegazione a Manlio Bonaccioli: «Ma come Le è venuto in mente di far firmare anche R. Marmiroli? Per quanto io sia incline al perdono e alieno dal dar dispiaceri, non potevo in coscienza accogliere i saluti di costui insieme con quelli dei fedeli e costanti amici. Glieli ho quindi dovuti “respingere” dicendogli che, invece che nel sett. 1924, doveva mandarmeli nell’estate del 1921, quando invece giustificava il mio bando dipingendomi come bolsceviko!»71. Prampolini interviene cercando la riconciliazione tra i due e rassicurando Zibordi sulla buona fede di Marmiroli, ritornato alle antiche convinzioni politiche e, per questo, accolto di nuovo nel partito. Anche altri compagni confermano a Zibordi la sincerità e la lealtà di Marmiroli che, nel dicembre 1922, aveva richiesto l’iscrizione al partito e dichiarato la sua intenzione di cessare la sua collaborazione al «Resto del Carlino»72. Una volta chiarita la posizione di Marmiroli, Zibordi non avrà difficoltà a superare i passati contrasti e a riallacciare con lui rapporti di amicizia. [Carta intestata:] Camera dei Deputati Reggio E. 26-IX-2473 Carissimo – Vedo la lettera che hai scritta a Bonaccioli, e ieri Marmiroli mi fermò in istrada mostrandomi, tutto umiliato e dispiaciuto, quella che hai scritta a lui. Purtroppo il contegno di Marmiroli verso te fu tale da giustificare il tuo sdegno e la tua ripulsa attuale. Ma è proprio vero che tu non possa perdonargli? Io non lo credo. A distanza, avrei anch’io risposto come te, o probabilmente peggio. Ma se tu fossi qui; e avessi visto come egli si è a poco a poco riavvicinato a noi, evidentemente pentito e non senza rischio, mentre egli pure avrebbe potuto con suo vantaggio passare al fascismo; se lo avessi sentito più volte prendere le tue difese con calore, direi con nostalgia, quasi volesse far tacere un rimorso ed ottener perdono dalla sua stessa coscienza – scommetto, caro Zibordi, che tu avresti… accolto il figliuol prodigo molto meglio e molto prima di quel che facemmo noi. Peccato che non possiamo ora riaverti a Reggio nemmeno per una diecina di giorni, per metterti alla prova! Ad ogni modo, meglio o peggio, prima o dopo o mai, il fatto è che dobbiamo domandare la tua assoluzione anche noi, perché evidentemente noi pure fummo colpevoli se accettammo di brindare con lui alla tua salute, e se quasi ogni giorno verso sera ci troviamo con lui negli uffici della Giustizia. Ci assolvi? Tanti affettuosi saluti ed auguri a te, alla signora Cesira ed a Freja. Tuo Camillo Bella Orta74, nevvero? L’ho vista dall’alto parecchi or sono [sic], passando in ferrovia. 36 23 [Carta intestata:] Camera dei Deputati Reggio E. 29 sett. ‘24 Carissimo – Io mi sarò spiegato male, ma certo tu non m’hai capito. Restìo a perdonare, tu?! Ma la mia lettera voleva dirti precisamente il contrario. Ti scrissi infatti che tu, a Reggio e testimonio del contegno di M., avresti perdonato più presto e meglio di noi. Dimenticai forse qualche parola, in modo che il senso del mio discorso ne rimase capovolto? Ed è per questo che tu hai visto dell’ironia nella richiesta di assoluzione per noi, mentre non c’era che dello scherzo amichevole, affettuoso, di gente che sa benissimo quanta nobiltà d’animo e quanta bontà (talvolta perfino … minchiona) si nasconda sotto le apparenze e gli … urli di quell’uomo terribile che sei tu? Ad ogni modo, protesto anch’io perché «dopo 17 anni di sodalizio» tu non dovevi prendere un granchio così grosso a mio riguardo: e non l’avresti preso se, oltre a conoscer meglio me, avessi conosciuto meglio te stesso e la stima che tutti abbiamo di te… Perché dubitasti?! Speravo di poter parlare ieri con Marmiroli, ma non lo vidi. Verrà forse oggi e gli comunicherò ciò che tu mi scrivi circa l’allusione al settembre 192475. Egli ne sarà molto contento, perché la cosa che più gli era dispiaciuta fu che si mettesse in dubbio la sincerità del suo atteggiamento attuale. Quanto alla sua colpa passata, credo che – malgrado «l’orgoglio Marmirolesco» – non avrà vergogna a dolersene anche con te. Rinaldi anzi mi diceva ieri che l’avrebbe già fatto, se noi non avessimo voluto precederlo per informarti dei rapporti che aveva con noi. Io non gli ho taciuto che il suo contegno verso te e contro la verità fu un errore gravissimo. Tanto grave che ancor oggi, qualche volta, mi domando se facemmo bene a perdonarlo: non perché dubiti del pentimento di M., ma perché contro chi le fa così grosse resta sempre il timore d’una possibile ricaduta. Quod Deus …! Io confido nel bene, perché sono convinto ch’egli non sia cattivo. Ancora saluti affettuosi a te ed alle tue care, Camillo 24 [Cartolina postale] All’on. Prof. G. Zibordi Milano Casella Postale 977 Reggio E. 1 ottobre 24 Carissimo – Ho riletto ora le mie parole che tu mi hai trascritto; ma nemmeno adesso trovo giustificata la tua interpretazione, ed essa mi sembra anzi anche letterariamente insostenibile (mi perdoni l’ardire?): forse perché, come ti ho detto, è assolutamente agli antipodi del pensiero e del sentimento che volli esprimere e che mi sembra infatti chiarissimamente espresso nel mio: Io non lo credo. Ad ogni modo, qualunque sia il vero senso letterario di 37 quella frase (e qui tu sei un giudice mille volte più competente di me) il fatto è come te lo spiegai, e mi dispiacerebbe molto se tu avessi anche il minimo dubbio in proposito. Salutissimi C. Ieri fui a Milano; speravo di poter venire alla Giustizia, ma impegnato nel centro della città, riuscii soltanto a fare una breve visita alla Kuliscioff. 25 [Cartolina postale] All’on. Prof. G. Zibordi Milano Via Barbavara 6 11 aprile [di mano di Zibordi:] 1925 Carissimo – Ho ricevuto il tuo libro76. M’ero proposto di ringraziarti dopo d’averlo letto, e volevo quindi leggerlo subito, ma vedo che sono ancora alle prime pagine … per la solita causa che ti ho detto mille volte e che tu (fortunato!) non puoi capire. Ora Pasqua non deve passare senza ch’io mi rallegri con te dell’… ovo che hai voluto mandarmi e del quale ti sono veramente gratissimo. Lo farò gustare anche alle mie donne: ed esse pure leggeranno con commozione, appena aperto il volume, la dedica alla Sig.a Cesira, così bella, così meritata. Evviva! Buona, buonissima Pasqua a lei ed a voi tutti. Tuo Camillo Vi ringraziamo anche dell’affettuosa accoglienza a Pierina. La quale capitò qui improvvisa martedì sera a salutarci ed è ripartita mercoledì mattina per … Cagliari! 26 Sulla «Giustizia» quotidiana del 1° maggio 1925 viene pubblicato in prima pagina un lungo articolo di Ugo Brilli77, dal titolo Pascoli intimo, in cui sono rievocati gli anni giovanili del Pascoli studente universitario a Bologna e allievo del Carducci, negli anni tra il 1873 e il 1882. Anche Prampolini frequentava negli stessi anni la Facoltà di Giurisprudenza dell’ateneo bolognese; il loro incontro è ricordato da Brilli con queste parole: «Per sdigiunarsi [Pascoli] andava, quando andava, al Foro boario, antica trattoria suburbana frequentata dagli studenti poveri. Là un giovine, che vedeva di solito appartato e solo e malinconicamente pensoso, attirò la sua muta simpatia, e benché con esso non avesse avuto a scambiar mai una parola lo ricordò sempre sino agli ultimi anni: era Camillo Prampolini». Prampolini, prendendo spunto dall’articolo di Brilli, ricorda a Zibordi i suoi rapporti con Pascoli ed in particolare descrive un episodio che Zibordi ha cura di ritagliare e di conservare, incollando il foglio su un cartoncino. Come si desume dal brano leggibile in trasparenza nel verso del cartoncino, Prampolini racconta anche all’amico come sia costretto dalla presenza minacciosa dei fascisti a trascorrere la giornata tra casa e ufficio. 38 [1° maggio 1925]78 [Di mano di Zibordi, a matita rossa:] Pascoli [Brano leggibile in trasparenza:] puntiglio di non volerla dar vinta ai fascisti recandomi all’ufficio. Viceversa poi, non vado a fare una passeggiata per risparmiare alle mie sorelle un’ora d’ansia, e quindi chi la vince davvero, in ultimo, sono proprio loro: le bestie ubriache in camicia nera che scorrazzano per le vie della città e nei sobborghi minacciando e bastonando. Fin dove siamo … Ho visto nella Giustizia d’oggi l’accenno di Brilli ai miei rapporti con Pascoli. Non è esatto. Vero che anche Pascoli capitava alla Trattoria del Foro Boario dove io cominciai ad andare durante il mio anno di volontariato e dove l’insuperabile Buggini scoperse sotto la mia divisa di soldato il compagno socialista79. Ma io non ero quel solitario né quel malinconico (almeno al Foro Boario) che Brilli descrive. E con Pascoli ci parlammo parecchie volte. Indimenticabile ciò che egli mi disse nei corridoi, non so se del Tribunale o della Corte di Assise di Bologna, un giorno nel quale si processava per reato di stampa Adamo Mancini, gerente – mi pare – del Martello diretto da Costa. Quando passò l’imputato fra i carabinieri ed ammanettato, Pascoli mi disse: Vedi? Un giorno faranno così anche a te! – ed imitò il gesto di chi è in manette. – Purché non mi facciano male – io risposi scherzando – poco importa! – Ed egli scattò, quasi scandalizzato e ancora fremente pel dolore e l’umiliazione che aveva provato non nel carcere di S. Giovanni in Monte, ma il giorno del suo arresto quando dovette appunto comparire ammanettato in pubblico80. «Pensavo al mio povero padre! Se m’avesse visto in quel momento!» esclamò in dialetto. E mi raccontò che il suo dolore era così grande che il brigadiere dei carabinieri, quando più tardi dalla caserma lo condussero al carcere, non seppe resistere alla sua preghiera di non mettergli le orribili manette. Io veramente non mi davo ragione di tanta ripugnanza; mi sembrava anzi – e glielo dissi – che fosse in certo modo un onore essere ammanettato iniquamente, per una causa così alta. Ma credo di avergli fatta in quel momento la impressione di una insensibilità da ippopotamo! Dopo di che, meravigliandomi di averti scritto così a lungo, saluti affettuosi a te e alla tua famiglia, s’intende anche da parte delle mie sorelle. Pierina partirà da Cagliari per Milano lunedì prossimo. Rimarrà costì il meno possibile per gli affari suoi, poi verrà a riposarsi con noi e il 20 sarà a Pavia per l’Anima allegra e per una nuova opera, pure del Vittadini81: Nazareth. Povera Piera! Verrà davvero il sole alle sue finestre? – come direbbe Bellelli. Se lo meriterebbe. Ancora saluti Camillo 27 L’ondata di violenze fasciste che seguono l’attentato di Zaniboni a Mussolini costringe il 5 novembre 1925 «La Giustizia» quotidiana alla chiusura. Pochi giorni dopo Prampolini scrive all’amico Anceschi : «Gli uffici della G[iustizia] sono ancora parzialmente aperti ed io vi sono, in questo momento, solo e tristissimo al mio scrittoio, con la certezza che in un modo o nell’altro anche quest’ultimo rifugio mi sarà tolto»82. La facile previsione si avvererà ben presto: il 5 dicembre la «Giustizia» domenicale (la Giustizietta come veniva fami- 39 liarmente chiamata) esce per l’ultima volta. Prampolini ne dà l’annuncio con queste parole: «Travolto dal turbine fascista, mentre stava per compiersi il suo quarantesimo anno, il nostro periodico La Giustizia si trova costretto a sospendere le pubblicazioni. È per noi un grande dolore, confortato soltanto dal pensiero che il fervido lavoro di questo quarantennio non fu inutile né andrà perduto, e dalla fede incrollabile che, malgrado ogni avversità, rimangono sempre insopprimibili e continuano ad agire dovunque quelle profonde ragioni di vita che sospingono ineluttabilmente i popoli verso il nostro ideale di libertà, di giustizia, di pace». In questa lettera Prampolini si dichiara contrario al progetto di far rivivere il giornale a Milano, soprattutto in vista della progettata uscita di un settimanale nazionale del partito. [Carta intestata:] Camera dei Deputati Reggio E. 22 dic. ‘25 Carissimo – Ti scrivo da casa, ove sono nuovamente imprigionato da una ripresa dei dolori di schiena, sebbene meno forti di prima. Non ho più visto Bellentani e non so perché egli non ti abbia fatto parola del colloquio con Storchi. Mi sembra che io gliene accennassi; ma forse egli non ha dato importanza all’annunciata pubblicazione di un settimanale del Partito83, oppure ha supposto che tu pure nel frattempo ne fossi stato informato, e perciò si è limitato a parlarti dei miei dubbi, che sono viceversa la mia profonda convinzione dell’impossibilità di far rivivere utilmente la Giustizietta a Milano. Se infatti si volesse conservarle il suo carattere socialista, provvederebbero i sequestri e il resto a seppellirla una seconda volta; e se invece si volesse trasformarla in modo da sfuggire alla rappresaglia fascista e ricavarne lucro, allora – dato pure che ciò fosse possibile – essa dovrebbe cessare di essere socialista. Niente dunque da sperare e da fare, né per l’una né per l’altra strada. D’altronde, se un settimanale socialista deve tentar di vivere, questo ha da essere quello che il nostro Comitato preannuncia da Roma. Là devono convergere tutte le nostre forze. Non vi può esser dubbio in proposito. Resta invece a sapersi quale dovrà essere il suo indirizzo, cioè il nostro programma d’azione di fronte al fascismo. E mi pare che su questo punto capitale anche i nostri Commissari abbiano delle idee molto confuse, oppure non abbiano o non vogliano manifestare alcuna idea, se nella loro circolare essi si mostrano tanto preoccupati dell’unità socialista, vale a dire di unirsi coi massimalisti … che, oggi come sempre, sono i più equivoci, reticenti e confusionari di tutti. Vedremo! Hai parlato con Anceschi?84 L’avevo incaricato di dirti, se t’incontrava, che Pierina canterà nei prossimi giorni la Mignon al Carcano e che a me, come a Lia, sarebbe molto piaciuto che tu, che voi andaste a sentirla ed a vederla85. Sapevo però che, dati i tempi e le tue abitudini, la mia richiesta poteva essere importuna. Ora tanto dippiù, con la neve e il gelo che imperversano: faccio quest’aggiunta per assolverti senz’altro come assente. Tantissimi cordialissimi saluti e auguri a voi tutti. Tuo Camillo Pierina vi ricorda spesso e si era proposta di venirvi a trovare; ma essendosi ritardata troppo a Firenze, ora ha molto da fare per non perdere l’occasione di una scrittura. Al Carcano non avrà che due recite. Io avrei dovuto e devo venire a Milano, ma chissà quando riuscirò a 40 liberarmi sufficientemente dagli attuali miei malanni, che per quasi tre giorni non furono lievi, come ti fu detto, ma addirittura spasmodici e tali da costringermi al letto? Pierina sa soltanto che sono reumatizzato. 28 Zibordi, aderendo all’invito rivoltogli da Prampolini nella lettera precedente, si reca al Teatro Carcano per ascoltare l’interpretazione di Pierina Prampolini nella Mignon di Thomas, per poi comunicare all’amico il suo giudizio: «Le mie impressioni di profano … sui generis, sono: 1° – appena Pierina aperse bocca, la riconobbi, e scommetto che avrei pensato a lei anche ignorando ch’era lei, perché ha la sua personalità di voce e di dizione; 2°– figura, fraseggio, interpretazione ottima. Purtroppo l’opera è fine ma vecchia e barbosa, e quel pubblico può poco apprezzare tali doti, mentre si entusiasma per un cane che urli la Pira; 3° – voce, nelle mezze voci, gradevolissima; la preghiera della fine la disse squisitamente, eppoi nei punti dell’opera dove si canta piano, il fraseggio ha una parte più importante, ed ivi l’insieme dell’artista si rivela di più nel territorio dell’intelligenza interpretativa; negli acuti, bene o anche benissimo. Certi passaggi invece, un pochino oscuri. Si direbbe che ivi si riveli la conseguenza dei due registri pei quali, lungo il corso dei suoi studi, è stata fatta passare. La voce poi “va lontano”, cioè è penetrante»86. Prampolini si affretta a ringraziarlo per la sollecitudine e per le lusinghiere osservazioni sulle qualità canore e artistiche della figlia. [Cartolina postale] On. Prof. Giovanni Zibordi Milano Via Barbavara 6 28 dic. [di mano di Zibordi:] 25 Carissimo – Il tuo espresso ieri non ci trovò in casa, e l’abbiamo ricevuto oggi. Tu sapevi quanto piacere e conforto doveva recarci la tua impressione, e volesti comunicarcela subito. Mille e mille grazie; s’intende, anche a nome di Lia. Ed ora auguriamoci che ai meriti sia pari la buona fortuna. A Milano verrò appena sarò o crederò di essere assicurato contro una ripresa del mio mal di schiena che non se n’è andato del tutto. T’avviserò, ma a patto che non ci vada di mezzo la sig.a Cesira. Questa volta assolutamente non transigo. Saluti affettuosi a tutti voi Camillo 29 La chiusura della «Giustizia» toglieva a Prampolini ogni spazio di agibilità politica, anche quello della pura testimonianza. La vita a Reggio, come scrive lui stesso, gli era diventata insopportabile: la «sua» Reggio gli era ormai estranea, troppo diversa da come aveva voluto che fosse. Di qui la sua decisione di trasferirsi a Milano: le lettere a Zibordi del 1926 si riferiscono tutte ai problemi legati agli aspetti organizzativi della nuova sistemazione. Di politica non si 41 parla più, non per lettera comunque, e questo ripiegamento nella dimensione privata aumenta il senso di sconfitta che si avverte in queste lettere, come se il distacco di Prampolini dalla sua città venisse a contrassegnare la fine definitiva di un’epoca87. A Milano gli amici di Prampolini, da Zibordi ad Anceschi, da Alberini a Mazzoni, si prodigano per trovargli un alloggio, che sia nello stesso tempo adeguato e alla portata delle sue limitate risorse economiche, ed un’occupazione che gli consenta almeno di pagare l’affitto. Questa rete di rapporti e di amicizie sarà provvidenziale per rendergli meno duro l’«esilio» e per sostenere lui e le «sue donne», Lia e Pierina, nell’imminente manifestarsi della sua malattia. La corrispondenza con Zibordi si interrompe appunto quando i due si ricongiungono a Milano, verso la metà di maggio del 1926. Impiegato come contabile presso il negozio di antiquariato di Mazzoni, Prampolini così descrive a Bellentani la sua nuova vita: «vecchio albero sradicato dal suolo ove nacque e trapiantato in altra terra lontana, io ormai non posso dar frutti e non esisto che per morire, come dico sempre agli amici». I soli momenti di conforto sono rappresentati dagli incontri, predisposti con le dovute cautele, con Zibordi e Storchi: «Anche Giovanni si difende alla meglio con qualche lezione e con gli sgoccioli dei suoi risparmi … Amilcare conduce insieme a sua moglie una rivendita di sali e tabacchi frequentatissima … Di quando in quando, scegliendo l’ora meno importuna, vado a salutarli nella loro bottega, che è poco distante dalla mia. E altrettanto fa Giovanni con me. È uno dei pochissimi piaceri che godo, scambiare qualche parola con loro»88. [Cartolina postale] Al Prof. G. Zibordi Milano Via Barbavara 6 7 gennaio ‘26 Carissimo – Se non pioverà, verrò a Milano sabato prossimo. Ti dò appuntamento per le 11 all’amministrazione del giornale, dove farò a voce i ringraziamenti miei e di Lia a te, alla sig.a Cesira ed alla Freja, e parleremo della tua lettera, del tuo magnifico articolo e di tante altre cose. Ho avvisato anche Pierina, e non ci farai il torto di non rimanere a colazione con noi. Tanti affettuosi saluti Tuo Cam 30 Reggio E. 13 marzo ‘26 Caro Zibordi – Fui a Milano la scorsa settimana dalle 10 del sabato alle 15 della domenica. L’avrai certamente saputo, e probabilmente avrai supposto ch’io non sia venuto a casa tua per quel tal pregiudizio che altre volte mi rimproverasti. Ma non fu così. Desideravo di passare un’ora con te e, dopo le tue proteste, l’avrei passata volentieri e senza scrupoli con voi, alla vs. tavola. Ma avevo davvero i minuti contati e con Pierina in armi perché dedicassi a lei e non ad altri quei pochi che mi restassero liberi. Così anche gli Storchi (coi quali mi 42 premeva di parlare nella speranza di poter contribuire a … pacificare gli animi) mi ebbero soltanto a tarda sera. Questa volta dunque non meritai affatto i tuoi fulmini. E nemmeno mi pareva d’essermi meritato di buscarmi una specie d’influenza; ma il fatto è che da lunedì ho cominciato a non sentirmi bene ed oggi ti scrivo dal letto ove mi tiene una febbriciattola triduana (si dice così?). Qui la vita (a parte l’influenza e il resto) mi diviene sempre più insopportabile. Se non trovassi il modo di stabilirmi altrove, credo che scoppierei. Penso sempre a Milano, poiché realizzeremmo anche una certa economia riunendoci a Pierina; ma c’è l’ostacolo del caropigioni che io potrò affrontare soltanto se riuscirò a trovare costì una qualsiasi occupazione che mi frutti almeno da pagare il fitto di casa. Ho interessato diversi amici a far ricerche in questo senso, pur non nascondendomi la grande difficoltà della cosa. Mi raccomando anche a te. Turati mi diceva sabato che non c’è da disperare. Ricordami a lui quando lo vedi. Affettuosi saluti a voi tutti anche da Lia. Tuo Camillo. 31 20 marzo [di mano di Zibordi:] 26 Carissimo – Hai ficcata la testa in un vespaio! Fortunatamente, te la sei cavata abbastanza bene, perché Pierina, scrivendoci stamane, ha parlato dell’incidente con una calma di cui non la supponevo capace89. S’intende che tu non hai alcun bisogno d’essere perdonato o scusato. Rilevare reciprocamente a scopo di correzione i proprii difetti, dovrebbe essere più che un diritto un dovere fra gli uomini: figurarsi poi fra amici! Ma la cosa non è liscia e semplice, come pare a prima vista, soprattutto in questi tempi agitatissimi di malessere e di ipersensibilità. Ne riparleremo a voce. Oggi no, perché sono ancora in casa, anzi in letto con l’influenza; leggiera, ma ostinata (Pierina non lo sa). Oggi debbo dirti soltanto che, alla stazione, non m’accorsi degli atti che impressionarono sfavorevolmente Rinaldi: forse egli trovò eccessivi i baci e gli abbracci, ma Pierina ci saluta sempre così: col pericolo di soffocarci ed anche di cader dallo sportello appena salita nello scompartimento! Sono i difetti delle sue qualità e li porterà seco anche all’altro mondo! Ciao. Saluti affettuosi, pure da Lia ed anche alla sig.a Cesira ed a Freja Tuo Camillo 32 [Cartolina postale] All’on. prof. G. Zibordi Milano Via Barbavara 6 30 marzo [di mano di Zibordi:] 26 Carissimo – Tu interpretasti perfettamente il mio pensiero ed il mio desiderio. Oggi una cartolina di P. mi annuncia che con Alberini90, per ciò che riguarda il lavoro, tutto è combinato: domani o posdimani me ne dirà a voce i particolari. Non dubito che Alberini avrà 43 tenuto conto delle tue parole. Intanto mille grazie anche a te per il tuo affettuoso interessamento. Cordialissimi saluti a voi tutti. Tuo Camillo Sono del tutto sfebbrato già da parecchi giorni, ma ancora costipato e prigioniero in casa. 33 Reggio E. 27 aprile ‘26 Carissimo – Vi siamo molto grati della vostra premura (parlo anche a nome di Lia), ma perché deve la signora Cesira prendersi tanto disturbo? E come contraccambiarvi? Intanto, per cominciare, t’infliggerò un’altra seccatura, anzi due! 1. Ricorda ad Anceschi che la carta della camera da pranzo la desideriamo di color giallognolo chiaro. 2. Nella mia camera-studio, quando farete rimettere la carta nella parete di destra, avvertite che vi si dovrà lasciare una sola lampada elettrica presso il mio letto, che verrà collocato (pure in senso trasversale, come i due che c’erano) alla distanza precisa di metri 1.20 dalla parete attigua alla cucina. Il letto essendo largo m. 0.95, forse la lampadina di destra potrà rimanere dov’è, e basterà togliere l’altra. Eccoti, se non mi sono spiegato chiaro, la mia pianta: [schizzo della stanza con la disposizione dei mobili e la nota:] collocamento calcolato al centimetro; impossibile qualsiasi altra disposizione Sei pregato di conservare il disegno! Una terza seccatura. Mi sono accorto che nella mia Critica Sociale di quest’annata manca il n° 6. Domanda a Turati se ne ha uno disponibile, e in caso affermativo digli che lo metta da parte per me. Lo ritirerò quando farò rilegare l’annata costì. Ancora tantissime grazie e saluti affettuosi a tutti. Tuo Camillo Siamo ancora incertissimi sul mezzo di trasporto dei mobili: l’Agenzia costa un occhio della testa, ma il camion ci fa paura. Decideremo a giorni. 34 28/4/’26 Caro Zibordi – Il giudizio del tappezziere mi ha molto impensierito. Se non c’è di mezzo che l’estetica, poco male: noi dovremo rassegnarci a ben altro. Ma se fosse in gioco la salute, l’imbroglio sarebbe grosso. Io temetti fino dalla prima visita che la casa fosse umida, e notai con qualche sospetto anche l’insistenza del Poggi nell’avvertire che entro quest’anno sarebbe stata costruita la casa che deve sorgere a nord-est della nostra, e così il muro in questione avrebbe cessato d’essere esposto alle intemperie. Viceversa, la portinaia, durante la 44 mia seconda visita, assicurava che la nuova costruzione per ora non si farà. E allora? Sono o non sono igienicamente abitabili le due stanze? Ecco il problema. Mi pare che bisogna studiarlo bene, perché noi non abbiamo l’acqua alla gola e, se mai, potremmo anche tentare di cedere ad altri l’alloggio, visto che altri lo desideravano e che non dovrebbe essere impossibile, attendendo il S. Michele, trovare un nuovo appartamento per noi. Calcolate le 10 mila lire che versammo all’ex-inquilino e delle quali io credo che, alla scadenza della pigione, potrebbero esserci rimborsate non più di 2500 lire (compreso il prezzo dello scaldabagno e delle lampade), noi verremo a pagare circa 6 mila lire all’anno (piuttosto più che meno, tendo conto degli interessi): e per questo prezzo, quando non vi fossero buoneuscite da sborsare, mi sembra che si dovrebbe trovare. Ad ogni modo, meglio spendere per il padrone di casa che pel medico. Ma io spero che le parole del tappezziere non debbano essere intese in senso così grave: e voi potrete accertarvene facendo interrogare o interrogando gli inquilini del primo e del terzo piano. E se non si tratta che d’estetica, ripeto, la cosa non ha importanza. Nella mia camera, il guasto potrà forse in gran parte essere coperto dalla libreria. Come ti scrissi ieri, tutti i nostri mobili li abbiamo già messi matematicamente a posto e non è possibile nessuna variazione. Ti do la pianta completa della mia stanza: [schizzo della stanza con la disposizione dei mobili e le relative misure] La libreria è alta come quella più grande che tu conosci e che ho venduta; cioè m. 2.45. Se non bastasse a coprir tutto lo spazio rimasto senza carta, occorrerebbe, secondo me, provvedere con qualche rappezzo: se si staccherà, lo riattaccheremo, magari a chiodini! Certo per drappeggi non v’è posto. Per la camera da pranzo, si era prescelta la carta perché, secondo Anceschi, farla dipingere sarebbe costato assai dippiù, essendo necessario raschiarla. Ma se la carta non va, niente di male (a parte la maggior spesa) in una modestissima coloritura. Lasciar le pareti come sono, mi sembra che darebbe l’impressione di sporcizia, poiché la credenza – che dovrà essere collocata lungo il muro a nord-est – coprirebbe solo una parte delle macchie più vistose. Ancora mille ringraziamenti e scuse per la serie di seccature che ti stanno venendo addosso e che finiranno, spero, prima della fine di maggio. Saluti cordialissimi a tutti Tuo Camillo 35 Reggio E. 30 aprile 1926 Carissimo – Mi dispiace molto che Alberini abbia potuto pensare che io metta in dubbio, sia pure per un momento, la sua «buona volontà». Mi ha trattato come non avrebbe forse fatto un figlio od un fratello, ed io non dimenticherò mai questa sua prova d’amicizia e d’affetto. Ma errare humanum est, e poteva ben darsi che nella fretta e nel timore di perdere una fortunata occasione (anche della bontà «relativa» dell’affare, come tu dici, io non ho né ho mai avuto il menomo dubbio) egli e Pierina non avessero diffidato abbastanza di quei sintomi di umidità che a me han fatta tanta impressione, dopo le conclusioni del tappezziere. Alberini può quindi, anzi deve essere assolutamente tranquillo sul mio giudizio a suo riguardo e sulla mia gratitudine; e così tu pure. E voi dovete perdonarmi, anche se le mie paure vi 45 sembrano eccessive e sono infondate. Riconosco io stesso di non aver più i nervi a posto, ormai da sei mesi. D’altra parte, se è vero che molte case hanno pareti esposte, è pur vero che nella nostra casa d’oggi anche i muri esposti nelle posizioni più sfavorevoli non danno segni d’umidità, benché siano di una sola testa. C’è dunque qualchecosa che se non giustifica il mio allarme, almeno lo spiega. Per me, il fatto più rassicurante è quello degli inquilini degli altri piani; se costoro si trovano bene, non c’è da chiedere né da far altro. Se no, convocheremo al più presto sotto la tua presidenza il consiglio degli amici e decideremo! Per il trasporto si è offerto anche Cocconcelli (te lo ricordi? quello della Camera del Lavoro, che oggi ha un servizio di camions): egli pure assicura che, malgrado la pessima strada e il polverone, i mobili potranno arrivare in buono stato e s’impegnerebbe anche per il carico, cosa che non so se sia compresa nell’offerta fatta ad Alberini. Ma di questo abbiamo ancora tempo a parlare. Dovrei rinnovare scuse e ringraziamenti a te ed a tutti; ma poiché tu non vuoi saperne, mi limito a rinnovarvi i saluti più cordiali. Tuo Camillo 36 [Cartolina postale] All’on. prof. Giovanni Zibordi Milano Via Barbavara 6 1 maggio [1926] Carissimo – Felice della buona notizia, mando – ringraziamenti no! – auguri e saluti affettuosi. Cam. 37 6 maggio [di mano di Zibordi:] 26 Carissimo – I capo-mastri non potevano compiere un più grande miracolo! Cent’ottanta lire per rimettere la carta nella mia camera ed in quella da pranzo? Ma è proprio vero? E poi anche il fregio? Badate a quello che fate! Non vorrei accumulare troppi debiti verso di voi. E state attenti, voi, perché adesso è a Milano anche la padrona e occorrerà che non ve ne dimentichiate e che v’intendiate con lei. Hai capito? Voglio ad ogni costo che si dimentichi l’incidente e che si faccia una pace vera e completa. E tu devi aiutarmi in questa impresa. Sarebbe per me un dolore se fra tutti i membri delle nostre due famiglie non ci fosse l’amicizia e l’affetto che ci fu sino a ieri. C’è tant’odio e tanta ferocia fuori dalle nostre case, che si sente ancor più vivo il bisogno di volerci bene fra noi. E la padrona, nell’intimo suo, sente ella pure così, perché è buona; ma madre natura e le avversità, che sono state tante e talvolta atroci in questi ultimi anni, l’han fatta molto suscettibile, e bisogna ricordarsene e saperla prendere pel suo verso. 46 Per il trasporto io e Lia abbiamo deciso di servirci dell’Agenzia Fornaciari; l’ho scritto ieri a Pierina che avrà forse già avvisato Alberini. La spesa è molto maggiore ma, tutto sommato e per diverse nuove ragioni che ti dirò a voce, noi abbiamo creduto di dover rassegnarci anche a questo salasso. Salvo imprevisti, caricheremo il furgone il 19 corr. E saremo quindi nel nostro nuovo alloggio il 21 o il 22 al più tardi. Così almeno assicura Fornaciari. Io probabilmente partirò nello stesso giorno 19 e chiederò ospitalità per dormire a Prampolini91. Lia invece andrà da Silvia92 a Guastalla e verrà a Milano la mattina del 21. Per Turati, puoi immaginare come saremmo lieti di poter risolvere il suo problema. Ma anche Lia lo giudica di una difficoltà immensa, forse insuperabile in un ambiente come il nostro, sia pure nel reparto che tu indichi. Tuttavia faremo e farem fare ricerche. Saluti a te, a tutti. Ringraziamenti … a nessuno! Camillo 38 9 maggio ‘26 Carissimo – Io sono meno pessimista di te e confido che i fatti mi daranno ragione. Per mio conto, il discorso che tu mi consigli l’ho già tenuto a Pierina, e più d’una volta. Ma io credo che la maggiore difficoltà non sia quella di persuaderla che il tuo rimprovero «non era del tutto infondato» come tu dici. Riflettendo meglio, io mi sono anzi persuaso che ciò che la offese dev’essere stata precisamente la sensazione, inconfessata, che nelle tue parole c’era della verità. Lei aveva compreso benissimo, anche senza che io glielo spiegassi, il sentimento di stima e di affetto per me dal quale tu eri mosso; ma il dolore che deve aver provato sotto il colpo inatteso della tua accusa che rivelava uno dei più intimi e spiacevoli difetti della sua strana anima di donna-bambina, quel dolore e quella ferita al suo amor proprio non le consentivano nessuna alternativa e, meno ancora, nessuna giustificazione per te: ella sentiva soltanto che le tue parole la facevano star male e quindi concludeva che tu, né altri, non avevi il diritto di farla star male. È qui, secondo me, il punto da vincere. E poiché tutti i dolori col tempo si affievoliscono, e Pierina non solo è buona, ma sa anche essere giusta … quando non è irritata, io dico che lei ritornerà tua amica e saprà dare il dovuto valore anche alla tua intenzione man mano che le passerà il bruciore di quel malaugurato incidente. Tutt’al più potrà dire ancora, ma senz’ombra di rancore, che lei infine non è una bimba e che certe cose, anche se si pensano e si credono vere, non si spiattellano in faccia alla gente. Teoria tutt’altro che stoica, ma purtroppo professata, anzi sentita dalla maggior parte dei bipedi implumi … E basta! Pierina ha dovuto improvvisamente partire per Torino dove canterà con la compagnia del Regio al Rossini. Aveva, fra gli altri, l’incarico di provvedere per una donna che aiuti Lia nei primi giorni di trambusto; spero abbia fatto in tempo ad avvisar Alberini. Nel dubbio ne avviso te, pregandovi tutti – compresa la sig.a Cesira – di adoperarvi per la soluzione del problema. So bene quanto sia difficile, ma per due o tre settimane io non guarderei alla spesa pur di non affaticar troppo Lia, che mi sembra già stanca. Dopo, quando saremo a posto e più pratici del nuovo ambiente, potremo ridurre al minimo il servizio. Salutissimi Camillo Per Turati, più si cerca e più si teme il fiasco! 47 39 [Cartolina postale] On. Prof. Giovanni Zibordi Milano Via Barbavara 6 15/5/26 Carissimo – Faremo dunque martedì il carico del mobilio, ed io partirò lo stesso giorno per Milano ove sarò ospite di Prampolini. Per la donna di servizio, Lia osserva giustamente che è troppo indiscreta e poco pratica la mia preghiera di farcela trovare al nostro arrivo e che la responsabilità della scelta può essere soltanto nostra, cioè … della stessa Lia. Modifico quindi la mia istanza nel senso che voi ci aiutiate nelle nostre ricerche. Per i parquets c’intenderemo alla mia venuta: a me sembra sia lavoro sprecato farli ripulire prima del collocamento dei mobili. Ancora tanti ringraziamenti – anche alla specialista per le porte! – e cordiali saluti Cam. Arrivederci mercoledì. Attendiamo notizie di una possibile domestica p[er] Filippo: dovrebbe procurarcela la Dimma93. 40 Già nel gennaio 1927 Prampolini, scrivendo a Bellentani, accenna al manifestarsi della malattia alla bocca: «Non so adattarmi a Milano e, peggio ancora, a tutto ciò che mi costrinse a venir qui ed a rimanervi. Senza contare i dispiaceri d’altro genere, come la disoccupazione di Pierina e il mio mal di bocca che mi tormenta di nuovo, sebbene, per ora, non così spasmodicamente come otto o nove anni or sono»94. Nell’aprile di due anni dopo, il prof. Donati di Torino gli diagnostica l’insorgere di un tumore; in maggio viene ricoverato in clinica a Milano per un intervento che tuttavia si rivela non risolutivo. In settembre subisce un secondo intervento a Bologna, ma il male progredisce inesorabilmente95. Fino alla morte di Prampolini, avvenuta alle prime ore del 30 luglio 1930, Zibordi si fa interprete delle testimonianze di affetto e di solidarietà che numerose giungono a lui ed ai suoi familiari dagli amici. Milano 3/5/ ‘29 Carissimo – Stamane sono stato con Pini dal prof. Perussia96. Mi hanno persuaso a tentar la cura radio, assicurandomi che posso farlo in tutta coscienza senza preavvisarne Pierina. Lia, sempre pari a lei stessa, ha accettato di prendere sopra sé tutto il peso della delicata e penosa situazione. Povera Lia! Quando avrà un’ora di pace? Io dovrò rimanere alla casa di salute circa un mese. In questo frattempo dormirà con Lia la nostra donna di servizio, che è buona e a noi veramente affezionata. Così anche il problema di non lasciar sola di notte Lia è risolto. Dopo si vedrà. Devo dirti quanto abbia aggradito e come mi abbiano confortato le prove di amicizia che 48 tu, che voi mi avete date in questa circostanza? Ti abbraccio Tuo Camillo 41 Dizzasco 19 luglio ‘29 Carissimo – grazie dei ritagli, molto interessanti: in parte li ho fatti leggere anche al nostro ospite, persona molto riservata – forse per timidezza di carattere – ma cortesissima ed evidentemente lieta di scambiare qualche parola con noi. Nostre notizie? I primi giorni dovemmo digerir l’aria: anche Lia era senza appetito. Poi, di giorno in giorno, ci siamo sentiti sempre meglio. Ciò che più mi disturbava, insieme all’ostinata stitichezza e al mal di schiena che mi portai quassù, era un senso di grande debolezza: ora le forze ritornano e ieri l’altro, con Lia, facemmo una passeggiata di circa 4 chilometri, metà dei quali in salita. Ritorna però anche la leucoplasia alla lingua, e questo mi preoccupa un po’: cane scottato dall’acqua calda… Ma finora non si direbbe che vi sia altro di peggio in vista, ed anzi i movimenti della bocca, dalla parte ov’era il tumore, seguitano a diventare – sia pure lentissimamente – sempre più liberi, e le bruciature del radio sono ormai quasi completamente scomparse e non mi danno alcun dolore. Qui abbiamo avuto l’insperata fortuna di trovare una donnina di servizio veramente brava, tanto che Lia può riposare a suo agio. Basterebbe questo a farmi benedire la nostra venuta quassù. Pierina è ancora a Monaco e sempre ottimista circa i risultati definitivi dei suoi fortunati approcci; ma le cose vanno per le lunghe ed io non so fino a qual punto potrà resistere al suo ardente desiderio di rivederci. Anche noi … non ne possiamo più! Abbiamo avuto due volte notizie dirette della vostra Freja. Tornatela a salutare e ad augurarle ottima campagna a nome nostro, quando le scrivete. Qui la nostra più cara e frequente compagnia sono i figli di Storchi, due simpaticissimi ragazzi a conoscerli bene. Peccato che voi siate così lontani! Ce lo diciamo tante volte io e Lia: come sarebbe bello, se ci fosse la possibilità di avervi qualche volta qui a colazione con noi, te e la signora Cesira! Ci dobbiamo invece contentare di rivedervi solo col pensiero? O, se i servizi pubblici non sono utilizzabili per ragioni d’orario, non c’è qualche amico possessore d’automobile che possa almeno una volta portarvi qui? Pensateci. Sarebbero ore deliziose quelle passate con voi. E meglio ancora se ci fosse anche Pierina. Tanti e tanti affettuosi saluti … a entrambi da entrambi. Tuo Camillo Saluti agli Storchi, agli Alberini, a Bianchi, a Mazzoni … Oggi qui abbiamo 30 centigradi all’ombra e 26 in casa. Noi stiamo all’ombra degli alberi e tra i pini dell’orto-giardino, in vista del lago che circonda la canonica. 49 42 [Di mano di Zibordi, a matita blu:] Rinviare subito Dizzasco 9/8/ ‘29 Carissimo – Ti sono debitore di molte risposte, ma spero che tu mi avrai perdonato poiché sai come per me lo scrivere sia difficile e spesse volte impossibile. D’altra parte, novità qui non ne abbiamo, eccettuata la venuta di Pierina. Ci aveva scritto che sarebbe arrivata martedì o mercoledì della scorsa settimana e l’aspettammo ansiosi ad ogni corriera: niente il martedì, niente il mercoledì, niente il giovedì. Il venerdì mattina, verso le undici, mi recavo all’ufficio postale coll’animo in pena per telegrafare a Monaco, quando nel viottolo che conduce alla nostra abitazione vidi due signore e un uomo che venivano verso di me. Non le distinguevo, sebbene fossero a poca distanza, perché mi si è molto indebolita anche la vista; e Pierina (una delle due signore era lei) che aveva già cominciato a corrermi incontro, si arrestò incerta e temendo di aver equivocato, non vedendosi riconosciuta. Poi, io compresi: «Pierina!?» e fummo nelle braccia l’uno dell’altro. Non puoi immaginarti la dolcezza di quella sorpresa e la gioia di quell’abbraccio. Ma tutto passa, ed ora la presenza di Pierina, che dovrà ritornare in settembre a Monaco, mi fa pensare di continuo al suo avvenire ancora incerto, non ostante le speranze di lei che riconosco però abbastanza giustificate. Così, per questo e … per tutto il resto, il mio umore è tanto pessimo che, malgrado ogni sforzo, non riesco a nasconderlo del tutto alle mie donne. La mia salute? Sono cresciuto di peso 2 chili e posso già fare passeggiate anche di due ore. Della mia bocca però non sono contento, quantunque il prof. Perussia al quale ne ho scritto mi abbia risposto dichiarandosi lieto delle mie buone notizie. Egli sarà qui fra pochi giorni, ed io ti informerò subito dell’esito della sua nuova visita. Dovrei parlarti della Tina, ma è un discorso che per lettera io non saprei fare. Ne parleremo a voce. A proposito: verrete dunque a trovarci tu e la signora Cesira? Noi lo speriamo e ve ne preghiamo. Ricordatevi però di preavvisarci per la colazione. O pranzo che debba essere, poiché qui, a non essere previdenti, c’è il caso di trovarsi anche senza pane. Tantissimi affettuosi saluti ad entrambi: s’intende anche da Lia e Pierina. Saluti agli amici comuni. Aff. Tuo Camillo Grazie dei ritagli e dei Problemi. Mi ha scritto il buon Anceschi e vorrei ringraziarlo, ma a quale indirizzo? – Anche oggi piove e noi, costretti a rimanere in una stretta e buia camera al pianterreno, brontoliamo. Se il tempo si mettesse al brutto, io non so come potrei avere la virtù di rimanere ancora ad annoiarmi qui. 43 Dizzasco18/8/ ‘29 Carissimo – Ieri, verso sera, ebbi una nuova visita del prof. Perussia, qui di passaggio in auto, con la moglie e i figli. Egli ha confermata la mia guarigione: il gonfiore e le doglie della mia guancia destra sono fatti per lui di nessuna importanza che egli attribuisce ai tessuti cicatrizzati nei punti ove fui operato ed ove mi vennero infissi gli aghi. Mi ha trovato in buon aspetto ed ha concluso che, passati i due mesi di soggiorno quassù, vale a dire l’11 set- 50 tembre, io potrò ritornare a Milano: cosa che comincio a desiderare molto vivamente! Siete avvisati anche voi, se vi deciderete a fare una scappata a Dizzasco. Abbiamo ricevuto una lettera di Freja, e siamo lietissimi di sapere che sta «proprio bene». Vandalo!97 Se lo ricordo? E come me lo hai fatto rivedere! Lia ha poco appetito, ma anche lei seguita a migliorare d’aspetto. Così pure Pierina. Tantissimi affettuosi saluti da tutti noi e … venite, se potete! Tuo Camillo Calligrafia bestiale: colpa della penna e del tavolo… che non c’è. 44 [Biglietto postale] Prof. Giovanni Zibordi Via Barbavara, 6 Milano [Di mano di Zibordi, a matita blu:] (Bologna) Milano via Zanolini, 12 30 sett. 29 Carissimo – Rispondo io alla tua lettera. È la prima volta che qui prendo la penna. Il vs. telegramma arrivò, ma le mie segretarie credettero che per tutti gli amici potessero bastare le notizie mandate a Storchi, considerando la rivendita di via S. Dalmazio come un luogo di comune ritrovo. Io vado migliorando. Sebbene l’atto operativo – dopo l’anestesia che per me fu alquanto laboriosa – non sia affatto doloroso, finito l’effetto degli anestetici esso pure fa soffrire. Ieri notte non potei chiudere occhio. Stanotte invece qualche po’ ho dormito e stamane mi sento molto riposato. La temperatura massima, di sera, è stata di 37.5. Ora sono senza febbre. Il prof. Masotti98 non dubita della guarigione. La biopsia ha confermato che il tumore, scomparso alla superficie, persisteva negli strati inferiori. Vedremo se ora sarà veramente estirpato. Ti scrivo dal letto, ma oggi mi alzo. Tanti affettuosi saluti a tutti voi anche da Lia e Pierina qui presenti. Tuo Camillo 51 1. R. Marmiroli, Socialisti, e non, controluce. L’epistolario di Camillo Prampolini con un’introduzione note e commenti, La Nazionale, Parma 1966. 2. Sulla figura e sull’attività di Camillo Prampolini si rimanda all’esaustiva bibliografia recentemente approntata da Giorgio Boccolari, nella quale sono elencate non solo le opere di Prampolini, ma anche i contributi su di lui (G. Boccolari, La bibliografia prampoliniana, «L’Almanacco. Rassegna di studi e di ricerche sulla società contemporanea», 2001/37 (numero monografico su Prampolini e il socialismo reggiano), pp. 95-118. Sui rapporti tra Prampolini e Zibordi nel periodo che qui è preso in esame, si veda in particolare: R. Chiarini, Il riformismo socialista di fronte al fascismo. Il dibattito tra Prampolini e Zibordi, «Italia Contemporanea», 1995/199, pp. 221241. 3. Per una loro circostanziata ricostruzione si rimanda in particolare all’opera di G. Degani, La nascita del fascismo a Reggio Emilia, Edizioni Tecnostampa, Reggio Emilia 1986, pp. 67-103. 4. Cfr. Camera dei Deputati, Atti Parlamentari, Legislatura XXV, Prima Sessione, Discussioni, Tornata del 22 febbraio 1921, pp. 7933-7938 e La situazione di Reggio Emilia discussa alla Camera. Le dichiarazioni del Governo. Il discorso del deputato Zibordi, «La Giustizia», 25 febbraio 1921(d’ora in avanti per «La Giustizia» si intende quella quotidiana). I fascisti naturalmente ne traggono motivo per alzare ancor più i toni della campagna condotta contro Zibordi dalle colonne del «Giornale di Reggio»: cfr. Vergognosa provocazione di Zibordi contro i fascisti alla Camera e L’offensiva antifascista di Zibordi, «Giornale di Reggio», 24 e 26 febbraio 1921. 5. Si veda: I Fascisti in visita alla Redazione della «Giustizia», «Giornale di Reggio», 15 marzo 1921 e La iniziativa fascista di Lunedì sera verso i Deputati Zibordi e Prampolini, «La Giustizia», 16 marzo 1921. In quest’ultimo articolo sono riportate anche le minacce da parte dei rappresentanti del Fascio, i quali dichiarano che in caso di rifiuto sarebbe stata applicata la legge dell’«occhio per occhio, dente per dente», facendo in modo che «Zibordi dovesse “traslocare” da Reggio, rendendogli quivi impossibile la residenza». 6. Il riferimento è all’articolo apparso sulla «Giustizia» settimanale di domenica 27 aprile, dal titolo È tempo di disarmare. Il monito della stampa borghese, in cui vengono riproposti brani di articoli di altre testate moderate, tra cui «Il Corriere della Sera», che, dopo l’eccidio del Diana, invitano i partiti in lotta a ricercare la via della moderazione in nome della comune civiltà. 7. Sulla «Giustizia» di martedì 29 aprile appare un lungo articolo di Prampolini (Vogliamo ragionare? A proposito di traslochi, a firma: «c. p.») che ricostruisce gli eventi precedenti e rivendica l’impegno suo e di Zibordi a ricercare in tutti i modi la «pacificazione». 8. Il testo del telegramma di Camillo Corradini, sottosegretario agli Interni, è riportato in G. Degani, La nascita, cit., p. 84. 9. Carlo Morandi fu Presidente della Deputazione Provinciale dal 1891 al 1902, sindaco di Reggio dal 1881 al 1882 e ancora, dopo essere stato eletto deputato, dal 1886 al 1889, Presidente del Consiglio di Amministrazione della Banca Agricola Commerciale dalla sua fondazione e per venticinque anni presidente dell’ordine degli Avvocati. Pietro Petrazzani fu per molti anni direttore dell’Istituto psichiatrico San Lazzaro; allontanatosi dal socialismo per aderire al nazionalismo, ricoprì in seguito dal 1922 al 1925 la carica di sindaco di Reggio, il primo del fascismo. Umberto Curti sarà nominato vice-podestà nell’ottobre 1927. 10. La lettera è conservata nell’Archivio Zibordi presso la Biblioteca Panizzi in Mss. regg. D 405/1, n. 3. 11. Cfr. R. Marmiroli, Socialisti, e non, cit. pp. 289-290. 12. La dicitura manoscritta di Zibordi si riferisce molto probabilmente al titolo dell’articolo inviato a Prampolini e non pubblicato. Zibordi stesso si lamenterà con Soglia, qualche tempo dopo, della mancata pubblicazione della sua autodifesa (cfr. la lettera di Giovanni Soglia a Zibordi del 19 ottobre 1921, conservata in Mss. regg. D 401/25). Sulla «Giustizia» settimanale del 17 aprile 1921 apparirà invece l’articolo Quel che è bruciato e quel che non si può bruciare, già pubblicato dall’«Avanti!» il 13 aprile, in cui Zibordi rievoca con accenti accorati la sua attività di giornalista e di scrittore e ricorda il patrimonio di documenti, frutto di quella attività, che era andato disperso nell’incendio del suo ufficio. 13. Dato il clima di terrore e di sopraffazione creato dalle violenze fasciste, i socialisti reggiani reputavano che non sussistessero le condizioni per un corretto esercizio degli elementari diritti della democrazia. Il congresso provinciale socialista, il 17 aprile, proclama dunque l’astensione dal voto nelle imminenti elezioni politiche del 15 maggio, attirandosi le dure critiche della Direzione del Partito, favorevole invece alla partecipazione alle elezioni. 14. Cfr. R. Marmiroli, Socialisti, e non, cit. pp. 290-291. 15. La lettera è conservata Mss. regg. D 405/1, n. 6. 16. Cfr. L’on. Zibordi candidato … a Cuneo!!! e Dagli amici mi guardi Iddio…, «Giornale di Reggio», 29 aprile e 4 maggio 1921. 17. Cfr. L’ostracismo a Zibordi e la sua candidatura a Cuneo, «La Giustizia», 30 aprile 1921. Sull’origine e sugli esiti finali della candidatura si veda la lettera inviata dallo stesso Zibordi a Prampolini e pubblicata dalla «Giustizia» il 4 maggio (La candidatura Zibordi a Cuneo. Come nacque e come tramontò). 52 18. Amilcare Storchi (1877-1944), esponente socialista reggiano, fu segretario della Camera del Lavoro di Carpi e di Ferrara, giornalista a «Il Lavoratore» di Trieste, al «Tempo» e all’«Avanti!» di Milano; eletto deputato nel 1919, subì per le sue convinzioni politiche varie volte il carcere. Nel 1921 veniva chiamato a sostituire Zibordi alla redazione della «Giustizia», facendo la spola tra Milano e Reggio. Sui suoi rapporti con Prampolini, si veda: Le lettere di Camillo Prampolini a Amilcare Storchi, a cura di R. Cavandoli, «Contributi», 1977/2, pp. 87-127. 19. Cfr. Dopo la lotta elettorale. Lettera aperta all’avvocato Giuseppe Spallanzani, «La Giustizia», 20 maggio 1921. La risposta di Spallanzani e degli altri esponenti del Blocco viene pubblicata sul «Giornale di Reggio» del giorno successivo. 20. Il questore di Reggio Luigi Cocchi veniva trasferito nel maggio 1921 a Foggia; a sostituirlo viene chiamato il questore di Foggia Giovanni Di Battista. 21. Probabilmente Antonio Cocconi, già assessore nella giunta socialista di Correggio. 22. Cfr. Il problema della smobilitazione, «La Giustizia», 22 maggio 1921. 23. Nell’articolo dell’«Avanti!» si insinuava che le posizioni politiche assunte da alcuni riformisti fossero condizionate dalla loro situazione personale di «esuli» in patria, come era appunto il caso di Zibordi. Il quale in effetti rispose dalle colonne della «Giustizia» (27 maggio 1921) con l’articolo, La situazione politica e l’atteggiamento del nostro partito. La parola a un «profugo», in cui da un lato rivendica al socialismo reggiano «il merito di aver affrontato per primo, e da gran tempo avanti che si parlasse di Fascismo … la questione del come si dovesse usare efficacemente la nostra enorme forza», conquistando il potere attraverso vie democratiche, e dall’altro mette in dubbio che i membri della direzione del partito abbiano «visto coi loro occhi e sul posto» la reale situazione creata dalle violenze fasciste, per concludere infine: «Se i profughi non devon parlare, gli assenti non possono decidere». 24. Friedrich Wolfgang Adler (1879-1950), dopo aver ricoperto la carica di segretario del partito socialista austriaco, era stato eletto nel 1919 presidente dell’Unione internazionale socialista del lavoro. 25. Francesco Bellentani (1898-1984), esponente socialista reggiano, fu segretario organizzativo della Federazione socialista reggiana, consigliere comunale e redattore della «Giustizia». Per sottrarsi alle violenze fasciste dovette rifugiarsi a Genova. Le lettere a lui indirizzate da Prampolini sono pubblicate in R. Marmiroli, Socialisti, e non, cit., pp. 211, 317-321, 328-329. 26. Alla fine di marzo, il prefetto Boniburini era stato trasferito a Udine; lo sostituiva il prefetto di Pavia Roberto Berti. 27. Le frasi in corsivo sono state sottolineate a matita rossa dallo stesso Zibordi. 28. Giacomo Iori, esponente di rilievo del fascismo reggiano, che proprio in quei giorni aveva subito un attentato (cfr. L’aggressione dell’altra notte contro il fascista Iori, «La Giustizia», 17 giugno 1921). 29. Già in una lettera del 6 maggio Zibordi scriveva a Prampolini, a proposito del proprio esilio: «cerco prender le misure come se dovesse durare a lungo», avvertendo tuttavia come ogni eventuale collocamento della sua attività non dovesse essere interpretato «dai nostri comp[agni] e lavoratori come un abbandono o un “provvedere ai casi miei”» (in R. Marmiroli, Socialisti, e non, cit. p. 291). 30. Cfr. R. Marmiroli, Socialisti, e non, cit., pp. 292-298. Nella trascrizione della prima lettera, di dodici pagine, Marmiroli ne omette due (pag. 292). Ne riproduciamo il testo di seguito: «Strozzi s’è fatto includere nella Direzione nazionale del Part[ito] Riformista, e ora che tale P[artito] va al potere – almeno nominalm[ente] – nella persona di Bonomi, chissà cosa si crederà, tenterà, e farà! Triglia ha avvertito qualche riformista qui di Roma di prendere notizie su Strozzi a Reggio, da persone oneste di qualunque Partito, ma preferibilm[ente] … dal Procuratore del Re! Forse per le medesime felici circostanze è qui alla piazza anche Borciani. Ero fermo con Turati nel corridoio dei busti a pian terreno, quando me lo vidi venire incontro col suo sorriso che di solito è arguto, ma in circostanze difficili diventa goffo (vedi notaio criminale dell’immortale Manzoni, quando vuol fare il furbo – egli furbissimo – con Renzo, e resta minchionato). Quando si è accosto, mi saluta con queste … opportune parole: Esiliato in Siberia! … Io lo guardo e non gli dò la mano, Turati, che non sa i precedenti, gliela dà così così, e lui se ne va ostentando disinvoltura. Se ci fosse stata, per esempio, la Pierina, quell’uomo non si salvava da un rabbuffo meritato. Mi è apparso più incosciente ancora che amorale: il che poi è lo stesso». Giuseppe Strozzi, avvocato reggiano, animatore tra il 1902 e il 1903 del giornale anticlericale «Lo Stantuffo», fu anche poeta e autore di studi storici e letterari. Cfr. L. Beccaluva, Un poeta reggiano. Giuseppe Strozzi, «Strenna del Pio Istituto Artigianelli», 1941, pp. 61-63. L’avvocato Alberto Borciani fu per pochi mesi, tra il dicembre 1899 e il luglio del 1900, il primo sindaco socialista di Reggio, carica da cui si dimise per la sua elezione a deputato nel collegio di Montecchio; rieletto nelle elezioni politiche del 1904, si dimise dal partito socialista nel 1919 e, costituito il gruppo riformista reggiano aderente al partito di Bonomi, aderì al Blocco nazionale nelle elezioni politiche del 1921. Cfr. R. Cavandoli, Borciani Alberto, F. Andreucci-T. Detti, Il movimento operaio. Dizionario biografico 1853-1943, Roma, Editori Riuniti, 1975, vol. I, pp. 357-362. 31. Cfr. R. Marmiroli, Socialisti, e non, cit., pp. 110-112. 53 32. Arturo Bellelli (1871-1949), fondò la Camera del Lavoro di Reggio di cui fu segretario nel 1901 e successivamente dal 1912, fu eletto al Parlamento per il partito socialista nel 1919. Cfr. R. Cavandoli, Bellelli Arturo, F. Andreucci-T. Detti, Il movimento operaio. Dizionario biografico 1853-1943, Roma, Editori Riuniti, 1975, vol. I, pp. 221-226. 33. L’8 giugno 1921 la «Giustizia» settimanale pubblica con grande evidenza, sotto il titolo: Che fare? Ancora l’astensione, una lunga lettera del professor Azio Cerlini, socialista reggiano residente a Roma, che dichiara il proprio «assoluto dissenso» rispetto alla «tesi collaborazionistica» sostenuta dai leader riformisti reggiani, disponibili a valutare l’opportunità di un appoggio esterno ad un governo che si proponesse di mettere fine alle violenze fasciste e di ripristinare la legalità. Prampolini commenta sullo stesso giornale la lettera di Cerlini, usando toni insolitamente aspri, che evidentemente risentono della tensione polemica nei confronti della direzione massimalista del partito e dell’«Avanti!». La polemica ha un seguito nella «Giustizia» settimanale del 25 giugno che dedica le prime due pagine ad un nuovo contraddittorio tra Cerlini e Prampolini, sotto il titolo: Ancora da Roma a Reggio ossia dal dire al fare. 34. Vedi più sopra alla nota n. 30. 35. Sul Corgini si veda in particolare: G. Barazzoni, M. Paterlini, M. Morstofolini, La fronda agraria. Ottavio Corgini e la Camera Provinciale d’Agricoltura di Reggio Emilia, «Contributi», 1986/19-20, pp. 287-384. Una sua scheda biografica può essere consultata M. Del Bue, Il libro del secolo. Novecento. Cronaca, vicende e personaggi di Reggio Emilia, Olma Editrice, Reggio Emilia 2001, p. 84. 36. Prampolini si riferisce alle brevi interviste sull’episodio rilasciate da Zibordi a vari giornali, come ad esempio «L’Epoca» e «Paese». Zibordi ritornerà più distesamente sull’argomento nell’articolo Fatto personale apparso il 17 agosto sulla «Giustizia». 37. Si veda a questo proposito il capitolo Un duello accettato e una sfida rifiutata. Coraggio fisico e coraggio morale della biografia di Prampolini compilata dallo stesso Zibordi (G. Zibordi, Saggio sulla storia del movimento operaio in Italia. Camillo Prampolini e i lavoratori reggiani, Bari, Laterza, 1930, pp. 41-44). Lo stesso Zibordi era intervenuto sul tema del duello nel 1910 con una relazione al Congresso nazionale del Partito Socialista Italiano (cfr. G. Zibordi, I socialisti e il duello, Roma, Cooperativa tipografica «Avanti», 1910). Più in generale, cfr. G. Manfrin, I socialisti e il duello, «Critica Sociale», 1990/4-5, pp. 44-53. 38. L’opera di Papini era uscita nello stesso anno presso l’editore Vallecchi. 39. Vedi il proverbio: «Far come padre Zappata, che predicava bene e razzolava male». 40. Costantino Lazzari (1857-1927) fu tra i fondatori del Partito operaio e del Partito socialista, di cui è stato segretario dal 1912 al 1919. Deputato dal 1919 al 1926, dopo il Congresso di Livorno e la scissione comunista fu tra i più autorevoli fautori dell’adesione socialista alla Terza Internazionale. 41. Cfr. «La Giustizia» sett., 24 dicembre 1922. 42. Settimanale illustrato per ragazzi edito dalla casa editrice «Avanti!». Il giornalino, che uscì tra il 1921 e il 1923, rappresentò il tentativo da parte socialista di creare uno strumento per i ragazzi politicamente orientato, nell’intento di contrastare l’influenza del borghese «Corriere dei Piccoli». Il 16 marzo 1922 Zibordi scriveva da Milano alla figlia Freja: «Qui va bene: da 32 a 53.000 copie è salito Cuore « (Mss. regg. D 405/1, n. 10). 43. Cfr. R. Marmiroli, Socialisti, e non, cit, p. 303. Il Marmiroli omette il restante testo della lettera che trascriviamo qui di seguito: «Ieri Lazzari mi tastò così alla larga sul caso Cerlini, mostrando di non conoscere il C., e lasciandomi capire che questi ha ricorso alla Direzione, e che essa ha deferito a Lazzari la vertenza. Egli mi accennava a un brano di tua lettera che è in sua mano, nella quale tu dichiari che non hai nulla da mutare qualunque sia il giudizio della Direzione. E questo al Lazzari pareva una ribellione anticipata alla disciplina … Io feci completam[ente] l’Indiano. Ma in caso di bisogno converrà non aver riguardi. Non li merita davvero! Conobbi qui a Roma in estate, alla trattoria, il magg. alpino Cottafavi Franc[esco], primogenito dell’on. C. Mi manifestò simpatia (egli da anni è fuori dal suo paese e dalla politica, in certo dissenso pubblico … e privato col padre reazionario … ed avaro verso i figli; si trova in disagio economico etc.) e di recente disse a Dall’Ara, a Bussi, che è un’infamia che un buon’uomo come me deva esser bandito etc. E che egli intende far opera a Reggio perché ciò finisca. Credo che abbia scarsissima influenza. Dissi a Bussi e a Dall’Ara di fargli capire che io personalm[ente] posso gradire il suo sentimento, ma che prima di tutto si tratta non del mio caso solo ma di tutt’una situazione; poi, che egli personalm[ente] sarà sincerissimo nella sua iniziativa, ma si troverà contro … i suoi fratelli, primi importatori di fascismo nel Reggiano. Io lo credo mosso da una certa simpatia per me (è un giovine franco, espansivo) ma anche dal pensiero delle responsabilità della sua famiglia, alle quali egli vorrebbe fare da parafulmine con questa sua azione. Naturalmente lasciava capire che io, tornando, dovrei metter da parte» [La lettera si interrompe a questo punto e manca il foglio successivo]. 44. Sulle vicende della «Giustizia» si veda in particolare Gli anni della Giustizia. Movimento operaio e società a Reggio Emilia (1886-1925), Biblioteca Panizzi, Reggio Emilia 1986. 45. Cesira Negrelli, moglie di Zibordi dal settembre 1899. 54 46. L’episodio è ampiamente descritto in Scene di brigantaggio. Famiglia malvagiamente aggredita per due volte, «La Giustizia», 13 dicembre 1921. 47. Giacinto Menotti Serrati (1876-1926), dopo essere stato segretario della Camera del Lavoro di Oneglia e di Venezia, fu chiamato nel 1914 alla direzione dell’«Avanti!». Capeggiò la frazione massimalista del partito socialista, fino alla rottura con l’ala riformista e l’adesione al Partito comunista. 48. Periodico di Roma, organo della federazione Nazionale lavoratori della terra e della Federazione nazionale delle cooperative agricole. Zibordi ne aveva assunto la direzione con il n. 3 del 15 giugno 1921. 49. Il fascista reggiano Amos Maramotti trovò la morte a diciannove anni a Torino il 26 aprile 1921, durante l’assalto alla Camera del Lavoro, e fu considerato il martire del fascismo reggiano. Una lapide con il suo ritratto e con il testo della cartolina inviata alla madre la sera prima di morire («Mamma, vado forse a morire. Non piangere, ma sii orgogliosa di tuo figlio. Viva il Fascismo, W l’Italia») fu affissa alla facciata di casa Trabucchi, di fronte a via Giuseppe Andreoli. 50. Piera Prampolini, figlia di Camillo e di Giulia Giovanna Segàla, cantante lirica con il nome d’arte Piera d’Astra. 51. Manlio Bonaccioli (1887-1946), pubblicista socialista, fu redattore della «Giustizia» e, dal 1922 al 1928, direttore del periodico di cultura e storia locale «La Provincia di Reggio». 52. La lettera è conservata in Mss. regg. D 402/8. 53. V. Salierno, D’Annunzio e Mussolini. Storia di una cordiale inimicizia, Mursia, Milano 1988, p. 91. 54. Gino Baldesi (1879-1934), organizzatore dei metallurgici, segretario aggiunto della Confederazione generale del lavoro, fu eletto deputato nel 1921 e, dopo l’espulsione dell’ala riformista nel 1922, entrò a far parte del Psu e della redazione della «Giustizia», cfr. L. Trentin, Baldesi Gino, Dizionario biografico degli Italiani, Istituto della enciclopedia Italiana, Roma 1963, vol. V, pp. 458-460. 55. Cfr. G. Zibordi, Dissensi ed attese, «Critica Sociale», a. XXXII, n. 23, 1-15 dicembre 1922, pp. 356-358. 56. Cfr. l’ampio resoconto, non firmato, ma compilato da Zibordi come risulta dalla lettera di Prampolini, pubblicato sulla «Giustizia» quotidiana del 13 novembre 1923 con il titolo L’anima e le direttive del momento presente. Un chiaro discorso di Camillo Prampolini. Il resoconto si conclude con questo commento: «Una lunga, interminabile ovazione da parte dei Congressisti levati in piedi e ripetute grida di: Viva Prampolini salutano il discorso dell’amato compagno e maestro». Contro i metodi imbelli propugnati «nel suo candore» da Prampolini, al quale viene tuttavia riconosciuta «un’onestà personale tanto leggendaria», si leva la voce polemica di Piero Gobetti che accusa i socialisti unitari di togliere alle masse il coraggio di resistere alla violenza fascista. Cfr. P. Gobetti, Gli unitari a convegno, «La Rivoluzione Liberale», 20 novembre 1923. 57. Cfr. Il più vecchio e il più giovine, «La Giustizia» 14 novembre 1923, non firmato. 58. In occasione del 2 novembre, «La Giustizia» settimanale aveva commemorato «i nostri compagni uccisi nelle strade d’Italia o nelle stesse loro case, nient’altro colpevoli che d’essere socialisti». Il foglio fascista «Rinascita» aveva commentato in proposito: «È Camillo Prampolini il vecchio maledicente, in nome dei morti che non gli appartengono, poiché li spinse, ciechi, alla battaglia e fuggì, in attesa che il sangue fosse sparso e facile il trarne moneta…». Contro questo attacco, il giornale socialista pubblica le parole che esaltano gli ideali di fraternità predicati da Prampolini scritte da Edmondo De Amicis nel 1905 (vedine la riproduzione Gli anni della Giustizia, cit., p. 88). Cfr. Due scrittori-Due profili. Tutto sta come si vede!, «La Giustizia» sett., 11 novembre 1923. 59. L’avvocato Nino Levi, che intervenne al Congresso subito dopo Prampolini. 60. Pietro Nenni (1891-1980), dopo essere stato nel 1922 redattore capo dell’«Avanti!», ne diventa l’anno successivo condirettore. 61. Lettera a Filippo Turati del 7 luglio 1923, F. Turati-A. Kuliscioff, Carteggio, Vol. VI, 1923-1925. Raccolto da A. Schiavi. A cura di F. Pedone, Einaudi, Torino 1977, p. 95. 62. Nino Mazzoni, redattore capo della «Giustizia» a Milano, diretta da Treves, e deputato socialista per quattro legislature. Musicologo e antiquario, nel 1926 assunse Prampolini esule a Milano presso la sua «Casa Bella». Cfr. a questo proposito A. Anceschi, Nino Mazzoni da uomo politico a «principale» di Camillo Prampolini, «La Giustizia», 4 febbraio 1972. 63. Pochi giorni prima, il 22 novembre, «Il Lavoro» di Genova aveva pubblicato in prima pagina un articolo di Zibordi dal titolo: Storia vecchia (Rivoluzionari col clistere), in cui, a difesa di Prampolini e del metodo riformista, si polemizzava contro i «massimalsemicomunisti» dell’«Avanti!». 64. Cfr. Il santone… strozzino!!!, «La Giustizia» sett., 9 marzo 1924. 65. Si vedano gli articoli: Ancora Prampolini strozzino!! Cosa disse la Corte di Cassazione. Il «Giornale di Reggio» querelato e Miserie elettorali. Ancora Prampolini … strozzino!, «La Giustizia» sett., 16 e 23 marzo 1924. 66. La figlia di Zibordi frequentò la Facoltà di Magistero a Roma dal novembre 1917 al dicembre 1924. 67. Ettore Gaetani, consigliere delegato della «Società anonima editrice La Giustizia» di Milano. 68. Il foglio è stato tagliato da Zibordi a questo punto, ma le tracce della frase sottostante consentono di inter- 55 pretare il seguito come «ben fatta». 69. Luisa de Giovanni, amica di Prampolini residente a Bologna. Vedi alcune sue lettere a Zibordi, Mss. regg. D 395/19. 70. Renato Marmiroli (1893-1966) iniziò la sua attività giornalistica nel 1911, quando, a soli 18 anni, entrò a far parte della redazione della «Giustizia» quotidiana diretta da Zibordi. Nel 1926, perseguitato dal regime fascista, fu costretto a trasferirsi prima a Milano, dove trovò impiego in una grande industria e, successivamente, a Modena. Dopo la Liberazione ritornò a Reggio ed assunse fino al 1950 la direzione della nuova «Giustizia». Oltre all’attività politica e pubblicistica, si dedicò alle ricerche storiche, con studi sulla storia del Risorgimento e del movimento operaio, e in qualità di Presidente dell’Ente provinciale per il turismo operò per la valorizzazione della storia e della cultura cittadina. Il suo archivio, che consta di ben 592 fascicoli, è stato recentemente donato dalla figlia Jole alla Biblioteca Panizzi. 71. Il testo della lettera fu pubblicato in «Il Socialista Reggiano», 1947/35, nel corso delle dure polemiche che caratterizzarono la rottura tra il Psi e il Psli, dopo la scissione di Palazzo Barberini. Marmiroli aderì al Psli e assunse la direzione della «Giustizia», organo del nuovo partito, e divenne quindi bersaglio di attacchi, anche personali, da parte dei «nenniani». Sulla dura polemica che aveva contrapposto Marmiroli a Zibordi nel 1921, si vedano le lettere dello stesso Marmiroli conservate nell’Archivio Zibordi, Mss. regg. D 398/21. 72. Cfr. la lunga lettera inviata il 28 settembre 1924 a Zibordi da Alfredo Tedeschi e R. Rinaldi, conservata nell’archivio Marmiroli della Biblioteca Panizzi. Prampolini, nel dare il suo assenso all’iscrizione di Marmiroli, riteneva tuttavia «un errore lasciare il “Carlino”, in un momento che tutta la stampa ci era contro e falsificava ed inventava fatti a nostro danno, quindi desiderava che rimanesse per fare almeno quella cronaca obbiettiva e giusta che avrebbe facilitata la smontatura della calunniosa campagna fatta a nostro riguardo. Si decise allora, tutti d’accordo, di considerare il Marmiroli nostro compagno, di tenere pel momento la cosa segreta, informandone solo il Rag. Carboni, Segretario della Sezione, e di lasciare al Marmiroli, nel limite del possibile, di svolgere la sua opera al “Carlino”» (Biblioteca Panizzi, archivio Marmiroli, Fascicolo n. 534, «Giovanni Zibordi»). 73. La lettera è la sola del carteggio prampoliniano a non essere conservata nel Fondo Zibordi, ma in quello Marmiroli. Essa infatti gli fu consegnata, assieme ad altri documenti, direttamente da Freja Zibordi, affinché Marmiroli se ne potesse servire nella polemica avviata dal «Socialista Reggiano» (si vedano a questo proposito i suoi due articoli Miserabile diversivo e L’uomo che fugge apparsi sulla «Giustizia» del 28 settembre e del 2 novembre 1947). 74. Zibordi in quei giorni si trovava in villeggiatura al lago d’Orta. 75. Evidentemente Zibordi nella lettera a Marmiroli lo aveva più o meno esplicitamente accusato di opportunismo, lasciando intendere che il suo riavvicinamento al socialismo aveva dovuto aspettare il settembre 1924, quando cioè, dopo il delitto Matteotti, il fascismo poteva apparire in crisi. Ne è conferma la lettera di riconciliazione che Marmiroli invia a Zibordi il 6 ottobre 1924, nella quale accenna ad una frase «che particolarmente mi aveva addolorato, appunto perché sembrava fosse in Lei il convincimento che io sia ritornato alle mie origini oggi, in quanto l’aria è mutata, o accenna a mutare, o si spera e si desidera che muti. Ella che mi ha conosciuto davvicino dovrà riconoscere che io non ho proprio la stoffa del “profittatore” od anche, più semplicemente, del “calcolatore”. Ho errato, so di aver errato (e invoco il classico “errare umanum est”) ma sempre in perfettissima buona fede» (Biblioteca Panizzi, Archivio Marmiroli, Fascicolo n. 534, «Giovanni Zibordi»). 76. Si tratta degli Studi e ricordi carducciani, edito nel 1925 a Milano dal Corbaccio, dedicato da Zibordi alla moglie Cesira con queste parole: «Alla mia cara Cesira / fida compagna d’ogni fortuna, / fior di bontà / semplice, forte, serena». 77. Ugo Brilli fu allievo e collaboratore del Carducci, amico del Pascoli, provveditore agli Studi a Reggio nel 1904, poi a Grosseto, Massa e Lucca. Grande ammiratore di Prampolini (cfr. le sue lettere a lui in R. Marmiroli, Socialisti, e non, cit., pp. 218-224), nel 1911 pubblicò in collaborazione con Zibordi il volume Il mondo lirico di Giosuè Carducci presso l’editore Zanichelli di Bologna. 78. Il frammento della lettera non è stato datato da Zibordi, ma per i riferimenti interni è possibile riferirlo con sicurezza al 1 maggio 1925. 79. Brilli definisce Teobaldo Buggini «cameriere bolognese, un eroe garibaldino di Digione». Prampolini fece il servizio militare come «volontario di un anno» durante gli studi universitari. 80. Il Pascoli, amico di Andrea Costa e aderente al movimento internazionalista e rivoluzionario, fu arrestato nel settembre 1879 per aver partecipato ad una dimostrazione contro la condanna di un gruppo di internazionalisti imolesi. Dopo una detenzione di tre mesi, al processo, cui partecipò come teste a difesa lo stesso Carducci, fu assolto. Cfr. M. Biagini, Il poeta solitario. Vita di Giovanni Pascoli, Corticelli, Milano 1955, pp. 56-59. 81. Franco Vittadini (1884-1948), compositore pavese, nella cui produzione figurano alcune Messe, varia musica sacra, opere come Il mare di Tiberiade, Anima Allegra e Nazareth, l’oratorio Le sette parole di Cristo e il balletto Vecchia Milano. 82. R. Marmiroli, Socialisti, e non, cit. pp. 308-309. 83. Con la testata «Giustizia» uscirà a Roma il 14 marzo 1926 un periodico settimanale che, come reca il sottoti- 56 tolo, «Pubblica gli atti del Partito Socialista dei Lavoratori Italiani», costituitosi nel novembre del 1925 dopo lo scioglimento del Psu. Cesserà le pubblicazioni nell’ottobre dello stesso anno. 84. Alberto Anceschi, reggiano ma da lungo tempo residente a Milano, fece parte del gruppo di fedeli amici che si prodigarono per assicurare a Prampolini le migliori condizioni di vita nel suo «esilio» milanese. 85. Cfr. la lettera di Prampolini ad Anceschi del 17 dicembre 1925, R. Marmiroli, Socialisti, e non, cit. p. 309. 86. La lettera, datata 26 dicembre 1926, non è stata pubblicata dal Marmiroli nella sua edizione del carteggio prampoliniano per il suo carattere privato. 87. Sui motivi che indussero Prampolini ad allontanarsi da Reggio, si veda anche la testimonianza di Giuseppe Giaroli pubblicata in «Ricerche Storiche», 1967/2, pp. 35-37 e ripresa dalla «Giustizia» del 1° settembre 1967. L’avvocato Giaroli, antifascista, segretario del Comitato reggiano delle Opposizioni, di cui era presidente lo stesso Prampolini e suo amico intimo, denuncia la «vergogna dell’isolamento» a cui fu condannato Prampolini, il quale «fu assai più indotto all’abbandono della tanto amata Sua Reggio dal silenzio dei compagni che dalle minacce degli energumeni fascisti». Gli risponde, rievocando il drammatico clima di quegli anni, Francesco Bellentani nell’articolo Perché Prampolini andò a Milano, «La Giustizia», 6 ottobre 1967. 88. Lettere del 29 gennaio e del 20 giugno 1927, in R. Marmiroli, Socialisti, e non, cit., p. 318-319. 89. L’incidente a cui allude Prampolini si riferisce ad una discussione, evidentemente animata, tra Pierina Prampolini e Zibordi che aveva lasciato entrambi amareggiati. Zibordi si era sentito in dovere di far presente a Pierina che nel suo comportamento in pubblico avrebbe dovuto tener in maggior conto la delicatezza della situazione del padre. Lo stesso giorno, Prampolini scrive alla figlia: «Contemporaneamente alla tua di ieri, mi è arrivata oggi una lettera di Zibordi, addirittura desolato per il vostro incidente! ma che cosa c’è … nell’aria, che tiene tanto agitata la gente? Mi chiede scusa e perdono, invoca le attenuanti, dice che si sente anche lui quasi mio figlio (e in verità egli mi ama e mi ammira fino all’esagerazione), che teme di avermi dato un dolore mentre si proponeva di alleviarlo, ch’egli non doveva entrare in cose tanto delicate, ma fu mosso dall’amore e dalla riverenza che mi porta e dalla schiettezza della sua indole, che la Pierina se ne sarà offesa, ed ha ragione per la confidenza che egli si è presa, ma ha torto perché nulla nelle parole di lui vi era che toccasse la sfera della sostanza dei suoi sentimenti ed egli si riferiva soltanto alla forma, ecc., ecc. Tanto rumore?! … So bene che tu non ammetti la mia massima: che fra uomini e soprattutto fra amici è, più che lecito, doveroso trattare reciprocamente dei propri difetti; ma spero che, pur ostinandoti a negare questa grande novità, tu stessa converrai che il confiteor del nostro Zibordi, confuso e dolente, è sproporzionato alla colpa. Ad ogni modo, se neppur questo vuoi concedermi, mi preme tu sappia che Rinaldi non parlò con Zibordi ma con Anceschi (e tu sai come passando di bocca in bocca i discorsi altrui vengano sempre inevitabilmente più o meno deformati); e ad Anceschi, secondo ciò che scrive Zibordi, l’ottimo Rinaldi avrebbe riferito non già quella tal «scena di baci e lagrime» di cui parli tu, ma che dal tuo contegno egli temette che certi avversari presenti potessero arguire malignamente che io lascio Reggio non per necessità di famiglia, ma per tranquillizzare te. Io non mi accorsi di quegli avversari né capisco a quali atti abbia voluto alludere Rinaldi; chissà quale è stato esattamente il suo discorso; certo, anche se la sua impressione fu quella, non potrò mai pensare che l’abbia manifestata con cattive intenzioni, come non posso dubitare dell’affetto che egli nutre per me e per noi. Fossero pur molti gli uomini come lui!» (Biblioteca Panizzi, Carte Prampolini, Lettera di Camillo Prampolini alla figlia Pierina, 20 marzo 1926). 90. Paride Alberini era stato sindaco socialista di Reggiolo, prima di essere costretto dalle persecuzioni fasciste a trasferirsi anche lui a Milano. Sui suoi rapporti con Prampolini si veda: R. Marmiroli, Camillo Prampolini, Barbera, Firenze, 1948, pp. 267-268. Si veda inoltre P. Alberini, Gli ultimi anni di Prampolini, «La Giustizia», 3 marzo 1946. 91. Amilcare Prampolini, medico di San Martino residente a Milano, assistette Prampolini durante la malattia. 92. Silvia Prampolini, sorella di Camillo e di Lia, residente a Guastalla con il marito Odoardo Paglia. 93. Probabilmente Dimma Fantesini, per molti anni addetta alla segreteria della Camera del Lavoro di Reggio; le lettere di Prampolini a lei indirizzate sono edite in R. Marmiroli, Socialisti, e non, cit. 94. Cfr. R. Marmiroli, Socialisti, e non, cit. p. 318. 95. Il progressivo peggioramento delle condizioni di salute di Prampolini e gli interventi da lui subiti sono descritti da Zibordi in una lettera a Bellentani del 2 novembre 1929, edita in R. Serra, Una drammatica testimonianza su Prampolini nella corrispondenza di Zibordi e Bellentani, «Ricerche Storiche», 1981/44-45, pp. 89- 91. 96. Felice Perussia (1885-1959) fu professore di radiologia nelle Università di Pavia e di Milano e direttore dell’Istituto nazionale per lo studio e la cura dei tumori di Milano. 97. È il nome di un celebre cavallo da corsa al quale Zibordi dedica un capitolo del suo volume: Il cavallo rosso. Memorie, figure, pensieri, Bietti, Milano 1933, pp. 129-133. 98. Il prof. Masotti, cancerologo, aveva ospitato Prampolini presso la sua clinica bolognese, tentando un intervento con il metodo della diatermocoagulazione. 57 58 59 60 61 «Camerati contadini» in Germania «Il contadino (der Bauer) ha nella nostra Patria un peso politico come in pochi altri paesi d’Europa». Questa rassicurante affermazione di Hitler, riportata nella Piccola guida del lavoratore agricolo italiano in Germania*– prodotta dalla Confederazione fascista dei lavoratori dell’agricoltura – era l’incoraggiante benvenuto ai «camerati contadini» italiani, avviati a compiere i doveri di Wanderarbeiter nelle aziende tedesche. Correva l’anno 1940 (XVIII) e l’accordo fra i due alleati per il trasferimento della forza lavoro era stato firmato alla fine di febbraio. Va da sé che sette anni di «keynesismo militare», seguito dalla guerra guerreggiata all’insegna del Blut und Boden, avevano distolto il Bauer tedesco dal mistico contatto col suolo, sottraendo rilevanti quote di popolazione attiva al comparto rurale e creando un possibile sbocco per le eccedenze italiane (significativa spia dei limiti della «modernizzazione» fascista nel campo produttivo, e pertanto della nostra inadeguatezza in vista di un micidiale confronto bellico). La lettura della Piccola guida, coi suoi elementi di pedagogia individuale e di galateo sociale, consente di mettere in luce alcuni importanti aspetti della fabbrica del consenso fascista. Il tema manifesto è l’ostentazione dell’italiano nuovo, fiero «di sentirsi Italiano di fronte a tutti i popoli più o meno civili del mondo». Il contenuto latente, ma facile da scoprire, è la preoccupazione che quell’immagine propagandistica sia smentita dai comportamenti concreti. Ma la maggiore sorpresa, in questa sorta di manuale di istruzioni pratiche e di sermone sui diritti e sui doveri, è la singolare presenza-assenza della guerra (al momento dell’accordo già in atto per la Germania e comunque prossima anche per l’Italia). *Fondo «Archivi Istoreco-Egidio Baraldi», Istoreco, Reggio Emilia 63 Invano si cercherebbe un riferimento esplicito al paese di destinazione come potenza belligerante. Lo stesso richiamo all’Asse Roma-Berlino è fatto per presentare la Germania come «terra amica» e accogliente, in forza della «fede che proviene da una comune idealità», quasi rimuovendo il suo carattere di alleanza militare. E tuttavia la situazione bellica aleggia in tutto il discorso, si insinua negli accostamenti, nelle metafore, nelle parole d’ordine tutte giocate sull’identificazione del lavoratore col soldato. Poche spigolature basteranno: «tu parti da Soldato, da Italiano, da creatore e suscitatore di attività»; «tu non sei un emigrante, non sei un espatriato alla ricerca avvilente di un lavoro; sei un Soldato, con tutti gli attributi che il Fascismo conferisce al grande concetto del “Cittadino-soldato”»; «questa terra meravigliosa che ti ha dato i natali, accompagni e ti sproni sempre ad operare, a combattere, perché tu sia sempre degno di Lei». Il cardine dell’identificazione fra operaio e milite si manifesta nel richiamo al concetto di gerarchia, principio regolatore della vita e dell’ordine morale. «La disciplina è il segreto di ogni vittoria», recita il motto che precede il paragrafo I tuoi superiori devono essere obbediti; dove l’apparentemente ovvia e tecnica raccomandazione a considerare il capo squadra come «l’immediato superiore incaricato di coordinare l’attività della squadra» poggia sul presupposto che «anche in questo, come quando si è soldati, l’obbedienza deve essere pronta, assoluta, rispettosa». Curioso, ma inevitabile corollario di questa identificazione è il fatto che il discorso, benché gli accordi riguardassero lavoratori di entrambi i sessi, appare rivolto soltanto ai maschi, a cominciare dai frequenti richiami alla virilità e dall’esortazione Devi essere forte, devi essere uomo, titolo del paragrafo che invita a non lasciarsi andare allo sconforto ed alla mormorazione. Sul piano più strettamente politico, l’anonimo estensore sembra muoversi con un occhio rivolto al passato prefascista e con l’altro alla recente alleanza, alla «salda e leale amicizia» col popolo tedesco, tanto salda e leale da essersi rivelata «anche quando ci si è trovati di fronte, sul campo di battaglia, leali, cavallereschi, coraggiosi, entrambi» (lo stravolgimento propagandistico del tema della Grande Guerra – per di più in un discorso rivolto alla classe che più aveva pagato nell’immane carneficina – meriterebbe un più approfondito commento). Nei confronti dell’Italia liberale, il regime aveva buon gioco sottolineando i vantaggi di un’emigrazione programmata e giuridicamente definita come accordo fra due Stati. Le norme contrattuali per i lavoratori italiani, allegate al libretto di istruzioni, offrivano infatti – almeno formalmente – la stessa tutela riservata ai lavoratori tedeschi quanto a retribuzioni, orario di lavoro, assistenza. Allo stesso tempo, però, non poteva essere nascosta la difficoltà di sostenere come materialmente paritetico il rapporto fra un paese rurale e scarsamente industrializzato – dunque esportatore di manodopera – ed il paese che si accingeva, attraverso la guerra, ad accaparrarsi ingenti risorse di manodopera subalterna e non qualificata. La cosa si dimostra palese nelle minuziose norme – esse pure allegate – per l’inoltro in Italia dei risparmi attraverso il compartimento esteri della Deutsche Bank. La continuità con l’Italietta umbertina e giolittiana è in questo caso totale: il buon vecchio metodo di far quadrare i conti e rimpinguare le riserve di valuta attraverso le rimesse degli emigranti. Che poi la tesi di aver voltato pagina rispetto al passato liberale – creando l’italiano nuovo, «di quelli voluti e forgiati nel tempo fecondo e glorioso di Mussolini» – fosse più ostentata che convinta, è dimostrato dalle preoccupazioni che traspaiono nelle raccomandazioni sul comportamento, che forniscono in nuce un galateo ad uso dell’emigrante. L’estensore sembra temere che gli italiani all’estero, come si suol dire, si facciano riconoscere. Che si mostrino poco virilmente familisti e piagnoni: «Non lasciarti prendere dalle nostalgie, dai ricordi tristi, dai rimpianti. La tua voce sia sempre allegra, confortatrice, ras- 64 sicurante»; attaccabrighe: «Ricorda che il Paese che ti ospita è degno del massimo rispetto… Tu sei, in questo nobile Paese, un ospite… rispetta al sommo grado le sue donne, come se fossero le donne di casa tua»; troppo inclini, oltre che al sesso, al bere: «Ricorda che l’alcool è un pessimo amico che ci espone, a volte, a delle figure indegne». Il timore della cattiva propaganda derivata dalle «figure indegne» emerge nettamente nel paragrafo sulla cura della persona: «Non è più l’epoca dell’operaio trasandato e malandato, dalla roba sporca addosso e dagli abiti combinati e rappattumati con gli stracci… Essere in ordine, non significa che si deve essere degli elegantoni [non passasse in mente ai «camerati contadini» di conformarsi allo smidollato modello del gagà!], ma essere presentabili, cioè curati, puliti, dignitosi… Il bagno, la pulizia personale, la cura del corpo, l’igiene, sono indizi di educazione e di buona salute». Se simili paternalistiche esortazioni (rivolte, per di più, al supposto uomo nuovo, «rispettato, onorato, temuto in qualunque Paese») possono suscitare qualche impressione comica, un’ombra ben diversamente tragica si insinua in queste paginette con le frequenti ed inequivocabili comparse del termine «razza» e dei suoi derivati, a cominciare dal motto: Rurali, voi rappresentate la razza e dalla sequenza Popolo, Razza, Patria, di cui l’italiano all’estero dovrebbe ricordarsi di essere il rappresentante. (e.b.) 65 Don Angelo Cocconcelli Don Cocconcelli, mi dica, dov'è nato? Io sono nato a Cavriago. Sono nato nel 1912. Ho potuto assistere un pochino a tutte le lotte e le vicende politiche dell'immediato dopoguerra, e ricordo ancora, benché fossi ragazzo, molto bene il sorgere del fascismo, l'affermarsi violento del fascismo anche nel mio paese di Cavriago, nel lontano 1921-22. I suoi genitori cosa facevano, lavoravano nell'agricoltura...? Mio padre era un operaio della Cremeria di Cavriago, mia mamma – anche lei aveva lavorato – ma negli ultimi anni aveva un po' di terra, faceva la contadina. Sono nato in una casa dove si lavorava la terra, dove mio padre lavorava invece nell'industria casearia. L'atteggiamento che c'era in casa verso il fascismo, che atteggiamento era? I miei non sono mai stati fascisti, come non sono stati mai neanche socialisti. Erano dei cristiani, dei cattolici, credevano nel movimento operaio delle leghe bianche, dei cattolici, e mi hanno saputo sempre, direi, indirizzare con molta serenità a vedere tutti gli avvenimenti politici in una chiave superiore, senza accondiscendere a tutte le intemperanze, le violenze che venivano da ogni parte. Questa è la verità. Insomma, io mi sono trovato ad un certo momento proprio a giudicare con molta severità gli avvenimenti. Ho visto, da ragazzo, le intemperanze degli scioperi, delle agitazioni socialiste, e sentivo la gente che era stanca di un clima di questo genere. Si può dire, l'impressione che avevamo in casa era che purtroppo la reazione fascista era stata provocata da tutte queste intemperanze, da questa mancanza di autorità dello Stato, di questo caos che avveniva nelle fabbriche, con i continui scioperi, con le agitazioni a cui il nostro popolo non era ancora abituato. Anche se le rivendicazioni erano più che giuste, però tutta questa cosa, ancora, non andava, e allora si diceva purtoppo: «Adesso, vedrete che arriveranno i castigamatti, che purtroppo faranno... ad un certo momento ci toglieranno quella libertà, quella democrazia di cui non sappiamo usare gli argomenti». Io sono rimasto per questo sempre profondamente antifascista, anche perché in seminario io ho avuto la fortuna di avere come insegnante il compianto mons. Tesauri, che poi fu vescovo di Lanciano e che venne anche lui a San Pellegrino a predicare la famosa predicatoria. La sua figura è stata rievocata l'anno scorso a Cavriago, con un seminario di studi su questa splendida figura, che era stata anche consigliere comunale del Partito popolare del comune di Reggio Emilia. Da lui ho preso quel'antifascismo che poi mi ha sempre accompagnato. Quando divenne sacerdote? Io sono diventato prete nel 1936 e mi hanno lasciato a fare il coadiutore nella parrocchia in cui sono nato, la parrocchia di San Terenziano di Cavriago, cosa che non avviene mai, insolita ma appunto perché era un ambiente particolarmente difficile hanno pensato che un cavriaghino, forse, poteva facilmente adattarsi ad una situazione come quella di Cavriago. Già lì, io ebbi i primi screzi, i primi contrasti con il segretario del fascio di allora, perché mi avevano già messo nella lista nera, proprio per quello che era il problema dell'educazione dei ragazzi. Perché io avevo impostato un oratorio... i ragazzi venivano da me... si lamentavano che non andavano al sabato fascista, non andavano a fare le sercitazioni di avanguardisti, [eccetera, ndr]. Quindi già lì volevano delle celebrazioni per il 28 ottobre, per il 21 aprile. Il 28 ottobre, che era l'anniversario della marcia su Roma, che diventavano delle gazzar- 66 re, e allora io mi arrabbiavo, dicevo che non avevano proprio nessun significato in funzione religiosa, funzione religiosa per esaltare certi principi che erano il pane del Vangelo. Poi, insperatamente, mentre io proprio non pensavo a niente, fui ingaggiato per andare in Germania. Da principio trovai anche difficoltà, io non sapevo la lingua, non sapevo neanche dov'era la Germania, ma il vescovo tanto insistette, dicendo: «La Congregazione per l'emigrazione della Santa sede ha bisogno di un prete anche di Reggio, perché ci sono degli emigranti anche di Reggio, ed hanno chiesto qualcuno, ed io ho pensato che tu potessi andare bene, sei abituato a stare in mezzo alla povera gente...». Son dovuto andare, son partito senza sapere una parola di tedesco, solo che come succede a chi è ingaggiato militarmente, all'ultimo momento mi ariva un telegramma per cui io devo andare a Breslavia. Vado a prendere un treno, vado a Breslavia e là non mi trovo con degli operai dell'industria com'erano i reggiani, ma mi trovo con degli operai dell'agricoltura che errano tutti veneti, dalla provincia di Treviso e di Vicenza. Ma io lo feci presente che avrei desiderato andare là, fra i reggiani, [ma] il vescovo mi dice: «Tu ci andrai, adesso ormai tu sei lì, devi stare lì», e in qualunque modo... sono restato. Perché tranne in quei quindici giorni che andai a Fallersleben (vicino a Braunschweig, a quaranta chilometri da Hannover, nella Bassa Sassonia), a far conoscenza con i nostri operai, sono rimasto sempre nella Slesia. Il mio lavoro nella Slesia era molto facilitato dal fatto che c'erano buonissimi rapporti fra il consolato italiano di Breslavia e le autorità tedesche. La Slesia era la meno nazista di tutte le regioni tedesche, anche perché era metà polacca, anche l'Alta Slesia. Il nostro papa è nato proprio sotto la Germania. Ma poi mi trovai molto facilitato per il fatto che gli operai, i veneti, erano profondamente religiosi, i veneti dell'agricoltura e quindi vado... Si può dire che è stato un ministero che non dimenticherò mai per la corrispondenza, l'affezione che avevano verso di me, e poi anche perché, nonostante che fosse un sacrificio terribile, perché avevo una parrocchia larga come una regione ed ero sempre in viaggio, avevo più di diecimila operai, ma erano sparsi in ottocento aziende... tutti mi chiedevano, volevano la visita appunto perché dovevo trattare altri problemi, problemi sanitari, sindacali... Quindi lei si occupava un po' di tutti i problemi? Beh, sì. La confederazione fascista dei lavoratori dell'agricoltura aveva mandato là un ispettore, il quale sapeva il tedesco meno di me, e si limitava a stare al Consolato italiano a mandar fuori delle circolari e poco più. Ma a girare, a battere i passi, ad andare ad avvicinare questa gente, ad andare a sentire a volte i loro piccoli problemi che ha gente messa insieme così... e veramente non si poteva non sentire compassione per questa folla, per questa gente che era in queste condizioni. Dunque, lei partì nel 1939? Partito nel 1939, son tornato nel novembre del '39, con l'intenzione del vescovo di Reggio d'allora che era mons. Bretoni, di non mandarmi più via e difatti mi diede un sacco di incarichi qui a Reggio, ma nell'aprile del 1940, dietro le pressioni della Sacra congregazione di Roma, sono dovuto ripartire per forza. Ritornai ancora nella Slesia, là dove avevo lasciato i miei operai e i miei contadini, dove ho fatto tutta la campagna del 1940 fino a novembre. Nel novembre del '40 sono ritornato, e fui richiesto per andare in Austria, non più con gli operai dell'agricoltura, ma con quelli dell'industria. In Austria i nostri operai lavoravano in cave di pietra, lavoravano vicino a Linz, dove c'era la famosa fabbrica Santz Valentin, la fab- 67 brica degli aerei da combattimento tedeschi, i famosi «Messerschmitt». Lì c'erano più di tremila operai italiani, insieme ad operai, prigionieri di guerra, della Polonia, ed anche qualche cecoslovacco ecc. I prigionieri polacchi erano trattati peggio delle bestie, dovevano lavorare fino all'esaurimento delle forze, in attesa di essere poi eliminati. Io ho potuto avvicinare questi poveri prigionieri polacchi, e veramente mi si rivoltava l'anima a vedere queste condizioni disastrose. Tornando indietro, nel 1939, quando si trovò in mezzo a questi lavoratori italiani in Germania, quali erano le condizioni a cui queste persone lavoravano? Come si trovavano in genere? Per quei tempi le condizioni erano abbastanza buone, perché erano trattati alla stregua degli operai tedeschi. Già là il sindacato era molto più avanti che non in Italia, erano tutte regolari le loro assunzioni sociali, avevano delle leggi anche favorevoli sul cottimo e sul trattamento alimentare, perché veniva provveduto loro né più né meno come fossero stati dei soldati o qualcosa di simile. Gli operai erano molto contenti perché alla fine della stagione portavano a casa un buon gruzzolo; per quei tempi di miseria era già qualcosa, tant'è vero che l'anno dopo cercavano tutti di ritornare. Anche il Governo tedesco era contento di quest'opera perché le campagne erano state abbandonate dagli operai tedeschi che lavoravano tutti nell'industria di guerra. La Germania ne richiedeva ancora di più l'anno seguente, per rispondere al fabbisogno delle aziende agricole tedesche, e difatti l'anno dopo erano di più, erano duemila-tremila di più, gli operai italiani in Germania, ed erano considerati anche parecchio perché dicevano che avevano tre qualità che non avevano gli altri: che erano intelligenti, erano molto diligenti, laboriosi, ed erano molto risparmiatori, non spendevano in alcool, in niente quello che prendevano, mentre erano diversi quelli delle altre nazioni. Queste tre qualità le riconoscevano all'italiano, perché loro risparmiavano, risparmiavano per portare a casa qualcosa, erano proprio povera gente, erano i braccianti di qui. Quindi si trovavano bene sostanzialmente, dal punto di vista lavorativo? Se non fosse scoppiata la guerra, e non fossero venute tutte le limitazioni dei viveri, le tessere eccetera, questi operai si sarebbero trovati bene. Solo che nel 1940 scoppiò la guerra, e allora tutto quello che era il nerbo dell'emigrazione, che erano i giovani, furono tutti trattenuti a casa, perché potevano avere obblighi di leva. La vita come si svolgeva per gli italiani? Quali erano i problemi che dovevano affrontare quotidianamente? Nell'agricoltura grandi problemi non c'erano. Il problema più duro per loro era affrontare il clima, perché i tedeschi lavoravano anche sotto l'acqua in campagna, cosa che in Italia non ha mai fatto nessuno, perché se là in Slesia avessero dovuto aspettare di lavorare solo nei giorni in cui non pioveva, là le piogge ci sono d'estate, loro non avrebbero mai lavorato. Dover lavorare sotto quella pioggerella fredda, insistente, era proprio una pioggerella, là non venivano temporali, ecco questa pioggerella era per loro una cosa, un fastidio. Poi tolta la difficoltà della lingua per il resto l'assistenza era uguale a quella che davano agli operai tedeschi. Certo era un regime... Mentre gli operai dell'industria si trovavano peggio da quel lato, perché sapevano di essere peggio ancora che in Italia. Erano continuamente controllati, pedinati, si era in un regime veramente del terrore. 68 Quindi di attività politica non se ne poteva fare... era difficile. Si sapeva che c'erano, io lo sapevo che c'erano delle cellule anche in mezzo a questi operai, ma qui le cose bisognava farle con estrema cautela, perché la Gestapo arrivava dappertutto, e poi soprattutto perché gli operai tedeschi erano stati quasi tutti ormai conquistati dall'ideologia nazista. Fino... ne parlavano i preti e gli altri che conoscevano bene la situazione, fino allo scoppio della guerra con la Polonia il nazismo era accettato dalle masse popolari, dopo la conquista della Polonia in venti giorni, ma soprattutto l'anno dopo, la campagna di Francia fece perdere la testa a tutti. Dissero: «Mai abbiamo trovato un capo così. Abbiamo trovato quello che salva la Germania, finalmente possiamo essere qualcuno, qualcosa». E si erano votati quasi tutti al nazismo. Questo spiega perché hanno tenuto duro ancora per degli anni. E di gente che sia tornata di là... lei ha tenuto dei contatti? Sì, io ho tenuto dei contatti con le autorità nostre che c'erano là, quelli che avevo potuto trovare dopo, ad esempio questo rappresentante della confederazione dell'Agricoltura che venne poi ad abitare qui a Bologna, un po' come perseguitato politico perché era stato fascista, sebbene là abbia svolto un'opera bella di aiuto, certo Tellarini... Ma quegli altri, al di fuori di qualche console che mi ha scritto anche dopo... no. Invece mantenni molte relazioni coi tedeschi che vennero via dalla Slesia, con quelli sì, perché anch'essi profughi nella Germania Occidentale, messi di qua e di là. Mi raccontarono poi quella che fu la tragedia a cui io, per fortuna, non assistetti, dell'invasione russa del 1944, dell'espulsione di tutta quella gente, con tutte queste immigrazioni forzate da parte dei polacchi, che erano dalla parte della Russia. Quelli che rimasero durante gli ultimi anni della guerra finirono nei campi di concentramento, furono deportati? Dopo l'8 settembre del 1943 vennero considerati dei nemici politici, e poi di questi ce ne erano pochi, perché questi operai erano tutti anziani, i giovani dovevano restare in Italia. Furono messi nei campi di concentramento e tanti continuarono a lavorare come internati civili, non più come liberi operai, com'era stato fino al settembre del 1943. Fu una tragedia, anche per loro, spaventosa. Anche perché non è che potessero far arrivare delle notizie a casa...? Allora io ero qui, la ragione per cui dopo l'8 settembre mi buttai subito a persuadere la gente, andando fin davanti alle case, di non presentarsi ai tedeschi perché voleva dire finire in un campo di lavoro, in un campo di concentramento. O entrare a combattere nella Wehrmacht, oppure fare questa fine. Non mi credevano, non mi volevano credere, la gente era stata ingannata tutta dalla propaganda. Non c'era mai stata informazione. Cominciò così la mia Resistenza, perché proprio cominciai a dire ai giovani: «Non presentatevi, non presentatevi per carità, andate a finire in Germania in questi campi di sterminio». Comunque, lei di attività ne aveva già fatta a suo tempo in Germania. Ci racconti un po'. Posso raccontare solo un fatto, per dire sembra incredibile adesso, però in un paese dove una coppia di sposi aveva avuto due gemelli... ma felici questi due semplici contadini, mi hanno detto: «Vogliamo che ce li battezzi qui, subito lei, signor cappellano!», «Come li chiamate?», dice: «Uno, Adolfo, e l'altro lo chiamiamo Benito». E allora io gli ho detto: «State a sentire, gli mettiamo anche un secondo nome», «Perché?», «Ma dico, perché c'è il 69 caso che un domani gli possa servire un secondo nome». Se ne ebbero cosi' a male, che ormai mi denunciavano. Per dire come era il clima di questa povera gente. Non capiva. Comunque aveva fatto attività politica, anche se non politica nel senso di fondare società? No assolutamente. Ma io poi avevo il mio compito che era quello di assistere questa povera gente. Cercava di metterli un po' in guardia, i giovani! Ah sì, la cosa che dicevamo sempre fra noi, fra gli intimi: «Bisogna preparare il dopoguerra, bisogna che pensiamo». Eravamo già persuasi nel 1941 che dopo la prima campagna di Russia alla fine del 1941, quando abbiamo visto che non si andava né a Mosca né a Leningrado, ormai la guerra era perduta. E abbiamo sempre detto «Dobbiamo preparare il dopoguerra, un'era diversa, un'era di democrazia, preparare la gente a questo». Com'è che fu mandato a casa dalla Germania? Fui mandato a casa perché una volta mi scappa detta una frase che non dovevo dire. Credendo di essere con degli amici, e invece ero con degli agenti della Gestapo, mi scappò detto che per noi era meglio perdere la guerra piuttosto che vincerla. Perché saremmo diventati degli iloti, saremmo stati un po' dei servi della Germania e niente di più. Era evidente per chi aveva un po' di intelligenza, quale sarebbe stato il ruolo dell'Italia sotto un'ideologia come era quella nazista, che proprio stava, come avevo detto, conquistando anche i tedeschi. Perché per molto tempo i tedeschi sono stati davanti a quest'uomo incerti, poi l'aver scoperto che avevano una potenza militare invincibile, l'aver visto queste campagne fulminee, il Blitzkrieg che aveva promesso Hitler, aver visto... aver tutta questa organizzazione che a loro piaceva moltissimo... dove arrivava la Germania arrivavano loro, li aveva un po' esaltati. Seguirono questo capo sempre pensando che avrebbero saputo trovare il modo per saltarci fuori, dalla guerra. Noi sapevamo bene dove saremmo andati a finire. Ma poi soprattutto la crudeltà, i metodi e quando sono venuto qua in Italia parlavo solo con gli amici, con gli intimi per non essere... dei campi di concentramento tedeschi. Non mi credevano perché poi non lo sapevano neanche i tedeschi, non lo sapevano neanche loro. Io queste notizie le avevo direttamente dal clero, e il clero era abbastanza ben informato. Quindi lei tornò a Reggio nel 1941? Sono tornato a Reggio nel 1941, mi preoccupai subito, me lo disse anche il vescovo, che mi mettessero parroco, perché se fossero arrivati dei dossiers d'accusa dalla Germania, non sarei più diventato parroco. Perché allora per diventare parroco bisognava ottenere il benestare del regime, il Concordato, quindi avrebbero potuto bloccare la mia elezione. Il vescovo dopo qualche mese che ero a casa mi aveva messo parroco della parrocchia di San Pellegrino, proprio per far perdere un po' le tracce di quella che era stata la mia attività. Bene, la ringrazio dell'intervista. 70 71 Walter Cilloni Come si chiama e dov'è nato? Mi chiamo Cilloni Walter e sono nato a Cadelbosco Sopra l'11 settembre del 1914. E i suoi genitori cosa facevano? Mia madre era una casalinga, mio padre era un bracciante. Sempre qui a Cadelbosco... Sì. Sempre qui a Cadelbosco. E il suo lavoro qual era? Il mio lavoro allora... facevo il bracciante, in teoria, quando ce n'era. Ma purtroppo, il lavoro in quegli anni era talmente poco, che dovetti decidermi a emigrare. E quando partì? Io partii nell'anno 1938... nell'aprile. In generale la situazione come lavoro, era brutta? Sì. Era molto scarso. C'era tanta disoccupazione. Soprattutto fra i braccianti? Fra i braccianti. Specialmente fra i braccianti. Ce n'era un po' fra i muratori, ma bisognava proprio essere muratori per avere lavoro, altrimenti i garzoni... non c'era lavoro, ecco. Questa gente che partiva allora erano giovani o anche padri di famiglia? Ce n'erano. Non troppo anziani, c'era gente matura anche di quarant'anni. Generalmente erano giovani. Erano giovani che andavano via singolarmente... Erano giovani che avevano già fatto il militare veramente, erano già uomini. Però era tutta gente in cerca di lavoro. Qui da Cadelbosco ne sono partiti molti? Sì... non molti. Ma penso che in quel tempo una decina, tredici o quattordici ne siano partiti. Io ne conosco ancora di Villa Argine, eravamo partiti in due e uno c'è ancora; gli altri, di Villa Argine, sono già morti perché erano più vecchi di me. E come ha saputo di questa possibilità di lavoro, per andare in Germania? Attraverso il sindacato di allora. Attraverso l'Ufficio di collocamento seppi che c'era questa richiesta di emigranti per l'agricoltura specialmente. Allora andammo là a fare questa domanda... però non erano tutti accettati. Non tanto per un fatto politico, ma perché c'era un determinato numero, e le domande erano tante. Venivano non scelti... ma anche scelti, si faceva questo elenco, man mano che saltavano fuori venivano scelti, ma non tutti si poteva andare perché erano più le domande che le richieste. Allora non si sapeva come venivano scelti? No. Pensava il Collocamento di quei tempi. Lì prendevano le prenotazioni, poi pensavano 72 loro. Ti mandavano a chiamare passavi le visite fisiche ed altre, e chi ritenevano fosse idoneo lo mandavano a chiamare e partiva. Quindi lei è partito come bracciante? Come bracciante. A quei tempi, ricordo che avevano fatto mettere in divisa apposita questi operai braccianti. Avevo una sahariana celeste, con una etichetta qua, «Lavoratori agricoli», una placca gialla. Ci avevano anche dato dei giubbotti per la pioggia, impermeabili, perché in quelle zone nordiche pioveva spesso e là anche quando piove si va fuori a lavorare. Decidemmo anche allora... ci siamo fatti pagare col tempo il soprabito. Una sahariana tutta uguale e questi giubbotti per l'acqua. Il contratto di che tipo era per voi braccianti? Per noi il contratto era stagionale. Le tariffe le faceva il paese dove si andava a emigrare. Si sapeva che non si prendeva molto, ma si prendeva sempre di più che stare qua. Allora come le dicevo si prendevano ventiquattro pfenning (centesimi di marco) all'ora, era una paghina, ma... e si poteva mandare a casa non tutta questa somma ma una parte, non so se fossero trenta marchi, cinquanta marchi, qualcosa del genere. Veramente non ce n'erano tanti da mandare a casa, però c'era una misura, una quota. Comunque era un lavoro stagionale, per un certo periodo, poi tornavate a casa? A dicembre al massimo. Si faceva aprile, novembre-dicembre, e poi si ripartiva. Ad aprile chi credeva, tornava a fare la sua domanda, oppure partiva anche con la richiesta di dove era andato a lavorare, che valeva, la portava all'Ufficio di collocamento e poi poteva tornare indietro. Lei però mi ha detto che è tornato a casa in ferie solo per un certo periodo di tempo, dopo è rimasto in Germania.... Son rimasto negli ultimi anni. Siccome io sono stato uno dei primi, perché ho fatto tutta la campagna. Ecco infatti lei è stato dal 1938...? Dal 1938 al 1945. Fino a guerra finita. Però i primi anni – come le dicevo – si faceva questo periodo stagionale. Dal '42 in poi, sono rimasto bloccato e non si poteva... non si poteva! Non ho neanche cercato di venire a casa perché infuriava la guerra. Le dirò anche di più. Siccome io ero giovane, dovevo andare militare, perché ero richiamato, però essendo operaio civile richiesto da quella nazione, a me quando arrivava la cartolina del militare, veniva trattenuta dai carabinieri locali. Cioè, il mio lavoro là era come il militare. Quando ai miei genitori arrivava la cartolina di precetto per andare militare, qua il maresciallo locale la ritirava e non c'erano problemi, né ammende né niente. Io, il mio lavoro, lo facevo là ed ero considerato come militare. Quindi per quanto riguarda i soldi lei mandava via una certa somma attraverso dei vaglia postali? No. Si versavano alla banca là. Non so che giro facesse questa banca, si andava, veniva rilasciata una ricevuta e si mandavano questi soldi. Questi pochi soldi, perché come le dico con ventiquattro centesimi a far dei marchi ce ne volevano. Essendo io giovane... non è che... quello che aveva famiglia a casa faceva anche 73 certi sacrifici. Ma io ero giovane, si andava fuori, c'erano anche là i divertimenti, perché nel '38 ancora la guerra non c'era, la guerra scoppiò nel 1939. Noi si andava fuori, c'erano anche là le trattorie, i caffè, c'era il cinema e dei gran soldi da mandare a casa non ce n'erano. Quello sposato che aveva figli magari non veniva, faceva tutti i sacrifici, mandava quello che poteva, ma noi giovani sa, a casa c'erano i genitori che non erano poi tanto vecchi allora e si arrangiavano, ecco. Dov'è stato mandato all'inizio, nel 1938? Io nel 1938 sono stato mandato nella provincia di Braunschweig. Però ero nel comune di Wolfenbuttel, e in una frazione che si chiamava Neindorf. Erano vicino a Berlino, come zona? Vicino a Berlino... noi a Berlino avevamo duecento chilometri. Facevamo parte della regione di Hannover. Lì, fino a che anno c'è stato? Sono sempre stato in quella zona. Però da Neindorf, che ho smesso di fare il contadino sono andato in una località a sette-otto chilometri che si chiamava Hediviesburg. Eravamo a lavorare in una Konservenfabrik, era una piccola città, e non c'era il nome della padrona, era una società per azioni in Hediviesburg. Era un piccolo paesino che aveva solo la stazione e una grossa fabbrica, uno zuccherificio, però non c'era il paese, ma era una località, un centro. Un po' come qui si dice dei ducati, questo Hediviesburg era un ducato di questi paesi. Era una zona ondulata, non pianeggiante e molto fertile. Quando è andato a lavorare come bracciante, viveva nell'azienda, in case in muratura o in baracche? Era una grande azienda agricola e avevamo le strutture portanti in muratura. Dov'ero io eravamo in dodici italiani, due o tre uomini tedeschi e delle donne tedesche. Gli uomini erano quelli che dirigevano, c'era il capo macchinista, il caporale che dirigeva il lavoro e c'era un padrone contadino, e ci mandava nei campi. Tutti i giorni si lavorava. D'inverno nei mesi brutti, siccome là il frumento non si trebbia d'estate, ma si trebbia in inverno, hanno dei capannoni – là, la mietitura avviene sempre in agosto, dopo di noi – e, in questi capannoni, mettevano, avena, segale, frumento. Nei mesi invernali quand'è brutto si trebbia al coperto dentro questi capannoni. Anche noi, negli ultimi mesi, quando si veniva a casa in novembre e dicembre, e là al Nord sono mesi brutti, si andava là dentro, là c'era la macchina e si trebbiava. Era un lavoro come qua in Italia, non pesante. Un lavoro, come dicevano allora, abbastanza compensato, perché ci davano da vivere, da dormire, ci davano tutto, come soldi però si prendeva poco, erano questi ventiquattro pfenning. E i tedeschi come vi trattavano? Posso dire che ci trattavano non male. Si viveva in una comunità non tanto grossa e pertanto si veniva trattati... dico, degli uomini ce n'erano pochi e noi – quei pochi italiani che c'erano – eravamo rispettati, chi sapeva fare il suo lavoro... Glielo chiedo anche per questo, perché da un'altra intervista, e poi lei là l'ha fatta l'esperienza di operaio nell'industria, risulta che c'era della differenza di trattamento fra operai dell'industria e contadini. Cioè nell'industria si diceva che si stava peggio... 74 Sì. Come trattamento sì. Anche perché alcuni forse erano in grandi fabbriche, in grandi città e quindi i rapporti erano diversi. Sì, infatti come le dico, c'erano questi braccianti che lavoravano presso questi piccoli contadini che venivano considerati come familiari, perché forse l'uomo non c'era, e questi due o tre italiani che c'erano venivano trattati alla pari del marito. Perché era questo emigrato italiano che faceva tutti i lavori... la macchina, il cavallo, i lavori pesanti... era lui, e la donna gli dava tutto per fare andare avanti l'azienda. C'erano anche purtroppo dei delinquenti italiani, perché ci sono dappertutto. Questi ragazzi cosa facevano? Io non sono mai stato d'accordo. Andavano dal piccolo contadino dove erano trattati col caffè, che non si trovava, con le sigarette, che non si trovavano, col mangiare, che era quello che voleva, e approfittavano di tutto, anche delle donne, ed a un bel momento rubavano l'orologio, la macchina fotografica e poi scappavano. Dopo aver avuto tutto, perché anche là c'era la guerra, c'erano i bombardamenti – e stava bene – non si accontentava, ne approfittava di tutto e poi a un bel momento rubava delle coglionate e poi scappava. E dopo questa donna veniva e diceva: «È andato via, che mi avevi detto che era così bravo!». Sembrava bravo, ma si vede... Poi purtroppo, come c'è anche qua, si conoscono gli italiani del Nord da quelli del Sud, e questa differenza c'era anche allora. Io non voglio togliere niente a quelli del Sud, ma c'era la differenza. Anche se i tedeschi non sapevano cos'era Nord e Sud, conoscevano le persone, nel vivere assieme, nel lavorare... ce n'erano anche dei bravi... Noi fatte le otto ore nell'azienda grande... le dirò di più. Chi voleva andare, c'erano questi piccoli contadini che non avevano uomini, che venivano là e dicevano: «Stasera, finito il lavoro chi vuole venire là che devo portare a casa il fieno o il frumento...». Mi pagavano. Bé, chi faceva quelle due ore, era ben pagato. Siccome si trovava poco pane, o salumi, la famiglia gli dava la paga, gli dava da mangiare e poi gli dava questi salumi, un pezzo di torta... e così. Delle volte si prendeva di più in quelle due ore che in tutta la giornata che si faceva a ventiquattro centesimi che si prendevano allora. Posso dire solo che io sono stato fra i fortunati, perché quando sono andato nella Konservenfabrik, c'era il paese e non c'era il forno, non si faceva il pane lì, si vendeva ma non si faceva. Allora la nostra azienda che aveva il camioncino, ecco perché ho dato la patente di guida là, c'era da andare a prendere il pane oltre a dieci chilometri, c'era da andarci tutti i giorni. Facevamo due settimane noi e due settimane un'azienda grande che aveva anche lei il camioncino. A quei tempi – io parlo del '42-43 – il pane scarseggiava anche là, però per noi che si lavorava dentro, qualche filone di pane in più c'era, perché si lavorava... Diceva poi quel signore là: «Il pane ce l'hai?», si pagava senza la tessera perché scarseggiavano anche le tessere. In quel modo io, facendo il trasporto di questo pane, avevo anche il modo di avere del pane per aiutare anche quei ragazzi. Ricordo quei prigionieri, soldati nostri, che sono venuti... che erano lì, che sgombravano le macerie chi lungo la ferrovia, chi lungo la strada, e io, siccome giravo, avevo sempre dei pezzi di pane. Siccome lavoravo nella Konservenfabrik, dove si inscatolavano frutta, cavolfiori... e avevo sempre di queste scatolette, quando vedevo questi poveri ragazzi che erano lungo la ferrovia, che pativano la fame, gliene davo e allora basta scaldarle siccome è roba già cotta, si mangiavano anche fredde... però se si scaldava un po'... E li ho sempre aiutati come potevo, cioè ero in una posizione per cui potevo farlo, non da dire che ne potessi dare... ma qualche cosa ho sempre dato. 75 Quindi quando stava in questa fabbrica di conserve stava abbastanza bene? Sì. Forse perché era in una fabbrica abbastanza piccola, in un paese... E infatti c'erano circa venti-venticinque donne, tutte ragazze deportate, russe, polacche, eravamo in due italiani, c'era il capofabbrica e il padrone. Io adoperavo il camioncino della ditta, le donne dormivano nelle baracche, abbastanza igieniche, noi due dormivamo in una casa di mattoni, una casa civile. Non ci mancava niente, il mangiare c'era perché si lavoravano prodotti alimentari pertanto noi non abbiamo tribolato. Lì pericolo non ce n'era perché eravamo distanti dalla guerra e come vita siamo stati bene, non posso dire niente. C'è poi un fatto. Quando uno è in un'azienda dove ci sono pochi uomini, e fa il suo dovere, perché bisogna fare il proprio dovere, io per principio sia in Italia che all'estero ho sempre cercato di fare il mio dovere, perché ci sono dei diritti ma anche dei doveri. Io non ero un super uomo, però quello che c'era da fare io lo facevo, e cercavo di farlo bene, con volontà. Allora anche dove si lavora quando uno vede che fa il lavoro che deve fare, nello stesso tempo anche chi è il capo fabbrica o il padrone... si è rispettati e riconosciuti. Lo mando là, so che lo fa bene. Perché io lavoravo là come lavoravo qua. Perché qua mi rispettavano, mi davano quello che volevano, tanto non c'era ragione... e io mi sono sempre trovato abbastanza bene in quegli anni, pensando che c'era gente che era là al fronte, c'era gente che faceva le schioppettate. Lei ha detto prima che andavate fuori, andavate anche nei paesi, c'erano dei luoghi dove potevate distrarvi? Sì, infatti. Incontravate anche degli altri italiani, oltre a voi che eravate in quell'azienda? Sì. C'erano buoni rapporti con questi altri italiani, s'era formata una... Certamente. Noi cercavamo di andare dignitosi, di comportarci con dignità, perché là è un po' differente che qui da noi, nei locali pubblici. Non è come da noi che si fanno degli schiamazzi che sembra come sia... Là, c'erano dei locali che non prendevano italiani perché facevano rumore, e c'era scritto davanti, gli italiani non li volevano. Perché? Questa gente non era corretta; noi siamo sempre andati in locali in cui non ci hanno mai detto «Mah... perché fate, fate del rumore...». Perché sapevamo che per natura loro, quando vanno in un locale, in un'osteria, in una trattoria, in un albergo, là sembra di essere in chiesa. Là parlano piano, noi parliamo forte. E loro mi dicevano là: «Ma perché bisticciate sempre?» ma non è che si bisticciasse, si giocava a carte, sa a giocare uno si alza in piedi, batte forte... E in certi locali gli italiani non li volevano, perché vedevano che questi ragazzi si comportavano male, facevano del chiasso. Come le dico, io episodi non ne ho mai avuti, posso solo dirle che essendo stato là tanti anni, mi arrangiavo col parlare, sono stato chiamato qualche volta... Mi ricordo, c'era uno qua di Cadelbosco che aveva avuto un incidente, lui adoperava due muli, due cavalli (?) e c'era andata addosso una macchina. Il padrone dei cavalli aveva un'assicurazione, e voleva sapere come era stato... questo qua non sapeva neanche una parola e andai io a fare da interprete. Un'altra volta sono andati a pescare degli italiani, che non si poteva andare a pescare in questo fiume, e hanno preso del pesce. Il gendarme lo impara, chiama questi due ragazzi e li 76 voleva mettere in galera. Per due pesci. Perché era anche in primavera, l'epoca in cui questi lucci avevano le uova, ed era l'epoca in cui non si poteva pescare, ed avevano dato danno perché avevano preso delle femmine che avevano dei piatti di uova così. Per loro non si poteva pescare in quell'epoca lì, ma noi ci s'andava senza licenza, ed anche lì ho fatto quello che ho potuto per dire che erano un po' matti, che non sapevano quello che facevano. Perché il gendarme là... ce ne va uno solo, ma conta più che due carabinieri qui, perché là non scherzano, eh... Così, piccoli episodi... Quando voi vi incontravate, parlavate di come stavate lì in Germania? Sì, si diceva: «Tu come ti trovi...?». C'era chi si lamentava, specialmente nelle grosse industrie dove si andava a dormire in baracca, dove c'è una cucina che fa da mangiare per cinque-seimila persone, dove succedeva anche questo, io ho trovato dei colleghi a cui davano il pane alla sera anche per il giorno dopo, succedeva che mangiavano il pane alla sera e il giorno dopo non c'era più il pane. E questi qua dovevano fare certi salti per trovare il pane, se non c'era la tessera non si trovava, e questi dovevano trovarlo come si poteva, o mangiare quello che si poteva mangiare. Anche se non erano prigionieri di guerra, perché se c'erano i bollini, se c'era la tessera si trovava il pane, altrimenti trovarlo al mercato nero non era tanto facile. Se non era in un giro come me che poteva fare qualche favore, qualche pagnotta, non dico vendere il pane, non era tanto facile. Invece chi lavorava nei piccoli paesi, nelle piccole comunità, le cose cambiavano, si stava meglio. Questa gente, questi italiani, avevano una visione particolare della Germania, criticavano la Germania o l'Italia nel regime in cui erano, od andavano cauti a esprimere questi pareri? C'era poco da criticare perché c'era da stare molto attenti, però si diceva quasi tutti: «Eh, se potessi lavorare in Italia! I tedeschi se lo facciano loro il loro lavoro!». Cioè oltre allo spirito nazionale che c'era, sa quando si va fuori di casa sia per la famiglia che uno lascia sia per un ambiente che cambia, si diceva tutti: «Se io potessi, non vengo Germania, sto a casa!». Però le voglio raccontare qualche episodio... per i prigionieri che c'erano, questi ragazzi che sono stati deportati ben giovani negli ultimi tempi. Ecco voi avete avuto dei contatti? Ho avuto dei contatti perché ce n'erano lì vicino, ma questi militari siccome c'erano i bombardamenti, venivano a sgomberare. Era già durante la guerra? Durante la guerra, si parla del '43. Nei primi tempi questi ragazzi erano trattati un po' duri dalle guardie tedesche, col tempo... Allora io avevo fra questi militari, uno che era mio cugino, che si chiamava Cilloni. Allora imparai attraverso gli altri italiani che c'era un Cilloni, ed era dentro il campo di concentramento e non ci si poteva avvicinare. Allora siccome io avevo occasione di avere qualche pezzo di pane...«Va là, gliene porto...», era giovane, aveva 19-20 anni, era appena andato militare e l'avevano portato via. Ricordo che i primi tempi, perché era dentro ai reticolati, la guardia era lì fuori, mentre la guardia era su, io gli buttavo il pacco. Ma rischiavo, perché se la guardia ti vede, ti spara davvero. 77 Dopo ho detto: «È meglio che vada al corpo di guardia». Infatti andai al corpo di guardia tedesco e dissi che qui dentro c'era un mio fratello; gli diedi delle sigarette che io avevo modo di avere; portai questo pacco con il pane, dei pezzi; mi tagliò il pane nel mezzo per vedere se c'era qualcosa dentro... questo qua lo ha fatto per le prime volte, le due prime volte, perché ci andavo ogni otto-dieci giorni, poi col tempo mi conosceva, gli davo la sigaretta... Le cose erano cambiate, ma le prime volte erano rigidi; quando gli portavo la roba, loro aprivano il pacchetto col coltello e guardavano quello che c'era. Dentro questo campo di concentramento, direi, un migliaio di prigionieri militari, c'erano i sottufficiali e la truppa. Cosa succedeva? Nel vitto che davano a questi ragazzi, questi giovani, lo davano ai sottufficiali italiani, i sottufficiali italiani lo distribuivano ai militari italiani sempre là dentro. Succedeva che i sottufficiali davano loro metà razione, l'altra metà... Gliene davano poca. Quando succedeva che questo militare, dalla fame, rubava del pane all'altro collega, veniva messo al palo, i sottufficiali, che erano loro che rubavano il pane, mentre quello lo rubava per fame, dicevano: «Ecco vedete chi vi ruba il mangiare. Non siamo noi». Succedeva anche questo. A me lo raccontava il Cilloni che viveva là dentro. Questi ufficiali e sottufficiali allora com'erano stati presi? Erano stati deportati dall'Italia. Quando l'esercito tedesco venne in Italia. Allora quando è caduto Mussolini nel 1943... Sì. Io ricordo, come ho già detto prima, siccome lavoravo alla Konservenfabrik, si lavorava anche la cipolla, cioè io col camion portavo la cipolla da pelare ai prigionieri. Ne portavo un camion da pelare e ne portavo via un camion già pelate. Nelle carceri, non fra i prigionieri di guerra. Allora io andavo dentro in questo grande carcere. Fui chiamato in ufficio. Mi dice questo alto ufficiale: «Lei è di Badoglio o di Mussolini?», «Io sono di Mussolini» «Lei si ricordi, qua dentro non si vede niente e non si sente niente». Allora io stavo sempre su, non potevo scendere dalla cabina. Io andavo, un cancello poi un altro cancello... c'erano sempre le guardie nel cortile dove c'erano questi prigionieri civili. Sa, questi prigionieri venivano nella cabina a parlare... «Da dove vieni?», «Io sono il macellaio di quel paese, dì a mia moglie che mi porti da fumare»; un altro «portami la liquirizia»... ma io non potevo parlare. A un certo momento viene la guardia e mi fa «Guardi che la faccio smontare e le metto la giubba rigata come quelli là. Lei non deve parlare con nessuno» e io dico:«Ma non sono io, sono loro...», «Basta! La faccio star qua dentro...». Erano i momenti in cui in guerra se la vedevano già brutta, e allora queste guardie erano ancora più rigide. A me al di fuori di quei rimproveri... Io facevo il mio lavoro, portavo cipolla da pelare, e la facevano spelare a mano a questa gente. La nostra fabbrica poi la lavava, la tagliava, la seccava, poi veniva imbustata in piccole buste. Di un chilo di cipolle ne rimaneva un etto. In questi campi di concentramento c'erano anche altri di altre nazionalità, oppure in quella zona lì... Lì dove c'era Cilloni erano tutti italiani. So che lui si lamentava perché... c'era un'infermeria in questo campo, succedeva che chi andava in infermeria non veniva curato e... si diceva: «Chi va là muore». A lui si gonfiavano i piedi, perché non mangiava abbastanza e diceva: «Ho paura ad andare in infermeria. Non si esce più». Gli dicevo «Lascia stare, domenica torno a venire e vedrai che...». 78 Poi dopo, questi prigionieri li mandavano a sgombrare le macerie e giravano un po', poi dopo li lasciavano anche girare senza le guardie. Questa gente non era più così soggetta, con le guardie sempre alle calcagna, e si arrangiavano anche loro. Ma i primi mesi la situazione era dura. Tornando al lavoro suo, che problemi avevate quotidianamente, oltre ai problemi di lingua che all'inizio avrete senz'altro avuto... Prima accennava a problemi di clima... Il problema che abbiamo avuto subito è stato questo: che noi siamo andati là vestiti leggeri. Là, nonostante fossimo in aprile, era ancora mezzo inverno. Perché là si era al Nord e cosa succedeva? Vento sempre, ancora vento freddo, e acqua e neve... E noi non eravamo attrezzati come loro. Avevano dei pastrani che può piovere otto giorni... Noi ci trovavamo con delle scarpine basse, come qua le mie, là in campagna... si immagini. Ci arrangiavamo con dei sacchi che trovavamo là, dei sacchi sulle gambe, sulle spalle, perché purtroppo noi non eravamo vestiti. Con il tempo, con gli altri anni, saputo a cosa andavamo incontro abbiamo cercato... ma il primo anno, i primi due anni, il problema c'era proprio per affrontare il clima. Perché là, piova o non piova, si va a lavorare. Io dicevo tante volte col capo: «Mi lasci a casa...» e lui «Tu oggi mangi, resti a casa ma mangi, e il tuo mangiare chi te lo paga, chi lo produce...» Allora si va... Anche loro, anche i tedeschi non solo gli immigrati, là il costume è questo... Con la lingua avevate problemi? Con la lingua subito. Nei primi mesi è brutto perché... Ricordo un episodio, davano lo zucchero ed era salato, e farsi capire, dire «Guardi questo zucchero è sale». Perché ci davano questi prodotti in natura, essendo agricoli, ci davano le patate, il burro, lo zucchero, il sale, ci davano tutto. Questo problema dello zucchero che era salato, per farlo capire c'è voluto una giornata intera. Invece pian piano, siccome uno si deve arrangiare, c'è chi ci arriva prima, chi ci arriva dopo, ci riescono tutti. Ma i primi tempi? Finché sei dentro al lavoro però tante volte il capo ti diceva «Vai a prendere la zappa». Te lo diceva in tedesco e magari tornavi con la falce o con la forca. «Ma cosa t'ho detto?» ... E la gente quand'è fuori cerca di impegnarsi a imparare almeno l'essenziale, non è che uno diventi un interprete, ma le cose principali deve impararle, se no... Io so che insieme ai gruppi di italiani che andavano via mandavano sempre anche degli interpreti, e dalle altre interviste, ho sentito che questi interpreti non servivano molto... C'è poi un fatto – ricordo che era tutta gente dell'Alto Adige – questa pretendeva quelle poche volte, ed invece erano apposta nella squadra per far da interprete a tutta la squadra, volevano essere pagati da noi. Se uno aveva bisogno, cioè se uno parlava col padrone no, ma quando dicevi «veh, vieni che vado dal bottegaio... vado a prendere della roba, vieni con me», veniva se gli davi qualche cosa, se gli pagavi qualche cosa, altrimenti non venivano. C'erano degli interpreti, gente da quelle zone che un po' la conosceva [la lingua]... perché proprio in quegli anni non era come adesso. Io ho un figlio che ha 27 anni, ha fatto un corso di tedesco, uno di inglese e uno di francese. Tre anni di seguito alla sera e allora si arrangiano quando vanno all'estero, ma allora non c'era nessuno che sapeva le lingue. C'era qualche operaio che era stato in Francia... Siamo andati là al buio. Dopo il '43 voi siete stati peggio, come vita? Vi trattavano peggio? 79 No. Anzi. Dopo il '43 io ci sono stato fin dopo la Liberazione, erano diventati forse... Io essendo sempre stato in quella zona, ho fatto anche la guardia notturna, perché quando c'erano i bombardamenti, per vegliare questa gente durante le incursioni notturne, c'era la guardia che andava ad avvisare le case, perché era un piccolo paese. Allora, eravamo io e un tedesco, che era un hitleriano prima, che quando ci chiamava diceva «Guarda che quando mi saluti io voglio come saluto heil Hitler. Guai se mi dici buongiorno...» Gli ultimi tempi, «Ah, quello che c'è è di tutti. Se c'è una pagnotta ce n'è un pezzo per uno...». Avevano cambiato, perché se la vedevano già brutta. Ma negli anni furenti... si andava dal tabacchino e c'era scritto: qua si saluta heil Hitler. Erano tutti convinti? Ce n'erano una grossa parte. Ce n'erano ben pochi, c'erano ed erano chiamati socialdemocratici, non erano né socialisti né comunisti. Qualcheduno si confidava. Le dirò una cosa, il mio padrone alla Konservenfabrik era un veterinario e andava nelle macellerie a timbrare le carni. Poi avevamo, siccome ci sono tanti cavalli in quelle zone, per curare i cavalli, avevamo un cassone come questa stanza, ci si metteva dentro il cavallo, con la testa fuori e poi ci si dava un gas. Io andavo col mio padrone e facevo il lavoro davo il gas, pensavo alla bombola, e lui veniva lì e «Fra mezz'ora torno». C'erano otto o dieci cavalli, li facevamo tutti... Questo mio padrone era un socialdemocratico, e dopo la Liberazione, passata una settimana lo hanno fatto borgomastro, podestà del paese. Lui mi diceva pianino: «In questa cassa bisognerebbe metterci Goering». Goering era uno dei capi di quei tempi. Ma lo diceva piano, sa. Perché là c'era da sparire, se sapevano la cosa. Se era un immigrante forse... Ma un cittadino che si fosse permesso di dire una frase del genere, imparata da un poliziotto o dall'hitleriano, questo veniva prelevato da casa e non si sapeva più nulla. Non si trovava più, non c'era nessuno che ti sapesse dire dov'era andato a finire. E ce n'erano in paese, qualcheduno con noi... sa tra di loro forse andavano piano. Io ci sono stato degli anni e qualcuno c'era, ma andavano piano perché era molto pericoloso. Mi ricordo la nostra cuoca che era tedesca, gli era morto il figlio in Russia, e ad avvisarla era venuto questo tabacchino che era il capo hitleriano del paesino. Lei piangeva nella cucina «Guarda che oggi è venuto il borgomastro, mi è venuto a dire che è morto mio figlio. Non ho potuto neanche piangere a casa!». Era venuta a piangere nella cucina dell'azienda perché non si poteva piangere davanti al borgomastro, perché era morto... al valor militare, il dovere per la nazione... insomma. Questo mi ricordo, erano caduti dei paracadutisti inglesi o americani, tre, sono stati proprio presi in quel paesino, in quel villaggio lì. Andavano su, c'erano questi campi... «Li porteranno in questi campi di prigionieri». Strada facendo li ha uccisi! C'era un bosco... sentimmo gli spari... poi tornò indietro. Quando venne la Liberazione, perché quei deportati russi gliela giurarono, quando queste truppe si ritiravano, questo qua ha indossato una divisa militare poi si è infilato in mezzo a queste truppe che partivano. Gliela volevano fare i deportati russi che avevano subito delle angherie ma... quando ha visto l'avanzata degli americani, s'è infilato in mezzo alle truppe tedesche che si ritiravano. Era un vigliacco, era hitleriano, era talmente convinto di quel che dicevano che lui dava tutto... E quando è venuta la Liberazione cosa è successo? Da noi, dopo i primi giorni, ci sono stati tre giorni di mano bianca, si sono aperte le prigioni di Wolfenbuttel che è un grosso paese, un grosso comune, mentre io ero a Neindorf. 80 Hanno aperto tutte le prigioni e questa gente è scappata fuori e ha fatto l'assalto... ricordo che è passato un camioncino del latte, l'han fermato e gli hanno preso tutte le bottiglie di latte. C'erano delle pecore, uno veniva via con un agnello al collo... Poi in stazione hanno aperto i vagoni dove c'era roba alimentare, sono state scassinate... sono andato anche io a prendere delle camicie, perché c'erano magazzini pieni di camicie, pantaloni, maglie... Là, caricavano con le carriole camicie, pantaloni, tutta quella roba anche se ne potevano mettere solo una, ma sa la gente... Sono stati proprio tre giorni, e i tedeschi più cattivi si sono nascosti, mentre l'han fatto solo gli stranieri, i deportati, i prigionieri, quella roba lì. Passata questa atmosfera, sono arrivate le truppe che hanno calmato tutti, e non si poteva toccare più niente... Che truppe? Le truppe alleate, gli americani. Hanno fermato questa ondata di svaligiamento e poi dopo un mesetto, il borgomastro di quel paese, che aveva saputo, ha chiamato tutti, specialmente i tedeschi, chi si era approfittato di sabotare, chi aveva portato a casa tutta questa roba, dicendo di riportarla indietro. C'è stato chi l'ha riportata indietro. E i tedeschi l'hanno riportata, chi aveva approfittato... Noi avevamo preso otto o dieci camicie, io non so se le ho riportate indietro... ma i tedeschi hanno portato lì al comune quella roba che avevano saccheggiato. Gli stranieri, no ... Ricordo proprio in quei giorni che il paese sera rimasto senza patate, ci dice il borgomastro «Bisogna che andiamo a prendere le patate in un altro paese». Erano proprio i primi giorni di Liberazione. Allora andammo con un trattore ed un rimorchio a prendere le patate da un'azienda per il paese. Traversando questi paesi, si vedevano le prime fotografie dei campi di sterminio, che nessuno sapeva... Ecco voi non sapevate che c'erano? Nessuno sapeva che c'erano questi campi di sterminio, neanche loro. Lo poteva sapere il borgomastro, l'ufficiale dei carabinieri [sic], ma il basso popolo lavoratore non lo sapeva. Con me c'era un tedesco e ci fermavamo a guardare queste prime fotografie, questi disgraziati e si diceva «Guarda cosa c'era. Chi avrebbe detto che c'era questa roba?». Loro non sapevano niente, si è saputo dopo la liberazione, quando sono venuti gli americani ed hanno scoperto questi campi, e ce n'era uno poco distante da noi. Lei quando è tornato indietro? Io sono tornato indietro nel giugno del '45. Dopo la liberazione questi prigionieri, questi civili, volevano venire a casa. Allora, ad esempio, io lavoravo in un'azienda che aveva un camion abbastanza nuovo e mi dico: «Per andare in Italia in due giorni, prendo due fusti... – perché c'era la nafta in azienda – e partiamo». C'era della gente che era partita col cavallo, con dei carri, avevano fieno, biada, e andavano in Polonia, in otto o dieci giorni, abbiamo dietro il fieno, la paglia... C'era venuto un caos, perché tutti partivano chi con la moto, chi con il trattore per andare a casa. Cosa succedeva? Facevi venti, trenta, cinquanta chilometri, là c'erano gli americani. «Alt! dove andate?», «Siamo italiani. Andiamo a casa.», «Giù! Voi tutti nel mucchio degli italiani, e i cavalli via...». Ci presero tutto, e gli italiani là, i francesi là, gli slavi là... Li hanno fermati tutti. Questi campi non erano campi di concentramento, erano campi di profughi e di tanto in tanto ne partivano. «Domani partono millecinquecento persone! Domani mattina ci sono i camion che vi portano alla stazione per tornare in Italia». E li spedivano, man mano che c'erano i mezzi dispo- 81 nibili, ci avranno messo sei mesi, perché io non sono andato in questi campi. Sono sempre stato lì nella casa, mi ero allontanato, una volta gli americani mi sono venuti a prendere e io, torna indietro! Mi trovavo bene lì, perché dovevo andare là, davano da mangiare però si dormiva per terra... Sono rimasto lì finché ho saputo che partiva un treno da Wolfenbuttel che andava a casa, allora c'eravamo io e un certo Torreggiani di Villa Argine e «Vieni, che domani andiamo a casa?». Infatti siamo montati su e siamo venuti in Italia, quando siamo stati al Brennero perché ci hanno portato oltre il Brennero, c'è un camion che aveva la cisterna da vino, targato Bologna, monta su quel camion e torna a casa. Ci ha portato fino a qua a Cadelbosco Sotto, veniva su di qua e siamo venuti a casa con un mezzo di fortuna. Degli altri che erano là con lei, sono venuti a casa tutti? Sì. In un primo tempo siamo partiti in tanti, nel '38-39, dopo ne sono partiti meno. Gli ultimi tempi, nel comune eravamo io e Torreggiani di Villa Argine, siamo rimasti in pochi. I primi anni si era in quattordici-quindici o diciotto quando siamo partiti da Cadelbosco, poi man mano che la gente poteva sistemarsi, tornava indietro. Eravamo giovani, ma se poteva rimanere e non lasciare sola la famiglia non tornava più. Poi forse se non aveva rifatto la richiesta, era stato mandato militare. Ma noi ci trovavamo bene. Cosa ci vado a fare [in Italia, ndr]? Perché c'era il pericolo del militare. Io, ad andare là, non andavo militare, non andavo in guerra, quelli invece che rimanevano in Italia dovevano andare in guerra. Perché nel periodo '38-45 mi sono arrivate cinque cartoline di precetto, ma sono sempre state ritirate perché io figuravo lavorare là, tanto chi lavorava là era considerato militare. Infatti quando ho fatto domanda della pensione che ho mandato a prendere qui al distretto militare la mia scheda, c'erano queste cartoline... I miei genitori quando arrivava andavano qua dal maresciallo che c'era allora, e: «Guarda mio figlio è in Germania a lavorare» e gliela ritiravano. Invece la mia classe è andata in guerra. Io piuttosto che andare soldato, là mi trovavo abbastanza bene, lavoravo, ero bravo... Stava bene... C'era poco da godere, ma la pelle si salvava. Anzi, io ero un po' privilegiato. Come le dico, in questo paesino vicino alla città di Braunschweig, l'azienda aveva sempre bisogno della città per le macchine, e allora io col camioncino di quel paese lì... la gente «Veh, vai là, avrei un pacchettino da portare a mia sorella...». E mi davano sempre... mai soldi, perché scarseggiavano, non si trovava niente, ci volevano le tessere, e le tessere erano poche, allora o la torta, o il salame, o la bottiglia di birra così... Io, i soldi poi non sapevo dove spenderli non si poteva compare niente, a casa non si poteva più mandarne dal '43 in poi...? Mi ricordo che quando sono venuto a casa a quei tempi avevo otto o novecento marchi, li ho lasciati alla Banca d'Italia e non ne ho più saputo niente. Meglio prendere la roba. Mi ricordo che io non fumavo, però avevo il modo di trovare il fumare da quel contadino di là. C'era un olandese che fumava ma non aveva mai il tabacco, e mi diceva «Se mi dai un pacchetto di tabacco ti do una gallina». Lui che lavorava nell'azienda contadina, avevano tante galline, si vede che aveva modo... andava nella stalla e... Io mangiavo la gallina e lui fumava. 82 83 Peppino Gatti (presente la figlia, Franca) Come si chiama e dov’è nato? Gatti Peppino e sono nato a San Paolo del Brasile. E in che anno? 25 febbraio 1897 In che anno è venuto in Italia? Avevo cinque anni, quindi sono del 1897, nel 1903. Coi suoi genitori? Tutta la famiglia. E dove siete venuti in Italia? A Praticello? No, sono venuto a Casoni di Luzzara, un paesino sotto la provincia di Reggio. Ha abitato sempre là? No. Da Casoni sono venuto a vivere un paio d’anni a Reggiolo. E lì ho fatto le prime elementari. Da Reggiolo sono venuto a Rio Saliceto. E a Praticello? A Particello ci sono venuto nel 1925. Il suo papà e la sua mamma? Il papà e la mamma sono rimasti a Rio Saliceto. Ma dopo ci ho trovato un posto a Fellegara dove si guadagnavano il pane meglio di là, [infatti] erano contadini, emigrati in Brasile avevano lavorato nelle piantagioni di caffè… a Felegara di Parma. Il suo lavoro qual era? Il mio lavoro era il calzolaio, ma quando sono venuto a Praticello ho cominciato con un negozio di alimentari, latte e gelati. So che è partito per la Germania, in che anno è partito? Nel 1941. Nel maggio 1941, il giorno prima che Hitler dichiarasse guerra alla Russia. Ci hanno fermati a metà del tragitto, perché stavamo sul treno per andare in Germania a lavorare. A metà del tragitto ci hanno fatto scendere dal treno e ci hanno dato quella notizia. Da oggi siamo in guerra con la Russia, con la Francia, il Belgio – avevamo già cominciato nel 1939 – e con la Polonia. Perché qui in Italia non si trovava lavoro? No, non si trovava più niente. Da calzolaio, non si trovava né il cuoio, né i chiodi, né lo spago, niente. Tutti avevano le scarpe grosse, gli scarponi perché non c’era materiale. Quindi, lei è partito e come ha saputo che c’era questa possibilità di lavoro in Germania? Attraverso il sindacato. Il sindacato dell’industria… 84 Sì, con un contratto di lavoro. Questi contratti di lavoro, erano contratti di lavoro collettivi, per più operai? Sì, collettivi. Dalla provincia di Reggio avevano chiesti un dato numero di operai, e il comune di Gattatico ne forniva un gruppo di trenta. Tutti da Gattatico? Sì, tutti da Gattatico. Quindi, queste partenze erano organizzate dalle Confederazioni…? Dai sindacati di qui e di là. Il contratto cosa prevedeva? Quanto tempo dovevate stare là? Era per sei mesi, rinnovabile dopo i sei mesi. Però, in tempo di guerra, comandavano i tedeschi, e dopo i sei mesi qui in Italia era come prima. Se uno voleva stare a casa poteva starci, però le prospettive erano peggio di prima della partenza. Sono sempre peggiorate ed allora valeva la pena di stare là. Se uno aveva un posto non so, un posto che gli avevano offerto…, ma erano rari, non ce n’erano. Uno poteva stare a casa, ma allora non ce n’era, non ce n’era di nessuna qualità. E il salario che promettavano era buono? Loro, là? Più che buono, perché se uno che lavorava qui in Italia prendeva dalle otto alle dieci mila lire, la ne prendeva ventiduemila. Noi siamo andata là con settantasette centesimi all’ora, e in agricoltura erano ventiquattro o ventinove, quelli che lavoravano in agricoltura. In generale potevate mandare i soldi a casa? Obbligatoriamente non c’era niente. Però, si poteva mandare un vaglia tutti i mesi di ottanta marchi al mese, non un marco di più. Io ne avevo, ne mandavo sempre un po’ di più, perché io, quando ero là, al pomeriggio che si veniva a casa dal lavoro alle cinque, dalle cinque andare a sera c’era del tempo da lavorare altre cose. E io mi mettevo lì, aggiustavo delle scarpe per gli operai, e guadagnavo un altro po’. E ne avrei mandato a casa anche un altro vaglia ma non si poteva. C’era l’obbligo di mandare a casa ottanta marchi e niente di più. Lei ha detto prima che sono partiti in trenta…? Sì, una trentina, ventinove o giù di lì. Di queste persone che età avevano, erano giovani…? Di tutte le età. Anche sposati? Non faceva distinzione, né sposati né non sposati. I validi al lavoro. Là dov’è andato, subito? A Stettino. Però, era il capoluogo Stettino; ad Arnswalde [campo di lavoro per civili, ndr] (fermata del treno, zona boschiva «Piccolo bosco») precisamente ad Altdamm (paese più vicino). Era una succursale della Mercedes-Benz di Berlino. Si fabbricavano i motori per l’aviazione, i medesimi lavori che a Berlino. A Berlino si facevano anche i carri armati, noi 85 invece lì si faceva solo i motori e tanti altri pezzi per l’aviazione. Perché eravamo in novemila tra prigionieri di guerra, e tutti quei rastrellati in Italia, Belgio, Polonia. Perché a quei tempi i tedeschi cercavano mano d’opera per la macchina bellica. Quindi c’erano anche molti italiani, oltre quelli di Reggio? Ce n’era. Lì ad Altdamm c’eravamo noi trenta, ma ce n’erano degli altri, degli altri paesi. Eravamo in tanti. Quando lei è stato a Stettino dove vivevate? In case o in baracche? No, in capanne di legno, come quei garage che si vedono in qualche casa. Della capacità di quindici persone circa. Una capanna di legno a un piano solo. Appena arrivati là ci trovavamo bene perché avevamo le lenzuola, le coperte, il riscaldamento, la disinfezione delle camerate. Eravamo trattati umanamente, ecco. Anche come vitto ci trattavano non male. Il peggio venne dopo. Perché ci sono stato tre anni e mezzo. Ad Altdamm ci sono stato dal maggio al luglio, sui tre mesi e mezzo. Invece a Berlino cinque o sei mesi. Con i tedeschi com’era, vi trattavano bene? I tedeschi in fabbrica ci trattavano bene fino al periodo in cui è venuta la svolta politica, che Mussolini l’hanno preso e portato sul Gran Sasso e al suo posto è venuto Badoglio. Fino al 25 luglio 1943. Fino a quel periodo ci hanno trattato bene, ma dopo quel periodo lì… i trattamenti, dicevano loro, erano uguali, però piano piano ci hanno preso le lenzuola, il riscaldamento, la disinfezione delle baracche, perché quando erano un mese che non le avevano disinfettate saltavano fuori le cimici. Si stava male, molto trattati male. Come mangiare su per giù gli operai, però sempre un po’ peggio. La giornata di lavoro come si svolgeva? Prima ci sono andato come impresa edile (un anno), abbiamo costruito i capannoni, cinque o sei capananni larghi meno di cinque o seimila metri quadri, ma larghi della capacità che ci stavano dentro mille persone l’uno a lavorare, con tutte le macchine, e riscaldati. Come paga si stava bene. I primi sei mesi ci siamo andati a settantasette centesimi l’ora, dopo, l’ultimo anno, prendevo un marco e venti centesimi, e l’agricoltura era ancora al medesimo punto, sempre ventotto-ventinove centesimi all’ora, però, anche [a noi, ndr] davano il vitto; ma in campagna stavano meglio perché mangiavano quello che volevano, ne avevano a sufficienza, anzi ne avevano da vendere a noi. Io ne prendevo sempre perché non ero capace di mangiare il cibo che mi davano loro, tanto era una porcheria. Quand'era là c'erano dei grossi problemi quotidiani? Noi eravamo trattati bene, i problemi dovevamo crearceli noi. I problemi erano sempre quelli, lavorare tutti i giorni, non interessarsi di politica, non ascoltare le radio clandestine. Ma noi che eravamo tanto curiosi di sapere, e c'erano quelli che non si sa come l'avevano avuta questa radio clandestina, ascoltavano un po'. Si ascoltavano le notizie più importanti dal fronte, dal mondo. Sono state scoperte queste persone? Mai, non ci hanno scoperto mai. Se no, vi avrebbero fucilato...? 86 Fucilato forse era la meno peggio. Li mandavano in campo di tortura; uno andava via che aveva 25 anni dimostrava tutta la sua gioventù, ma dopo sei mesi di quelle torture non sembrava più lui. Cambiava fisicamente, diventava vecchio, sofferente. Di politica non ci se ne occupava? C'erano. C'erano di quelli che non ci badavano. Perché c'erano quei campi di punizione? Perché c'era chi non osservava le leggi. Questi che si occupavano di politica, facevano giornali o cose di questo tipo? Non c'era bisogno di queste cose. Bastava che uno lo trovassero con un volantino che aveva buttato giù l'aviazione inglese e americana, che facesse propaganda per loro, bastava qualsiasi cosa, un'infrazione alle leggi di là era valida per mandarli in campo di punizione. Con la lingua tedesca lei come se la cavava? Il primo anno quando si andava fuori alla domenica, che si andava fino a Stettino, che è una città grande, bisognava andare accompagnati. Una volta non si riusciva più a tornare a casa. Perché nessuno sapeva insegnarci, e noi non eravamo capaci di domandare: «Dove si va? Dove si prende il treno per andare ad Altdamm?». Eravamo arrivati ad un certo punto e «Torniamo a casa ragazzi?» ci credevamo di infilare la strada giusta e invece era la strada sbagliata. Nascevano dei problemi, chiunque si incontrava, un tedesco, si tentava di domandare dov'era la stazione del treno. Noi che non eravamo capaci di parlare facevamo ridere, ci ascoltava un po', si metteva a ridere e poi se ne andava senza darci risposta. Dopo abbiamo incontrato… perché c'erano italiani che erano tanti anni che erano là, e finalmente abbiamo trovato un italiano che ci ha insegnato ed abbiamo trovato la strada. E il clima com'era lassù? Il clima d'inverno andava anche a quaranta gradi sotto zero. Non si lavorava. Ossia si andava sul posto di lavoro, perché la prima volta che ho fatto i primi sei mesi sono andato a casa, poi sono tornato indietro che era già d'inverno, in pieno inverno. Ci facevano lavorare fuori con quei carrelli che vanno sulle rotaie… qui una volta c’erano quando si facevano le bonifiche, carrelli da sterro. C'erano delle montagne di terra che avevamo occupato noi per fare dei rifugi, delle costruzioni, e a noi ci avevano detto di portarla via. A quaranta gradi sotto zero quella terra là che era tutta sabbia, ogni picconata, si dava una picconata a quella montagna di terra e saltava via una scheggia, hai voglia a caricare con un badile su un carrello quella terra, non si poteva caricare. Allora noi, che avevamo costruito i capannoni avevamo preso tanta legna, però non era legna da bruciare, però con quel freddo non si chiedeva niente a nessuno, si facevano dei falò là in mezzo e poi ci si andava a scaldare; le ore passavano ma loro le marcavano lo stesso, anche se non si lavorava. Qualche ricordo particolare di quel periodo a Stettino? In particolare non saprei dire; ma i primi bombardamenti cominciarono il lunedì di Pasqua del 1943, io andai a Stettino nel 1941. Ma lei era ancora ad Altdamm? Sì, a quattordici chilometri da Stettino. Però tutti gli operai della città venivano quasi tutti a lavorare lì, con i pullman, in treno, venivano a lavorare ad Altdamm, ad Arnswalde è chiamata quella zona lì, perché la fabbrica era piantata proprio in mezzo a una pineta, alta venti- 87 venticinque metri. Un bosco di querce. I bombardamenti sono venuti il lunedì di Pasqua e due giorni prima, la domenica prima, viene un aeroplano, uno solo ed ha buttato giù dei manifestini in sedici-diciassette lingue. Dei quintali sparsi da un'altezza che l'artiglieria contraerea che c'era lì gli sparava ma non ci arrivava. Cosa c'era scritto in questi volantini? Dicevano: «Italiani», leggendo in italiano, perché erano in sedici-diciassette lingue, perché c'erano polacchi, francesi, bulgari, rumeni... «Italiani, per Pasqua abbandonate le officine perché chi non ci sarà lunedi sarà fortunato». Ci hanno mandato a dire di scappare via dalle fabbriche. Allora noi ci si credeva fino ad un certo punto, se è possibile che siamo in guerra, vengono per colpirci e ci avvertono di scappare. Una cosa un po' assurda. Viene la domenica, la domenica non si lavora, e tutti eravamo a fare le nostre cose. Io o facevo il calzolaio o mi lavavo la camicia; così le mie faccende di casa le facevo. Avevamo la lavandaia che veniva, ma io non le ho mai dato un fazzoletto, perché portavano la roba lavata, disinfettata, ma sporca più di prima. Se ci portavano le lenzuola, mi davano quelle di uno che le aveva tinte perché andava a letto con le scarpe, era sporca. Io ci pensavo da solo. Beh, stavamo lì ad aspettare se veniva questo allarme, questi aeroplani a bombardare perché l'avevano detto. Vengono le undici, passa un'ora, passano le tre, non sono venuti. Abbiamo creduto fosse una cosa solo, così, per spaventarci. Al lunedì preciso di Pasqua, venivano su dalla parte di Danzica, da lì a dov'eravamo noi c'era l'Oder e poi il Mar Baltico al confine con l'Inghilterra e c'erano i campi di aviazione americani e inglesi. Ad un dato momento, mezz'ora prima, hanno dato l'allarme. «Ragazzi scappiamo che hanno dato l'allarme». L'officina era nella pineta e dopo il bosco c'era l'agricoltura piana, seminata a patate, segale, piselli, così, più che altro patate. C'era il largo. Allora chi è scappato al largo, non è scappato al largo: perché gli autobus si fermavano lì nel bosco ad aspettare gli operai, che quand'era ora uscivano dalle officine, caricavano gli operai e li portavano alle loro case a Stettino, perché non si poteva abbandonare le case. Una cosa importante questa, Hitler aveva dato ordine ai suoi cittadini di non abbandonare il luogo di abitazione. Non potevano sfollare; diversamente che in Italia era tutto il contrario, qui se qualcuno aveva la casa in campagna andava a vivere in campagna, là ce lo proibivano. Si poteva solo andare al rifugio... Il rifugio non c'era ad Arnswalde non ne abbiamo fatti, si scappava alla campagna larga. Quando ci sono stati i bombardamenti sono scappato proprio al confine tra il bosco e la pianura. C'era una pianta grossa, che ci volevano cinque persone, di circonferenza grossa, e quando, da lontano, ho visto gli aeroplani, che sembravano farfalline, luccicanti, e stavamo guardando «Mah, ci bombarderanno?». Venivano su proprio come veniva il treno, lungo la ferrovia. Quando sono arrivati lì che hanno scoperto questi capannoni, con una precisione, c'era la ferrovia che passava lì a cinquecento metri, c'era un cavalcavia con un casellante, una donna, non so se faceva servizio anche suo marito. Un cavalcavia per dare passaggio all'officina ed al resto di fuori. Beh, dall'altezza di duemila metri piomba una bomba su quella casupola, il casello ferroviario. Hanno centrato prima il casello perché era distaccato dai capannoni di cinquecento-seicento metri, ma quando sono arrivati ai capannoni ci hanno fatto una croce, così come questa tavola. Mi è passato un colpo così, e sono planati giù, e io ero là al margine del bosco: volavano via dei pini grossi e persone che sembravano barbagianni, sembravano falchi. Hanno fatto un'altra svol- 88 ta. Ho detto «Ci siamo salvati» quando hanno bombardato la prima volta. Poi vedo che tornano indietro, fanno un cerchio di due chilometri o più – ce ne saranno stati trecento – e un colpo di qua e un colpo di là hanno bombardato tutto, non c'è rimasto niente, non uno in piedi. L'officina, dopo, era un mucchio di rottami. Ci hanno dato un badile per uno, per sgomberare un po'. Di morti ce n'è stati... adesso non so dire perché dei nostri molti sono scappati, ma ce ne sono stati. Un centocinquanta, così, dei feriti saranno stati anche di più, duecento. Dopo questi bombardamenti lei è andato a Berlino? Sì, dopo circa una settimana, dieci giorni, ci hanno divisi per gruppi, una parte li hanno divisi nelle campagne. Nei dintorni delle campagne c'erano delle fattorie, in ogni fattoria ci mettevano uno di quei gruppi lì a fabbricare un pezzo di motore come quello che si faceva nella fabbrica. Così, quegli altri operai che lì erano rimasti senza lavoro... noi ci hanno mandato a Berlino. Alla Mercedes sempre? Sì, alla Mercedes Benz. La Mercedes Benz a Berlino quando siamo arrivati in treno, che è nella periferia la fabbrica... adesso mi ricordo come si chiamava quella fabbrica dove c'era la Mercedes, Marvenfeldt… tutte le case erano con le fondamenta per aria ed il tetto giù. Berlino era tutta macerie quando ci siamo stati noi, immaginate lo spavento di noi operai «Ma dove ci hanno portato?». Quindi non dovevate lavorare nella città che era stata bombardata? La città era stata tutta sconvolta, però la fabbrica era ancora in piedi, era l'unica rimasta in piedi in tutta Berlino. Arriviamo in stazione, ci fanno scendere, mentre scendevamo arriva l'aviazione anglo-americana a bombardare e da lì ci hanno portato in un sotterraneo, in un palazzo che aveva lo scantinato sotto. Ci hanno porto lì, intanto che passasse l'incursione. Hanno bombardato ma la fabbrica non l'hanno toccata, forse non l'avevano ancora scoperta. Fatto sta che ci hanno portato in fabbrica, nelle nostre capanne, quelle destinate a noi, le solite capanne, a fianco ce ne erano tante bruciate. Comunque lì si stava peggio? Venivano due volte al giorno a Berlino a bombardare. Venivano dalle nove all'una del mattino, dopo venivano alla notte alle undici erano lì di nuovo, e guai ad abbandonare la casa, il cittadino tedesco, noi dovevamo restare lì. E tutte le volte che venivano a bombardare, noi – al pomeriggio che si veniva a casa dal lavoro alle cinque, era ancora giorno – andavamo a vedere dove avevano bombardato. C'erano delle file di camion per dei chilometri, carichi di morti e feriti tutti i giorni; quelli di notte non si vedevano perché di notte non ci andavamo. Quindi lavoravate solo al pomeriggio in pratica? Ma non si lavorava più. Non c'era il tempo di dormire, non c'era il tempo di mangiare, non potevamo stare sulla branda. Avevamo le brande, però non ci levavamo le scarpe, perché se devo alzarmi, devo scappare… se stai lì c'è pericolo che bruci tutto. Dovevi scappare alla larga, fuori. Perché di lì in periferia a un paio di chilometri c'erano già i campi tutti lavorati, e allora andavamo là, nei campi; là in mezzo c'erano anche i camminamenti. I camminamenti sono come dei piccoli vicoli fondi due metri, dove ci si può riparare dalle schegge; da una 89 bomba, no. Da là si guardava il bombardamento, si vedevano le bombe cadere giù. Delle volte, mentre scappavamo, ci pareva che le bombe ci cadessero giù, in testa, a noi, che le stavamo guardando. Potevano cadere a dieci, venti, trenta metri ed anche sopra. Ma erano bombardamenti a tappeto, ci si salvava nelle buche di dieci-quindici metri di larghezza. Perché bombardavano il metrò – perché c'era anche allora la sotterranea – dal di sopra andare alla ferrovia sotto c'erano dieci metri di profondità, di terra, terriccio, cemento, perché c'era la «metro» sopra e sotto. Beh, nella metro sotto c'era tanta gente delle città che scappavano nella «metro», ma delle volte le bombe, quando cadevano – quelle di duecento chilogrammi – non arrivavano a colpire quelle persone; ma con una bomba di due tonnellate non c'era niente che tenesse, faceva un buco che arrivava fino alle rotaie. E in queste condizioni, quanto c'è rimasto? Ci sono rimasto fino all'agosto del 1944, quando sono venuto a casa. Ma dopo, quando mi hanno riconosciuto inabile al lavoro, perché io sono venuto a casa prima che finisse la guerra – sono venuto a casa nel '44, la guerra è finita nel '45 – mi hanno mandato all'ospedale. Ho marcato visita, mi hanno riconosciuto inabile al lavoro, però non mi hanno voluto mandare a casa. A Berlino mi avrebbero mandato a casa subito, ma io dipendevo da Arnswalde, da Stettino, da quei sindacati là. Allora, mi hanno mandato là, a Stettino, dove c'era un medico gobbo che mi diceva: «Ma tu vuoi andare a casa per questo?». Mi avevano trovato un'ulcera gastrica, la gastrite ce l'avevo anche prima di andare via. Là, due ragazze, mi hanno detto «Poveretto quant'è che state qua da noi?» gli ho detto «Tre anni» e mi hanno fatto subito «Nix Arbeit? Italien» e allora quando mi sono sentito dire così mi si è aperto il cuore. Quindi da Berlino la volevano mandare a casa; a Stettino no... Non mi volevano mandare a casa, però io ero inabile al lavoro e non ho più lavorato. È stato ancora là? Sono stato là un mese o due, non di più. Io ho fatto lo sciopero della fame, non mangiavo più, ero diventato così. Non facevo mica fatica a non mangiare, perché era un mangiare che io non riuscivo a mangiarlo, perché non l'ho mai mangiato, neanche prima. Perché io vendevo il fumare, vendevo il fiasco del vino che mi mandavano dall'Italia, lavoravo da calzolaio, avevo i soldi per comperare tutte quelle materie che mi mancavano, come le uova, la farina, lo zucchero, le patate le trovavamo lì sul posto in campagna. Tutte le domeniche venivano quei lavoratori italiani che lavoravano nelle campagne, e allora lì passava il lager-führer passava sempre, il capocampo tedesco che era interprete da noi ai tedeschi, era un trentino, ma era più tedesco che italiano. Allora, io lo fermavo, l'ho fermato due o tre volte: «Guardi io sono malato, non voglio morire qui perché ho una famiglia a casa!». Perché, quello che diceva quello lì lo ascoltavano, perché sapevano di parlare con uno che teneva per loro. «Ma caro Gatti, io non so cosa farci, sono i sindacati che prendono queste decisioni» «Guardi ho quaranta pacchetti di sigarette, glieli do tutti». «Ma non è questione di sigarette...». Ma io sapevo che se lui diceva che mi mandassero a casa, mi mandavano. Da quella volta lì, per tre o quattro volte che l'ho fermato, mi ha sempre detto che non poteva. Quella volta che è passato Calanchi – che era un italiano che non comandava niente, quello di Castelnovo Sotto (Reggio Emilia) – allora ci ho dato un'impressione da matto, non più da uomo normale. Si vede che lui è andato da quell'interprete e gliel'ha detto. Fatto sta che prima di mezzogiorno arriva un gerarca del sindacato: «Dov'è Gatti?», «Sono qui», «Vieni là che ti facciamo i 90 documenti per rimpatriare». Mi hanno aperto il cuore. Sono andato subito nella mia baracca, avevo della farina, dell'olio, ho fatto un bel cabaret di torta fritta (gnocco) da mangiare lungo il viaggio, che poi l'han mangiata qui quando sono venuti a casa quei ragazzi della mia baracca: toh! io vado in Italia, abbiamo fatto una festicciola. In quel periodo che è stato a Berlino e poi ad Arnswalde riusciva a mandare a casa notizie? Non era regolare la posta, neanche i vaglia che si mandavano non erano regolari. I vaglia che si mandavano non arrivavano come normalmente si faceva nei primi tempi. Allora ci pagano, si fanno i vaglia, con questa mano te li danno, con quest'altra se li prendono. Ho tentennato un po' a mandare a casa i soldi, perché non avevo fiducia che arrivassero e mi scrivevano da casa che non avevano ricevuto i vaglia, e allora niente sono stato un po' senza mandarli, e invece sono poi arrivati quelli che avevo mandato e non ne è andato perso neanche uno. Anzi, c'è stata una certa regolarità di mandarli, non di appropriarsi anche del vaglia, come pensavo io. Quindi lei è tornato a casa di preciso? Sono tornato a casa… mi avevano dato dei certificati tutti i documenti con cui potevo entrare in Italia. Ma a trovare la strada non ci riuscivo. Lei doveva tornare a casa per conto suo? L'ha fatto in treno? Sì, in treno. Ho preso il treno da Arnswalde direttamente per Berlino. Anzi, sono dovuto andare a mettere il visto a Stettino, che era la centrale dei sindacati, dove c'era il capo che metteva il visto. Ma Stettino era un mucchio di rottami, non si capiva più dov'eravano le strade. In una strada avevano bombardato questa colonna di case, c'erano le case ai due lati, una città bella, ma era tutta bombardata e avevano praticamente chiuso tutte le strade. Io volevo andare là, ma non ci riuscivo. Allora, c'era uno di Modena che faceva il contrabbando di pane, di sigarette, di vino. Lui lavorava poco, solo il contrabbando e rischiava la vita a fare quel mestiere: «Gatti, non pensarci che ti conduco io fino al visto». Partimmo da Arnswalde, io avevo due valige lunghe così, piene di stracci perché io volevo portare a casa tutto. Allora, lui ne prende una, io l'altra e ci infiliamo verso Altdamm, verso la stazione di Arnswalde. Nel tragitto suona l'allarme, si sentiva già il rumore degli aeroplani che arrivavano; fa «Sono qua che vengono!». Io ero così entusiasta di tornare a casa... dice: «Tu fai come vuoi. Se tu vuoi andare a casa… c'è il caso di rimanere bombardati anche in stazione». Eravamo a metà tragitto, alla stazione mancavano due-trecento metri. «Se stiamo qui forse ci salviamo, perché se bombardano la stazione...», «ma chi lo sa se bombardano o non bombardano». «Se vuoi andare, io ti accompagno anche a rischio di rimanerci». E siamo andati, e non ci hanno bombardato. Siamo arrivati a Stettino, con il treno da Arnswalde. A Stettino il treno faceva degli scrolloni perché bombardavano a destra e a sinistra, chissà dove bombardavano, sugli obiettivi scelti. Arriviamo a Stettino, e giù dentro al rifugio, perché a Stettino, subito fuori dalla stazione, c'era come una montagnetta alta centocinquanta metri: in fondo ci avevano scavato una galleria, che era il rifugio della stazione. Siamo stati lì due ore, perché loro circolavano sempre lì nelle vicinanze e così... Da Stettino ho preso il treno per Berlino e arrivo in stazione. Già qualcosa di tedesco l'avevo imparato, non lo sapevo, però lo capivo, mi difendevo lo stesso, ma ho dovuto correre, perché a Berlino c'è la stazione sopra, la stazione sotto, gli uffici sopra e sotto, tutte le rappresentanze degli Stati, italiano e degli alleati della Germania… con due valige così come avevo non potevo andare... 91 Quanto ci ha messo a tornare a casa? Sono partito da Berlino alle cinque del pomeriggio, alla mattina presto, che avevamo viaggiato tutta la notte, mi trovavo a Innsbrück, in Austria. Il nostro treno non è mai stato bombardato. A Innsbrück sono sceso, dovevamo mettere il visto delle ambasciate per entrare in Italia, era il confine! Bé, ho messo giù le valige lì, in stazione «e adesso come faccio con le valige?», perché portavano via tutto, c'erano dei trafficanti che portavano via le valige, rubavano ai soldati – anzi, quando scesi io c'era una tradotta di soldati tedeschi che andavano dal fronte francese al fronte russo, perché sul fronte russo le cose andavano male, e in Francia non erano ancora sbarcati – in maniera che metto lì le valige, prendo il coraggio – in stazione, in balìa di tutti perché nessuno sapeva di chi fossero – e sono andato a piedi all'ambasciata per mettere il visto per entrare in Italia. Quando torno se le trovo le trovo... perché le ambasciate a Innsbrück erano fuori dalla stazione, lontane un chilometro e forse più. Dopo, messo il visto, torno in stazione e la prima cosa che ho fatto ho guardato se le mie valige c'erano ancora. E c'erano ancora. E dopo da Innsbrück a casa quanto ci ha messo? Sono venuto a Trento. Ma quando siamo arrivati a Trento il ponte era rotto e il treno non passava, allora lo hanno fermato e abbiamo dovuto aspettare che aggiustassero la ferrovia per riprendere il viaggio per Verona. Abbiamo aspettato sei-sette ore o anche di più; avevano puntellato il ponte, siamo passati a passo d'uomo e siamo arrivati a Verona. Quando siamo arrivati c'era un caldo che si bolliva, e là c'era un freddo... io sono venuto con un paltò grosso, di là in luglio ci voleva il paltò. Allora lei è venuto in Italia in luglio? In agosto. Nell'agosto del...? Nell'agosto del 1944. Da Verona volevo prendere il treno per Bologna-Modena-Reggio Emilia, ma anche lì il ponte sul Po era rotto. E, allora, è passata una tradotta di soldati tedeschi, si è fermata, io prendo le mie valige e monto su. Non si poteva, se ti vedevano ti buttavano giù come un cane. Io butto su le valige e mi son nascosto. Quando è passata la ronda, a guardare, io sono saltato fuori non potevo stare sempre nascosto, e gli ho fatto vedere i miei documenti. Volevano buttarmi giù a metà strada. Gli ho fatto vedere il certificato medico, tutti i documenti in regola, ma un civile con dei soldati non ci poteva stare… in maniera mi hanno lasciato stare. Sono saltato giù a Milano. A Milano dovevo prenderne un altro per Piacenza, Parma eccetera. Ho preso il treno fino a Piacenza, e a Piacenza, anche lì, c'è l'interruzione del ponte, non si passa, però il Po era basso e c'era un traghetto di barche, bisognava fare duecento metri, e il treno si è fermato a duecento metri dal Po. A piedi sono venuto con queste valige, sono passato di là, al barcaiolo ho dato una mancia, ma di là ad andare sulla via Emilia c'era un bel pezzo, le valige non riuscivo a portarle. Ho trovato uno lì, con un carretto, «Buttala un po' qui» e una l'ho portata io, sono arrivato sulla via Emilia. Quando, sono sulla via Emilia che mi porta a Reggio, c'era il via vai di automobili tutte militari, dei camioncini tedeschi, ed erano sempre pieni così. Sono montato 92 su di un camioncino di fortuna, un camion di tedeschi che andava a Bologna. Gli ho fatto capire che ero ammalato, che venivo dalla Germania, che ero un operaio, gli ho offerto delle sigarette ma non le volevano, ne avevano. C'erano in tanti: «Non vedi che non so come fare a caricarvi tutti?»; si vede che era un soldato cosciente, in maniera che ero ammalato e mi hanno preso su. Monto su con le mie valige e sono arrivato a Sant’Ilario. Poi da Sant’Ilario è andato a casa...? Quando sono stato a Sant’Ilario, butto giù le valige che sembravano due sacchi. Il primo che ho incontrato è stato Bruno Ferrari, il marito di una maestra che stava vicino a noi, perché mi avevano già dato per morto parecchie volte, perché si mandava la posta che non arrivava, e gli era venuto il sospetto: «È tanto che non scrivi...», «Beh, adesso sono qui, andiamo a casa». Va da Montanari, che aveva una bottega di ferramenta, per vedere se ci dava una bicicletta per andare a Praticello. Non ce l'ha data per paura, chissà... E come è arrivato a casa? Le valige le ho lasciate lì, son montato su con lui in bicicletta, sulla canna e mi ha portato a casa. Leonardo Rossi Come si chiama e dove è nato? Io mi chiamo Rossi Leonardo e sono nato a Taneto di Gattatico. In che anno? 1916. I suoi genitori che mestiere facevano? La mamma era la donna di casa, aveva tanti figli, ne aveva otto, si immagini lei. Il babbo faceva un duro mestiere, non saprei come chiamarlo meglio cioè lui qua... mi sembra anche in italiano, se non erro, «ghiaino». Faceva la ghiaia a quei tempi per le strade, che doveva essere di un determinato calibro. E lei che mestiere faceva? Beh, uno dei più umili, il garzone. Un po' ho fatto il garzone da cantiere, un po' ho fatto il garzone da contadino fino all'età di andare a militare. In Germania in che anno è andato? In Germania sono andato via il 14 aprile del '38. È andato via perché non si trovava lavoro? Siamo andati via reclutati tramite il sindacato, abbiamo fatto un lungo viaggio. La poca esperienza che si aveva... per lo meno io non ho dato importanza al disagio alla fatica del viaggio; avevo poi ventun anni, non ne avevo quasi settantata. Ho capito, ma qua in Italia di lavoro non se ne trovava quando è partito? Beh, era difficile trovare un lavoro come il mio prima di andare via, cioè prima di andare 93 militare, ho fatto cinque o sei anni da garzone da contadino. Ci dovevo andare diciamo a metà prezzo, o forse meno. Qua in Italia? Qua, parliamo dal '33-34 al '38. E in Germania avevate un buon salario? Per lo meno avevamo un salario che era superiore, direi, del doppio. Non parliamo di cottimo, perché nel loro contratto era supplementare, direi quasi il doppio che in Italia, come tariffa... Come tariffa oraria? Come tariffa oraria, annuale, mensile o quello che era. I soldi voi potevate mandarli a casa tramite... Noi potevamo mandare a casa tutti i soldi che si voleva. E il contratto di che tipo era? Era stagionale? Stagionale. Siamo partiti di qua, da Praticello, con un contratto di lavoro che sino a fine campagna, valeva dire a dicembre, non si poteva troncare il contratto. Disattendere il contratto voleva dire perdere per l'anno dopo la possibilità di tornare indietro. Quindi, cos'era di sei mesi? La durata non la ricordo bene, ma se non erro era di sette mesi, di più se c'era del lavoro. Cioè il datore di lavoro era obbligato a dare sette mesi di lavoro. E lei, quand'è andato in Germania che lavoro faceva? Il contadino, lavoravo la terra... la stalla... Dove l'hanno mandato? A me sembra la Sassonia, perché eravamo ad Hannover a nord della Germania [Bassa Sassonia, ndr]. Io ho potuto conoscere perché ero un ragazzo a cui piaceva girare, avevo fatto delle amicizie, ero uno sportivo... ho potuto conoscere Braunschweig, Fallersleben, Goslar, Hildesheim, Salzgitter... Berlino, la famosa partita del 2 ottobre del '38 ItaliaGermania con due a zero, l'ho vista. Io ero uno sportivo. Là dove vivevate? In case oppure in baracche? Il primo anno siamo stati accolti troppo bene. Il secondo, anno... dico quello che penso – visto l'egoismo degli italiani – ed allora si sono limitati anche loro un po' di più di essere generosi. Perché erano veramente generosi. Cioè è stato nel '39? È tornato nel 39? Nel '39 sono tornato ed ero in squadra, ed in squadra è tutta un'altra cosa, con tutti i ragazzi di Praticello fra i quali, appunto, il conoscente Amilcare Boni, il «Patan», Melli, Tondelli, Tagliavini... Invece il primo anno era andato singolarmente? 94 Singolarmente, però abbiamo avuto la fortuna di essere in un paese e c'eravamo in cinque o sei, qua del comune. C'era Remo, Melli, Amilcare, c'era il povero Pannella.. poi c'era Tondelli, Tagliavini. Insomma, tutti raggruppati in questo piccolo paese. Oltre quelli di Praticello c'erano italiani anche di altre parti? Ce n'era uno di Fabbrico, ma sempre della provincia qui di Reggio. Delle altre province non ne ho conosciuto sia nel '38 che nel '39. Comunque voi eravate in un'azienda agricola e vivevate nella casa, nell'azienda? Sì. Quindi avevate la casa in muratura, non erano delle baracche? No, io avevo una stanzetta abbastanza ordinata, la signora me la teneva ordinata perché il contratto prevedeva vitto, alloggio e via, solo che agli indumenti dovevo pensare io. Alla pulizia degli indumenti dovevo pensare io. E lei come si trovava in Germania, in questa nazione diversa dall'Italia? Così come contatti con i tedeschi, ad esempio...? Io sono sempre stato, fin da ragazzo... mi piaceva poco vivere sulle spalle di un altro. E quando li vedevo che offrivano, e io con il mio salario non potevo offrire quello che offrivano loro, cercavo di non essere in mezzo a quella combriccola che spendeva i propri soldi in... ma i cittadini tedeschi si offrivano sempre di dare, dare mai chiedere. Quindi, eravate trattati bene. Io posso dire che sono stato trattato bene. E come divertimenti, come amicizie che lei può aver fatto? Il divertimento di un giovane di vent'anni era il ballo, in più io avevo questo hobby dello sport. Quando uno andava dentro in una festa da ballo si era trattati bene. Si aveva della buona compagnia, ma la rigidezza la adoperavano per loro ma anche per noi. Uno entrava in una sala non c'era la biglietteria, si entrava in ballo, tendevano una corda, facevano un recinto poi dentro facevano pagare e attaccavano come una gemma, che voleva dire che si era pagato. Ma se lei entrava in una sala solo per stare in compagnia e per sentire la musica, non pagava. Voi avevate conosciuto anche degli italiani, emigrati che lavoravano nell'industria? Oppure quella zona era prevalentemente zona di contadini? Ho conosciuto una zona distante da noi circa cinque chilometri, il famoso Fabrik della automobile a Fallersleben. Ci ha portati il padrone quando è stata inaugurata questa famosa Fabrik e c'era proprio Hitler in persona, e io ho avuto il piacere... le dico anche se è stato quello che è stato, lei mi sta facendo un'intervista e io le dico... ho avuto il piacere di vederlo perché ero a venti metri dal palco dov'era. Per me oggi, ieri è sempre stato quell'uomo rigido, serio, imponente... Dopo, della gente che lavorasse... In seguito, quando hanno cominciato la fabbrica, mi sarebbe piaciuto andare dentro lì, e avevo fatto i miei giri, e lì ho incontrato circa un migliaio di italiani, muratori che stavano 95 costruendo questa fabbrica. E lì guadagnavano quasi il doppio perché... il doppio dell'agricoltura, perché l'agricoltura è sempre stata un po' così, cioè la manodopera... Sì, perché come contadini vi davano anche dei prodotti? Cioè, vi davano la paga oraria, poi vi davano anche prodotti alimentari? Noi avevamo la cucina a carico del datore di lavoro. E questi operai edili, come stavano? Loro avevano una mensa, stavano molto meglio. Non vivevano come noi nelle case, ma nelle baracche, delle vere e proprie baracche... sarei curioso di averle viste anche qui così. C'era una precisione, una disciplina che lei non può immaginare. Allora erano pulite, erano baracche vivibili? Per l'igiene dobbiamo imparare molto, non parliamo individualmente. In generale, abbiamo da imparare molto dai tedeschi. Quindi anche questi operai stavano bene anche quando vi trovavate, e discutevate di come vi trovavate? Come operai italiani, le dico, io ci sono andato parecchie volte dentro questa Fabrik, mi sono incontrato con operai della bassa, più che altro erano di Pesaro e giù di lì, degli emiliani ce ne sono stati pochi. Gli emiliani dicevano che erano, ma era troppo lontano per andare a far visita, erano circa un cinquecento, quel famoso paese di cui le ho appena parlato prima perché ci sono stato a giocare una partita al pallone e c'erano centoventi chilometri, allora non si poteva prendersi su e andare a fare queste gite. Dov'era lei, avevate anche gente deportata dalla Polonia, non so... che lavorava nei campi? Allora dobbiamo andare nel '39. Nel '39 eravamo in questa grande tenuta, non ricordo bene le migliaia di ettari che erano... c'eravamo noi che eravamo una squadra di trentaquattro italiani, poi c'era una squadra di circa cinquanta cecoslovacchi ed una squadra di ottanta polacchi, quasi tutte donne. Però loro lavoravano sempre distanti da noi. Noi si faceva dei lavori più fini, non per elogiare gli italiani, ma io mi sento italiano, e noi si faceva dei lavori più fini; in agricoltura ci sono anche dei lavori tecnici, fini da fare, e noi più che altro si faceva quei lavori lì e ci si trasferiva da una parte all'altra. Forse li tenevano isolati, cioè voi eravate emigrati volontariamente... Ecco, io penso anche questa, perché ogni squadra aveva il suo capo che lo chiamavano chef dell'équipe, ed era difficile che uno di una squadra venisse ammesso in un'altra squadra. Quindi di grandi contatti con queste persone non ne avete avuti? Beh, nel '39 si sono avuti contatti con queste persone che abitavano lì nella tenuta, come un piccolo villaggio dove c'erano delle famiglie cecoslovacche, delle famiglie polacche, delle famiglie rumene. Lì si erano fatte delle amicizie, delle conoscenze... Lei ha parlato prima dei capi-squadra, io so che venivano mandati anche degli interpreti allora. Questi personaggi com'erano, erano persone più avvantaggiate di voi sotto certi 96 aspetti, oppure come modo di porsi nei vostri confronti erano autoritari? L'interprete che partiva dall'Italia, ma non incluso nella squadra, faceva da interprete per gli italiani distribuiti in una determinata zona singolarmente. Ne avevano bisogno per qualsiasi chiarimento e il padrone era costretto a chiedere al sindacato l'interprete. Abitavano dove abitavate voi, oppure non so nei consolati? Non so. Io ho avuto occasione solo nel '38. Credo che abitasse a trenta-quaranta chilometri da lì. Erano isolati... Sì. Il suo mestiere era solo quello, cioè di fare da interprete... Non le so dire proprio con precisione... ma non ci credo. Perché, io parlo del '39, son partite le squadre dall'Italia con gli uomini che erano dei volontari, che hanno saputo imparare la lingua un po' meglio degli altri. Quand'eravate là che problemi avevate, oltre a quello della lingua? So che c'è un clima abbastanza infelice... Beh, il problema del clima c'è stato specie nell'autunno. Io l'autunno del '38 non l'ho provato, perché come le ho detto alla fine di ottobre mi è venuto a mancare il babbo, lì è stata la cosa più generosa che un padrone poteva fare. Nel '39 ho avuto invece, proprio questo problema del clima. Noi italiani non eravamo preparati, non avevamo la possibilità di avere degli indumenti adatti al nord della Germania. Quindi noi siamo partito dall'Italia con una sahariana di tela e là non poteva certo bastare con le intemperie che ci sono ad Hannover. Ecco, lei è stato in Germania nel '38 e nel '39. Anche in seguito? No. In seguito io sono stato richiamato a fare il militare e non sono più riuscito a tornare indietro, malgrado che il mio padrone avesse mandato un contratto telegrafico direttamente all'esercito a Bologna. Ha mandato al mio reggimento direttamente a Bologna un contratto telegrafico per avere l'esonero, ma non mi è stata concessa, perché era poco tempo che era stata sospesa questa legge degli esoneri. Qualche ricordo particolare di quel periodo? Un ricordo particolare è quando mi è venuto a mancare il babbo. Ero in questa campagna, mi è capitato là questo padrone, impersonalmente mi chiama e mi ha fatto capire qualche cosa, poi mi ha detto: «Prendi su la tua roba, e vieni a casa». Io parlavo abbastanza bene il tedesco, perché erano sette mesi ... c'era qualcuno; c'ero io, Amilcare, e Gandolfi Nando, che in tre mesi era diventato un interprete spaccato, e mi difendevo bene anche io. Allora mi sono difeso abbastanza bene con il padrone. Mi ha detto «Va a prepararti, fa il bagno, prendi tutta la tua roba...». Così ho fatto il bagno, mi sono cambiato, sono andato dove c'era il palazzo mi ha ricevuto e c'era già pronto un cesto di roba per il viaggio, per una famiglia intera. Poi mi ha accompagnato personalmente dove c'erano i sindacati, a ottanta chilometri. Di lì, ha parlato tutto lui, e sono stato consegnato in mano a loro, mi hanno portato in stazione e mi hanno detto: «Adesso tu prendi il treno per Hannover. Come scendi ci sarà chi ti viene a prendere». Prendo il treno a Goslar per Hannover. Come scendo mi sento 97 chiamare: «L'italiano Rossi Leonardo...», mi fermo sul marciapiede e arrivano due SS, mi hanno salutato come fossi un generale, mi hanno preso i miei bagagli e mi hanno portato in una sala ristoro. Dopo poco mi hanno portato il caffè e mi hanno detto: «Tu rimani qua. Quando arriva il treno ti veniamo a prendere noi». All'orario del treno sono venuti a prendermi e mi hanno spedito a Monaco di Baviera. La medesima cosa che è avvenuta da Goslar ad Hannover è avvenuta a Monaco di Baviera. Mi hanno spedito per il Brennero; quando sono arrivato al Brennero sono arrivato dentro a una pattumiera. Quando lei pensa che ho fatto dodici ore di viaggio dalle sette della sera alle sei del mattino, dal Brennero per arrivare a Sant'Ilario d'Enza, quattrocentosettanta chilometri, dalle sei del mattino sono arrivato alle cinque dell'altro mattino ancora. Qua non si può più viaggiare nei treni speciali, qua bisogna viaggiare in economia. Ma la più bella è questa, sono arrivato a casa....è morto mio padre, ho cinque sorelle, un fratello più giovane di me... ho i soldi in viaggio, col vaglia, non posso pagare il biglietto a debito del comune del Brennero; il Brennero lo manda qua, qua mi mandano a chiamare dopo due mesi che se non riesco a pagare entro una tale epoca, mi mandano il sequestro a casa. Il biglietto non l'ho ancora pagato però... Poi è riuscito ad arrivare a casa normalmente? Sono arrivato a casa in tempo, il babbo non lo avevano ancora... c'era ancora del tempo... Ho fatto in tempo a vederlo. Mi diceva prima che anche sua sorella è andata in Germania? Quando? Sì. Nel '41. È andata sempre nello stesso posto? Nello stesso posto dov'ero io. Siccome era arrivato il contratto coi nominativi e io ero già militare, allora il sindacato ha pensato di sostituire il mio nome con quello di mia sorella. È andata solo quell'anno o ha continuato? No, lei c'è andata solo quell'anno. Dopo, la guerra... ce ne sono stati tanti che non sono più andati. C'era fra di voi qualcuno che, non dico facesse dell'attività politica contraria ai fascisti o ai nazisti, ma a cui non andasse bene il regime... oppure proprio perché eravate immigrati per ragioni di lavoro, c'era molta più attenzione al lavoro, e ci si interessava poco della questione? Le dico nel '38 ci siamo trovati in quel paese, io non li conoscevo bene quando siamo andati via, là abbiamo fatto una stretta amicizia con tutti questi. Non mi sono mai accorto che... di politica... Posso anche dichiararle questo, io nel '38 malgrado i miei ventuno anni non sapevo distinguere cos'era politica da un tema... sapevo distinguere l'aritmetica perché ero molto forte ma il rimanente... sapevo solo del lavoro, il più pesante e il meno pesante. Era giovane.... Ero giovane, avevo un padre che la pensava... è sempre stato antifascista, diciamo, la pensava differentemente, però sono convinto che mio babbo non è mai stato collegato con la politica qui in Italia, era così lui individualmente. 98 Questa storia dei campi di concentramento che là si sono trovati dopo la Liberazione, voi ne avete sentito parlare, vi siete accorti che ci fossero oppure no? A questo riguardo io credo che a quei tempi in Germania si parlasse solo di lavoro perché anche allora i tedeschi non parlavano di politica, loro erano disciplinati e niente altro. Guai se si andava fuori e si incontrava un cittadino tedesco se non si faceva il loro saluto. Ma quando nel '39 ci furono questi deportati polacchi, li trattavano differentemente da voi, li trattavano peggio? Nel '39 io ho conosciuto un po' questa occupazione della Germania nella Polonia, l'abbiamo conosciuta subito, nel razionamento del mangiare e niente altro. Io non ho conosciuto nessun prigioniero polacco, non sono al corrente che vi siano venuti dei deportati da là. Quelle squadre che diceva, per quanto poteva vedere lei, erano trattate normalmente? Quelle squadre che c'erano sono state trattate bene, lì nel villaggio dov'eravamo ce n'era tre o quattro famiglie, polacchi che era da anni che erano lì ma penso che avessero quasi la cittadinanza tedesca. Erano trattati bene. Si è visto specie dal sesso debole, la donna quando ha visto la sua nazione in guerra certo ha pensato ai suoi familiari, ai suoi parenti, si è vista qualcheduna con le lacrime agli occhi però si è rimessa. Quelli del villaggio venivano a lavorare con noi e non c'erano dei problemi. Quindi la data precisa di quando è tornato a casa nel '39? Il 12 dicembre del '39 Il suo viaggio non ha avuto difficoltà? No... Era in gruppo quando è tornato a casa? Sì. Ero in gruppo. Io ho tentato di rimanere là, proprio nel '39 e c'era un fornaio che veniva a rifornirsi da noi e mi aveva chiesto... e io gli avevo detto «Io ci rimarrei volentieri, se mi lasciano». Ma purtroppo quando mi sono presentato dal padrone che era un uomo abbastanza cosciente mi ha detto: «Guarda tu sei un agricoltore e devi rimanere un agricoltore perché sei uno straniero, non ti possiamo passare di qualifica. Tu vai in Italia, ti fai mandare dal fornaio un contratto se lui lo riceve dai sindacati, torni indietro e vieni a fare il fornaio». Qualche altro ricordo? Ricordo della fortuna che ha avuto Gandolfi; agricoltore come me, parla molto bene il tedesco, aveva un patentino di conduttore di caldaie a vapore e da agricoltore è passato nell'industria che si prendeva, è che aveva le mani bucate e non si sapeva cosa si prendesse... a condurre queste caldaie a vapore in fabbrica. Quando capitava lì era un milord. In virtù della sua buona memoria e del fatto che sapeva il tedesco. Per quanto riguarda i contributi che le sono stati versati, come funzionava la questione? Noi avevamo la busta paga e c'erano tutte le trattenute. A me sono venuti meno i documenti nel trasloco. 99 Mi diceva prima che questi contributi del '38 e del '39 li ha avuti... Io personalmente a Reggio Emilia nella mia cartella personale, alla Previdenza sociale ho tanti contributi versati dalla Germania. Agli effetti della pensione percepisco anche quei contributi. Questo capitava per quali anni in particolare? Io ho saputo da Reggio, che tutti i contributi del '38, '39, '40 degli agricoltori sono venuti a Roma. Se l'interessato continua a scrivere in Germania non gli rispondono neanche perché loro non hanno più niente. 100 Postfazione Le interviste qui pubblicate – curate da Silvia Pastorini alla metà degli anni Ottanta e parte della ricca documentazione promossa da Egidio Baraldi – testimoniano dell’emigrazione volontaria di lavoratori italiani in Germania negli anni della seconda guerra mondiale, o immediatamente precedenti. Il loro interesse si consegna soprattutto agli elementi soggettivi, autobiografici, perciò rivelatori di personali processi di costruzione dell’identità e della memoria. Ma non solo. In diverse forme, queste narrazioni non mancano di offrirci riscontri oggettivi, dati di fatto crudi, perentori, la cui attendibilità, pur a distanza di quasi mezzo secolo, si fonda sull’eccezionalità dell’esperienza vissuta (considerata in sé o al confronto con le condizioni di provenienza) e dunque sulla facilmente ipotizzabile reiterazione del racconto, a se stessi e agli altri, lungo gli anni trascorsi. Ovviamente vanno fatte distinte considerazioni sulla testimonianza di don Angelo Cocconcelli rispetto ai racconti di Cilloni, Gatti e Rossi. Non tanto per la differenza di ruolo o magari di consapevolezza culturale, quanto piuttosto perché per i tre lavoratori la migrazione costituì, con tutta evidenza, l’evento esistenziale chiave (i loro Wanderjahre furono a tutti gli effetti Lehrjahre), mentre per il pur giovane don Angelo il fatto decisivo, cioè l’ascolto della vocazione sacerdotale, al momento dell’inopinato viaggio in Germania si era già verificato. Se si considerano le testimonianze dei lavoratori, la vicenda vissuta assume prevalenti tratti di positività, dando luogo a giudizi di apprezzamento, talora di adesione, specialmente nel confronto con la realtà italiana. Riguardo ai comportamenti, innanzitutto: la «generosità» dei tedeschi e «l’egoismo degli italiani» (Rossi); la correttezza dei modi, rispetto ai «nostri» comportamenti chiassosi e senza riguardo: «in un’osteria, in una trattoria, in un albergo, là sembra di essere in chiesa» (Cilloni); la pulizia e l’igiene (ancora Rossi). Elementi «oggettivi», quali l’organizzazione, il trattamento economico, il rispetto dei contratti e la certezza delle retribuzioni si rivelano, agli occhi di precari a vita (braccianti, gar- 101 zoni) o congiunturali (il calzolaio Gatti) gli aspetti più rilevanti e memorabili dell’altro universo. Per Gatti il trattamento economico era «più che buono», il sistema burocratico e postale efficiente e corretto (dei vaglia mandati a casa, contrariamente ai sospetti, «non ne [era] andato perso neanche uno»). L’episodio del ritorno di Rossi in occasione della morte del padre assume a questo proposito un valore per certi versi emblematico: «quando sono arrivato al Brennero sono arrivato dentro a una pattumiera». Beninteso questi giudizi non comportano dismissione del proprio senso di appartenenza e di dignità nazionale: «non per elogiare gli italiani, ma io mi sento italiano» (Rossi). Il rispetto di sé si affida all’orgoglio della propria abilità e competenza: «eravamo rispettati, chi sapeva fare il suo lavoro» (Cilloni); «noi si faceva i lavori più fini; in agricoltura ci sono anche dei lavori tecnici, fini da fare» (Rossi). Dove l’ammirazione sfuma nel sospetto e nella più o meno dichiarata denuncia è sul tema delicato ed ambivalente della «disciplina», di cui vengono colti anche gli aspetti ossessivi e fanatizzati. «Guarda che quando mi saluti io voglio come saluto heil Hitler. Guai se mi dici buongiorno», «negli anni furenti… si andava dal tabacchino e c’era scritto: qua si saluta heil Hitler (Cilloni); «guai se si andava fuori e si incontrava un cittadino tedesco se non si faceva il loro saluto» (Rossi); «un’infrazione alle leggi di là era valida per mandarli in campo di tortura» (Gatti). Sotto questo profilo il più esplicito, anche per il suo più lungo percorso, è Cilloni: la cuoca cui è morto il figlio in Russia non può piangere davanti al borgomastro «perché era morto… al valor militare, il dovere per la nazione, insomma»; «il capo hitleriano del paesino… era un vigliacco, un hitleriano, era talmente convinto di quel che dicevano che lui dava tutto». Il nitido racconto di don Cocconcelli, «cavriaghino» figlio di lavoratori e cresciuto in un ambiente che aveva alle spalle momenti di intenso confronto politico fra socialismo e cattolicesimo sociale, ci esime da ulteriori commenti, poiché ci offre un penetrante quadro della situazione complessiva, fondato sulla cognizione diretta del mondo rurale e proletario italiano, e allo stesso tempo sull’attenta osservazione dell’altra realtà, compiuta non soltanto per dovere di ufficio. È chiaro che, in questo caso, non ci troviamo di fronte ad un resoconto «ingenuo», su cui non abbia avuto peso la riflessione post factum. D’altra parte non bisogna dimenticare che la stessa missione di don Cocconcelli lo metteva nella condizione – e gli imponeva il dovere istituzionale – dell’osservatore. L’interesse di questa intervista risiede quindi specialmente nell’insieme degli elementi informativi, insomma più sul «meditato» che sul «vissuto» (il che non esclude, tuttavia, l’utilità di queste pagine anche per confermare l’immagine di un protagonista della nostra storia, intransigente sul piano dei principi e umanissimo su quello dei sentimenti: «veramente non si poteva non sentire compassione per questa folla, per questa gente che era in queste condizioni»). Per queste ragioni abbiamo voluto che la ricostruzione di don Cocconcelli – equanime, in grado di distinguere nella concretezza le responsabilità e i meriti delle persone – assumesse, nella piccola antologia qui pubblicata, il ruolo insostituibile di introduzione al tema e di ausilio interpretativo. (e.b.) 102 I 1170 civili deportati in Germania dalla provincia di Reggio Emilia Qualche nota introduttiva Nell’estate ’44, quando i tedeschi perdono il controllo dell’Italia centrale e il fronte arriva fino alla Linea Gotica, dilaga una situazione di forte incertezza da parte dell’occupante che scatena reazioni di sempre maggior radicalizzazione sia nei confronti dei partigiani che delle popolazioni appenniniche emiliane e tosco-apuane. Anche in Emilia è proprio in questo contesto che avvengono deportazioni di civili sino allora inconsuete. Così Lutz Klinkhammer sulle pagine di questa rivista (n. 76, 1995). Lo storico tedesco, che al tema delle repressioni e delle deportazioni operate dalle forze armate di Hitler nel nostro Paese ha dedicato un libro, L’occupazione tedesca in Italia (Bollati Boringhieri, 1993), indica in diecimila il numero dei civili deportati in quella fase della seconda guerra mondiale. La provincia di Reggio, con ben millecentosettanta civili deportati e mandati al lavoro coatto in Germania, detiene dunque un doloroso primato. Un dato, questo, che si affianca a quello degli oltre ottomila militari reggiani catturati dopo l’8 settembre ’43 sui vari teatri di guerra ed internati nei campi di concentramento. Oltre ottomila reggiani che rifiutarono la collaborazione o l’adesione alla Rsi e che vengono giustamente considerati, alla pari dei partigiani, resistenti. I due dati sopra riportati, come è noto a chi da anni segue questa nostra rivista, sono il frutto di una lunga ricerca condotta per molti mesi, nei primi anni Ottanta, dall’Istituto reggiano per la storia della Resistenza. Fu un lavoro compiuto in particolare, con passione e certosina pazienza, da Egidio Baraldi, che trascrisse con scrupolo una serie di dati da circa trentamila fascicoli (tratti dall’Archivio Ancr-Aned di Reggio) relativi agli iscritti 103 all’Associazione combattenti e reduci e alle Associazioni deportati (civili) ed internati (militari). Nel corso di tale lavoro vennero anche raccolte diverse interviste, oltre che fotografie e documenti. Alcune delle interviste (come quelle che qui vengono pubblicate) riguardavano un filone, per così dire, collaterale: quello dei lavoratori emigrati in Germania nella seconda metà degli anni Trenta. Sarà opportuno che si arrivi finalmente alla complessiva sistemazione e alla pubblicazione dei materiali raccolti. Anche perché sarebbe il primo caso, in Italia, di uno studio che tendenzialmente coglie l’intero universo dei deportati e degli internati di un provincia. In altre province, del Piemonte in particolare, si sono prodotti studi di grande interesse su tali fenomeni, ma sempre relativi ad insiemi parziali. Rastrellamenti e deportazioni In questa sede ci occupiamo, sia pure sommariamente, dei millecentosettanta deportati civili. Utilizzando una prima analisi compiuta anni addietro da Massimo Storchi, siamo in grado di procedere ad alcune scomposizioni del dato complessivo. Per fasce di età: 207 di quei deportati avevano meno di 20 anni. 636 – il grosso – si collocavano in una fascia compresa tra i 20 e i 39 anni. 304 avevano oltre 40 anni. Di una ventina non si è trovato l’anno di nascita. Procedendo ulteriormente, sappiamo che il più giovane aveva 14 anni, il più vecchio 61 anni. Quanto alla «geografia della deportazione», cioè ai luoghi di provenienza dei deportati, è all’incirca vero anche per la nostra provincia quanto rilevato da Klinkhammer più in generale: cioè il territorio montano è quello che ha subito le maggiori deportazioni se il dato assoluto lo si rapporti alla popolazione residente. Precisamente 689 sono stati i civili prelevati dalle truppe germaniche nella fascia che va dalla collina al crinale appenninico. Per quanto riguarda la pianura, il maggior numero di deportati lo si ha nel comune di Reggio: 282 persone. Ma anche altri comuni minori della pianura, e in particolare della «media bassa pianura», hanno pagato un consistente prezzo. Ciò perché il movimento partigiano, e in ciò sta una caratteristica particolare della nostra provincia, era molto presente e attivo non solo con le bande dell’Appennino ma anche con le squadre sapiste e gapiste della pianura, ivi compreso il comune capoluogo di Reggio. Se poniamo occhio alle date di rastrellamento dei civili poi deportati, notiamo una punta massima tra fine giugno e primi di luglio del ’44 con la cifra di 253. Ciò coincide con il grande rastrellamento compiuto dai tedeschi durante gli attacchi antipartigiani miranti a rendere di nuovo agibile il tratto montano della strada statale 63 del valico del Cerreto. L’arteria era di vitale importanza per il collegamento tra la pianura padana e la Linea Gotica. «Il 30 giugno – scrive Guerrino Franzini – le truppe ammassate a Castelnuovo Monti, con una potente puntata, sfondarono allo Sparavalle». All’obiettivo strettamente militare – antipartigiano – se ne aggiungeva poi uno di carattere, per così dire, economico: prelevare bestiame per l’alimentazione e mano d’opera coatta per l’agricoltura e le industrie della Germania. Ciò che d’altra parte tendeva a ridurre le possibilità di sussistenza delle stesse bande partigiane e il bacino di reclutamento di nuovi «ribelli». In un documento redatto dal generale Flak e relativo al piano di operazione riguardante varie località appenniniche delle province di Lucca, La Spezia, Parma e Reggio Emilia, si legge, infatti, tra l’altro: «Mi interessa particolarmente di spingere verso sud alla linea di chiusura [del rastrellamento, ndr] grossi greggi che si trovano in questo settore ed evacuare la popolazione maschile tra i 15 e i 55 anni». Nelle giornate che vanno dal 30 giugno al 5 luglio ’44 le case di varie borgate vennero date alle fiamme (così, per esempio, a Barazzone, Cortogno, Vercallo, Faieto), sette civili vennero uccisi. 104 L’attacco alla «Repubblica di Montefiorino» L’altra punta alta, ancora riguardante la zona montana, la si ebbe con l’attacco alla cosiddetta «Repubblica di Montefiorino», fine luglio primi di agosto 1944. In sostanza, nonostante i pesanti attacchi, le rappresaglie e le deportazioni di fine giugno-primi luglio, le bande partigiane reggiano-modenesi si erano riorganizzate occupando e gestendo numerosi comuni dell’alto Appennino. Migliaia di soldati tedeschi, forniti di ogni mezzo (autoblindo, cannoni, mitragliere) salirono lungo tre direttrici fondamentali e, aprendosi a ventaglio in vari punti verso l’interno del territorio, si diedero alla caccia degli oltre seimila partigiani che in quella fase si trovavano sull’Appennino, di qua e di là dalla Valle del Secchia. «La mattina del 30 luglio – racconta Caterina Caiti di Roteglia di Castellarano – ero in casa e sento sparare. Vado fuori per vedere cosa succedeva e vedo, al di sopra della strada, i tedeschi che sparavano all’impazzata a dei partigiani che hanno poi ucciso, ed attaccarono fuoco ad alcune case in periferia… Poi vennero alcuni tedeschi a prenderci… siamo stati rinchiusi fino alle ore 12 del giorno dopo poi, noi donne, vecchi e bambini, ci hanno liberati e gli uomini sono stati deportati in Germania dove ne sono anche morti di fame» (in A. Zambonelli, Castellarano dal fascismo alla resistenza, 1982). Roberto Torelli, che nel ’44 aveva 17 anni, fu a sua volta deportato in Germania ai primi di agosto e sottoposto a duro lavoro coatto in condizione di semischiavitù. Venne catturato di mattina nel comune collinare di Viano. «Nel pomeriggio arrivammo a Sassuolo – racconta Torelli (“Ricerche Storiche”, n.64/66, 1990) – vi erano dei recinti dove fu introdotto il bestiame ed un altro recinto per tutti noi nel cortile del castello». Fu poi trasferito con altri rastrellati, in camion, a Verona: «Qui c’erano già in tanti – continua il racconto di Torelli – come noi catturati chi a Villa Fogliano, chi a Villaminozzo, Toano; altri ancora di Parma, e precisamente di Fornovo, Borgotaro, Bardi, Bedonia, e altri ancora delle montagne del Piacentino parte dei quali erano passati da un campo di concentramento di Bibbiano». Le distruzioni, in vari comuni dell’Appennino, furono inaudite e le sofferenze della popolazione montanara si rinnovarono in misura spaventosa. Nel solo comune di Villaminozzo furono distrutte completamente ottocentottantadue case. Distrutto anche il capoluogo di Toano. I raccolti, ovunque, andarono perduti, le popolazioni disperse, in fuga su verso il crinale appenninico, lungo i sentieri antichi dei pellegrinaggi e delle migrazioni. «Ai primi di agosto – racconta un testimone diretto (V. Benassi, Croci di legno nella resistenza) – cominciò l’operazione ritorno… cominciarono a scendere per primi non i tedeschi, ma una interminabile coda di animali … Nell’abbacinante sole estivo, tra il polverone sollevato dalla marcia animale, in un confuso rumore di ruggiti, di belati, di nitriti, di ragli e di urla dei pochi militari tedeschi che controllavano la povera gente che spingeva le mandrie, quello spettacolo dava una stretta al cuore». Passò anche qualche autocarro tedesco carico di biciclette e di attrezzi vari. Cinquecento operai da inviare in Germania Abbiamo già rilevato come tra gli scopi delle deportazioni di civili ci fosse anche quello di procacciare mano d’opera che sostituisse gli ormai enormi vuoti prodotti tra i tedeschi dall’impegno bellico. Vuoti che, come è tristemente noto, furono anche riempiti con milioni di ebrei, prima del loro programmato sterminio. Tra questi ultimi anche dieci ebrei reggiani, arrestati dalla polizia repubblichina ai primi di dicembre del ’43 e consegnati ai tedeschi per la deportazione ad Auschwitz, da dove non sono più tornati. Ma occorreva anche, naturalmente, mano d’opera specializzata. Che a Reggio non manca- 105 va avendo avuto, fino al bombardamento del 7 gennaio 1944, con le «Reggiane», uno dei più grandi e importanti stabilimenti industriali dedicati alla produzione bellica (aerei, proiettili, ecc.). Il 31 luglio 1944 ventun operai convocati con un pretesto dalla direzione delle «Reggiane» presso i propri uffici (posti in Via Toschi, dopo il citato bombardamento del gennaio ’44) e provenienti dalle officine distaccate di Bibbiano e Barco, tutti specialisti del famoso caccia «RE 2000», vennero catturati a mano armata da una ventina di soldati tedeschi, caricati su un camion e spediti in Germania. L’episodio si inquadrava nella direttiva impartita alla direzione della fabbrica reggiana dal capitano delle SS Korper e relativa alla deportazione di cinquecento operai specializzati. «Il capitano Korper – leggiamo nella relazione dell’ing. Vischi datata 22 aprile 1944 – ha detto di essere senz’altro d’accordo che i 500 operai vanno scelti tra i 4000 licenziati [su circa 12.000, ndr], senza per ora comunicare nulla agli interessati». Oltre ai documenti citati, presenti nell’Archivio Istoreco, esistono anche le testimonianze di ex operai delle «Reggiane» che subirono la deportazione in Germania. Testimonianze rilasciate nell’autunno 1945, al momento della iscrizione all’Associazione ex combattenti, reduci e internati. Gino Rosi dichiara di essere stato catturato dai tedeschi in Via Toschi. Dino Mazzuccato precisa di essere stato «attirato in Via Toschi» e che la «ditta Reggiane fu la principale artefice del mio internamento». Per entrambi la data di cattura è indicata nel 31 luglio 1944. Orlando Barbieri dichiara di essere stato «precettato con un gruppo di lavoratori» il 31 luglio 1944. In conclusione con queste sommarie note intendiamo rilanciare l’esigenza di un approfondito studio sul fenomeno deportazione e internamento nella provincia di Reggio. I materiali di base, accumulati in lunghi mesi di ricerche, già esistono. Accanto al tema delle stragi nazifasciste di civili, quello della deportazione e dell’internamento, con le connesse complicità dei fascisti di Salò, merita una seria attenzione, in particolare nell’attuale clima di cosiddetto «revisionismo». Antonio Zambonelli 106 107 Comune Albinea Albinea Albinea Albinea Albinea Albinea Albinea Albinea Albinea Albinea Bagnolo Bagnolo Bagnolo Bagnolo Bagnolo Bagnolo Bagnolo Bagnolo Bagnolo Bagnolo Bagnolo Bagnolo Bagnolo Bagnolo Baiso Baiso Baiso Baiso Baiso Baiso Baiso Baiso Baiso Baiso Baiso Baiso Baiso Baiso Baiso Baiso Baiso Baiso Cognome Barbieri Botti Botti Branchetti Fantini Iori Menozzi Menozzi Tincani Tondelli Bianchini Carboni Carnevali Catellani Dorazio Folloni Gatti Gulon Ligabue Martinelli Menozzi Messori Pergreffi Tamagni Bondi Bonecchi Borghi Caluzzi Costi Favalli Gambarelli Ganapini Lanzi Lasagni Lusoli Manfredini Marchi Messori Montecchi Montecchi Montecchi Monzali Nome Alfeo Analide Giuseppe Pietro Walter Alfeo Armando Giusto Pietro Ennio Mario Silvio Riccardo Enzo Renato Rosa Domenico Aristide Antonio Mario Aristodemo Francesco Carlo Afro Pietro Alessandro Adolfo Lorenzo Giacomo Luciano Mario Gino Eugenio Alfonso Romualdo Primo Domenico Gustavo Fortunato Francesco Giuseppe Enzo Pietro Romualdo Ettore Riccardo Dante Umberto Antonio Aronne Romeo Giovanni Lodovico Anaclerio Guido Augusto Aldo Angelo Giovanni Domenico Italo Luigi Silvio Marco Mario Ivo Giovanni Clemente Celso Alfonso Raffaele Costante Lorenzo Giuseppe Alberto Battista di/fu Francesco Giuseppe Fulgenzio Giovanni Gustavo Giuseppe Luigi 1899 1923 1926 1925 1903 1921 Cl. 1925 1925 1897 1921 1925 1923 1906 1918 1904 1927 1925 1924 1922 1924 1922 1923 1923 1923 1925 1923 1913 1925 1923 1914 1905 1901 1927 1924 1926 1902 1919 1908 1895 1905 1920 Contadino Studente Meccanico Insegnante Operaio Casalinga Operaio Studente Contadino Manovale Contadino Meccanico Meccanico Bracciante Esercente Contadino Operaio Agricoltore Studente Contadino Operaio Contadino Mugnaio Mezzadro Carabiniere Operaio Contadino Contadino Contadino Operaio Contadino Muratore Bracciante Contadino Bracciante Professione Bracciante Sarta Muratore Meccanico Muratore Catturato 23/11/44 Ago.'44 10-08-1944 23/02/44 22/11/44 15/03/44 1-02-1944 7-07-1944 5-08-1944 11-09-1944 1-12-1944 1-12-1944 17/09/43 1-12-1944 25/04/44 29/09/44 1-12-1944 19/05/44 1-12-1944 29/03/44 1943 1-12-1943 25/05/44 15/09/43 8-10-1944 5-08-1944 2-08-1944 30/07/44 12-10-1944 8-08-1944 8-10-1944 1-08-1944 30/07/44 6-08-1944 6-08-1944 8-10-1944 1-08-1944 6-12-1944 8-10-1944 8-10-1944 6-08-1944 10-05-1944 Baiso Baiso Bagnolo Bagnolo Bologna Baiso Bagnolo Milano Forlô Bagnolo Bruxelles (Belgio) Bagnolo Bagnolo Bagnolo Bagnolo Villa Fogliano Viano Borzano Albinea Reggio Emilia Luogo Albinea Borzano Albinea Borzano Albinea Egidio Baraldi, deportazione dei civili: i nomi e i luoghi 14/05/45 1-03-1945 8-04-1945 Marzo1945? Minatore 25/04/45 Operaio 14/04/45 Elettricista 15/04/45 Manovale 14/04/45 Bracciante 2-05-1945 Facchino 7-05-1945 Cond.locomotive 16/04/45 Operaio 15/04/45 Manovale 30/04/45 Muratore 25/05/45 Meccanico 15/04/45 Meccanico 15/04/45 Manovale 18/04/45 Manovale 3-05-1945 Operaio Operaio Germania Germania Germania Germania Germania Germania Germania Kahla (D) Germania Germania Germania Germania Dachau - Monaco (D) Germania Germania Germania Germania Germania 9-05-1945 9-05-1945 12-07-1945 9-05-1945 12-04-1945 mar-45 8-05-1945 24/04/45 7-05-1945 17/04/45 1945 9-05-1945 6-05-1945 Liberato 24/04/45 1-04-1945 6-04-1945 9-04-1945 9-05-1945 20/04/45 1-02-1945 5-05-1945 18/04/45 Meccanico Manovale Operaio Manovale Manovale Montatore Manovale Manovale Contadino Manovale Manovale Montatore Facchino Giardiniere Meccanico Manovale Meccanico Fabbro Manovale Manovale Attività Dresda (D) Luogo prigionia Peschiera Germania Germania Germania Werderhof. Amburgo (D) Germania Germania Germania Germania Germania Germania - Bruss (D) Bruss (D) Svizzera Cecoslovacchia - Louny Germania Innsbruck (D) Bruss (D) Stoccarda (D) Bruss (d) Seedorf (D) Internato in Svizzera USA USA USA USA USA USA USA USA USA USA USA USA G.B. G.B. USA USA USA URSS USA URSS USA Rimpatriata URSS USA URSS Inglesi URSS URSS Da Alleati USA USA USA Inglesi USA URSS USA USA Rastrellato Rastrellato Rastrellato Rastrellato Rastrellato Rastrellato Rastrellato Rastrellato Rastrellato Rastrellato Rastrellato. In campo disciplinare per un mese. Deceduto Rastrellato Rastrellato Rastrellato Ammalato Internato in Svizzera Per raprresaglia Campo di punizione per rifiuto di lavorare. NOTE Sempre in campo di concentramento 108 Baiso Baiso Baiso Baiso Baiso Baiso Bibbiano Bibbiano Bibbiano Bibbiano Bibbiano Bibbiano Bibbiano Bibbiano Bibbiano Bibbiano Bibbiano Bibbiano Bibbiano Brescello Brescello Brescello Brescello Brescello Busana Busana Busana Busana Busana Busana Busana Busana Busana Busana Busana Busana Busana Busana Busana Busana Busana Busana Busana Busana Busana Busana Palladini Prati Prati Schenetti Tonelli Zanni Andreani Bernardi Bonazzi Bronzoni Casamatti Colli Colli Fabbri Fornaciari Gualerzi Pedroni Prandi Terenziani Bonini Magnani Mittino Mori Mori Alfieri Annigoni Azzolini Beccari Bolsoni Bolsoni Bolzoni Borghi Bucci Bucci Bucci Bucci Bucci Bucci Canedoli Canedoli Carpanoni Casanova Castagnini Correggi Correggi Correggi Iginio Eugenio Guglielmo Celeste Lodovico Enzo Adelmo Domenico Afro Antonio Luciano Loris Oliano Aldo Bruno Luigi Alfredo Edmondo Italo Giovanni Enrico Mario Narciso Tomaso Emilio Domenico Domenico Giulio Albino Genio Michele Geremia Domenico Domenico Erio Ettore Giovanni Silvio Oreste Vito Giovanni Arcangelo Erminio Alberto Battista Battista Sante Enrico Francesco Giuseppe Eugenio GianDomenico Giuseppe Giacomo nn Guerrino Giovanni Antonio Battista Torquato Sante Sante Ilaro Alfredo Silvio Angelo Arturo Francesco Vittorio Giuseppe Umberto giovanni Giuseppe Giuseppe Pellegrino Domenico Giuseppe Emilio Giuseppe Silvio Domenico Francesco Domenico Francesco Olinto Alberto Francesco Riccardo Giovanni Giuseppe Domenico Ciro-Enio 1913 1903 1927 1892 1899 1901 1896 1896 1917 1906 1899 1925 1923 1928 1926 1924 1920 1914 1913 1895 1927 1924 1889 1916 1922 1916 1925 1899 1899 1907 1902 1907 1899 1904 1912 1922 1925 1907 1896 1898 1902 1895 1921 1925 1914 30/07/44 30/07/44 30/07/44 1-08-1944 30/07/44 6-08-1944 22/02/43 2-07-1944 19/03/44 1-08-1944 12-10-1944 16/02/44 13/05/44 18/10/44 8-09-1943 22/02/43 2-07-1944 18/10/44 15/12/43 24/06/41 17/04/44 Operaio 2-02-1944 Bracciante 4-10-1944 Contadino 23/06/44 Artigiano (Barbiere) 1-07-1944 Contadino 1-07-1944 Mugnaio 1-07-1944 Contadino 1-07-1944 Contadino 1-07-1944 Contadino 1-07-1944 Contadino 1-07-1944 Contadino 30/06/44 Contadino 30/06/44 Contadino 3-07-1944 Contadino 1-06-1944 Pastore 1-07-1944 Contadino 30/06/44 Contadino 30/06/44 Contadino 1-07-1944 Impiegato 3-07-1944 Contadino 3-07-1944 Mugnaio 1-07-1944 Contadino 1-07-1944 I nsegnante 1-07-1944 Contadino 1-07-1944 Contadino 1-08-1944 Contadino Contadino Contadino Operaio Operaio Impiegato Operaio Contadino Operaio Impiegato Meccanico Operaio Lattoniere Tapezziere Operaio Operaio Contadino Operaio Operaio Commerciante Brescello Parma Verona Busana Busana Busana Busana Busana Busana Busana Reggio Emilia Reggio Emilia Reggio Emilia Reggio Emilia Reggio Emilia Reggio Emilia Reggio Emilia Reggio Emilia Reggio Emilia Reggio Emilia Reggio Emilia Cervarezza Busana Busana Busana Reggio Emilia Barco di Bibbiano Reggio Emilia Poviglio VillaMinozzo Reggio Emilia Reggio Emilia Brescia Padova Barco di Bibbiano Grecia Baiso Cerredolo di Toano Baiso Ortolano Manovale Bracciante Minatore Manovale Hannover (D) Contadino Regensburg (D) Lattoniere Varsavia.Koenigsberg (D) Manovale Wurzen - Erfurt (D) Barbiere Magdeburg-Allenstein (D) Manovale Wurzen - Harpstaed (D) Manovale Erfurt (D) Manovale Wurzen - Erfurt (D) Manovale Wurzen - Erfurt (D) Manovale Erfurt - Nordhausen (D) Manovale Carettiere Operaio Bracciante Magdeburg (D) Manovale Magdeburg (D) Operaio Magdeburg (D) Manovale Manovale Magdeburg (D) Manovale Bonn (D) Magazziniere Facchino Manovae Wurzen - Erfurt (D) Manovale Wurzen-Burg-Annaburg (D) Burg - Magdeburg (D) Manovale Wurzen - Weimar (D) Manovale Kalau (D) Erfurt (D)- Stettino (Pol) Manovale Germania Muratore Manovale Bruss (D) Facchino Germania Meccanico Operaio Breslau (Pol) Autista Amburgo (D) Manovale Berlino - Nieder (D) Manovale Grecia - Germaia Operaio (reggiane) Germania Muratore Manovale Berlino.Nieder (D) Manovale Salisburgo (Au) Meccanico Monaco (D) Germania Germania 24/04/45 9-05-1945 24/04/45 23/04/45 14/04/45 9-04-1945 24/04/45 28/04/45 22/12/46 4-05-1945 14/05/45 19/04/45 1-04-1945 10-04-1945 11-04-1945 11-04-1945 11-04-1945 11-04-1945 11-04-1945 11-04-1945 apr-45 1-04-1945 1-04-1945 24/04/45 24/04/45 6-05-1945 1-04-1945 11-04-1945 8-04-1945 30/03/45 24/04/45 11-04-1945 Manovale 24/04/45 11-04-1945 26/04/45 2-05-1945 2-05-1945 20/04/45 15/02/45 14/04/45 14/04/45 4-04-1945 9-05-1945 2-05-1945 Inglesi USA USA USA USA USA USA USA USA USA USA URSS URSS USA USA USA USA USA URSS USA 24/04/45 URSS USA USA USA USA G.B. USA USA Deceduto USA Inglesi USA URSS USA Fuggito URSS Polacchi URSS USA Inglesi USA URSS Francesi URSS Lasciato dai Tedeschi Prigioniero degli Inglesi. Deportato in Kenia Deportato per lavoro Rastrellato Rastrellato Rastrellato 109 Busana Busana Busana Busana Busana Busana Busana Busana Busana Busana Busana Busana Busana Busana Busana Busana Busana Busana Busana Busana Busana Busana Busana Busana Busana Busana Busana Busana Busana Busana Busana Busana Busana Busana Cadelbosco Cadelbosco Cadelbosco Cadelbosco Cadelbosco Cadelbosco Cadelbosco Cadelbosco Cadelbosco Cadelbosco Cadelbosco Cadelbosco Costa Fiorini Franchini Friggeri Galassi Ghinoi Giacomini Giacomini Guglielmi Lombardi Lombardi Magnani Manari Manenti Manenti Monari Pagani Romei Romei Sacchini Serafini Simonelli Simonelli Simonelli Simonelli Simonelli Simonelli Sironi Tevisani Tincani Torlai Zanichelli Zanichelli Zanichelli Azzolini Baiocchi Barbieri Bertani Boni Boniburrini Bonini Bonini Bonini Caffarri Caffarri Cagnolati Baldo Aurelio Vincenzo Adelmo Torquato Renzo Battista Francesco Remo Cesare Francesco Giuseppe Nello Ettore Giulio Tommaso Giuseppe Gildo Faustino Ciro Innocente Adriano Carlo Emilio Giuseppe Settimo Tullio Ferdinando Libero Celso Sergio Pasquale Guglielmo Renato Ubrico Ivo Camillo Osvaldo Ormeo Ero Virginio Imerio Ivo Leonardo Clante Walter Gerardo Ernesto Paolo Ernesto nn Davide Guglielmo Domenico Domenico Ambrogio Attilio Attilio Battista Ciro Tommaso Luigi Ciro Domenico Giuseppe Giuseppe Pietro Achille Giuseppe Giuseppe Primo Mauro Antonio Antonio Pilade Luigi Luigi Adelmo Pietro Giovanni Giuseppe Battista Ideo Giuseppe Pietro Pompeo Epinio Vincenzo Eugenio Alfredo Giovanni Dominatore Dominatore Adelmo 1901 1893 1909 1901 1891 1914 1906 1906 1897 1917 1903 1901 1915 1903 1901 1896 1906 1925 1926 1924 1901 1898 1890 1925 1891 1913 1926 1891 1901 1907 1911 1924 1906 1924 1912 1927 1927 1905 1927 1922 1912 1919 1921 1910 1903 Contadino 3-07-1944 Contadino 30/06/44 Guardia Fili 30/06/44 Manovale 30/06/44 Operaio 1-07-1944 Marittimo 30/06/44 Contadino 1-07-1944 Pastore 1-07-1944 Sugheraio (artigiano)1-07-1944 Contadino 2-07-1944 Operaio 2-07-1944 Contadino 30/06/44 Calzolaio 30/06/44 Agricoltore 30/06/44 Agricoltore 30/06/44 Calzolaio 30/06/44 Contadino 1-07-1944 Contadino 29/06/44 Contadino 30/06/44 Falegname 30/06/44 Meccanico 2-06-1944 Contadino 3-07-1944 Contadino 9-07-1944 Contadino 30/06/44 Contadino 30/06/44 Contadino 30/06/44 Contadino 3-07-1944 Contadino 1-07-1944 Bracciante 30/06/44 Bracciante 1-07-1944 Calzolaio 1-07-1944 Contadino 25/06/44 Esercente 1-07-1944 Barbiere 1-07-1944 Operaio 8-03-1944 Autista meccanico 8-06-1941 Disegnatore 8-03-1944 Operaio 16/06/44 Manovale 4-10-1944 Operaio 4-10-1944 Bracciante 8-09-1944 Manovale 8-09-1944 Disegnatore 15/04/44 Bracciante 8-09-1944 Operaio 3-03-1944 Disegnatore 8-03-1944 Reggio Emilia Reggio Emilia Reggio Emilia Reggio Emilia Collagna Reggio Emilia Reggio Emilia Reggio Emilia Cervarezza Reggio Emilia Busana Reggio Emilia Reggio Emilia Reggio Emilia Reggio Emilia Reggio Emilia Busana Cervarezza Cervarezza Reggio Emilia Aulla Reggio Emilia Reggio Emilia Reggio Emilia Reggio Emilia Reggio Emilia Reggio Emilia Busana Reggio Emilia Cervarezza Busana Marmoreto Busana Cervarezza Cadelbosco Africa Cadelbosco Villa Seta Villa Seta Reggio Emilia Cadelbosco Reggio Emilia Reggio Emilia Reggio Emilia Cadelbosco Reggio Emilia Bracciante Operaio Operaio Operaio Berlino (D) Manovale Burg - Magdeburg (D) Operaio Manovale Manovale Wurzen - Halbertstadt (D) Manovale Monaco (D) Gotha - Monaco (D) Manovale Magdeburg (D) Operaio Operaio Bracciante Manovale Operaio Wurzen. Buchenwald (D) Manovale Francoforte - Berlino (D) 29/04/45 Francoforte - Halle Saale (D) Bracciante Colonia (D) Manovale Operaio Manovale Manovale Operaio Bracciante Cecoslovacchia Operaio Wurzen - Erfurt (D) Manovale Manovale Magdeburg (D) Manovale Wurzen. Gommern (D) Calzolaio Bielitz (Pol) - Danzica (D) Operaio Erfurt - Weimar (D) Manovale Wurzen - Alpestedt (D) Manovale Tornitore Tanzania Disegnatore Gotenhafen (Pol) Contadino Ziegenhain (D) Berlino (D) Saldatore Contadino Contadino Disegnatore Contadino Germania Meccanico Disegnatore 16/04/45 USA URSS URSS USA USA USA Rastrellato URSS Rastrellato Partigiani Cechi Partigiani Cechi USA USA URSS URSS URSS USA USA USA Era in Africa Orientale per lavoro USA URSS USA URSS USA USA Fuggito USA Francesi Fuggito Facchino 5-05-1945 15/04/45 30/03/45 6-05-1945 7-05-1945 9-05-1945 5-05-1945 5-05-1945 11-04-1945 1-04-1945 5-05-1945 5-05-1945 11-05-1945 11-04-1945 11-04-1945 21/04/45 28/12/46 7-04-1945 1-02-1945 10-05-1945 23/04/45 11-04-1945 11-04-1945 9-04-1945 11-04-1945 31/03/45 9-04-1945 Rastrellato Comb. 15/18 USA URSS URSS URSS URSS URSS USA USA URSS URSS URSS URSS URSS USA URSS USA 11-04-1945 9-03-1945 5-04-1945 9-03-1945 2-05-1945 5-05-1945 24/04/45 24/04/45 11-04-1945 10-06-1945 24/04/45 24/04/45 5-05-1945 5-04-1945 5-04-1945 5-05-1945 11-04-1945 110 Cadelbosco Cadelbosco Cadelbosco Cadelbosco Cadelbosco Cadelbosco Cadelbosco Cadelbosco Cadelbosco Cadelbosco Cadelbosco Campagnola Campagnola Campagnola Campagnola Campagnola Campegine Campegine Campegine Campegine Campegine Campegine Campegine Carpineti Carpineti Carpineti Carpineti Carpineti Carpineti Carpineti Carpineti Carpineti Carpineti Carpineti Carpineti Carpineti Carpineti Carpineti Carpineti Carpineti Carpineti Carpineti Carpineti Carpineti Carpineti Carpineti Cattabiani Cavalchi Conti Corradi Mainini Mainini Mussini Pergetti Quaiotti Salsi Sorani Gasparini Medici Morellini Parmiggiani Righi Bertani Bettati Davoli Fornaciari Fornaciari Incerti Pastarini Barani Benassi Borghi Bottazzi Camastri Casini Casini Casoni Casoni Corbelli Croci Croci Dallari Ferrari Fontanesi Fontanesi Fontanesi Franzoni Ibatici Lugari Madini Madini Madini Ivonne Rino Aldo Vanillo Guido Roberto Antonio Giulio Serio Giacomo Demos Odelio Lino Luigi Gino Guido Gino Francesco Eros Giuseppe Giuseppe Mario Italino Angelo Antenore Renato Enrico Giuseppe Rino Daniele Bruno Fernando Omero Domenico Silvio Luigi Gino Alfonso Ferdinando Nello Franco Fernando Carlo Adorno Bonfiglio Giuseppe Antonio Giuseppe Antonio eneo Severo Leonardo Giulio Pio Gregorio Giuseppe Antonio Umberto Aldo Angelo Aristodemo Massimo Enrico Ernesto Ostilio Ernesto Idraco Giuseppe Achille Medio Francesco Emilio Ludovico Carlo Arturo Giovanni Guido Giovanni Luigi Ettore Vincenzo Giuseppe Zefferino Bartolomeo Enrico Enrico Luigi Giuseppe Abramo Giuseppe Michelle Michele 1908 1914 1925 1909 1927 1907 1921 1913 1928 1906 1900 1912 1926 1909 1916 1921 1914 1899 1914 1913 1901 1903 1912 1915 1915 1920 1909 1927 1887 1901 1924 1924 1904 1924 1922 1904 1924 1905 1916 1903 1920 1921 1925 19-24 1925 Muratore Tornitore Bracciante Contadino Barbiere Pollivendolo Contadino Contadino Contadino Carrettiere Muratore Meccanico Operaio Operaio Muratore Meccanico Carpentiere Bracciante Contadino Calzolaio Bracciante Bracciante Falegname Contadino Contadino Operaio Cascinaio Commerciante Contadino Contadino Contadino Contadino Operaio Operaio Contadino Contadino Contadino Contadino Contadino Contadino Impiegato Operaio Contadino Bracciante Operaio Operaio 25/08/44 7-03-1944 17/04/44 7-03-1944 13/03/44 13/06/44 13/03/44 20/04/44 25/04/44 20/04/44 30/05/44 1-12-1944 12-12-1944 13/04/44 8-05-1944 29/11/44 20/03/44 15/09/43 10-06-1944 3-06-1944 30/06/44 13/09/43 26/03/44 1-07-1944 12-10-1944 12-04-1942 1-07-1944 30/07/44 12-10-1944 6-08-1944 12-10-1944 12-10-1944 11-08-1944 1-07-1944 1-07-1944 6-08-1944 29/07/44 30/06/44 30/06/44 30/06/44 11-08-1944 30/06/44 6-08-1944 1-07-1944 1-07-1944 1-07-1944 Carpineti Carpineti Carpineti Carpineti Reggio Emilia Carpineti Carpineti Monza Reggio Emilia Reggio Emilia Reggio Emilia Reggio Emilia Reggio Emilia Reggio Emilia Reggio Emilia Castelnuovo S. Reggio Emilia Reggio Emilia Correggio Campagnola Reggio Emilia Reggio Emilia Campagnola Reggio Emilia Brennero Firenze P.so del Cerreto P.so del Cerreto Reggio Emilia Reggio Emilia Carpineti Carpineti Carpineti Felina Carpineti Bebbio Carpineti Castellaldo Carpineti Carpineti Carpineti Carpineti Reggio Emilia Carpineti Carpineti Muratore Manovale Operaio Manovale Contadino Boscaiolo Boscaiolo Manovale Koenigsberg (D) Manovale Manovale Minatore Bruss (D) Meccanico Manovale Duesseldorf (D) Operaio Meccanico Brieg (D) Operaio Carpentiere lavora Polonia Manovale Calzolaio Norimberga (D) Trasporti Berlino (D) Tornitore Falegname Germania Calzolaio Germania Operaio Cecoslovacchia- Vienna (A) Muratore Agricoltore Germania Operaio Germania falegname Germania Operaio Germania Minatore Innsbruck (D) Minatore Germania Operaio Operaio Germania Operaio Meccanico Germania Operaio Operaio Francoforte (D) Manovale Francoforte (D) Operaio Germania Operaio Francoforte (D) Operaio Germania Operaio Meccanico Operaio Germania Meccanico 23/04/45 2-04-1945 23/03/45 2-04-1945 22/04/45 20/04/45 20/04/45 21/03/45 7-04-1945 21/03/45 14/04/45 8-05-1945 22/04/45 16/04/45 8-05-1945 5-05-1945 20/03/45 28/07/45 27/03/45 2-05-1945 19/04/45 26/04/45 23/04/45 9-05-1945 24/04/45 28/05/45 26/04/45 28/04/45 25/04/45 15/04/45 26/04/45 25/04/45 12-04-1945 23/04/45 22/04/45 3-05-1945 18/04/45 8-04-1945 1945 3-03-1945 31/03/45 19/02/45 10-05-1945 2-05-1945 3-05-1945 2-05-1945 USA URSS URSS USA Inglesi USA USA USA USA Ammalato / Rimpatriato Inglesi URSS USA URSS USA USA USA USA URSS USA Fuggito-Rimpatriato URSS URSS URSS USA URSS USA USA URSS Francesi USA USA URSS USA USA USA USA USA USA USA USA USA 111 Carpineti Carpineti Carpineti Carpineti Carpineti Carpineti Carpineti Carpineti Carpineti Carpineti Carpineti Carpineti Carpineti Carpineti Carpineti Casalgrande Casalgrande Casina Casina Casina Casina Casina Casina Casina Casina Casina Casina Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Montecchi Monti Munari Olmi Palladini Paolini Pignedoli Pignedoli Rivi Rivi Sassi Serri Silvestri Tagliani Vezzosi Braglia Mammi Aldini Comi Dallari Ferri Gregori Montanari Scalabrini Spallanzani Vecchi Zannetti Anceschi Bagnoli Bagnoli Barozzi Battistessa Bazzoli Benassi Bertoncini Betalli Bini Bizzarri Boni Borghi Borghi Botazzi Cagnoli Campi Cani Canovi Lepido Ezio Aristo Vincenzo Giuseppe bartolomeo Nelson Pietro Aldo Gaudenzio Giuseppe Davide Achille Enrico Ortensio Silvio Luigi Umberto Emidio Gelsomino Eugenio Sesto Credo Geminiano Carlo Giovanni Domenico Giulio Lorenzo Carlo Vito Roberto Riccardo Marco Paolo Fermo Luigi Francesco Pietro Giuseppe nn Azio Emilio Giulio Paolo Guido Antonio Igino Leandro Pietro Alberto Cesare Giovanni Eliseo amelio Guido Giuseppe Saturno Pio Alfeo Giovanni Primo Giovanni Orfeo Giuseppe Ezio Alvenzo Quirino Giuseppe Venerio Vincenzo Giovanni Giuseppe Luigi Medardo Vittorio Federico Marino Ciro Pietro Ciro Enrico Lodovico Angelo Pasquino Arturo Gildo Vito Giovani Domenico Giuseppe 1924 1893 1904 1919 1906 1922 1911 1921 1924 1901 1910 1925 1905 1893 1900 1925 1928 1901 1923 1912 1921 1917 1915 1913 1906 1924 1907 1925 1915 1899 1908 Riziero 1906 1926 1902 1910 1913 1906 1905 1910 1901 1900 1926 1909 1903 1901 Operaio 6-10-1944 Contadino 5-08-1944 Contadino 1-07-1944 Mugnaio 1-07-1944 Contadino 6-08-1944 Operaio Calzolaio 1-07-1944 Contadino 1-07-1944 Operaio 8-03-1944 Contadino 1-07-1944 Operaio 7-08-1944 Contadino giugno '44 Contadino 5-08-1944 Operaio 30/07/44 Contadino 30/07/44 Operaio 12-01-1944 Operaio 7-08-1944 Contadino mezzadro 7-08-1944 Contadino 22/08/44 Bracciante 7-08-1944 Tornitore 11-08-1944 Impiegato avventizio 10-05-1944 Autista 13/08/44 Contadino 30/09/44 Contadino 30/09/44 Contadino 12-05-1944 Bracciante 11-08-1944 Contadino 20/06/44 Contadino 8-10-1944 Muratore 5-10-1944 Contadino 8-10-1944 1896 Impiegato Operaio 30/06/44 Operaio 30/06/44 Operaio 8-10-1944 Muratore 8-10-1944 Contadino 30/07/44 Operaio 8-10-1944 Contadino 2-07-1944 Contadino 1-07-1944 Contadino 1-07-1944 Cascinaio lug-43 Contadino 6-10-1944 Contadino 8-10-1944 Contadino 1-08-1944 Commerciante 1-07-1944 Carpineti Carpineti Carpineti Carpineti Carpineti Polonia Carpineti Carpineti Carpineti Carpineti Carpineti Carpineti Carpineti Carpineti Carpineti Piombino Fogliano Casina Reggio Emilia Casina Casina Reggio Emilia Casina Paullo - Casina Paullo di Casina Scandiano Casina Como Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti 8-10-1944 Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Villaminozzo Cast.Monti Cast.Monti Felina Felina Felina Cast.Monti Cast.Monti Villaminozzo Cast.Monti Contadino Manovale Operaio Operaio Manovale Germania Francoforte (D) Francoforte (D) Fichtelberg (D)Villach (A) Brandenburg (D) Germania Germania Francoforte (D) Germania Germania Brandenburg (D) Polonia Berlino (D) Germania Brandenburg (D) Brandenburg (D) Francoforte (D) Berlino (D) Manovale Autista Meccanico Bracciante Manovale Manovale Manovale Operaio Operaio Manovale Manovale Manovale Manovale Operaio Manovale Manovale Operaio Manovale Facchino Operaio Tornitore Bracciante Manovale Schwerin (D) Polonia Magdeburg (D) Operaio Germania Operaio Germania Operaio Germania Operaio Germania Minatore Germania Manovale Germania Manovale Germania Contadino Wietzendorf - Limburg (D) Operaio Monaco (D) Meccanico Wiesbaden-Aschendorf (D)Facchino Manovale Germania Chimico Manovale Germania Germania Germania 1-04-1945 2-05-1945 marzo'45 29/08/45 14/05/45 23/04/45 16/04/45 28/04/45 30/04/45 14/04/45 24/04/45 16/04/45 1-05-1945 2-05-1945 26/04/45 3-05-1945 28/04/45 3-05-1945 30/04/45 8-05-1945 8-05-1945 30/04/45 21/04/45 3-05-1945 11-04-1945 5-05-1945 1-05-1945 22/04/45 7-04-1945 12-04-1945 apr-45 8-05-1945 24/04/45 18/04/45 28/04/45 2-06-1945 1-04-1945 22/03/45 16/04/45 5-04-1945 1-04-1945 14/04/45 23/04/45 22/04/45 4-04-1945 USA URSS URSS USA USA USA USA URSS USA USA USA USA USA USA Inglesi URSS USA Inglesi URSS USA USA C.R.P. URSS USA USA USA USA USA Inglesi USA Inglesi USA USA USA USA USA Deceduto USA USA URSS URSS USA Deceduto USA USA Data di nascita anche 15/08/1915? 112 Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Canovi Capanni Capanni Caretti Carpigiani Carubbi Casini Casoli Castellari Castellari Colombari Colombari Conconi Confetti Corsi Corsi Costetti Costi Croci Dallari De Angeli Del Rio Di Mauro Fabbiani Ferrari Ferrari Gatti Genitoni Ghinoi Giambi Giansoldati Giglioli Giglioli Giglioli Giorgini Giorgini Giovanelli Gregori Guidetti Guidi Guidi Iattici Romei Magnani Magnani Magnani Maioli Ultimo Giulio Walter Antenore Remo Cesare Domenico Nullo Armido Maurizio Agostino Pellegrino Arnaldo Lino Attilio Fernando Costantino Artemio Nello Severino Andrea Pierino Antonio Paride Oreste Pietro Domenico Probo Virgilio Francesco Giulio Giacomo Valdemiro Vittorio Bernardo Giovanni Remo Armando Sergio Giovanni Giuseppe Marino Angelo Giovanni Ulderico Ennio Antonio Antonio Agostino Agostino Rinaldo Giovanni Clerenzio Costante Giacomo Domenico Ermenegildo Ermenegildo Pellegrino Domenico Silvio Giulio Ezio Enrico Domenico Virginio Raffaele Giovanni Alberto Alberto Leopoldo Ferdinando Ferdinando Afronio Ciro Attilio Secondo Enrico Francesco Vergilio Giuseppe Remo Sebastiano Giuseppe Armando Pellegrino Giuseppe Michele Francesco Domenico Domenico 1913 1915 1911 1910 1905 1923 1921 1899 1905 1903 1911 1897 1898 1901 1909 1914 1910 1926 1893 1929 1901 1900 1904 1897 1896 1925 1911 1912 1927 1909 1903 1901 1894 1903 1912 1917 1905 1906 1904 1909 1898 1909 1924 1908 1909 Contadino Contadino Contadino Contadino Commerciante Contadino Contadino Contadino Contadino Contadino Carrettiere Contadino Macellaio Calzolaio Contadino Contadino Contadino Contadino Bracciante Contadino Contadino Macellaio Geometra Calzolaio Contadino Contadino Operaio Contadino Muratore Barbiere Bracciante Contadino Contadino Contadino Contadino Contadino Contadino Bracciante Bracciante Contadino Contadino Contadino Contadino Contadino Contadino 1-07-1944 6-10-1944 30/06/44 1-07-1944 2-07-1944 1-07-1944 8-10-1944 8-10-1944 1-07-1944 1-07-1944 1-08-1944 30/07/44 1-07-1944 1-07-1944 29/07/44 29/07/44 30/07/44 30/07/44 8-10-1944 1-08-1944 2-07-1944 28/06/44 5-08-1944 1-10-1944 1-07-1944 5-08-1944 1-07-1944 8-10-1944 1-07-1944 30/06/44 8-10-1944 29/06/44 2-08-1944 8-10-1944 8-10-1944 30/06/44 5-10-1944 8-10-1944 30/06/44 2-07-1944 2-07-1944 30/06/44 30/07/44 29/07/44 7-10-1944 8-10-1944 Felina Cast.Monti Cast.Monti Felina Cast.Monti Felina Cast.Monti Cast.Monti Felina Felina Villaminozzo Villaminozzo Felina Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Gatta Cast.Monti Villaminozzo Cast.Monti Cast.Monti Montecchio Cast.Monti Felina Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Castelnuovo Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Rivaltella Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Monteduro Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Operaio Fabbro Manovale Fichtenberg (D) Meccanico Germania Manovale Wurzen - Magdeburg (D) Muratore Berlino (D) Operaio Brandenburg (D) Operaio fonditore Fichtelberg- Wittenberg (D)Manovale Fichtelberg- Wittenberg (D)Manovale Luebeck (D) Manovale Germania Manovale Cuciniere Lipsia (D) Manovale Germania Manovale Germania Manovale Colonia (D) Fabbro Germania Manovale Brandenburg (D) Manovale Germania Manovale Lipsia (D) Operaio Germania Operaio Manovale Germania Meccanico Francoforte - Oderberg (D) Meccanico Germania Manovale Francoforte (D) Manovale Berlino (D) Manovale Manovale Germania Operaio Berlino (D) Contadino Limburg (D) Manovale Germania Manovale Brandenburg (D) Operaio Brandenburg (D) Manovale Lipsia (D) Operaio Fossoli - Verona Calzolaio Brandenburg (D) Manovale Germania Facchino Lipsia (D) Operaio Lipsia (D) Operaio Germania Germania Facchino Germania Manovale Manovale Germania Manovale Erfurt (D) Berlino (D) 10-04-1945 26/04/45 6-05-1945 21/04/45 5-05-1945 4-05-1945 26/04/45 20/04/45 1-05-1945 1-05-1945 28/04/45 1-03-1945 26/04/45 16/04/45 18/04/45 18/04/45 20/04/45 23/04/45 23/04/45 9-05-1945 29/04/45 1-04-1945 2-04-1945 26/04/45 23/04/45 14/04/45 21/04/45 23/04/44 16/04/45 1-05-1945 22/04/45 5-05-1945 14/04/45 25/04/45 26/04/45 29/04/45 12-04-1945 18/04/45 11-04-1945 20/04/45 29/04/45 30/04/45 18/04/45 18/04/45 12-04-1945 22/04/45 USA USA USA USA USA Inglesi Inglesi USA URSS USA URSS USA USA USA USA URSS USA USA USA URSS USA USA URSS USA USA URSS URSS USA USA URSS USA URSS USA URSS URSS URSS USA USA Evaso motivi famigliari USA USA Inglesi Inglesi anno di nascita 1894? 113 Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Manfredi Manfredi Manfredi Marastoni Menichini Mercati Monti Monti Monticelli Monticelli Montipÿ Moretti Morini Musi Musi Olmi Olmi Palladini Palladini Perazzoli Pignedoli Pioppi Prampolini Primavori Rinaldi Rinaldi Romei Romei Romei Romei Romei Romei Romei Romei Romei Rottini Ruffini Ruffini Salati Salati Silvi Simonazzi Sironi Sironi Sironi Sironi Alderino Giulio Italo Enzo Leardo Italo Guerrino Rinaldo Alberto Luciano Giovanni Amadio Giuseppe Bruno Emilio Delio Giuseppe Aldo Rinaldo Lamberto Fernando Adolfo Seriglio Giuseppe Fioravante Giuseppe Ambrogio Andrea Domenico Ennio Giovanni Giuseppe Guido Paolo Peppino Rino Bonfiglio Guido Ernesto Sergio Salardo Ercole Battista Ettore Fortunato Giulio Giovanni Gregorio Antonio Giuseppe Prospero Domenico Antonio Battista Enrico Primo Egidio Luigi Orfeo Luigi Luigi Icilio Eliseo Alfonso Alfonso Zino Arturo Giuseppe Giovanni Domenico Cesare Giuseppe Luigi Dario Massimo Luigi Domenico Francesco Francesco Luigi Giovanni Giuseppe Quirino Michele Bernardino Ernesto Venanzio Oreste Ambrogio Carlo Paolo Domenico 1914 1896 1913 1906 1912 1919 1926 1927 1901 1893 1925 1898 1905 1889 1910 1925 1927 1898 1918 1899 1926 1911 1906 1908 1907 1894 1926 1907 1916 1923 1919 1927 1895 1912 1916 1919 1927 1911 1891 1899 1899 1915 1927 1912 1897 Calzolaio Macellaio Sarto Sarto Contadino Motorista Contadino Contadino Ottico Contadino Bracciante Artigiano Meccanico Operaio Contadino Contadino Operaio Contadino Contadino Contadino Meccanico Operaio Contadino Commerciante Commerciante Esercente Esercente Contadino Contadino Commerciante Autista (operaio) Artigiano Industriale Agricoltore Operaio Operaio Contadino Contadino Contadino Contadino Contadino Operaio Contadino Terazziere Contadino 1-07-1944 29/06/44 1-07-1944 1-07-1944 2-07-1944 29/07/44 30/06/44 30/06/44 1-07-1944 8-10-1944 8-10-1944 8-10-1944 2-07-1944 8-10-1944 8-10-1944 1-07-1944 1-07-1944 30/06/44 2-07-1944 8-10-1944 1-07-1944 30/06/44 1-07-1944 8-10-1944 3-07-1944 1-07-1944 30/06/44 2-07-1944 2-07-1944 30/06/44 30/06/44 30/06/44 1-07-1944 1-07-1944 30/06/44 7-10-1944 1-07-1944 8-10-1944 1-07-1944 1-07-1944 2-07-1944 8-10-1944 30/06/44 30/06/44 30/06/44 30/06/44 Felina Cast.Monti Collagna Cast.Monti Monteduro Montalto Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Colombaia Cast.Monti Cerreto Monteduro Felina Cast.Monti Cast.Monti Felina Felina Cast.Monti Cast.Monti Garfagnolo Sparavalle Cast.Monti Cast.Monti Felina Felina Felina Cast.Monti Cast.Monti Busana Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Felina Felina Garfagnana Cast.Monti Cast.Monti Felina Germania Germania Breslavia (Pol)- Lanslao? Germania Lipsia (D) Germania Lipsia (D) Germania Germania Brandenburg (D) Brandenburg (D) Berlino (D) Berlino (D) Bochum - Essen (D) Germania Sassonia - Wurzen (D) Wurzen - Fichtelberg (D) Limburg (D) Lipsia (D) Berlino - Francoforte (D) Stettino Dresden (D) Germania - Bochum (D) Brandenburg (D) Germania Germania Germania Lipsia (D) Lipsia (D) Germania Germania Lipsia (D) Brandis (D) Germania Germania Germania Germania Germania Berlino (D) Wurzen (D)- Polonia Francoforte (D) Brandenburg (D) Lipsia (D) Limburg (D) Willich (D) Germania Manovale Manovale Manovale Operaio Calzolaio Manovale Manovale Manovale Fabbro Manovale Falegname Manovale Motorista Manovale Macchinista Manovale Manovale Operaio Operaio Manovale Manovale Manovale Autista Manovale Manovale Facchino Manovale Manovale Manovale Manovale Manovale Operaio Manovale Manovale Manovale Manovale Operaio Boscaiolo Manovale Manovale terrazziere Manovale Manovale 2-05-1945 16/04/45 8-03-1945 1945 15/08/45 19/04/45 29/04/45 29/04/45 8-04-1945 25/4/19456 18/04/45 24/04/45 20/04/45 11-04-1945 11-04-1945 15/04/45 1-05-1945 6-05-1945 16/04/45 21/04/45 10-04-1945 1945 10-04-1945 24/04/45 3-05-1945 11-04-1945 16/04/45 29/04/45 29/04/45 16/04/45 16/04/45 16/04/45 16/04/45 16/04/45 16/04/45 9-05-1945 1-05-1945 14/04/45 7-05-1945 7-05-1945 2-05-1945 23/04/45 16/04/45 20/07/44 7-05-1945 21/03/45 USA USA URSS USA USA USA USA USA USA USA USA USA USA USA URSS USA USA USA USA USA USA USA Inglesi Inglesi USA USA USA URSS URSS USA USA Fuggito USA Ammalato / Rimpatriato Inglesi USA USA USA USA USA URSS URSS USA USA 114 Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Cast.Sotto Cast.Sotto Cast.Sotto Cast.Sotto Cast.Sotto Castellarano Castellarano Castellarano Castellarano Castellarano Castellarano Castellarano Castellarano Castellarano Castellarano Castellarano Castellarano Castellarano Castellarano Sironi Sironi Sironi Sironi Sironi Sironi Sironi Sironi Spallanzani Tagliati Tapognani Teggi Tondelli Ugoletti Vanicelli Vanicelli Viappiani Viappiani Violi Violi Zanichelli Zanni Zannini Zannini Zini Zini Zuccoli Benaglia Bertani Bertolotti Braglia Grassi Antomani Baroni Benassi Benevelli Beneventi Bertolini Braglia Braglia Camellini Campana Cocchi Coluzzi Coriani Corti Giuseppe Luigi Luigi Pellegrino Prospero Umberto Virgilio Vito Nestore Battista Giuseppe Nelson Elvio Giulio Anchise Giuseppe Artemio Quirino Otello Turno Giuseppe Guglielmo Domenico Paolo Elmo Isidoro Odoardo Vasco Arnaldo Renato Walter Carlo Ettore Mario Ottorino Alessandro Alberto Ottavio Annibale Luigi Duilio Saul Gino Aneto Mario Mario Giovanni Andrea Francesco Francesco Giovanni Giuseppe Carlo Carlo Carlo Ruggero Attilio Cirilio Egidio Antonio Giuseppe Anchise Innocenzo Adorno Cesare Giovanni Cesare Saverio Giovanni Mario Antonio Francesco Giuseppe Paradiso Ernesto Pietro Raimondo Eugenio Ercole Cutinio Germano Antonio Flaminio Vincenzo Giuseppe Romeo Pancrazio Ippolito Raffaele Emilio Riccardo Dario 1907 1924 1919 1926 1901 1927 1894 1922 1909 1927 1925 1925 1915 1908 1904 1926 1924 1896 1904 1904 1905 1925 1901 1925 1903 1902 1900 1922 1917 1916 1922 1924 1894 1927 1910 1925 1905 1912 1902 1899 1901 1909 1907 1901 Contadino Contadino Contadino Contadino Contadino Contadino Contadino Operaio Contadino Contadino Contadino Bracciante Insegnante Operaio Operaio Operaio Contadino Operaio Fabbro Fabbro Macellario Impiegato Contadino Contadino Contadino Contadino Invalido Falegname Contadino Operaio Contadino Impiegato Muratore Contadino Meccanico Studente Bracciante Contadino Bracciante Calzolaio Contadino Studente Operaio Contadino Bracciante Bracciante Cast.Monti Monteduro Cast.Monti Cast.Monti Monteduro Colombara Sparavalle Garfagnolo Cast.Monti Cast.Monti Cast.Monti Como Busana Felina Cast.Monti Germania Berlino (D) Germania Kassel (D) Halle (D) Sassonia Germania Germania Germania Germania Germania Berlino (D) Berlino - Brandeburg Brandenburg (D) Cast.Monti Berlino Cast.Monti Berlino (D) Cast.Monti Halle (D) - Sassonia Cast.Monti Germania Cast.Monti Germania Cast.Monti Wismar (D) Cast.Monti Germania Cast.Monti Magdeburg (D) Gatta Germania Gatta Germania Germania 12-03-1944 Cast.Sotto Brandenburg (D) 25/10/44 Cast.Sotto Germania 26/02/44 Rodi Rodi 17/03/44 Cast.Sotto Baviera (D) 8-03-1944 Cadelbosco Sotto Germania 30/07/44 Castellarano Germania 7-08-1944 Prignano Germania 20/07/44 Castellarano Austria 20/07/44 Castellarano Dachau (D) 4-08-1944 Roteglia Germania 9-09-1943 S.Giovanni in Persiceto Hannover (D) 24/06/944 Castellarano 20/07/44 Castellarano Velbert (D) 20/07/44 Castellarano 7-08-1944 Roteglia Turingia 20/07/44 Castellarano Germania 7-08-1944 Roteglia Germania (Turingia) 4-08-1944 Toano Turingia 20/07/44 Castellarano Monaco (D) 30/06/44 30/06/44 30/06/44 30/06/44 30/06/44 29/06/44 30/06/44 30/06/44 8-10-1944 8-08-1944 26/06/44 18/04/84 30/06/44 1-07-1944 8-10-1944 8-10-1944 20/06/44 8-10-1944 8-10-1944 8-10-1944 7-10-1944 2-07-1944 8-08-1944 11-04-1944 1-08-1944 20/08/44 Minatore Operaio Minatore Bracciante Operaio Contadino Operaio Muratore Minatore Meccanico Meccanico Bracciante Bracciante Bracciante Operaio Falegname Operaio Manovale Operaio Manovale Manovale Bracciante Manovale Manovale Manovale Operaio Manovale Manovale Manovale Manovale Manovale Manovale Manovale Manovale Manovale Manovale Manovale Minatore Manovale Manovale Manovale Manovale Ammalato 28/03/45 lug-45 24/04/45 16/04/45 11-04-1945 2-05-1945 16/04/45 sett.1945 16/04/45 15/04/45 17/04/45 14/04/45 26/04/45 USA USA USA USA USA USA USA USA URSS URSS Inglesi USA USA USA USA USA USA USA USA USA USA URSS USA USA USA URSS URSS USA USA USA URSS USA URSS USA USA USA USA USA USA apr-45 21/04/45 10-05-1945 6-05-1945 21/04/45 29/04/45 16/04/45 16/04/45 15/04/45 30/05/45 6-05-1945 20/04/45 5-04-1945 23/04/45 16/04/45 12-04-1945 14/04/45 8-03-1945 2-04-1945 25/04/45 25/04/45 12-04-1945 26/04/45 23/04/45 26/04/45 12-04-1945 11-04-1945 12-04-1945 13/04/45 3-05-1945 14/04/45 Deceduto nel febbraio 1945 115 Castellarano Castellarano Castellarano Castellarano Castellarano Castellarano Castellarano Castellarano Castellarano Castellarano Castellarano Castellarano Castellarano Castellarano Castellarano Castellarano Castellarano Castellarano Castellarano Castellarano Castellarano Castellarano Castellarano Castellarano Castellarano Castellarano Castellarano Castellarano Castellarano Castellarano Castellarano Castellarano Cavriago Cavriago Cavriago Cavriago Cavriago Cavriago Cavriago Ciano Enza Ciano Enza Ciano Enza Ciano Enza Ciano Enza Ciano Enza Ciano Enza Fontana Frascari Gaudenti Ghirelli Gianferrari Incerti Levrini Lodesani Lucenti Lucenti Magnani Mammi Medici Meglioli Munari Nerucci Paganelli Paganelli Paganelli Palazzi Pietri Ravazzini Ravazzini Ravazzini Rivi Ruini Secchi Ternelli Ternelli Ternelli Toni Zanti Cigarini Lavecchi Mori Reverberi Ronzoni Sacchini Sacchini Albertini Albertini Azzali Canovi Deladonna Delledonna Donetoni Massimiliano Ettore Giulio Giuseppe Arturo Bartolomeo Carlo Giacomo Giulio Paolo Enrico Luigi Gaetano Stefano Carlo Armando Artemio Attilio Nino Giovanni Entimio Angelo Carlo Nello Dante Ildebrando Domenico Enrico Giovanni Guglielmo Enrico Ferdinando Artemio Galileo Nicola Guido Pietro Mario Ultimo Domenico Pompilio Giacomo Stefano Giovanni Natalia Bianca Giuseppe Emilio nn Giovanni Luigi Guglielmo Benvenuto Flaminio Carlo Lorenzo Giuseppe Domenico Giovanni Luigi Domenico Salustio Domenico Luigi Domenico Fedele antonio Enrico Riccardo Angelo Giovanni Pietro Umberto Ricciotti Vito Ricciotti Pietro Felice Giovanni Primo Ferdinando Gioacchino Secondo Giuseppe Giuseppe Umberto Agostino Costante Pietro Ireno Giovanni Giovanni 1899 1903 1902 1925 1896 1904 1927 1912 1925 1926 1906 1923 1904 1903 1904 1923 1920 1908 1923 1900 1921 1920 1925 1897 1911 1896 1899 1929 1927 1910 1899 1893 1914 1907 1911 1900 1919 1901 1918 1905 1898 1926 1893 1906 1918 Contadino Bracciante Bracciante Bracciante Contadino Muratore Muratore Operaio Falegname Contadino Contadino Commerciante Meccanico Contadino Contadino Manovale Coltivatore Diretto Contadino Contadino Contadino Operaio Mutilato Bracciante Contadino Bracciante Bracciante Manovale Muratore Meccanico Decoratore Contadino Macellaio Falegname Falegname Contadino Contadino Bracciante Operaio Meccanico Contadino Contadino Contadino Agricoltore Contadino Bracciante Manovale Castellarano Castellarano Reggio Emilia Castellarano Castellarano Reggio Emilia Roteglia Roteglia Roteglia S.Valentino (RE) Reggio Emilia Roteglia Castellarano Roteglia Isola d'Elba Casalgrande Castellarano Castellarano Castellarano Toano Castellarano Bassano Cavriago Villa Cella (RE) Berlino Cavriago Cavriago Ciano d'Enza Compiano Selvapiana Traversetolo Ciano d'Enza Parma Parma 3-08-1944 20/07/44 20/07/44 20/07/44 2-08-1944 20/07/44 2-06-1944 12-10-1944 15/09/44 8-09-1943 21/06/44 21/06/44 28/06/44 8-05-1944 6-10-1944 1-07-1944 8-05-1944 8-05-1944 8-05-1944 Castellarano Castellarano Castellarano Reggio Emilia Castellarano Castellarano Castellarano Castellarano Castellarano 20/07/44 24/06/44 20/07/44 3-08-1944 20/07/44 7-08-1944 20/07/44 20/07/44 20/07/44 21/10/44 20/07/44 20/07/44 29/03/44 20/07/44 30/07/44 3-08-1944 4-08-1944 30/07/44 30/07/44 30/07/44 3-08-1944 30/07/44 20/07/44 30/07/44 8-09-1943 Germania Germania Magdeburg (D) Innsbruck (A) Germania Germania Germania Germania Germania Germania Oldenburg (D) Germania - Polonia Dessau (D) Germania Monaco (D) Germania Germania Germania Lipsia (D) Monaco (D) Dachau (D) Velbert (D) Germania Monaco (D) Germania Monaco (D) Germania Monaco (D) Germania Magdeburg (D) Dachau (D) Germania Lipsia (D) Turingia (D) Germania Germania Monaco (D) Germania Monaco (D) Germania Barcaiolo Manovale Minatore Operaio Manovale Contadino Contadino Fornaio Contadino Contadino Bracciante Meccanico Muratore Meccanico Operaio Manovale Operaio Elettricista Carpentienre Facchino Operaio Meccanico Manovale Manovale Manovale Bracciante Operaio Bracciante Muratore Fresatore Bracciante Bracciante Bracciante Facchino Operaio Bracciante Operaio Spazzino Manov ale Muratore Muratore Meccanico Falegname 5-04-1945 21/04/45 8-05-1945 8-05-1945 19/03/45 1945 22/05/45 11-04-1945 1945 1945 1945 12-03-1945 23/04/45 30/04/45 15/04/45 8-03-1945 15/04/45 8-05-1945 6-04-1945 15/04/45 10-09-1945 24/04/45 3-05-1945 23/04/45 14/04/45 23/04/45 6-04-1945 24/04/45 24/04/45 23/04/45 16/04/45 11-04-1945 23/04/45 30/03/45 9-03-1945 16/04/45 1945 26/04/45 14/04/45 8-05-1945 7-03-1945 24/04/45 7-03-1945 27/04/45 USA URSS URSS URSS USA URSS USA USA URSS URSS URSS USA USA USA USA Morto USA URSS USA USA USA URSS USA USA USA USA USA USA USA USA USA USA USA USA USA USA USA 116 Ciano Enza Ciano Enza Ciano Enza Ciano Enza Ciano Enza Ciano Enza Ciano Enza Ciano Enza Ciano Enza Ciano Enza Ciano Enza Ciano Enza Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Ferrarini Gibertini Manini Medola Morini Morini Ruffini Vasirani Viani Zannoni Zavaroni Zecchetti Adorni Bazzoli Benetti Bernardi Bezzi Bezzi Bezzi Bonetti Borelli Borghi Bottazzi Bottazzi Bottazzi Caccialupi Camparani Civiera Cumer Ferretti Ferretti Ferretti Ferretti Ferretti Ferretti Ferretti Ferretti Formentini Furlani Galassi Galassi Galaverni Galeazzi Galeazzi Galeazzi Gentili Mario Otello Alfeo Ferrante Giuseppe Sergio Erio Afro Luigi Bruno Aimo Nino Bruno Fioravante Ettore Sante Armando Emilio Italo Francesco Cesare Fernando Alberto Clemente Nino Armando Arrigo Andrea Luigi Egisto Emilio Giovanni Iva Lindo Nino Orio Metello Dante Ramualdo Domenico Luigi Wolfango Agostino Agostino Cesare Giuseppe Aristide Gisberto Secondo Fioravante nn Pierino Geremia Aldo Pietro Giovanni Strauss Giuseppe Amerigo Italo Francesco Domenico Battista Giuseppe Battista Ettore Antonio Giovanni Agostino Antonio Clemente Antonio Pietro Domenico Giovanni Domenico Clemente Romualdo Arturo Achille Romualdo Bartolomeo Umberto Giuseppe Giulio Giuseppe nn Guido Antonio Attilio Attilio Giovanni 1915 1927 1896 1922 1925 1927 1920 1924 1908 1910 1923 1916 1901 1901 1924 1924 1902 1908 1897 1901 1901 1912 1901 1899 1926 1919 1903 1903 1926 1904 1906 1893 1920 1924 1901 1905 1914 1903 1896 1905 1908 1909 1890 1902 1908 1908 Contadino 6-10-1944 Contadino 6-10-1944 Contadino 6-10-1944 Operaio 15/02/44 Bracciante 19/03/44 Operaio 1-07-1944 Contadino 6-10-1944 Contadino 11-08-1944 Contadino 6-10-1944 Contadino 6-10-1944 Commerciante ambulante Agricoltore 29/05/44 Commerciante 30/06/44 Calzolaio 2-01-1945 Studente 30/06/44 Contadino 19/08/44 Muratore 1-07-1944 Contadino 30/06/44 Contadino 1-07-1944 Costruttore Edile 30/06/44 Contadino 20/07/43 Muratore 30/06/44 Contadino 30/06/44 Contadino 1-07-1944 Contadino 30/06/44 Contadino 1-07-1944 Contadino 1-07-1944 Muratore 30/06/44 Operaio 12-09-1943 Operaio 30/06/44 Operaio 1-07-1944 Muratore 31/06/44 Casalinga 26/06/44 Contadino 1-06-1944 Contadino 2-07-1944 Contadino 30/06/44 Insegnante 30/05/44 Esercente 5-07-1944 Carabiniere 2-07-1944 Contadino 30/06/44 Pastore 30/06/44 Manovale 3-07-1944 Operaio 30/06/44 Contadino 30/06/44 Operaio 1-07-1944 Contadino 1-07-1944 Reggio Emilia Montecchio Ciano d'Enza Ciano d'Enza Villaminozzo Vetto Reggio Emilia Ciano d'Enza Vedriano Ciano d'Enza 22/03/44 Ciano d'Enza Collagna Collagna Collagna Cuneo Acquabona Acquabona Acquabona Collagna Collagna Collagna Acquabona Collagna Acquabona Collagna Cerreto Alpi Cerreto Vicenza Collagna Collagna Collagna Collagna S.Benedetto Collagna Collagna Collagna Gatta Collagna Acquabona Acquabona Busana Collagna Collagna Collagna Collagna Falegname Bracciante Operaio Manovale Operaio Manovale Erfurt (D) Bracciante Berlino (D) Operaio Germania Manovale Cerrè Sologno Montatore Manovale Greifswald (D) Operaio Bolzano - Verona Calzolaio Germania Facchino Berlino.Marienburg (D) Meccanico Erfurt (D) Muratore Germania Manovale Muenster (D) Carrettiere Germania Manovale Germania Operaio Muenster (D) Manovale Germania Manovale Muenster (D) Carrettiere Muenster (D) Contadino Stettino (Pol) Contadino Colonia (D) Facchino Germania Manovale Breslau (Pol)-Dachau (D) Minatore Greifswald (D) Operaio Germania Manovale Stan-Krems - Berlino (D) Muratore Hannover (D) Operaia Hannover (D) Manovale Teltow (D) Manovale Kassel (D) Contadino Greifswald (D) Manovale Germania Manovale Slesia (D) Germania manovale Stolpe (D) Operaio Hindemburg (D) Germania Contadino Dessau (D) Facchino Dessau (D) Elettricista Dessau (D) Operaio Austria - Germania Vienna (A) Brandenburg (D) Germania Linz (A) Germania 2-05-1945 6-04-1945 28/04/45 28/07/44 8-05-1945 4-05-1945 5-04-1945 14/04/45 24/04/45 14/04/45 1-05-1945 11-04-1945 30/04/45 25/04/45 26/04/45 23/04/45 12-04-1945 7-03-1945 3-04-1945 9-03-1945 4-04-1945 1945 8-03-1945 2-04-1945 1-04-1945 1-05-1945 5-03-1945 5-04-1945 16/04/45 30/04/45 5-04-1945 3-04-1945 31/01/45 9-04-1945 24/04/45 5-04-1945 30/04/45 3-04-1945 3-04-1945 10-04-1945 9-03-1945 1945 1-03-1945 1945 25/05/45 24/04/45 Ammalato - rientrato dal 04/07/1944 combatte con reparti RSI URSS Morto URSS URSS URSS USA URSS Morto USA URSS USA URSS USA USA USA URSS Fuggito - rimpatriato USA URSS Partigiani italiani USA URSS USA URSS USA URSS USA USA URSS USA USA URSS USA USA USA USA USA USA URSS USA Partigiani Jugoslavi USA 117 Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Correggio Correggio Correggio Correggio Correggio Correggio Correggio Correggio Correggio Correggio Correggio Correggio Ghini Mainoldi Manenti Manicardi Montecchi Monti Natalini Notari Notari Orandi Orlandi Orlandi Orlandi Orlandi Orlandi Orlandi Pangos Penserini Penserini Ricci Ricci Rivoli Romagnoli Saimini Sentieri Setti Tacconi Tranconi Ugolotti Versi Verzi Giansoldati Lombardi Tronconi Bagni Bedogni Bigarelli Bondi Boni Brunelli Campani Carretti Catellani Davoli Gazzetti Giuliani Arcise Edoardo Aldo Umberto Vito Prospero Francesco Carlo Oliviero Enrico Ottavio Domenico Antonio Giuseppe Sveno Francesco Galileo Leone mario Ugo Eugenio Rocco GiandomenicoAngelo Giovanni Angelo Marco Rizieri Secondo Rizieri Ugo Giuseppe Libero Antonio Domenico Pietro Isidoro Augusto Mario Francesco Pietro Aristide Vito Antonio Orlando Fortunato Bartolo Edoardo Olindo Geremia Bruno Diego Primo Giuseppe Pilade Palmiro Alfredo Ettore Ruggero Giuseppe Dante Francesco Lodovico Gerolamo Ciro Giuseppe Efrem Silvio Marino Giuseppe Werter Aronne Aldo Tito Primo Umberto Bruno Angelo Valter Bruno Poppea Clinio Nello Enrico Efrem Ermenegildo Valdo Armando Secondo Leandro Bernardino Pietro 1904 1902 1906 1895 1894 1910 1909 1928 1916 1897 1913 1926 1919 1898 1905 1892 1904 1910 1912 1893 1913 1893 1892 1905 1910 1896 1904 1902 1891 1911 1914 1894 1900 1923 1926 1924 1914 1924 1921 1923 1924 1925 1929 1900 1911 Contadino Operaio Contadino Bracciante Postino Bracciante Contadino Contadino Bracciante Contadino Contadino Operaio Bracciante Manovale Contadino Contadino Barbiere Muratore Bracciante Contadino Manovale Contadino Boscaiolo (operaio) Muratore Bracciante Esercente Calzolaio Contadino Falegname Muratore Carabiniere Contadino Contadino Contadino Operaio Barbiere Meccanico Operaio Meccanico Operaio Esercente Contadino Contadino Bracciante Manovale Impiegato 02/07/0944 30/06/44 2-07-1944 1944 30/06/44 30/06/44 30/06/44 2-07-1944 31/07/44 1-07-1944 30/06/44 1-07-1944 1-07-1944 30/06/44 30/06/44 1-07-1944 30/06/44 2-07-1944 2-07-1944 30/06/44 4-07-1944 30/06/44 29/06/44 30/06/44 2-07-1944 30/06/44 2-07-1944 1-07-1944 30/06/44 30/06/44 30/06/44 1-07-1944 30/06/44 30/06/44 13/09/44 1-12-1944 28/06/44 Agosto '44 8-05-1944 1-12-1944 22/07/44 1-12-1944 27/08/44 31/12/44 2-01-1944 5-10-1944 Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Acquabona Collagna Collagna Acquabona Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Cerreto Alpi Collagna Collagna Collagna Collagna Collagna Cerreto Alpi Gatta Valbona Cerreto Alpi Acquabona Collagna Collagna Collagna Valbona Cerreto Alpi Correggio Correggio Gazzata Correggio Correggio Correggio Correggio Correggio Reggio Emilia Correggio Correggio Marzabotto Collagna Collagna Valbona Dessau (D) Manovale Kolberg (D) Cuciniere Germania Manovale Germania Gusen (D) Manovale Greifswald (D) Manovale Stettino - Rostock (D) Cantoniere Schwerin (D) Manovale Marienburg - Schwerin (D) Operaio Schwerin (D) operaio Schwerin (D) manovale Pomerania (D) Stettino (Pol) Operaio Schwerin (D) Manovale Schwerin (D) Manovale Stettino (Pol) Operaio Sassonia (D) Manovale Gotha - Goettingen (D) Manovale Germania Fonditore Germania Manovale Pilsen (CZ) Muratore Goettingen (D) Tuchow (Pol) Boscaiolo Pilsen (CZl) Facchino Pilsen (Csl) Facchino Germania Meccanico Lipsia - Paderborn (D) Calzolaio Munsedan? Manovale Wels (A) Falegname Erfurt (D) Muratore Germania Operaio Hindenburg (D) Gotha (D) Manovale Germania Manovale Monaco (D) Manovale Manovale Danzica (D) - Thorn (Pol) Manovale Germania Operaio Germania Motorista Brieg (D) Meccanico Breslau (Pol) Manovale Brieg (D) Ferroviere Germania Facchino Brieg (D) Operaio Hannover (D) Manovale Fresatore USA URSS URSS Ammalato URSS URSS USA USA USA URSS Deceduto 23/05/45 URSS 2-05-1945 USA 2-05-1945 USA 1-05-1945 URSS 26/04/45 USA 6-04-1945 USA 13/04/45 USA 27/04/45 USA 5-05-1945 Partigiani Cechi 26/04/45 USA 1-05-1945 URSS 5-05-1945 USA 5-05-1945 Cecoslovacchi 8-04-1945 USA 1-04-1945 USA 29/04/45 USA 7-05-1945 USA 10-04-1945 USA 25/04/45 USA 8-05-1945 USA 17/04/45 USA 8-05-1945 USA 4-04-1945 USA 8-04-1945 USA 27/03/45 URSS 8-04-1945 URSS 20/05/45 USA 12-05-1945 URSS 14/04/45 USA 8-05-1945 URSS 8-05-1945 URSS 12-05-1945 URSS 9-04-1945 USA 22/04/45 URSS 5-04-1945 4-03-1945 4-03-1945 ott-44 30/12/44 1-05-1945 1-05-1945 2-05-1945 3-05-1945 1-05-1945 22/04/45 118 Correggio Correggio Correggio Correggio Correggio Correggio Correggio Correggio Correggio Correggio Correggio Correggio Correggio Correggio Correggio Correggio Correggio Correggio Correggio Correggio Correggio Fabbrico Fabbrico Fabbrico Fabbrico Fabbrico Fabbrico Fabbrico Gattatico Gattatico Gattatico Gattatico Gattatico Gattatico Gualtieri Gualtieri Gualtieri Gualtieri Gualtieri Gualtieri Gualtieri Gualtieri Gualtieri Gualtieri Gualtieri Guastalla Grazioli Incerti Lugli Luppi Luppi Lusetti Mantova Marchi Medici Menozzi Neviani Nicolini Panisi Pisa Rolla Sedano Simonazzi Verzelloni Vittori Zoboli Davoli Copellini Davolio Menotti Nicolini Panisi Vezzani Vezzani Artoni Bigi Ceci Chiari Ferrari Mora Alberti Benatti Bigi Bonini Garuti Gianferrari Gianferrari Gualdi Mori Salvarani Vergnani Agosta Don Mario Attilio Antonio Anselmo Guido Viterbo Osvaldo Alfredo Bruno Celso Don Enzo Getulio Veno Giovanni Alberto Giovanni Luciano Flaminio Leo Riccardo Giuseppe Enzo M. Rolando Giannetto Fabio Giulio Dino Tristano Ideo Giuseppe Macedonio Ferruccio Enzo Luigi Franco Athos Giuseppe Afro Otello Bruno Ivo Faustino Bruno Guido Vittorio Ennio 1923 1923 1930 1925 1927 1925 1924 1922 1908 Paolo Claudio Abelardo Giulio Davide Grisante Luigi Angelo Romildo Afro Daniele Grescenzio Leone Pietro Carlo Pietro Pietro Fiorigi Arduino nn Luigi Daccirio 1904 1913 1921 1891 1905 1905 1914 1908 1909 1922 1905 1923 1921 1922 1914 1899 1926 1923 1900 1920 1926 1924 1924 1923 1925 1919 1924 1925 1926 1917 1921 1923 1908 1925 1923 Giuseppe Enrico Giuseppe Adeo Antonio Dionisi Eugenio Quirino Roberto Primo Pietro Alderigi Ernesto Umberto Giovanni nn Renzo Giuseppe Vittore Domenico Enrico Giovanni Studente Studente Contadino Disegnatore Operaio Barbiere Ambulante Autista Meccanico Contadino Meccanico Meccanico Meccanico Contadino Casaro Contadino Meccanico Contadino Contadino Fornaio Meccanico Bracciante Manovale Meccanico Gelatiere Sacerdote Commesso Manovale Calzolaio Bracciante Operaio Operaio Impiegato Macellaio Operaio Sacerdote Bracciante Bracciante Meccanico Bracciante Ortolano Meccanico Gattatico Reggio Emilia Reggio Emilia Gattatico Reggio Emilia Africa Reggio Emilia Reggio Emilia 8-03-1944 10-08-1944 20/04/44 7-11-1944 17/06/44 22/05/45 10-08-1944 15/05/44 20/08/43 8-03-1944 26/11/44 5-04-1941 14/06/42 7-08-1944 8-03-1944 9-05-1944 8-06-1944 23/08/44 AddissAbeba Reggio Emilia Germania Gualtieri Udine Guastalla Pieve di Cadore Gualtieri Fabbrico Fabbrico Fabbrico Canolo Correggio Correggio Correggio Bologna Budrio - Correggio Correggio Correggio Reggio Emilia Sulmona Correggio Novara S.Prospero Firenze Fosdondo Correggio Correggio Correggio Correggio Reggio Emilia Correggio Fabbrico 29/11/44 29/11/44 28/11/44 22/07/44 22/07/44 1-12-1944 22/07/44 24/08/44 29/07/44 29/05/44 22/07/44 9-12-1943 15/09/43 22/07/44 23/04/44 2-07-1944 22/03/44 18/05/44 22/07/44 1-12-1944 24/06/44 1-12-1944 22/06/44 9-11-1943 12-10-1944 Germania Facchino Ebelsberg (A)-Polonia Germania Willich (D) Colonia (D) Germania Germania Germania Rhodesia Colonia (D) Germania Colonia (D) Germania Germania Polonia Giardiniere Manovale 7-05-1945 Manovale Manovale Bracciante Manovale Manovale Vetraio Operaio Manovale Operaio Manovale Minatore Operaio Meccanico Meccanico Meccanico Meccanico Dachau(D) Mauthausen (A) Fossoli Brieg (D) Manovale Breslau (Pol) Manovale Monaco (D) Barcaiolo Monaco Salumiere Hannover (D) Manovale Breslau (Pol) Interprete Germania Salisburgo (A) Minatore Mauthausen (A)-Dachau (D)Manovale Germania Meccanico Germania - Breslau (Pol) Manovale Meccanico Limburg (D) Muratore Breslau (Pol) Falegname Brieg (D) Bracciante Manovale Brieg (D) Manovale Germania Manovale Berlino (D) Facchino Manovale 3-05-1945 4-01-1947 5-04-1945 12-04-1945 5-04-1945 7-05-1945 1945 20/06/43 6-01-1947 14/04/45 USA 11-01-1945 5-04-1945 5-04-1945 URSS USA Fuggito Francesi USA USA USA USA USA Fuggito durante il viaggio di deportazione 30/07/1944 8-05-1945 URSS 16/04/45 USA 29/04/45 USA 1-05-1945 USA 10-04-1945 Inglesi 22/02/45 2-04-1945 25/04/45 USA 29/04/45 USA 25/04/44 1-05-1945 USA 22/04/45 USA 9-04-1945 Inglesi 8-05-1945 URSS 8-05-1945 URSS 28/04/45 USA 21 giorni in campo di punizione 'Straflagheri' 8-05-1945 URSS 11-04-1945 USA 24/04/45 URSS 20/04/45 USA Internato civile 30/06/45 URSS 9-05-1945 URSS 9-05-1945 URSS 23/04/45 URSS Catturato dalla Brigata Nera 6-04-1945 USA Catturato dai fascisti. 3-12-1944 Ammalato 5-04-1945 14/04/45 Inglesi 29/04/45 119 Guastalla Guastalla Guastalla Guastalla Guastalla Guastalla Guastalla Guastalla Guastalla Guastalla Guastalla Guastalla Guastalla Guastalla Guastalla Guastalla Guastalla Guastalla Guastalla Guastalla Ligonchio Ligonchio Ligonchio Ligonchio Luzzara Luzzara Luzzara Luzzara Luzzara Luzzara Luzzara Luzzara Montecchio Montecchio Montecchio Novellara Novellara Novellara Novellara Novellara Novellara Novellara Novellara Novellara Novellara Novellara Benassi Benatti Bernini Brozzi Catellani Catellani Copellini Cornacchia Freddi Gavassa Mora Mora Mora Morelli Paluan Pontiroli Riva Vallini Verona Zecchi Scaruffi Simonelli Toni Toni Beltrami Bertazzoni Caramaschi Cealti Crema Luppi Malagoli Marchi Asioli Denti Ferrari Bartoli Becchi Bellini Bergamaschi Berni Bigliardi Carretti Castagnoli Castellari Corradi Corradini Ermes Giovanni Edolo Angiolino Cesare Erminio Ermelino Adelmo Enrico Edoardo Andrea Mario Vittorino Gaspare Guerrino Bruno Oliviero Franco Iudes Dante Mario Antonio Giacomo Sauro Pilade Anselmo Carlo Nullo Livio Arrigo Stefano Loris Cesare Ezio Aronne Dario Amedeo Francesco Paride Ermes Enrico Arnaldo Mario Adelmo Oscar Calvino Adelmo Remo Arnaldo Armando Errico Achille Giovanni Guido Leonida Luigi Ariodante Erminio Ariodante Gaetano Giulio Ettore Lono Riccardo Antonio Ermes Frigerio Venanlio Giovanni Adolfo Artemio Luigi nn Antenore Giovanni Domenico Gaetano Carlo Umberto Giambattista Antonio Domenico Luigi Azio Luigi Demetrio Umberto Emerenzo Vittorio Luigi Marino Ennio 1925 1916 1915 1921 1914 1903 1914 1921 1925 1903 1928 1912 1926 1896 1916 1922 1904 1897 1924 1926 1921 1925 1920 1928 1903 1924 1926 1923 1926 1925 1925 1909 1923 1908 1908 1910 1923 1914 1916 1925 1913 1925 1920 1912 1923 1921 Meccanico 28/02/44 Meccanico 16/10/43 Bracciante 19/03/44 Maestro 9-09-1943 Idraulico 25/04/44 Operaio 10-10-1944 Bracciante 28/02/43 operaio 29/02/44 Contadino 8-03-1944 Impiegato 1-04-1944 Meccanico 5-01-1944 Falegname 16/08/44 Falegname 5-01-1944 Muratore 28/03/44 Falegname 25/03/44 Lattonaio 29/05/44 Meccanico 22/06/44 Calzolaio 7-06-1944 Operaio 17/03/44 Meccanico 19/01/44 Impiegato 10-05-1944 Bracciante 5-08-1944 Contadino 4-08-1944 Manovale 3-07-1944 Bracciante 12-04-1944 Commerciante 2-08-1944 Macellaio 17/06/44 Autista - Elettricista 24/02/43 Macellaio 17/06/44 Contadino affittuario 10-08-1944 Contadino 17/07/44 Bracciante 24/08/44 Operaio 17/06/44 Lattoniere 14/09/44 Muratore 15/05/41 Meccanico 5-07-1944 Contadino 22/04/44 Meccanico 26/06/44 Marmista 14/05/44 Manovale 6-12-1944 Meccanico 20/04/44 Contadino 1-12-1944 Meccanico 1-10-1944 Bracciante 10-04-1944 Operaio 17/09/44 Meccanico 29/03/44 Polonia Asmara Polonia Codisotto Casoni Reggio Emilia Imola Berlino Parigi Alessandria Genova Novellara Reggio Emilia Novellara Reggio Emilia S.Giovanni Nov. Valle d'Aosta S.Giovanni Nov. S.Maria Nov. Novellara Guastalla Guastalla Reggio Emilia Reggio Emilia Francia Germania Reggio Emilia Cast.Sotto Guastalla Guastalla Guastalla Modena Guastalla Reggio Emilia Guastalla Reggio Emilia Guastalla Guastalla Reggio Emilia Sadava Cinquecerri Ligonchio Collagna Codisotto Meccanico Facchino Bracciante 25/04/45 23/04/45 16/04/45 18/04/45 Meccanico 22/04/45 Muratore 10-07-1944 Contadino 11-04-1945 Facchino 11-04-1945 Operaio 19/03/45 Meccanico 1945 Contadino 15/04/45 Falegname 6-04-1945 Contadino 10-04-1945 Muratore 15/02/45 Falegname 23/04/45 Bracciante 22/04/45 Operaio 7-04-1945 Manovale 12-04-1945 Meccanico 17/04/45 Meccanico 1-04-1945 Manovale 24/01/45 Manovale 1-04-1945 Facchino 31/03/45 Pilsen (CZ) Manovale 5-05-1945 Germania Fattorino 16/04/45 Germania 1945 Polonia - Hannover (D) Agricoltore 10-04-1945 Rhodesia Dipendente Olivetti 4-01-1947 Polonia - Hannover (D) Agricoltore 10-04-1945 Berlino (D)- Cecoslovacchia Lavoro in ferrovia 8-05-1945 Berlino - Brieg (D) 28/05/45 Facchino 4-04-1945 Germania Meccanico 4-04-1945 Berlino (D) Tubista 3-05-1945 Berlino (D) Muratore 22/04/45 Lipsia (D) Meccanico 17/04/45 Brandenburg (D) Manovale 21/04/45 Dessau (D) Contadino 10-05-1945 Germania Manovale 14/04/45 Germania Manovale 19/04/45 Tornitore 2-05-1945 Brieg (D) Manovale 9-05-1945 Germania Operaio 1-04-1945 Berlino (D) Manovale 10-05-1945 Breslau (Pol) Tornitore 7-05-1945 Magdeburg (D) Meccanico 11-04-1945 Germania Buchenwald (D) Fassberg (D) Berlino (D) Berlino (D) Berlino (D) Germania Magdeburg (D) Germania Costanza Innsbruck (D) Germania Innsbruck (D) Berlino (D) Kempten (D) Germania Langenbielau (D) Berlino (D) Lipsia (D) Vienna (A) Auschwitz (Pol) Germania URSS URSS USA Francesi URSS URSS URSS USA USA USA USA USA Fuggito USA USA URSS URSS USA USA USA URSS USA URSS URSS USA USA USA Inglesi USA Ammalato Catturato dagli alleati Con cartolina precetto. USA USA USA Autoliberatosi USA URSS Inglesi USA 120 Novellara Novellara Novellara Novellara Novellara Novellara Novellara Novellara Novellara Novellara Novellara Novellara Novellara Novellara Novellara Novellara Novellara Poviglio Poviglio Q.Castella Q.Castella Q.Castella Q.Castella Ramiseto Ramiseto Ramiseto Ramiseto Ramiseto Ramiseto Ramiseto Ramiseto Ramiseto Ramiseto Ramiseto Ramiseto Ramiseto Ramiseto Ramiseto Ramiseto Ramiseto Ramiseto Ramiseto Ramiseto Reggio Reggio Reggio Fieni Giordani Iotti Maccagnani Mazza Oliva Piazza Reggiani Rondini Rossi Rossi Sagradi Sagradi Spaggiari Spaggiari Spaggiari Sagradi Bertani Colla Aleotti Bellesi Panciroli Tamagnini Antonelli Azzolini Baisi Borghi Carlini Catti Cecchi Cecconi Cola Dughetti Dughetti Ferrari Ilariucci Mappa Menconi Merlini Morlini Pedrini Valli Bragazzi Adani Aghinolfi Alfieri Giovanni Franco Adriano Franco Luigi Ferruccio Umberto Cismo Luigi Adorno Guido Calvino Romano Amilcare Guido Mario Luigi Aldo Ermes Demetrio Giovanni Otello Mario Aldo Alberto Pellegrino Luigi Giuseppe Leopoldo Vittorio Renato Guerrino Livio Primo Giuseppe Antonio Leonardo Poerio Giuseppe Giovanni Alfredo Renato Antonio Claudio Ivo Gelmino Giuseppe Natale Augusto Davide Licinio Guido Antenore Augusto Arnaldo Antonio nn Casciano Luigi Ruggero Licinio Umberto Luigi Luigi Massimiliano Giovanni Aristide Sante Marino Giuseppe Prospero Simone Guido Pasquino Raniero Michele Davide Michele Pellegrino Antonio Giuseppe Arturo Domenico Ferdinando Rizieri Pellegrino Eugenio Michele Romualdo Antonio Ilario 1890 1912 1892 1901 1911 1895 1928 1906 1924 1923 1918 1923 1926 1910 1926 1911 1924 1922 1923 1925 1914 1916 1883 1929 1912 1925 1925 1924 1917 1925 1927 1919 1920 1925 1913 1913 1890 1902 1900 1910 1892 1908 1910 1904 1905 Pastaio 6-04-1944 Meccanico 27/06/44 Muratore 22/06/44 Impiegato 5-10-1944 Bracciante 1944 Macchinista 18/08/44 Bracciante 1-05-1944 Fornaio 17/12/43 Contadino 15/11/44 Muratore 28/05/44 Casaro 27/04/44 Bracciante 12-10-1944 Bracciante 12-10-1944 Bracciante 12-04-1944 Contadino 9-08-1944 Contadino 9-10-1944 Bracciante 29/10/44 Bracciante 4-05-1944 Carabiniere 1-12-1944 Contadino Autista 30/06/44 Meccanico 23/06/44 Contadino 23/04/44 Contadino 2-07-1944 Mugnaio 30/06/44 Contadino 2-07-1944 Contadino 2-07-1944 Impiegato comunale 30/06/44 Contadino 3-07-1944 Mezzadro 2-07-1944 Falegname 3-07-1944 Contadino 2-07-1944 Contadino 3-07-1944 Contadino 1-07-1944 Contadino 1-08-1944 Contadino 29/06/44 Muratore 17/11/42 2-07-1944 Contadino 2-07-1944 Operaio 20/11/44 2-07-1944 Cascinaio 2-07-1944 2-07-1944 Meccanico 22/06/44 Meccanico 8-09-1943 Barbiere sett. 1943 Cervarezza Villa Sesso Vicenza Ramiseto Busana Ramiseto Ramiseto Ramiseto Reggio Emilia Ramiseto Reggio Emilia Reggio Emlilia Ramiseto Castagneto Gatta Cast.Monti Ramiseto Reggio Emilia Ramiseto Castagneto Ramiseto Reggio Emilia Ramiseto Ramiseto Reggio Emilia Reggio Emilia Reggio Emilia Reggio Emilia Novellara Reggio Emilia S.Bernardino Novellara Novellara Torino Novellara Novellara Novellara Novellara S.Maria Nov. Novellara Novellara Novellara Novellara Poviglio Torino Elettricista Contadino Muratore Manovale Germania Germania Manovale Lavora Meccanico Meccanico Meccanico Manovale Boscaiolo Germania Facchino Berlino (D) Manovale Manovale Germania - Bochum (D) Manovale Bochum (D) Manovale Germania Operaio Innsbruck (D) Manovale Innsbruck (D) Manovale Bochum (D) manovale Berlino (D) Operaio Bolzano - Germania Germania Germania Manovale Colonia (D) Muratore Germania Manovale Contadino Magdeburg (D) Manovale Stettino (Pol) Manovale Contadino Bracciante Contadino manovale Manovale Contadino Contadino Manovale Manovale Meccanico Kiel (D) Muratore Falegname Vari lavori Peschiera Manovale Berlino (D) Germania Germania Bremen (D) Germania 22/04/45 21/03/45 21/01/45 1-05-1945 5-07-1945 1-04-1945 30/04/45 5-04-1945 4-05-1945 26/04/45 1-05-1945 11-04-1945 11-04-1945 16/04/45 8-05-1945 1945 11-04-1945 8-04-1945 1945 1945 11-04-1945 6-03-1945 4-04-1945 5-04-1945 30/04/45 22/04/45 16/04/45 13/04/45 12-04-1945 5-05-1945 3-05-1945 4-04-1945 11-04-1945 2-05-1945 14/04/45 5-05-1945 8-05-1945 28/04/45 30/04/45 29/05/45 6-07-1945 30/04/45 4-03-1945 28/03/45 12-04-1945 1945 Autonomamente rimpatriato USA URSS USA USA USA USA USA USA URSS USA USA USA URSS URSS USA USA URSS USA USA G.B. USA URSS G.B. Precettato Rastrellato USA Autoliberatosi URSS Inglesi USA Francesi URSS USA USA USA USA USA Francese USA URSS 121 Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Ariello Aristarchi Artioli Ascari Ascari Badoni Bagni Bagni Baiocchi Baldi Barazzoni Barbarani Barbieri Barchi Barilli Bartoli Bartoli Bartoli Battaglia Battilani Bedeschi Belli Benevelli Bertani Bertolini Bertoni Biagini Biancolini Bigliardi Bigliardi Biondi Bizzarri Bocedi Bocedi Boiardi Bolognesi Bolondi Bonazzi Bonazzi Bondavalli Bondavalli Bondavalli Bondioli Boni Boni Bonvicini Gino Giacomo Giglio Azio Viviana Camillo Alfeo Gino Mario Renzo Renzo Franco Orlando Augusto Giuseppe Bruno Giorgio Livio Irma Mario Gaetano Nino Azio Pierino Aldo William Olinto Giovanni Giulio Guido Sirena Armando Albano Gino Dante Giovanni Nello Amedeo Giuseppe Amedeo Bruno Renato Aldo Alberto Ercole Orlando Alfredo Salvatore Polivio Oreste Leopoldo Giovanni Aristide Vincenzo Luigi nn Adelmo nn Adelmo nn Antonio Andrea Alberto Giuseppe Luigi nn Dorindo nn Dario Amedeo Primo Silvio Alfredo Giuseppe Cesare Aniceto Alfredo Girolamo Davide Domenico Achille Aldo Camillo Aldo Giuseppe Augusto Luigi angelo Angelo Angelo 1926 1924 1924 1915 1912 1912 1916 1916 1913 1925 1911 1919 1903 1888 1907 1912 1926 1899 1896 1926 1921 1908 1900 1903 1922 1926 1925 1926 1913 1913 1909 1903 1921 1908 1895 1922 1915 1925 1906 1916 1924 1914 1915 1902 1926 1925 8-06-1944 mar-44 29/09/43 31/07/44 12-03-1944 7-08-1944 25/02/44 15/04/44 Limidi di Soliera (MO) Berlino.Wittenberg (D) Meccanico Tornitore 2-05-1945 Reggio Emilia Germania Manovale 15/05/45 Reggiolo Kempten (D) Manovale apr-45 Reggio Emilia Colonia (D)Austria Meccanico 19/09/44 Milano Vienna (A) Operaia 5-04-1944 Fogliano Wiesbaden (D)-Stettino (Pol)Operaio 3-05-1945 Reggio Emilia Germania Tornitore 24/04/45 Reggio Emilia Berlino (D) Operaio 1-05-1945 Tunisia Tunisia - Tripolitania 9-08-1946 25/01/45 Gonzaga Gonzaga - Brennero Bracciante 4-05-1945 1-04-1944 Reggio Emilia Bruss (D) Manovale 25/12/44 30/06/44 Cast.Monti Villach (A) Elettricista 10-05-1945 31/07/44 Reggio Emilia Colonia (D) Manovale 9-05-1945 5-04-1944 Reggio Emilia Germania Meccanico 5-05-1945 4-05-1944 Belgio Berlino (D) Retificatore 23/04/45 15/09/43 Verona Germania Manovale 3-04-1945 17/08/44 Reggio Emilia Monaco (D) Manovale 21/04/45 23/03/44 Correggio Germania Carpentiere 25/04/45 28/02/44 Reggio Emilia Mosbach (D) Manovale 11-05-1945 1-07-1944 Reggio Emilia Manovale 16/04/45 5-09-1944 Reggio Emilia Germania Muratore 20/04/45 18/07/44 Toano Operaio 18/04/45 29/06/44 Cervarezza 1-04-1945 27/07/44 Bassano (TV) Praga (CZ) Manovale 8-05-1945 16/02/44 Reggio Emilia Germania Operaio 28/04/45 7-08-1944 Fogliano Berlino.Langlau (D) Contadino 3-09-1944 Massenzatico Cecoslovacchia Operaio 9-05-1945 Contadino 21/08/44 Villa Bagno Germania Muratore 22/04/45 1944 Reggio Emilia 1945 Meccanico Operaio 30/07/44 Cavriago Germania Operaio 15/10/44 Operaia 25/03/44 Reggio Emilia Wittenberg (D) Trapanista 22/04/45 Manovale 22/04/44 S.Bartolomeo Landau - Leimbach (D) Operaio 23/03/45 Operaio 22/06/44 Reggio Emilia Kaischeim (D) Manovale 1-04-1945 Operaio 5-08-1944 Regnano Berlino (D) Operaio 7-05-1945 Guardia Giurata 1-02-1943 Linz (A) Operaio 4-05-1945 Studente 17/09/43 Svizzera Svizzera lavora presso privati 12-07-1945 Contadino 6-10-1944 Castellaro Brandenburg-Magdeburg (D)Manovale 7-05-1945 Contadino 6-08-1944 Villa Fogliano Duesseldorf- Hahn (D) Manovale 16/05/45 Operaio 21/08/44 Villa Bagno Germania Falegname 14/04/45 Autista operaio 8-01-1944 Bagnolo Germania Meccanico 12-04-1945 Operaio 10-01-1944 Reggio Emilia Norimberga (D) Spazzino 25/04/45 Verniciatore 30/05/44 Reggio Emilia Germania Facchino 30/03/14 Meccanico 4-01-1944 Bologna Auschwitz (Pol)-Bruck (A) 12-04-1945 Operaio 15/05/44 Bologna Breslau (Pol) Imbianchino 8-05-1945 Studente 2-05-1944 Cast.Monti Greucht (D) 8-05-1945 Studente mar-44 Reggio Emilia Moosbierbaum (A) Manovale 26/03/45 Disegnatore Operaio Operaio Casalinga Operaio Operaio Manovale Insegnante Studente Operaio Studente Operaio Contadino Operaio Manovale Fabbro Operaio Ricamatrice Bracciante Contadino Contadino Autista Meccanico Bracciante Operaio URSS URSS URSS USA USA URSS USA USA Autoliberatosi USA Cartolina Precetto URSS USA URSS USA USA URSS G.B. R. URSS USA Morto URSS USA Fuggito USA USA URSS URSS USA URSS Autoliberatosi Autoliberatosi Rimpatriato URSS USA USA USA 122 Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Borciani Borciani Boselli Bosi Bottazzi Bottazzi Braglia Braglia Buffagni Buratti Caffagni Campioli Camurani Caprari Caroli Carpegiani Casadei Casamatti Casoli Casotti Castagnetti Castagnetti Castagnetti Catellani Cattani Chiari Chiesa Chiessi Cilloni Cilloni Consiglio Corezzola Cumis Curtini Dallari Davoli Davoli Davoli Davoli Del Bue Fabbi Fantuzzi Fantuzzi Farioli Ferioli Ferrari Enea Nedo Giacomo Marino Francesco William Guido Senofonte Marino Virginio Adalgiso Franco Aldo Carmen Filiberto Aldo Giuseppe Giuseppe Emore Torquato Bruno Dante Pasquino Pompilio Bruno Giuseppe Antonio Lino Corinto Virgilio Giovanni Renzo Riccardo Giorgio Mario Angelo Bruno Giovanni Paride Angelo Walter Giuseppe William Aldo Carlo Alessio Andrea Fernando Rinaldo Giovanni Enrico Alberto Sesto Giovanni Emilio Giacomo Angelo Giuseppe Pietro Ettore Massimo Alfredo Andrea Antonio Prospero Sante Bruno Dolfo Vito Clemento Dante Michele Giovanni Pietro Effrem Massimiliano Narciso Giuseppe Arnaldo Alfeo Augusto Pietro Tarcisio Luigi Tarcisio Aristide Giuseppe Giuseppe Luigi Giuseppe Eugenio Aldo Aldelco 1917 1925 1925 1900 1924 1921 1887 1896 1923 1902 1884 1924 1908 1925 1899 1926 1885 1914 1923 1926 1923 1897 1901 1924 1925 1923 1916 1906 1909 1904 1902 1919 1908 1898 1894 1905 1914 1911 1926 1922 1925 1903 1925 1922 1922 1926 Marmista 12-06-1944 Meccanico 29/11/44 Aggiustatore 29/12/43 Operaio (sarto) 21/08/44 Contadino 30/03/44 Tecnico 2-02-1944 Manovale 30/04/41 Artigiano (sarto) 7-08-1944 Mezzadro 4-09-1943 Operaio 13/04/44 Bracciante 30/07/44 Bracciante 5-01-1944 Verniciatore 4-03-1943 Casalinga - Bracciante 13/10/44 Manovale 30/06/44 Agricoltore 1-07-1944 Operaio 19/11/43 Falegname 2-08-1944 Operaio 9-08-1944 Operaio 20/07/44 Operaio 2-02-1944 Fabbro 17/03/44 Bracciante 20/04/44 Operaio 22/03/44 Meccanico 25/08/44 Operaio 28/03/44 maggio '44 Bracciante 29/04/44 Meccanico 5-04-1944 Salariato (netturbino)7-08-1944 Calderaio 7-08-1944 Professore 30/06/44 Agente del Dazio 5-08-1944 Ragioniere 19/09/44 Verniciatore 30/09/44 Muratore 7-08-1944 Operaio 20/04/44 Salariato (dogarolo) 7-08-1944 Operaio 25/07/44 Falegname 31/07/44 Operaio 24/11/44 Impiegato 6-04-1941 Operaio 12-02-1944 3-08-1944 Operaio 8-03-1944 Meccanico Dentista 5-08-1944 Fogliano Albinea Cavriago Sant'Ilario Addis Adeba Montecchio Cerredolo Reggio Emilia Villa Fogliano Francia Fogliano Reggio Emilia Reggio Emilia Levizzano Reggio Emilia Eritrea Scandiano Baiso Cast.Monti Torino Reggio Emilia Novellara Villa Masone Reggio Emilia Reggio Emilia S.Bartolomeo Reggio Emilia Reggio Emilia Reggio Emilia Valle del Taro S.Martino Cadelbosco S. Fogliano Fogliano Baiso Viano Reggio Emilia Reggio Emilia Fogliano Ravenna Fabbrico Reggio Emilia Reggio Emilia Reggio Emilia Meccanico Meccanico Manovale Priestewitz (D) Facchino Germania Meccanico Vienna (A)- Berlino (D) Elettricista Germania Manovale Germania Facchino Minatore Germania Meccanico Hannover - Goettingen (D) Facchino Auschwitz (Pol) Rhodesia Fuerstemberg (D) Manovale Germania Manovale Germania Colonia (D) Montatore Brandenburg (D) Operaio Germania Tornitore Germania Manovale Germania Landau - Leimbach (D) Operaio Dresden (D) Manovale Manovale Menningen-Wiener-Neudorf (D) Brieg (D) Inabile Germania Bracciante Boscaiolo Benhausen (D) Manovale Facchino Germania Manovale Verona Operaio Fossoli - Peschiera Berlino (D) Manovale Germania Facchino Germania Manovale Goettingen (D) Manovale Dresda (D) Fornaio Colonia (D) Falegname Mauthausen.Gusen(D) Meccanico Kenya Vienna (A)- Berlino (D) Meccanico Boscaiolo Magdeburgo (D) Operaio Colonia (D) Manovale C.P.per 45 gg. per sabotaggio URSS USA URSS USA USA Rimpatria ammalato USA URSS G.B. URSS URSS USA USA USA USA URSS USA USA URSS USA Evaso Rimpatriato nel 1944 per inabilità 11-04-1945 USA 10-05-1945 USA 8-04-1945 USA 4-05-1945 USA 5-05-1945 USA 7-05-1945 G.B. apr-45 2-05-1945 URSS 9-04-1945 USA 17/12/44 Ammalato 8-04-1945 USA apr-45 URSS 25/04/45 Autorità civili O.M.R 5-05-1945 USA 11-08-1946 20/04/45 Fuggito. 13/04/45 USA 11-04-1945 USA 5-02-1945 USA 13/04/45 17/05/45 15/05/45 26/04/45 20/04/45 15/04/45 20/04/45 4-04-1945 2-05-1945 7-05-1945 8-04-1945 10-04-1945 4-01-1947 12-04-1945 8-04-1945 6-05-1945 nov.1944 31/03/45 1-05-1945 9-04-1945 30/04/45 1945 24/03/45 9-05-1945 5-05-1945 20/04/45 123 Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Ferrari Ferrari Ferrari Ferrarini Ferretti Fiaccadori Fiaccadori Ficcarelli Fieni Fieramosca Fomigoni Fontana Fornaciari Fornaciari Fossile Francavilla Frignani Galeotti Galloni Gambetti Gandolfi Gargalli Garlassi Gasparini Genestri Ghidoni Ghirondi Giacchetto Giacomuzzi Giampaolini Gianola Gibertoni Gibertoni Giordano Giorgi Giudici Gombia Govi Gozzi Grandi Grasselli Grassi Grisendi Gualdi Guatteri Guidetti Italo Walter Emore Aldo Primo Battista Dino Attilio Silla Eros Silvio Primo Guerrino Ivo Guglielmo Michele Ettore Tullio Guido Dante Giuseppe Angelo Oliviero Amedeo Cesare Franco Enzo Gino Luigi Ottorino Fernando Armando Cesira Vincenzo Giorgina Terzo Walter Umberto Benito Luigi Renato Aldino Roberto Fiorigi Carlo Ettore Pancrazio Giuseppe Umberto Ermete Calisto Vincenzo Luigi Paolo Luigi Onesto Giuseppe Luigi Adelmo Giuseppe Pietro Giuseppe Angelo Teodoro Antonio Luigi nn Silvio Autero Clodoveo Carlo Guglielmo Pietro Giuseppe Silvio Achille Eugenio Dante Fulgenzio Angelo Luigi Angelo Luigi Leopoldo Vittorio Giuseppe Alcide Ettore Egidio Angelo Sante 1899 1909 1920 1915 1908 1927 1914 1897 1924 1904 1910 1915 1891 1902 1915 1908 1919 1926 1922 1921 1916 1924 1910 1914 1928 1907 1923 1927 1913 1910 1898 1906 1918 1917 1909 1907 1924 1923 1914 1909 1896 1912 1901 1926 Manovale 17/11/42 Operaio 1-12-1944 Insegnante 15/03/44 Autista 7-05-1943 Operaio 21/06/41 Contadino 7-08-1944 Contadino 7-08-1944 Operaio 2-08-1944 Elettricista 5-01-1944 Operaio 2-08-1944 Falegname 3-08-1944 Operaio 21/03/44 Aggiustatore Meccanico 26/03/44 Falegname 5-09-1944 Ambulante 4-04-1944 Operaio 28/11/44 Meccanico 9-09-1943 Litografo 11-03-1944 Elettricista 21/08/44 Fabbro 20/04/44 Impiegato 28/02/45 Artigiano (fabbro) 7-08-1944 Manovale 8-03-1944 Sarto 27/12/44 Impiegato 6-01-1944 Pittore 21/12/44 Geometra agosto '44 Barbiere 15/08/44 Manovale 8-09-1939 31/07/44 Impiegato 14/04/1444 Maniscalco Operaio 22/06/44 Operaio 12-09-1943 Braccia nte 17/03/44 Contadino 6-10-1944 Rappresentante 27/11/44 Bracciante 21/08/44 Fresatore 31/01/44 Operaio 8-03-1944 Falegname 18/08/44 Falegname 23/02/44 Manovale 7-04-1944 Contadino 7-08-1944 Impiegato 10-12-1943 Collaudatore 10-08-1944 Reggio Emilia Reggio Emilia Reggio Emilia Fogliano Albania Reggio Emilia Reggio Emilia Caserta Reggio Emilia Ciano d'Enza Padova Reggio Emilia Reggio Emilia Budapest Reggiane (RE) Fosdondo Sabbione Marocco Fran. Reggio emilia Fogliano Fogliano Montefiorino Reggio Emilia Reggio Emilia Reggio Emilia Reggio Emilia Reggio Emilia S.Agata.Rubiera Reggio Emilia Parma Udine Reggio Emilia Bagno Reggio Emilia Reggio Emilia Fogliano Reggio Emilia Parma Reggio Emilia Gavassa Reggio Emilia Pieve Modolena Bolzano Buchenwald (D) 24/04/45 5-03-1945 12-06-1944 13/04/45 1296/1944 14/02/45 4-05-1945 8-05-1945 30/03/45 20/12/46 Muratore 23/04/45 Facchino 18/04/45 Facchino 18/04/45 Meccanico 16/04/45 Elettricista 27/02/45 Facchino 2-05-1945 Facchino 19/04/45 1-05-1945 Manovale 1-04-1945 Manovale 22/04/45 Manovale 3-05-1945 20/05/45 Operaio 8-05-1945 Operaio 1-05-1945 Elettricista 28/04/45 16/07/45 6-05-1945 Manovale 2-05-1945 2-05-1945 10-05-1945 Manovale 30/05/45 Manovale 25/04/45 Laboratorio Chimico Manovale 24/04/45 Meccanico 11-04-1945 15/09/44 7-05-1945 1945 Operaia 16/04/45 Falegname 01/3/21944 Operaia 6-05-1945 Contadino 6-05-1945 Manovale 29/04/45 Manovale 27/04/45 Meccanico 1-05-1945 Macchinista Tornitore Fabbro Falegname Manovale Wiesbaden-Kuehben (D) Manovale Germania Berlino (D) Brandenburg (D) Schwerin (D) Germania Germania Vienna (A) Stuttgart - Augsburg (D) Cecoslovacchia Germania Germania Colonia (D) Mauthausen (A) Germania Germania Germania Germania Fossoli - Peschiera Germania Germania Germania Germania Marocco Danzica (Pol) Wiesbaden (D) Kuepper (D) Germania Auschwitz (Pol) Breslau (Pol) Lipsia (D) Dachau (Monaco) Wewelsburg (D) Berlino Berlino (D) Bolzano Brandeburg (D) Brandenburg (D) Wittenberg (D) Marsiglia - Salon (F) USA Indesidera URSS URSS Inglesi Ammalato URSS Fuggito USA URSS USA USA USA USA 22/04/45 URSS USA Rientrato Morto. Morto in Germania USA URSS USA USA USA Causa malattia USA USA USA USA URSS USA USA URSS URSS URSS USA USA USA Inglesi Con cartolina precetto URSS Ammalato 124 Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Guidetti Guitti Ilari Incerti Iori Iori Iori Landini Lasagni Lasagni Lazzaretti Leoni Lolli Lugli Lulli Lusenti Lusuardi Maffei Maiocchi Malvestiti Mancini Mandrioli Manfredi Marani Marmiroli Marzolini Maseroli Mattioli Mazzali Mazzi Mazzucato Melioli Menozzi Menozzi Mimi Minari Monarini Montanari Montanari Montanari Montanari Montanari Montanari Montanari Morellini Morselli Tristano Tristano Luca Alcide Giuseppe Vivaldo Armando Alfredo Angiolina Valdomiro Vittorio Giuliano Carlo Idillo Spartaco Mario Domenico Lino Antonio Giuseppe Gaetano Agostino Andrea Amos Luigi Walter Oreste Edoardo Veio Ermes Dino Renzo Emidio Renzo Paride Paride Sergio Achille Angiolino Aroldo Osvaldo Pasquino Remigio Vinicio Ferrante Geminiano Saulle Luigi Pietro Edoardo Faustino Federico nn nn Adelbraneto Domenico Francesco Adolfo Cesare Ugo Nino Angelo Pietro Andrea Bruno Roberto Massimo Riccardo Giuseppe Alfredo Renzo Ema Giuseppe Giuseppe Giovanni Roberto Giuseppe Leonardo Pietro Giuseppe Vincenzo Cesare nn Ettore Antonio Angelo Giuseppe nn Giovanni Teodoro 1922 1922 1927 1916 1924 1909 1904 1921 1921 1914 1914 1925 1921 1922 1924 1906 1913 1920 1926 1894 1924 1922 1924 1909 1895 1926 1911 1924 1907 1924 1921 1924 1900 1926 1906 1901 1910 1917 1924 1916 1907 1916 1917 1924 1903 2-05-1944 27/05/44 6-08-1944 27/11/43 7-07-1944 20/03/44 15/03/44 15/04/44 3-01-1943 1-06-1944 1-08-1944 16/02/44 17/06/44 25/03/44 8-12-1943 19/11/44 mar-44 Operaio 1-07-1944 Operaio 3-03-1944 Operaio 26/11/43 Operaio 4-01-1944 Operaio 11/01/0944 Studente 25/05/44 Autista 19/02/44 Pensionato 16/06/44 Operaio 31/08/44 Operaio 27/04/44 Tornitore 15/06/44 Impiegato 1-04-1941 Operaio 1-02-1944 Operaio Reggiane 31/07/44 Operaio 9-12-1943 Bracciante 25/09/40 Operaio 17/06/44 Operaio 24/02/44 Impiegato 1-07-1944 Impiegato 1-07-1944 Vulcanizzatore 11-05-1944 Operaio 1944 Meccanico 23/11/44 Operaio 8-03-1944 Operaio 19/03/44 Contadino 1944 Tornitore 15/03/44 Conduttore Caldaie 12-06-1944 Militare (capitano) Orefice Operaio Manovale Operaio Operaio Operaio Operaio Commerciante Insegnante Autista Falegname Operaio Impiegato Bracciante Operaio Commerciante Reggio Emilia Reggio Emilia Reggio Emilia Reggio Emili Reggio Emilia Carpi Reggio Emilia Cerredolo Asmara Reggio Emilia Reggio Emilia Reggio Emilia Gavasseto S.Polo Milano Reggio Emilia Felina Reggio Emilia Reggio Emilia Reggio Emilia Reggio Emilia Ponte Strambo (PR) Mantova Reggio Emilia Traversetolo Novellara Reggio Emilia Reggio Emilia Ligonchio Reggio Emilia Reggio Emilia Ciano d'Enza Ciano d'Enza Casa propria Reggio Emilia Bologna Reggio Emilia Reggio Emilia Reggio Emilia Dobrotê Cattaro Reggio Emilia Germania Mauthausen (A) Germania Germania Germania Austria Sassonia Misburg (D) Asmara Colonia (D) Colonia (D) Vienna Altenburg (D) Amburgo (D) Berlino (D) Germania Lipsia (D) Colonia Germania Bergen - Belsen (D) Vienna (A) Vienna (A) Austria Innsbruck (A) Mauthausen (D) Wanne Eickel (D) Wittenberg (D) Vienna (A) Germania Uhde (D) Germania Hannover (D) Germania Kassel (D) Vienna (A) Magdeburg (D) Germania Germania Germania Magdeburg (D) Germania 12-04-1945 12-04-1945 20/04/45 1-04-1945 29/04/45 10-04-1945 24/04/45 27/04/45 25/04/45 16/04/45 Nov.1944 Operaio 28/04/45 Contadino 15/04/45 Contadino 15/04/45 Saldatore 7-04-1945 Fornaio 3-04-1945 Contadino 15/04/45 Facchino 1945 Tornitore 13/04/45 mag-45 Meccanico apr-45 Motorista 22/04/45 Manovale 8-05-1945 1-06-1945 2-07-1945 Saldatore Elettrico 13/04/45 Meccanico 22/04/45 Tornitore 22/01/45 10-07-1946 Operaio 31/03/45 Meccanico 1-04-1945 Saldatore 9-04-1945 Manovale 4-05-1945 Contadino 30/04/45 Saldatore 25/04/45 Manovale 19/04/45 Manovale 26/01/45 Meccanico 3-02-1945 1945 1945 Manovale 12-04-1945 Meccanico 21/04/45 1945 Sgombero macerie 15/05/45 Montatore Motori 12-04-1945 11-03-1945 Manovale Bracciante Facchino Manovale Manov ale Imbianchino Operaio Manovale Lavapiatti Facchino Morto in aprile 1945 Richiesto dalle Reggiane USA USA Morto nel campo di Misburg USA Francesi URSS Polacche Inglesi URSS USA Fuggito URSS USA URSS URSS USA USA G.B. URSS USA G.B. USA USA USA URSS URSS USA Fuggito USA USA USA Partigiani USA Tre mesi di punizione USA USA USA Fuggito. 125 Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Moscardini Negrini Nizzoli Nizzoli Novach Palmetto Panciroli Panciroli Panisi Patacini Pedroni Pedroni Pedroni Pianese Picciati Piccinini Pietropaoli Pignagnoli Pini Poli Poppi Porta Prandi Prandi Prandi Pregheffi Preti Provinciali Ranculli Rasori Rebecco Reggiani Reverberi Reverberi Reverberi Ricchetti Ricchetti Riccò Ritz Rocchi Rocchi Rosalini Rosati Rosati Rosi Rosi Jon Gianni Umberto Umberto Augusto Guerrino Angelo Fernando Antonio Brenno Alessio Alfredo Carmen Andrea Servio Riccardo Alberto Martino Angelo Bruno Arrigo Silvio Aliano Odino Oscar Enzo Alfonso Francesco Domenico Ugo Edoardo Domenico Colombo Giovanni Ivan Giacomo Girolamo Carlo Antonio Vasco Eros Massimo Ercole Francesco Gino Remo Antonio Gustavo Flaminio Flaminio Giuseppe N.N. Giuseppe Primo N.N. Ferruccio Raimondo Attilio Oddone Giuliano Dante nn Francesco Giuseppe Giuseppe Alfredo Valmiro Eusebio Alberto Remigio nn Bruno nn Ferruccio Romeo Cesare Filippo Eugenio Aldo Francesco Giuseppe Emilio Riccardo Quirino nn Italo Italo Luigi Giovanni Prospero Emilio Umberto 1912 1924 1920 1921 1908 1917 1914 1911 1902 1924 1925 1910 1912 1924 1927 1924 1917 1915 1910 1926 1917 1920 1923 1906 1926 1914 1919 1918 1914 1911 1916 1923 1926 1925 1923 1909 1914 1922 1894 1921 1925 1914 1928 1926 1911 1913 Meccanico Operaio Manovale Operaio Bracciante Operaio Cascinaio Manovale Falegname Operaio Meccanico Operaio Casalinga Operaio Operaio Operaio Operaio Operaio Bracciante Meccanico Operaio Autista Geometra Operaio Impiegato Falegname Operaio Manovale Perito industriale Contadino Calzolaio Operaio Impiegato Operaio Disegnatore Operaio Calzolaio Operaio Muratore Ragioniere Studente Falegname Muratore Calzolaio Operaio Falegname 20/09/43 15/05/44 20/09/43 1943 7-01-1944 12-01-1944 27/05/44 22/04/44 18/04/44 28/11/44 19/06/44 25/08/44 2-09-1944 1-10-1944 1-07-1944 15/12/43 31/07/44 23/05/44 2-09-1944 13/08/44 5-01-1944 11-09-1943 1943 23/06/44 5-09-1944 30/05/44 29/11/43 1-06-1944 18/10/44 4-11-1944 25/04/44 1-04-1944 10-07-1944 12-01-1944 9-03-1944 25/05/44 30/05/44 8-03-1944 20/04/43 6-08-1944 6-08-1944 27/05/44 7-08-1944 19/06/44 31/07/44 6-04-1944 Fogliano Villa Fogliano Reggio Emilia Reggio Emilia Villa Bagno Reggio Emilia Reggio Emilia Reggio Emilia Udine Villa Coviolo Piemonte Torino Reggio Emilia Reggio Emilia S.Bartolomeo Reggio Emilia Reggio Emilia Reggio Emilia Reggio Emilia Fossoli - Carpi Lucca Carpineti Reggio Emilia Reggio Emilia Vicenza Villa Bagno Reggio Emilia Reggio Emilia Stabio Reggio Emilia Reggio Emilia S.Martino in Rio Reggio Emilia Modena Reggio Emilia Barco Bibbiano Bagnolo Rivalta Reggio Emilia Torino Reggio Emilia Mantova Reggio Emilia Reggio Emilia Reggio Emilia Fonderia Facchino Manovale Monaco (A) Operaio Germania - Brno (CZ) Muratore Hannover (D) Graz (A) Chimico Landau - Leimbach (D) Operaio Landau (D) Falegname Germania Contadino Innsbruck (D) Facchino Haselhorst (A) Meccanico Haselhorst (D) Manovale Germania Manovale Germania Operaio Germania manovale Polonia Motorista Bremen (D) Saldatore Germania Manovale Lipsia (D) meccanico Auschwitz (Pol)-Oderberg (A) Manovale Berna - Basilea (CH) Reggio (Servi)-Brennero Manovale Mauthausen (A) Manovale Berlino (D) Minatore In polveriera Germania Meccanico Germania Minatore Berlino Bracciante Monaco (D) Trapanista Hannover (D) Manovale Monaco Manovale Kalag (D) Manovale Vienna- Innsbruck (A)-Berlino (D) Operaio Stoccarda (D) Falegname Brieg (D) Manovale Lueneburg (D) Manovale Germania Operaio Auschwitz (Pol) Muratore Colonia (D) Manovale Weisbaden - Sagan (D) Facchino Germania Manovale Norimberga (D) Facchino Lipsia (D) Calzolaio Colonia Manovale Berlino (D) Falegname Berlino (D) Polonia - Colonia (D) Stoccarda (D) 25/04/45 mag-45 4-04-1945 24/03/45 22/03/45 7-05-1945 29/05/45 11-04-1945 11-04-1945 5-05-1945 29/04/45 20/04/45 26/04/45 28/04/45 7-05-1945 19/04/45 5-05-1945 19/07/45 6-05-1945 6-04-1945 22/04/45 18/04/45 8-04-1945 17/04/45 24/03/45 20/04/45 13/04/45 1-05-1945 14/04/45 22/05/45 13/04/45 8-05-1945 18/04/45 28/03/45 21/1//1945 16/05/45 7-05-1945 18/04/45 1-05-1945 20/04/45 26/03/45 23/04/45 60 gg. di C.P. per sabotaggio. USA URSS URSS USA USA URSS USA USA USA USA USA URSS USA USA URSS USA USA Rimpatriato USA USA URSS G.B. Rimpatriato Inglesi Autoliberatosi USA Inglesi USA USA USA Autoliberatosi URSS Inglesi USA URSS USA USA Inglesi USA URSS Rimpatriato URSS 24/04/45 URSS 11-04-1945 USA 1915 126 Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Rossi Rossi Ruozzi Russi Sacaggi Saccardi Sacchetti Saksida Sala Salati Sandrolini Sasso Schiatti Schussler Scolari Silingardi Simonelli Simonini Soliani Songemani Spaccani Spalanzani Sternieri Stranieri Tagliavini Tagliavini Tagliavini Taglini Teneggi Torelli Torelli Trucchi Turchi Vaccari Vacondio Valli Vanini Varini Verbeni Veroni Viani Vicentini Zafferri Zanichelli Zannoni Zelioli Fermo Lorenzo Felice Luigi Giuseppe Inelzo Remo Alma Ermes Valter Giuseppe Felice Leo Ernesto Marcello Primo Nella Giovanni Mario Vincenzo Remo Giuseppe Ildebrando Demetrio Giuseppe Nello Sebastiano Adelma Rina Roberto Rolando Alberto Arrigo Alberto Adelmo Rino Benvenuto Enzo Giuseppe Arnaldo Bruno Oreste Lionello Aves Gino Alfredo Ferdinando Virgilio Marino Domenico Andrea Gaetano Amedeo Francesco nn Alicide Vincenzo Paolo Antonio Carlo Giulio Riccardo Alpinolo Lorenzo Giovanni Nazzarino Angusto Vincenzo Francesco Angelo Arturo Giuseppe Riccardo Bartolomeo nn Antonio Cesare Ettore Romano Giuseppe Clemente Claudio Luigi Aristide nn Ernesto Luigi Clarenzio Agostino Giovanni Francesco Albino 1908 1917 1914 1916 1903 1918 1924 1927 1916 1927 1912 1893 1921 1909 1924 1927 1905 1885 1924 1923 1928 1909 1909 1904 1923 1917 1926 1908 1928 1927 1898 1906 1924 1893 1890 1921 1884 1926 1905 1908 1913 1907 1928 1926 1914 1910 Manovale 22/05/44 Orologiaio 1-05-1944 Tornitore 1-06-1944 Contadino 8-09-1943 Bracciante 8-10-1944 Autista 11-05-1944 Operaio 15/12/43 Casalinga - bracciante Manovale 29/04/44 Operaio apr-44 Operaio 11-07-1944 Meccanico Motorista6-04-1941 Operaio 12-02-1944 Interprete 10-11-1943 Operaio 1-08-1944 Artigiano 7-08-1944 Impiegata 5-04-1944 Operaio 20/10/43 Operaio 1-12-1944 Fornaio 1-03-1944 Apprendista Operaio 16/04/44 Operaio 10-03-1944 Birocciaio 8-09-1943 Meccanico Autista 1-04-1944 Operaio 1-08-1944 Operaio 1-05-1944 Contadino 9-09-1944 Casalinga 27/12/44 Casalinga 14/09/44 Operaio 6-08-1944 Operaio 24/06/44 Operaio 8-01-1944 Operaio 2-08-1944 Cantoniere 7-08-1944 Contadino 5-04-1944 Contadino 3-09-1944 Falegname 17/03/44 Meccanico 3-08-1944 Lattoniere Artigiano 10-05-1944 Imbianchino 12-10-1944 Operaio 31/07/44 Cameriere 9-12-1943 Operaio 26/02/44 Motorista 5-04-1944 Stradino 10-05-1944 Autista 7-08-1944 Reggio Emilia Verona Reggio Emilia Reggio Emilia Cast.Monti Parma Baiso 27/05/44 Villa Gazzata Reggio Emilia Villa Cadè Addis Abeba Reggio Emilia Bologna Reggio Emilia Fogliano Reggio Emilia Reggio Emilia Fosdondo Cerredolo Toano Reggio Emilia Reggio Emilia Reggio Emilia Asmara Forlì Reggio Emilia Iano Reggio Emilia Reggio Emilia Viano Venezia Reggio Emilia Padova Fogliano Reggio Emilia Massenzatico Reggio Emilia Reggio Emilia Reggio Emilia Rivalta Reggio Emilia Reggio Emilia Reggio Emilia Reggio Emilia Reggio Emilia Reggio Emilia Germania Koenigsberg (D) Koeln (D) Norimberga (D) Lago di Costanza (D) Oberdorf (D) Bruss(D)Breslau(Pol) Norimberga (D) Mauthausen - Linz (A) Berlino (D) Berlino (D) Eritrea Germania Germania Brieg (D) Germania Vienna (A) Norimberga (D) Ratibor (D) Freiburg- Dresden (D) Polonia Germania Germania Germania Berlino Lipsia (D) Germania Mauthausen (D) Germania Francoforte (D) Dresden (D) Muehlheim (D) Prussia Orientale (D) Monaco - Berlino (D) Germania Berlino (D) Graz-Leibniz (A) Gorizia Landau - Leimbach (D) Berlino (D) Langensalza (D) Luebben(D) Berlino (D) 23/03/45 9-05-1945 9-04-1945 25/04/45 26/04/45 4-05-1945 23/04/45 Operaia 11-04-1945 1945 Manovale 12-04-1945 Coop 14/01/47 Tubista 28/04/45 Elettricista 3-05-1945 Manovale 15/09/44 Manovale 19/04/45 Operaia 22/04/45 Meccanico 27/01/45 25/06/45 Fornaio 15/4/194 Operaio 22/04/45 Facchino 1-05-1945 Manovale 16/04/45 Meccanico Autista 8-03-1947 Manovale 1-05-1945 Manovale 23/01/45 Facchino 10-05-1945 Fornaia 1-05-1945 Cucitrice 8-05-1945 Facchino 2-05-1945 Cuoco 7-05-1945 Meccanico 6-05-1945 Bracciante 8-05-1945 Facchino 19/04/45 Meccanico 12-03-1945 8-05-1945 Falegname 04/3/19454 Operaio 19/04/45 Operaio 1-05-1945 Bracciante 5-05-1945 Montatore 31/03/45 Manovale 22/04/45 Manovale 16/05/45 Motorista 24/04/45 Contadino 2-01-1945 Autista 17/04/45 Manovale Orologiaio Tornitore Manovale Manovale Manovale Tornitore Grueneberg (D) Manovale USA URSS USA URSS URSS USA USA Fuggito Richiesto dalle Reggiane. URSS URSS URSS USA URSS Autoliberatosi URSS URSS USA Autoliberatosi USA USA USA USA USA Internato civile in Afr. USA USA Richiamato dalle Reggiane. Autoliberatosi Francesi Ammalato (precettato) USA USA USA URSS URSS G.B. Jugoslavi 12-02-1945 URSS USA 127 Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggio Reggiolo Reggiolo Rio Saliceto Rio Saliceto Rio Saliceto Rio Saliceto Rio Saliceto Rio Saliceto Rio Saliceto Rolo Rolo Rolo Rolo Rubiera Rubiera Rubiera Rubiera Rubiera Rubiera S.Ilario S.Ilario S.Ilario S.Ilario S.Ilario S.Ilario S.Ilario S.Ilario S.Ilario S.Ilario S.Ilario S.Ilario S.Ilario S.Ilario S.Ilario S.Ilario S.Ilario S.Ilario S.Ilario S.Ilario S.Ilario Antonio Giorgio Gaudensio Fausto Cesarina Sergio Cornella Cesarino Giuseppe Athos Lino Emilio Umberto Fausto Pierino Ezio Annibale Valseno Gino Alfeo Fausto Pierluigi Anselmo Riccardo Egeo Giovanni Luigi Arnaldo Carlo Angelo Otello Bruna Ettore Bruno Dante Arnaldo Pietro Aronne Aldo Giulio Ermillo Luigi Nello Rolando Guglielmo Zobbi Zucchi Fantesini Valenti Zafferri Melli Mori Ascari Berselli Galantini Gelmini Lugli Oleari Pallicelli Ascari Bassoli Mantovani Scaltriti Catellani Codeluppi Levoni Pecorari Stefani Zoboli Artoni Avanzini Bassi Bocconi Braglia Carpi Colli Del Sante Fiorani Gallingani Greci Gualerzi Iotti Maccari Margini Meldi Paterlini Paterlini Reverberi Rosi Spaggiari Oreste Pietro Celso Aldo Agostino Lazzaretti Giuseppe Pietro Armando Claudio Fiorigi Archimede Dario Giovanni Luigi Amilcare Ennio Costante Olivo Gianmaria Alderigio Sante Augusto Adelmo Domenico Tito Orante Pietro Silvio Ferdinando nn Quirino Edigio Andrea Pietro Luigi Adamo Alberto Antonio PierSante Amilcare Pietro Casimiro Alberto Guglielmo Edesio 1925 1927 1908 1914 1924 Valerio 1925 1922 1910 1912 1925 1925 1926 1902 1925 1922 1923 1924 1917 1897 1910 1926 1925 1920 1900 1924 1920 1904 1923 1921 1924 1906 1923 1903 1925 1906 1908 1926 1915 1894 1923 1912 1917 1913 1908 1896 Agente P.S. 1-08-1944 Impiegato 7-08-1944 Operaio 29/08/42 Impiegato 1-07-1944 Bracciante - Casalinga 1923 Bracciante 8-03-1944 Studentessa 18/12/43 Bracciante 8-03-1944 Meccanico 15/09/41 Bracciante 26/12/43 Agricoltore 26/09/44 Agricoltore 18/06/44 Operaio 15/03/44 Impiegato 27/08/44 Contadino 29/11/44 Contadino 29/11/44 Contadino 29/11/44 Contadino 5-09-1944 Impiegato 26/02/44 Operaio 23/03/43 Contadino 5-09-1944 Contadino 25/04/44 Meccanico 14/03/44 Operaio 20/06/44 Operaio 29/03/44 Meccanico 6-05-1944 Bracciante 9-08-1944 Calzolaio 22/11/44 Operaio 22/11/44 Operaio 27/01/45 Muratore 7-12-1944 Impiegata 23/12/44 Manovale 10-08-1944 Operaio 2-08-1944 Muratore 28/12/44 Bracciante 22/11/44 Studente 15/11/44 Sarto 16/11/44 Muratore 4-05-1943 Bracciante 22/03/44 Autista (operaio) 15/04/44 Meccanico 5-01-1944 Muratore 8-01-1945 Muratore 22/11/44 Bracciante 4-05-1943 Villaminozzo Villa Fogliano Reggio Emilia Parma 1-01-1944 Idraulico Reggiolo Bolzano Reggio Emilia Africa Reggio Emilia Carcere S.Tommaso Reggio Emilia Reggio Emilia Reggio Emilia Fabbrico Rolo Rolo Gazzata Rubiera Reggio Emilia Sant'Agata Reggio Emilia Reggio Emilia Reggio Emilia S.Ilario S.Ilario S.Ilario S.Ilario S.Ilario S.Ilario S.Ilario S.Ilario Reggio Emilia S.Ilario S.Ilario S.Ilario S.Ilario S.Ilario S.Ilario Modena Novara S.Ilario S.Ilario S.Ilario S.Ilario Meccanico Operaia Manovale Manovale Modellista Manovale Dresden (D) Coop. Mec. Facchino Berlino.Brux (D) Materassaio Schwetz (Pol) per fortificare Manovale Berlino - Brux (D) Facchino Cecoslovacchia Bracciante Cecoslovacchia Bracciante Brieg (D) Ferroviere Berlino (D) Operaio Berlino (D) Tapezziere Lebenstedt (D) Operaio Malchow (D) Manovale Lublin-Czestokowa (Pol) Manovale Germania Meccanico Langensalza (D) Lavori forzati Monaco (D) Manovale Muenchen Meccanico Monaco (D) Manovale Mauthausen (A) Calzolaio Germania Meccanico Bolzano Manovale Bolzano Manovale Bolzano Operaia Bonn (D) Manovale Koenigsberg (D) Manovale Bolzano Bolzano Manovale Mauthausen-Gusen (A) Manovale Mauthausen (A) Polonia Muratore Fossoli-Dresda (D) Manovale Berlino (D) Bracciante Auschwitz (Pol) Manovale Bolzano Muratore Bolzano-Mauthausen (A) Manovale Germania Manovale Addis Abeba - Kenia Berlino (D) Lipsia - Berlino Reggio Emilia 8-09-1943 Hannover (D) Dresda - Radebeul (D) Berlino - Bremen (D) 4-04-1945 9-05-1945 7-04-1945 9-01-1947 22/04/45 8-05-1945 9-05-1945 9-05-1945 8-05-1945 8-05-1945 4-05-1945 9-05-1945 22/04/45 28/04/45 11-04-1945 22/04/45 9-05-1945 1-04-1945 11-04-1945 5-05-1945 17/04/45 3-04-1945 5-05-1945 5-05-1945 1-05-1945 1-05-1945 1-05-1945 27/03/45 4-04-1945 1-05-1945 7-05-1945 5-05-1945 2-04-1945 22/01/45 7-04-1945 30/04/45 29/01/45 1-05-1945 7-03-1945 22/01/45 5-05-1945 5-05-1945 25/04/45 29/05/45 Operaia URSS giu-45 Precettato e inviato in Germania con cartolina precetto USA URSS USA Francesi URSS USA URSS URSS URSS USA USA URSS URSS USA USA Dipendente Reggiane USA Autoliberatosi USA USA Riconosciuto partigiano USA Il padre morto per cause di malattia il 15/4/1916 USA USA E' riconosciuto partigiano USA Sono riconosciuti partigiani USA USA USA USA È riconosciuto partigiano USA È riconosciuto partigiano Morto URSS Cartolina precetto URSS URSS URSS USA Morto URSS USA URSS Inglesi Inglesi URSS USA 16/04/45 128 S.Ilario S.Ilario S.Ilario S.Ilario S.Martino R. S.Martino R. S.Martino R. S.Martino R. S.Martino R. S.Martino R. S.Martino R. S.Martino R. S.Martino R. S.Martino R. S.Martino R. S.Martino R. S.Martino R. S.Martino R. S.Martino R. S.Martino R. S.Martino R. S.Martino R. S.Martino R. S.Martino R. S.Martino R. S.Martino R. S.Polo S.Polo S.Polo Scandiano Scandiano Scandiano Scandiano Scandiano Scandiano Scandiano Scandiano Scandiano Scandiano Scandiano Scandiano Scandiano Scandiano Scandiano Scandiano Scandiano Strozzi Veloci Zoppi Mazzali Adani Bassoli Bertocchi Carnevali Cocconi Cocconi Del Rio Fantini Ferrari Fontanesi Ghidoni Ghidoni Ghidoni Gobbi Maramotti Messori Prandi Romagnoli Severi Silingardi Varini Zaniboni Bigini Dell'Evo Margini Annigoni Bargi Belli Belli Benassi Bondi Borghi Borghi Cantoni Casolari Colli Fantuzzi Ferri Incerti Mandreoli Marzi Notari Mario bruno Guglielmo Arnaldo Geminiano Romeo Umberto Adelmo Angiolino Bruno Medardo Anselmo Leonildo Nello Rosina Iside Renato Vinicio Giovanni Armando Emete Remo Gaetano Gustavo Enea Ezio Fernanda Aldo Alberto Domenico Domenico Palmiro Orlando Aldo Guido Lindoro Mario Aldo Mario Pelegro Guglielmo Cesare Umberto Giuseppe Giovanni Floringo Giovanni Alino Artemio Prospero Sante Vincenzo Bruno Pietro Ovidio ovidio Bruno Oreste Celso Giuseppe Fernando Fernando Fernando Luigi Claudio Ermenegildo Massimo Filippo Ildebrando Leucadio Giovanni Telesfero Angelo Pio Giuseppe Dionisio Luigi Battista Adelmo Alberto Aldo Geminiano Geminiano nn Alberto Sante Romeo Ferdinando Ercole Alberto Pietro Vittorio 1917 1921 1900 1886 1921 1892 1926 1900 1915 1912 1928 1910 1898 1907 1923 1924 1921 1926 1896 1901 1894 1919 1894 1897 1910 1900 1926 1903 1925 1914 1910 1907 1912 1912 1925 1906 1919 1913 1913 1920 1921 1910 1926 1926 1909 1888 Bracciante Sarto Autista (operaio) Fornaio Artigiano (Casaro) Contadino Contadino Bracciante Contadino Contadino Macellaio Autista operaio Bracciante Bracciante Operaia Operaia Operaio Operaio Muratore Operaio Contadino Meccanico Ambulante Contadino Manovale Falegname Casalinga Artigiano Bracciante Operaio Contadino Contadino Barbiere Contadino Bracciante Muratore Elettricista (operaio) Meccanico Meccanico Meccanico Disegnatore Bracciante Operaio Contadino Casaro Muratore Castelvecchio(MO) Quara di Toano Cà de Caroli 30/07/44 1-08-1944 6-08-1944 sett. 1944 8-08-1944 13/03/44 13/08/44 25/05/44 12-02-1944 21/04/44 17/04/44 6-08-1944 17/06/44 26/07/44 28/02/44 13/09/44 Scandiano Reggio Emilia Reggio Emilia Scandiano Iano Scandiano Scandiano Scandiano Scandiano Reggio Emilia Rondinara Scandiano Fellegara Vetto d'Enza S.Ilario Africa S.Ilario S.Martino S.Martino Stiolo S.Martino S.Martino S.Martino S.Martino S.Martino S.Martino S.Martino S.Martino S.Martino S.Martino S.Martino S.Martino S.Martino S.Martino Gazzata S.Martino Gazzata S.Martino Stiolo S.Martino Gualtieri Traversetolo Reggio Emilia 27/06/44 2-04-1945 4-03-1943 22/11/44 10-09-1944 17/06/44 5-09-1944 13/04/44 16/08/44 16/08/44 15/09/43 5-09-1944 13/04/44 5-09-1944 15/03/44 13/03/44 25/03/44 5-09-1944 17/07/43 10-07-1943 4-05-1944 13/04/44 5-08-1944 15/04/44 16/05/43 17/07/43 6-07-1944 1-07-1944 6-10-1944 Germania Mauthausen (A) Rhodesia Bolzano Germania Wittenberg (D) Assia (D) Hannover (D) Berlino (D) Berlino (D) Germania Germania Germania Germania Dessau (D) Dessau (D) Germania Berlino (D) Alta Slesia (D) Germania Germania Germania Berlino (D) Germania Germania Germania Germania Germania Germania Germania Colonia Stettino Colonia Chemnitz (D) Colonia Berlino (D) Vienna (A) Brieg (D) Monaco (D) Erfurt (D) Brieg (D) Goettingen (D) Germania Monaco (D) Brandenburg (D) Bruss (D) Facchino Barbiere Operaio Facchino Carpentiere Manovale Meccanico Facchino Facchino Facchino Operaio Facchino Facchino Facchino Facchino Operaio Meccanico Facchino Contadino Tornitore Tornitore Operaio Meccanico Contadino Operaio Cuoca Cuoca Minatore Tornitore Muratore Operaio Contadino Contadino Calzolaio Contadino Fuochista Carpentiere Domestica Facchino Facchino Operaio Manovale 1945 24/04/45 4-02-1947 1-05-1945 8-05-1945 1-05-1945 9-05-1945 6-04-1945 22/04/45 22/04/45 9-05-1945 22/04/45 10-03-1945 22/04/45 1-04-1945 7-04-1945 20/04/45 21/04/45 22/02/45 27/01/45 11-04-1945 8-04-1945 22/04/45 6-04-1945 11-04-1945 26/04/45 24/04/45 15/04/45 12-05-1945 1945 1945 24/04/45 1-03-1945 1-05-1945 8-04-1945 1-05-1945 30/04/45 25/04/45 3-05-1945 2-06-1945 28/04/45 8-04-1945 7-03-1945 30/04/45 2-05-1945 8-05-1945 Precettato Precettato Internato dagli alleati. URSS USA USA URSS USA URSS USA URSS Inglesi URSS USA Autoliberatosi USA URSS URSS URSS URSS USA URSS URSS URSS URSS USA URSS USA USA USA URSS URSS URSS USA USA URSS USA USA USA URSS USA URSS URSS Morto 129 Scandiano Scandiano Scandiano Scandiano Scandiano Scandiano Toano Toano Toano Toano Toano Toano Toano Toano Toano Toano Toano Toano Toano Toano Toano Toano Toano Toano Toano Toano Toano Toano Toano Toano Toano Toano Toano Toano Toano Toano Toano Toano V.Minozzo V.Minozzo V.Minozzo V.Minozzo V.Minozzo V.Minozzo V.Minozzo V.Minozzo Pulneri Signorelli Tarabusi Vecchi Vezzosi Zini Amorini Barani Belegati Corbelli Daviddi Debbia Ferrari Fragola Gazzotti Gherardini Giorgi Giullari Gualtieri Lanzi Lombardi Lusetti Marchi Mareggini Matioli Mattioli Mattioli Monti Ocarini Ori Ori Ori Paglia Pancani Santi Silvestri Sola Veneselli Bargiacchi Borghi Borghi Canovi Canovi Casoni Casoni Castellini Franco Angelo Pietro Renzo Firmino Adriano Secondo Remo Fortunato Gino Luigi Giuseppe Armando Giuseppe Giovanni Emo Giovanni Giuseppe Paolo Nino Antonio Pasquino Gherardo Nino Angelo Armido Giuseppe Benedetto Domenico Onilio Remigio Umberto Ladislao Giovanni Pietro Flaminio Bruno Giuseppe Bruno Carlo Emilio Bruno Pasquino Delfino Paolino Guido Riccardo Giovanni Amedeo Adelmo Giuseppe Armando Battista Pellegrino Pellegrino Enrico Riccardo Francesco Carlo nn Carlo Romano Battista nn Domenico Gerardo Carlo Florindo Domenico Ernesto Rinaldo Angelo Adolfo Giuseppe Leopoldo Sisto Sisto Sisto Teofio Vito Michele Carlo Bonfiglio Luigi Domenico Giovanni Battista Giuseppe Olivo Arturo Savino Alessandro 1922 1928 1921 1916 1926 1888 1915 1921 1916 1925 1907 1925 1900 1902 1925 1898 1906 1898 1926 1919 1905 1908 1924 1924 1904 1915 1927 1922 1893 1928 1899 1893 1907 1912 1916 1924 1927 1926 1895 1902 1928 1904 1906 1904 1905 Operaio Elettricista Meccanico Bracciante Contadino Commerciante Contadino Contadino Operaio Contadino Contadino Contadino Muratore Autista - operaio Contadino Pilota professionista Bracciante Contadino Operaio Contadino Contadino Contadino Bracciante Contadino Birocciaio Birocciaio Bracciante Contadino Bracciante Calzolaio Contadino Contadino Falegname Calzolaio Operaio Contadino Contadino Contadino Contadino Contadino Contadino Contadino Bracciante Bracciante Bidello impiegato Contadino 8-08-1944 17/12/44 2-08-1944 8-08-1944 25/04/44 28/03/44 29/07/44 30/06/44 3-08-1944 1-08-1944 1-07-1944 31/07/44 1-05-1944 1-08-1944 27/07/44 4-08-1944 4-08-1944 1-08-1944 27/03/44 25/06/44 1-08-1944 21/08/44 2-08-1944 17/07/44 3-08-1944 4-08-1944 2-08-1944 31/07/44 2-08-1944 3-08-1944 4-08-1944 4-08-1944 3-08-1944 3-08-1944 29/07/44 3-08-1944 2-08-1944 2-08-1944 30/07/44 4-08-1944 3-08-1944 25/06/44 10-05-1944 1-08-1944 3-08-1944 6-05-1944 Cê de Caroli Scandiano Viano Cà de Caroli Ventoso Scandiano Toano Toano Cerredolo Corneto Cerre Marabino Toano Toano Manno Reggio Emilia Manno di Toano Alessandria Cerredolo Cerredolo Manno di Toano Toano Cavola di Toano Toano Toano Toano Monzone Cerredolo Cerredolo Lufazzo Manno Toano Cerredolo Cerredolo Cerredolo Cerredolo Cerredolo Corneto Toano Toano Quara Mossa Costabona Villaminozzo Villaminozzo Villaminozzo Reggio Emilia Monte Prampa Villaminozzo Villaminozzo Germania Norimberga (D) Meschede-Ruhr (D) Wieda (D) Fossoli - Verona -+ Danzica (D) Rostock (D) Germania Fossoli-+ Bratislava (CZ) Germania Lubecca (D) Lubecca (D) Breslau (Pol) Lubecca (D) Cecoslovacchia Germania Wiesbaden (D) Lubecca (D) Bielefeld (D) Lubecca (D) Magdeburg (D) Lubecca (D) Erfurt (D) Klagenfurt (A) Eisenach (D) Wiesbaden (D) Germania Koenigsberg (D) Amburgo (D) Germania Bodenfelde (D) Manovale Manovale Manovale Casaro Manovale Manovale Meccanico Facchino Meccanico Operaio Facchino Facchino Operaio Operaio Operaio Operaio Operaio Operaio Minatore Operaio Operaio Operaio Operaio Operaio Operaio Operaio Operaio Operaio Operaio Operaio Operaio Operaio Facchino Manovale Operaio Operaio Operaio Operaio Operaio Calzolaio Operaio Operaio Operaio Operaio 8-05-1945 23/04/45 1945 30/03/45 11-04-1945 3-05-1945 18/04/45 10-04-1945 16/04/45 3-05-1945 12-04-1945 2-05-1945 1-04-1945 2-05-1945 2-05-1945 14/04/45 14/04/45 2-05-1945 28/05/45 6-04-1945 25/04/45 14/04/45 5-04-1945 8-04-1945 16/04/45 5-04-1945 2-05-1945 2-05-1945 14/04/45 14/04/45 16/04/45 16/04/45 14/04/45 14/04/45 20/04/45 16/04/45 14/04/45 18/05/45 9-04-1945 14/04/45 14/04/45 11-03-1943 8-05-1945 14/04/45 24/10/45 30/04/45 Inglesi Inglesi Autoliberatosi USA USA Canadesi Inglesi USA USA Inglesi USA Inglesi USA URSS URSS USA USA Inglesi USA USA Inglesi USA USA Ammalato USA 8 giorni di campo punizione USA Inglesi Inglesi USA USA USA USA USA USA Inglesi USA USA USA USA USA USA URSS Inglesi USA Fuggito USA 130 V.Minozzo V.Minozzo V.Minozzo V.Minozzo V.Minozzo V.Minozzo V.Minozzo V.Minozzo V.Minozzo V.Minozzo V.Minozzo V.Minozzo V.Minozzo V.Minozzo V.Minozzo V.Minozzo V.Minozzo V.Minozzo V.Minozzo V.Minozzo V.Minozzo V.Minozzo V.Minozzo V.Minozzo V.Minozzo V.Minozzo V.Minozzo V.Minozzo Vetto Vetto Vetto Vetto Vetto Vetto Vetto Vetto Vetto Vetto Vetto Vetto Vetto Vetto Vetto Vetto Vetto Vetto Coli Farioli Farioli Filippi Fiocchi Fontana Fontana Gatti Ghini Ghini Governari Governari Govi Ibatici Incerti Parenti Iori Lanzi Masini Masini Mercanti Milani Moderani Pigoni Pigozzi Rossi Sacaggi Tacchini Zambonini Arlotti Azzolini Azzolini Azzolini Azzolini Azzolini Beretti Campani Cantarelli Corti Costetti Costi Crovi Ferrari Ferri Ferri Frali Garofani Antonio Florindo Pietro Leonildo Battista Carlo Ugo Agostino Renzo Sante Giulio Pilade Daniele Bartolomeo Attavio Giovanni Pietro Pio Renato Flavio Giovanni Antonio Agostino Gino Andrea Carilio Guido Antonio Giogio Fermo Guido lepido Manetto Ostilio Giuseppe Ermete Raoul Francesco Emilio Pietro Prospero Gino Pietro Remo Palmiro Armeto Buorato Domenico Domenico Carlo Giuseppe Nicefero Alberto Pietro Sante Pietro Luigi Luigi Battista Olivero Fortunato Gesiro Giulio Renato Quirico Renato Pasquino Grispino Domenico Amedeo Claudio Angelo Carlo Silvestro Egidio-Giusep Alfonso Alfonso Innocente Giuseppe Luigi Lorenzo Fortunato Carlo Gildo Domenico Ipocleo Luigi Remondino Alceste Alceste Giuseppe Giuseppe 1925 1900 1926 1902 1928 1890 1903 1895 1913 1893 1924 1901 1893 1892 1905 1923 1909 1912 1903 1895 1900 1908 1901 1912 1913 1901 1925 1919 1921 1905 1915 1891 1904 1927 1911 1906 1926 1918 1906 1925 1924 1927 1892 1921 1925 3-08-1944 31/07/44 31/07/44 1-08-1944 30/07/44 30/07/44 13/01/45 11-01-1945 1-08-1944 31/07/44 1-08-1944 1-08-1944 30/07/44 2-08-1944 1-08-1944 1-08-1944 1-08-1944 Contadino 1-08-1944 Birocciaio 1-08-1944 Bracciante 3-08-1944 Contadino 1-08-1944 Contadino 30/07/44 Contadino 30/07/44 Meccanico 30/05/44 Contadino 3-08-1944 Stradino 1-08-1944 Contadino 1-08-1944 Contadino 1-08-1944 Impiegato 1-07-1944 Bracciante 25/07/44 Operaio 1-07-1944 Contadino 1-07-1944 Contadino 1-06-1944 Contadino 1-07-1944 Contadino 7-10-1944 Calzolaio 1-07-1944 Cascinaio 1-07-1944 Contadino 1-07-1944 Commerciante 1-07-1944 Contadino 29/06/44 Contadino 30/06/44 Contadino 6-10-1944 Contadino 7-10-1944 Contadino 1-07-1944 Scarpellino (operaio)1-07-1944 Contadino 1-07-1944 Contadino Contadino Bracciante Contadino Contadino Contadino Contadino Contadino Contadino Contadino Contadino Contadino Contadino Contadino Contadino Contadino Villaminozzo Monte Prampa Villaminozzo Villaminozzo Lusignana Villa Villaminozzo Villaminozzo Villaminozzo Monte Prampa Monte Prampa Secchio Villaminozzo Villaminozzo Secchio Villaminozzo Villaminozzo Monte Prampa Secchio Secchio Villaminozzo Monte Prampa Cast.Monti Villaminozzo Torino (Carabiniere) Marsiano Secchio Monte Prampa Monte Prampa Vetto Vetto Vetto Vetto Rosano vetto Vetto Vetto Vetto Cola Vetto Vetto Vetto Vetto Rossano Vetto Rossano Vetto d'Enza Rosano Vetto Germania Facchino Germania Manovale Germania Manovale Wiesbaden (D) Manovale Goettingen (D) Manovale Erfurt (D) Vipiteno Manovale Vipiteno Manovale Germania Operaio Wiesbaden - Pomerania (D) Westfalia (D) Manovale Cecoslovacchia Manovale Wiesbaden (D) Bracciante Wiesbaden (D) Manovale Lubberstedt (D) Bracciante Dachau - Buchenwald (D) Contadino Wiesbaden (D) Calzolaio Germania Manovale Germania Manuale Wiesbaden (D) Manovale Lubecca (D) Facchino Germania Facchino Germania Operaio Flensburg (D) Manovale Erding (D) Manovale Bremen (D) Facchino Germania Germania Operaio Turingia Operaio Cecoslovacchia Operaio Bibbiano-Suzzara-Verona Operaio Cecoslovacchia Operaio Germania Manovale Bibbiano-Suzzara-Verona Operaio Innsbruck (D) Operaio Berlino (D) Calzolaio Berlino (D) Facchino Germania Manovalanza Germania Frankurt (D) Operaio Helmstedt (D) Manovale Meccanico Berlino (D) Operaio Germania Mutilato Teltow(D) Manovale Erfurt (D) Calzolaio 1-05-1945 1945 5-05-1945 21/04/45 14/04/45 13/04/45 07/5/945 8-05-1945 15/05/45 16/04/45 8-05-1945 26/04/45 30/04/45 27/04/45 16/04/45 23/03/45 27/03/45 11-04-1945 26/04/45 26/04/45 16/04/45 8-05-1945 10-05-1945 2-05-1945 5-04-1945 11-11-1944 14/04/45 8-04-1945 ott-44 3-05-1945 3-05-1945 3-05-1945 Manovale 30/03/45 12-04-1945 8-04-1945 15/04/45 5-05-1945 15/05/45 24/04/45 1-05-1945 4-05-1945 2-05-1945 2-05-1945 18/04/45 USA USA URSS URSS USA USA USA Autoliberato Inglesi Inglesi USA Inglesi Inglesi Deceduto Inglesi Autoliberato USA Morto USA USA USA USA USA USA USA URSS URSS URSS USA USA Morto Morto USA USA Ammalato USA Ha il riconoscimento partigiano USA USA 3-05-1945 USA USA USA USA USA USA 131 Vetto Vetto Vetto Vetto Vetto Vetto Vetto Vetto Vetto Vetto Vetto Vetto Vetto Vetto Vetto Vetto Vetto Vetto Vetto Vetto Vetto Vetto Vezzano Vezzano Vezzano Vezzano Vezzano Vezzano Vezzano Vezzano Vezzano Vezzano Vezzano Vezzano Vezzano Vezzano Vezzano Vezzano Vezzano Viano Viano Viano Viano Viano Viano Viano Garofani Giansoldati Giansoldati Guazzetti Guazzetti Guazzetti Guazzetti Guazzetti Guidi lambertini Magenti Malpedi Mistrali Nobili Pinna Predelli Romagnani Ruffini Ruffini Ruffini Ruffini Sassi Azzali Calegari Canossini Canovi Canovi Caprari Caprari Colli Fontana Franceschi Orlandi Prandi Spadoni Beneventi Ferri Romagnani Valcavi Arati Benassi Benevelli Bertolini Bocedi Bonacini Bonacini Nando Francesco Marino Augusto Deglio Dorindo Giovanni Oliviero Ermanno Bonfiglio Giovanni Settimo Giuseppe Pietro Lionello Prospero Renato Amato Ettore Renzo Tito Sante Arnaldo Bruno Ferrante Armando Benedetto Artemio Zaccaria Ildebrando Benito Enzo Arturo Dante Domenico Tullio Antonio Eugenio Genesio Giuseppe Umberto Angelo Matteo Paolo Adolfo Domenico Giuseppe Nicola Giovanni Ruffino Gino Agostino Virginio Pietro Giampaolo Luigi Luigi Luigi Tito Primo Adolfo Luigi Rocco Ettore Felice Giovanni Ercole Umberto Seraffino Ernesto Giuseppe Gaetano Bonfiglio Leopoldo Romano Alfredo Galileo Feodori Modesto Ettore Modesto Giovanni Fortunato Severino nn Alberto Enrico Giuseppe Ambrogio Gabriele 1896 1914 1921 1905 1891 1893 1910 1904 1907 1895 1905 1923 1925 1897 1900 1923 1908 1918 1903 1892 1906 1918 1919 1924 1914 1919 1907 1914 1920 1926 1909 1924 1906 1920 1923 1914 1914 1898 1914 1903 1910 1899 1907 1916 Muratore Bracciante Contadino Contadino Contadino Contadino Falegname Contadino Sarto Operaio Contadino Contadino Bracciante Operaio Agrario Contadino Contadino Contadino Autista (operaio) Operaio Contadino Contadino Contadino Artigiano Artigiano Fabbro (artigiano) Contadino Contadino Contadino Contadino Autista (operaio) Contadino Operaio Contadino Contadino Contadino Contadino Contadino Contadino Bracciante Operaio Contadino Contadino Contadino 1-07-1944 6-10-1944 1-07-1944 1-07-1944 1-07-1944 1-07-1944 7-10-1944 1-07-1944 1-07-1944 1-07-1944 15/07/44 15/07/44 1-07-1944 1-07-1944 19/08/44 6-10-1944 6-10-1944 1-07-1944 1-07-1944 1-07-1944 1-07-1944 12-07-1944 28/02/44 30/05/44 13/06/44 6-08-1944 6-08-1944 8-08-1944 6-08-1944 Sett.1944 15/03/44 6-08-1944 1-07-1944 1-05-1944 11-05-1944 11-05-1944 6-10-1944 10-05-1944 6-08-1944 6-08-1944 6-08-1944 5-08-1944 5-08-1944 5-10-1944 agosto '44 10-05-1944 Vetto Vetto Vezzano Puianello Torino Montalto Montalto Sedrio Vezzano Baiso Montalto Vezzano Montalto Vezzano Paderna Vezzano Vezzano Vezzano Reggio Emilia Montalto Viano Viano Viano Regnano Viano Viano Albinea Vetto Rosano Vetto Vetto Vetto Vetto Vetto Vetto Vetto Vetto Vetto Vetto Vetto Rosano Vetto Vetto Vetto Vetto Vetto Vetto Germania Hannover.Heide (D) Germania Germania Germania Langlose (D) Germania Germania Berlino (D) Berlino (D) Germania Germania Germania Erfurt (D) Bibbiano-Suzzara-Verona Eilenburg (D) Berlino (D) Germania Erfurt (D)Kahala Eilenburg (D) Germania Goettingen (D) Germania Spandau (D) Cecoslovacchia Germania Goettingen (D) Germania Kahla (D) Muehlheim (D) Magdenburg (D) Germania Wesermuende (D) Wesermuende (D) Innsbruck (D) Germania Kiel (D) Dessau (D) Germania Schwerin - Amburgo (D) Germania Germania Germania Muratore Contadino Contadino Manovale Contadino Facchino Operaio Operaio Operaio Operaio Operaio Operaio Operaio Contadino Meccanico Manovale Meccanico Manovale Fresatore Manovale Manovale Manovale Meccanico Facchino Facchino Operaio Operaio Operaio Manovale Facchino Operaio Operaio Manovale Manovale Manovale Facchino Operaio Bracciante Operaio 29/01/45 28/01/45 7-05-1945 6-04-1945 4-05-1945 22/04/45 31/03/45 30/04/45 4-04-1945 15/04/45 20/08/44 9-04-1945 10-05-1945 26/04/45 9-05-1945 apr-45 1-04-1945 8-05-1945 15/04/45 9-05-1945 9-05-1945 7-05-1945 6-04-1945 4-04-1945 1-05-1945 8-05-1945 18/04/45 26/04/45 26/04/45 10-05-1945 30/04/45 8-04-1945 8-05-1945 6-04-1945 25/04/45 21/04/45 9-05-1945 4-05-1945 4-05-1945 5-05-1945 3-04-1945 3-05-1945 25/04/45 8-04-1945 4-05-1945 Morto G.B. URSS URSS URSS Inglesi Inglesi URSS USA USA USA USA USA USA URSS USA USA USA USA USA USA USA URSS URSS USA URSS USA USA USA USA USA USA Inglesi Inglesi USA USA USA USA USA USA USA URSS USA Poi in Italia fino gennaio '45 - Villaminozzo coi partigiani Carabiniere 132 Viano Viano Viano Viano Viano Viano Viano Viano Viano Viano Viano Viano Viano Viano Viano Viano Viano Viano Viano Viano Viano Viano Buffagni Cavazzoni Codeluppi Ferri Ferri Ferri Ferri Grassi Grassi Grassi Mattioli Medici Montecchi Montecchi Moschetti Notari Piccinini Sassi Serri Sforacchi Sorrini Sorrini Arturo Giuseppe Renato Antonio Domenico Enrico Nante Nino Bruno Dante Romeo Giuseppe Ottaviano Alberto Giovanni Arnaldo Enrico Pietro Pellegrino Ettore Fausto Egidio Franco Luigi Francesco Egidio Giuseppe Giacomo Giovanni Giovanni Francesco nn Primo Angelo Antonio Germano Antonio Germano Emilio Anacleto Emilio Enrico 1901 1903 1927 1907 1901 1900 1903 1899 1898 1901 1911 1904 1903 1906 1917 1927 1923 1900 1904 1925 1909 1894 Operaio Contadino Contadino Contadino Contadino Esercente Contadino Bracciante Bracciante Agricoltore Cascinaio (operaio) Contadino Contadino Contadino Contadino Contadino Bracciante Contadino agosto '44 6-08-1944 5-08-1944 6-08-1944 5-08-1944 6-08-1944 6-08-1944 5-08-1944 6-08-1944 5-08-1944 1944 agosto '44 3-08-1944 25/07/44 5-08-1944 agosto '44 18/03/44 6-06-1944 6-08-1944 5-08-1944 6-07-1944 7-08-1944 Viano Viano Regnano Viano Viano Viano Viano Viano Viano Viano Viano Viano Regnano Viano Viano Viano Milano Viano Viano Regnano Viano Viano Goettingen (D) Goettingen(D) Innsbruck (A) Butzbach (D) Germania Germania Germania Kalau Bremen (D) Wiesbaden (D) Germania Germania Teltow (D) Kahla (D) Norimberga (D) Halle (D) Kalau Wesermuende (D) Weisbaden (D) Germania Operaio Operaio Operaio Operaio Operaio Operaio Operaio Operaio Operaio Operaio Operaio Operaio Operaio Operaio Operaio Operaio Facchino Operaio Inglesi USA Autoliberatosi USA USA Francesi Inglesi Morto Morto 15/03/45 30/04/45 7-05-1945 18/07/45 1945 7-05-1945 15/04/45 1-04-1945 10-04-1945 14/04/45 Morto USA USA USA USA USA USA USA USA USA 9-02-1945 14/04/45 6-05-1945 7-04-1945 8-04-1945 7-04-1945 7-04-1945 14/04/45 14/04/45 14/04/45 Deportati a Kahla GIOVANNA CAROLI Kahla C'è un nome che ricorre più spesso nell'elenco dei campi che hanno visto morire di fame, consunzione e violenza molti di quegli abitanti della nostra montagna che i rastrellamenti dell'estate e dell'autunno del '44 sorpresero nelle case, nelle strade, al lavoro, di ritorno da un rifugio o da un'azione contro i tedeschi e che da altri tedeschi furono forzatamente avviati a Bibbiano, a Fossoli e infine nei lager di città grandi e piccole della Germania per sostituire la forza lavoro tedesca divenuta macchina da guerra in terra d'altri. È il nome di Kahla, cittadina della Turingia a una quindicina di chilometri da Jena di cui è oggi un quartiere esterno. Ad onta delle modeste dimensioni, Kahla rappresenta il grande cimitero dei deportati della montagna reggiana, in particolare di Toano (dodici, forse tredici, dei quattordici «deceduti in deportazione», prevalentemente della frazione di Cerredolo), Villa Minozzo (otto su dieci), Castelnovo (sette su quattordici), Casina (tre su quattro), Carpineti (due su quattro), Busana, Ligonchio. Insediato in una stretta valle, a sud-est del paese, al di là del fiume Saale, il campo di concentramento era interamente rivolto a nord: freddo in tutte le stagioni, diveniva gelido e invivibile nell’inverno. Il rigore del clima e quello della disciplina (articolata in più lager, Kahla ne registrava anche esplicitamente uno come campo di disciplina) erano i naturali strumenti di sofferenza e di morte del campo, unitamente alla scarsissima alimentazione e alla pesantezza del lavoro nelle gallerie sotterranee di una montagna distante pochi chilometri nelle quali si fabbricavano e recuperavano aerei: seimila la cifra scolpita sul monumento innalzato per ricordare le vittime. Le date dei decessi rinvenute nei registri dei morti si collocano quasi tutte alla fine dell’inverno ‘44. Durante un recente viaggio organizzato dal comune di Castelnovo ne’ Monti per deporre una lapide in memoria dei caduti, un reduce ha riconosciuto ai margini del campo, nella scarpata del bosco, un fossato e un incavo naturale nella 133 roccia dove venivano gettati quotidianamente i morti che un camion passava poi settimanalmente a «ritirare». Il pastore della locale chiesa evangelica indica nello spazio più alto del cimitero evangelico, privato, di Kahla l’area delle fosse comuni che hanno ospitato le salme dei deportati. Attualmente vi si trovano quattro lapidi: una della repubblica italiana a ricordo di tutti i caduti italiani, una del comune di Castelnovo ne’ Monti con il nome dei sette cittadini vittime del campo di Kahla e due poste dai parenti di altri caduti. Gli uffici annessi alla chiesa conservano gli elenchi dei nomi dei morti del campo di concentramento di Kahla; i reggiani registrati sono trecentosettanta, tuttavia per i Comuni presi in considerazione dalla nostra ricerca appare ampiamente incompleto. Se le indicazioni sono corrette, testimonia però che a Kahla c’erano anche prigionieri militari. Vicinissimi Lindig, Erfurt, Nohra, Weimar, altrettanti campi citati dai testimoni; non distante Buchenwald, dove secondo alcuni venivano inviati i malati più gravi e, forse, le salme per la cremazione. Deportati di Castelnovo deceduti in prigionia a Kahla Località Monte Maestà Maestà Maestà Castelnovo Cognome Bezzi Guidi Ruffini Toschi Zuccolini Nome Inello Anselmo Pierino Francesco Ermete Paternità Silverio Lorenzo Michele Nobile Marzio Ageo Nato 25/11/1902 27/10/1898 3/9/1901 28/8/1902 7/9/1909 Professione Bracciante Mezzadro Bracciante Per.Agr. Falegname Catturato 8/10/1944 - Morte 14/3/1945 26/3/1945 27/2/1945 30/3/1945 1/4/1945 Nato 21/6/1899 8/9/1910 Professione Catturato Colt.diretto 4/10/1944 Morte 9/1/1945 30/1/1945 Altri deportati deceduti a Kahla Località Carniana Gombio Cognome Nome Gilioli Dante Tedeschi Ettore Paternità Antonio Deportati di altri Comuni deceduti a Kahla Baiso: Tonelli Enrico (S. Cassiano) Carpineti: Battistini Vincenzo (Iatica), Meglioli Giuseppe (Pantano) Casina: Comi Vado (Migliara), Zanetti Cesare (Migliara) Ligonchio: Magliani Vittorio (Cinquecerri), Simonelli Lodovico (Cinquecerri) Toano: Bassissi Guglielmo (Cerredolo), Casoni Duendo (Cerredolo), Debbia Domenico Beniamino, Gherardini Geminiano Afro (Massa), Giannasi Luigi (Stiano), Ibatici Agostino (Cerredolo), Marchi Carlo (Cerredolo), Righi Aurelio (Cerredolo), Righi Lino (Cerredolo), Righi Romano (Cisana), Romoli Domenico (Massa), Ruffaldi Celso (Cerredolo La Corbella), Gazzotti Amedeo. Vetto: Giansoldati Mario (Rosano) 134 Villa: Donadelli Gino (Carniana), Farioli Florindo e Pietro (Minozzo). Deportati a Kahla rientrati in Italia Castelnovo Monti: Bini Giovanni (Lusoletta di Gatta), Tagliati Battista (Croce), Ferrari Giuseppe e Pietro (Gatta) Baiso: Lusoli Romualdo Carpineti: Zini Egidio, Corbelli Omero, Toano: Ori Onilio (e altri 2 fratelli): Mattioli Armido (Ponte Dolo), Paglia Ladislao (Cerredolo), Pancani Vito, Pancani Giovanni. Viano: Sorrivi Emidio, (S.Giovanni di Querciola) 135 Mercato nero: colpa vostra! Una questione di morale e politica MARCO PATERLINI Perché esiste il mercato nero? Perché esistono venditori che trovano compratori disposti a farsi menare per il bavero. Soltanto gli ultimi possono eliminare i primi. Le massaie specialmente brontolano perché il fruttivendolo, il fornaio, il macellaio non si attengono ai prezzi fissati dalle Autorità. Perché le massaie stesse non denunciano i trasgressori alla Federazione repubblicana, alla Milizia, alla Questura? (Il «Solco Fascista», 30 ottobre 1943) Il dibattito sulla borsa nera è il tema attorno a cui, a Reggio Emilia, si muove la politica economico-sociale del regime repubblicano fascista, non tanto per occuparsi e risolvere problemi che assillano i consumatori, ma per una questione morale che si connette con la misurazione del livello di obbedienza ai dettati delle autorità. L'annoso problema del consenso/dissenso al fascismo diviene particolarmente importante nel momento in cui il regime, passati i fasti imperiali, sta combattendo per una risicata sopravvivenza all'ombra delle croci uncinate naziste. L'importanza della questione emerge in modo evidente sia dallo spazio giornaliero che il quotidiano fascista locale, «Il Solco Fascista», assegna agli avvenimenti annonari (a costo, a volte, di ripubblicare le notizie di un giorno o di una settimana precedente), dai minori: «Distribuzione del sapone tipo unico da bucato. Il prelevamento dello zucchero – Norme per gli esercenti del capoluogo. La prenotazione del sale per alberghi, istituti e convivenze varie»1 ai più importanti. Non minore peso si deve attribuire alle continue sollecitazioni (ordini, inviti, minacce) all'autodenuncia da parte di produttori, industriali e commercianti. Questa pratica, prende piede sin dai primi giorni dell'occupazione tedesca: «La Sezione provinciale dell'alimenta- 137 zione, per disposizione del Comando militare germanico ha invitato tutte le ditte produttrici di generi alimentari a denunciare con tutta urgenza i quantitativi di prodotti e materie prime giacenti presso ogni azienda»2 ma verrà percorsa sino alla fine, con effetti spesso tragicomici. Durante il viaggio di ritorno del bestiame requisito, effettuato il 29 settembre u. sc. sono stati depositati presso singoli contadini capi di bestiame ammalatisi per strada, mentre parecchi altri capi sono fuggiti. Allo scopo di completare il quantitativo di bestiame necessario per il consumo della popolazione civile è necessario che i capi di bestiame in parola siano subito reperibili e tenuti a disposizione della Militaerkommandantur locale – Abteilung E. u. L. Pertanto tutti coloro che detengono capi di bestiame presso loro depositati, o che risultano non essere di loro proprietà, debbono farne denuncia al Comando dei Vigili Urbani entro e non oltre martedì p.v. 10 ottobre corrente. Dalla denuncia dovrà risultare chiaramente il cognome e nome del detentore del bestiame di cui sopra, la sua precisa residenza, il numero dei capi di bestiame non di sua proprietà e da quanto tempo il detentore ha presso di sé il bestiame denunciato3. Sin dall'autunno 1943 emerge l'incapacità, per il regime di Salò, di conoscere quanti prodotti alimentari esistano in provincia e dove si trovino. Il ricorso all'autodenuncia diviene, così, uno strumento di necessità, ma anche il mezzo per testare il consenso che produttori e commercianti intendono esprimere al regime4. In effetti questi due aspetti sono strettamente legati, in un circolo vizioso, che porterà, ben prima della sconfitta militare al fallimento della politica annonaria: solo con un alto tasso di consenso si sarebbe potuto contare su di una spontanea adesione agli inviti alla collaborazione con le autorità per assicurare alla popolazione i rifornimenti attraverso le strutture ufficiali. D'altra parte, solo concreti risultati nel campo del vettovagliamento della popolazione avrebbero potuto assicurare al regime il consenso necessario perché il complesso ed assillante corpus di norme, decreti, obblighi e soprusi che regolamentano il settore potesse trovare una qualche applicazione. Al fascismo di Salò mancheranno sia l'uno che gli altri. La questione alimentare si pone alle autorità già da subito: il 14 settembre lo affrontano con una serie di provvedimenti, a cominciare dalla già citata sollecitazione a denunciare le giacenze, che trova l'appoggio delle organizzazioni collaborazioniste: «l'Unione provinciale degli industriali ha invitato tutte le ditte produttrici dipendenti per sollecitare tale doveroso adempimento, specificando che ... i dati debbono essere esatti»5. L'assicurazione del Capo della Provincia che le autorità germaniche avrebbero tutelato e disciplinato il vettovagliamento della città seguendo le modalità e le misure stabilite precedentemente6 suona più come un monito che come quel segnale di normalizzazione che avrebbe voluto essere. Le norme da rispettare venivano precisate da un manifesto della «Sezione Provinciale per l'Alimentazione», la Sepral: si dovevano continuare la produzione e la commercializzazione del burro, attraverso raccoglitori autorizzati; si doveva conferire ai caseifici il latte prodotto; gli allevatori avrebbero potuto presentare il bestiame ai raduni, che sarebbero stati organizzati a partire dalla settimana successiva, si ricordava il divieto di esportare bestiame dalla provincia; sarebbero stati consegnati fieno e paglia agli allevatori che ne fossero sprovvisti; gli agricoltori, che ne fossero sprovvisti per la semina o l'alimentazione familiare, avrebbero potuto fare domanda alla Sepral per avere grano, la Sepral avrebbe valutato la misura dell'eventuale erogazione; non sarebbero state considerate richieste di duplicati delle tessere 138 annonarie; restavano in vigore il regime del tesseramento e quello dei prezzi al consumo. «Tutti dovranno dare sublime ossequienza alle leggi della madre patria. Anche questo è un nobile ed importante servizio che si rende alla medesima»7. La pretesa di un ritorno alla normalità del periodo bellico precedente è di difficile realizzazione. La realtà quotidiana viaggia su altri binari e ritmi, in base ad aspettative che sono in contrasto con le necessità del regime di occupazione: così, si spiega la necessità per la Sepral di riconfermare che dal 1° settembre sono in vigore nuovi prezzi per i prodotti alimentari, prezzi che i commercianti sono tenuti a rispettare8. Ancora all'inizio d'ottobre, pur potendo assicurare alla popolazione la distribuzione di tutti i generi riguardanti il vettovagliamento, per quel mese, compresi 80-100 grammi di formaggio grana a testa, la Sepral lancia un primo esplicito invito alla fiducia. La nostra popolazione che vede poco a poco tutto normalizzarsi della vita cittadina, deve avere fiducia nelle nostre autorità che hanno lavorato per la tutela degli interessi di tutti noi, primo fra tutti quello alimentare. Con l'avvento del Governo Fascista Repubblicano questi interessi non mancheranno di essere poco a poco riassorbiti e tutelati direttamente9. In campo alimentare il potere repubblicano tenta, sin dall'autunno 1943, l'impossibile, pretendendo di coniugare i contrastanti interessi dei produttori e dei consumatori: l'autorità è decisa a combattere a fondo la battaglia dei prezzi in difesa del consumatore. Viene fatto appello a tutti i cittadini indistintamente perché essi sono e debbono rimanere i collaboratori diretti e più efficaci di questa campagna intesa a ristabilire la integrale disciplina nel settore annonario. Essendo cessati i motivi che potevano spiegare, non giustificare, l'allentamento della disciplina in parola, è ovvio far capire a tutti, indistintamente, che il Governo è deciso a ristabilire, senza ulteriori indugi, l'ordine in tale campo, ricorrendo anche a provvedimenti di carattere straordinario, se sarà necessario. Ci si serve ancora una volta della persuasione: il comunicato della Sepral è infatti di tale natura. Ma non si intenda generosità per debolezza. E d'ora in poi ai trasgressori della disciplina dei prezzi verranno comminate pene severissime. Istruzioni in proposito sono state date dal Capo della provincia in base alle recenti disposizioni governative in materia10. Da un lato il fascismo repubblicano si trova obbligato a risolvere i problemi più immediati di sostentamento delle categorie sociali impossibilitate a sfamarsi con il proprio lavoro, per ottenere da queste riconoscenza e sostegno11, nella sua ricerca di un consenso diffuso e consolidato. La riorganizzazione statale procede alacre e sicura ... anche nel campo annonario si ritorna all'integrale disciplina, richiamando al compimento di un importante dovere le categorie dei produttori e dei consumatori. Risospinta la vita nazionale alla normalità col fermo proposito di proseguire la lotta contro il nemico anglo-sassone, combattendo a fianco dei valorosi camerati tedeschi, ogni cittadino deve sentire il dovere di contribuire alla efficienza alimentare, seguendo, con alto senso di comprensione, le norme stabilite al proposito dagli organi competenti ... Allo scopo di combattere l'esoso mercato nero, il Governo repubblicano ha preso una serie di provvedimenti tra cui ... l'aumento della razione del pane ai lavoratori ...12. 139 Dall'altra parte, impone alle categorie produttrici un'adesione, a parole ideale, ma nella maggior parte dei casi forzosa, al proprio progetto: dopo i tristissimi avvenimenti degli ultimi mesi, ne hanno tratto profitto le categorie dei produttori e dei commercianti per evadere qualsiasi disciplina dei prezzi ... Ora che faticosamente, ma con risultati positivi, si stanno riorganizzando tutti i settori della vita nazionale, deve essere di nuovo instaurata anche la disciplina dei prezzi e qualunque tentativo di evadere da essa deve essere prontamente ed energicamente stroncato senza eccezioni di sorta ...13. Questa incapacità di scegliere porta all'apertura di un confronto acceso tra il potere politico ed alcune categorie economiche: quelle che in modo esclusivo (come i bottegai) o parziale (come i contadini) commercializzano prodotti alimentari. Il potere la combatte servendosi di un numero impressionante di obblighi e decreti, ampiamente pubblicizzati per dimostrare alla popolazione civile il proprio impegno a risolvere il problema del suo sostentamento14. Il vettovagliamento della popolazione viene affrontato, sotto il profilo materiale, ponendosi sia il problema di reperire una sufficiente quantità di derrate alimentari, che di distribuirle. In questo sforzo c'è chi pare rendersi conto che è il sistema stesso dell'ammasso a non funzionare: la pietra di paragone è ovviamente la Germania, dove si è convinti non esista il mercato nero, ma un'esemplare, teutonica, disciplina. I tedeschi a partire dal ‘39 avrebbero attuato l'integrale tesseramento dei generi di consumo, mentre in Italia la scelta di un tesseramento parziale avrebbe sottoposto ad ammasso solo i generi di prima necessità. Questa scelta avrebbe consentito al mercato nero di sorgere e diffondersi, perché i prezzi dei beni «liberi» si sarebbero gonfiati enormemente, oltre a render certi alimenti, come gli ortaggi e le verdure, introvabili15. La popolazione reggiana, sotto il profilo delle necessità alimentari, viene divisa tra cittadini e campagnoli: i primi sono oggetto delle attenzioni del potere, mentre gli abitanti delle ville hanno la possibilità di rifornirsi sul luogo16. Alle necessità dei civili o dei consumatori vengono dedicate le attenzioni verso il reperimento e la distribuzione dei cereali17, del vino18, della legna19, di latte e latticini20, della carne21, attraverso provvedimenti coattivi, tesi a ridurre le quote di generi alimentari indirizzate verso il mercato libero e ad incrementare quelle gestite dagli Uffici Annonari. I generi di prima necessità vengono assicurati attraverso il ricorso alle carte annonarie ed un sistema di prenotazioni – ritiri – pagamenti a prezzo fissato, che dovrebbe garantire una base minima di sopravvivenza: i due etti di pane alla cittadinanza vengono mantenuti per quasi tutto il periodo, come i tre chili mensili di pasta e/o riso; dal maggio ‘44 si riesce ad aumentare la razione giornaliera di pane ai lavoratori, altri incrementi e supplementi vengono concessi e negati con rapidità ed una certa confusione; molto problematica sembra, invece, la distribuzione dello zucchero (che appare e scompare dal listino a seconda della disponibilità di mezzi di trasporto) o dei grassi vegetali e animali22. Alla fine dell'estate 1944 il bilancio dell'attività annonaria avrebbe dovuto essere positivo e le autorità si attendevano il riconoscimento dei loro sforzi per soddisfare le necessità del popolo23. Ogni famiglia, povera o ricca, è mai stata sufficientemente provvista in casa come ora: dal frumento al burro, dalla pasta alle patate, dall'olio al formaggio, per citare le principali tutto è stato saggiamente distribuito ed ognuno è sistemato in modo da 140 poter accingersi con animo sereno ad affrontare parzialmente per un lungo periodo il problema alimentare. Manca la legna è vero, ma per questo le autorità hanno già disposto il conferimento ... Altrettanto dicasi del vino ... Che la borsa nera continui purtroppo a funzionare, non ostante i provvedimenti drastici e l'azione continua della Commissione provinciale di Vigilanza sui prezzi, è inutile negarlo, anche se ridotta a limitati campi della produzione, come quelli delle carni, dei grassi e dei tabacchi24. Eppure è evidente che il tanto sospirato consenso all'attività del potere tarda ad arrivare. Si era trovato, abbastanza facilmente, il modo per ribattere alle tesi sostenute dall'opposizione in un manifestino clandestino diffuso in giugno. Che le riserve siano state scarse può anche essere vero, ma che la razione di pane sia stata aumentata non lo può negare nessuno come nessuno può negare che i camerati germanici ci abbiano abbondantemente aiutati con delle loro riserve. A depredare gli ammassi non siamo stati né noi né i tedeschi, probabilmente i partigiani. Successivamente il manifestino invita in sostanza i produttori a disertare gli ammassi ... attraverso questa renitenza [il Comitato di unità sindacale, ndr] costringerà l'amato popolo a morire eroicamente di fame, poiché le autorità repubblicane hanno già preso le debite misure ... per ammassare il grano e per assegnarlo poi ...25. Diventa, però, difficile combattere il malessere diffuso tra la popolazione dalla scarsità delle razioni e dalla necessità di dover ricorrere al mercato clandestino per procurarsi il cibo. Non basta certamente sostenere che se coloro che non sono contenti «pensassero che al di là dell'Appennino ci sono milioni di italiani che non hanno nemmeno un tozzo di pane nero per sfamare sé e i loro figli!»26 per negare che la situazione presenta enormi lacune organizzative – che è illusorio continuare a pensare di risolvere facendo appello allo spirito di sacrificio ed all'obbedienza ed alla disciplina «quelle file, interminabili o quasi, sparse un poco ovunque nella città, di persone che si accalcano per ore e ore in attesa che il tal o talaltro negozio apra le sue porte per accontentare la gola, il gusto, le necessità più urgenti, domestiche ovvero le passioni voluttuarie?»27. La fame e il freddo divengono ben presto un incubo per i cittadini. È proprio il freddo che spinge i cittadini a rubare la legna degli alberi dei giardini pubblici e dei viali: la reazione delle autorità, dettata dal comando tedesco, è significativa della volontà di non ammettere, neppure di fronte all'evidenza, la propria incapacità di ristabilire un minimo di normalità nelle condizioni di vita. Poiché in questi giorni si è avuto un cenno di ripresa dell'opera vandalica di distruttori delle piante dei viali e dei parchi cittadini da parte della popolazione, il Comando Militare germanico avverte la cittadinanza che è assolutamente vietato asportare e, comunque, tagliare piante e rami che si trovino lungo i viali e nei parchi pubblici. ... La popolazione di Reggio dev'essere gelosa custode del patrimonio pubblico e non deturpare con atti di vandalismo viali. La deficienza di combustibile non giustifica tali atti, tanto più che a tutti è noto come le autorità competenti stiano provvedendo per l'approvvigionamento e la distribuzione della legna a tutti coloro che ne hanno diritto28. Se le autorità fanno tutto il possibile, con la fattiva collaborazione dei tedeschi, chi impedisce ai loro sforzi di avere l'atteso successo? E perché lo fa? 141 Il problema del ‘44 pare essere quello di identificare chi possa essere indicato come il responsabile del fallimento della politica alimentare del regime: ovviamente la ricerca è tutta tesa a scoprire chi sia il nemico esterno al regime. Evitando le soluzioni politiche, per quanto sbagliate potessero essere, od assumendole solo alla fine come provvedimento di imperio, come nel caso della socializzazione e della cooperativizzazione – un argomento sollevato già nel marzo del '4429, ma solo per essere accantonato e ritornare di attualità negli ultimi attimi di vita della Repubblica sociale30 – il potere si ritrova in balia della spirale evasione/repressione. A evadere, secondo «Il Solco Fascista», sono innanzitutto commercianti e agricoltori: categorie sociali inaffidabili a cui ci si rivolge alternativamente con inviti pressanti ad aderire alle norme fissate dalle autorità o con minacce di ritorsioni terribili. Nel luglio '44, è il Commissario confederale dei commercianti, Franco Mariani, a dichiarare: per quanto la rarefazione delle merci sui mercati debba indubbiamente attribuirsi ad altre categorie e ad altri fattori, tuttavia vi sono ancora commercianti che non rispettano le discipline e i prezzi in vigore ... taluni [commercianti] non hanno dimostrato ... zelo nel difendere il buon nome del commercio ... Coloro dei commercianti che sono orgogliosi della loro funzione e del loro nome sappiano che solo alla loro serietà, alla loro maturità, al senso di solidarietà sociale, alla loro assoluta obbedienza alle leggi è affidata la possibilità di avere anche per l'avvenire, un compito preminente nella nuova economia in formazione ... i commercianti collaborino con decisione alla epurazione delle loro file additando i disonesti e gli speculatori31. Sono, però, soprattutto i contadini ad essere nel mirino della propaganda fascista. Sono loro che debbono essere disponibili a conferire i generi precettati agli ammassi Agricoltori! La sollecita consegna agli ammassi del grano trebbiato renderà possibile l'immediata distribuzione alla popolazione della provincia, assicurando così, in ogni evenienza, il pane per tutti32. Conferire il grano per solidarietà, ma soprattutto conferirlo per obbedienza all'obbligo imposto dalle autorità: un obbligo che consente di contrastare l'egoismo e la cupidigia degli individui Nel consegnarlo agli ammassi voi dovete pensare che esso andrà a soddisfare i bisogni dei vostri figli e dei vostri fratelli in armi e delle grandi masse dei cittadini ... che nelle officine e negli uffici come voi s'adoprano, soffrono e sperano per la risurrezione e l'onore della patria ... opportune norme di legge permettono a voi, alle vostre famiglie ed ai vostri lavoratori di essere sufficientemente approvvigionati di grano per tutta l'annata ... il dovere religioso che voi tanto profondamente sentite e seguite v'impone, prima di ogni altro, di consegnare il grano agli ammassi, soltanto in quel modo, infatti, potete assicurare il pane quotidiano ai vostri fratelli italiani non produttori ... Agricoltori, nessuno fra voi può illudersi di poter assicurare il benessere alle proprie famiglie sottraendo grano agli ammassi ... si indeboliscono le possibilità della resistenza nazionale ... si lavora insomma per il nemico. Ma voi sapete che dietro il nemico sta in agguato il bolscevismo .. Difender gli ammassi, conferire ad essi il grano significa difendere dal bolscevismo le vostre case, le vostre famiglie, le vostre 142 aziende33. È impossibile non notare l'utilizzo di alcuni elementi di propaganda politica che sarebbero poi rimasti in tutte le battaglie di questi cinquant'anni nello scontro tra schieramento moderato e sinistre: il richiamo alla religione e lo spauracchio del bolscevismo dovrebbero portare gli utili, ma creduloni, lavoratori delle campagne a dare spontaneamente al regime i frutti del proprio lavoro, ad un prezzo di almeno dieci volte inferiore a quello del mercato, clandestino e illegale che fosse. È con ardite costruzioni idealistiche che si cerca di dimostrare la giustezza del regime vincolato dei prezzi, contorcimenti verbali – e mentali – che ben poco peso dovettero avere presso gli agricoltori. Se l'ammasso non fosse reso obbligatorio e non avesse preso consistenza su larga scala in ogni comune, è indubbio che la ingordigia dell'individuo, eccitata dal miraggio del lucro a sfuggire alla disciplina, ostacolerebbe l'afflusso al consumo del minimo indispensabile all'equilibrio del prezzo. Infatti, l'alto prezzo, oltre a indisporre il consumatore, non reca vantaggio reale e durevole neppure al produttore, giacché è risaputo che il rialzo del prezzo porta, di conseguenza, al rialzo del costo, e l'uno e l'altro sfociano nel deperimento monetario ... Gli agricoltori debbono persuadersi di adempiere non soltanto un dovere patrio, ma anche un dovere profondamente umanitario, consegnando il loro prodotto ... La Nazione ha il sacrosanto diritto di vigilare, con qualunque mezzo a conseguire lo scopo, affinché non venga minacciata la esistenza delle grandi masse dei cittadini ... Tutti i fratelli che non sono rurali hanno anch'essi, alla pari dei rurali, il diritto alla vita, perché tutti contribuiscono, e ciascuno col proprio apporto al conseguimento del benessere nazionale. Tutti indistintamente, rurali e non rurali, rappresentano forze vive operanti nel grande ingranaggio dello stato ...34. Solo negli ultimi mesi di vita della repubblica, però, il malcontento dei contadini verrà messo in luce: unico esempio, per così dire ufficiale, ci risulta essere questa lettera, pubblicata dal «Solco». Bisogna condurre oggi un'azienda agricola, anche piccola, per capire bene quali e quante siano le difficoltà. Sono state raddoppiate le imposte sui terreni, sui redditi agrari, aumentate le relative complementari, le tasse d'irrigazione, le tasse sul bestiame, l'imposta straordinaria sui terreni, mentre è notorio anche ai più profani che i redditi agrari sono fortemente diminuiti per una infinità di fattori, fra cui l'insufficienza dei concimi, la diminuzione sensibilissima del bestiame, la scarsità di sementi, la carenza dei mezzi e l'insufficienza della mano d'opera. Ora il produttore assillato da tutti questi doveri viene anche tacciato di dissoluzione morale? ... Senza voler discutere le cifre colle quali i produttori vengono retribuiti al conferimento di qualsiasi genere di prima necessità ... vorrei chiedere all'articolista se è proprio convinto che esse possono reintegrare il costo di produzione. Tutti sanno ... che quasi tutti i fattori necessari e fondamentali della produzione o scarseggiano o mancano e che essi sono in certo qual modo approvvigionati dalla solerzia individuale dei produttori, solo a prezzi vertiginosi, dato l'imperversare della borsa nera. Ora quando si spende 20 e si ricava 5 com'è possibile seguitare a produrre? ... si convinca il giovane articolista che 143 se i produttori sono ben persuasi che la loro funzione non rappresentava verso il consumatore una benigna donazione, ma un dovere categorico, per cui sono impegnati moralmente e categoricamente, essi sono altrettanto convinti, che la loro fatica diuturna, oscura e di sacrificio debba essere considerata un po' di più soprattutto da chi in materia legifera o vocifera senza essere a quanto pare, ben addentro nelle reali difficoltà ...35. Le parole di Ferrari rendono evidente la modificazione dei termini del problema, intervenuta nel corso del '44: non più di una questione di consenso si sta trattando, ma di una situazione di scontro aperto tra la categoria dei produttori e quella dei governanti, perché, di fatto, i rapporti tra produttori e consumatori sono determinati dal mercato clandestino. Due settori in cui l'evasione agli obblighi di ammasso è tanto evidente da dover essere ammessa sul giornale sono quello vinicolo per la campagna 1944-45 e quello della requisizione della legna per lo stesso inverno. Nonostante i pressanti inviti al rispetto degli obblighi di denuncia della produzione e delle giacenze di prodotti vinosi36, solo il 40 per cento dei produttori denuncia le giacenze entro il 20 novembre e, tra quelle presentate, molte sono volutamente erronee. Causa unica e latente di questo stato di cose è quel senso di indifferenza e di apatia che ci sembra riscontrare nella classe dei produttori e che conviene una buona volta dichiarare apertamente e coscientemente ... Conseguenza unica di tale stato di cose sarà il malcontento creato dai produttori nella popolazione civile e soprattutto la scarsità di tale alimento, di già per se stesso abbastanza esiguo in base alla percentuale prefettizia ... Il produttore deve tener presente che non allineandosi ai suoi doveri, oltre a fornire prova di un inqualificabile egoismo, non fa altro che alimentare il mercato nero di cui si dichiara vittima, ma in realtà ne è la causa prima e il favoreggiatore37. Non molto diversa è la situazione che viene a crearsi a proposito del conferimento agli ammassi della legna per la città: quasi nessun contadino conferisce agli ammassi la quota di legna precettata. In una prima fase si cercano giustificazioni ed espedienti per risolvere il problema, si fa il solito appello alla disciplina Tocca ora ai singoli una pronta obbedienza, sacrificando altri lavori e ricorrendo a tutti i mezzi possibili perché la legna, il solo combustibile su cui si possa contare, non manchi ad ogni famiglia per il necessario riscaldamento e spesso anche per cucinare le vivande38. Si ricorre poi alle diffide ed alle minacce di confisca per il prodotto39, ma è solo nella primavera del ‘45 che si ammette che la questione dei rifornimenti è un problema politico fondamentale. Solo in marzo si trova il responsabile del mancato ottenimento del consenso: è la credulità del popolino che non comprende la perfidia criminale del comportamento dei partigiani, che non consentono alla città di ottenere i rifornimenti necessari. La situazione è effettivamente drammatica: mancano 15.000 quintali di carbone vegetale rispetto all'anno precedente, ciò impedisce alla popolazione la cottura del pane a domicilio. Si prevede che serviranno 60.000 quintali di fascine e 50.000 di legna forte per l'industria casearia senza i quali si perderanno 60.000 quintali di formaggio e 18.000 di burro. Occorre poi il combustibile per 144 forni, mense, enti e convivenze, forze armate, industrie e popolazione. La legna c'è, lassù tra i partigiani, fra coloro che hanno contribuito e non poco alla disfunzione di tutti i servizi, non del Partito Repubblicano, ma della popolazione che deve subire, grazie alla loro funzione antisociale, ogni privazione40 ... ogni prodotto che viene ceduto all'ammasso non viene ceduto o trasferito ad una fazione politica, ma corrisposto all'enorme massa dei consumatori ... Le gesta dei ribelli della montagna che si sono accaniti a non permettere l'invio dei rifornimenti abituali della legna e del carbone vegetale, pone le Autorità preposte a risolvere il problema dei rifornimenti, a dover intaccare, con conseguenze dannose per l'agricoltura, il patrimonio arboreo della pianura ottenendo prodotti con caloria e qualità inferiori di gran lunga a quello boschivo dei monti ... È tempo ed è bene che la popolazione si renda conto dell'azione profondamente antisociale svolta dalle bande partigiane che accecate dall'odio di parte, non sanno discriminare la rappresaglia politica dall'affamamento avverso la popolazione civile operando minacce, vuotando gli ammassi, uccidendo il bestiame destinato ai raduni e di conseguenza al consumo della popolazione medesima. Tuttavia noi richiamiamo i produttori [a] ... spogliarsi una buona volta dalla deplorevole mentalità speculatrice acquisita durante la guerra attuale e ricordarsi ancora di sentirsi cristiani non solo a parole41. Si continua, così, anche nel momento in cui si deve ammettere la sconfitta militare della propria politica annonaria, a cercare un nemico esterno, a non voler ammettere la propria incapacità di gestire un settore tanto complesso e difficile. Il regime non era mai stato in grado, indipendentemente dall'azione partigiana, di invertire una tendenza all'impoverimento generale della nazione e della popolazione: impoverimento economico – per i costi insostenibili degli alimenti a mercato libero o clandestino – e alimentare, per la penuria dei generi. Un'analisi, per quanto veloce e limitata agli aspetti macroscopici del problema, del settore lattiero e zootecnico – la spina dorsale dell'economia agraria della provincia sin dalla fine dell'Ottocento – consente di comprendere quanti e quali danni avessero portato ai produttori agricoli, ed all'indotto che attorno ad essi ruotava, la guerra e la politica alimentare fascista. L'insufficienza delle razioni alimentari ufficiali è ancor più evidente per quanto riguarda le carni. Già a dicembre 1943 la Sepral si trova in difficoltà nel reperire bestiame da macellare nei raduni, anche perché è il periodo in cui molte vacche sono gravide e, quindi, non abbattibili. «Allo scopo di assicurare l'approvvigionamento alle costituende Forze Armate Repubblicane si rende necessario adeguare il consumo carneo della popolazione civile alle effettive disponibilità»42. Il Capo della Provincia decide quindi di limitare la distribuzione di carne ai civili: 100 grammi una sola volta la settimana. Di nuovo, con evidenza si scontrano tre esigenze: quella del ciclo produttivo e dei contadini (la riproduzione bovina è necessaria e deve avvenire secondo tempi stabiliti dalla natura, dalle condizioni stagionali, dalla disponibilità dei foraggi e, quindi, dalla inopportunità di lavorare il latte per farne formaggio), quella dei consumatori e quella dello Stato e della sua macchina bellica. È una delle poche volte in cui così chiaramente sul giornale si ammette che è quest'ultima esigenza a prevalere sulle altre. Non molto diversa, però, sarà la situazione nell'anno successivo: i mercati ufficiali resteranno limitati e, anzi, la maggior parte dei provvedimenti sono tesi a deprimerli43. Con l'esta- 145 te arrivano gli obblighi del conferimento. A luglio un decreto del Maf obbliga gli agricoltori a presentare denuncia del bestiame posseduto; si minacciano dure ritorsioni per chi omette la denuncia44. È evidentemente che queste minacce cadono nel vuoto se, in agosto, il giornale è costretto a notare che nonostante, rispetto ai mesi precedenti, si sia ridotto il numero dei capi precettati per i raduni, la defezione dal conferimento continua45. Numerose aziende già in arretrato con il conferimento non si erano minimamente preoccupate di mettersi in regola per cui le necessità delle forze armate e dei civili avrebbero imposto provvedimenti drastici. Dal raduno successivo si annuncia che i bovini precettati e non conferiti sarebbero stati confiscati dalla polizia senza procedere al loro pagamento. L'elusione ai dettati delle autorità viene scusata con il fatto che in questo periodo gli allevatori dovrebbero conferire bestiame da lavoro o da latte, oppure capi non ancora convenientemente ingrassati, ma li si richiama a comprendere che le necessità della guerra obbligano al rispetto dei precetti. La situazione non pare modificarsi molto se a settembre si starebbe provvedendo alla requisizione del bestiame precettato e non consegnato ai raduni. L'appello agli allevatori perché rinuncino al proprio capitale e alle proprie necessità produttive è, però, giustificato con la necessità di sostentare la popolazione civile46. Un indice significativo della penuria di rifornimenti carnei può essere identificato nella cosiddetta bassa macelleria che raccoglie le carni degli animali abbattuti dopo incidenti, previa visita veterinaria. Inizialmente ad usufruire dello spaccio della bassa macelleria presso il macello comunale erano ammesse solo le famiglie particolarmente bisognose e assistite dal Comune, poi, col peggiorare della situazione generale, si concede l'accesso anche a famiglie di salariati (operai e impiegati) in difficoltà finanziaria. I cittadini del Comune ammessi ad usufruirne, per il 1944, erano 11.915 – su una popolazione di circa 60.00047. Allo spaccio della carne morta, dunque, ricorre quasi un quinto della popolazione comunale – e non cittadina: nel conto stanno anche i contadini del vasto forese del capoluogo, che, in gran parte sono anche allevatori e quindi esclusi da questa possibilità. La vendita della carne di bassa macelleria, in effetti avviene con una certa regolarità a partire dalla fine di ottobre 1943 al febbraio 194548, costituendo un'effettiva ancora di salvezza per la popolazione sempre più affamata. Anche, però, tra gli affamati si creano differenze: c'è chi ha diritto ad avere più fame di altri. La città viene, per così dire, guardata con un occhio di riguardo: sono molti i provvedimenti di questo genere, basati sul principio che chi vive in campagna avrebbe la possibilità di procurarsi il cibo da solo e sorvolando sul fatto che non tutti coloro che non abitano nel capoluogo sono produttori agricoli. Agli inizi di gennaio 1945, non potendo più ridurre la razione in città e, evidentemente, di fronte ad un ulteriore carenza di carne, vengono stabilite nuove razioni: a Reggio vengono assicurati i 100 grammi settimanali, mentre ai Comuni della provincia si assegnano tra i 100 e i 200 grammi mensili49. Ancor più complessa era la situazione rispetto al rifornimento del latte. Se infatti la maggior parte della popolazione era abituata ad una dieta povera, se non priva, di carne, ben maggiore era l'abitudine al consumo di latte: per non pochi la colazione e la cena consistevano in polenta e caffelatte, anziani e bambini ne avevano necessità. La spoliazione del capitale bestiame della provincia avviene nonostante le evasioni agli obblighi da parte dei contadini: i capi non consegnati agli ammassi, per non essere requisiti dovevano essere abbattuti, o lasciati rubare dai partigiani o fatti ammalare. Il grande pregio della zootecnia reggiana, la triplice attitudine delle bovine (da lavoro, da carne e, soprattutto, da latte) diviene anche il suo limite: il forzato abbattimento dei capi riduce anche la possibilità di produzione lattea 146 sia per l'industria casearia che per l'alimentazione. Oltre a ciò si deve anche tener conto che il contadino ha, tradizionalmente, tutto l'interesse a produrre per il caseificio e non per l'alimentazione: il formaggio grana è un prodotto di élite che assicura alte rese, ha un florido mercato e dà prospettive per il futuro. Di tutto ciò si deve tener conto nell'analizzare l'andamento dei rifornimenti lattei alla popolazione. Un problema che si ripresenta ciclicamente ad ogni inverno, quando a metà novembre le lattifere vengono asciugate per consentire la riproduzione. Già nel dicembre ‘43, un gruppo di cittadini denuncia sul «Solco» che a Rondinara, nonostante ci siano molti contadini con lattifere che possono essere munte, manca il latte alimentare: si insinua che i contadini lo nascondano per farne mercato nero e contro di loro si invoca l'intervento delle autorità50. Che non si tratti di ingordigia commerciale di qualche produttore diviene evidente dopo pochi giorni, quando vengono fissate norme che limitano i consumi di latte e ne disciplinano la raccolta e la distribuzione. Il latte dovrà essere raccolto solo presso alcuni caseifici identificati dall'U.Co.F. e dall'Ente zootecnia «tenendo presenti l'attrezzatura, l'ubicazione, l'igiene dei caseifici e la correttezza e disciplina dimostrata in passato dai dirigenti o gestori degli stessi»51. La titolazione del latte, per controllare che la percentuale di grasso non sia diversa da quanto prescritto, verrà eseguita presso quei caseifici, che siano dotati degli strumenti idonei. Premesso che ogni comune deve considerarsi autoapprovvigionato attraverso il conferimento del latte fatto dai produttori locali, ai consumatori dovranno essere distribuiti giornalmente non più di gr. 225 di latte pro-capite. Tale quantitativo, in relazione alle disponibilità locali potrà essere ridotto limitando anche, ove occorra, la distribuzione a determinate classi di consumatori (bambini, ammalati, vecchi) ... In tutta la Provincia il latte dovrà essere ceduto al consumatore al prezzo di £.3,40 al litro52. L'acquisto di latte dai rivenditori potrà avvenire solo su presentazione delle carte annonarie. Ai malati e alle madri allattanti saranno concesse carte per prelievi supplementari53. La carenza di latte obbliga la Sepral ad importarne dalla Lombardia. La nuova disciplina, che avrebbe dovuto garantire le quantità necessarie al consumo, non ha avuto successo perché gli allevatori non avrebbero rispettato l'obbligo di conferire all'ammasso un chilogrammo di latte al giorno: li si accusa di non essere in grado di produrlo perché non hanno programmato le monte delle vacche, così da avere lattifere in produzione anche in inverno. La responsabilità del fallimento del razionamento del latte è quindi attribuito alla forza dell'abitudine: gli allevatori sono abituati, per la destinazione più industriale che alimentare del latte reggiano, a far partorire le vacche a primavera, così da avere latte all'apertura dei caselli e non tengono conto delle necessità alimentari della popolazione, sempre risolte con l'importazione. Si ammette che la differenza tra prezzo del latte per alimentazione e quello per uso industriale non è stata sufficiente a stimolare un impegno seppur minimo dei contadini in tal senso54. Alla fine di febbraio la questione è ancora irrisolta: tutto il latte conferito ai centri di raccolta viene destinato all'alimentazione umana, mentre il suo prezzo supera quello del latte destinato alla trasformazione55. I tentativi di recuperare latte si indirizzano, poi, di nuovo, a provvedimenti d'imperio, si va dal conferimento obbligatorio della produzione esclusivamente presso centri autorizzati, alla concessione della distribuzione solo a lattai specificamente autorizzati56 al razionamento ed alla scrematura integrale57. 147 La questione del latte alimentare si ripresenta, puntualmente, con il novembre 1944, quando, nel tentativo di reperire i quantitativi sufficienti alle necessità della popolazione cittadina il prezzo viene portato da lire 3,40 a lire 5 il litro, franco caseificio. La Sepral, ovviamente, ribadisce l'obbligo del totale conferimento del latte disponibile dopo le trattenute per consumo familiare, così come conferma il divieto di diretta cessione ai consumatori. Il «Solco» commenta l'aumento del prezzo giustificandolo con la cronica penuria di latte prodotto in provincia d'inverno, per i già ricordati motivi legati alla gravidanza delle mucche. In normali situazioni di mercato la situazione sarebbe stata risolta con l'importazione dalla Lombardia dove le stalle venivano tenute in rotazione grazie alla disponibilità di foraggio delle marcite. Non potendo provvedere all'importazione per l'impossibilità di trasporto non si poteva che tentare di stimolare i contadini a produrre latte con un prezzo equilibrato rispetto ai costi: l'aumento dovrebbe rispondere a questa esigenza. E se qualche infrazione o indisciplina essi dovessero ugualmente commettere, essa risulterebbe ancor più delittuosa e tale da meritare le più gravi sanzioni penali che la legge di guerra prevede. In questo campo le autorità fanno pertanto appello alla sorveglianza e alla collaborazione del consumatore, il quale non deve tacitamente accondiscendere, ma protestare e denunciare senza ritegno ogni abuso...58. Il provvedimento pare non ottenere grandi risultati: già a novembre le autorità ricorrono al razionamento, giustificandolo con la necessità di esportare latte nelle province vicine. Viene istituita una tessera con quattro categorie di consumatori: bambini, vecchi, popolazione normale, ammalati59. Già con il 1° di dicembre le Latterie cooperative riunite, «considerato il rallentato rifornimento di latte alimentare ai centri di raccolta»60, consegneranno giornalmente gr. 500 ai bambini fino a tre anni, agli ammalati e le gestanti, gr. 250 per i vecchi oltre i sessantacinque anni: la razione normale, per gli altri consumatori, sarà stabilita di giorno in giorno secondo disponibilità. La produzione raccolta non risulta sufficiente per le sessantamila persone che avevano prenotato il latte. Le Latterie ritengono di poter raccogliere circa 120 quintali al giorno: 60 saranno destinati alla città, 60 al forese. La situazione precipita durante il mese di dicembre: la disponibilità di latte scende da 120130 quintali giornalieri a 12-13. Il latte fresco viene distribuito ai bambini, mentre agli altri viene consegnato latte in polvere61. Le autorità sono costrette ad ammettere che i provvedimenti adottati non hanno ottenuto l'effetto sperato: aumento del prezzo e razionamento non sono stati in grado di garantire i rifornimenti alla popolazione62. Il prezzo è stato addirittura aumentato al punto che mentre a Parma si pagano lire 4,50 il litro, a Reggio il latte ne vale cinque63. Come sempre, però, non sapendo più cosa fare, si ricorre alla demagogia: «solo il cuore generoso del contadino con una pronta dedizione potrà colmare tale lacuna. Maggiore e sollecita esortazione la forniamo per una pronta e proficua intensificata produzione di latte, in quanto tale alimento è indispensabile per determinato numero di cittadini»64. Appelli che paiono non ottenere alcuna risposta se, a fine mese, nel capoluogo il latte fresco continua ad essere distribuito solamente ai bambini e alle gestanti: oltre agli ammalati anche i vecchi sono autorizzati a prelevare latte in polvere. Si nota che, invece, i comuni della provincia riescono a soddisfare le necessità del razionamento65. I comuni del circondario sono una sorta di ultima spiaggia a cui ricorrere: a marzo 1945 gli allevatori non solo di Reggio, ma anche di Bagnolo, Cadelbosco, Castelnovo Sotto, Poviglio, Gattatico, Campegine, S. Ilario e Montecchio sono obbligati a conferire ai 148 caseifici due litri di latte per ogni vacca che abbia partorito: è il latte che dovrebbe alimentare la città ormai assediata dai ribelli66. Gli esempi che abbiamo portato ci paiono sufficienti per sostenere la lontananza tra gli interessi dei produttori di derrate e quelle che le autorità sostengono essere le necessità dei consumatori. In effetti la questione ci pare molto più complessa di quanto chi gestisce il potere pare comprendere: non si tratta solo di contrapporre gli interessi individuali dei contadini a quelli collettivi della popolazione civile. Il regime impone una situazione economica in cui il mercato ufficiale non ha che sporadici rapporti con quello reale, anzi in cui l'inesistenza di un mercato libero dei prodotti pare essere una sorta di istigazione alla nascita, crescita e sviluppo di un mercato clandestino. Nel Reggiano i contadini non aderiscono agli inviti del regime a collaborare per un'infinità di ragioni che vanno dall'elevato tasso di politicizzazione delle campagne (non tanto e solo di antifascismo – sarebbe semplicistico limitarsi a notare la forte presenza antifascista e, soprattutto, comunista – ma anche cattolica e, perché no, fascista: Reggio fu la seconda provincia fascista dell'Emilia Romagna) – a cui corrisponde un'aspettativa molto alta di partecipazione alle scelte di governo – alla volontà di preservare un sistema agrario, sostanzialmente moderno (risaliva ai vent'anni tra fine ‘800 e primi ‘900), che basava sul mercato gran parte dei suoi equilibri. Il contadino reggiano produce latte per la lavorazione del formaggio grana: si aspetta che gli venga pagato a fine annata o, sempre più spesso, di ricevere, sempre a fine anno, una quota di prodotto da stagionare per altri dodici/ventiquattro mesi prima di venderlo. La differenza tra produzione e vendita è, quindi, di due-tre anni. È un'abitudine che richiede una gestione rigorosa della stalla e del podere, una rigida disciplina dei consumi, la mancanza di vincoli alla circolazione di un prodotto di qualità destinato ad una élite. Tutto ciò è negato dalla guerra, dai vincoli al mercato, da una domanda di prodotti di bassa qualità e di immediato consumo. Le abitudini nel campo della produzione lattiera che si tenta di combattere per dare latte alla città non sono semplici capricci dei produttori, ma dipendono da precisi calcoli sui tempi biologici delle fattrici che poi debbono essere pronte alla produzione lattea al momento in cui i caseifici, a primavera, riprendono la produzione del formaggio. Si tratta di un atteggiamento che, ovviamente, non può essere generalizzato per altre agricolture, ma che spiega il fallimento dei rapporti tra contadini e Rsi. Meno significativa ci pare sia la vicenda dell'ammasso cerealicolo, che pure, su un piano nazionale – e per quanto riguarda in genere la vicenda dell'ammasso di guerra – tanta importanza assume. Intanto perché la Rsi si trova a dover gestire una sola campagna granaria (quella del 1944) e poi perché in questo campo il potere, a Reggio, pare arrendersi senza combattere. Per la campagna cerealicola 1944 vengono fissati, già nel giugno, nuovi prezzi molto più alti dei precedenti. La realtà di oggi ... è fatta di prezzi da cinque a dieci volte superiori a quelli del 1940 ... Non crediamo che tutti gli agricoltori siano interamente soddisfatti dei prezzi di cui sopra, ritenuti da essi ancora insufficienti a coprirli dalle spese di produzione. Quanto al consumatore il problema del prezzo del pane e della pasta è più che superato da quello generale del costo della vita e dei generi alimentari che ognuno è costretto a procurarsi attraverso la borsa nera, per non ridursi alla morte per inedia: per il consumatore ... il vero problema ... è quello di procurarsi giornalmente una sufficiente quantità di generi alimentari ... è stato un grave errore ... l'avere fissate razioni insufficienti e dei prezzi di conferimento agli ammassi non remunerativi per il produttore67. 149 L'adeguamento dei prezzi dei prodotti agricoli ai costi produttivi, avrebbe dovuto rendere conveniente l'ammasso senza per altro avere un peso particolare sui consumatori, ormai abituati ai prezzi della borsa nera, che avrebbe dovuto essere combattuta sia con un aumento delle razioni, sino ad eliminare i margini di richiesta che la alimentano, che attraverso una dura lotta sul piano legale contro i contravventori La questione fondamentale, però, pare essere quella della distribuzione del grano: è la situazione dei trasporti a far dubitare della possibilità di ammassare cereali e poi portarli in città. L'azione partigiana è già incisiva e gli aerei alleati sono già un incubo per autocarri e treni implacabilmente mitragliati se sorpresi a circolare. La posizione ufficiale è inizialmente quella di negare l'evidenza del problema. Siamo in grado di confermare in modo definitivo che a raccolto ultimato sarà effettuata la distribuzione del grano a tutti i consumatori che ne faranno richiesta e in misura tale da fronteggiare agevolmente i bisogni alimentari, così da ridurre al minimo l'attività del mercato nero. Sono già predisposte le modalità per l'attuazione pratica del provvedimento, modalità che in linea generale non differiscono da quelle seguite lo scorso anno ... non sono mancate proposte particolari tendenti a rendere più sollecita la distribuzione, come quella ... di far prelevare il grano presso i singoli produttori. La proposta ... presenta diversi inconvenienti ... che si risolverebbero in danni inevitabili tanto per il produttore quanto per il consumatore. A parte la questione fondamentale del controllo e della valutazione del prodotto conferibile (peso specifico, impurità) ... che sarebbe impossibile eseguire sul posto in alcune decine di migliaia di aziende, si deve considerare che presso ben poche di queste esiste l'attrezzatura necessaria per ... [la] distribuzione68. A luglio, però, la questione viene risolta in modo diametralmente opposto: tutte le necessità tecniche e di opportunità, quasi per magia, scompaiono e i produttori del capoluogo sono autorizzati a cedere ai consumatori la prima parte (50 chilogrammi) della distribuzione prevista su presentazione del relativo buono, anche intestato ad un ammasso, al prezzo di lire 260 il quintale. Versando i buoni al Consorzio agrario i contadini avrebbero ricevuto lire 361,50 al quintale69. La possibilità di cedere il grano ai consumatori direttamente da parte dei produttori incontra immediatamente il gradimento della popolazione, che lo considera un vantaggio sia per gli acquirenti che per i venditori, che evitano il trasporto al magazzino del Cap70. La proposta di estendere il provvedimento anche ai Comuni della provincia non pare incontrare particolari difficoltà e la Sepral si preoccupa solo di precisare che è facoltà del Podestà decidere la possibilità di far distribuire il grano ai consumatori direttamente dai produttori, per i quali esiste il solo obbligo di aver denunciato le quantità prodotte71. È la totale deregulation: una politica annonaria basata sull'ammasso dei generi di prima necessità dovrebbe reggersi incaricando ogni produttore di distribuire i generi del proprio lavoro. È evidente che una simile decisione corrisponde ad una resa incondizionata. Il produttore è di fatto autorizzato a vendere il proprio prodotto al mercato libero, ma formalmente gli si fissa un prezzo da dover applicare in modo rigoroso. Tutto ciò, però, non pare risolvere il conflitto in atto tra contadini e governo. Anzi, i contadini sembrano ancor più decisi a non appoggiare in alcun modo la politica alimentare della Rsi. Gli agricoltori, sono la categoria professionale maggiormente presente tra quelle segnalate per gli implicati in reati annonari72, anche se centotré agricoltori, su cinquecentoventidue implicati di cui conosciamo il mestiere, sono una percentuale estremamente bassa in una 150 provincia in cui i contadini erano ancora all'incirca la metà della popolazione. In effetti i reati annonari paiono appartenere più alle categorie nettamente commerciali (esercenti, fornai, commercianti, fruttivendoli, macellai, pollivendoli) o impegnati in attività – più artigianali che industriali – di trasformazione (mugnai, cascinai). È, però, significativo che questi mestieri siano segnalati in modo dettagliato, mentre la categoria dei produttori agricoli è una sola, pur con specificazioni. Anche sotto questo aspetto non mancano le sorprese. In una provincia eminentemente mezzadrile sono solo sei i mezzadri ed un colono di cui si dichiara l'attività, contro i ventun fittavoli e, soprattutto, contro i settantadue agricoltori in genere, tra i quali sono senza dubbio inseriti i coltivatori diretti, anche se non abbiamo elementi che ci consentano di ascrivere l'intero numero ai conduttori fondi propri73. Alcune sorprese riserva anche il confronto tra l'età degli agricoltori74 e quella del complesso degli implicati in genere75: i dati a nostra disposizione ci fanno pensare che i contadini implicati fossero in genere più anziani (sette su diciannove hanno tra i 50 e i 59 anni, tre tra i 60 e i 69, tre tra i 40 e i 49) in rapporto alla generalità degli implicati (settantotto su duecentoquarantuno tra i 40 e i 49 anni, cinquantacinque tra i 50 e i 59 anni e ventitré tra i 60 ed i 69). La distribuzione geografica, per Comune, dei reati commessi dagli agricoltori76 in confronto con i dati generali77, si modifica in modo netto: il primato del capoluogo – per altro del tutto logico vista la maggior concentrazione di abitanti di Reggio in rapporto con i Comuni della Provincia – (centonovantasei reati su ottocentocinquantaquattro) cade e Reggio è solo terzo (nove reati su novantasei) per i contadini, mentre lo precedono Guastalla (ventuno reati) e Castelnovo Sotto (tredici reati). Si noti anche come la percentuale di agricoltori sui reati del capoluogo sia bassa (nove su centonovantasei), pur in un comune con un forese estremamente ampio per superficie e popolato da contadini, mentre molto alta è la percentuale per Guastalla (ventun contadini su quarantanove reati) e anche per Castelnovo (tredici su trentaquattro). Il reato più rilevato è la macellazione clandestina sia nei dati complessivi (centonove su ottocentonovantuno)78 che in quelli relativi agli agricoltori (sedici su centotré)79. In particolare, però, settanta reati dei contadini su centotré sono relativi ai grassi (macellazione clandestina, mancato conferimento bovini, omesso conferimento latte e burro, ecc.). Le segnalazioni di reati annonari connessi con l'alimentazione, che «Il Solco Fascista» riporta, non debbono essere assunte come dati oggettivi, ma solo come un indice soprattutto, ma non solo, del diffuso rifiuto popolare ad aderire alla politica annonaria della Rsi. I dati che abbiamo riportato, innanzitutto, non consentono di definire né l'effettiva diffusione della borsa nera, né il suo radicamento in questo o quel ceto, ma permettono di verificare quanto il fenomeno dell'evasione alle norme sul vettovagliamento fosse diffuso e ramificato. Permettono anche di comprendere come lo scontro in atto fosse una questione di morale e politica. Da un lato il potere richiamava i produttori ad una religiosa obbedienza ai dettati delle autorità, dall'altro i contadini – in misura molto maggiore di quanto poi venga rilevato come reato – gli altri produttori, i commercianti e la popolazione in genere si preoccupano di mantenere vivo un mercato parallelo che consente la propria sopravvivenza. Pare si crei un patto non dichiarato tra produttori e consumatori che permette di sopravvivere alla guerra, all'occupazione e alle norme cervellotiche e inapplicabili. Nella sostanza pare che i tempi lunghi della produzione agricola prevalgano sulle contingenze belliche 151 gestite dalla Repubblica sociale, che diviene e resta altra rispetto alla popolazione reggiana. Sarebbe sbagliato e pericoloso pensare che il mancato consenso alla politica annonaria del regime possa essere generalizzato: l'Italia contadina aveva troppe sfaccettature e differenze perché questi avvenimenti possano essere assunti come paradigmi complessivi: sta di fatto, però, che tutta la cura, gli sforzi, le lusinghe e le minacce messe in atto dai fascisti non furono in grado di assicurare alla popolazione civile ed ai propri padroni nazisti, il cibo dei campi reggiani, ma soprattutto non furono in grado di assicurare al regime collaborazionista quel grado di consenso che era condizione indispensabile per potersi garantire le derrate. I contadini reggiani scelgono la clandestinità annonaria piuttosto che cedere le proprie bestie ai tedeschi, e questa clandestinità li porta in un'area di illegalità dalla quale diventerà più facile appoggiare i partigiani che la Repubblica di Salò, prodiga di richiami alla morale, ma povera di statura politica. 152 1. «Il Solco Fascista» 27 ottobre 1943, 4 novembre 1943, 30 novembre 1943. 2. La denuncia delle giacenze alimentari, «Il Solco Fascista» 14 settembre 1943. 3. Municipio di Reggio Emilia, Denuncia di Bestiame presso terzi, 3 ottobre 1944 in ACRE, Raccolta Manifesti, b. 98. 4. Riportiamo questo esempio, tratto dai bandi ufficiali emanati dal Commissario Prefettizio del Comune di Reggio Emilia, Rabotti. TUTTI COLORO CHE, IN QUESTO COMUNE, SONO IN POSSESSO, ALLA DATA SUDDETTA DEL 1° MARZO 1944 – XXII, DI UNO O PIÙ CAPI DI BESTIAME ... SONO OBBLIGATI A FARNE DENUNCIA ... Saranno eseguiti rigorosi controlli, per accertare l'esattezza della denuncia, presso tutti i detentori di bestiame ... Chiunque, soggetto all'obbligo di denuncia, si rifiutasse di fornire le notizie richieste o le fornisse scientemente errate, oppure incomplete, è passibile delle gravi sanzioni stabilite dal D.L. 22 aprile 1943 – XXI n.245. Il bestiame non denunciato sarà confiscato. Municipio di Reggio Emilia, Denuncia obbligatoria del bestiame al 1° MARZO 1944 – XXII, 11 febbraio 1944 – XXII in ACRE, Raccolta Manifesti, b. 98, lo stesso testo sarà ripetuto anche in Municipio di Reggio Emilia, Denuncia obbligatoria del bestiame AL 20 LUGLIO 1944 – XXII, 14 luglio 1944 – XXII in ACRE, Raccolta Manifesti, b. 98. 5. La denuncia delle giacenze alimentari, «Il Solco Fascista» 14 settembre 1943. 6. Cfr. Un manifesto del Commissario prefettizio sul vettovagliamento della città, «Il Solco Fascista» 14 settembre 1943. 7. Importanti informazioni della Sezione Provinciale dell'alimentazione, «Il Solco Fascista», 14 settembre 1943, le stesse informazioni sono ribadite in Importanti comunicazioni della Sezione Provinciale dell'alimentazione, «Il Solco Fascista» 15 settembre 1943. 8. I prezzi massimi dei cereali, farine, oli, sementi e foraggi «Il Solco Fascista» 26 settembre 1943. 9. Il vettovagliamento della popolazione assicurato per l'intero mese di ottobre, «Il Solco Fascista» 2 ottobre 1943. 10. Tutti i cittadini dovranno denunciare gli abusivi aumenti dei prezzi, «Il Solco Fascista» 31 dicembre 1943. 11. Ferma disciplina nel settore alimentare, «Il Solco Fascista» 30 novembre 1943. 12. Severo richiamo del Capo della Provincia alla disciplina dei prezzi, «Il Solco Fascista» 22 dicembre 1943. 13. Tutti i cittadini dovranno denunciare gli abusivi aumenti dei prezzi, «Il Solco Fascista» 31 dicembre 1943. 14. «L'Ufficio provinciale della zootecnia comunica che per il momento, finché cioè non saranno impartite dalle autorità superiori disposizioni più dettagliate per quanto concerne le destinazioni del bestiame e le formalità di pagamento, saranno attuati in Provincia soltanto raduni per il rifornimento della popolazione civile. Per tali raduni l'Ufficio Provinciale precetterà nuovamente gli allevatori prenotati per i conferimenti e, pertanto, tutte le cartelline di precettazione inviate loro precedentemente, per la consegna del bestiame ai raduni che poi non ebbero più luogo per causa di forza maggiore, debbono considerarsi decadute», I raduni bovini da macello saranno necessariamente limitati, «Il Solco Fascista» 24 settembre 1943. «L'Ufficio provinciale della zootecnia comunica: i suini che abbiano raggiunto un peso minimo di kg. 140, devono essere prenotati presso l'Ufficio provinciale stesso per il conferimento ...», Conferimento suini, «Il Solco Fascista» 24 settembre 1943. Denuncia delle scorte di carni, «Il Solco Fascista» 10 dicembre 1943; Rilevazione delle giacenze dei generi razionati, «Il Solco Fascista» 4 gennaio 1944; I trasgressori alla consegna del vino saranno arrestati, «Il Solco Fascista» 14 gennaio 1944; Divieto di esportare uve e mosti dalla Provincia senza autorizzazione – La tempestiva denuncia delle giacenze, «Il Solco Fascista» 23 febbraio 1944; Denuncia obbligatoria del bestiame, «Il Solco Fascista» 19 luglio 1944; La denuncia delle fascine ricavate dal taglio delle siepi, «Il Solco Fascista» 25 luglio 1944; Un decreto del Capo della Provincia pere il rifornimento del vino alla popolazione, «Il Solco Fascista» 3 novembre 1944; Le aziende grossiste e della produzione alimentare requisite con decreti del Capo della Provincia, «Il Solco Fascista» 14 gennaio 1945; Il testo del decreto di requisizione delle aziende industriali alimentari, «Il Solco Fascista» 18 febbraio 1945; La requisizione delle aziende grossiste dei prodotti agricoli, «Il Solco Fascista» 4 aprile 1945; Il blocco delle partite del vino, «Il Solco Fascista» 12 aprile 1945. 15. Cfr. Come si sta adeguando l'economia familiare, «Il Solco Fascista» 29 luglio 1944. 16. La legna continuerà ad essere distribuita come prima, «Il Solco Fascista» 15 settembre 1943. 17. «Le persone, famiglie ecc. che hanno asportato abusivamente e con la violenza il grano dagli ammassi dovranno immediatamente restituirlo, tenendo presenti le disposizioni emanate dalle Autorità Militari Germaniche su questo argomento, con cartelli appositi affissi lungo le vie degli abitati. Chi deterrà abusivamente il grano sarà considerato saccheggiatore e punito come tale. Il grano degli ammassi verrà distribuito alla popolazione. 65 chilogrammi a testa per nove mesi corrispondenti a 250 grammi giornalieri. Agli addetti ai lavori 153 pesanti verrà concesso il supplemento. Per il riso e la pasta saranno distribuite le tessere», «Il Solco Fascista» 11 (ma 12) ottobre 1943. Cfr. anche La distribuzione del grano alla popolazione, «Il Solco Fascista» 20 giugno 1944. Il Capo della Provincia dispone, nel giugno ‘44, l'assegnazione di 1,50 q.li di grano ai non produttori della Provincia (compresi gli sfollati), per l'annata agraria. Agli aventi diritto a supplementi saranno rilasciati quantitativi integrativi a parte. Ai produttori resta una quota di 2 q.li a testa. «È evidente che dopo di questo provvedimento qualsiasi intemperanza o indisciplina non potrà trovare alcuna giustificazione: atteggiamenti del genere servirebbero solamente a provocare degli spiacevoli provvedimenti di repressione e metterebbero gli organi distribuitori in condizione di non poter far fronte alla totale consegna del prodotto», Distribuzione di grano per l'annata 1944-45, «Il Solco Fascista» 27 giugno 1944. 18. Si propone di agevolare il prelevamento del vino e della legna per gli sfollati, «Il Solco Fascista» 25 febbraio 1944; Le assegnazioni secondo il decreto del Capo della Provincia, «Il Solco Fascista» 30 novembre 1944; La distribuzione del vino, «Il Solco Fascista» 27 dicembre 1944. 19. Listino dei prezzi massimi per i combustibili vegetali per il Capoluogo, «Il Solco Fascista» 15 novembre 1943; Razionamento della legna da ardere e del carbone vegetale, «Il Solco Fascista» 8 settembre 1944; Una precisazione del Consiglio Provinciale dell'economia, «Il Solco Fascista» 26 ottobre 1944; Come funziona il servizio della legna, «Il Solco Fascista» 2 novembre 1944; Il combustibile per il fabbisogno del capoluogo, «Il Solco Fascista» 20 marzo 1945; Come furono salvati trecento quintali di legna, «Il Solco Fascista» 20 marzo 1945. 20. Un chilo di formaggio grana produzione 1941-42 per ogni persona e vendita di carne due volte la settimana, «Il Solco Fascista» 30 ottobre 1943; Un decreto prefettizio per l'incremento della produzione dei grassi, «Il Solco Fascista» 9 dicembre 1943; Il razionamento del latte alimentare, «Il Solco Fascista» 1° dicembre 1944; Perché l'intera popolazione possa usufruire del prezioso alimento, «Il Solco Fascista» 5 dicembre 1944; Per il rifornimento del latte al centro urbano, «Il Solco Fascista» 6 marzo 1945. 21. «Allo scopo di assicurare l'approvvigionamento alle costituende Forze Armate Repubblicane si rende necessario adeguare il consumo carneo della popolazione civile alle effettive disponibilità», L'approvvigionamento della razione di carne, «Il Solco Fascista» 8 dicembre 1943; Distribuzione anticipata di olio, formaggio e burro. Cento grammi di carne per persona in tutti i Comuni, «Il Solco Fascista» 25 giugno 1944. 22. Cfr. Doc.1 – Quantità di pane e generi da minestra distribuite dall'annona. Le tabelle sono nostre elaborazioni su notizie tratte da: Norme per il prelevamento dei generi alimentari nel prossimo mese di dicembre, «Il Solco Fascista» 30 novembre 1943; Il prelevamento dei generi razionati, «Il Solco Fascista» 31 dicembre 1943; Prelevamento dei generi alimentari razionati per il mese di febbraio, «Il Solco Fascista», 23 gennaio 1944; Il valore dei nuovi tipi di carte annonarie per pane e minestra, «Il Solco Fascista», 2 marzo 1944; Prelevamento degli alimenti razionati per il prossimo mese di aprile, «Il Solco Fascista», 29 marzo 1944; La validità delle carte annonarie e l'aumento della razione pane [La razione pane viene aumentata di gr, 50 a testa al giorno, restano immutate le razioni dei supplementi e degli altri generi alimentari, ndr.], «Il Solco Fascista», 20 aprile 1944; Prelevamento dei generi alimentari razionati per il mese di maggio. L'aumento della razione pasta, «Il Solco Fascista», 30 aprile 1944; Prelevamento dei generi alimentari razionati per il mese di giugno, «Il Solco Fascista», 31 maggio 1944; Prelevamento dei generi alimentari razionati per il mese di luglio, «Il Solco Fascista», 28 giugno 1944; Prelevamento dei generi alimentari razionati per il mese di agosto, «Il Solco Fascista» 1° agosto 1944; Prelevamento dei generi razionati per il mese di settembre, «Il Solco Fascista» 29 agosto 1944; Prelevamento dei generi alimentari per il mese di ottobre, «Il Solco Fascista» 28 settembre 1944; Prelevamento dei generi alimentari per il corrente mese, «Il Solco Fascista» 1° dicembre 1944; I generi alimentari destinati alla popolazione nel mese in corso, «Il Solco Fascista» 1° novembre 1944; Prelevamento dei generi alimentari per il mese in corso, «Il Solco Fascista» 2 gennaio 1945; Prelevamento di generi per il mese di febbraio, «Il Solco Fascista» 3 febbraio 1945; I prelevamenti alimentari nel mese di marzo, «Il Solco Fascista» 1° marzo 1945; Il prelevamento dei generi alimentari del mese in corso, «Il Solco Fascista» 4 aprile 1945. 23. Cfr. Il problema alimentare nell'imminenza della stagione invernale, «Il Solco Fascista» 4 ottobre 1944 24. La soddisfacente situazione alimentare della nostra provincia, «Il Solco Fascista» 22 ottobre 1944. 25. Il grano a tutti i cittadini, «Il Solco Fascista» 22 giugno 1944. «Contadino, terroristi senza patria e banditi prezzolati dal nemico ti esortano a non assicurare il raccolto, ma a farlo marcire, asserendo, come pretesto, di voler recare danno alle Forze Armate Germaniche. Per renderti docile ai propri voleri, essi minacciano di usare la forza e di mettere a fuoco tanto le tue messi quanto le tue case. Contadino! È il tuo raccolto, è il tuo pane, quello che dovrebbe imputridire sui campi. Il tuo raccolto è e rimane il pane del popolo italiano. Se ti presti al gioco dei fuori legge, non danneggerai le Forze Armate Germaniche, ma esclusivamente, te stesso! È loro intendimento renderti maturo per un'Italia comunista. Privato di ogni tuo avere, tu, nullatenente e immiserito, cadrai più facilmente sotto l'influsso delle pestifere ideologie del comunismo. Anche il cittadino, che deve fare assegnamento sul tuo raccolto, dovrebbe soffrire la fame, per lo stesso motivo. 154 LA SEDICENTE «BRIGATA GARIBALDI» È NOTORIAMENTE AL SOLDO DEL BOLSCEVISMO STALINIANO. CONTADINO, DIFENDITI DA QUESTI CRIMINALI, PENSA AI TUOI FIGLI! Assicura a te stesso e alla tua famiglia il pane quotidiano, proteggendo la benedizione divina del raccolto dalle insidie dei tuoi nemici», Contadino!, «Il Solco Fascista» 3 agosto 1944. 26. Quanti perché in questo arduo momento, «Il Solco Fascista» 18 ottobre 1944. 27. La psicologia della «coda», «Il Solco Fascista» 14 luglio 1944. 28. È vietato danneggiare gli alberi dei viali cittadini, «Il Solco Fascista» 18 novembre 1944; È vietato danneggiare gli alberi dei viali cittadini, «Il Solco Fascista» 15 febbraio 1945; Arresti per tagli abusivo delle piante, «Il Solco Fascista» 21 febbraio 1945. 29. «[Su «La sera», il giornalista Alfio Setta sostiene di aver scoperto un sistema che risolverebbe il problema dei prezzi attraverso la] ... socializzazione del consumo. Dice che l'economia del consumatore non può sfociare che nel cooperativismo: un cooperativismo che giunga a diminuire, se non a sopprimere, i molti profitti intermedi che oggi hanno luogo attraverso una lunga serie di venditori e rivenditori, in modo da rendere il più possibile a contatto produzione e consumo. Diamo atto che questo sistema, eliminando le categorie dei commercianti, potrebbe ridurre i prezzi dei prodotti consegnati agli ammassi di una data percentuale che però riteniamo minima e solo rispondente agli utili netti dei grossisti e dei dettaglianti, in quanto affidando la direzione alle cooperative non va dimenticato che il funzionamento dei servizi stessi viene compiuto da individui a cui occorre pagare un salario ... i prezzi si possono dominare solo se sono giusti, ossia corrispondenti alla realtà del risultato del lavoro delle varie categorie ... Primo ... compito d'italiani è quello di produrre il più possibile. Per produrre molto vi sono due mezzi: 1) la forza coattiva; 2) l'interesse immediato del produttore ... abbiamo il tempo e la possibilità di adottare il primo sistema? No. Ed allora accettiamo il secondo, curiamo la giusta remunerazione dei prodotti agricoli, e da questi stabiliamo i giusti prezzi industriali di tutti i prodotti interessanti la nostra economia ... Diamo all'agricoltore la possibilità di poter produrre al massimo e facciamo sì che col ricavato del suo lavoro possa acquistare quanto gli è indispensabile alla vita», Alla base di un problema, «Il Solco Fascista» 1° marzo 1944. 30. Cfr. Il nuovo ordinamento degli esercizi di panificazione, «Il Solco Fascista» 6 gennaio 1945; Norme e chiarimenti sulla istituzione ed il funzionamento del Consorzio Panificatori del Capoluogo, «Il Solco Fascista» 11 gennaio 1945; Il prelevamento dei generi alimentari fatto attraverso gli spacci cooperativi, «Il Solco Fascista» 3 aprile 1945. 31. La disciplina delle forniture, «Il Solco Fascista» 18 luglio 1944. 32. Agricoltori!, «Il Solco Fascista» 4 agosto 1944. 33. Conferire il grano agli ammassi è un dovere di fraterna solidarietà, «Il Solco Fascista» 7 luglio 1944. 34. Grano agli ammassi, «Il Solco Fascista» 11 agosto 1944. 35. dott. Sergio Ferrari, A proposito di legna di produttori e consumatori, «Il Solco Fascista» 5 aprile 1945; il giovane articolista a cui Ferrari si riferisce, e verso cui polemizza è Dante Torelli, che troverà modo di avere l'ultima parola nel suo Criticomania superficiale, «Il Solco Fascista» 7 aprile 1945. 36. Cfr. Il termine per le denunce del vino della campagna 1944/45, «Il Solco Fascista» 12 novembre 1944; La denuncia del vino deve essere effettuata entro il mese, «Il Solco Fascista» 19 novembre 1944. 37. Le denunce della globale produzione vinicola devono essere presentate sollecitamente, «Il Solco Fascista» 26 novembre 1944; La denuncia del vino, «Il Solco Fascista» 3 dicembre 1944; «Le denunce pervenute non superano la metà del prevedibile quantitativo di vino prodotto quest'anno nella nostra provincia, quantitativo che si fa ascendere a 850.000 quintali di vino. Perché è stata ritardata la distribuzione del vino alla popolazione», «Il Solco Fascista» 14 dicembre 1944. «Si deve tener presente, all'uopo, che l'assegnazione ai consumatori di 50 litri di vino per persona è piuttosto scarsa, soprattutto per gli operai addetti a lavori pesanti quotidiani», I termini definitivi per il conferimento dei cereali e della legna, «Il Solco Fascista» 4 gennaio 1945. 38. Ci scrivono ... la questione della legna. Un'opportuna proposta, «Il Solco Fascista» 25 ottobre 1944; cfr. anche Consegna della legna agli ammassi, «Il Solco Fascista» 12 novembre 1944; Ogni ulteriore ritardo non può più essere giustificato, «Il Solco Fascista» 16 novembre 1944; Il dovere degli agricoltori, «Il Solco Fascista» 21 novembre 1944. 39. Cfr. Diffida per la consegna di legna agricola, «Il Solco Fascista» 23 dicembre 1944; L'approvvigionamento della legna assicurato alla popolazione, «Il Solco Fascista» 3 gennaio 1945. 40. Dante Torelli, Pane, retorica e cifre eloquenti I , «Il Solco Fascista» 2 marzo 1945. 41. Dante Torelli, Legna, consumatori e partigiani, «Il Solco Fascista» 29 marzo 1945. «Il partigiano rappresenta la forza oscura e antipatica che assedia la città e che attraverso la sua opera poco, invero, generosa riesce a mettere la popolazione in stato di orgasmo creando una situazione le cui responsabilità non risalgono all'assediato, ma all'assediando ... E va bene! Le autorità avranno torto. Ma il popolo non si è mai reso conto della deleteria opera ai suoi danni svolta dal cosiddetto comitato di liberazione nazionale...», Rifornimenti 155 e ribellismo, «Il Solco Fascista» 14 aprile 1945; Mercato nero e ribellismo, «Il Solco Fascista» 15 aprile 1945. 42. L'approvvigionamento della razione di carne, «Il Solco Fascista» 8 dicembre 1943. 43. Cfr. I raduni bovini da macello saranno necessariamente limitati, «Il Solco Fascista» 24 settembre 1943; La nota commerciale – Il bestiame bovino, «Il Solco Fascista» 2 ottobre 1943; Il bestiame suino, «Il Solco Fascista» 2 ottobre 1943; I raduni del bestiame da vita si terranno solo a Reggio, «Il Solco Fascista» 18 ottobre 1943; Nota commerciale – Bestiame bovino e suino, «Il Solco Fascista» 18 gennaio 1944; È proibita l'esportazione dei lattonzoli, «Il Solco Fascista» 1° aprile 1944; Il commercio dei suini, «Il Solco Fascista» 12 aprile 1944; Il commercio dei suini, «Il Solco Fascista» 17 aprile 1944. 44. Cfr. Denuncia obbligatoria del bestiame, «Il Solco Fascista» 19 luglio 1944. 45. Confisca del bestiame agli agricoltori inadempienti, «Il Solco Fascista» 17 agosto 1944. 46. Cfr. Tutti gli agricoltori sono tenuti a consegnare il bestiame al raduno, «Il Solco Fascista» 8 settembre 1944. 47. Cfr. La «bassa macelleria», «Il Solco Fascista» 29 settembre 1944. 48. Cfr. Per le massaie – Carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 30 ottobre 1943; Per le massaie – Carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 4 novembre 1943; Per le massaie – Carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 14 dicembre 1943; Per le massaie – Carne di bassa macelleria, , «Il Solco Fascista» 18 dicembre 1943; Per le massaie – Carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 5 gennaio 1944; Per le massaie – Vendita carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 12 gennaio 1944; Per le massaie – Carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 12 febbraio 1944; Per le massaie – Carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 16 febbraio 1944; Per le massaie – Carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 26 febbraio 1944; Per le massaie – Carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 4 marzo 1944; Per le massaie – Carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 8 marzo 1944; Per le massaie – Carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 11 marzo 1944; Per le massaie – Carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 18 marzo 1944; Per le massaie – Carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 25 marzo 1944; Per le massaie – Carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 29 marzo 1944; Per le massaie – Carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 1° aprile 1944; Per le massaie – Carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 8 aprile 1944; Per le massaie – Carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 15 aprile 1944; Per le massaie – Carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 29 aprile 1944; Per le massaie – Oggi carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 13 maggio 1944; Per le massaie – Carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 27 maggio 1944; Per le massaie – Carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 3 giugno 1944; Per le massaie – Oggi carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 11 giugno 1944; Per le massaie – Oggi carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 17 giugno 1944; Per le massaie – Distribuzione di carne, «Il Solco Fascista» 22 luglio 1944; Distribuzione di carne, «Il Solco Fascista» 26 luglio 1944; Per le massaie – Oggi carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 12 agosto 1944; Per le massaie – Vendita carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 27 settembre 1944; Per le massaie – Vendita carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 29 settembre 1944; Per le massaie – Vendita carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 18 ottobre 1944; Per le massaie – Vendita carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 21 ottobre 1944; Per le massaie – Vendita carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 28 ottobre 1944; Per le massaie – Vendita carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 1° novembre 1944; Per le massaie – Vendita carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 4 novembre 1944; Per le massaie – Vendita carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 11 novembre 1944; Per le massaie – Vendita carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 28 novembre 1944; Per le massaie – Vendita carne di bassa macelleria, «Il Solco Fascista» 16 febbraio 1945. 49. Cfr. Per le massaie. Il prelevamento della carne, «Il Solco Fascista» 17 gennaio 1945. 50. Cfr. La voce del pubblico – Un inconveniente che deve e può essere eliminato, «Il Solco Fascista» 7 dicembre 1943. 51. Il nuovo prezzo del latte, «Il Solco Fascista» 12 dicembre 1943. 52. Ibidem. 53. Cfr. Razionamento del latte, «Il Solco Fascista» 15 dicembre 1943. 54. Cfr. La crisi del latte e le sue cause, «Il Solco Fascista» 4 gennaio 1944. 55. Il latte destinato all'alimentazione umana viene pagato £. 2,50 il litro (al consumo £. 3,40 il litro), dal 1° aprile il prezzo del latte per uso industriale sarà di £. 220 il q.le (£. 218 per i Comuni di Baiso, Carpineti, Castelnovo Monti, Collagna, Busana, Ramiseto, Ligonchio, Toano, Vetto e Villaminozzo). cfr. I prezzi del latte, «Il Solco Fascista» 29 febbraio 1944. 56. Possono essere trattenuti solo: a) gr. 250 pro capite al giorno per il consumo familiare; b) hl. 1,50 per ogni vitello destinato ai raduni e hl. 6 per ogni vitello destinato al rinnovo della stalla. Chi non può raggiunger un caseificio può chiedere l'autorizzazione alla lavorazione casalinga. Cfr. Totale conferimento e utilizzazione del latte, «Il Solco Fascista» 19 marzo 1944. 57. Cfr. Il latte per l'alimentazione deve essere scremato, «Il Solco Fascista» 21 aprile 1944. 58. Il prezzo del latte alimentare portato a cinque lire il litro, «Il Solco Fascista» 5 novembre 1944. 59. Cfr. La prenotazione del latte per il periodo invernale, «Il Solco Fascista» 10 novembre 1944. 156 60. Il razionamento del latte alimentare, «Il Solco Fascista» 1° dicembre 1944. 61 Cfr. Necessità di una maggiore e sollecita produzione del latte alimentare, «Il Solco Fascista» 23 dicembre 1944. 62. Cfr. Perché l'intera popolazione possa usufruire del prezioso alimento, «Il Solco Fascista» 5 dicembre 1944. 63. Cfr. Necessità di una maggiore e sollecita produzione del latte alimentare, «Il Solco Fascista» 23 dicembre 1944. 64. Necessità di una maggiore e sollecita produzione del latte alimentare, «Il Solco Fascista» 23 dicembre 1944; cfr. anche I termini definitivi per il conferimento dei cereali e della legna, «Il Solco Fascista» 4 gennaio 1945. 65. Cfr. Il latte in polvere sarà distribuito anche ai vecchi, «Il Solco Fascista» 30 dicembre 1944. 66. Cfr. Per il rifornimento del latte al centro urbano, «Il Solco Fascista» 6 marzo 1945. 67. Sulla buona strada, «Il Solco Fascista» 17 giugno 1944. 68. La distribuzione del grano alla popolazione, «Il Solco Fascista» 20 giugno 1944. 69. Cfr. I produttori autorizzati a cedere un acconto di cinquanta chilogrammi, «Il Solco Fascista» 20 luglio 1944. 70. Cfr. Una proposta per facilitare la provincia, «Il Solco Fascista» 22 luglio 1944. 71. Cfr. Una precisazione della Sepral, «Il Solco Fascista» 28 luglio 1944. 72. Cfr. Documento 2 – Implicati in reati annonari per professione. La tabella, come le successive, è frutto di una nostra elaborazione su dati tratti da «Il Solco Fascista». In particolare segnaliamo i seguenti articoli: L'opera di repressione dei reati contro la disciplina degli approvvigionamenti e dei consumi, «Il Solco Fascista» 7 dicembre 1943; La condanna di un mugnaio, «Il Solco Fascista» 11 dicembre 1943; Provvedimenti per infrazioni alla disciplina dei consumi, «Il Solco Fascista» 18 dicembre 1943; Casina – Brillante operazione di polizia annonaria, «Il Solco Fascista» 20 dicembre 1943; In tribunale – Burro a prezzo maggiorato, «Il Solco Fascista» 22 dicembre 1943; Macellava clandestinamente, «Il Solco Fascista» 14 gennaio 1944; Il sale c'era ma ..., «Il Solco Fascista» 13 febbraio 1944; Per omesso conferimento di legna, «Il Solco Fascista» 13 febbraio 1944; Procura dello Stato di Reggio Emilia, «Il Solco Fascista» 13 febbraio 1944; Quattro pelli di vitello fanno scoprire una macellazione clandestina, «Il Solco Fascista» 19 febbraio 1944; Condanna per reato annonario, «Il Solco Fascista» 23 febbraio 1944; Acqua per ... pane, «Il Solco Fascista» 23 febbraio 1944; Bollette di macinazione alterate, «Il Solco Fascista» 25 febbraio 1944; Sottrazione di grano all'ammasso, «Il Solco Fascista» 25 febbraio 1944; Accaparramento Granoturco, «Il Solco Fascista» 25 febbraio 1944; Commercio abusivo di alimentari, «Il Solco Fascista» 25 febbraio 1944; 74 chili di formaggio grana, «Il Solco Fascista» 27 febbraio 1944; Per avere trattenuto carte annonarie, «Il Solco Fascista» 27 febbraio 1944; 1140 uova, «Il Solco Fascista» 27 febbraio 1944; Pollivendolo assolto, «Il Solco Fascista» 27 febbraio 1944; L'assoluzione di due fruttivendoli, «Il Solco Fascista» 1° marzo 1944; Collezionista di tessere annonarie, «Il Solco Fascista» 1° marzo 1944; Carne di illegittima provenienza somministrata in giorni di divieto, «Il Solco Fascista» 1° marzo 1944; Sottrazione al normale consumo, «Il Solco Fascista» 1° marzo 1944; Quattro produttori di vino arrestati, «Il Solco Fascista» 1° marzo 1944; Sottrazione di granone al normale consumo, «Il Solco Fascista» 4 marzo 1944; Altri produttori di vino inadempienti arrestati a Bibbiano, «Il Solco Fascista» 4 marzo 1944; Falsità di registri e sottrazione di granoturco al normale consumo, «Il Solco Fascista» 8 marzo 1944; Agevolazione nel reato di omissione di cereali all'ammasso, «Il Solco Fascista» 8 marzo 1944; Le responsabilità di un mugnaio, «Il Solco Fascista» 10 marzo 1944; Trasportava abusivamente tre sacchi di fagioli, «Il Solco Fascista» 10 marzo 1944; 90 chili di farina e ottanta uova, «Il Solco Fascista» 15 marzo 1944; In Tribunale – Accaparramento di burro e uova, «Il Solco Fascista» 15 marzo 1944; Un'assoluzione, «Il Solco Fascista» 15 marzo 1944; La vicenda di 6 quintali di riso, «Il Solco Fascista» 16 marzo 1944; Procacciamento di merci contingentate, «Il Solco Fascista» 21 marzo 1944; Sottrazione di farina, «Il Solco Fascista» 21 marzo 1944; Due processi per macellazione clandestina, «Il Solco Fascista» 23 marzo 1944; Due assoluzioni, «Il Solco Fascista» 25 marzo 1944; Commercio abusivo d'olio, «Il Solco Fascista» 25 marzo 1944; Sottrazione al normale consumo di cereali, «Il Solco Fascista» 25 marzo 1944; Condanne per macellazione clandestina, «Il Solco Fascista» 26 marzo 1944; Acquisto e macinazione clandestina di un suino da ottanta chili, «Il Solco Fascista» 28 marzo 1944; Diversa destinazione di farina, «Il Solco Fascista» 30 marzo 1944; Quattro panificatori condannati, «Il Solco Fascista» 30 marzo 1944; Procacciamento di merci contingentate, «Il Solco Fascista» 2 aprile 1944; Abusiva macinazione, «Il Solco Fascista» 2 aprile 1944; Mancato conferimento di bovini, «Il Solco Fascista» 5 aprile 1944; Sottrazione di uova al normale consumo, «Il Solco Fascista» 6 aprile 1944; Sottrazione di formaggio, «Il Solco Fascista» 6 aprile 1944; Condanne per commercio abusivo di zucchero, «Il Solco Fascista» 13 aprile 1944; Diversa destinazione di carni, «Il Solco Fascista» 13 aprile 1944; Procacciamento di merci razionate, «Il Solco Fascista» 13 aprile 1944; Un autocarro pieno di merce destinata al mercato nero sequestrata, «Il Solco Fascista» 14 aprile 1944; Trasportava abusivamente legna fuori dal Comune, «Il Solco Fascista» 14 aprile 1944; Aveva accaparrato ventidue scatole di conserva, «Il Solco Fascista» 14 aprile 1944; Contravventore al razionamento, «Il Solco Fascista» 15 aprile 1944; Coppe e spalle di maiale sequestrate, «Il Solco Fascista» 15 aprile 1944; Mancata consegna di latte, «Il Solco Fascista» 16 aprile 1944; Sottrazione di 278 chili di formaggio, «Il Solco Fascista» 16 aprile 1944; Per commer- 157 cio abusivo di alimentari, «Il Solco Fascista» 16 aprile 1944; Sanzioni e multe per £. 248.700 comminate dalla Commissione Provinciale di vigilanza sui prezzi, «Il Solco Fascista» 17 aprile 1944; Suino macellato clandestinamente, «Il Solco Fascista» 19 aprile 1944; Tre condanne per macellazione e vendita di carne bovina, «Il Solco Fascista» 19 aprile 1944; Non si deve trattenere il grano!, «Il Solco Fascista» 19 aprile 1944; Polleria e conigli venduti fuori provincia, «Il Solco Fascista» 19 aprile 1944; Carico di legna sequestrato, «Il Solco Fascista» 20 aprile 1944; Cronaca giudiziaria – In tribunale, «Il Solco Fascista» 20 aprile 1944; Cronaca giudiziaria – In tribunale, «Il Solco Fascista» 23 aprile 1944; Numerose esemplari sanzioni a carico di contravventori alle leggi annonarie, «Il Solco Fascista» 25 aprile 1944; Cronaca giudiziaria – In tribunale, «Il Solco Fascista» 26 aprile 1944; A bordo dell'autocarro c'erano cento scatole di conserva, «Il Solco Fascista» 26 aprile 1944; Grano sottratto al normale consumo, «Il Solco Fascista» 27 aprile 1944; La condanna di un raccoglitore di polli, «Il Solco Fascista» 27 aprile 1944; Macinazione irregolare di grano, «Il Solco Fascista» 27 aprile 1944; Due forme di formaggio grana, «Il Solco Fascista» 27 aprile 1944; Multe e sanzioni punitive a Ditte e a privati, «Il Solco Fascista» 2 maggio 1944; Cronaca giudiziaria – In tribunale, «Il Solco Fascista» 3 maggio 1944; Condannato per aver alterato registri e bollette, «Il Solco Fascista» 11 maggio 1944; 84 chili di frumento, «Il Solco Fascista» 11 maggio 1944; Era disceso dalla montagna per vendere polli e uova, «Il Solco Fascista» 12 maggio 1944; Numerose multe sanzioni e confische, «Il Solco Fascista» 13 maggio 1944; Una carta annonaria che costa otto mesi di reclusione, «Il Solco Fascista» 14 maggio 1944 ; Avevano macellato clandestinamente undici vitelli e un suino, «Il Solco Fascista» 18 maggio 1944; Per tenuta irregolare di registri, «Il Solco Fascista» 24 maggio 1944; La razione non le bastava, «Il Solco Fascista» 30 maggio 1944; Severi provvedimenti a carico di inadempienti, «Il Solco Fascista» 4 giugno 1944; Severe ammende per i violatori della disciplina annonaria, «Il Solco Fascista» 6 giugno 1944; Arresto di un trafficante, «Il Solco Fascista» 6 giugno 1944; Esemplari provvedimenti per evasioni annonarie, «Il Solco Fascista» 13 giugno 1944; Ulteriori provvedimenti per infrazioni alla disciplina annonaria, «Il Solco Fascista» 14 giugno 1944; La lotta alla borsa nera prosegue con ritmo inflessibile, «Il Solco Fascista» 17 giugno 1944; Ammende denunce e confische per evasioni alla disciplina annonaria, «Il Solco Fascista» 22 giugno 1944; Gravi sanzioni a carico di evasori alla disciplina annonaria, «Il Solco Fascista» 23 giugno 1944; Esemplari provvedimenti a carico di numerosi evasori, «Il Solco Fascista» 27 giugno 1944; Esemplari provvedimenti a carico di numerosi evasori, «Il Solco Fascista» 28 giugno 1944; Esemplari sanzioni a carico di numerosi evasori, «Il Solco Fascista» 29 giugno 1944; Esemplari provvedimenti a carico di numerosi evasori, «Il Solco Fascista» 30 giugno 1944; Altre severe multe a carico di numerosi inadempienti, «Il Solco Fascista» 2 luglio 1944; Cronaca giudiziaria – In tribunale, «Il Solco Fascista» 13 luglio 1944; Altre esemplari ammende inflitte dalla Commissione dei Prezzi, «Il Solco Fascista» 13 luglio 1944; Infrazioni annonarie punite dalla Commissione provinciale dei prezzi, «Il Solco Fascista» 23 luglio 1944; Dodici persone arrestate per abusivo prelievo di burro, «Il Solco Fascista» 5 agosto 1944; Varie multe per infrazioni annonarie, «Il Solco Fascista» 11 agosto 1944; Cronaca giudiziaria – In tribunale, «Il Solco Fascista» 20 agosto 1944; Cronaca giudiziaria – Le cause in tribunale, «Il Solco Fascista» 15 settembre 1944; Multe e confische di merce a trasgressori alla disciplina annonaria, «Il Solco Fascista» 21 settembre 1944; Numerose multe e confische per infrazioni annonarie, «Il Solco Fascista» 22 settembre 1944; Altre numerose multe e confische per infrazioni annonarie, «Il Solco Fascista» 23 settembre 1944; Infrazioni annonarie punite con multe e confische, «Il Solco Fascista» 24 settembre 1944; Pene pecuniarie, denunce e confische ai frodatori della vigilanza sui prezzi, «Il Solco Fascista» 26 settembre 1944; Multe e confische a disonesti profittatori, «Il Solco Fascista» 27 settembre 1944; Profittatori esemplarmente puniti con multe e confische, «Il Solco Fascista» 30 settembre 1944; Multe confische e denunce stabilite dalla Commissione provinciale, «Il Solco Fascista» 1° ottobre 1944; Pene pecuniarie denunce e confisca di merci a frodatori della vigilanza sui prezzi, «Il Solco Fascista» 8 ottobre 1944; Pene denunce e confisca di merci a frodatori della vigilanza sui prezzi, «Il Solco Fascista» 10 ottobre 1944; Denuncia e confisca di merci a frodatori, «Il Solco Fascista» 11 ottobre 1944; Cronaca giudiziaria – Le cause in tribunale, «Il Solco Fascista» 12 ottobre 1944; Cronaca giudiziaria – Le cause in tribunale, «Il Solco Fascista» 13 ottobre 1944; In Tribunale. Un'assoluzione e una condanna, «Il Solco Fascista» 26 ottobre 1944; Ladri neri presi in trappola, «Il Solco Fascista» 21 novembre 1944; In Tribunale. Due condanne per reati annonari, «Il Solco Fascista» 30 novembre 1944; Quattro bovini macellati e venduti clandestinamente, «Il Solco Fascista» 1° dicembre 1944; In Pretura, «Il Solco Fascista» 5 dicembre 1944; Numerose pene pecuniarie a trasgressori della disciplina annonaria, «Il Solco Fascista» 6 dicembre 1944; Diversi processi per reati annonari, «Il Solco Fascista» 8 dicembre 1944; Sanzioni pecuniarie a carico di contravventori della disciplina annonaria, «Il Solco Fascista» 9 dicembre 1944; Le cause in tribunale, «Il Solco Fascista» 14 dicembre 1944; Gravi sanzioni a carico di contravventori alla disciplina annonaria, «Il Solco Fascista» 16 dicembre 1944; Le cause in tribunale, «Il Solco Fascista» 20 dicembre 1944; Speculatori e profittatori esemplarmente puniti, «Il Solco Fascista» 22 dicembre 1944; In Tribunale. Otto processi annonari, «Il Solco Fascista» 2 gennaio 1945; Le cause in Tribunale, «Il Solco Fascista» 11 gennaio 1945; Gravi sanzioni a carico di contravventori alla disciplina annonaria, «Il Solco Fascista» 25 gennaio 1945; Contravventori alla disciplina annonaria severamente puniti, «Il Solco Fascista» 27 gennaio 1945; Sanzioni per infrazioni di carattere annonario, «Il Solco Fascista» 28 gennaio 1945; Gravi sanzioni a carico di contravventori 158 alla disciplina annonaria, «Il Solco Fascista» 31 gennaio 1945; Sanzioni per infrazioni di carattere annonario, «Il Solco Fascista» 1° febbraio 1945; Pene pecuniarie per infrazioni di carattere annonario, «Il Solco Fascista» 14 febbraio 1945; Le cause in Tribunale, «Il Solco Fascista» 15 febbraio 1945; In Tribunale, «Il Solco Fascista» 16 febbraio 1945; Multe e confische a contravventori alla disciplina annonaria, «Il Solco Fascista» 20 febbraio 1945; In Tribunale, «Il Solco Fascista» 21 febbraio 1945; Pene per infrazioni di carattere annonario, «Il Solco Fascista» 24 febbraio 1945; Sanzioni per infrazioni di carattere annonario, «Il Solco Fascista» 25 febbraio 1945; Sanzioni pecuniarie della commissione prezzi, «Il Solco Fascista» 27 febbraio 1945; Pene per diverse migliaia di lire a trasgressori della disciplina annonaria, «Il Solco Fascista» 13 marzo 1945; Pene e confische per infrazioni di carattere annonario, «Il Solco Fascista» 17 marzo 1945; In Tribunale, «Il Solco Fascista» 12 aprile 1945. 73. Cfr. Doc. 4 – Agricoltori implicati in reati annonari. La tabella è frutto di una nostra elaborazione cfr. nota 67. 74. Cfr. Doc. 7 – Agricoltori implicati in reati annonari per età. La tabella è frutto di una nostra elaborazione cfr. nota 67. 75. Cfr. Doc. 5 – Età degli implicati in reati annonari. La tabella è frutto di una nostra elaborazione cfr. nota 67. 76. Cfr. Doc. 8 – Agricoltori implicati in reati annonari per Comune. La tabella è frutto di una nostra elaborazione cfr. nota 67. 77. Cfr. Doc. 6 – Reati annonari per Comuni e frazioni. La tabella è frutto di una nostra elaborazione cfr. nota 67. 78. Cfr. Doc. 3 – Reati annonari segnalati per tipo. La tabella è frutto di una nostra elaborazione cfr. nota 67. 79. Cfr. Doc. 9 – Agricoltori implicati in reati annonari per tipo. La tabella è frutto di una nostra elaborazione cfr. nota 67. 159 Doc.1 - Quantità di pane e generi da minestra distribuite dall'annona Qualità giornaliero pane normale farina grano normale farina gialla normale pane suppl farina grano sup farina gialla sup mensile zucchero normale zucchero bambini 0-3 minestra minestra bambini minestra supplemento farina grano sup olio grassi Qualità giornaliero pane lavoratori farina grano lavoratori farina gialla lavoratori pane bambini 0-3 farina grano bamb 0-3 farina gialla bamb 0-3 pane giovani e altri farina grano altri farina gialla altri pane normale farina grano normale farina gialla normale pane suppl farina grano sup farina gialla sup pane suppl spec farina grano sup spec farina gialla sup spec pane suppl Sepral far grano sup Sepral far gialla sup Sepral mensile zucchero normale zucchero bambini 0-3 minestra lavoratori 160 dic 43 gen 44 feb 44 250 gr 200 gr 375 gr 100 gr 80 gr 150 gr 200 gr 170gr 300 gr 50 gr 40 gr 75 gr 200 gr 160 gr 300 gr 50 gr 40 gr 75 gr 500 gr 1.000 gr 2.000 gr 3.000 gr 600 gr 500 gr 1.000 gr 2.000 gr 3.000 gr 600 gr 3.000 gr 500 gr 1.000 gr 2.000 gfr 2.600 gr 600 gr 100 gr 250gr mar 44 apr 44 20-04-44 mag 44 giu 44 lug 44 325 gr 260 gr 487 gr 200 gr 160 gr 300 gr 225 gr 180 gr 337 gr 200 gr 160 gr 300 gr 325 gr 260 gr 487 gr 200 gr 160 gr 300 gr 225 gr 180 gr 337 gr 200 gr 160 gr 300 gr 100 gr. 80 gr 150 gr 150 gr 120 gr 225 gr 75 gr 60 gr 172 gr 375 gr 300 gr 560 gr 200 gr 160 gr 300 gr 275 gr 220 gr 412 gr 200 gr 160 gr 300 gr 100 gr. 80 gr 150 gr 150 gr 120 gr 225 gr 75 gr 60 gr 172 gr 375 gr 300 gr 562,5 gr 200 gr 160 gr 300 gr 275 gr 220 gr 410 gr 200 gr 160 gr 300 gr 375 gr 300 gr 562 gr 200 gr 160 gr 300 gr 275 gr 220 gr 412,5 gr 200 gr 160 gr 300 gr 375 gr 375 gr 375 gr 300 gr 300 gr 300 gr 562,5 gr 562,5 gr 562,5 gr 200 gr 200 gr 200 gr 160 gr 160 gr 160 gr 300 gr 300 gr 300 gr 275 gr 275 gr 275 gr 220 gr 220 gr 220 gr 412,5 gr 412,5 gr 412,5 gr 200 gr 200 gr 200 gr 160 gr 160 gr 160 gr 300 gr 300 gr 300 gr 50 gr 40 gr 75 gr 75 gr 60 gr 172 gr 50 gr 50 gr 40 gr 40 gr 75 gr 75 gr 75 gr 60 gr 112,5 gr 50 gr 40 gr 75 gr 500 gr 1.000 gr 3.000 gr 500 gr 500 gr 1.000 gr 1.000 gr 3.000 gr 3.000 gr sosp 500 gr sosp 1.000 gr 3.000 gr 3.000 gr 2.000 gr 500 gr 1.000 gr 2.000 gr ago 44 sett 44 50 gr 40 gr 75 gr minestra bambini 3.000 gr minestra altri 2.000gr minestra 2.000 gr minestra supplemento olio grassi burro Qualità giornaliero pane lavoratori farina grano lavoratori farina gialla lavoratori pane bambini 0-3 farina grano bamb 0-3 farina gialla bamb 0-3 pane giovani e altri farina grano altri farina gialla altri pane normale farina grano normale farina gialla normale pane suppl spec farina grano sup spec farina gialla sup spec pane suppl lavoratori far grano sup lavorat far gialla sup lavorat mensile zucchero normale zucchero bambini 0-3 minestra lavoratori minestra bambini minestra altri minestra minestra supplemento olio grassi burro 3.000 gr 2.000gr 2.000 gr 600 gr ?? 100gr 3.000 gr 3.000 gr 3.000 gr 50 gr 3.000 gr 3.000 gr 3.000 gr 600 gr 100 gr 100 gr 100 gr 3.000 gr 3.000 gr 3.000 gr 3.000 gr 3.000 gr 3.000 gr 3.000 gr 3.000 gr 3.000 gr 600 gr 600 gr 100 gr 100 gr 300 gr 200gr 400 gr 100 gr 100 gr ott 44 nov 44 dic 44 genn 45 feb 45 mar 45 apr 45 375 gr 300 gr 562,5 gr 200 gr 160 gr 300 gr 275 gr 220 gr 412,5 gr 200 gr 160 gr 300 gr 375 gr 300 gr 562,5 gr 200 gr 160 gr 300 gr 275 gr 220 gr 412,5 gr 200 gr 160 gr 300 gr 375 gr 300 gr 562,5 gr 200 gr 160 gr 300 gr 275 gr 220 gr 412,5 gr 200 gr 160 gr 300 gr 50 gr 40 gr 75 gr 100 gr 80 gr 150 gr 375 gr 300 gr 562,5 gr 200 gr 160 gr 300 gr 275 gr 220 gr 412,5 gr 200 gr 160 gr 300 gr 50 gr 40 gr 75 gr 100 gr 80 gr 150 gr 375 gr 300 gr 375 gr 200 gr 160 gr 200 gr 275 gr 220 gr 275 gr 200 gr 160 gr 200 gr 375 gr 300 gr 375 gr 200 gr 160 gr 200 gr 275 gr 220 gr 275 gr 200 gr 160 gr 200 gr 325 gr 250 gr 0 gr 500 gr 3.000 gr 3.000 gr 3.000 gr 3.000 gr 600 gr 100 gr 0 gr 500 gr 3.000 gr 3.000 gr 3.000 gr 3.000 gr 100 gr 50 gr 3.000 gr 3.000 gr 3.000 gr 3.000 gr 600 gr 100 gr 50 gr 3.000 gr 3.000 gr 3.000 gr 3.000 gr 600 gr 100 gr 50 gr 150 gr 110 gr 225 gr 170 gr 150 gr 110 gr 100 gr 80 gr 500 gr 1.000 3.000 gr 3.000 gr 3.000 gr 3.000 gr 3.000 gr 3.000 gr 3.000 gr 3.000 gr 3.000 gr 3.000 gr 3.000 gr 3.000 gr 600 gr 50 gr 100 gr 50 gr 500 gr Doc. 2 - Implicati in reati annonari per professione Professione agricoltore n. reati 103 Professione agricoltore fittav agricoltore mezz agricoltore affitt. n. reati 21 6 2 161 162 esercente fornaio casalinga commerciante 86 30 26 25 mugnaio possidente cascinaio fruttivendolo macellaio pollivendolo ristoratore impiegato 25 23 21 21 16 15 11 9 ambulante meccanico mediatore industriale produttore vino autista ditta 8 8 7 6 6 4 4 operaio barbiere bracciante carrettiere gelataio macchinista manovale verniciatore calzolaio commesso domestica guardia comunale muratore parroco sarto allevatore autotrasportatore cameriere cantiniere cappellaio carpentiere corriere 4 3 3 3 3 3 3 3 2 2 2 2 2 2 2 1 1 1 1 1 1 1 agricoltore colono agricoltore fattore 1 1 comm.bestiame comm equini comm. vino 3 1 1 cascinaio industriale 1 impieg. banca impiegato IspAgr 1 1 industriale vino 1 ditta casearia ditta commerciale 2 1 cuoca dattilografa dip.serv.sanit.prov. dott. falegname fioraia grossista vino infermiere lattivendola magazziniere mostatore notaio oste presidente coop ragioniere saxofonista suinicoltore tipografo trebbiatore viaggiatore vigile fuoco vigile sanitario Totale 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 522 Doc. 3 - Reati annonari segnalati per tipo Reato macellazione clandestina mutata destinazione procacciamento alimentari procacciamento merce consumo familiare omesso conferimento grano maggiorazione prezzi procacciamento merce vincolata omesso conferimento bovini omesso conferimento latte e burro omesso conferimento grassi commercio merci sottratte ammanco generi razionati taglio, danno o trasporto piante pubbliche mancata esposizione cartellini prezzi sottrazione al consumo generi alimentari accaparramento omessa denuncia vino vendita vino prezzo maggiorato commercio clandestino bovino omesso conferimento frumento n. Reato 109 omesso conferimento legna 81 omesso conferimento riso 65 omesso conferimento vino 61 sottrazione al consumo suino 37 tentata macellazione clandestina 30 trasporto abusivo farina 30 trasporto abusivo riso 29 trattenuta carte annonarie 26 vendita grani a prezzo maggiorato 24 alterazione bollette macinazione 19 annacquato latte da conferire 16 attribuzione illegittima tessere 16 comm carne clandest concorso 14 commercio abusivo conigli 14 commercio abusivo fagioli 11 commercio abusivo polli e uova 10 comm carne macellata clandestin 9 comm cland formaggio concorso 8 comm e accaparram formaggio 8 commercio generi razionati n. 2 2 2 2 2 2 2 2 2 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 163 tentata macinazione clandestina acquisto burro clandestino commercio clandestino burro contraffazione tessere vendita frutta prezzo maggiorato violazione disciplina commercio acquisto clandestino carne commercio clandestino carni commercio clandestino formaggio infedele denuncia bollini annonari inosservanza norme conferimento latte macinazione clandestina grano omesso conferimento risone vendita carne prezzo maggiorato vendita merce a prezzo maggiorato vendita pelli e cuoio commercio abusivo alimentari commercio clandestino generi ammassati irregolare tenuta registri vendita abusiva carne suina violazione norme distribuzione olio e burro acquisto olio clandestino commercio abusivo salsa pomodoro falsificazione bollette macinazione infedele registrazione libri infrazioni denuncia cereali omesso conferimento burro procacciamento ricettazione di zucchero rifiuto di vendere sottrazione al consumo burro sottrazione al consumo generi razionati sottrazione al consumo grano sottrazione al consumo mais tentato commercio di uova trasporto abusivo legna vendita bevande sofisticate vendita latte annacquato violazione norme distribuzione generi raz. commercio abusivo riso commercio clandestino legna concorso commercio clandestino merci vincolate commercio generi monopolio complicità contravvenzione disciplina commercio detenzione merce vincolata esportazione clandestina fichi secchi 164 8 7 7 6 6 6 5 5 5 5 5 5 5 5 5 5 4 4 4 4 4 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 2 2 2 2 2 2 2 2 contravvenzione norme razionam detenzione illecita bovini distr quantitativi superiori burro esportazione clandestina bovini esportazione irregolare bestiame falsa denuncia bestiame favoreggiamento illecito comm inesatta compilazione registri infedele denuncia bestiame irregolare bolletta macinazione irregolare macinazione cereali irreg registrazione formaggio irregolare trasporto fagioli irregolarità consegna bollini macinazione cland grano e mais mancanza registro carico/scarico occultamento mais omessa registrazione capi conferiti omessa registrazione grano e mais omessa registrazione in bolletta omesso conferimento pelli coniglio omesso conferimento carne omesso conferimento farina omesso conferimento fieno omesso conferimento mais omesso conferimento merci omesso conferimento salumi possesso illegale di carte annonarie produzione alimenti sofisticati ricettazione burro clandestino sofisticazione farina per panificazione somministrazione pasti senza tessera sottrazione al consumo uova sottrazione buono zucchero sottrazione carta annonaria al padrone sottrazione carta annonaria concorso sottrazione merci vincolate concorso tentata esport clandestina 15 bovini trasporto abusivo burro trasporto abusivo carne suina uso indebito carte annonarie utilizzo di carte non proprie vendita a prezzo maggiorato vendita abusiva vendita abusiva burro vendita alimentari a prezzo maggiorato vendita burro a prezzo maggiorato 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 esportazione clandestina polli conigli infrazione disciplina macinazione macinazione clandestina farina macinazione clandestina mais omessa denuncia formaggio omesso conferimento grani e salumi 2 2 2 2 2 2 vendita burro sofisticato vendita dal proprio quantitativo vendita pane troppo umido vendita pranzi prezzo maggiorato vendita verdura prezzo maggiorato violazione norme distribuzione burro TOTALE 1 1 1 1 1 1 891 Doc. 4 - Agricoltori implicati in reati annonari Professione agricoltore agricoltore fittav agricoltore mezz agricoltore affitt. agricoltore colono agricoltore fattore bracciante trebbiatore mostatore Totale n. reati 72 21 6 2 1 1 3 1 1 103 Doc. 5 - Età degli implicati in reati annonari Età 19 20 21 22 24 26 27 28 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 numero 1 1 2 2 2 2 1 2 4 4 8 5 8 7 13 6 11 5 11 10 9 9 3 9 6 165 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 61 62 63 64 65 66 67 68 69 70 TOTALE 5 14 2 9 7 9 4 7 3 9 4 2 1 3 2 4 3 2 2 1 3 1 2 1 241 Doc. 6 - Reati annonari per Comuni e frazioni Comune Albinea Bagnolo Baiso Bibbiano Boretto Brescello Busana Cadelbosco Campagnola Campegine Carpineti Casalgrande Casina Castellarano Castelnovo Monti Castelnovo Sotto Cavriago Ciano Collagna Corregggio 166 n. reati 4 4 14 3 9 5 2 16 4 6 7 6 5 4 7 34 56 16 3 34 frazione n. reati Barco 4 Salvaterra 3 Budrio Fosdondo 2 1 Fabbrico Gattatico Gualtieri Guastalla 4 9 3 49 Ligonchio Luzzara Montecchio Novellara Poviglio Quattro Castella Reggio 1 46 53 10 11 8 196 Reggiolo Rio Saliceto Rolo Rubiera S.Ilario S.Martino in Rio S.Polo Scandiano Toano Vezzano 14 1 9 8 12 4 7 14 13 9 Lemizzone Prato Stiolo 1 4 1 Pieve S. Rocco S.Giacomo S.Girolamo S.Martino 8 2 1 5 1 Villarotta Aiola 2 8 Bagno Cadè Canali Codemondo Fogliano Gaida Gavassa Gavasseto Mancasale Masone Massenzatico Pieve Modolena Rivalta S.Bartolomeo S.Pellegrino S.Prospero Sabbione Sesso Vill.Ciano Vill.Mussolini 1 2 2 2 1 2 3 4 6 1 1 8 3 4 5 2 1 1 2 4 Arceto 4 167 Viano Villaminozzo Fuori Provincia Totale 3 8 96 854 Doc. 7 - Agricoltori implicati in reati annonari per età Età 56 69 64 60 57 55 54 53 50 47 43 42 38 36 34 33 31 20 Totale n. agricoltori 2 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 19 Doc. 8 - Agricoltori implicati in reati annonari per Comune Comune n. agricoltori Guastalla 21 Castelnovo Sotto 13 Reggio 9 Bibbiano 6 Reggiolo 5 Cavriago 4 Corregggio 4 Cadelbosco 3 Campagnola 3 Montecchio 3 Bagnolo 2 Baiso 2 Boretto 2 Campegine 2 Gattatico 2 Luzzara 2 168 Novellara S.Ilario S.Polo Albinea Carpineti Casina Castellarano Gualtieri Rubiera Fontana Scandiano Totale 2 2 2 1 1 1 1 1 1 1 96 Doc. 9 - Agricoltori implicati in reati annonari per tipo Tipo di reato n.reati macellazione clandestina 16 mancato conferimento bovini 15 omesso conferimento latte e burro 14 omesso conferimento grano 11 omesso conferimento bovino 10 inosservanza norme conferimento latte 5 maggiorazione prezzi alimentari 3 omesso conferimento grassi 3 procacciamento merci 3 sottrazione carni normale consumo 3 commercio merci sottratte 2 infrazioni denuncia cereali 2 mancato conferimento grassi 2 procacciamento merce consumo fam 2 annacquato latte da conferire 1 diversa destinazione grano 1 macinazione abusiva grano 1 mancato conferimento latte 1 mutata destinazione merci 1 mutatata destinazione grano da seme 1 omessa consegna grano 1 omessa denuncia vino 1 omesso conferimento merci 1 omesso conferimento riso 1 omesso conferimento risone 1 vendita pelli e cuoio 1 Totale 103 169 Memoria Mi ricordo... MAURIZIA MORINI «Come si richiama la memoria? Come si può ricordare il passato? Posso raccontare il fatto, l’accadimento. Può essere elaborato come esempio, come analogia, ma in sé non trasmette risposte. Se vado al di là della cosa e ne cerco il senso, cioè il valore, il posto che ha in un processo, forse riesco a trasmettere l’importanza della scelta. La memoria altrui ha un senso solo se elaborata sulle domande proprie»1. Queste parole di Vittorio Foa che hanno il fascino di una riflessione ad alta voce, trasmettono la percezione della storia come di qualcosa che attraversa la vita di ciascuno, anche se, ovviamente, possiamo essere solo testimoni passivi e non protagonisti come è accaduto all’autore e permettono di pensare al passato alla luce della propria memoria, delle domande che ciascuno di noi si pone. In questa prospettiva il ricordare è un’operazione finalizzata a comprendere e interpretare il mondo attraverso un processo che riguarda la storia orale in quanto è uno sforzo di rielaborazione e trasmissione di significati del passato per il presente. L’atto narrante è nello stesso tempo memoria autobiografica, trasmissione di un’esperienza di vita, e tradizione, cioè riformulazione e innovazione di qualcosa che si è ricevuto da generazioni precedenti e che si vuole passare a generazioni future2. Nella mia attività professionale di docente e di storica avevo, da sempre, finalizzato questi studi sull’importanza della memoria e del ricordare ad altri, in primo luogo agli studenti; solo di recente ho dato spazio mentale al lavorio della mia memoria, ho proceduto ad una rilettura di ricordi personali nei quali compaiono i racconti di mio padre. Considero oggi la sua vita, tutto sommato, una storia straordinaria di un uomo normale. Vicende che affondano le radici negli anni del fascismo, della seconda guerra mondiale, nella ricostruzione personale e sociale del dopoguerra. 171 L’idea, dunque, è quella di salvare una parte dei racconti, più volte ascoltati e che senza la scrittura andrebbero probabilmente perduti. Questo lavoro, come ogni lavoro sul passato, non consiste mai esclusivamente nello stabilire dei fatti, ma anche nello sceglierne alcuni come più salienti e più significativi di altri e nel metterli in relazione fra loro: si tratta di un processo di selezione, cosciente e volontario. Come afferma Todorov «… di tutte le tracce lasciate dal passato, sceglieremo di trattenerne e di consegnarne solo alcune, giudicandole, per una ragione o per l’altra, degne di essere perpetuate»3. Ho scelto per questo, ancora una volta, di lasciare parlare mio padre, un io narrante che elabora per esprimere un concetto o evocare un ricordo, così come lui ha voluto farlo intendere. Una fonte orale che richiede di essere trattata non come un duplicato della realtà sociale ma come una forma di racconto, di interpretazione del mondo, di conferimento di significati4. Una testimonianza a cui ho attribuito una duplice funzione: la possibilità di dimostrargli affetto, senza tuttavia essere in posizione di semplice ascolto ma con una specie di partecipazione che ha contribuito a definire l’identità personale. La narrazione inizia da un momento cruciale: l’arrivo della cartolina precetto e la conseguente partenza per il fronte di guerra in Albania, ma si intrecciano frammenti di ricordi che precedono e seguono quel periodo a segnare anni di una generazione «che non ha conosciuto la giovinezza». Stavo lavorando in macello ed è arrivata «la cartolina», ho smesso, non ero per niente contento. Avevo iniziato a lavorare da ragazzo, 14, 15 anni senza essere in regola, mi davano una pancetta, qualcosa, la portavo a casa, avevamo bisogno, la mia era una famiglia numerosa. La povertà «Non andavo nei campi estivi del fascio e mi hanno portato in sezione, hanno spaventato i miei, mi hanno fatto bere l’olio di ricino, dicevano che erano coraggiosi, sarebbero andati a combattere in Russia e avrebbero portato a casa la pelle di un russo. La gente e anche noi, non avendo studio, non sapevamo cosa volesse dire Russia, ma io e altri da ragazzo lavoravo dalla mattina alla sera, in famiglia eravamo mezzadri. Ci dicevano, Mussolini ci aveva fatto credere che l’Italia era stretta, aveva bisogno di terreni, ci volevano convincere a fare la guerra». Soldato al fronte «Il 4 febbraio siamo partiti io e altri tre amici ci hanno assegnato alla Fanteria motorizzata Trento, ci hanno vestito con la divisa militare. Il colonnello cercava un soldato-attendente e mi sono presentato, lui mi ha fatto osservazione per i capelli lunghi ma ero pulito e ordinato e mi ha mandato a casa sua, dalla moglie e dal figlio. Dicevano che ero un bel ragazzo, mi hanno tenuto per le pulizie di casa, per far camminare un cane, per quello che c’era da fare, fino a quando, dopo pochi mesi siamo partiti per Perugia, aggregato al Distretto militare. In seguito ho raggiunto il generale Gatti, al seguito del Capo delle forze armate in Albania Cavallero, sono partito con la tradotta militare da Udine, ho fatto in treno per ventisette giorni i Balcani. Di notte ci fermavamo perché c’erano i partigiani del posto. Arrivato a Tirana, ho preso servizio come porta-ordini, mi ricordo era nel marzo 1941, è venuto Mussolini e gli hanno mitragliato l’apparecchio a Tirana. Erano spie che c’erano già in giro. Ricordo ancora che hanno attentato al re, Vittorio Emanuele III girava in macchina 172 per Tirana già conquistata da tedeschi e italiani. Questo borghese che ha attentato al re è stato preso ed impiccato, c’ero anch’io a vedere insieme ad altri. E il fatto rientrava nella guerra, eravamo un po’ agitati, perché si andava in casa d’altri e noi volevamo vincere, avevamo l’amor di patria. Ma sono stati i tedeschi, perché noi come militari non eravamo troppo d’accordo. I nostri rapporti con la popolazione non erano male, diverso per i fascisti e i tedeschi che distruggevano tutto, ammazzavano senza badare a donne e bambini che, ad esempio, si affacciavano alla finestra. Le Brigate nere [intendasi Camicie nere, ndr] in certe zone requisivano tutto, frumento e altro, scarpe e calze, tolte agli albanesi e tenute da loro, perché il mangiare e il resto scarseggiavano e loro ne approfittavano. Un’altra cosa che non ho detto è quando, dopo la capitolazione della Jugoslavia, a opera dei tedeschi, siamo andati a prendere l’oro e l’argento che avevano dentro i pozzi “rasor” dove buttavano la gente e lì l’oro era nascosto in cassette di cinquanta chilogrammi e l’argento era in stecche di trenta centimetri. Il Comando italiano sapeva che c’era ed è stato caricato su tre apparecchi, arrivati dall’Italia, con scorta della Finanza, abbiamo saputo che un aereo è stato deviato su Malta e poi in Inghilterra. Due sono arrivati in Italia». La differenza con le Camicie nere «Noi militari giravamo in Albania, in Grecia tranquilli, invece le Camicie nere no. C’erano i partigiani locali che li prendevano e tagliavano loro i testicoli. Le Brigate nere [intendasi Camicie nere, ndr] erano considerati come i tedeschi che, comunque erano terribili, erano lì tutti i momenti con le moto, spuntavano dappertutto. Ci consideravano poco, e anche dopo l’8 settembre, volevano che ci arrendessimo; il mio generale non capiva, avevano combattuto insieme in Russia. Noi italiani capivamo, durante la guerra, che andavamo contro l’impossibile, perché per tenere una città ci voleva una divisione, non si poteva tenere testa a tanti partigiani, perché il nemico era dietro la casa, la siepe, dovunque. La guerra è stata criminalità, i tedeschi e le Brigate nere [intendasi Camicie nere, ndr] ne hanno fatte troppe, entravano nelle loro case, rubavano, ammazzavano i bambini, guai a chi si rivoltava; noi non eravamo così, eravamo più mansueti, poi quella gente non aveva niente, viveva di pomodori. In Grecia e in Albania lavoravano solo le donne, gli uomini fumavano al tavolino tutto il giorno e una cosa che impressionava, alla sera, erano i musulmani che cantavano dalle torri, fra di noi si diceva che adoravano il sole!». I contatti familiari «Di quel periodo ho frammenti di ricordi, perché quando si sta così male si pensa solo a uscirne, inoltre a quei tempi si studiava solo fino alla quarta, alla quinta elementare. Si andava a lavorare presto. Io mi considero anche fortunato, avendo tanti fratelli; la mia ultima sorella è nata quando ero militare, mi hanno spedito il giornale che era nata la Romana! I contatti con la famiglia c’erano, qualche lettera arrivava, lì in Albania avevo imparato a scrivere a macchina, ho voluto tranquillizzare la mia famiglia facendo vedere che avevo migliorato; essendo il figlio più vecchio ero la punta della famiglia». L'attività bellica «I battaglioni requisivano anche in Grecia, che aveva capitolato e dove siamo andati dopo ad Agrinion, lì si impartivano gli ordini e avrei dovuto partire per la Russia ma per problemi di cuore mi hanno fatto “meno atto” alle fatiche di guerra e sono arrivato fino in Moldavia, 173 poi mi hanno rimandato indietro in Grecia. Poi siamo stati nelle isole Ionie, a Santa Maura, Corfù, Cefalonia, giravo in moto nei vari comandi portavo ordini. Ero aggregato al generale, andavo con lui, anche di notte, si partiva verso il fronte, ho visto che degradava degli ufficiali … Ricordo il generale Peloso che aveva sposato una greca e comandava gli italiani. Noi avevamo buoni rapporti con i greci, ricordo nella zona del Canale di Corinto, si cercava di parlare, gli abbiamo dato del nostro formaggio. Diversi erano i fascisti e i tedeschi, guerrafondai, andavano, ammazzavano, distruggevano tutto… Ho ben presente: con due ragazze e un altro siamo andati al mare, mi buttavo in mare dall’alto, a Cefalonia, speravo di rompermi un braccio, da altezze enormi avevo un coraggio enorme, volevo venire a casa, ma niente da fare! Da mangiare non c’era molto, le gallette erano dure e i denti sono saltati quasi tutti». L’ 8 settembre a Cefalonia «Ancora… eravamo fuori in un campo al cinema, era settembre, e abbiamo sentito della capitolazione. In quel periodo non stavo bene, avevo delle febbri di malaria, e mi hanno mandato in un ospedale da campo, stavo malissimo con le febbri. Lì a Cefalonia eravamo tutti uniti e la nostra divisione aveva viveri per due mesi, e poteva attaccare i tedeschi, abbiamo cercato di metterci in comunicazione con gli inglesi e gli americani che erano in mare e in Sicilia. Loro ci hanno risposto – lo ricordo bene come se fosse adesso – di attaccare al mattino alle cinque e di buttare a mare i tedeschi poiché sarebbero arrivati loro come rinforzo. Invece sono sbarcati due reggimenti d’artiglieria tedesca e finché ci trovavano, ci massacravano. Gli inglesi e gli americani non hanno mantenuto quello che avevano promesso e ci hanno tradito, se loro venivano noi eravamo liberi e saremmo venuti in aiuto all’interno dell’Italia, invece ci hanno lasciato massacrare. Gli inglesi erano terribili, ricordo che in precedenza, passavano con un aereo con la mitraglia e noi eravamo sotto, sapevano che la contraerea tedesca non c’era». La paura «Io ero da tempo in ospedale e quando sono sbarcati i tedeschi pensavo che morire lì o a casa era uguale, la vita era finita per me; eravamo tutti rassegnati. Ho visto scene terribili, quando i greci cercavano di rubare le assi dal campo, per fare legna, i tedeschi con i mitra li hanno massacrati e – ricordo – mi sono voltato e ho visto quella gente che moriva. Invece, finiti i combattimenti e annientati gli italiani, è venuta la Croce Rossa internazionale e ci ha raccolti, ci ha portati verso Missolungi e Patrasso per inviarci in seguito verso l’interno, essendo noi già considerati prigionieri dei tedeschi. Dovevamo andare verso Tebe e Atene, se andavo in quei campi di raccolta sarei morto, stavo male. Arrivati a Patrasso, tutti malridotti, ci dividevano fra malarici, considerati normali e ammalati di tifo, infettivi. Lì si decideva… nella mia cartella clinica sono riuscito, di nascosto a scrivere tifo, mi hanno visto con la febbre, una coperta in testa, mi hanno mandato sulla nave ospedaliera Gradisca e mi sono salvato. Sulla nave un infermiere tedesco mi ha derubato di tutto, anello, 174 orologio; quell’infermiere non l’ho più rivisto». Mi vengono in mente altri particolari, immagini anche se non li colloco esattamente nel periodo; per esempio, ricordo che durante un tragitto a piedi, ci siamo fermati in una specie di castello, infestato da pulci, pidocchi, non si dormiva…». Il ritorno «La mia fortuna è stata a Patrasso sulla banchina, quando si sentiva dire che la nave Gradisca andava in Italia e ho capito che era meglio andare lì per tornare. Finalmente dopo un giorno o due siamo partiti, abbiamo impiegato ventiquattro giorni per arrivare a Trieste, perché l’Adriatico era tutto minato. Ricordo che ci davano da mangiare solo miglio pelato, era inumano. Quando abbiamo messo i piedi a Trieste, abbiamo capito che in Italia in un modo o in un altro saremmo arrivati a casa ma io stavo male, non mi reggevo in piedi, mi trasportavano, avevo la febbre alta, era malaria perniciosa. Sbarcato dalle nave, mi hanno lasciato lungo i binari della ferrovia, la gente ci buttava fiori, poi con la tradotta ci hanno portato ad Alessandria in ospedale. Eravamo tutti soldati, in ospedale non c’era posto, ci hanno portato nella Casa di riposo liberata per noi, e solo lì ho avuto la possibilità di scrivere a casa. A casa non capivano la mia scrittura, talmente stavo male, solo l’indirizzo. In precedenza, avevano ricevuto una cartolina, inviata dalla Croce Rossa, in cui si diceva che ero morto, non risultavo più, sapevano solo quello. Non avevo più niente, al nostro arrivo ci avevano bruciato tutto, vestiti, tutto tranne la cartella clinica o una sua copia e quando, dopo la mia cartolina, la mia fidanzata e mia sorella mi sono venute a trovare mi hanno portato un coniglio cotto nel latte, ero trentaquattro, trentacinque chilogrammi e hanno faticato a riconoscermi. Pian piano con le iniezioni di chinino ho cominciato a migliorare. Ma eravamo tenuti d’occhio, perché eravamo sempre prigionieri dei tedeschi che temevano che noi raccontassimo quello che avevamo visto in Grecia, quello che hanno fatto a Cefalonia e da altre parti». A casa «Dopo, siccome il Capitano medico era di Reggio, mi ha aiutato facendomi dare una licenza. Quando sono arrivato a casa, temevo di far ammalare per contagio i miei, dormivo con mio padre e mia madre, avevo ancora di notte febbri alte, mi davano il chinino e pian piano ho cominciato a rimettermi. Avevamo seppellito una botte in campagna, perché mio fratello era nei partigiani, lì mi potevo nascondere; c’erano ancora i tedeschi e avevano formato un comando a casa nostra, mentre si stavano ritirando, credo nel '44, '45, in quel periodo. In un certo senso con i tedeschi ero al sicuro, perché chiedevano come mai ero a casa, ero malato e mi lasciavano in pace. Avevano, in quel periodo, fatto una strage a Canolo, uccidendo sette-otto persone che erano sedute al bar, ho ricordi a frammenti: per esempio a mio padre i tedeschi hanno rubato una bicicletta Bianchi, che per noi rappresentava un tesoro; a mio fratello hanno puntato una pistola che ha fatto cilecca, lui è scappato e poi gli è saltata fuori l’itterizia per la paura, lo sfogo di Sant’Antonio e da quel momento non era più lui. Mio fratello ha fatto azioni partigiane, per esempio, al campo di aviazione a Reggio con rivoltelle di legno ma dopo non ha preteso nulla, non come certi che hanno imbracciato il 175 fucile per un giorno e poi hanno preteso il riconoscimento di partigiani. Noi pensavamo solo a lavorare per vivere, tanti fratelli, eravamo anche poco istruiti». La Liberazione «Nell’aprile del ’45, siamo andati, in tanti, nella caserma dei carabinieri a Correggio a disarmarli per il timore che andassero contro i partigiani, anche se loro non avevano nessuna colpa, poi ricordo che in seguito sono passati gli americani, ci davano la cioccolata, qualcosa e sono passati e andati. In quell’anno mi sono poi sposato, e se penso a questa parte della mia vita posso dire di non avere conosciuto la giovinezza!». Di questi ricordi in transito si possono sottolineare alcuni elementi che intrecciano il privato con il sociale, il vissuto personale con la storia di un popolo. Nella testimonianza si coglie la povertà di famiglie contadine negli anni Venti; la necessità del lavoro fin da giovanissimi e di conseguenza l’impossibilità dello studio e, a segnare una cesura profonda, la partenza per la guerra. In terra d’Albania e di Grecia, la precisione nel distinguere il proprio comportamento da quello delle Camicie nere e dei tedeschi e il rapporto quasi amichevole con la popolazione locale. Inoltre, la malattia che paradossalmente lo ha salvato dall’eccidio di Cefalonia e finalmente il ritorno a casa e la liberazione. Infine «l’orgoglio» di essere ancora oggi un testimone della propria vita. 1. V. Foa, Questo novecento, Einaudi, Torino 1996, p. IX. 2. L. Passerini, Storia e soggettività Le fonti orali, la memoria, La Nuova Italia, Firenze 1988, p.108. 3. T. Todorov, Memoria del male, tentazione del bene, Garzanti, Milano 2001, p. 104. 4. M. Rampazi, Memoria e biografia in Il senso del passato Per una sociologia della memoria, a cura di P. Jedlowski e M. Rampazi, Franco Angeli, Milano 1991, p. 129. 176 Voci dal fronte a cura di MAURIZIA MORINI L'archivio di Istoreco si è recentemente arricchito con la donazione, da parte di Annita (Laila) Malavasi, di numerose corrispondenze dai fronti di guerra italiani negli anni ’40. Si tratta di lettere inviatele da amici in partenza per o già al fronte; il corpo più ampio è rappresentato dai testi di Sesto Montanari che dal 1941 al '43 è dapprima soldato italiano in Africa e poi prigioniero degli inglesi. Pur censurata, la corrispondenza «parla» e a distanza di anni documenta in modo vivo esperienze straordinarie, nella «normalità», per la generazione che la vissuta. Ne abbiamo scelte alcune, che qui riproduciamo, a partire dalla lettera datata 27 aprile 1941, che è la prima giunta dal fronte africano, nella quale il soldato dopo dieci giorni di viaggio sottolinea le distruzioni e gli atti barbari commessi dagli inglesi in fuga: «questo paese in che stato è ridotto dopo il soggiorno e la ritirata degli inglesi, forse il terremoto non causava tanta rovina e distruzione come hanno fatto loro. Oltre a questo altre cose più gravi e più barbare hanno commesso i soldati che combattono per l’Inghilterra; cose che al solo pensarle c’è da rabbrividire e che preferisco raccontarle a voce se avrò la fortuna di ritornare». Lettera 1 Dopo qualche settimana (5 maggio 1941) Sesto, ancora lontano dai combattimenti, pur provando nostalgia di casa, riesce a trovare occasioni per divertirsi: «qui si va sempre con maglietta e pantaloncini corti e qualche volta quando si è più allegri 177 del solito mi sembra proprio di essere ancora bambino. Per completare poi mi sono fatto una fionda, così qualche giorno mi diverto ad andare a caccia su e giù per queste colline dove la selvaggina è molto abbondante». Lettera 2 Diversa la realtà quando ci si avvicina alle batterie nemiche, anche se il soldato riesce a trovare definizioni di spirito per quel rombare di cannone sempre più martellante: «Io hò [sic] cambiato nuovamente posto e dopo 3 giorni di viaggio sono arrivato alla soglia del parco di divertimenti. Tu certamente riderai per questa mia definizione ma cosa vuoi e due notti che sono qui e non fa altro che vedere razzi da una parte e razzi dall’altra, di tutti i colori ed a prima vista sembra proprio di essere ai baracconi. Per completare poi il parco e per renderlo più emozionante c’è il rombo del cannone che giorno e notte non smette mai di sparare. Pensa che mi addormento alla sera al rombo del cannone e alla mattina appena si apre gli occhi la prima cosa che si sente è di nuovo il tuono del cannone che mi accompagna poi per tutto il giorno. Ancora mentre ti scrivo, spara più forte del solito e sebbene ci sia il sole, si à l’impressione che stia per avvicinarsi un grosso temporale tanto si sentono forte e continue le scariche» (12 maggio 1941). Lettera 3 Arrivato a Tobruc, il fronte, nella lettera all’amica Anita qualche consiglio sulle virtù «terapeutiche» della sabbia insieme a cenni sullo scontro bellico, con la certezza della vittoria: «qui non c’è nulla, soltanto sabbia, sabbia, nient’altro che sabbia. Anzi tanto per farti vedere la sabbia dell’Africa ne unirò un po' alla lettera sperando che essa ti giunga e se per caso Anita soffri ancora di bruciori allo stomaco, prova a mangiarne un po' che ti farà molto bene ed in breve guarirai. Questo te lo posso assicurare perché anch’io ho già fatto questa cura e mi hà [sic] dato ottimi risultati … Oggi è stata una giornata fuori dal normale perché tanto la sua artiglieria come la nostra non hanno cessato un minuto di sparare ... credo che questo episodio di Tobruc sia ormai alla fine e che cioè presto gli inglesi siano costretti a dichiararsi vinti. A dirti il vero non so come abbiano fatto a resistere fino a oggi, dopo il continuo bombardamento dell’aviazione e special modo degli stucas [sic] che quando esplodono le sue bombe si sente tremare la terra anche qui da noi» (4 giugno 1941). Lettera 4 Nella corrispondenza c’è spazio anche per i sentimenti, dalla gioia per avere ricevuto giornali e quindi notizie dall’Italia alla considerazione sul valore dell’amicizia che fa superare i sacrifici della guerra. Queste le parole: «non puoi immaginare come la tua amicizia mi sia di aiuto e di conforto per superare gli ostacoli e i sacrifici fisici e morali che abbondano nella vita di guerra» (30 luglio 1941). Lettera 5 178 Passano i mesi e la guerra si mostra per quello che è. All’amico Armando, nei toni delicati e con la consapevolezza di non potere essere esplicito, si accenna alle fatiche ed ai pericoli; è la lettera datata 1° gennaio 1942: «abbiamo viaggiato molto, anche di notte. Raccontarti la vita passata in quei giorni Armando avrei da parlarti molto e perciò non conviene neanche cominciare, sappi solo che ne ho passate di tutte le specie e ho provato tutti i pericoli che la guerra può portare. Tanto per darti un’idea sappi che sono della gloriosa divisione Ariete e che se hai seguito lo svolgersi degli eventi, sai già come si è comportata». Lettera 6 Nell’epistolario segue un lungo silenzio, Sesto è fatto prigioniero dagli inglesi e solo nel novembre del 1942 può scrivere nuovamente e con poche notizie rassicura poiché sopporta con coraggio e rassegnazione la vita di sacrifici, portata dal destino. Riportiamo le parole della missiva datata 24 gennaio 1943, sulla monotona vita di prigioniero e sulla necessità di farsi forza per passare il tempo: «Continuo la solita e monotona vita di prigioniero che, già da sé stessa tanto triste è ancor maggiormente peggiorata dalle grige e interminabili giornate invernali. Solo con grande sforzo di volontà e con grande forza d’animo, so vincere l’immensa malinconia che l’attuale vita procura e così, unendo alle doti spirituali un’ottima salute, riesco a passar discretamente il tempo». Lettera 7 La raccolta completa della corrispondenza è disponibile presso l'Archivio storico di Istoreco. 179 180 181 Note e Rassegne Convegno: «La costituzione del consenso. Ordine, Legittimità e Resistenza nei sistemi politici europei, secoli XIX e XX», Bologna, Dipartimento di Politica, Istituzioni e Storia, 13-14 settembre 2002 LUCIA BONFRESCHI* Il 13 e 14 settembre si è svolto a Bologna un convegno su «La costituzione del consenso», in cui i membri del gruppo di ricerca del Dipartimento di Politica, Istituzioni e Storia hanno inteso mettere a confronto i propri lavori con quelli di altri colleghi europei. Il percorso ed i principali risultati del gruppo di ricerca bolognese, coordinato dal prof. Pombeni, sono stati sintetizzati nella relazione introduttiva di Stefano Cavazza (Università di Bologna). Ognuna delle tre mezze giornate del convegno è stata centrata su un periodo della storia contemporanea aperto da una crisi con cui la politica europea fu chiamata a misurarsi e ad elaborare un nuovo ordine: il 1848, la prima e la seconda guerra mondiale. A proposito del concetto di «crisi» Fulvio Cammarano (Università di Bologna) ha proposto un nuovo approccio mettendo in rilievo la centralità della componente soggettiva nella definizione del concetto e recuperando la distinzione gramsciana tra crisi congiunturale e crisi egemonica. In effetti, in tale definizione risultano essenziali, da un lato, la percezione, da parte del soggetto, di un determinato assetto politico come «ritardo», «situazione insoddisfacente», e, dall’altro, la capacità di tale soggetto di imporre la propria narrazione di crisi all’opinione pubblica. Il differente grado di legittimazione delle istituzioni è uno dei fattori che produce differenti culture e tradizioni della crisi politica, studiate da Cammarano in Italia e Gran Bretagna. Anche Michael Freeden (University of Oxford) si è occupato del caso inglese ed ha analizzato le molteplici stratificazioni del concetto di legittimità e le sue correlazioni con Dottoranda in Storia Politica dell’Età Contemporanea presso l’Università di Bologna, collaboratrice della rivista «Ricerche di Storia Politica» (ed. Il Mulino) 183 altri concetti, quali «autorità» e «obbligazione politica», nel pensiero conservatore, liberale e progressista della fine del XIX secolo, rappresentati rispettivamente da W.E.H. Lecky, J. Stuart Mill e J.A. Hobson. Mentre nella Gran Bretagna del XIX secolo le istituzioni sembravano solidamente legittime, la Francia della stessa epoca traduceva le differenti teorie sulla legittimità con altrettanti cambiamenti istituzionali. Tra questi il più indicativo della difficoltà di stabilire basi durature di consenso fu il Secondo Impero di Napoleone III, studiato da Nicolas Roussellier (Sciences-Po, Parigi). Questo tentativo costituzionale, a suo parere, cercò di unire, senza successo, il consenso proveniente dalla tradizione monarchica a quello della modernità politica, incarnata dal suffragio universale. Pierangelo Schiera (Università di Trento) si è occupato del costituzionalismo come complesso fenomeno che ha accompagnato la transizione dallo Stato di polizia allo Stato di diritto e poi allo Stato sociale; tale transizione fu dovuta alla capacità dei nuovi ceti borghesi di trasformare prima in valori condivisi, poi in norme sanzionate i valori e gli interessi a cui si ispirava la loro ricerca di egemonia. Il liberalismo europeo fu capace di creare e conservare un consenso diffuso e praticato, attraverso la duplice fondazione dei testi costituzionali e di quelli scientifici. Sulla crisi di legittimità nella politica olandese tra le due guerre è intervenuto Henk Te Velde (University of Groningen), che ha mostrato la tensione fra il sistema di legittimazione pre-1918, basato sulla rule of law e sulla partecipazione democratica, ed i nuovi criteri di efficienza con cui, in misura crescente, veniva giudicata una «democrazia piena», ma per i quali il sistema parlamentare non era stato concepito. A proposito di questo dibattito sulla riforma dell’organizzazione statuale, che coinvolse tutta l’Europa, Maria Serena Piretti (Università di Bologna) ha fornito un quadro delle linee direttrici che esso assunse in Gran Bretagna, Francia ed Italia. Contro i vecchi modelli di descrizione del fenomeno totalitario, che tendevano a sottolineare la coercizione e la manipolazione che l’élite al potere attuava sulle masse, attraverso il terrore e la propaganda ideologica, Roger Griffin (Oxford Brookes University) ha proposto, invece, di considerare che l’apparato totalitario risulti dal tentativo di trasformare la società per realizzare l’utopia dell’uomo nuovo. Dall’incontro tra la visione totalitaria di un movimento rivoluzionario e un popolo, che attraversa una profonda crisi di senso della propria comunità, prende origine la «comunità politica palingenetica», che fornisce la legittimazione all’élite rivoluzionaria e genera diversi gradi di consenso alle sue politiche. In questo modello la resistenza non è il frutto di una naturale e spontanea ribellione, quanto il prodotto di una reazione basata a sua volta su un’ideologia. Horst Möller (Institut für Zeitgeschichte, München) e Christoph Kleßmann (Zentrum für Zeithistorische Forschung, Potsdam) hanno ricostruito storicamente la disgregazione del consenso della Repubblica di Weimar e la ricerca di una nuova legittimazione nella Germania divisa, tutt’altro che scontata dopo la caduta del Terzo Reich. Per legittimare un futuro politico ed un ordine sociale le autorità d’occupazione e poi i governi tedeschi dovettero far fronte ai problemi più urgenti delle popolazioni: alloggiare milioni di rifugiati ed espulsi, trovare cibo da distribuire e ridare vita ad un’economia collassata. Per quanto riguarda la legittimazione dei sistemi politici del secondo dopoguerra, Kenneth O. Morgan (Queen’s College, Oxford) ha fornito una lettura delle modificazioni del consenso in Gran Bretagna, passata dall’unificante senso di comune appartenenza del tempo di guerra, continuato, negli anni Quaranta e Cinquanta, dalle politiche di Attlee e poi di Churchill, alla rottura di tale consenso nel 1979 ed al tentativo della Thatcher di crearne uno 184 nuovo, fino al (consensuale?) capitalismo umanizzato di Tony Blair. Paolo Pombeni (Università di Bologna), infine, ha proposto di considerare il «miracolo economico» come fattore che contribuì a legittimare il sistema politico italiano. Fino agli inizi degli anni Cinquanta il rigorismo dell’impostazione costituente aveva prevalso; progressivamente, tuttavia, gli «standard di vita» divennero un elemento di legittimazione dei governi ed uno dei temi su cui si giocavano le competizioni elettorali. 185 Recensioni Giuseppe Mayda, Storia della deportazione dall’Italia 1943-1945: militari, ebrei e politici nei lager del Terzo Reich, Bollati Boringhieri, Torino 2002, pp. 408, € 28. Giuseppe Mayda è un giornalista che da anni si dedica allo studio del fascismo e del nazismo. Nell’introduzione del volume che qui presentiamo, Nicola Tranfaglia espone le ragioni per cui valga la pena leggere questa Storia della deportazione dall’Italia. Anzitutto le ricerche di Mayda hanno cominciato a riempire una lacuna che durava da mezzo secolo. Tale «trascuratezza» ha permesso il diffondersi di una vulgata, presente in una parte della storiografia italiana, secondo cui esisterebbe una netta separazione tra fascismo e nazismo. Sarebbe cioè possibile riconoscere al fascismo una sorta di «moderazione» nella persecuzione degli ebrei e nella repressione degli oppositori politici. Il progetto dello sterminio cadrebbe così sotto l’esclusiva responsabilità della barbarie nazista. Ebbene, il lavoro di Mayda fa emergere il ruolo non solo di complicità attiva, ma anche di autonoma iniziativa degli uomini di Salò. La ricostruzione dei rapporti tra gli occupanti tedeschi e la Repubblica sociale italiana è senza dubbio uno degli elementi più interessanti del libro. Esemplare a proposito è la posizione di Mussolini circa il destino di moltissimi italiani, non solo avversari del regime, ma ebrei (molti dei quali di «fede fascista») e centinaia di migliaia di soldati, abbandonati ed anzi usati per ragioni di mero calcolo politico. Va subito sottolineato che uno dei pregi del volume è quello di essere stato compilato dedicando molto spazio alle fonti, tra le quali si trovano certamente le testimonianze dei sopravvissuti, ma anche atti, carteggi, rapporti del governo tedesco e del governo repubblichino, della Wehrmacht e delle SS. Quello delle fonti è anzi uno dei problemi più importanti per gli storici impegnati in questo campo. Furono proprio i tedeschi, sia nei loro uffici in Italia, sia nei Lager in Germania, a cercare di eliminare ogni prova, ogni documento. Così ogni tentativo di tracciare un bilancio definitivo del numero di deportati e uccisi rimane infruttuoso. Mayda premette alle vicende dei venti mesi che andarono dal settembre 1943 alla Liberazione, una accurata trattazione sullo sviluppo della «galassia concentrazionaria» negli anni fra le due guerre. Accanto all’edificazione in Germania dei Konzentrationslager per la «custodia preventiva» di tutti i possibili «nemici dello Stato», il fenomeno riguardò anche l’Italia, con gli arresti, a partire dal 1938, degli ebrei stranieri e che furono destinati a campi di concentramento e luoghi di confino. Ma non bisogna dimenticare le deportazioni di centinaia di migliaia di civili nella repressione della resistenza nella Cirenaica degli anni Trenta. La parte più ponderosa del volume è riservata alla deportazione di più di ottomila ebrei, italiani ma non solo, a partire dai primissimi giorni dopo l’otto settembre. I morti sono stati contati in 7557 persone, cui devono essere aggiunte le almeno trecentotré vittime delle stragi razziali in Italia. I tedeschi ebbero subito gli elenchi degli ebrei, messi loro a disposizione da questure o prefetture. Molte furono le delazioni, fatte anche senza lo «stimolo» di una ricompensa e questo a riprova della parziale efficacia della propaganda antisemita. Fin dall’inizio fu sistematica la collaborazione delle autorità di Salò, che erano sicuramente a conoscenza della destinazione dei «treni speciali», alla «caccia all’ebreo»: ad esempio Giovanni Preziosi, poi a capo dell’Ispettorato generale per la Razza scrisse a Mussolini 187 che «primo compito non è creare una Costituzione di Stato [di Salò, ndr], ma quella di eliminare gli ebrei». I giornali non perdevano occasione per chiedere che tutti gli ebrei fossero messi al bando. In poche settimane si verificò un inasprimento che non faceva che venire incontro alle richieste di Eichmann, che da Berlino fu tra i promotori della «soluzione del problema ebraico» in Italia. Così al congresso della Rsi di Verona si sanciva: «Gli appartenenti alla razza ebraica sono stranieri, durante questa guerra appartengono a nazionalità nemica». Non fu risparmiato nessuno: gli anziani nelle case di riposo, gli ammalati negli ospedali, i figli di matrimoni «misti». Ogni comunità ebraica si vide depredare di tutto, a cominciare dalle loro guide (vennero uccisi nove rabbini e sette hazanim). Mayda ricorda poi il problema dell’atteggiamento degli ebrei nei confronti del pericolo incombente. Si è parlato di una mancanza di informazioni da parte delle autorità ebraiche e del fatto che i primi crimini furono ignorati o sottovalutati. È certo che la gran parte degli ebrei italiani fu catturata al proprio domicilio. Allinearsi in toto alle posizioni naziste significava anche costruire un vero e proprio sistema concentrazionario, con diramazioni in tutte le province controllate, e con grandi «campi di transito»: Fossoli (Modena) e Gries (Bolzano). In questi ultimi due luoghi poi, accanto agli ebrei, attesero la deportazione verso il Reich i cosiddetti «politici». Si trattava soprattutto di antifascisti e di detenuti dei penitenziari militari, ma non solo. La Polizia di sicurezza tedesca (Sipo) cercò di reprimere ogni moto di disobbedienza e dissenso e fin dall’indomani dell’otto settembre circa 40.000 persone (non sempre altamente ideologizzate) vennero deportate. Tra queste i diffusori di stampa clandestina, gli ascoltatori di «Radio Londra» e «Voce dall’America», chi veniva fermato senza avere i documenti in regola o si dedicava al mercato nero. In venti mesi i trasporti furono ottanta, con principali destinazioni Dachau, Mauthausen e Buchenwald. I superstiti non superarono il 10 per cento. Significativa è la connessione tra atti di rivolta e di resistenza e le partenze di nuovi convogli: anche in Italia i tedeschi vollero imporre una feroce repressione, basata anche sulla intimidazione. In Germania i campi di concentramento (Dachau fu aperto nel 1933) non venivano nascosti, ma erano anzi stati accettati dall’opinione pubblica come strumento di prevenzione. Sull’esempio tedesco, la Repubblica di Salò ricorse a minacciare la deportazione degli operai, specie nel «triangolo industriale». Come a Milano, così a Genova il prefetto Basile dichiarò nel 1944 che sarebbero stati sorteggiati «un certo numero» di operai fra quanti si astenevano dal lavoro e «deportati nei campi di concentramento tedeschi dell’estremo nord a meditare sul danno arrecato alla vittoria». I religiosi italiani deportati furono sessantanove, di cui cinquanta sacerdoti cattolici, sedici ebrei, due testimoni di Geova e un evangelico. Le loro colpe erano quelle di aver collaborato con i partigiani o di aver nascosto renitenti alle leve di Salò e soldati sbandati dopo l’armistizio. Per i detenuti politici la detenzione coincideva con il lavoro, quasi sempre in condizioni disumane. Il lavoro «da schiavi» e lo sfruttamento in Germania furono ugualmente il destino di circa 809.000 militari italiani. Con l’armistizio l’esercito regio si frantumò, lasciando ai singoli reparti la decisione sul che fare. Di sicuro i generali non fecero una bella figura. Non mancarono casi di comandanti che, prima di scappare, consegnarono i loro uomini ai tedeschi. D’altra parte, proprio i tedeschi non persero tempo ed iniziarono ad attaccare, disarmare e rastrellare fino a 17.000 militari al giorno. Per chi opponeva resistenza, era riservata la fucilazione. Mayda ripercorre la storia delle migliaia di soldati italiani nei Balcani, in Grecia e nelle isole dell’Egeo. In particolare, 13.300 militari morirono su dei piroscafi, caricati all’inverosimile, che li dovevano portare ai grandi «campi di transito» di Atene e Salonicco. I militari giunti in Germania dovettero affrontare anche l’aperta ostilità dei vertici come dei semplici cittadini. Erano «porci badogliani», «traditori», «carogne». Essi si trovarono di fronte alla scelta di rimanere o meno «fedeli all’alleanza» con il Reich. A fine ’43 solo poche migliaia di italiani erano restati a fianco dei tedeschi. Lo status giuridico dei soldati italiani che non accettarono, non fu più quello di «prigionieri di guerra», ma di «internati militari italiani» (Imi). Questa disposizione, priva di fondamento giuridico, li sottraeva al controllo della Croce rossa e toglieva loro la protezione della Convenzione di Ginevra. Gli Imi furono destinati a lavori vietati dalla Convenzione, in particolare nell’industria bellica. 188 Gli ufficiali, che di norma rimanevano fedeli al re, vennero separati dalla truppa, per la quale fu anzi predisposto un ufficio di propaganda a favore dell’alleanza nazifascista. I racconti dei sopravvissuti parlano di uomini messi all’asta: i «noleggiatori» – imprese private dei più svariati settori – non garantivano per le buone condizioni fisiche del coatto. Basti pensare che per alcuni lavori (chimica, miniere) la sopravvivenza non superava le tre-quattro settimane. E per tutti la «prova della fame». Dal diario del tenente Giovanni Guareschi: «Cammino su e giù … e vado svelto ma la fame mi insegue … Quante ore prima di poter masticare? Ancora cinque ore, poi avrò due patate e una scodella di rape; e lo stomaco, compreso rapidamente l’inganno, riprenderà a spasimare più dolorosamente. Sento la fame anche del dopo» (16 aprile 1944). Francesco Paolella Anna Rossi Doria, Memoria e storia: il caso della deportazione, Rubettino, Soveria Mannelli 1998, pp. 64, € 6,20. Argomento di questo breve saggio è l’evoluzione della memoria delle deportazioni in Italia durante la seconda guerra mondiale. L’autrice esordisce ricordando la differenza (talvolta il conflitto) esistente tra la memoria, che tende ad unire il presente al passato, e la storiografia, che invece ratifica la irreparabile separazione tra i due. Riguardo alla deportazione, «la memoria non è riuscita a imporre il passaggio alla storia»: questa tesi viene sostenuta ripercorrendo le tappe della formazione delle memorie individuali e di quella collettiva, a partire proprio dalla materializzazione dell’incubo che tanti deportati ebbero durante la prigionia: raccontare e non essere creduti. Anna Rossi Doria ricorda i tanti episodi di indifferenza, se non di aperta ostilità, che i reduci dovettero subire al loro ritorno, non escluso il sospetto con cui erano viste dalle istituzioni le loro associazioni. Oltre che solitaria (di una solitudine morale, prima che materiale), la memoria collettiva si è rivelata anche frammentata e questo prima di tutto perché le esperienze di deportazione furono molto diverse tra loro. Devono infatti distinguersi tre soggetti (i deportati politici, gli ebrei e gli internati militari), per cui si sono sviluppate «tre memorie», sia per le differenti cause delle rispettive tragedie, sia per la percezione che ogni gruppo ha avuto di sé e ha subito dal resto della società. La conclusione è riservata ad analizzare il silenzio della storiografia contemporaneistica italiana su questo tema, tra le cui cause viene posta la sua politicizzazione della ricerca e sottolineando l’assenza di un’opera di sintesi che andasse al di là delle testimonianze dei singoli. Una lacuna che negli ultimi anni, ad esempio con la Storia della deportazione dall’Italia 1943-1945 di B. Mayda, si sta iniziando a colmare. (f.p.) Bruna Bianchi (a cura) Deportazione e memorie femminili (1899-1953), Unicopli, Milano 2002. La brutale deportazione di grandi masse di civili (uomini, donne, bambini) non è accidentale nella storia dell’Occidente, né rappresenta una tragica peculiarità del secolo appena trascorso. Basti pensare al ruolo strutturale assunto dalla tratta degli africani nel commercio triangolare, fattore principe della mondializzazione capitalistica, o all’altrettanto essenziale spostamento coatto dei nativi d’America durante l’espansione dei «bianchi» verso l’Ovest. Nella seconda metà del XIX secolo sembrava emergere qualche segno di ravvedimento e di mitigazione nel rapporto fra le popolazioni soggette ed il potere economico-politico. Simili speranze erano confortate da due importanti eventi coevi (l’affrancamento degli schiavi in America e dei servi della gleba in Russia) e dal diffondersi dell’evoluzionismo positivista, con l’illusione (coltivata dallo stesso H. Spencer) di poter sostituire la pacifica concorrenza commerciale ai duri rapporti militari. 189 Malauguratamente quelle illusioni, di cui si faceva portatrice fra l’altro una parte consistente della Seconda Internazionale, già all’affacciarsi del nuovo secolo caddero sotto la spinta di un’intensificata corsa coloniale e del prevalere di ideologie nazionaliste sopraffattrici. Il passaggio tra i due secoli si segnala per l’importante novità dei conflitti coloniali fra «bianchi»: guerra ispano-americana e guerra anglo-boera. Quest’ultimo episodio, combattuto senza risparmio di colpi, si rivela, a distanza di tempo, singolare prologo della Grande Guerra, trionfo di un militarismo indifferente all’enorme sacrificio di vite umane e principale causa dell’ottundimento morale (la banalità del male) di cui approfitteranno, con un più di paranoico sadismo, i regimi totalitari. Il volume curato da Bruna Bianchi percorre, con saggi e testimonianze, la prima metà del Novecento, soffermandosi sui due esempi più noti e quantitativamente vistosi (i campi nazisti e sovietici) e su due altri meno conosciuti, che addirittura rischiano di essere rimossi, ma non soltanto perché messi in ombra da più sconvolgenti catastrofi. Il crudele maltrattamento operato dagli inglesi sulla popolazione civile boera perturba infatti la nostra certezza che solo il totalitarismo (quando non la «barbarie» asiatica) possa sistematicamente infierire sugli inermi. Dal canto suo, l’internamento degli sloveni nei campi fascisti stona clamorosamente con l’immagine autoassolutoria degli «italiani brava gente» e con l’eterna nostra difficoltà di fare i conti col passato più scomodo. Le studiose coordianate da Bruna Bianchi hanno dunque scelto quattro esempi molto significativi, che tuttavia non esauriscono il tema (restano fuori, fra l’altro, l’aggressione del Giappone alla Corea e ad altri paesi asiatici e l’internamento dei nippoamericani durante il secondo conflitto mondiale). Ma il valore del libro, che non pretende la completezza, sta nel taglio tematico scelto: la realtà e il vissuto delle donne (e conseguentemente dei bambini) vittime della deportazione e dello sterminio. Si tratta, in un certo senso, di un atto riparatore nei confronti della colpevole sottovalutazione durata decenni (le donne hanno voluto ricordare e scrivere, ma per lo più le loro voci hanno scontato sordità e gravi ritardi). Il dato più profondo – e per il lettore non specialista più sorprendente – è in queste pagine la rivelazione di un altro universo etico, emozionale ed antropologico. Fatica inumana, fame, imminenza della morte avviliscono, ma non spengono, l’essenziale modo d’essere in relazione con della donna. I saggi e le memorie mettono in luce (si dirà: confermano) un vissuto femminile rivolto all’altro e capace di resistere proprio nel – e grazie al – rapporto con l’altro: madri e figlie, donne e bambini (non necessariamente madri e bambini), compagne di sventura che praticano brandelli ancora possibili di solidarietà e di condivisione. Le autrici (la stessa Bruna Bianchi per il Sud Africa e, con Adriana Lotto, per i campi nazisti, Marta Craveri per l’arcipelago Gulag, Maico Trinca per l’internamento di donne e bambini sloveni) hanno saputo cogliere questi aspetti comuni, senza sacrificare la peculiarità storica delle diverse vicende. Una menzione a parte merita il tema scelto da Emilia Magnanini: le donne che in Urss, senza essere condannate al lager, hanno scontato l’unica colpa «di essere mogli, madri, figlie, sorelle di un condannato». Fra loro la grande poetessa Anna Achmatova. Questo argomento, parte altrettanto essenziale del vissuto femminile novecentesco, induce ad invocare un supplemento di indagine e di attenzione per una non meno drammatica vicenda degli stessi anni. Intendiamo riferirci all’esilio dei repubblicani dopo la guerra civile spagnola (almeno mezzo milione di persone), messo in ombra dalla transizione morbida verso la democrazia. Solo oggi sembra che organi di stampa a grande diffusione, come «El Paìs», abbiano intrapreso un’opera di ricomposizione della memoria e di restituzione ai «vinti» del loro posto nella storia. Ed anche per l’infame periodo franchista il racconto delle esiliate in patria (madri, mogli, figlie, sorelle di incarcerati) merita una riflessione più approfondita di quanto non consentano le effimere pagine di un supplemento settimanale. Ettore Borghi 190 Ugo Dragoni, La scelta degli I.M.I. Militari italiani prigionieri in Germania (1943-1945), Casa Editrice Le Lettere, Firenze 1997, pp 459. Il dramma dei soldati italiani, 600.000 il numero, internati un Germania ha costituito una zona d'ombra che ha riguardato anni e persone che parevano esser scomparsi dalla memoria storica collettiva. «Il fatto è che nel dopoguerra – scrive Giorgio Rochat – i reduci erano troppi e troppo diversi ... L'Italia del dopoguerra voleva soprattutto dimenticare e ricominciare a vivere; e prendere in considerazione i diversi percorsi attraverso la guerra voleva dire affrontare un esame autocritico del passato fascista, che solo una minoranza chiedeva. I reduci furono quindi dimenticati, salvo quando servivano alle polemiche della guerra fredda, come nel caso prigionia di Russia». A quarant'anni dalla fine della guerra gli studiosi e i ricercatori hanno iniziato ad indagare su questo passato che apparteneva solo al ricordo di chi aveva vissuto quei giorni di orrore preferendo la fame disperata e il lavoro forzato alla colllaborazione con i nazifascisti. Il testo di Dragoni costituisce una visione d'insieme organica e ricca fatta di testimonianze e di rievocazioni per voce dei testimoni che all'epoca subirono la prigionia. Ricca ed estremamente documentata è anche la bibliografia che accompagna il volume, aprendo nuove prospettiva di approfondimento e di informazione. (l.v.) Per un ulteriore approfondimento dell'argomento si segnala anche Fra sterminio e sfruttamento, Le Lettere, Firenze 1992, Atti del Convegno. Cesare, Bermani, Al lavoro nella Germania di Hitler. Racconti e memorie dell'emigrazione italiana 1937-1945, Bollati Boringhieri, Torino 1998, pp 322. Il volume di Bermani costituisce una preziosa testimonianza in relazione ad un aspetto della storia sicuramente poco indagato. I lavoratori italiani (ma anche di altre nazionalità come si vedrà poi dai ricordi e dalle lettere) emigrati in Germania, in cerca di lavoro, quel lavoro che nell'Italia poverissima degli anni Trenta e Quaranta non era possibile avere in patria. Italiani in cerca di un futuro nei giorni foschi del consolidamento del nazismo e del fascismo; si partiva lasciando la retorica mussoliniana di un'Italia rurale, di covoni e prole numerosa per la Germania di Hitler, di fabbriche ed efficienza, di campi da coltivare sotto la pioggia costante che bagna i giorni e pare l'unico fattore che scandisca il tempo mentre si cerca di accumulare qualche pfennig da mandare a casa, in Italia, alla famiglia, ai genitori anziani. Sottolinea Bermani «le difficoltà incontrate da chi ha cercato di raccogliere testimonianze di Fremdarbeiter ... Se non è stato facile risalire a questi lavoratori, lo si deve al fatto che la loro esperienza non è divenuta oggetto di affabulazione, ne hanno cioè discusso poco in tutti questi anni e questo dà ai racconti di questi testimoni un carattere di ricordo immediato, quindi una «veridicità» che altri tipi di testimonianze non hanno. È come se molte delle domande che vengono loro fatte ora non fossero mai state rivolte loro in passato e quindi i testimoni rispondessero a esse per la prima volta, senza cioè aver avuto il tempo di abbellirle o «drammatizzarle», di «costruirle» secondo le «propensioni della loro affabulazione». Leggiamo qui i racconti, i ricordi di stralci di vite che narrano dei rapporti con i nuovi datori di lavoro tedeschi, le difficoltà create dalla lingua, per la maggior parte di loro sconosciuta e ostile, e ancora filtrano da queste parole i ricordi minuti, del quotidiano, i piccoli fatti, le rare uscite dopo il lavoro, il venire a conoscenza di concittadini o compaesani quando anche l'idea di casa é così lontana da sembrare irraggiungibile. E poi la guerra. L'evento tragico che segna i destini di tutti, di chi rimane, perché ormai non è più possibile spostarsi in un'Europa occupata dove le difficoltà di espatrio diventano insormontabili e di chi tenta, dispera- 191 tamente un viaggio che in molti casi avrà termine solo dopo la primavera del '45. È, questo del viaggio, del ritorno uno dei ricordi più amati, più dolorosi più epici. Nessuno lo ha dimenticato. E tante sono le testimonianze riportate che ricompongono il mosaico di quegli anni, di quelle vite, a lavorare «fuori», a «casa dei tedeschi» con altri italiani, con polacchi, ungheresi. Interessante anche l'apparato iconografico che correda il testo. Lella Vinsani Paolo Momigliano Levi (a cura di), Storia e memoria della deportazione, Giuntina, Firenze, 1996, pp. 218. Il volume raccoglie gli interventi svolti ad un convegno, nell’ambito del cinquantennale della Resistenza e della guerra di liberazione, organizzato dall’Istituto di Storia della Resistenza in Valle d’Aosta. Il drammatico fenomeno della deportazione toccò solo marginalmente la piccola regione francofona: «solo» diciannove furono gli ebrei valdostani che vennero caricati sui vagoni piombati e mandati ad Auschwitz. Le persecuzioni si accanirono soprattutto sugli oppositori politici e sui partigiani. Scopo del convegno, e del libro che ne è scaturito, è quello di capire quale contributo, alla storia della deportazione, possono dare, oltre alle fonti ed alle ricerche tradizionali, anche le testimonianze meno conosciute e sfruttate da questo punto di vista: le testimonianze orali, la fotografia e l’utilizzo delle più moderne tecnologie audiovisive. Storia e memoria della deportazione, rivolge la sua attenzione alla memoria dei campi ed alla loro realtà; una memoria tenuta viva grazie anche a numerosi istituti, sorti proprio per garantire che il patrimonio e le fonti sulla storia delle deportazioni non vada disperso quando, inevitabilmente scomparirà anche l’ultimo sopravvissuto ai lager nazisti. Ecco, allora, l’importanza che rivestono, per la continuazione della memoria dei campi e dei deportati, anche le fonti e le ricerche non tradizionali. Il volume, vuole essere un tentativo di riunire l’incontro di esperienze diverse, maturate in paesi diversi, su quello che è stato, forse, il più grande dramma del ventesimo secolo; un dramma che ha coinvolto decine di milioni di persone in ogni continente, durante tutto l’arco dei cento anni appena trascorsi, basti pensare al genocidio degli armeni nella prima guerra mondiale, alla seconda guerra mondiale, per terminare, negli anni più recenti, con la ex Jugoslavia o il Ruanda. Pur essendo destinato ad un pubblico, per così dire, di addetti ai lavori, Storia e memoria della deportazione si rivolge anche ad una «clientela» più ampia, allo scopo di far conoscere la realtà delle deportazioni e dei genocidi al maggior numero possibile di persone, in particolare ai giovani che di quei tragici eventi hanno solo una vaga conoscenza scolastica. Due parole del titolo, «storia» e «memoria», racchiudono in sé le intenzioni degli studiosi che si sono riuniti in quel convegno e l’oggetto delle loro ricerche, cioè la persecuzione e l’annientamento deliberato di intere popolazioni per motivi politici, razziali o religiosi. Chiunque sia stato colpito dal trauma della persecuzione e della deportazione, sa che è indispensabile creare una documentazione ed un programma per tramandare la loro storia. «Scrivere e denunciare diventarono un dovere di giustizia nei confronti dei milioni di sommersi, da parte delle poche centinaia di salvati: un atto di fedeltà dei vivi alla memoria dei morti». Poiché l’eredità degli orrori passati non può esaurirsi in un ricordo passivo, ecco che, sin dai primi anni del dopoguerra, sono comparsi diari e memorie dei sopravvissuti; in seguito, con il passare dei decenni, convegni e libri come questo hanno dato il loro contributo a mantenere viva la memoria dei campi, anche contro nuove e vergognose tendenze, come il revisionismo o il negazionismo. È una responsabilità importante, perché «tutti i popoli hanno il diritto di conservare i propri caratteri, la propria personalità etnica e storica … le collettività umane devono poter sussistere serbando intatte le 192 caratteristiche della loro personalità. È l’unica garanzia per la pace in Europa». Due citazioni, una di Primo Levi, l’altra anonima, rendono evidente quale sia, oggi, il compito che spetta agli studiosi (e non solo a loro) che si occupano di deportazioni e genocidi: l’autore di Se questo è un uomo ebbe a dire «È avvenuto contro ogni previsione … quindi può accadere di nuovo: è questo il nocciolo di quanto abbiamo da dire»; un uomo, rimasto sconosciuto, spiegò il compito dei sopravvissuti e degli storici dicendo che «Nous sommes les heritiers de tous ceux qui sont morts, les associés de tous ceux qui vivent, la providence de tous ceux qui viendront». Michele Bellelli Alessandro Natta, L’altra resistenza. I militari italiani internati in Germania, Einaudi Torino 1997, pp. 141. L’8 settembre 1943 è, per la moderna storia italiana, una data di fondamentale importanza. L’annuncio dell’armistizio di Cassibile, che sembrava essere il necessario, ovvio, corollario agli avvenimenti del 25 luglio precedente, si rivelò, in realtà, l’inizio di un calvario destinato a concludersi quasi due anni più tardi con un’altra data simbolo, fondante della democrazia italiana: il 25 aprile 1945. Fra queste due date, l’8 settembre 1943 ed il 25 aprile 1945, è racchiuso il periodo più critico ed importante della storia del nostro paese. L’armistizio, nell’immaginario collettivo dei soldati, doveva essere un gioioso ritorno a casa dopo le fatiche ed i pericoli della guerra; si trasformò, invece, in una fuga generalizzata dalla furia vendicativa dei nazisti. L’ordine che l’esercito tedesco ricevette dal comando supremo di Berlino era chiaro: disarmare e catturare l’esercito italiano, ovunque esso fosse schierato, in Europa, in Francia, nei Balcani, nel Dodecaneso e, ovviamente, in Italia. Milioni di uomini lasciati, in seguito al famigerato proclama del maresciallo Badoglio, senza ordini precisi, senza sapere bene chi erano amici e nemici e, soprattutto, senza un luogo sicuro nel quale potersi difendere dai tedeschi (si pensi solo alle truppe schierate all’estero, per le quali mancava ogni minima speranza di poter ricevere aiuto dall’Italia). A parte alcuni episodi eroici e tragici, come lo sterminio della divisione Acqui a Cefalonia, o la battaglia a Porta San Paolo a Roma, quella del Regio Esercito nei giorni e nei mesi successivi all’armistizio è una storia poco nota. La meno nota di tutti è, forse, la storia dei soldati italiani catturati dai nazisti nei giorni immediatamente successivi la resa agli alleati e internati in Germania: seicentomila militari italiani, appartenenti ad ogni arma e di ogni grado, passarono, nel volgere di pochi giorni, dalla condizione di alleato dei tedeschi a quella di schiavi del Terzo Reich. Desiderosi di vendetta, per il presunto tradimento da essi subito, i nazisti crearono una categoria di prigionieri ad hoc per i soldati italiani: nella folle gerarchia dei lager essi divennero gli Imi (Internati militari italiani); appena un gradino al di sopra degli ebrei, a causa della definizione di Imi per loro non furono valide le regole della Convenzione di Ginevra sul trattamento dei prigionieri di guerra. Alessandro Natta, era uno dei seicentomila Imi che per due anni sopravvissero al lavoro forzato, ai soprusi ed ai lager nazisti. Il libro racconta l’odissea degli internati, in particolare di come, più di una volta venne loro offerta la libertà in cambio dell’adesione alla Repubblica sociale di Mussolini o di un giuramento di fedeltà ad Hitler. Con un atto spontaneo e collettivo, quest’esercito di sventurati diede una prova, forse irripetibile, di dignità e di amor di patria rifiutando in blocco le offerte di libertà dei nazi-fascisti. Non più di diecimila soldati italiani accettarono di giurare fedeltà al Duce ed alla sua Repubblica fantasma. La stragrande maggioranza dei soldati deportati dopo l’8 settembre scelse di rimanere nei lager, affrontandone tutte le conseguenze ed i rischi (a migliaia morirono di stenti prima che la guerra finisse). Fu questa, come indica il titolo «l’altra Resistenza», una resistenza silenziosa, fatta non di avvenimenti bellici o politici, come avvenne in Italia, bensì di sopportazione silenziosa e quotidiana di sten- 193 ti, umiliazioni ed angherie, in nome della dignità umana e della libertà; per questo motivo, centinaia di migliaia di italiani, sentirono come loro dovere rispondere «no» alle lusinghe del fascismo. Quella degli Imi, è una storia rimasta a lungo nascosta, quasi dimenticata, considerata, alle volte, come una Resistenza di second’ordine rispetto a quella che si combattè in Italia. Il volume di Alessandro Natta, restituisce agli ex internati la voce per raccontare la loro dolorosa, dignitosa, ma soprattutto libera, scelta di resistere nell’allucinante arcipelago dei lager nazisti. Michele Bellelli Luca Baldissarra, Myriam Bergamaschi, Antonio Canovi, Alberto De Bernardi, Adolfo Pepe, (a cura di), Un territorio e la grande storia del ‘900, il conflitto, il sindacato e Reggio Emilia. Dal secondo dopoguerra ai primi anni ’70, Ediesse, Roma 2002, € 25. Il sindacato è in Italia l’unica istituzione, tra quelle chiamate alla rappresentanza sociale e politica, che abbia attraversato tutto il Novecento ed abbia assistito alla transizione dall’economia agricolo–manifatturiera a quella industriale, a quella contemporanea. Riguardo a ciò si può parlare di una «lunga durata», in cui il sindacalismo ha rivestito un ruolo fondamentale nelle vicende politiche, dal consolidamento dello Stato–nazione al sostegno della democrazia. La nascita delle Camere del Lavoro ha contribuito alla definizione delle diverse aree territoriali e, attraverso le strutture federali, della stessa identità nazionale. La longevità del sindacato si spiega con il forte radicamento nel mondo, complesso e stratificato, del lavoro. È un radicamento basato sulla originalità del sindacato italiano, affermatosi su più livelli (orizzontale–territoriale, verticale–professionale, confederale–politico). Accanto alla pluralità della rappresentanza è sorta una universalità di ideali e di obiettivi politici. All’interno del «Laboratorio 2001» per le celebrazioni del centenario della locale Camera del Lavoro, si è tenuto nel giugno scorso a Reggio Emilia un convegno, i cui risultati sono raccolti in due tomi sotto il titolo Un territorio e la grande storia del ‘900, il conflitto, il sindacato e Reggio Emilia. Qui ci occupiamo del secondo volume, Dal secondo dopoguerra ai primi anni ’70, già pubblicato a cura di Luca Baldissarra, Myriam Bergamaschi, Antonio Canovi, Alberto De Bernardi, Adolfo Pepe, mentre a breve uscirà per gli stessi tipi il resoconto degli interventi riguardanti il periodo che va dalle origini all’avvento e consolidamento del fascismo. «Nel complesso, dunque, le ricerche hanno seguito principalmente due direttrici, tra loro complementari: la storia del sindacato e la storia del territorio. Ne è emerso un quadro articolato in cui spicca la caratteristica del “modello” reggiano, già delineatasi all’inizio del Novecento, costituita dallo stretto intreccio che si crea tra cooperazione, mutualismo, municipalismo e riformismo sindacale e politico … D’altro canto le vicende della Camera del Lavoro e del movimento operaio di Reggio Emilia, hanno avuto, sin dall’inizio del secolo, una evidenza “esemplare” per la stessa costruzione della dimensione nazionale del sindacato confederale». Oltre alla doppia continuità, cronologica e geografica, esiste ovviamente una peculiarità reggiana (oltre che emiliana). La zona di Reggio Emilia ha conosciuto un forte legame tra sindacato, amministrazioni pubbliche e partiti di sinistra. Soprattutto in alcuni momenti la Cgil acquisì il ruolo di «attore politico decisivo». Questo dato, associato alla struttura economica del territorio, con piccole e medie imprese, diede ai conflitti un carattere di «diversità», senza però togliere loro asprezza. Le ricerche hanno coinvolto studiosi reggiani, ma anche rappresentanti del mondo accademico italiano. Quattro le linee tematiche seguite: le vicende delle Officine Meccaniche Reggiane, i fatti del luglio 1960, la stagione dei conflitti sociali tra ’68 e ’73 ed infine il ruolo delle donne lavoratrici dal ’45 al ’70. Partiamo dalla lotta alle «Reggiane». Erano gli anni del «centrismo» e l’Italia viveva un periodo carico di conflitti e attraversava un processo di consolidamento della democrazia postfascista. Reggio era scossa da una radicale trasformazione economico-sociale e da una profonda crisi economica, di cui le «Reggiane» risentivano grandemente: in sei anni, a partire dal 1945, si ebbe la smobilitazione della fabbrica. Nel biennio ’50-51, davanti alla prospettiva di migliaia di licenziamenti, gli operai scelsero la lotta con una occupazione durata più di un anno. La protesta si concluse con una sconfitta. Ciò nonostante, quell’episodio può essere considerato come uno dei momenti fondanti di una identità 194 di classe nella provincia. Le «Reggiane» divennero un «crocevia per la modernizzazione» e la sconfitta sindacale si trasformò in una vittoria politica. La città riconobbe in quegli operai una «avanguardia» e li sostenne, non esclusi gli amministratori pubblici. La comunità si identificò con la fabbrica e grande fu il peso di quegli eventi sulla memoria collettiva. I fatti del luglio ’60 presentano un incrociarsi di significati locali e nazionali. Come a Genova, a Roma e in Sicilia, anche a Reggio le manifestazioni antifasciste contro il governo Tambroni fecero emergere una volta di più il fatto che il sindacato, oltre le battaglie economico-rivendicative, sostenesse quelle per la difesa della democrazia. Il decennio 1951-1961 fu segnato dalla modernizzazione, ma anche da forti tensioni sociali, di cui protagonisti furono i giovani. Questi erano più permeabili dalla nuova cultura della televisione e dei consumi, tutti fattori che facevano alternare al conflitto la ricerca di una inclusione nelle tradizioni politiche e sociali giunte agli anni ’50. Sempre i giovani entrarono nel vasto fenomeno di mobilitazione collettiva nel periodo delle grandi lotte sociali tra il ’68 ed il ’73. Furono gli anni alla fine della «grande trasformazione», contraddistinta dal boom economico e dal fordismo, ma anche da resistenze del mondo del lavoro ad inserirsi nella società consumistica. Accanto alla contestazione studentesca, la fabbrica divenne un luogo di rivolta. Il «miracolo economico» toccò anche Reggio, senza però sconvolgere il tessuto sociale ed urbano. La sinistra politica e sindacale uscì rafforzata da quel periodo. Si affermò in particolare l’idea di una democrazia attiva e di una stretta interdipendenza fra rappresentanti e rappresentati. Se si aprirono nuovi spazi politici, nuove forme di azione al di fuori delle tradizionali organizzazioni politiche e si assisté ad una radicalizzazione del clima politico e delle lotte sindacali, non si può però enfatizzare lo «spontaneismo» in contrapposizione alla presunta staticità dei vertici. Veniamo infine alla parte dedicata alla collocazione delle donne nell’ambito della politica rivendicativa del sindacato. Dopo la fine della guerra molte donne vennero espulse dai luoghi di lavoro, per far posto ai reduci, ma anche perché venivano considerate «estranee» rispetto alla classe operaia vera e propria. Le donne erano viste mogli e madri, secondo un indirizzo ideologico cui non si sottrassero per lungo tempo il Pci e lo stesso sindacato. Comunque la Cgil non venne mai meno ai principi della parità salariale e della tutela. Negli anni ’60 il lavoro delle donne non poteva più essere visto come un fatto occasionale. Le leggi sulle scuole materne statali e sugli asili comunali furono alcuni tra i passi più significativi per uno Stato sociale che prescindesse dalla collocazione della donna nella sola sfera familiare. A Reggio gli enti locali, il sindacato, l’Unione donne italiane (Udi) contribuirono a stabilire criteri certi di rappresentanza e di tutela, specie per la maternità. L’attenzione fu rivolta dapprima alla parità di accesso all’istruzione e all’assistenza all’infanzia (asili, colonie estive); in seguito alla protezione della salute ed alla eliminazione di ogni discriminazione di genere. Spettava ora all’organizzazione del lavoro adeguarsi al soggetto femminile. Francesco Paolella Carlo Dionisotti, Un professore a Londra. Studi su Antonio Panizzi, Interlinea, Novara 2002. Nei tempi grami di una riscrittura semiufficiale della storia che – dopo aver aggredito Rivoluzione francese e Resistenza – sembra puntare i suoi nostalgici strali contro lo stesso Risorgimento, molto opportunamente la Provincia di Reggio Emilia ha promosso l’edizione di questo prezioso volumetto dedicato al grande brescellese, giovanissimo esule carbonaro in Inghilterra e là divenuto personaggio di primo piano nell’organizzazione della cultura grazie al duro lavoro, al pieno dominio dell’inglese parlato e scritto, alla straordinaria conversione dagli studi giuridici a quelli letterari e soprattutto, come fa notare Carlo Dionisotti, alla decisione di «vivere una nuova vita e [di] fare dell’esilio un espatrio». Tuttavia, prima professore di letteratura italiana all’università di Londra, assurto poi alla – allora ben più importante – funzione di direttore della biblioteca del British Museum, insomma fattosi cittadino inglese a tutti gli effetti ed eminente personaggio istituzionale nell’Inghilterra vittoriana, Panizzi continuò a mantenere fede, con la continua attenzione ed anche col fattivo impegno, agli ideali risorgimentali che gli erano costati la condanna a morte, in quanto liberale e cospiratore, da 195 parte dei tribunali del «microscopico» duca di Modena, Francesco IV d’Este. Nei due saggi dedicati rispettivamente a Panizzi esule e a Panizzi professore Carlo Dionisotti, indiscusso maestro nel situare testi e personaggi nei contesti geografici e storici, evoca, a maggior risalto della figura del brescellese, tutto un mondo di esuli politici italiani delle varie ondate (dalla postnapoleonica a quelle seguite ai diversi moti antiassolutisti ed antiaustriaci). Soprattutto – essendo a sua volta «professore a Londra» appunto nella cattedra di letteratura italiana inaugurata da Panizzi – il compianto studioso traccia da par suo un penetrante quadro del mondo politico e culturale inglese, indispensabile per comprendere il ruolo ricopertovi dal «principe dei bibliotecari». Giuseppe Anceschi, che Dionisotti aveva in conto di confidente amico (come dimostrano le interessanti Lettere londinesi pubblicate da Olschki), completa il profilo panizziano con un’approfondita analisi del rapporto fra i due «professori a Londra», e cura le informatissime annotazioni. Possiamo perciò tranquillamente considerarlo un vero e proprio coautore dell’opera e giudicare la consueta formula «a cura di», in questo caso, una pura manifestazione di understatement, probabile conseguenza del carattere «inglese» dell’argomento. (e. b.) 196 Ultime acquisizioni della biblioteca di Istoreco A. 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