Appendice I Appunti per un direttore della Biblioteca Alessandrina Roma, 25 luglio 2007 Appunti per la dott. Flavia Cristiano, Direttore Biblioteca Alessandrina – Roma di Nicola Siciliani de Cumis Oggetto: ‐ Linee di progetto per una collaborazione bibliotecario‐archivistico‐laboratoriale e formativo‐divulgativa, tra la Biblioteca Alessandrina di Roma, la Cattedra di Pedagogia generale I dell’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma (con protocollo d’intesa tra il Ministero dei beni Culturali e Ambientali e il Rettorato dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”). ‐ Elementi di riflessione per una richiesta congiunta di contributo alla Fondazione Cariplo (secondo le modalità previste dal testo del bando “Creare e divulgare cultura attraverso gli archivi storici”, qui in Allegato). ‐ Ricerca e coinvolgimento funzionale di un partner‐capofila, e di possibili altri partner di Milano e/o di altra Provincia Lombarda, ovvero di altra sede (ai sensi del medesimo bando). In premessa Sul piano del “bene culturale” in ipotesi (un “Archivio‐Laboratorio” a base emerografica e con finalità storiografica, educativa e di diffusione ampia dei suoi risultati conoscitivi e formativi), sono evidenti i punti di contatto biblio‐emerografici e le possibili ragioni di convergenza strategico‐culturale, organizzativa, operativa, tra le finalità istituzionali proprie della Biblioteca Alessandrina e il progetto dell’“Archivio Laboratorio” proposto da Nicola Siciliani de Cumis alla Fondazione Cariplo in data 19 maggio 2007 e ora alla stessa Biblioteca Alessandrina per una auspicabile partnerschip: cfr. pertanto il testo in apertura del Dossier a cura dello stesso N. Siciliani de Cumis, dal titolo Giornali/Archivio‐Laboratorio/Educazione, Roma, Nuova Cultura, 2007; e ‐ dal punto di vista della Biblioteca Alessandrina ‐ la sottolineatura del nesso tra quell’«autentica e profonda democrazia culturale» e «quella palestra di esperimenti», che l’istituzione ha inteso e intende essere, in quanto luogo non solo di semplice «conservazione», ma anche di «sperimentazione» e di «avanguardia culturale», avente l’obiettivo di «recuperare la tradizione» e, insieme, di «promuovere il rinnovamento» (M. Taloni, Introduzione al volumetto del Ministero per i Beni e le Attività Culturali/Biblioteca Universitaria Alessandrina, La Biblioteca (1667‐…). I fondi storici. 290 Appendice I Strenna per l’anno 2002, a cura di P. Nuccetelli, Roma, Le Impronte degli Uccelli, 2002, pp. 7 sgg.). In tale ottica, la prospettiva “democratica” e “sperimentale” dell’elevamento intellettuale, in quantità e qualità, dell’utenza di una Biblioteca come l’Alessandrina, costitutivamente “universitaria”, si relaziona perfettamente con gli obiettivi di una crescita delle competenze storico‐critiche, che sono tradizionalmente propri della Pedagogia della “Sapienza”. Tra disegni sperimentali e progetti culturali per una democrazia compiuta e solidamente radicata, non sembra esserci soluzione di continuità, Si tratterebbe allora, in quanto Biblioteca Alessandrina, di relazionarsi tecnicamente, da partner‐guida, nell’ambito della suddetta proposta Siciliani de Cumis, in forza della sua stessa identità culturale e autonoma funzione di conservazione, produzione e divulgazione scientifica. E, pur mantenendo la piena titolarità della propria quota di progetto, procedere di conserva con la domanda Siciliani de Cumis (e degli eventuali altri partner), allo scopo di migliorare la qualità del progetto complessivo, accrescere il valore della ricaduta sociale delle relative attività ed aumentarne il budget ragionevolmente assegnabile, ai sensi del bando della medesima Fondazione dal titolo “Creare e divulgare cultura attraverso gli archivi storici” (cfr. Avete progetti per il futuro? Bandi 2007. Diamo un futuro alle idee, Milano, Fondazione Cariplo, 2007, pp. 17‐20); per arrivare, così facendo, a rendere attuabile il progetto della Biblioteca Alessandrina, in sintonia con altre istituzioni bibliotecarie ed archivistiche lombarde [indicare quali], interessate a loro volta a presentare e a supportare finanziariamente il progetto archivistico‐bibliotecario‐laboratoriale d’insieme. Nell’ambito di tale progetto, si tratterebbe quindi di proporre alla Fondazione Cariplo e ai partner coinvolti nell’iniziativa un’attività di breve periodo (per i prossimi due‐tre anni), su un tema unificante e di sicuro impatto culturale e divulgativo. Un tema, che viene qui provvisoriamente sintetizzato nell’espressione “Carte, giornali e libri di famiglia: dalla dimensione privata alla fruizione pubblica”; e che è comprensivo di alcuni sotto‐temi, corrispondenti ad altrettanti ambiti progettuali delle attività culturali (bibliotecarie, emerografiche, archivistiche, pedagogiche) del medesimo “Archivio‐Laboratorio”, anche dal punto di vista dei suoi partner virtuali (secondo gli accordi di progetto in via di definizione). E dunque: ‐ Università Cattolica del Sacro Cuore (sedi di Milano e di Brescia). “Carte di famiglia”, dal punto di vista emerografico, storiografico, scientifico‐educativo, editoriale, ecc. (Progetto da definire in collaborazione con le cattedre di Storia della pedagogia, Pedagogia generale e con la rivista “La Famiglia”). ‐ Università di Roma “La Sapienza”.“Le Carte di Antonio Labriola e di familiari di Labriola (del padre Francesco Saverio, della moglie Rosalia von Sprenger, dei figli Teresa e Franz), nell’Università “La Sapienza” di Roma e in varie istituzioni archivistiche e bibliotecarie pubbliche e private romane, dall’Ottocento al Duemila”. Attività di recupero e di divulgazione delle Carte Labriola, presenti in numerose istituzioni archivistiche e bibliotecarie romane, compresa ovviamente la stessa Biblioteca Alessandrina; e attività, ora indispensabili alla preparazione dell’Edizione Nazionale delle Opere di Antonio Labriola, recentemente approvata dai competenti organi dello Stato e in via di attuazione. Appendice I 291
‐ Asilo infantile (Ente Morale) “Domenico e Luigi Siciliani” di Cirò Marina (Crotone). “Nascita e sviluppo della borghesia in Calabria, attraverso le Carte pubbliche e private di una famiglia [la famiglia Siciliani] dal XVII al XX secolo”. Recupero e divulgazione – se ne dirà più avanti ‐ di manoscritti inediti e testi rari di Giovanni Pascoli, Gabriele D’Annunzio, Guido Gozzano, Margherita Sarfatti, Umbro Boccioni, Miguel de Unamuno, Pietro Badoglio, Benito Mussolini, ecc., fino a Italo Calvino, Eugenio Garin, Norberto Bobbio, ecc. ‐ Comunità Montana della Presila Catanzarese. “Carte di famiglia e giornali a Petronà (Catanzaro), dall’Ottocento al Duemila”. Sottotitolo: “Persone, famiglie, società, cultura, scuola, in un Comune di montagna in Calabria, nel contesto della Comunità Montana della Presila Catanzarese e nel quadro di una più larga attività di documentazione a base prevalentemente emerografica, tra archivistica, educazione e comunicazione”. Progetto coordinato della Comunità Montana della Presila Catanzarese, del Comune di Petronà (CZ) e di alcuni comuni della Lombardia. ‐ Archivio di Stato di Asti. “L’Archivio di Stato di Asti e le sue Carte di famiglia”. Progetto da definire. ‐ Archivio “L. Credaro” di Sondrio, Archivio Centrale dello Stato e Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. “Carte di famiglia, manoscritti vari e documentazioni archivistiche di e su Luigi Credaro”. Per iniziativa del Comune di Sondrio e di altre istituzioni lombarde (progetto da definire). Un tema pertanto – questo delle “Carte di famiglia” ‐, assai variegato e complesso, che vuole quindi tenere conto: 1. dell’ampiezza dei contenuti e della “adattabilità” dell’“Archivio‐Laboratorio” alle esigenze dei partner; 2. del carattere documentario “familiare” originario dell’“Archivio‐Laboratorio” e dello specifico contributo che potrebbe contestualmente offrire la Biblioteca Alessandrina, proprio in virtù delle sue dotazioni librarie ed archivistiche peculiari; 2, dell’interesse esplicito del partner capofila (l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e di Brescia), degli storici, archivisti, bibliotecari e pedagogisti coinvolti e della rivista “La Famiglia” (che da anni ha una rubrica dal titolo “Carte di Famiglia”, a cura di Nicola Siciliani de Cumis); 3. dei motivi aggreganti, comuni e al tempo stesso diversificati, degli altri partner nel progetto di insieme, che sarebbero, per intanto, l’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma (lo stesso Rettorato e il Dipartimento di Ricerche storico‐filosofiche e pedagogiche); e, salvo ripensamenti, l’Ente Morale (Asilo infantile) “Domenico e Luigi Siciliani” di Cirò Marina, la Comunità Montana della Presila Catanzarese, l’Archivio di Stato di Asti, e altri partner delle province lombarde, archivisti, bibliotecari o altro, acquisibili nel prossimo futuro. Quanto allo specifico contributo della Biblioteca Alessandrina alla tematica delle “Carte di famiglia, tra pubblico e privato”, esso si può schematicamente riassumere nei seguenti termini. Riflettendo cioè sul fatto che il tema delle “Carte di famiglia, tra pubblico e privato”, da un lato, tocca per esplicito la natura stessa dello specifico bene culturale proposto come acquisibile (e cioè le Carte di famiglia in cui consiste l’“Archivio‐Laboratorio”); da un altro lato, il medesimo tema, risulta presente nella Biblioteca Alessandrina, interdisciplinarmente e a più livelli: schedari, sale di consultazione, fondi librari, riviste, carte d’archivio, ecc.; e si tratterà di individuarlo esemplificativamente nei Fondi delle Biblioteche delle Facoltà di 292 Appendice I Giurisprudenza, di Lettere e Filosofia, di Scienze politiche; nel Fondo della Biblioteca dell’Istituto Nazionale di Coltura Fascista; nei Fondi delle Biblioteche Giulio Canalini, Giuseppe Chiovanda, Francesco Ratti; nelle Carte Cerreti, Nannarelli, Renazzi, ecc.; nelle Collezioni Carducciana, Ciceroniana, Deleddiana, Felibri, Leopardiana; nel Deposito Bonfante; nei Fondi Alessandrino, Antico, Capilupi, Ternari, Chili, De Ruggiero, De Stefani, Ferri, Ferrini, Schupfer, Guerra, ecc. ecc. Documenti significativi potranno ulteriormente trovarsi nei cento manifesti cinematografici (e nelle pubblicazioni attinenti), nelle Miscellanee Buonaiuti, De Lollis, Pais, negli opuscoli relativi ai Processi di canonizzazione, nella Raccolta Pietro Carducci; e, ovviamente, nella Sezione periodici e nelle Tesi di laurea. In particolare, poi, lo stesso tema “Carte di famiglia”, è rintracciabile sotto la voce Famiglia (e altre voci circonvicine), nello schedario tematico; nei dizionari, nei repertori disciplinari e nelle enciclopedie; nello schedario dei periodici; nei singoli Fondi, nelle dotazioni di libri d’arte, nell’opera di singoli autori, nei classici (della filosofia, pedagogia, storiografia, letteratura, ecc.). Di più, se fosse possibile, l’argomento “Carte di famiglia” potrebbe essere rilevato sul piano dell’utenza della Biblioteca Alessandrina e delle altre istituzioni pubbliche coinvolte nel progetto… [Se d’accordo, poi, una volta accertata la disponibilità dei partner lombardi (purché “ammissibili” ai sensi del bando Cariplo), occorre illustrarne la fisionomia giuridico‐
istitusionale e funzionale, in rapporto alla Biblioteca Alessandrina ed ai fini del progetto. Spiegare quindi lo specifico interesse dei partner a condividerne gli intenti, tenuto conto, da un lato, delle linee‐guida del bando Cariplo e, da un altro lato, di quanto sottolineato da Siciliani de Cumis nella lettera di richiesta di contributo del 19 maggio 2007, che apre il su citato Dossier. Eventualmente altro, ma controllando sempre i criteri relativi ai “Progetti ammissibili” e ai “Progetti inammissibili”, elencati nell’ultima parte bando Cariplo]. Alcune delle ragioni del progetto 1. C’è da considerare, anzitutto, che la Biblioteca Alessandrina (Ministero per i Beni Culturali e Ambientali) nasce storicamente come biblioteca universitaria, organica all’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma e alle sue specifiche attività didattiche e scientifiche. Di modo che, con le sue proprie dotazioni di libri e giornali, l’Alessandrina è risultata essere sempre organica alla “Città universitaria” e alle sue particolari funzioni di studio e di insegnamento‐apprendimento. Organica, in particolare, alla vecchia Facoltà di Lettere e Filosofia; e, dunque, alla nuova Facoltà di Filosofia (anche e soprattutto per le linee di politica culturale perseguite con determinazione e lungimiranza dal suo primo Preside, Marco Maria Olivetti). Non a caso, quindi, ancora di recente la Biblioteca Alessandrina è stata ‐ tra l’altro ‐ tra le principali istituzioni culturali che, con le sue dotazioni e collaborazioni, hanno reso possibile la riuscita dei Convegni e della Mostra per il centenario della morte di Antonio Labriola, coincidente con i settecento anni della “Sapienza” (cfr. quindi, il catalogo Antonio Labriola e la sua Università. Mostra documentaria per i settecento anni della “Sapienza” (1303‐2003), in occasione dei cento anni della morte di Labriola (1904‐2004), a cura di N. Siciliani de Cumis, Roma, Aracne, 2005; e, ora, il volume di recensioni Antonio Labriola e “La Sapienza”. Testi, contesti, pretesti 2005‐2006, a cura di N. Siciliani de Cumis, con la collaborazione di A. Sanzo e D. Scalzo, Roma, Nuova Cultura, 2007). Appendice I 293
Tuttavia, anche in precedenza, la stessa Biblioteca Alessandrina si è travata a collaborare variamente ad eventi di divulgazione scientifica e di natura didattica con lo stesso soggetto istituzionale proponente il progetto dell’“Archivio‐Laboratorio” (cfr. infatti, a metà degli anni Ottanta, la specifica collaborazione per il convegno e per la mostra, su Filosofi Università Regime. La Scuola di Filosofia di Roma negli anni Trenta, mostra storico‐
documentaria a cura di T. Gragory, M. Fattori, N. Siciliani de Cumis, Roma, Istituto di Filosofia della Sapienza, Istituto italiano per gli studi filosofici, 1987). Ma del peculiare contributo della Biblioteca Alessandrina (e già di quella antica, presso l’attuale Archivio di Stato di Roma, S. Ivo alla Sapienza, C.so Rinascimento) alle attività scientifiche e didattico‐divulgative della Cattedra pedagogica dell’Università di Roma “La Sapienza” nella sua storia, dal 1874 ad oggi, fanno fede anzitutto, da un lato, le specifiche dotazioni librarie, emerografiche ed archivistiche dell’istituzione tradizionalmente funzionale all’Ateneo romano; e, da un altro lato, le tematiche universitarie al centro di ricerche, pubblicazioni, tesi di laurea, consulenze, ecc. dei diversi titolari della Cattedra pedagogica e della Scuola di Pedagogia romane: da Antonio Labriola a Luigi Credaro, da Aldo Visalberghi e Maria Corda Costa a Giacomo Cives, fino agli attuali docenti di materie pedagogiche (cfr. quindi G. Cives, La Scuola di Pedagogia, in Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. Facoltà di Lettere e Filosofia, Le grandi Scuole della Facoltà, Roma, “La Sapienza”, 1994; e cfr. Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. Facoltà di Lettere e filosofia, Storia della Facoltà di Lettere e Filosofia de “La Sapienza”, a cura di L. Capo e M. R. Di Simone. Prefazione di E. Paratore, Roma, Viella, 2000). Sono infatti assai numerose le attività storiografiche, pedagogiche, didattiche, sociali, editoriali, le tesi di laurea e le consulenze, i convegni e le mostre, ecc., che ‐ per le caratteristiche tradizionali della Biblioteca Alessandrina (la sua prossimità e “comodità” alla Facoltà di Lettere e Filosofia, ma anche e soprattutto le sue connotazioni e funzioni istituzionali, e dunque le sue dotazioni di libri, riviste e giornali) – hanno reso i fondi librari e le raccolte di giornali dell’Alessandrina tecnicamente essenziali e oggettivamente indispensabili ai docenti e agli studenti della “Sapienza”. Di qui, allora, non solo l’interesse culturale di massima per il “bene culturale” specifico, che è al centro del progetto di attivazione dell’“Archivio‐Laboratorio”, ma anche, e piuttosto, una condivisione di intenti ed una collaborazione reciproca, al fine dell’impianto e della messa in uso del detto “Archivio‐Laboratorio”; e , dunque, per le attività sociali di divulgazione, comunicazione, servizio sociale, che costitutivamente e funzionalmente ne derivano. 2. La Biblioteca Alessandrina presenta infatti, storicamente, una forte vocazione interdisciplinare, con ricchi fondi bibliotecari delle singole Facoltà e dalla Facoltà di Lettere e Filosofia in specie: cfr., in proposito, la sia pur sommaria descrizione dei Fondi storici dell’Alessandrina, nel su citato volumetto La Biblioteca (1667‐…), alle pp. 21‐45). Ed è, questa dell’Alessandrina, una vocazione analoga a quella che connota tradizionalmente la Pedagogia romana da Labriola in giù ed ora il proposto “Archivio‐Laboratorio”, che di siffatta Pedagogia, da alcuni decenni a questa parte, è strumento essenziale. Si tratta quindi di una caratteristica tecnica, emerografica ed archivistico‐laboratoriale, e di una strumentazione filologica e procedura educativa che, per così dire, “costruiscono” la fisionomia propria e nuova della cattedra di Pedagogia generale della “Sapienza” di Roma, fin dall’origine; e che, dal principio, trova nella stampa quotidiana un elemento costitutivo, del quale si alimenta e che a sua volta alimenta. Basti pensare al Primo congresso dei professori universitari, che si tenne a Milano nel 1887; e che, non a caso, pose al centro della 294 Appendice I sua attenzione proprio la proposta di riforma universitaria dello stesso Antonio Labriola sulle “lauree in filosofia”. Di qui il dibattito giornalistico che ne derivò e dei cui documenti giornalistici e in rivista e in volume la Biblioteca Alessandrina è privilegiata depositaria (cfr. ora N. Siciliani de Cumis, Filosofia e Università. Da Labriola a Vailati 1882‐1902. Prefazione di E. Garin, Torino, Utet‐Libreria, 2005). La modalità storiografico‐educativo‐emerografica è stata del resto anche variamente teorizzata e praticata già da Labriola (per es. a proposito dell’insegnamento e dell’apprendimento della storia) e da tutti i titolari della Cattedra pedagogica romana (vedi quindi la Parte seconda del citato e allegato Dossier a cura di Siciliani de Cumis). In questo senso, le cospicue raccolte di ritagli di giornale che hanno alimentato e continuano ad alimentare il proposto “Archivio‐Laboratorio”, e a cui si vorrebbe collaborare con un convergente, autonomo progetto, risultano specialmente idonee a rapportarsi con le peculiari dotazioni della Biblioteca Alessandrina. Basti citare al riguardo le diverse centinaia (alcune migliaia) di articoli di giornale raccolte sul tema della Pedagogia e Filosofia nell’Università di Roma “La Sapienza”, dal 1874 ad oggi concernenti i docenti e gli studenti, le discipline insegnate‐apprese e le attività didattiche e di ricerca, l’editoria, la convegnistica, gli autori, le loro fonti e la loro ricezione, le “Cattedre” (disciplinari e interdisciplinari) sulle “terze pagine” e sui “paginoni culturali” dei quotidiani, ecc. Inoltre, le suddette raccolte emorografiche si rapportano con i libri della Biblioteca Alessandrina, soprattutto con quelli del Fondo antico su “Roma”, con i libri d’arte, con i manoscritti che accompagnano la storia interna della Biblioteca e, in particolare, con la importante dotazione di quotidiani romani dell’Ottocento e del Novecento. Quotidiani che, non a caso, sono alla base della preparazione di numerosissime pubblicazioni dei pedagogisti romani (vedi quindi le bibliografie di Labriola, Credaro, Visalberghi, Corda Costa, ecc. e l’allegato curriculum di Siciliani de Cumis). E, a tal proposito, andrebbe spiegato il fatto che la Biblioteca Alessandrina dispone di libri, riviste e giornali essenziali (talvolta in copia unica ovvero con scritte autografe, dediche, marginalia, ecc.), interessanti sia la genesi del pensiero di Antonio Labriola e delle le principali tematiche filosofiche, pedagogiche, politiche di suo interesse, e la loro “fortuna” nel tempi; sia il sapere pedagogico successivo, prolungatesi diacronicamente nell’opera dei successori di Labriola e, dunque, lungo l’arco degli ultimi 35 anni nell’“Archivio‐
Laboratorio”. Basti pensare, in tal senso, alla quantità di dossier giornalistici disponibili (alcune migliaia di articoli) in tema di Storia e Insegnamento della storia: cfr., a questo riguardo, la bibliografia di N. Siciliani de Cumis (nel citato Dossier ) e ora il volume di M. Belfiore, Antonio Labriola, “La Sapienza”, l’immagine del tempo, con il testo integrale di Giuseppe Langl e Antonio Labriola I principali monumenti architettonici di tutte le civiltà antiche e moderne, Roma, Nuova Cultura, 2007). D’altra parte, la Biblioteca Alessandrina è dotata di una notevole quantità di opuscoli e riviste e di ricchi e preziosi fondi emerografici, di importanti periodici e di dotazioni librarie altrettanto uniche, relativamente al Ventennio fascista: anch’esse, storicamente complementari alle raccolte archivistiche a base emerografica dell’“Archivio‐Laboratorio”, proposto da Siciliani de Cumis. Così, per esempio, in tema di… [Indicazioni da concordare, attingendo, per un verso, ai titoli dei Fondi librari, emerografici ed archivistici della Biblioteca Alessandrina; per un altro verso, agli elenchi di dossier di articoli di giornali variamente elencati nel comprensivo, citato Dossier, a cura di N. Siciliani de Cumis, in allegato ai presenti Appunti. Appendice I 295
E si deve aggiungere che la attuale proposta di progetto potrebbe contestualmente contare (precisandone alcune circostanze e condizioni concernenti altri soggetti pubblici e privati, già variamente coinvolti): ‐ sulle Carte Labriola dell’Università degli Studi “La Sapienza” in corso di unificazione, digitalizzazione e stampa, da parte dello stesso Siciliani de Cumis. Assieme alle Carte Labriola dell’Archivio Centrale dello Stato, dell’Archivio di Stato di Roma, della Fondazione Istituto Gramsci, dell’Archivio Siciliani de Cumis, ecc., si considerino pertanto, a tal proposito, le Cronache del “Laboratorio Labriola” nel menzionato Dossier a cura di Siciliani de Cumis. Ma si valutino quindi, come un ulteriore, significativo luogo d’“appoggio”, le opere a stampa di Luigi Credaro (pedagogista e politico), conservate nell’Alessandrina: e già a partire dalle Dispense (manoscritti in anastatica) dal titolo Appunti di pedagogia – Regia Università di Roma 1909‐1919; e dalla raccolta, lacunosa da completare, di molte annate della Rivista Pedagogica (fondata e diretta da Credaro per circa tre decenni). ‐ sulle Carte di Famiglia (delle famiglie Siciliani, Siciliani de Cumis, Colosimo), variamente importanti, perché comprendono: a) manoscritti inediti e/o pressoché sconosciuti di importanti autori (Giovanni Pascoli, Gabriele D’Annunzio, Guido Gozzano, Umberto Boccioni, Miguel De Unamuno, Luigi Siciliani, Domenico Siciliani, Margherita Sarfatti, Benito Mussolini, ecc. ecc.) b) documenti manoscritti, dattiloscritti e a stampa, di notevole rilevanza storica e sociale, in tema di amministrazione pubblica (comune, provincia, colonia‐Cirenaica) e privata (aziende agricole, industrie, famiglie); in tema di “questione meridionale”; Prima Guerra Mondiale; Secondo Dopoguerra, ecc. c) lettere (a Nicola Siciliani de Cumis) di Eugenio Garin, Ugo Spirito, Franco Lombardi, Norberto Bobbio, Italo Calvino, Augusto Guerra, ecc. ‐ sulle Carte Visalberghi: quelle dello Studio di Aldo Visalberghi a Villa Mirafiori (stanza Siciliani de Cumis) e quelle altre recentemente acquisite dalla “Sapienza”, per desiderio dello stesso Visalberghi e della famiglia]. ‐ sulle Carte Siciliani de Cumis: quelle dello Studio del docente (da venticinque anni nell’Università di Roma “La Sapienza”), a Villa Mirafiori; e quelle altre, qualitativamente e quantitativamente assai rilevanti, conservate pro tempore privatamente. d) circa cinquecento tesi di laurea di materie pedagogiche (di diverso tipo e, relativamente agli ultimi quaranta anni, distinte in periodi), aventi come relatori e correlatori soprattutto Aldo Visalberghi, Maria Corda Costa, Mario Alighiero Manacorda, Giacomo Cives, Nicola Siciliani de Cumis, Tullio De Mauro, Nicolao Merker, Emilio Garroni, Francesco Valentini, Lia Formigari, Paolo Casini, Guido Aristarco, Giovanni Spagnoletti, Luigi Petrobelli, Raoul Meloncelli, Giorgio Patrizi, Elena Picchi Piazza, Luigi Maria Musati, Armando Unisci, Marta Fattori, Maria Serena Veggetti, Marco Maria Olivetti, Francesco Adorno, Bruno M. Bellerate, Marco Borioni, Giuseppe Boncori, Pietro Lucisano, Lucio Pagnoncelli, Furio Pesci, Giuseppe Spadafora, Massimo Prampolini, Antonio Faeti, Elio Pagliarani, Guido Benvenuto, Anna 296 Appendice I Salerni, Giorgio Asquini, Giuseppe Fioravamti, Elena Gagliasso, Giuseppe Monsagrati, Natalie Malinin, Pietro Montani, Rosella Frasca, Maria Muccillo, Sandro Portelli, Vera Marzi, Luciano Mariti, Iredne Kajon, Giuseppe Caldarola, Agostino Bagnato, Paola Ferretti, Luciano Albanese, Lucia Ciampi, Dino Bernardini, Ferdinando Cordova, Piero Bevilacqua, Mariola Boggio, Pietro Borzomati, Giorgio Cadoni, Antonio Capizzi, Amalia Margherita Cirio, Giulia Faeti, Laura Faranda, Marco Antonio D’Arcangeli, Giordana Szpunar, Maria Pia Musso, Alessandro Sanzo, Roberto Sandrucci, Tania Tomassetti, Michela Carrozzino, Tiziana Pangrazi, Anna Maria Ferri, Silvana Cirillo, Maria Grazia Jodice Di Martino, Orio Caldiron, Mario Praier, Mario Reale, Carlo Serra Borneto, Alberto Sobrero, Paola Trabalzini, Ignazio Volpicelli, Fiorenza Taricone, Chiara Valentini, Emidio Spinelli, Patrizia Sposetti, Paolo Vinci, ecc. Tesi di laurea, in larga parte pubblicate in collane accademiche, in rivista, in volumi miscellanei, on line, ecc. (e spesso vincitrici di premi di rilievo nazionale, talvolta internazionale); e che – ai fini del ragionamento che qui interessa, in rapporto alla Biblioteca Alessandrina – fanno supporre uno sviluppo, per l’appunto nel senso di una possibile integrazione della collezione descritta nel cit. volumetto, La Biblioteca (1667‐....), a p. 45. 3. Di qui la triplice opportunità della Biblioteca Alessandrina: a) Da un lato, l’opportunità di partecipare direttamente e tecnicamente, fin dal principio, alla costituzione e messa in funzione dell’“Archivio‐Laboratorio” progettato da Siciliani de Cumis e per il quale si chiede il contributo della Fondazione Cariplo, ai fini di un funzionale coordinamento, tra cronaca e storia, di testi presenti nella Biblioteca Alessandrina e di documenti dell’“Archivio‐Laboratorio”… Per es.: la scuola e l’università, la ricerca e la didattica, gli insegnanti e gli studenti, i libri di testo e i classici, ecc. nell’Ottocento, durante il Fascismo e negli ultimi quarant’anni fino ai nostri giorni. Oppure: filosofi e filosofie, scienza e scienze, artisti e scrittori, cultura e intercultura, pace e guerra, Nord e Sud dell’Italia e del mondo, questione meridionale, questione femminile. O, ancora: bambini, scritture e disegni d’infanzia, Pinocchio, fiabe e favole, creatività, pubblicità, comunicazione, giornale, giornale in classe, ecc. ecc. (vedi gli elenchi pressoché completi nel più volte citato Dossier‐Siciliani de Cumis). b) Da un altro lato, si vede l’opportunità della medesima Biblioteca Alessandrina di collaborare, dall’interno dei propri compiti istituzionali, all’esecuzione del progetto archivistico‐laboratoriale d’insieme. E, dunque, alla positiva risoluzione di tutti quei problemi di natura documentativa, educativa, formativa e sociale, che evidentemente si connettono ai previsti interventi di selezione, acquisizione, riordinamento, conservazione, digitalizzazione di testi, esposizione didattica, promozione di competenze, messa in rete di documenti e di banca dati, fruizione estetica e multimediale, divulgazione scientifica, promozione editoriale, pubblicizzazione, ecc., che si rendessero necessari per la specifica salvaguardia dei beni culturali coinvolti e, dunque, per la valorizzazione delle testate giornalistiche romane della seconda metà dell’Ottocento e degli anni Venti‐Trenta del Novecento, possedute dall’Alessandrina, e variamente collegabili a nuclei emerografici costitutivi dell’“Archivio‐Laboratorio”. c) Per cui si aggiunge l’opportunità, in terzo luogo ‐ una volta avviato tecnicamente e reso stabilmente funzionante l’“Archivio‐Laboratorio”,di proseguirne il lavoro di selezione, acquisizione, integrazione, aggiornamento, riordino, divulgazione scientifica, mostra Appendice I 297
didattica, messa in rete, fruizione sociale ampia, interattività formativa, ecc., delle buste e dei fascicoli di documenti emerografici, sulla base dei nuovi, selezionati documenti forniti giorno per giorno dai giornali. Da tenere specialmente presente: ‐ Ricaduta sociale, diretta e/o indiretta dell’“Archivio Laboratorio”; ‐ contratti di lavoro di varo tipo e borse di studio; ‐ formazione, qualificazione di competenze di giovani quadri intellettuali; ‐ rapporti con Atenei, Facoltà, Dipartimenti e Corsi di laurea; ‐ “Archivio‐Laboratorio” come bottega artigiana, officina, gestione e genesi di competenze; ‐ processi formativi ed editoriali di vario tipo; ‐ il circolo “virtuoso” (infinito): dal libro al giornale; dal giornale al libro; al giornale… al libro… al giornale… al libro… e così via. ‐ Trasparenza, pubblicità, pubblicabilità dei risultati dell’“Archivio‐ Laboratorio” e delle sue progressive attività; ‐ Temi e problemi della divulgazione scientifica e della comunicazione; ‐ Dimensioni della multimedialità; ‐ Il teatro, in particolare; ‐ Mostra, mostre e mostra delle mostre]. [Costi del progetto: da determinare, una volta precisati i termini del progetto condiviso e le risorse e sinergie dei partner]. Appendice II∗ ∗
La seguente Appendice è costituita dalla tesi di laurea della studentessa L. SILVESTRI, Antonio Labriola e il Materialismo storico, Facoltà di Filosofia della R. Università degli studi di Roma, Relatore prof. Giorgio Radetti, A. a. 1942‐1943. Il testo, seppur privo di un peso significativo negli studi labrioliani, presenta tuttavia un importante valore storico, in quanto espressione del particolare punto di vista dell’epoca, nei confronti della visione culturale, filosofica e politica di Antonio Labriola. Si è quindi scelto, trascrivendo il volume, di non correggerne errori ed imprecisioni, cercando al contempo di conservarne l’impostazione grafica. Il documento originale, riprodotto tramite PDF, è comunque inserito nel DVD allegato alla presente tesi di laurea. R. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA FACOLTÀ DI FILOSOFIA TESI DI LAUREA Candidata Relatore Silvestri Liana (Matr. n° 8285) Prof. Radetti Giorgio Anno Accademico 1942‐43‐XXI ANTONIO LABRIOLA E IL MATERIALISMO STORICO INTRODUZIONE Un attento esame dei lavori sul Labriola, scelti fra quelli che abbiano un carattere organico, sopratutto per la difficoltà di consultare le tante recenzioni frammentarie, fa vedere che se il Labriola è stato studiato, non si è tuttavia cercato di determinare abbastanza la sua posizione rispetto al Materialismo storico. Quale la sua posizione di fronte al Marx? L’originalità del suo pensiero e la sua ragion d’essere rispetto ai successivi sviluppi del Materialismo storico, non mi pare sia stata, per certi riguardi, fino ad ora criticamente valutata. Lo scritto del Croce “Antonio Labriola” più che una monografia critica del pensiero del Labriola è il commosso e il riconoscente omaggio al Maestro. Nell’altro scritto “Materialismo storico ed economia marxista” il Croce prende a base della sua critica i lavori del Labriola sul Materialismo storico, che egli giudica la più ampia e profonda critica del Materialismo stesso. Il Corce si rifà alla giusta interpretazione e traduzione che il Labriola fa della T del Marx, per correggere i “burleschi”, anzi “maccheronici” rifacimenti che del pensiero di Marx fece il Loria. In tutto il saggio del Croce si può notare un parallelismo fra le contraffazioni che del Marxismo molti hanno fatto e la giusta interpretazione di esso data dal Labriola, “il più autorevole dei marxisti italiani, che più mette in luce i motivi vivi del Materialismo storico. Il Croce vede sopratutto nel Labriola la tendenza immanentistica, storicistica, che lo porta al di là del Materialismo storico. La monografia del Dal Pane è certamente un lavoro interessante soprattutto perché l’autore, che ha avuto l’agio di consultare in casa Labriola documenti e scritti inediti, offre agli studiosi abbondante materiale per uno studio del pensiero del Labriola; ma il criterio prevalentemente espositivo dell’opera, sebbene corredata da buone osservazioni, lascia forse a desiderare qualcosa nel senso critico e valutativo. Il Dal pane ci presenta non soltanto il Labriola della cattedra e quello della conversazione privata, ma soprattutto il Labriola propugnatore del socialismo scientifico e storico, sebbene in lui non fossero strettamente congiunte, come nel Marx, queste due forme di sociallismo. La pubblicazione del Diambrini‐Palazzi pur essendo un pregevole lavoro, è piuttosto schematico e poco conclusivo. In questo scritto possiamo seguire il Labriola mentre avanza nella conoscenza dall’herbartismo al marxismo, guidato ed armato dalla certezza che nella nostra natura tutto è relativo e condizionato. È un Labriola conscio delle difficoltà del compito filosofico, amante cultore della scienza, chiaro ed appassionato interprete del marxismo, nelle sue forze antagoniste immanenti a questo. Nel libro del Bruzzo si accentuano nel Labriola gli elementi storicistici per cui supera l’ortodossia del Materialismo storico, però si mette in luce anche il residuo dualistico tra economia e storia; dualismo che al Bruzzo sembra superato dallo storicismo del Croce. Alla precisazione della posizione del Labriola di fronte al Materialismo storico voglio che si orienti il mio lavoro. Pertanto intendo occuparmi della seconda parte del pensiero del Labriola e cioè in relazione agli scritti sul Materialismo storico, sorvolando la prima fase, che, se è indispensabile conoscere perché attraverso i precedenti influssi sfociò il pensiero del Labriola nel Materialismo storico, è però ozioso soffermarvicisi sia perché altri esaurientemente già l’hanno trattata, sia perché altro è lo scopo del mio lavoro. I L’UOMO E I PRIMI INDIRIZZI Antonio Labriola nacque nel 1843. Giovanetto, a Napoli, fu discepolo di Beltrando Spaventa del quale subì l’influsso dell’hegelismo, all’ora in fiore a Napoli. Di questo periodo è l’opuscolo contro Zeller, che iniziava in Germania il ritorno a Kant. Era il tempo in cui in Germania si agitava la reazione contro gli abusi della metafisica e lo Zeller proponeva di ritornare sul problema della conoscenza rifacendosi a Kant. Il Labriola dimostra che la teoretica delle conoscenza dello Zeller e una disciplina puramente empirica, una descrittiva psicologica, grazie alla quale e alla logica formale, si potranno risolvere problemi particolari, ma che non è capace di fondare un sistema filosofico, e contrappone a tale empirismo “il processo spontaneo della coscienza che attraversa tutti i suoi gradi dall’immediata certezza sensibile fino al sapere assoluto, sviluppando insieme il contenuto (l’oggetto) e la forma (il soggetto che si determina diversamente) della conoscenza per risolvere quello in assoluta idealità e questo in conoscere per concetti ed ambedue in pensiero reale”1. “………Noi non faremmo mai la scienza se guardassimo da lungi questo ideale, se non sentissimo di averlo in noi. Così il vero bene, il bene assoluto è un ideale, è qualcosa che ha da essere sempre, non vi è ora, non vi è stato una volta; ma noi non faremmo né vorremmo il bene senza la presenza di quell’ideale in noi, senza la convinzione di doverlo possedere...”2 Questo opuscolo è la prima prova di quell’acume filosofico che egli ebbe acutissimo. Il Labriola si orientò poi verso altre tendenze che rimasero in lui fondamentali. Non convengo con il Diambrini‐Palazzi di dover tenere poco conto del periodo hegeliano del Labriola. Certo il Labriola non subì profondamente la filosofia di Hegel come la subì invece il Marx, che per tanti riguardi fu fedele ad Hegel per tutta la sua vita, anche quando sembrò essersene distaccato. Nel 1869 in occasione di un concorso il Labriola scrisse lo studio si “La dottrina di Socrate secondo R, Platone e Aristotele” che, nonostante la giovane età in cui fu scritto, rimane la più organica e completa delle opere del Labriola. La perfetta tra la vita e il pensiero di Socrate è messa nella dovuta luce con equilibrato senso critico. Egli ritiene a differenza di molti altri critici, che il Socrate fattoci conoscere nei “Memorabili” sia più vicino al reale, più storico di quello platonico. Il filosofo ateniese non è per il Labriola né un rivoluzionario né un ozioso né un astratto concettualista, né un moralista popolare come è stato ritenuto da alcuni critici della filosofia. È l’uomo cha sa volere e far valere il giusto, che compie il dovere di onesto cittadino, che cerca in tutto la perfetta armonia tra l’attività pratica e i dettami della sua coscienza. Dalla originale personalità di Socrate derivano quindi tutti i suoi principi dottrinali; la sua filosofia è un bisogno che diventa e si fa dottrina. Nello spirito dei concetti esposti il Labriola passa ad esaminare il problema della scienza, l’intellettualismo etico e l’eudemonismo. In quest’opera si sente già l’influenza degli studi herbartiani e della psicologia dei popoli del Lazerus. Il Labriola vuole mostrare “che la dottrina di Socrate scaturisce naturalmente dalle condizioni personali dell’autore e rimane a quelle così strettamente congiunta da coincidere completamente con le grandi esigenze che l’avevano prodotta. Ne derivò quindi più che uno studio filosofico un’indagine psicologica che per la profondità di giudizio meritò che ‐ in “Contro il ritorno di Kant propugnato da E. Zeller (in “Scritti vari” pag. 3‐33) ‐ in “Contro il ritorno di Kant propugnato da E. Zeller (in “Scritti vari” pag. 3‐33) 1
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308 Appendice II Benedetto Croce così ne scrivesse: “Rimane assai notevole per l’acume e l’equilibrio del giudizio e per l’acuto senso storico”3. Nel 1871 per la libero docenza in filosofia a Napoli il Labriola sostenne la dissertazione: “Se l’idea sia il fondamento della Storia”. Argomento d’ispirazione hegeliana. In una nota del 1877 il Labriola a riguardo di detta dissertazione dice di negare la tesi, e, se così fosse, risulterebbe che sin da allora egli aveva abbandonato l’indirizzo hegeliano. Invece al Dal Pane in base ad altri appunti risulta che il Labriola ha in un certo senso aderito alla tesi hegeliana. Non si comprende quale motivo avrebbe avuto il Labriola di dire il contrario di quanto pensasse. Riteniamo quindi possibile che gli appunti trovati da Dal Pane non siano quelli definitivi. In questi ultimi il Labriola osserva che il riconoscimento del valore ideale della storia non è il risultato del pensiero di un filosofo, né di una scuola filosofica bensì il portato naturale di tutta la cultura moderna. Esposti quindi i principi di Hegel circa la filosofia della storia passa a dire il concetto che egli si è fatto dell’idealismo come fondamento della filosofia della storia. Distingue la storia dell’umanità da quella naturale, in quanto questa è l’applicazione di una legge costante che si ripete in condizioni identiche mentre la prima è l’esposizione ascensiva di un valore la cui evidenza non si può scorgere che nella finale conclusione. Sotto questo punto il Labriola accetta come fondamentale per la filosofia della storia l’esigenza hegeliana del riconoscimento dell’unità storica e rigetta la obiezione di coloro che rimproverano ad Hegel di avere introdotto arbitrariamente il concetto dell’unità della storia. Concludendo, il Labriola da un lato aderisce al concetto teleologico di Hegel ma nel medesimo tempo ne sente l’insufficienza e lo corregge con nuove discipline pervenute dalla psicologia di Herbart. Questo nuovo apporto come correttore finirà per sopraffare l’altro elemento, sparirà quindi come anticipazione ed ogni presupposto di teleologia e la filosofia della storia diventerà un vasto campo di ricerche sperimentali in cui si potrà pur costruire ma non a priori. Quest’ultima adesione del Labriola all’hegelismo troverà il suo elemento dissolvente nella filosofia del Vico a cui il Labriola in questo periodo si accostò. In pari tempo avveniva da parte del Labriola l’avvicinamento ad Herbart, che determinò il carattere fondamentale di ogni sua posteriore ricerca. Si dedica a studi psicologici che lo allontanano in un primo momento da ogni interesse per la filosofia della storia. Ma questo allontanamento ai problemi della storia è solo apparente perché nel Labriola si va maturando la tendenza ad una concezione psicologico‐empirica della realtà, che troverà una più consona rispondenza in quella corrente dell’herbartismo che tentava instaurare una storia della civiltà su basi psicologiche sociali in opposizione all’antico indirizzo metafisico, e precisamente nella psicologia dei popoli di Steindhal e di Lazarus verso cui si orientò e a cui in ultimo si orientò completamente. A questo stadio del pensiero del Labriola ci richiama il libro della “Libertà morale”. La posizione del pensiero che il Labriola prende rispetto alla Dottrina della Volontà, basandosi sulla dottrina herbartiana, è destinata a rimanere in mezzo a tutti gli ondeggiamenti del pensiero posteriore. Egli prende posizione tanto contro gli indeterministi che sostengono il principio della scelta indifferente, tanto contro i deterministi che vorrebbero trasportare nel fatto psichico della volontà la legge di casualità naturale. Il Labriola non si dimostra meno ostile ai secondi 3 ‐ Croce – “La letteratura della Nuova Italia” Vol. IV – pag. 293 Appendice II 309
che ai primi ed avverte che nell’uomo vi è quel fatto nuovo che si chiama “la coscienza” nella quale vi è una molteplicità di stati che si intrecciano, si fondono, si distinguono dando luogo ad una complessa scala di possibilità relativamente all’azione. Quando più tardi il Labriola nello studio dei progetti storici introdurrà l’idea dell’epigenesi per spiegare la differenza dei fatti storici umani dai fatti naturali, essa si presterà come un fatto analogico a quello che accade nel campo della psicologia. Una nota destinata a rimanere è l’importanza dell’influenza dello Stato sull’uomo. Il Labriola accarezza una specie di ideale etico dello stato. Circa la religione egli così si esprime: “La religione non ha fondamento, se essa in luogo di acuire il sentimento morale e di sviluppare la forza reale del carattere, trasporta in un mondo di là l’ideale della perfezione e trasforma l’impotenza dell’individuo, rispetto all’ideale stesso, in una mistica genesi del peccato. Perché la forza vera della religione non può consistere che in questo: che essa cioè, presenti nell’idea della divina perfezione e nella rappresentazione dell’ideale figura del Salvatore, nell’immagine, cioè a dire di un volere assolutamente perfetto, uno stimolo reale dell’umana impotenza”4 A identico concetto sono ispirate le conclusioni dell’altro scritto “Morale e Religione”, che fu argomento di discussione nell’esame per il concorso all’Università di Roma. L’ideale dello stato etico si andrà dissipando in gran parte per una considerazione pessimistica dello stato liberale del suo tempo da cui trarrà l’impulso per abbracciare il programma socialista. In‐tanto il Labriola precisava sempre più la sua nuova via, quella cioè studi storici e sociologici sussidiati da altre discipline quali il diritto, la statistica, l’economia, la psicologia. Veniva prendendo forza e sviluppo in lui il concetto che l’uomo è un essere sociale e che la società con le sue azioni e reazioni fornisce all’individuo una personalità sociale: l’individuo isolato e astratto è pura finzione. Intanto nel Labriola sempre più è manifesta l’influenza herbartiana. In una nota della prelezione al corso della filosofia della storia del 1887 così dice: “Per quanto io abbia per molti rispetti cambiato nel mio modo di concepire e d’insegnare da che professor etica e pedagogia in questa Università, tengo però sempre fermo nell’indirizzo herbartiano di considerare la metafisica, non come veduta del mondo per totalità ma come critica e correzione dei concetti che sono necessari per pensare l’esperienza”. Non si tocca ancora il materialismo storico ma si scorgono già i concetti che dovranno aprirne la via. L’obiettività è il risultato del supremo sforzo che la mente fa per adeguarsi alla realtà e vincere le apparenze della veduta empirica. Nello sviluppo della loro storia gli uomini sono condizionati dagli Stati preesistenti e dall’ambiente in cui la loro attività si svolge. Però questo condizionamento non deve indurre nell’errore che si di un determinismo analogo a quello della vita animale. Occorre nella storia introdurre il concetto dell’epigenesi. Dalla storia umana bisogna respingere tutte le ingerenze delle generalizzazioni scientifiche della scienza positiva, come la teoria evoluzionista, giacché il fatto umano ha una complessità ed una originalità per la quale non è in nessun modo riducibile alle leggi del mondo naturale ed animale. A spiegazione del fatto dell’epigenesi si potrebbe supporre il principio di una coscienza e di uno spirito collettivo, ma il Labriola respinge tali principi che gli sembrano di là dall’esperienza e insiste sul motivo dell’influenza dell’ambiente sociale. In mezzo al fluttuare dei fatti umani si formano dei “nuclei di attività” e non casualmente ma “per una sorta di 4 ‒ in “Della libertà morale”. ‒ pag. 165 ‒
310 Appendice II tramutamento nell’azione propria dello spirito, una vera e propria epigenesi di natura peculiare”5, che dà luogo ai fattori storici. Più tardi il Labriola chiamerà questa dei fattori storici una semidottrina. Nella spiegazione dei fattori storici egli giudica errore tener conto soltanto delle classi dirigenti e trascurare le masse che spesso sono le determinatrici della storia. Si scorge chiaramente come il Labriola muova verso una concezione realistica che pur ancora lontana dal materialismo storico, in ogni modo si dispone ad accoglierla. In un corso all’Università nel 1887 (Dal Pane pag. 188) il Labriola osserva come i vari lati della vita non sono tutti deducibili dal semplice dato economico e, nel medesimo, parlando dei fattori della storia affermava che si deve tener conto di tutti e non dava la preferenza a nessuno. Il Labriola non ancora aderisce la socialismo ma il suo pensiero rivolto alla politica sociale ci si avvia. Il Labriola in fatti tratta il socialismo come un problema storico germogliato dal liberalismo. Fino al 1889 è nell’orbita del radicalismo. Il Labriola entrò nella politica come radicale nel 1887. Vi prese parte attivamente sostenendo un ideale che risultò utopistico e cioè la costituzione di un partito democratico che promuovesse un governo pronto a fare riforme, che egli giudicava necessarie per l’Italia. Egli era in teoria socialista e in pratica radicale. Ma con l’opuscolo “Proletariato e Socialisti” del 1890 egli si trovò ad essere socialista specialmente per la sua delusione nella fede dello Stato etico. Egli diventò socialista per ragioni affettive ed ideali, mentre la sua concezione storica procedeva per proprio conto cercando i motivi di svolgimento dal suo stesso seno. Come filosofo il Labriola fu un solitario. Egli ebbe la rara dote di elevarsi e di girarsi con sicurezza nel mondo del puro concetto. Di fronte ai pregi del suo ingegno sta una caratteristica che può apparire una deficienza, cioè la sua incapacità di una veduta T. Il Torre comincia il suo scritto su di lui così: “La ribellione ad ogni dogma fu la nota predominante in Antonio Labriola”. Forse questa incapacità alla sistematica conseguì dalla sua invincibile riluttanza allo scrivere ed infatti i suoi scritti furono quasi sempre occasionali. Scrive al Sorel: “Scelgo la forma delle lettere perché solo in questa un procedere interrotto, spezzato, e a volte saltuario, che ritragga quasi quasi la conversazione, non pare improprio e incongruo”. E così il Croce: “Conoscevo per averli osservati di lunga mano gli intralci e gli ostacoli che il Labriola incontrava, quando dal brioso conversare e dall’incisivo tratteggiare i pensieri nelle lezioni, si sforzava all’atto di comporre scrivendo”6. A quanto riferisce il Croce più oltre, sembra che neppure di un esteso lavoro di critica egli fosse capace: “………Egli aveva bensì un sicuro intuito del poco valore di certi uomini e particolarmente delle loro insincerità, ma non la pazienza e la capacità di esaminare parte a parte le loro scritture e ritrovarne il bandolo logico e giudicarle e definirle”.7 Direi che esiste quasi un’insolubile contrasto fra il Labriola scrittore e il Labriola parlatore. Il suo valore di ricercatore, di dialettico, di critico era in piena efficienza e sapeva trovare gli argomenti in modo compiuto allorché parlava ma quando doveva fare un lavoro sistematico la sua natura si ribellava. Questa incapacità della sistematica si deve riguardare come un difetto? ‒ in Scritti Vari ‒ pag. 207‐214. ‒ B. Croce ‒ “Come nacque e morì il marxismo teorico in Italia.” ‒ pagg. 270‐284. 5
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‒ B. Croce ‒ “Come nacque e morì il marxismo teorico in Italia.” ‒ pagg. 270‐284. 7
Appendice II 311
La sistematica ci offre i punti di ritrovo e direi i cardini nella vastità fluttuante del sapere ed un disciplinamento della realtà dove la mente si orienta. Ma d’altra parte la sistematica non può comprendere in sé tutti i particolari atteggiamenti e direi quasi gli sconfinamenti e le pieghe della realtà vivente, la quale nella sua inesauribile ricchezza è sempre nuova e diversa. Vi può essere chi non abbia sensibilità per la sistematica e l’ha invece per orientarsi in mezzo nella varie questioni nel vero e nel diverso che la vita continuamente offre. Così pure nell’ambito di un dato argomento, scompone questo in questioni particolari, e o tratta con sagacia di analisi che rifiorisce sempre nuova e si crea momento per momento. Avremmo in tal guisa come un termine di antitesi della sistematica che ha pure il suo valore. Questa attività della ricerca particolare, della ricerca quasi socratica, mi pare fosse il peculiare carattere dell’ingegno filosofico del Labriola e non per nulla egli insiste sempre sul metodo genetico che produce di volta in volta il sapere ed è contrario al sapere già fatto. In tal modo sul carattere del Labriola confluiscono due opposte tendenze: da un lato egli sente una certa affinità col positivismo per ciò che riguarda la natura specifica della ricerca e la delimitazione della realtà, dall’altro lato pone in atto i mezzi dell’analisi concettuale più acuta e più addentrata. Il Labriola, rinunciando ad una veduta generale, perseguiva i particolari campi della cultura portando ovunque l’abito filosofico della disciplina concettuale. “Certo dal punto di vista analitico, scrisse padre Semeria, imparammo assai più dalle lezioni un po’ scapigliate del Labriola, che alle lezioni pedanti del cattedratico di storia moderna. Invece di parlare lui, il Labriola nella scuola di pedagogia faceva lavorare noi. ……… E in quelle ore in quella funzione era perfetto; ci entusiasmava. Ci preparava alla vita e alla scuola.” Quanto sopra accennato oltre a farci comprendere in quali limiti l’hegelismo (allora in fiore a Napoli , ad opera del Vera e dello Spaventa, ma sopratutto di quest’ultimo, nel cui pensiero l’hegelismo stesso superava le strettezze della scuola hegeliana ortodossa) abbia influito sul giovane Labriola, ci farà con più giusto giudizio determinare la originalità del pensiero del Labriola stesso di fronte la materialismo storico. II CARLO MARX E IL MATERIALISMO STORICO Un gruppo di scolari dello Hegel, la cosiddetta sinistra hegeliana, dopo il 1830, attendevano, con interesse particolarmente politico, a rinnovare la filosofia di Hegel in base alle nuove esigenze politiche, sociali e culturali, che nell’Europa post napoleonica si facevano sempre più vive. Essi tendevano a tener fede coerentemente al principio dialettico, che era stata l’essenza della filosofia del Maestro, sebbene questi ai loro occhi lʹavesse in un certo punto tradito. Difatti il principio dialettico è di sua natura incessante ed Hegel aveva fermato lo sviluppo di ogni vita e pensiero politico allo Stato Prussiaano rappresentante quasi lʹespressione definitiva ed adeguate dellʹidealismo hegeliano stesso sul piano politico. Per la sinistra hegeliana era necessario che il processo dialettico non si fermasse o almeno non portasse allʹaccettazione pura e semplice della situazione che il filosofo trovava davanti a sé. — Hegel diceva che lʹuccello di Minerva esce al tramonto, volendo dire che il pensiero viene ad illustrare il fatto compiuto. — Questi suoi scolari, accettavano tale posizione, anzi la portavano fino punto dʹaffermare che il pensiero, lʹIdea, non stava alla base era piuttosto era un aspetto del processo totale della realtà. In quella stessa proposizione di Hegel: ʺtutto il razionale è reale e tutto il reale è razionaleʺ i giovani hegeliani vedevano i principi che si potevano torcere ad un risultato rivoluzionario. Infatti se tutto il razionale è reale vuoi dire che il razionale che non è effettuato deve pure effettuarsi. Si delinea così una situazione degna del più grande interesse: quei giovani volevano andare contro il Maestro e nello stesso tempo non riuscivano a distaccarsi da lui. Il segreto di ciò sta nel fatto che Hegel aveva portato nella filosofia il principio dello sviluppo, che costituiva un nuovo punto di vista considerato per sé stesso anche astraendo da quella particolare legge dialettica che lo investiva. E questo sviluppo era quello della società umana nel processo della sua storia. Quindi lʹhegelismo tendeva a diventare filosofia del progresso umano e più specificatamente del progresso sociale, e già da alcuni era intravisto come filosofia dellʹazione. Certo in Germania i giovani hegeliani trovarono, come si è detto, un ambiente ostile. Mentre infatti in Inghilterra e in Francia la borghesia era molto più progredita e le idee liberali potevano facilmente, per uno spontaneo richiamo del passato, riaffiorare e mettersi in linea di sviluppo, la Germania si trovava in uno stadio molto arretrato. Ivi era una borghesia ancora in via di formazione e molto timida, e lo Stato manteneva un carattere assoluto e conservatore, propenso più a ricondurre la Germania verso i tramontati ideali medioevali, che non verso le vie nuove del progresso liberale. Mentre la sinistra hegeliana ingaggiavano la battaglia del radicalismo politico, Strauss e Feuerbach, con la loro critica della religione, distruggevano quellʹaccordo che Hegel aveva ideato tra religione e filosofia; e così si avviava a sciogliersi la compagine del sistema, hegeliano. ʺIl dissolvimento della sinistra hegeliana avviene per una molteplicità di motivi che si riflettono nel pensiero del Marx e dello Engels. Si rivela nella sinistra hegeliana sempre più lʹaffermarsi di quella tendenza che con Feuerbach e i suoi seguaci si potrebbe chiamare dellʹhumanismus realistico o della praxis umana . Si tende a compiersi il ritorno dellʹuomo8”. ‒ R. Mondolfo ‒ Il Materialismo storico in F. Engels ‒ pag. 84. 8
314 Appendice II Da una parte Batter col suo individualismo conduce a Stirner e Bekunin, dallʹaltra attraverso la prexis umana di Feuerbach si giungerà a Marx ed Engels. Strass si era limitato a dare unʹinterpretazione delle origini del Cristianesimo, sostenendo che Gesù altro non fosse se non la personificazione dei bisogni e dei sentimenti del popolo ebraico. Ma Feuerbach sosteneva che la Religione era un fatto creato dallʹuomo stesso in nome del suo essere sensibile giacché egli proiettava fuori di sé i suoi bisogni materiali personificandoli in un essere immaginario: Dio. Il radicalismo politico si univa con la critica religiosa; ma mentre si andava disintegrando lʹidealismo hegeliano, sotto la veduta critica che lʹidea apparentemente fusa con la realtà ne fosse un fatto staccato, il principio dialettico rimaneva pur sempre conservato nella sua attualità e nel suo uso. Su questo terreno appare la figura del giovane Marx. Egli era venuto a Berlino con tendenze spirituali indefinite e volgenti al romanticismo. Senonchè, dopo un vario armeggiare di idee, avendo avuto occasione di conoscere la filosofia di Hegel, sentì uno spontaneo movimento di adesione ad essa e vi sʹimmerse quasi con la passione del neofita perchè gli pareva di trovare in quella filosofia una perfetta corrispondenza con la natura del suo spirito, e tanto se ne nutrì che non si seppe di essa spogliare mai, nemmeno quando venne a concezioni opposte a quelle di Hegel. Intanto la sinistra hegeliana veniva ad une scissione che determinò due opposti indirizzi. Una parte dei giovani hegeliani che faceva capo a Marx tendeva a fondere la filosofia con la vita ed a farne uno strumento delle lotte politiche e sociali, dirigendosi verso le masse e traducendo lʹidea nellʹazione. Lʹaltra invece che faceva capo a Bauer, andava sempre più concentrandosi in un soggettivismo che si opponeva alla realtà. Fra i giovani hegeliani i più in vista erano Marx, Ruge ed Hess. Ma solamente Marx portò questa tendenza alle sue ultime conseguenze, formulando nelle linee fondamentali quella dottrina che fu detta il Materialismo storico, che egli mise a leva di un grande movimento rivoluzionario. Lʹevoluzione del pensiero di Marx fu molto lenta e graduale. Nonostante dalla stampa di Francia e dʹInghilterra venissero continui flutti di una propaganda sociale, che mirava alla tsa e al comunismo, egli percorse la sua strada passo per passo. Ebbe dapprima occasione in qualità di pubblicista di essere testimone di conflitti dʹinteresse, e cominciò a maturarsi in lui lʹidea che il diritto fosse il riflesso delle condizioni di fatto della proprietà. Sebbene egli poi doveva muovere delle severe critiche al Feuerbach, la dottrina del critico della religione ebbe dapprima su di lui una grande influenza; ma egli mirava a trarre il di lui vago umanesimo sopra il terreno politico e sociale. Con questo indirizzo, nell’Introduzione alla Critica della Filosofia del Diritto di Hegel, dice: che la società aliena se stessa nello Stato e che bisogna distruggere le Stato, per modo che l’umanità riprenda la sua essenza alienata. Occorre, a questo proposito, notare che nel linguaggio di Marx ʺdistruggere lo Statoʺ non significa affatto distruggerlo nel senso cospiratorio ed anarchico, ma sostituire per una via di riforme allo stato attuale un organizzazione sociale capace di rispondere egualmente bisogni e alle esigenze di tutti i consociati. Tuttavia le conclusioni che traeva dalle critica di tale filosofia non sorpassavano le misure di una democrazia sociale. Qui si può anche vedere come il Marx, mentre tendeva a demolire Hegel, rimaneva hegeliano perchè quel concetto dell’ambito che si deve distruggere è un motivo dialettico. Quando Marx aderì al comunismo non lo fece in nome lʹEconomia politica; agiva piuttosto sotto l’impulso di un miscuglio di idee morali, sociali, filosofiche. Più tardi, si dedicò allo studio dell’economia politica, nella doveva trovare il fulcro della sua dottrina. In uno scritto di poco posteriore alla Critica dalla Filosofia del Diritto: ʺEconomia politica e filosofiaʺ, egli studia il diritto, la morale, lo Stato, non più nei loro rapporti con la società Appendice II 315
ma nelle relazioni con le base di questa, cioè con lʹorganizzazione economica. Si accinge a dimostrare che lʹeconomia politica dà la chiave per tutti i problemi morali, politici, sociali. Sono così poste le premesse del Materialismo storico, vista da Marx ai suoi inizi, sul piano di un miglioramento dellʹuomo. Più tardi però Marx avrà in vista le leggi intrinseche della economia in se stessa, prescindendo da qualunque considerazione di effetti spirituali. Egli conserva anche in questo ultimo stadio del suo pensiero lo spirito della filosofia hegeliana, giacché, se sostituisce allʹidea la materia, vede la materia muoversi dialetticamente. A quelli che negano la filosofia dice che non può sopprimerla senza realizzarla; a quelli che la oppongono al reale, dice che non si può realizzarla senza sopprimerla. La critica della filosofia consiste nel dare una vita reale a ciò che essa contiene in potenze, inserendola, per così dire, nella evoluzione stessa delle cose: ciò che conduce necessariamente alla sua soppressione, in quanto essa è astrazione. In piena ricerca economica il Marx conserva lʹabito dialettico. Proprietà privata, capitale e lavoro divengono per lui i termini antitetici. La dottrina di Marx, pur non avendo alcuna sistematica esposizione, si trova tuttavia nelle linee fondamentali tracciata specialmente in due documenti, ai quali sogliono far capo tutti quelli che parlano di Materialismo storico. Il primo è la prefazione del libro “Per le Critica dellʹEconomia politica” del 1859; il secondo consiste nelle tesi contro la filosofia del Feuerbach. Quella prefazione è una diretta esposizione dei principi fondamentali senza cercare una giustificazione filosofica dei principi stessi. Lʹessere fa la coscienza, non la coscienza fa lʹessere. Ciò vuol dire che la struttura economica della società, cioè le condizioni materiali della vita, determinano le forme del pensiero cioè, oltre i rapporti politici e giuridici, lʹarte, la religione e la filosofia. La struttura economica della società in certe epoche subisce delle trasformazioni. Quando le forze produttive non possono più essere contenute nell’ambito dei rapporti della produzione, nasce una rivoluzione, nella quale, col trionfo delle forze produttive, cade la soprastante struttura ideologica e unʹaltra se ne forma congrua alle nuove condizioni. Ma questo cambiamento non può essere a capriccio, bisogna che si maturino storicamente le condizioni economiche. Tutta la storia è stata storia di lotte di classi. Questo antagonismo ha raggiunto la sua ultima e più semplificata espressione nella lotta tra borghesia e proletariato, ovvero tra capitalismo e salariati. Questa è lʹultima forma di un antagonismo tra le classi sociali. Dopo di essa verrà il comunismo, cessando con esso la preistoria del genere umano. Queste idee sono proprie di Marx e gliene riconosceva la paternità Federico Engels che gli fu socio e compagno di pensiero e di azione per lunghi anni. Le novità principale è che il pensiero invece di essere l’artefice della storia come fu sempre nella storia ne è semplicemente il prodotto. Quindi non i disegni degli uomini fatti in nome della ragione ragionante regolano la storia, bensì essa obbedisce alle leggi economiche indipendenti dalla volontà degli uomini. Le leggi economiche formano un processo avente il carattere di una necessità la cui legge immanente é la dialettica. Nel tempo in cui il Marx scriveva, le forme economiche borghesi si mostravano, secondo le sue vedute, incapaci a contenere lo sviluppo delle forme produttive rappresentate dal proletariato; quindi tale dottrina serviva di fondamento al socialismo. Il socialismo perciò non era più utopico, non proponeva cioè rimedi chimerici alle piaghe sociali, ma le riponeva e le giudicava nello spontaneo processo della trasformazione sociale. 316 Appendice II Intorno a queste brevi linee di dottrina sorse una fioritura di interminabili discussioni, il cui tema più ricorrente era: se una tale teoria avesse una capacità scientifica da permettere delle previsioni sullʹavvenire e se, in termini più generali, si prestasse a diventare una filosofia sembrava come in ambito angusto che non oltrepassasse i cancelli della storia dellʹeconomia. Marx ed Engels sentirono questa isolamento e circa il 1845 a Bruxelles fecero una ricerca speciale per orientare il loro pensiero di fronte a tutta la filosofia e porgere in tal guisa alla concezione materialistica della storia il fondamento e l’appoggio di una veduta filosofica generale. Frutto di questa elucubrazione furono due grossi volumi di manoscritto che furono mandati in Vestfalia per la stampa. Varie vicende ne impedirono la pubblicazione, ma il Marx dichiarò che non gli rincresceva di aver abbandonato il manoscritto alla critica roditrice dei topi, perchè egli aveva già ottenuto il frutto di questo lavoro dentro se stesso, e il frutto era quello di essersi orientato nella filosofia generale. Questa dichiarazione ha una grande importanza, anzi una importanza maggiore dei volumi stessi, se infatti fossero stati pubblicati egli avrebbe potuto sconfessarli come frutto di un pensiero già superato, ma la sua dichiarazione prova che egli si era formato una coscienza filosofica destinata a rimanere. Ispirate a queste coscienza filosofica sono le tesi contro Feuerbach scritta a Bruxelles nel tempo in cui furono composti i due grossi volumi, e pubblicate molto più tardi dallo Engels nella prefazione ad un suo libro. Il Marx e l’Engels sono più vicini che non sembri al Feuerbach, nonostante la loro opposizione. Infatti fu lʹazione esercitata su di loro dal Feuerbach che dette per fondamentale momento del loro pensiero la concezione della praxis. Il Marx e l’Engels riprendono nel Feuerbach il difetto di non guardare alla storia come realtà concreta. ʺIl bisogno e lʹuomo restavano concetti astratti in lui perchè non erano cercati nella realtà concreta dello sviluppo storico.ʺ9 Nelle tesi suddette è svolta specialmente la teoria della praxis che serve a fondamento nella concezione materialistica della storia. Lʹidea della praxis elide lʹantitesi fra teoria e pratica e afferma lʹunità dei due termini. Tale idea viene dal Marx applicata al processo sociale, come se la società con la sua stessa opera pregrediente generasse antitesi che vengono via via superate. Dalla sopraccennata dichiarazione del Marx e dalle tesi del Feuerbach appare evidente come egli avesse preso posizione in filosofia e questa fosse ispirata al principio di conservare in seno al Materialismo storico stesso il carattere fondamentale dellʹHegelismo, cioè il processo dialettico. Il carattere scientifico del Materialismo storico gli veniva dal principio dialettico, il solo capace di formulare la marcia di un processo morfologico in mezzo al fluttuare delle vicende umane. Anche lʹEngels aderì al principio dialettico applicato ai processi sociali. Il Mondolfo nel volume ʺSulle orme di Marxʺ nel capitolo ʺLa dialettica di Engelsʺ esamina quale sia il carattere di validità della dialettica in ordine al processo storico e quale sia la differenza tra dialettica dello Hegel e questa nuova dialettica del Materialismo storico di Marx e di Engels. ʺChi volesse dare della dialettica quale fu concepita da Marx e da Engels una definizione per tutti accettabile potrebbe designarla come legge universale della realtà, tutta svolgentesi secondo il ritmo della negazione della negazione, ma questa definizione che precisa solo lʹaspetto formale e la estensione della legge, potrebbe applicarsi alla dialettica di Hegel non ‒ R. Mondolfo ‒ Il Materialismo storico di F. Engels ‒ pag. 95. 9
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meno che alla dialettica di Marx ed Engels; la quale precisamente dà luogo alle discussioni, laddove intende differenziarsi dallʹaltra e sostituirsele. Che cosa è secondo Marx ed Engels il reale cui la legge è imminente? In che consiste lʹopposizione della dialettica reale del Materialismo storico alla dialettica dellʹidea hegeliana? Qual’è la ʺvisʺ che determina il continuo processo della negazione della negazione?ʺ10 Sulla validità di una tale dialettica lʹopinione più accettabile è quella del Gentile; il quale dimostra ne ʺLa Filosofia di Marxʺ che quella dialettica è colta a posteriori e fatta valere a priori, dimodochè non ha nessuna consistenza scientifica e dove i fondatori del Materialismo storico credevano vi fosse necessità organica di sviluppo, domina invece la contingenza abbandonata alla sua variabilità. Marx parte dalla filosofia di Hegel, annulla lʹIdea e trasferisce la dialettica nella materia, allʹinfuori della volontà degli uomini. Ma da queste premesse filosofiche si origina il sofisma delle ideologie. Infatti se la volontà, cioè, il processo economico sociale si svolge per forza propria, ne derivano ineluttabilmente le due conseguenze, cioè che gli uomini possono anche non rendersene conto e che il pensiero non ha più una sua propria funzione e le forme della coscienza sono niente altro che riflessi psicologici derivati. È una teoria che annulla ogni attività originale dello spirito. Queste ideologie diventano nel concetto materialistico una qualche cosa di indefinibile, non si potrebbe realmente dire che cosa in realtà esse sono né che funzione hanno. Morto il Marx, l’Engels sviluppò la dottrina del Maestro. Notevoli le differenze di vedute che presenta lo Engels dal Marx. Il Materialismo storico dello Engels è meccanicistico. ʺLa questione ‐ egli dice ‐ è agevole a risolversi ove si riduca alla semplice forza meccanica il movimento universaleʺ11. Per l’Engels la realtà non è nella materia bensì nel processo dialettico. Diversità nei punti fondamentali del sistema: sia per quanto riguarda la concezione dellʹUniverso sia per quanto si riferisce alla stessa concezione della storia: lʹEngels introdusse il nome di ʺMaterialismo storicoʺ dove il Marx usò lʹespressione ʺconcezione realistica della storiaʺ. Queste differenze di tendenze giustamente furono qualificate dal Croce ʺsomiglianze parte di congenialità e parte di imitazione o dʹinfluenzaʺ12. Il Gentile nella ʺFilosofia di Marxʺ chiama Engels il ʺMetrodoroʺ del Marx, esprime però i suoi dubbi che lʹEngels abbia penetrato la filosofia della teoria del Maestro13. ʺIl Marx era passato alla scuola hegeliana dallʹattaccamento al Kant al Fichte (cfr. la lettera del 1837 nello Neu Zeit 1897‒ ottobre). L’Engels parlando della derivazione filosofica del comunismo critico si richiama più volte, insieme, a Kant, Fichte, Hegel (vedi ad es. nella prefazione al noto estratto dellʹAntidûhring: passaggio sociale dallʹutopia alla scienzaʺ). Ma del Kant e del Fichte non pare dimostrabile altra azione sopra l’Engels se non quella indiretta attraverso l’Hegel, da lui considerato come ʺconclusione di tutto il movimento da Kant in poiʺ. (L. Feuerbach e il punto dʹapprodo ecc. in Coll. Ciccotti ‒ fasc. 18 ‒ pag. 4). Del Kant però bisogna anche ricordare lʹazione sul concepimento storico della natura come processo di sviluppo (cfr. L. Feuerbach e lʹAntidûhring ove Kant più volte è ricordato a questo proposito)ʺ.14 10
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‒ R. Mondolfo ‒ ʺSulle orme di Marxʺ ‒ pag. ‒ F. Engels ‒ ʺL. Feurbachʺ ‒ pag. 47‐48. ‒ Croce ‒ ʺPer l’interpretazione e la critica di alcuni concetti del Materialismo storicoʺ ‒ pag. 116. ‒ Gentile ‒ ʺLa Filosofia di Marxʺ ‒ pag. 116. ‒ R. Mondolfo ‒ ʺIl Materialismo storico in F. Engelsʺ ‒ Formiggini ‒ Genova 1912 ‒ pag. 8 ‒ nota 3. 318 Appendice II Sia l’Engels che il Marx si sono formati filosoficamente alla scuola di Hegel; ma il problema filosofico fu impostato da ciascuno diversamente: mentre per Marx il fondamento del suo sistema è la conoscenza, per l’Engels è quello dèll’essere e del divenire. LʹEngels giunge al Materialismo storico sulla base della filosofia naturale, il Marx giunge alla filosofia della praxis dalla critica della conoscenza. Il Dal Pane spiega questi atteggiamenti dei due caposcuola del Materialismo storico, come inerenti al Materialismo stesso, come due espressioni di una stessa ricerca15. Il ʺCapitaleʺ di Marx, ʺLʹorigine della famiglia, della proprietà privata e dello Statoʺ di Engels, e più recentemente le lezioni del Labriola sul comunismo di fraʹ Dolcino e sulle origini della borghesia italiana, sarebbero i momenti diversi della stessa concretezza storica: il Materialismo storico. Ma come è ovvio, per noi non si tratta di ritrovare, al di là delle particolari esigenze che caratterizzano più specificamente questi singoli pensatori, il comune atteggiamento del Materialismo storico; sibbene di determinare sul terreno comune di questo Materialismo storico la peculiare personalità speculativa, nel caso nostro, del Labriola. Tanto più che spesso, nei suoi rappresentanti, il Materialismo storico è stato piuttosto un segnacolo in vessillo ed ha raccolto intorno ad alcuni presupposti di indole economico‐sociale, a certi ideali di trasformazione politica, personalità speculative della più varia formazione. ‒ L. Dal Pane ‒ ʺConcezione materialistica dello Statoʺ ‒ Cappelli ‒ Bologna 1924 ‒ pag. 42 ‐44. 15
III DIALETTICA E METODO GENETICO Fra il Marx ed il Labriola possiamo parlare d’incontro, non di fusione. Il congegno critico e la forma mentale del Labriola chiedevano di essere soddisfatti secondo la loro peculiare natura e non gli permettevano di abbracciare l’indirizzo e la dottrina di qualche filosofo se non in quanto diventavano cosa sua. È particolarmente da considerarsi il suo atteggiamento di fronte alla dialettica. Il Labriola non rifiuta la dialettica; ma, nonostante la sua formale adesione, di fatto se ne tenne sempre lontano. E questo forse per lʹinsofferenza di chiudersi in un sistema, per il carattere asistematico del suo pensiero, desideroso sempre di nuove conquiste. Forse il Labriola sentiva la profondità e il fascino della dialettica ma non aveva potuto tradurla in una propria forma e si fermava alla concezione genetica, che era più immediata e più libera16. Nellʹargomento che il Labriola trattò per ottenere la libera docenza a Napoli, nel 1871, egli disse in una parziale adesione alla filosofia della storia di Hegel, che bisognava integrare il metodo dialettico col metodo genetico; determinavano questʹultimo le molteplici esperienze che già era venuta facendo la psicologia sociale e la psicologia dei popoli. A qualche decennio di distanza, il Labriola parlava della sua difesa di Hegel come di una giovanile ingenuità. Il suo pensiero si andava sempre più scostando dalla filosofia speculativa versoi problemi storici e sociologici e in questo processo gli veniva naturalmente scemando lʹinteresse per i problemi ontologici. Il suo pensiero volgeva verso una forma di realismo. Egli sì trovava veramente in antitesi con Marx, nel cui pensiero gli elementi della formazione hegeliana rimasero fino allʹultimo anche quando furono come svalutati dallʹorientamento di esso ed ebbero unʹimportanza più che formale per tutto lo sviluppo marxistico del Materialismo storico. Il Labriola si trova di fronte alla dialettica in una posizione ambigua: non la nega, anzi lʹapprova (solo però in citazioni in cui non rimane compromesso), ma non se ne serve come strumento proprio. È chiaramente visibile una certa cautela che egli ha davanti ai processi dialettici. Sembra che abbia timore di cadere in quellʹabuso della dialettica che era stato oggetto non solo di riprovazione ma anche di dileggio17. Forse il Labriola avrebbe voluto trovare della dialettica una interpretazione ed una espressione propria, giacché nonostante la sua evoluzione intellettuale quella parola non aveva potuto a meno di lasciare in lui degli echi profondi; ma questa interpretazione e questa espressione gli mancavano. Finché Marx dice: ʺLʹessere fa la coscienzaʺ il Labriola vi aderisce senza riserve perchè qui si può prescindere dalla dialettica, ma dove entra la dialettica il Labriola si ritrae, anzi finge di ignorare ed evita perfino di entrare in argomento. Egli doveva certamente conoscere le tesi di Marx contro il Feuerbach, ma non ne fa menzione, e parlando del ʺCapitaleʺ mostra di ignorare quel ʺcivettareʺ con la terminologia hegeliana, che è una caratteristica del Marx. Così il Labriola si esprime in una lettera allo Engels, riportata dal Dal Pane (A. Labriola ‒ LaVita e il pensiero ‒ pag. 260): ʺ……Crederei che la designazione di concezione genetica riesca sempre più chiara; e certo riesce più comprensiva, perchè abbraccia così il contenuto reale delle cose che divengono, come la virtuosità logica formale 16
di intenderle per divenienti. Con la parola dialettica si rappresenta solo lʹaspetto formaleʺ. 17
Lettera citata: ʺLe parola dialettica è degradata nellʹuso comune allʹarte retorica ed avvocatesca. 320 Appendice II La stessa filosofia della ʺpraxisʺ viene da lui completamente spogliata del suo carattere speculativo ed esposta in una maniera intuitiva e plastica18. Non può sfuggire una qualche cosa che sa di proposito. Scrive al Sorel che se gli domandassero cosa è la dialettica, prenderebbe tempo su tempo e, da ultimo, messo alle strette, rimanderebbe al capitolo ʺNegazione della negazioneʺ di Engels19. Non già che il Labriola non sapesse cosa fosse la dialettica in un senso intrinseco storico, egli che era stato il discepolo dello Spaventa e a diciannove anni aveva difeso Hegel contro Zeller. Certo di fatto il Labriola usa sempre la dialettica con significato diverso di quello che ha questa parole presso Marx ed Engels. Per essi consiste nel trapasso dalla critica del pensiero soggettivo, che esamina dal di fuori le cose e immagina poterle correggere per suo conto, alla intelligenza della autocritica che la società esercita sopra se stessa nella immanenza del suo processo20. Per il Labriola la dialettica, quando non viene sostituita col metodo genetico, assume ora il senso di arte disquisitoria, abilità di ragionamento21, ora di invenzione di sistemi sociali soggettivi; ed è un termine disprezzativo, come di una virtuosità logica che rasenta il sofisma22, ora di critica immanente che non è contrapposizione di concetto a concetto, ma che invera ciò che nega23. Soffermiamoci un poco sul momento socratico dʹogni forma di sapere che, per il Labriola, è la virtuosità generativa dei concetti24, e nasce quando gli uomini sentono il bisogno di rifarsi di una certezza perduta e si pongono la domanda: ʺТίξϚТʺ25, che circoscrive la ricerca sul valore di un concetto. ʺE solo il nuovo elemento, ottenuto mediante la ricerca, ossia il contenuto costante della rappresentazione, raccolto via via mediante lʹinduzione, può determinare la coordinazione e la subordinazione nella quale le immagini debbono coesistereʺ26. E in questo ʺSocratismoʺ il Labriola fa consistere spesso la dialettica. Egli spoglia il Materialismo storico del suo involucro dialettico perchè vi sente un’atmosfera che non è la sua. Lo libera quindi da quel carattere astratto in cui lʹavevano avvolto i suoi fondatori e specialmente Marx. Per quanto ho detto, credo poter affermare che a torto il Mondolfo, allorché discute sul valore della dialettica marx‐engelsiana nei suoi rapporti con la realtà, chiama in causa il Labriola per le parole da questo scritte circa la dialettica. A. Labriola ‒ ʺDiscorrendo di Socialismo e Filosofiaʺ cap. V‐VI. ‒ Op. cit. pag. 142. 18
19
‒ A. Labriola ‒ ‐ Delucidazioni Preliminari ‒ pag. 197. ‒ A. Labriola ‐ ʺDiscorrendo di Socialismo e Filosofiaʺ pag. 3: ʺOrmai non cʹè dottoruccio, il quale, per minuscolo che sia, non creda di monumentarsi innanzi ai presenti e innanzi ai posteri, ove riesca a consacrare in pesante opuscolo e in dotta ed in voluta disquisizione, uno dei tanti pensieri o di quelle tante osservazioni, che nella viva conversazione, e nellʹinsegnamento che sia retto da indubbia virtuosità didattica, tornan sempre di più intuitiva efficacia, per la natura dialettica, che è propria di chi sia in atto di cercare da sé e di insinuare per la prima volta la verità negli altriʺ. 22 ‒ Op. cit. pag. 37: ʺNon saranno più possibili i dialettici, che siano in verità dei sofisti, come fu Proudhon, nè gli inventori sociali subiettivi nè i facitori di rivoluzioni privateʺ. 23 ‒ Op. cit. pag. 47. 20
21
‒ Op. cit. pag. 145. 24
‒ Antonio Labriola — ʺDottrina di Socrateʺ ‒ pag. 59. 25
‒ Op. cit. — pag. 66‐67. 26
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Quando il Labriola parla di filosofia generale sembra accostarsi di più ad Engels; infatti tutti e due convengono spontaneamente verso il metodo genetico e condannano la metafisica, ʺscusa deterioriʺ. Per il Labriola però si tratta di un atto di deferenza verso l’Engels, atto che poi svaluta con la sua incapacità di dire cosa è la dialettica, riponendo questa nel metodo genetico e mandando il lettore, che vuol sapere che cosa è la dialettica, a scuola da Engels. IV IL SAGGIO SUL MANIFESTO DEI COMUNISTI E IL COMUNISMO SCIENTIFICO Il saggio sul Manifesto dei Comunisti e il Comunismo scientifico é il primo saggio del Labriola. Il Dal Pane trova il lavoro dal punto di vista formale ed anche in parte sostanziale non troppo felice27. Forse sono intervenute qui quelle certe cause di impedimento e di arresto che il Labriola subiva, come dice il Croce28, quando passava dal parlare allo scrivere. E difatti, gli appunti del Dal Pane sulle lezioni tenute dal Labriola allʹUniversità, sulla genesi del socialismo soddisfano e fanno comprendere molto di più pur allo stato di appunti. Mentre in Italia si era diffuso ed affermato il Socialismo intorno al 1890, una barriera quasi insormontabile lo separava dalla conoscenza delle fonti genuine della dottrina e dagli scritti dei suoi fondatori. Tutto quel poco che in Italia penetrava subiva subito delle deformazioni. Il Marx vi era conosciuto attraverso le contrattazioni di Achille Loria. Enrico Ferri, uno dei maggiori esponenti del socialismo italiano, ammoniva, a detta dello stesso Labriola, di non tenere in conto Marx e proiettava il socialismo in una vaga cornice naturalistica. Il Labriola, sorto in lui lʹinteresse per il Materialismo storico, attende fin dal ʹ90 con costanza e diligenza ad uno studio esauriente di tutte le fonti e di tutti gli scritti che potevano servire ad una esatta cognizione delle origini e del primo svolgimento del socialismo. Ciò per quanto era possibile, giacché il Labriola stesso ci fa sapere che taluni scritti erano introvabili. Egli era lʹunica persona che potesse offrire agli Italiani desiderosi di tale conoscenza un adeguato ragguaglio intorno alle origini e alle ragioni e ai processi del socialismo come svolgimento di dottrina e di fatti, e poteva far conoscere nella sua vera luce Marx. Il primo saggio si fonda sopra una vasta materia di particolari storici che mentre hanno la dovuta importanza nellʹeconomia dellʹinsieme affiorano in semplici e sommari richiami, per cui il lettore che non può porgere da sé i sottintesi rimane deluso e non può giungere al concreto della materia. Il difetto di procedere per richiami che sottintendono la conoscenza della materia risulta in questo saggio del Labriola tanto più perché doveva essere specialmente diretto a quel pubblico di mezza cultura che non poteva avere cognizione specifica di quella materia. Occorreva, al contrario, un libro che fosse di propedeutica. Lʹimpostazione logica del saggio non è troppo felice. Si notano molte digressioni che fanno perdere il filo del raziocinio e ripetizioni di uno stesso concetto29. A volte un argomento procede per vie molto tortuose chiamando in causa elementi momentaneamente non necessari e non troppo connessi, come quando, verso la fine del libro, inizia un discorso sul Materialismo storico30. Quando arriviamo alla fine del saggio non abbiamo davanti alla mente lʹimpressione di un disegno chiaro e armonico, si ha piuttosto un senso di confusione. ‒ L. Dal Pane ‐ ʺA. Labriola ‐ La vita e il pensieroʺ ‒ pag. 323. ‒ B. Croce ‐ ʺIl Marxismo teorico in Italiaʺ ‒ pag. 270 29 ‒ Per citare un esempio, lʹidea della necessità storica del Comunismo come risultato fatale della attuale struttura economica si trova ripetuta soltanto nella prima metà del saggio ben nove volte e precisamente alle pagg. 3‐10‐11‐
18‐19‐26‐34‐36‐37. 27
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30
‒ A. Labriola ‐ ʺDel Manifesto dei Comunistiʺ ‒ pag. 59. 324 Appendice II Ma la menda maggiore sta nel proposito di argomentare, nella sproporzione trai propositi e il risultato. Lʹoggetto principale dello scritto è di presentare il condotto comunismo scientifico come lʹantitesi di tutte quelle forze anteriori al comunismo, le quali, dopo aver dato un quadro obbiettivo delle cause su cui si fondano le stridenti antitesi sociali appellandosi ad un astratto principio di giustizia e di uguaglianza, ne indicavano il rimedio o in una rivoluzione immatura o nellʹappello al buon cuore delle classi dirigenti o nelle provvidenze di un socialismo di stato. Perchè il Labriola non acconsente al socialismo utopistico e ne crea accanto un altro, quello scientifico? Il Labriola per la sua avversione a tutto ciò che sapeva di chiuso sistema non poteva consentire al socialismo utopistico che pur in linea molto grossolana faceva sempre della metafisica; infatti, agli occhi del Labriola, lʹidea di giustizia e di uguaglianza erano niente altro che concetti metafisici. Egli aveva bisogno di qualche cosa più consono ai suoi ideali di concretezza storica. Ed ecco contrapporre al socialismo utopistico, fondato su concetti derivati dalla metafisica dell’Illuminismo, il socialismo scientifico, che contro questi concetti andava polemizzando, considerandoli come una espressione storica di particolari situazioni umane31. Il socialismo scientifico afferma che la questione sociale non riposa più sulle intenzioni e sulle deliberazioni dei componenti la società stessa, ma per le leggi immanenti allʹorganizzazione economica della società, questa stessa organizzazione si trasformerà conducendo al socialismo. Ecco dunque due punti antitetici: socialismo utopistico e socialismo scientifico. Questo è lʹassunto del libro nelle sue linee essenziali, con la relativa affermazione del principio di lotta di classe, lotta che il proletariato si appresta via via a svolgere con sempre maggiore intensità sulla piattaforma politica. In fine del libro, il Materialismo storico è chiamato la nuova e definitiva filosofia della storia32. Ora si presenta la seguente questione: questo comunismo scientifico come è qui presentato dal Labriola può giustificare questo suo titolo? Può corrispondere, cioè, al promesso compito di previsione della società futura? Non intendiamo qui fare questa ricerca per se stessa ma bensì esaminare come si svolgono le cose nel suddetto saggio. Cʹè nel Labriola la ripetuta affermazione di un socialismo scientifico con carattere di necessità storica e capace di previsioni33. ‒ R. Mondolfo ʺIl Materialismo storico di F. Engelsʺ pag. 262: ʺ Nellʹunità della vita ogni forma e prodotto della praxis viene a rovesciarsi sullʹuomo, che ne é stato lʹautore, e a diventare condizione, limite, e perciò stimolo, della praxis successiva, che negherà superandoli i risultati dellʹantecedente; ma della praxis intera, nellʹinfinita varietà e complessità delle sue manifestazioni, delle varie classi di tali manifestazioni, che lʹanalisi può distinguere, nessuna può costituire un sistema chiuso, se non a patto di essere distaccata dallʹunità delle vita e perciò stesso privata di ogni vita e sviluppoʺ. 32 ‒ Op. Cit. pag. 76. Il Croce nel ʺMaterialismo storico ed economia Marxistaʺ‒ pag. 20, ribatterà questa definizione del Labriola ed esorterà questʹultimo a non dare ʺtroppa importanza agli aggettivi ʺultimoʺ e ʺdefinitivoʺ che gli sono sfuggiti dalla pennaʺ. 33 ‒ A. Labriola ‒ ʺSaggio sul Manifesto dei Comunistiʺ pag. 214: ʺCi sarà mai una forma di produzione comunista, con tale spartizione di lavoro e di uffici, che non possa dar luogo allo sviluppo delle disuguaglianze, da cui si genera il dominio dellʹuomo sullʹuomo? Nella risposta affermativa a cotesta domanda consiste la somma del 31
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Tale affermazione tante volte ripetuta che non può lasciare nessun dubbio sulle intenzioni dellʹautore. Ma a questo apparato di affermazioni corrisponde un uguale apparato di dimostrazioni? Se il Labriola ai fosse trovato spiritualmente disposto a fare la dialettica marx‐engelsiana, qui si sarebbe veramente presentato il caso opportuno di metterla in azione, per creare un adeguato punto di appoggio a così categoriche affermazioni. Ma invece la dialettica qui non figura se non come formale citazione che quasi si vuol tenere lontano mentre si avvicina. Non ci si può immaginare un Labriola il quale parli di alienazione da riprendere o che chiami il proletariato erede della filosofia classica tedesca, o si valga di altri simili strumenti che con tanta disinvoltura usavano quei materialisti di oltre Alpi. Il Labriola é tanto lontano dal rifarsi a tali modi di pensiero che verso la fine del saggio, quando vuole illustrare la ragioni del Materialismo storico, cita Vico, Macchiavelli, Russeau34. Il titolo ʺscientificoʺ che il Labriola dette al suo comunismo è improprio. In lui agivano forse anche altri moventi personali. Dedito agli studi di sociologia era tratto a riquadrare nella visione scientifica i risultati di qualunque studio, ma forse la ragione maggiore della sua convinzione scientifica stava nella sua ammirazione per il Marx, della cui scienza economica egli era un convinto seguace senza riserve, nonostante che volesse ignorare la dialettica. Di questa posizione ambigua del Labriola e della deficienza del suo apparato logico abbiamo un riflesso nellʹopposta critica del Croce e del Gentile35. Il Gentile tenendo conto senza dubbio della categoricità dellʹaffermazione, vide nel Labriola lʹintento compiuto di una vera e propria filosofia della storia. Il Croce a cui venne fatto certamente di notare la deficienza argomentativa, disse che lʹoriginalità del Materialismo storico, nella forma in cui lo presenta il Labriola, sta nellʹaver abbandonato ogni pretesa di stabilire la legge della storia, di ritrovare il concetto cui si riducono i complessi fatti storici. Ma le due critiche, opposte nel punto di partenza, convergono ad un medesimo fine, quello cioè di dimostrare che il Materialismo storico è destituito di un vero e proprio fondamento scientifico. socialismo scientifico, in quanto esso annunzia lʹavvento della produzione comunista non come postulato di critica, nè come meta di una volontaria lezione, ma come il risultato dellʹimmanente processo della storiaʺ. ‒ Op. cit. ‒ pagg. 61‐75. 34
‒ B. Croce ʺMaterialismo storico ed economia marxistaʺ pagg. 80‐89. G. Gentile ‒ ʺStudi storiciʺ‒ pag. 421. 35
V FUORI DEL MATERIALISMO STORICO Prima di occuparmi del modo con cui il Labriola presenta i principi fondamentali del Materialismo storico, sarà opportuno stabilire quale concezione sua propria egli portava a contatto di quella teoria. Il Labriola non era stato uno studioso generico, me da molti anni aveva fatto oggetto del proprio studio le scienze sociologiche ed era venuto rimutando le sue concezioni dietro gli apporti delle sempre nuove ricerche. Perdurava in lui il criterio dellʹobbiettività, e non era come potrebbe far pensare la parola male intesa, la funzione di una ricerca empirica, anzi, era lo sforzo della mente per trovare una realtà più profonda e più vera di quella che poteva offrire la propria esperienza. Per raggiungere in grado sempre migliore questa obbiettività, egli sente ora di dover superare quelli che erano stati detti i fattori storici. Il Labriola chiama questi fattori storici una semidottrina, col quale concetto egli vuole indicare che il fermarsi a detti fattori storici corrisponde in parte a una convenienza e a una necessità dei primi gradi della ricerca. Lo storico nel cominciare la sua opera è costretto a fare delle estrazioni e a isolare in gruppi separati tutti quei fatti che hanno fra di loro una similarità di natura e dʹintenti, come per esempio lʹeconomia, il diritto, lo Stato. Ma questi fattori, pensa il Labriola, anzitutto hanno avuto una genesi e poi nella vita non hanno una funzione isolata e separata bensì sʹintersecano e sʹintrecciano e si fondono insieme nel tessuto unitario della vita stessa. Di modo che la vera obbiettività sta nel ricercare la genesi e nello studiarne i vicendevoli rapporti ed incontri. Procedendo di là dai fattori e sciogliendo questi nel loro primordiali elementi, si ha una visione reale dei processi storici e si raggiunge una obiettività maggiore che non fermandosi ad essi; si costruisce così la vita col metodo genetico, metodo corrispondente alle più intime esigenze del pensiero del Labriola. È una forma di analisi, ma non di quell’analisi che scompone un tutto per poi lasciarlo diviso, bensì di quella che scioglie gli elementi costituenti per vederli vivere di nuovo nella loro vita unitaria. Il programma del Labriola non era di sostituire la sociologia alla storia, ma di spiegare la storia per mezzo della sociologia, per meglio dire di quel complesso di discipline che si comprendono più o meno direttamente sotto quel nome, tra le quali primeggia la psicologia. Il suo ideale sarebbe stato di presentarci una storia che fosse insieme tutte le storie nellʹazione reciproca e simultanea di tutti gli elementi. Storia politica storia del diritto, dellʹeconomia, della letteratura ecc. si sarebbero fuse in una storia sola. Tale era lʹideale scientifico del Labriola. In un tempo in cui lʹindirizzo positivista portava necessariamente alla divisione del lavoro e alla specializzazione delle ricerche, egli, mentre aderiva a questo indirizzo, tendeva a superarne i limiti. Ma mentre conosceva la necessità di superare e di sciogliere i fattori storici nei loro elementi, da un altro lato ne riconosceva la convenienza e lʹutilità. La ricerca specializzata infatti non può che muovere da essi perchè lo scibile deve essere ripartito in varie discipline distinte per caratteri esteriori, come in fondo sono i fattori storici. Le ricerche specializzate intorno ad una data disciplina medesima, sono utilissime in quanto porgono un maggior numero di elementi a chi poi voglia ricomporre la storia nel senso unitario. Così il Labriola approvava le ricerche particolari ma vedeva la verità nella sintesi. Quest’opera unitaria dello spirito egli chiama non più scienza ma arte. 328 Appendice II La sua ʺDelucidazione Preliminareʺ era soltanto una discussione generale di metodo la quale doveva essere seguita da varie opere storiche dove quei principi si sarebbero visti in pratica. Ha pure un grande valore la sua generale intuizione che abbiamo voluto mettere in luce per rispondere ad una giusta esigenza di una critica labriolana. Siccome in questi saggi egli propugna il Materialismo storico, occorreva rispondere alla domanda: ʺvi è o non vi è nel Labriola una parte che esca dai limiti del Materialismo storico e che abbia per se stessa un altro diverso valore? Qui non si tratta di vedere se abbia più o meno seguito Marx ma se vi è qualche cosa che sia fuori di tutto il Materialismo storico e in cui va ricercata lʹessenza del suo pensiero. E veramente vi è, perchè questa sua geniale intuizione non ha nulla a che vedere col Materialismo storico. Si può anche congetturare che, se il Labriola fosse vissuto più a lungo, nel continuo rinnovamento critico del suo pensiero, si sarebbe accorto che il Materialismo storico era di ostacolo a quellʹobbiettività che rimaneva sempre nel fondo dei suoi pensieri, perchè esso è un particolare angolo visuale sotto cui si vede la realtà e sarebbe forse ritornato alla sua originaria concezione. Il Dal Pane in un brevissimo ragguaglio sul quarto saggio: ʺDa un secolo allʹaltroʺ crede di vedere nel Labriola un orientamento verso un più schietto realismo come se volesse in certa guisa precedere dalle posizioni estreme del Materialismo storico. Del resto questa incidenza del Materialismo storico nella precedente dottrina del Labriola non è casuale. Anche questa dottrina infatti cercava di riportare la storia ai suoi primitivi elementi come appunto voleva il Labriola, quindi non mancava una certa analogia. E il Labriola stesso apertamente dichiarava di aver abbracciato il Materialismo storico perchè gli sembrava che esso corrispondesse a questo intento: di offrire gli ultimi elementi irriducibili della storia umana coi quali si potesse ricostruirla non già partitamente ma nel suo insieme, come era il suo ideale. ʺLe varie discipline analitiche che illustrano i fatti e si svolgono nella storia hanno finito per occasionare da ultimo il bisogno di una comune generale scienza sociale che renda possibile la unificazione dei processi storici. E di tale unificazione la dottrina materialistica segna appunto l’ultimo termine, anzi lʹapiceʺ36. Così il Labriola esprime il suo programma ideale: ʺGli uomini vivono una storia solaʺ. Si può dire quindi che anche aderendo al Materialismo storico egli svolgeva o credeva di svolgere un pensiero proprio. ‒ Antonio Labriola ‒ Concezione materialistica della storia ‐ Delucidazioni preliminari ‒ pag. 179. 36
VI L’ESSERE FA LA COSCIENZA Nella prefazione alla ʺCritica dellʹeconomia politicaʺ di Marx sono espressi chiaramente i principi fondamentali della concezione materialistica della storia, in modo però da essere dissimulata la dialettica, per cui il Labriola vi aderisce senza riserve. Col suo senso critico egli comprende però di essere davanti a delle proposizioni colte per via di una generica intuizione ma che hanno bisogno di essere dimostrate. Le forme della coscienza non balzano direttamente dalla sottostante struttura economica: ʺNon sempre si trova il bandolo, che lega certe ideazioni etiche a determinate condizioni pratiche. La concreta psicologia sociale dei tempi passati ci riesce spesso impenetrabile.ʺ37 Ci vuole quindi una mediazione che secondo il Labriola ci è data dalla psicologia individuale e sociale. Attraverso di essa si compie la trasformazione per cui i fatti della struttura economica diventano forme della coscienza. ʺLa sottostante struttura economica che determina tutto il resto, non è semplice meccanismo dal quale saltino fuori a guisa di immediati effetti automatici e macchinali istituzioni e leggi e costumi e pensieri e ideologie. Da quel sustrato a tutto il resto il processo di derivazione e di mediazione è assai complicato spesso sottile e tortuoso, non sempre decifrabile.ʺ38 Non è però soltanto necessaria una mediazione fra i fattori economici e le forme di coscienza, ma questa mediazione che si compie, nella psicologia è difficile e, per certe forme, come lʹarte e la religione, assai complicata ed esige un grande sforzo mentale per superare le apparenze dellʹesperienza immediata. ʺPoste, dunque, le fonti positive di tutte le ideologie nel meccanismo della vita stesse, si tratta di spiegare realisticamente il loro modo di generarsi, e come per tutte le ideologie, così in particolare per quelle che consistono nel proiettare fuori dei loro termini naturali e diretti le valutazioni etiche, per farne o delle anticipazioni di divini comandi o dei presupposti di universali suggestioni della coscienza.ʺ39 Per il Labriola questa della derivazione delle ʺideologieʺ à un principio già accettato per vero oppure è ancora un problema? Il Labriola, guidato dal suo senso critico, mentre formalmente aderisce alla proposizione assoluta ʺlʹessere fa la coscienzaʺ, compie il cammino a ritroso verso le relatività, vale a dire istituisce una ricerca, la quale, non essendo vincolata nei risultati, ci dirà se e dove e quando e in che maniera e in quali limiti sia vero il principio. Non lascia dubbi sa tal punto il Labriola stesso quando parla di una diversa applicabilità del Materialismo storico. Certe volte egli lo sostituisce direttamente col metodo genetico, come per esempio, quando parla della ricerca delle origini della lingue. Lo sviluppo delle lingue non pare possa richiamarsi direttamente al fatto economico. ʺOltre ai sussidi diretti, qui innanzi accennati, la nostra dottrina ne ha di molti altri indiretti: come anche degli istruttivi riscontri in molte delle discipline, nelle quali, per la maggiore semplicità dei rapporti fu più agevole lʹapplicazione del metodo genetico. Il caso 37
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‒ A. Labriola ‒ ʺDelucidazioni preliminariʺ ‒ pag. 233. ‒ A. Labriola ‒ ʺDelucidazioni preliminariʺ ‒ pag. 233. ‒ A. Labriola ‒ ʺDelucidazioni preliminariʺ ‒ pag. 233. 330 Appendice II tipico è della glottologia, e in modo specialissimo in quella che ha per oggetto le lingue arianeʺ40. Lo sviluppo delle lingue è compreso nel piano più libero e più generale di una spiegazione genetica. Anche qui si può vedere come il Labriola allarghi per suo conto lʹambito del Materialismo storico e accenni quasi al più libero procedimento di uno schietto metodo genetico. Inoltre si può anche osservare come dalle considerazioni di una struttura economica propriamente detta, il Labriola qualche volta trapassa quasi inavvertitamente, come quando parla dellʹarte e della morale, nel più generico concetto di ambiente sociale. Quello che noi diciamo ambiente sociale è una cosa assai più complessa e diversa dalla semplice struttura economica e quando il labriola si appella ad esso non si accorge di sconfinare del suo primo proposito. Sebbene egli formalmente mostri una tenace sicurezza della verità dei principi fondamentali del Materialismo storico, nel fatto avviene una cosa molto diversa, giacché egli trascina quei principi nel campo di misura dei propri studi che sono quelli di psicologia, di sociologia e di storia. Dallʹesame della genesi della funzione che le ideologie avrebbero secondo il Materialismo storico, risulta che arte, religione, scienza e filosofia altro non sarebbero se non forme in cui acquistiamo coscienza della struttura economica. La vita sarebbe così sospesa come una specie di sogno e illusione, dal momento che nella nostra coscienza nulla corrisponde al reale. Su questo terreno il Labriola sembra seguire il Marx. A proposito della Riforma egli infatti dice presso a poco così : ʺLutero non sapeva, come invece sappiamo noi, che la Riforma da per sé era un semplice riflesso del divenire del terzo stato nella lotta contro lo sfruttamento papale. Il Labriola non insiste molto su questa concezione delle ideologie come modo di rendersi conto della realtà economica e le considera piuttosto nella loro natura di prodotti derivati si, ma che hanno un dato contenuto proprio. Del resto a proposito di questa pretesa produzione delle ideologie dove il Materialismo storico vuol trovare un rapporto di causalità, si tratta invece di coincidenza e semplicemente di influssi. Nel caso di Lutero quella disposizione spirituale, che condusse alla riforma, era tutta altra cosa dal divenire del terzo stato e dalla resistenza contro lo sfruttamento papale, ma si comprende bene come lʹuna cosa abbia potuto stimolare lʹaltra e come tatti questi fatti siano tra di loro intimamente legati. Nel caso della nostra Rinascenza lo sviluppo della borghesia italiana è un fenomeno concomitante, e forse tale sviluppo ha bisogno di essere spiegato insieme con la Rinascenza stessa come fenomeni paralleli aventi una comune radice. Parallelismo e concomitanza, non diretto rapporto causale. Nel Labriola il Materialismo storico va incontro a unʹaltra difficoltà. Se il pensiero non ha uno sviluppo autonomo ed è un riflesso della struttura economica, bisognerà esaminare la misura di questo rapporto. La struttura economica non cambia secondo determinati schemi di misura, ma può mutare rapidamente tutta oppure lentamente o tutta o in parte: qual’è il rapporto di variazione delle forme ideologiche? Il Labriola accentua lʹidea di Marx che questo cambiamento avviene in certe speciali epoche che sono quelle della rivoluzione. Egli dichiara che queste sono veramente le epoche storiche che interessano il sociologo, le altre possono essere lasciate agli storici di professione. Ma se è così, il Materialismo storico non solo è una filosofia della storia, ma bensì una teoria della rivoluzione. Ma la struttura economica stessa può avere, durante un periodo storico più o meno lungo, delle notevoli modificazioni senza venire a ‒ A. Labriola ‒ ʺDelucidazioni preliminariʺ ‒ pag. 245. 40
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una vera e propria rivoluzione. In tal caso devono o non devono cambiare le ideologie e in qual misura? Quando esse sono sorte per virtù di una rivoluzione, se sono frutto di essa, dovrebbero durare per tutto il tempo che dura la struttura economica uscita da quella rivoluzione. Ma il Labriola qui mostra molta esitazione e dice che le ideologie sorte vengono poi tenute in piedi da varie cause che sono più o meno artificiali. Il Materialismo storico va incontro a tale difficoltà che non può non mostrare lʹestrema debolezza delle basi sopra cui si fonda. Esso vuol sostituire allo svolgimento dello spirito umano lo svolgimento della materia; ma quante difficoltà di meno e quale linea più semplice e più naturale offre la naturale derivazione di ciò che è spirito da ciò che è spirito? Ora se questa derivazione del pensiero dalla materia é un errore, è anche vero che delle ideologie si è abusato e come individualmente ciascuno tende a non percepire i vincoli che lo legano alle condizioni di fatto, perchè elude pure questi negli schemi di una certa libertà di arbitrio, così nella più ampia concezione della storia si è naturalmente portati a pensarla come un prodotto dellʹarbitrio umano e a ciò inclina tanto la coscienza comune quanto la mentalità tradizionale degli storici. Così pure nei singoli avvenimenti, o piccoli o grandi che siano, si va sempre cercando la volontà umana operante a disegno. E il Materialismo storico del Labriola se in parte nella generica intenzione vorrebbe salvare il principio che lʹessere forma la coscienza, dallʹaltra parte si offre come un razionale correttivo di questʹabuso delle ideologie e un richiamo efficace alle considerazioni di fatto dellʹambiente e del terreno artificiale su cui vice, ed esso non fa quello che vuole, ma fa quel che può e non si prepone se non problemi che siano risolvibili nellʹambito delle sue condizioni. Un esempio di questa tendenza ad essere correttivo dell’abuso delle ideologie è lʹidea del progresso universale del genere amano con scarsa considerazione delle sue eccezioni. Il Labriola ci mostra che il progresso é pienamente circostanziato e non solo può essere di grado molto diverso in luoghi lontani, ma in luoghi molto vicini ed anche nello stesso luogo vi possono essere differenze di gradazioni, come può mostrare il dislivello tra lʹignoranza del contadino e del bracciante rispetto alle classi superiori della civiltà. La scienza stessa, che è essenzialmente opera dellʹintelligenza, ha preso sempre gli inizi del suo sviluppo e del suo progresso dal risolvimento di bisogni pratici e non è privo di significato il vedere come una macchina, nel suo processo di perfezionamento, passi per una vasta scala di lievissime trasformazioni, perché per avere una trasformazione occorre appoggiarsi su quelle immediatamente precedenti. Tuttavia nel trattare della scienza il Labriola si studia di porre in luce soltanto uno dei fattori del suo incremento, vale a dire la visione dei bisogni e non pensa a quellʹaltro elemento, pure molto importante, che è lʹintuizione del genio, il quale viene bensì prodotto in un ambiente ma lo supera con la facoltà di creare delle sintesi nuove con elementi che rimangono per gli altri confusi e disgregati. A questo proposito viene in campo unʹaltra questione che interessa il Materialismo storico e cioè quella delle intelligenze superiori e, come dir si voglia, delle grandi individualità. In genere tutto l’indirizzo positivistico della cultura ha mostrato la tendenza a sminuire lʹimportanza del genio fino alla famosa frase del Lombroso ʺIl genio è una folliaʺ. E si comprende bene che riducendo il sapere alle forme di uno stretto empirismo, esso è uguale per tutti, perchè si traduce in quegli schemi che non variano da persona a persona. Ma il Materialismo storico ha una ragione di più per diminuire lʹimportanza delle grandi individualità. La presenza del genio rappresenta infatti una smentita alla tendenza di fare del pensiero un mero riflesso della materia, giacchè, se così è, questo riflesso deve prendere una misura presso a poco comune in tutti e non avrebbe ragione di eccedere tale misura in particolari individui. 332 Appendice II Il concetto utile per il Materialismo storico è la massa, e siccome la storia cammina per un processo suo intimo, che è fuori della volontà dellʹuomo, il Materialismo storico non può riconoscere il genio che fa da sé la storia. Perciò i sociologi del Materialismo storico non danno alcuna importanza a Cesare bensì al Cesarismo e in genere affogano le personalità nelle corrente delle tendenze di massa. Su questo punto il Labriola si tiene in un giusto mezzo. Anche nelle manifestazioni anteriori del suo pensiero, egli mostrò sempre avversione e diffidenza per tutto ciò che nellʹumana condotta eccede la comune misura, cercando di riportare tutto a un medio livello di normalità, e ciò si rileva anche nel suo scritto del 1876 sullʹinsegnamento della storia. Ora egli dice che i contrasti e le circostanze di fatto, nelle quali devono operare le grandi individualità, si preparano nel seno delle masse, ma poi queste eccezionali individualità, danno una propria impronta agli avvenimenti pur trascinandoli dove essi erano spontaneamente rivolti. Per ciò che riguarda il diritto e lo Stato, il Labriola ha buon gioco di riportarli direttamente alla struttura economica. Per lui, lo Stato, altro non è se non una organizzazione di forze, che la classe dominante oppone allʹazione in contrario delle classi soggette e il diritto altro non è se non la codificazione degli interessi del più forte. Questa più immediata relazione alla struttura economica esiste senza dubbio nello stato e nel diritto, ma ciò non toglie che la loro vera origine sia nella giustificazione ideale della loro funzione. Sul terreno della Religione, della morale e dellʹarte il Labriola è costretto a ritirarsi, come abbiamo già accennato, per ciò che riguarda lʹorigine loro, dalle estreme posizioni della struttura economica verso quelle più moderate dell’ambiente sociale, il quale è cosa più complessa. Questa è naturalmente una limitazione, che il Labriola pone al Materialismo storico; e, sebbene egli dice che questa dottrina è ancora ai suoi inizi e ha bisogno di molti svolgimenti, si può ragionevolmente credere che egli non sarebbe mai riuscito con nessuno sforzo di intelligenza a riportare in una maniera accettabile e plausibile la Religione, lʹarte e la morale alla primordialità dei fatti economici. Respinto da questi nel concetto dʹambiente, in noi troviamo già la psicologia in pieno svolgimento e nel seno della psicologia possono trovarsi direttamente i problemi dello spirito. Nella morale, nella religione e nellʹarte, noi trascendiamo gli stati effettivi personali, che sono la realtà vera, mediante una proiezione, per cui trasferiamo alla universalità delle cose, ciò che é proprio di noi. Così si formano, secondo il Labriola, le religioni e gli imperativi della morale. In tal modo viene distrutto il valore oggettivo delle medesime. Ma si potrebbe domandare al Labriola come mai quelle proiezioni siano sempre avvenute e sempre avvengano e in tutti e nella maggior parte degli uomini. Questo non potrebbe accadere se non vi corrispondesse qualche cosa di oggettivo. Nei riguardi del Cristianesimo, il Labriola, sebbene dichiari di non avere in materia la competenza necessaria, non dispera che si possa giungere ad una giustificazione dei principi del Materialismo storico. Comincia con lʹinfirmare lʹesistenza di un ʺEnteʺ Cristianesimo, vale a dire dellʹidea cristiana e a risolvere la storia del medesimo in quella di tante organizzazioni separate sul vasto territorio dellʹImpero. Ma si potrebbe domandare donde mai quelle tante organizzazioni trassero la forza spirituale di resistere allʹopposizione dell’autorità imperiali e alle spietate persecuzioni che non risparmiavano i più raffinati supplizi? Fanatismo religioso? Ma quando il fanatismo esiste in così grandi proporzioni, si può chiamare soltanto forza di unʹidea. Il Labriola poi impernia su questioni puramente sociali quelli che sono senza dubbio problemi di maggiore portata. Il pessimismo deriva per lui dal Appendice II 333
modo come è costituita la società, la quale è divisa in una classe dominante che gode tutti i vantaggi e in una classe soggetta, che è destinata a soffrire. La valutazione pessimistica del mondo non è che la proiezione al di fuori di queste sofferenze che provengono dalle condizioni sociali. Col passaggio della società al regime comunista si raggiungerà il massimo ottenibile del benessere umano e non vi saranno più le sofferenze dovute alla disparità di condizioni. In quel sano realismo della vita non vi saranno più né lʹottimismo né il pessimismo. Anche lʹopposizione di diritto e dovere sarebbe legata alle condizioni di una società nella quale vi è una parte che impone la sua volontà e l’altra parte che la deve subire. Da una lato tutti i diritti, dallʹaltro tutti i doveri. Con lʹavvento della società comunista sparirà anche questa antitesi perché cesserà lo sfruttamento dellʹuomo sullʹuomo. Ma in fatto di pessimismo, come può dire il Labriola che i dolori del mondo sono solamente quelli che provengono dalla divisione in classi? È questa una limitazione troppo banale e troppo arbitraria, perchè il dolore non risparmia nessuna casta e nessuna condizione e ha ragioni molto più profonde e universali di quel che sia le divisione in ricchi e poveri. E i diritti e i doveri non potranno mai sparire dalla società anche in una supposta eguaglianza di condizioni, se non altro come sanzione di questa medesima eguaglianza. Infatti il comunismo, qualora in via di ipotesi possa distruggere le classi, non potrà mai distruggere la natura umana. Un ordine materiale delle società non può generare i sentimenti, ma sono piuttosto i sentimenti che determinano quell’ordine. Perdurando la natura umana nel seno dell’uguaglianza germina il seme di nuove disuguaglianze. Per il Labriola il fondamento della morale è il determinismo, il che significherebbe avere consapevolezza delle proprie forze e non porsi se non quei piani di azione che sono inerenti alle condizioni di fatto. Ma se questo in un certo senso può essere un correttivo psicologico di ciò che è soverchia fiducia e illusione delle proprie forze dall’altro finisce per annullare il sentimento del sacrificio delle grandi azioni e toglie ogni visione di un destino che sorpassi i termini della vita. Quale rapporto passa tra il Materialismo storico e socialismo? Il Labriola distingue nel Materialismo stesso tre aspetti. Nel primo aspetto esso è organizzazione e direzione delle forze del proletariato in origine ai metodi di lotta e ai fini, da raggiungere. Nel secondo aspetto esso è una data concezione dell’economia. Nel terzo, tendenza a una veduta generale del monda. Il terzo aspetto riguarda solamente la filosofia e non può entrare nel dominio delle conoscenze comuni. Nella concezione del Labriola i due primi sono intimamente legati per il presupposto scientifico come pensa il Labriola, che il processo economico‐sociale tende di per sé a realizzare quell’organizzazione economica alla quale il socialismo aspira. Il proletariato quindi può dal canto suo aiutare e favorire questo processo con tutti quei mezzi di organizzazione e di lotta, che è in suo potere di esercitare. Ma il Labriola pensa che questo spontaneo processo richieda un volger di tempo che non è precisabile e in ogni modo non è breve. Il fare però nellʹazione del proletariato un termine corrispondente come la funzione della spontaneità del processo, tende inevitabilmente a scemare ciò che di vitale e di evolutivo vi può essere nell’azione stessa. In questo senso e in ordine allʹidea di una possibilità e di una effettuabilità del socialismo, la concezione del Labriola può offrire il campo a molte discussioni più in linea di materia storica che non di attualità, perché negli ultimi decenni la questione sociale si é andata orientando in modo da attendere le sue soluzioni da principi razionali oggettivi anziché dalle lotte fra le classi. CONCLUSIONE La dottrina del Labriola si trova chiusa nei quadri di uno schietto umanismo, giacchè egli non cerca nessuna connessione col mondo naturale e si occupa solo dellʹattività umana sotto lʹaspetto storico‐sociale. Egli considera il fatto umano per se stesso. Sotto questo riguardo e in linea molto generale, egli si riannoda al Vico, che nella sua dottrina prese a considerare e a studiare la storia umana, astraendo dallo studio del mondo naturale. Il Labriola ha avuto sempre cura di distinguere il mondo umano dal mondo naturale e questo intendimento appare anche in lavori piuttosto remoti, come nello scritto sullʹinsegnamento della storia del 1877. Lʹevoluzione del pensiero del Labriola dallʹhegelismoo allʹherbartismo, al marxismo è tutto un processo antisistematico ed antimetafisico. Egli che sentiva fortemente la concretezza delle situazioni storiche, è sempre dominato dallo sforzo di liberarsi dalla metafisica che costituisce il suo intimo. Ed ecco finalmente trovare nel Materialismo storico la dottrina che garantisce per lui questa originalità della storia. Quando polemizza contro lʹidealismo sistematico, contro la metafisica, la sua polemica non è mossa in nome di una concezione realistica, gnoseologica, ossia dalla considerazione – in fondo metafisica – della priorità della realtà rispetto al pensiero, ma piuttosto in nome dellʹesigenza di non accettare una legge, uno schema, che il pensiero debba seguire prima del suo effettivo processo. È un processo realistico il suo, che rappresenta la parte più viva della coscienza storica del Labriola, che ha come presupposto la teoria della praxis. ʺQuesta la filosofia immanente alle cose su cui filosofeggia. Dalla vita al pensiero, non dal pensiero alla vita. Dal lavoro che è un conoscere operando, al conoscere come astratta teoria: e non da questo a quelloʺ41. È in nome di questa sua antimetafisicità che egli polemizza contro la teoria di evoluzione dello Spencer e contro il Darwinismo. Egli riconosce il valore di quelle dottrine quando si limitino al campo specifico di cui trattano, ma insiste sulle incapacità loro di spiegare il fatto umano in assoluto. L’Umanismo del Labriola parte non dal concetto dell’individuo, bensì dellʹuomo sociale. E questa veduta lo avvicina spontaneamente a quelle basi dottrinali su cui anche posa, il Materialismo storico, giacché anche per Marx il punto di partenza é il concetto dell’uomo sociale. Nella psicologia egli segue quell’indirizzo empirico che studia i fatti psichici per se stessi, prescindendo da ogni presupposto di un soggetto sottostante che li produca e si sostenga. Rifiuta lʹidea di una coscienza universale o, in qualche modo, di uno spirito collettivo che egli considera come vedute mitiche. Davanti a lui non cʹè che la psicologia individuale però modificata e potenziata nel processo di azione e reazione della vita sociale. Con questa sua dottrina egli riesce alla negazione dei valori oggettivi dello spirito e dei fini ideali della vita, perchè tutto si risolve in meri processi psicologici. ‒ A. Labriola ‒ ʺDel Manifesto dei Comunistiʺ ‒ pag. 56. 41
336 Appendice II La sua dottrina della conoscenza è basata sulla praxis. Il Labriola intende questa come lʹessenza dell’esperienza: conoscere vuol dire sperimentare, cioè, produrre; si conosce veramente solo ciò che si produce. In tal modo rimane eliminato il divario tra teoria e pratica. Si conosce veramente solo ciò che passa attraverso la praxis. Quindi, se una cosa è passata per la praxis, si conosce come scienza, se non è passata per la praxis non si conosce in nessun modo. Sembra quindi anche cadere il divario fra scienza e filosofia. Il Labriola però avverte la precarietà di questa posizione di pensiero e quindi la dà più come un fatto approssimativo che come un fatto assoluto. In questa sua esitazione, il Labriola dice che la filosofia può sempre sussistere come anticipazione di problemi o come generalizzazione di conoscenze già acquisite scientificamente, sotto la forma di una sistemazione del conosciuto. Quando egli, più invitato che spontaneamente, viene a parlare di filosofia generale e ricercare le connessioni che il Materialismo storico può avere con il rimanente della filosofia, non dobbiamo attenderci da lui un’esauriente dottrina metafisica, giacché il Labriola, da quando si diede agli studi storico‐sociali, abbandonò la considerazione della filosofia pura, verso la quale non si era mai sentito inclinato. Il Labriola concepisce la metafisica come posizione di concetti fissi per sé stanti, i quali non hanno valore perché non si sono tradotti o non possono tradursi in un processo genetico di relazione, nel quale processo acquisterebbero la loro verità. Quindi per il Labriola la metafisica ha una larghissima estensione e va dalla formazione dei miti e dei concetti teologici al campo comune della vita, giacché, secondo il Labriola, anche negli usi comuni della vita noi facciamo della metafisica ogni qualvolta adoperiamo dei termini generali intendendoli come entità rigide e fisse, trattandoli insomma come delle cose vere e proprie, anziché come un intreccio di relazioni. Il Materialismo storico che si fonda sulla praxis è il risolvente della metafisica. Molto incerta e dubbia è quella proposizione del Labriola dove dice che il Materialismo storico presenta una tendenza critico formale al monismo42, giacché dato lʹambito di una dottrina che si tenga nei limiti dell’umanismo, di un vero monismo non si può parlare. Il Gentile dice che in queste trattazione dalla relazione tra il Materialismo storico e la filosofia, il Labriola si avvicina più allo Engels che al Marx. Infatti mentre il Marx trova la giustificazione del Materialismo storico nella dialettica, l’Engels aderisce bensì alla dialettica ma nel medesimo tempo ha una concezione del metodo genetico e della metafisica analoga a quella del Labriola. Mentre il Labriola condanna lʹagnosticismo di Spencer dice che questo rende un utile servigio al Materialismo storico perchè viene a riconoscere lʹidea del limite che è implicita nella teoria della praxis. Lʹinteresse per la conoscenza delle case concrete e individuali lo portò naturalmente allo studio di Marx. Egli è fedele interprete delle idee marxiste che difese contro volgari marxisti. Lʹadesione sua al socialismo, inteso come concreto programma di adesione politica43, rappresenta lo sforzo di uscire dallʹastrattezza della ʺteoriaʺ per raggiungere il mondo, ‒ A. Labriola ‒ ʺDel Manifesto dei Comunistiʺ ‒ pag. 63. ‒ B. Croce ‒ ʺIl Marxismo teorico in Italiaʺ in appendice al ʺMaterialismo storico ed economia marxistaʺ lettera di A. Labriola al Croce in data 9 ottobre 1898 (pag. 298) ʺOra, proprio voi due, vi siete messi a scrivere quello che avete scritto, e questa santissima trinità se n’è andata in fumo....io non so se questa crisi del 42
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marxismo c’è e se io stesso ne sia un rappresentante o un autore. Non so e non mi importa di saperlo. Ma quello che so è questo: che la crisi di una dottrina si avvera in quei cervelli che, dopo aver finito di capire, dispongono di Appendice II 337
veramente per lui reale, della praxis, dellʹazione creatrice di nuovi rapporti umani, intorno ai quali poi debba sorgere la nuova scienza. Il filosofo e il critico che è nel Labriola comincia a scalzare le teorie marxiste sottoponendole ad intelligenti esami per trovarne un adeguato correttore nelle deficienze di quelle. Ma il Labriola è anche il risvegliatore dallo spirito rivoluzionario di Marx del quale ne sentiva il valore. Ed è quest’ultimo che infierisce acerbamente contro il Croce e il Sorel che con la loro critica mettevano a nudo i dati deboli di questo Materialismo storico; al quale egli li aveva introdotti. E così scrive al Croce l’8 gennaio 1900: “………Tra qualche tempo ti persuaderai che hai scritto degli studi su Marx e non delle correzioni alla filosofia del socialismo………Quel Sorel può credere di aver corretto quello che non ha mai imparato……… Ma ditemi un poco in che consiste la novità reale del mondo, che ha reso agli occhi dei molti, evidenti le imperfezioni del marxismo44”. Nel pensiero del Labriola si delinea un esigenza storiografica e si può considerare come fornita di un reale e fecondo valore speculativo: ed è l’idea della storia integrale, programma che egli certo sarebbe andato sviluppando se gli fosse bastata la vita. Questa concezione della storia come totalità è quella che più di ogni altra rappresenta lʹoriginalità del Labriola riguardo al Materialismo storico e alla subordinazione che questo fa della storia allʹeconomia. In quanto egli si sforza di essere fedele a tale esigenza, il filosofo napoletano supera continuamente i limiti dallʹortodossia marxista in cui pure la sua fede politica tendeva a rinchiuderlo. esperienza nuova per passare oltre. Né tu né Sorel avete questa pretenzione, per ora almeno, e avete discorso intorno alla cosa a modo vostroʺ. ‒ Nella lettera del 31 dicembre ’98 così scrive al Croce: ʺTi direi una bugia se ti dicessi che sono rimasto soddisfatto dalla tua cartolina. Quando tu dici che, circa la politica del proletariato, né convieni né disconvieni, tu dici che, insomma, passi sopra la 95% delle condizioni che occorrono per interessarsi di questa cosiddetta crisi del marxismo. Io in ciò sono ferocemente specialista e ultrapositivo. Se Marx fosse stato solo un professore (ciò sarebbe l’altro 5%), io mi interesserei di lui quanto mi interesso della Logica di Wundt, ossia per ragioni professionaliʺ. (pag. 300) 44 ‒ B. Croce ‒ Op. cit. ‒ pag. 304. Bibliografia Opere di Antonio Labriola La dottrina di Socrate secondo Senofonte, Platone ed Aristotele. (Bari ‐ Laterza ‐ seconda ediz.1934) Morale e religione. (Napoli, Tipogrf. Ferrante, 1873) Della libertà morale. (Napoli, Tipogrf. Ferrante, 1873) Dellʹinsegnamento della storia. (Roma, Loescher, 1876) La concezione materialistica della storia. (Roma, Loescher, 1896‐1897 ‐ Ristampato a Bari, Laterza, 1938). LʹUniversità e la libertà della scienza. (Roma, 1897) Discorrendo di socialismo e di filosofia. (Roma, Loescher, 1898; ristampato a Bari, Laterza, il 1939). Scritti vari di filosofia e politica, raccolti e pubblicati da B. Croce. (Bari, Laterza,1906.) Da un secolo allʹaltro ‐ in appendice alla Concezione materialistica della storia (Bari, Laterza 1938). Opere intorno al Labriola. Benedetto Croce. ‐ Antonio Labriola ‐ (nel Marzocco di Firenze del 14 febbraio 1904: rist. in appendice agli Scritti vari, cit.). Materialismo storico ed economia marxista. (sesta ediz., Bari, Laterza, 1941).passim Come nacque e come morì il marxismo teorico in Italia, in appendice al Materialismo storico ed economia marxista. (Bari, laterza,1941). pag. 265‐306. La letteratura della Nuova Italia. (Bari, Laterza,1941) Vol. IV pag. 493. Andrea Torre. ‐ Le idee filosofiche di Antonio Labriola, (Rivista italiana di sociologia ‐ 1906). Carlo Fiorilli. ‐ Antonio Labriola ‐ Nuova Antologia. (marzo 1906.) Sandro Diambrini‐Palazzi. – Il pensiero filosofico di Antonio Labriola (Bologna, Zanichelli, 1922). Luigi Dal Pane.— Antonio Labriola, la vita e il pensiero. (ediz. Roma — Anno XIII). Concezione materialistica dello Stato. (Bologna. Cappelli 1924). Sergio Bruzzo.— Il pensiero di Antonio Labriola. (Bari — Laterza—1942). Giovanni Gentile.— La filosofia di Marx (Pisa, 1899) passim Rodolfo Mondolfo.— Il Materialismo storico in F. Engels. (Genova, Formiggini, 1912). Sulle orme di Marx. (Bologna, Cappelli., 1919) passim Indice INTRODUZIONE Cap. I — L’uomo e i primi indirizzi…………………………………………………………...pag. 1 Cap. II — Carlo Marx e il Materialismo storico……………………………………………..pag. 18 Cap. III — Dialettica e metodo genetico……………………………………………………..pag. 38 Cap. IV — Il saggio sul Manifesto dei Comunisti e il Comunismo scientifico…………..pag. 46 Cap. V — Fuori del Materialismo storico……………………………………………………pag. 56 Cap. VI — Lʹessere fa la coscienza……………………………………………………………pag. 63 CONCLUSIONE………………………………………………………………………………..pag. 82 BIBLIOGRAFIA……………………………………………………………………………...…pag. 91 Bibliografia Opere di Antonio Labriola LABRIOLA ANTONIO, Nola a Giordano Bruno, in «Giordano Bruno», Nola, 10 giugno 1888. ID., Proletariato e radicali (Lettera ad Ettore Socci a proposito del Congresso Democratico), Roma, Tipografia la Cooperativa, 1890. ID., La dottrina di Socrate secondo Senofonte Platone ed Aristotele, a cura di L. DAL PANE, Milano, Feltrinelli, 1961. ID., Scritti di pedagogia e di politica scolastica, a cura di D. 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XXX, XXIV BENSO CAMILLO DI CAVOUR, XXXVIII BENVENUTO GUIDO, IX n., 295 BERNARDINI DINO, 295 BERNARDINI FRANCESCA, XLIV n. BERTELLI LUIGI, 43 BERTINI RAFFAELE, LIII BERTONI JOVINE DINA, XVII n.‐XVIII n., XXIX n. BETTI ADRIANA, XI n., BEVILACQUA PIERO, 296 BOBBIO NORBERTO, 290, 295 BOCCIONI UMBERTO, 290, 295 BOCH E., L BOERO PINO, XLIV n. BOGGIO MARIOLA, 296 BONACCORSO EUGENIO, IX n. BONCORI GIUSEPPE, XI n., LII n., 296 BONGHI RUGGERO, XXIII e n., XXIII, XLIX‐L n., LXVIII BORIONI MARCO, 296 BORROMINI FRANCESCO, XLII BORZOMATI PIETRO, 295 BOSCHI GIOVANNI, XIX n. BOTTARI GIOVANNI, XXXVI BRAMATO GENNY, XVI n.‐XVII n., XXXI n., XLVI n., 340 BRUNO GIORDANO, VII, XXV, XXXVI, XLVII, LXI sgg., LXVIII, LXXII, 343‐344 BRUZZO SERGIO, LXXXII, 305, 339 CADONI GIORGIO, 296 CAPASSO BALDELLI SILVIA, XLIV n. CAETANI COSTANTINO, XXXVI CALVINO JEHAN, LXV CALVINO ITALO, 291, 295 CALDAROLA GIUSEPPE, 296 CALDIRON ORIO, 296 CALZOLAI DOMENICO, 201 CAMILLERI ANDREA, XLIV CANALINI GIULIO, 292 CANINA LUIGI, XXXVIII CAPIZZI ANTONIO, 296 CARDUCCI PIETRO, 292 CARLUCCI CLITO, XXXVII CARROZZINO MICHELA, 296 CARPANI GIUSEPPE, XXXVI CARTOLANO FRANCESCO, XIX CASINI PAOLO, 295 CASTELLANI AUGUSTO, XXXVI CESENA LUIGI, 179 CECCONI MOISÈ, 235 CELESIA EMANUELE, L CIAMPI LUCIA, 296 CILIBERTO MICHELE, LXIII n. CIRILLO SILVANA, 296 CIRIO AMALIA MARGHERITA, 296 CERROTI FRANCESCO, XXXVIII CIVES GIACOMO, X n.‐XI n., XXXI, 293, 295 CHIAPPINI FILIPPO, XXXIX CHIAPPINI MICHELE, XXXIX CHIOVANDA GIUSEPPE, 292 COLLI GAETANO, XIII n.‐XIV n., XXXVII n.‐
XXXVIII n., XL n.‐XLI n., XLIII n. COLONNA S., L CONTI ANGELO, 235 COPPETO CHIARA, XVII n., 341 CORDA COSTA MARIA, 293 sgg. CORDOVA FERDINANDO, 296 CORRADINI ENRICO, 235 CORTI SIRO, XXVI n.‐XXVIII ∗ Non è ovviamente compreso il nome di Antonio Labriola. 348 Indice dei nomi COSTRAGUTA LORENZO, 225 CREDARO LUIGI, XLVII, 291, 293 sgg. CROCE BENEDETTO, XLVII, LXXVIII, LXXXI sgg. e n., 305, 307 e n., 310 e n., 317 e n., 323 n. e sgg., 336 n.‐337 e n., 339, 343 CRISTIANO FLAVIA, XXXI, XLVI‐XLVII, 289, 343 CULTRONE EMANUELE, LXIX DAGASSO BERNARD, MARIA ANTONIETTA, XLIV n. DAL PANE LUIGI, XVI n.‐XVII n., XVIII‐XIX, XLVIII n., LXII n., LXXVIII sgg. e n., LXXXII e n. sgg., 305 e n., 309, 310, 318‐319 n., 323 n.‐324, 328, 339, 344 D’ANNUNZIO GABRIELE, 235, 291, 295 D’ARCANGELI MARCO ANTONIO, 296 DE FRANCISCI PIETRO, XLII DE LUCA CARMINE, XLIV n. DE MAURO TULLIO, XLIV n., 295 DE NOBILI FILIPPO, XIX n., 341 DE PRETIS AGOSTINO, 21 DE RUBEIS FRANCESCO, XXXVI DE SIMONE FIORELLA, XXX n. DE STEFANI LUIGI, XLV DE UNAMUNO MIGUEL, 291, 295 DEL BO GIUSEPPE, LXXX n. DEL VECCHIO GIORGIO, XL DELLA ROVERE FRANCESCO MARIA II, XXXVI DETTI ERMANNO, XLIV n. DIAMBRINI‐PALAZZI SANDRO, LXXXII, 305, 307, 337 DOBELLI FERDINANDO, 215 DONZELLI M, LXVI DREI LEONARDO, 225 ENGELS FRIEDRICH, XLVII, LXI, LXIV sgg., LXXX n., LXXXIII, 309 n. sgg., 313 sgg., e n., 319 n. e sgg., 336, 339, 344 FAELLI EMILIO, 43 FAETI ANTONIO, 295 FAETI GIULIA, 296 FARANDA LAURA, 296 FATTORI MARTA, 293, 295 FERMANELLI GIOVAN BATTISTA, 21 FERRARI CAROLA, XIV N., XXXVI N., XXXVIII N.‐
XXXIX, XLIII FERRARI ETTORE, LXIV FERRETTI PAOLA, 296 FERRI ANNA MARIA, 292, 296 FERRI ENRICO, XIV, XLV FEUERBACH LUDWIG ANDREAS, 313 sgg. FIORAVANTI GIUSEPPE, 290 FIORILLI CARLO, 339 FONTANINI GIUSTO, XXXVI FORMIGARI LIA, 295 FOSCARINI MARCO, XX FRASCA ROSELLA, 296 GAGLIASSO ELENA, 296 GARIN EUGENIO, XVI, L, LXXVIII, LXXX, 291, 294‐295, 343 GARGANO GIUSEPPE SAVERIO, 235 GARRONI EMILIO, 295 GERRATANA VALENTINO, X, XVI, XXXII, LXV, LXXI, 238, 343 GENTILE GIOVANNI, LXXXI, LXXXIII, 317 e n., 325 e n., 336, 339 GIOVAGNOLI RAFFAELLO, 9, 215 GIOVANNONI GUSTAVO, XXXIX‐XL GNOLI DOMENICO, XXII n. GOZZANO GUIDO, 291, 295 GRAMSCI ANTONIO, XXXI n., XLVI n., LXXXI n.‐LXXXII, 288, 337 GREGORY TULLIO, XXXIX, 344 GUERRA AUGUSTO, XXXII, LXXI, 238, 289 HEGEL GEORG WILHELM FRIEDRICH, LXV, 307‐
308, 311, 313 sgg. HERBART JOHANN FRIEDRICH, LVII, 308 IGNAZIO DI LOYOLA, XXV INNOCENZO XI, XXXVI ISOPESCU CLAUDIO, XLV JODICE DI MARTINO MARIA GRAZIA, 296 KAJON IREDNE, IX, 296 KEHLMANN DANIEL, XIII KEPLER JOHANNES, XXXVI KERN HERMANN, L LABRIOLA FRANZ, 290 LABRIOLA TERESA, 290 LANGL GIUSEPPE, 290 LATINO EMANUELE, XVIII, XIX n. LEONI AUGUSTO, 179 LEOPARDI GIACOMO, XXX, XLIV Indice dei nomi 349
LODI LUIGI, 43 LOMBARDI FRANCO, 295 LOMBARDI TORQUATO, XXVIII n. LOMBROSO CESARE, 331 LONDEI LUIGI, XXXV LORENZETTI ROBERTO, XXII n. LORIA ACHILLE, 305, 323 LUCISANO PIETRO, XXIV, 295 LUTERO MARTIN, 330
MACHIAVELLI NICCOLÒ, XXXVI, 330 MAKARENKO ANTON SEMËNOVIČ, XVII n., 341 MALININ NATALIE, 296 MANACORDA MARIO ALIGHIERO, 295 MANODORI ALBERTO, XLIV n. MARCHESINI GIUSEPPE, LXXVIII MARCONI PASQUALE, XXVIII n. MARINELLI ROBERTO, XXII n. MARINI LUDOVICO, 225 MARITI LUCIANO, 296 MARTINETTI PASQUALE, LXXX MARTIRANO MARIA CRISTINA, XI, MARX KARL HEINRICH, LXXIII, LXXX n., LXXXIII, 305, 307, 313 sgg., 317 n., 343‐344 MARZI VERA, 296 MATTIOLI PIERANDREA, XLIV MELONCELLI RAUL, 295 MENATO MARCO, XLV MERIGGI GIOVANNI, LIII, 241 MERKER NICOLAO, 295 MEROI FABRIZIO, XLV METAXÀ LUIGI, XXXVII MICCOLIS STEFANO, XXI‐XXII e n., XXIII n., XV n. sgg., LIII n., LV n., LXI n. sgg. MILANI GIOVAN BATTISTA, XL MINERVINI GENNARO, 9 DE MIRABEAU HONORÉ GABRIEL RIQUETI, LXX MONDOLFO RODOLFO, 313 n., 316 e n.‐317 n., 339 MONSAGRATI GIUSEPPE, 296 MONTANI PIETRO, 296 MORCELLINI MARCO, XXIV n., 341 MORGANTE GIULIANA, IX n., MORONI ALESSANDRO, XXXIX MORRONE ADELE, VII, MUCCILLO MARIA, 296 MUSATI LUIGI MARIA, 295 MUSSO MARIA PIA, VIX n., XXXI n., LXXX n., 344 MUSSOLINI BENITO, XL, LXXX n., XLVI, 291, 295‐296, 344 NANNARELLI FABIO, XLV NAPOLI FEDERICO, 9 NARDUCCI ENRICO, XXXVIII, XXXIX NATHAN ERNESTO, LXXII NEWTON ISAAC, XXXVI NUCCETELLI PATRIZIA, XIV n., XLV n., 290, 344 OLIVETTI MARCO MARIA, 291, 295 ORSOMARSO VINCENZO, XVII n., LXVI n., LXXX n. ORTIZ MARIA, XLII‐XLIII ORVIETO ADOLFO, 235 ORVIETO ANGELO, 235 OJETTI UGO, 235 PACETTI VINCENZO, XXXIX PAGLIARANI ELIO, 295 PAGNONCELLI LUCIO, 295 PANGRAZI TIZIANA, 295 PASCOLI GIOVANNI, 291, 295 PANZANI GIACOMO, XXXV‐XXXVI PATRIZI GIORGIO, 295 PESCI FURIO, VIII, 295 PECCHIOLI PAOLO, XXVIII n. PETROBELLI LUIGI, 295 PETROLLO PAGLIARINI MARIA CRISTINA, XLIV n. PIACENTINI MARCELLO, XL PICCHI PIAZZA ELENA, 295 PICK ADOLFO, L PIGLIETTI AMILCARE, XXVIII n. PLACANICA AUGUSTO, XIX n., 341 PLATONE, LXI‐LXXII n., LXXXII, 307, 339, 343 POGGI ALFREDO, LXXVIII‐LXXIX e n. PORTELLI SANDRO, 296 PRAIER MARIO, 296 PRAMPOLINI MASSIMO, 295 PRETI VINCENZO, XXXVI PUNZO LUIGI, XXIV n. RADETTI GIORGIO, LXXXII, 301 RAGIONIERI ERNESTO, XVI n. RATTI FRANCESCO, 292 REALE MARIO, 296 RICHTER K., L RIECKE G. A., L RITA GIOVANNI, XIII, 344 350 Indice dei nomi ROUSSEAU JAN‐JACQUES, 325 ROUX LUIGI, 21 RUFINI GIOVANNI, XXXIX SALERNI ANNA, 296 SANDRUCCI ROBERTO, 296 SANTAMARIA EMILIA, X, SANTIEMMA ADRIANO, XXX n. SANTONI RUGIU ANTONIO, XXIII n. SANZO ALESSANDRO, VII, X n.‐XI n., XIII‐XIV n., XXXII n., XLVI n., XLIX n.‐L n., 292, 296 SARFATTI MARGHERITA, 291, 295, 344 SAVERIO FRANCESCO, 284 SAVORELLI ALESSANDRO, XXIV n., LXII n.‐LXIII n., 341 SCALZO DOMENICO, XI n., 292 SCHUPEFER FRANCESCO, XIV, XLV SECONDO DANIELA, XVI n., XXII n., XXV n., XXIX n., 341 SENOFONTE, 307, 339, 343 SERRA BORNETO CARLO, 296 SERRAI ALFREDO, XLIII n.‐XLIV SETTELE GIUSEPPE, XXXVII SEVERI FRANCESCO, XL SICILIA FRANCESCO, XLIV n. SICILIANI DOMENICO, 291 SICILIANI LUIGI, 283, 291 SICILIANI DE CUMIS NICOLA, VII, IX e n. sgg., XVI n.‐XVII n., XIX n‐XX n., XXXIV n. sgg., XXIX n., XXXI e n.‐XXXII, XXXV n., XXXIX n., XLVI n. sgg., LXI n.‐LXII n., LXV n., LXVII n., LXX n. sgg., 24, 29, 48, 66, 75, 103, 107, 113, 131, 149, 157, 188, 206, 218, 238, 249, 267, 269, 290 sgg., 343‐344 SILLITTI GIOVANNA, IX, SILVESTRI LIANA, VII, LXXXII, LXXXII n.‐
LXXXIII n., 301 SIMONCINI ANTONIO, XXVIII n. SOBRERO ALBERTO, 296 SOCRATE, VII, XXV, LXII n., LXIV, LXXXII, 307, 339, 343 SONZOGNO EDOARDO, 215 SONZOGNO RAFFAELE, 215 SOREL GEORGES EUGÈNE, XLVII, 310, 320, 337 e n. SPADAFORA GIUSEPPE, 295 SPAGNOLETTI GIOVANNI, 295 SPANO NICOLA, XIII n. SPAVENTA BERTRANDO, XVIII, LVX, LXXXII, 307, 311, 320 SPAVENTA SILVIO, LXV SPENCER HERBART, 308 SPINELLI EMIDIO, LXI, 296 SPIRITO UGO, 295 SPOSETTI PATRIZIA, 295 STAY BENEDETTO, XXXVI SUSMEL DUILIO, LXXX n. SUSMEL EDOARDO, LXXX n. SZPUNAR GIORDANA, X n., XXXII n., XLVI n., 296, 345 TAGLIABÒ SERGIO, XXXVI TARABUSI DANIELA, XXXI n., XLVI n. TARAMASSO EMILIO, XIX n., XXVIII n., XXIX, LVI n.‐LVII, 249 TARICONE FIORENZA, 296 TEDALDI GIANLUCA, XLIV n. TOLSTOJ LEV, X, TOMASSETTI TANIA, 296 TORRE ANDREA, 310, 339 TRABALZINI PAOLA, 296 TRIBUZI BARBARA, VIII, 341 TRISCORNIA FRANCESCO, XXVIII n. TURATI FILIPPO, XVI n. TURCO GIUSEPPE, 9 UNISCI ARMANDO, 295 VAGO G., L VALENTINI CHIARA, 296 VALENTINI FRANCESCO, XI, 295 VASSALLO LUIGI ARNALDO, 9, 43 VEGGETTI MARIA SERENA, 295 VERNACCHIA GALLI JOLE, XXXVII n. VICO GIAMBATTISTA, 308, 325, 335 VINCI PAOLO, 296 VISALBERGHI ALDO, XXXI, XLVI, 296 sgg. VOLPE GIOACCHINO, LXXIX, LXXXII, LXXX n. VOLPICELLI IGNAZIO, 296 VON SPRENGER ROSALIA, 296 WIDMAR BRUNO, XVII WUNDT WILHELM MAXIMILIAN, 337 n. ZELLER EDUARD, LXI, LXXXII, 307 e n. Indice delle tematiche ricorrenti Abitudine, XXVIII, LII, LV, LX Acquisizioni, XV n., XXXVIII, XLIII Agnosticismo, 336 Alienazione, 314, 325 Ambiente sociale, 309, 330, 332 Apprendimento, X, XXXI, LV, 292, 294 Aristocratici, 181 Articoli giornalistici, XXV, XXVIII, XXXI‐
XXXIII, 3 Attività, XVI, XVIII n.‐XIX n., XXII‐XXIII, XXV, XIX, XXXI, XLI, LI, LXVII, LXXI, LXXXI, 290, 309, 311, 317, 336 ‐ accademica, XVIII ‐ bibliotecaria, XXXVIII ‐ culturali, XIV, 290 ‐ didattiche, XXXI, LVI, 293‐294 ‐ di ricerca, XXIV n. ‐ educativa, LXI ‐ labrioliana, XVI, LVI ‐ pedagogica, XVIII, XXI ‐ pedagogiche, LVI, LXXV, 293 ‐ politica, XV, XVIII ‐ pubbliche, XLVIII ‐ radicali, LXXIII ‐ scientifiche, XXXI, 293 ‐ sociali, 293 ‐ storiografiche, 287 ‐ universitaria, IX Attualità, LII, LV, LXXIX, 314, 333 Arte, 315, 328 sgg. Autonomia, LIV, LXII‐LXIII, LVIII Autorità governative, LIII Azione educativa, LI, LVIII Bambini, LV, 296 Bambino, LV, LX Bene culturale, X, 289, 291, 293 Bibliografia, VII, X, XXXII, XLIII n., 294 Biblioteca, XIII n., XV, XXX sgg., XXXV sgg. ‐ Alessandrina, VII, IX‐X, XIII n.‐XIV, XXI, XXX n.‐XXXI n., XXXII‐XXXIII, XXXV sgg. e n., XLII n., XLIV n., XLVI n.‐XLVII n., 290 sgg., 343 sgg. ‐ Comunale di Terni, XI n. ‐ Corsiniana, XXXVIII ‐
del Museo d’Istruzione e Educazione, XXIII ‐ dell’Istituto di Storia del Diritto Italiano, XIII n., XXXVII n.‐XXXVIII n. ‐ di Filosofia, XI n., XVI n. ‐ Nazionale, XI, XXIV n., XIV, XXIII, XXXVIII, ‐ universitaria, XIV n., XXXI, XXXV ‐ Vaticana, XXXVI‐XXXVII Biblioteche specializzate, XXXVIII, XL sgg. Borghesia, LXVI, LXXI, LXXXIII, 291, 313, 315, 317, 330 Cambiamento, L, 315, 330 Capitalismo, 315 Capitalisti, 181 Carte di famiglia, 290, 295 Chiesa, XLI, LXIV, LXXIX Circolo pedagogico, VII, XXIV n.‐XXV, XXVIII e n.‐XXIX, XLVIII, LVI‐LVII Città universitaria, XIII‐XIV n., XXXI, XXXIX n., XL‐XLI, XLIII, 292 Classi sociali, LVIII, LXXXIV, 315 Collaborazione, XVIII, XLIV, LII Colonialismo, LXXX Comunismo, LXXXIII‐LXXXIV, 314‐315, 318, 324‐325, 333 ‐ critico, 317 ‐ scientifico, 323‐324, 341 Competenze, XI, XXV, 290, 296‐297 Concezione ‐ epigenetica della storia, LXVI ‐ materialistica della storia, XLVII, LXVI, LXXXIII, 316,320 n., 328 n., 339 Conciliazione, XLI, LXIV Conferenze sulla scuola popolare, XXXIII, XLVII, LXIX Congresso dei professori, XLIX, LIII Conservatorismo, 201 Contesto storico, XXVIII, 3 Coscienza, LXI‐LXII, LXIV, LXXX, 303, 305, 310 sgg., 307, 309, 315 sgg., 318, 329 sgg., 335, 341 Critica, XXVI, XLVII, LIV, LIX, LXII‐LXIII, LXX, LXXVIII, LXXX, LXXXIII 352 Indice delle tematiche ricorrenti Cristianesimo, LXXXIV, 314, 332 Cronaca, XV, LXVIII, 296 Cultura, XXXV‐XXXVI, XXXIX, XLII, XLIX, L sgg., LXXVII‐LXXVIII, LXXXI, 289, 290, 296, 308, 311, 323, 331 ‐ fascista, XLV Curiosità, XXVI‐XXVII, LII, LIV‐LV Darwinismo, 335 Democrazia, LVIII, LXXIV, LXXX, 290 ‐ culturale, 289 ‐ sociale, LXXIV, LXXXIII, 314 Dialettica, LXII, 313, 315 sgg., 320 sgg., 325, 329, 336, 341 Dialogo, XVI Didattica, IX‐X, XV‐XVI, XVIII, XXVI sgg., LI, LIX‐LX, LXXVII, LXXXI, 293, 296‐297 Digitalizzazione, XV‐XVI, 295‐296 Dinamismo intellettuale, XLIV Diritti, LVIII, LXVIII, 333 Diritto, XXXVI, LIX, LXXII, LXXVI, LXXVIII, 309, 314, 327, 332‐333 ‐ all’esistenza, LXXIII ‐ al lavoro, LXVIII, LXXI, LXXIII‐LXXIV ‐ di stampa, XXXVIII, XLI Disciplina, XLVIII, LXXV, 307, 310, 327 Disuguaglianze, LII, 333 Disvalori, LXXV Divulgazione, 290‐291, 293 ‐ filosofica, XV ‐ letteraria, XV ‐ pedagogica, XV ‐ scientifica, XV, 293, 296 sgg. Docenti, XIV n.‐XV, XXXI, XXXVI, XLIV, 293‐
294 Dottrina, LXI, LXIII, LXXIII, LXXXII, 305, 307‐
308, 310, 314 sgg., 323, 327‐328, 332, 335‐336, 339, 343 Doveri, XXIV n., 333 Economia, 305, 309, 316, 323, 327, 333, 335 ‐ politica, 314‐316, 329 ‐ marxista, LXXXII, 305, 339, 343 Editoria, XI, XV, XLIV n., XXX n., 294 Educabilità dell’uomo, XLVIII, LXXXII Educazione, IX sgg., XIV, XVII‐XVIII, XXII n., L, LII, LVIII, LXI‐LXII, LXXVIII, LXXXI‐
LXXXII, 291 Embriologia, LXVI Empirismo, 307 Etica, XLIX, LXXIII, 309 Epigenesi, LXXXIII, 309‐310 Esperimento, LXIII, LXXX Famiglia, LXXXIII, 291 sgg., 295, 320 Fanatismo religioso, LXII, LXXXIV, 332 Fascismo, VII, XXXIII, XLI, LXXVIII sgg., 296, 344 Fede, XXXVII, XLVIII, 310, 313 ‐ politica, 337 Félibrige, XLV Filologia, XXXVI, XLV, XLXI‐L, LXXV Filosofia, IX, XLIX‐L, LII, LX, LXII, LXV, LXXV, LXXIX, 292 sgg., 313 sgg., 324‐326, 330, 333 sgg., 343 sgg. ‐ del diritto, 314 ‐ della storia, XLVII, LXV, LXXI, 308‐309 ‐ morale, IX, LII, LXXI Formazione, IX n. sgg., XV n. sgg., XIX n., XXVII, XXX, XLI, XLVII, LII, LV, LXIV, LXXIII, LXXXII, 297, 313, 318‐319, 336, 344 Fondi librari, XIV, XXXI, XXXV, XXXIX, 291, 293‐294 Fondo Labriola, XXIX‐XXX, XXXII, LXXXII Fonti documentarie, XXII Fortuna, VII, XLVII, LXII, LXXVIII, 292 Futuro, XXXIX, LI, LXV, LXXIII, LXXV, LXXXI, 290‐291 Genio, 331, 332 Geografia, XX, LII, LIX‐XL Ginnastica, XXI n. Giornali, IX, XV sgg., XXX,‐XXXI, XLV sgg., 289 sgg. Giornalisti, XXV, L, LXVII, LXXII, 43 Giustizia, LXXVIII, 324 Governo, XXXVIII, XXXIX, LIX, LXXIX, 43, 179, 310 ‐ pontificio, XXXVIII Guerra, LXXX‐LXXXI, 290 Hegelismo, LXI, LXV, 307‐308, 311, 316, 336 Herbartismo, LI, LXV, 305, 308, 335 Ideali, LI, 314, 318, 324, 335 ‐ universitari, LXXIV Idealismo, 308, 313‐314, 335 Indice delle tematiche ricorrenti 353
Igiene scolastica, XXI n. Illuminismo, XXXVI, 324 Imperialismo, LXXX Indagini scientifiche, XV Indipendenza, LIX ‐ politica, 201 Individualità, XXVI, LI, LV, LVIII, 330‐331 Individualismo, 314 Insegnamento, XXI, XXIX, XXXI, XXXV, XLVII, L sgg., LV, LIX‐LX, LXII, LXV, LXX, LXXVI sgg., 292, 294 ‐ della geografia, LII, LX ‐ della storia, LI‐LII, LVI‐LVII, LIX, 294, 332, 335 ‐ filosofico, LX ‐ religioso, LIII, LX, LXXIX ‐ scientifico, LX Intellettuali, XXXVI, XLV, LXII‐LXIII, 297 Interdisciplinarità, LI Interessi, XV, XXV, LXX, LXXIII, 332 Ispezioni, XIX, LVIII Istituzioni scientifiche, XLV Lauree in filosofia, VII, XXV, XLVII, XLIX, LII, LXXV, 3, 294, 345 Lavoratori, LXXIII‐LXXIV, LXXVII, 181 Letteratura, 292, 327, 339, 343 Lezioni universitarie, XXXIII Liberali, XXXVII, LXV, LXXII, 313 Libertà, LXII, LXXVI, 331 ‐ costituzionali, 43 ‐ di giudizio, LXX ‐ di pensiero, LXXVII ‐ d’insegnamento, LIII, LXII, LXX, LXXVIII ‐ della scienza, VII, XXV, LXXIV, LXXVIII, 339, 343 ‐ della filosofia, ‐ morale, 307, 339 ‐ politica, LXIV Libri, IX, XVI, XXXI, XXXVII‐XXXVIII, XLII, XLVII, LIX, LXIII, 290, 292 sgg. Linguaggio, 314 Linguistica, XLV Lotta, LIII, LXII, LXXI‐LXXII, LXXXII, 315, 324, 330, 333 ‐ di classe, 324 Maieutica, LXII Manifestazioni culturali, XLIV Manoscritti, IX, XXX, XXXV‐XXXVI, XXXVIII‐
XXXIX, 291, 295 Marxismo, XLVII, LVII, LXVI, LXXIII sgg., LXXIX, 305, 335, 337, 339, 343 Mass media, XV Masse, 310, 314, 332 Materialismo storico, VII, XXXII, LXVI, LXXIX, LXXXII sgg., 299 n., 303, 305, 309 sgg. Metafisica, LXXV, 307, 309, 321, 324, 335‐336 Metodo, XLIX, 327 ‐ capitalistico, LXXIV ‐ dialettico, LXVI, 319 ‐ genetico, LXVI, LXXXIII, 311, 319 sgg., 327, 329‐330, 336, 341 ‐ pedagogico, LI, LV ‐ scientifico, XXVII Mezzi di comunicazione di massa, Miti, 336 Morale, 309 e n., 314, 330, 332‐333, 339 Museo d’istruzione e di educazione, XVI, XVII e n.,XVIII‐ XIX n., XXII n.‐XXIII n., XLVI n. Operai, X, LXVIII, LXIX, LXXIII Organismi accademici, XV, 1, 25 sgg., 68–69, 85 Orientamento politico, 9 Pace, 288 Patrimonio biblio‐emerografico, XV Partito ‐ democratico, 310 ‐ operaio, LXXIV ‐ socialista, LXV Pedagogia, VII, IX‐X, XXIII, XXVI, XXXI, XLVI, XLVI sgg., LII, LVII, LXI‐LXII, LXXI, LXXIX, LXXXI, 292 sgg., 309, 311 ‐ del caso, LXXXI ‐ generale, IX, XLVI, LI, 289‐290, 293 ‐ moderna, LXXXII ‐ pratica, XXVIII‐XXIX ‐ speciale, LI Periodici, XIV sgg., XXXI‐XXXII, XLV‐XLVI, LXXXII, 292, 294 Politica, XXIX, XXXVII, XLVII, LIX, LXXIII, LXXVIII, LXXIX, 9, 299 n., 310, 318, 324, 337 n., 339 ‐ accademica, XIII ‐ bibliotecaria, XIII n. ‐ coloniale, LXXX ‐ culturale, XIII, XXIV, 292 354 Indice delle tematiche ricorrenti ‐ estera, LXXX ‐ scolastica, LXXIX ‐ sociale, LIII, 310 Politiche culturali, XV Popoli ‐ attivi, LXXX‐LXXXI ‐ passivi, LXXX‐LXXXI Popolo, LX‐LXI, LXXIV, LXXVII, 314 Positivismo, XXIII n., 311 Pratica didattica, LXXVI Praxis, 313, 316, 318, 320, 335 sgg. Prigionia, LXIV Prima Guerra Mondiale, 295 Problemi sociali, 43 Processo, XX, XXII, LI, LVI, LXI sgg., LXXXI, 307, 313 sgg., 319‐320, 329, 331 sgg. ‐ educativo, LXXXII ‐ dialettico, 313, 316‐317 ‐ didattico, LX ‐ psicologico, LX ‐ sociale, 316 ‐ storico, LXXXI‐LXXXII, 316 Programmazione didattica, LXXXI Programmi scolastici e governativi, XXI Progresso, LIX, 331 ‐ liberale, 313 ‐ sociale, 313 ‐ umano, 313 Professori, XX, XXXI, XXXVII‐XXXVIII, XLV, LXVII, LXXV‐LXXVI, 293, 343 Proletariato, 310, 315, 324‐325, 333, 343 Proprietà, XLIX, LXXIV, 314 ‐ privata, 315 Prospettiva, XXII‐XXIII, XXV, XL, LI, LXXIII, LXXVII, 290 Pubblicazioni periodiche, XIV Pubblico, XLIV, LIV, LXXII, 179, 235 Quotidiani, XIV sgg., XXII‐XXIII, XXV, XXXII‐
XXXIII, XLVI, LII, LIV, LXVIII Quotidianità, XXV, XLVI Radicali, VII, XXV, LXIII‐LXIV, LXXI sgg., LXXXIII Radicalismo, LXXI, LXXIII, 310, 313‐314 Regime fascista, XIII Regno d’Italia, XXXV, XXXVII Religione, LIII, LXXXIII, 309, 313 sgg., 329‐330, 332, 339 Restaurazione, LIII Ricerca, IX, XI, XIV sgg., XXII, XXIV, XXX, XXXII, XXXVIII, XLV‐XLVI, XLVIII, LII, LXII, LXXV sgg., LXXXIII, 289, 294, 296, 310, 313, 318, 320, 322, 329, 330 ‐ economica, 317 ‐ educativa, XI ‐ empirica, 329 ‐ scientifica, XLII Ricerche archivistiche, XXII n. Riforma, LII, LXII, 330 ‐ universitaria, 294 Riviste, IX, XV‐XVI, XVIII, XV, XXXI‐XXXII, XLII, XLV, XLVII, 291, 293‐294 ‐ pedagogiche, LII Rivoluzione, LXV, 314‐315, 324, 330‐331 ‐ francese, VII, XXV, XLVII, LXV sgg. ‐ politica, LXXI ‐ sociale, LXXI Sapere, XLVIII, LXXV, 294, 310, 320, 330 Schiavitù, LXXXI‐LXXXII Scienza, XXXVII, LIX, LXII‐LXIII, LXV, LXXVI sgg., 296, 305, 307, 309, 317, 325, 327, 330‐
331, 336‐337, 339, 343 ‐ moderna, LXV ‐ sociale, 328 Scoperte geografiche, LXXXI Scuola, X, XIX,XXI, XXVI, XLI, XLVIII, LVX, LXXIX, 291, 293, 296, 308, 311, 318, 321 ‐ elementare, XX, 241 ‐ hegeliana, 317 ‐ popolare, VII, XXV, XXVIII sgg., XXXIII, L, LII sgg., LXIX Scuole ‐ elementari, XVIII n. ‐ magistrali, XIX n. ‐ normali, XIX‐XX Sentimento religioso, XXI Sfruttamento, LXXIV, LXXXIV, 330, 333 Sinistra, 21, 201 ‐ hegeliana, LXXIV, 313‐314 Sistematica, 313, 315 Socialismo, LXXI, LXXII‐LXXIII, LXXX, LXXXIII, 310, 315, 324, 333, 342‐343, 339 ‐ scientifico, 305 ‐ storico, 305 ‐ utopistico, 324 Società, XXIX, XLV, L, LIII, LXXIII, LXXVII, Indice delle tematiche ricorrenti 355
291, 309, 313 sgg., 320, 324, 333, 344 ‐ comunista, LXXXIV, 333 ‐ di massa, XV ‐ democratiche, LXXII ‐ moderna, LXVI Seconda Guerra Mondiale, Seconda Internazionale, XLVII, LXXX Semidottrina, 310, 327 Società di mutuo soccorso fra gli insegnanti romani, XXVI‐XXVII Socratismo, LIII, 320 Solidarietà, XLVII, LXXIV Stampa, XXVII, XXIV‐XXV, XXVII, XXX, XXXIII, XXXVIII, LIII, 293, 295, 314, 316, 343 ‐ laica, XXXIII ‐ periodica, XXXIII ‐ politica, 181 ‐ romana, XXXIII Stampe, VII‐VIII, Stato, XXXVIII, 290 sgg., 309, 313 sgg., 318, 324, 327, 332, 339, 343 ‐ ecclesiastico, XXXVII ‐ etico, 309‐311 ‐ liberale, XXXV ‐ Pontificio, XXXV‐XXXVI Storia, XIV‐XV, XVII, XXXI, XLVII, XLIX, LI‐
LII, LIX, LXIV, LXVI, LXXIV, LXXVI, LXXXI, LXXXIII, LXXXIV, 293‐294, 296, 305, 308 sgg., 313, 315 sgg., 325 e n., 327‐328 n., 329 sgg., 335, 337, 339, 343‐344 ‐ dell’educazione, LXI Storicismo, 305 Struttura economica, 315, 329 sgg. Studenti, IX‐X, XIII sgg., XXX‐XXXI, XXXIII, XXXV, XLIII sgg., XLIX, LVI, LXII, LXVII sgg., LXXIV sgg., 293‐294, 296 Studio, IX‐X, XIV sgg., XXVIII, XXXI, XXXVII sgg., XLVI, XLVIII, LXVI, LXXX, 292, 295, 297, 305, 307, 309, 314, 323, 325, 328, 335 Spazio, XXXVII‐XXXVIII, XL, XLII, LXIV Spirito, LI, LVII, LIX, 309‐310, 314‐315, 317, 327, 331‐332, 335, 337 Sviluppo, XV, XXXIX, LI, LXIV, LXXVI, LXXX sgg., 291, 296, 309, 314 sgg., 319, 329 sgg. Tecnica, 285 Tecnologie, XLIV ‐ digitali, X, XXIV ‐ editoriali, X ‐ informatiche, XVII ‐ redazionali, X Teologia, LXXVIII Teoria evoluzionista, 309 Teorie ‐ pedagogiche, XXV ‐ psicologiche, XXV Tesi di laurea, VII, IX‐X, XXIX sgg., XLV, LXXXII, 292‐293, 295‐296, 299 n., 301, 345 Testi, VIII, Tolleranza, LX Tradizione, X, XXXVII, XLII, XLIV, L, LXV, LXXV, 292 Umanesimo, LXXV, 308 Università, VII, X, XIV, XXV, XXVIII sgg., XLV sgg., LII, LVI‐LVII, LXIII, LXV, LXVIII sgg., LXXIV sgg., 289, 293 sgg. ‐ Cattolica del sacro Cuore, 290 ‐ «La Sapienza», IX‐X e n. sgg., XIII‐XIV, XVII, XXIII, XXVII n.‐XXVIII, XXX‐ XXXI e n., XXXV, XXXVII n. sgg., XL, XLIV e n. sgg., XLVIII n. sgg., LXVI n. LXXX n., 289 sgg. Uguaglianza, 324, 333 Valori, L, LXXIV‐LXXV, 335 Vita, 307, 309 sgg., 327, 329‐330, 333, 335 sgg., 339, 343‐344 ‐ culturale, XIV, XLV ‐ intellettuale, XLVII ‐ politica, XIV, XLV ‐ scolastica, XVIII Finito di stampare nel mese di luglio 2009 dal Centro Stampa Nuova Cultura, Roma 
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Appendice I - Archivi di Famiglia