NOTE N° 30 WWW.MASCI.IT MARZO 2010 Note del Presidente n°30 Carissime e carissimi, sono state per me settimane intense e piene di impegni e di appuntamenti e dalle notizie che ricevo, la stessa vitalità coinvolge tante Comunità e tutte le Regioni. Una vitalità destinata a crescere nei prossimi mesi che ci dividono dalla Assemblea Nazionale di ottobre a Principina. Tutto questo fa crescere in me la convinzione che la nostra Assemblea sarà ricca ed impegnata, riusciremo a raccogliere i frutti del lavoro svolto in questo triennio e a dar e nuo v o s lan cio al nostro movimento. Tutto questo è "grazia di Dio". Come al solito desidero parteciparvi le principali attività in cui sono stato coinvolto. l' 8 febbraio ho partecipato al 2° SE.ME, appuntamento periodico organizzato dalla Regione Lazio. Questo appuntamento aveva per tema "la responsabilità del laico adulto" con particolare riferimento alla vita familiare. La riflessione è stata introdotta da SE mons.Luigi Moretti Vice Gerente della diocesi di Roma, vecchio AE scout con il quale ho avuto la gioia di condividere l'esperienza nel Gruppo AGESCI Roma IX alcuni anni fa. il 13 febbraio ho assistito la rappresentazione di un lavoro di E. De Filippo organizzato da ECCOMI per finanziare il "progetto Batwa" in Burundi; una bellissima iniziativa, un bello spettacolo, hanno venduto più di 600 biglietti e di consequenza anche la raccolta-fondi è stata significativa. il 16 febbraio ho incontrato con Gregorio Arena i Responsabili Regionali dell'AGESCI-Lazio ed il nostro Aldo Riggio per valutare la possibilità di realizzare un progetto di "cittadinanza attiva"; l'idea è molto bella dovranno valutare l'effetiva realizzabilità il 19 febbraio ho partecipato alla riunione della redazione di Strade Aperte che ha messo a punto il programma dei numeri che dovranno uscire da qui a fine anno, anche in accompagnamento al cammino verso l'Assemblea Nazionale. il 19-21 febbraio ho partecipate alla riunione del Comitato Esecutivo; il verbale del CE illustrerà tutto il lavoro svolto, ma mi sembra che il CE sia pronto ad affrontare la gran mole di lavoro che l'attende da qui all'Assemblea Nazionale. In particolare ci si è soffermati sul l'impor tanza di r e a l i z z a r e t u t t e l e Is o l e dell'Arcipelago previste quest'anno. il 25 febbraio ho partecipato ad una tavola rotonda (oltre a me partecipavano la Responsabile Na z i o n a l e S c o l t e Fr a n c e s c a Loporcaro e Gerardo Mannoni capo di un Gr uppo che sta sperimentando una diversa articolazione delle fascie d'età) sulla Branca R/S organizzata da una Co.Ca. del Lazio aperta ai Capi delle altre Zone. A me era stato chiesto di raccontare l'esperienza della Branca negli anni della nascita dell'AGESCI (vi allego il testo del mio intervento). Un incontro molto bello e partecipato. il 7 marzo con Alberto abbiamo incontrato i Pr e s i d e n t i dell'AGESCI, come al solito si è trattato di un incontro fraterno e co r d i a l e , a b b i a m o p a r l a to i n particolare delle nostre comuni responsabilità nei confronti della Comunità Foulard Blanc e del Centro Studi Mario Mazza il 10 marzo a Teramo in un clima fraterno ed accogliente ho i n co n t r a to i n s i e m e a l n o s t r o Segretario Regionale Er nesto Albanello la Comunità Teramo 2. Questa Comunità stava vivendo un momento di disagio nei confronti di alcune scelte e comportamenti al livello nazionale, ci siamo confrontati con chiarezza e con serenità in un clima di "scautismo vero". il 15 marzo ho incontrato un responsabile della Compagnia di San Giorgio per approfondire alcuni aspetti del progetto "L'effige della Madonna degli Scout e delle Guide a Nazareth", un progetto che sia pure con risorse limitate vede PAGE 1 coinvolto anche il MASCI. Mi sembra che abbiamo risolto con disponibilità all'ascolto ed amicizia tutti gli aspetti più controversi. la settimana dal 15 al 20 marzo si è svolta a Como la riunione annuale del World Committee dell'ISGF, riunione alla quale ha prestato tutta l'assistenza possibile la Comunità di Como ed altri Adulti Scout della Lombardia coordinati dalla nostra impagabile Vicepresidente Virginia. Mercoledì c'è stata la riunione congiunta del World Committee con il nostro Comitato Organizzatore per mettere a punto tutti i dettagli organizzativi ed il sopral luogo ai luoghi do ve si svolgerà la Conferenza nella stupenda cornice del lago di Como, la sera si è chiusa con una cena di fraternità offerta dalla Comunità di Como. Mi sembra di poter dire che la preparazione procede bene anche se il lavoro ed i problemi da risolvere sono tanti. Sarà necessario il contributo di tutti. il 18 marzo ho avuto la gioia di incontrare a Varazze p.Giacomo Grasso, nostro AEN per tanti anni, ma sopratutto mio grande amico con il quale ho avuto modo di vivere momenti molto importanti non solo della vita associativa ma della mia vita personale. il 18 marzo sono stato invitato dall'AGESCI e dal MASCI di Albenga a svolgere una riflessione sull'attualità della "Populorum Pr o g r e s s i o " , u n te m a c h e m i affascina da tempo tanto è vero che quello che ho detto prendeva spunto da mie precedenti riflessioni. Un incontro dove è emerso ancora una volta è emerso come questa enciclica rappresenti ancora oggi un testo profetico per "tutti gli uomini di buona volontà". (vi allego il testo) il 19-21 marzo si è svolto a Fara Sabina il Workshop sullo Sviluppo o r g a n i z z a t o d a l l a Pa t t u g l i a Nazionale Sviluppo. Mi sembra di poter dire che si è trattato non solo di un incontro molto importante ma anche ben impostato e ben condotto. A me è stato chiesto di NOTE N° 30 WWW.MASCI.IT MARZO 2010 Note del Presidente svolgere un intervento di apertura che vi allego. il 20-21 marzo in contemporana con il workshop si è incontrata la Commissione voluta dal Consiglio Nazionale per predisporre il nostro contributo in preparazione alle Settimane Sociali 2010. Il testo p r e d i s p o s to s i è co n ce n t r a to sull'urgenza dell' "educazione degli adulti" . Il testo è in questo momento all'esame dei componenti La Bottega artigiana Vorrei soffermarmi un momento sul titolo di questo incontro WORKSHOP, la traduzione corretta di questa parola inglese è “bottega artigiana”, bottega dove ogni cosa realizzata è oggetto di amorevole cura, dove si vende direttamente ciò che si realizza; se accettiamo questa definizione il nostro non è quindi un incontro di intellettuali, di studiosi, ma un incontro di “artigiani” di una bottega dove si cerca il modo migliore per realizzare preziosi oggetti, una riunione operativa ed operosa. Penso quindi che lo stato d’animo con il quale metterci al lavoro è proprio quello dell’ “artigiano” . Venendo all’oggetto del nostro incontro “Lo sviluppo del MASCI” vorrei sgombrare il campo da un equivoco, da un falso dilemma, lo vorrei fare proprio nella logica della “bottega artigiana”. Quando si parla di “sviluppo” c’è sempre qualcuno che con argomenti raffinati ci spiega che quando si parla di sviluppo bisogna distinguere tra sviluppo qualitativo e sviluppo quantitativo, che ci dovrebbe interessare solo lo sviluppo qualitativo e che , per evitare confusioni, sarebbe meglio usare un altro termine per indicare lo sviluppo quantitativo. Sono sempre riflessioni affascinanti ma molto astratte e non colgono la realtà. Se ci mettiamo nella logica della “bottega artigiana” le due cose coincidono: l’artigiano è appassionato del suo lavoro, di ciò che realizza e propone, nel suo lavoro mette non solo la sua abilità manuale, la sua tecnica, ma anche la del Consiglio Nazionale, non appena approvato provvederemo alla sua diffusione sul Portale e su Strade Aperte Ognuno di questi incontri è stato apportatore di ricchezza. Se saremo in grado di mettere insieme le tante ricchezze diffuse, io sono convinto che il MASCI potrà veramente rappresentare un offerta per le donne e gli uomini del nostro sua cultura e la sua passione; e nello stesso tempo ha presente i gusti ed i bisogni, l’utilità per le persone alle quali offrirà il frutto del proprio lavoro; l’artigiano non lavora mai per se: espone con orgoglio il risultato del proprio lavoro sulla soglia della bottega perché tutti i passanti possano ammirarlo, talvolta prende il carretto e gira per i mercati e le fiere di paese ad offrire i suoi preziosi prodotti, i suoi “gioielli”. Questo è quello che oggi siamo chiamati a fare. Tutto il lavoro fin qui svolto da molti anni ci ha condotto a definire il nostro specifico servizio, la nostra vocazione e la nostra missione: vogliamo offrire alla società ed alla chiesa italiana una proposta di educazione per adulti, abbiamo scelto come missione di mettere al servizio delle donne e degli uomini del nostro tempo ambienti dove consentire “qui ed ora” ad ogni persona di vivere con pienezza, autenticità, capacità critica e responsabilità il proprio tempo e la propria condizione, abbiamo scelto come nostra missione di accettare la “sfida educativa” utilizzando gli elementi fondamentali del guidismo e dello scautismo come strada verso la felicità. Negli anni più recenti con l’Arcipelago delle Opportunità, con i Poli dell’Eccellenza, con il Sinodo dei Magister abbiamo cercato di dare qualità, sostanza e contenuti a questa nostra proposta; ovviamente , come nella bottega dell’artigiano, questo lavoro non è mai finito, è sempre possibile mettere mano ad un gioiello, ad un oggetto più bello. Ma questo è il tempo di offrire i frutti del nostro lavoro a coloro i quali è destinato, occorre mettere il frutto del nostro lavoro sull’uscio della nostra PAGE 2 paese ed un servizio alla società italiana e alla Chiesa un abbraccio Il Presidente Riccardo Della Rocca bottega perché chi passa possa apprezzarlo, ma soprattutto occorre andare per fiere e mercati per offrirli a chi ne ha bisogno: gli adulti, donne ed uomini del nostro tempo.. E’ questa l’ “Operazione Sviluppo” alla quale dobbiamo mettere mano. Dobbiamo partire da una considerazione rassicurante: il MASCI conta 6000 Adulti Scout presenti in tutte le regioni d’Italia distribuiti su più di 300 comunità: questo dato ci dice che siamo una delle maggiori realtà associative italiane di “persone attive”, chi è socio del MASCI non lo fa solo per ricevere una rivista o per avere qualche servizio o qualche sconto particolare (come avviene per il Touring Club o l’Automobil Club), ma per vivere un’esperienza coinvolgente ed attiva. E’ un buon inizio, vuol dire che la nostra proposta ha senso ed è riconosciuta. Sappiamo allo stesso tempo che in modo più o meno consapevole il bisogno di ambienti per adulti è estremamente vasto, ci sono praterie immense da esplorare. Il MASCI dalle sue origini è cresciuto a salti: all’inizio erano poche centinaia di adulti scout provenienti dalle Compagnie di San Giorgio, fedeli seguaci di Mario Mazza, un primo salto si ebbe quando il MASCI si aprì alle donne provenienti dall’AGI raggiungendo circa 1500 adulti scout, un altro negli anni 70 quando con maggiore chiarezza si definì come movimento di “comunità di fede e di servizio”, intuì il proprio specifico nell’”educazione permanente”, inventò i “seminari d’animazione” per aiutare le comunità NOTE N° 30 ad essere ambienti educativi, si raggiunsero così circa 3000 adulti scout; alla fine degli anni ’80 si ebbe un nuovo salto che portò al livello di 6000 aderenti e con oscillazioni più o meno evidenti ci si è assestati su quel livello. Ogni salto è stato giustificato da un cambio di passo, è di quel cambio di passo di cui oggi abbiamo bisogno per un nuovo salto. Allo stesso tempo occorre ricordare che nel tempo abbiamo assistito ogni anno ad un turn-over costante dei soci di circa il 10%. Ci si è interrogati più volte su questo fenomeno, ricordo le statistiche puntuali prima di Carlo Guarnirei ed oggi di Dino Di Cicco che cercano di spiegare il fenomeno. Dopo tanti anni io credo che la risposta sia più semplice di quello che abbiamo sin qui pensato. Finora abbiamo affidato lo sviluppo prevalentemente alla crescita del numero dei censiti; questo non funziona, occorre guardare sopratutto al numero di comunità. Le nostre comunità hanno un ciclo di vita, talvolta molto lungo, decine di anni; nascono con un gruppo di persone che restano sempre le stesse, salvo alcuni nuovi ingressi sporadici, prevalentemente nei primi anni di vita, e qualche uscita per i motivi più vari non esclusi quelli biologici. Se guardiamo il nostro andamento numerico da questo punto di vista spieghiamo il fenomeno che abbiamo osservato. Questo tipo di sviluppo non solo pone limiti oggettivi allo sviluppo quantitativo ma pone un importante problema metodologico: un gruppo di persone che vive così a lungo insieme tende a riproporre sempre le stesse cose ed anche le comunità nate vitalissime ad un certo punto si stabilizzano e poi si esauriscono e la comunità vive più per inerzia e per abitudine che per un reale forte interesse, per una forte motivazione. Questo è un primo punto che sottopongo alla vostra riflessione. Il secondo punto è che se si vuole raggiungere l’obiettivo di uno sviluppo significativo, parlare di 30.000 Adulti Scout è un gioco ma a mio avviso non è un obiettivo impossibile, occorre puntare con decisione alla crescita del numero delle comunità; non ci si può accontentare di una decina di nuove comunità all’anno (meno del 3% che non coprono neanche il numero di quelle che si chiudono per fisiologica conclusione del “ciclo di vita”), occorre puntare a centinaia di nuove comunità ogni anno. WWW.MASCI.IT Questo comporta mettersi sulla strada, andare incontro e non limitarsi ad aspettare. Per mettere mano ad un concreto “progetto di sviluppo” non è poi sufficiente la generica affermazione che ci rivolgiamo a tutti gli adulti uomini e donne del nostro paese. Occorre individuare i bacini ai quali rivolgerci in via preferenziale, quelli che è più facile avvicinare, quelli in cui l’interesse è più esplicito, quelli con i quali esiste una maggiore sintonia ideale e culturale. Io penso che dovremmo oggi scegliere come bacini preferenziali dove far nascere “nuove comunità”: Lo scautismo giovanile: un mondo di per sé vastissimo che include le tante persone che hanno vissuto l’esperienza dello scautismo e del guidismo (centinaia di migliaia di persone, forse più di un milione) e che per i motivi più diversi hanno abbandonato l’esperienza attiva, i tanti adulti ancora presenti nelle associazioni giovanili dello scautismo (i cosiddetti capi a disposizione in AGESCI o i Seniores nel GEI) che non svolgono servizio educativo diretto come capi o come quadri, i tanti gruppi di vecchi scout e guide che, pur avendo lasciato l’esperienza diretta nelle associazioni giovanili, si ritrovano come gruppi, piccole associazioni per riflettere insieme, per fare esperienza di preghiera, per svolgere uno specifico servizio. A tutte queste realtà dovremmo trovare il modo di avvicinarci usando un linguaggio adeguato, facendo leva su sentimenti e ragionamenti che parlino al cuore ed alla mente della loro esperienza. Sono questi linguaggi, queste parole che dovrebbero rappresentare la prima attenzione di questa nostra “bottega artigiana” Per questi mondi dovremmo trovare forme di intesa con i responsabili delle associazioni scout a tutti i livelli. Non dobbiamo solamente spiegare la condivisione di valori e di metodo che ci unisce, questo mi sembra un fatto ampiamente condiviso. Quanto piuttosto dovremmo dire che orientare verso un movimento di scautismo degli adulti è nell’interesse stesso delle associazioni giovanili, perché rappresenta un mondo nel quale si conservano motivazioni ed idealità, sentimenti comuni e dal quale, superate certe difficoltà temporanee potrebbero rinascere vocazioni al servizio di capo educatore; allo stesso tempo si potrebbe evitare che capi senza responsabilità educative dirette continuino a rappresentare talvolta anPAGE 3 MARZO 2010 che un peso nella vita delle Comunità Capi. Forse, se e quando decideremo di rimettere mano al nostro Statuto, dovremo anche ripescare quella proposta, troppo frettolosamente rigettata a Rimini, che individua percorsi particolari per gruppi esistenti di vecchi scout e guide. Nella mia esperienza ho verificato la resistenza di questi gruppi a ritrovarsi nei percorsi di adesione al MASCI che oggi le nostre regole prevedono, legittimamente desiderano un più forte riconoscimento della loro esperienza, dei loro percorsi, in un certo modo della loro autonomia. La nostra natura di movimento, tante volte e spesso impropriamente rivendicata, ci richiede maggiore flessibilità e capacità reale di “fare rete” con tutti coloro che si riconoscono nei nostri valori fondamentali (almeno quelli espressi nella Costituzione dell’ISGF) Famiglie e amici; intorno ai gruppi scout si crea quasi sempre un interesse, una curiosità, un rimpianto di non aver potuto vivere l’esperienza giovanile, l’apprezzamento per la proposta in termini di valori. Per tutti costoro la proposta, in accordo con i capi dello scautismo giovanile, di dar vita ad una Comunità del MASCI può essere accolta con grande favore ed interesse. Anche qui occorre trovare linguaggi, occasioni di incontro che non siano saltuari ed occasionali, significa individuare un percorso preciso Gli adulti dei nostri ambienti: nelle parrocchie, nei nostri paesi e quartieri, negli ambienti in cui svolgiamo il nostro servizio comunitario esistono persone e molto più spesso gruppi che ricercano, magari inconsapevolmente, attese meno settoriali, prospettive più ampie. Faccio l’esempio di molte parrocchie dove vivono “gruppi della Parola”, gruppi di catechisti dell’iniziazione cristiana che proprio dall’ascolto della Parola e dal proprio apostolato avvertono ad un certo punto l’esigenza di ambienti dove dare “attualità” non solo individuale ma comunitaria a quanto “ascoltato e vissuto”, una ricerca che non trova spesso riscontro nella realtà parrocchiale e nella comunità civile, avvertono infatti l’esigenza di una catechesi per adulti, di un cammino educativo per adulti, di trovare occasioni reali di servizio. Se solo ci dedicassimo con determinazione a questi bacini potremmo dar vita ad un grande sviluppo del movimento. Non dobbiamo più pensare soltanto a far crescere la comunità presente nella NOTE N° 30 nostra parrocchia, ma dobbiamo pensare che nelle parrocchie possono esistere contemporaneamente tre o quattro Comunità MASCI in diverse fasi del loro “ciclo di vita”, che nascono da esperienze e da esigenze diverse: la Comunità “storica”, la Comunità “dei capi a disposizione”, la comunità “dei genitori e degli amici”, la comunità “degli operatori pastorali”,… . Esistono ambienti dove il MASCI non è presente o addirittura sconosciuto. In Italia esistono migliaia di Comunità Capi dell’AGESCI, dell’FSE e delle altre associazioni giovanili scout In Italia esistono decine di migliaia di parrocchie La nostra presenza attuale è una percentuale molto modesta Con ognuna di queste realtà occorre entrare in contatto, occorre stabilire un dialogo, presentare la nostra proposta; certamente talvolta saremo rifiutati, ma io sono convinto che in molte occasioni saremo ascoltati con attenzione se sapremo parlare in modo convincente e documentato, usando il giusto linguaggio. In ognuna di queste realtà dovremmo essere in grado di trovare dei “semi”, dei “poli di aggregazione” intorno ai quali far nascere la nuova Comunità. Per questo il nostro Statuto prevede la Comunità Regionale: una rete che, sotto la responsabilità del Segretario Regionale, tiene uniti tutti questi “semi”, questi “poli di aggregazione”, una rete dinamica e propositiva, capace di penetrare nelle pieghe degli ambienti ai quali rivolgiamo la nostra attenzione. Se la Comunità Regionale non è questo è inutile e rischia di diventare dannosa. Se quello su cui ho sin qui riflettuto è anche solo parzialmente vero abbiamo di fronte a noi spazi enormi, possibilità al momento inimmaginabili. Si tratta solo di darsi delle priorità concrete e realistiche e di attrezzarsi adeguatamente. Dobbiamo però ricordare sempre che lo sviluppo non si annuncia, non si realizza dalla poltrona o dalla scrivania, lo sviluppo “si fa”: lo sviluppo richiede risorse dedicate, fatica, impegno e lavoro quotidiano ed alla fine anche mezzi e strumenti adeguati Lo sviluppo non si realizza se ci limitiamo ad aspettare, occorre andare, presentarsi con umiltà ed autorevolezza Lo sviluppo non si realizza se tutti componenti del CN (a partire dal Presidente e dal SN); tutti i Segretari Re- WWW.MASCI.IT gionali ed i Responsabili di Zona, tutti i Magister non sentono come proprio compito prioritario quello di essere promotori di sviluppo Un grande sviluppo è possibile, tuttavia dobbiamo avere una consapevolezza profonda: svilupparsi vuol dire combattere l’istinto di conservazione, occorre essere consapevoli che ogni nuova persona cambia la vita della comunità e la vita del movimento, e se lo sviluppo sarà impetuoso il MASCI sarà chiamato a rivedere le proprie regole, i propri comportamenti, il proprio metodo; perché non dovremo più limitarci a stringerci in una casa preesistente che è la “nostra vecchia casa” ma saremo chiamati a costruire “una nuova casa” che sia di tutti. Nello stesso tempo dovremo essere vigilanti perché le nuove regole, i nuovi comportamenti non modifichino radicalmente la “nostra missione”. Finora la mia riflessione si è soffermata sulla nascita di nuove comunità. Non dovrà tuttavia mai venir meno l’attenzione alle Comunità esistenti. Se analizziamo gli studi sull’elevato turn-over vediamo che un numero significativo di abbandoni avviene nei primi due anni: o perché la proposta risulta più esigente di quanto ci si aspettasse o per una sorta di delusione rispetto alle attese. Un fenomeno per certi aspetti fisiologico ed ineliminabile se limitato, ma se elevato denuncia un’errata presentazione della proposta ed una inadeguata vita comunitaria; questo fenomeno chiama direttamente in causa la Formazione. Le Isole della Scoperta e le Isole della Responsabilità del nostro Arcipelago diventano decisive nel tentativo di ridurre e circoscrivere questo fenomeno. Per ogni Comunità inoltre, nel suo lungo “ciclo di vita”, arriva il momento della stanchezza, delle abitudini che si ripetono, degli impegni che diminuiscono. E’ la fase dell’”invecchiamento”, anche biologico, ed è anche la fase in cui cessano i nuovi ingressi e si ha uno stillicidio di uscite Di questa fase non bisogna sorprendersi, occorre saper prevedere, accorgersi in tempo, è il momento di affiancare e sostenere. Questo è il compito fondamentale del Segretario Regionale e degli eventuali Responsabili di Zona, delle Pattuglie Regionali allo Sviluppo, dovremo individuare dei “tutor” dedicati a questo compito. Se queste Comunità in fase di invecchiamento si sentono abbandonate al loro destino, il processo non potrà che accelerarsi, quando invece da queste comunità poPAGE 4 MARZO 2010 tremmo recuperare un immenso patrimonio di esperienze e di energie da valorizzare. C’è un punto infine che non possiamo assolutamente trascurare riflettendo sullo sviluppo dello scautismo degli adulti: lo scautismo degli adulti aconfessionale o di diverse fedi religiose. La proposta del MASCI è inequivocabilmente rivolta a credenti cattolici o quanto meno a donne e uomini che in un cammino di ricerca di fede accettano di vivere esperienze comunitarie all’interno di questa prospettiva. Questo pone un limite oggettivo allo sviluppo di una proposta di educazione per adulti basata sul metodo scout. Credo che dobbiamo allargare i nostri orizzonti. Personalmente sono convinto del grande valore di proposte specifiche legate ad una identità di fede come il MASCI, perderemmo gran parte della nostra ricchezza e della nostra spiritualità. Lo scautismo cattolico, ed in generale quello di matrice religiosa, ha dato un contributo formidabile alla qualità dello scautismo e del guidismo nel mondo, una ricchezza assolutamente da non perdere. Analogamente quindi, accanto allo scautismo cattolico degli adulti, nel rispetto delle diverse identità religiose, ritengo che sarebbe una ricchezza se esistessero proposte di scautismo per adulti che fanno riferimento all’islamismo, all’ebraismo, all’induismo; come pure riterrei di grande valore una proposta di scautismo per adulti di tipo aconfessionale che tenesse conto della sempre più ampia secolarizzazione della società occidentale. Io credo che dovremmo aiutare queste esperienze a nascere, i contatti da poco ripresi con il GEI vanno anche in questa direzione, sappiamo di nascenti esperienze di scautismo giovanile islamico che dovremo valutare con attenzione. Dovremmo impegnarci finalmente a far risorgere la FIAS (Federazione Italiana degli Adulti Scout), una rappresentanza unitaria dello scautismo degli adulti italiani all’interno dell’organizzazione degli adulti del movimento mondiale dello scautismo e del guidismo. Questa dello sviluppo è la sfida che attende il MASCI nel prossimo futuro, siamo vicini alla conclusione di questo triennio, ma noi siamo chiamati a consegnare questo impegnativo compito a chi viene dopo di noi. Ma non possiamo limitarci a consegnare dei compiti, dobbiamo anche offrire idee, mezzi e NOTE N° 30 strumenti per realizzarlo nel migliore dei modi. A questo dovrà rispondere questa “bottega artigiana”. Pensare ad un progetto per lo sviluppo significa innanzitutto individuare i protagonisti, le priorità, i tempi di realizzazione del progetto, i tempi di avvio del cantiere e della costruzione, individuare i mezzi e gli strumenti dei quali dotarsi. I protagonisti: non c’è dubbio che i protagonisti principali saranno le Regioni e dove esistono le Zone. Sarà nei consigli Regionali che si definiranno gli obiettivi ed i piani d’azione. Nelle Regioni e nelle Zone dovranno nascere le Pattuglie per lo Sviluppo, che non saranno cenacoli di pensatori, ma gruppi di artigiani che offriranno la proposta del MASCI secondo un piano concordato ed andranno, come “pionieri” nei loro territori inesplorati, dovranno girare per paesi, quartieri, parrocchie ad incontrare i gruppi dello scautismo giovanile, i vescovi, i parroci, i responsabili di gruppi di adulti. Saranno viandanti sempre in giro per fiere e mercati, ma saranno anche gruppi di supporto che affiancheranno le comunità in fase di invecchiamento per ridare loro slancio e vitalità I tempi: un’azione di sviluppo non potrà mai essere casuale ed occasionale, dovrà essere in qualche modo programmata e pianificata, dovrà partire da un’attenta analisi del territorio, delle realtà presenti, dovrà individuare dei progetti pilota, gli ambienti in cui più facile sembra l’opera di avvicinamento e di dialogo, dovrà fissare momenti di verifica seria ed accurata individuando punti di forza e di debolezza della nostra azione, l’analisi critica delle difficoltà e dei correttivi da apportare. I mezzi: infine una seria azione di sviluppo dovrà dotarsi di strumenti adeguati di supporto e di presentazione. Questo sarà il compito principale del Comitato Esecutivo seguendo le linee indicate dal Consiglio Nazionale; dovremo rafforzare la Pattuglia Nazionale Sviluppo incaricandola di mettere a punto mezzi e strumenti di utilità generale. "Quale il nuovo nome della pace, oggi?" La Populorum Progressio è l’Enciclica del Regno e delle Beatitudini perché parla ai poveri, agli oppressi, ai mansueti, agli operatori di pace e di giustizia,… di tutto il mondo. WWW.MASCI.IT Dovremo pensare di dotarci di strumenti di comunicazione che parlino al mondo al quale ci vogliamo rivolgere. Una raccolta di strumenti che utilizzi sia le nuove tecnologia che le tecniche tradizionali, sappiamo infatti che per le generazioni più giovani le nuove tecnologie sono lo strumento più efficace, dovremo quindi potenziare il nostro Portale, la nostra Newsletter, le nostre raccolte multimediali ma anche le social community come Facebook o Twitter, potremo rivedere i moduli IEP dell’ISGF adeguandoli alle nostre esigenze, arricchendoli e se necessario modificandoli; ma sappiamo anche che le generazioni più adulte continuano a preferire la carta stampata, dovremo quindi dotarci di brochure, di depliant, di opuscoli. C’è poi una fase in cui il progetto è più avanzato ed allora dovremo disporre di Pubblicazioni non periodiche, di Quaderni e soprattutto dovremo continuare a fare di Strade Aperte una rivista di qualità che non parli solo ai 6000 Adulti Scout oggi presenti nel MASCI ma che sia in grado di parlare ai tanti (“30000” ?) che potrebbero essere interessati ed arrivare. Tutti questi strumenti dovranno essere molteplici e plurali, non possiamo pensa ad una brochure che vada bene per tutti, dovremo differenziarla a seconda degli ambienti ai quali ci vogliamo rivolgere, cercando di incuriosirli sulla base delle loro attese, dei loro bisogni, dei loro desideri. Ancora una volta una Pattuglia Nazionale di “artigiani” operosi ed entusiasti. I punti fermi: lanciarci in questo mare aperto richiede però dei punti fermi, delle bussole, delle stelle polari. Certamente abbiamo il nostro Patto Comunitario ed il nostro Statuto che rappresentano i nostri riferimenti certi, ma forse abbiamo bisogno di qualcosa di più. In questo triennio abbiamo messo in cantiere tre lavori che dovrebbero rappresentare lo “stato dell’arte” del nostro movimento: Le chiacchierate intorno al Caminetto dello Scautismo per adulti I sentieri di spiritualità e catechesi per laici adulti basati sull’esperienza del metodo scout L’ enciclica di Paolo VI “Populorum Progressio” insieme all’ enciclica di Giovanni XXIII “Pacem in Terris” e con al centro la grande Costituzione conciliare “Gaudium et Spes”, che per me resta il manifesto del laico credente, rappresenta una grande trilogia unitaria della “speranza”. Questi documenti parlavano un linguaggio nuovo e profetico, parlavano PAGE 5 MARZO 2010 I percorsi “Entra nella storia” Di questi lavori abbiamo bisogno se vogliamo evitare di disperdere il nostro patrimonio sin qui costruito. Sappiamo bene che saranno sempre lavori “in aggiornamento” perché ogni nuova persona che entra, ogni nuova comunità che nasce apporta la ricchezza della propria esperienza, ma se queste ricchezze non trovano il posto dove depositarsi tutto rischia di vanificarsi in un magma senza valore. Se ci incamminiamo con serietà e determinazione su questa strada attrezzandoci adeguatamente, dotandoci di protagonisti, di tempi, di mezzi e di punti fermi, sono convinto che riusciremo ad essere quel lievito di cui parlava B-P. Nella nostra fraternità degli Adulti Scouts in tutti i paesi del mondo, noi abbiamo già il nucleo di questa attitudine. Se questa fraternità fosse meglio organizzata, sia dal Movimento degli Scout che dal Movimento delle Guide, questa, con la sua continua crescita sarebbe molto di più di un piccolo nucleo, sarebbe piuttosto una lega mondiale di popoli dotati di ottimismo, impegnati nel superamento delle difficoltà attraverso accordi amichevoli, piuttosto che correre follemente verso la guerra, o limitarsi solamente a discussioni di furbizia politica” (gennaio 1937) “ I tanti milioni di coloro che sono stati Scouts o Guide in gioventù, ora rappresentano nei loro rispettivi paesi un lievito di uomini e di donne che non guardano alle piccole differenze e alle discordie del passato, ma guardano avanti ad un futuro di felicità e di prosperità per tutti attraverso l’aiuto vicendevole e sentimenti reali di amicizia. Noi abbiamo qui in embrione un esercito universale, una forza di polizia della PACE alla quale tutti gli eserciti di guerra del mondo dovranno arrendersi” (luglio 1937) dell’incontro della Chiesa con il mondo, soprattutto con il mondo dei poveri, degli oppressi degli sfruttati; troppo spesso il mondo cattolico ed anche il magistero della Chiesa aveva letto il mondo come il luogo dove si annida il male ed il maligno, e la Chiesa come l’unica forza capace di offrire la salvezza (anche con la s minuscola). Qui è la rottura radicale che il Concilio realizza vedendo il mondo NOTE N° 30 WWW.MASCI.IT come il luogo dove si rivela la storia della salvezza: il luogo della riconciliazione. In quel momento la Chiesa cessava di essere “la cittadella assediata” dal male presente nel mondo per offrirsi alla condivisione dei dolori e delle speranze di ogni uomo e di tutti gli uomini. Questa solidarietà tra chiesa e mondo la rileviamo fin dagli indirizzi dei destinatari di queste due Encicliche. Giovanni XXII nella la Pacem in Terris innovando rispetto alla tradizione si rivolge ai fedeli di tutto il mondo, a tutti gli uomini di buona volontà Così pure Paolo VI nella Populorum Progressio sente l’urgenza di rivolgere l’appello finale ai cattolici, ai cristiani e ai credenti, agli uomini di buona volontà, agli uomini di stato, agli uomini di pensiero e dice “tutti all’opera”, perché la costruzione del Regno appartiene a tutti. Una prospettiva questa che presuppone un più autentico, maturo ed originale ruolo dei credenti laici, un ruolo che affida loro una grande responsabilità nell’autonomia illuminata dalla fede. Da queste novità occorre partire per comprendere appieno l’appello della Populorum Progressio, il grido accorato di Paolo VI. “Lo sviluppo dei popoli, in modo particolare di quelli che lottano per liberarsi dal giogo della fame, della miseria, delle malattie endemiche, dell'ignoranza; che cercano una partecipazione più larga ai frutti della civiltà, una più attiva valorizzazione delle loro qualità umane; che si muovono con decisione verso la meta di un loro pieno rigoglio, è oggetto di attenta osservazione da parte della chiesa. All'indomani del concilio ecumenico Vaticano II, una rinnovata presa di coscienza delle esigenze del messaggio evangelico le impone di mettersi al servizio degli uomini, onde aiutarli a cogliere tutte le dimensioni di tale grave problema e convincerli dell'urgenza di un'azione solidale in questa svolta della storia dell'umanità.” Tuttavia riflettere oggi su questo documento richiede un grande discernimento per saper cogliere il cuore di quel messaggio nella consapevolezza di un contesto radicalmente cambiato, altrimenti si fa solo un’operazione storica se non addirittura nostalgica e non si assume responsabilmente quanto di impegnativo questa lettera contiene ancora per gli uomini di oggi. • Erano gli anni della guerra fredda, della rigida divisione in due sfere di influenza, la pace era paradossalmente garantita dal deterrente • • • • nucleare, per questo i conflitti erano limitati e controllati. Oggi, finito quel modello, la guerra è presente in moltissime parti del globo, i contendenti confusi, alla chiarezza degli schieramenti in campo si oppone l’avversario multiforme e plastico del terrorismo di diversa matrice Erano gli anni in cui si affermava il diritto all’autodeterminazione dei popoli, si giustificava il valore delle guerre di Liberazione dei popoli. Oggi si pone in primo piano il tema del primato dei diritti umani e quindi l’autorità della comunità internazionale è legittimata ad intervenire laddove questi diritti siano violati. Ovviamente è un principio che vale quasi esclusivamente per le nazioni deboli, non vale ad esempio per la Cina. Erano gli anni in cui si pensava ancora alla possibilità di uno sviluppo senza limiti. Oggi si pone una diversa idea di sviluppo, si è consapevoli che beni e fonti di energia non rinnovabili o rinnovabili molto lentamente si vanno rapidamente esaurendo e questo deve condurre a modi diversi di produrre, di distribuire e di consumare, ma è anche questo che talvolta conduce al rafforzamento di egoismi nazionali o regionali. Con la caduta del Muro di Berlino abbiamo assistito alla fine delle ideologie ed in particolare alla fine dell’ideologia comunista che aveva influenzato per più di un secolo popoli ed individui, creando enormi speranze collettive tra i poveri della terra ma anche imponendosi attraverso grandi tragedie. La fine dell’esperienza del comunismo internazionale tuttavia ha visto anche la fine dell’impegno morale e politico a dare risposta a quelle domande di giustizia e di uguaglianza dalle quali il comunismo aveva tratto origine; abbiamo allora assistito all’affermarsi di quel il pensiero unico basato sul primato del mercato in tutti gli ambiti della vita umana, per cui al principio guida della solidarietà collettiva, che apparteneva anche a chi contrastava radicalmente il comunismo, si è sostituito il principio della competizione dove si afferma il valore delle disuguaglianze In quegli anni i temi ambientali erano riservati a ristretti circoli di studiosi, oggi la questione ambientale è diventata questione centrale non per la sopravvivenza di qualPAGE 6 MARZO 2010 che specie animale o vegetale, è diventata questione alla quale è legata la sopravvivenza della Terra e di tutti i suoi abitanti, riguarda le piante, gli animali, l’aria, l’acqua, la terra e riguarda soprattutto l’uomo e le future generazioni • In quegli anni la questione demografica presentava una sostanziale stabilità relativa ed omogeneità di crescita tra le diverse popolazioni , oggi la grande diversità dei tassi di crescita tra paesi poveri e paesi ricchi, accompagnata all’accrescersi delle disugua glianze economiche ed al miraggio di un mondo fantastico presentato in tutto il mondo dalle nuove tecnologie della comunicazione produce fenomeni migratori di massa quali forse l’umanità non ha mai conosciuto. In questi quarant’anni il mondo è radicalmente cambiato, se le disuguaglianze e le ingiustizie continuano a crescere, altri fenomeni si presentano con i caratteri di grandi opportunità ma anche di enormi rischi.. A tutto questo viene spesso dato il nome generico anche se evocativo di “globalizzazione” mettendo insieme fenomeni diversi e non sempre tra loro correlati; ma non c’è dubbio che lo scenario della convivenza umana al livello globale si è profondamente modificato • Ieri i frutti della scienza e della tecnologia erano relativamente stabili nei loro tassi di innovazione ed erano prevalentemente a disposizione del mondo della ricerca e dell’industria, oggi in particolare le scienze e le tecnologie dell’informazione e della comunicazione di massa sono a disposizione di tutti, almeno di chi se lo può permettere, con ritmi di innovazione dell’ordine di pochi mesi. Questo modifica profondamente il sistema delle relazioni e i paradigmi culturali di tutta l’umanità, penetrando in modo irrispettoso nelle culture popolari sedimentate nei secoli. L’innovazione dell’ICT accanto ad altre innovazioni come quelle relative alle scienze dei materiali hanno prodotto inoltre quel processo che va sotto il nome di “globalizzazione” dove si progetta, si produce, si distribuisce senza vincoli di spazio e di tempo e dove le regole vengono dettate dai mercati finanziari, una globalizzazione della finanza e dell’economia non ancora accompa gnata da una globalizzazione delle regole e dei diritti soprattutto dei lavoratori e dei consumatori. Quella globaliz- NOTE N° 30 zazione che ha creato la crisi in cui stiamo vivendo • Siamo oggi chiamati a confrontarci con una grande novità: occorre tener conto dell’improvviso sviluppo in questi quarant’anni della bioscienza e delle biotecnologie (il primo modello del DNA risale solo al 1953) uno sviluppo che pone improvvisamente problemi etici, filosofici e culturali assolutamente nuovi. Uno sviluppo radicale ed improvviso che può trovare una similitudine solo con gli anni di Galileo, quando furono travolte certezze radicate da secoli nel campo delle scienze fisiche. Uno sviluppo che può aprire orizzonti eccezionali alla lotta dell’uomo contro il dolore e la malattia, ma nello stesso tempo pone interrogativi affascinanti ed inquietanti sulla struttura fondamentale dell’essere vivente e sui rischi dell’uso della scienza nella manipolazione dell’essere vivente e della persona umana. • Ed infine ieri vivevamo ancora la stagione aperta con l’illuminismo, la sta gione del primato della ragione, dell’indifferenza della vita civile e sociale collettiva rispetto al fenomeno religioso; og gi nel mondo si riscopre la grande rilevanza della coscienza religiosa e delle “religioni” nella vita delle persone e dei popoli. Non è solo la grande influenza del cristianesimo nelle sue varie declinazioni, non è solo l’irrompere prepotente dell’islam, ma anche dell’ebraismo, dell’induismo e del buddismo (basta pensare ai monaci del Myamar). Ai credenti, a tutti i credenti qualunque sia la loro fede, è quindi chiesto un sovrappiù di responsabilità nella difesa della dignità della persona umana, nella liberazione dei poveri e degli oppressi, e di attenzione, di capacità di dialogo e di tolleranza verso il diverso. Dobbiamo sempre valutare questi segnali di cambiamento senza nessuna nostalgia del “buon tempo passato”, anzi con la capacità di cogliere accanto ai rischi tutte le opportunità che il nuovo propone, ma questo richiede la consapevolezza della rapidità e della profondità del cambiamento globale e delle responsabilità che questo comporta. WWW.MASCI.IT grande ottimismo; anche per questo l’enciclica si chiude con questo appello accorato ma pieno di speranza “Voi tutti che avete inteso l'appello dei popoli sofferenti, voi tutti che lavorate per rispondervi, voi siete gli apostoli del buono e vero sviluppo, che non è la ricchezza egoista e amata per se stessa, ma l'economia al servizio dell'uomo, il pane quotidiano distribuito a tutti, quale sorgente di fraternità e segno della Provvidenza. Di gran cuore vi benediciamo, e chiamiamo tutti gli uomini di buona volontà ad unirsi fraternamente a voi. Perché, se lo sviluppo è il nuovo nome della pace, chi non vorrebbe cooperarvi con tutte le sue forze? Sì, tutti: Noi vi invitiamo a rispondere al Nostro grido d'angoscia, nel nome del Signore” Oggi quel clima si speranza sembra essersi dissolto. Ma resta inalterato il valore di quel messaggio ed in particolare restano alcune indicazioni fondamentali: • il mondo come luogo dove si rivela la salvezza • la piena responsabilità dei laici per la costruzione di un mondo migliore nell’autonomia illuminata dalla fede • la convinzione che il nuovo nome della pace è lo sviluppo • soprattutto la lotta alle disuguaglianze e alle situazioni di ingiustizia tra i popoli Vale la pena di soffermarsi su questo ultimo punto: resta oggi dominante ed ancor più aggravato il tema che sta più a cuore al Pontefice: quello delle inaccettabili disuguaglianze e delle gravissime situazioni di ingiustizia tra i diversi popoli della terra. Su questo tema delle disuguaglianze e delle ingiustizie dobbiamo soffermarci con attenzione se vogliamo rendere attuale questa profetica enciclica. Un rapporto del 1966 di un Osservatorio mondiale legato all’ONU descrive così la situazione economica e demografica delle diverse nazioni: Anzitutto, esiste un blocco assai consistente di paesi il cui PIL pro capite non supera i 500 dollari annui:2 tra questi abbiamo molti paesi africani, che si collocano ai livelli più bassi in Negli anno in cui Paolo VI scriveva assoluto, tra i 100 e i 200 $; nello stesso gruppo sotto i 500 $ annui troviala sua enciclica i segnali che sembrava di poter cogliere generavano mo anche alcuni dei più popolosi paeun clima generale caratterizzato da si asiatici. PAGE 7 MARZO 2010 C'è poi un esteso gruppo intermedio, formato da paesi che hanno un PIL pro capite tra i 600 e i 6.000 $ annui. Nel segmento più basso, fino a 2.500 $, troviamo i rimanenti paesi dell'Africa nera, i paesi arabi, gran parte dei paesi latino-americani, diversi paesi asiatici, alcuni paesi europei. Nel segmento più alto troviamo i più avanzati paesi latinoamericani, il resto dei paesi europei dell'Est,e i meno sviluppati dei paesi dell'Europa occidentale. Nel gruppo dei paesi a PIL pro capite elevato troviamo infine la massa dei paesi europei occidentali e gli altri pochi paesi del capitalismo avanzato: abbiamo così ad esempio l'Italia (15.000), la Francia (18.000), gli Stati Uniti e la Germania (20.000 circa), fino alla Svezia (21.500), il Giappone (24.000) e la Svizzera (30.000). Accanto alle disuguaglianze economiche va rilevato il differenziale demografico. Ora, se esaminiamo i dati a livello internazionale in materia di natalità,12 possiamo notare agevolmente come i tassi di natalità (nati vivi per 1.000 ab.) più elevati sono registrati dai paesi con unquadro economicoorganizzativo tradizionale-arretrato Ad esempio, il Burkina Faso è a livello 47,2 nati vivi per anno per 1.000 abitanti. Viceversa, passando al gruppo dei paesi a sviluppo intermedio e poi a quelli a sviluppo avanzato, si nota una decisa e progressiva riduzione del tasso di natalità. Nel gruppo dei paesi sviluppati, infine, si hanno tassi dell'ordine del 10-15 per 1.000: la Germania è a 10,5; il Giappone a 11,4; gli Stati Uniti a 15,4; l'Italia al livello più basso in assoluto, 10,1. Paolo VI non si nascondeva allora i rischi legati a queste inaccettabili disuguaglianze e lancia il monito che resterà famoso sulla “collera dei poveri” «Una cosa va ribadita di nuovo: il superfluo dei paesi ricchi deve servire ai paesi poveri. La regola che valeva un tempo in favore dei più vicini deve essere applicata oggi alla totalità dei bisognosi del mondo . Ostinandosi nella loro avarizia, non potranno che suscitare il giudizio di Dio e la collera dei poveri, con conseguenze imprevedibili. Chiudendosi dentro la corazza del proprio egoismo, le civiltà attualmente fiorenti finirebbero con l'attentare ai loro valori più alti, sacrificando la volontà di essere di più alla bramosia di avere di più. E sarebbe da applicare ad essi la NOTE N° 30 parabola dell'uomo ricco, le cui terre avevano dato frutti copiosi e che non sapeva dove mettere al sicuro il suo raccolto: «Dio gli disse: “Insensato, questa notte stessa la tua anima ti sarà ritolta”» (Lc 12,20). (Enciclica Populorum Progressio, del 26 marzo 1967, n. 49) Se veniamo ai giorni nostri, oggi queste disuguaglianze sono ancora più enormi, qualunque sia la fonte alla quale si ricorra, tutte mostrano che le disuguaglianze si sono accresciute e sono sempre più inaccettabili per la coscienza umana. Userò ancora alcuni indicatori tradizionali della statistica economica consapevole che non rappresentano adeguatamente la qualità di vita delle popolazioni, ma comunque danno una misura approssimativa ma significativa delle enormi distanze nelle condizioni in cui versano i popoli. Se confrontiamo alcuni indicatori dell’Italia (PIL 25860 $/pc , nessun cittadino che vive con meno di 2$ al giorno) con quelli di un paese che noi del MASCI conosciamo bene il Burundi (PIL 91 $/pc, il 58,4% vive con meno di 1$ al giorno ed il 89,2% con meno di 2$ al giorno) la distanza è abissale, ma anche se consideriamo i grandi paesi di cui tutti parlano, anche con una certa preoccupazione se non allarme, per la fase di eccezionale sviluppo economico che stanno attraversando, quegli stessi indicatori ci dicono che il livello delle disuguaglianze è inaccettabile (Brasile PIL 3077 $/pc, il 8,2% vive con meno di 1$ al giorno ed il 27,4% con meno di 2$ al giorno, Cina PIL 1151 $/pc, il 16,6% vive con meno di 1$ al giorno ed il 46,7% con meno di 2$ al giorno, India PIL 557 $/pc, il 34,7% vive con meno di 1$ al giorno ed il 79,9% con meno di 2$ al giorno) . Cosa resta allora del messaggio della “Populorum Progressio” che interpella con forza la responsabilità dei credenti? Tornando all’elemento centrale dell’enciclica: le inaccettabili disuguaglianze ed ingiustizie presenti nel mondo possiamo rilevare che non c’è stata la “collera dei poveri” che la Populorum Progressio paventava ma stiamo assistendo, spesso con grande preoccupazione alla “rivoluzione mite del grande esodo” dai paesi della povertà e della violenza ai paesi opulenti: un fenomeno migratorio WWW.MASCI.IT di popoli , un’esodo inarrestabile, che forse può essere guidato e governato ma certamente non arrestato. Questa è oggi la inattesa reazione epocale ai drammi della disuguaglianza. Ai tempi dell’Enciclica gli stranieri presenti nel nostro paese superavano di poco le centomila unità ed erano per lo più studenti, operatori economici, rappresentanti di istituzioni; oggi le statistiche della Caritas stimano la presenza, tra regolari ed irregolari, in più di 4 milioni e mezzo per lo più delle categorie più povere ed emarginate. Un fenomeno enorme e rapidissimo che genera paura, violenza e rigetto, che fa rinascere anche nei paesi cosiddetti civili sentimenti di xenofobia e di razzismo che pensavamo cancellati per sempre. Una reazione che nasce dalla “paura del diverso”, una paura profondamente radicata nel cuore dell’uomo e che si può combattere solo con forti investimenti culturali ed educativi anche se la politica e la buona amministrazione debbono fare la loro parte. Una paura del diverso che genera “fantasmi”, in particolare: • la sicurezza, un tema vero ma va rigettata con forza l’equazione immigrati-criminalità, come noi rigettiamo l’equazione meridionali-mafiosi o italiani corrotti; siamo chiamati a combattere criminalità, mafia, corruzione con tutte le nostre forze della legalità e del diiritto ovunque si manifestano senza pregiudizi. Dobbiamo comunque essere consapevoli che la criminalità, tutte le forme di criminalità, ricercano la loro mano d’opera dove maggiori sono le condizioni di povertà, di esclusione, di marginalità. Per questo è necessario che si riconosca che solo nel riconoscimento dei diritti , nel superamento delle situazioni di esclusione marginalità si realizza l’opera più efficace contro la criminalità e contro le tentazioni del terrorismo fondamentalista. • il lavoro, dobbiamo dire con forza che l’affermazione che “gli stranieri tolgono lavoro agli italiani” è falsa; fin dagli anni ’60 nelle regioni a più alto tasso di disoccupazione (le nostre regioni meridionali) venivano arruolate stagionalmente grandi masse di extracomunitari per i lavori di raccolta: dei pomodori, degli agrumi,..; lavori che nessun italiano voleva più fare perché ritenuto inadeguato alle condizioni scolastiche raggiunte, perché eccessivamente gravoso, perché svolto spesso in condizioni disumane ed in assenza di ogni diritto; questa situazione non è camPAGE 8 MARZO 2010 biata, Anzi forse è peggiorata e genera talvolta fenomeni di rivolta come è avvenuto a Castel Volturno e a Rosarno. Risalendo la penisola troviamo che gradualmente si va assistendo che alcune tipologie di lavori sono svolte solo da personale “straniero” (nel mondo dell’edilizia, nel mondo delle attività alimentari, ..) in alcune zone del nord si va affermando questa presenza nelle fabbriche e nelle officine; senza contare l’immenso campo dei lavori di cura per i nostri bambini, i nostri anziani, i nostri disabili. Una forza lavoro, come si sarebbe detto una volta, che rappresenta un patrimonio ed una ricchezza eccezionale per il nostro paese: • gli spazi ed i servizi: un’altra affermazione molto di voga è “ gli stranieri ci precedono nelle graduatorie scolastiche e degli asili, nell’assegnazione delle case, occupano posati letto negli ospedali,…”. Il nostro stato sociale, che ha rappresentato uno delle forme più avanzate al mondo, nasce dal rispetto della Costituzione repubblicana. Uno stato sociale che si fonda sulla universalità delle prestazioni e della qualità dei servizi e sulla selettività della partecipazione ai costi. Non c’è dubbio che nell’applicazione di questi due principi spesso ci sia un elemento di vantaggio per chi si trova nelle condizioni di maggiore povertà. Ma ciò che va combattuto con forza è ogni tentazione di “guerra tra poveri”. Oggi dobbiamo trovare le ragioni per rafforzare lo stato sociale, magari innovandolo, combattendo tutti coloro che suylla bvase di un pensiero unico neo-liberista e del dominio della legge di mercato tende a smontarlo, conservando i criteri di universalità e selettività. • l’identità: è l’ultimo e più insidioso fantasma, quello che nasce dall’idea che “il diverso” rappresenti un pericolo ed una minaccia, invece che un opportunità. La nostra identità di 55 milioni di italiani non è certo messa in pericolo da 4,5 milioni di stranieri appartenenti a decine di etnie culture, fedi religiose diverse. E’ messa in pericolo dalla nostra debolezza culturale dalle nostre carenze educative, dall’incapacità a creare “coesione sociale” con vecchi e nuovi cittadini, dal nostro rinchiuderci in piccoli egoismi di gruppi sempre più ristretti, quando non solo indi- NOTE N° 30 viduali, dall’indebolirsi della difesa della legalità, dall’aver smarrito quel comune riferimento civile e delle regole democratiche che trova il suo fondamento nella Costituzione della Repubblica. Siamo consapevoli di queste nostre debolezze, ma preferiamo crearci nemici immaginari. Non voglio nascondermi che il dialogo, l’accoglienza, l’integrazione non siano processi complessi e presentino gravi difficoltà, ma occorre guardarli con l’occhio sereno che sa guardare alla società di domani, occorre che la scuola, le istituzioni pubbliche, i corpi intermedi siano luoghi reali di incontro di dialogo e di accoglienza. Questo fenomeno delle migrazioni di massa negli anni della P.P. era di dimensioni limitatissime anche se Paolo VI ne parla con parole profetiche nei punti 6769 “Noi non insisteremo mai abbastanza sul dovere dell'accoglienza - dovere di solidarietà umana e di carità cristiana - che incombe sia alle famiglie, sia alle organizzazioni culturali dei paesi ospitanti. Occorre, soprattutto per i giovani, moltiplicare le famiglie e i luoghi atti ad accoglierli. Ciò innanzitutto allo scopo di proteggerli contro la solitudine, il sentimento d'abbandono, la disperazione, che minano ogni capacità di risorsa morale, ma anche per difenderli contro la situazione malsana in cui si trovano, che li forza a paragonare l'estrema povertà della loro patria col lusso e lo spreco donde sono circondati. E ancora: per salvaguardarli dal contagio delle dottrine eversive e dalle tentazioni aggressive cui li espone il ricordo di tanta «miseria immeritata».(48) Infine soprattutto per dare a loro, insieme con il calore d'una accoglienza fraterna, l'esempio d'una vita sana, il gusto della carità cristiana autentica e fattiva, lo stimolo ad apprezzare i valori spirituali.” E’ l’attuale Pontefice che riprende questo tema ponendosi esattamente in continuità con la Populorum Progressio nella sua bella Enciclica “Caritas in veritate”. Un altro aspetto meritevole di attenzione, trattando dello sviluppo umano integrale, è il fenomeno delle migrazioni. È fenomeno che impressiona per la quantità di persone coinvolte, per le problematiche sociali, economiche, politiche, culturali e religiose che solleva, per le sfide drammatiche che pone alle comunità nazi- WWW.MASCI.IT MARZO 2010 onali e a quella internazionale. Pos- parlare alle coscienze con un linguaggio siamo dire che siamo di fronte a un nuovo. fenomeno sociale di natura epocale, Questi processi culturali ed educativi • impongono un modo nuovo di che richiede una forte e lungimirante politica di cooperazione internazionpensare la pace e lo sviluppo, i vecale per essere adeguatamente affronchi modelli del pacifismo tradizitato. ….Tutti siamo testimoni del onale, anche se coinvolgenti ed carico di sofferenza, di disagio e di appassionanti, sono oggi insuffiaspirazioni che accompagna i flussi cienti, non bastano più le marce migratori. Il fenomeno, com'è noto, è anche se di milioni di persone, non di gestione complessa; resta tuttavia basta più dire no alla guerra, no ai accertato che i lavoratori stranieri, trafficanti d’armi; occorre pensare nonostante le difficoltà connesse con alle cause dei focolai di violenza in la loro integrazione, recano un conSud America, nell’Est dell’Europa, tributo significativo allo sviluppo in Africa, occorre pensare alla vioeconomico del Paese ospite con il loro lenza legata alle mafie , è di grande lavoro, oltre che a quello del Paese valore l’ultimo documento della d'origine grazie alle rimesse finanziCEI su Chiesa e mezzogiorno, ocarie. Ovviamente, tali lavoratori corre pensare al potere delle mafie non possono essere considerati come ed al narcotraffico in tutto il una merce o una mera forza lavoro. mondo che ogni hanno fa più vitNon devono, quindi, essere trattati time di tante guerre guerreggiate, come qualsiasi altro fattore di prosolo in Colombia muoiono ogni duzione. Ogni migrante è una peranno, per violenza legata prevalensona umana che, in quanto tale, postemente al narcotraffico, più persiede diritti fondamentali inaliensone di quante ne muoiono nelle abili che vanno rispettati da tutti e guerre accertate o negli atti di terin ogni situazione rorismo; occorre pensare al Sudan, Parole severe ed impegnative alla Somalia, al Burundi; occorre E’ in questa prospettiva che il messaggio pensare ai regimi di dittatura viofondamentale della Populorum Progreslenta presente, anche se non se ne sio resta “il nuovo nome della pace è lo parla, in tante parti del mondo, sviluppo”, ma uno sviluppo che oggi va sono stati necessari i monaci budconiugato con la lotta alle disuguaglidisti per rivelare al mondo la situaanze; non si può parlare dello sviluppo zione del Myamar. Pensare alla pensando solo alla crescita dei paesi più pace, significa pensare a tutto poveri, alla lotta alla povertà, alla fame, questo e come questo è profondaalla malattia, all’ignoranza, all’assenza di mente legato a condizioni di sotdiritti che assilla la gran parte dell’utosviluppo e all’affermazione di manità e che chiede giustizia. Non si può grandi interessi economici che non parlare di sviluppo se non cresce la culriguardano solamente le èlites di tura dell’accoglienza dell’integrazione e pochi ma interessano milioni di del dialogo e che è inarrestabile il campersone, e che impongono modelli mino verso una società sempre più interculturali e di comportamento che culturale, interetnica ed intereligiosa. riducono l’uomo a “consumatore” • impongono nuove responsabilità Occorre dire con forza che non ci può essere sviluppo globale dell’umanità dei mondi vitali delle società civili: senza una scelta di sobrietà e di accoglic’è bisogno che il mondo associaenza dei popoli ricchi ed opulenti. Una tivo riassuma il gusto dello studio, cosa facile a dirsi ma in effetti un operadella ricerca, della presa di coscizione molto difficile perché, solo ad evoenza e dell’assunzione di responsacarlo, risveglia tutti gli individualismi e bilità in termini culturali ed educatutti gli egoismi individuali e collettivi. tivi. Occorre che i testi e le testiL’elemosina è sempre possibile perché monianze di Yunus e di Amartya tocca il superfluo, la sobrietà e l’accogliSen non siano solo libri da tenere enza tocca modi di essere, stili di vita sul comodino, da sfogliare prima di consolidati, mette in discussione la addormentarsi, ma che divengano speranza materiale dei singoli. testi di studio e di riflessione perFino a quando una straordinaria moltisonale e comunitaria. Le associazitudine di Lazzaro busserà alla porta di oni di promozione sociale, il vouna minoranza di ricchi senza ricevere lontariato, le ONG hanno svolto risposte, ma solo elemosine, la pace sarà un ruolo fondamentale in questi sempre lontana e in pericolo anni ma molto spesso il loro imPer questo non basta la politica, neanche pegno si è circoscritto al “progetse si avverasse il sogno di un’autorità tare” ed al “fare”. E questo progetmondiale, occorrono grandi processi cultare e fare li ha condotti o ad un turali e grandi processi educativi, occorre nobile isolamento o a qualche PAGE 9 NOTE N° 30 forma di dipendenza dal potere politico ed economico; oggi è il tempo dell’autonomia da ogni dipendenza ma è anche il tempo delle “relazioni forti” per creare un pensiero nuovo capace di affrontare le sfide della cultura e dell’educazione civile nel XXI° secolo, per rimettere al centro l’uguaglianza della dignità della persona e dei suoi diritti tra tutti gli abitanti del pianeta.. • impongono di rivedere i paradigmi della politica: occorre che la politica assuma in pieno la responsabilità di guidare i grandi processi di cambiamento senza subalternità rispetto ad altri poteri a partire da quelli economici e finanziari, che sappia evitare i rischi di una mal interpretata “democrazia del consenso” che rende la politica ostaggio di piccoli interessi particolari. Al tempo stesso è necessario che la politica abbia la consapevolezza del “limite della politica” rispetto alla cultura, alla scienza, ai movimenti della società civile e per certi versi anche rispetto all’economia. • impongono una nuova teologia politica: Giovanni Paolo II nella “Centesimus Annus” parlava della Dottrina Sociale della Chiesa come teologia morale, e se è teologia ha i caratteri della ricerca, della riflessione, dell’approfondimento e dell’aggiornamento continuo, non come ritiene qualche “laico devoto” come una gabbia, corpus rigido ed immodificabile di norme e di prescrizioni. Abbiamo bisogno di una teologia politica non eurocentrica ma globale che sappia assumere i temi delle gioie e delle speranze, dei dolori e delle sofferenze di tutta l’umanità e di ogni uomo in un mondo che cambia …insomma ci riguardano tutti da vicino. Diceva Paolo VI: “…tutti.., vorranno, non ne dubit i a m o, a m p l i a re i l l o r o s f o r z o comune e concertato allo scopo di aiutare il mondo a trionfare dell'egoismo, dell'orgoglio e delle rivalità, a superare le ambizioni e le ingiustizie, ad aprire a tutti le vie di una vita più umana, in cui ciascuno sia amato e aiutato come il fratello dai fratelli.” Concludendo, se questa è la sfida, io credo che movimenti ed organizzazioni come lo scoutismo giovanile ed adulto, proprio per la loro vocazione educativa e culturale, abbiano oggi grandi responsabilità. Per questo come MASCI abbiamo inserito nel nostro Statuto e nel nostro Patto WWW.MASCI.IT Comunitario la Mondialità come elemento caratterizzante il movimento. Ma… dobbiamo fare di più. C’è una profezia nell’educazione che non è leggere il futuro, ma leggere il presente in profondità per preparare un futuro migliore. Riccardo Della Rocca Presidente Nazionale MASCI PAGE 10 MARZO 2010 NOTE N° 30 WWW.MASCI.IT INCONTRO SULLA BRANCA R/S 25 febbraio 2010 riflessione di Riccardo Della Rocca “la Branca RS nei primi anni dell’AGESCI” MARZO 2010 interrogativo che le due branche vivono “Costruiamo il nostro tempo” in quegli anni: La Branca R (o S) deve rappresenta la felice sintesi alla quale si essere soltanto una proposta educativa giunge. per i giovani o deve trasformarsi in un Una sintesi che parte da un’idea “movimento di giovani” che fondante di educazione. responsabilmente prende parte attiva L’educazione non è un rinviare non è nella vita della società e della Chiesa? solo un preparare al futuro, ma è Provo un certo imbarazzo perché “noi Voglio soffermarmi su questo punto soprattutto aiutare e consentire “qui ed adulti” quando parliamo di cose che perché è quello che più fortemente ora” ogni persona, in particolare i giovani abbiamo vissuto con grande intensità determinerà gli sviluppi futuri non solo ma non solo, a vivere con pienezza, tanti anni prima, siamo portati sempre a della Branca ma di tutta l’Associazione. autenticità, capacità critica e dire con una punta di rimpianto “ai miei responsabilità il proprio tempo e la tempi” come se quelli fossero i tempi propria condizione. Da questo punto di vista le due delle cose giuste, mentre ogni tempo è Branche giovanili vivono vicende Se questa definizione di educazione è tempo delle cose giuste. parallele, si sviluppa per ambedue un vera, allora la Branca RS è un’esperienza Per questo io preferirei parlare delle confronto molto impegnativo talvolta educativa che proprio per la sua natura cose che mi appassionano oggi, vorrei duro ed aspro, al loro interno, ma chiama ad impegnarsi e a parlarvi della proposta del MASCI e sopratutto all’interno delle rispettive compromettersi nella storia. della sfida dell’educazione degli adulti. associazioni. Comunque vi ringrazio dell’invito, La Branca rover trova il suo momento Una conclusione molto impegnativa non mi sottraggo al compito che mi più significativo nella Route Rover delle sulla quale tutto lo scautismo dovrebbe avete assegnato e cercherò di svolgerlo Camosciare dal Tema “Il mondo dei tornare sempre a riflettere. con il maggior equilibrio possibile. giovani è il tuo mondo” che concludeva E’ la conclusione che dà un senso la cosiddetta “campagna d’apertura”, ma anche a quell’ “educazione degli adulti” Non si può parlare delle aspettative e poco tempo dopo l’allora Commissario che oggi rappresenta il mio maggiore dei progetti della nuova branca RS dopo Centrale alla Branca Nino Cascino era impegno. costretto alle dimissioni per un forte la fusione ASCI e AGI se non lo si dissenso all’interno del Consiglio colloca all’interno del processo Un approccio che nel tempo andrà Generale ed il direttore della rivista dei complessivo che ha condotto alla modificandosi, già nella indimenticabile rover “Strade al Sole” Romano Forleo fusione. Route ai Piani di Pezza nel 1986 qualcosa veniva destituito. Tutto questo lungo percorso che ha era cambiato, lo stesso tema “Pronti a La Branca scolte trova il suo condotto alla scelta educativa della partire: le scelte per un mondo che momento più significativo nella Route coeducazione e alla fusione AGI-ASCI cambia” in qualche modo rinviava ad un Scolte di Monterubbiano dal Tema (due aspetti concettualmente separati dopo per il quale prepararsi più che ad “Scolte per un ordine nuovo”, ma poco anche se non indipendenti) trova, alla dopo per i forti dissensi sorti nell’ambito un oggi da vivere con pienezza. fine degli anni ’60 primi anni ’70, le Ma questo lo racconterà qualcun altro dell’Assemblea Nazionale AGI a Branche R e S come principali io mi atterrò a quei primi anni ‘70 Mondragone tutta la Squadriglia protagoniste, e questo non per meriti Nazionale Scolte (Francesca Cantù) dava particolari ma per tre motivi specifici: La Branca quindi viveva due impegni altrettanto forti: da un lato una ricerca la condizione giovanile di quegli anni, le dimissioni e così pure tutta la redazione della bella rivista delle scolte rigorosa della proposta metodologica, nella scuola, nell’università, nei posti di “La Tenda” (Anna Folicaldi), forse la più dall’altro l’attenzione costante al mondo. lavoro e nei luoghi di incontro rendeva bella rivista mai prodotta dallo scautismo sempre più difficile immaginare una Sul piano del metodo la ricerca si e dal guidismo italiano. proposta per giovani da realizzare in mosse dalla convinzione che solo una Questi eventi traumatici non ambienti separati tra ragazze e ragazzi. proposta impegnativa ed esigente sul interrompono questo cammino di Un’esigenza sicuramente molto meno piano delle esperienze e sul piano dei riflessione e di sperimentazione, al avvertita nelle fasce d’età più giovani comportamenti potesse essere contrario la riflessione e la ricerca convincente ed attraente per i giovani. Il metodo delle due Branche, salvo proseguono più intense proprio mentre alcuni aspetti marginali, si presentava Non è un caso che in quel periodo per sempre più forte si avvia la sostanzialmente uguale, lo confermava la prima volta anche la Branca RS collaborazione tra Branca Rover e uno studio realizzato da un gruppo di diventa opportunità di ingresso nello Branca Scolte fino a giungere nel 1973 lavoro congiunto della Branca R e della scautismo e si ha il suo più alto tasso di alla Route Nazionale Capo Clan-Capo Branca S ai primi anni ’70. Cosa che non crescita. Fuoco Napoli-Pompei che sancisce si poteva dire nelle branche più giovani: Per questo: dove il metodo Jungla ed il metodo delle definitivamente, anche se L’esperienza della Route era Coccinelle presentavano grandi diversità, informalmente, la fusione delle due l’esperienza centrale, una “strada” branche; Route dove si affronta anche il ed anche nella fascia d’età impegnativa, dura, aperta all’avventura, dell’adolescenza, mentre la Branca E, pur tema del Noviziato, riconoscendo pari all’incontro esigente con l’altro dignità a quello annuale e a quello aggiornando il metodo e gli strumenti biennale a condizione che si collochino Anche l’esperienza della Comunità restava fedele alle intuizioni originali di all’interno della stessa esperienza RS. tendeva ad essere una proposta esigente B-P, la Branca G si muoveva verso una Questo lungo travaglio trova alla fine il sul piano dei comportamenti, dei ritmi più radicale destrutturazione del suo momento culminante nel 1975 alla di vita, delle esperienze, anche se metodo. Route Rover e Scolte della Mandria che spregiudicata e aperta alla fantasia, Ma l’elemento più significativo è conclude questo lungo dibattito sulla quindi un esperienza coinvolgente rappresentato dallo stesso decisivo natura della Branca e che nel tema PAGE 11 NOTE N° 30 Il Servizio individuale era quasi esclusivamente, fin dal primo anno, “servizio associativo pieno”, non si parlava di “rover in servizio” ma di Aiuto-Capo a pieno titolo e con pienezza di responsabilità. Allo stesso tempo il servizio extra-associativo era di solito servizio comunitario di tutto il Clan in situazioni di particolare disagio: le borgate, la case di rieducazione per minorenni,… Nella definizione permanente del metodo si privilegiò la strada del Patto piuttosto che quella delle Regole, ritenendo che le Regole fossero spesso una scorciatoia . Le Regole chiudono i recinti, il Patto significa aprire la strada per un cammino comune. Per questo, in questa fase fu posta pochissima attenzione al problema delle “regole”: il metodo, ferme le sue indicazioni fondamentali, maturava nella vita stessa della Branca: le Route Capi Cla-Capo Fuoco, incontro che si realizzava circa una ogni 4-5 anni e segnava dei punti fermi sia sul metodo che sui contenuti , i Campi Scuola di 2° tempo che non erano solo luoghi di “trapasso delle nozioni” ma momenti informali di elaborazione , gli incontri della Pattuglia (spesso con gli IIRR), le pubblicazioni, soprattutto la rivista (prima Strade Aperte e La Tenda, poi Camminiamo Insieme): la rivista era sì la rivista dei ragazzi ma era anche il luogo dove si costruiva e maturava l’attualizzazione del metodo e per questo era strumento fondamentale per i Capi. Così si veniva realizzando una comunità nazionale dei capi della branca uniti da un comune sentire. WWW.MASCI.IT anche le paure che nascono da questa relazione (“ask the boy”). Il mio racconto si interrompe qui in questa fase che si conclude con la Route Capi Clan Capo Fuoco del 1978 sulle colline intorno a Firenze. Ho continuato anche negli anni successivi a mantenere rapporti con la Branca, sia perché sono tornato a fare il Capo Clan sia per il rapporto di amicizia che mi legavano ai Responsabili alla Branca e ai componenti la Pattuglia Nazionale. Un rapporto intenso fino alla Route dei Piani di Pezza, un rapporto che è divenuto più saltuario man mano che aumentava il mio impegno nello “scautismo degli adulti”, ma forse è giunto il momento di trovare occasioni più frequenti di riflessione comune tra la Branca ed il MASCI. Mentre si sviluppava la riflessione sul metodo, contemporaneamente cresceva l’attenzione al mondo nel quale i giovani si trovavano a vivere la loro esperienza. Per questo la prima grande iniziativa che fu avviata dopo La Mandria fu il progetto “Lettura del mondo dei giovani”. Progetto che presentava due aspetti: non solo una lettura scientifica sul piano metodologico, realizzammo infatti uno studio sul mondo dei giovani insieme a Gioventù Aclista in collaborazione con il PAS, ma soprattutto sottolineando l’importanza di quella lettura che nasce dall’osservazione educativa e che va aldilà degli stereotipi. Un progetto che aldilà dei risultati del momento fu importante perché ribadì che ruolo primario del Capo è: leggere la realtà del ragazzo e la sua relazione con il mondo che lo circonda, leggere la realtà del ragazzo con le attese, le speranze ma PAGE 12 MARZO 2010