IL CIMITERO DELL’ELEFANTE
Era il settembre 1985, mi trovavo al centro storico di Napoli, quando incontrai degli
amici che mi presentarono Federico Navarro. Allora non avrei mai pensato che
quell’uomo, dall’aspetto così gracile, ma con un carisma notevole, avrebbe avuto, nel
tempo, un ruolo così importante nella mia vita.
Nel 1990 mi iscrissi, dopo aver compiuto una precedente esperienza psicoanalitica,
alla SEOr (Scuola Europea di Orgonomia) in Roma.
Fu frequentando i corsi che rividi per la seconda volta Federico Navarro.
Entrai, così, in contatto con quello che sarebbe diventato, nel tempo, il mio
maestro. Diventammo amici.
La cosa che mi sorprese di più della vita di Federico fu che aveva girato per il mondo a
diffondere il pensiero reichiano, di cui è stato senz’altro il maggiore esponente nonché
prosecutore, almeno in Italia. Aveva inizialmente fondato il Centro Reich a Napoli, poi
era andato a Roma dove aveva fondato la SEOr, seguì Parigi dove fondò l’IRFEN, per
approdare infine in Brasile dove fondò diverse scuole in altrettante città brasiliane ;
nel frattempo in Spagna alcuni suoi allievi fondarono l’EsTeR.
Alla mia domanda sul perché di una vita così girovaga, lontana dalla sua città e dai suoi
affetti, mi rispose iniziando a raccontarmi un po’ della sua vita. Mi raccontò che si era
separato dalla sua prima moglie, nonché madre dei suoi figli Diego e Fausta, perché
quel rapporto era finito da lungo tempo, inoltre che aveva avuto un terzo figlio,
Cristiano, da una donna svedese che sposò in sede IFeN nel 2001.
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Mi disse che i suoi spostamenti in giro per il mondo non erano dovuti solo all’idea di
diffondere il pensiero di Reich, ma anche perché nei luoghi in cui era andato a vivere
c’era sempre, o quasi, un sentimento d’amore. Infatti il filo di Arianna che legava
queste località in cui Federico aveva vissuto e diffuso il pensiero di Reich erano le
donne di cui era stato innamorato.
Tra un racconto ed un altro, che ascoltavo sempre volentieri, non fosse altro per le
descrizioni colorate di Federico, iniziò a chiedermi dei miei progetti, della mia vita e di
cosa avessi voluto fare una volta finita la scuola.
Tanto interesse mi incuriosì per cui, così come è mia abitudine e senza troppi giri di
parole, gli chiesi il perché di tanta attenzione per i miei progetti futuri.
Ricordo con molta tenerezza il modo burbero, ma anche molto dolce, con il quale mi
rispose: iniziò a dirmi che aveva dei progetti. Questa era un’altra delle caratteristiche
di Federico che mi ha sempre sorpreso: infatti, nonostante l’età, era una persona in
perenne movimento, estremamente vitale e con progetti sempre convincenti e
realizzabili.
Cominciò a parlarmi del suo desiderio di fondare a Napoli un Istituto reichiano e del
suo desiderio che io partecipassi attivamente alla sua fondazione. Fu in questa
occasione che, per definirsi, utilizzò il termine “elefante”, parlando di quella che lui
riteneva fosse la sua parabola discendente, ma non per questo meno intensa, della sua
vita.
Mi disse che, come gli elefanti, voleva tornare, al termine della sua vita, nel suo
cimitero dell’elefante e cioè Napoli, una città che nonostante i suoi continui viaggi non
aveva mai smesso di amare e verso cui sentiva un senso di appartenenza.
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Ricordo che fui molto sorpreso da quello che Federico mi aveva detto e che gli chiesi
perché fondare un’altra associazione reichiana a Napoli; gli ricordai come già vi fosse
in città il centro Reich.
Continuai dicendo che, a parer mio, non serviva. Infatti argomentai che in Italia vi
erano già diverse associazioni simili a quella che lui voleva fondare.
La risposta che mi diede fu, per me, sorprendente: mi parlò delle associazioni esistenti
in Italia, dicendomi che erano tutte ferme alla “sua” Vegetoterapia carattero-analitica;
che durante la sua assenza non si era prodotto niente , o quasi, che non vi era alcuna
ricerca in atto e soprattutto che voleva sviluppare un lavoro di ricerca sull’energia per
il quale necessitava di un gruppo di persone che avessero una qualche esperienza e
conoscenza nel campo.
Parlandomi del lavoro sull’orgonomia mi disse che, a parer suo, quella era la strada per
colmare dei vuoti all’interno della metodologia così come Lui l’ aveva sistematizzata.
Parlammo a lungo e per diverso tempo sull’argomento: mi diede dei nomi di persone
che avrei dovuto contattare ed aggiunse che, nell’eventualità conoscessi delle persone
esperte in materia, non avrei dovuto esitare a contattarle e renderle partecipi del
progetto.
Ripartì per il Brasile raccomandandomi di iniziare il lavoro di contatto ed esplicazione
del progetto a coloro che intendevo coinvolgere in modo tale che al suo ritorno
avremmo potuto iniziare la fase operativa.
ELABORAZIONE DEL PROGETTO E PERSONE
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Piero Borrelli, il primo ad essere stato nominato da Federico, era una persona di cui
avevo sentito parlare in diverse occasioni e la mia curiosità di incontrarlo
personalmente era tanta. Ricordo che non lo contattai subito perché volevo cominciare
a lavorare con qualche persona che già conoscevo e che non mi facesse sentire solo
all’inizio di questa nuova avventura.
In quel periodo, come ora, lavoravo con un amico di nome Giuseppe, per tutti Geppino:
lavoravamo sul riequilibrio energetico con l’agopuntura applicata a pazienti affetti
dalle più disparate patologie. La nostra ipotesi di lavoro era che una psico-patologia si
manifesta solo quando all’interno del sistema biologico -uomo si determina un blocco,
che impedisce all’energia di fluire liberamente, consentendo sia agli agenti esterni che
interni di far insorgere la malattia, cosa che in caso di buon funzionamento del sistema
non si sarebbe mai manifestata. Su questo assioma si fonda tutta l’agopuntura, la
medicina tradizionale cinese e tutte le medicine olistiche. Nonostante non avessimo
mai usato alcun rimedio sintomatico riuscimmo a risolvere molti casi, mentre in quei
pochi in cui c’era una scarsa risposta, l’utilizzo di un farmaco sintomatico, associato al
riequilibrio energetico, quasi sempre risolveva il problema.
Decisi, quindi, di coinvolgere Geppino nel progetto: quando gliene parlai, dimostrò
subito interesse ed entusiasmo. Sembrava ancora più interessato di me alla
realizzazione del progetto, tanto che diede una grande accelerazione dal punto di vista
operativo. Decidemmo insieme di contattare Piero Borrelli, non tanto perché lo avesse
indicato come priorità Federico, ma perché entrambi dopo averne tanto sentito
parlare, avevamo voglia di incontrarlo.
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Andammo insieme a casa di Piero, nel centro storico di Napoli: ricordo i nostri discorsi
su come lo immaginavamo. L'incontro ci rivelò una persona totalmente diversa da
quella che avevamo immaginato: Piero era un omaccione di alta statura, ben in carne,
dall’aspetto dolce. Parlammo a lungo, raccontandogli del progetto di Federico,
divenuto anche nostro: fu molto colpito dal nostro entusiasmo, e si mostrò interessato
ed affascinato da quanto gli prospettavamo.
Mi impressionò ciò che volle dirci prima di aderire attivamente alla nostra proposta di
diventare uno dei volani principali, se non il principale, insieme a Federico, della
realizzazione di un nuovo istituto reichiano a Napoli. Infatti ci raccontò di non aver
voglia di entrare in dinamiche di potere e di essere uscito da altre associazioni
reichiane perché non aveva voluto aderire a quelle che, nel frattempo, si erano
sviluppate.
Affermò con molta determinazione che lui si sarebbe immediatamente escluso al solo
apparire di tali meccanismi; ciò perché, a suo parere, chi comprendeva bene Reich non
poteva creare giochi di potere, ma solo logiche di amore e di collaborazione. Aggiunse
che alla realizzazione del nostro progetto non potevano, né dovevano far parte alcune
persone che ci indicò, da cui si era allontanato perché alla ricerca di affermazioni
narcisistiche e poco interessate a Reich, contrariamente a ciò che affermavano.
Si soffermò molto a parlare d’amore e di come questo sentimento, unito alla
collaborazione, dovesse essere il volano delle nostre azioni. Aggiunse che per aderire
al nostro progetto gli era assolutamente necessario informarne un suo allievo – amico,
così lo definì, Franco Cozzolino Coletta.
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Aderimmo subito alle sue richieste che non vivemmo come condizioni, visto che ne
condividevamo lo spirito e l’intento.
Quando Geppino ed io andammo via da casa sua, scambiammo le nostre impressioni su
Piero: entrambi eravamo rimasti colpiti dalla sua umanità, dalla sua cultura e,
soprattutto, dalla sua chiarezza nell'esprimere i suoi punti di vista senza alcuna
esitazione, accettando il rischio di essere escluso, nell’eventualità che le sue proposte
non fossero state recepite ed accettate.
Ci fu chiaro perché Federico ci tenesse tanto a Piero: ciò non era dovuto solo al fatto
che considerava Piero come un fratellino che si era formato, come lui, con Ola Rachnes,
ma perché Piero rappresentava, con la sua tendenza alla emozionalità, il giusto
contraltare all’apparente razionalità di Federico.
Nei lunghi periodi di andirivieni per il mondo di Federico, Geppino ed io
organizzammo un convegno, col patrocinio del Comune di Napoli, da tenersi
nell’antisala dei Baroni del Maschio Angioino su “Attualità del pensiero di W. Reich” i
cui relatori erano, ovviamente, Federico e Piero, mentre io ero il moderatore. Al
convegno erano presenti circa 400-500 persone. Quando presentai i relatori ed
introdussi i lavori, ricordo la mia meraviglia per la presenza di tutta quella gente. E’
vero che avevamo lavorato tanto per preparare il convegno però, nonostante il lavoro
profuso, non mi aspettavo un numero così grande di persone.
Gli interventi dei due relatori suscitarono un notevole interesse; come sempre Piero
parlava più col cuore, Federico si rivolgeva prevalentemente al cervello, ed insieme
erano una vera forza della natura. I loro interventi crearono tanto interesse e curiosità
che fui costretto a porre fine alle domande che si succedevano l’una all’altra.
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Ciò che stava accadendo, aumentò l’entusiasmo di Geppino e mio e stimolò il nostro
desiderio
di realizzare in tempi brevi tutta la fase organizzativa del progetto:
accelerammo tanto i tempi della stesura scritta del programma dell’Istituto, quanto
della conoscenza delle persone da coinvolgere.
Incontrammo, in tempi brevissimi, Franco. Mi commuovo al solo pensiero di Franco,
era una persona di umanità e bontà assolutamente uniche; incontrare una tale persona
costituiva una fortuna per chiunque.
Non aveva niente che gli appartenesse che avesse a che fare con rabbia, rancore,
aggressività. Era straordinariamente dolce e divenne il nostro compagno di viaggio per
l’ultima fase del nostro progetto, quella realizzativa.
Ricordo i viaggi insieme in giro per l’Italia per contattare le persone che ritenevamo
opportuno coinvolgere: la sua umanità e la sua cultura hanno insegnato molto sia a
Geppino che a me.
Dopo circa un anno di lavoro eravamo pronti ed aspettavamo che Federico tornasse
dal Brasile per fondare formalmente quello che sarebbe diventato l’IFeN, Istituto
Federico Navarro.
Purtroppo dopo il ritorno di Federico, Piero ci lasciò, ma la sua impronta permea, a
mio parere, ancora oggi l’Istituto: è ancora viva dentro di me l’emozione che suscitò
la proposta di Federico di intitolare la scuola a Piero, da ciò la trasformazione dell’IFeN
in: IFeN Scuola di Orgonomia P. Borrelli.
FEDERICO NAVARRO
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Nell’anno 1996 Federico, in attesa di costituire il nostro istituto, chiese a Jean Loic
Albina, presidente dell’IRFEN di Parigi, la possibilità di aprire in Italia una sede
distaccata del suo istituto, in modo tale da poter chiedere il riconoscimento del
Ministero dell’Università e della ricerca scientifica per una scuola di formazione di
psicoterapia rechiana riconosciuta. Jean Loic aderì e mandò la documentazione
necessaria per gli adempimenti burocratici, aggiungendo che Federico poteva disporre
dell’IRFEN nel modo che avesse ritenuto più opportuno.
Il 3 ottobre 1997 in Napoli si costituì ufficialmente l’IFeN. Erano presenti: F. Navarro,
M. R. Blanc, F. Cozzolino Coletta, G. Giannini, C. Buonocore ed io.
E’ ancora viva nella mia memoria la commozione di Federico quando brindammo alla
costituzione dell’Istituto, esprimendo la
volontà di considerare presente tra noi,
nonostante l’assenza, Piero Borrelli.
Prima di parlare di Federico, mi fa piacere ricordare ciò che dice di lui Geppino
Giannini nel suo libro “Elogio del sentire”:
<< In onore di Federico Navarro “sento” la necessità di ricordare la dicotomia
lacerante dell’uomo/professore profondamente vissuta con l’inestinguibile curiosità e
la rigorosa attenzione del cercatore.>>
La dicotomia tra l’uomo Federico ed il professore era qualcosa con cui egli stesso
amava giocare, dicendo che ad un certo punto della sua giornata, più o meno verso le
diciotto, spariva il professore e compariva l’uomo.
In realtà questi due aspetti della personalità di Federico erano evidenti a chi, come me
e Geppino, avesse con lui un contatto quotidiano.
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Federico era in uomo di grande carisma e personalità, aveva un’ intelligenza intuitiva
ed elaborativa inimmaginabile in una persona della sua età, era incredibilmente
curioso, ma ciò che più sorprendeva era la sua voglia di continuare ad apprendere .
Poteva, infatti, a buona ragione, visto tutto ciò che aveva fatto e scritto nella sua vita,
desiderare di riposarsi; questa idea, però, non lo sfiorava affatto.
Un giorno il trio, così ci piaceva chiamarlo, Federico, Geppino ed Antonio era in un
ristorante, che nel tempo divenne il nostro ristorante, a consumare, come diceva
Federico, il “breakfast”: Federico ci disse che gli sarebbe piaciuto moltissimo morire
su di un aereo mentre era in viaggio per il mondo a diffondere il pensiero di Reich,
cosa che, purtroppo per Lui, non è accaduta.
Della personalità di Federico mi hanno sempre colpito due aspetti: da un lato il
professor Navarro, burbero, carismatico, di difficile impatto; diceva di sé che non era
rigido come gli altri pensavano, ma rigoroso ed io penso che questo aggettivo lo
identificasse totalmente. La sua giornata era scandita da ritmi costanti: al risveglio,
intorno alle otto, usciva per il caffè, poi era in studio per le sue terapie, di cui sono stato
“vittima”, alle tredici breakfast con lunghe discussioni teoriche fatte a tavola dal trio,
poi riposino pomeridiano, quindi di nuovo studio, cena e verso le dieci letto, magari
leggendo un po’ di buon libro prima di addormentarsi.
Nel gennaio 2000 Geppino lo convinse a sottoporsi ad un ciclo di massaggi shiatsu.
Dopo qualche ritrosia aderì alla proposta e si affidò nelle mani di Fulvio Acciavatti.
Fulvio è un amico che è da sempre in contatto con l’IFeN, oggi è un socio dell’istituto e
ne è responsabile dell’area “shiatsu”.
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Da quel momento nei ritmi scanditi della sua vita, subentrò anche l’ora del massaggio
shiatsu settimanale che per Federico era un “impegno” a cui, nonostante se ne
lamentasse, si dedicava con piacere: infatti non mancò mai, se non per cause di forza
maggiore, ad un appuntamento.
Il professor Navarro non era autoritario, così come molti dicevano di Lui , ma era
autorevole. Aveva una coerenza interna che si esprimeva nelle sue azioni, le quali
erano contemporanee al suo pensiero; una cosa pensata, secondo Federico, doveva
essere subito agita, non amava perder tempo. Il tempo era un suo pensiero costante
perché lo accompagnava la paura di non riuscire a trasmettere ai suoi allievi tutto ciò
che, a suo parere, era necessario.
Era dotato di un magnetismo notevole che faceva sì che fosse sempre circondato, in
qualsiasi parte del mondo si trovasse, da una moltitudine di persone.
Una volta, nel nostro ristorante, iniziammo una discussione che è ancora oggi viva
nella mia mente: si parlava dell’intelligenza.
Gli chiesi:<< Federico, cos’è l’intelligenza umana secondo te?>>
Mi rispose in un modo che mi disorientò: <<L’ utilizzazione dell’ interpretazione
analogica da me proposta nella sistematizzazione della vegeto terapia caratteroanalitica rientra nel paradigma reichiano poiché “ l’intelligenza” umana è del tutto
diversa da quella artificiale, delle macchine. Infatti gli sviluppi delle neuroscienze
hanno dimostrato che il nostro cervello non elabora alcuna informazione, ma
interagisce con l’ambiente modificando di continuo la propria struttura. L’intelligenza
umana, la memoria e le decisioni umane sono sempre modulate dalle emozioni.>>
Ed io: <<Federico e la neocortex in tale eccezione come si colloca? >>
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Rispose: <<Al nostro pensiero si accompagnano sempre sensazioni ed azioni corporee,
noi pensiamo anche col corpo. La mente umana pensa per mezzo di idee, non di
informazioni ed elaborazioni delle medesime. Non è l’informazione a creare le idee ma,
al contrario, le idee creano informazioni. Le idee sono schemi integranti che non
derivano dalle informazioni, ma dalle esperienze per cui il linguaggio è sempre
metafisico. Ed il linguaggio compare con lo sviluppo limbico
che è il cervello
dell’intelligenza emozionale ed affettiva.>>
Confesso che questa interpretazione mi disorientò non poco, ma alla luce delle mie più
recenti esperienze, oggi è, per me, non solo più comprensibile, ma anche condivisibile.
Questo è un esempio delle discussioni che, durante la pausa pranzo, il trio Federico,
Geppino ed io intavolava.
Geppino ed io abbiamo molto appreso da Federico durante questi incontri.
Così agiva, in linea di massima, il professor Navarro.
Ma Federico come era e chi era?
Prima di parlarne devo puntualizzare che ho avuto a che fare più col professor
Navarro, mentre Geppino ha conosciuto, più e meglio di me, Federico.
Posso affermare che nell’ultimo periodo della sua vita (circa dieci anni ) siamo state le
persone cha hanno vissuto a più stretto contatto con Federico.
Come ho già scritto, egli era sempre circondato da persone, era un polo magnetico
incredibile. L’uomo
era una persona abbastanza fragile che si nascondeva con
comportamenti burberi, ma bastava andare un po’ oltre l’apparenza per incontrare
una persona sola, bisognevole di affetto e desiderosa, in chiave personale, di essere
circondato da persone che gli dedicassero attenzione.
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Tale desiderio ha fatto sì che fosse spesso circondato da gente che non faceva altro che
adularlo, perché in realtà voleva qualcosa da Lui; ho visto numerosissime persone che
sono venute a trovarlo perché avevano bisogno di essere accreditate da Federico,
senza avere nei suoi confronti alcun sentimento d’affetto.
Geppino ed io abbiamo spesso cercato di farglielo notare: egli ne era pienamente
cosciente e ci dava ragione, ma aggiungeva che non aveva importanza perché si
trattava solo di un’ istanza umana. Abbiamo avuto modo di comprendere, nel tempo,
il perché di tale comportamento quando ci raccontò diversi episodi della sua vita ed
uno in modo particolare. Ci disse che non era vissuto con i suoi genitori, ma con una zia
a cui era legatissimo, e di aver vissuto quello che riteneva un tradimento da parte di lei.
Senza voler fare una lettura di tipo psicoanalitica, ciò che ci raccontò ha chiarito tanto
a Geppino quanto a me la sua particolare relazione con le donne.
Nei suoi numerosi racconti circa la propria vita ricorreva un giudizio: riteneva di aver
commesso molti errori. Infatti diceva di sé: << Credo di essere un buon terapeuta, ma
non un granché come persona>>.
Ritengo che tale giudizio fosse troppo severo.
Era un appassionato tifoso della Ferrari: infatti quando c’era un gran premio, per lui
non esisteva altro, si attaccava al televisore e non c’era niente che potesse distoglierlo.
Per quel che ne so io, questa era la sua unica passione, oltre le donne; per il resto, la
sua vita ruotava intorno a libri, studio, voglia di continuare ad apprendere ed il
pensiero, quasi ossessivo, di fondare una scuola di terapia reichiana diversa dalle
scuole già esistenti.
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La sua personalità, fortissima, nonostante la sua fragilità, faceva sì che Federico fosse
amato od odiato, da qualcuno usato, ma era difficilissimo incontrare Federico e vivere
un sentimento di indifferenza: riusciva sempre a suscitare emozioni, talvolta
contrastanti ma sempre restava un’impressione da quell’incontro.
Aveva, almeno così credevo, sposato il pensiero di Reich e ha fatto di tutto per
diffonderlo nel mondo. Federico voleva che io ripercorressi il suo cammino e viaggiassi
con Lui a divulgare l’orgonomia.
Tale sua aspettativa ci ha portato spesso ad avere degli scontri duri: infatti gli ripetevo
spesso che il pensiero e la diffusione delle opere di Reich erano per e me importanti,
ma non più della mia vita e che comunque io non ero Federico. Durante tali scontri,
fortunatamente, avevamo la mediazione di Geppino che attenuava le nostre tensioni.
Devo molto a Federico, a tutto il tempo che mi ha dedicato, alla parte della sua
immensa conoscenza che mi ha arricchito, all’ insegnamento dell’umiltà, alla sua
costante attenzione ad apprendere da chiunque. Diceva spesso che se si è ben attenti
alle cose che accadono , si può apprendere tanto anche dalle persone apparentemente
insignificanti .
Federico era questo e tant’altro, ma l’aspetto più caratterizzante era la sua
costante voglia di apprendere e di evolvere e questo per un uomo della sua età era
davvero affascinante perché lo rendeva vivo e vitalissimo.
Era un ricercatore nel senso più nobile del termine: infatti non ha mai ristretto la sua
ottica per difendere le sue affermazioni, ma era sempre disposto a discuterle e
verificarle in caso di critica, essendo disposto a cambiare idea se trovava le critiche
convincenti.
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La preparazione degli allievi
Nel 1999 fittammo la sede dell’IFen nella zona di Napoli che Federico amava di più,
quella che a suo parere era il vero centro di Napoli. Avevamo già iniziato a fare
didattica negli anni precedenti a casa sua, ma da quel momento tutto sì trasferì nella
nuova sede.
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Tra il 1999 ed il 2002, periodo della sua morte, eravamo in tanti intorno a Federico,
circa trenta persone; molte di esse, come ho anticipato, non mi piacevano perché era
palese ai miei occhi la strumentalizzazione che facevano di Federico.
Geppino ed io gli abbiamo spesso chiesto perché accettasse tutto ciò, perché farsi
utilizzare da persone che non volevano far altro che accreditarsi in campo nazionale
usandolo. La sua risposta era immancabilmente sempre la stessa: << Che importanza
ha? Fai passare un po’ di tempo e tutto sarà chiaro. Il nostro obiettivo primario è di
lavorare per essere pronti al più presto per fondare una scuola e se questo è il nostro
obiettivo non possiamo farci distogliere da cose insignificanti come queste.>>
Ci ha insegnato, così, che distogliere l’intento dall’obiettivo primario che si è prefisso
per entrare in logiche di tipo dialettico alimentava emozioni, a suo dire ignobili, ma
quel che era peggio distoglieva dalla tensione emotiva e mentale tesa alla realizzazione
del progetto ed alimentava, per dirla alla Reich, la peste emozionale.
Durante le lezioni di didattica e di supervisione, quando c’impantanavamo in
discussioni, a suo parere, inutili e superflue, ripresentava, sbuffando, sempre la stessa
domanda: << Al di là di tutto, cosa proponi?>>
Era il suo modo per ancorarci ad un intento coerente ed a un pensiero funzionale che
non si facesse distogliere dagli aspetti marginali e secondari dei problemi e che
andasse alla loro radice per trovare una soluzione.
Oltre alla nostra preparazione, per Federico contava molto l’atteggiamento etico del
terapeuta, tanto che ha scritto quasi di suo pugno, (in verità, assecondando la sua
pigrizia, dettando) il codice deontologico dell’IFeN.
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Ha inoltre tenuto delle lezioni a poche persone, indicando quelli che Lui definiva
reichianamente pericolose ed invitando noi dell’IFeN ad avere una vigilanza costante
ed a denunciare tutto ciò che potesse danneggiare l’immagine del movimento
reichiano per i comportamenti di sconsiderati che, così diceva, si dicono reichiani, ma
che non hanno niente a che vedere con Reich.
Da questo punto di vista era perfettamente allineato al pensiero di Piero Borrelli.
Durante le lezioni di didattica, era sempre attento alle nostre considerazioni ed era
disposto a cambiare idea e posizione se le argomentazioni prodotte erano per lui
interessanti.
Ad esempio, durante la didattica Federico ed io avemmo una discussione riguardante
lo psicotico; egli, nella sua “somatopsicodinamica “, affermava che lo psicotico avesse
scarsa quantità energetica ed una mal ripartizione della stessa, cioè che lo psicotico ha
una struttura energetica “iporgonotica disorgonotica” . Tale visione è stata da me
contestata a più riprese: infatti ritengo che lo psicotico non abbia una scarsa energia,
ma che la sua energia sia tutta tesa a difendere un’ apparente strutturazione perché
altrimenti si disgregherebbe, mentre ha una scarsa energia per le relazioni.
Le mie argomentazioni lo convinsero e, seppur non lo abbia mai affermato con
chiarezza, da quel momento Federico ha parlato per il nucleo psicotico di scarsa
energia per la relazione.
Egli volle che nel nostro regolamento interno fosse prevista per ogni terapeuta quella
che lui chiamava, scherzosamente, la manutenzione a vita.
A questo proposito ricordo il mio imbarazzo, ma anche la mia paura, quando un giorno
Federico mi chiese di fargli una terapia di mantenimento. In quella occasione ha
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dovuto combattere non poco per vincere la mia resistenza ad accontentare la sua
richiesta. Ciò non perché non volessi, ma perché ritenevo di non esserne all’altezza.
Ricordo che si adirò non poco: mi disse che se non ero all’altezza di fargli una terapia
di mantenimento, visto che Lui aveva lavorato tanto con me ed era poco disponibile ad
accettare un rifiuto, potevo anche lasciar perdere il mio intento di fare il terapeuta
reichiano. Continuò dicendomi che, a parer suo, vi erano persone che erano e sono
terapeuti ed altri che fanno i terapeuti senza mai diventarlo e che io appartenevo alla
prima categoria. Aggiunse che se avevo paura di esserlo perché Federico Navarro mi
chiedeva una terapia, potevo lasciar perdere.
Ricordo di averlo ringraziato ed abbracciato dopo quella sfuriata, di aver attraversato
le mie paure e di aver infine accettato. In quella occasione Federico mi ha fatto un
bellissimo regalo, non tanto perché mi avesse chiesto di fargli una terapia di
mantenimento, ma perché mi aveva costretto ad accettare la responsabilità di essere
un terapeuta, anche se in un modo un po’ traumatico.
Mi ha fatto capire che un terapeuta, se è tale, non può fuggire dalle responsabilità
derivanti dal ruolo che ha scelto, indipendentemente da chi effettua la richiesta e dalla
gravità del caso clinico.
Col passare del tempo, così come aveva predetto Federico, alcune persone iniziarono
ad allontanarsi, mentre altre arrivavano. Tra le tante che si sono avvicendate nel
tempo con le motivazioni più disparate, mi fa piacere ricordare Gino Meringolo che ha,
purtroppo, lasciato l’associazione dopo la morte di Federico.
Federico morì verso le prime ore della notte del 10/10/2002,
giorno del mio
compleanno (curiosa “coincidenza”).
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Anche se fa male, vorrei parlare della morte di Federico: egli cominciò a stare male
nel luglio dello stesso anno. Decise di farsi curare dal figlio Diego che utilizzò dei
farmaci spagirici. A detta di Diego, il padre aveva un tumore polmonare.
In quel periodo Geppino ed io siamo stati costantemente vicino a Federico . Aveva
chiesto a Geppino che era la persona più vicina a lui e che ha raccolto le sue confidenze,
ansie, timori ed aspettative, di farlo cremare e di disperdere le sue ceneri in mare.
Ricordo che Geppino scherzosamente gli diceva che non poteva morire prima del 2007
perché per quella data tutti i suoi allievi sarebbero stati pronti per fondare la scuola e
che Lui aveva assunto l’impegno di restare con noi fino ad allora.
In quel periodo sono venuti a trovarlo alcuni allievi spagnoli e tante altre persone: a
me non piaceva lo spirito di quelle visite perché salutavano il maestro prima che
morisse.
Per quel che mi riguarda, ho sempre faticato ad accettare la posizione di Federico di
non voler fare accertamenti e, poiché non mi piaceva vederlo diventare nel tempo
sempre più debole, nel settembre 2002 gli proposi di andare in ospedale con me per
effettuare degli accertamenti ed eventualmente cambiare terapia.
Si oppose con molta forza, dicendomi che voleva essere curato dal figlio e che non
voleva discutere questa sua scelta . A parer mio, il suo ostinarsi in questa posizione era
dovuta al fatto che , in questo modo,provava a
riunirsi col figlio che aveva
abbandonato, rispetto al quale aveva molteplici sensi di colpa.
Ritrovare i suoi figli era per lui di primaria importanza, forse anche più della sua vita:
riunirsi , almeno alla fine del suo percorso, ai suoi tre figli che aveva lasciato così a
lungo senza il padre.
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Non sono riuscito mai ad accettare fino in fondo questa sua decisione: così nei primi
giorni di ottobre gli dissi che ero disposto a stargli vicino assecondando la sua voglia di
vivere, ma che se la sua volontà era quella di morire, seppur di una morte dolce, come
diceva Diego, non ero più disponibile a vederlo sfiorire poco alla volta senza fare
niente.
A questo mio discorso scrollò le spalle; lo baciai e, salutandolo, gli dissi che era mia
intenzione non vederlo più perché non volevo vederlo morire senza poter far niente e
che, soprattutto, non condividevo il suo lasciarsi morire per strani sensi di colpa che
non riuscivo né a comprendere, né tantomeno a condividere.
Non avrei mai immaginato che sarebbe morto solo dopo qualche giorno.
Geppino mi raccontò poi che lui era con Federico la sera prima che morisse e di aver
detto a Diego che era più giusto che quella notte stesse lui col padre.
Da quello che mi è stato riferito, Federico deve essersi reso perfettamente conto che
quella notte ci avrebbe lasciato.
Ricordo tutte le persone presenti al suo funerale, tra cui alcuni di quelli che definiva
“reichianamente pericolosi”. Quel giorno, insieme a Federico, moriva un pezzo della
mia vita. Mi riferisco alla relazione fisica, tangibile, perché egli, insieme a Piero e
Franco è ancora vivo nell’esempio , nelle azioni, ma soprattutto nel suo insegnamento
umano più che professionale.
Queste tre persone, a mio parere, personificano, con sfumature diverse, le tre “u” di
reichiana memoria e cioè umiltà, umanità ed umorismo.
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Lo sviluppo della scuola nell’idea di Federico
Si era discusso spesso con Federico della necessità di ampliare la vegetoterapia , in
modo particolare il lavoro sull’intrauterino.
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In questa fase della organizzazione dell’uomo, sicuramente la più importante, non vi
erano actings di sicura efficacia e supportati scientificamente . Per tal motivo abbiamo
parlato a più riprese e messo a punto ipotesi di lavoro che nel tempo abbiamo
approfondito e sviluppato.
Prima di parlare di questo è opportuno raccontare alcuni eventi; Federico aveva dato
a Geppino un suo vecchio libro scritto insieme a Lebrun
dal titolo ”nucleo-
essenzialismo teoria della radioattività vitale ( RaV)” e pubblicato negli anni sessanta.
Gli aveva, inoltre detto, di farne ciò che volevamo. Dopo averlo letto attentamente
Geppino decise di farlo leggere solo a Sergio e me per poi decidere insieme cosa farne e
come utilizzarlo.
Dalla lettura di questo libro ho capito che Federico si era nel tempo avvicinato a Reich
perché il pensiero reichiano era quello che più si avvicinava a delle sue conoscenze
che erano molto più avanti di Reich; Federico stesso diceva che erano al di la della
conoscenza scientifica di allora. Dice Federico: “ Questo saggio monografico in una
sintesi storico scientifica fornisce una interpretazione finalistica della vita superando il
dualismo spirito-materia e, attraverso numerose citazioni, valorizza le forze
energetiche di cui sostanzialmente è formato l’universo, noi compreso.
Alla luce di tale teoria quello che fino ad oggi sembrava un mistero e la metapsichica o
parapsicologia trova i presupposti non più teorici alla sua validità. Il libro dimostra la
fragilità di ogni concetto trascendentale fino a far desumere che essi in realtà non
sono che degli pseudo-concetti, che hanno fino ad oggi falsato la nostra vita in ogni
rapporto etico e sociale per un sovrapporsi di vari pregiudizi. In questo periodo
storico, che possiamo realmente definire atomico, la radioattività viene considerata in
21
modo totalmente completo partendo dall’acquisizione che tutto è radiante ovvero
radioattivo e che in uno scambio energetico tra “ogni” cosa esistono le premesse della
vita che è perciò immortale nel tempo e nello spazio come fatto materiale, in quanto in
base agli studi di Einstein, energetico. Se l’uomo si rende consapevole di questo
patrimonio energetico in lui presente già dalla nascita può, volendolo, aumentarlo o, se
ne è superdotato, può emanarlo come forza operante in ogni manifestazione “ (
Federico 1960-65 ).
Ancora “ esiste in noi un nucleo primo irradiante una energia eccellente che deve
essere l’attivatrice centrale della vita dell’uomo. Questa fonte di energia eccitatrice
interiore determinante delle radiazioni, conferma, decisamente, sul principio
fondamentale
di
attrazione-agglomerazione
della
materia
connaturata,
che
l’attivazione centrale del soma deve essere di natura “cosmica”.
Dettagliamo: Crile ha accertato come le radiazioni umane emesse dai vari organi,
presentano intensità normale se gli organi sono perfettamente sani; in caso di
disfunzione ( disintonie od isolamenti ) le radiazioni dell’organo colpito riducono la
loro intensità e cessano completamente se l’organo cessa di funzionare.
Il dott. R. Dodge, dell’università di Yale, ha approfondito lo studio dei rapporti tra
l’energia radiante del corpo umano e le cause delle “malattie”.
Egli, nella sua indagine, ha potuto stabilire le radiazioni elettromagnetiche che
vengono emesse da alcuni tessuti patologici, per esempio da quelli dei tumori maligni.
Il dott. Gurwitsch, università di Leningrado, ha stabilito 25 diverse lunghezze d’onda
elettromagnetiche, irradiate dal corpo umano
e corrispondenti a 25 diverse
“malattie”……………
22
Il dott. Borodin, università di Mosca, ha accertato che le lunghezze d’onda di queste
radiazioni variano parallelamente al progresso del tumore nel corpo del soggetto e che
le radiazioni sono tanto più deboli, quanto più il tumore procede.
Il dott. Ehrenwold, clinica neurologica dell’ università di Vienna, ha stabilito che il
nostro corpo non solo emette radiazioni, ma ancora funziona da “ricevente” e risponde
a radiazioni provenienti da fonti esterne: dai raggi cosmici.
Le conclusioni raggiunte dagli indagatori sopra elencati, tutti medici, devono far
convergere l’attenzione scientifica sui fatti determinanti le relazioni tra radioattività e
manifestazioni dell’individualità pensante e, quindi, più decisamente, sull’origine,
“sulla vera origine”, dell’attività vitale.
Le nostre manifestazioni vitali
sono strettamente regolate dal “fattore cosmico”,
precisamente, in conseguenza della radioattività”.
Come ho già detto pensavo che Federico avesse sposato il pensiero di Reich, ma dopo
aver letto il testo sulla “radioattività vitale” ho cambiato totalmente idea. In realtà si
era adattato al pensiero di Reich perché, dopo aver fatto un percorso personale di tipo
psicoanalitico con C. Musatti prima e con A. Carotenuto poi, la teoria di Reich era quella
che più si avvicinava alle sue conoscenze che evidentemente provenivano da fonti
diverse. Quindi contattò nel 1969-1970 insieme a Piero Borrelli, Lucia Cillo, Mirella
Firrao, Aniello Izzo e Giorgio Salmoni, Ola Raknes allievo diretto di Reich che viveva ad
Oslo per iniziare la formazione reichiana. Raknes accettò e da quel momento ha
trascorso per tre anni di seguito le sue vacanze estive a Napoli, circa due mesi all’anno,
per preparare questo gruppo di allievi.
23
Alla fine del corso Raknes diede l’incarico a Federico di mettere a punto una
metodologia con gli actings di Reich e da quel momento Federico, dopo aver scritto la
metodologia, ha iniziato il suo girovagare per il mondo a diffondere il pensiero di
Reich.
Aveva voglia, come più volte ci ripeteva, di ricominciare un lavoro di ricerca, alla luce
delle nuove scoperte della fisica quantistica, che andasse oltre la vegeto-terapia
carattero-analitica. Ricordo il suo rammarico quando raccontava che dal suo lavoro
niente o quasi era stato prodotto se non qualcosa dalla scuola spagnola. Anche Lui, così
come Reich, aveva voglia di approfondire l’aspetto energetico e quindi riprendere dei
lavori che aveva abbandonato da tempo. Dare a Geppino il testo sulla radioattività
vitale viaggiava in questa direzione. Mi fu chiaro del perché del suo ultimo libro sulla “
orgonomia clinica” e della sua richiesta di contattare possibilmente persone con una
certa conoscenza delle teorie energetiche. Ci disse che era necessario mettere a punto
un lavoro che agisse nella fase della premuscolarità e quindi nel periodo intrauterino e
nei primi mesi di vita delle persone. Cominciammo a parlare con Geppino della
possibilità di somministrare delle frequenze informazionali ad occhi chiusi e che
potessero dare al paziente una informazione coerente. Assunse l’impegno,
puntualmente mantenuto, di portarci dal Brasile un apparecchio il “ Brainlight” che era
in grado di indurre un rilassamento profondo ed una sincronizzazione degli emisferi.
L’ipotesi era verificare se potesse essere inserito nella metodologia prima degli actings
oculari; con Geppino abbiamo cominciato a lavorarci ma devo dire che i risultati non
furono così convincenti per cui abbandonammo questo lavoro. Per fortuna nell’IFeN vi
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erano, in quel periodo e devo dire ancora oggi, delle persone che avevano una grande
propensione alla collaborazione ed alla ricerca. Tra questi Sergio, vero ricercatore di
internet, che iniziò un lavoro incredibile di ricerca sulle nuove conoscenze degli effetti
della luce sui sistemi biologici. Ha spedito nel tempo via e-mail all’IFeN quantità
incredibili di materiale da cui sono nati molti lavori presentati dall’IFeN ai convegni
dell’IFOC. Nel frattempo era già stata pubblicata una ricerca dell’Istituto sulla
“interazione ed interrelazione tra campi energetici” che spiegava molti dei meccanismi
energetici che entrano nel setting terapeutico. Tutto il lavoro prodotto dall’Istituto è
stato sempre accompagnato dal necessario rigore scientifico a cui Federico e, con Lui,
tutti noi teniamo.
Sono stati anni di lavoro ed anche di qualche conflitto che, comunque avendo noi
voglia di lavorare insieme, sono stati sempre superati ed alla fine di essi ci siamo
ritrovati, seppur ognuno di noi con la propria individualità e con le proprie
convinzioni, sempre più uniti.
Così come aveva predetto Federico molte persone sono scomparse ma sono rimasti nel
tempo quelle che avevano voglia di lavorare, collaborare, studiare e ricercare insieme
invece di entrare in logiche dialettiche quasi sempre distruttive. Amava dire il nostro
professore: ”se c’è un problema c’è sempre una soluzione altrimenti non è un
problema e non c’è soluzione possibile; imparate ad accettarvi ed a rispettarvi in tal
modo sarà semplice realizzare anche quelle cose che vi sembreranno più improbabili”.
Soleva ripetere durante le nostre pause pranzo, “colazione “ per dirla alla Federico ,
non è necessario essere in tanti, meglio pochi ma buoni e con un progetto comune e
tutto diventa realizzabile. Come sempre il professor Navarro aveva ragione da quando
25
il nostro numero è diminuito sono terminati quei lunghissimi incontri fatti di
interminabili ed inutili discussioni e sono finalmente rientrati nei nostri incontri i
progetti.
Da quel momento e posso dire ancora oggi all’interno dell’IFen è un continuo lavoro di
ricerca fatto insieme od individualmente. Il pensiero funzionale, cioè il quasi
istantaneo passaggio tra l’idea e l’azione era maturato dentro di noi e penso che questo
fatto faccia sorridere ancora oggi Federico ovunque sia.
LA PREPARAZIONE ALLA SCUOLA
Nel mio rapporto con Federico, ho incontrato prevalentemente il “Professor Navarro”:
mi sono sempre chiesto perché in tutti i nostri incontri ci fosse sempre un momento in
cui cominciava a darmi delle informazioni inerenti le sue esperienze, le sue deduzioni
26
e ciò che voleva continuare a fare nel tempo. Alle mie obiezioni sul momento sbagliato,
perché in quell’attimo c’era solo lo stare insieme per il piacere e niente altro, mi
rispondeva, col suo caratteristico candore, che il piacere attraversa diversi canali e a
parer suo quello era uno dei possibili.
Il suo atteggiamento didattico nei miei confronti spariva quando con noi c’era Geppino;
in quel caso si parlava di tutto, partendo ad es. dalla Ferrari, fino ad arrivare alla realtà
politica che vivevamo ed al fatto che secondo Lui in quel contesto storico il carattere
masochista era il migliore possibile.
Quando eravamo soli, invece, tanto dopo la terapia quanto per strada o a prendere un
caffè, prima o poi ritornava il Professor Navarro.
Nel tempo ho capito che questo suo agire intenzionale derivava dalla sua volontà di
passarmi quante più informazioni possibili affinché fossi pronto a sostituirlo.
Purtroppo non sono state tante.
Federico mi ha sopravvalutato . (nota a fine capitolo)
Quando abbiamo cominciato con la didattica, prima a casa di Federico e poi nella sede
dell’IFeN, ritornava continuamente
su dei concetti che riteneva fondamentali:
continuava a ripeterli a più riprese finché non riteneva che noi le avessimo acquisite.
Talvolta riproponeva delle lezioni perché mancavano delle persone su cui aveva
investito: gli incontri spesso si diversificavano in relazione a coloro che erano presenti.
Nelle sue azioni era costantemente presente l’intenzione di prepararci alla scuola, che
era, e restava, il suo intento primario insieme alla ricerca ed alla diagnosi.
27
Nonostante la sua ritrosia a farsi riprendere da una videocamera, accettò che tutti gli
incontri di didattica fossero ripresi; a tali incontri sono succeduti quelli di
supervisione.
L’analisi dei casi clinici era sempre accompagnata da escursioni che andavano oltre il
caso presentato perché gli piaceva ampliare il più possibile tutto ciò che ognuno di noi
presentava; poneva tantissima attenzione alle nostre osservazioni e talvolta , quando
alcune nostre considerazioni erano prive di fondamento, aveva delle sfuriate
incredibili, ottenendo spesso la nostra chiusura reattiva. Federico era, però, capace di
smorzare ed attenuare in modo così semplice e naturale le tensioni che accumulavamo
stupidamente, che questi momenti duravano pochissimo.
Come ho già scritto in precedenza, era una persona che si accettava o rifiutava,
essendo impossibile provare nei suoi confronti indifferenza.
Quando nell’ottobre 2002 ci ha lasciato, abbiamo attraversato tutti noi un momento
terribile: ci siamo ripresi poco alla volta e quindi ci siamo rimboccati le maniche.
Abbiamo riorganizzato l’IFeN dal punto di vista burocratico e riprogrammato il lavoro.
A quel punto, rispetto al numero di persone che ruotava intorno all’IFeN quando c’era
Federico, eravamo rimasti in pochi. Ciò mi fa venire in mente un’ affermazione che
Federico amava ripetere a più riprese:<< Meglio pochi, ma buoni>>.
Abbiamo organizzato il settore della diagnostica e ripreso le ricerche: mi piace
ricordare che l’IFeN ha presentato lavori di ricerca negli incontri IFOC dal 2001 fino
all’ultimo incontro IFOC del settembre 2007.
Infine, abbiamo continuato la nostra preparazione in incontri mensili sulla
metodologia: il motivo fondamentale dei nostri incontri era quello di ottenere una
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preparazione più omogenea possibile, rispettando le nostre specificità, per poter poi
organizzare, in assenza di Federico, la scuola di “orgonoterapia” dell’IFeN.
Mi fa piacere nominare i miei compagni di viaggio, almeno quelli che attivamente
hanno lavorato alla realizzazione dei progetti IFeN, con cui ho imparato a collaborare,
superando insieme le difficoltà che si presentavano quando i nostri caratteri
tendevano a scontrarsi e quando sarebbe stato più semplice separarsi anziché restare
insieme. I nostri progetti erano più forti dei nostri conflitti. Nei nostri incontri e
scontri siamo cresciuti insieme, abbiamo lavorato, messo a punto ed inserito nuovi
actings nella metodologia. Si tratta di actings che, così come voleva Federico, ricoprono
il vuoto che lui stesso ammetteva esistesse nella sua sistematizzazione della
metodologia e che riguardano il vissuto nel periodo intrauterino. Così come Lui ci
aveva indicato, sono degli actings che danno informazioni energetiche. Nel periodo
intrauterino non c’è né controllo muscolare né elaborazione corticale, anzi nelle prime
settimane di vita embrionaria ci sono solo una memoria energetica ed una cellulare.
Quindi gli actings che abbiano una valenza reale in merito a questo periodo della vita
di una persona, devono incidere sull’eventuale stato di allarme del sistema energetico
cellulare. Dobbiamo a Sergio Scialanca la messa a punto di due actings, attuati con uno
strumento elettronico, che agiscono in maniera per noi molto significativa ed efficace
durante questa fase della vita di una persona. L’IFeN deve molto a Sergio e credo che
anche Sergio debba qualcosa all’IFeN così, come del resto, tutti noi.
Sergio e Geppino, che sento molto vicini, rappresentano con me, all’interno
dell’Istituto, la parte razionale-analitica e di ricerca: siamo infatti tutti e tre dei
ricercatori nel senso più esteso del termine. Ci sono poi, e per fortuna ci sono, a
29
bilanciare la nostra razionalità, Cinzia ed Enrico. Cinzia Catullo, il nostro polo Inn, per
dirla alla cinese, con i suoi scatti talvolta eccessivi, spesso ci riconduce con i piedi per
terra.
Enrico Fruscella, così preso a mettere l’accento sul fatto che la nostra vita futura
dipende da come abbiamo vissuto il nostro periodo intrauterino nelle varie fasi di
sviluppo, cosa da tutti noi condivisa, è sempre pronto a mettere l’accento sul fatto che,
al di la di tutto, la terapia è agita dal terapeuta che rappresenta l’elemento primario ed
è sempre un po’ ostile agli strumenti. E’ più vicino a Cinzia perché condivide con Lei
una certa visceralità.
Questi sono i miei principali compagni di viaggio, le persone con cui sono cresciuto
negli ultimi otto anni, con le quali ho imparato a condividere esperienze e talvolta
conflitti senza che questo comporti ostilità od aggressioni. Infatti, alla fine delle nostre
discussioni, anche accese, tutto finisce, per potersi poi ritrovare. Sono persone che non
hanno alcuna logica di potere, credo che Federico di questo fosse perfettamente
cosciente. Per tal motivo credo e spero che l’IFeN non subirà, così come è accaduto
negli ultimi trenta anni alle associazioni reichiane, alcuna separazione né ulteriore
frammentazione.
Poi c’è Geppino: è stato il mio compagno di viaggio fin da prima che nascesse l’IFeN,
avevamo già condiviso alcune esperienze lavorative , fatto ricerche insieme, studiato la
diagnostica della bioradiazione effettuata mediante la foto kirlian e tante altre cose.
E’ stata la persona che nei momenti di sconforto mi è stata sempre vicina e che, quando
ho avuto voglia di mollare, in qualche momento di crisi, mi ha sempre fatto riflettere;
se oggi esiste l’IFeN è gran parte merito suo.
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Tra i soci iscritti vorrei ricordarne uno: è un socio fondatore, Caterina Buonocore , per
tutti noi Katia, compagna di Piero Borrelli a cui è intitolata la scuola.
Seppur non partecipi attivamente alle attività dell’IFeN , è una di noi e rappresenta la
memoria storica del movimento reichiano perché lo ha visto nascere, ha osservato la
sua evoluzione e le sue successive separazioni nel corso del tempo. La sua memoria va
dalla fondazione del “centro Reich” a Napoli fino ad oggi. Nel suo peregrinare Federico
è sempre tornato periodicamente a Napoli e nei suoi ritorni c’era sempre una visita da
Piero, il suo fratello minore, e Katia c’era sempre. Non c’è cosa che riguardi il
movimento reichiano di cui non sia a conoscenza, rappresenta la nostra storia e siamo
ben felici di averla tra noi.
Nota di Giuseppe Giannini
Non condivido l’affermazione di Antonio circa la presunta sopravvalutazione di
Federico
nei
suoi
riguardi.
Posso
affermare,
avendo
condiviso
pressoché
quotidianamente gli ultimi 7 anni della vita di Federico, che il Professor Navarro era
dotato di indubbia capacità di valutazione sul piano professionale. Sul piano affettivo
poteva a volte sopravvalutare, a causa della Sua fragilità umana, a mio avviso derivante
dal suo bisogno mai compiutamente soddisfatto di amore. A causa di ciò ho assistito a
forme di seduzione nei Suoi confronti non sempre sincere, talvolta francamente
strumentali…
Geppino
31
LA SCUOLA
Agli inizi del 2007 abbiamo deciso di dare inizio alla scuola dell’IFeN.
Prima di partire abbiamo avuto diverse riunioni per definire come impostarla.
Non desideravamo creare una scuola di tipo classico; tra l’altro Federico ha dato una
grossa impronta di tipo energetico e non c’era alcuna esperienza di tal tipo in Italia a
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cui potessimo fare riferimento e che potesse aiutarci. Nelle nostre riunioni si sono
formate due modelli di pensiero: uno ipotizzava di realizzare una scuola classica con i
suoi bravi testi di Reich e Federico, l’altro di creare una scuola che si basasse sulle
nostre ricerche e sui nostri lavori. Inoltre avevamo la difficoltà di inserire nella
metodologia i nuovi actings che hanno una risposta scientifica nella fisica quantistica e
sulle nuove ricerche sulle forze elettrodeboli e queste novità hanno modulato la nostra
scelta. Alla fine, tra mille incertezze, abbiamo deciso di iniziare una scuola
sperimentale che fosse il frutto del nostro lavoro e delle ricerche concordate con il
professor Navarro, unita ad un programma “classico” che partendo da Reich arriva,
avvalendosi di tutte le esperienze successive, ad oggi.
Finalmente il 29 settembre 2007 la nostra scuola è partita a Roma.
Ricordo la mia commozione quando ho fatto la prima lezione iniziando a parlare del
progetto di Federico e di energetica. Avevo un groppo alla gola, mi dispiaceva molto
che Federico non fosse con noi. Ricordo che Sergio ha notato la mia commozione ed ha
voluto parteciparmi la sua. Mi fa comunque piacere pensare che, ovunque sia, Federico
sia con noi; immagino la sua gioia nel veder realizzato, seppur molto in ritardo rispetto
alle sue aspettative, il progetto a Lui più caro. Mi diceva sempre che la scuola dovesse
essere il fine ultimo dei nostri sforzi affinché il nostro lavoro non andasse disperso,
amava parlare degli allievi della scuola come un humus a cui trasmettere le nostre
esperienze e che potesse nel tempo continuare il suo ed il nostro lavoro per poter
sviluppare idee e ricerche nuove.
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Caro Federico ho un rimprovero da farti, non hai mantenuto la tua promessa di essere
con noi in quel giorno. Però devo dirti “mio caro elefante” che oggi, a dispetto della tua
voglia di riposarti, stai ancora lavorando con noi, infatti con i video che ti ritraggono
mentre ci stai facendo lezioni ancora insegni ai nostri allievi. Ti devo dire che è molto
emozionante osservare i “ragazzi” osservarti ed ascoltarti sul computer, vedere le loro
reazioni a ciò che dici e constatare che anche noi, tuoi vecchi allievi e collaboratori,
ancora abbiamo da riflettere su alcune tue considerazioni. E’molto emozionante
riosservare i tuoi vecchi gesti, rivederti con la tua immancabile sigaretta e la tua mimica
inimitabile. Credo che l’osservarti dia a tutti noi, vecchi e nuovi allievi, sempre spunti di
riflessioni, oltre che tanta nostalgia come quando vediamo i tuoi litigi con l’apparecchio
acustico, che avevi difficoltà
a regolare e che talvolta
emetteva dei sibili che ti
suscitavano grande irritazione.
Federico, come avrete compreso, soffriva di ipoacusia. A proposito della ipoacusia di
Federico voglio narrare un episodio che, a mio parere, vale la pena di raccontare:
tornavamo in auto da un incontro tra associazioni reichiane che si era tenuto a
Bologna.
Federico, come al solito, era seduto sul sedile posteriore poichè non amava quello
anteriore, e Geppino ed io vedendolo assopito, abbiamo incominciato a discutere
sull’incontro avuto, facendo alcune considerazioni a voce bassa perché non volevamo
rischiare di svegliarlo. Ad un certo punto, dal sedile posteriore emerse, come per
incanto, la voce di Federico che ci diceva:<< è inutile che parlate a bassa voce tanto io
ho sentito tutto>>.
34
Da quel momento in poi Geppino ed io abbiamo pensato che il professor Navarro
avesse una ipoacusia selettiva e che non sentiva solo quello che non gli interessava
ascoltare.
Cosa posso dirti ancora “caro elefante”: spero che la nostra modalità di insegnamento ti
sia gradita;
per quanto ci riguarda, Tu continuerai, nonostante te, a lavorare ed
insegnare con noi ancora a lungo.
“ Ho voluto scrivere questo opuscolo per due motivi: il primo è che avevo voglia di
raccontare dell’ultimo Federico , quello che penso di aver conosciuto , assieme a
Geppino, come nessun altro , della sua evoluzione nel suo cammino dalla
“vegetoterapia” fino a ritornare, al termine della sua vita, all’energia al “ nucleo
essenzialismo”, che tra l’altro lo ha portato a Reich solo perché questi si avvicinava più
di chiunque altro alle sue conoscenze.
Il secondo motivo è perché non mi va giù che tante persone cerchino, a tutt’oggi, di
rappresentarsi come gli o l’erede di Federico in modo del tutto improprio e solo per
accreditarsi. Penso che Federico sia solo Federico e non abbia eredi.
Noi dell’IFeN siamo stati partecipi del suo ultimo progetto e stiamo cercando di
realizzarlo senza per questo avere alcuna necessità di accaparrarci alcuno, tantomeno
Federico. Del resto, come Lui stesso diceva, le chiacchiere sono solo chiacchiere,
contano solo i fatti; spero e credo che tutti noi dell’IFeN siamo allineati con questa
riflessione.
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L’ORGANIZZAZIONE DELL’IFeN
Attualmente, così come desiderava Federico, l’IFeN è organizzata in cinque settori:
ricerca, prevenzione, didattica,
diagnostica e
medicine convergenti, ovviamente
accanto ad essi vi è la terapia.
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Sulla ricerca c’è poco da dire, basta andare sul nostro sito per trovare tutto ciò che è
stato fatto dall’IFeN in questi anni.
Un settore di particolare importanza nel nostro Istituto è quello che riguarda la
prevenzione.
Al congresso IFOC di Parigi, addì 16-17 settembre 2001, fu presentato per la prima
volta il nostro Modello di Prevenzione con una relazione della dottoressa C. Catullo dal
titolo:”dal concetto di prevenzione al progetto sociale di Ecologia Profonda nella
visione post-reichiana”, con la quale si espresse il superamento delle attuali modalità
di concepire la “prevenzione”.
L’ipotesi su cui l’IFeN lavora è che lo squilibrio precede la malattia e che la malattia
stessa sia l’unica forma di reazione vitale possibile, in quel particolare momento, per
quel particolare individuo, allo squilibrio stesso.
A partire da queste basi, il nostro Modello prevede una specifica metodologia
sistematizzata su due livelli. Il primo livello riguarda la possibilità di individuare la
patologia prima del suo stesso instaurarsi, attraverso gli strumenti della diagnostica
energetica, il secondo si focalizza sulle necessità evolutive, di crescita umana
dell’individuo. Quest’ultimo livello di intervento esula dal parametro della malattia,
avendo come punto di riferimento gli aspetti realizzativi del “sé” ( ecologia profonda).
Ogni intervento (accompagnamento alla gravidanza, sostegno alla genitorialità,
formazione degli operatori), a seconda del livello , dispone di propri obiettivi e di
protocolli appositamente mirati.
L’altro settore di cui tutti gli appartenenti all’IFeN sono molto orgogliosi è quello della
diagnostica. Prima di cominciare a parlare dei metodi di diagnosi vorrei soffermarmi
37
su alcuni concetti che per me è necessario comprendere. Per molto tempo gli operatori
delle medicine olistiche hanno discusso sulla preminenza della teoria somatopsichica o
psicosomatica alla base delle problematiche psicopatologiche . Mi piace ricordare che
Reich, cosa che il professor Navarro conosceva benissimo già prima di incontrare
Reich, tra i suoi tanti meriti ha anche quello di aver superato l’ antica dicotomia tra
queste due teorie. Affermava qualcosa che era innovativa allora, per molti versi lo è
ancora oggi, entrando in netto contrasto tra le due ipotesi; infatti affermava che era la
condizione energetica dell’uomo che in caso di blocchi alla circolazione dell’energia si
esprimeva o sul versante psichico o su quello somatico, il simbolo che lui adottò
esprime molto bene questo concetto. La sorgente è l’energia che si biforca nei versanti
somatici e psichico. Questo significa dire che ad un certo tipo-qualità energetica del
soggetto si possono sviluppare solo alcuni tipi di problematiche inerenti quella
situazione energetica e non altre, tanto sul versante somatico che su quello psichico.
Quando si parla di energia spesso non sappiamo neppure di cosa parliamo perché
abbiamo bisogno di un’attribuzione che specifichi di che tipo di energia intendiamo:
termica, elettrica cinetica etc. Nel nostro caso si parla di energia umana, intendendo
con questo termine la carica che ha la persona di questa particolare energia vivificante
– Reich la chiamava orgone, i cinesi Ki, gli indiani prana, Federico RaV- ma in realtà
tutti intendono la stessa cosa cioè l’energia in grado di produrre vita.
Il termine energia deriva dal greco “energheia” che significa agire che a sua volta
deriva da “ergon” che significa azione. Quindi qualsiasi cosa che è in grado di compiere
una azione viene definita energia.
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Quando si lavora sull’energia si incontrano delle difficoltà perché sembra che non
esistano strumenti idonei a valutare le variazione energetiche dopo aver compiuto una
azione. Secondo me il difetto di tutte le medicine olistiche, vegetoterapia compresa, è
stato quello di volersi agganciare a degli strumenti di indagine e diagnosi che avevano
come presupposto una variazione biochimica e non una base energetica. Noi non ci
siamo agganciati a delle indagini diagnostiche che sono tipiche della medicina classica;
il che non significa che non vadano fatte, attenzione, ma assieme ad esse esistono una
serie di strumenti di indagine che ci consentono di dare una valutazione dell’energia.
Tra queste metodiche diagnostiche che l’IFeN ha adottato ed utilizza continuamente
tanto come strumento di diagnosi quanto come strumento di conferma della bontà
dell’azione terapeutica.
Gli strumenti sono: D.E.P.T., Metodo del bilancio energetico, Test del bilancio
vegetativo & sincronismo emisferico, Check up funzionale segmentario, Test T,
Massaggio reichiano.
METODO DELLA D.E.P.T.
Prima di parlare del metodo della D.E.P.T. ( Diagnosi Energetica dei Punti Terminali )
dobbiamo fare qualche considerazione. Sappiamo che nel corso del tempo, nella storia
dell’umanità, c’è la convinzione che esista un involucro invisibile che circonda l’uomo,
e non solo ma anche tutti i sistemi biologici.
Questo involucro invisibile è stato chiamato nel tempo in diversi modi: aura, aureola,
corpo astrale, bioradiazione e così via; sta di fatto,però, che tutti questi nomi indicano
esattamente la stessa cosa, cioè la proprietà tipica degli esseri viventi di emanare una
radiazione, una bioradiazione.
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Dobbiamo ai coniugi russi, Valentina e Semjon Kirlian, la scoperta di un metodo in
grado di fotografare la bioradiazione che circonda il corpo di tutti gli esseri viventi;
questo metodo assume il nome di coloro che lo hanno inventato: metodo kirlian e la
radiazione che compare è definita effetto kirlian.
Il fatto estremamente interessante, quando si è cominciato a lavorare sulla
bioradiazione, è stato notare che ha una oscillazione continua. Ci si è chiesto in base a
quali parametri oscillasse e se questa oscillazione significasse in realtà qualcosa che ci
potesse dare dei riscontri oggettivi in modo da poter verificare se, alla variazione della
oscillazione energetica, ci potessero essere delle variazioni di parametri fisici e/o
ematochimici all’interno del sistema. Altra cosa interessante è stato notare che in una
persona sana la bioradiazione era più ampia che in una malata, cioè manifestava un
campo radiante più ampio. I russi si sono spinti oltre questa considerazione ed hanno
notato che a seconda del tipo di emozione vissuta cambiava la radiazione; poiché la
bioradiazione è una emissione di frequenza si avevano colorazioni differenti a seconda
della frequenza e qui chi fa cromoterapia può fare tutte le considerazioni che vuole.
Una volta determinata questa possibilità oscillatoria della bioradiazione, il passo per
verificare se a questa oscillazione corrispondesse
una alterazione somatica e/o
psichica del soggetto il passo è stato abbastanza breve.
Dobbiamo fondamentalmente ad un medico tedesco Peter Mandel la correlazione tra
la variazione energetica ed eventuali problematiche a carico del paziente, che erano
specifiche per variazioni della bioradiazione stessa.
Questo che significa? Significa che esistono dei territori, dei distretti specifici che
hanno delle corrispondenze specifiche somatiche e/o psichiche.
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Ciò significa che se c’è una alterazione della bioradiazione in un certo punto, a quella
alterazione corrisponde quel tipo di problematiche e non altre. Mandel ha elaborato
una mappa in cui dimostra e da le correlazioni all’interno tra bioradiazione e
problematiche fisiche e psichiche. Si ”chiama diagnosi energetica dei punti terminali o
D.E.P.T.” perché Mandel unisce l’effetto kirlian con i punti terminali dei meridiani di
agopuntura.
In questo modo è stato possibile per Mandel verificare , progressivamente e in maniera
determinata dall’empirismo partendo dai punti terminali dei meridiani, il tipo di
alterazione che si è instaurata .
Compiere una diagnosi sui punti energetici terminali è un lavoro abbastanza
complesso e la lettura di una foto kirlian si effettua in sette stadi progressivi, partendo
da un aspetto generale che si sviluppa via via più in particolare, per ritornare al
generale arricchito dell’aspetto particolare.
La metodica della diagnosi energetica dei punti terminali consiste nel fotografare non
tutta l’aura del soggetto ma specificamente la radiazione emesse dai polpastrelli delle
dita in cui sono situati i punti terminali dei meridiani agopunturali. La fotografia delle
mani si associa anche alla fotografia dei piedi . La fotografia della radiazione emessa
dai piedi, dove sono egualmente presenti i punti terminali, completa ed integra la
lettura della bioradiazione delle mani, aggiungendo una informazione riguardante
situazione aggressive dal punto di vista bioenergetico.
Fondamentalmente
e senza scendere molto nel dettaglio possiamo dividere le
bioradiazioni in tre tipi fondamentali, tenendo presente, però, che quando si fa questa
divisione questa è meramente di tipo didattico. In realtà non capitano casi in cui si
41
presenta un unico tipo di irradiazione ma c’è sempre un insieme più o meno misto di
due o tre tipi.
Il primo tipo che è quello più vicino alla radiazione sana viene definito radiazione
endocrina. Dalla corona, che corrisponde alla base dei polpastrelli ed è il punto di
partenza della radiazione, si dipartono le trabecole (radiazioni). Nella radiazione
endocrina la corona è tendenzialmente vuota, quasi priva di radiazione e da essa si
dipartono delle trabecole isolate. Tale tipo di radiazione, utilizzando un linguaggio
tipico della vegeto-terapia, la definiamo di tipo nevrotica, vale a dire riguardante
prevalentemente aspetti funzionali senza che ci sia un danno d’organo o di tessuto.
Il secondo tipo di radiazione si definisce tossica.
Essa è caratterizzata da una chiarissima e visibile percezione della bioradiazione di
quasi tutte le dita e che presenta un iniziale addensamento all’interno delle trabecole
della radiazione. Maggiore è l’addensamento, maggiore è la problematica a carico
dell’organo e dei tessuti interessati dall’addensamento stesso. Possiamo avere, quindi,
delle radiazioni tossiche in stadio iniziale fino a delle radiazioni tossiche che sono al
limite del processo tendente al degenerativo. Da ciò si deduce che maggiore è
l’addensamento maggiore è il problema: quando parliamo di radiazione tossica stiamo
parlando di un organismo che tendenzialmente comincia ad accumulare tossine e
quindi di una localizzazione tossinica a livello di organi e/o tessuti.
Un organismo che tende ad accumulare tossine è un organismo che tende
all’autointossicazione
perché
richiede
dosaggi
progressivamente
maggiori
dell’elemento o degli elementi intossicanti. E’ lo stesso meccanismo secondo cui una
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persona dipendente dalla sigaretta nel tempo tende progressivamente ad aumentarne
il consumo; potremmo utilizzare qualsiasi altro tipo di sostanza intossicante.
Ciò significa dire che un organismo con una bioradiazione di tipo tossica tende
progressivamente ad una maggiore intossicazione in tal modo, nel rempo, da
radiazione tossica, se non si pone un freno, si passa alla radiazione del terzo tipo o
degenerativa.
La radiazione di tipo degenerativa è caratterizzata da un maggiore addensamento delle
trabecole di irradiazione rispetto a quella tossica ma anche dalla presenza di punti
che si possono distaccare dall’irradiazione stessa. Ovviamente, quando si parla di
degenerazione, ci si trova di fronte a delle alterazioni che sono indice di patologie
degli organi o dei tessuti interessati. L’aspetto interessante su cui porre l’accento, non
solo della diagnostica mediante la tecnica della D.E.P.T. ma di tutte le indagini
energetiche, è che l’informazione energetica precede anche di molto tempo le
problematiche somatiche e psichiche; per cui se c’è una alterazione dell’irradiazione è
possibile mettere in atto un trattamento terapeutico preventivo mirato a riequilibrare
il sistema per impedire la comparsa delle patologie.
METODO DEL BILANCIO ENERGETICO
Un altro metodo diagnostico è quello del bilancio energetico. Prima di parlare del
bilancio
energetico,
però,
bisogna
necessariamente
richiamarsi
alla
teoria
dell’agopuntura tradizionale cinese, ciò perché il bilancio energetico si avvale
esclusivamente dei punti dell’agopuntura tradizionale per porre diagnosi.
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E’ necessario dire che l’agopuntura energetica non cura niente in relazione alla
patologia specifica: essa tratta prevalentemente del paziente e lo tratta su base
energetica, cercando di ristabilire mediante una serie di interventi l’equilibrio
energetico del sistema.
Ristabilire l’equilibrio energetico è possibile in relazione a due fattori principali:
-
Il primo fattore è in relazione alle lesioni tissutali che già si sono stabilite.
-
Il secondo è in relazione alla condizione energetica globale del soggetto.
E’ ovvio che se un paziente è provvisto di una buona quantità energetica, i risultati in
relazione all’intervento saranno migliori. Se ci si trova di fronte a soggetti con carica
energetica bassa l’intervento da delle risposte qualitative e quantitative meno
soddisfacenti.
La medicina tradizionale cinese ed in particolare l’agopuntura è l’unica medicina tra le
“cosiddette” complementari che ha una sua metodologia diagnostica ed una sua
terapia, infatti tutte le altre medicine complementari si avvalgono della diagnostica
della medicina ufficiale ( ad es. omeopatia, omotossicologia, medicina antroposofica
etc. ) per poter formulare una diagnosi.
Secondo l’agopuntura laddove esiste una buona circolazione energetica all’interno
dell’organismo e tra interno ed esterno, il sistema biologico uomo non si ammala mai
perché è in possesso degli strumenti idonei per difendersi da qualsiasi aggressione
(noxa patogena). Il sistema, invece, può ammalarsi quando all’interno della
circolazione energetica si determinano dei blocchi. In tal caso, solo in tal caso, le noxe
patogene possono determinare malattie.
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E’ interessante notsare che quello che è definito come causa delle malattie dalla
medicina ufficiale (batteri, virus, tossine ecc.) diventa nella visione della MTC una
concausa che non provocherebbe alcun problema ad un sistema privo di blocchi tanto
nella sua circolazione interna, quanto in quella tra l’interno e l’esterno. Analogamente
alla MTC anche W. Reich riconduce la possibilità di un organismo ad ammalarsi nel
caso in cui vi sia un blocco alla circolazione energetica del sistema.
Reich individua sette livelli energetici e nel blocco della circolazione all’interno di
questi livelli origina la possibilità del sistema di ammalarsi. E’ da notare che tanto nella
sistematizzazione della MTC quanto in quella dei livelli reichiani l’energia ed i
cambiamenti all’interno di essa (leggesi blocco) sono il punto nodale dell’intero
sistema; in questa accezione vengono superate tanto le prevalenze somatiche (teoria
somatopsichica) quanto le prevalenze psichiche (teoria psicosomatica).
Chiunque sia a conoscenza tanto della teoria della MTC quanto della teoria reichiana sa
che Reich individua sette livelli energetici (occhi, bocca, collo, torace, diaframma,
addome, pelvi o bacino), mentre in agopuntura si individuano cinque movimenti
(fuoco,metallo, terra acqua, legno) di cui uno doppio (fuoco).
Sembrerebbe che nella sistematizzazione reichiana ci sia un livello energetico in più
rispetto alla MTC ed è facile individuare questo livello nel diaframma.
Secondo l’agopuntura tradizionale cinese il diaframma inteso come meridiano
energetico è un meridiano “meraviglioso o straordinario” e come tale si rende
manifesto solo quando esiste un problema nella circolazione energetica alto basso.
Tale meridiano straordinario è detto Tae-Mo. E’ possibile mediante la metodologia del
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bilancio energetico fare una diagnosi di blocco anche in chiave reichiana (ricerca
IFeN).
E’ interessante, per me , far notare che la metodologia del bilancio energetico trae
origine da una antica tecnica diagnostica definita “sfigmologia”. La sfigmologia è
l’analisi dei polsi e consiste nella valutazione quali-quantitativa del polso radiale del
paziente. Gli strumenti in epoche antiche per effettuare la diagnosi sfigmologica erano
semplicemente le dita dell’agopuntore che in base alla pulsazione della arteria radiale
ed alle eventuali alterazioni della stessa consentivano di operare una diagnosi di
blocco, ovviamente erano delle dita molto sensibili oltre che sapienti. Attualmente e
come sempre accade nella società occidentale, l’aspetto umano, soggettivo ma mi piace
pensare anche più sensitivo , è stato sostituito da uno strumento elettronico che
valuta l’intensità elettrica a livello dei punti sorgente dei meridiani agopunturali e da
una valutazione energetica del paziente.
TEST DEL BILANCIO VEGETATIVO & SINCRONISMO EMISFERICO
Viene realizzato attraverso l’utilizzo di un’apparecchiatura sperimentale per il
biofeedback ed un software per la registrazione ed analisi dei dati psicofisiologici.
Non essendo destinato ad applicazioni di tipo strettamente medico-neurologico e
diagnostico, permette il monitoraggio in tempo reale della resistenza elettrica cutanea
(GRS), la frequenza elettrica cutanea (pletismografia), parametri direttamente
indicatori dello stato funzionale (o disfunzionale) vegetativo, realizzando un’obiettiva
valutazione dello stato somato – psico - dinamico del soggetto in esame, attraverso un
programma chiamato Analisi della Variabilità della Frequenza Cardiaca (Heart Rate
Variability, HRV), ricavando il bilanciamento dell’attività fra il Sistema Nervoso
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Simpatico e Parasimpatico. Attraverso un sofisticato programma di analisi EEG, basato
su una originale interpretazione dei dati EEG in chiave psicologica, è possibile
effettuare una immediata valutazione dell’equilibrio tra i due emisferi (Coerenza o
Sincronia Cerebrale), la misurazione del livello del Ritmo Alfa (il ritmo cerebrale del
benessere).
CHECK UP FUNZIONALE SEGMENTARIO
Viene effettuato mediante un’apparecchiatura (Vega check) in grado di realizzare una
diagnosi funzionale per malattie croniche, focolai infiammatori, allergie/intolleranze,
intossicazioni, prevenzione, monitoraggio. La diagnosi viene eseguita esaminando la
persona letteralmente “da capo a piedi”, per segmenti ( 7 aree ).
Ne derivano indicazioni riguardanti il generale stato di salute. Laddove esistono
disturbi funzionali, viene elaborato un dettagliato referto corredato da grafici, con
l’indicazione dell’organo sofferente a monte della catena causale. Ciò permette la
possibilità di attuare la prevenzione, in quanto tale metodo permette di diagnosticare
le patologie ancora in fase preclinica, dando così la possibilità di approfondire la
diagnosi con conseguente indicazione della terapia mirata.
Vengono forniti fattori di valutazione, importanti al fine della interpretazione.
Essi visualizzano le reazioni del corpo durante la misurazione, rendendo possibile un
giudizio su capacità di regolazione, condizione energetica, reazione tissutale,
localizzazione di focolai infiammatori e disturbi cronici. Dalle indicazioni diagnostiche
dedotte vengono determinati sinteticamente la situazione di stress ed il fattore di
vitalità. Quest’ultimo, evidenziando le riserve energetiche, permette di monitorare
l’andamento terapeutico, proposto su metodiche non convenzionali.
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TEST T
Si tratta dell’osservazione di una goccia di sangue in vivo ottenuta mediante micro
puntura su polpastrello ( procedura analoga al test glicemico ), posta su un vetrino
riscaldato con soluzione fisiologica a 37°C in un ambiente a temperatura non inferiore
a 25°C e non superiore a 30°C ( prima e seconda parte del test ).
Questo per mantenere le emazie in stato vitale.
Il metodo si avvale dell’utilizzo di un microscopio ottico in campo oscuro a 4/5000
ingrandimenti. Non essendo comunque la soluzione fisiologica sufficiente alla vita
come il siero, all’interno della cellula cominciano ad apparire delle strutture più
piccole, più raggianti ( da W.Reich definite bioni ), fino a che la cellula a poco a poco si
apre ed i bioni restano liberi nel mezzo. Come questo processo accade è ciò che
fornisce la diagnosi energetica, in quanto i bioni sono considerati portatori concentrati
dell’energia cellulare. Il Test T è una prova globale e funzionale del metabolismo
energetico delle emazie.
Attraverso un’analisi particolareggiata di tutte le variabili da esso conseguenti si
estrapola una diagnosi di terreno bioenergetico. Dalla sua determinazione risulta la
tendenza di reazione più probabile del biosistema in esame. Il suo utilizzo è
prevalentemente di tipo diagnostico differenziale e, come ogni forma di diagnostica
energetica strumentale, non viene usata in senso meccanicistico, ma come proiezione
tendenziale del divenire di un biosistema. Si tratta di uno strumento di aiuto in caso di
dubbio diagnostico, necessario quando esistano sospetti di tendenze bioptiche.
Risulta utile come forma di valutazione dell’evoluzione di tutto un processo
terapeutico che abbia come obiettivo il miglioramento del terreno bioenergetico.
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Le variabili prese in considerazione sono:
-
Età
-
Sesso
-
T-50% ( tempo relativo al 50% di cellule degenerate )
-
Colore e comportamento della goccia di sangue su vetrino sotto osservazione
al microscopio
-
Reazione C ( relativa alla sovraccarica energetica, sovreccitazione cellulare )
-
Osservazione delle emazie in riferimento a:
1)
Colore dello stroma
2)
Colore del centro
3)
Pulsazione del centro
4)
Qualità dell’alone energetico
5)
Tridimensionalità
6)
Presenza di punte T
7)
Localizzazione e forma delle vescicole
8)
Comportamento dopo autoclave ( terza parte del test, con una seconda
goccia di sangue )
9)
G.M.A.
Il tutto è riportabile su diagramma.
MASSAGGO REICHIANO
Un’altra metodica, che è ben conosciuta da tutti coloro che operano nel campo della
Vegetoterapia carattero-analitica, è quella del massaggio reichiano. Questo consiste
nell’effettuare, con i polpastrelli delle dita, un massaggio su tutto il corpo del paziente
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in senso cranio-caudale. Come diceva Federico, va fatto energeticamente, in tal modo è
possibile verificare la presenza di blocchi muscolari. Si ricorda in tal senso che il nostro
corpo è il nostro Io. Durante il massaggio, quando si incontra una situazione di blocco
energetico-muscolare, il paziente manifesta dolore.
Ricordo con simpatia quel che diceva Federico e cioè che durante il massaggio il
paziente è invitato a non sopportare ma ad esprimere il dolore.
Questo tipo di massaggio ha una duplice funzione: da un lato informa il terapeuta della
condizione del paziente e dall’altro informa il paziente della sua muscolarità. Possiamo
dire che ha anche una duplice azione: una diagnostica e l’altra, mediante la pressione
delle dita del terapeuta, un lievissimo primo intervento terapeutico sul blocco
energetico-muscolare del paziente.
E’ opportuno
sottolineare che, quando si pone una diagnosi energetica con le
metodologie su indicate, l’informazione energetica ( leggi alterazione ) precede anche
di molto tempo l’insorgenza della manifestazione patologica.
Per cui è possibile operare un trattamento terapeutico che sia effettivamente di tipo
preventivo, mirato a trattare quegli organi e quegli apparati che manifestano lo
sbilancio. Sarebbe più giusto dire trattare l’intero sistema e far sì che si riequilibri
eliminando lo sbilancio per evitare che si manifesti nel tempo la o le problematiche
patologiche legate a quella alterazione.
La diagnosi energetica per i terapeuti IFeN è un momento fondamentale ed importante
perché, oltre a dare un supporto oggettivo alla diagnosi fatta, è anche e soprattutto una
verifica del lavoro svolto dal terapeuta perché si evidenziano con i controlli diagnostici
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successivi, fatti nel periodo del tragitto terapeutico, le modificazioni energetiche del
paziente e quindi è possibile definire con precisione della bontà della terapia svolta.
A tutt’oggi l’IFeN può effettuare tutti i tipi di diagnosi descritti tranne quella del Test T.
Nel tempo è nostra intenzione di risolvere questa carenza per realizzare tutto ciò che
era nelle intenzioni di Federico.
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Il cimitero dell`elefante - Come nasce l` IFeN, l`Istituto Federico Navarro