Scritti racconti considerazioni ed esternazioni inviate agli interessati e pubblicate su vari quotidiani LA DOCUMENTAZIONE è in RASSEGNA STAMPA silenzio! parla il fare Il turismo si progetta e si programma con scelte oculate finalizzate al raggiungimento futuro del massimo ideale. Non può essere fatto di manifestazioni episodiche, anche ad alto livello, se non inserite in un progetto discusso e concordato. Al turista, ospite e persona gradita, va dato il massimo possibile. Metterlo in condizione di capire e conoscere cosa visita fa parte di una buona regola di accoglienza che lo indurrà a ritornare pubblicizzando gratuitamente La città e i suoi tesori. IN QUESTO CIRCOLO VIRTUALE TERRONI UNIVERSALI, statuto: L'ORGOGLIO DI ESSERLO, SCOPO: È APERTA LA DISCUSSIONE SI FANNO: "COSE DELL'ALTRO MONDO". CI ACCONTENTIAMO DI ESSERE SOLO UOMINI CHE COLTIVANO E RICERCANO VALORI IDEALI SOGNANDO TRAGUARDI DA UOMINI "NORMALI" SIAMO IN QUESTO MONDO MA NON GLI APPARTENIAMO AL MONDO VI SONO LE PASSIONI, LA RICCHEZZA, IL POTERE E GLI "ARTISTI" CHE SONO CONSIDERATI FOLLI COME PARE LO FOSSERO TANTI GRANDI DEL PASSATO. NIENTE DI PIÙ SBAGLIATO. IL VERO ARTISTA È SOLO UN PO PIÙ NORMALE DEGLI ALTRI NEL SENSO CHE NON È SUCCUBE DELLE "NORMALI" PASSIONI. OGNI ETICHETTATURA è OPINABILE. QUI NON SIAMO DI SINISTRA, DI DESTRA, DI CENTRO, DI LATO, DI TRAVERSO, ORIZZONTALI, VERTICALI. SIAMO SOLAMENTE PERSONE CHE SI CONFRONTONO CON LA REALTÀ TENENDO CONTO DI VALORI ETICI E MORALI E SI BATTONO PER L'EMANCIPAZIONE UNIVERSALE. IN QUESTO LABORATORIO NON SI ACCETTANO CRITICHE O EPITETI CONTRO POLITICI, POLITICANTI, LECCHINI, PORTA BORSE, BUROCRATI E ARRIVISTI VARI. IL NOSTRO VOCABOLARIO è, FORNITISSIMO E AGGIORNATISSIMO. SPESSO CHI NON È, SI SFORZA DI APPARIRE, CHI È, HA GIÀ TUTTO E SCOMODA CHI APPARE. È BELLO, ESSERE E SCOMODARE, MA CHE FATICA! LA PROFONDITÀ DELLA TERRA CUSTOdISCE L'ORO; L'OSTRICA, LA PREZIOSA PERLA; LO SCRIGNO DELL'ESSERE I SENTIMENTI PIÙ PURI. LA POLITICA E IL LUOGO DOVE, TENUTO CONTO DEL PRIMATO DELL'UOMO, SI ESAMINA LA REALTÀ, SI DISCUTONO LE DIFFICOLTÀ, SI DECIDE QUAL'È IL PREZZO EQUO DA PAGARE DA OGNUNO PER RAGGIUNGERE UNA META QUANTO PIÙ VICINA POSSIBILE ALL'IDEALE. NON PUÒ ESSERE CONDIZIONATA DALL'ESIGENZA DI ACCONTENTARE TUTTI. IL COMPROMESSO, I POLITICANTI, I PARTITI, LE LOBBY SONO ALTRA COSA IN UN PAESE VERAMENTE CIVILE LA POLITICA È UNA COSA SERIA FATTA PER UOMINI VERI, COMPETENTI, CAPACI, ONESTI, GENEROSI, I QUALI, PURTROPPO, SONO DISTRATTI DAL VIVERE CON RIGORE E APPASSIONATO AMORE, COSE ALTRETTANTO SERIE. QUINDI, VIENE LASCIATA FARE ..........AGLI ALTRI. Nuddu ammiscatu a nenti ma scialu biatu Sonno e marricria ca sugnu Dicu a mia facennu Grazi a vogghia so se campu mmiriatu miatiddu Nessuno mischiato a niente mi diverto beato Sogno e mi soddisfa che sono Dico la mia facendo Grazie alla volontà di Dio se campo invidiato Ognunu a dari chiddu ca jhavi. Se unu jhavi picca ie runa, n’è megghiu ri cu jhavi assai ie runa picca? Rissi cu ni sapeva tanti, ca ognunu runa chiddu ca jhavi. Se ‘nta utti c’è vinu bonu, runa vinu bonu, se c’è fitinzia, runa fitinzia. Ognuno deve dare quello che ha. Se ha poco e da, non è meglio di chi ha molto e dona poco? L’antico saggio dice: ognuno, da quello che ha. se nella botte è contenuto buon vino, si mesce buon vino, se contiene feccia, non può dare altro che feccia. COSTUMANZA NOSTRANA RACCONTO DI Antonio Randazzo Era un giorno come tanti dell'estate mediterranea. Soddisfatto IASSU OKARIS se ne stava sotto i filali di pini, attorniato da piante e fiori. Poco distante, tra piante esotiche, il gioco dei zampilli delle fontane creava una soave musica. A cielo aperto, con numerose specie di pesci, sfavillante di luci, tra fauni e sirene in pietra di antica fattura, era l'acquario. I rampicanti e l'alto muro preservavano quella pace. Disteso sulla sdraio, impreziosita dalle abili mani di un artista, accarezzato dalla leggera brezza marina, compiaciuto, ammirava il leggero ondeggiare del suo dodici metri che si cullava placido, ormeggiato nella piccola insenatura La bassa scogliera era sfiorata appena dall'acqua sulla quale sembravano specchiarsi tutte le stelle del firmamento, tanto era lo scintillio provocato dal sole. Dall'altra parte, il maggiore dei suoi figli, immerso nell'azzurro riverbero della grande piscina, volava dal trampolino in mezzo alla corona di amici vocianti. L'architettura sobria, ma severa della sua casa, si ergeva maestosa testimoniante i nobili trascorsi. Dalle finestre poteva intravedere l'esile figura femminile della moglie, arzilla e pimpante, immaginandola cantare beatamente affaccendata. Era soddisfatto. Si. Cosa avrebbe potuto volere di più dalla vita. Tutto intorno a lui, per molti chilometri, era suo. Si. Era proprio soddisfatto. Il padre, stimato ma povero artigiano nella cittadina che le aveva dato i natali era stato buon profeta. Gli aveva fatto proseguire gli studi con i pochi ma sudati risparmi di tanti anni di onesto lavoro, invogliato anche dagli insegnanti che .al conseguimento della maturità classica, gli avevano profetato un brillante futuro. Era partito un giorno voglioso di tesorizare quante più conoscenze possibili e trarne il massimo. In tanti anni di frequentazione di oratorio aveva acquisito i principi morali. Gli stessi ricevuti dai genitori che lo avevano abituato a recitare le preghiere prima di addormentassi la sera e al mattino appena sveglio. Molte armi erano nel suo bagaglio. Al momento della partenza persino il vecchio Parroco ed i suoi amici del gruppo boy-scout erano stati presenti. Solo il nodo di commozione, attanagliandogli la gola lo aveva reso, per un attimo silenzioso e apparentemente triste. Quella partenza, in fondo, era la porta del futuro sperato Un lontano parente del padre lo aveva ospitato nella sua casa consentendogli di frequentare l'università nella città non molto distante dal suo luogo di nascita. Tenendo fede agli impegni presi con se stesso, pur con tanti sacrifici e tra tante difficoltà, nel breve volgere di pochissimi anni, era riusciti a conseguire la laurea, superando tutti gli esami e la tesi, con il massimo della lode; cosa che gli aveva facilitato l'ingresso nella sua professione. Le sue decisioni, sempre serene e bilanciate perfettamente aderenti alle norme in vigore, erano state raccolte e commentate ai più. In quella lontana periferica sede non aveva avuto molte difficoltà anzi, passato il primo periodo di naturale ambientamento, dopo la fresca nomina, aveva trascorso un soggiorno breve ma felice. Li aveva sposato sua moglie, allora giovane liceale, conosciuta mentre interpretava il ruolo della madre di Gesù durante la processione del Venerdì Santo. Il viso Angelico serena, leggermente turbato che lasciava trasparire la solennità del momento, lo aveva incantato e con l'aiuto del parroco, e la benevolenza dei genitori di lei, dopo breve fidanzamento si erano scambiati i si. La gran madre che tutto può lo aveva già adottato prodigandogli tutte le sue amorevoli cure. Sin dal primo momento aveva sognato il meglio per la sua compagna e quindi aveva urlato di gioia quando era stato chiamato ad esercitare un ruolo di maggiore responsabilità nella grande città sede della sua università e distante pochissimi chilometri dalla sua cittadina natale. Era stato facilissimo ambientarsi; L' alloggio un appartamento unifamiliare finemente arredato con mobili in stile, tappeti e parati di lusso, in una cornice liberty di recente restauro, gli era stato ceduto dal collega chiamato ad altro incarico. Proprietario della palazzina, discendente dagli antichi crociati che vantava illuminati cardinali e vescovi anche tra gli avi, abitante nel castello merlato che si intravedeva tra gli alberi, aveva riservato quella sua dependance, a colui che svolgeva il suo compito e la sua funzione in quella sede. Lui e la sua famiglia venivano considerati graditi ospiti tanto che il munifico mecenate, proprietario di tutto quanto esistesse nel circondario, soddisfaceva ogni loro bisogno attraverso due giovani del luogo al loro servizio. Nella sua posizione, pensava fossero normali attenzioni e non se ne era meravigliato. Anche nel lavoro non vi erano stati intoppi. Ordinaria amministrazione. Tutto veniva preparato dai suoi preziosi abili collaboratori che al meglio svolgevano i loro compiti. Nulla mai succedeva nella città, se qualcosa accadeva, veniva risolto al meglio dai servitori del suo nobile ospite. Aveva acquisito un vasto giro di conoscenze e di sinceri disinteressati amici. Grazie ad uno di questi, un bancario, aveva investito i suoi risparmi m alcune non floride imprese ma che in breve tempo gli avevano reso proficui profitti. Era stato un collaboratore a fargli acquistare, a modico prezzo, da un possidente costretto a vendere per la sua dissipatezza, quella tenuta sulla scogliera che sembrava fosse stata preparata per lui. Veramente un affare, come i tanti che aveva potuto fare nel corso degli anni. Non aveva nulla da rimproverarsi e adesso era li a godersi il giusto riposo al fresco, sfiorato dalla brezza che gli accarezzava la pelle. Si era soddisfatto. Unico neo, non pregava come una volta al mattino e alla sera. Era partito con il fermo proposito di salvare il mondo affermando l'imperio della legge e delle tradizioni. Non aveva fallito. No! Nessuno mai si era lamentato del suo modo di agire. Solo il vecchio padre, il parroco, e i suoi antichi compagni boy-scout sembravano dubbiosi e si domandavano dove fosse finito l'ambizioso giovane partito per salvare il mondo. Quanto qui esposto e frutto della fantasia dell'autore e ogni riferimento a personaggi e cose realmente esistenti e puramente casuale. La trama, con i dovuti aggiustamenti e personalizzazioni, è riscontrabile nella storia passata presente e speriamo non futura della nostra isola e della nostra SIRAKOUSSAI. Antonio Randazzo " terrone " A na 'mmazzatu a SPIRANZA! Malirittu cu i 'nnaca e cu ci tirò i peri Nu ' ci criru. Menu mali ca tanticchia ri murudda ti quagghiò. Sentì, senti, è 'nuitili ca ti lamenti, iai vogghìa ri scrivillu e dillu comu voi, iai ragiuni, si e siti a menza a mmedda. Ti rugnu cunferma iù ca sugnu a soru cchiù rranni ri chidda ca canuscisti tempu fa e già tu rissi nta tutti i maneri ma tu ti nnifuttìsti. Si sugnu iù, SPIRANZA, chidda ca campa ancora e nu' pò moriri fina ca esisti n 'omunu supira ssà terra. Nuddu arrinesci a farimi moriri, a facci ri iddi. Sunu tanti i cosi ca si riciunu ri mia, forsi iè u mumentu ca ti spiegu megghiu cu sugnu. Anzamai ti par i ca aviri spiranza significa stariti che manu conzetti assittatu aspittannu senza fari nenti? Va ta smoviri! Sulu raccussì, pajannu u pizzu cu sururi, tempu e travagghiu, pò sapiri chi significa spiranza. Ta rioddi dda sturiella ca ti cuntaru? Si chissà! Pi ssì e ppi nò ta ricuntu: 'N gnornu Gesù Cristu passiava cu l'apostuli. Sintennu vuci s'awicinaru e vistunu ca uno a vò carutu rintra 'n fossu e stava assittatu ricennu, " mmà facemu a vuluntà ri Diu " Sintennu raccussì, Pettru si pattiu pi scinniri nto fossu paiutallu, u Cristu u fìmmò e all' apostuli cci rissi ri cuntinuari, tantu chiddu stava facennu a vuluntà ri Diu. Caminannu caminannu 'ntisunu a coccarunu jttari vuci e s' avvicinaru pi sentiri megghiu. Agghiri dda, vistunu unu ca smaniava circannu r'arrampicarisi nta pareti ro fossu unni a vò carutu, senza riniscirici, e, 'ncazzatu niuru, ca raggia, bistimmiava comu 'n turcu. Sintennu accussì u Sabbaturi rissi a Pettru: "pi fuvari figghiu miu a cchistu aiutamulu, u viri comu 'u sta facennu divintari a ma Pattri, prestu prima ca u scinni 'nterra ". A capitu chi cosa voli riri? Aiutiti ca Diu t'aiuta. Significa ca a spiranza è tutta 'na cosa co fari. Mintemu nta pulitica to ie ri tanti ca vi lamintati ri comu vanu i cosi, siti bravi nto riri ma poi lassati fari all'autri chiddu ca putissuru fari vuavutrì. Nun mussiari, u sacciu ca a tia r i pulitica nu' si nna parrari, si gnwanti o fai u nofiu? Statti zzittu e lassimi cuntinuari. Intantu quannu si rici Pulitica ca P maiuscula ta stari calmu pìcchi è propria chissà a basi principali ri tutti l'attività nto munnu. È a cosa e 'avissa riulari i riscossioni, i pinsati, macari a to mussiata iavi 'n signifìcatu puliticu. Supira ss i funnamenti a statu custruitu chiddu ca chiamati, sbrurannivi, a civilità occidentali. Purtroppu, chiddu ca in senzu ideali avissa iessiri, nu ' gnè, propriu picchi l'omini ca si rici ri bona vuluntà, o picchi penzunu ri putirisi angrasciari, o picchi sunu 'mppignati a fari iautri cosi, o picchi nu ' si sentunu adatti, mannunu l'autri a pigghiari i decisioni ppi tutti. Ora tu nu ' ta scuddari ca ognarunu runu chiddu ca iavi e ogni populu iavi u guvennu ca si merita. Quannu si usa a parola cultura nun si voli riri ca si sapi leggiri e scriviri e si sanu tanti cosa ma a cultura ri 'npopulu è tuttu l'insemi ri comu vivunu e si cumpottunu, pecciò nu' ccè ri maravigghiarisi se chiddi ca mannati a mministrari sunu u duri duri ra sammaturina, chiari e limpidi comu l'acqua re maccarruna. Rici ca nun gne accussì? Bedda facci scagghiata ca iai, prima penzi na cosa e ora nau-tra. Pi cetti versi è veru, ti voiu rari ragiuni, tanti vulissunu fari cocchi cosa ma nu' trovunu pussibilità pi tanti mutivi.Chi cosa? Propria iù ca nascii cu l'omini e sugnu u megghiu rialu e 'avìssurupututu aviri! Baddasciu scrianzato ca nu' si iautru.Chi cuppa nnaiu iù se nu ' tutti mi ceccunu mentri sunu picciotti e s'attaccunu a mia sulu nto mumentu ri l'ultimu ciatu, quannu capisciunu ca stanu jttannu sangu? Senti senti, sunu propriu i partiti c'avissanajessiri upostu unni iù rinasciu ogni mumentu, uprimu passo ra democrazia, se nun avissunu divintatu succursali ri l'ufficiu ri collocamentu e machinetti automatichi ri bullini bblù, ianchi, russi, a culuri ri cani ca curri, a sacunnu ri quali patti stanu. 'Na cetta virità ccè nta chiddu ca rici, 'nssùnu omini comu ali 'autri, chi voi i pattiti sunu 'na bedda cosa ma l'omini sunu nautra cosa. Si rici niuru cu iavi bisognu e ufocu unni cari abbrucia. Tanta povira genti cerca r'abbrancicarisi comu megghiu pò pi ghinghiri u pialtu refigghi e pecciò uprimu ca ti fa 'na prumissa è u mannatu ra misericordia ri turnu. Nun gnè dimocrazia chissà, mi sta nccùsannu ca sugnu antidemocratica? A! mi pareva! chi dici? A facci ro cavulu, nenti nenti ca vulissutu 'nsignari a mia chi cosa è a dimocrazia? Nun gnè ca ora, per casti, tu vulissutu sparari ammenza afudda a lupara unni ammisca ammisca? Nu' ci pò rari a cuppa a cu mischinu, cu tanta bona vuluntà circassi r i fari cocchi cosa pi cangiari u to paisi ca pari rassegnatu a tirari a compari e quannu coccarunu vulìssi fari cocchi cosa nu ' trova ìautru ca tinti mmiriusì ca nenti vonufari e nenti vonu cafa-nu lautri, comu 'n cani ri ucceri, ca papiru papiru nu ' mangia iddu e affuta a cu s'azzarda a tuccarici l'ossu. Ma poi vulissi sapiri ri chi cosa ti lamenti? U pararisu o è r accussì o ci assimigghia. Campati nta paci ri l'angilupa libirtà ca t'arrivatu a truva-ri, libiri comu l'aria ca rispirati ca è chidda re scarichi ri ogni fabbrica, re machini,e ri tutti lautri attività ca liberamenti jettunu chiddu ca vonu, nu' gne cuppa ri iddi se vuiatru stati docu, ognunu è libiru ri stari unni voli e rispirari chiddu ca trova. Senza nuddu obbligu, ca machina vifìmmati unni vuliti, ri rittu ri traverso, nta prima nta sa-cunna o terza fila, avogghia so e a facci ri cu apassari, gne libiru ri caminari a destra a sinistra supira a banchina, unni voli, tantu docu nu ' ci passa nta testa a nuddu ri cuntrullarlu. Unu è libiru ri scaricari zoccu voli, comu voli e quannu voli, frigoriferi vecchi, lavabiancherii sfasciati, mobili, seggi, spazzatura, tutti l'anguli sunu boni, cu l'approvazioni vostra e ri l'autorità ca, anzi, se nu' cifussunu ss i così, comufacissi a mministrari bonu i soddi ca pajati pa spazzatura? Nto riciclu a propositu siti mastri, a munnizza, inveci ri puttalla tutta nto depositu, a picca a picca a spattiti nta tutti i strati accussi a vostra innata ìnduli ri condivisioni viene surrìsfatta, tutti ni putiti godiri a piadmentu. A propositu ri condivisioni i soddi nu ' vi mancunu mai, cu nnavi assai i leni dipositati a banca senza scilli pi nu ' forici pigghiari friscu, cu nnavi picca, nu ' ccè bisognu ca va a banca basta iri vicinu ali"ufficiu postali e trova pinstonati ca spattunu soddi, "CO SCIPPU" e a voti rununu travagghiu macari o spitali unni vanu a forisi curari dopu e caruti. Sempripi condivisioni docu siti i primi, mischinu, cu iavi bisognu, basta ca u ddumanna e ognarunu nesci tantu o misi o a simana, comu nu stipendiu o pinsionì, sulu ca docu u chiamati "pizzu". Diversu è inveci chiddu ca rati o posteggiatori abusivu picchi è volontarii* ca vi talia a machina accusai nuddu vi tagghict i cupit-tuna, mancu iddii. Docu Pannello avìssi vogghia rì morir i, picchi tutti vifaciti i fatti vostri, u cuttigghiu nu' vi piaci, i chiacchiri su chiacchiri e apattruna i casa voli i picciuli.Chi vinissi a fari? Nun ccè bisognu ri sciopiro pi moriri i fami ci penza cu amministra a/allupi vuia-tri. Tantu vi vonu beni ca ri travagghiu nu ' niparrunu e nu ' ni vonu sapiri, pi nu 'farivi sur ari o stancar ivi facennu cocchi cosa. A maggior parti infatti sunu dutturì capi cura vi ordinanti riposu assoluto, passiati longhi pi tinirivi in linia. A saluti è saluti u mangiari assai fa mali e pi chissufanu 'n modu ca i prezzi aumentunu accussi i stissi picca sodai ca circulunu i risparmiati. Tantu vi vonu beni ca pi evitari ca coccarunu putissi rischiari r'affaticarisi troppufacennu i cosi ca sapifari u mettunu ntoposto completamenti sbagghìatu, a voti senza vuliri anzettunu e mischini vuiautri ca aviti 'n serviziu giustu. Tantu sunu preoccupati pa vostra gioventù, specialmenti pe fìgghìrii'amici, ca a na criatu tanti posti regionali unni ddu picca ca s'avissajfari ufanufari all'antri e pi chissu nta tutti ssi posti viri tanti pìrsuni ca si realizzunu spassiannisilla. Nta l'autri regioni inveci mischini i poviri figghi i mattri sunu obbligati a travagghiari tutti i santi jonna mentri ddocu ssiti distretti a ripusarivi tutta a simana compresi sabuto, ruminica e tutti ifesti i l'annu, compresi chiddi terribìli.Nu ' parramu ri l'amuri caviti pe cosi antichi, ro rispettu ra mimoria ropassatu, ra tradizioni. Nuddu capo'tuccari i munumen-tì, picchi giustamenti, dda scoccia co tempu a lassatu, cafa arrizzarì i canni "ro tettu", pi l'umidità, se tuccati putissunu ruvinari a puisia, cuntintativi ri virilli accussi, anzi megghiu, caruti parunu chiù antichi. Docu vi vulitì beni coma frati e som comu veramenti avissa iessiri nta tuttu u munnu e vi nesci ro cori a cuntintizza quannu viriti godiri lautri macari ca nu ' supputati ca sunu megghiu ri vuiautri. Morti to vita mia è vangelu ri Diu. Apropositu circula 'na storiella tra i to paisani. Veramenti iù a seppi ri 'nu bravu picciotto, 'n clienti miu qffìzionatu, timuratu ri Diu, unu ri ddì cristiani ca sapeva ri putirisi angrasciari ma a circatu u stissu ri rarisi ver-su pi fari cosi boni, ricemu unu re tanti ri bona vuluntà ca circulunu ddocu. A iddu ci vinni cuntata ri unu ca è mastru nto jocu re fri catti ca ri sautafossa si nni 'ntendi, comu riri 'n Michelangiulu, ca re 'mbrogghi cafìci nta vita si putissi scriviri 'n romanzu, 'npattri rifamigghia, 'ntrinsicu cu tuttu u duri duri ra sammaturina ca ti rissi prima. U cuntu parrà ri 'n suffiziu nustrali ca ri casa stava vicinu a 'n dumi ri iacqua frisca. Chistu nu ' aveva ri chi lamintarisi, salamallicchi e sirinatì ri cu ie gghè, mangiari ri prima scelta, iacqua frisca e vimmiceddipi cuntornu ogni santujonnu. Sa vòfattu 'na tana cu giardinu e vista panoramica nta riva ro dumi. L'unicu pinseri so iera r'abbuffarisi e stari stinnicchiatu o suli nto giardino ra so tana-villa. Nu' aveva paci però, virennu ca l'autri paisani si ravunu da fari drcannu ri mi-gliorarìsi. Aveva mmiria specialmenti re rarunchi ca libiri s'addivittevunu a natari passannu rì 'na riva ali 'autra ro dumi e repassaredda ca abbulavunu libiri nta l'aria. Iddu a vò statu sempri attaccatu a robba ro sofeudu, rrera rifamigghia nobili ri antica disdnnenza. Tanta iera a mmiria ca vosi pruvarì a natari senza riniscirici, anzi si stava anniannu a menzu ali 'acqua.Macari iddu avissa vulutu pruvari a cuntintizza ca sinteva e vireva e ' avevunu lautri animaluzzi. Prima ri moriri sa vò fissatu ri rinesciri a fari chiddu ca facevunu lautri, cuntentì e jabbati, ri du picca caputevunu aviri, a dispettu ri iddu, riccu cavallacciu. Dopu tantupimarì cu 'na faccia piatusa ri buttano 'n soddu, addumannò a una re ra-runchi ri puttallu supira a schina finn ali"autra patti ro dumi. A rarunchia, ca canu-sceva i so paisani, scantata ci rissi: "chi ssi pazzu ca iù ti fazzu acchianari supira a schina mia, appena ti vegnu a tiru tu mmi muzzichi "? No, ca nun ti muzzicu, ciprumisii u suffizziu, pifavuri, fammillu passari stupiacirì, ti giuru supira a bonamma ri mapat-tri ca nu ' ti muzzicu. Tantu fici ca rinisciù a cunvinciri a rarunchia ca fmalmenti u fìci chianari supira a schina ricennicci ri tinirisi forti. Stavunu arrivannu nta lautra riva quannu u suffìziu nun putennu chiù cuntrullarì a so natura, u lupu peddi u pilu ma no u viziu, muzzicò nto coddu, cu tutta a forza e u vilenu ca aveva ri rintra, a povira rarunchia. Chista, mentri stava murennu, girannisi versu o suffìziu ci rissi: "u sapeva ca ri tia nu ' mi pu-tevafìdari, tintu ierutu e tintu arristasti, ma ora, nu' mori macari tu"? È veru rìspun-niu u suffìziu ma tu ti scuddasti ca iù sugnu 'n suffìziu nustrali e mi cuntentu ri moriri anniatu chiuttostu ca viriri a vuiautrifari cocchi cosa ca iù nu ' sacciu e nu ' pozzufari. Parabula significat tarantula ballerina, comu si riceva 'na vota. Se a mmiriafussì vaddira tutti forruvu vaddarusi. Ma chista è cosa ri nautru paisi, nto to, siti nautra cosa, sì fa pi diri! Ppitipì- ppitipì- ppitipì- bum ppitipì ppitipì bum—Aoou e chi è sta tamburiata? Chi riturnaru i banniaturi comu 'na vota? Tu rioddi quannu u banniaturi strati srtati abbanniava: " cu a truvatu 'n portafoghiu e vuiautri picciriddi a coru ci ricevuru"Ciatupersu, ciatupersu", mi staparennu accussi, sintemu chi voli chissu. Sintiti, sintiti, pi ordini ro putenti cumannanti 'n prima ri stu paisi! Ppitipì—ppitipì— -ièfattu obbligu a cu 'ncuntrassi SPIRANZA, ppitipì— ri prisintarisi apalazzu, ppitipì-— ppitipì—-ppitipì. Mizzica a mia cercunu, fmalmenti coccarunu s'arruspigghiatu e mi cerca. Ppitipì—ppitipì— ppitipì. Cu e gghè ca avissa truvari SPIRANZA e savissa teniri, è cunnannatu a vita a suspìrari spirannu, sulu senza iautru aiutu ri nuddu.Ppitipì, ppitipì ppitipì. Idda sa fa cu GIUSTIZIA e tuttu rui sunu BANDITI ri stu paisi ca voli stari accussi com 'è! Chistu a dicisu u cunsigghiu supremu! Ma chi ssù pazzi chìsti, iù, SPIRANZA, nu ' pozzu moriri! Siracusa 17.06.2002 Via Gargallo e dintorni Memorie di Antonio Randazzo -i siracusani anno II° n.9 1997 Tutti parlano di ripopolare Ortigia, ma chi !o dice sa che cosa era veramente la vita nello scoglio, negli anni dell' immediato dopoguerra? Quando Ortigia si chiamava ancora ""Sarausa"" la popolazione, per quanto possa ricordarmi, era di circa 55.000 persone, cani e gatti compresi, esclusi i topi di muragghia, e i pappapani con i quali conviveva, volente o nolente, chi abitava nei bassi. I gatti, a proposito, venivano "adottati" non tanto per spassionato amore ma per difendersi dai roditori, a quei tempi molto "sfacciati". Il numero degli abitanti non è un dato storico; il riferimento è a quello che sentivo dire da bambino. é luogo comune dire che !a nostra città era linda e pulita, vanto di tutti noi. Questo è vero solo in parte e se ci riferiamo a piazza Pancali, corso Matteotti (già vìa del Littorio), piazza Duomo, piazza Arcbimede, via Roma, via Maestranza e la Marina, ma nei vicoli e vieoletti, nei cortili e nelle vie adiacenti, la pulizia e il decoro erano frutto della buona volontà dei singoli abitanti anche se ia raccolta dei rifiuti, che interessava persine i piani alti, avveniva due volte al giorno da parte degli spazzini, maestri indiscussi nell'uso delia scupazsa. Non posso non ricordare il fetore della spazzatura, per esempio, che si accumulava nei "bastioni spagnoli", attuale lungomare tra "u Talìu", passeggiata di fronte a casa ccu n' occhiu (l'ex carcere) e la zona "ra Santa Cruci", vicino alle Orsoline di via V. Veneto, già via Gelone, già Mastranza. E questo, mi pare, non fosse il massimo dell'igiene. Le case della maggior parte di noi siracusani erano costituite da bassi monovani spesso comprensivi di cesso e cucina per decoro venivano separati da una tenda o da un tramezzo di vario materiale (cartoni, giornali ecc. ). Io abitavo in via Gargallo e il mio "appartamento"" era formato da una stanza di circa 16, 18 metriquadri, che prendeva luce da una finestra posta alla sinistra della porta di ingresso. La realtà U soffitto a botte era molto bello: quante volte questo tetto è stato schermo dei miei sogni! Dalla stanza si accedeva, per una porta larga non più di 60 centimetri, alla cucina, poco più che un corridoio, che prendeva aria e luce dalla finestra, questa seconda a destra della porta di entrata. Sotto la finestra vi era u fucularu in pietra con un fornello a carbone e uno sportello lamiera che serviva come presa d'aria, per togliere la cenere e ravvivare il fuoco con u sciuscialoru: il più sofisticato era fatto di compensato con manico., ma più spesso era solo un pezzo di cartone. Aveva una duplice funzione e di conseguenza cambiava nome: a volte si usava per cacciare le mosche e quindi si chiamava muscaloru. Spesso c'era confusione quindi il nome diventò unico, o sempre muscaloru o sempre sciuscialoru. Per raccogliere la cenere e la spazzatura, in quel tempo la paletta era di ferro e si chiamava palittuni. Le mosche e i sampagghiumì a quei tempi, si combattevano anche con il flit, ma era una battaglia persa in partenza. Poi arrivò il DDT e almeno quella guerra fu vinta anche contro le cimici e i pirocchi. La cucina, nel senso della lunghezza, era di circa 3 - 4 metri; vi era un tavolo appoggiato alla parete, a buffetta, appena lo spazio di una sedia e, in una nicchia praticata nel muro, il cesso. Un chiodo piantato nel muro raccoglieva i quadrati di carta-pagghia che sostituiva la sconosciuta carta igienica. Un secchio faceva le funzioni di sciacquone. Alla sinistra del vaso c'era il lavandino, un bacile di ceramica di Caltagirone piuttosto consumato. Per comodità, nello spazio posto tra il lavandino e la porta, mia madre aveva fatto sistemare, dai miei due fratelli maggiori una pila in cemento che abitualmente veniva utilizzata anche come vasca da bagno. II risciacquo finale, per i ragazzini, era una vacilata di acqua, o troppo calda o troppo fredda. Questa era la mia amata casa nella nostra amata Ortigia. Vi abitavamo in sei; meno male che presto i miei due fratelli maggiori partirono alla ricerca del loro futuro. Non era dissimile la situazione nella maggior parte delle abitazioni di Siracusa. Diversa era la realtà di alcune famiglie, quasi le stesse di oggi, con raggiunta di alcuni arricchiti dell'ultima ora; la "noblesse" abitava in piazza Duomo, vìa Roma, nell'ex via Gelone, via Savoia, via XX Settembre, ma soprattutto in via delle Maestranze. Anche allora, come oggi, aveva ville e caseggiati nelle tenute fuori città. Non era raro vedere passare le loro carrozze tirate da cavalli con a cassetta u gnuri, l'autista di allora con in più l'incombenza di stalliere. Le stalle da me conosciute erano dentro il cortile del cosiddetto Portone Minnìti in via Gargallo, proprio i locali dell'attuale "Nottola". Quasi tutti i bassi all'interno del "cortile", salvo quelli riservati alle stalle vere e proprie, erano occupali da prolifiche famiglie e botteghe artigiane. Non mi dispiace ricordare alcuni nomi: Mudanò l'attacchino, i Corso carrettieri, detti i tuttedda, i Baio, il maestro di musica Gentile, i Mazzone, gli ebanisti Cusi, Disco, Antoci. In una delle stalle si svolgeva la monta equina praticata da uno stallone detto 'u cavaddu i Marotta. Alcuni ricchi dì allora avevano il deposito carrozze dentro il cortile, altri nelle vìe circostanti. I nomi, i soliti, provo a ricordarli: Innorta, Boccadifuoco, Conigliaro, Gargallo, Impellizzeri, Paterno, Arezzo, Abela. In ogni caso non ho mai avuto rapporti con costoro né alcun episodio so sul loro conto: forse non c'è nulla da dire di più di quello che la .storia ci ha tramandato. A quel tempo le categorie erano ben distinte e riconoscibili anche dai luoghi che frequentavano. Vi erano i Caffè di categoria: il "Centrale", in piazza Archimede, era il ritrovo abituale dei nobili, degli avvocati, dei professionisti; per questo la piazza viene ricordata come "il salotto" di Siracusa. Le categorie artigiane e operaie invece frequentavano il "Caffè Liistro", sempre in piazza Archimede. I locali, sempre affollali e avvolti in una cortina di fumo, erano molto ampi e comprendevano anche una sala biliardi e una per il gioco delle carte. Lì avvenivano anche le assunzioni di operai e lì, il sabato e la domenica, gli stessi, dopo aver lavorato dodici ore al giorno per una settimana intera, andavano a pietire la paga. Molti negozi che avevano venduto 'a crirenza durante la settimana, aprivano anche nei giorni festivi per recuperare i crediti. II "Caffè Bottaro", in via Maestranza, era invece frequentato per la maggior parte da gente meno abbiente compresi i malacanni, i fallattutti e i gianfannenti. Anche presso i barbieri, oltre allo scambio proverbiale di maldicenze, si improvvisavano incontri di lavoro e si concludevano affari, specialmente ili sabato e la domenica. In alcune botteghe iti barbieri e di sarti era d'uso improvvisare suonatine con fisarmonica e mandolino. I contadini non avevano sede propria; "u Puzzu 'ngigneri", piazzale Marconi, era il loro luogo di ritrovo e di assunzione diretta da parte del "caporale" che discriminava alcuni a favore di atri, proprio come oggi. A volte mi chiedo che grosso merito hanno avuto i miei genitori nell'aver tenuta unita la famiglia e nell'aver provveduto ai suo mantenimento in quegli anni diffìcili. Io sono figlio di campagnolo e ne sono orgoglioso, non per luogo comune, ma per intima persuasione, anche se ai tempi della scuola mi fu detto che era meglio che indicassi mio padre con l'appellativo di contadino. Sono trascorsi tanti anni e la fame che ci perseguitava è solo un ricordo: molti della mia generazione, compreso il sottoscitto, abitano nei quartieri alti della città. Abbiamo anche l'aria condizionata: caldo d'inverno e freddo d'estate, facciamo la spesa con il carrello e i nostri figli si fanno chiamare ai cellulare. Tutto bello, ma io continuo a ricordarmi di quando mio padre rientrava prima del pranzo, il che significava che per quel giorno il lavoro non era arrivato e ciò provocava chiacchiere e fungia da parte di mia madre. rarici Nun mi lagnu se sugnu puvureddu, se soffru pa fami ie po pitittu, se sugnu scausu ie affriddatu, se paju funniaria ie censu, se a sotti ri me sa scuddatu, ma chianciu ca pessi nun vulenno a lingua re ma avi priziusa. A pianta rispira re so fogghi, mori senza linfa sdraricata. Sicca u ciuri senza iaqua ie nun sempri u scoppu s’arripigghia. Nun basta a picciuttanza, pi viviri i sustanza. Vivacchia l’omu senza rioddi, criscennu bastaddu senza rrera. Mori scuddannisi u passatu, se a mimoria nun rinnova i so ragiuni Chi frutti pò dari se i rarici su tagghiati? vernacolo, amuri miu spiranzatu Non c’era più tempo, la lunga malattia aveva consumato la paziente e stava conducendola irrimediabilmente alla morte, solo un miracolo avrebbe potuto fermare quell’agonia. Tanti avevano tentato invano e senza risultati apprezzabili. Uno dei figli, che per tutta la vita si era sforzato di esserle vicino non aveva voce e, nonostante gli sforzi, non riusciva a farsi ascoltare dai fratelli, distratti da tante altre cose. Era il più piccolo, nonostante l’età, tra i tanti figli che manifestavano di essere attaccati a lei, ma che nulla avevano fatto perché sopravvivesse. Scienziati, filologi, storici ed illustri personaggi erano stati chiamati al capezzale, persino stregoni e ciarlatani, per scoprire l’origine recondita del micidiale morbo. Qualcuno sospettava che un complotto ne avesse minate le radici, un tempo rigogliose e orgogliosamente attaccate alla terra, dalla quale traeva linfa e alimento vitale. Come spesso avviene, rimaneva un sottilissimo filo di speranza ed il tenace figlio vi si attacco morbosamente, mentre fervevano i preparativi per il funerale solenne. Nella zona, modestamente ritiratisi a vita privata, vivevano saggi e dotti conoscitori delle radici della malata, ed a questi pensò di rivolgersi, in un ultimo accorato appello. Per esperienza sapeva che quando la scienza ufficiale è impotente, sperando nel miracolo, i parenti si rivolgono pregando l’Onnipotente, ed a volte, anche a sconosciuti santoni depositari di antiche ricette. Non c’era più tempo, il figlio, prendendo il coraggio a due mani, pensò di lanciare un appello per tutte le contrade, tramite i quotidiani e le TV locali. Così potrebbe iniziare una campagna di stampa per cercare di salvare il salvabile della nostra lingua che, anche storpiata dalla lunga inedia, potrebbe sopravvivere. Carissimo direttore, questo è l’appello che io, Antonio Randazzo, illuso figlio di questa nostra amata terra, le faccio. Spesso si occupa spazio nel vostro quotidiano scimmiottando la stampa nazionale, credo convenga che il suo intento era quello di essere letto dai più. I più, siamo quelli che vorremmo che le nostre radici sopravvivessero all’attacco concentrico dei vari modelli d’oltre oceano che stanno completando la colonizzazione. Perché non iniziate una campagna di stampa seria, dedicando la pagina della cultura alla nostra lingua, servendovi di persone che conoscono profondamente la cultura popolare della nostra gente, prima che questa, la nostra tradizione, il nostro essere unici, muoia completamente e nulla rimanga? Credo sia dovere di tutti e specialmente degli intellettuali, trovare le soluzioni più idonee. Mi sono chiesto cosa andassi a cercare in altre località, nei viaggi anche all’estero, ed ho convenuto che cercavo la singolarità dei luoghi e le tradizioni culturali di quei popoli. Oltre al già eccezionale patrimonio archeologico, monumentale, culturale, artistico, intellettuale, perché non offrire al visitatore, ma anche ai nostri giovani l’opportunità di incuriosirsi con il nostro patrimonio linguistico? Molto semplicemente aggiungendo alla indicazione attuale delle vie, il musicale toponimo in lingua siciliana, Perché nei negozi, invece delle brutte insegne in lingua inglese o francese, simbolo evidente di colonizzazione, non aggiungere il toponimo? Tutto questo, supportato da adeguati opuscoli illustrativi editi dall’ente turismo e, da una vostra intensa campagna stampa, potrebbe far rivivere, o almeno non far morire, ma, anzi, potrebbe far riscoprire la nostra vera storia, quella della gente comune, una volta tanto. Cosa potrebbe costare l’investimento in tale direzione? Non vi sono sponsor che amano veramente quello che siamo stati e quello che potremmo essere? Quanti conoscono o sanno il significato dei toponimi: a vanedda a nivi, a calata guvinnaturi, facci rispirata, a spidduta, a masciarrò, a santa cruci, o liuneddu, u cuttigghiu e pocci, a jureca, a jancia, o spiazzettu, scalareca, o taliu, a l’acqua e palummi, o vadduni, nti regina, ecc.. ? In un’Europa di eguali, la singolarità, la storia, la lingua e le tradizioni, sono ricchezze che vanno salvaguardate e tramandate, o vogliamo omologarci? Grazie di avermi letto e, anticipatamente, molto di più se mi ascoltate. Siracusa, lì 27-4-1999 ALLA DIREZIONE DEL GIORNALE “libertà” s e d e Carissimo Direttore, Le invio questa mia lettera aperta per tutti i candidati alle prossime elezioni che già con Armi affilate, coltello fra i denti, santini con slogan che suonano bestemmia in bocca ad alcuni, hanno dato fiato alle trombe ammannendoci melodie ammalianti da sirene a caccia di voti. Sono migliaia i candidati sulla linea di partenza, per la maggior parte brocchi, insieme a pochi, pochissimi cavalli di razza, dei quali alcuni poco convincenti, salvo lodevoli eccezioni. Questo il panorama nella campagna elettorale appena iniziata. Non c’è scampo possiamo solo scegliere di cosa vogliamo morire, con quale arma dobbiamo suicidarci per dare il colpo di grazia a questa nostra derelitta città. Le premesse ci sono tutte, una miriade di partiti e partitini, tanto per far numero, con tanti candidati per raccogliere in ordine sparso almeno i voti delle loro rispettive famiglie per poi ammucchiarli a favore di uno o l’altro dei candidati Sindaco, in verità ottime persone con ideali e programmi validi, ma che saranno inevitabilmente strumenti nelle mani delle lobby di riferimento. Carissimo candidato che bussi alla mia porta dormi sonni tranquilli, non ti affaticare a chiedere quello che io ti darò spontaneamente e molto di più non lo sai che noi vogliamo cambiare tutto perché tutto rimanga com’è? Vedrai che sarai comunque eletto anche se siete in tanti ed i posti limitati, per te ci sarà sempre un posto di sottogoverno, un segretariato, un incarico di consulente, di usciere, di portaborse o altro incarico confacente alle tue possibilità intellettive e alla tua voglia di sistemazione. Saremo in pochi ad esprimere il nostro diritto di voto così abbassando il quorum con spiccioli di preferenze sarai certamente eletto. Non ce la sentiamo di attentare alla salute di altri centoventimila cittadini andando a votare e scegliere persone troppo zelanti, troppo preparate, troppo corrette, troppo competenti troppo vogliose di lavorare, troppo, troppo, troppo, troppo…..Non conviene eleggere altri al tuo posto correremmo il rischio di vedere le strade pulite, di non poter scorazzare o fermarci a nostro piacimento in doppia o tripla fila. Non godremmo più di quelle lunghe file ai vari sportelli pubblici non potremmo più incazzarci per l’inefficienza o per l’assenza dell’addetto perché impegnato momentaneamente nel suo doppio lavoro privato. In che altro modo potremmo scaricare l’adrenalina in eccesso se smettessimo di bestemmiare per le cose che non vanno? Vogliamo voi e niente altro che voi solo così potremo stare tranquilli e nulla scomoderà il nostro quieto vivere. Non ci interessa sapere come hai gestito la tua vita, la tua famiglia, il tuo lavoro, cosa hai fatto e cosa ti proponi di fare, quali sono le mete raggiunte e quali quelle che ti proponi raggiungere, se hai o meno ideali condivisibili, vogliamo fare di tutto perché tu possa trovare un’occupazione degna di te e che rappresenti questa città così come avvenuto in questi ultimi cinquant’anni. Solo così saremo certi che uomini validi e capaci nella specificità dell’incarico andranno a ricoprire ruoli intercambiabili per l’intera legislatura salvo ricambiarli a richiesta dei nostri soliti amici affaristi. Un antico proverbio non più di moda recita: DIMMI CON CHI VAI E TI DIRÒ CHI SEI. Anche noi speriamo di essere come te un giorno lontano molto lontano oltre l’infinito. Per adesso andremo a votare scegliendo con la nostra testa con la nostra morale con la nostra fede nella speranza di un futuro migliore. Voteremo chi sappiamo libero e sa pensare con la sua testa, che ha realizzato e realizzerà, parlando di meno farà di più, impegnandosi in piccole cose che renderanno questa città meno caotica e più vivibile. Siracusa, lì 7 Maggio 2004 Ed il dotto vegliardo svegliato di soprassalto, manifestò il suo essere senza avere il tempo di ricomporsi e nascondere la sua vera natura. Assiso sulla montagna, dormiente sul suo scanno dorato, volse lo sguardo attonito al rigagnolo sgorgato improvvisamente a valle, tra i rovi e le antiche rovine. Le regole scritte dai miei avi, egli disse, sono state infrante, il campo destinato agli Dei è stato invaso. Non sapeva che le regole sono al servizio degli uomini e non viceversa. Come acqua quieta smossa dal lancio di un sassolino, era stato scomodato dal profondo sonno e doveva inventarsi una strategia in difesa delle regole e dei principi fondamentali del suo quieto vivere. Le infamie ed i compromessi cui era stato testimone per decenni, non potevano essere sbandierate ai quattro venti da uno sconosciuto illuso idealista. Chi era costui che si permetteva invadere l’Olimpo? Se non fermava il topolino, quell’idea avrebbe potuto diventare presto torrente e prassi, spazzando la genia dai luoghi conquistati nel tempo dagli avi. Stringendosi il naso con le dita, bevve furtivamente l’acqua ed a malincuore l’assaporò constatandone la freschezza, ma “pi nu nari saziu a motti, rissi schifiatu” che la forma della brocca era repellente e che, non poteva essere buona, perché non contenuta in brocca di cristallo inviata dai Numi. Era convinto che solo i potenti avessero l’eccelso compito di elargire le loro verità. Li, si era sempre dissetato e non accettava intrusi. Dimenticava che l’Onnipotente può trasformare ciò che vuole dando saggezza anche ai grilli. Solamente ai puri di cuore ed ai poveri di spirito è consentito l’accesso nel paradiso degli eletti. Gli indiani d’America, almeno da quanto si ascolta nei film, usavano apostrofare i bugiardi con l’espressione “ lingua biforcuta” penso che questa si adatti molto bene a tanti “Soloni”, a tanti intellettuali e a tanti politici nostrani che parlano per non farsi capire dagli altri. Scrivere come si parla non è corretto ortograficamente, ma certamente chiaro e accessibile ai più. E’ il contenuto che disseta non il contenitore, forse è giunta l’ora di incominciare un’epoca dell’essere, lasciando l’apparire alle cose e non agli uomini. Così potrebbe incominciare una storia, la storia di questo nostro tempo. Dire quello che si pensa è sempre difficile, scriverlo ancora peggio. Erano tanti i sassi che avevo sullo stomaco e sentivo la necessità di scaricarli, cosa che ho fatto scrivendo quello che ho scritto. Quali le cause ? Sono state ampiamente e diffusamente spiegate nel libro. Come tutti i comportamenti dell’uomo sono frutto di una scelta, anch’io ho dovuto scegliere tra varie ipotesi. Scrivere in italiano, scrivere in siciliano o scrivere nel mio parlare siracusano abituale? Problematico “ trilemma”, per me che non sono letterato. Alla fine ho optato per l’ultima ipotesi, scrivere quello che penso da “siracusano normale”, di tanti altri siracusani nel modo in cui normalmente parlo, pur rendendomi conto che una cosa è parlare ed una scrivere. Tutti noi abbiamo letto come parlano e scrivono bene gli intellettuali ed i maggiorenti nostrani. Prassi normale, loro parlano e tra loro si capiscono. Sono loro che hanno fatto la storia e di loro si scrive o si scriverà. Ma quanti hanno detto e dicono la verità? Quanti di loro sanno cosa pensa il cittadino comune? E’ chiaro che nelle loro scelte non c’è spazio per il cittadino, ignorante e sciroccato, che si lascia trascinare e condurre dove vuole il padrone, come recita l’antico proverbio: “attacca u sceccu unni voli u pattruni”. L’asino lo abbiamo sempre fatto entrare dal retro e non dalla testa. Perché ho scelto di scrivere nel mio vernacolo siracusano è riscontrabile a pag. 11, nel capitolo :” u picchì ra scelta. e pag. 30 nel capitolo: “ognunu javi chiddu ca si merita”, il resto va letto senza riserve mentali. E’ come scoprire l’America “ nta cattavitrata” riscontrare errori di ortografia nel libro che non è scritto in “siciliano” ma in vernacolo siracusano parlato, che nulla a che vedere ha, con la lingua siciliana delle regole di Federico secondo, nel dodicesimo secolo, o la lingua dei catanesi e palermitani illustri del passato, o quella dei tanti copisti contemporanei. Caro professore, la didattica è importante ma sono i valori contenuti che mi interessavano. Su questo piano ha espresso un interessante, “però” ben sapendo che quanto scritto è incontestabile sacrosanta verità, o vuole aprire un dibattito? A proposito dei suoi dubbi sull’accento, ella sa che non occorre perché “piritu” in italiano si traduce in “peto”, proprio quello che intendevo che si capisse, evidentemente lei non se ne intende, pur essendo depositario del verbo siciliano e sublime correttore di bozze altrui. Mi spiace non averla interpellata, forse avrebbe capito meglio, anche se ne dubito perché il volgare palazzolese non è assimilabile al siracusano, così come è diversa la tradizione culturale popolare del suo paese rispetto a quella della mia città. Non volevo invadere l’olimpo dei numi letterati, Dio me ne guardi. Su un punto siamo, forse, d’accordo, conservare le tradizioni linguistiche di ogni popolo. cu mu fa fari? Vulennu raggiunari mi veni ‘ntesta ‘n dubbiu cu jè ca mu fa fari ‘ntricarimi i sta ffari? Cu jè ca mi ci potta pigghiarimi sti ‘ntrichi? Ognunu a so manera campa comu voli, se paci poi nun jhavi chi cuppa n’haju iù? Putissumu riscurriri ri ora fina dumani, cu voli bonu campa, cu futti ‘mbrogghi cunta. Vulissi prestu Diu luvarimi sti peni, ro schifu ca c’è ‘n tornu nun ni pozzu chiù. Riciti chi vuliti iù tiru pa ma strata, po restu mi nni futtu ie spero nto rifriscu. Siracusa 25.4.1999 RELAZIONE E CONSUNTIVO SPESE A CONCLUSIONE DELLA MIA MOSTRA PERSONALE SETTEMBRE-OTTOBRE 2000ALLA PROVINCIA REGIONALE DI SIRACUSA Oggetto: Mostra di scultura su legno, pietra e marmo, del Maestro Antonio Randazzo, nato a Siracusa, il 22.6.1940, ivi residente Via Vaccarini n.25, maresciallo dei Carabinieri in pensione. Fa riferimento alla delibera della Giunta Provinciale di Siracusa n.714, datata 20 Luglio 2000. In ottemperanza alla delibera cui si fa riferimento; la mostra, ha avuto luogo presso i locali dell’ex mercato coperto di Via Trento, messi a disposizione dal Comune di Siracusa, assessorato per Ortigia, allegato n.1. È stata realizzata l’esposizione di n. 62 opere del sottoscritto, dalle ore 18 del 30 Settembre, alle ore 22 del 15 Ottobre. La mostra, è stata visitata da più di 3.500 persone, tutte di livello culturale elevato. Turisti di ogni nazionalità, insegnanti, professionisti e studenti, delle quali, n. 2600, hanno apposto la firma sul registro e, ai quali, è stato consegnata, per quanto possibile, copia del catalogo. Allegati n.2 e n.3. Numerose altre presenze dimostrabili da foto e video riprese. SPECIFICA SPESE EFFETTUATE: -Contratto per fornitura straordinaria energia elettrica, ricevuta di versamento n. 0019 del 18 Sett. 2000 sul cc. postale n. 206961, di lire 312.500 + 1200 a favore di ENEL distribuzione Sicilia e ricevuta di versamento n.0007 del 21 Sett. 2000, di lire 137.560 + 1200 a favore di ENEL distribuzione Sicilia. Totale lire 452.460 ( quattrocentocinquantaduemilaquattrocentosessanta).Allegato n. 4. - Materiali per realizzazione di n.62 supporti espositivi, ( 41 cubi per sculture tridimenzionali e n. 21 cavalletti per bassorilievi), fattura n. 01908 del 22.9.2000, di lire 1.207.668, comprensive di IVA, ( Unmilioneduecentosettemilaseicentosessantotto), della ditta Casa Bricolage di Rodante Giuseppe, Via Columba n.31, Siracusa. Allegato n.5; - fattura n. 1268 del 22.9.2000, di lire 178.104, comprensive di IVA, (Centosettantottomilacentoquattro), della ditta Caracciolo Lucia Via Ierone 1° n.74, Siracusa. Allegato n.6; - servizio fotografico a cura di AL.PA. VIDEO SERVICE di DIPIETRO Paolo, Via Menfi n.24, per diapositive preparazione catalogo, fattura n. 36 del 22.9.2000, di lire 480.000, comprensive di IVA, ( Quattrocentottantamila). Allegato n. 7; - servizio fotografico per inaugurazione del 30.9.2000 AL.PA. VIDEO SERVICE di DIPIETRO Paolo, Via Menfi n.24, Siracusa, fattura n.39 del 17.10.2000, di lire 415.000, comprensive di IVA, ( Quattrocentoquindicimila). Allegato n.8: -Spese tipografiche- fattura n. 251 del 22.9.2000, della ditta Zangara Stampa s.n.c. di Zangara Gaetano, Via Grotta Santa n.37, SR, di lire 10.250.000, ( Diecimilioniduecentocinquantamila). Si allega copia: catalogo, manifesto, locandina e invito. Allegato n.9. - Fattura n. 292 del 17.10.2000 della ditta Pubblicità di Emilio Cataudella Via Perasso n.14, Siracusa, per lire 960.000, comprensive di IVA, ( Novecentosessantamila). Allegato n. 10; -Ricevuta di versamento n. 0191 del 14.9.2000, di lire 165.000, comprensive di IVA, (Centosessantacinquemila), + lire 1200, sul cc.postale n.10020964, intestato a Comune Siracusa, servizi tributari, per canone CIMP, + lire 40.000, ( Quarantamila), per marche da bollo domanda e rilascio autorizzazione, per affissione striscione pubblicitario. Ricevuta versamento n.0192 del 14.9.2000, di lire 118.000, comprensive di IVA, ( Centodiciottomila), + lire 1200, sul cc.postale n.10020964 intestato a Comune Siracusa, servizi tributari, per tasse affissione manifesti. Allegato n.11; -Fattura n. 366 del 23.9.2000 Cartoleria scolastica e commerciale di Corradi Corrado, Via E. Di Giovanni n.52/64 Siracusa, di lire 10.000, comprensive di IVA, ( Diecimila). Allegato n.12. -Fattura n.- 648/A del 25.9.2000 ASSITEC di Gabriella Gallitto, Via Torino n. 133, Siracusa, di lire 27.200, comprensive di IVA, (Ventisettemiladuecento). Allegato n.13. -Spese cancelleria e vari: scontrino fiscale n.33 del 4.10.2000 Centro int. ser. innov. Riva della Posta n.3/4, lire 3.200, comprensive di IVA, ( tremiladuecento). Scontrino fiscale n.44 del 5.10.2000 Centro int. ser. innov. Riva della Posta n.3/4, lire 5.000, comprensive di IVA, ( cinquemila). Scontrino fiscale n.1 del 29.9.200 Merceria Aprile Fernando Viale Zecchino, ronco 2° n. 29, lire 5.000, comprensive di IVA, ( cinquemila). Scontrino fiscale n. 2, del 30.9.2000 della ditta Pulvirenti Veneranda Via P: Novelli n.47/49, di lire 45.000, comprensive di IVA, ( Quarantacinquemila). Allegato n.14. - Fattura n. 161 del 12.10.2000 della ditta Dominici Alessandro, via Scilla n.7, SR, per manodopera e materiali, impianto e sistemazione corpi illuminati, lire 1.200.000, comprensive di IVA. ( Unmilioneduecentomila). Allegato n. 15. Inoltre, finalizzati alla buona riuscita della manifestazione, con oneri a carico del sottoscritto, sono stati realizzati: -Consegna personalizzata di n. 480 inviti; -Costruzione e pitturazione supporti espositivi e cavalletti con pannelli; -Trasporto opere e supporti espositivi; -Montaggio e sistemazione mostra; -Smontaggio mostra; -Trasporto finale, opere e supporti espositivi; -Pulizia giornaliera locali; -Servizio di sorveglianza e vigilanza, notturna e diurna; -Stampa e affissione nei locali di n. 200 poesie in vernacolo, edite ed inedite, autore il sottoscritto; -Distribuzione di n.10 floppy disks e numerose fotocopie di poesie e scritti in vernacolo. I cubi e i cavalletti realizzati, sono stati affidati all’ Associazione “Delle Porte di Ortigia” per conservarli in idonei locali, a disposizione, gratuitamente, di qualunque artista voglia esporre le sue opere. Totale delle somme spese, lire 15.564.032, comprensive di IVA, ( QUINDICIMILIONICINQUECENTOSESSANTAQUATTROMILATRENTADUELIRE), già anticipate dal sottoscritto. Nel ringraziare Codesta Amministrazione della disponibilità, che ha reso possibile l’iniziativa, il sottoscritto, prega che si compiaccia voler provvedere al rimborso. Siracusa lì, 20 Ottobre 2000 Antonio Randazzo PRESENZE DI VISITATORI DISTINTI PER GIORNATA SABATO 491 INAUGURAZIONE ORE 18 del 30 settembre 2000 DOMENICA 428 dalle ore 10 alle ore 12 e dalle ore 17 alle ore 22 LUNEDÌ 81 MARTEDÌ MERCOLEDÌ 98 dalle ore 10 alle ore 12 e dalle ore 17 alle ore 22 dalle ore 9,30 alle ore 12 e dalle ore 17 alle ore 22 60 dalle ore 10 alle ore 12,30 e dalle ore 17 alle ore 21 GIOVEDÌ 70 dalle ore 9,30 alle ore 12 e dalle ore 16,10 alle ore 21 VENERDÌ 64 dalle ore 9 alle ore 12 e dalle ore 16,30 alle ore 21 262 dalle ore 9 alle ore 12 e dalle ore 16,30 alle ore 23 SABATO DOMENICA 403 dalle ore 8,40 alle ore 12,30 e dalle ore 16,30 alle ore 21,30 LUNEDÌ 76 dalle ore 8,30 alle ore 12 e dalle ore 16,30 alle ore 21 MARTEDÌ 32 dalle ore 9,15 alle ore 12 e dalle ore 16,30 alle ore 21 MERCOLEDÌ 44 dalle ore 10 alle ore 12 e dalle ore 16,30 alle ore 21 GIOVEDÌ 89 dalle ore 9,15 alle ore 12 e dalle ore 16,50 alle ore 21 VENERDÌ 59 dalle ore 9 alle ore 12 e dalle ore 17alle ore 21 SABATO DOMENICA 2000 120 223 dalle ore 9 alle ore 12,30 e dalle ore 16 alle ore 21,10 dalle ore 9 alle ore 12 e dalle ore 16,30 alle ore 23 del 15 ottobre TOTALE PRESENZE a chiusura esposizione 2600 (DUEMILASEICENTO) SERVIZIO GIORNALISTICO PIÙ VOLTE TRASMESSO DAL CANALE 66 NEI MESI DI SETTEMBRE OTTOBRE Lettera aperta Pregiatissimi paesani, Se da semplice cittadino figlio di nessuno, senza etichette, dogmatismi preconcetti o altre forme di condizionamento, nel pieno rispetto della libertà di opinione di ognuno dico la mia cosa ne dite? Mi riferisco all' ultima "CUSTIONI SARAUSANA ". Come è noto, nel prossimo Settembre, il Consiglio Comunale ha in programma di esprimersi sulla vicenda del costruendo villaggio turistico ali 'Asparano. Sul tema hanno detto la loro pragmatici, realisti, dogmatici, associazioni varie e liberi pensatori, garzoni di bottega, politici dei vari schieramenti, ambientalisti di goletta verde, ecologisti, tecnici e non, intellettuali. Sembra di assistere ad uno scontro di religione per determinare il sesso degli Angeli. Siamo alle solite "come te movi te fulmino", direbbero in romanesco i cittadini della capitale, mi ricorda la storiella che ho raccontato qualche tempo fa sul " suffìziu Nustrali". I predetti hanno interloquito saggiamente sulla vicenda, dopo un cinquantennio di malefatte su ogni metro quadro di terreno nel territorio della regione e, con particolare accanimento sulle nostre coste. Hanno forse la coscienza tranquilla e le carte in regola? Non credo che uno, dico uno solo dei cittadini di questa terra, a qualunque categoria appartenga, ivi compresi, politici, professionisti, magistrati, insegnati, dirigenti o semplici operai, chimici o metalmeccanici, artigiani o piccoli imprenditori, sindacalisti ecc.., possa ritenersi esente da colpa, ma farse qualche mosca bianca e 'è. Quando sì estrapola un argomento dal contesto storico si può dire tutto ed il contrario, a seconda dal punto di vista della parrocchia di appartenenza, o se si sta assisi su uno scanno con a disposizione una tavola riccamente imbandita e negretti intorno a soffiare per rinfrescare l'aria. I peggiori sono coloro che affermano dì avere la coscienza pulita e portano avanti le prese di posizione dei loro pro-consoli. Qua! 'era la situazione reale a Siracusa, tra la fine degli anni quaranta e il corso degli anni cinquanta ? Allora con il termine Siracusa si intendeva solamente Ortigia, almeno per noi " scoglionati", gli altri erano "buggarioti ". I più non sanno, non essendo allora ancora nati, altri hanno dimenticato o fanno fìnta di non ricordare, i più, i soliti arricchiti o coloro che si vergognano del loro passato, tacciono o mentono spudoratamente sapendo di mentire. A quel tempo erano giunti da non molto gli sfollati dalla Libia. Quello che mancava allora come oggi era il lavoro, quello vero, quello fatto di regole da rispettare sia dal datore che dal prestatore d'opera. I giovani girovagavano per la città in cerca di distrazioni, passeggiate a corso Matteotti" i picciotti re catini ", puntate in sala da bigliardo, stravaccamenti davanti al caffè centrale o sala da ballo, in inverno, mentre d'estate, bagno al Nettuno, al lido Azzurro o alla Plaja, i figli di papa, gli altri"sutta a muragghia" " a SantaCruci" "a Tubba" "sutta o ristrittu" o al Maniace. C'era da scegliere perché in tutta la costa per il periplo di Ortigia era consentita la balneazione. Ma era veramente balneabile il mare, visto che le fogne, comprese quelle a perdere liberamente nel sottosuolo di tante abitazioni scaricavano a mare? "E setti scogghi" incominciavano i primi tornei di palla a nuoto. A dispetto di quanti, me compreso, adorano Ortigia, la situazione sanitaria non era tra le migliori. Il deposito generale per la raccolta della spazzatura era in uno spazio delimitato ali 'interno del forte S. Giovannello, tra "Talìu", passeggio Talete, e Via Vittorio Veneto, già"mastrarua", e la zona della "Santa Cruci ". Ambienti malsani impregnati di umidità; sovraffollamento nei bassi utilizzati come abitazione; scarsa pulizia nelle strade, ad eccezione della zona " ro chianu ", "ro spiazzu ", le Vìe Maestranza, Matteotti, Roma, Piazza Panca/i e la Marina, abitate quasi esclusivamente da chi poteva avere w reddito medio alto. (In una poesia tempo fa scrissi "pirocchiap 'amici e cimici affamati"). L'ospedale pubblico era allocato in quel sito attualmente abbandonato in Piazza S. Rocco, l'anticc Monastero di Montevergini. La vaccinazione contro il vaiolo veniva fatta ai bambini in quella stessa via, prima, i successivamente in via Minerva nell 'allora sede dell 'anagrafe. Le medicine occorrenti per curare le malattie e le visite mediche si pagavano, spesso a "crirenza' o, con scambio di prestazioni, se gli ammalati appartenevano a famiglie artigiane. I vitelloni, allora come oggi, facevano e fanno il bello ed il cattivo tempo. Qualche figlio di impiegato presso gli enti pubblici o comunque di famiglia con buon reddito, scimmiottava i primi dai quali era accolto purché avesse qualche soldo in tasca. I "pipi ra Taggia cuntinuavunu a essiri addenti", deliziosi arrostiti e conditi con Bottarga e "uridduzzu" di tonno salato, per chi poteva permetterselo. Un ambulante bandezzava melanzane grosse come "i minni i sa muggheri ", un altro, "varicchina e lisciuni, scupi e manichi ri scupi e rastreddipi lavori a casa ". I gerarchetti di un tempo perso il pelo, ma no il vizio, cambiata pelle, erano già saliti sul carro dei vincitori, mentre "Cremisini" emigrava in Sud America. Un nostalgico cantava " a pastasciutta nu ' si pò scuddari " e alla Plaja vongole per tutti mentre, "nu sceccu", si beava rinfescandosi nel basso fondale. La "sassamenteria di Bordi" chiudeva, così come "u stabilimentu ro nozzulu"della S.P.E.R.O. e si apprestava a farlo " u mulinu ri Cunigghiaru" di Via Arsenale. Gli abitanti dei bassi aspiravano di andare ad abitare "apatti i supira ". Chi non aveva lavoro, ed erano tanti, ammazzava il tempo "nti Luistru". I contadini si alzavano ali'alba per recarsi a piedi o in bicicletta al "Puzzu 'ngigneri ", in attesa di essere chiamati dal "capu ghiumma ", il caporale, uomo di fiducia, incaricato dai proprietari o gabellati dai quali era delegato ad assumere mano d'opera per le loro terre. Umiliazioni e vessazioni per aspirare ad una occupazione con solari da fame, anche dodici o più ore dì massacrante lavoro, compreso il viaggio, specialmente per chi doveva scavare i" fossi" con rischi gravissimi, perché, a volte, si dovevano usare potenti mine per far saltare la roccia più compatta. Nessuna garanzia per malattie o infortuni, quasi sempre lavoro nero, senza contributi assistenziali. Erano fortunati coloro che, assunti, potevano prestare la loro opera perché, d'inverno, spesso a causa della pioggia o per la diminuita esigenza di lavori nelle campagne, erano disoccupati e, potevano consolarsi, "nti Pillucciu " o "e tririci scalimi ", giocando a carte e mangiando, uovo sode, "puppu" e vino, per quanto le risorse economichepermettessero, spesso "a crirenza",con impegno di pagare al primo salario. Non esisteva allora per essi il soccorso invernale che, invece, era previsto in aggiunta al costo del biglietto per il cinema. Non dissimile era la situazione nell'artigianato. "U mastru", diventato tale dopo aver seguito la trafila, da piccolo imprenditore, traeva reddito e profitto dal suo lavoro, ma, soprattutto, sfruttando i "picciotti ", garzoni di bottega, che lavoravano senza limiti di ore per pochi spiccioli, in nero, senza alcun contributo, chi volesse, può controllare la documentazione INPS dei primi ventanni di lavoro di coloro che da poco hanno avuto fortuna di arrivare alla pensione. A mio nome, risultano versati contributi previdenziali, per poco più di un anno, pur avendo prestato opera nelle varie botteghe dai sei ai vent'anni. E ' vero però, che gli apprendisti di allora, imparavano un mestiere e comunque delle regole dì vita che consentivano di intraprendere a loro volta la carriera del "mastru ". Quanto sopra scritto, vale per tutte le categorie artigianali, ferro, legno, imbianchini, muratori, carpentieri e similari, tutte nell 'identico stato sociale di povertà ai limiti della sopravvivenza. L 'U.N.R.A aveva ormai terminato le coperte a strisce marra ed i generi di prima necessità distribuiti ai cittadini meno ambienti. L'olio di fegato di merluzzo stava per finire e non veniva più dato ai ragazzi delle scuole elementari. Cosa e 'è di strano se i genitori per consentire un futuro migliore ai loro figli imponevano la frequenza delle scuole, spesso con sacrifìci oggi impensabili, e se è rimasta l'abitudine di sistemarsi in un posto pubblico statale o periferico? Tra una visita e l'altra i medici, tra una causa e l'altra gli avvocati, e poi mano a mano la classe dirigente impiegatizia, incominciarono a trasferirsi sulle colline di Aerodina, sulla panoramica Neapolis, e come seconda casa per il soggiorno e l'abbronzatura estiva la villa a mare. Le prime nefandezze a danno delle nostre coste. I baroni antichi erano emigrati verso lidi più adatti alla loro nobiltà o si erano ritirati a vita privata a godere le loro ricchezze o le loro miserie. A proposito mi piacerebbe sapere dove si abbronzano o svernano gli ambientalisti nostrani? Lo scontro politico allora tra Blocco del Popolo " e Scudocrociati era ali 'ultimo sangue con rivoli Monarchici, Uomo qualunque e Fiamma tricolore. I più poveri o i meglio "appaddrinati" incominciarono ad avere in assegnazione una casa popolare. Meglio non discutere su questo argomento. L'intraprendente "culu i fruscia " si insediò ali 'arenella predisponendo un lido di elite essendosi, nel frattempo, affollati diproletari il Lido Azzurro e la Plaja. Una linea di autobus assicurava il viaggio per I'Arenella e viceversa perché non tutti possedevano mezzi di trasporto motorizzati. II sogno dei giovani del tempo era un lavoro e l'auto. La Banca D'Italia stampava senza sosta banconote mentre una nota canzone risuonava: "se potessi avere mille lire al mese ". I figli del popolo, benevolmente, erano accolti "a colonia estiva ", alla Maddalena, organizzata dalle sinistre ed imparavano a cantare " bandiera rossa", o a quella organizzata dal bianco fiore, che invece insegnava a cantare, "biancopadre". Anche le Suore Orsoline avevano il loro lido balneare a "funnucu novu ". Ogni anno veniva costruito dagli operai di una falegnameria nella quale anch 'io ero allora apprendista di bottega. Tra le varie chiese di Siracusa si organizzavano tornei interparrocchiali di calcio, tra una campagna o consultazione elettorale e l'altra, mentre " i surelli " in via Minerva distribuivano brodaglie ai poveri. I figli delle famiglie medio alte frequentavano il "Gargallo" o lo "scientifico" gli altri l'industriale, il professionale o la Scuola D'arte. Gli studenti cantavano " Trieste mia "inneggiando al ricongiungimento di quella città alla Madre Patria. Nel porto grande giaceva sul fondo nei pressi della "maddalena", " a navi spitalera" mentre, la" pilotina ", guidava l'attracco ai moli delle navi "Argentina ", "Esperia ", e la "Star Off Malta ". La locale flotta di pescherecci e barche tornava con abbondante pescato ceduto a due soldi ai grossisti. II numero delle famiglie con congiunti emigrati non si contavano più. In questo contesto storico, i dirigenti politici del tempo, dovettero fare una scelta, si prestarono, per non dire che si prostituirono, ai piedi della grande industria di stato e non. Siamo tutti d'accordo che fu una scelta dissennata, o forse assennata, dal punto di vista di quanti si sono arricchiti speculando. Sono evidenti i danni irreparabili provocati a tutta la meravigliosa costa "dall'acqua e palummi" in poi fino ad Augusta ed oltre, con dimostrazione lampante che la scelta industriale non era adatta alle nostre zone. Sull'argomento, per pudore, è meglio non aggiungere altro. Le campagne vennero abbandonate? O gli addetti cercarono condizioni di vita e di lavoro migliori? Cosa ne pensano i partiti politici, i sindacalisti, la confindustria e quanti hanno avuto le mani in pasta? Sono tanti però i benefìci che gli insediamenti industriali hanno portato e, tra questi: Regole certe tra datori di lavoro e prestatori d'opera; lavoro continuativo per tanti; reddito esteso alle famiglie che prima sopravvivevano appena; senza dimenticare la diffusione del benessere per tutti, dovuto all'attività nell'indotto e tra tutte le attività commerciali, artigianali e soprattutto nell 'edilizia. Circolando il danaro tutti ne traevano benefìcio. Col denaro il sogno di molte famiglie di avere una casa si tramutò in realtà. Gli speculatori, sempre pronti, si gettarono a capo fìtto nell 'impresa di costruire case, casette e casermoni, senza alcuna regola, per tutti i gusti e per tutte le tasche, distruggendo un patrimonio ambientale paesaggistico tra i più belli al mondo. Le prove d'autore, perfettamente riuscite, erano state già fatte nella stessa Ortigia con la costruzione delle case popolari tra Via Abela, Lungomare di Levante e Via delle Sirene. Con la costruzione della casermetta della Capitaneria, nella stessa Via delle Sirene. Con abbattimento e ricostruzione pari volume, si fa per dire, del palazzo in Piazza Cesare Battisti. Meriterebbe attenzione particolare il capolavoro architettonico, perfettamente inserito nel contesto, tra Via dei Mergulenzi e Via Gargallo, abbattuto e ricostruito pari volume. Non le ricordavo così mastodontiche le case precedenti, forse perché erano state bombardate. Mattone e cemento selvaggio proseguirono l'opera iniziata, prima, "zittu tu e zittu iù ", uno scoglio si e uno no, e, poi, tutti gli scogli e le spiagge nella totalità. A proposito di costruzioni indecenti, per non dire altro, nel corso del tempo, per dimenticanza o disattenzione a qualcuno sfuggi miracolosamente lo spazio libero di passeggio Talete. Gli oculati amministratori della cosa pubblica, non molto tempo fa, pensarono di costruire un superbo parcheggio che li rappresenta benissimo. Cosa aspettiamo per utilizzarlo o abbatterlo? L'elenco completo di quanti hanno dato inizio e di chi ha continuato lo sfacelo sono a disposizione di chi ne ha voglia presso l'Archivio Notarile Distrettuale e presso il locale Catasto. Chi doveva vigilare perché questo non avvenisse? Dov'erano gli ambientalisti?Vuole chi può o deve, fare una mappa con nomi e cognomi e procedere alla bonifica totale delle nostre coste, abbattendo i siti e procedendo alla denuncia di chi ha autorizzato o favorito il malfatto? 0 preferiamo metterci una pietra sopra e stendere un pietoso velo?Anche con il velo però le malefatte si vedranno sempre. Fatto il mea culpa andiamo al dunque. Qual ' è la situazione oggi a Siracusa. Poco o nulla è cambiato in merito al lavoro nero. Commesse e commessi senza ingaggio in quasi tutti gli esercizi commerciali del comprensorio; disoccupazione dilagante tra i giovani ma, anche tra i quarantenni, licenziati da aziende in crisi; stato di disagio nei giovani freschi diplomati o laureati; disoccupazione in generale; non circola danaro e chi ne ha preferisce tenerlo al chiuso di una cassaforte bancaria; imprenditoria locale poco propensa a rischiare. Presta nome, imprese fantasma, fallimenti pilotati. I nostri giovani che emigrano nel ricco Nord-Est con paghe sindacali appena sufficienti per vitto e alloggio. Cosa dire di coloro che arrivano da paesi stranieri in Italia in cerca di un tozzo di pane? Sono utili per certi lavori a costo dimezzato ma, rompono l'equilibrio acquisito negli anni. Ma al Nord, non sono quasi tutti figli di quei nostri emigrati che un tempo venivano accolti a calci in faccia? Così va il mondo per la mancanza di memoria storica. Ognuno cerca di salvaguardare i piccoli orticelli. Quando la nave affonda i topi scappano, chissà che qualche residuo nastrano non si metta in pensione. Siamo tornati agli anni cinquanta. Si impone una scelta coraggiosa, oculata e lungimirante che consenta alla industria turistica di decollare. Il Consiglio Comunale lo faccia serenamente discutendone i prò e i contro ma, tenendo presente che, ai cittadini, soprattutto a quelli di buona volontà, non importa come e da chi è composto lo schieramento polìtico, sa che il primo posto spetta all'uomo, soprattutto al più debole, il figlio di nessuno che ha fame di "pane e lavoro " e di un ambiente vivibile fatto a sua misura, di regole certe per tutti e non il deteriore buonismo che provoca anarchia. Giudicheremo sui fatti e sui risultati. La libertà è l'utopia da raggiungere con le scelte appropriate e con i comportamenti di chi detiene il potere, ma, anche con le sìngole azioni giornaliere di ognuno. Ben vengano le rotatorie se servono a snellire il traffico, ma, si aggiungano controlli sulle precedenze da dare. Ben vengano le linee blu dei parcheggi a pagamento o di quelle bianche gratuite, ma, si combatta il posteggiatore abusivo, anticamera del pizzo, magari dandogli in concessione la via dove opera in atto e consentendogli di avere un reddito con regolare fatturazione e pagamento delle tasse comunali. Ben venga la zona pedonale ma si facciano smettere gli abusi, in città non vi sono figli e figliastri. I gestori di esercizi commerciali attraggano la clientela con prezzi accessibili ed accoglienza educata e pensino che l'acquisto si fa a piedi e non in auto e, sopratutto a dare il giusto ai dipendenti assumendoli con regolare contratto. Tra una facezia e l'altra ognuno faccia bene ciò che deve fare a partire dagli operatori dell'lGM a finire nell 'ultima vite dell 'ultimo carro o carrozzone pubblico o privato senza esclusione per ogni cittadino, compreso chi scrive. Recentemente, 20 giorni fa circa, in Via Sciita, ali 'altezza del civico 10, durante la notte un camion per la raccolta dei rifiuti urbani ha avuto un guasto all'impianto idraulico dei freni con uscita di liquido oleoso versatosi sul manto stradale rifatto poco tempo fa. Immediatamente gli addetti hanno provveduto a spargere sulla chiazza alcuni sacchi di tonachina. La melma è ancora li disponibile per la fruizione in bella mostra. Nello stesso punto, qualche mese fa, operai SOGEAS, hanno eseguito una riparazione lasciando le buche e resìdui pietrosi. Alla faccia dell'efficienza. Se qualcuno non conosce o ricorda come erano "i cantunazzi i Milocca""U suli i l'Ognina " "funtani janchi " " a Fanusa " "a Rinedda ", l'Asparanu ", o le località a Nord come Scala Greca, "ali 'acqua e palummi " " e ru frati " " e piliceddì " " o scogghiu a Carrabbineri " se lo faccia raccontare dai nonni o da coloro che hanno il culto della memoria. A proposito dell 'Asparano, ho tralasciato questa località perché merita un discorso a parte. Non ho competenza tecnico- giuridica in materia e quindi il mio vuole essere solo un racconto descrittivo di quella zona come io la ricordo. La località un tempo era raggiungibile esclusivamente da una trazzera a destra della provinciale per Fontane Bianche, poco prima dì giungere al bivio per Ognina. Lungo tutta la trazzera esistevano solamente due antiche costruzioni rurali, forse a servìzio delle limitrofe zone coltivate. Si percorreva tutta la trazzera in auto fin quasi alla scogliera e poi attraverso un dissestato sentiero si raggiungeva il mare interamente libero allora da Ognina, casermetta della finanza, ali 'arenella. Bellissimo mare, scogliera non molto pulita ma il luogo appartato e tranquillo consentiva una balneazione deliziosa, compresa una pesca in apnea abbastanza ricca. Tutto era tranquillo nessuno mai aveva accennato a divieti per il transito nella trazzera. Ad un certo momento spuntarono dei tubi per l'irrigazione posti di traverso che non consentivano il passaggio in auto. Sostavamo come meglio si poteva ed a piedi raggiungevamo la nostra meta resa ancora più ambita dalla stanchezza. I terreni circostanti da sempre abbandonati erano facile preda degli incendi estivi e la macchia mediterranea bruciata è rinata più di una volta. Ogni volta imprecavamo contro gli enti preposti ritenendo quella proprietà pubblica che come al solito veniva lasciata abbandonata senza alcuna possibilità di fruizione. Cosa poteva costare costruire una strada litoranea che per quanto possibile congiungesse la già esistente traversa Arene/la con l'asparano e Ognina? Penso a cosa poteva essere una litoranea panoramica dal fiume Cassibìle alla Plaja e poi nuovamente dalla Via Arsenale a Marina di Melilli con le costruzioni a monte e accessi al mare liberi per tutti. È solamente un sogno che mal sì concilia con l'egoismo degli approfittatorì e la mancanza di onestà intellettuale. Ma torniamo con i piedi per terra. La fruizione da parte del pubblico della zona Asparano non durò molto perché non si potè più passare, infatti, per tutto il tratto stavano costruendo villette a non finire. Eravamo stati letteralmente cacciati dai primi abusivi non con le parole ma con i fatti perché e 'era sempre qualcosa ad ostacolare il passaggio. A malincuore cambiammo posto e abitudini ma di volta in volta sorgevano come funghi case e cancelli o sbarre che chiudevano il passaggio a mare. Solo da poco ho saputo che il terreno all'asparano è proprietà privata e per curiosità, sentita la bagarre in corso, sono andato a rivedere quei posti. Oggi sono raggiungibili anche da Ognina percorrendo una stradella litoranea, peccato poteva essere una bella strada panoramica con accessi pubblici al mare. Bellissimo come sempre il mare ma schifosamente sporca la scogliera ed i terreni limitrofi. Nascerà un villaggio turistico, dicono, ben vengano gli imprenditori forestieri se potranno portare sviluppo turìstico e quindi lavoro forse anche regole nuove di cui questa città ha bisogno, regole applicate e non solo teorizzate o scritte solamente per completare un teorema. Ma tutte quelle case accatastate costruite in tutto il tratto di strada, non sono a meno di metri 150 dalla battigia? Quante nefandezze dietro frasi fatte come "fruizione del pubblico ", " interesse pubblico ", "al servizio del pubblico", meno male che l'interesse privato è previsto come reato nel C.P..- Ma da quale pubblico viene fruito l'Asparano? Mi fermo qui e chiedo scusa a quanti sì sentiranno offesi da questo scritto che non voleva essere una reprimenda ma solamente una considerazione sui fatti. Dove vogliamo andare "sarausani ". Serie D l'ospedale, serie quarta la squadra di calcio, caduta in bassa fortuna la strepitosa Ortigìa di palla a nuoto, macello chiuso, mercato ortofrutticolo allo sbando, vivibilità zero, disoccupazione a mille, i giovani "si fanu a truscia" per emigrare. Sabbenarica a tutti. Siracusa. lì 26.08.2002 inviato email via internet AD UN ANONIMO CHE AVEVA INSULTATO I TERRONI Signori si nasce, usava dire il grande Totò, e tu NON lo nascesti, carissimo fratellino d’Italia, figlio degenere della mia amata patria. Da antropologo di bassa lega ti arroghi il diritto di giudicare popoli d’antica tradizione civile sol perché sono nati a Sud del Po. Meriteresti di essere sculacciato. D’impulso avrei voluto tirare la catenella ma, nel timore che potessi inquinare le falde acquifere ho rinunciato, anche perché, sono fermamente convinto che la speranza ha l’ultima parola. Riconosco che sei stato particolarmente sfortunato a nascere in una Nazione che, non sarà tale, fin quando esisteranno ostinati ignoranti che non sanno vedere oltre la punta del loro naso. Non è certamente colpa tua se coloro che ti hanno tirato su non avevano valori da trasmettere, salvo le insulsaggini che ti sono state propinate, che hanno propiziato il lavaggio del tuo cervello, (a proposito, stento a credere che tu n’abbia). Dio fece gli uomini che fra di loro si accoppiano, questa una possibile spiegazione alle tue frequentazioni amorali, delinquenti, parassiti, sfruttatori, escrescenze malsane e mal cresciute, che definisci impropriamente terroni, e che invece appartengono a questo decadente mondo, compreso il tuo. Sei sfortunato ad essere già nato vecchio, ma anche diabolico perché perseveri nel rimanere ignorante mentre il mondo si evolve. Invece di sparare nel gruppo, vuoi dirmi CHI SEI E COSA HAI FATTO per la società in cui vivi, oltre ad esserti assiso su un pulpito a scrivere scemenze condite da altri? Dico a te individualmente non a tutte le degne persone, ovunque si trovino, originarie dell'Italia settentrionale, molte delle quali da me ben conosciute ed apprezzate incondizionatamente, ed alle quali chiedo umilmente scusa, anche a nome tuo. Vorresti farmi credere che al Nord nascono e crescono solo frutti prelibati? Studiare la VERA STORIA e la contemporanea frequentazione di meridionali Doc forse potrebbero rieducarti. Sai quanti giovani nati a sud del Po hanno sacrificato la vita per l’ideale Italia? Ti sei mai chiesto come mai i predetti nelle necessità contingenti rispondono PRESENTE, in misura maggiore di altri? Ti sei mai chiesto come mai tanti forestieri qui accolti rimangono a vivere per sempre? Non sarà perché qui, nonostante i guasti provocati dai corrotti arrivisti, politicanti e non, si vive a misura d’uomo? Potrei continuare ad elencare i terroni premi Nobel, i geniali terroni che creando le basi, hanno consentito la diffusione del sapere umano, ma non si danno le perle ai porci. Mi e parso di capire che con l’epiteto terrone, stigmatizzi i comportamenti. Se così è, anche tu sei un terrone, poiché usi violenza scritta contro persone che non conosci solo perché originarie d’altri luoghi, (a proposito qual è per te il Sud, giacché tale termine è convenzionalmente usato per indicare una località sotto il punto in cui ci si trova a navigare o viaggiare in un dato momento storico?). Io viaggio, sogno, volo alto verso ideali che non potrai mai immaginare, quindi, sei l’attuale mio Sud e perciò terrone traditore di te stesso, del quale io TERRONE DOC mi vergogno. A scanso d’equivoci sappi, che quando i tuoi antenati si coprivano con pelli d’Orso, se n’avevano, i miei sfoggiavano abiti di seta e ponevano le basi su cui si regge la civiltà occidentale, compresa parte di quella lingua italiana che tu usi a sproposito. Per concludere, premesso che lestofanti non si nasce ma si diventa spesso per necessità, un osanna ai nostri migliori uomini emigrati all’estero ed al nord in cerca di un pezzo di pane per i loro figli che con le loro rimesse hanno consentito la ricostruzione di questa nostra Italia. Solo un favore ti chiedo non farmi più perdere tempo prezioso con altre baggianate. Se vuoi, potresti affrontare argomenti utili alla reciproca conoscenza che ci aiuterebbe a crescere intenti a predisporre un futuro migliore da tramandare alle generazioni che verranno. Nel frattempo naviga nel mio sito www.antonio randazzo.it. ti farà conoscere uno dei tanti figli di questa generosa terra che con orgoglio si firma. Antonio Randazzo LETTERE IN REDAZIONE La mia scultura è bella perché fatta con il cuore Riceviamo e pubblichiamo una lettera inviata dall'artista Antonio Randazzo, autore della scultura raffigurante il busto di Archimede collocato nel parco Robinson di Bosco Minniti. Si tratta di una lettera aperta al consigliere comunale Maurizio Scollo che ha avuto modo di esprimere un proprio giudizio (negativo) sull'opera scultorea. Che fatica riuscire a mantenere la calma mentre mi accingo a scrivere a persona tanto titolata. Eh, Maurizio, Maurizio, meriteresti di essere sculacciato per aver firmato senza riflettere u testo sicuramente preparato da uno zelante e stolto consigliere che ha espresso la sua opinione (invidia?). Avete verificato se la statua è veramente di gesso? Hai constatato di persona che è orribile, come hai fatto pubblicare su un periodico? Dì la verità, monello che non sei altro, non te l'aspettavi che un siracusano Doc di oggi potesse essere tanto pazzo e capace di attaccare a scalpellate un masso in pietra dura (cava S.Focà) di oltre 4 tonnellate e riuscire a realizzare un'opera bellissima, malgrado il tuo incompetente dire? E meno male che l'ho donata, in caso contrario certamente mi avreste fucilato tu e i signori politicanti. Hai visto cosa succede quando si è obnubilati dalla corsa al potere a tutti i costi? L'ignoranza e l'incompetenza che hai mostrato non ti consentono di esprimere giudizi sull'estetica dell'opera, tra l'altro non ne hai i titoli. Può piacerti o meno, ammesso che tu l'abbia visionata, ma non puoi permetterti di offendere che con tanto amore ha voluto rendere omaggio al più grande genio siracusano. per te Maestro Antonio Randazzo, Nella foto Antonio Randazzo con il blocco di pietra di oltre 4 tonnellate Nella foto Antonio Rondazzo con la statua di Archimede in lavorazione Nella foto Antonio Rondazzo con la statua di Archimede quasi finita settimanale i fatti della domenica Archimede non è di gesso Riceviamo e pubblichiamo: Caro Maurizio Scollo hai verificato se la statua dì Archimede è veramente di GESSO? Hai constatato di persona se è ORRIBILE?, così come hai scritto sul settimanale "Fatti della Domenica" datato 26 ottobre? Dì la verità, non te l'aspettavi che un siracusano doc di oggi potesse essere tanto pazzo e capace di attaccare a scalpellate un masso di pietra dura (cava dì S. Foca) dì oltre 4 tonnellate, e riuscire a realizzare un'opera bellissima, malgrado il tuo incompetente dire? E meno male che l'ho donata, in caso contrario mi avresti fucilato. La statua in questione può piacerti o meno, ammesso che tu l'abbia visionata, ma non puoi permetterti di offendere chi con tanto amore ha voluto rendere omaggio al più grande GENIO siracusano. Nemmeno Archimede si è sottratto al detto "nessuno è profeta in Patria". Era famoso di più, e soprattutto temuto, dai romani e dai nemici di Siracusa, piuttosto che dai suoi concittadini. Ancora oggi, universalmente riconosciuto e studiato in tutto il mondo, non ha avuto la giusta esaltazione e riconoscimento nella città di nascita. Ho scelto di realizzare l'opera per cercare di sanare in qualche modo questa lacuna e, quindi, contribuire al recupero della memoria storica nella consapevolezza che possiamo essere degni figli dI cotanto padre. Antonio Randazzo, Nella foto Antonio Rondazzo con la statua di Archimede menzionata nella polemica sul parco di Bosco Minniti Nella foto Antonio Randazzo con il blocco di pietra di oltre 4 tonnellate all'Assessore regionale Fabio Granata all'architetto Mariella Muti Sovraintendente all'Ass. alla cultura della provincia regionale sede sede sede all'ass. alla cultura del comune Speranza sede Sottopongo alla competenza e alla responsabilità del Vostro ruolo l' ultima opera dedicata alla città che arricchisce la mia già ricca collezione. Il tutto è a Vostra completa disposizione. Peristasi lato Sud - foto A.Randazzo- Panoramica della scultura - foto A.Randazzo- La facciata monumentale - foto A.Randazzo- Ingresso e pronao con interno cella - foto A.Randazzo- interno e capriate - foto A.RandazzoInterno e capriate - foto A.Randazzo- Laterale e capriate aperte - foto A.Randazzo- Ingresso della cella visto dall'interno - foto A.Randazzo- Siracusa lì 30 Marzo 2006 Antonio Randazzo lettera a libertà sul tempio di Apollo Pregiatissimo Dottor Bianca Nemmeno un intero esercito di invasori barbari riuscirebbe a complicare la vita del turista in visita alla nostra città come e meglio di quello che riusciamo a fare noi, a meno che, non vogliamo considerare tali gli amministratori del settore attivamente collaborati da noi siracusani. Mi riferisco all'antichissimo tempio di Apollo in Largo xxv Luglio che in passato, sepolto sotto l'antica caserma spagnola, continua ad essere "sepolto" da bancarelle ed auto in sosta sotto il "Vigile" occhio di chi dovrebbe non permettere la sosta che invece è pianificata anche da un apposito cartello che la consente dietro pagamento di tiket. Il pannello illustrativo sotto raffigurato, posizionato a notevole distanza e quindi poco leggibile, " meno male perchè manifetamente errato", dovrebbe chiarire le caratteristiche del sito. Questo è il turismo culturale tante volte annunciato nella nostra città ? Le prossime puntate riguarderanno gli altri siti archeologici e le inesattezze delle indicazioni turistiche. Con simpatia e affetto Antonio Randazzo SIRACUSANO che si rammarica per la diffusa ignavia. lettera a libertà Pregiatissimo Dott. Bianca, Ecco la seconda puntata sul turismo e i siti archeologici. Ai carissimi onorevoli che danno i numeri sul turismo mi permetto chiedere: quali sono stati gli introiti nel settore per le casse comunali? Quali veri posti di lavoro ha creato questo turismo? Quali benefici ne ha avuto la cittadinanza siracusana che non collabora perchè mai coinvolta? Vogliamo finalmente chiarire e decidere quale ente, persona, organizzazione deve avere la responsabilità di gestione dei nostri beni archeologici? Mi permetto di ricordare che Il turismo è un'industria che si progetta e si programma con scelte oculate finalizzate al raggiungimento futuro del massimo ideale. Non si può improvvisare o essere fatto da manifestazioni episodiche, anche ad alto livello, se non inserite in un progetto discusso e concordato tra politici, operatori di settore, e, sopratutto da gente competente. Al turista, ospite e persona gradita, va dato il massimo possibile. Metterlo in condizione di capire e conoscere cosa visita fa parte di una buona regola di accoglienza che lo indurrà a ritornare pubblicizzando gratuitamente la città e i suoi tesori. Sono piccole regole che città e paesi meno ricchi di storia come la nostra hanno già adottato con successo. Le immagini che allego chiariscono più di tante parole il tipo di accoglienza che riserviamo ai visitatori dei resti dell' Eurialo, l’unica vera fortezza nell’Europa dei nostri progenitori. A proposito, nessuno degli storici l'ha mai chiamato "castello", perchè non lo era, salvo i nostri dotti contemporanei autori dei cartelli turistici. Curva pericolosa con indicazione turistica all' inizio della stradella per Eurialo I deturpanti cartelli sul cancello d'ingresso al sito archeologico, meglio una lapide con scritto: qui riposano in pace le rovine della mai espugnata fortezza chiamata Eurialo, arresasi al Console Marcello con l'onore delle armi Le mura Dionigiane oppressi da cartelli stradali di pericolo Le mura Dionigiane oppressi da cartelli stradali di pericolo Le mura Dionigiane oppressi da cartelli stradali di pericolo Le mura Dionigiane è vero che sono i resti dell'antica cinta muraria ma sono universalmente conosciuti come "le mura Dionigiane", un pò di coerenza non farebbe male. Le foto che illustrano i resti delle mura Dionigiane assassinate dai cartelli stradali non hanno bisogno di commenti. Un po di spazio per consentire la sosta alle auto e Bus non potrebbe che fare bene. Infine mi permetto segnalare a chi dovrebbe che raggiungere il sito è problematico e pericoloso come lo fu per i memici della città tanti secoli fa, ( anche i romani lo sapevano scegliendo di assediarlo dal basso, e se i nostri tecnici progettassero un nuovo ingresso con idoneo parcheggio seguendone l'esempio) ? Un opuscoletto illustrativo ben congegnato, unitamente all'esposizione di un idoneo plastico, promuoverebbe il sito più di qualsiasi altra iniziativa. Nel frattempo chi volesse capirne di più può visitare il sito internet www. antoniorandazzo.it Cordiali saluti a tutti fino alla prossima puntata Come dovrebbe essere orientato lo schema del sistema difensivo Siracusa 2 Aprile 2006 ntonio Randazzo A