Direttore responsabile Federico Rossi_ _Redazione: Sergio Gollino, Paolo Isola, Irma Londero, Piera Londero, Gianni Tonetto, Roberto Urbani_ _A questo numero hanno collaborato: Lorenzo Londero, Maria Copetti, Jessica Bellina, Sandro Venturini, Sandro Cargnelutti, Alberto Barel e tanti altri amici_ _A tutti un sentito grazie!_ _Aut.Tribunale di Udine 10/92 del 6/4/1992_ _Stampato su carta riciclata presso: Rosso Grafica e Stampa via Osoppo 135 - Gemona del Friuli_ _Proprietà: Associazione culturale Pense e Maravee, via Sottocastello 81 - 33013 Gemona del Friuli - UD_ _Consegnato in Tipografia il 20/10/2008_ _Tiratura: 5.250 copie_ _Distribuzione gratuita_ PTL/OMF/PMP/726/08 http://www.pensemaravee.it [email protected] ottobre 2008 68 Periodico bimestrale di cultura, informazione e dibattito 17 10 2008 PENSE EMARAVE E Anno 17 - n. 4 sommario Aree degradate da Energia, Rubbia riceve abbandono di rifiuti a C’era una volta il il premio Gamajun Gemona Niderlech Il Sfuei: Educarsi all’accoglienza 50 anni di pallacane- e all’azione non viostro a Gemona lenta Ce ur lassìno ? ENERGIA 2 Al sole non si paga la bolletta Ce ur lassìno? Cosa lasciamo loro? un interrogativo che dobbiamo porci: cosa lascia questa generazione ai propri figli ora che i problemi emergono in tutta la loro complessità, ora che i vecchi strumenti risultano inadeguati a trovare soluzioni. Ognuno ormai è consapevole che i grandi problemi attuali - il degrado ambientale, i rifiuti, le crisi energetiche, la distribuzione ineguale delle risorse,…- ci riguardano da vicino, non sono “altro e distante”. Questa consapevolezza ci induce a credere che solo l’impegno nella conoscenza, la rigenerazione del senso civico, della solidarietà e della responsabilità, potrà essere il lascito per le generazioni future. Questi aspetti sono stati sottolineati anche da Carlo Rubbia, premio Nobel per la fisica, che è stato ospite del Laboratorio Internazionale della Comunicazione. Rubbia ha affrontato i temi cruciali dell’ambiente, dell’energia, della ricerca, con uno occhio di riguardo proprio per le generazioni future: “il problema dell’energia è nella testa di tutti, ma soprattutto nella testa dei giovani, perché sono loro che dovranno porsi la domanda «che cosa succederà quando non si potranno E’ più sfruttare le sorgenti fossili o perché non saranno più sufficienti o perché il disastro che hanno procurato all’ambiente è diventato eccessivo?». “La società di oggi ha bisogno di una visione nuova, e tutti abbiamo una tremenda responsabilità verso le generazioni future. Questo è un problema che non possiamo trascurare.” Sergio Zavoli ha concluso l’incontro affidando, anche lui, la speranza ai giovani, come rappresentanti di tutte le nuove generazioni: “Gemona è in questi giorni il luogo della gioventù ... L’auspicio è che questi giovani tornino nelle loro case portando con sé i semi di questa esperienza perché, giunti nei rispettivi paesi d’origine possano dare nuovi frutti”. Ed è a Gemona che anche noi guardiamo: quale futuro stiamo preparando per i nostri figli? La foto in copertina potrà restare un ricordo, solo se sapremo fare OGGI scelte determinanti che riguardano la gestione del territorio, la gestione dei rifiuti, il nostro modo di vivere; solo se riusciremo a diventare cittadini attivi e consapevoli, se sapremo ridare valore alla politica, come gestione del bene comune. Studenti in visita alla mostra-laboratorio de LaREA “EnergEticaMente” organizzata da Pense e Maravee e Legambiente nel Parco di Via Dante Il Nobel Carlo Rubbia al Lab 2008 intervento di Carlo Rubbia si inseriva nel tema dell’energia, con tutte le problematiche ad esso connesse, ed ha fatto da filo conduttore a numerosi incontri e convegni proposti dal Laboratorio Internazionale della Comunicazione. Il fisico italiano da anni si dedica alla ricerca di forme energetiche alternative a quelle tradizionali e allo studio dei problemi derivanti dallo smaltimento delle scorie definite “vergogne” dell’energia nucleare, “delle vere e proprie bombe ritardate, dimenticate, sprofondate in sarcofagi di acciaio e nel nostro rimosso.” Nella sua febbrile ricerca di un’energia sicura, rinnovabile e pulita, Carlo Rubbia guarda al sole e al suo calore inesauribile: il petrolio e gli altri combustibili fossili sono in via di esaurimento mentre “il sole non è soggetto a monopoli. E non paga la bolletta.” I campi di studio in cui Rubbia è coinvolto sono molteplici, ma è sul fronte dei mutamenti climatici, che pone maggiore attenzione perché ricorda: “la quantità di energia che viene consumata continua a crescere. Non era mai successa una cosa del genere nella storia del pianeta e non sappiamo esattamente cosa accadrà. Ci troviamo dentro a un esperimento. Purtroppo siamo proprio dentro ad una immensa provetta. Se ci andrà male andrà male a tutti.” Nel suo faccia a faccia con i corsisti del Lab e i numerosi gemonesi convenuti, ha affrontato specificamente il tema del nucleare, proponendo un’alternativa a quello basato sull’uranio. Secondo Rubbia andrebbe incentivata una seria sperimentazione nucleare basata sull’utilizzo del torio, elemento diffusissimo in natura, privo di applicazioni militari e che produce scorie che decadono nell’arco di poche centinaia di anni. L’ La vera risposta alla fame di energia può venire solo attraverso il solare termodinamico, nuovo tipo di applicazione enormemente più efficace e pulita. Rubbia ha parlato dei “numeri” dell’energia ricavata dal sole, fonte energetica che lui considera “carta vincente del futuro”: “200x200 km quadrati di superficie soleggiata – coperti da appositi specchi parabolici – accumulerebbero la stessa quantità di energia che oggi esiste complessivamente sulla Terra”, “Noi paesi sviluppati dovremmo avere la responsabilità di dare ai paesi in via di sviluppo la soluzione a questi problemi, in realtà questa ricerca tecnologica non avanza perché i paesi sviluppati hanno altre forme più piacevoli come petrolio o gas naturali per produrre energia.” Carlo Rubbia ha poi espresso la sua posizione riguardo i progressi della ricerca in contrapposizione con gli avvicendamenti del potere politico in Italia: “Se c’è un argomento su cui c’è bisogno di un accordo tra le diverse forze politiche è quello della ricerca, per garantirne la continuità. Se le alternanze politiche finiscono con l’influire su questa continuità si creano dei danni gravi, anche perché i ricercatori hanno una grande mobilità e quindi si recheranno nel posto dove hanno la possibilità di fare le migliori ricerche, non spinti dai soldi, ma dalla possibilità di eccellere nei loro campi di ricerca.” “In Spagna hanno deciso di mantenere in tutti i campi l’investimento di spesa costante, tranne nella ricerca dove hanno voluto investire il 15% in più. Lo stesso in Svizzera, Francia, Germania, Cina. In Italia no, e dobbiamo domandarci perché. Se ad ogni cambio di governo si rimette tutto in discussione e si effettuano tagli non è un processo che avviene nell’interesse del Paese.” 3 SCOVACIS La gestione dei rifiuti: il punto Resoconto del seminario l seminario è stato organizzato da Pense e Maravee e Legambiente, a un anno dal precedente seminario, con l’obiettivo di fare il punto della situazione ed essere informati sulle proposte future. Riportiamo in sintesi gli interventi dei relatori. I Michele Bernard (Legambiente FVG). Ha presentato il quadro generale della gestione integrata dei rifiuti nelle diverse province della Regione. Ha espresso il compiacimento di Legambiente perché la raccolta differenziata spinta, vecchia battaglia dell’associazione ambientalista, ha ormai un consenso istituzionale molto ampio in Regione. Ha rimarcato invece che l’obiettivo della prevenzione ovvero della riduzione della produzione dei rifiuti è ancora poco dibattuto e praticato. Paola Schiratti (Membro della Commissione ambiente della Provincia di Udine). Ha informato sul ruolo della Provincia nella gestione dei rifiuti e inoltre sulle buone pratiche da attuare per ridurli, per organizzare la raccolta differenziata spinta, per smaltire in sicurezza considerando le nuove tecnologie. Si è soffermata sull’importanza di una informazione trasparente e la necessità di verifica di quanto la Provincia ha espresso nei suoi programmi. Ha richiamato la necessità di rifarsi alle politiche e ai metodi dell’Unione Europea nella gestione dell’ambiente. Ivo Del Negro, Presidente della Comunità Montana. Ha informato il pubblico che la Comunità Montana del Gemonese Canal del Ferro e Val Canale che gestisce il servizio di raccolta dei rifiuti urbani per conto di 14 Comuni della Comunità (esclusa Forgaria) in collaborazione con la società A&T 2000 di Codroipo, si è fatta promotrice, del sistema di raccolta chiamato “porta a porta integrale” e su questo progetto ha chiesto l’adesione dei Comuni che dovranno esprimersi in proposito. Renato Turello, Presidente di A&T2000 (società partecipata da 29 Comuni del medio Friuli). Ha presentato il modello di raccolta porta a porta e i risultati raggiunti nel suo territorio. L’esperienza ha coinvolto 6 Comuni del Codroipese a partire da novembre del 2007; in tutto 46.000 abitanti. E’ previsto il coinvolgimento di altri 10 Comuni dal novembre 2008 ed entro il 2009 il servizio sarà esteso a quasi tutti i Comuni del bacino di A&T 2000 (129.000 abitanti). Nel riquadro trovate le caratteristiche del servizio e i risultati raggiunti. Lucio Copetti, Assessore del Comune di Gemona. L’intervento richiestogli riguardava la situazione del nuovo centro di Via San Daniele (ecopiazzola). L’Assessore ha informato che il nuovo centro di raccolta è stato completato nel settembre 2006. Da allora l’Amministrazione si è attivata per ottenere l’autorizzazione all’avvio del servizio da parte della Provincia, ma per vari motivi di carattere amministrativo e legislativo non è mai stata ottenuta. Nel frattempo la Giunta ha inserito apposite poste in bilancio da utilizzare per attività di sensibilizzazione e per il miglioramento dell’area di ricezione anche mediante uno studio di fattibilità. Il Decreto Ministeriale dell’8/4/2008 ha finalmente chiarito le modalità di autorizzazione e gestione dei centri di raccolta demandandole al Comune. Si tratterà ora di chiarire (un quesito è già stato inviato alla Regione) se la gestione potrà essere esercitata dal Il modello "porta a porta" introdotto da A&T 2000 Modalità di raccolta: porta a porta con eliminazione dei cassonetti e degli altri contenitori stradali e assegnazione a ciascuna utenza di contenitori individuali Rifiuti raccolti: a) riciclabili: organico umido, carta/cartone, vetro, imballaggi in plastica e lattine, b) non riciclabili: secco residuo Flessibilità del servizio: sono possibili “personalizzazioni” per le esigenze delle grandi utenze (condomini, aziende, scuole, ecc.) Equità: chi necessita di servizi aggiuntivi, li può attivare a pagamento Costi: drastica riduzione dei costi di smaltimento e quindi stabilizzazione dei costi complessivi del sistema (non viene aumentato il costo del servizio) Punti di forza del sistema di raccolta "porta a porta" rispetto a quello tradizionale (a cassonetto): Maggiore recupero di materiali e quindi minor spreco di risorse Maggiore qualità dei rifiuti riciclabili recuperati e quindi maggior valore dei prodotti conferiti Minor ricorso a discariche e/o impianti di incenerimento Inoltre si assiste a una presa di coscienza da parte delle famiglie di quali e quanti rifiuti si producono che si traduce spesso anche in una maggiore attenzione negli acquisti (prevenzione). Risultati operativi nel 1° semestre 2008 77% di raccolta differenziata con materiali effettivamente avviati a recupero; purezza dei materiali: umido, carta e vetro >95 %, imballaggi in plastica + lattine: >85%; rifiuto indifferenziato(secco residuo): ridotto a un quarto rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Comune stesso o da privati autorizzati. Novità e aggiornamenti Presidente della Comunità Montana: “Si sono già svolti degli incontri tecnici nei Comuni che hanno manifestato l’interesse per la nuova modalità di raccolta. Agli incontri ha partecipato anche la società A&T 2000. La Comunità Montana ha convocato inoltre tutti i sindaci per martedì 21 ottobre per procedere ad un utile confronto circa le scelte che ciascun Comune dovrà fare. Nell’incontro si parlerà anche della disciplina dei centri di raccolta comunali dei rifiuti (ecopiazzole). La Comunità ha effettuato una ricognizione volta a “fotografare” lo stato di fatto di ciascun centro di raccolta per ognuno dei quali è stata predisposta una scheda, contenente gli opportuni suggerimenti per una nuova programmazione.” Assessore Copetti: “La Giunta sta valutando la proposta della Comunità Montana. La proposta è in linea con le intenzioni dell’Amministrazione comunale che è quella di aumentare significativamente la raccolta differenziata. Il dibattito è incentrato sul metodo da utilizzare: spinto come quello di A&T 2000 o temperato come quello applicato nella Comunità Collinare (che lascia alcuni cassonetti sulle strade). Particolare attenzione verrà posta anche sul costo dei diversi modelli di raccolta”. AMBIENTE 4 Aree degradate da abbandono Le salviette bianche e le bottiglie di plastica colorate in un prato Un po’ di storia maltire i Lo smaltirifiuti è mento dei diventato un rifiuti nel problema a dopoguerra partire dagli anni sessanta. Prima i beni erano pochi, duravano molto di più e venivano riparati, riutilizzati e riciclati dopo l’uso. Un vestito si trasformava in un altro vestito, nel barattolo usato si mettevano i chiodi, gli “scarti” del cibo servivano per l’alimentazione degli animali domestici, le scarpe acquistate per il primogenito, con due numeri in più (sul cressi), passavano al fratello minore. Se si rompevano venivano riparate in casa o portate dal cjaliâr (calzolaio). Fino alla totale consunzione. I derivati del petrolio non avevano ancora invaso il mercato. Dopo la guerra, molti Comuni avevano dei luoghi appositi per smaltire i rifiuti. A Gemona si utilizzava un’area in località Tiro a Segno (tal riûl). Gli operai del Comune scavavano le buche e le riempivano di rifiuti che venivano successivamente ricoperti con materiale inerte; c’era chi frugava tra i rifiuti alla ricerca di qualcosa di utile per se e commestibile per gli animali S domestici e chi li bruciava per allontanare o ridurre la popolazione dei topi. Casani Valentino, operaio del Comune in pensione, racconta che negli anni 72 o 73 ci fu una protesta della popolazione che manifestò contro la discarica e allestì un presidio in una tenda. Il sindaco di allora, Edoardo Disetti, si convinse a chiuderla. La popolazione per alcuni anni celebrò la festa “das pantianis” nei pressi della fornace di Copetti (sot la Mont di Chiamparis) a scherzosa e ironica memoria della discarica. Successivamente i rifiuti vennero smaltiti “ta buse das marsuris” (da Taboga, verso l’autostrada l’area boscata che si trova prima del ponte dell’autostrada, sulla sinistra), attività bloccata subito dopo dalla popolazione. I rifiuti vennero allora trasportati e smaltiti in Comune di Buia in una cava. Dopo il terremoto, in prossimità delle sponde del Tagliamento, venne costruito un piccolo inceneritore, autorizzato dal Commissario Straordinario Zamberletti, destinato a bruciare “scovacis”. Successivamente il Comune, una volta dismesso l’inceneritore, ha aperto due discariche: una in località Plan di Muini (Rivoli Bianchi), che è servita allo smaltimento dei rifiuti urbani fino agli anni 1983/ 84; l’altra in Gleseute, in prossimità della sponda del Vegliato e sotto il Cuel dal Dorondon (ora zona l’Aser) dove è stato “sepolto il centro storico di Gemona”. Molti rifiuti ingombranti, inerti,.. sono stati poi abbandonati direttamente dai cittadini e dalle imprese in prossimità dei corsi d’acqua (Tagliamento, Vegliato, Orvenco, Grideule,…) o nei vecchi siti già utilizzati per lo smaltimento dei rifiuti. Inizialmente è stata una risposta all’emergenza, poi è diventata una cattiva abitudine. Ora è un reato sanzionato dalla legge. La prima legge organica sulla gestione dei rifiuti è stato emanata, in Italia, nel 1982 e ha regolato soprattutto le attività di corretto smaltimento dei rifiuti nelle discariche. Prima c’erano soltanto norme che proibivano alcune condotte: un Regio Decreto del 1933 che vietava lo scarico di “rifiuti e immondizie” oppure l’art. 639 del codice penale che sanzionava il deturpamento e imbrattamento di cose altrui. Negli anni a seguire la situazione è andata migliorando. I rifiuti sono stati smaltiti fuori dal territorio, inizialmente presso l’impianto di Villa Santina e poi presso discariche costruite ad hoc, che hanno fatto, in Friuli, la fortuna dei cavatori. I Comuni del Gemonese nel 1987 hanno delegato la Comunità Montana alla gestione del servizio, delega tutt’ora esistente. e g l i Abbandono ultimi dei rifiuti: 20 anni qualcuno diversi sporca, altri fatti, positipuliscono vi e negativi, hanno riguardato il fenomeno dell’abbandono dei rifiuti sul nostro territorio. N Ecco una breve e parziale sintesi. Alla fine degli anni ‘80 un gruppo di gemonesi e alcune associazioni (ACAT e CAI) hanno ripulito la Grideule che è servita per tanto tempo come area di smaltimento dei rifiuti. Riccardo Sabidussi e Antonio Guerra ci ricordano che sono stati recuperati circa 25 mc di ingombranti, 5 mc di rifiuti urbani e 50 q di materiale ferroso; forse è stato il primo intervento di pulizia del territorio a Gemona. Nel 1991, il Comune ha aperto la ricicleria di via San Daniele (ora centro di raccolta), una tra le prime in Regione, permettendo ai cittadini di conferire rifiuti ingombranti, i pericolosi “domestici” e di avviare a recupero quelli riciclabili. Da quel momento si è ridotta la pressione dell’abbandono dei rifiuti sul territorio. I primi anni però non in modo significativo: il Comune non ha informato, a sufficienza, i cittadini. Il primo censimento delle aree degradate è stato realizzato dal gruppo Verde di Gemona nel 1992. I siti censiti sono risultati 60 e i risultati sono stati presentati in un seminario pubblico nel giugno dello stesso anno; è stato prodotto un opuscolo e sono state avanzate delle proposte all’Amministrazione comunale. Sempre agli inizi degli anni ‘90 la Magistratura ha avviato un’ inchiesta contro ignoti per un abbandono consistente di batterie di macchina in prossimità del Vegliato, a 500 m di distanza dalle prese dell’acquedotto (Loc. Gois). Un successivo censimento, eseguito dal Comune nel 1994, ricalcava i dati prodotti dal primo censimento; sono stati rilevati: - n. 17 punti lungo il Vegliato 5 AMBIENTE di rifiuti a Gemona non sono fiori e non fanno primavera in area ex “Parco”; - n. 25 punti lungo le direttrici dell’Orvenco, del Tagliamento, dei Rivoli Bianchi ed in prossimità dei centri abitati; Tredici siti erano su proprietà comunali, 10 su aree demaniali, altre su proprietà del Consorzio idrico e delle FFSS; le rimanenti su terreni privati. E’ seguito un intervento di pulizia e di ripristino dei luoghi su aree pubbliche. Nell’area del Bersaglio sono continuate, per alcuni anni, illegali pratiche di scavo e ritombamento, di rifiuti per lo più inerti. L’analisi dei suoli, fatta fare dal Comune, nel 2000, non ha riscontrato la presenza di rifiuti pericolosi. Il Comune ha addebitato i costi di analisi, di rimozione e ripristino alla ditta CI.ELLE.CI che occupava l’area. Nel 2000 erano state individuati due siti, sempre in prossimità del Vegliato, dove realizzare una discarica per inerti. Serviva anche per intercettare i flussi di rifiuti (rudinàs) diversamente abbandonati; ma la discarica è rimasta sulla carta, anche a seguito dell’emanazione di una normativa più rigorosa sulle discariche. Nel 2002, a 10 anni di distanza dal primo censimento, l’Associazione Pense & Maravee ha fatto un’ analisi del fenomeno rendendo pubblici i dati e proponendo all’Amministrazione comunale di occuparsi del problema dell’eternit e dei rifiuti inerti prodotti dalle famiglie nei piccoli lavori di manutenzione o ristrutturazione delle case. Nel giugno 2008 Enrico Boezio e Roberto Schettino, due cittadini gemonesi hanno denunciato sulla stampa la situazione di degrado del Vegliato ed in particolare la presenza di eternit. Nell’agosto del 2008, Pense e Maravee ha rifatto un monitoraggio sul territorio, ha presentato i risultati in un incontro pubblico il 12 settembre nel Centro Sociale di Piovega e ha promosso, insieme a Legambiente, all’interno della giornata “Puliamo il Mondo”, tre interventi di pulizia, realizzati il 28 settembre. Nel corso degli anni diverse associazioni di Gemona hanno fatto interventi di pulizia: l’ACAT, l’ANA di Ospedaletto, l’Associazione di Pescatori “La Macile”, il CAI,….. La popolazione dovrebbe esser loro grata. Situazione attuale ual’ è oggi la situazione del degrado da abbandono dei rifiuti a Gemona? E’ migliorata nell’arco degli ultimi 20 anni? Quali sono le aree con maggiori criticità? Che tipo di rifiuti vengono abbandonati? Q uattro s o n o I censimenti risultate le di PeM del zone più 2002 e 2008 interessate al fenomeno dell’abbandono: 1. le sponde del Tagliamento; 2. il torrente Vegliato, dal Q Rifiuti non pericolosi Rifiuti pericolosi Presunte motivazioni all’abbandono a cura di Sandro Cargnelutti ponte sulla Dendresime fino ai cassonetti per la raccolta al Crist; differenziata; non sono un 3. l’Orvenco; buon esempio di senso civico 4. i Rivoli Bianchi. dei cittadini e indice di una Nella sottostante griglia sono scarsa organizzazione del stati suddivisi i rifiuti censiti servizio quando il fenomeno utilizzando le categorie di perdura; legge (origine dei rifiuti e i punti di scarico più lontaloro pericolosità). Il criterio ni dalle strade non sono più di attribuzione alle famiglie attivi; o alle imprese è di tipo logico l’abbandono di eternit e i / deduttivo: se troviamo 50 rifiuti da demolizione sono barattoli di olio da 5 litri, pre- ancora molto diffusi sul terrisumiamo che provengano da torio; i posti più usati per l’abun’ attività commerciale; una televisione, una batteria bandono di rifiuti sono londi macchina probabilmente tano dai centri abitati, dove sono state abbandonate da si arriva con un mezzo, per privati cittadini. Natural- lo più in prossimità di corsi mente non mancano le ecce- d’acqua, su demanio pubblico. zioni. l mateUna prima r i a l e valutazione documentale raccol- del fenomeno to (foto, schede) e il confronto con la situazione del 2002 e del 1992, cioè di 6 e 16 anni fa, ha permesso di trarre alcune conclusioni: la situazione è migliorata, in alcune aree: nei Rivoli Bianchi, lungo il rio Grideule, in località Bersaglio e in prossimità dei centri abitati; nel centro storico e nelle borgate si notano situazioni di abbandono dei rifiuti attorno I I rifiuti abbandonati dalle famiglie (rifiuti solidi urbani) ingombranti, inerti, biomasse e rifiuti misti abbandonati in sacchi di plastica (es. ramaglie con plastica); batterie di macchina, eternit, contenitori con residui di prodotti chimici (quelli utilizzati in casa); Lo scarso senso civico; l’abitudine; la comodità dello smaltimento senza nemmeno l’onere della differenziazione (abbiamo rinvenuto una damigiana rotta accanto a una batteria di macchina e dei contenitori di plastica, frutto di un unico scarico) e da ultimo anche quello economico (evitare il costo dello smaltimento dell’eternit) Due problemi particolari l piano regionale sull’amianto, L’eternit che prevedeva l’apertura di una discarica e di centri di raccolta per il conferimento dell’eternit e di altri materiali contenenti amianto, non è mai decollato. Gli esiti di questo fallimento sono sotto gli occhi di tutti: l’eternit è diffuso su tutto il territorio e per lo smaltimento “legale” si I I rifiuti abbandonati dalle imprese (rifiuti speciali) contenitori “senza residui” di vernici, pitture, solventi; teloni, sacchi vuoti; inerti da lavori edili; contenitori “con residui” di vernici, pitture, solventi, eternit; è stato rinvenuto un fusto ormai corroso dalla ruggine che sversava nel bosco morchie di lavorazioni meccaniche o sostanze bituminose; Lo scarso senso civico; motivazioni soprattutto economiche: un artigiano che fa un piccolo lavoro di ristrutturazione in nero e che abbandona l’eternit in una scarpata non paga l’IVA, evita il costo dello smaltimento legale dell’eternit. Carica però la comunità (tutti noi) del costo del recupero se l’eternit è abbandonato su suolo pubblico. 6 AMBIENTE usano discariche fuori regione, addirittura fuori dall’Italia: la Germania è sempre più la meta finale con un costo di smaltimento di oltre 100 €/t. In Italia alcune regioni hanno affrontato il problema: in Veneto, i Comuni, per lo smaltimento di modiche quantità di eternit forniscono ai cittadini un kit di protezione (guanti, mascherina e nailon per avvolgerlo) e la possibilità di conferire gratuitamente nelle eco-piazzole. Il Comune di Gemona aveva messo a punto una proposta, in accordo con l’azienda sanitaria, per permettere ai cittadini di provvedere alla rimozione utilizzando le precauzioni previste, previa comunicazione al Comune e all’ASL. Il trasporto, doveva essere effettuato da ditte convenzionate dal Comune a un prezzo concordato. Finalmente, sul giornale del 12 di ottobre ’08, l’Amministrazione informa che il servizio è attivo (per maggiori informazioni telefonare a Bruno Gardel - Ufficio Ambiente Comune di Gemona - tel.0432 973220). ei pres- 2. Gli sfiosi della ratori di Macile, alla piena della confluenza fognatura dei due torrenti, l’acqua è molto torbida e abbondano i rifiuti, in particolare assorbenti igienici. Questa situazione è stata più volte denunciata dall’Associazione di Pescatori “La Macile” che annualmente puliscono una parte dell’alveo e delle sponde. Questi rifiuti non arrivano certo dal depuratore che scarica l’effluente depurato a valle delle prese d’acqua potabile di Molin del Bosso, ma dagli sfioratori di piena. Infatti l’infiltrazione continua delle acque di falda nella fognatura mista e nei manufatti accessori (pozzetti) fa sì che le acque nere così diluite, per l’eccessiva portata, fuoriescono prima di arrivare al depuratore attraverso gli sfioratori di piena accompagnate da rifiuti leggeri e di piccola taglia (assorbenti,…). Basterebbe dotare gli sfioratori di griglie per intercettare rifiuti solidi. E’inoltre auspicabile un comportamento più corretto: questi rifiuti non devo- N Scovacis: domande e risposte Quali sono le sanzioni previste dalla legge nel caso di abbandono di rifiuti? In caso di abbandono la sanzione amministrativa pecuniaria va da 105 a 620 €; da 25 a 150 € se i rifiuti non sono pericolosi o ingombranti. Cosa si può fare riciclando i rifiuti: con 15 bottiglie di PET si fa una felpa in pile; con 20 bottiglie di PET si confeziona una coperta in pile; con 330 lattine si costruisce una bicicletta con tutti gli accessori; con 130 lattine si costruisce un monopattino. L’eternit è pericoloso? L'eternit (cemento amianto) contiene una percentuale di amianto attorno al 10%. La pericolosità dell'amianto consiste nella caratteristica del materiale di rilasciare fibre potenzialmente inalabili che possono determinare no essere gettati nei servizi igienici. Il gruppo di volontari in azione sul Vegliato malattie che si manifestano a carico dell'apparato respiratorio e delle membrane sierose, principalmente la pleura. Per questa ragione il cosiddetto amianto friabile (che si può trovare nelle ricoperture a spruzzo e nei rivestimenti isolanti termoacustici, nelle controsoffittature, nei rivestimenti isolanti di tubazioni o caldaie e che si può ridurre in polvere con la semplice azione manuale) è considerato più pericoloso dell'amianto compatto (es. cemento amianto) che per sua natura ha una scarsa o scarsissima tendenza a liberare fibre. L'eternit è pericoloso quando può disperdere le sue fibre nell'ambiente circostante per effetto di qualsiasi tipo di sollecitazione meccanica, eolica, da stress termico, dilavamento di acqua piovana, insomma quando la sua matrice si degrada. Qual è il "migliore" rifiuto? Quello non prodotto! attivare Quali per le miglioramenfamiglie ti si possono un servisuggerire zio gratuito nel centro di raccolta di via San Daniele per il conferimento degli inerti e dell’eternit per modiche quantità; informare costantemente le famiglie e le imprese sull’uso corretto delle risorse, favorendo e premiando comportamenti virtuosi, penalizzando comportamenti viziosi e irresponsabili; controllare maggiormente i punti più esposti: certi rifiuti sono “targati” e riducono fortemente il campo dei potenziali inquinatori; istituire un coordinamento tra vigili urbani, guardie forestali e guardie ecologiche provinciali. associa- "Puliamo zione il Pense e MaraMondo" vee con L’ AMBIENTE 7 Cui esal chel .... ? Chi ha pensato, eseguito, permesso lo scarico di porcherie sul Cjampon? uardate la foto del Cjampon. Chi si sognerebbe mai di portare dei ruderi sul suo versante che sovrasta Gemona? Eppure questo hanno fatto. C’è una strada di servizio che si arrampica sotto alla “Crete porie” e permette la salita a grossi mezzi d’opera. Sulle scarpate di questa strada è stato sparso uno strato di materiale adatto a favorire l’inerbimento. Cos’è questo materiale? Ruderi macinati e mescolati ad un po’ di terra! Non ha alcuna importanza come sia classificato questo G materiale, secondo quale norma, che magari permette anche di impiegarlo allo scopo di favorire l’inerbimento. Può anche darsi che sia improprio, a rigor di norma, parlare di ruderi dopo che sono stati selezionati e macinati. Comunque, questo materiale, deve prima essere certificato e poi il suo utilizzo deve essere autorizzato. Ma non si adducano scuse: qui non si parla di norme, ma di buon senso. Ora, quando saliremo la montagna sopra Gemona fino a quota 850 s.l.m., ci troveremo pezzi frantumati di varia dimensione di intonaco, piastrelle da rivestimento, laterizi d’ogni genere, calcestruzzo, asfalto, alcuni pezzi di plastica da tubi per impianti elettrici e scarichi igienici ed altre porcherie. Guardate l’altra foto. Quel territorio lì, per il suo valore Cjampon: la zona dello scarico storico ed ambientale, andrebbe tenuto sto scempio. E adesso? Che sul palmo della nostra mano fare? Andate a vedere, andadestra mentre lo si protegge teci subito che poi la natura con la sinistra ed invece non farà il suo corso nascondensi è trovato di meglio da fare do sotto la vegetazione queche portarci questa roba. sta robaccia e l’oblio coprirà Questa è l’attenzione anche la vergogna col suo all’ambiente dimostrata da velo opaco. Forse proprio in chi ha pensato, chi ha realiz- questo si contava. zato e chi ha permesso queRoberto Urbani asfalto INTERVENTI Un’idea per Sant’Agnese plastica laterizi ceramica Legambiente ha realizzato, in seguito al monitoraggio fatto ad agosto, tre interventi di pulizia: - sulle sponde del Tagliamento; - nei Rivoli Bianchi; - sul 2° tornante della strada che da Gleseute porta in Cuarnan. Hanno partecipato la Protezione civile, l’Associazione “La Macile” e gli Scout. Il lavoro previsto è stato portato a termine; l’ANA di Ospedaletto ha concluso la giornata offrendo la pastasciutta; il Comune ha provveduto al trasporto. Rifiuti raccolti: inerti, olii minerali esausti, elettrodomestici, coperte, copertoni, bottiglie di vetro e di plastica, pannelli, attrezzi agricoli, sanitari, materiali ferrosi, reti, teli, teloni, linoleum, giocattoli, batterie di macchina e di camion, pezzi di auto, taniche, bidoni, bidoncini e bidet, tubi in ferro e in PVC,… C’era di tutto. Assente completamente il senso civico e il rispetto per l’ambiente. amminando per le colline verdi di Gemona sono spesso rimasto colpito dal numero sempre più grande di persone che frequentano, nella bella stagione, la sella Sant'Agnese . Un tempo importante convento di suore,un luogo sacro sulla antica via del norico. Ora quella sella ospita nei giorni caldi qualche festa gemonese e molti sportivi. A me piacerebbe valorizzare la sella attrezzando i sentieri che la collegano a Gemona con un importante percorso ginnico. Questo darebbe ai gemonesi la possibilità di praticare dello sport a costo zero e inoltre potrebbe diventare un ottimo punto di ritrovo per la socialità cittadina. Penso a questo progetto come un luogo per tutti e per C tutte le età. Per questo motivo metterei nel percorso ginnico, delle panchine, ora assenti, per permettere alle persone di riposarsi. Ripulirei periodicamente il bosco momentaneamente abbandonato e cercherei i mezzi per tagliare il verde prato della sella con più frequenza. Aggiungiamo tavoli fissi di legno per permettere a gemonesi e turisti un pranzo al sacco dignitoso. Cari cittadini dovete sapere che le potenzialità turistiche di Gemona sono grandi! Bisogna però crederci. La posizione è ottimale, il territorio è straordinario. Noi cittadini siamo volenterosi e responsabili. Difendiamo il futuro della nostra città! Andrea Snaidero 8 CENTRO STORICO Idee per il Centro storico Nuovi contributi dei nostri lettori a anni si parla di un rilancio del Centro storico di Gemona, ma in concreto la situazione resta sempre desolatamente irrisolta. Non è facile trovare una soluzione per riportarlo ai fasti di un tempo, non è detto neanche che sia possibile. C’è stato il tentativo di trasformare via Bini in via degli antiquari. Un esperimento che non ebbe molta fortuna, ma fu almeno un tentativo. Ora Pense e Maravee ripropone una raccolta di idee. Un’iniziativa apprezzabile a cui spero possa far seguito qualcosa di concreto, così senza pretendere di avere io “la soluzione”, voglio provare a dare il mio piccolo contributo. Mi pare quanto mai doveroso iniziare definendo cosa si intenda per Centro storico. Nella accezione comune con il termine Centro storico si identifica quella parte di Gemona che prima del terremoto era il cuore della cittadina ed aveva anche una valenza storica. Oggi di storico (o almeno ricostruito ad immagine e somiglianza di un tempo) è rimasto solo il Duomo, via Bini e qualche vicolo adiacente. Del Centro inteso come una rete viva e vitale di uffici, banche, negozi è rimasto poco o nulla. Bisogna convincersi che la Gemona che avevamo non esiste più. Sono ancora troppi quelli che vivono di ricordi e inseguono il miraggio di rivedere il paese di una volta. Troppo tempo è passato, ma soprattutto troppe cose sono cambiate. Gemona ha vinto la sfida della sua ricostruzione fisica, ora deve guardare al futuro, al suo futuro. Il vecchio Centro ha definitivamente perso la sua funzione emporiale e il commercio attuale, fatto di negozi con grandi metrature e ampi parcheggi, mal si concilia con la sua struttura. Inoltre, oramai, il baricentro commerciale del paese è irrimediabilmente sceso a valle. Gemona è sempre stata com- D posta da diverse borgate, ognuna con le proprie peculiarità e la propria orgogliosa individualità; a questo bisogna aggiungere che dopo il terremoto gli insediamenti abitativi e commerciali si sono diffusi in maniera quasi caotica, con la conseguenza che a nessuna parte del territorio venga riconosciuto il ruolo di Centro. Continuare ad attribuire al Centro storico questa parte, quando non è più in grado di recitarla, senza individuare e crearne uno nuovo ha fatto si che le singole realtà da ricchezza e specificità siano divenute un fattore disgregante, facendo di Gemona un puzzle privo di un fondo comune, di un’entità che le raccolga assieme. A differenza di tutti o quasi gli altri paesi, città o cittadine non abbiamo nemmeno una piazza che possa essere definita e vissuta in maniera degna di tal nome!! Non lo sono piazza del Ferro o il piazzale della Stazione, non lo è più piazza Garibaldi. Non esiste una zona a cui venga dato il riconoscimento di un ruolo centrale, e soprattutto che venga vissuto e frequentato come tale da tutti i gemonesi. L’area della stazione ferroviaria avrebbe tutte le caratteristiche per assumere in pieno e bene tale compito a patto di un importante e anche coraggioso intervento urbanistico. In fondo da dopo il terremoto tale zona è sede di importanti servizi quali edifici commerciali, istituti bancari, uffici; è facilmente raggiungibile con tutti i mezzi; è posta anche geograficamente nel cuore del paese, crocevia di quasi tutti gli itinerari che lo attraversano; un’ area che, senza mai essere stata riconosciuta come tale, è in qualche modo il fulcro del paese, ma dove l’eterogeneità di edifici, strade, marciapiedi (?) danno la sensazione di essere più in un parcheggio diffuso e scomposto che nel cuore di una cittadina vivibile. Individuato così un nuovo centro cittadino, la questione fondamentale resterebbe dunque il compito che il Centro storico debba andare ad assumere. Non si può certo obbligare qualcuno ad aprire esercizi commerciali, bar o ristoranti. La logica dell’economia si attiene al mercato. Leve quali abbattimento dell’ICI, contributi per affitti o quant’altro non bastano a convincere qualcuno ad aprire se intorno c’è il deserto. La strada intrapresa può essere quella giusta: fare di questa parte della cittadina un contenitore culturale e la sede privilegiata e prestigiosa di tutte quelle iniziative in grado di calamitare in città un importante numero di persone. Un Centro storico che si ricicla e assume una vocazione turistica e culturale. L’attuale offerta turistica è già discreta e accanto ai musei, al Duomo e alle varie mostre, il castello, una volta completato, oltre che simbolo di un paese rinato, sarebbe sicuramente una meta ambita. Accanto alle attuali iniziative, facendo leva sulle tante associazioni esistenti, sulla presenza dell’Università e soprattutto sul sostegno delle varie borgate bisognerebbe cercare di organizzare qualcosa di interessante ogni week-end. Questo supportato da un‘adeguata campagna promozionale, da un ampliamento dell’offerta culturale e da un miglioramento dei servizi di accoglienza turistica, aumenterebbero le possibilità attrattive del nostro Centro storico, dove di conseguenza potrebbero andare ad insediarsi nuove attività rivolte al turismo e poi magari piccoli laboratori artigianali, negozi di prestigio e quant’altro. Non servono progetti faraonici o voli pindarici. Si deve ovviamente rinnovare l’arredo urbano, aggiustando strade e piazze, tenendole poi pulite, ma queste dovrebbero essere piccole cose, quasi scontate rispetto a scelte ben più importanti, improrogabili e molto impegnative quali il san Giovanni, la sede della ex Banca Popolare, il castello, la costruzione di un parcheggio a servizio del Centro e dei suoi visitatori, l’area dell’ex ricovero…. Bisogna decidere che farne. Non qualcosa di banale, ma qualcosa che porti un valore aggiunto al paese. Le idee non mancano. L’importante è che chi di competenza cominci a raccoglierle, le confronti e faccia delle scelte il più possibile condivise. Senza un progetto chiaro, senza una decisione definitiva ci potrà essere solo improvvisazione, scelte isolate ora sull’una, ora sull’altra questione che potranno essere anche antitetiche ed anziché risolvere le problematiche, complicarle oltremodo. Giorgio Valent Valorizzare il patrimonio artistico Il Duomo di Gemona è un gioiello d’arte che lascia incantati i turisti italiani e stranieri che visitano la nostra cittadina: alcuni di loro, entrati per caso a Gemona, restano sorpresi nello scoprire il Centro storico con via Bini e il bellissimo Duomo. Ottime le recenti segnaletiche stradali per il Duomo, presenti sia sulla statale in paese. Si suggerisce di potenziare l’iniziativa, collocando sulla statale uno o due cartelli portanti la scritta “Visitate il Centro Storico e il Duomo (sec. XIII-XIV)”. Inoltre si propone di valorizzare con una targa/cartello e con un’adeguata pulizia il bel loggiato in pietra, situato sotto la sede dell’ASL (piazzetta Portuzza), utilizzato nel Medioevo per depositare le merci del Niederlech. Elisa Contessi 9 CENTRO STORICO Una città per mamme e carrozzine Qualche considerazione sul "Centro" a storia insegna, ma, si dice, da essa non si impara. Tuttavia, dalla lunga vicenda del Niderlech e da quella parte della vita della Comunità di Gemona che si è legata ad esso, si può almeno rilevare che il problema del “centro”, o meglio della scarsa vitalità economica e della conseguentemente debole forza di attrazione del nucleo urbano, non è sorto in questi ultimi decenni, ma è plurisecolare: uno stato di fatto dalle cause complesse, in ogni tempo connesse a fenomeni di portata ben più ampia del territorio comunale, che i poteri locali non sono stati in grado di contrastare efficacemente. Si rileva anche che la politica delle amministrazioni che si sono succedute al governo della Comunità ha puntato troppo a lungo, per la rivitalizzazione economica della città, sul commercio di transito. L nche nel nostro tempo il “problema del centro” viene affrontato soprattutto cercando di richiamare in città mercanti e clienti occasionali attraverso la proposta di eventi che animano vie e piazze per un giorno o alcuni giorni, più volte nel corso dell’anno. Questi visitatori salgono numerosi, talora in massa, attratti da quell’offerta concomitante ed irresistibile di cibo e spettacolo che convoglia folle dovunque (ogni epoca ha il suo Niderlech…). Non si intende sminuire l’importanza di queste iniziative, nelle quali si cerca, con buona volontà e creatività, di immettere contenuti che le qualifichino anche culturalmente, ma è evidente che non possono essere questi periodici assembramenti di consumatori l’obiettivo principale della politica amministrativa: essi danno certamente un ristoro temporaneo ad alcuni A esercizi commerciali del centro, ma non incidono durevolmente sulla vitalità della città. uale dovrebbe essere, allora, l’obiettivo da perseguire in via prioritaria, con determinazione e con adeguati investimenti? Sicuramente irrinunciabile è l’instaurazione di quelle condizioni che consentono una buona vivibilità, guardando innanzitutto ai residenti ed alla vita quotidiana. Gemona alta dovrebbe acquisire l’identità e l’immagine di luogo dove “si vive bene”, dove dunque si può anche scegliere di andare a vivere. Un “vivere bene” non commisurato con certi modelli contemporanei di convivenza connotati dal rumore, dai gas di scarico, dai consumi massificati, dallo spreco energetico, ma piuttosto con quelle realtà urbane in cui, ponendo in atto progetti che contengono un’implicita critica ai modelli attuali di sviluppo ed un’attenzione lungimirante al futuro della popolazione, si è saputo allontanare tutto ciò per offrire condizioni di vita più razionali, sane ed infine umane. L’attuale debolezza di ruolo del centro e la dimensione di piccola città potrebbero favorire un’opzione decisa e coraggiosa in tale senso. La distanza dalle vie di comunicazione interessate al traffico più intenso Q e pesante, anziché un handicap, si può ormai considerare come un regalo della storia: una condizione del “vivere bene”. ogni angolo verso i monti e la piana, ma anche per la buona manutenzione, il decoro e la pulizia di strade e facciate. no dei molti fattori di una buona vivibilità è la facilità di muoversi all’interno dell’abitato e verso la periferia. A Gemona alta il problema della viabilità – su questo tutti sono d’accordo – è uno dei principali. E’ evidente che urge trovare una soluzione più razionale per il traffico veicolare nord-sud, da Piazza del Municipio a Porta Udine, ma lo scopo da perseguire non può essere certo quello di far arrivare in centro il maggior numero di auto possibile. La conformazione dell’abitato è adatta al traffico pedonale più che a quello automobilistico. Bisognerebbe dunque riservare una particolare attenzione ai pedoni: si prendano come riferimento le esigenze delle mamme con bambino in carrozzina e si adeguino i percorsi, per quanto possibile, in modo che consentano spostamenti a piedi sicuri ed agevoli, così che la disposizione dell’abitato sul pendio si possa considerare più come una suggestiva caratteristica ambientale che come una scomodità ineliminabile. Durante questi spostamenti la città dovrebbe offrire a chi la percorre uno scenario piacevole non solo per le prospettive che si aprono ad aturalmente uno scenario gradevole e la facilità di spostamento non determinano da soli le condizioni di buona vivibilità. Si dovrebbe parlare di altri aspetti, non tutti fisicamente percettibili, che insieme possono qualificare il centro e conferirgli un’identità positiva… U Fioreria Emidia Manzano Via Roma, 252 tel. 0432 970692 33013 Gemona del Friuli e-mail: [email protected] N ben guardare, tuttavia, il problema da affrontare non è quello del “centro”, ma della gestione di un territorio che va tutelato nel suo insieme, valorizzando ma anche controllando la vocazione delle parti di cui si compone, tra le quali Gemona alta. Quest’ultima dovrebbe essere considerata come spazio cruciale non solo perché il suo ruolo attuale è incerto ma comunque fondamentale, ma anche perché si riconosce come incrocio e punto di convergenza rispetto allo spazio geografico di pertinenza. Questo spazio ora, soprattutto nella piana, appare invaso in modo disordinato da insediamenti abitativi e produttivi: un disordine che rivela la debolezza e l’incertezza delle politiche locali di fronte a tendenze e fenomeni di portata sovracomunale. Alida Londero A 10 CENTRO STORICO Gemona senza cinema Il Cinema Teatro Sociale ancora senza gestore l cinema Sociale chiude: la Ianche notizia è di questi giorni se da tempo era facile intuire quest’amara conclusione. I multisala, la televisione, i DVD, internet, hanno sempre di più ridotto il numero dei fruitori delle sale cinematografiche cittadine risicando i margini di guadagno dei gestori sino a non garantirne la sussistenza. Anche il Sociale non si è salvato da quest’evenienza. Il cinema teatro Sociale, riedificato dopo il terremoto in una collocazione diversa rispetto alla precedente, è un edificio di proprietà dell’Amministrazione comunale. Inaugurato alla fine degli anni ottanta, l’attività di proiezione cinematografica è stata da sempre gestita in appalto da una società privata. La stessa società garantiva il personale di supporto per la stagione teatrale curata dall’Ente Regionale Teatrale. Nello scorso mese di Gennaio il gestore segnalava all’Amministrazione comunale le difficoltà economiche riscontrate nella gestione dei due anni precedenti e anticipava la volontà di rescindere il contratto poi attuata nel successivo mese di Giugno. L’Amministrazione comunale, preso atto della rinuncia del gestore e delle problematicità della gestione finanziaria, lo scorso Luglio bandiva una nuova gara per la gestione del servizio, accollandosi le spese ordinarie (relative all’energia elettrica, riscaldamento e le manutenzione ed il controllo degli impianti di sicurezza ) ed aprendo la partecipazione anche ad associazioni senza attività di natura commerciale. Nonostante gli appelli dell’Amministrazione Comunale e alcuni incontri con associazioni e cittadini interessati, per cercare una soluzione al problema, alla scadenza non sono pervenute offerte e così non è rimasto altro che prendere atto della circostanza e decretare la chiusura (almeno per ora) della sala per quanto riguarda le proiezioni cinematografiche. Per gli spettacoli teatrali, si è messa una pezza e la stagione sarà garantita. Fin qui la cronaca. Dobbiamo prendere atto: se non c’è interesse da parte dei cittadini per questo servizio è del tutto inutile tenerlo in vita spendendo risorse della collettività. I tempi cambiano, cambiano i gusti e le esigenze; non ha molto senso difendere a spada tratta i “bei tempi passati” da una inevitabile trasformazione. Non serve erigere muraglie per evitare che il nuovo ci travolga ed arroccarsi nella difesa del fortino. E’ fondamentale però mantenere saldo quel filo rosso che ci lega con la storia ed arricchirlo delle esperienze più significative ma è impossibile portarsi dietro tutto. E’ altrettanto importante saper leggere il nostro tempo, che oggi muta molto più rapidamente di una volta (dice Nicholas Negroponte, in Essere digitali, che un annointernet equivale e 3 mesi solari), per cercare di saldare il presente col passato, per tradurre i migliori saperi in un nuovo linguaggio. Fuor di metafora, il cinema chiude, che cosa di buono possiamo salvare? Quali progetti possiamo mettere in campo perché quella sala possa essere veicolo di cultura e di espressioni artistiche? Chi si mette in gioco? E’ inutile tentare la competizione con i cinema multisala, con realtà più strutturate, con bacini d’utenza di altre dimensioni, bisogna cambiare registro, alzare il livello, bisogna inserire il Sociale in un progetto culturale complessivo per Gemona coinvolgendo quanti hanno a cuore questi aspetti (il volontariato culturale, le scuole, la Parrocchia, La Cineteca del Friuli, singoli cittadini appassionati) ma cercando anche canali di sostegno in un ambito più ampio del nostro comune. Investire nella cultura non è un facile business; non ci saranno “project financing” che potranno salvare il Sociale con la bacchetta magica, ne è cosciente anche chi propone queste soluzioni. Il Sociale si salverà se, abbandonata la facile demagogia, Gemona saprà investire in cultura a prescindere dall’immediato ritorno economico ma, prima di tutto, perché è cosciente che attraverso la cultura e la conoscenza possiamo disporre di molte chiavi per la lettura del mondo, siamo stimolati al dialogo e al confronto con esperienze e patrimoni diversi dai nostri e possiamo costruire nuove convivenze, nuove cittadinanze in una società che si prospetta sempre più multietnica. Conoscere ci aiuta a saper osservare la molteplicità degli aspetti del mondo che ci circonda e a non cadere nel pensiero unico che ci dice che solo ciò che ha un prezzo vale. Il Sociale è una delle possibilità che abbiamo per lavorare in questa direzione. Le risposte non sono facili, ma è questa la sfida che si prospetta; l’Amministrazione comunale per prima, e poi tutti i cittadini di Gemona, sapranno coglierla? La sala del Sociale è vuota, come la riempiamo? Sandro Venturini ex libris Non ho paura della cattiveria dei malvagi, ma del silenzio degli onesti Martin Luther King 11 UN CJANTON PAI CONTADINS Manutenzione del verde urbano Tra polemiche e agronomia hiedo scusa ai nostri amici agricoltori a cui è destinata questa pagina, ma in questo numero mi è sembrato di particolare urgenza trattare un argomento un po’ fuori dai canoni della classica agricoltura, ovvero la manutenzione del verde urbano; in particolare la potatura dei viali alberati che, spesso, genera critiche, per certi versi condivisibili, ma non sempre supportate da adeguate conoscenze. Vorrei innanzitutto dare una definizione generale di potatura e aggiungere alcune nozioni tecniche. Si intende per potatura la pratica agronomica di gestione dello sviluppo di una specie vegetale al fine di raggiungere determinati obiettivi (ad es. maggior fruttificazione, migliore aspetto estetico, ottimizzazione di operazioni colturali, contenimento di fisiopatie, ecc.) mediante il taglio di porzioni della stessa e/o curvature, inclinazioni, anulature, ecc. di rami e branche. Quelli che comunemente chiamiamo “rami” sotto il profilo agronomico si chiamano branche, che si definiscono “primarie”, se inserite sul fusto principale (tronco), “secondarie” e “terziarie” se si tratta delle successive diramazioni verso l’esterno della chioma. I rami sono quelle porzioni terminali della chioma di uno o due anni generalmente atte alla fruttificazione. Un secondo concetto che vorrei chiarire è che lo sviluppo della porzione aerea di una pianta, è direttamente proporzionale alla parte epigea, ovvero le radici. Per una C specie arborea, sia destinata a produzioni agricole, sia ricadente in una zona urbana, le operazioni di potatura, si rendono spesso utili per il raggiungimento di determinati scopi (nel nostro caso, il contenimento della chioma) e perciò, quasi sempre, risultano una pratica irrinunciabile. Una potatura corretta per piante ornamentali dei viali, dovrebbe prevedere dei “tagli di ritorno” ovvero il raccorciamento di branche primarie sull’inserzione di quelle secondarie, oltre che l’effettuazione di diradamenti di quelle soprannumerarie, in modo di ottenere un maggior arieggiamento della chioma, per contenere eventuali fisiopatie, senza sottoporre la pianta alla sottrazione di grosse porzioni fotosintetizzanti (rami). Molto spesso (se non quasi sempre) la potatura dei viali viene effettuata mediante il capitozzamento a due o tre metri di tutte le branche primarie. Tale operazione, anche se può dare i risultati auspicati nel breve termine, è da considerarsi scorretta e inopportuna per vari motivi, in particolare perché si tratta di interventi su grossi diametri e quindi con esposizione della pianta a fisiopatie del legno. Un’ asportazione ingente di biomassa, inoltre, provoca uno squilibrio vegetativo con una forte reazione della pianta in prossimità dei tagli, per compensare la potenzialità dell’apparato radicale che non è stato proporzionalmente ridotto. Se dal punto di vista tecnicoteorico il discorso non fa una piega, bisogna però mettersi nei panni delle Amministrazioni comunali che devono gestire queste operazioni, molto spesso richieste con solleciti da parte dei residenti in prossimità dei viali alberati, che richiedono l’intervento per motivi di sicurezza, per eccessivo ombreggiamento o imbrattamento da parte del fogliame, motivazioni qualche volta esagerate. C’è da dire che l’esecuzione di una potatura corretta prevede la disponibilità di personale qualificato, oltre che di attrezzature particolari di cui, generalmente, un’Amministrazione comunale non è provvista. Deve quindi avvalersi di ditte specializzate mediante gare d’appalto, ma gli esigui budget che i Comuni possono disporre per questi capitoli di spesa, non permettono di avere a disposizione personale specifico. L’unica soluzione rimane, quindi, tracciare una quota dove dovrà velocemente passare la motosega e sperare di recuperare qualche introito, dalla cessione del materiale di risulta. Se tali operazioni non si possano ritenere corrette dal profilo agronomico, potrebbero trovare alcune giustificazioni dal lato economico. La soluzione migliore potrebbe stare nella scelta della specie da adottare nell’alberatura del viale, rinunciando a quelle particolarmente vigorose quali platani, bagolari o ippocastani e preferendo tipologie più conte- nute e magari anche con particolari peculiarità estetiche (avete mai visto Via Roma a Udine nel mese di aprile?) e con minori oneri di gestione. Ovviamente c’è da dire che in Via 4 Novembre la presenza di piante di una certa mole, non necessita di quelle particolari attenzioni che sembrerebbero invece auspicabili per gli alberi in Via Dante o in centro, dove l’eventuale potatura diventa bersaglio di immediate critiche. Mi sembra giusto, quindi, non tralasciare l’importanza di considerare le attitudini di una certa specie rispetto ad altre, in previsione delle problematiche che in futuro potrebbero sorgere. A titolo di esempio, vorrei far notare come in alcuni esigui giardini, l’albero “che era di Natale” non trovi più gli adeguati spazi e le condizioni di una dignitosa crescita, trasformandosi in pochi anni da pianta ornamentale, ad un serio problema e spesso oggetto di accese liti con il vicino. Penso che basterebbe solo fare un giro in Carnia, per sapere che un abete rosso raggiunge i trenta metri. Zamolo Pierantonio COSE PUBBLICHE Lorenzo la talpa di Lorenzo Londero “flec” 1 Nuovo depuratore CIPAF: sperpero di fondi pubblici? Nuovo depuratore CIPAF: sperpero di fondi pubblici? L’ing. Leandro Taboga di Colloredo di Monte Albano è l’artefice della realizzazione del sistema di depurazione al servizio del CIPAF (Consorzio Industriale Pedemontana Alto Friuli) e ha lavorato a questo progetto ininterrottamente per quasi 25 anni. In data 04.09.2008 egli manda una lettera ai Consiglieri comunali di Buja, Osoppo, Gemona e Majano, nonché al Consiglio provinciale di Udine in cui segnala che “da quattro anni sono impegnato, in totale solitudine, nel tentativo di impedire al CIPAF di mettere in atto un consistente sperpero di fondi pubblici nel settore della depurazione consortile al servizio della zona industriale di Buja-Osoppo”. Egli sostiene che i difetti di funzionamento del depuratore realizzato nel 2004 potevano essere facilmente corretti con un investimento di circa 30.000 Euro a fronte di un valore dell’opera di un milione di Euro. Invece “il CIPAF, incurante delle mie insistenti e motivate richieste di astenersi dal prendere iniziative portatrici di un danno erariale consistente, decise di procedere con la progettazione di un impianto sostitutivo di quello realizzato nel 2004: un’opera nuova che verrà realizzata in base ad una progettazione caratterizzata da gravi criti- 12 cità, che costerà oltre 3 milioni di Euro e che risulterà ingestibile nel contesto della depurazione consortile”. L’ing. Taboga chiede, quindi, che i Consiglieri comunali coinvolti promuovano “l’attivazione di una commissione consiliare di indagine al fine di attuare una verifica indipendente della veridicità delle mie affermazioni per poi passare al congelamento della situazione in atto e alla ridefinizione degli interventi di adeguamento del sistema di depurazione consortile…” Invece, secondo il Presidente del CIPAF arch. Vergilio Burello, “questo ampliamento dell’impianto di depurazione risponde a una precisa prescrizione della Provincia”. Il Consiglio comunale di Gemona si è occupato della questione nella seduta del 22.09.2008 sulla base dell’ampia relazione dell’arch. Burello, ma non si è pronunciato sulla commissione di indagine proposta dall’ing. Taboga. Ciò pare deludente anche perché l’iniziativa dell’ing. Taboga “è motivata –come egli afferma- unicamente dalla mia ferma determinazione a contrastare il diffondersi di malcostume e di mediocrità nella pubblica amministrazione”. 2 La Giunta Tondo elimina il difensore civico regionale: grave danno per i cittadini La maggioranza di centrodestra del Consiglio regionale ha cancellato, in uno dei suoi primi atti, la legge regionale n. 201 del 1981, che aveva istituito il difensore civico regionale. “Il difensore risolve, in via non giurisdizionale, contenziosi che altrimenti non avrebbero che la via giudiziaria lenta e costosa, fa risparmiare denaro non solo ai cittadini perché per essi è del tutto gratuito, ma anche alle pubbliche amministrazioni. Non solo perora, quando è doveroso e possibile, la causa dei cittadini, ma offre alla pubblica amministrazione suggerimenti per un suo migliore funzionamento… Il difensore civico viene chiesto come requisito per l’entrata dei nuovi Paesi nell’Unione Europea. Invece questa Regione, che tra le prime l’aveva istituito, oggi l’ha abolito con un emendamento votato di notte, in una legge di bilancio. E’ un male assai grave per i cittadini di questa Regione” (Caterina Dolcher, Messaggero Veneto 12.08.2008). I locali Consiglieri regionali E. Picco e F. Baritussio non provano imbarazzo per aver votato la cancellazione di questo istituto di alta civiltà liberale e democratica? 3 lo stesso incarico? 3. è stata verificata la disponibilità a svolgere anche questo servizio da parte del personale dipendente del Comune (a fronte di un adeguato riconoscimento economico, ma presumibilmente di minor costo)? 4. è stata presa in considerazione la possibilità di assegnare tale incarico a idoneo personale disoccupato? Attendiamo risposte puntuali. P.S.: in data 22.08.2008 il Consigliere comunale S. Marmai ha presentato una Interrogazione a risposta scritta, in cui pone al Sindaco domande simili a quelle da noi rivolte all’Assessore Tiso; egli, inoltre, ritiene “fondamentale introdurre anche nel Comune di Gemona un nuovo metodo per l’assegnazione degli incarichi volto a valorizzare trasparenza, concorrenza ed economicità”. Alla data odierna, 07.10, il Sindaco non ha ancora risposto alla citata Interrogazione. 4 GIOCHIMPAAlcune domande all'As- RO: un progetto utile per genitori sessore Tiso Dall’1.3.2008 il settore Tri- e bambini/e buti/Finanze del Comune di Gemona è privo dell’addetto al servizio inserimento dati presso l’ufficio Tributi perché lo stesso dipendente si trova in aspettativa non retribuita. Per sopperire a tale assenza il responsabile del settore ha incaricato, il 31.07.2008, una ditta di Gemona di svolgere tale servizio per un totale di 750 ore e con un compenso di Euro 18.000. All’Assessore comunale alle Finanze G. Tiso chiediamo di rispondere alle seguenti domande: 1. era a conoscenza dell’assegnazione di questo incarico? 2. sono state richieste (e comparate fra loro) offerte da altre ditte, prima di affidare Con la recente delibera n. 193 la Giunta comunale di Gemona ha approvato il progetto GIOCHIMPARO e ha fatto domanda di contributo regionale per poterlo realizzare; avendovi aderito anche la locale Comunità Montana, si prevede di estendere la possibilità di usufruire di questo servizio anche ai residenti nei Comuni limitrofi. Il progetto è stato elaborato dall’Assessorato ai Servizi sociali del Comune (affidato alla Vice Sindaco Mariolina Patat) per cogliere le opportunità previste da un bando del Servizio regionale Pari Opportunità. Il principale obiettivo del progetto è quello di favorire l’accesso (o la migliore permanenza) al lavoro e ai percorsi di formazione, aggior- SCUOLA 13 Diritto all’istruzione “È tutta un'ipotesi teorica, intendiamoci” di Piero Calamandrei, padre costituente acciamo l’ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuol fare la marcia su Roma e trasformare l’aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura. Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di Stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di Stato hanno il difetto di essere imparziali. C’è una certa resistenza; in quelle scuole c’è sempre, perfino sotto il fascismo c’è stata. Allora, il partito dominante segue un’altra strada (è tutta un’ipotesi teorica, intendiamoci). Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private [...] E magari si danno dei premi, come ora vi dirò, o si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. A “quelle” scuole private. Gli esami sono più facili, si studia meno e si riesce meglio. Così la scuola privata diventa una scuola privilegiata. Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di Stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di Stato per dare la prevalenza alle sue scuole private. Attenzione, amici, in questo convegno questo è il punto che bisogna discutere. Attenzione, questa è la ricetta. Bisogna tener d’occhio i cuochi di questa bassa cucina. L’operazione si fa in tre modi: 1) ve l’ho già detto: rovinare le scuole di Stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. 2) Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette. 3) Dare alle scuole private denaro pubblico. Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico! Quest’ultimo è il metodo più pericoloso. E’ la fase più pericolosa di tutta l’operazione [...]”. F Da un discorso di Piero Calamandrei, pronunciato al III Congresso dell’Associazione a difesa della scuola nazionale, Roma 11 febbraio 1950 namento e riqualificazione dei genitori (madri in particolare). Per questo progetto l’Amministrazione comunale ha identificato un locale di proprietà di terzi nel Centro storico di Gemona dove i bambini/e, di età compresa tra i quattro e i dodici anni, potranno svolgere attività di post-accoglienza con ludoteca; in tale locale essi, durante cinque pomeriggi non festivi a settimana, potranno giocare, eseguire autonomamente i compiti, svolgere altre attività a carattere ludico-didattiche (attività di manipolazione, animazione musicale, ecc.) sotto la sorveglianza e con l’assistenza di personale qualificato, che proporrà dei percorsi Un bene irrinunciabile l diritto all’istruzione è in grave pericolo. Le riforme avanzate dal governo Berlusconi, approvate in fretta e furia e delegittimando il ruolo democratico del parlamento, mirano allo smantellamento del sistema formativo pubblico. Il ministro Gelmini, con una accorta strategia mediatica, cerca in ogni modo di occultare la tragica realtà: le retoriche rievocazioni della buona scuola di un tempo, fatta di maestri unici e di grembiulini, mirano a distrarre l’attenzione da leggi e decreti volti a fare cassa risparmiando su un bene primario come la cultura. Ecco dunque gli articoli di una Finanziaria che prevede 8 miliardi di euro di tagli all’istruzione nei prossimi tre anni (il 20% del bilancio) e la chiusura delle scuole “troppo piccole” per essere mantenute in vita; è messa a rischio l'autonomia degli istituti con meno di 500 alunni. Si risparmierà aumentando a dismisura il numero di alunni per classe, che nelle scuole superiori potranno essere più di trenta: sarà così spazzata via ogni possibile funzione educativa dell’insegnamento, resa impossibile da una relazione inevitabilmente asettica tra gli studenti e i docenti, che non potranno fare altro che trasmettere I adeguati alle fasce d’età dei partecipanti. Il servizio potrà essere utilizzato dagli aderenti sia in maniera continuativa, sia per brevi periodi. Dall’attuazione del progetto GIOCHIMPARO si auspica, inoltre, che il centro -una volta arredato e funzionante, oltre che luogo di “custodia” e di aggregazione per i bambini/e- possa diventare anche punto di incontro e di confronto fra i genitori e luogo di riferimento per attività di sostegno alla genitorialità sul territorio. Se la domanda verrà accolta, il progetto sarà finanziato principal- nozioni rinunciando al dialogo, all’approfondimento e al sostegno nei confronti degli allievi in difficoltà. Il drastico ridimensionamento dei finanziamenti pubblici all’istruzione potrà essere compensato, secondo il governo, dalla trasformazione delle scuole in fondazioni, ovvero dall’apporto di risorse provenienti dal mondo imprenditoriale. Secondo il ministro Gelmini non ci sarebbe nulla di scandaloso se tutte le scuole d’Italia diventassero almeno un po’ “private”. La destra considera l’istruzione come un semplice business, potenzialmente molto lucroso. In questo modo la formazione si trasforma: da diritto inalienabile di ogni persona diventa una merce da acquistare con rette scolastiche che non tutti potranno permettersi. Ogni cittadino dovrebbe esprimere pubblicamente il proprio dissenso nei confronti di una politica tanto miope e pericolosa. Giova a tal proposito rileggere il testo di un importante discorso pronunciato dal giurista antifascista Piero Calamandrei nel lontano 1950, che spaventa per la preveggenza e per la capacità di descrivere la situazione attuale. Alberto Barel mente dalla Regione, dal Comune e da un modesto contributo dell’utenza. 14 STORIA C'era una volta il Niderlech Breve storia del privilegio patriarcale che ha determinato il benessere economico della Comunità di Gemona nel Medioevo ra il 3 giugno d e l l ’ a n n o 1798 1798. In seguito al trattato di Campoformido la comunità di Gemona, assieme al resto del Friuli e alla maggior parte del territorio della repubblica di Venezia, era passata da alcuni mesi sotto il dominio austriaco. In quella domenica il consiglio minore si riunì ed approvò la seguente delibera: “Essendo sempre stato ab immemorabili, come dalle Ducali esistenti in questa Cancell.a che il carico, e discarico delle merci, che venivano dalla Germania in Friuli pernotavano, e facevano scalla qui in Gemona, ed essendo in ora caduto il Dominio veneto, e passati sotto il Dominio Imperiale, si pone parte di testimoniare li Nobb. Ss.ri Sebastiano Vintani e Giuseppe de’ Brignolli acciò abbino ad essaminare le Ducali stesse, ed estendere memoriale, e procurare di ristabilire in questa città, il carico e discarico delle merci, o sia Inderlech al caso che da questa parte avesse di nuovo a passare la d.ta mercanzia” (Archivio storico del Comune di Gemona, 337, Del. Cons.). Con questa iniziativa gli amministratori si preparavano a sfruttare le opportunità commerciali offerte dalla nuova dominazione, con la probabile valorizzazione delle vie di comunicazione tra il Friuli e l’Austria, chiedendo il ripristino di un privilegio concesso dal patriarca nel secolo XIII. E n forza di queBei sto diritto, d e n o m i n a t o tempi! Niderlech (o “cargare et discargare”), i conduttori di merci provenienti dalle terre tedesche o dai porti dell’Adriatico erano obbligati a salire in città e sostare un giorno, pagando un modesto dazio per ogni carro o animale da soma. A I Gemona, e non altrove, doveva aver luogo anche il cambio dei carri: le merci venivano trasbordate dai carri tedeschi, più agili e leggeri, dunque adatti ai percorsi montani, ai carri latini, più pesanti (e viceversa per chi proveniva dalla pianura). Privilegi cui era annessa la riscossione di balzelli a vario titolo erano riconosciuti a tutte le giurisdizioni attraversate dalle grandi vie commerciali. Gemona, come la vicina Venzone, traeva vantaggio dal fatto di essere posta presso una delle principali vie di collegamento della rete stradale dell’Europa centrale con i porti adriatici. Nel periodo più antico affrontare la salita verso la città murata, la prima per chi proveniva dal litorale, l’ultima per chi giungeva dal canale della Chiusa o dalla Carnia, era conveniente anche per i trasportatori, che nella Terra trovavano i servizi e i mezzi necessari per la prosecuzione dei loro lunghi viaggi: carri, carrettieri, cibo e alloggio nelle locande, stalle e foraggio per gli animali, artigiani per animali e veicoli, prestatori di denaro, spazi in cui depositare la mercanzia. Il percorso attraverso la città era il più agevole anche perché la comunità curava la manutenzione delle vie percorse dai mercanti assestando, mediante “pioveghi” imposti alla popolazione, i fondi stradali e riattando prontamente i ponti danneggiati dalle esondazioni dei corsi d’acqua. Le merci (vino, ferro, stoffe, sale, spezie, cera, olio, pelli… ) erano destinate per la maggior parte ad altre piazze, ma alimentavano anche il commercio locale, sostenuto fin dal secolo XII dal mercato settimanale, uno dei più importanti dell’alto Friuli, e da fiere legate a feste religiose che si tenevano anche nei borghi esterni. All’atto di compravendita di numerose merci si esigevano, anche dai mercanti di passaggio, altri dazi che andavano a costituire nel loro insieme la maggiore entrata del comune. Possiamo immaginare, dunque, un centro cittadino vivace ed affollato, perfino congestionato quando arrivavano i carri tedeschi, talora in carovane di una decina di mezzi. Sotto i portici le botteghe tenevano esposte le loro merci, le taverne si riempivano di avventori, in Bariglârs gli artigiani si affaccendavano a riparare carri e botti. Sicuramente arrivavano abbastanza numerosi anche viaggiatori non obbligati alla salita, ma certo attratti dall’animazione e dall’accoglienza della città, una delle più importanti del Patriarcato. del loro ruolo essenziale nell’economia cittadina. Questo accadeva tra i secoli XIII e XIV. ella seconIl da metà del Trecento si declino intravedevano già i segnali di un declino lento e non lineare, nel corso del quale il Niderlech continuò a portare benefici a Gemona, creando in certi periodi l’illusione che potesse rinascere l’antico benessere. I terremoti, gli incendi, la peste, le guerre - eventi ricorrenti che in precedenza non erano riusciti a fiaccare il dinamismo dell’economia cittadina - determinarono momentanee accelerazioni di una decadenza le cui cause erano di carattere più generale: tra queste, in primo luogo, la crescente preminenza dei percorsi attraverso il Campo e lo spostamento su altri percorsi della corrente dei traffici tra i paesi d’Oltralpe e l’Adriatico. N Carro e animali da soma. Affresco sulla facciata Per molti secoli i trasporti si effettuarono Constatate le opportunità Venezia confermò alla città il offerte dal luogo, alcuni stra- privilegio del Niderlech nel nieri (prima toscani, poi tede- 1423 e poi ripetutamente nei schi) si stabilirono nella secoli della sua dominazione. Terra, diventando importanti Ma se in epoca patriarcale fattori di dinamismo econo- buona parte dei traffici era mico e culturale. diretta, per Artegna e TricesiIl benessere consentì alla mo, in direzione di Udine ed comunità di dotarsi di edifici Aquileia, con il dominio prestigiosi, tra cui il duomo, della Serenissima il capolisulla cui facciata venne appo- nea di gran lunga più imporsta una colossale statua di tante diventò Portogruaro. San Cristoforo: un augurio di Allo sbocco della valle del buon viaggio in pietra per i Tagliamento, dunque nella viaggiatori in transito su una zona di Ospedaletto, si stacdelle principali vie del com- cava la strada diretta, attramercio, un riconoscimento verso il Campo, a Osop- STORIA 15 po, al ponte sul fiume Ledra e infine a Portogruaro. Risultava quindi sempre più antieconomica la salita a Gemona con relativo obbligo di sosta. Si cercava in vari modi di sfuggire a questa coercizione: contrabbandando le merci sulle zattere del Tagliamento, facendosi rilasciare permessi speciali di transito in pianura, protestando presso le autorità veneziane. Presto Venezia concesse alla potente lobby dei mercanti del Fondaco dei Tedeschi l’esenzione dall’obbligo di cambiare i carri a Gemona, pur confermando, a favore dell’economia della cittadina, quello della sosta entro le mura. Il traffico commerciale tra i paesi d’Oltralpe ed i porti adriatici tendeva sempre di più ad evitare il territorio sottoposto al dominio veneto. Infatti, alle numerose ducali di conferma del privilegio gemonese non corrispondevano misure efficaci che rendessero conveniente usufruire ancora del transito per la valle del Fella. Non furono diminuiti i balzelli lungo il percorso (Pontebba, Chiusa, Venzone, Gemona…): anzi se ne aggiunsero altri, a carico dei trasportatori, a titolo di to del Niderlech. a vita E gli altri econosettori delmica della l’economia? città, tuttavia, non si reggeva soltanto sul commercio di transito. Almeno un settore dell’artigianato, cioè la tessitura, aveva un ruolo autonomo e di un certo rilievo. Nel medioevo - come si desume anche dagli Statuti del 1381 - si produceva localmente una tela non raffinata ma robusta, il pannus strictus, che veniva anche esportato. Un’attività di cui negli ultimi decenni del Settecento rimaneva soltanto il ricordo: “Anticamente – scrive infatti il Giampiccoli – vi erano, dietro le memorie che si hanno, delle fabbriche di panni che di molto riuscivano, che non si sa poi come dimesse, o perdute” (Notizie di Gemona antica città del veneto Friuli, Venezia 1787, p. 10). Si tende, inoltre, a non dare adeguato rilievo alle attività economiche che si svolgevano al di fuori delle mura urbane, nell’ampio spazio di pertinenza della comunità. Quella parte dell’economia che era fondata sullo sfruttamen- L gevano mulini ed altri impianti mossi dall’energia idraulica. Erano diffuse nel territorio le cave da cui si ricavavano materiali da costruzione. I boschi erano intensamente sfruttati per il legname da utilizzare per la costruzione e per il riscaldamento. L’amministrazione della comunità, almeno stando ai documenti finora visti, a lungo attribuì poca importanza all’essenziale settore agropastorale, considerandolo sussidiario all’economia commerciale ed artigianale del centro. Per esempio, la comunità di Gemona curava costantemente, assieme ad altre giurisdizioni, la manutenzione delle roste a Ospedaletto, a Osoppo e presso il ponte sul Ledra contro le esondazioni del Tagliamento, ma, fino al Settecento, non tanto per salvaguardare i terreni agricoli frequentemente sommersi ed inghiaiati, quanto per garantire la percorribilità della strada da parte dei mercanti, quindi la frequenza dei transiti in città, ed in fin dei conti la vitalità economica del centro. L’idea di una politica economica volta alla valorizzazione del- di una locanda (1730). In JOHANN VILANAK, Tauern Autobahn, 1975. con mezzi analoghi nell’Europa centrale e sulle strade del Friuli. contributo ai lavori alle roste del Tagliamento e del Ledra. Nella seconda metà del Cinquecento ormai la maggior parte dei mercanti tedeschi preferiva viaggiare in terra austriaca, seguendo la via del Predil e poi proseguendo in direzione di Duino e Trieste lungo la valle dell’Isonzo: un percorso che una politica più avveduta stava liberando da esazioni di transito troppo onerose. Inevitabile, dunque, il declino di quella parte dell’economia gemonese che si sostentava attraverso l’indot- to delle risorse naturali, sull’agricoltura e sull’allevamento non seguì il declino del commercio interno ed alla fine dell’età veneziana manteneva una vitalità che nel centro si era perduta da tempo. Dalla fascia pedemontana e dalla tavella, l’agricoltura nel corso dei secoli si era progressivamente estesa nel Campo, sottraendo spazio all’incolto e poi anche alle terre comunali. Sui monti e nel piano si praticavano la pastorizia e l’allevamento. Sui corsi d’acqua sor- l’intero territorio stentava, qui come altrove, ad essere assunta consapevolmente in ambito amministrativo. Nonostante ciò, per merito dell’imprenditoria privata, l’agricoltura si evolveva e si sviluppava. Il Giampiccoli nel 1787 definisce la piana di Gemona come “la meglio lavorata del Friuli” (p. 8-10). Il prodotto più pregiato era il vino, ricavato da uve “della miglior perfezione e qualità”, ma si coltivavano anche cereali, come il frumento ed il granoturco, e soprattutto gelsi, dei cui filari la campagna era “ovunque ripiena”. Questi alimentavano la bachicoltura e la produzione di un filato di seta di ottima qualità. Lo stesso autore descrive un centro cittadino economicamente depresso, per la cui rivitalizzazione sperava nell’incremento dei traffici sulla strada pontebbana, che consentisse un “rissorto al commercio […], alle Arti”, un ritorno al “suo antico ingrandimento”. Un sogno che si rispecchia nella delibera consiliare citata in apertura. c r i v e Il peso stoseverarico del mente don Valentino Niderlech Baldissera che “buona parte della storia del paese dal milletrecento fino alla metà del seicento (dopo, il commercio aveva preso altre strade) si compendia nelle disposizioni, grazie, condanne, sequestri, rappresaglie, liti, proteste e suppliche riguardanti il il Niderleg: ed è perciò che qui nessuna industria speciale, nessuna arte fiorì, anzi gli stessi commercianti vennero di fuori, e lo furono in panni i toscani fino al millecinquecento, indi in ferro i tedeschi” (Da Gemona a Venzone, Gemona 1891, p. 19). Secondo questo autorevole studioso, dunque, gli amministratori gemonesi che si succedettero al governo della comunità non seppero prendere atto del mutamento delle condizioni che rendeva sempre più inattuale il Niderlech ed orientare diversamente l’economia della città. Benché di fatto l’antico privilegio, nella pratica, fosse ridotto già all’inizio del secolo XVIII ad un modesto relitto dei tempi passati, ancora nel 1798, come abbiamo visto, si sperava in un risollevamento economico grazie al suo ripristino, senza individuare settori alternativi di sviluppo. Alida Londero S EVENTI 16 pagina a cura di Maria Copetti Piacevoli iniziative dell'estate gemonese ... per non dimenticare! resso l’ex Chiesa San Michele il 7 agosto scorso è stato presentato il libro Pa sopravivence, no pa l’anarchie – Forme di autogestione nel Friuli terremotato: l’esperienza della tendopoli di Godo (Gemona del Friuli) di Igor Londero (ed. Istituto friulano per la storia del movimento di liberazione e Forum editrice universitaria udinese). L’evento era inserito tra le proposte di approfondimento culturale dell’Agosto Medioevale della Pro Glemona in collaborazione con l’Ass. V. Ostermann. Il libro ripercorre meticolosamente quel periodo che va dal 6 maggio al 15 settembre 1976: la parentesi della speranza di passare dalle tende alle case, della grinta e della fiducia nelle proprie forze per evitare un Belice bis. Ma le scosse di settembre, si sa, hanno portato soprattutto sconforto oltre ad ulteriore distruzione, rendendo inevitabile l’esilio da Gemona in vista dell’inverno. La popolazione trascorre l’estate ’76 nelle tende tra le quali circola il Bollettino del coordinamento delle tendopoli, un semplice foglio ciclostilato, pazientemente conservato da Gianfrancesco Gubiani in un archivio, consultabile in biblioteca (nel dic. 2000 il Comune di Gemona ha dato P alle stampe Documents pa storie dai furlans tal taramot dal 1976 – Guide al archivi Gubiani inte Biblioteche comunâl “Don Valentino Baldissera” di Glemone a cura di Matteo Ermacora). L’Archivio Gubiani è la fonte principale di questo libro, dove si scoprono: la presenza di estremisti di destra armati, scandali di truffatori senza scrupoli, lo svolgimento delle elezioni nelle varie tendopoli, le proteste e le polemiche, le politiche adottate, il rapporto con l’Esercito, la C.R.I. e tutti gli altri volontari … L’autore sottolinea più volte il ruolo fondamentale delle borgate nella gestione delle mense, della distribuzione di viveri, ma anche dei volontari esterni … le borgate, quanto rimane delle antiche vicinìe. Il libro è un continuo intrecciarsi di interviste fatte ad alcuni dei protagonisti di quei mesi dall’allora Sindaco Ivano Benvenuti agli amministratori di maggioranza e minoranza, dai curatori del Coordinamento alla int. La serata è stata introdotta da Roberto Iacovissi, assessore alla partecipazione del Comune di Gemona proprio in quel delicato periodo. Igor Londero è nato a Gemona nel 1975, è laureato in storia e vive nella borgata di Godo. … letture per bambini con il Gruppo Coccolastorie! eccato non essere bambini, credetemi! Sì, anche gli adulti possono parteciparvi, ma queste letture sono per loro, i bambini, quelli della prima infanzia. Bravi veramente questi genitori! Li unisce una passione, quella di leggere storie ai propri figli, passione, che li ha spinti ad unirsi per rendere questo intimo momento famigliare un’occasione d’incontro tra bambini e genitori in vari spazi verdi delle borgate P gemonesi. L’idea è nata lo scorso inverno, traendo spunto dalle letture animate in biblioteca. Alcuni di loro hanno seguito corsi appositi proposti dalla A.S.L. n°3 e da alcune biblioteche dei Comuni limitrofi, perché, infatti, queste mamme e questi papà sono perlopiù gemonesi, ma non solo. Diversi sono stati gli appuntamenti estivi, con sempre un’affollata presenza di piccoli ascoltatori, rapiti dalla magia dei racconti: presso il Parco di Via Dante, presso il Parco Stroili di Ospedaletto, un fuori programma piovosissimo in Piazzetta del Ponte, presso la sede dei festeggiamenti de L’A.S.E.R. e in Maniaglia, ma sicuramente quello più suggestivo è stato l’appuntamento del 13 agosto sotto le stelle del Parco G. Galli ne La Frate, al quale vi ha partecipato anche un nonno, appassionato di astronomia, a raccontare le stelle del cielo. In un incanto di letture, racconti, filastrocche, i Coccolastorie vogliono promuovere la cultura e la passione per la lettura, “perché i libri sono strumenti d’educazione, confronto, cultura e socializzazione e poi possono dar idee per giocare insieme all’aria aperta, costruire, disegnare, cucinare, scoprire la natura d’estate …”, magari anche con la testimonianza di altri nonni con le storie della loro infanzia, con la storia della loro vita. Sono in programma incontri invernali: non perdeteli! Per contattare il Gruppo Coccolastorie: [email protected] oppure 3405906204 – 3284651879 … giovani musicisti in Fossale! er quattro domeniche consecutive (dal 31 agosto al 21 settembre) la Chiesa di Santa Maria di Fossale, con i suoi tesori d’arte recentemente restaurati, ha ospitato una serie di concerti strumentali di giovanissimi musicisti. Tra questi adolescenti friulani, dediti con disciplina allo studio della musica, vi erano anche alcuni gemonesi. Alessio Venier di Cjamp, nato nel 1992, studia violino e composizione presso il Conservatorio J. Tomadini di Udine. Suona abilmente anche la fisarmonica e il pianoforte. Ha solo sedici anni, ma ha già partecipato con ottimi risultati a diversi concorsi nazionali. Pietro Iogna Prat, ventenne o poco più, studia pianoforte al Conservatorio di Udine. Fiorella e Marta Isola abitano in Scugjelârs. Fiorella, nata nel 1986, suona il sassofono e P frequenta il conservatorio di Padova; Marta, che è nata nel 1984, si è appena diplomata in pianoforte a Udine. Sono rimasta particolarmente colpita dalla passione che si legge sui volti di questi ragazzi, quando con lo strumento danno vita a virtuosi accordi: le dita scivolano veloci e sicure sulle corde! Ma anche dall’ondeggiare armonioso e dalla mimica facciale dei pianisti: vedere come la musica entra loro nel profondo dell’anima in un’interpretazione anche fisica di famose melodie! Trovo che il termine più appropriato per definire questa iniziativa, proposta dalla Parrocchia, sia ninîne, per il luogo raccolto, per questi volti giovani sia “sul palco”, quanto tra il pubblico, un’iniziativa non chiassosa, che ha saputo regalare emozioni e raccogliere consensi e plausi. … notte bianca e mostra di patchwork n largo Beorcje tal Borc dal Mulin c’è un continuo fermento di idee e proposte, che nella loro in fondo estrema semplicità si riappropriano di quelle che erano le atmosfere del Friuli contadino e della tradizione di conversare, di raccontare, di fâ file. Ed è con questo spirito che da due anni nel magico periodo di San Giovanni, I dopo una intensa giornata dedicata a convegni su temi legati all’ecologia, si tiene la notte bianca. Il 2008 ha avuto per tema il paesaggio e la notte bianca (21/06) è stata animata dal Gruppo Folkloristico Val Resia, che in poche ore ha fatto conoscere ed apprezzare gli usi, i costumi e la lingua della vallata, iniziando i presenti LETTERE 17 Disagio giovanile Trovare altri centri di aggregazione ell’antica cittadina di N Gemona, la popolazione giovanile ricopre ruoli sempre meno importanti, vengono sempre meno presi in considerazione e sono oramai “dimenticati”, lasciati alla mercé di bar e pub, unici centri concreti di aggregazione giovanile nel gemonese. Con questa lettera, dunque, voglio portare all’attenzione della popolazione della cittadina la mancanza di punti di ritrovo per i numerosi giovani gemonesi che piano piano rischiano di cadere nel tunnel dell’alcool o della droga per sfuggire alla noia di una bellissima cittadina storica dimenticata. Molti esempi sono a noi sfortunatamente familiari: negli ultimi quattro anni infatti abbiamo avuto morti dovute all’abuso di alcool o droghe e un’infinità di ritiri di patente o incidenti dovuti allo stato di ebbrezza dei giovani al volante. Chiedetevi il perché di questi orrendi fatti e troverete risposta nella mancanza di attenzione verso il futuro di Gemona: i giovani. Noi giovani chiediamo dunque al Comune di Gemona un luogo di ritrovo sano e tranquillo ove noi potremo ritrovarci e poter passare del tempo insieme, poter parlare discutere e scambiare idee; o dilettarci in ciò che interessa molti giovani del luogo: la musica. La musica come un grande collante è ciò che accomuna i giovani del gemonese oltre ai bar e i pub. Molti di noi infatti si divertono a fare musica e, oltre a dilettanti, troviamo molti musicisti veramente dotati che sfiorano livelli di anche ai principali passi della tipica danza resiana. Si è tenuta altresì una videoproiezione sul paesaggio da un’esperienza svolta nel biellese. Fondamentale la presenza del C.I.S.O. con gustose prelibatezze! Il giorno seguente tutti in bici in un itinerario nel gemonese che ha dato l’opportunità di scoprire scorci, storie e persone! Si è poi tenuta (22/08 – 07/09) la mostra Patch Four in un duplice allestimento (Mulino Cocconi e Palazzo Calderari a Venzone). Quattro artiste del patchwork si sono cimentate per la seconda volta (la prima mostra risale all’estate 2006) nella realizzazione di vere e proprie opere d’arte con i blecs. Queste fantasiose creatrici sono: Loretta Di Gallo (di Gemona), Marina Gortana (di Artegna), Anita Normani (di Pavia di Udine) e Daniela Urbani (di Gemona). La novità di questa seconda edizione, che ha destato notevole interesse e curiosità, è stata l’idea di reinterpretare con la stoffa e secondo le tecniche del patchwork delle opere d’arte di artisti locali. Ecco quindi che Loretta ha presentato un’opera di Grazia Renier (nativa di Gemona), Marina un quadro di Carlo Trost, Anita un’opera astratta di Fabio Fonda e Daniela ha tratto spunto dalle ceramiche raku di Nadia Zanella. All’inaugurazione, gremita di pubblico, erano presenti anche gli autori delle opere originali in un piacevole confronto di tecniche ed emozioni. Questo nuovo uso del patchwork ha portato le nostre ad una recensione sulla rivista trimestrale Magic Patch – Il Patchwork (n°33 maggio/luglio 2008) e ad un riconoscimento ad honorem dall’Associazione Quilt Italia. Ognuna con il proprio stile, ognuna con la predominanza delle tinte preferite, ognuna con la propria storia, ma nello spirito comune del recupero e del riciclaggio, che è anche lo spirito traino dell’Ecomuseo! virtuosismo, ma che non possono essere notati o stimolati a causa della mancanza di posti liberi in cui suonare senza dare fastidio alla popolazione circostante. Non solo la musica interessa i giovani gemonesi, ma anche la ricerca di nuove forme di espressione potrebbe trovare grandi adesioni grazie alla novità dell’idea (teatro, pittura, giocoleria ecc.). Chiediamo dunque l’assegnazione di un locale dove possiamo liberamente esprimerci e passare del tempo insieme senza dover usare come scusante la birra o il tradizionale taglio di vino a diciotto anni. Assieme ad altri giovani di Gemona e dintorni ci impegniamo alla gestione del suddetto luogo grazie alla fondazione di un’associazione culturale giovanile affinché il progetto non Vi sembri un fatiscente castello sull’aria. In molti paesi del Friuli, anche molto più piccoli di Gemona, ciò e già stato messo in atto con grande partecipazione e grande entusiasmo della comunità: paesi come Moggio Udinese, Nimis e Palazzolo dello Stella. Chiedo ai giovani veramente interessati e capaci di portare avanti seriamente il progetto, di dare la propria adesione, di far sentire la propria voce; spingo affinché molti altri trovino la forza e la voglia di migliorare la NOSTRA cittadina, di reimpossessarci di ciò che il Comune ci ha privato: una giovinezza libera, spensierata, stimolata e appoggiata. Clovis Giuseppe Scionti A PROPOSITO DI “GIOCHI DI GUERRA” Cronaca di una passeggiata abato 11ottobre pomeriggio mi reco al Lago Minisini di Ospedaletto per fare una passeggiata con mia figlia e le mie nipotine. Improvvisamente sentiamo un rumore di spari e vediamo degli individui vestiti con abiti militari e con il viso coperto che simulano un'azione di guerra. Uno di loro ha puntato la pistola contro di noi. Le bambine, ma pure noi, ci siamo spaventate. Ho S subito avvertito i Carabinieri anche perché lungo il tratto del sentiero non c'era nessun cartello di avviso, come dovrebbe essere previsto per questo tipo di attività. I Carabinieri mi hanno riferito che questi così detti “giochi di guerra” sono consentiti … ma in quel luogo di così grande valore naturalistico non dovrebbe prevalere la pace e la serenità? Piera Londero Elezioni comunali ella primavera prossima saremo chiamati a rinnovare gli amministratori del nostro Comune. E' una opportunità per rinnovare la nostra classe dirigente affinché nuove idee e nuovi progetti possano rendere migliore la nostra città. Quello che però, sino ad oggi, è dato di sapere sui possibili candidati alla carica di Sindaco non va certo in questa direzione: l'attuale Sindaco Gabriele Marini pare non intenda rispettare la dichiarazione, resa in un'assemblea pubblica, di ritirarsi alla fine di questo mandato; l'ex Sindaco Disetti, sonoramente bocciato nelle ultime elezioni regionali, si ripropone come il nuovo Mosè; non di meno i Sindaci del terremoto Benvenuti e Sandruvi. Il Sindaco del terremoto nel 1976 aveva meno di 35 anni: non è il caso di lasciar spazio a qualche giovane! N GIOVANI ARTISTI 18 I tatuaggi su carta di Luxart Il mondo di Lucia Collini, che dal buio di oggi spera la luce di domani vocabolario Garzanti Ichil2007appartiene definisce dark “che, a un movimento giovanile sorto nei paesi occidentali tra gli anni Settanta e Ottanta del Novecento, che esprime attraverso l’abbigliamento di colore nero una vocazione al pessimismo, sostenendo una visione cupa della vita e amando atmosfere gotiche e decadenti”. Sinceramente pensavo che il movimento dei dark fosse ormai storia “antica” degli anni ’80, invece mi sbagliavo. Mesi fa la redazione di P&M ha ricevuto una segnalazione per la rubrica Giovani Artisti, che riguardava Lucia Collini. Mi sono messa in contatto con lei e dopo qualche esitazione ha accettato di raccontarsi. Non la conoscevo affatto e quando negli sms mi parlava delle sue origini egiziane e, quale indizio, per riconoscerla al nostro primo incontro, mi ha scritto “Io sarò quella più nera … Ah! Ah! Ah!”, sempre pensavo che si riferisse in qualche modo al colore della pelle, probabilmente olivastra e resa ancora più scura dall’abbronzatura estiva. Quando è giunta al luogo dell’appuntamento ho capito finalmente cosa intendesse dire: mi è apparsa una bella ragazza con gli occhi truccati come una regina egizia, completamente vestita di nero, ma che proprio in quegli occhi, messi esasperatamente in risalto dalla matita nera, di cupo, pessimistico e decadente non c’era proprio nulla, anzi mi ha dato subito l’impressione d’essere una ragazza vitale e brillante. E’ chiaro che il suo aspetto attiri inevitabilmente l’attenzio- Le origini del tatuaggio Il tatuaggio è caratteristico di quasi tutte le società tribali. Ma la culla dell’arte del tatuaggio è l’Oceania. Tatuaggio è l’unica parola italiana, insieme a tabù, che derivi dalla lingua polinesiana. Nel 900 d.C. i maori, popolo di guerrieri e navigatori originari dell’Asia, sbarcarono alle Isole Cook e sulle coste dell’Isola del Nord della Nuova Zelanda. I maori hanno colonizzato gran parte del Pacifico dando vita a quella che oggi viene chiamata Polinesia. Tutte le genti di queste isole sono riconducibili all’unico gruppo etnico –linguistico dei maori. Certi motivi simili a quelli usati per decorare ceramiche Lapita dimostrano che è un costume diffuso da millenni. Era molto comune nelle Isole della Società e a Samoa e divenne un elemento caratterizzante della cultura delle Isole Marchesi e della Nuova Zelanda, dove uomini e donne si decoravano gran parte del corpo e del viso. In Nuova Zelanda il moko (il moko è anche un animale autoctono e precoloniale, simile al ramarro), tatuaggio che le donne portavano sul mento (raramente si eseguivano su polsi, fronte e seno), era praticato con motivi curvilinei simili a quelli raffigurati nelle sculture. Anticamente, in buona parte della Polinesia, il tatuaggio era praticato nella pubertà come una sorta di rito iniziatico. I disegni cutanei erano talismani: proteggevano da malattie e malocchio ne dei passanti: “A Gemona mi guardano male per il mio aspetto e allora esco poco ... Vedendomi, metto paura, ma poi dicono che sono abbastanza simpatica!”. Lucia Collini nasce a Gemona nel gennaio 1990 da papà gemonese e da mamma egiziana de Il Cairo. In questa famiglia multiculturale, Lucia cresce nel massimo rispetto e libertà di scegliere ciò che di ogni cultura più le aggrada, più le appartiene, senza alcuna imposizione dai genitori. Seppur rimpianga di non portare un nome più esotico, la sua anima e la sua mentalità sono in predominanza italiane, friulane, perché qui è nata e cresciuta. Lucia abita in Taviele. La sua passione innata per il disegno la spinge a iscriversi all’Istituto d’Arte G. Sello di e infondevano coraggio. I motivi tatuati rappresentavano totem (tiai) o antenati (tupuna) ed erano scelti secondo età, sesso, clan o rango. Certi motivi manifestavano una distinzione sociale: erano riservati a capi e sacerdoti. Il tatuaggio aveva implicazioni spirituali, estetiche e persino erotiche, l’assenza di tatuaggi poteva essere motivo di rifiuto. Alle Marchesi e nelle Isole della Società il tatuaggio veniva praticato con una dolorosa tecnica incidendo la pelle con denti di maiale per poi colorare con tintura di carbone fossile. E ancora più cruenta era la tecnica usata dai maori della Nuova Zelanda: la pelle veniva tagliata con ceselli di osso e quindi s’infilava nell’incisione del pigmento bluastro con uno scalpellino dentato. Una lunga tortura a cui i guerrieri si sottoponevano senza lamento. I motivi del tatuaggio variavano in ogni arcipelago: erano geometrici (losanghe, cerchi, greche, stelle, fasce e tratti intermittenti) o figurativi (animali, cocchi, scene di combattimento). Con l’arrivo dei colonizzatori europei e dei missionari (nelle Isole Marchesi giunsero nel 1842) furono banditi in tutto il Pacifico: la pratica della nudità, i tatuaggi, che resistettero solo nelle Western Samoa, le danze e le sculture, perché raffiguravano divinità pagane. Così, mentre la parola polinesiana veniva adottata dalle maggiori lingue europee e il tatuaggio diventava un costume diffuso tra i Udine nella sezione Rilievo e Catalogazione, ma la bocciatura nell’anno scolastico 2006-2007 la porta a cambiare totalmente indirizzo di studi, ricominciando tutto da zero presso l’Istituto Professionale B. Stringher nel settore alberghiero, con l’intenzione poi di prendere la specializzazione in sala – marinai di tutto il mondo, dalle Marchesi alla Nuova Zelanda i maori dimenticarono uno degli elementi chiave della loro tradizione. Sull’onda delle rivendicazioni culturali, nei primi anni ‘80 Tavana Salomon reintrodusse l’uso del tatuaggio nella Polinesia Francese. Sorsero vere e proprie competizioni di tatuaggio al Festival of Pacific Arts, la kermesse che ogni 4 anni raccoglie in un diverso arcipelago tutte le espressioni artistiche del Pacifico. Quanti fossero prima dell’arrivo degli europei non si sa, ma oggi (1998) i maori, sono 405 mila, concentrati specialmente nella North Island e combattivi quanto basta per ottenere il “risarcimento” delle ingiustizie subite durante la colonizzazione. Il risarcimento maori si nota anche nel ripristino degli usi: oggi in certe città è normale salutare alla maniera antica, toccandosi il naso per scambiarsi il maurihora, il soffio della vita, si gioca con le poi, palle di spugna usate come yo-yo, si balla la haka, la grottesca danza che si esegue a suon di smorfie con la lingua, e la gente si tatua nuovamente, sì per moda, ma soprattutto quale simbolo culturale da mostrare con orgoglio e spirito d’indipendenza. Tratto da: di Marco Moretti Isole del Pacifico – Tahiti Cook Tonga Samoa Fiji - ed. ClupGuide Utet Libreria s.r.l. Torino; TuttoTurismo n°228 Gennaio 1998 e n°231 Aprile 1998; Enciclopedia Europea – Garzanti 1979 19 scuole: tatuaggi tribali - Si rifanno soprattutto alla tradizione maori della Nuova Zelanda e di buona parte delle isole dell’Oceano Pacifico (vedi riquadro di approfondimento). Sono opere astratte dalle linee e forme geometricamente sinuose. A lei piacciono soprattutto per la simmetria delle esecuzioni e per soluzioni compositive infinite. Predomina il sole: una qualche necessità di luce, di speranza e di bellezza della vita in un vivere totalmente in black and white; i pagliacci – Non sono certo i pagliacci spassosi dei circhi, ma inquietanti personaggi, che ricordano piuttosto IT di Stephen King, indiscusso re della letteratura horror, oppure il Jocker del fumetto di Batman. Clown diabolici con sguardo malefico e sorriso ghignante quindi, ma anche malinconiche maschere, dei Pierrot con l’eterna lacrima sulla guancia. E’ attratta dal lato triste delle cose per contrastare la visione serena del mondo che per molti così sereno non è: “Qui siamo abituati a vivere una realtà un po’ distorta, anche a causa della tv, che nelle sue pubblicità dipinge il mondo, la famiglia, la vita … sempre col sole, col sorriso, con case belle, lussuose e linde, invece ci sono guerre e scontri ovunque e molti arrivano con difficoltà a fine mese. E poi ci sono le trasmissioni, tipo Lucignolo, che propinano come modello di vita quella dei lustrini, delle mega feste, delle veline e delle soubrettine, denudate in tutto anche nell’anima.”; old school – Di ritorno dalle loro spedizioni, L’opera con cui ha vinto un concorso bar “… perché si sta con la gente; è divertente, anche se faticoso, ma l’importante è che si stia a contatto con la gente …” , ma l’ambiente “libero” dell’Istituto d’Arte le manca alquanto. Lucia è giovanissima, appena diciottenne, ha un carattere forte, ma profondamente indeciso e in continua ricerca di una sua personalità e di identificazione in uno stile, in una moda, passando dal mondo hip hop, quando non è che una dodicenne, per ora essere una dark, look che sceglie per il suo interesse per la musica metal, per le motociclette, ma soprattutto per i tatuaggi: “Tatuaggi e musica sono un binomio indissolubile”. Ed è proprio all’arte dei tattoo che Lucia si dedica. Lei non ne porta “perché i miei non vogliono” e, non avendo l’abilitazione, che si ottiene dopo corsi e anni di praticantato, non ne ha mai tatuato alcuno, però si diletta a disegnarli per amici tattoo makers o per studi specializzati in quest’arte, cedendoli tramite internet. Sempre via internet, i suoi disegni sono stati richiesti anche da band musicali, tra cui una di Roma, per la copertina del proprio cd. Le sue opere, che lei definisce tatuaggi su carta, seguono diversi stili, diverse GIOVANI ARTISTI il capitano Cook e gli altri pionieri del Pacifico portarono a casa, dipinti sulla loro pelle, questi originali souvenir, dando così inizio alla lunga tradizione che lega i marinai ai tatuaggi. Questo stile riprende i tatuaggi di marinai e carcerati degli anni ’30 del Novecento. I soggetti più ricorrenti riguardano soprattutto quanto appartiene al “Un uomo con la maschera antimondo marinaresco, ma gas, sciolto dai suoi stessi veleni” anche fiori, rose in partile Un Blanc e un Neri, di colare, serpenti e provocanti cui cura la grafica di volantipin up; ni e manifesti, oltre al decoil fumetto / fairies – I suoi ro estetico della sede (Via primi disegni erano molto Velden). ispirati ai manga giapponesi Una sua fonte d’ispirazione e apprezza molto anche lo è la lettura delle opere di stile di Milo Manara, che dai Charles Baudelaire (1821primi anni ’80 s’impone nel 1867), che ammira per “la mondo dei fumetti con uno decadenza, la tristezza, la stile morbido e sinuoso, con sensibilità e il malessere fanciulle dalle lunghe gambe interiore che emergono dai e lunghe chiome, protagoni- suoi scritti; è stato un persoste di sensuali vicende (da naggio molto contestato Tv Sorrisi e Canzoni – giu- all’epoca, ma che non ha gno 1996 100 volte mai smesso di mostrarsi così GULP!). com’era …”. Nelle opere di Compaiono però anche Lucia si ritrovano un po’ le misteriose fate (fairies), per- atmosfere di fantasticheria sonaggi effimeri dell’univer- (rêverie) dello scrittore, so fantastico; poeta e prosatore parigino, dark - E’ un continuo moni- quel leggero velo che tenta to a vivere al meglio la vita, di coprire la vera e dura godendone ogni suo secon- realtà, che però incombe do, perché la fine, la morte, è inesorabile. E la vera e dura sempre in agguato in un’in- realtà ha ispirato quella che cessante sfida contro il Male, potrebbe essere la prima che forse troppo spesso tira i opera a tempera su tela di fili di questa vita infelice e Lucia: un uomo con la malsana. Sono opere inquie- maschera antigas, sciolto dai tanti nel loro simbolismo, suoi stessi veleni, inquinama che invitano a riflettere mento e guerre (vedi foto). su quanto il Male predomini E’ proprio la voglia di spetroppo spesso sul Bene. ranza, della speranza in un Non disdegna anche soggetti mondo migliore, che spinge quali farfalle, insetti e ragni. questa ragazza ad evidenziaLucia non ha finora preso re solo i lati più dark della parte ad alcuna mostra, ma vita, ma se inizialmente si ha partecipato con successo firmava Killer (da occhio ad un concorso internazio- assassino), ora ha scelto di nale di disegni su muro, firmarsi Luxart, dal suo sempre tramite internet, che nome Lucia, da luce: uno l’ha portata a classificarsi spiraglio di luce e una sfuprima nella cosiddetta Sezio- matura di colore stanno ne Pennelli e quinta in asso- facendo capolino nella vita luto tra tutti i partecipanti. di questa figlia dei faraoni. L’opera, con cui ha vinto, è Per contattare Lucia Collini: in fase di realizzazione (vedi cell. 340 0522652 oppure foto) presso la sala prove [email protected] dell’Associazione CulturaMaria Copetti SPORT 20 50 anni di pallacanestro La storia e i primi passi della pallacanestro a Gemona ono trascorsi ben 50 anni dal campionato C.S.I. Seniores 1958/1959, quando la squadra Pio Gabos (PG) diede ufficialmente l’avvio al gioco della pallacanestro a Gemona. S Se nel libro Gemona, Gemona, Gemona (ed. Pro Glemona – 1999) l’autore, Tito Cancian, afferma che a Gemona si giocasse a pallacanestro già alla fine degli anni ‘30, nel cortile delle scuole elementari di via Dante, solo dal 1957 Gemona può contare su una vera e propria squadra di basket. Nell’estate di quell’anno un gruppo di giovani decide di costituire una squadra di pallacanestro. Il nucleo iniziale è formato da Silvano Contessi e Renato Candolini, a cui si unisce Pietro Pieri Salvador. Vengono allora presi i primi contatti con i Padri Stimmatini per ottenere l’uso della palestra della Scuola Media Aristide Benedetti, dotata di un solo canestro e derivata dal vano del- l’ex chiesa dell’oratorio. E così hanno inizio i primi allenamenti. Nel frattempo a questi primi pionieri si avvicinano Gianfranco Contessi, Romano Biasutti ed Enzo Pischiutti e poco dopo, ancora giovanissimi, Pier Enzo Stafutti, Virgilio Candolini, Alfredo Contessi, Vittorio Colaone e Igino Visentini. Il vano dell’ex chiesa, nonostante tutta la buona volontà, non si può proprio ritenere adatto a giocare a pallacanestro, pertanto si cerca ospitalità presso la palestra dell’ex G.I.L. – Gioventù Italiana Littorio (oggi collocabile tra la Stazione FS e l’Eurospar in via Dante) gestita dal Commissariato per la Gioventù Italiana e affittata dal Comune di Gemona al locale Istituto Professionale di Stato. Superata tutta una serie di difficoltà, questi caparbi giovani ottengono il nullaosta del Preside per l’impiego della palestra e l’autorizzazione all’uso dal sindaco on. Luciano Fantoni. Con i dovuti lavori di risistemazione il La prima formazione del 1957 campo viene segnato e la squadra punta al Campionato C.S.I. Juniores. A tal fine si rivolgono a Bruno Cragnolini, allora Presidente dell’Unione Sportiva Pio Gabos dell’Oratorio degli Stimmatini, per aggregarsi a quella società sportiva, che era già affiliata al C.S.I. (Centro Sportivo Italiano) con una squadra di calcio. Era anche necessario avere la firma dell’assistente ecclesiastico, condizione indispensabile per potersi iscrivere al campionato. L’8 dicembre 1957 (Festa dell’Immacolata) la squadra di pallacanestro Pio Gabos gioca la sua prima partita a Udine al Collegio Bertoni in un incontro amichevole contro la squadra dei convittori del collegio stesso. Successivamente prendono a far parte della squadra anche Piero Cotti, Flavio Morgante, Giuseppe Urbani. Grazie all’interessamento di Sergio Venchiarutti, consigliere della Società Pro Glemona, e all’approvazione dell’allora Presidente, dott. Antonio Antonelli, nel 1958 la squadra cestistica gemonese La pallacanestro femminile a Gemona n Italia il primo campionato femminile di pallacanestro risaITriestina. le ufficialmente al 1930, vinto peraltro dalla Ginnastica Tito Cancian riporta in Gemona, Gemona, Gemona che, dalle cronache locali dell’epoca, nel 1938 a Gemona ci fosse una squadra femminile, composta dalle seguenti giocatrici: Teresa Comis, Marini, Morandini, Giovanna Pasini (cap.), Clara Placenzotto, Maddalena Schettino e Liliana Treu. Proprio di recente (3/9/2008) sul Messaggero Veneto è stata pubblicata una bella fotografia, datata 9 ottobre 1938: si sta disputando nel campo sportivo di San Daniele la partita di pallacanestro femminile San Daniele – Gemona, vinta 45 a 7 dalle padrone di casa!!! Giovanna Pasini (classe 1921) mi ha raccontato: “Avremo iniziato a giocare a pallacanestro verso il 1936 con la G.I.L., sotto il Fascio. Ci allenava Pieri Kilot presso il cortile della scuola elementare. Era un gioco ancora poco conosciuto, poco popolare. Ricordo che indossavamo una gonna di cotone azzurro, per la precisione di rigadin (rigatino), quello prodotto da Toi (fabbrica e rivendita di tessuti della fam. Venturini in Via Cella), e una maglia bianca. Io ero la capitana, ma la Treu, ad esempio, era molto agguerrita. Abbiamo giocato diverse volte a Udine; facevamo dei bei cesti e il pubblico ci applaudiva. Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale avevamo già smesso di giocare”. Amalia D’Aronco ved. Comis mi ha confermato che la cognata, Teresa (1919 ca. – 1996), fosse una grande atleta a cui piaceva molto la corsa. La Comis era molto amica di Clara Placenzotto, che, nativa di Udine, venne ad abitare da una zia a Gemona, per poi emigrare in Venezuela con il marito Italo Elia. 9 ottobre 1938: partita di pallacanestro femminile San Daniele-Gemona (foto di Ciro Barnaba/Buja - archivio Ezio Gallino/San Daniele) Tra il 1959 ed il 1960 si tenta nuovamente di costituire una squadra di pallacanestro femminile, allenata da Silvano Contessi e Pietro Salvador, ma nonostante l’entusiasmo e le numerose adesioni, per impegni di lavoro dei responsabili, la squadra deve sciogliersi poco dopo la sua costituzione. Nel 1974 si concretizza finalmente il progetto di una sezione femminile, la cui attività proseguirà fino al 1986. Sfortunata proprio la pallacanestro femminile a Gemona! Però dal 2004 è iniziata una campagna di reclutamento di giovani cestiste, che ha portato l’Ass. Gemona Basket A.S.D. a riproporre nel 2007 una squadra femminile nei campionati giovanili. SPORT 21 ottiene il sostegno della Pro Glemona (PG), che allora era dedita stabilmente anche alla gestione e all’organizzazione di eventi sportivi. Questo passaggio permette alla squadra di portare con orgoglio il nome di Gemona, di disporre di un’organizzazione societaria più radicata ed efficiente, di poter pagare le spese, fino ad allora sostenute dai singoli giocatori, di poter affrontare gli impegni futuri con maggior tranquillità, di ottenere con più facilità il rinnovo dei permessi per l’uso della palestra. Il geom. Nello Venchiarutti, allora Vice Presidente della Pro Glemona e Comandante del Corpo dei Vigili del Fuoco, assicura l’attrezzamento a campo di basket del cortile dei Pompieri (che aveva sede in quello che era l’ex convento di frati nei pressi della Chiesa di Santa Maria delle Grazie, oggi collocabile nell’ambito della Casa dello Studente) per giocare le partite del Campionato di Prima Divisione. La Società Pro Glemona nomina Responsabile Tecnico Pietro Marini Kilot e tesoriere Luigi Copetti Barbîr. Per partecipare al Campio- nato C.S.I. Seniores 1958/1959, alcuni giocatori si vedono costretti a ritoccare la data di nascita, perché l’età massima consentita era di ventuno anni e alcuni l’avevano già superata, ma troppo importante era partecipare … Per quel campionato le partite in casa si svolgono nella palestra ex G.I.L.. La sponsorizzazione di Agipgas permette l’acquisto delle mute da gioco, confezionate coi colori di Gemona dalla magliaia di Piovega, Adriana Marini. Fatto il corredo, viene introdotta la richiesta di affiliazione alla F.I.P. per disputare il Campionato Provinciale di Prima Divisione. La squadra è composta da: Silvano Contessi (cap.), Pietro Salvador, Renato Candolini, Pino Pennasilico (di Tarcento), Enzo Pischiutti, Gian Franco Contessi, Virgilio Candolini, Pier Enzo Stafutti, Giuseppe Urbani, Piero Cotti. Nel ’59 si inaugura il campo nel cortile dei Vigili del Fuoco; in tale occasione la squadra gemonese riesce a battere per quattro punti il Ricreatorio Festivo Udinese, campione nazionale C.S.I.. In seguito alla rosa di gioca- Campioni gemonesi in Nazionale ederico Bellina nasce a Gemona nell’ottobre del 1979. Federico centra i suoi primi canestri e si forma nella Gemona Basket. A sedici anni, viste le sue indubbie capacità, intraprende la carriera sportiva, andando a giocare con la squadra Juniores di Gorizia (da A2 a A1). Ha poi fatto parte di importanti squadre italiane come la Spar Pesaro in B1 (per 1 anno) e il Pavia, da B1 a A2, (per 5 anni), allenato da Martellos di Udine. Il primo contatto con la Nazionale risale al febbraio 1995, evento che ha emotivamente coinvolto anche la società gemonese, essendo il primo atleta di quella fucina di cestisti ad arrivare a quei livelli. Ha poi giocato numerose partite nella squadra Juniores della Nazionale Italiana, mentre con la prima squadra ha partecipato solo ad alcuni raduni. E’ tale la sua voglia di giocare, che ha rinunciato a certi ingaggi in squadre di serie A1 per non rischiare di rimanere in panchina, preferendo invece squadre minori, dove però si gioca e pure molto, tanto da essere stato definito l’americano bianco a Pavia! La famiglia di Federico abita a Campolessi, mentre la vita del nostro gigante, è alto infatti 2.04mt., si svolge in Lombardia, dove attualmente F Federico Bellina quando giocava con la Gemona Basket tori si aggiungono: Claudio Sandruvi, Luigi Della Torre, Enrico Londero, Carlo Contessi, Bruno Rosso, Romeo Ruzzante, Maurizio Burelli, Paride Banelli ... Pertanto si provvede all’iscrizione al Campionato C.S.I. Allievi. Per un paio d’anni (1962 – 1963) l’attività cestistica gemonese s’interrompe per i troppi impegni dei dirigenti e degli allenatori, ma nel 1964 Dario Zanghi, venuto a Gemona da Udine, propone a Renato Candolini di rilanciare il basket. Conseguito il patentino di aiuto-allenatori, per alcuni anni prepareranno la squadra, passando poi il testimone a Giovanni Della Savia. Da qui rinasce la storia della pallacanestro a Gemona. Della Savia è stato in seguito il maggior promotore di una seconda rinascita del basket gemonese, quella del post terremoto. Per far fronte alle spese di questa attività, alla fine degli anni ’60 la Pro Glemona chiede la sponsorizzazione della ditta Cumini. E’ di questo periodo il lancio dell’attività cestistica anche nelle scuole con una serie di corsi di minibasket. Nel 1969 s’interrompe per un anno la collaborazione con la Pro Glemona e la squadra si vede costretta a trasferirsi nel campo da gioco di Campolessi, grazie alla disponibilità dell’allora parroco don Amato Puppini. Assume il nome di San Marco e ad allenarla è Dario Zanghi. La squadra è un’ottima squadra, tant’è che quell’anno vince il Campionato Provinciale C.S.I. Allievi. I campioni provinciali sono: Roberto Lepore, Manlio Della Marina, Roberto Polano, Claudio Tuti, Umberto Feriani, Nesmi Stefanutti, Alessandro Forabosco e Bruno Vuerich. Ripristinati i rapporti con la Pro Glemona, essa proseguirà nel suo impegno fino al 1985, quando confluisce con la sezione cestistica della Nuova Atletica Gemona, creando l’Associazione Gemona Basket A.S.D. che, grazie a sponsorizzazioni come quella storica della società Bravimarket, può proseguire autonomamente l’attività. Nel 1975, infatti, sotto la guida del presidente Mario De Clauser, era sorta la Nuova Atletica Gemona (oggi Gemonatletica), che aveva dato vita anche ad una continua a pag. 22 gioca con la squadra di Casalpusterlengo (Lodi), passata in B1. Con il rammarico di non aver mai giocato a Gemona, alla quale è tra l’altro legatissimo, l’altro campione Azzurro è David Londero flec, nato in Svizzera nell’aprile del 1971. La famiglia è rientrata in Friuli nel ’75, prendendo casa a Fagagna. E’ nel vivaio fagagnese che David muove i primi passi tra i canestri, per passare poi al Feletto. Nel 1983 si trasferisce con la famiglia a Gemona. Avrebbe tanto voluto giocare con la squadra locale, ma in quegli anni non c’era il team della sua categoria e quindi deve proseguire gli allenamenti con il Feletto, che di tanto in tanto gli concede il nullaosta per disputare alcune partite con gli Juniores di Gemona, uniche occasioni di giocare con i gemonesi. Nel 1987 supera un provino a Reggio Emilia, dove si trasferisce e vi giocherà per ben 8 anni. A livello professionistico seguiranno anche le esperienze di Verona, Siena, … Questi sono gli anni d’oro del nostro campione, nel corso dei quali verrà convocato anche nella Nazionale Italiana. Dopo aver giocato in squadre italiane dei campionati di A1 e A2, da poco tempo è tornato definitivamente in Friuli e sta per iniziare il campionato con la squadra di Corno di Rosazzo, neopromossa in B2. E’ sposato con Elisa, figlia del cestista Pino Brumatti, ed ha 2 figli. David Londero ASSOCIAZIONI 22 Elementi Sotterranei - ElettroMenti Graffiti e incontri al campo sportivo Pascat l progetto “Elementi Sotterranei”, promosso dall’associazione Bravi Ragazzi, è un raduno di graffitiwriters e street-artists che è ormai giunto alla sua terza edizione. Venuto al mondo nel 2006 nei parcheggi sotterranei di Piazza del Ferro, si è poi spostato nel 2007 al parco di via Dante per poi approdare nel 2008 al campo sportivo “T.Goi” di Campagnola. Quest’anno i Bravi Ragazzi hanno potuto contare sulla preziosa collaborazione della Pro Glemona e del gruppo “Italia 143” di Amnesty International, che gli hanno permesso così di puntare a obbiettivi più alti rispetto alle precedenti edizioni. Infatti, se prima lo scopo principale della manifestazione era quello di permettere ai writers di esprimere la loro creatività sui muri di Gemona, in questa edizione si è voluto creare un luogo di incontro e conoscenza reciproca tra i rappresentanti della cultura hip hop, le associazioni gemonesi e i cittadini. Ecco quindi nascere “ELETTROmenti”, menti ELETTRiche, attive, sveglie e critiche, che lavorano in sinergia divertendosi e divertendo, ma stando ben attente a non dimenticare ciò che nel mondo ostacola ancora la libera espressione (a noi tanto cara) e ogni altra forma di libertà. Ed è proprio seguendo questo principio che i writers provenienti da Roma, Milano, Vicenza, Venezia, Monfalcone, Udine, Pordenone, San Giovanni e Gemona, (molti dei quali tra i più apprezzati in Italia) hanno dipinto i muri del campo di Campagnola. Ai “pezzi” dei writers si sono inoltre affiancate alcune associazioni con le loro proposte e attività (gruppo “Italia 143” di Amnesty, gruppo Special e Centro di Aiuto alla Vita). In serata, al gelido vento invernale che ha investito la manifestazione, si è contrapposta la calda musica dei R.Esistence in Dub e degli ospiti bellunesi i Mole Moon Walktet che hanno chiuso brillantemente la manifestazione. I commenti raccolti sono stati tutti positivi, segno che la strada tracciata da “Elet- troMenti” è giusta e va percorsa allargando ulteriormente le collaborazioni. Doverosi i ringraziamenti al Comune di Gemona, Pro Glemona, gruppo “Italia 143” di Amnesty International, gruppo Special, Centro di Aiuto alla Vita e soprattutto a tutte le persone che ci hanno aiutato, senza di voi non ce l’avremmo mai fatta! segue da pag. 21 propria sezione di pallacanestro, oltre a quella atletica. In seguito però, per non disperdere inutilmente energie e risorse in due squadre minori, le due società sportive sono giunte all’accordo di crearne una sola, unica, forte e competitiva, che ha in effetti dato i suoi frutti, passando dal campionato di promozione nel 1985 alla serie C1 nazionale nel 1991-1992. Quei primi anni ’90 sono stati senz’altro gli anni di maggiori soddisfazioni: Gemona aveva una squadra di pallacanestro tra le prime cinque più forti in Regione! Il presidente (Nuova Atletica Gemona) della “fusione” è stato Nicola De Pascale. Se la prima squadra ha registrato dopo il 1993 una continua regressione di categoria in categoria, passando dalla serie C1 nazionale alla serie D regionale, c’è stato dall’altro canto un notevole aumento di atleti tra i giovanissimi, passando dalle 50 unità del 2000 alle 200 di oggi. E’ stata scelta una politica di reclutamento soprattutto operando nelle scuole del territorio e nei Centri Estivi, creando così un notevole vivaio di cestisti, potenziali Bellina e Londero di domani, e la neoformazione di una squadra femminile, assente dai campi da gioco dalla metà degli anni ’80. Questi 200 ragazzi, seguiti in modo da valorizzarne ogni singola individualità, si allenano oggi in ben tre palestre gemonesi (Polisportivo, I.P.S.I.A. e Marchetti) e andranno ad alimentare la prima squadra della Gemona Basket. Gli ottimi piazzamenti ottenuti in questi 50 anni di storia sono merito, oltre ovviamente ai giocatori, anche alla costanza e alla dedizione di dirigenti quali Dario Zanghi, Enrico Londero, Calcedonio D’Antoni, Antonio Venchiarutti, Paolo Urbani, ... per citarne solo alcuni. Dal 1985 i presidenti che si sono succeduti alla guida dell’associazione sono: Silvano Iob, Mario D’Angelo, Loredano Bravi, Claudio Sandruvi e Alessandro Barbina, attuale presidente. Con particolare riconoscenza va il grazie ai molti giocatori, allenatori, dirigenti e collaboratori tutti, che hanno saputo portare avanti con tenacia ed entusiasmo la pallacanestro a Gemona, partita ben mezzo secolo fa nella palestra degli Stimmatini dal fervore sportivo di alcuni giovani gemonesi! Maria Copetti Bibliografia I Appuntamento per tutti alla prossima edizione di Elementi Sotterranei! www.elementisotterranei.net elementisotterranei@gmail. com Ass. Bravi Ragazzi - Pro Glemona cent’anni d’iniziative, a cura di Mauro Vale, ed. Pro Glemona 2004 - Guida all’Associazionismo e al Volontariato – Gemona del Friuli, a cura di Azienda per i Servizi Sanitati n°3 “Alto Friuli”, ottobre 2003 - dattiloscritto di Renato Candolini Si ringraziano per la preziosa collaborazione: Alessandro Barbina, Danilo, Emanuela e Marzia Bellina, Renato Candolini, Amalia D’Aronco, Ezio Gallino (che ha gentilmente concesso l’uso della fotografia), Ivo Londero, David e Stefania Londero, Giovanna Pasini, Claudio Sandruvi. Per altre informazione sull’Associazione Gemona Basket A.S.D. consultare il sito http://gemonabasket.page.tl 23 SOCIETA’ Sagre e... sagre Senza alcol a Torviscosa, ecosostenibile a Montenars e... alcolica a Gemona na festa senz’alcol? «Non verrà nessuno», «Sarà un flop», «Sarà la sagra con meno partecipazione della storia di Torviscosa». Viene da sorridere, oggi, a rileggere alcune delle opinioni raccolte tra la gente poco più di due mesi fa da «La Vita Cattolica» a proposito dell’intenzione di Torviscosa di organizzare una sagra senz’alcol. Persino chi approvava e sosteneva una scelta così coraggiosa obiettava che «però sicuramente la gente non ci andrà». Viene da sorridere perché la Sagra del perdon dal Tôr, dal 15 al 17 agosto scorsi, nonostante il maltempo di venerdì ha registrato il tutto esaurito e un’affluenza più alta di quella delle passate edizioni: biglietti della pesca finiti, lunghe code per un piatto di griglia e anche qualche mugugno per le file inattese. Saranno stati l’effetto curiosità, il tam tam mediatico o la volontà di esserci per non restare in silenzio di fronte al dolore che l’abuso di alcol provoca in tante famiglie. Difficile dirlo, fatto sta che l’assenza di alcolici non ha fermato oltre 3 mila persone, tra le quali anche molti giovani, che hanno dimostrato se ce ne fosse stato il bisogno - che ci si può divertire anche senza bere. «Non ci interessa proibire o demonizzare l’alcol - si leggeva in una lettera inviata dal consiglio parrocchiale alle famiglie pochi giorni prima U Si stima che il 45% degli incidenti stradali, il 40% degli infortuni sul lavoro, il 41% degli omicidi e l'85% delle violenze sessuali siano corre-lati con l'uso di alcol. Esso poi rap-presenta la prima causa di morte dei giovani tra i 15 e i 29 anni (1 su 4 muore a causa dell'alcol). della sagra -, vorremmo solo mostrare che se ne può fare anche a meno!». Messaggio passato e scommessa stravinta, dunque, quella lanciata dalla parrocchia e che ha trovato il sostegno convinto dell’Arcidiocesi, dell’amministrazione comunale e di tante altre realtà: Protezione civile, Polizia e Carabinieri, servizi sociali, Sert, Acat, scuole, progetto giovani, alpini e gruppo genitori. «Una vittoria di tutti coloro che hanno collaborato alla riuscita della festa, e sono stati in tanti - sottolinea il parroco, don Luca Anzilutti-, ma anche delle molte persone che sono venute e che, così facendo, hanno scommesso, a loro volta, sulla possibilità di “dare il buon esempio” e di stimolare una riflessione forte sul consumo di alcolici». Persone che hanno accolto l’invito lanciato dall’Arcivescovo, mons. Brollo, durante l’omelia della Santa Messa, domenica 17, ad essere attenti, come cristiani, alle sofferenze altrui. «È un risultato non da poco, che va letto in profonditàcommenta lo psicologo clinico e psicoterapeuta don Severino De Pieri -, segno che un disagio legato all’abuso di alcol è sentito e che molti, anche tra i giovani, sono determinati ad affrontarlo». De Pieri lo definisce un «bisogno di riconciliazione» al quale «i giovani sanno rispondere, se si offre loro la possibilità e la responsabilità di farlo». Così è stato a Torviscosa. Ne è nata una festa a dimensione di famiglia la cui «formula» ha decisamente convinto, anche nelle sue iniziative «collaterali»: di grande successo la caccia al tesoro, la cavalcata sui poni e i giochi organizzati dagli scout per bambini e ragazzi, ma anche gli stand dei giovani, di Polizia e Carabinieri, l’esposizione di macchine agricole e l’appassionante intervento di Pino Roveredo. Un successo auspicato, certo, ma che è andato ben oltre le aspettative. E il clima che si respirava era senz’altro diverso: più sereno, privo della pesantezza di “certi” discorsi e “certe” situazioni, spesso spiacevoli, che si creano quando qualcuno alza troppo il gomito. Alla fine, nessun ubriaco a «rovinare la festa» e nessun genitore preoccupato per il figlio che sale in auto «alticcio». Basterebbe questo a far dire che Torviscosa la sua sfida l’ha vinta. Ma il perdon ha fatto molto di più: ha dimostrato che quella che a tutti appariva come una «normalità inamovibile» alle sagre si beve alcol, e molto - può, invece essere scossa. Che, di fronte alle tante situazioni di sofferenza che l’alcol provoca nelle nostre famiglie, si può fare qualcosa di diverso dal voltarsi dall’altra parte. Valentina Zanella Articolo pubblicato da La Vita Cattolica del 23/8/2008 Per chi vuole approfondire tutta la vicenda della sagra di Torviscosa trova numerosi documenti sul sito del Coordinamento delle Associazioni culturali e di volontariato sociale:http://www.associagemona.org/?p=149 Sagra ecosostenibile: 80% di rifiuti in meno A Montenars la Festa delle castagne corre parallela alla salvaguardia dell’ambiente grazie alla pratica della raccolta differenziata, ma non solo. Da quest’anno, infatti la gran parte del materiale utilizzato in sagra (dalle posate ai piatti, dai sacchetti per le castagne ai contenitori per le patate fritte) è Mater-Bi. Si tratta di un materiale biodegradabile, derivato dall’amido di mais che presenta le stesse caratteristiche fisico-chimiche della plastica, ma può essere utilizzato con i rifiuti organici per produrre compost. L’iniziativa nostrana, portata avanti dalla Pro Montenars organizzatrice della sagra, era già stata sperimentata durante la festa dei roccoli lo scorso giugno. “Nei primi due giorni di sagra - ha detto Lida Agostinis, del comitato della Pro loco - abbiamo più che dimezzato la quantità di immondizie rispetto alla scorsa edizione” [da La Vita Cattolica del 4/10/2008]. E nel secondo fine settimana, dopo una attenta organizzazione, la riduzione dei rifiuti si è attestata intorno all’80%, ci racconta con orgoglio Lida. ... e a Gemona ritorna la COPPA CHIOSCO Mentre a Torviscosa il Consiglio pastorale parrocchiale e don Luca, giovane prete che tanti ricordano a Gemona, nel tentativo di sensibilizzare sul problema del consumo di alcol hanno organizzato la tradizionale Festa locale senza alcol, a Gemona si persegue l’intento opposto organizzando la “mitica coppa chiosco”, una gara a chi beve più birra! Lo scorso anno l’esperto Gianni Canzian scriveva a tal proposito che “la birra è certo una buona e simpatica bevanda, e il bere alcolici (almeno fra chi è maggiorenne, per gli adolescenti i rischi aumentano) non va né vietato né demonizzato, ma dimenticare che proprio l’eccesso di birra ogni anno lascia sulle strade buona parte dei 2000 giovani e giovanissimi sopra ricordati, è cosa che può fare il ragazzino che beve, ma non un’amministrazione pubblica, e neanche un comitato di borgata. … Insomma, bere birra va bene, ma indire gare a chi beve di più mi sembra davvero una scelta su cui riflettere”. Evidentemente l’auspicata riflessione tarda ad arrivare. 24 MOSTRE&POESIE LIBRO FOTOGRAFICO SU DI PIAZZA La memoria ritrovata l 10 ottobre è stato presentato presso Le Monelle il libro fotografico realizzato dalla Galleria Openspace Le Monelle intitolato “Foto Di Piazza, la memoria ritrovata”, che propone le immagini fotografiche recuperate dall’archivio storico dell’omonimo studio e realizzate tra gli inizi del ‘900 sino al 1945. Nell’occasione è stata donata una copia del libro alla Biblioteca Comunale di Gemona del Friuli. Come spiega l’autore dei testi Giorgio Rigon “Questa breve rassegna fotografica non pretende di descrivere compiutamente la cultura di un paese in un determinato periodo storico, vuole essere solo un piccolo saggio, un tentativo di penetrare, attraverso l’interpretazione delle immagini fotografiche, l’intima essenza di un’antica comunità”. L’archivio del fotografo Di Piazza, anche se mutilato a causa degli eventi sismici del 1976, è ancora ricco e merita di essere esplorato I fino in fondo. Il libro e la mostra, resa possibile grazie all’apertura dell’archivio fotografico della famiglia Di Piazza, celebra i 70 anni del palazzo “Di Piazza - Crapiz”, ora sede del Salone e Galleria Openspace Le Monelle, ed i 110 anni della fondazione della “Ditta Di Piazza”, proponendo gliscatti che miracolosamente sono stati recuperati dopo il sisma del 1976 e conservati negli archivi di famiglia. Una parte del libro è dedicata alle vedute di Gemona del Friuli e alle sue attività commerciali, una città che ben poco ha a che fare con l’odierna cittadina, e che per questo motivo, il libro e la mostra vogliono essere stimolo per una riflessione sull’importanza del recuperare quel patrimonio artistico e culturale perso con il sisma del 1976 e che ancora ora, dopo più di trenta anni dimenticato o abbandonato. www.lemonelle.biz/esposizioni/passatofuturo A proposito di mosaici ... Per ragioni si spazio, nello scorso numero di P&M non è stata pubblicata la bibliografia usata per redigere l’articolo I mosaici di Davide Shaer, che è quindi la seguente: di Sergio Tavano Aqvileia – i Patriarchi e l’Europa - pubblicazione relativa alla mostra “Patriarchi” giugno- dicembre 2000 - Lithostampa Pasian di Prato (UD) 2000 a cura di Giuseppe Bergamini Guida Artistica del Friuli Venezia Giulia Associazione fra le Pro Loco del Friuli – Venezia Giulia – Industrie Poligrafiche Friulane Maniago (PN) dic. 1999 di Graziano Marini La Basilica di Aquileia – Edizione Società per la Conservazione della Basilica di Aquileia – Centrostampa Monfalcone (GO) 1998 di Cirillo Molinari Guida storico-archeologica di Zuglio Carnico - Tip. Mazzoli Maniago (PN) febbr. 1997 di Gabriella Brumat Della Sorte Breve guida per una visita alla Basilica di Aquileia – Edizione Società per la Conservazione della Basilica di Aquileia Guido Clonfero Gemona del Friuli – Guida storico – artistica – Arti Grafiche Friulane – Tavagnacco (UD) – ottobre 1994. Glemone tal cûr Biele tu seis Glemone tornade a nassi come intune seconde vite piene di cjasis gnovis, buteghis, moviment di int. Distirade sot das tôs monts, par daûr il Cjampon, ferît dal taramot, in bande il Cuarnan, plui dolç e vert, cul spiç dal Glemine. Insomp, là su i cuei di Ospedalet e - in bande - la plane dal Taiament, jù planc, planc il borc di Maniae fin tal Orvenc e di là Artigne e Montenars adalt. Glemone tal gno cûr ogni dì, tal ricuart di cuant ch’i jeri frute, tal gno tabaiâ ch’al pant dulà ch’i soi nassude, ta dibisugne di scjampâ jù ogni tant a respirâ l’aiar di cjase vierzi il cûr cu la me int e passi i voi cjalantji. Spiant il Domo maestôs ... une perle dal nestri Friûl, lant a curiosâ tas antigais di vie Bini o cjalant il Palaç dal Comun, une bielece che ducj nus invidin. E chê bravure di dî: “i soi di Glemone” ancje se di Glemone no soi plui, di Glemone un toc dal gno cûr e da mê anime al sarà simpri. Gentilini Livia ai 21 di Mai dal 2007 Dopo aver scritto l’articolo su Davide Shaer, mi sono accorta che Gemona conserva diverse opere a mosaico oltre a quelle più note ospitate nel Santuario di S. Antonio. Presso la Chiesa Parrocchiale di San Marco Evangelista di Campolessi, il 16 febbraio 2003 sono stati benedetti il Tabernacolo e la Croce Absidale realizzati proprio a mosaico. L’opera è stata progettata dal geometra Dino Savorgnani e realizzata dall’artista Giulio Menossi con la “tecnica diretta su rete”: grazie ad un inclinazione delle tessere, la luce riflette su ogni tassello in modo diverso, mettendo particolarmente in risalto gli ori. Entrambi i mosaici riprendono le tinte blu, rosso e giallo delle vetrate in una continuità cromatica (informazioni gentilmente fornite da Dania). Altri buoni esempi si trovano nel Cimitero Comunale: il trittico dell’altare (S. Giuseppe con Bambino, Cristo Benedicente e Vergine Maria) della Chiesa di S. Giuseppe, il monumento ai partigiani della Seconda Guerra Mondiale (Ass. Partigiani Osoppo 1961), che raffigura un partigiano “crocefisso” in un intrico di filo spinato, la tomba monumentale della famiglia Elti e tombe di numerose altre famiglie gemonesi. Anche alcune ancone votive sono realizzate con la tecnica del mosaico: Vergine Maria sull’incrocio tra via Stalis e via delle Fontane, Crocefisso in via Monastero e Madonna con Bambino in via Venuti (per entrambe solo lo sfondo è a mosaico). Maria Copetti 25 METEOROLOGIA Un freddo settembre opo un inizio altalenate - come ricordato nel numero precedente, a giugno si sono registrati picchi sia di temperature minime che massime - l’estate è D 40 proseguita nella media, anche per le precipitazioni. Anche a luglio tanti giorni bagnati, 16. Un brusco calo delle temperature, invece, con l’inizio dell’autunno. Nella seconda metà di settembre in ben 5 giorni abbiamo avuto una minima mai stata registrata negli ultimi 70 anni. Quella del 29 settembre è stata di 4,4°, ben 7,5° gradi sotto la media. Un grazie ad Andrea Venturini e Massimo Marchetti per la collaborazione. Temperature minime e massime Media climatica temperature '77-'06 Piogge giornaliere T.C° 35 P.m180 m 160 140 30 120 25 100 20 80 60 15 40 10 20 5 0 1 4 7 10 13 16 19 22 25 28 31 Luglio 2008 3 6 9 12 15 18 21 24 27 30 2 5 8 Agosto 2008 11 14 17 20 23 26 29 Settembre 2008 Elettrosmog: problema sottovalutato? 21 novembre: serata informativa al Glemonensis ifacendomi agli articoli precedenti riguardo il piano delle antenne di telefonia mobile, piano approvato il 28 aprile 2008 in Consiglio comunale col voto della maggioranza, sono venuta a conoscenza che il Comitato contro l’elettrosmog assieme all’Associazione Borc di Plovie e con il patrocinio richiesto alla Comunità Montana del Gemonese invita la popolazione a una serata informativa in relazione all’inquinamento elettromagnetico che si terrà venerdì 21 novem- R bre alle ore 20.30 presso il “Glemonensis”. I relatori saranno: - prof. Angelo Gino Levis, già ordinario di Mutagenesi presso l’Università di Padova ha partecipato alla fondazione dell’associazione di promozione locale A.P.P.L.E. Associazione Per La Prevenzione e Lotta dell’Elettrosmog - della quale è stato il presidente, che farà un intervento su campi elettromagnetici e principio di precauzione con particolare attenzione ai conflitti d’interesse; - arch. Laura Masiero, presidente di A.P.P.L.E., che spiegherà l’importanza dell’informazione e del funzionamento di varie tecnologie in difesa della salute sia a livello scolastico che per gli adulti. Nell’articolo precedente riguardo all’uso eccessivo del cellulare da parte dei giovani sottolineavo problemi a livello sociale. Ora per quanto riguarda la salute i dati scientifici non sono solo epi- demiologici ma anche biologici. Quindi sarebbero da prendere in considerazione piccoli accorgimenti per evitare tali problemi: usare l’auricolare, evitare lunghe telefonate, telefonare quando c’è pieno campo, durante la notte non tenere il cellulare acceso sul comodino o, peggio, sotto il cuscino, durante il giorno non tenere il cellulare in tasca o a contatto con il corpo, non tenere acceso il cellulare negli ospedali, quando si effettua una chiamata attendere che venga data risposta prima di avvicinare il cellulare all’orecchio, l’uso del cellulare da parte dei bambini deve essere limitato, all’interno degli edifici il cellulare aumenta la sua potenza di emissione, all’acquisto di un cellulare controllare il livello delle sue emissioni. Quest’ultimo punto viene spesso sottovalutato: all’acquisto di un cellulare non si dovrebbe pensare solamente all’estetica ma anche al livello delle sue emissioni (le emissioni di trovano indicate nel manuale introduttivo del cellulare con la sigla TAS (Tasso di Assorbimento Specifico) o in inglese SAR. Più il TAS è ridotto meno radiazione emette il cellulare e quindi si corre meno rischi). Tutte queste sono piccole proposte che possono aiutarci molto. Jessica Bellina CARTOLIBRERIA COCCINELLA Cartolibreria Coccinella sas di Marina Lepore & C. Via Dante Alighieri 213 Gemona del Friuli tel/fax 0432.981305 [email protected] 26 SOLIDARIETA’ UNA VOLONTARIA IN BURUNDI Africa n questo articolo desidero parlare dell’Africa, del IBurundi, dove ultimamente ho trascorso 12 anni. Però, non so, mi sento come in dovere di metterlo in relazione col problema delicato e spinoso della “diversità” per cercare insieme di poter trarre qualche spunto di riflessione sulle due domande apparentemente contraddittorie: “Ma la diversità è un pericolo o potrebbe essere una risorsa?” Rientrata a Gemona e girando per il paese mi sono ritrovata a mormorare tra di me: “ma Gemona sta morendo!” D’occasione ho incontrato il nostro Sindaco e gli ho detto le stesse parole aggiungendo: “la nostra salvezza potrebbero essere gli Immigrati, ma tant’è, chi li vuole?” Leggendo qua e là ho trovato l’esempio di qualche Amministrazione comunale italiana intraprendente, la quale ha fatto dell’evenienza migratoria la sua salvezza. Quando mi chiedono com’è l’Africa, immancabilmente rispondo che semplicemente è il contrario di qui: là tanti bambini, qui pochi; là si muore di fame, qui si mangia troppo (vedi bimbi obesi); là tanti sorrisi, qui chi è che ancora sorride? E via di questo passo. Andando nelle scuole elementari di qui a far vedere le diapositive su come si divertono insieme i bimbi di laggiù, una nostra piccola ha commentato: “Però non è giusto, loro non hanno niente e sono contenti, noi abbiamo Gemona tutto e siamo tristi”. Do la preferenza al racconto di piccoli avvenimenti di persone in luogo di parlare di paesaggistica o di usi e costumi, ed ecco alcune piccole esperienze. La Goretti era una dipendente del nostro dispensario sanitario del Burundi. Al tempo della guerra aveva accolto in casa sua altri quattro bambini rimasti orfani, oltre ai suoi due figli. Un giorno è venuta da me a chiedere dei medicinali per un suo piccolo che era ammalato. Così, per caso, le chiedo se il piccolo ammalato era proprio suo figlio oppure un piccolo orfano adottato. Lei mi guarda male e, quasi arrabbiata, mi dice: “Che domande sono queste, è mio figlio, no”. E non mi risponde se il piccolino è suo figlio vero o è adottato. Anche il Ciza Andrea aveva, nell’emergenza della guerra, accolto in casa sua sei orfani oltre ai suoi quattro. Dopo un po’ di tempo si voleva alleggerirlo di qualche piccolo, ma lui non ha voluto saperne: “Mi chiamano già papà”, ha detto come argomento convincente. Un ragazzo adottato era cieco. Lo si vede nella foto: è quello che cerca di coprirsi gli occhi con la mano. Credo in Africa, e in Burundi sicuramente, non sono mai esistiti orfanotrofi. Alcuni li abbiamo costruiti noi europei. Desidero anche parlare di un sacerdote-poeta: Kayoya (pronuncia Caioia), ucciso durante gli avvenimenti del 1972 (loro lo chiamano così l’eccidio di quegli anni). Per questo sacerdote il pericolo numero uno è che i giovani burundesi, perduta la loro originaria identità e cultura, si lascino ammaliare dai beni materiali dell’Occidente. Lui era vissuto e aveva studiato anche in Europa, per cui conosceva questi pericoli. Ha scritto due libri: uno intitolato “Tra due mondi” e uno “Sulle orme di mio padre”. Di quest’ultimo ecco uno stralcio a pagina 52: “Mio padre non voleva mai che si studiasse l’uomo E’ il nemico che studia una persona Per sorprenderla Non si studia un uomo Si cerca di avvicinarsi a lui per comunicare Si cerca di comunicare per instaurare con lui una vera comunione Per mio padre, la parola non è un prodotto dell’intelligenza, ma rivela un “pezzo di cuore” Per questo egli dona “dal cuore per ricevere dal cuore” No, egli non dona per ricevere Si mette con l’altro, si mette nell’altro per passare con lui un attimo di vita Per questo parlando di madre, non diceva che aveva una moglie Ma “io sono con mia moglie”. E così per tutto. Lo sorprendevo a dire: “Io sono con una casa Io sono con un vicino Io sono con otto figli Io sono con una proprietà Io sono con una vacca”. Come si vede da questo brano, sono insiti nella loro cultura la supremazia della relazione e la ricchezza del…non possesso. Certamente il bene e il male c’è sempre dappertutto, però alcuni pregi sono peculiari di questi popoli. Cose che forse noi stiamo perdendo. Forse un innesto di reciprocità di valori potrebbe essere positivo. Chissà… il dubbio è legittimo. Sul tema della reciprocità, in particolare quella sul piano economico, mi è stata suggerita la domanda: “ma noi cosa diamo a questi popoli?” Per la risposta sarei contenta di esprimere in un futuro, ancora su queste pagine, due esperienze concrete in merito. Per ora non mi resta che mandarvi un saluto con il sorriso amabile delle donne di laggiù. Teresa Zearo Singila: l'Africa ringrazia! e offerte della vendita dei libri scritti da Lea Nicli D’Andrea sono giunti a destinazione presso i due dispensari delle Suore Francescane nella Repubblica Centrafricana e questo è il grazie di Sr. Elisabetta (Niem – nella foto) e di Sr. Maria Giulia (Maïgaro) con la “matrone” (l’ostetrica – in piedi al centro), alcuni collaboratori e infermieri. Dalla lettera di Sr M. Giulia del 2/4/2008: “… Ho letto i libri e mi sono piaciuti … ho trasferito queste vicende a L quelle vissute oggi dai nostri fratelli centrafricani … quanta sofferenza sempre e dovunque! La stessa, frutto di un male che è nell’Uomo e che non guarisce, nonostante Cristo sia venuto e ci abbia offerto la sua Salvezza! …”. Dalla lettera di Sr. Elisabetta del marzo 2008: “… Grazie per quello che fate per la missione! … qui il lavoro non manca; mentre sto scrivendo questa lettera ho avuto due parti!…”. Maria Copetti Associazioni aderenti al Coordinamento A.C.A.T. – Associazione dei Clubs degli Alcolisti in Trattamento, A.T.Sa.M. – Associazione Tutela Salute Mentale, AUSER Alto Friuli, Associazione per l’autogestione dei servizi e la solidarietà, A.V.U.L.S.S. – Associazione per il Volontariato nelle Unità Locali dei Servizi Socio-Sanitari,- Amici del Laboratorio Internazionale della Comunicazione, Amnesty International – Gruppo Italia 143, Associazione “Un blanc e un neri”, Associazione “Bravi Ragazzi”, Associazione Buteghe dal mont – Glemone, Associazione Culturale Friûl Adventures – Fiore, Associazione Culturale Pense e Maravee, Associazione Musicologi, Associazione Pro Loco Pro Glemona, Associazione storico-archeologico-culturale “Valentino Ostermann”, C.A.V. – Centro Aiuto alla Vita, C.I.D.I. – Centro territoriale d’Iniziativa Democratica degli Insegnanti della Carnia e del Gemonese, Centro Giovanile Parrocchiale Glemonensis, Comitato per la Costituzione, Comitato per la Solidarietà di Osoppo, Gruppo Caritas della Parrocchia di S. Maria Assunta di Gemona, Gruppo Missionario della Parrocchia di S. Maria Assunta di Gemona, Gruppo Scout AGESCI Gemona 1, Gruppo Special – Amici si può PAGINA DEL COORDINAMENTO DELLE ASSOCIAZIONI CULTURALI E DI VOLONTARIATO SOCIALE DI GEMONA Educarsi all’accoglienza e all’azione nonviolenta Le ultime attività del “clan” scout di Gemona Da anni il gruppo Scout Agesci di Gemona opera nel nostro territorio con una ricca serie di proposte educative rivolte a ragazzi e giovani. Dai piccoli ³OXSHWWL´ ¿QR DL SL JUDQGL GHO ³FODQ´ l’associazione organizza attività che spaziano dai campi estivi agli incontri VHWWLPDQDOL GDOOD IHVWD GHJOL DTXLORQL all’impegno per gli altri. Per saperne di SLDEELDPRLQFRQWUDWRArianna Bellina e Flavia Blasotti GXH PHPEUL GHO³FODQ´FKHUDFFRJOLHJLRYDQLGDL ai 20 anni. Quali attività svolge il “clan” gemonese? Il gruppo si riunisce settimanalmente SHU DSSURIRQGLUH DVVLHPH DOFXQH WHPDWLFKH GL QRVWUR LQWHUHVVH PHQWUH D livello personale ciascuno di noi sceglie XQ¶DWWLYLWj DOOD TXDOH GHGLFDUH LO SURprio servizio. Per “servizio” intendiamo LOIDWWRGLPHWWHUFLDGLVSRVL]LRQHGHJOL DOWULVLDDOO¶LQWHUQRFKHIXRULO¶DVVRFLDzione. C’è chi decide ad esempio di imSHJQDUVLFRQLSLSLFFROL Quali sono i temi più importanti che affrontate in gruppo? 2JQL DQQR SULPD GHJOL LQFRQWUL VFHJOLDPR JOL DUJRPHQWL 4XHVW¶DQQR SHU HVHPSLR QH DEELDPR VFHOWL GXH O¶LPmigrazione e la violenza. Oltre alle diVFXVVLRQL WUD QRL L QRVWUL FDSL KDQQR organizzato degli interessanti incontri FRQSHUVRQHFKHUDFFRQWDQGRFLOHORUR HVSHULHQ]HFLKDQQRFRQVHQWLWRGLVFRSULUHTXHOORFKHQRLGDVROLQRQVDUHPmo riusciti a sapere. Chi avete incontrato? $IIURQWDQGRLOWHPDGHOO¶LPPLJUD]LRQH GRSRDYHUYLVWRLO¿OPMy beautiful laundretteDEELDPRDVFROWDWRO¶HVSHULHQ]D GL 'DQLHO 6DPED LPPLJUDWR SULPD LQ )UDQFLD SRL LQ ,WDOLD $EELDPR DYXWR SRLODSRVVLELOLWjGLWUDVFRUUHUHTXDOFKH giorno a Pordenone nella casa di accoglienza temporanea per immigrati. Qui DEELDPRDVFROWDWROHVWRULHGHLUDJD]]L FKHYLYLYHYDQRDSSURIRQGHQGRDQFKHL PHFFDQLVPLJLXULGLFLHOHGLI¿FROWjFKH JOLLPPLJUDWLLQFRQWUDQRTXDQGRJLXQgono nel nostro paese. E sul tema della violenza? 1HOODVHFRQGDPHWjGHOO¶DQQRDEELDPR seguito gli incontri proposti da Amne- VW\ ,QWHUQDWLRQDO VXOOD PD¿D H OD YLROHQ]D VXOOH GRQQH GXH DVSHWWL GLYHUVL GHOORVWHVVRSUREOHPD)DVHFRQFOXVLYD e riassuntiva dell’anno è stato il campo a Sant’Antimo (un centro Scout nei pressi di Siena). Dopo aver raggiunWR 0RQWHSXOFLDQR LQ WUHQR DEELDPR LQL]LDWR LO FDPPLQR GXUDWR WUH JLRUQL ¿QRDOO¶DEED]LDGL6$QWLPR2OWUHDOOD VWUDGDQHOSRPHULJJLRFLGHGLFDYDPRD ULÀHVVLRQLVXOWHPDVFHOWRSDUWHQGRGD JUDQGL HVHPSL FRPH TXHOOR GL *DQGKL HGL0DUWLQ/XWHU.LQJ$EELDPRIDWWR nostro il pensiero che la nonviolenza QRQVLDSDVVLYLWjPDLPSOLFKLXQFRPSRUWDPHQWR DWWLYR QHL FRQIURQWL GHOOD violenza che pervade la società di oggi. Poi, come è proseguita l’esperienza? /¶DEED]LD q JHVWLWD GD XQD FRPXQLWj di canonici regolari. Ci ha accolto paGUH 6WHIDQR FKH VL RFFXSD GHJOL VFRXW GL 6LHQD 4XL DEELDPR IDWWR VHUYL]LR WDJOLDQGR O¶HUED H L URYL H DLXWDQGR D VLVWHPDUHO¶DPELHQWHGHGLFDWRDOO¶DFFRglienza degli ospiti e ci siamo integrati con gli altri cercando di partecipare alle preghiere. ,O PRPHQWR GL ³FDSLWROR´ RYYHUR GL ULÀHVVLRQH q VWDWR JXLGDWR GD SDGUH 6WHIDQR FKH FL KD SURSRVWR OD OHWWXUD di un passo del vangelo sulla violenza. ,O GLEDWWLWR KD WRFFDWR DQFKH LO WHPD GHOO¶DERUWR Ê VWDWD XQD GLVFXVVLRQH PROWR FRVWUXWWLYD H EDVDWD VXO ULVSHWWR reciproco dei diversi punti di vista. Ŷ Le proposte per il Tagliamento 14 novembre - Convegno internazionale a San Daniele del Friuli L’associazione “Assieme per il Tagliamento” organizza, per il giorno 14 novembre, un convegno internazionale dal titolo “Gestioni fluviali a confronto: proposte per il Tagliamento” Sarà una conferenza di esperti e studiosi dei fiumi Tagliamento, Reno, Magra ed Isaar. Dibattito con esponenti delle amministrazioni dello Stato, delle Regioni e degli Enti Locali. Programma Moderatori del convegno: Dott. Mario Tozzi • Primo Ricercatore CNR – Giornalista e Federico Rossi • Giornalista Inizio lavori • 10:30 Saluti di benvenuto e presentazione del convegno: Prof. Gino Marco Pascolini • Sindaco di San Daniele del Friuli Sig.ra Franca Pradetto • Presidente del Comitato “Assieme per il Tagliamento” Dott. Pierluigi De Cesero • Presidente Fondazione Vajont Prof. Klement Tockner • Direttore del Leibniz-Institute of Freshwater Ecology and Inland Fisheries (IGB), Berlino (Germania): Lo stato dei fiumi Europei: quali priorità definire per gli interventi di sistemazione Prof. Ing. Marco Tubino • Università di Trento: Regime idrogeologico e risposta morfologica del fiume Tagliamento Prof. Dott. Nicola Surian • Università di Padova: Evoluzione morfologica dell’alveo del fiume Tagliamento Dr. Erik Mosselman • DeltaRes (Olanda): Progetto “Spazio per il fiume”: soluzione per la gestione del fiume Reno Prof. Massimo Rinaldi • Università di Firenze: Gestione dei sedimenti e della mobilità laterale: il caso del Fiume Magra Pausa pranzo • 13:00 / 14:30 Dr. Ing. Franz Speer • Ressort Nature - Umweltschutz Deutscher Alpenverein ev Bundesgesschaftstelle, Monaco (Germania): Rinaturalizzazione del fiume Isaar e proposte per il fiume Tagliamento Ing. Francesco Baruffi • Coordinatore Area Tecnica dell’Autorità di Bacino dei fiumi dell’Alto Adriatico: La direttiva 2007/60/CE per le opere idrauliche e difesa dei fiumi Ing. Alfredo Caielli • Segretario Generale dell’Autorità di Bacino dei fiumi dell’Alto Adriatico: La difesa idraulica del Tagliamento Interventi di: Dott. Renzo Tondo • Governatore della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia Ing. Marco Pujatti • Dirigente Regione Veneto - Servizio idrogeologico, Direzione difesa del suolo Dibattito e conclusioni a cura del Dott. Federico Rossi • Giornalista Il Convegno si terrà presso l’ Auditorium “Alla Fratta” – nel Centro Storico di San Daniele. Gli organizzatori, convocando i più importanti esperti italiani ed europei e mettendoli a confronto anche con le competenti autorità locali e nazionali, intendono stimolare la ricerca di proposte concrete per far fronte, finalmente, al problema della sicurezza, in particolar modo per le genti della bassa friulana. Il momento è particolarmente importante in quanto, dopo la recente sentenza del Tribunale Superiore delle Acque (non appellabile), con la quale è stato bocciato il piano stralcio che prevedeva anche il progetto delle contestatissime "casse di espansione", le autorità competenti saranno chiamate a dover decidere quali interventi attuare per la tutela del territorio dalle piene del nostro fiume. Tutti coloro che amano il nostro territorio ed il Tagliamento sono invitati a partecipare. A Gemona questo numero viene distribuito con la modalità Promoposta, senza indirizzo e senza busta di nailon, e quindi con minor dispendio di risorse e rifiuti, grazie ad una apposita convenzione stipulata con Poste Italiane che ringraziamo. Ringraziamo anche tutti coloro che continuano a sostenere la nostra autonomia con un contributo. Compilate un bollettino di c.c. postale n. 16895336. Qualsiasi importo va bene!