Nicola Petrone
OFM Conv.
STORIA DI FRANCESCO
E DEL FRANCESCANESIMO
1209-2009
Silvi Marina - 2010
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
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P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
Presentazione
Sono diversi anni che dedico i miei studi alla storia del francescanesimo,
non solo a livello locale o provinciale, ma generale. Piano piano, ho cercato
di accumulare schede e materiale per stendere una storia che servisse a me
per conoscere meglio il francescanesimo, e, qualora vi fosse qualche
persona desiderosa di approfondire la storia di Francesco e dei suoi frati,
avesse potuto trovare un manuale pratico e accessibile in queste pagine.
Questo scritto ha lo scopo di presentare e far conoscere meglio l’albero
piantato dal Padre Francesco, per controllare quali rami sono sbocciati in
esso, quali sono stati potati lungo la storia e quali frutti ha prodotto e
produce per la Chiesa di Dio. Questa pianta, ancora oggi è rigogliosa e dona
frutti di santità per il popolo di Dio. Le sue radici vengono da lontano
perché sono fondate sul vangelo: “La regola e la vita dei frati minori è
questa, cioè osservare il santo vangelo di nostro Signore Gesù Cristo,
vivendo in obbedienza, senza nulla di proprio e in castità…”.
Gli uomini che hanno abbracciato questo stato di vita, in modo radicale,
sono diventati santi; molti vi hanno aggiunto anche la prerogativa della
scienza. I francescani hanno una storia meravigliosa che ha contribuito a
mantenere viva la luce nella Chiesa di Dio. Essi l’hanno servita con umiltà e
devozione e l’hanno amata soprattutto nei momenti bui della storia, quando i
principi si schieravano contro di essa per affossarla e ricondurla nelle
catacombe. Questa è una storia fatta di servizio, di fedeltà, di amore alla
madre Chiesa, quindi al Signore, anche se non sono mancate le deficienze e
le infedeltà, frutto delle debolezze umane.
Poiché la storia è fatta dagli uomini, in questo libro ho voluto mettere in
risalto i personaggi più illustri con brevissimi schizzi biografici per aiutare il
lettore a capire ciò che i personaggi hanno fatto o hanno scritto, lasciando
buona memoria ai posteri. Mi auguro che queste pagine possano servire ad
illustrare la bellezza della vita francescana anche ai giovani che si trovano in
una fase di ricerca vocazionale e, seguendo l’esempio dei primi discepoli di
S. Francesco o di S. Massimiliano Kolbe o di altri frati di cui la storia fa
memoria, possano animarsi e fare una scelta coraggiosa e spedita accanto al
Padre. Ci troviamo nell’ottavo centenario della fondazione dell’Ordine: è
una data memoranda. C’è bisogno di riprendere il cammino con grande
slancio innovativo, sulla scia del Padre che partì con la forza del Vangelo e
la grazia della perfetta letizia e riconvertì il secolo XIII.
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P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
Avverto gli illustri lettori che una decina di pagine di questo libro, dove si
parla di storia generale o delle diverse soppressioni (quella innocenziana,
quella napoleonica e quella operata dallo Stato Italiano nel 1866), sono state
già pubblicate nel libro “Francescanesimo in Abruzzo –dalle origini ai nostri
giorni”n.p.
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P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
Storia di Francesco e del Francescanesimo dal 1209 al
2009.
E’ il titolo del nuovo lavoro di P. Nicola Petrone, Frate Minore
Conventuale della Provincia di Abruzzo.
Aveva dedicato in precedenza tempo e attenzione a studi francescani di
aspetto prevalentemente monografico, ora l’autore, si cimenta con un
panorama ampio e complesso come sono otto secoli di storia francescana; e
quel che abbiamo tra mano, mi sembra un bel contributo, che arriva al
termine dell’ottavo centenario delle origini, culminato nel Capitolo delle
Stuoie del 2009.
E’ un lavoro complesso, ma nonostante la complessità, l’autore si muove
con maestria dentro date e avvenimenti, tra personaggi di fama altissima, tra
asceti e riformatori, tra mistici e maestri di pensiero ed il risultato è davvero
ben riuscito. Lo stile semplice e divulgativo dà a tutta la storia una buona
armonia: è un testo gradevole a leggersi, sereno e sobrio nello stile, semplice
nel tratto, descrittivo, mai superficiale.
Dopo aver letto questa storia del Francescanesimo si ha una visione
dell’insieme e del particolare buona ed oggettiva. Dopo avere dedicato una
ampia e snella trattazione alla figura e personalità del Serafico Patriarca,
l’autore entra nel vivo dei problemi della storiografia francescana partendo
dai concetti di fraternità e minorità, concetti identitari, poiché in questi due
valori è racchiusa la fisionomia spirituale dei figli di S. Francesco; per
passare poi allo studio della lotta tra mendicanti e clero secolare, una storia
importante, difficile che ha travagliato la grande università di Parigi ed
infine la controversia gioachimita, una tentazione del francescanesimo delle
prime generazioni; e così via, passo dopo passo fino ai nostri giorni.
Ci sono delle pagine che meritano la nostra attenzione per come vengono
affrontate, ne sottolineo solo alcune a mo’ di esemplificazione: l’Ordine e le
traversie del secolo XIV, il Francescanesimo dalla duplice anima,
l’Osservanza, Bernardino da Siena e la separazione degli Osservanti dai
Conventuali; verità storica e serenità di giudizio si coniugano
armoniosamente. Chi scrive vede e valuta la storia dall’appartenenza alla
propria famiglia Conventuale, ma lo fa senza partigianeria e senza nessuna
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La Storia del Francescanesimo
vena polemica, che spesse volte dall’una all’altra parte ha debordato fino
all’acredine e all’invettiva.
Sono belle le pagine che celebrano i campioni dell’Osservanza e le sue
opere sociali. Sono venate di tristezza le pagine che narrano la soppressione
dei Conventuali e l’opera a dir poco, poco illuminata dei pontefici Eugenio
IV e Leone X.
La riforma Cappuccina, un’altra pagina bella di santità serafica, “la bella e
santa riforma”, tratteggiata con brevità, precisione e con una vena di
simpatia.
Dalle pagine di questa storia emergono i volti più noti e meno noti della
santità francescana, medaglioni appena abbozzati ma raccontati con parola
compiacente, come di chi parla della bellezza della propria famiglia
religiosa. Racconta, si compiace ed è lieto di essere dentro questa storia di
evangelica passione.
Un’altra pagina faticosa della storia minoritica: la soppressione
innocenziana che, come un flagello, si è abbattuta sulla vita francescana
chiudendo tanti conventi che non raggiungevano il numero di 12 membri
allora richiesto per essere convento regolare.
Arrivano poi le pagine che raccontano la soppressione napoleonica e italiana
dell’ottocento, un tzunami per la vita consacrata e poi la lenta e gloriosa
rinascita. Pagine ricche di coraggio e di amore e di zelo evangelico fino ai
nostri giorni, fino a S. Massimiliano Kolbe, fino al suo martirio.
Le pagine dedicate a Chiara e all’Ordine Francescano Secolare chiudono
queste svelte e ariose pagine di storia francescana.
Di questo nuovo lavoro dell’autore si potranno giovare i nostri giovani in
formazione e quanti amano Francesco e la sua famiglia religiosa che da otto
secoli accompagna il cammino della Chiesa e dell’uomo. Una storia dove
pagine gloriose si stemperano in pagine meno belle, ma la presenza di
Francesco e del suo carisma, sempre presente, vince ogni mediocrità e
debolezza e sempre riemerge quella polla segreta di grazia e di Vangelo sine
glossa che ha segnato da sempre la fisionomia del francescanesimo.
Fr. Giancarlo Corsini OFMConv
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La Storia del Francescanesimo
PARTE PRIMA
CRISI DEL MEDIOEVO
Il Medioevo presenta una società piramidale: dai principi ai servi della
gleba: dall’alto in basso si ha una società a forma di scala alla cui sommità
c'è l’Imperatore e alla cui base ci sono i servi della gleba. Nel secolo XII, in
Italia ci sono l'Impero e la Chiesa che, anche se lottano tra loro, sono segni
di unità e di stabilità; ma nel popolo già si scorge una lotta sorda: contro
l'Impero nasce il Comune che, alimentato dallo spirito democratico, si
oppone all’assolutismo imperiale, liberandosi da esso. Gli eretici tentano si
liberarsi dalle pastoie della Chiesa. Anche la lingua Latina, che era stata
segno di stabilità e di unità per le diverse nazioni e per svariati secoli,
cominciò a cedere il posto ai linguaggi nazionali, tutto questo ci fa capire
come l'unità si stava sfaldando: si notavano delle incrinature che sarebbero
diventate molto presto fratture
In questo periodo nasce la borghesia che lentamente smantella il castello e
la gerarchia feudale. I monaci erano stati i portatori della civiltà in Europa,
ma verso il 1100 si sviluppa una crisi per il monastero e i monaci, in quanto
la stabilitas dei cittadini si sta sfaldando e l’immobilità dei monaci non
permette più il contatto con il mondo che viaggia e che preferisce abitare in
centri costruiti in zone comode e pianeggianti.
Con lo sviluppo del commercio, viene eliminato il baratto e a causa dello
sviluppo della moneta o pecunia, tutti cercano di accaparrarsela il più
possibile, diventando l’anima del commercio e degli affari. Lo spirito di
povertà sembra diventare un sogno per le persone illuse. Anche gli uomini
di Chiesa si affezionano alla pecunia.
Nel 1119 nascono i Premostratensi che hanno come programma di vita il
vivere accanto ai problemi degli uomini della società del tempo.
Si trovano anche i primi laici che predicano al popolo come i Valdesi, i
Patareni e i Catari, cioè gli eretici del tempo che vogliono riportare la Chiesa
allo spirito di povertà delle origini.
Gli eretici nascono come correttori di una condotta sbagliata degli uomini
di Chiesa tra i quali si potevano trovare dei concubini, degli usurai, dei
simoniaci, ecc., ma questi predicatori finiscono con il negare i sacramenti e
il sacerdozio, ponendosi contro la Chiesa.
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Sono persone che vogliono restaurare la povertà nella Chiesa, ma vanno
tanto avanti, fino a negare la stessa natura della Chiesa. Tentano di
riproporre il concetto di vita che troviamo negli Atti degli Apostoli, ma lo
fanno definendo la Chiesa “meretrice” e “sinagoga del diavolo”.
La società, che dal 1100 si sta preparando ad entrare nel secolo XIII, è una
società inquieta, variegata, soprattutto impegnata a recuperare la libertà da
tutto e da tutti: è una società in fermento.
Il secolo XIII, per lo spirito di libertà che aveva ereditato dal secolo
precedente, mise in crisi l'Impero e con esso anche la Chiesa; trovò in crisi il
monachesimo e si avvide che gli eretici si estendevano in tutte le regioni
d'Italia e d'Europa e soprattutto in Francia. Nell’alveo cristiano, l’eresia
stava minando la stessa esistenza della Chiesa e questa “abbia visto
nell’eresia lo spettro della sua distruzione, giacchè nell’eresia è la persona
di Cristo mutilata, è l’insegnamento della Chiesa travisata, è il
misconoscimento dell’autorità vivente di Dio nella Chiesa, è un attentato
alla società nelle sue forze vive, è la minaccia della rovina per il mondo
cristiano”1.
Questo secolo aveva bisogno di nuovi individui che avessero saputo
leggere la storia del presente.
Lettori di questa storia, illuminati dallo Spirito Santo, furono i due Ordini
Mendicanti dei domenicani e dei francescani.
1
D. Rops, La Chiesa delle Cattedrali e delle Crociate , III, Torino 1963, p. 605.
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FRANCESCO D’ASSISI
Francesco nacque nel 11822 dal commerciante Pietro di Bernardone e da
Monna Pica o Giovanna.
Da bambino frequentò la scuola episcopale di Assisi. Ragazzo, e
giovanetto lavorò nel negozio del padre che spesso era costretto a fare
lunghi viaggi tra l'Italia e la Francia per acquistare stoffe o vendere lane.
Nel 1200 ci fu una guerra tra borghesia e nobiltà; i nobili di Assisi furono
costretti ad abbandonare la città natale e rifugiarsi a Perugia.
Nel 1202 Francesco prese parte alla guerra contro Perugia e nella battaglia
di Collestrada, persa dagli assisani, fu fatto prigioniero ed rinchiuso nel
carcere di Perugia dove restò per circa un anno, finché gli assisani non
pagarono la somma del riscatto.
Liberato nel 1203, si ammalò gravemente e restò infermo nella casa
paterna per un altro anno.
Ristabilitosi, volendo cambiare stato sociale, pensò di diventare cavaliere,
e decise di andare a combattere nelle Puglie, al servizio di Gentile dei
Paleari, conte di Manoppello. Dopo una giornata di viaggio, giunto a
Spoleto, durante la notte ebbe una visione: ed una voce che lo interpellava:
“Chi possa essergli più utile: il servo o il padrone ?”. Rispose: “Il
Padrone”. E allora- riprende la voce- perché cerchi il servo in luogo del
padrone? E Francesco: “Che cosa vuoi che io faccia, o Signore”: “Ritorna
-gli risponde il Signore - alla tua terra natale, perché per opera mia si
adempirà spiritualmente la tua visione”3. Quindi Francesco ritornò in Assisi.
Non fu un ritorno indolore. Forse subì l’irrisione dei suoi antichi
compagni, forse la stessa famiglia gli chiese spiegazioni sull’accaduto, ma
soprattutto si trovò in una crisi religiosa, e in questo frangente ci furono
2
Francesco d’Assisi è stato uno dei personaggi più famosi della storia, al quale
moltissimi scrittori, storici, uomini di cultura e mistici hanno dedicato studi, biografie,
saggi, ecc… Iniziò a scrivere su Francesco Tommaso da Celano che gli dedicò tre lavori di
grande importanza storica e spirituale: La Vita Prima, La Vita Secunda e il Trattato dei
Miracoli. Raul Manselli, I primi cento anni di storia francescana, Alba 2004, p. 29 scrive:
“La straordinaria ricchezza di compilazioni biografiche di S. Francesco, che accompagnano
secoli di vita minoritica, non si risolve e non si spiega in termini soltanto filologici, ma
trova la sua ragione nel bisogno intenso, vissuto da un numero eccezionalmente alto di frati
di ristabilire un contatto diretto col proprio padre, per risentire, in quanto possibile,
l’esemplarità animatrice e vivificatrice”.
3
2Cel ff 587. Le fonti citate sono quelle della “Nuova Edizione”, EFR, Padova 1987.
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La Storia del Francescanesimo
alcuni episodi significativi per la sua vita spirituale: l’incontro con il
lebbroso; la vendita delle stoffe e del cavallo e il ritiro nella chiesa di S.
Damiano: ci fu l’avvio alla conversione completa al Signore.
Nel 1206, nel culmine di questa profonda crisi, andò pellegrino a Roma,
quindi si ritirò a S. Damiano. Qui gli parlò il Crocifisso: “Va e ripara la mia
casa che come vedi è tutta in rovina"4.
Nel 1206, dietro le insistenti richieste di Pietro di Bernardone di riavere il
denaro, che gli era stato preso dal figlio, questi si appellò al Vescovo. Era
allora vescovo di Assisi Guido che consigliò Francesco a restituire tutto il
denaro al Padre. Francesco rispose al vescovo: “Volentieri, Signore, anzi
farò ben di più”. Andò nell’interno del palazzo a svestirsi, poi, ritornando
fuori con i vestiti in mano e seminudo, gridò davanti a tutti: “Fino ad ora ho
chiamato padre Pietro di Bernardone, ma ora che voglio servire Dio gli
restituisco non soltanto questo danaro, ma anche gli abiti che ho ricevuti da
lui, -e gettò ogni cosa a terra-. Quindi riprese: “Non più Padre mio Pietro di
Bernardone, ma Padre nostro che sei nei cieli” 5. Cominciò a vivere da
penitente ed eremita fuori di Assisi e precisamente a Gubbio presso i
benedettini di Vallingegno.
Nel 1208 alcuni vecchi compagni, dopo aver verificato la sua vocazione,
si posero alla sua sequela. Il 24 febbraio 1209 (festa di S. Mattia), dopo aver
ascoltato il brano del vangelo di Matteo: “Non dovete possedere né oro, né
argento, né portare bisaccia, né pane, né bastone per via , né avere calzari,
né due tuniche, ma soltanto predicate il Regno di Dio e la penitenza”...(Cap.
10), e chiesta la spiegazione al prete, felice, esclamò: “Questo voglio, questo
chiedo, questo bramo di fare con tutto il cuore”. Cambiò l’abito dei penitenti
con il saio a forma di croce, abbandonò il bastone e, sostituendo la cinta con
la corda, ripetendo il saluto: “Il Signore vi dia pace”, si dispose ad
evangelizzare le persone che incontrava lungo il cammino6.
Già nei movimenti laicali del secolo XII, “ispirati dai predicatori
itineranti, il vangelo doveva diventare l’unica regola di vita, capace di fare
dei credenti (la moltitudine dei credenti degli Atti) dei regulares. Dice
Etienne de Muret:-Se qualcuno vi domanda di che professione o di che
regola o di che ordine siete, rispondete che siete della regola prima e
4
2Cel ff , 593.
Leggenda dei Tre Compagni, ff. 1419.
6
1Cel. ff 358-59; cfr ff. 1051-1052.
5
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La Storia del Francescanesimo
principale della religione cristiana, vale a dire del Vangelo, sorgente e
principio di tutte le regole-”7.
Intanto cominciarono ad affluire i primi compagni e discepoli. Quando
raggiunsero il numero di dodici si mise in viaggio con loro per recarsi dal
Papa a Roma chiedergli conforto e l’approvazione del suo operato. Era
l’anno 1209.
Francesco si recò a Roma con i frati Bernardo da Quintavalle, Pietro
Cattani, Egidio, Sabatino, Morico, Giovanni di Cappella, Filippo Longo,
Giovanni di S. Costanzo, Barbaro, Bernardo di Vigilante, Angelo Tancredi e
Silvestro. Per l’Anonimo Perugino sarebbero stati dodici più Francesco.
Molti altri scrittori ritengono che fossero 12 con Francesco, quindi non
sarebbe stato presente Silvestro. A Roma, aiutato dal Card. Giovanni di S.
Paolo, uomo buono e religioso, e dal vescovo Guido II di Assisi, incontrò il
Papa Innocenzo III che, dopo non facili colloqui, un giorno di attesa,
durante il quale ci furono dei sogni e dei segni rivelatori, (come il sogno del
Papa che vide la chiesa del Laterano crollante e un fraticello che la
sorreggeva8; Francesco vide una pianta altissima che davanti a Lui si
inchinava facendosi prendere per la chioma, ecc…), il papa gli approvò
verbalmente la regola composta da espressioni evangeliche, e disse al
piccolo drappello: “Andate con Dio, fratelli, e come Egli si degnerà
ispirarvi, predicate a tutti la penitenza. Quando il Signore onnipotente vi
farà crescere di numero e grazia, ritornerete lieti a dirmelo ed io vi
concederò con più sicurezza altri favori e uffici più importanti”.
Di ritorno da Roma si svolse il primo Capitolo lungo l’itinerario che
portava verso la valle spoletana: “Ricercavano insieme quale fosse il modo
migliore di adempiere i suoi consigli e comandi, come osservare e custodire
con fedeltà la Regola; come dovevano camminare santamente e
religiosamente davanti all’Altissimo”9.
NOVITA’ DI FRANCESCO
Per avere un’idea esatta della novità di Francesco bisogna rileggere ciò
che scrive l’Anonimo Perugino nell’incontro tra il Cardinale Giovanni e il
7
P. Rivi, Francesco d’Assisi e il laicato del suo tempo, Padova 1989, p.37.
1Cel, ff. 603.
9
1Cel . ff. 377.
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11
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Papa Innocenzo III: “Ho trovato un uomo perfettissimo, che vuole vivere
secondo la forma del santo vangelo, osservandolo pienamente. Io credo che
il Signore voglia per mezzo suo rinnovare completamente nel mondo la
Chiesa”10.
Francesco ha il grande merito di recuperare completamente il vangelo
nella vita del cristiano, prendendolo nel senso radicale e come se fosse
rivolto a sé: di esso ha fatto l’unica forma di vita per sé e per i suoi frati,
dando origine ad una nuova esperienza religiosa originalissima: essa non
era né monastica, né clericale, né eremitica, né laicale, ma “vita evangelica”
11
. Fu vero lievito per la gente del suo tempo perché si inserì pienamente nel
cuore degli uomini della sua generazione. Vivere secondo il vangelo lo
costrinse ad uscire dal mondo, ma per restare nel mondo: in lui abbiamo la
fuga e la presenza, la lontananza e la vicinanza con gli uomini.
Le sue capanne erano fuori della città, ma la vita sua e dei frati era vissuta
accanto agli uomini. Nelle epoche precedenti nulla di simile si era mai
realizzato: la vita evangelica vissuta da Francesco diventa norma di vita per
i suoi figli, e Tommaso da Celano lo chiama “novus Evangelista”, in quanto
efficacissimo trasmettitore del vangelo al popolo, con la parola e con la vita.
Credette di poter cambiare le sorti del mondo tramite il distacco dai beni
materiali e l’aderenza completa e totale al vangelo. La sua prima famiglia
aderì completamente a questo ideale e trovò la beatitudine.
Giovanni Papini, giustamente scrive: “Questa rivoluzione fu operata, nel
primi anni del secolo XIII, da un giovane poeta nato in Umbria da madre
provenzale. Non era dotto, non era un grande; non era neanche un prete. Era
un giovane di scarsa bellezza, di mediocre statura, di malferma salute, che
non aveva studiato nelle università e non s’era chiuso in un chiostro: Ma
pareva che in lui si unissero varie condizioni e nature: era figlio di un
borghese, agiato mercante; aveva sognato d’essere soldato e cavaliere; si
dilettava del canto e della poesia; aveva pietà dei poveri e nell’amore della
povertà seppe scoprire l’amore di Dio…
La sua rivoluzione nacque da una semplicissima scoperta: l’evangelo
insegnava come si potesse trovare gioia e liberazione attraverso la povertà e
la carità, ma gli uomini, anche se cristiani, non seguivano
quell’insegnamento…
10
11
Anonimo Perugino, ff, 1525.
P. Rivi, o. c., p. 90.
12
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La Storia del Francescanesimo
La sua rivoluzione – autentica radicale rivoluzione – consistè nel ricopiare
alcuni versetti dell’evangelo e nel seguirne alla lettera, senza mezze misure,
i precetti. La meravigliosa novità di Francesco fu quella di voler vivere, a
dodici secoli di distanza, come uno dei discepoli di Cristo. Il Maestro aveva
detto che per andare con lui bisognava disfarsi di ogni ricchezza e
Francesco si ridusse nudo bruco dinanzi al padre, al vescovo e al popolo.
Gesù aveva detto che sarebbe tornato sulla terra in aspetto di povero e
Francesco volle viver da povero in mezzo ai popoli. Il Salvatore aveva detto
che bisognava accettare ogni ingiuria e offesa, che si dovevano amare i
nemici e Francesco riconobbe ch’è “perfetta letizia” essere scacciati, vilipesi
e battuti… Anche il Papa, anche i Cardinali, anche i padroni delle castella,
anche i magistrati dei Comuni furon sedotti e rapiti dall’affettuosa e fraterna
rivoluzione di San Francesco. Ma fu breve stagione, com’è breve il
consolator sorriso d’ogni primavera. A poco a poco, per timidezza delle
menti o necessità sociali e contingenti, anche la rivoluzione francescana
pose a capo ad un Ordine, con regole, discipline, studi e dimore stabili. Ma
le anime sinceramente cristiane non dimenticarono mai quella resurrezione
della libertà e della carità evangelica in quel secolo di freddo e di ferro…”12.
LA PRIMA ESPERIENZA
Dopo l’approvazione verbale della regola da parte del Pontefice Innocenzo
III e il ritorno nella Valle spoletana, la prima sede della nuova famiglia fu il
tugurio di Rivotorto: qui fu trascorsa una primavera breve e feconda durante
la quale fiorirono le più belle virtù francescane che Francesco cantò nella
“Salutazione delle virtù”. La vita si svolgeva lavorando durante il giorno o
con i contadini o facendo altre attività. Nel capitolo VII della regola non
bollata leggiamo: “E i frati che sanno lavorare, lavorino ed esercitino quella
stessa arte lavorativa che già conoscono, se non sarà contraria alla salute
dell’anima e potrà essere esercitata onestamente” 13. Forse il Comune di
Assisi avrebbe voluto offrire ai frati incarichi dirigenziali nel campo della
finanza e nelle cancellerie, per la loro onestà, come era accaduto agli
12
G. Papini, La Rivoluzione di S. Francesco, in Universalità del Francescanesimo,
Roma 1950, pp. 15-21.
13
Ff. 24.
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La Storia del Francescanesimo
umiliati a Milano e nelle altre città della Lombardia, ma Francesco prevenne
questi desideri comunali: “Tutti i frati, in qualunque luogo si trovino presso
altri per servire o per lavorare, non facciano né gli amministratori, né i
cancellieri, né presiedano nelle case in cui prestano servizio, né accettino
alcun ufficio che generi scandalo…” 14. Qualora il lavoro manuale non era
sufficiente per ottenere il pezzo di pane quotidiano, potevano ricorrere alla
mensa dei poveri, cercando l’elemosina, quindi pregavano Dio e riposavano
insieme nel tugurio. Dopo l’avvento del bifolco che entrò nel tugurio con il
suo somaro, i frati si spostarono a S. Maria degli Angeli che era una delle
chiesette ristrutturate dal Santo e apparteneva ai benedettini del Subasio15.
Nel 1212 Chiara si aggregò a Francesco e nacque il secondo ordine che fu
detto “delle clarisse”. Ebbe la sua prima sede nel conventino ristrutturato dal
Santo accanto alla chiesa di S. Damiano, nelle adiacenze della città di Assisi
16
.
Nello stesso anno tentò il viaggio in Siria. A Roma incontrò Giacomina
dei Settesoli con la quale nacque una profonda amicizia spirituale che durò
per tutta la vita e anche dopo la morte, tanto che ancora oggi Francesco e
Giacomina si guardano, essendo l’uno di fronte all’altra nella “Tomba” di S.
Francesco.
Nel 1213 Predicò a S. Leo, nel Mugello, sul tema: “Tanto è il bene che mi
aspetto che ogni pena mi è diletto” 17. Dopo l’incontro, il Conte Orlando gli
donò il monte della Verna.
Tra il 1213 e il 1214 tentò di andare in Marocco, ma arrivato a
Compostella, si ammalò, quindi fu costretto a ritornare in patria. Forse dopo
questo ritorno, o immediatamente prima, c'era stato il Capitolo in S.
Verecondo di Vallingegno presso Gubbio, dove si riunirono i primi 300
14
ff 24; cfr. D. Flood., Francesco d’Assisi e il Movimento Francescano, Padova 1991,
p. 30-32. Qui, l’autore spiega lo statuto di Assisi del 1210 dove, tra l’altro, si dice: “Tutti in
Assisi facciano quello che deve essere fatto per la città, come bravi cittadini”. In questo
senso, sembra che i frati non potessero evitare di reintegrarsi in Assisi, lavorando per
guadagnarsi il pane (p. 28). I frati rifiutarono di prendersi la responsabilità di tali istituzioni;
intendevano continuare a servire in quei luoghi. Data la piaga dei lebbrosi e i bisogni dei
poveri in un periodo di crescente ricchezza, ai fratelli che volevano dedicarsi a questo tipo
di servizio non mancava mai un impegno … Non permisero ad Assisi di decidere quale
fosse il loro compito… (p. 30).
15
1Cel ff. 398.
16
1Cel ff. 351.
17
Fioretti, ff. 1897, leggere la nota 77.
14
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
frati, e i monaci li assistettero e li accudirono con grande carità 18. Tra
l’autunno del 1214 e l’inverno del 1215 alcuni nobili e letterati furono
ricevuti benevolmente da Francesco nella Porziuncola; tra essi c’era anche
Tommaso da Celano19.
Nel 1215 ci fu il Concilio Lateranense IV al quale probabilmente fu
presente anche Francesco, come racconta la Cronaca dei 24 Ministri
Generali. Nel Concilio si parlò contro la simonia, sul decoro delle Chiese,
della Comunione da farsi a Pasqua e della Confessione annuale, della scuola
teologica per i preti, e decretò che non sarebbero state più approvate altre
regole per i nuovi Ordini religiosi, ma avrebbero dovuto adottare le regole
già approvate precedentemente.
Nel 1216 Morì Innocenzo III. Gli successe Onorio III. Proprio in
quell’anno si ebbe la prima testimonianza sui frati minori e sorelle minori da
parte di Giacomo da Vitry20. Giacomo parlò dei frati minori e sorelle minori
che lui incontrò in Umbria nel 1216 21. Ne riparlò nel 122022, facendo alcune
osservazioni sagge, e la Chiesa, nella persona del Papa Onorio III, impose il
noviziato al nascente Ordine con la Bolla “Cum Secundum” del 1220, dove
si legge “Perciò, con l’autorità della presente lettera vi proibiamo di
ammettere qualcuno alla professione del vostro Ordine, se non avrà fatto
prima l’anno di prova”; aggiungeva il Papa: “Vietiamo inoltre che alcuno di
voi possa andare in giro fuori dell’obbedienza con l’abito della vostra
Religione e corrompere la purezza della vostra povertà” 23.
IL CAPITOLO DEL 1217 E LA NASCITA DELLE PROVINCE
Con la prima fraternità nacquero tra i frati incontri che si ripetevano una
volta all’anno, in un luogo stabilito, per rallegrarsi nel Signore e mangiare
insieme, ricavando da questi incontri notevoli benefici. Da questi incontri
che furono chiamati Capitoli, “avvalendosi del consiglio di persone esperte,
18
Passione di S. Verecondo, ff, 2250.
1Cel, 420-21.
20
Ff. 2202.
21
Ff. 2205ss.
22
Ff. 2216-2223.
23
La Bolla “Cum Secundum” del Papa Onorio III del 22 settembre 1220 è nelle ff.
2711-2715.
19
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P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
si formulavano nuove sante disposizioni che sottoponevano al Papa per
l’approvazione”. Da queste espressioni del Vitry si può concludere che
questi capitoli avessero un triplice scopo: vivere la gioia della comunione
fraterna nel Signore, formulare nuove norme per il buon andamento della
comunità ed eleggere i ministri. Questi incontri erano sempre esistiti, ma il
primo vero Capitolo fu quello del 1217 per il numero dei convenuti e per gli
argomenti trattati. Durante questo Capitolo si volle dare una struttura alla
fraternità che fu divisa in 12 ampie circoscrizioni, romanamente chiamate
“Province”. Sei di esse erano in Italia e dette Cismontane (Toscana, Marche,
Lombardia, Terra di Lavoro o Napoletano, Puglie e Calabria); sei fuori del
territorio nazionale, “Ultramontane”: una in Siria-Terra Santa, due in
Francia, e una in Spagna-Portogallo. A queste ultime si aggiunsero la
Provincia di Germania nel 1221 e quella d’Inghilterra nel 1224,
raggiungendo così quel caro e simbolico numero 12. In quel Capitolo si
inviò anche i frati quali missionari per le vie del mondo: “Mandò alcuni frati
in Francia, in Germania, in Ungheria, in Spagna, e in quelle altre province
d’Italia in cui i frati non erano ancora giunti” 24. Però i frati non furono
preparati adeguatamente per la missione ad gentes, quindi questi, in questa
prima missione furono malmenati e ingiuriati a causa della non conoscenza
delle lingue e quindi non si capivano con le persone con le quali venivano a
contatto, e spesso furono scambiati per eretici i quali infestavano l’Europa.
Fra Pacifico e compagni, che andarono in Francia, furono presi per
albigesi e furono maltrattati dagli stessi vescovi e clero tanto che dovette
intervenire il Papa con la bolla: "Pro dilectis filiis" 25.
In Germania si recarono fra Giovanni da Penna e compagni che non
conoscevano la lingua e furono malmenati. In Ungheria ebbero una sorte
ancora peggiore. In Spagna-Portogallo furono accolti da Sancia sorella di
Alfonso II. Un’altra missione che ebbe esito positivo fu quella di Siria,
guidata da frate Elia che la preparò bene e la condusse con grande prudenza.
Nel 1218, nel Capitolo della Porziuncola sembra che fosse presente anche
S. Domenico, secondo una testimonianza riportata dallo stesso Pietro
Olivi26.
24
Giordano da Giano, ff. 2325.
Bolla “Pro dilectis” di Onorio III 29 maggio 1220 in ff. 2709-2710.
26
K. Esser., Origini e valori autentici dell’Ordine dei frati minori, Milano 1972, p. 95 n.
107.
25
16
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
Nel 1219, nel Capitolo della Porziuncola si rinnovò lo spirito missionario:
cinque frati furono mandati in Marocco: Berardo, Pietro, Accursio, Adiuto e
Ottone. Francesco partì per la Terra Santa. In Italia restarono due Vicari:
Gregorio da Napoli e Matteo da Narni. Gregorio era itinerante per
confermare i frati, mentre Matteo restò nella Porziuncola per accogliere i
frati27.
Durante l’assenza di Francesco si ebbero le prime vere difficoltà
nell’ambito della comunità in quanto i due vicari dettero un impulso
monastico alla fraternità: penitenze, rigidità, astinenze, richiesta dei
permessi per intraprendere i viaggi e totale dipendenza dai ministri. Era
stato completamente stravolto il piano del fondatore e dimenticato lo spirito
di libertà e di amore nel quale era nato il nuovo Ordine28.
Nel 1220 Francesco ritornò, con urgenza, in Italia, dietro richiesta di un
certo frate Stefano che era partito dall’Italia e si era recato in Terra Santa per
avvisare il Padre sui mutamenti apportati alle regole dai due vicari. Giunto
in patria, si recò presso il Papa al quale chiese ed ottenne il cardinale
protettore; contemporaneamente si dimise da Ministro Generale della
fraternità eleggendo Vicario Pietro Cattani.
Quando tornò in Italia, sbarcò a Venezia e si mise in viaggio per la
penisola; arrivato a Verona, aveva deciso di recarsi a Bologna quando sentì
che nella città felsinea c’era una residenza detta “casa dei frati”. Ritenendo
questa “proprietà” una grave lesione alla Regola, comandò che tutti i frati
che vi dimoravano l’abbandonassero immediatamente. Tommaso da Celano
aggiunge che anche i malati dovettero uscire fuori finché il Cardinale
Ugolino non dichiarasse che quella casa era di sua proprietà e non dei
frati29.
Nel 1221 si hanno le prime norme, con la prima stesura del Memoriale
Propositi per i laici che gli chiedevano sovente: “Francesco, noi che
dobbiamo fare?”. Fino a quel tempo l’Ordine della penitenza aveva avuto
quale norma di vita la prima “Lettera ai laici”, scritta verso il 1215, in
quando erano molti i laici che volevano vivere il Santo Evangelo alla scuola
del maestro.
Nel Capitolo delle stuoie del 1221, frate Francesco ampliò la Regola del
1209, compilando l’attuale regola non bollata.
27
Giordano da Giano, ff 2329- 2333.
Idem, 2333-34.
29
2Cel. ff. 644.
28
17
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
Pietro Cattani, già canonico della cattedrale di Assisi, fu eletto Vicario
generale nel Capitolo della Porziuncola celebrato il 29 settembre del 1220 di
ritorno dalla Terra Santa. Restò in carica fino al 10 marzo del 1221, giorno
della sua piissima morte avvenuta nella Porziuncola.
In preparazione al Capitolo di Pentecoste dello stesso anno, il Comune di
Assisi costruì la prima casa anche a S. Maria degli Angeli che Francesco
voleva demolire30: era un altro tentativo contro la povertà assoluta, voluta
dal fondatore. Nel Capitolo fu eletto Vicario Frate Elia e i frati volevano
costringere Francesco a scegliere una regola già approvata dalla Chiesa, ma
lui rispose al Cardinale e ai frati che gli facevano tale proposta: "Il Signore
mi ha rivelato che io sono un nuovo pazzo nel mondo"31.
L'Ordine aveva avuto le prime vere difficoltà durante l'assenza del Santo
(1219-20). Si può dire che a causa dei numerosi frati affluiti nella fraternità,
molti si stavano allontanando dallo spirito delle origini, forse anche a causa
di nuove esigenze che nascevano nella fraternità: motivi di studio, di attività
pastorali, di esigenze di maggiore attrezzature logistiche, ecc…
Praticamente, Francesco si sentì estromesso da diversa parte della
fraternità. Forse più di qualche frate non solo pensava, ma gli avrà detto
chiaramente: “Tu sei santo, quindi prega per noi, ma lasciaci agire come la
vita e le attività richiedono ed esigono”. L’episodio della Perfetta letizia non
è uno studio letterario, ma esperienza di vita vissuta dal fondatore.
30
31
2Cel. ff. 643
CAss ff. 1564.
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P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
FRANCESCO L’UOMO DI TUTTI
I frati avevano grande stima di lui, ma lo stimavano ancora di più i laici, i
sacerdoti, i vescovi e il Papa. Dagli anni 1214-1215 in poi, quando
Francesco si recava in una città o in un castello si riunivano gli “uomini
politici”, con i “popolani” per andargli incontro e accoglierlo con onore.
Abbiamo testimonianze scritte nelle fonti e fuori delle fonti che ci mostrano
la stima che godeva davanti a tutti. C’è uno strumento firmato dal vescovo
di Camerino sul quale vi appose anche il suo sigillo, è nominato
chiaramente “frate Francesco”. Un monastero di monache benedettine,
avendo adottato la regola delle damianite, veniva a cambiare il regolamento
interno del monastero: non più i benedettini, ma frate Francesco e i suoi frati
dovevano essere i visitatori e i correttori della comunità. Il documento
risale, al 122332. In quel periodo abbastanza lungo della sua vita avvenne
anche l’episodio di frate Masseo che, un bel giorno, trovandosi alla
Porziuncola, provocò frate Francesco, chiedendogli: -“Perché a te, perché a
te, perché a te?” Santo Francesco risponde: “ Che è quello che tu vuoi
dire?”Disse frate Masseo: “Dico, perché a te tutto il mondo viene dietro, e
ogni persona pare che desideri di vederti e d’udirti e d’obbidirti? Tu non sé
bello uomo, tu non sé di grande scienza, tu non sé nobile; onde dunque a te
che tutto il mondo ti venga dietro”?
A questa provocazione Francesco risposo: “Vuoi sapere perchè a me? vuoi
sapere perché a me? Vuoi sapere perché a me tutto il mondo mi venga
dietro?... imperciò che quelli occhi santissimi non hanno veduto fra li
peccatori nessuno più vile di me, né più insufficiente, né più grande
peccatore di me; e però a fare quell’operazione maravigliosa, la quale egli
intende di fare, non ha trovato più vile creatura sopra la terra; e perciò ha
eletto me per confondere la nobiltà e la grandigia e la fortezza e bellezza e
32
“Anno Domini Millesimo CCXXIII indizione XI die quintadecima exeunte Junio
tempore Federici imperatoris Camerin. Factum est in hoc palatio Dni Episcopi in presentia
fra tris Martini ete fra tris Jacobi, et fratreis Ambrosi; Terstium de hoc… Item do et
concedo ipsis mulieribus licentiam habendi visitatores et correctores de fratribus minoribus,
illos videlicet quos frater Franciscuset vel eius successors, vel Capitulum ipsorum fratrum
constituerint, et ordinaverint ad corrigendum et visidandum dictas mulieres:.. Ad majorem
autem securitatem ego qui supra Raynaldus episcopus presens publicum instrumentum meo
sigillo munivit”.M. Con: Santoni, S. Francesco - ricordo in un documento dell’anno 1223,
in MF, a X, fas. I 1906, p. 18.
19
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
sapienza del mondo.” Era un uomo umile e questa virtù piaceva al Signore e
rese grande il suo servo anche durante la sua vita terrena 33. Anche il
Magistrato di Assisi e tutto il popolo avevano grande venerazione per
l’uomo di Dio, e non volevano che si fosse fermato in qualche altra città per
attendere sorella Morte, ma che fosse ritornato nella sua patria dove
l’attendevano i suoi concittadini. Tra la fine dell’estate e l’inizio
dell’autunno del 1226, “ mentre Francesco pieno di malattie, quasi prossimo
a morire, si trovava nel luogo di Nocera, il popolo di Assisi mandò una
solenne deputazione a prenderlo per non lasciare ad altri la gloria di
possedere il corpo dell’uomo di Dio. I cavalieri che lo trasportavano a
cavallo con molta devozione, raggiunsero la poverissima borgata di
Satriano, proprio quando la fame e l’ora facevano sentire il bisogno di cibo.
Ma per quanto cercassero, non trovarono nulla da comprare. Allora i
cavalieri tornarono da Francesco e gli dissero: “ E’ necessario che tu ci dia
parte delle tue elemosine, perché qui non riusciamo a trovare nulla da
mangiare”. “Per questo motivo, voi non trovate, rispose il Santo, perché
confidate più nelle vostre mosche che in Dio! Chiamava mosche i denari.
“Ma, continuò, ripassate dalle case dove siete già stati e chiedete umilmente
l’elemosiana, offrendo in luogo dei denari l’amore di Dio…”34.
Nel 1223 si recò a Fontecolombo in compagnia di frate Leone e di frate
Bonizio, giurista Bolognese35, e, con l'ausilio del cardinale Ugolino, stese la
regola che fu presentata al Papa che l’approvò il 29 novembre 1223.
Sappiamo quante ipotesi sono state fatte sulla regola bollata e sulla presenza
di Francesco in essa. Diversi autori hanno ritenuto che in quella regola
abbia avuto il sopravvento lo spirito giuridico del cardinale Ugolino.
Manselli vede diversamente il problema e scrive: “Il problema vero è se e
come essa risponda all’ideale di Francesco: dobbiamo dire allora che una
rispondenza è indiscutibile, non solo, ma anche, al di là delle formulazioni
giuridiche, la presenza del fondatore e maestro è incisiva e netta dovunque
egli intervenga, in prima persona, con frasi tipiche, addirittura stereotipate,
come “precipio firmiter”, “moneo et exsortor” e simili. Si ha precisa la
sensazione che il lavoro dei giuristi, fossero o non frati, è stato seguito ed
accompagnato personalmente dal Santo – non c’è bisogno di ricordare
quanto egli fosse allora ammalato e tormentato da atroci dolori -, che ha
33
ff. Fioretti, n. 1838.
ff. 2Cel, 665.
35
Spec, ff. 1678; cfr A. Clareno, Libro delle tribolazioni, ff. 2179.
34
20
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
voluto far sentire di persona, da fratello a fratello, la sua voce. Se, infatti noi
esaminiamo questa regola non dal punto di vista giuridico-formale, ma
come documento, che esprima l’animo di Francesco, troveremo che è con
imperiosità presente, ovunque si tocchino fatti di vita ed atteggiamenti ai
quali era sensibile: la consuetudine che con questa regola si finisce per avere
da parte dei frati come degli studiosi finisce con il far sfuggire quanto siano
sottolineati fatti come la povertà ed il maneggio del denaro, la predicazione
specialmente agli infedeli, l’esemplarità di vita, che nella società deve dare
il frate minore, l’obbligo e l’impegno del lavoro” 36. La vita religiosa
appartiene alla Chiesa perché si rivive la vita di Cristo, ma stando a ciò che
afferma Manselli, l’Ordine è stato fondato da Francesco, è stato guidato da
Lui e sempre Lui che lo ha regolato con norme precise e serie sulla povertà,
sulla missionarietà, sulla laboriosità, sulla preghiera secondo lo spirito del
vangelo. I punti principali della regola sono: la vita evangelica (c. I e XII);
ammissione dei frati (II); divino ufficio e digiuni (III); povertà assoluta (IV
e VI); lavoro manuale (V); predicazione (IX); Correzione fraterna (VII);
regime, capitolo e visita canonica (VIII, X); relazione con le clarisse (XI);
del cardinale protettore e delle missioni estere tra gli infedeli (XII)37.
La prima parte della Vita Prima di Tommaso da Celano termina con il
Presepe di Greccio. A dicembre 1223 fu la volta del Presepe di Greccio.
Perché questo presepe? Francesco voleva osservare “in tutto e per tutto il
santo vangelo, di dedicarsi con tutte le forze e il fervore del cuore a -seguire
la dottrina e imitare le orme del Signore nostro Gesù Cristo-: per questo
meditava assiduamente sulle sue parole e ne considerava attentamente le
opere; ma erano soprattutto -l’umiltà della incarnazione e la carità della
passione- del Signore a tenere così occupata la memoria di Francesco, che
egli non voleva pensare ad altro” 38. I frati lo veneravano più come Santo che
come loro fondatore. La fraternità si staccava sempre di più da Lui che
ripeteva: “Nessun malvagio, che intenda vivere male nell’Ordine, vi potrà
rimanere a lungo.” Però subito dopo aggiungeva: “Chiunque amerà di cuore
l’Ordine, per quanto peccatore che egli sia, alla fine otterrà misericordia”. 39
Le stimmate ricevute sulla Verna lo proclamano Santo vivente per i suoi
36
R. Manselli.,o.c., pp. 27-28.
ff. 73a-109a.
38
F. Accrocca., Il Natale di Greccio nella testimonianza delle fonti in AA.VV., Il Natale
di Greccio, Roma 2004, p. 9.
39
S P., ff. 1774.
37
21
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
figli: deve essere imitato, ammirato e pregato perché interceda per la
fraternità. Nel 1226 dettò la regola degli Eremi, il Testamento di Siena e il
Testamento lungo nel quale riassumeva tutta la sua esperienza religiosa.
Non gli era sufficiente lottare contro le debolezze umane: ogni giorno
affrontava nuove lotte per eliminare gli ostacoli che bloccavano la santità.
Mai temperava l’antico rigore, anzi incitava anche i frati: “Cominciamo,
fratelli, a servire Iddio, perché finora abbiamo fatto poco o nessun profitto”.
40
Il 3 Ottobre 1226 accolse, cantando, Sorella Morte, nudo, sulla nuda terra,
a pochi metri dalla chiesetta della Porziuncola.
Nel 1227, alla morte di Papa Onorio III, fu eletto Papa il cardinale
Ugolino che prese il nome di Gregorio IX.
Il 16 luglio 1228 canonizzò Francesco, proclamandolo santo, nella chiesa
di S Giorgio e incaricò fra Tommaso da Celano a stendere una vita del Padre
per aiutare i frati a conoscere bene il loro fondatore, e “molto
probabilmente, anche frate Elia” contribuì a fare stendere questa Vita del
Padre che fosse servita non solo ai frati, ma a tutti i cristiani, perchè in essa
si sarebbe trovata la “conformità perfetta del Santo rispetto a Cristo”, e
nacque la Vita Prima che è qualche cosa di completamente nuovo nella
storia agiografica. Nel frattempo frate Elia, non più ministro generale, per
incarico del Papa iniziò la costruzione della Basilica sul colle inferiore di
Assisi, chiamato anche Colle dell’inferno in quanto lì si eseguivano le
sentenze capitali.
Alcune annotazioni sulla prima famiglia dei Frati:
Prima dimora dei frati fu Rivotorto, però nel 1211 erano già stati
spodestati dal bifolco, quindi si trasferirono a S. Maria della Porziuncola
quale dimora notturna, perché durante la giornata andavano a lavorare nelle
campagne vicine. Già nel 1212 troviamo i primi incontri dei frati che, pian
piano, si trasformeranno in veri capitoli di fraternità 41. In essi si trattava
come poter meglio osservare la regola; inviare i frati nelle diverse regioni; si
facevano raccomandazioni, correzioni e ammonizioni a tutti; e si viveva in
fraternità e preghiera.
Nel 1216 il Vitry scriveva che i frati si ritrovavano una volta all'anno nel
luogo stabilito per rallegrarsi nel Signore, mangiare insieme, formulare e
40
41
1Cel. ff. 500.
3Comp, ff. 1466.
22
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
promulgare sante leggi che sottoponevano al Papa 42. Dal 1212 al 1217 i
capitoli hanno questi ritmi e sono da stimarsi tutti Capitoli Generali. Nel
1217 però si ebbe uno sviluppo ulteriore: fu il primo vero Capitolo nel
senso autentico della parola. In quella occasione l’Ordine fu diviso in
Province. Dopo il 1221 fu ritenuto impossibile avere tutti i frati in Capitolo
a causa del grande sviluppo della fraternità, quindi si impose la necessità di
capitoli particolari o provinciali.
Furono indetti i capitoli provinciali ogni anno e quelli generali ogni tre
anni, o in un tempo maggiore o minore, secondo quanto stabilisce la Regola
al capitolo VIII. Per sapere cosa pensasse Francesco dei capitoli provinciali
basta leggere il passo di S. Bonaventura che dice: “Ai capitoli provinciali,
invece egli non poteva essere presente di persona; ma si preoccupava di
rendersi presente con sollecite direttive, con la preghiera insistente e con la
sua efficace benedizione. Qualche volta però, in forza di quella virtù divina
che opera meraviglie, vi compariva anche in forma visibile…”43.
In Germania tra il 1222 e il 1224, partecipavano al capitolo provinciale solo
i seniores: custodi, guardiani e predicatori... e i capitoli erano convocati ogni
anno.
42
43
ff. 2201s.
ff. 1081.
23
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
IL NOME DELLA FRATERNITA’
Nel primo momento questa fraternità si definiva: "Uomini penitenti di
Assisi"44. In un secondo tempo, forse verso il 1213, Francesco parlando
della “minorità” dei suoi frati, decise che si scrivesse nella Regola: “Voglio
che questa fraternità sia chiamata Ordine dei frati minori” 45. Nel 1216,
Giacomo da Vitry parla di “frati minori e sorelle minori”46 .
Per il Manselli, “entrare a far parte della fraternità significava anche
accettare la vita, ossia proprio quella condizione di emarginazione rispetto al
resto della società che Francesco aveva scelto dopo il suo incontro con il
lebbroso e che, sulla base della lettura del vangelo, aveva poi potuto
precisare e chiarire, mettendo per iscritto il proposito-regola e facendolo
approvare dal Papa”. Al termine “Minore” Francesco dava due significati:
uno di ordine sociale che distingueva i minores dai majores nella società
medievale assisana, e l’altro più specificamente religioso che indicava le
persone umili.
La virtù dell’umiltà era stata da sempre la più amata e curata dal Padre in
quanto essa era il fondamento di tutta la sua spiritualità. Prima di morire,
“ardeva di un grande desiderio di ritornare all’umiltà”, per essere
disponibile sempre più, a sentirsi umile e a restare accanto agli ultimi della
società. L’Ordine da lui fondato doveva aspirare all’ultimo posto in una
società dove si ambiva agli onori, alla gloria, ai riconoscimenti dei meriti e
agli applausi da parte del popolo. Lui richiedeva per sé il disprezzo e
invitava i suoi fratelli a disprezzare e giudicare se stessi ed essere segno di
umiltà e mansuetudine. Tommaso da Celano scrive di Lui: “L’umiltà,
custode ed ornamento di tutte le virtù, aveva ricolmato l’uomo di Dio con
ogni doviziosa sovrabbondanza. A suo giudizio, egli non era altro che un
peccatore…”47.
44
ff. 1509
ff. 386.
46
ff. 2205.
47
L. M. ff 1103.
45
24
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
DUE TERMINI: FRATERNITA’
Nella regola bollata, il frate minore trova delineato il disegno del
fondatore sulla “natura, il fine, lo spirito, e la fisionomia spirituale”propri
della fraternità francescana48. La fraternità non si oppone all’Ordine: i
cristiani sono tutti fratelli perché figli dello stesso Padre celeste e possono
vivere in una istituzione come in una famiglia. La parola fraternità fu
suggerita dallo Spirito e approvata dal Papa Onorio III, il 29 novembre
1223, con la bolla “Solet Annuere”. “Essa perpetua e trasmette tutto ciò che
l’Ordine è e tutto ciò che crede della propria vocazione e della propria
missione nella Chiesa e nel mondo” 49. La fraternità voluta da Francesco non
è né laicale ne clericale, ma apostolica: ad intra, tutti condividono la stessa
forma di vita con pari dignità vocazionale. Così i Ministri generali diventano
“servi di tutta la fraternità” ed hanno il compito di “visitare, ammonire,
correggere con umiltà e carità” i frati. uesta fraternità ha uno scopo ben
preciso da svolgere ad extra ed è il compito della predicazione Ad extra,
questa comunità ha il compito di predicare la penitenza, secondo quanto ha
concesso ad essa il Papa, prescindendo dal fatto di essere chierico o laico 50.
La fraternità richiede un affidamento a Cristo risorto ed eucaristico; fedeltà
allo Spirito e all'ascolto della Parola; preghiera comune; il fratello è un
dono; curare il fratello bisognoso diventa missionarietà che estende il
Regno, quindi porta Cristo agli altri.
MINORITA’
Opposto di maggiore; umile, disponibile, che ha il dono del lavoro;
animato dallo spirito di servizio; vivere i voti e lavorare per i minori e con i
minori; sentirsi l’ultimo della società in umiltà. “I minori sono sempre e
prima di tutto fratelli come modelli ed esempio di vita, valido al di là e al
disopra del tempo e dello spazio”51. Francesco fu il primo maestro dei frati,
quando il noviziato ufficiale non ancora esisteva nella fraternità, insegnando
48
M. Conti., Temi di Vita e Spiritualità del francescanesimo delle origini, Roma 1996,
p. 155.
49
Ibidem.
50
1Cel ff. 374-75; cfr. Leg. M., ff. 1064.
51
R. Manselli, o.c., p.29.
25
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
loro a pregare, aiutandoli a prevenire i suoi consigli e desideri, aprendosi
all’obbedienza, e interpretando i desideri del superiore 52.
LA CRISI DELLA FRATERNITA' SUL PROBLEMA
DELLA POVERTA’, E I MINISTRI CHE LA GESTIRONO
Morto Pietro Cattani nel 1221 fu eletto Vicario frate Elia che governerà
fino al 1227. Con la morte di Francesco, Papa Onorio vuole dare ai frati i
privilegi per renderli esenti dai vescovi ed inserirli nel servizio della Chiesa
perché erano persone che sapevano creare rapporti “di familiarità,di
confidenza reciproca, di relazione personale, che si venivano formando tra il
popolo ed i frati. Questi in primo luogo ispiravano fiducia per l’aspetto della
loro condizione sociale, che era ed a lungo rimase assai modesta”53.
Nel 1227-32 si ebbe il governo di Giovanni Parente: si sviluppò quella
crisi che già c'era nell'ordine tra Spirituali e Comunità.
Gli Spirituali o Zelanti si appellavano al "Sine glossa" del Testamento,
quindi ritenevano che le regole non avevano bisogno di interpretazioni, ma
andavano osservate alla lettera.
I ministri volevano una chiarificazione della Regola. Il 28 settembre 1230
una commissione di ministri, guidata da Antonio di Padova, da Gerardo da
Rossignol, da Aimone da Faversahm, da Leone da Perego, da Gerardo da
Modena e da Pietro da Brescia, si recò dal Papa e questi dette la prima
dichiarazione ufficiale sulla Regola con la bolla "Quo Elongati" 54 con la
quale scioglie ogni dubbio e incertezza, basandosi sulla diretta conoscenza
del cuore di Francesco, e dichiara:
a) “ Dalla lunga familiarità che lo stesso Santo ebbe con noi, abbiamo
conosciuto più pienamente la sua intenzione… Non siete tenuti
all’osservanza di questo comando”, quindi il testamento non obbliga.
b) Poiché alcuni frati ritenevano che “bisognava osservare non solo i
precetti espressi con parole di comando o proibizione, ma anche gli altri
52
1Cel. ff. 339-41. Nel n. 401 si legge: “Se un frate suddito, prima ancora di udire le
parole del superiore, ne indovina l’intenzione, subito deve disporsi all’obbedienza e
compiere ciò che al minimo segno capirà che egli desidera”.
53
R. Manselli, o.c., p.37.
54
Eccleston ff, 2503.
26
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
consigli evangelici”, il Papa rispondeva che “non si era tenuti in forza della
regola, se non a quelli ai quali vi siete obbligati”.
c) E’ secondo la regola avere i nunzi o sindaci apostolici o benefattori o
amici spirituali.
d) I frati non devono possedere nulla né in quanto comunità né in quanto
singoli individui, “ma l’Ordine abbia l'uso degli utensili, dei libri e degli
altri beni mobili che è loro lecito avere”, ma nulla di proprio: sine proprio.
e) Poiché i Ministri generali non sempre conoscono i frati che vivono
lontani da Lui è opportuno che siano esaminati e giudicati dal Provinciale, a
meno che non siano bisognosi di esame speciale, allora si rechino dal
Ministro in compagnia del Provinciale.
I Vicari provinciali non possono né ricevere nuovi individui nè estromettere
quelli che sono stati ricevuti. Ecc…55
Con Giovanni Parente le 12 province madri dell'Ordine furono portate a
32 .
Con la prima chiosa ufficiale della regola da parte della chiesa, finisce
l'epoca dell'Amore a Cristo in forma radicale e assoluta e si passa ad una
nuova fase: nascono i consigli e i precetti nell'interpretazione della Regola.
Nel 1231 con la bolla "Nimis Iniqua" di Gregorio IX, nasce l'esenzione dei
religiosi dai vescovi, ciò che Francesco non avrebbe mai voluto, ma ciò
avviene perché la Chiesa vuole utilizzare i frati per le sue missioni interne
ed esterne: i frati diventano gli uomini di fiducia della Chiesa.
Nel 1232, quando Giovanni Parente terminava il suo generalato, poteva
essere soddisfatto: c’era un Ordine rispettato da tutti, “aveva mantenuto
l’equilibrio fra le esigenze, che emergevano dalle varie componenti
dell’Ordine interno”, era caro al Papa, era rispettato ed amato da tutti56
Generalato di Frate Elia (1232-39). Nel periodo in cui il Parente guidava
l’Ordine, Elia costruiva la Basilica di S. Francesco in Assisi. Terminata la
costruzione della basilica inferiore, e fatta la traslazione del corpo del Santo,
nel 1230 fu indetto il Capitolo elettivo per il 1232 nella città di Rieti dove fu
eletto per acclamazione frate Elia, già vicario di Francesco fino al 122757.
55
Gregorio IX, Quo elongati, ff. 2729-2739.
R. Manselli, o.c., p. 59.
57
Lettera del Ministro Generale nel 750° anniversario della morte di frate Elia da
Cortona, Roma 2003, p. 20. Cfr Manselli R., o.c. pp. 60-72.
56
27
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
Questi, di carattere forte, uomo di governo, amico del Papa e
dell’Imperatore Federico II, e per Francesco era come una mamma 58, si pose
al servizio della fraternità.
Uomo pronto a superare ogni difficoltà, dette all'Ordine una
organizzazione solida. Creò visitatori per tutte le province. Utilizzò i laici e i
chierici, ponendoli su un piano di perfetta parità e si impegnò al massimo
per bloccare la clericizzazione dell’Ordine e così mantenere l’indirizzo
iniziale, voluto da Francesco.
Di autorità portò le province a 72 59. Rese l'Ordine grande e potente. Agì
contro gli spirituali con durezza, autorizzato dal Papa. Moltiplicò i luoghi di
studio e si prodigò nello sviluppo scientifico, apostolico e caritativo dei
minori.
Incrementò gli studi di Parigi e di Bologna e soprattutto incentivò le
Missioni e le opere sociali.
Richiese a tutti i frati, sacerdoti e laici, una rigida osservanza della Regola.
Forse a causa delle tasse imposte alle province per il completamento della
costruzione della basilica di S. Francesco in Assisi, spinse i ministri, con a
capo Aimone da Faversham a chiedere il capitolo: quasi tutti i ministri si
associarono e non valsero i suoi sforzi per scongiurarlo. Nella storia, frate
Elia ha avuto grandi amici per i quali avrebbe fatto tutto bene e altrettanti
nemici per i quali avrebbe sbagliato tutto. E’ mancato l’equilibrio.
Nel Capitolo convocato dai ministri nel 1239, alla presenza del Papa
Gregorio IX, fu dimesso frate Elia dal governo dell’Ordine e fu eletto
Alberto da Pisa che in quel momento era provinciale d’Inghilterra.
Sotto il generalato di quest’ultimo furono pubblicate le prime costituzioni
dette "Antiquae", purtroppo non conservate. Le province furono riportate a
32.
Nelle costituzioni Antiquae, tra l’altro, si stabiliva:
il ridimensionamento del potere del Ministro generale; i Ministri provinciali
dovevano essere eletti dai frati della provincia e non dal Ministro generale;
il Capitolo generale era superiore al Ministro generale; così anche il
Capitolo provinciale aveva autorità sul provinciale; i guardiani dovevano
essere eletti dai Ministri provinciali; il Ministro generale o i suoi inviati
avevano l'autorità di visitare le fraternità.
58
59
ff. 506, 511, 806.
L. Iriarte, Storia del francescanesimo, Barra (Napoli) 1982, p. 72.
28
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
Con queste disposizioni era stato eliminato il centralismo, creando la
democrazia, ma forse era stato lanciato troppo avanti l'Ordine in senso
democratico...
Alberto si impegnò ad eliminare dalle comunità minoritiche i risentimenti
e le ostilità che aveva provocato Elia con i suoi atteggiamenti un po’
autoritari60.
Nel 1240, morto Alberto da Pisa, fu convocato il Capitolo ad Anagni per il
1 novembre 1240, nel quale fu eletto Ministro Aimone da faversan (124044) che fu il naturale continuatore di Alberto da Pisa.
Il 22 agosto 1241 moriva Gregorio IX e gli succedeva sul soglio di Pietro
Innocenzo IV amico dei francescani e grande giurista.
Fu l'uomo della svolta; era definito "Zelator paupertatis".
Mentre Elia aveva guidato l'Ordine sullo stile monastico, Aimone si ispirò
all'Ordine dei Domenicani. “Si propose, prima di tutto, di dare all’Ordine
una agilità d’azione, che lo rendesse sempre più pronto ad operare al
servizio dei fedeli, rispondendo ad esigenze locali
specifiche e
61
caratteristiche…” .
Rese l'Ordine una potenza primaria della Chiesa. Lottò contro la missione
itinerante dei frati; si impegnò per la conventualizzazione e contro i "loci";
dette l’avvio alla costruzione dei grandi conventi nei centri delle città, con
grandi chiese.
La questua diventò mezzo ordinario per la sussistenza delle comunità,
quindi fu dato ad esso l’appellativo di Ordine mendicante.
Si crearono scuole in ogni convento; molti frati si dedicarono alla
predicazione al popolo, e con la bolla "Proibente regula" del 1240 non
furono più i Ministri generali a dare il permesso ai frati di predicare, ma i
Ministri provinciali. Si cominciarono a svolgere liturgie molto solenni nelle
chiese dei francescani le quali presero il nome di Chiese Conventuali.
Nel 1241, con la bolla “Gloriantibus vobis” si concedeva ai Ministri il
permesso di far accogliere i novizi anche dai loro delegati ed era un altro
punto contrario alla Regola.
Nel capitolo del 1242, celebrato a Bologna, fu chiesto a tutte le Province
religiose di designare una commissione di frati che avesse studiato i punti
controversi della regola, e le Province francesi risposero con la famosa nota
60
61
R. Manselli, o.c., p.74.
Idem, p.75.
29
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
Explicatio quatuor magistrorum (A. d’Hales, Giovanni della Rochelle,
Odone Rigaud, Roberto della Brassée).
Verso il 1240 i fedeli cominciano a fare dei lasciti ai frati o alle chiese
rette da essi, e questi li accolsero “in jus et proprietatem Beati Petri” 62 e i
conventi cominciarono ad avere i primi titoli di possesso e disponibilità di
capitali monetari; gli stessi Pontefici fecero pressione sull’Ordine affinché si
fosse disposto a ricevere beni da usurai, ladri pentiti, ecc… : si richiedeva
un nuovo intervento pontificio nella interpretazione e spiegazione della
Regola. Intanto si realizzava una evoluzione graduale e non arbitraria in
seno all’Ordine, soprattutto sotto il generalato di Aimone da Faversan.
Erano passati solo una quindicina d’anni dalla morte del Serafico Padre e
una decina dalla elezione di frate Elia, che non era chierico e il generale
Aimone emanò una norma “rivoluzionaria”, che escludeva i frati “laici” da
tutte le cariche all’interno dell’Ordine, riservandole ai soli “chierici”. Dopo
le innovazioni pratiche, imposte dalla politica di grandezza di frate Elia,
giungevano allora le innovazioni istituzionali che mutavano la fisionomia
dell’Ordine. “Lo stile di Rivotorto e di S. Maria degli angeli diventava un
semplice ricordo del passato”.
Nel Capitolo di Genova del 1244 fu eletto Ministro generale Crescenzio
da Iesi, uomo di età avanzata, strenuo lottatore contro gli spirituali, ricorse
al Papa Innocenzo IV per una nuova esplicazione della Regola. Questi
emanò la bolla "Ordinem vestrum" il 14 novembre 1245 con la quale
ammetteva il ricorso agli Amici spirituali per provvedere ai frati non solo
“in necessitatibus”, ma anche in utilitatibus e commodis” 63: i beni
dell'ordine erano della Santa Sede, si voleva l'immissione dei frati agli studi
e nell'apostolato; si rafforzava l'esenzione dai vescovi. In questa bolla si
esprimeva il desiderio della Chiesa nei riguardi dell’Ordine quando si diceva
che si ammettessero al noviziato “soltanto quelli che per la loro
preparazione culturale e per altre circostanze lodevoli possano essere utili
all’Ordine, a loro stessi, per i meriti di Vita, e giovare agli altri per il loro
esempio”64. Crescenzio si rivolse a tutti i frati che avevano conosciuto
Francesco affinché dessero notizie certe: intervennero Leone, Rufino e
Angelo, i frati che potevano ripetere, anche con un certo risentimento: “Nos
62
Bullarium Francescanum I, p.401
BF, I, 400-402.
64
Ibidem.
63
30
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
qui cum eo fuimus”…, che inviarono la lettera di Greccio, e nacque la
Seconda Vita di Tommaso da Celano negli anni 1246-47.
Intanto i conventi si costruivano ben organizzati, con chiostri e foresterie, i
frati erano obbligati al coro e alla “messa conventuale".
Poiché la lotta tra gli spirituali e i frati della comunità era viva, Crescenzio
invitò Tommaso da Celano a scrivere la Vita Seconda di Francesco, con un
taglio diverso dalla Vita prima e ispirato e documentato dai frati che
avevano conosciuto Francesco.
Nel 1245 ci fu il Concilio di Lione al quale presero parte diversi Maestri
francescani come Alessandro D’Ales, Adamo di Merch, ecc. Si parlò dei
Tartari per i quali si preparò una missione che più tardi sarà guidata da
Giovanni da Pian del Carpine, Guglielmo di Rubruk, Benedetto di Polonia,
ecc.
La bolla "Ordinem vestrum", che aveva rinnegato il “valore spirituale del
francescanesimo originale, sottolineando, tra l’altro, per quanto riguarda
l’ammissione dei nuovi frati, la necessità di un buon livello culturale”,
aveva aperto un vero dissidio in seno all'ordine e si vedranno gli effetti tra
non molto. Nel Capitolo di Lione del 1247 fu eletto Generale Giovanni
Buralli da Parma, dottore di Parigi, uomo santo, zelante nella disciplina 65.
A questa elezione, frate Egidio esclamò: "Bene et opportune venisti, sed
tarde venisti".
Quegli celebrò i Capitoli generali ogni tre anni, una volta in Italia e una
volta all'estero, seppe fronteggiare i maestri di Parigi che accusavano
l'Ordine di Gioacchimismo, sviluppò gli studi dei quali diceva: "Sono uno
dei mezzi che costruiscono la religione", ottenne diversi privilegi pontifici.
Nel 1247 il Papa emanò la bolla “Quanto studiosus” con cui venivano
creati i "procuratores" che erano rappresentanti della S. Sede per
l’“amministrazione dei beni”.
Nel Capitolo di Metz del 1254, i frati rinunciarono del tutto al breve
"Quanto Studiosus" e sospesero l'applicazione della bolla "Ordinem
vestrum".
Negli anni 1252-54, poiché i dottori laici di Parigi si schierarono contro i
francescani e domenicani, il Ministro generale fu molto attivo nel difendere
i frati che, alla fine ebbero ragione.
65
Ff 1889
31
P. Nicola Petrone
IL GIOACCHIMISMO:
PROFESSORI LAICI DI
MINATA.
La Storia del Francescanesimo
I FRANCESCANI E I
PARIGI. L’ORTODOSSIA
Fra Gherardo da Borgo S. Donnino scrisse : "Liber introductorius in
Evangelium eternum", seguendo in un modo unilaterale Gioacchino da
Fiore, e andò anche oltre il pensiero del monaco calabrese. Nell’università
di Parigi, molti maestri “secolari” erano costretti ad interrompere le lezioni a
causa di mancanza di studenti perché affluivano presso le cattedre dei
religiosi. Guglielmo di S. Amour, uno dei maestri laici ed ottimo polemista,
con il libro “Tractatus brevis de periculis novissimorum temporum” del
1255, riteneva che la Chiesa poggia la sua struttura sui vescovi e sui
parroci, mentre i religiosi sono un pericolo per Essa. Quando ebbe tra le
mani il libro di Fra Gherardo, la sua denuncia divenne irresistibile, anche
perché vi ricavò ben 31 errori teologici. Il Papa Innocenzo IV, dietro tante
accuse, intervenne contro i religiosi facendo chiudere le loro cattedre nella
Università parigina; però subito dopo, Papa Alessandro IV restituì ad essi le
cattedre d’insegnamento, pur condannando il libro di Fra Gherardo da
Borgo San Donnino.
“Entrarono in campo Tommaso d’Aquino con lo scritto “De opere
manuali, contra impugnantes Dei cultum”, Tommaso da York e S.
Bonaventura con le sue “Quaestiones disputatae de perfectione evangelica”.
Guglielmo fu condannato, l’ideale dei religiosi venne ampiamente difeso.
Tommaso e Bonaventura vennero accolti in trionfo come maestri reggenti”.
Nella disputa aspra e malevole, anche il Generale Giovanni Buralli fu
accusato di Gioacchimismo, e lui, da uomo onesto e santo, convocò il
Capitolo, dimettendosi da Ministro, e dietro richiesta di una delegazione di
Ministri Provinciali, designò quale suo successore fra Bonaventura da
Bagnoregio. Il Capitolo si celebrò a Roma il 2 febbraio 1257 nel quale fu
eletto Ministro frate Bonaventura da Bagnoregio66.
Chi era Bonaventura? Era nato a Bagnoregio, vicino Roma, nel 1221; nel
1243 entrò nell’Ordine a Parigi; ebbe come Maestro Alessandro d'Hales.
66
O. Todisco, Introduzione dell’ “Itinerario della mente in Dio” di S. Bonaventura,
Padova 1985, pp. 16-22.
32
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
Nel 1248 ottenne la licenza e cominciò il commento alle "Sentenze" di
Pietro Lombardo. Fu nominato Maestro nel 1257 quando era già Ministro
generale.
Come reggente dell’Ordine fu uomo moderato e saggio; affrontò il
problema dei nemici esterni (i maestri laici), soprattutto Guglielmo di SaintAmour che sosteneva che l' insegnamento e la cura delle anime spettasse
solo al clero secolare, mentre i monaci devono astenersi dallo studio e
vivere del lavoro delle loro mani.
All'interno, gli spirituali contestavano i frati di comunità, Bonaventura era
con la Comunità e con la bolla "Quo elongati’’.
Nel capitolo di Narbona del 1260, fu stabilito di presentare Francesco con
una nuova Vita che riassumesse tutte le precedenti e fu incaricato a stenderla
il Ministro generale che compilò la Legenda Major con la quale dimostrò
teologicamente “la conformità a Cristo del Santo Patriarca". L’opera era
pronta nel 1263 quando si tenne il Capitolo a Pisa. Nel 1266, dopo che i frati
ebbero letto la nuova biografia del Patriarca, “con drastica e radicale
coerenza, scatta perentorio l’ordine di distruggere tutti i documenti
biografici su San Francesco”. Le Costituzioni narbonensi presentate nel
1260, erano un altro strumento di vita fraterna, vissuta in povertà. L’Ordine
si stava sempre più clericalizzando in forma ufficiale e legale, tanto che
nello statuto 3 della rubrica I° si diceva: “E perché non solo per la nostra
salvezza ci ha chiamati Dio, ma anche per l’edificazione degli altri
attraverso esempi, consigli e salutari esortazioni, ordiniamo che non si
riceva nessuno nel nostro Ordine che non sia chierico istruito
convenientemente nella grammatica o logica, oppure se chierico o laico non
istruito, il suo ingresso nell’Ordine produca una grandissima edificazione
nel popolo e nel clero”.
L’Ordine era cresciuto a dismisura e il Generale, con l’Itinerarium Mentis
in Deum, intuì come la visione del Crocifisso pone davanti agli occhi lo
stadio finale della contemplazione, un amore ardentissimo per il Cristo
sofferente. L’amore che ha compenetrato Francesco deve compenetrare
anche i figli. Per Bonaventura, Francesco e i francescani sono inseriti nella
storia della salvezza: Francesco è l’angelo del sesto sigillo, l’Alter Christus
e i frati sono degli imitatori del Padre.
Bonaventura vegliò per la fedeltà alla povertà, conservò i sindaci,
incrementò gli studi, non volle che l'Ordine si attenesse alla bolla "Ordinem
33
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
vestrum" di Innocenzo IV, preferì i conventi grandi, ma visse anche nei
piccoli e sviluppò l'attività apostolica nell'Ordine.
“Nei suoi interventi come Ministro generale preoccupato dell’osservanza
della Regola francescana nell’Ordine, Bonaventura ebbe quale unico scopo
appunto il rinvigorimento della Regola stessa, intese seriamente
promuoverne l’osservanza, volle regolare la vita dell’Ordine, eliminando
dubbi e incertezze quanto alla formazione dei frati, alla loro attività, al
governo e agli uffici dell’Ordine, ai diritti e doveri di ognuno: come
abbiamo già notato, questa sua attività legislativa era protesa a togliere
eventuali abusi in alcuni luoghi e soprattutto a promuovere un apostolato
sempre più efficace per il bene delle anime, come aveva voluto Francesco.
Nella sua prima Lettera ufficiale all’Ordine, il nuovo Generale non
annunciava un severo inasprimento della vita religiosa, ma chiedeva ai frati
di impegnarsi ad estirpare il male, a promuovere il bene. Ed elencava dieci
abusi, che allontanavano l’Ordine dalla regola: il facile uso del denaro,
l’ozio, il girovagare e vagabondare dei frati, il modo e l’insistenza petulante
e fastidiosa nel chiedere l’elemosina, le troppe amicizie con i secolari, le
costruzioni di grandiose case, il modo di distribuire gli uffici, l’eccessiva
intraprendenza nell’accaparrarsi i funerali e lasciti testamentari in favore
dell’Ordine, l’eccesso nelle spese”67.
Le costituzioni Narbonensi del 1260 raccolsero tutta la legislazione
precedente e fissarono i Capitoli ogni tre anni. Fu severo contro gli
spirituali. Anche Giovanni Buralli dovette subire il processo, ma ne uscì
quasi indenne: “A Città della Pieve i giudici sparavano accuse contro
l’imputato: eccessivo rigore nel governo dell’Ordine e gioacchimismo. Sono
sempre duri i teologi! Giunto il momento della discolpa, Giovanni si alzò e
recitò il credo. Il Card. Ottoboni troncò il processo: “La fede di fra Giovanni
è la mia fede. Cessate di combatterlo”68.
Bonaventura fu amato da tutti per la scienza e la bontà. Intervenne per
l'elezione di Papa Gregorio X e i cardinali lo ascoltarono nel 1272. Preparò
il Concilio di Lione in qualità di Cardinale, e morì il 14.07.1274.
67
A. Pompei, Origine e sviluppo dell’Ordine francescano nella valutazione di S.
Bonaventura, in MF, 109 (2009) p. 337.
68
C. Cargogni, Bonaventura secondo fondatore? in Italia francescana LXXVIII, 1,
2003, 90
34
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
Nel Concilio di Lione alcuni vescovi si schierarono contro i mendicanti, ma
il Papa Gregorio X avrebbe detto: "Vivete come essi vivono, studiate come
essi studiano, e otterrete gli stessi risultati".
Girolamo d’Ascoli: Nel capitolo di Lione del 1274 fu eletto Ministro
generale questo ottimo frate che era stato missionario, e nel momento
dell’elezione, era legato pontificio presso la Chiesa ortodossa. Con un
lavorio molto complesso, aveva portato alla riappacificazione, anche se
risultò momentanea, la Chiesa greca con quella di Roma. Nel 1279-83, dopo
l'elezione di Girolamo a cardinale, fu eletto Generale il beato Buonagrazia
da S. Giovanni in Persiceto.
Sotto il suo governo, da Nicolò III fu rispiegata la regola con la bolla
"Exiit qui seminat".
Cardinali e Maestri francescani, tra questi, Pietro di Giovanni Olivi,
dettero una chiarificazione della Regola, il più attinente possibile allo spirito
di S. Francesco.
L'Exiit è moderatamente rigida circa i punti più discussi: povertà, uso del
denaro, edifici, procuratori dei frati... . Si sente l'influsso di Bonaventura.
Nel 1281 fu chiesta a Martino IV una bolla poco felice, nella quale si
concedevano più ampie facoltà di cura d'anime ai frati (Ad fructus uberes).
Nel 1283 fu pubblicata la bolla "Exultantes" con la quale si istituivano i
sindaci apostolici come figure giuridiche.
Morto Buonagrazia nel 1283, ci furono due anni di sede vacante. Nel
Capitolo di Milano del 1285 fu eletto Ministro Arlotto da Prato che ebbe un
breve governo in quanto fu raggiunto da sorella morte nel 1286. Durante il
suo governo fu fatto il processo a Pietro Olivi accusato di gioacchimismo.
Nel 1287 fu eletto Generale Matteo d'Acquasparta nel Capitolo di
Monpellier; questi riabilitò l'Olivi e lo inviò in Toscana dove si unì ad
Ubertino da Casale.
Eletto cardinale Matteo, nel 1289, nel Capitolo di Rieti fu eletto Ministro
Raimondo Godefrido, benevolo con gli spirituali. Nel capitolo furono riviste
le Costituzioni Narbonensi.
Poiché era molto vicino agli spirituali, Bonifacio VIII lo elesse vescovo di
Padova ponendolo fuori dall'Ordine e dalla mischia.
35
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
Nel 1295, nel Capitolo di Anagni, fu eletto Giovanni Minio da
Morrovalle, uomo dottissimo, maestro parigino, ottimo diplomatico della
Santa sede e nemico degli spirituali69.
Creato cardinale nel 1302, continuò a reggere l'Ordine fino al 1304. Nel
1302 inviò una lettera circolare bellissima ai frati con la quale richiamava
tutti alla povertà, proibiva ai conventi di accogliere beni e latifondi, e mise
al bando redditi e proventi. Dal 1304 al 1313 si ebbe l'ottimo governo di
Gonsalvo da Vallebona, dottore e uomo ricco di mente e di cuore.
Nel 1308 ci fu il Concilio di Vienna che con la bolla "Exivi de paradiso"
di Clemente V, fu data una nuova esplicazione della Regola.
Nel 1313 fu eletto Alessandro Bonini che scrisse un trattato sulla Regola:
in esso vi troviamo precetti, consigli ed esortazioni. Morto nel 1314 il
Bonini, si ebbero due anni di vacatio fino al 1316. In questo periodo gli
spirituali divisero l’Ordine balordamente in tre fasce: zelanti, moderati e
rilassati. Nel capitolo celebrato a Napoli nel 1316, fu eletto Michele Fusco
da Cesena. In quel momento storico su 40.000 frati, solo in tre province,
vivevano 200 frati, detti spirituali: Provenza con Ugo di Digne e Pietro di
Giovanni Olivi, Toscana con Ubertino da Casale che scrisse "Arbor vitae
crucifixae Iesu", Le Marche con Angelo Clareno che scrisse "Cronaca delle
sette tribolazioni" e "Expositio regulae fratrum minorum". Michele si
mostrò sempre più vicino ai fraticelli, e soprattutto per l'opera del dialettico
Bonagrazia da Bergamo (1316-28), fece sì che l'Ordine si schierasse contro
il Papa. Questi, già nel 1322, con la costituzione Ad Conditorem canonum,
aveva dichiarato che la perfezione evangelica “consiste principalmente ed
essenzialmente nella carità”, piuttosto che nella povertà; precedentemente,
con la bolla Quorumdam exigit, del 07.10.1317, aveva spiegato che “ogni
religione perisce se si sottrae all’obbedienza meritoria dei sudditi”.
Nel Capitolo di Bologna del 1328 i frati si inalberarono contro il Papa
accusandolo di eresia, rieleggendo Ministro il Fuschi. Giovanni XXII
dichiarò nullo il Capitolo di Bologna e Michele fuggì trovando protezione
presso l'Imperatore Ludovico il Bavaro. Il Papa scomunicò l'Imperatore e
tutti i caporioni dell’Ordine che si erano schierati con il cesenate.
Il Papa rinunziò ai beni dell’Ordine abolendo i Procuratori perché riteneva
un’ipocrisia fare amministrare i beni ad estranei e farli utilizzare dai frati:
era un sistema di simulazione, anzi di “perversa simulazione” in quanto “il
69
G. Parisciani, I frati minori conventuali delle Marche (sec. XIII-XX), Falconara 1982,
pp. 121ss.
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La Storia del Francescanesimo
dominio della Santa Sede era verbale, molesto e noioso” per le questioni e
liti che creava, e i frati non erano affatto più poveri degli altri istituti di vita
consacrata. In tal modo, “il francescanesimo, nella teoria e nella prassi, era
ridotto ad essere una delle forme della perfezione cristiana, che coesisteva
con le altre forme, e l’Ordine dei minori era uno dei tanti Ordini nella
Chiesa. L’identità francescana per oltre un secolo si era presentata con
l’equazione: povertà francescana uguale a povertà evangelica e perfezione
evangelica significava perfezione francescana”70.
L'Imperatore Ludovico il Bavaro, nemico dichiarato del Papa, si recò a
Roma per essere incoronato da Sciarra Colonna ed elesse antipapa il
francescano abruzzese Pietro da Corvaro che prese il nome di Nicolò V.
Nel 1328 fu nominato vicario il Cardinale Bertrando de la Tour, amico del
Papa e uomo intelligente, che resse per un anno l’Ordine.
Dal 1329 al 1342 fu Ministro generale Gerardo Oddone, eletto nel capitolo
di Parigi, amico di Giovanni XXII; è l'epoca delle polemiche sull'autorità
del Papa, soprattutto per causa di Guglielmo da Ockam che poneva il
Concilio sopra il pontefice, ma contemporaneamente c’era nell’Ordine un
Alvaro Pelagio che difendeva strenuamente l’autorità pontificia. Gerardo fu
poco francescano nello spirito: dispensava i singoli provinciali
dall'osservanza della Regola, cercava di abolire il precetto di non ricevere
denaro e spinse l'Ordine fuori dallo spirito di Francesco; a causa del nuovo
Pontefice Benedetto XII che proveniva dai cistercensi, gli si voleva dare la
veste benedettina tramite gli “statuta benedectina” del 1336. Nel 1337,
aboliti gli statuti benedettini, nel capitolo di Cahors furono pubblicate nuove
costituzioni che si basavano su quelle del 1316.
AL SERVIZIO DELLA SANTA SEDE
Perché i Papi spesso e volentieri dettero dispense ed esenzioni ai frati? E
una domanda logica, ma anche la risposta è chiara. I Papi avevano bisogno
di questa forza vergine e senza interessi personali. Il monachesimo era in
crisi, quindi da Innocenzo III in poi la Chiesa utilizzò i frati mendicanti,
domenicani e francescani, che diventarono forze nuove e fidate dei Papi. I
frati furono utilizzati come ambasciatori perché non erano sospettati di affari
personali, ma messaggeri della verità, nella semplicità. Per i loro piedi nudi
tutte le corti erano aperte.
70
G. G. Merlo, S. Francesco, Padova 2003, p. 280
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La Storia del Francescanesimo
L'Esenzione non era un privilegio, ma piuttosto un requisito dato dal Papa
per dire che dipendevano da Lui: sudditi e soggetti ai piedi della Santa
Romana Chiesa. Al dire di Alessandro IV, erano uomini di fiducia;
frequentavano correntemente la corte pontificia dove svolgevano i compiti
di: cappellani, sacristi, predicatori, penitenzieri pontifici.
Anche se Francesco non avrebbe mai voluto, i frati, ben presto, dovettero
accettare alte cariche, come era accaduto ai monaci nei secoli precedenti.
Dall’Ordine francescano uscirono Vescovi, Cardinali e Papi. Nel primo
secolo furono consacrati vescovi 250 frati. Nel secondo secolo del
francescanesimo furono elevati alla dignità episcopale ben 746 frati, mentre
nel terzo secolo si ebbero 791 vescovi. Di legati e nunzi apostolici ne furono
oltre 300, mentre di Cardinali ce ne furono oltre 30. L’Ordine non fu troppo
aperto ai frati che aspiravano all’episcopato, anzi le Costituzioni narbonensi
privavano dei beni spirituali dell’Ordine chi cercava di accaparrarsi
l’episcopato senza il permesso del Generale71.
Vicedomino de’ Vicedomini di Piacenza, nipote del pontefice B. Gregorio
X, fu frate francescano e poi vescovo di Aix; dallo zio fu creato cardinale
vescovo di Palestrina nel 1273. Fu eletto Papa a Viterbo il 6 settembre 1276;
morì lo stesso giorno dell’elezione, quindi non poté essere coronato e non
figura tra i pontefici dipinti nella chiesa di S. Paolo fuori le mura. Fu sepolto
nella nostra chiesa di Viterbo.
NICOLO’ IV PRIMO PAPA FRANCESCANO (1288-92)
Frate Girolamo Masci, dopo essere stato missionario della Santa Sede
presso il patriarcato di Costantinopoli, ed essere riuscito a riportare la Pace
tra le due Chiese, anche se fu per breve tempo, continuò a lavorare per
l’Ordine con l’incarico di Ministro generale, quindi fu creato Cardinale e nel
1288, dopo 11 mesi di Sede vacante, fu eletto Papa e prese il nome di
Nicolò IV. Durante il suo governo che durò quattro anni, inviò i frati minori
in Albania, Bosnia, Serbia, Armenia e in tutto l’Oriente. Si ricordi la
straordinaria missione di Giovanni da Montecorvino che raggiunse l’India,
la Persia e la Cina e fu il primo arcivescovo di Pechino. Pose la prima pietra
del Duomo di Orvieto (1290), riparò la basilica di S. Maria Maggiore a
Roma, rinnovando l’abside con i mosaici di Iacopo Torriti e di fra Iacopo da
71
H. Holzapfel, Manuale Historiae Ordinis Fratrum Minorum, Freiburg 1909 pp.156-
161.
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Camerino. Dette la prima regola bollata ai francescani secolari che allora
erano detti “ Dell’Ordine della penitenza”, con la bolla Supra Montem, del
18 agosto 1289. Morì il 4 aprile 1292 e fu sepolto in S. Maria Maggiore72.
FRANCESCANI MESSAGGERI DI PACE
Giovanni Parente fu inviato dal Papa Gregorio IX a ristabilire la pace nella
città di Firenze nel 1231. Girolamo Masci d’Ascoli, da ministro generale,
negoziò la pace tra Francia e Castiglia. Matteo d’Acquasparta fu inviato da
Bonifacio VIII in Toscana per ristabilire la pace. Gentile da Montefiore fu
inviato in Ungheria per ristabilirvi la concordia agli inizi del secolo XIV.
Giovanni Minio nel 1298, da Ministro generale andò, con il generale dei
domenicani, a trattare per la pace tra Francia, Inghilterra e Fiandre. Paolino
da Venezia fu ambasciatore della stessa repubblica, per incarico del papa,
presso il re di Napoli nel 1314-16, per trattare di pace. Tommaso Frignati fu
incaricato dal Papa Gregorio XI nel 1372 a svolgere diverse missioni di pace
tra l’Ungheria, l’Austria e Venezia. Anche Ludovico Donati da Venezia fu
incaricato da Urbano VI, quale ambasciatore di pace presso la corte
d’Ungheria e il doge di Venezia. Oltre a questi frati più famosi ci furono
altri che si impegnarono a ristabilire la pace nelle comunità civili. I nostri
refettori, lungo i secoli, sono stati i “parlamenti” delle città dove, alla
presenza del guardiano, si riunivano i consigli comunali, e il frate mediava
la pace tra i contendenti.
LA CONFESSIONE E LA PREDICAZIONE
Il Concilio lateranense IV ribadì che la confessione fosse riservata solo ai
Parroci; ma i frati ebbero il permesso dalla Santa Sede di poter confessare
nelle loro chiese fin dal 1237. Bonifacio VIII, con la bolla "Super
Cathedram", istituzionalizzò questo diritto, anche se bisognava richiedere il
permesso dell’Ordinario, dopo essere stati presentati dal superiore73.
72
G. Andreozzi, Storia delle regole e delle costituzioni dell’Ordine francescano
secolare, Perugina 1988, pp. 87-97; cfr G. Parisciani, o.c. pp.111-114.
73
La Bolla Super Cathedram stabiliva che i religiosi, per poter confessare, avevano
bisogno del permesso dell’Ordinario del luogo, dopo essere stati presentati dai Superiori.
39
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
Nel medioevo la predicazione era riservata ai vescovi; i Papi concesero ai
frati il permesso di predicare senza neppure chiedere l’autorizzazione ai
vescovi, perché esentati dal dovere di chiedere il permesso ad essi, ma
incaricati e autorizzati direttamente dalla Sede Apostolica. Essi lavoravano
sotto la diretta dipendenza del Papa.
Abbiamo una schiera di grandi annunciatori del vangelo per le vie
d'Europa e sono i frati domenicani e francescani.
Alcuni famosi predicatori dei primi secoli della famiglia serafica:
Antonio di Padova †1231 (predicava anche a 40.000 persone), Raimondo
da Arezzo †1252, Bonaventura da Iseo †1260, Bertoldo da Ratisbona †1272
“emulo, per fama, del Patavino” (parlava a 60.000 persone), e percorse tutta
l’Europa centrale, rievangelizzò la Germania, la Svizzera, la Moldavia, la
Boemia, l’Austria e l’Ungheria. Fu proclamato dal popolo “Santo frate e
nuovo Elia”. Ugo da Digne, Corrado di Sassonia, Oddone Rigaud †1275,
Aimone da Favershan †1243, Giovanni della Rochelle †1345, che scrisse:
Ars Predicandi, Landolfo Caracciolo di Napoli †1351, ecc…
FRANCESCANESIMO
EREMITICO
-
ORDINE
APOSTOLICO
E
NON
Agli albori della conversione di Francesco e della nascita della famiglia
con il dono dei primi frati, nacque una inquietudine seria nel cuore del
Padre: se darsi alla contemplazione o all'apostolato. Spesso domandava ai
fratelli: “Che cosa decidete? Che cosa vi sembra giusto? Che io mi dia tutto
all'orazione o che vada attorno a predicare?” Inviò un'ambasciata da frate
Silvestro e un'altra dalla sorella Chiara a scrutare il disegno di Dio sulla sua
vita e su quella del suo Ordine, e tutti e due gli fecero sapere che “volere di
Dio era che Lui si fosse fatto araldo di Cristo uscendo a predicare” 74. Da
questa unanime risposta dei due contemplativi decise che il suo Ordine fosse
non eremitico o contemplativo, ma dedito all'apostolato della predicazione.
Lui stesso spingerà i suoi frati a recarsi per città e castelli ad evangelizzare
e, piano piano, i frati cominceranno ad edificare le loro dimore prima nelle
periferie dei centri piccoli e grandi, poi nel cuore di essi, per stare a contatto
con i problemi della gente. Francesco e i suoi fratelli saranno “ i figli
culturali della città e della nuova società urbana”75. “Egli spinge il suo
74
75
ff 1204-5.
G. Zizzola, Attualità di Francesco d’Assisi, Verrucchio 1995, p. 19.
40
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
movimento nei centri culturali, religiosi ed economici, più significativi,
come Perugia, Bologna, Siena, Firenze, Roma, così offrendo al
cristianesimo l'opportunità di recuperare lo spazio urbano che aveva perduto
allorché, nato nelle città sulla fine dell'età antica, aveva finito per
accomodarsi anche culturalmente in campagna, perdendo di vista le sfide
immanenti nel grande sviluppo urbano”76.
L’ORDINE E LE MISSIONI
Francesco fu il padre delle missioni del secolo XIII e il primo apostolo
non solo della sua famiglia religiosa, ma della Chiesa, nel suo tempo; per
l’affetto vivissimo che lo spingeva verso la salvezza dei fratelli infedeli e
per la immensa fede in Gesù, che gli bruciava il cuore si dedicava con vero
amore per farlo conoscere ad essi. L'ardore della predicazione lo muoveva
con grande zelo a recarsi tra i fratelli che avevano bisogno di questo lavacro
77
. Per tre volte si mise in viaggio per recarsi tra gli infedeli. Nel 1212 tentò
di recarsi in Siria, ma senza successo a causa di una tempesta 78. Ci riprovò
nel 1214, volendosi recare in Marocco, ma, arrivato a Compostella, fu
colpito da infermità e dovette desistere, ritornando in Italia.
Andò a segno il viaggio intrapreso per la Terra Santa nel 1219, recandosi
presso il Sultano d’Egitto e visitando i luoghi santi della Palestina.
Francesco è stato il primo fondatore di un Ordine religioso che ha posto un
capitolo della regola per i frati che, “per divina ispirazione, avessero chiesto
di recarsi tra i Saraceni ed altri infedeli”79.
Nel 1217 fu aperta la missione di Siria o di Terra Santa, guidata da frate
Elia. Questa missione è restata in mano ai conventuali fino al 1439c.,
quando, per volere del Papa, passò alla famiglia Osservante che, ancora oggi
la custodisce con onore e spirito apostolico. Lungo i secoli hanno contato
moltissimi martiri80!
76
Ibidem.
ff 358.
78
ff 418
79
ff Rb c XII
80
L. Di Fonzo, I frati minori, o. c., p. 258; cfe G. Odoardi , La Custodia Francescana di
Terra Santa, in M F, vol. 43, f. 43 pp. 227-230. Qui troviamo una lunga scia di sangue
cristiano, versato per il trionfo di Cristo e della Chiesa, e la testimonianza di molti frati,
“angeli di pace e di conforto” per i fedeli e per gli infedeli e testimoniarono con la vita il
77
41
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
Verso la fine del primo secolo già erano stati aperti oltre 20 conventi ed
era fiorentissima tra le altre Province d’Oriente. Essa comprendeva l’isola
di Cipro, la Siria, la Palestina, l’Asia Minore e le regioni adiacenti. I frati
che vi hanno lavorato, più volte sono partiti da lì per raggiungere le terre
dell’India ed altre nazioni lontane.
Nel 1219 si recarono in Marocco cinque frati per evangelizzare i
musulmani e vi trovarono la palma del martirio 81. Nello stesso anno, frate
Egidio si imbarcò per la Tunisia82. Sette frati si recarono a Ceuta nel 1227,
per annunziare il vangelo; anche questi subirono il martirio83.
La vocazione dell’Ordine, nella mente di Francesco, doveva essere
missionaria, ma i missionari non dovevano essere fanatici; bensì
testimoniare con la vita sincera il vangelo di Gesù crocifisso e risorto.
Aveva scritto nella Regola non bollata che i missionari si potevano
comportare in due modi: “Un modo è che non facciano liti o dispute, ma
siano soggetti ad ogni creatura per amore di Dio e confessino di essere
cristiani. L’altro modo è che, quando vedranno che piace al Signore,
annunzino la parola di Dio perché essi credano in Dio onnipotente Padre e
Figlio e Spirito Santo…”84. Quindi non fanatismo, né ingiuria verso gli
infedeli o saraceni. Nella storia va ricordato che diversi missionari, guidati
da un tantino di fanatismo e di santo zelo, non si attennero a queste norme. I
musulmani ascoltavano volentieri i missionari francescani nella loro
predicazione, però quando questi si scagliavano con ingiurie contro il loro
“profeta Maometto”, quelli li catturavano e li processavano fino a
condannarli a morte!
Nel 1232 altri cinque frati si recarono in Marocco ed aprirono la prima
chiesa cattolica a Marrakech. Anche questi frati furono martirizzati. Nel
1233 il primo vescovo di Fez fu il francescano frate Agnello, mentre
l’Aragonese frate Lope de Ayn fu nominato vescovo di Tunisi da Innocenzo
IV nel 1246 e fra Lorenzo del Portogallo era vescovo di Ceuta nel 1266.
trionfo del Signore..
81
N. Petrone, L’albero Genealogico dell’Ordine dei frati minori conventuali in
Tagliacozzo, Silvi Marina 2006, p. 19. I santi martiri furono: Bernardo, Pietro, Adiuto,
Accursio, Ottone. Dei cinque protomartiri, tre erano sacerdoti: Bernardo, Pietro e Ottone;
due erano laici: Accursio e Adiuto; cfr ff, 3029, n. 68.
82
D. Rops., La Chiesa delle Cattedrali.. o. c. , p. 581.
83
Idem, p.22. Dei sette frati missionari a Ceuta sei erano sacerdoti: Daniele, Samuele,
Angelo, Leone, Ugolino, Nicola; uno era fratello religioso: Donnolo.
84
ff, 43. Rnb c. XVI.
42
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
La Provincia di Terra Santa si estese, anche se con difficoltà, toccando
l’Egitto e la Grecia. Al tempo del Capitolo di Narbona, nel 1260,
abbracciava oltre alla Terra Santa anche la custodia di Siria con 13 conventi,
la custodia di Cipro con quattro conventi e la custodia detta Romania che
comprendeva l’Impero d’Oriente o di Costantinopoli che nel 1263 diventò
Provincia.
Il beato Corrado Miliani, nato in Ascoli nel 1234, dopo diversi anni di
insegnamento teologico, per la formazione dei giovani, nelle scuole
dell’Ordine, negli anni 1274-79 si recò tra i saraceni in Libia dove predicò
con ardore il vangelo in diverse regioni; poi si spinse fino alla Cirenaica e fu
il primo esploratore di quella regione. Tornato in Europa, fu inviato ad
insegnare nell’università di Parigi con grande successo. Eletto papa
Girolamo Masci, suo ex compagno di studi, fu richiamato da Parigi perché
tornasse a Roma per essere “consigliere del Papa”. Prima di partire, tenne
un’ultima lezione agli alunni dicendo loro che ciò che valeva era la Vita
eterna e non gli orpelli di questo mondo. Dopo il lungo estenuante viaggio,
morì nel 1289 ad Ascoli85.
Raimondo Lullo, nato a Palma di Maiorca verso il 1233, dopo un periodo
di vita mondana, si rivestì dell’abito dell’Ordine francescano secolare,
dedicandosi oltre che alla filosofia e teologia, alle missioni, evangelizzando
l'Algeria e la Tunisia, e promosse nella Chiesa nuovi metodi missionari e lo
studio delle lingue orientali, fondando per l'Ordine il primo "Collegio
missionario" a Miramar (Maiorca, 1276). Diverse volte visitò Roma e i
Papi, invitandoli a fondare scuole di lingue orientali per evangelizzare i
popoli islamici. Fu lapidato a Bugia nel 1316, dopo una vita missionaria e di
grande scrittore. Fu mistico, poeta e catechista e testimone del Risorto agli
infedeli86.
L'Ordine arrivò con le sue missioni nell’Europa orientale: durante il
generalato di S. Bonaventura (1257-1274), i frati arrivarono in Russia e vi
crearono una “Vicaria”. Nell’elenco di Paolino da Venezia del 1320-35,
risultano aperti i conventi di Leopoli, Grodek, Colornia, Galsitt, Nostin
Cucminen, Cereth, Moldaviae, Caminix, Scotorix Cotcham, Licostoni, Albi
Castri87. Invece, in Bulgaria e in Romania (Moldavia), i frati arrivano
verso il 1370. Alcuni missionari arrivarono in Ucraina nel 1242c. Da qui, si
85
R. Sciamannini, Corrado di Ascoli, in B. S. IV, Roma 1987, 198-99.
Cassiano da Langasco, Raimonro Lullo, in Biblioteca Sanctorum, VIII, 372-75.
87
A. G. Saliba, I francescani Conventuali in Russia e in Lituania, Malta 2002, p. 16.
86
43
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
spinsero fino alla Georgia (mar Caspio), il primo dei quattro regni dei
Tartari. Dopo la conversione del pio Tokai Khan (1291-1313) furono
fondate in quella zona molte chiese e conventi con quattro sedi episcopali.
Negli anni 1374-80, con l’avvento di Tamerlano, ci fu la grande
devastazione, continuata dai Turchi oltre il 1475.
La vicaria dell’Oriente è del primo secolo dell'Ordine, ma divenne
provincia nel 1469 con sede Costantinopoli, comprendendo il regno di
Trebisonda, l 'Armenia, la Persia (Il secondo regno Tartaro). In questa zona
si ebbero moltissimi frati martirizzati tra i quali Gentile da Matelica (Tabriz
1340) e il b. Tommaso da Tolentino con altri tre soci martiri a Tana (India)
nel 132188.
La missione più famosa e leggendaria dei minoriti fu negli ultimi due
regni dei Tartari, nel centro dell'Asia: nella Mongolia e nella Cina.
GIOVANNI DA PIAN DEL CARPINE
Giovanni “era notissimo e stimato nell’Ordine per i grandi servigi prestati
come Ministro della Provincia Germanica; era largamente noto in Europa
per avervi predicato, tra i primi, la crociata contro il nuovo pericolo che si
profilava dall’Oriente con l’invasione dei Tartari. Ma, solo dopo che tale
pericolo divenne incalzante ed immediato, nella terza invasione dell’anno
1241 che si estese a tutta l’Europa orientale con puntate devastatrici sul
litorale della dalmazia e sulle stesse province friulane, l’Europa esterrefatta
aperse gli occhi, e il pontefice Innocenzo IV, sollecitato da molte parti,
pensò di mandare un suo ambasciatore al Kan de’ Tartari, con un duplice
scopo missionario e politico”89. Giovanni aveva iniziato la sua vita
missionaria in Germania nel 1221. Nel 1222 era custode della Sassonia e
fondò diversi conventi in Germania.
Nel 1228 fu eletto ministro della Germania. Nel 1230, mentre era in
viaggio per il Capitolo generale, fondò il convento di Metz. Dal capitolo
generale gli fu affidato la provincia di Spagna. Nel 1233 ritornò in Sassonia
e vi rimase per 6 anni lavorando intensamente. Nel 1245, Innocenzo IV lo
88
AA.VV.In “ Ordini e Congregazioni religiose”, Cfr L. Di Fonzo., I Frati Minori,
Torino 1951, pp. 203-208.
89
A. Orlini, Giovanni da Pian del Carpine, in MF, 1943, p. 57.
44
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
nominò suo legato tra i Tartari, e in 16 mesi svolse la sua missione.
Ritornato, si fermò 3 mesi presso il Papa. Dopo fu ambasciatore presso il Re
di Francia per chiedere il rinvio della spedizione in Terra Santa. Fu eletto
vescovo di Antiravi e ne prese possesso solo nel 1248.
Della sua ambasceria tra i Tartari scrisse “Historia Mongolorum” dove
tratta la geografia del luogo, gli usi, i costumi e la religione di quei popoli.
Descrive minuziosamente l'esercito, i metodi di combattimento e le crudeltà
di quella gente. La relazione ha un grandissimo valore storico ed
etnografico. Giovanni ha lasciato un documento non perituro in quella sua
Historia Mongolorum che oltre ad essere una relazione esatta del viaggio, e
perciò di grande importanza geografica, etnografica, religiosa, è anche
compilata in tal guisa da mettere in estrema evidenza il pericolo cui
l’occidente andava incontro e la necessità di una preparazione adeguata,
spirituale, materiale e tecnica per proteggerlo, cioè riveste una grande
importanza politica…E’ il primo documento serio che in Occidente parli dei
Mongoli”90.
GUGLIELMO DI RUBROUK, FIAMMINGO E BARTOLOMEO
Questi due frati erano missionari in Terra Santa quando Ludovico IX re di
Francia li incaricò di portare una lettera gratulatoria al principe Sarthac, che
si credeva fosse diventato cristiano, e partirono da Accon nel 1252.
Primo incontro con i Mongoli li ebbero a Kiew il 3 giugno 1252. Dopo tre
mesi di marce forzate furono condotti a Tanis sul Don dal principe Sardhac
che era tutt'altro che cristiano e li accolse freddamente. Qui c'erano i
nestoriani che dominavano. Guglielmo e Bartolomeo volevano restare per
evangelizzare, ma il principe disse che non era in suo potere farli restare, ma
dipendeva dal padre. Questi se ne lavò le mani appellandosi all'autorità
dell'imperatore, quindi i missionari si recarono presso l'imperatore Mangù
che li trattò bene, e molte volte li volle sotto la tenda a prendere il thè in sua
compagnia. Nel 1253 dovettero riprendere il viaggio di ritorno dalla
Mongolia in Terra Santa e precisamente ad Accon. Certo delusi per non aver
potuto compiere il loro scopo di evangelizzare le popolazioni. Ad essi fu
negato il permesso di recarsi presso il Re Ludovico IX a Parigi al quale
potettero inviare il “Diarium”. Il racconto da loro fatto, “è un curioso
90
Idem, p. 59.
45
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
documento sull’Asia misteriosa del Medioevo, e insieme sulle reazioni dei
due occidentali lanciati all’avventura così lontano dai loro paesi”91.
Giovanni da Montecorvino primo vescovo di Kambalik
(Pechino)
Prima di essere frate era stato soldato, giurista e medico. Da frate era
rigido e della corrente degli spirituali. Era missionario in Terra Santa
quando nel 1289 partì per la Cina. Dalla Persia e Armenia dove si trovava,
dovette tornare in Europa come legato di Aitone II d'Armenia presso Nicolò
IV.
Il Papa, conoscendo la sua indole, se ne servì come ambasciatore tra molti
popoli e specialmente presso il Gran Khan di Cina. Partì il 15 luglio 1289 da
Rieti. Sbarcò in Antiochia e si inoltrò a piedi verso Sis, capitale
dell'Armenia, quindi a Tauris (Tabriz) in Persia. Nel 1291, in compagnia del
domenicano Nicolò da Pistoia (che morì lungo il viaggio) e un ricco
mercante italiano, per via mare si diresse a Kambulik dove arrivò tra il 1294
e il 95. Qui fu accolto con fasto orientale dall'Imperatore. Restò a Pechino
34 anni, svolgendo un denso apostolato e convertendo oltre 100.000
persone. Costruì chiese e conventi a Yangtchon, a Zaiton, nel Tenduc e ad
Armalek.
Eresse due orfanotrofi e un seminario per gli indigeni. Convertì lo stesso
imperatore Geng Trung con il quale divenne amico e confidente. Tradusse
in cinese il salterio e il Nuovo Testamento e celebrava la messa in cinese.
L'Imperatore volle ricevere gli ordini minori e costruì una chiesa che
chiamò "Romana" in onore del Papa. Giovanni tra il 1305 e il 1306 scrisse
due lettere: la prima ai frati di Crimea del 18 gennaio 1305 e l'altra ai frati di
Tauris del 13 febbraio 1306 dove spiegava tutto il suo apostolato e chiedeva
personale per la missione. Poiché la prima lettera del 1305 capitò in mano a
Tommaso da Tolentino, questi non perse tempo e da Tauris si recò a Poitier
dove stava il Papa, e tramite il card. Giovanni Minio la consegnò a papa
Clemente V.
Il Papa intuì il momento favorevole; fece ascoltare il racconto di
Tommaso a tutti i cardinali e ordinò che sette frati fossero consacrati
vescovi e con un centinaio di frati partissero per Pechino dove avrebbero
dovuto consacrare Arcivescovo Giovanni. La spedizione avvenne sul finire
91
D. Rops, o. c., p. 587.
46
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
del 1307. Dei sette vescovi solo tre raggiunsero la Cina, perché quattro
morirono per via; questi consacrarono Vescovo Giovanni tra il 1309 e il
1310 nella cappella della reggia alla presenza di Kaisum Guluk. Giovanni
Fece un ottimo piano pastorale con gli altri vescovi e con i frati e lavorò
instancabilmente fino alla morte, avvenuta nel 132892.
A tutt’oggi, i cristiani cinesi venerano come Santo Giovanni e ne invocano
la giusta “canonizzazione” alla Santa Sede93.
Documento del 1305
Lettera di Giovanni da Montecorvino ai frati di Crimea: “Io, fra Giovanni
da Montecorvino dell’Ordine dei frati minori, partii da Tabris, città della
Persia, l’Anno del Signore 1291, entrai in India e rimasi presso la chiesa di
S. Tommaso apostolo 13 mesi. Ivi ho battezzato, in diverse località, circa
cento persone; mi fu compagno di viaggio fra Nicola da Pistoia dell’Ordine
dei frati predicatori, che ivi morì e fu sepolto nella stessa chiesa. Procedendo
oltre, raggiunsi il Cathai, regno dell’imperatore dei Tartari detto Gran Khan.
Con le lettere del Signor Papa invitai lo stesso imperatore ad abbracciare
la fede cattolica del nostro Signore Gesù Cristo; ma egli è molto ostinato
nell’idolatria; Però concede molti benefici ai cristiani e io sono presso di
lui già da 12 anni. I Nestoriani che portano il nome di cristiani, ma dalla
religione cristiana assai lontani, si sono così affermati in questi luoghi che
non permettono ad alcun cristiano di altro rito di avere liberamente anche un
piccolo oratorio, né di predicare altra dottrina che la nestoriana. In queste
regioni non è venuto alcun apostolo né discepolo degli apostoli, perciò i
detti nestoriani, per sé o per gente prezzolata, inveirono contro di me con
gravissime persecuzioni, asserendo non essere io mandato dal Papa, ma
essere un esploratore, un mago, e un imbroglione. Dopo qualche tempo
suscitarono falsi testimoni i quali asserivano essere stato inviato con un
Nunzio che portava all’imperatore un ricco tesoro e che io, dopo averlo
ucciso in India, mi sarei appropriato di ciò che portava. Tale insidia durò
per quasi cinque anni e molte volte fui tratto in giudizio con pericolo della
morte. Finalmente dietro confessione di alcuni, così Dio disponendo,
l’imperatore riconobbe la mia innocenza e la malizia degli avversari, che
92
T. Lombardi, o.c., p. 152ss; cfr G. Odoardi ., Giovanni da Montecorvino, in
Biblioteca Sanctorum VI, c. 840-844
F. Jorio., Il Beato Giovanni da Montecorvino, Montecorvino - Rovella, Salerno, 1932.
93
L. Di Fonzo, I Minori, o.c., p. 209.
47
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
con le mogli e i figli furono mandati in esilio. In questa peregrinazione io
ero solo, senza potermi confessare per 11 anni, fino a quando, or sono due
anni, mi raggiunse frate Arnoldo alemanno della Provincia di Colonia. Ho
edificato una chiesa nella città di Khambaliq, principale residenza del re, già
compiuta da sei anni, ho fatto innalzare un campanile e vi ho posto tre
campane. Ivi ho battezzato fino ad oggi, come credo seimila persone. Se non
vi fossero state le suddette persecuzioni ne avrei battezzato oltre trentamila,
spesso sono tutto intento a battezzare.
Successivamente ho comprato quaranta fanciulli di età tra i sette i nove
anni, figli di pagani, ignoranti di ogni legge, li ho battezzati ed istruiti con
lettere latine nel nostro rito; ho scritto per loro trenta salteri con inni, e due
breviari, con i quali, undici fanciulli hanno imparato il nostro ufficio. Essi
tengono il coro settimanale come in convento, me presente o no. Parecchi di
loro trascrivono i salteri e altre cose opportune. Il signore imperatore si
diletta molto del loro canto. A tutte le ore suono le campane e con il coro dei
fanciulli e dei lattanti recito il divino ufficio. Cantiamo in modo popolare
perché non abbiamo un ufficio con note musicali”.
Odorico da Pordenone
Nato tra il 1269 e il 72. Divenuto sacerdote, chiese ed ottenne di recarsi
missionario in estremo Oriente. Non è chiaro l'anno di partenza, ma il
viaggio missionario durò 33 anni. Si imbarcò a Venezia e fece una prima
tappa a Trebisonda. Da qui, per terra attraversò l'Armenia, la Persia e ad
Ormuz si imbarcò su una nave araba che lo portò a Tana sulla foce dell'Indo
dove erano stati martirizzati 4 frati tra i quali Giacomo da Padova. Raccolse
le reliquie dei martiri e partì per Ceylon quindi Sumatra, Giava, il Borneo,
dove fu il primo europeo a mettervi piede. Arrivò finalmente in Cina
meridionale e si spinse fino a Zaiton dove trovò i primi due conventi
francescani e vi depose i resti dei martiri di Tana. Visitò Camsay, passò a
Nanchino quindi si recò oltre il fiume azzurro. Nel 1326 fondò la chiesa di
Sin-Ching (Shantung).
Attraversò il fiume giallo e raggiunse Pechino meta del suo viaggio.
Lavorò con Giovanni da Montecorvino per tre anni. Convertì oltre 20.000
infedeli; rischiò molte volte la vita. Per volere di Giovanni riprese il viaggio
48
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
di ritorno. Rientrò a Venezia nel 1330. Dettò la "Relazione dei suoi Viaggi”
a Guglielmo da Solagno. Morì nel 1331 a Padova.94
Giovanni da Marignolli
L'Opera dei pionieri ha trovato un ottimo continuatore in Giovanni
Fiorentino. Nato a Firenze sul finire del sec XIII, fu detto anche Giovanni di
S. Lorenzo; era colto, poliglotta, diplomatico.
Benedetto XII lo inviò nel 1339 come ambasciatore presso il Gran Khan
Togar Timur. Fu accolto trionfalmente e restò in corte tre anni. Impegnò 11
anni per tornare in patria: percorse, evangelizzando la Cina meridionale,
1'India, la Mesopotamia, la Palestina. Il 12 maggio 1354 fu eletto vescovo di
Bisignano.
Il Re Carlo IV di Boemia lo volle suo consigliere e cronista. Fu paciere tra
Fiorentini e Bolognesi (1356-7); fu accorto mediatore tra i francescani e il
Primate d'Irlanda.
Ha lasciato il "Chronicon Boemorum". Morì nel 135995.
Guglielmo du Prè (da Prato), maestro di Oxford e di Parigi fu creato
vescovo di Pechino nel 1370 e partì con 60 missionari.
Nel 1368 subentrò la nuova dinastia dei Ming contraria al cristianesimo.
Si aprì un lungo periodo di persecuzioni e di martirio: furono uccisi quasi
tutti i frati e verso il 1400 fu distrutta anche l'organizzazione ecclesiastica
che era stata costruita con tanta cura e amore, nel Cristo della Risurrezione,
dai francescani durante l’intero secolo XIV.
ALCUNI MISTICI DELL'ORDINE E SCRITTORI DI MISTICA
NEI SECOLI XIII -XIV
La famiglia francescana ha avuto grandi mistici nel primo secolo della sua
vita: ricordiamo Francesco, che “non era tanto un uomo che pregava, quanto
piuttosto egli stesso tutto trasformato in preghiera vivente” 96. Volle
conformarsi “al Cristo e all’angelo del sesto sigillo” e gustò il massimo della
sua esperienza mistica sul monte della Verna, ricevendo le stimmate dal
Signore, che portò impresse sulle sue membra per due anni, come segno del
94
Cassiano da Langasco, Odorico da Pordenone, in B.S. , IX, 1120-21
A. Ghinato., Giovanni da Marignolli, in E.C., VIII, c.155-156.
96
2Cel. ff 682.
95
49
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
reciproco amore. “La mistica di Francesco è cristocentrica: i frati dovranno
seguire il Cristo che si è fatto povero. Però si tratta di una povertà che
arricchisce di virtù: la povertà liberamente abbracciata, perché Cristo si è
fatto povero, non è, dunque indigenza, ma virtù, nuova vita da risorto in
Cristo… La mistica di Francesco è soprattutto una mistica pasquale…”97.
Antonio di Padova fu maestro di preghiera con l’esempio prima che con la
parola. Scrive e vive Antonio come “l’anima che sale dal deserto alla
contemplazione, quando abbandona tutte le cose inferiori e, penetrando fino
al cielo con la devozione, s’immerge totalmente nelle realtà divine, e viene
realmente colmata di delizie, allorché si allieta nella pienezza del gaudio
spirituale e si rinvigorisce nell’abbondanza delle letizie interiori comunicate
dal cielo e in lei copiosamente infuse. L’anima si appoggia al suo diletto
quando nulla presume dalle sue forze…” 98. Prima di morire, nel 1231 a
Camposampiero fu visto dall’amico Tiso parlare con il bimbo Gesù che
stringeva tra le braccia.
Chiara di Assisi “si dedicò assiduamente alla preghiera e alle veglie,
consacrandovi la maggior parte del giorno e della notte”. Essa fu una grande
mistica e i suoi pochi, ma stupendi scritti ne danno viva testimonianza99.
Angela da Foligno, sin dal 1600 era ritenuta “Maestra dei Teologi” e “il
Papa Pio XII negli anni ’50 definiva -La più grande mistica francescana,
grande, grandissima mistica-”100.
S. Elisabetta d’Ungheria, di cui, Corrado di Marburgo scrisse: “Affermo
davanti a Dio che raramente ho visto una donna così contemplativa come
Elisabetta, che pure era dedita a molte attività..”101.
Bonaventura da Bagnoregio, definito dall’Ordine e dalla Chiesa, “il
dottore Serafico”, è una delle menti più belle e dei cuori più ardenti del
secolo d’oro del francescanesimo. E’ figlio di Francesco, dotto e umile; ha
descritto la sua ascesi e il suo mondo amoroso accanto al Signore nel “De
triplici via” quando scrive: “Siccome ogni scienza porta l’impronta della
Trinità, deve, segnatamente quella che si impara nelle Sante Scritture,
rappresentare le orme di Dio uno e trino. Dice perciò il Savio di averla
97
G. Frasca, L’Esperienza mistica di Francesco d’Assisi, Porziuncola 2005, p.134.
I Mistici francescani, Vol. I , p 992.
99
Colette Roussey e Pascale Gounon, Nella tua tenda per sempre-Storia delle clarisse –
Un’avventura di ottocento anni, Città di Castello 2005, p. 91.
100
D. Alfonsi, La figlia dell’estasi, in Un’esperienza di vita-Angela da Foligno,
Perugina 2000, p. 51.
101
Ufficio divino, Vol IV , 17 novembre festa di S. Elisabetta, p. 1576.
98
50
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
disegnata in tre maniere, riferendosi al triplice intelletto della spiritualità:
morale, allegorico, anagogico. Il quale risponde al trino atto gerarchico,
purificazione, illuminazione, perfezione. La purificazione conduce alla pace;
l’illuminazione alla verità, la perfezione alla carità. Queste tre interamente
raggiunte, l’anima è in beatitudine, e nell’esercizio di essa acquista
l’aumento dei meriti. Pertanto nel conoscimento di questi tre stati sta la
scienza di tutta la sacra rivelazione, e ne dipende il merito della vita
eterna…”102.
Santa Margherita la Mantellata di Cortona: la peccatrice che si converte e,
dopo tanta penitenza e ardore serafico, potè essere chiamata da Gesù
“Figlia”. Lei, estatica, balbettava “Gesù mi ha chiamato figlia! Ora so che
Gesù è mio Padre! Ora so che io sono sua figlia”!
Note distintive della spiritualità francescana furono e restano: lo
svuotamento di se stessi, la spoliazione dei beni e l’umiltà per poter vivere
in fraternità e minorità con coloro che Dio ha chiamato alla stessa vita, così
liberi, seguire con amore Cristo crocifisso e risorto. Per raggiungere Cristo
povero e crocifisso, Francesco andrà alla scuola del lebbroso. Fu Cristo,
fratello lebbroso, che lo spinse al Cristo crocifisso e risorto.
P. Giovanni Iammarrone così sintetizza la spiritualità di Francesco e del
francescanesimo lungo i secoli:
a) “L’Evangelicità. Francesco visse il vangelo e visse del vangelo. In esso
conobbe Dio nella sua esclusiva trascendenza e bontà, incontrò Cristo
povero e crocifisso, la povertà, l’umiltà, la semplicità. Francesco non fu
altro che l’uomo del vangelo, della ricerca di esso.
b) L’esperienza di Dio altissimo e sommo bene; di Dio Padre, di Dio
Figlio, di Dio Spirito Santo, Dio Trinità.
c) L’esperienza del Cristo, Figlio amato dal Padre, che apre il cammino ed
è Via che precede l’uomo in tutti i misteri della sua vita, dalla culla alla
croce-risurrezione-venuta nella gloria come giudice, tappe diverse della sua
consacrazione totale al Padre e agli uomini; esperienza che viene fatta anche
nei suoi sacramenti, in quello della parola e in quello eucaristico della
pasqua.
d) L’esperienza di Cristo, sufficienza del Santo e quindi la vita di
Francesco come vita di sequela. Per questo i temi della sequela di Cristo, di
102
S. Bonaventura, Le tre vie ovvero l’incendio d’amore, in I Mistici secolo XIII, I,
Padova 1995, p. 345.
51
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
osservare il vangelo, di mettere in pratica i precetti e i comandamenti del
Signore sono costanti in lui e costituiscono la trama di tutto il resto.
e) Il fulgore della povertà nella sequela, poiché Cristo modello e maestro è
il ricco che si è fatto povero; Francesco fu il Poverello seguace del Signore
che dette tutto se stesso al Padre per la salvezza dell’uomo.
f) L’umiltà, sorella della povertà, entrambe radici della minorità. In questo
contesto va inserita anche l’obbedienza, che ha un fondamento cristologico,
nel senso che per Cristo essere Figlio significò essere obbediente e per
questo povero e umile e viceversa.
g) La pazienza, pura e santa semplicità.
h) La fede, speranza e carità, quali orientamento della sua intensa vita
teologale. La vita sostanziata di orazione, Francesco uomo-orazione.
i) Maria la poverella, la Santa Madre della Chiesa, sacramento del
Signore”103 .
Anche Lazzaro Iriarte, nel libro sulla Vocazione francescana 104, ci offre
una sintesi degli elementi caratteristici della spiritualità francescana: “La
vita di penitenza; la vita secondo il vangelo; la sequela delle orme di Gesù
Cristo; la Chiesa come luogo della presenza di Cristo; Maria Vergine fatta
Chiesa; Dio, Dio come trinità esperimentato come altissimo, fonte di ogni
bene, della carità; l’esperienza dell’azione e conduzione dello Spirito; la
preghiera di adorazione a Dio; l’umiltà e la povertà del Signore Gesù Cristo;
la semplicità; la fraternità all’interno e all’esterno verso tutte le cose, le
creature; l’apostolato e l’azione missionaria”. Questi sono i titoli dei capitoli
che compongono l’opera, ma sono anche una sintesi chiara ed essenziale
della spiritualità francescana, secondo l’autore.
I mistici francescani hanno amato questi temi, li hanno meditati e li hanno
offerto come materia di riflessione anche ai frati del loro tempo e a noi,
anche se ci sono sempre nuove vedute mistiche e teologiche. Dal tempo del
Serafico Padre sino ai nostri giorni hanno meditato e scritto tante opere.
L'Editrice francescana ha pubblicato negli anni 1995 - 1999 tre volumi
nei quali raccoglie le opere mistiche dei frati che vanno dal tempo di S.
Francesco fino a Mariano da Firenze (1523). I primi due volumi ci
presentano autori che sono stati pilastri della spiritualità francescana dopo il
fondatore105.
PIETA’CRISTIANA E NUOVE DEVOZIONI
103
104
G. Iammarrone., La spiritualità francescana, Padova 1993, pp 27-28.
L. Iriarte, Vocazione francescana, Milano 1975.
52
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
I francescani arricchirono la Chiesa con nuove ed importanti liturgie sui
misteri di Gesù e della Vergine Maria, tramite il loro spirito e la loro
teologia cristologico-mariana. Dopo il presepio di Greccio (1223) fu dato
inizio al culto e alla devozione del Santo Natale tramite il Presepe, divulgato
in tutto il mondo. S. Francesco aveva grande devozione per il nome di Gesù;
accanto al fondatore risplendette la devozione di S. Bonaventura, di
Ubertino da Casale e soprattutto di S. Bernardino da Siena che divulgò il
culto al “Nome del Signore” in ogni città dove predicò la parola di Dio. La
Chiesa fu indotta ad istituire la festa del “Nome di Gesù”, con ufficio e
messa, sotto il pontificato di Clemente VII, nel 1530. Per opera di S.
Antonio di Padova, di S. Bonaventura, di Giacomo da Milano, di Ubertino
ecc., nacque una profonda pietà verso il SS. Sacramento e il Sacro Cuore di
Gesù. “Alla diffusione della pratica della Via Crucis in Occidente,
devozione tipicamente francescana, già promossa dai Conventuali in
Palestina, dopo la riconquista dei Luoghi Santi (1342), contribuirono le note
rappresentazioni scultoree erette dall’Osservante b. Bernardino Caimi
(+1500) sul sacro monte di Varallo”106.
Anche diverse devozioni mariane furono propagate dai francescani
durante i secoli come il culto all’Immacolata Concezione di Maria, la pratica
della recita dell’ “Angelus Domini” con il beato Benedetto da Sinigardi e S.
Bonaventura già dal 1269, e tante altre feste riguardanti il culto a Maria
come la “Visitazione”, la “presentazione di Maria al Tempio”, “i sette gaudi
105
Il primo e il secondo volume raccolgono gli scritti dei mistici dei primi due secoli del
francescanesimo: Rizziero da Muccia (1236) con l’opera: “Come l’anima può giungere
rapidamente alla conoscenza delle verità e possedere la pace perfetta”.
Frate Egidio (1261): I Detti; Davide D’Augusta: De exterioris et interioris hominis
composizione; S. Bonaventura da Bagnoregio (1274): Opuscoli Mistici: Le tre vie, ovvero
L’incendio d’amore. Il legno di vita. Della vita perfetta. Il governo dell’amore; Gilberto di
Tornai (1284): Trattato sulla Pace; Tommaso da Pavia (1284): Distinctiones; Ruggero di
Provenza ( 1287): Meditationes; Giacomo da Milano (sec. XIII): Il Pungolo dell’Amore;
Iacopone da Todi (1308): Le Laudi, Trattato umilissimo, I detti; Angela da Foligno (1309):
Memoriale nel quale racconta la sua esperienza mistica; Raimondo Lullo (1316): Natale di
Gesù, L’Amico e l’Amato, L’Albero della filosofia dell’Amore, Le ore di Nostro Signore,
ecc… Pietro di Giovanni Olivi (1298): Rimedi contro le tentazioni spirituali; Ubertino da
Casale (1329): Arbor vitae crucifixae Jesu; Angelo Clareno ( 1337): Preparantia Christi
Jesu habitationem, Chronicon seu Historia septem tribulationem Ordinis Minorum…; Ugo
Panzera (1330): Trattati spirituali; Alvaro Pelagio (1349): Ritratto dell’uomo interiore.
106
L. Di Fonzo., I Minori o.c., p. 194.
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P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
della Beata Vergine”, la “Messa sabbatica” in onore della Madre di Dio,
speciale devozione a S. Giuseppe, ecc.
IL GOVERNO DELL'ORDINE.
“Il ministro generale è servo di tutta la fraternità", così si esprime la
regola bollata del 1223, e agli inizi era a vita. La sua elezione era fatta nel
capitolo di Pentecoste. I Ministri Provinciali e i custodi lo potevano deporre
se lo ritenevano incapace, ma finché restava, aveva un potere assoluto ed
aveva la facoltà di non convocare il capitolo perché la regola dice: "Alla sua
morte, l'elezione del successore sia fatta dai ministri provinciali e dai
custodi nel capitolo di Pentecoste, al quale i ministri provinciali siano tenuti
sempre ad intervenire, dovunque sia stato stabilito dal ministro generale, e
questo, una volta ogni tre anni o entro un termine maggiore o minore, così
come dal predetto ministro sarà ordinato”107.
L'Indizione del capitolo era ad arbitrio del Ministro. Dopo l'esperienza di
frate Elia, il capitolo rimediò per sempre contro l'assolutismo: solo il
capitolo potrà legiferare ed emanare costituzioni e decreti. Il generale non
potrà più deporre i provinciali che fino a quel momento eleggeva e
deponeva solo lui. Fu stabilito la sua elezione ogni tre anni. La sua autorità
sarà quella di convocare il capitolo nel luogo precedentemente stabilito a
norma delle costituzioni e si seguirà il principio di celebrarlo una volta in
Italia e una volta all’estero, di vigilare sulla osservanza della regola, di
visitare l'Ordine di persona o tramite i collaboratori.
La durata del Ministro generale, che nel 1240 fu stabilita triennale, con
Leone X, nel 1517 fu portata a sei anni. Agli inizi il generale si sceglieva i
collaboratori a suo piacimento, ma dalla seconda metà del secolo XIV il
capitolo assegnò due consiglieri stabili: uno per la famiglia cismontana e
uno per quella ultramontana. Con le costituzioni di Martino V vi fu aggiunto
anche uno Scriptor o segretario. Il capitolo generale del 1285 stabilì che,
qualora il ministro morisse, il provinciale dove era morto con i due
provinciali più vicini eleggesse un Vicario Generale che avesse retto
l'Ordine fino al nuovo capitolo generale. Nel 1288, papa Nicolò IV, con
bolla Quoniam revocatur, riservò alla santa sede la nomina del Vicario
Generale Apostolico, qualora fosse morto il Ministro generale.
107
ff 96, Rb C. VIII.
54
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
Nella metà del secolo XIII nacque la figura del Procuratore generale che
rappresentava l'Ordine dinanzi alla curia papale. Questa figura acquistò
sempre più rilievo e importanza in seno all'Ordine.
CAPITOLO GENERALE
L'origine risale ai primordi della fraternità, quando Francesco riuniva i
suoi frati due volte l'anno; più tardi una sola volta nel periodo di Pentecoste.
Il primo vero capitolo generale fu quello del 1217 nel quale fu diviso
l'Ordine in province. Nel 1221 si stabilì che questo incontro di famiglia
fosse limitato alle fraternità provinciali che si dovevano riunire ogni anno,
mentre quella generale, con tutti i ministri e i custodi si doveva riunire a
Pentecoste ogni tre anni, o in un tempo maggiore o minore, a giudizio del
generale.
Il capitolo generale, vivente Francesco, era la massima autorità nel
governo dell'Ordine.
Dal 1239, il capitolo fu celebrato ogni tre anni, con alternanza tra la zona
cismontana ed ultramontana. Al capitolo partecipavano i ministri
provinciali, i custodi e i discreti, liberamente eletti in ogni provincia.
Erano tre i rappresentanti di ogni provincia: il provinciale, il custos
custodum e il discreto, oltre ai periti invitati dal generale. Nel capitolo di
Narbona del 1260, furono dettate le norme per regolare scrupolosamente
tutto l'andamento del capitolo generale.
IL
CAPITOLO
PROVINCIALE-IL
GOVERNO
DELLE
PROVINCE.
La provincia, nel disegno di Francesco, doveva essere il prolungamento
della prima fraternità; in essa si doveva trovare l'unità fondamentale, e non
nella comunità locale che allora non esisteva ancora. Al capitolo annuale
dovevano partecipare tutti i frati. Nel 1239, anche il capitolo provinciale si
diede una sua struttura rappresentativa. Si celebrava ogni tre anni e in esso
avevano voce i custodi, i discreti inviati da tutte le comunità e alcuni altri
“periti” convocati dal provinciale.
Il capitolo provinciale aveva un aspetto molto democratico a causa dei
discreti, eletti liberamente dai frati dei singoli conventi. Il capitolo aveva
grande autorità, anche sopra il provinciale.
55
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
Agli inizi, il provinciale era eletto ad arbitrio del generale ed aveva questi
compiti: distribuire i frati della provincia, ricevere i novizi, visitare i
conventi, convocare il capitolo. Durava in carica, secondo l’arbitrio del
Generale, o fino a quando non fosse stato sfiduciato dai frati. Come si è già
detto, sin dal 1239, il compito di eleggere il provinciale fu assegnato ai frati
della Provincia ed ebbe la durata triennale e sembra che potesse essere
rieletto, tanto che nel 1405, Innocenzo VII chiese le dimissioni di tutti i
provinciali che stavano in carica da più di 10 anni e stabilì che per l'avvenire
nessuno poteva restare in carica più di 6 anni. Sul finire del secolo XV si
limitò a 3 anni la durata del provinciale, e non mancavano frati che
avrebbero voluto l’elezione annuale. Anche se tra i conventuali si restò
sempre con la legislazione che il ministro fosse eletto finché era accetto ai
frati, e questo si è protratto fino al 1517, anno nel quale si stabilì il limite di
3 anni senza possibilità di poter essere rieletto.
Gli osservanti tentarono di eleggere i vicari annualmente. Così faranno
anche i cappuccini della prima generazione.
I Custodi avevano il compito di visitare i conventi della loro giurisdizione,
sotto l'autorità del provinciale. La loro importanza scemò sempre più. Nel
1230 perdettero il diritto di partecipare ai capitoli generali; nel 1239 fu
vietato ad essi di nominare i guardiani e più tardi anche di celebrare i
capitoli custodiali.
ALCUNI DOTTORI PIU' IMPORTANTI DELL'ORDINE DEI
PRIMI DUE SECOLI
Primo maestro fu Antonio di Padova che insegnò teologia ai frati nello
studio di Bologna nel 1223-24 e scrisse il grande volume dei Sermones, per
venire incontro ai frati che volevano prepararsi alla predicazione.
Alessandro d'Hales, inglese, nato verso il 1170, svolse la sua carriera a
Parigi. Nel 1210 era già maestro delle arti. Tra il 1229 e il 31, durante la
crisi universitaria, fu reggente di Teologia. Dice Bacone: “A. D'Hales, ricco
e grande arcidiacono, maestro rinomato, entrò nell'ordine dei F. M. Correva
l'anno 1235”108.
Nel 1236, “il grande maestro e “patriarcha teologorum” parigino, l’inglese
Alessandro d’Hales vestiva l’abito minoritico trasferendo legittimamente la
sua personale cattedra magistrale nel nostro primo studio universitario di
108
T. Lombardi, o.c., p. 165.
56
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
Parigi”.109 Da questa cattedra, tra il 1235 e il 1245 uscirono molti baccellieri
e maestri. Nel 1238 Giovanni della Rochelle era già maestro a cui il D’Hales
lasciò la cattedra verso il 1241. Bonaventura lo ebbe come maestro nel 1243
e dice di lui che fu “Pater et magister noster”. Prese parte al primo Concilio
di Lione e morì poco dopo. Ha il titolo di “Doctor irrefragabilis”.
Giovanni della Rochelle, nato nel 1200, giovanissimo entrò tra i
francescani; nel 1238 aveva già conseguito i gradi accademici ed era
Maestro accanto al D'Hales. Insegnò poco tempo perché morì nel 1245.
Odone Rigaud, nato nel 1210c., fu discepolo prediletto del D'Hales.
Maestro reggente della scuola francescana di Parigi tra il 1245 e il 48.
Nel 1242 collaborò con i Maestri A. D'Hales, Giovanni della Rochelle e
Roberto della Brassée nella “explicatio regulae”. Scrisse il Commentario sui
primi tre libri delle Sentenze di Pietro Lombardo. Le sue opere sono di
grande importanza, anche se molte sono ancora inedite. Morì vescovo di
Rouen nel 1275.
Guglielmo di Milton fu il quarto maestro parigino; poi passò nello studio
di Cambridge. Nel 1256 fu incaricato da Innocenzo IV di compilare il
Commento alle Sentenze del Lombardo. Morì nel 1257.
S. Bonaventura, nato a Bagnoregio nel 1221, nel 1236 era già a Parigi. Nel
1243 si fece frate francescano ed ebbe come maestro negli studi Alessandro
d’Hales, Giovanni della Rochelle e Odone Rigaud.
Nel 1242 scrisse il commento a Luca; nel 1250 commentò le Sentenze di
Pietro Lombardo. Nel 1257 fu proclamato Maestro e poco prima era stato
eletto Ministro Generale.
Nel capitolo di Narbonne gli fu affidato l'incarico di stendere “La vita di
S. Francesco”che va sotto il titolo di “Leggenda Major”; scrisse “Lignum
crucis”, “De triplici vita”, “Itinerarium mentis in Deum”, ecc. E' uno dei
massimi dottori della scuola francescana: ha il titolo di Dottore Serafico o
Devoto.
Giovanni Rigaud, morto nel 1323 in Avignone. Scrisse la vita di S.
Antonio e fu consacrato vescovo dopo essere stato Penitenziere Apostolico.
Delle sue opere ricordiamo “Formulae confessionis et compendium
teologiae pauperis”.
Raimondo Lullo poeta, teologo, letterato tra i più importanti del suo
tempo, missionario e martire. Tra le opere va ricordata “Ars Magna”.
109
L. Di Fonzo, L’apostolato intellettuale componente essenziale del carisma
Francescano-Conventuale, Roma 1994, p. 544.
57
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
Gilberto di Tournai, teologo e antiaverroista. Morì nel 1294.
Pietro di Giovanni Olivi, uno dei massimi pensatori del secolo XIII;
commentò le "Sentenze di Pietro Lombardo", fu uomo spirituale, forse fu
troppo implicato con i fraticelli. Morì nel 1288.
Matteo d’Acquasparta (†1302) lettore a Bologna, oltre ad essere stato
dottore a Parigi. Commentò le Sentenze di Pietro Lombardo e scrisse
moltissime opere teologiche.
Landolfo Caracciolo discepolo di Scoto, fu consacrato vescovo di Amalfi
nel 1331. Era chiamato Dottore Collettivo. Prima di Amalfi, era stato
vescovo di Castellammare. Pubblicò: “Comentaria Moralia in Evangelia”.
Ha un Commento alle Sentenze, “secundum doctrinam Scoti”. Svolse la tesi
dell’Immacolato concepimento di Maria, riportando gli stessi argomenti di
Agostino, di Anselmo e di Scoto.
Francesco Mayron o Mairone, nato a Digne verso il 1288 e morto verso il
1335 a Piacenza. Studiò a Parigi e forse fu alunno di Scoto. E' chiamato
Doctor Acutus e Doctor Illuminatus. Fu difensore della tesi sull'Immacolata
Concezione. Oltre ai commenti alla logica e alla fisica di Aristotele, ha
lasciato: “Sermones de tempore”; “Sermones de laudibus sanctorum et
dominicales”; “Scripta in quatuor libros Sententiarum”; “Explicatio
decalogi”; “De Conceptione Virginis Mariae”.
Pietro Aureolo, discepolo di Scoto non che suo emulo, contradittore e
critico all'università di Parigi. Riprese dal maestro la stessa tesi mariana e la
difese con chiarezza e profondità nel “Tractatus de Conceptione Beatae
Mariae Virginis”, Dottore di Parigi, si dedicò alla Sacra scrittura e scrisse:
“Compendium sensus litteralis totius divinae scripturae”.
Nicola de Lyra, fu divulgatore del pensiero francescano con le "Postillae
perpetuae in universam Sacram Scripturam".
Dottissimo esegeta normanno, tanto conosciuto per le sue lezioni erudite
che di lui si diceva: "Si Lyranus non lyrasset, totus mondus delirasset". Fu
definito “Dottore pio e utile”; morì a Parigi il 23 ottobre 1340.
Guglielmo Ware, francescano inglese, forse maestro di Duns Scoto, morto
intorno al l300. Fu baccelliere ad Oxford dove commentò le Sentenze di
Pietro Lombardo nel l290, quindi andò a Parigi come dottore. Del suo
commento, sono state pubblicate alcune questioni sull'Immacolata
Concezione. E' grande filosofo e Teologo.
58
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
Riccardo di Middle Town (Mediavilla), frate inglese, già professore ad
Oxford, entrò nell'Ordine e fiorì alla Sorbona con il titolo di Dottore Solido
e Copioso, verso il 1280.
Morì a Parigi nel 1307, dopo aver pubblicato, tra l'altro, “Commentarii in
Sententiarum Libros”.
Giovanni Duns Scoto, inglese, una delle figure più illustri del pensiero
francescano, entrò nell'Ordine nel 1284. Fondò le sue accademie in Oxford
dal 1289 al 1303; quindi andò a Parigi dove insegnò fino al 1307. In fine,
per ragioni politiche, si spostò a Colonia dove morì nel 1308. Fu Dottore
Sottile per l'acutezza dei concetti e dei ragionamenti. Dottore Mariano
perchè difese il dogma dell'Immacolata Concezione. Tra le opere: Opus
Oxoniense; Opus Parisiense. La sua teologia cristologica, così
brillantemente formulata, “è diventata patrimonio comune delle maggiori
scuole teologiche e, nei tempi recenti, bellamente valorizzata dal Concilio
Vaticano II, specie nella costituzione dommatica -Lumen Gentiumpromulgata il 21 novembre 1964”110.
E' uno dei massimi esponenti della Teologia e Filosofia di tutti i tempi, da
sempre ritenuto santo dall’Ordine e riconosciuto tale anche dalla Chiesa con
la solenne beatificazione proclamata da Giovanni Paolo II nel 1994.
Guglielmo d’Ockam, Dottore Singolare, ritenuto capo della scuola
nominalista, discepolo di Scoto e suo avversario; si mise anche contro
Giovanni XXII per la questione della povertà, e sbagliò. Morì il 7 aprile
1347 a Monaco di Baviera. Tra le opere vanno ricordate: “Commentarii in
Sententiarum libros”, “De praedestinatione”, “De Sacramento Altaris”.
Roberto di Bastia o della Brassée, fu maestro di Parigi e fece parte dei
quattro frati che commentarono la regola per il capitolo generale del 1242.
Gerardo Oddone, 17° Ministro Generale, poi patriarca d'Antiochia. Uomo
dottissimo. Morì nel 1349. Pubblicò: “Commentarium in Libros Ethicorum
Aristotilis”.
Fu amico di Giovanni XXII, suo consigliere e ambasciatore.
Ruggero Bacone, inglese, dottore a Oxford; fu definito dottore mirabile.
Fu profondissimo in filosofia, teologia, diritto, medicina, matematica e
grande conoscitore delle lingue greca ed ebraica. Fondò la scuola a Londra
nel 1280. Morì a Oxford nel 1294.
110
Lombardi T., o.c., p. 194.
59
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
Giovanni Rupella d’Aquitania, fu uno dei quattro dottori di Parigi che
commentarono la regola in preparazione al capitolo del 1242. Risplendeva
come stella mattutina nel mondo.
Lo Scotello o Pietro Aquilano, di ingegno assai acuto, detto Dottore
Sufficiente. Si laureò a Parigi e insegnò in diversi studi teologici come a
L'Aquila e in Toscana. Fu vescovo di S. Agata dei Goti e di Trivento. Morì
nel 1370. Tra le opere ricordiamo: “Commentarii in Sententiarum libros”111.
Dagli anni cinquanta del secolo XIII sorsero scuole del trivio e del
quadrivio e, soprattutto scuole di teologia e di filosofia, in tutti i conventi
dell’Ordine. Lo stesso Ruggero Bacone, scrivendo il “Compendium studii
philosophici” e registrando i fatti culturali dell’Ordine, asseriva che tante
scuole teologiche e di altre discipline erano sorte negli ultimi 40 anni, quindi
aggiunge: “Non ci fu mai tanto dispiegamento di sapienza, né così grande
applicazione agli studi in tante discipline, e per di più in tante regioni, come
già da 40 anni in qua. Ovunque infatti vi sono presenti Dottori, soprattutto in
Teologia, in ogni città, Castello e borgata, e perciò per merito dei due grandi
Ordini studiosi (Domenicano e Minoritico)112.
I FRANCESCANI E L’ARTE
Renan chiama S. Francesco “il Padre dell’arte italiana”. L’ottimismo di
Francesco porta gli artisti a nuove espressioni del bello. Francesco, uomo di
Dio e uomo del mondo, perché aperto all’amore e al cantico delle creature,
si pone come spartiacque tra il mondo antico e quello moderno, diventa
segno di demarcazione tra passato e futuro e si innalza verso Dio, creatore e
padre di ogni cosa. Nel Cantico di frate Sole, oltre alla pura lirica, ci si trova
davanti ad un inno a Dio che descrive la bellezza del creato che trova
valenza e mordente in Cristo redentore del mondo. Dopo la sua conversione,
il Padre divenne l’anima dell’arte, del bello, della poesia, di ogni cosa
vissuta nella gioia del Signore risorto. In lui veramente il bello e l’arte
furono mezzi che lo portavano a Dio113.
111
L. Caratelli., o.c., pp. 310-315. In sintesi, qui si trovano i primi 30 Maestri
dell’Ordine che hanno dato lustro alla nostra famiglia religiosa fino alla metà del secolo
XIV.
112
L. Di Fonzo., o.c.,p.566.
113
D. Alighieri, Divina Commedia, Canto XI 103-5.
“Che l’arte vostra quella, quanto pote,
segue, come ‘l maestro fa il discente;
sì che vostr’arte a Dio quasi è nipote”.
60
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
Dietro il suo spirito e le sue intuizioni sulla divina bellezza, diversi frati si
distinsero già nei primi secoli dell’Ordine, dedicandosi all’arte: ricordiamo
tra i mosaicisti Giacomo da Firenze e Jacopo Turriti; tra i grandi vetrieri dei
secoli XIII-XIV Antonio da Pisa e Gabriele da Camerino. Nelle chiese dei
francescani furono chiamati i più illustri maestri del tempo per affrescarle e
renderle stupende: Cimabue, Giotto, Giunta Pisano, Simone Martini,
Lorenzetti, ecc.
LE BASILICHE E
SECOLO
ALCUNE CHIESE DEL PRIMO
Frate Elia fu l’architetto della splendida basilica di Assisi che “divenne il
capostipite di tanti altri templi conventuali, dalle linee gotiche, austere e
suggestive”.
La costruzione fu voluta dal Papa Gregorio IX che così si spiega nella
Bolla “Recolentes”: “Ci è sembrato cosa degna e conveniente che per
riverenza verso lo stesso Padre venga edificata una chiesa particolare nella
quale si debba riporre il suo corpo” 114. Frate Elia fu l’architetto e il direttore
dei lavori che nel volgere di due anni completò la edificazione della basilica
inferiore e, il 25 maggio 1230, poté accogliere le spoglie mortali del
Serafico Padre che fu sepolto sotto l’altare maggiore.
Troviamo il Bel S. Francesco di Bologna, costruita tra il 1236 e il 1245.
La città felsinea, superba di poter conservare le spoglie mortali di S.
Domenico, dovette essere spettatrice della costruzione di un tempio in onore
di Francesco che avrebbe trasportato in Italia lo stile delle cattedrali
francesi. “Forse questa costruzione fu il risultato della rivalità fra i due
Ordini mendicanti, e del desiderio, da parte dei francescani, di manifestare
nella monumentalità degli edifici l’importanza del loro Ordine. Questa
114
Ff. n. 2719. Bolla “Recolentes” di Gregorio IX del 29 aprile 1228.
61
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
chiesa ha influenzato in modo determinante l’intero sviluppo dello stile
gotico a Bologna, e la sua influenza si è fatta sentire anche sull’elaborazione
del progetto generale della chiesa di S. Petronio”115.
S. Croce a Firenze: Già nel 1229 si ha notizia di una chiesa dedicata a S.
Francesco nella città di Firenze. Sulle rovine di questa chiesetta, nel 1295 fu
iniziata l’erezione della chiesa di S. Croce da Arnolfo di Cambio. Fu
continuata la costruzione nel secolo XIV e completata nel 1437. Ha la forma
della croce egiziana, dove il gotico ha un’armonia tutta nuova. Questa è la
chiesa francescana più grande d’Italia. Le tombe degli uomini illustri come
Galilei e l’Alfieri, hanno fatto di S. Croce il venerando pantheon degli
italiani116.
S. Maria gloriosa del frari a Venezia: E’ una imponente chiesa gotica, tra le
più significative di Venezia, eretta dai frati francescani tra il 1330 e il 1492.
Tra le pitture importanti c’è la bellissima pala dell’Assunta del Tiziano.
Questa chiesa ebbe un grande ruolo nello sviluppo dell’architettura
lombarda nel prosieguo dei secoli in Veneto117.
“Pochi anni prima che iniziasse la costruzione di S. Francesco a Bologna
(1236-45), venne posta a Padova la prima pietra della chiesa di S. Antonio,
il grande continuatore di Francesco, morto nel 1231 e canonizzato l’anno
seguente. Ma i disordini provocati da Ezzelino ne impedirono la costruzione
fino al 1256, anno in cui Alessandro IV decretò un’indulgenza a favore di
quest’opera, che da allora proseguì molto rapidamente sotto la direzione dei
diversi architetti”118. Tra l’arte padovana e l’arte lombarda c’era un grande
legame; si ebbe questa risposta proprio nella costruzione della primitiva
chiesa di S. Antonio, al dire dello storico Henry Thode, che aggiunge: “a
prescindere da quale delle due abbia influenzata l’altra… La cosa essenziale
è che S. Antonio, come la maggior parte delle chiese primitive dell’Ordine
francescano, segue la disposizione cistercense più semplice; solo in seguito
il coro riceve una forma più ricca, presa a prestito, come abbiamo già detto,
da S. Francesco di Bologna”119.
115
H. Thode, Francesco d’Assisi (le origini dell’arte del rinascimento in Italia), Roma
1993, pp. 267-274.
116
Piccola Treccani, Vol. 4°, p.712; cfr R. Nesti, Firenze ( storia- Arte- Folklore), p.
57s.
117
J. Wolfgang Goethe, Vedere Venezia e le Ville Venete, Ed. Primavera, pp. 92s; cfr
H. Thode, o. c. p. 292.
118
H. Thode, o.c., p. 277.
119
Idem , o. c. p., 278-79.
62
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
San Lorenzo Maggiore a Napoli: “Questa chiesa esisteva già nel 1234,
anno in cui è stata ceduta ai frati minori; distrutta da un terremoto nel 1232,
è stata restaurata insieme alla facciata da fra Tommaso da Terracina: Il
Vasari afferma che Carlo I ne affidò la ricostruzione, decisa nel 1265, a
Maglione di Pisa; ma il lavoro cominciò soltanto nel 1280, e la chiesa,
consacrata nel 1300, venne conclusa nel 1324”120.
S. Francesco in Osimo: In questa città venne frate Francesco nel 1220 e
subito dopo anche i frati si stabilirono alla periferia di Osimo. Dopo la
morte del Santo si recarono nel cuore della città e, iniziando dal 1247,
dettero l’avvio alla costruzione della bella chiesa gotica in onore del Santo
fondatore e il convento121. Nel secolo XVIII fu radicalmente trasformata,
proclamata basilica e dedicata a S. Giuseppe da Copertino.
S. Francesco di Palermo: questa grande e bella chiesa fu edificata tra il
1255 e il 1277. E’ una delle chiese più significative della città di Palermo.
Colonia: “Intorno al 1260, venne costruita la navata della chiesa dei frati
minori a Colonia, una basilica di tre navate a volta, con un transetto
allineato alla navata nel senso della larghezza”122.
Quasi tutte le città italiane ebbero una chiesa francescana nel cuore di
essa, in genere grande e bella, secondo lo stile del tempo.
Ci furono molti frati architetti che disegnarono le chiese e diressero i
lavori di costruzione; tra questi ricordiamo oltre a frate Elia che diresse la
costruzione della chiesa di S. Francesco in Assisi, fra Filippo da Campello
(probabile architetto della basilica di S. Chiara in Assisi), Giovanni da
Bologna (architetto della chiesa di S. Francesco in quella città), Giovanni da
Pistoia che progettò la chiesa di S. Francesco in Arezzo, ecc…123
120
Idem, p. 283
L. Egidi, Osimo, (arte-storia- tradizione), Castelfidardo (senza data), p. 33s.
122
W. Schenkluhn, Architettura degli ordini mendicanti, Editrici Francescane 2003.
123
H. Thode, o.c.. Questo illustre autore ha scritto, tra l’altro, nella “Premessa” della sua
vasta opera: “…Nella tranquilla Chiesa in cui riposano i resti di S. Francesco mi sembrò di
presagire, di sentire vivo in me tutto il significato che ebbe per il mondo la vita di
quest’uomo, col suo infinito amore per l’umanità e per la sua tensione verso l’ideale. Le
semplici leggende che in parte mi erano già note, ma che rilessi ad Assisi, gli antichi
affreschi lungo le pareti, davanti ai quali trascorsi ore e giorni, tutto ciò mi apparve in una
luce nuova, che mi fece percepire con chiarezza l’esistenza di un legame segreto tra
Francesco d’Assisi e Giotto, fra l’essenza e il contenuto del movimento francescano da una
parte e, dall’altra, la giovane arte toscana…”p. 3.
121
63
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
LA LETTERATURA
Francesco fu il primo cantore, in lingua umbra, nella storia della
letteratura italiana. Egli, innamorato di Dio, pose tutto il suo interesse per le
creature del Signore e cantò la bellezza del Creatore nelle sue creature. Si
sentì libero e giocondo, ed amò teneramente le bellezze create da Dio.
Tommaso da Celano compose il “Dies Irae”, Giuliano da Spira compose
l’ufficio rimato di “S. Francesco e S. Antonio”. Giovanni Pecham scrisse
poemi latini, diversi critici gli danno la paternità dello “Stabat Mater” e del
bellissimo poema spirituale “Philomena”(†1292). Tra i poeti vanno
ricordati: frate Pacifico che, da laico, era stato incoronato “Re dei versi”
dall’Imperatore Federico II, e il suo nome era Guglielmo Divini da Lisciano
nelle Marche. Francesco gli impose il nome Pacifico “per averlo condotto
alla pace del Signore”. Morì in Francia nel 1236. Fra Jacopone da Todi
(1306) compose oltre ad altre opere, Le Laudi; alcuni critici lo ritengono
l’autore dello Stabat Mater. E’ uno dei grandi poeti tra la fine del secolo
XIII e l’inizio del XIV. Ugo Panziera da Prato anche lui ha una raccolta di
Laudi; Giacomo da Verona con il poema “de Jerusalem celesti” e “de
Babilonia civitate infernali”, che sembra che siano stati “letti” anche da
Dante. Accursio Bonfanti (†1338) fu il primo commentatore della Divina
Commedia: Giovanni da Serravalle (†1445) tradusse la Divina Commedia in
lingua latina. Petrarca si sentì così legato alla famiglia francescana da
scrivere in una lettera inviata a Urbano V “sono come un membro
dell’Ordine” (1 gennaio 1369).
Fuori dell’Italia coltivarono la poesia in lingue nazionali: l’Inglese
Tommaso di Hales (†1240), il tedesco Lambrecht da Ratisbona (†1250), i
fiamminghi Giovanni Bergman (†1473) e Teodorico Goelde (†1515), e i
francesi Enrico d’Avranche (†1260) e Giovanni Tisserand (†1497), ecc...124
L’ORDINE NEL SECOLO XIV: LA CONVENTUALITA’
Nel volgere di pochi decenni, dopo la morte del fondatore, l’Ordine si
arricchì di chiese belle e spaziose, quasi sempre nel centro delle città, alle
quali i vescovi e i Pontefici concessero il privilegio di celebrarvi
pubblicamente i divini misteri, di predicarvi, di amministrare i sacramenti,
di celebrare l’Eucaristia, di recitarvi il divino ufficio e di seppellirci i morti.
124
L. Di Fonzo, o.c., p. 214ss.
64
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
Accanto alle chiese sorsero i grandi conventi, aperti agli studi e dove i
religiosi si dedicavano all’apostolato, alla pastorale, alla carità e
all’istruzione.
Papa Innocenzo IV nel 1250, con la Bolla “Cum tamquam veri”,
decretava: “Decernimus, ut ecclesiae vestrae omnes, ubi conventus existunt,
conventuales vocentur…”. “E con le chiese e i conventi, i superiori, sudditi,
e specifiche comunità, così lo stesso Ordine fu detto Conventuale”. Questi
frati detti “ de conventu” o Conventuales 125 nei secoli XIII-XV furono i
veri protagonisti della sapienza, della pietà e della carità in seno al popolo di
Dio. Le case dei minoriti se ai tempi di S. Francesco si chiamavano Loca,
habitacula, domus, con le costituzioni narbonensi furono definite “loca
conventualia e loca con conventualia” e dovevano avere una capacità di
accoglienza di almeno 13 frati. “La designazione di “conventuale”, data a
singoli religiosi, a case e a guardiani, non manca di indicare intere comunità,
come ricordano alcuni documenti tra i secoli XIII-XIV: Tommaso da
Ecclesston, nel 1258, ricorda in Inghilterra un certo luogo con dei fratres
conventuales, il convento perugino di S. Francesco al Prato viene ricordato
in un lascito fatto a Perugia il 5 dicembre 1277 ai fratribus minoribus
conventualibus de Campo Orti, ecc…”126.
Anche Arnaldo da Foligno, direttore spirituale della Beata angela da
Foligno, nel 1291 dice di sé: “Assisium ad Sanctum Franciscum morabar
conventualis”; anche il penitenziere pontificio Alvaro Pelaio, tra il 1330 e il
1332, dice di sé: “Cum essem conventualis ibi, Romae in Aracoeli”127.
125
Gli aspetti positivi di questo termine:“Seguendo un certo ordine logico cronologico,
tra questi aspetti si può ricordare innanzi tutto il passaggio dai luoghi solitari o romitori ai
conventi e chiese al centro delle città; passaggio che recava con sé un letterale
conventualizzarsi, e nello stesso tempo uno degli elementi più positivi del conventuale: il
venir incontro alle esigenze pastorali del popolo e alla sua formazione cristiana e civile. Lo
ricorda S. Bonaventura, che l’Ehrle elogia come degno rappresentante della comunità
conventuale -nella sua forma più bella e più corretta- (Denifle-Ehrle (1887)-591…. Un
altro elemento caratteristico del c. è quello dei grandi conventi e delle grandi chiese, quasi
sempre artistiche e monumentali queste ultime, e i primi centri assai frequentati di attività e
manifestazioni pastorali liturgiche e devozionali, di vita civile e sociale… .” G. Odoardi,
Conventualesimo, in DIP., II, 1713-14.
126
C. Bove, La Conventualità -nell’Ordine dei frati minori come luogo ecclesiale (Sec.
XIII-XIV)-, Rima 2009, p. 15. Questo libretto è prezioso e utile per capire l’importanza del
termine “conventuale”.
127
Idem, p.15s
65
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
Ruggero Bacone nel 1275 notava: “Non ci fu mai tanto dispiegamento di
sapienza, né così grande applicazione agli studi in tante discipline, e per di
più in tante regioni, come già da quarant’anni in qua. Ovunque vi sono
presenti Doctores soprattutto in teologia, in ogni città, castello e borgata, e
ciò per merito dei due Ordini studiosi dei minori e dei predicatori”128.
Questi esperti maestri in teologia insegnavano gratis et sine pecunia,
l’Antico e Nuovo Testamento agli aspiranti religiosi, ai preti ed ai laici. Già
con la famosa lettera di S. Francesco a S. Antonio del 1223-4, si dette inizio
all’apertura di scuole teologiche nei nostri conventi per istruire i frati. Con
Alessandro D’Hales, nel 1236 l’Ordine ebbe la prima cattedra universitaria
a Parigi, quindi si aprirono altre scuole universitarie in tutta Europa e centri
teologici nei conventi. Nel 1279 esisteva una scuola teologica in ogni
convento, come testimoniano le Costituzioni generali di Assisi129.
CRISI DEL PAPATO E DELLA CRISTIANITA’
Con l’avvento di Clemente V (1305-14) sul soglio pontificio, il Papa
stabilì il suo soggiorno in Avignone, sotto la protezione del Re di Francia.
Alla morte di Clemente, i sei pontefici che gli successero, essendo tutti
di origine francese, continuarono a rimanere in Avignone, nelle mani dei
cardinali francesi e sotto l’influsso del Re di Francia.
Nel gennaio del 1377, Papa Gregorio XI, pressato da Caterina da Siena,
dal Petrarca, da S. Coletta e da altri Santi, fece ritorno a Roma dove trovò
disordine, mal costume e ribellione130.
Terminata la “Captività avignonese” non si pose termine alle sventure
della Chiesa, ma furono alterate in una forma spaventosa. Sorse lo scisma
d’Occidente.
Nel 1378, morto Gregorio XI, dopo 75 anni, si svolgeva il primo conclave
a Roma. Il popolo dell’Urbe cominciò a tumultuare sotto le finestre dei
cardinali sin dal primo giorno del conclave, tanto che i cardinali in tutta
128
R. Bacone, OMin, Compendium studii philosophici, c.I, ed. J. S. Brewer (London
1859, New York 1964), p.394: “Nunquam fuit tanta apparentia sapientiae, nec tantum
exercitium studii in tot facultatibus, in tot regionibus sicut iam a quadraginta annis. Ubique
enim doctores sunt dispersi, et maxime in theologia in omni civitate et in omni castro et in
omni burgo, precipue per duos Ordines studentes…”.
129
MF 35, 1935, pp .65-100.
130
K. Bihlmeyer –H. Tuechle, Storia della Chiesa, Brescia 1988, Vol. 3°, pp. 39-58.
66
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
fretta, elessero Papa Bartolomeo Prignani, Arcivescovo di Bari, che assunse
il nome di Urbano VI. Il carattere brusco, arrogante ed intrattabile del nuovo
Papa toccò la suscettibilità dei cardinali francesi che erano in maggioranza,
e solo dopo 5 mesi dalla elezione, abbandonarono Urbano, si riunirono a
Fonti, sotto la protezione della regina Giovanna di Napoli ed elessero Papa
un cardinale francese, Roberto da Ginevra, che prese il nome di Clemente
VII (20 settembre 1378)131.
Era nato il grande scisma d’Occidente!
Questa divisione della Chiesa si prolungherà per quasi un quarantennio,
creando dubbi e smarrimento morale, oltre che teologico, nei fedeli132.
Tra tanta confusione non mancarono Santi e uomini di cultura e di fede
che professarono la loro obbedienza, con coscienza retta, a papi che la storia
tramite il suo filtro minuzioso e discreto, li ha denominati “Papi Avignonesi,
Papi Pisani, Papi Romani” e tra essi non manca qualche “antipapa”.
Anche nell’Ordine Serafico ci furono momenti di sbandamento e di
incertezza. Ai due o tre pontefici che reggevano contemporaneamente il
timone della barca di Pietro, si ebbero due o tre ministri generali
dell’Ordine, che, tra liti e divisioni di potere nella direzione della fraternità,
cercavano di ottenere privilegi ed esenzioni per i frati loro soggetti. I
pontefici erano pronti a dare tutto pur di avere dei sudditi a cui comandare. I
religiosi di tutti gli Ordini erano sempre disposti ad accogliere dispense e
privilegi che di fatto sminuivano ed edulcoravano le regole, servivano a
diluire lo spirito dei fondatori e ad imborghesire la vita religiosa.
I frati spirituali e zelanti erano sempre esistiti nel francescanesimo e
sbandieravano il capo d’accusa che “in seno alla comunità non era possibile
osservare lo spirito e la lettera della Regola”, e sarà il ritornello ribadito ogni
volta che avverrà una nuova scissione in seno alle famiglie francescane, ma
in questo momento, con la nascita dell’Osservanza prenderà più forma e
porterà una ventata di nuovo fervore nell’Ordine e nella Chiesa.
FRANCESCANESIMO DALLA DUPLICE ANIMA
Accanto ai frati detti “de conventu o conventuales”, c’erano frati amanti
della solitudine, di maggior rigore dello spirito di povertà e di
131
132
D. Rops, La Chiesa del Rinascimento e della Riforma, Torino 1960, p. 34.
Idem, pp. 58-69.
67
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
mortificazione che vivevano negli eremi
e si dedicavano alla
contemplazione.
Già le costituzioni Narbonensi del 1260 parlavano di “loca conventualia et
loca non conventualia”, quindi la nomenclatura originaria amata da
Francesco, come “loca, habitacula, domus” cede il posto a “loca
conventualia” sin dalla seconda metà del secolo XIII, in seno all’Ordine.
I frati degli eremi non accettarono pacificamente la vita dei grandi
conventi dove, a causa dei “lasciti” fatti dai benefattori, si viveva in una
discreta sicurezza economica, c’erano gli studiosi, i grandi predicatori e si
svolgevano solenni liturgie nelle loro chiese.
I frati spirituali c’erano sempre stati in seno all’Ordine, anche se con
alterna fortuna. Sotto il generalato di Crescenzio da Iesi erano stati bloccati
con durezza. Avevano trovato più benevolenza durante la direzione di
Giovanni da Parma. Nel lungo governo di Bonaventura, per mezzo della
prudenza dell’uomo di governo, si erano calmati, anche se sempre pronti a
riesplodere.
Già durante il Concilio di Lione, alla semplice voce che i Padri avrebbero
avuto l’intenzione di “obbligare i francescani a possedere in comune” fu la
scintilla dell’incendio. Essi giudicarono che questi fossero i tempi
dell’anticristo profetizzato da Gioacchino da Fiore, e “quindi anche l’ora di
dar prova di tutto il loro zelo fanatico”.
Un gruppo di frati “zelanti, delle Marche con a capo Pietro (poi prese il
nome di Liberato) da Macerata, si rese promotore di una violenta campagna
intesa a sostenere che l’Ordine non dovesse accettare un mandato ingiusto”.
Tra questi frati si trovava Pietro da Fossombrone che cambiò il nome in
Angelo Clareno o da Chiarino, località e fiume nel territorio di Teramo dove
si ritirò: era uomo austero, intelligente, ma esaltato. C’erano pure Corrado
da Offida, Tommaso da Tolentino ed altri. Questi religiosi, imbevuti di idee
gioacchimite, si schierarono contro l’Ordine e contro la Chiesa la quale
intervenne con mano pesante contro di essi.
L’Abruzzo fu l’asilo più sicuro per questi frati intransigenti sul problema
della povertà e che per un certo periodo della loro storia trovarono
protezione in Celestino V, il quale fece di esse una “nuova congregazione”
che denominò “Poveri eremiti di Celestino”… e li raccomandò alla
protezione del Cardinale Napoleone Orsini e del priore generale dei suoi
monaci Onofrio di Comina, residente nella Badia di Santo Spirito presso
Sulmona.
68
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
Questi frati “zelanti e spirituali” si costruirono diversi romitori non solo
alle falde del Gran Sasso, ma anche alle falde della Maiella e nelle Marche.
Con l’avvento di Papa Bonifacio VIII (1295-1303), fu revocata
l’approvazione celestiniana e fu incaricato l’inquisitore fra Matteo da Chieti
ad agire energicamente contro “gli apostati, bizzocchi ed eretici ricoverati
nei loro romitori, in quanto si erano macchiati di molti errori”, tanto da
essere definiti “apostati, eretici e scomunicati”. Alcuni di questi frati, come
Tommaso da Tolentino, dopo la morte di Celestino V, furono mandati
missionari in Oriente dove lavorarono con grande ardore apostolico e
Tommaso subì il martirio per mano di infedeli.
Sotto il pontificato di Giovanni XXII, la questione sulla povertà fu
esasperata fino ad essere spinta alle estreme conseguenze, portando l’Ordine
al limite della ribellione contro il Papa che fra Michele da Cesena tacciò di
eresia. Il Ministro generale fra Michele fu invitato a scolparsi davanti al
Sommo Pontefice in Avignone, ma quegli, invece di chiedere scusa, si
scontrò con il Papa, e questi diede ordine al Capitolo generale riunito a
Bologna, di eleggere un altro Ministro generale. Il Capitolo confermò
Michele e si arrivò sull’orlo dello scisma nell’Ordine. Michele si rifugiò
presso l’Imperatore Ludovico il Bavaro che aveva dichiarato guerra al Papa,
definendolo “eretico e autore di altri misfatti”.
Ludovico si recò a Roma per farsi incoronare Imperatore “in nome del
popolo romano” dal prefetto dell’Urbe, Sciarra Colonna, e promosse
antipapa, al posto di Giovanni XXII, il minorita spirituale Pietro Rinalducci
da Corvaro in Abruzzo, oggi nel Lazio in Provincia di Rieti, che prese il
nome di Nicolò V, il 12 maggio 1328133.
Altro momento esasperante della vicenda degli spirituali fu il processo
contro Andrea da Gagliano che si svolse a Napoli tra il 1330 e il 1338 e dal
quale Andrea uscì assolto.
I fraticelli, esacerbarono il problema della povertà sino a definirla “l’unica
virtù compatibile con il cristianesimo e con il francescanesimo”, tacciati di
eresia furono banditi dalla società.
Dopo le esperienze di riforme tentate dal Angelo Clareno e da Ubertino da
Casale, lungo il secolo XIV ci provarono a riorganizzare il movimento
spirituale anche Giovanni della Valle, e Gentile da Spoleto con la pretesa di
“osservare la regola alla lettera e senza glossa”, nell’eremo di Brogliano,
133
A. Chiappino, Profilo di storia francescana, o. c. pp.10- 16; cfr D. Rops, La Chiesa
delle cattedrali e delle Crociate, III, 1963, p. 577.
69
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
con l’approvazione del Papa Clemente VI nel 1350; ma dopo la morte di
questo papa e con l’avvento di Innocenzo VI (1352-62) e di Urbano V
(1362-70), questi frati furono fatti prigionieri e processati a Roma perché
accanto ad essi si erano uniti fraticelli e pseudo-zelanti che volevano
ripristinare le loro esagerazioni, specie sulla forma dell’abito.
ESPANSIONE DELL’ORDINE
Sul finire del secolo XIII l’Ordine era così costituito e ripartito: Le
Province erano 34 con oltre 1400 conventi abitati da oltre 30.000 religiosi.
14 Province si trovavano in Italia e 20 Ultramontane. Le Ultramontane
erano così distribuite: 5 in Francia, 3 in Spagna, 3 in Germania, 2 in
Inghilterra, 1 in Danimarca con Svezia e Norvegia, 1 in Austria, 1 in
Boemia, 1 in Ungheria, 1 in Schiavonia o Dalmazia, 1 in Romania, 1 in
Siria o Terra Santa. Alle 34 Province si aggiungono 4 Vicarie: 1 in Bosnia
con Bulgaria e Russia, 1 in Oriente - Costantinopoli e Tartaria orientale -,1
in Aquilone o Crimea, 1 in Corsica con Tunisi.
I frati arrivarono a Wilna in Lituania dove Gastoldo fu consacrato primo
vescovo della città e vi fu martirizzato con trentasei compagni nel 1325134.
LA CHIESA E L’ORDINE DOPO MICHELE DA CESENA
Diversi prelati e alcuni ministri provinciali compilarono degli statuti dietro
suggerimento del Cistercense Benedetto XII nel 1336 ed erano più consoni a
ricchi monaci benedettini che a poveri frati minori.
Il Ministro Generale Guglielmo Farinier, nel Capitolo di Assisi del 1354,
pubblicò nuovi statuti che prendono il suo nome “Farineriani”. Ma per i frati
era ancora pesante il ritiro della Santa Sede dal possesso dei beni
dell’Ordine e dei permessi di disporre del denaro anche ai singoli frati.
Sotto il pontificato di Bonifacio IX “furono richiesti e riottenuti gli
amministratori o Sindaci apostolici” (16-2-1395).
Gregorio XI, con la bolla “Cunctos Christifideles” del 27 maggio 1373,
pur denunciando qualche abuso disciplinare, elencò i molti meriti dei
francescani, concludendo con queste parole: “Questi sono i frati dell’Ordine
134
G. Odoardi, I frati minori conventuali, p. 112s; cfr A. G. Saliba, I francescani
conventuali in Russia e Lituania, Malta 2002, p. 23s.
70
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
dei minori che nella Chiesa rifulgono con molti splendori, il cui lavoro si sa
essersi diffuso, attraverso le opere di apostolato e di santità, fino agli estremi
confini della terra, più che i membri degli altri istituti…”.
Nello stesso secolo aveva scritto fra Bartolomeo da Pisa: “Non credo che
vi sia un altro Ordine a cui i fedeli siano tanto affezionati come a questo dei
frati minori”. Pur con il travaglio prima degli spirituali e poi dei fraticelli,
l’Ordine dei frati minori conventuali era vivo e dinamico, ed era una vera
potenza in seno alla Chiesa. E’ vero pure che nel suo seno c’erano
molteplici direzioni intrinseche che non riuscivano a diventare unità e a dare
amalgama alle diverse sfaccettature ed anime del francescanesimo. Le
difficoltà a comprendersi tra spirituali, fraticelli e conventuali stavano
diventando strutture e fratture.
Durante il secolo XIV ci furono diverse cause che spinsero gli Ordini
religiosi verso il rilassamento generale: ci fu la guerra dei cento anni tra la
Francia e l’Inghilterra, fu una guerra iniziata nel 1337 e si protrasse oltre il
1440, causando rilassamento nel clero e in tutto il popolo cristiano. La peste
nera scoppiata nel 1347, si protrasse fino ad oltre il 1350, toccando tutte le
regioni d’Europa, e uccidendo oltre la metà della sua popolazione. Terzo
flagello fu lo scisma d’Occidente (1378-1417) che creò sbandamenti paurosi
persino nei santi.
LA NASCITA DELL’OSSERVANZA: PAOLUCCIO TRINCI E I
SUOI SEGUACI
Nel 1368, un fratello laico umbro, già del gruppo di Gentile da Spoleto,
Paoluccio Trinci, sostenuto dal cognato Ugolino de’ Trinci, signore di
Foligno, ottenne dai superiori della Provincia serafica il permesso di vivere
una vita povera nell’eremo di Brogliano. Questo frate aveva avuto già una
esperienza dei fratres strictioris observantiae o semplicemente osservanti,
fondati nel 1336 da Giovanni della Valle, quindi da Gentile da Spoleto, ma
che erano stati bloccati dalla Chiesa a causa dei fraticelli che vi affluirono.
Agli inizi vi furono pochi confratelli che si unirono al Trinci, ma nel 1373, i
“frati devoti”, come erano chiamati dal popolo, già contavano dodici case,
tra le quali Monte Ripido in provincia di Perugia e S. Damiano alle porte di
Assisi.
Nel 1380, Paoluccio ottenne il titolo di Commissario della nuova
fraternità, dal P. Matteo d’Amelia, Ministro dell’Umbria; nel 1388 il
71
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
Ministro generale Enrico Alfieri lo nominava Commissario generale con la
facoltà di aprire altri conventi.
Il suo spirito lo conduceva verso l’osservanza della Regola di S. Francesco
“ad litteram et sine glossa”, quindi nel modo più rigido ed austero135.
“La difficoltà di procurarsi cuoio per sandali, o forse le condizioni del
suolo di Brogliano, culla dell’Osservanza, obbligarono i discepoli di
Paoluccio a proteggersi i piedi con zoccoli di legno, da cui venne dato loro il
nome di Zoccolanti, come furono conosciuti in Italia gli osservanti”136.
Alla morte di Paoluccio, fu eletto Giovanni da Stroncone “Vicarius
Ministri Generalis… supra certa loca eremitoria, solitaria et devota…” ,“che
con la sua prudente moderazione, nel 1414 aveva fatto ascendere a 34 le
case riformate, per lo più eremi, abitati da circa 200 religiosi, in
maggioranza laici”137.
Chi lavorò per un’osservanza stretta della regola e per la propagazione
delle idee di Paoluccio Trinci furono Giovanni da Capestrano, Giacomo
della Marca, Alberto da Sartiano all’estero, e Bernardino da Siena in ambito
nazionale.
Come punto di partenza, questi campioni dell’Osservanza non volevano la
divisione dell’Ordine, ma piuttosto una riconversione di tutti i suoi membri
ad un maggiore spirito di povertà, anche se il Capestrano, dopo il Capitolo
generale di Padova del 1443, scriveva al Papa Eugenio IV: “Beatissimo
Padre, con questa razza di gente non possiamo intenderci in alcun modo. Vi
supplico dunque provvederci di più efficaci rimedi”138.
Praticamente chiedeva la separazione degli Osservanti dai Conventuali.
I punti fondamentali che alimentavano il loro zelo di riforma in seno
all’Ordine erano: divieto ai singoli frati di ritenere e maneggiare denaro;
ripristino dei sindaci apostolici, di procuratori, cioè di secolari deputati a
ricevere le elemosine ed amministrarle a beneficio dei conventi e dei
religiosi; la rinuncia a qualsiasi proprietà conventuale, che comportava la
espropriazione dei terreni e dei redditi fissi e l’alienazione dei legati;
135
A. Calufetti, G. Odoardi, Paolo Trinci, in DIP VI, 1105-1110.
L. Iriarte, o. c., p. 122
137
A. Chiappino, o. c., p 26; cfr Fra Mariano da Firenze, Compedium Chronicarum
O.F.M., 1908 AFH, p. 95.
138
A. Chiappino, S. Giovanni da Capestrano e il suo Convento, L’Aquila 1925, p. 49;
cfr Francesco da Rimini, in AFH, tomo II, p. 165.
136
72
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
rimessa in uso della questua; un genere uniforme di panni per fare gli abiti,
non così fini da meravigliare, non così grossolani da inorridire.
I ministri generali che si susseguirono da fra Tommaso Frignani (1367-72)
a fra Antonio Vinitti (1409-1415) appoggiarono la riforma, anzi si
impegnarono a richiamare i superiori provinciali e locali per una più stretta
osservanza e aderenza alla povertà.
BERNARDINO DA SIENA E LA RIFORMA OSSERVANTE
Bernardino è stato definito il secondo fondatore dell’Ordine francescano
perché durante la sua vita si è impegnato con ardore a ripristinare l’antico
spirito di fervore e di povertà in tutti i suoi membri. Sotto la spinta del
Senese, la famiglia francescana osservante fece passi da gigante sia per lo
stuolo di nuove vocazioni che affluirono nel suo seno, sia per lo spirito
ardente verso la santità che animò vecchi e giovani dietro tanto esempio, sia
per la quantità di nuovi conventi aperti da lui e dai suoi collaboratori in tutte
le parti d’Europa..
Nel 1438, il Ministro generale, Guglielmo da Casale cadde malato a Siena
e si rese conto di non poter continuare a reggere da solo l’intera famiglia
minoritica, compresi i “frati devoti”. Non trovò elemento più idoneo da
eleggere quale “suo vicario e commissario di tutti gli osservanti della
penisola”139 che Bernardino da Siena, e in data 28 luglio 1438 gli scrisse una
lettera stupenda con la quale riconosceva le sue eccelse virtù, lo zelo per
l’Ordine, l’amore alla giustizia, lo spirito gioioso e socievole che lo rendeva
diletto a tutti, la grande prudenza, l’esperienza, e la conoscenza profonda dei
cuori degli uomini. Nel 1440, sia per i mali fisici che minavano il suo fragile
corpo, sia per la grande propagazione dell’Osservanza, sia per le attività
sempre più incombenti, Bernardino presentò le dimissioni prima al Ministro
generale e poi al Papa Eugenio IV. Questi le ricusarono e “lui obbedì
nuovamente. Pochi mesi dopo, nel febbraio del 1441, dal convento della
Capriola, chiamava a far parte delle sue fatiche il carissimo discepolo
Giovanni da Capestrano, esimio seminatore, come egli si esprime, della
parola di Dio, istituendolo vicario per le province Osservanti di Genova, di
Milano, e di Bologna. E continuò alacremente il suo lavoro”. Affiancò al
suo governo anche Giacomo della Marca e Alberto da Sarteano, “i quali
139
L. Wadding, Annales Minorum, vol. XI (ad annum 1438), par. VI, p. 31.
73
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
organizzarono la famiglia e la diffusero anche all’estero: nella Balcania
(1432), in Austria (1451), in Boemia e nella Polonia (1452-3), ove i frati
furono detti e sono ancora oggi conosciuti sotto il nome di Bernardini”140.
Esercitò il suo incarico con competenza e serietà: eliminò gli abusi che
serpeggiavano tra i frati devoti; volle che i novizi chierici recitassero il
divino ufficio secondo la liturgia romana; nessuno doveva accedere al
sacerdozio se mancava di una pur minima istruzione teologica; tolse ai frati
ignoranti la facoltà di ascoltare le confessioni e favorì l’apertura dello studio
di teologia morale nel convento di Monteripido, non lontano da Perugia141.
Nel periodo in cui esercitò il servizio di Vicario generale, scelse quale
residenza, il solitario convento della Capriola. Qui aveva redatto le opere
più interessanti, qui aveva temprato il suo spirito alla meditazione negli anni
giovanili, qui pose il quartier generale per la direzione della fraternità. Però
spessissimo uscì per visitare i frati, erigere nuovi conventi e continuare la
missione evangelizzatrice tra le genti.
GLI OSSERVANTI DALL’AUTONOMIA ALLA SEPARAZIONE
DAI CONVENTUALI
Le quattro colonne dell’Osservanza, fino al 1443 non volevano la
divisione dell’Ordine, ma la sua conversione dal di dentro. Per questo
motivo nel 1430, Giovanni da Capestrano presentò nel capitolo di Assisi le
costituzioni che, in seguito passeranno alla storia col nome di “Martiniane”.
Con queste Costituzioni si chiedeva agli Osservanti la rinuncia
all’autonomia e ai Conventuali la proibizione dell’uso dei beni e del denaro,
ripristinando i sindaci apostolici, aboliti dal Papa Giovanni XXII.
La base delle due famiglie non accolse queste decisioni, e soprattutto
molti Osservanti volevano la divisione dell’Ordine, più che in Italia,
all’estero. I frati delle due famiglie contribuirono, con il loro
comportamento a far fallire le Costituzioni Martiniane, e Papa Martino V,
con la Bolla “Vinea mea Sabaoth” del 15 marzo 1431, ripristinava gli
antichi privilegi dei Conventuali e dava maggiore autonomia agli
Osservanti. Con l’elezione di Bernardino a Vicario e Commissario generale
dell’Osservanza, nel 1438, da parte del Generale Guglielmo da Casale, essi
140
141
L. Di Fonzo, I Minori… o. c., p. 47.
Francesco da Rimini, in A. F. H., tomo 2, p. 164s.
74
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
ottennero ancora maggiore autonomia. Nel 1441 subentrò nello stesso
incarico fra Giovanni da Capestrano. Nel 1443 si celebrò il Capitolo
generale di Padova dove tutto sembrava riconciliabile qualora fosse stato
eletto Ministro Albero da Sarteano della famiglia Osservante, invece i
suffragi andarono ad Antonio Rusconi da Milano, e ci fu rottura completa.
ALTRE RIFORME NEL ‘400
Il b. Pietro da Villacreszès (+1422) aveva promossa una riforma in seno
alla fraternità minoritica del convento di Salzedo in Spagna, nacquero i frati
detti Villacreziani e furono incoraggiati e guidati anche da S. Pietro
Regalato.
S. Coletta di Corbie volle riformare i conventuali di Francia, aiutata dal P.
Enrico de la Balme suo confessore e nacquero i Coletani (c. 1412).
Questi, in genere, prestavano la loro assistenza come confessori,
predicatori questuanti nei monasteri delle clarisse colettine142.
Furono riconosciuti dalla Chiesa, nel 1415, con la costituzione apostolica
“Supplicantibus personarum”. Si svilupparono in Francia e nelle Fiandre.
Ebbero diversi conventi persino in Sassonia e a Colonia, furono guidati per
diversi anni da fra Bonifacio da Ceva; avversavano strenuamente gli
Osservanti, ritenendoli fuori della legalità.
I Capriolanti o Osservanti lombardi, nati da Pietro da Capriolo di Brescia
verso il 1467. Essendo di carattere irrequieto, la sua riforma fallì molto
presto. Gli Amadeiti, nati con la riforma avviata dal b. Amedeo Menez de
Sylva, tra il 1457 e il 64 e approvati da Paolo II nel 1469; sorse pure la
Cappuccella o del Santo Vangelo in Spagna e gli scalzi, anch’essi spagnoli,
sorti per opera del b. Giovanni di Puebla verso il 1487 e portata avanti dal b.
Giovanni da Gadalupe (+1505). Gli antichi Clareni, riconvertitisi e rientrati
nella legalità e sotto l’obbedienza dei vescovi tra il 1437 e il 1439, e nel
1473 in seno all’Ordine, formavano un’altra famiglia francescana riformata
143
..
In genere, la famiglia Osservante non amava gli studi, anche dopo la
spinta di Bernardino e degli altri illustri predicatori del secolo XV, temendo
di perdere lo spirito della santa semplicità e lo stesso Coletano Bonifacio da
142
G. Odoardi, DIP, Vol. 2, 1211-1217. Cfr Colette Roussey e Pascale Gounon, Nella
tua tenda per sempre (storia delle clarisse) Ed. Porziuncola 2005, pp. 260-61
143
L. Di Fonzo, I Minori, o. c., p 183...
75
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
Ceva li rimproverava , dicendo loro: “Non despicio fratrum simplicitatem,
sed non laudo fratrum asinitatem”. Però, con l’andare del tempo anch’essi si
aprirono alla cultura sacra e scientifica ed ebbero grandi personalità in seno
alla famiglia Osservante, soprattutto a partire dal secolo XVI ai nostri
giorni.
CONTINUA LA LOTTA PER LA DIVISIONE
Con la bolla “Ut in Sacra Ordinis Minorum Religio” di Eugenio IV del
23-7-1446 la famiglia Osservante ebbe il permesso di convocare Capitoli
autonomi per eleggere i suoi vicari provinciali e generali,
indipendentemente dalla famiglia conventuale. I ministri conventuali
avevano solo l’incarico di confermare gli eletti entro tre giorni. Era nata di
fatto l’indipendenza della famiglia Osservante. Lungo il prosieguo del
secolo ci furono altri tentativi di rappacificazione, ma tutti andarono falliti.
In Spagna verso il 1500, il cardinale Jimenes de Cisneros, appoggiato dai
re cattolici, fece una vera guerra contro i Conventuali: ci furono assalti nei
conventi, con veri e propri atti terroristici. Molti frati conventuali dovettero
fuggire tra i Mori nel Marocco, prima di lasciarsi riformare dalle bande
armate del Cisneros che agiva contro ogni legalità e con la forza 144. Sotto il
pontificato di Alessandro VI, il generale dell’Ordine Egidio Delfino “tentò
di ristabilire l’unità delle varie famiglie francescane, imponendo nuove
costituzioni, chiamate -Statuta Alexandrina- perché approvate da
Alessandro VI il 7 aprile 1501”. Il ministro si impegnò a promuovere la
riforma e fare osservare le nuove costituzioni, visitò tutti i grandi conventi
dell’Ordine, ma ovunque incontrò opposizione: I Conventuali lo criticavano
perché troppo conciliante con gli Osservanti, e gli Osservanti lo
biasimavano come corruttore della loro famiglia145.
Leone X, nella Pentecoste del 1517 convocò un “Capitolo generalissimo”
nel convento di Ara Coeli in Roma, nella speranza di riunire le diverse
famiglie francescane. “Di fronte al pari rifiuto degli Osservanti di unirsi e
sottostare a ministri e frati non riformati, e alla ferma dichiarazione dei
Conventuali sulla legittimità e ripetuta approvazione apostolica della loro
vita francescana seguita da 30.000 religiosi in piena tranquillità di
coscienza, il Papa lasciando praticamente i Conventuali nel loro stato, decise
144
145
L. Iriarte, o.c. p.132
Idem, p. 133; cfr T. Lombardi, o. c., pp. 332s.
76
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
di autorità la fusione di tutti i gruppi riformati, di qualunque forma e
denominazione, sotto un proprio Ministro generale Osservante, col titolo (e
sigillo) di Ministro generale “totius Ordinis”, e col nome ai religiosi uniti di
Frati Minori o, in alternativa, di frati minori della regolare osservanza”.
Con la bolla “Ite vos” (29.5.1517), bolla detta di unione o di separazione, i
Conventuali continuarono la loro vita autonoma, mentre furono aggregati
alla famiglia Osservante i Martiniani di Sassonia, gli Amadeiti, i Coletani, i
Clareni e i Guadalupensi o del Santo Vangelo.
Il generale dei Conventuali fu denominato dal Papa Magister generalis
fratrum Conventualium e doveva essere confermato dal Ministro generale
degli Osservanti che acquistava la primogenitura.
In pratica, il nostro Maestro generale fu sempre confermato dai Papi, a
cominciare da Leone X, e fu chiamato ora Maestro e ora Ministro, facendo
prevalere quest’ultimo titolo, fino a renderlo esclusivo negli anni 1586-89,
sotto Sisto V.
Stando alla testimonianza di Corrado Pellikan, frate osservante che poi
passò ai riformati, l’unico motivo della divisione fu quello di acquistare il
primato nell’Ordine e non quello della maggiore o minore osservanza e
aggiunge: “Là non accadde nient’altro che il trasferimento del magistero
dell’Ordine, dell’ufficio del generalato e del regime dai minori conventuali
ai frati che sono detti Osservanti”146. Molti studiosi hanno pensato che
questo trasferimento del primato dalla famiglia Conventuale alla famiglia
Osservante fosse stato anche pagato da questi ultimi; il dubbio resta ancora.
Gli ordini religiosi raccoglievano delle offerte tramite le predicazioni delle
indulgenze per finanziare la costruzione di S. Pietro, ma certe offerte erano
troppo abbondanti. Scrive Merlo: “Certo è che nel periodo compreso tra il
luglio del 1516 e il giugno 1517 gli Osservanti versarono nelle casse della
Chiesa romana ben 26.041 ducati, rispetto ai 1.200 dei Conventuali e agli
8.740 di altri, estranei all’Ordine”147 .
146
G. G. Merlo, Nel nome di S. Francesco, Padova 2003, p. 379
Idem, p. 374.
147
77
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
ALCUNI PERSONAGGI ILLUSTRI DEL SECOLO XV
Grandi teologi, filosofi, storici, predicatori e santi furono presenti nella
famiglia Conventuale; inoltre ci furono diversi cardinali e due frati furono
promossi alla Cattedra di Pietro.
Possiamo ricordare Bartolomeo da Pisa, fu professore nei ginnasi di
Padova, Siena e Pisa; predicatore illustre, morì centenario a Pisa nel 1400c.
Ci ha lasciato un’opera importantissima “Conformitatum Sancti Francisci
ad Christum” preziosa opera ricca di note storiche topografiche sugli uomini
illustri dell’Ordine. Francesco Ximenes di Girona in Catalogna, scrisse in
spagnuolo “Della vita cristiana, e della virtù e sacramento della Penitenza.
Dei suoi angeli. Della vita di Cristo”. Francesco da Pistoia, teologo di raro
talento, fu inviato da Martino V presso il sultano di Babilonia. Enrico di
Baulme, vicino Ginevra, chiaro per dottrina e pietà, scrisse l’opera “De
mystica theologica, seu de triplici via”. Morì a Besançon nel 1439. Roberto
Caracciolo fu uno dei massimi oratori del secolo ed ebbe la stima e
l’ammirazione dei pontefici Callisto III, Pio II, Paolo II e Sisto IV. I suoi
scritti furono pubblicati più volte durante la sua vita come i Sermones, De
formatione hominis moralis, Specchio della vita cristiana. Fu consacrato
vescovo e morì a Lecce in odore di santità nel 1495. Francesco della
Rovere, fu ministro generale quindi Papa con il mone di Sisto IV, fu
teologo, illustre professore e strenuo difensore dell’Immacolata Concezione
di Maria. Scrisse moltissime opere che furono pubblicate più volte durante il
suo pontificato. Francesco Nani da Siena che fu Ministro generale dal 1475
e il suo governo durò ben 24 anni, fu sommo teologo. Nel 1482, difendendo
con mirabile chiarezza l’Immacolata Concezione di Maria dinanzi al Papa
Sisto IV, fu definito da costui: “Tu es fortissimus Sanson” e da questa
espressione è passato nella storia con il nome di Sansone. Scrisse di teologia
e di filosofia; vanno ricordate le opere “Recollectae in forma quaestionum e
Commentaria super Ethicam Aristotelis”.
DUE ILLUSTRI PONTEFICI
I Conventuali godevano ottima stima davanti alla Chiesa e al mondo sia
per i grandi personaggi che insegnavano nelle università che per i frati che
stavano nei conventi dove svolgevano le stesse mansioni in favore dei
poveri e degli umili delle città e paesi. Avevano Vescovi e Cardinali,
78
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
predicatori e fratelli religiosi aperti alla santità. Nel 1409 il Concilio di Pisa
che cercava di riportare l’unità nella Chiesa, poiché i due papi antagonisti
Benedetto XIII e Gregorio XII avevano promesso che si sarebbero dimessi,
elesse Papa il francescano conventuale Pietro Filargio vescovo di Milano
che prese il nome di Alessandro V. Gli altri due pontefici non si dimisero e
la confusione durò ancora per alcuni anni. Alessandro morì nel 1410 a
Bologna e fu sepolto nella nostra chiesa in un solenne monumento funebre
che fu restaurato nel 1893 per volere di Leone XIII. Nella serie dei Papi è il
211° e va sotto il nome di Papa Pisano.
Francesco della Rovere frate francescano conventuale, laureato a Padova,
insegnò teologia in diverse università d’Italia: Padova, Pavia, Firenze e
Perugia. Fu eletto Ministro generale dell’Ordine nel 1464 e nel 1467 fu
creato cardinale. Il 9 agosto 1471 fu elevato al soglio di Pietro prendendo il
nome di Sisto IV. Fu un Papa del rinascimento con tutti i difetti e pregi del
tempo: abbellì la città di Roma, costruì la Cappella Sistina che da lui prende
il nome e la fece adornare di splendide pitture. Morì il 13 agosto 1484.
ALCUNE FIGURE DI FRATI SANTI DEL SECOLO
B. Riccardo di Kirchberg in Baviera morto nel 1401 a Norimberga. B.
Francesco Cardaillac, vescovo di Caors in Francia, morto nel 1404. B.
Damiano Conte di Padova, morto nel 1405 a Cremona e sepolto nella nostra
chiesa con culto pubblico. B. Giovanni Ristori, maestro spirituale di S.
Bernardino da Siena, visse nel convento di Siena e morì nel 1420. I
Venerabili frati Macario Nachiro di Ugiano, Leone di Fasiano, Sergio
Bembo, Nicolò Epifanio, Crisostomo Rii, Procomio di Monopoli,
martirizzati dai turchi a Otranto il 14 agosto 1480. Il B. Elia Bourdeille
cardinale e arcivescovo di Tours, morto il 5 luglio 1484. Ven. Roberto
Caracciolo di Lecce, morì vescovo nel 1495, ecc…
LA FAMIGLIA OSSERVANTE E I SUOI CAMPIONI
La famiglia Osservante durante il secolo XV era ancora unita alla famiglia
Conventuale, ma poiché viveva in una osservanza più rigida, fu foriera di
una ondata di novella santità per l’Ordine e per la Chiesa. Vanno ricordati i
quattro campioni della riforma: S. Bernardino da Siena, S. Giovanni da
79
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
Capestrano, S. Giacomo della Marca e il B. Alberto da Sarteano. Accanto a
questa schiera di giganti della santità e della predicazione non si possono
dimenticare i Beati Vincenzo Aquilano, Timoteo da Monticchio, Bernardino
da Fossa, Tommaso da Firenze che morì nel 1447 a Rieti e cominciò a fare
tanti prodigi e si diceva che questi miracoli avrebbero ritardato la
canonizzazione di Bernardino. “Per questo motivo, Giovanni da Capestrano
che lavorava alacremente per la glorificazione del Confratello, si recò sulla
tomba di Tommaso e, in ginocchio, lo pregò che obbedisse, anche da morto,
come aveva obbedito in vita e non facesse più miracoli fino a dopo la
canonizzazione di Bernardino, e solo dopo il 1450 riprese a compiere
prodigi”148. S. Pasquale Baylon, mistico dell’Eucaristia, B. Bernardino da
Feltre, Marco da Bologna, B. Matteo da Agrigento e tanti altri riconosciuti
ufficialmente dalla Chiesa.
OPERE SOCIALI DEI FRANCESCANI
I Monti di Pietà
A causa degli usurai, molte persone erano costrette a dichiarare fallimento
e finivano sul lastrico durante il medioevo e nei secoli seguenti, non più e
non meno di oggi. Poiché la miseria opprimeva tante famiglie; i francescani
pensarono come venire incontro a tanti disgraziati, creando i Monti di pietà
che erano degli istituti con lo scopo di prestare somme di denaro contro
pegni, con minimo pagamento per le spese, per venire incontro alle classi
povere e combattere l’usura. Il primo ad organizzare un tale sistema fu
Francesco da Empoli con il Monte di Pietà di Firenze del 1358, ma per
mancanza di esperienza organizzativa, fallì molto presto 149. Marco da
Montegallo si rese conto di due grandi maledizioni del suo tempo: le
discordie civili e l’usura. “Cercò di ovviare alla prima col patrocinare la
pace e il pubblico bene (Ascoli, Camerino, Fabriano) e alla seconda con
l’istituzione dei Monti di Pietà”150. Nel 1454 costituì ad Ancona un istituto
di credito per venire in aiuto dei poveri della città. Sembra che abbia
cooperato con il b. Domenico da Leonessa per la costruzione del Monte di
Pietà di Ascoli Piceno nel 1458. La Maggior parte dei monti di Pietà furono
istituiti nella seconda metà del secolo XV: Fra Domenico da Leonessa ne
148
R. Lioi, Tommaso da Firenze, in BS, XII, 580- 3.
G. Coniglio, I monti di Pietà in Enc. Catt. VIII, 1378-1380.
150
G. Fagiani, Marco da Montegallo, in BS VIII, /£)-40.
149
80
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
fondò uno in Ascoli nel 1458; fra Michele da Carcano “ebbe parte attiva
nella fondazione dei Monti di Pietà a Perugia nel 1462, quindi a Bologna e a
Padova”151. Questa ottima trovata si diffuse in diverse città d’Italia: Orvieto
nel 1464, a L’Aquila nel 1465 per merito di Giacomo della Marca 152 il quale
ne fondò un altro anche a Fabriano nel 1470 e nel 71 a Fano. Sisto IV
approvò gli statuti per il Monte di Pietà a Viterbo nello stesso anno e nel
1479 fu approvato quello di Savona. Il Beato Bernardino da Feltre fu un
campione nella predicazione e nella fondazione dei Monti di Pietà: ne aprì a
Mantova nel 1484, a Feltre, a Parma, a Rimini, a Cesena, a Chieti, a Narni, a
Lucca, a Siena, a Padova nel 1491 a Monselice nel 1494 a Montagnano,
ecc… “Nonostante la forte opposizione dei suoi confratelli, sostenne, da
perfetto giurista, che era lecito esigere il pagamento di un modesto interesse
nel mutuo, necessario al funzionamento della organizzazione bancaria” 153. Il
Beato Angelo Carletti da Chiasso, tra le tante cose che fece durante la sua
vita, “svolse anche la missione di predicatore popolare, come molti altri
Santi del suo tempo… Si occupò anche delle erezioni dei Monti di Pietà a
Genova e a Savona dettando o ispirando gli statuti” 154, fondò i Monti di
Pietà a Pavia e a Milano e fra Giacomo Calvo istituì quelli di Roma nel
1536 e di Napoli nel 1540. Con i Monti di pietà vanno aggiunti i Monti
frumentari che furono un’altra gigantesca opera di carità dei francescani
durante i secoli XV-XVI e oltre. Si possono ricordare: il monte frumentario
di Spoleto del 1490 e quello del comune di Macerata del 1492, oltre a tanti
altri sparsi in tutta la penisola. L’opera caritativa dei francescani durante il
medioevo e il rinascimento, vive ancora oggi in tante opere di assistenza ai
poveri e ai meno fortunati della società. La caritas odierna è una
modernizzazione delle loro attività svolte in quel difficile tempo.
IL SECOLO XVI: GLI AVVENIMENTI POLITICI E QUELLI
FRANCESCANI
Questo secolo, studiato sotto l’aspetto politico, fu per l’Europa in generale
e per l’Italia in particolare, un secolo inquietante e turbinoso. Si aprì con la
lega di Cambrai nella quale la Spagna, la Francia, l’Impero, la Germania, lo
151
G. V. Sabatelli, Michele Carcano, in BS, III, 782-84.
G. S. Picciafuoco, Giacomo della Marca, Monteprandone 1976, pp. 198s.
153
G. V. Sabbatelli, Bernardino da Feltre, in BS II, 1289-93..
154
G. V. Sabatelli, Angelo Carletti in BS, I, 1235-37.
152
81
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
Stato Pontificio si coalizzarono per ridimensionare la potenza della
Repubblica di Venezia. Sciolta la lega, tutti i fautori si gettarono in una lotta
sorda e implacabile, combattendosi reciprocamente: la Francia da una parte,
contro l’impero con la Germania e la Spagna dall’altra. Per oltre mezzo
secolo fecero un gioco al massacro, combattendosi aspramente, e molte di
queste guerre si svolsero sul suolo italiano.
Mentre i Cristiani si dilaniavano, i turchi avanzavano, scorrazzando per
mare e per terra, fino ad arrivare alle porte di Vienna. Quando i cristiani si
avvidero che il loro respiro diventava sempre più affannoso e il pericolo
della Mezza luna era imminente, si confederarono e riuscirono, almeno per
un momento, a bloccare la flotta turca, infliggendole una grave sconfitta a
Lepanto, il 7 ottobre 1571.
Studiato sotto l’aspetto religioso, quello fu il secolo di Lutero e dei
riformatori protestanti. Questi “restauratori” che volevano ripristinare il
cristianesimo primitivo, dopo avere demolita quella Chiesa che stimavano
ricca di incrostazioni, crearono una serie di “chiesuole”; certamente non
migliori di quella che avevano combattuto. Ciascuno dei riformatori e
fondatori pretendeva che la sua Chiesa fosse la vera, l’unica corrispondente
a quella voluta da Gesù Cristo, scomunicandosi reciprocamente. La crisi
portò al dramma delle divisioni, delle libere interpretazioni e
dell’incomunicabilità. Ci volle il concilio di Trento per confermare i punti
nevralgici della fede che le nuove chiesuole avevano manomessi o
bizzarramente interpretati (come la cena del Signore, il battesimo, la
cresima, ecc.).
“Il cinquecento, scrive Gemelli, secolo di passioni per la Chiesa, è secolo
di lotta e di austerità per il francescanesimo che si divide per soffrire, per
crescere, per edificare…”. Ogni scissione causa sofferenze, ma la divisione
dei membri di un Ordine religioso crea una sofferenza ancora maggiore
perché sa che si pone contro il comando del Signore: “Ut unum sint”!155
Il francescanesimo aveva sempre avuto una duplice anima che nel secolo
XIII si definiva “spirituale” e “comunità”, nel secolo XV “Osservanza” e
“Conventualesimo”, nel secolo XVI “stretta osservanza” e “regolare
osservanza”. Questo duplice modo di intendere il francescanesimo, non
necessariamente dichiarava la scissione.
Bernardino da Siena, a costo di essere avversato e abbandonato dai suoi, si
era opposto alle forze centrifughe che pullulavano in seno all’Ordine ed era
155
A. Gemelli, Il Francescanesimo, Ed Porziuncola 2000, p. 140.
82
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
riuscito a conservare l’unità dopo il Capitolo di Padova del 1443. Con il
passare degli anni, le controversie in seno al francescanesimo erano
diventate frattura: la famiglia francescana era tenuta insieme solo
giuridicamente, ma spiritualmente era già divisa. Il 1517 fu l’anno del
riconoscimento giuridico della divisione, e con la bolla “Ite vos”, gli
Osservanti acquistarono anche la primazia in seno all’Ordine e ad essi fu
consegnato anche il “Sigillum Ordinis”, ma anche essi non riuscirono ad
avere la serenità e la pace che avevano desiderato e predicato. Nell’ambito
delle riforme, non tutti si ritenevano “osservanti” anzi alcune riforme si
opponevano ad essi, come i Colettani che papa Nicolò V, nel 1452
confermava la loro obbedienza ai Conventuali. Sisto IV, nel 1482 rinnovò
agli Osservanti il divieto di esercitare “la benchè minima giurisdizione sulle
Clarisse riformate da suor Coletta”156.
Da una parte furono costretti a trovarsi le diverse componenti delle
Osservanze (Capreolanti, Clareni, i frati di Recollezione, Villacresiani,
Amadeiti, Colettani, Guadalupensi con gli Osservanti) fuse insieme, guidate
da P. Cristoforo Numai, “Ministro di tutto l’Ordine dei francescani”, e
dall’altro canto i minori Conventuali guidati dal P. Antonio Marcello De
Petris, “Maestro generale”. Un anno dopo l’emanazione della bolla “Ite
vos”, gli Amadeiti continuarono a mantenere la loro autonomia e, in Francia
i Colettani riuscirono a formare la Provincia di Francia, in contrapposizione
alla Provincia di Parigi riservata agli Osservanti157.
Come già accennato, l’Osservanza non trovò quella pace che aveva sperato
attraverso la separazione dai Conventuali e, “come tutte le istituzioni umane,
anche qui accade che quando più ampio diventa il numero dei membri, tanto
maggiore sorgono i rischi per un razionale contenimento di evasioni,
infiacchimenti, accomodamenti più o meno illegali e, certamente, non
fecondi per la vita dello spirito e molto spesso per una ordinata vita
associata. E, tuttavia, quando maggiore è la vitalità dell’istituto, tanto più
profondo il bisogno, nell’uno o nell’altro membro, nell’una o nell’altra
frazione della comunità, di ritrovarsi, di riprendere l’identità delle
origini”158.
156
M. C. Roussey- M. P. Gounon, o. c. pp. 410- 411.
L. Iriarte, o. c., p: 134.
158
G. Marinangeli, Frati Minori d’Abruzzo in “I Frati Minori d’Italia, Porziuncola
1981, p 122; cfr Odoardi G., in Autori Vari, I frati minori, o.c. pp. 116-121, Di Fonzo L., I
Frati Minori, o.c., pp.220- 224..
157
83
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
Ci si può chiedere: fu veramente desiderio di spiritualità e di perfezione
religiosa la scissione della famiglia Osservante dalla famiglia Conventuale
nel Capitolo Generalissimo di Ara Coeli in Roma nel 1517? Alcuni storici
del secolo XX e dell’inizio del nuovo millennio non condividono in pieno
questa linea. Come già accennato, lo storico Merlo, con le sue ricerche, pone
problemi inquietanti: “Si sparsero critiche durissime contro gli Osservanti,
accusati addirittura si “simonia”, in quanto per imporsi avrebbero utilizzato
l’arma del denaro raccolto attraverso la predicazione indulgenziale,
destinata al reperimento di risorse finanziarie per la nuova fabbrica di San
Pietro. Forse si trattava di critiche calunniose. Certo è che nel periodo
compreso tra il luglio 1516 e il giugno 1517 gli Osservanti versarono nelle
casse della Chiesa romana ben 26.041 ducati, rispetto ai 1200 dei
Conventuali e agli 8740 di altri, estranei all’Ordine. Che cosa ottenne
l’Osservanza nel 1517?...”159.
Lo stesso storico cita il frate osservante Corrado Pellikan, che nel 1526 si
era “convertito alle posizioni riformate”, nel suo Chronicon rivive gli
avvenimenti accaduti da soli nove anni con queste parole: “Là non accadde
nient’altro che il trasferimento del magistero dell’Ordine, dell’ufficio del
generale e del regime dai Minori Conventuali – che erano contrari,
recalcitranti e pronti a opporsi al mutamento istituzionale- ai frati che sono
detti dell’Osservanza”160.
FERMENTO NELL’OSSERVANZA
Ad un anno dalla unificazione dei frati Osservanti, la famiglia Coletana di
Francia si staccò dall’Osservanza e costituì una provincia autonoma diversa
da quella di Parigi, riservata agli Osservanti e durante il secolo XVI, col
nome di Recolletti, fonderanno le province di Fiandra e di Germania.
Nel Capitolo provinciale celebratosi in S. Bernardino di L’Aquila, il 26
dicembre 1518, alla presenza del ministro generale P. Francesco Licheto, e
nel quale fu eletto provinciale P. Francesco da Pentima, furono ridiscussi ed
approvati degli statuti già approvati nel capitolo del 1505, “per la santa
riforma della Provincia di Santo Bernardino”. Nei primi giorni dell’anno
seguente, lo stesso Ministro generale, celebrando il capitolo della provincia
romana, presentò questi statuti che tutti approvarono, ma un gruppo di frati
159
160
G. G. Merlo, o. c., p. 374.
G. G. Merlo,o..c. p., 379.
84
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
guidati da Stefano Molina e Bernardino da Asti, il 6 gennaio 1519, chiesero
ed ottennero dal Ministro generale di poter vivere una vita più aderente “alla
purità della regola” di S. Francesco nel convento di Fontecolombo.
Praticamente erano nati i “frati della stretta osservanza o riformati”.
Ad otto anni dalla bolla “Ite vos” di Leone X, l’umile e giovane frate
Matteo da Bascio, già sacerdote della provincia religiosa delle Marche,
ritenendo che la riforma effettuata fosse troppo blanda e aspirando ad
un’osservanza della regola alla lettera, nel 1525, lasciato segretamente il
convento di Montefalcone, si recò a Roma per chiedere al Papa Clemente
VII l’autorizzazione a vivere come S. Francesco. “Ottenne con facilità da
Clemente VII il permesso, Vivae vocis oraculo, di osservare la regola
secondo i suoi desideri, vestire l’abito che aveva preso e andare predicando
da una parte all’altra”.
Ma il suo Ministro provinciale fra Giovanni da Fano, ritenendolo
fuggitivo, quando si ripresentò in Capitolo, lo fece imprigionare161.
Fra Matteo, anche se di cultura molto limitata, si era distinto nella città di
Camerino in occasione della peste del 1523 ed era stato ammirato
soprattutto dalla duchessa Caterina Cibo quando si aggirava nelle corsie dei
poveri appestati, spandendo compassione e affetto verso tutti. Fu questa
nobildonna a venire in suo soccorso per farlo liberare. L’esempio di Matteo
fu contagioso perché nello stesso anno due fratelli di sangue e frati
Osservanti, Ludovico e Raffaele da Fossombrone, chiesero al Provinciale di
ritirarsi in un romitorio insieme ad altri compagni e vivere la regola di S.
Francesco nella sua interezza e senza interpretazioni o dispense.
Il Provinciale si oppose e i due uscirono dall’Osservanza e si rifugiarono
tra i Conventuali di Cingoli. Fra Giovanni da Fano, con il breve pontificio
“Cum nuper” dell’8 marzo 1526, si pose alla ricerca dei due frati accusati
come apostati, fuggitivi, scomunicati e colpevoli di scandalo presso il
popolo162.
I due frati, vedendosi braccati, lasciarono il convento di Cingoli e si
rifugiarono nell’eremo camaldolese di Cupramontana dove era abate il beato
Paolo Giustiniani il quale li mise in contatto con S. Gaetano da Thiene e
Gian Pietro Carafa vescovo di Chieti, e soprattutto con il cardinale Pucci.
Ludovico ottenne da quest’ultimo la lettera apostolica “Ex parte vestra” il
18 maggio 1526 con cui si concedeva a lui, a Raffaele, e a Matteo il
161
162
Mariano D’Alatri, I cappuccini, Roma 1994, p. 12. Cfr. Iriarte L., o. c. pp. 260s.
Idem, o. c. ,p.13
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P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
permesso di vivere da eremiti, fuori dei conventi dell’Osservanza e con le
elemosine dei pii fedeli. Ai tre si aggregò subito un altro osservante, fra
Paolo da Chioggia. Durante il sacco di Roma del 1527, scoppiata una nuova
pestilenza anche nella città di Camerino, i quattro religiosi si prodigarono
nell’assistenza materiale oltre che morale e spirituale degli appestati, tanto
che il popolo ne restò profondamente ammirato.
Poiché l’Ordine continuava a creare molte difficoltà, Ludovico, con l’aiuto
dell’influente duchessa Caterina, decise di chiedere la protezione dei
Conventuali. Il Ministro generale di questi “prese sotto la sua protezione i
quattro “ribelli”, lasciandoli liberi di vivere secondo le proprie aspirazioni”
163
. Inoltre, Ludovico, aiutato dalla stessa protettrice, ottenne la bolla papale
“Religionis zelus” del 3 luglio 1528, con la quale si dava l’atto di nascita
all’“Ordine dei francescani eremiti”. Con questo documento si concedeva
agli adepti di portare la barba, l’abito con il cappuccio piramidale, di
predicare al popolo e di accogliere i novizi164.
Pur restando sotto la protezione dei Conventuali, si dovevano eleggere i
superiori propri che avevano l’autorità dei Ministri provinciali. Un discreto
numero di Osservanti, desiderosi di vita eremitica, si unirono a questi primi
fratelli, creando malcontento nell’Ordine. Intanto nell’aprile del 1529 i frati
eremiti si riunirono in Capitolo nel convento di Albacina, nel territorio di
Fabriano, per eleggere il Vicario generale e compilare le prime Costituzioni
della nuova Congregazione. Erano presenti una ventina di religiosi che
elessero Vicario fra Matteo da Bascio che accettò più per costrizione che per
vocazione e nel giro di qualche settimana si dimise, lasciando l’incarico a
fra Ludovico da Fossombrone. Le Costituzioni che stesero erano di stampo
camaldolese, con il titolo: “Costituzioni delli frati minori detti della vita
eremitica”. Tra gli altri punti si stabiliva:
Recita corale, calma e meditata del divino ufficio. Dare tempo alla
preghiera personale per più ore al giorno.
Silenzio rigoroso; disciplina giornaliera.
Mortificazione nella mensa e astinenza dalle carni.
Abito umile e rammentato; i sandali solo per gli ammalati.
Case umili e fuori città (possibilmente in mezzo ad un boschetto), di
proprietà dei benefattori, costruite con vimini e fango, con cellette piccole
come sepolcri.
163
164
L. Iriarte, o. c., p. 262.
Idem, o. c. pp. 14s.
86
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
I superiori inviino frequentemente i frati a predicare. La predicazione sia
semplice ed evangelica165.
Quando i ragazzi vedevano questi frati camminare lungo le strade,
credendo che fossero eremiti erranti, correvano dietro ad essi e gridavano:
“scappuccini, scappuccini”, per il lungo cappuccio che portavano. Dal 1534
nei documenti pontifici comparve l’appellativo di Cappuccini. La nuova
congregazione aveva come ideale il ritorno al francescanesimo, più
autentico, ma le difficoltà interne ed esterne non mancarono. Per vincere le
grandi prove, questi nuovi cavalieri della povertà e della semplicità si posero
accanto ai lebbrosi del loro tempo che erano i poveri appestati. Nel 1530
troviamo i Cappuccini che servono nell’ospedale di S. Maria del popolo in
Napoli, nell’ospedale degli incurabili di Genova, e in tanti altri lazzaretti di
mezza Italia.
Era nata una nuova famiglia francescana che tanta santità e gioia porterà
nella Chiesa di Dio.
NUOVE RIFORME NELL’OSSERVANZA
Quasi contemporanea alla riforma cappuccina, si ricostituiva la famiglia
Discalciata o Scalzi per merito di Giovanni Pasqual, il quale nel 1541
ottenne l’autorizzazione di aggregare i suoi seguaci in tre eremi della
Galizia che furono detti della Custodia di S. Giuseppe. Questi frati furono
chiamati anche Pasqualiti che poi si fusero con altri Discalciati nel 1583. Il
vero restauratore e nuovo fondatore di questa nuova famiglia era stato S.
Pietro d’Alcantara che “succeduto al Pasqual, pose se stesso e tutti i suoi
frati sotto la protezione dei Conventuali, professando obbedienza in Roma
nel 1555, nelle mani del Generale Giulio Magnani da Piacenza”. Alla morte
del Santo (+1562), con la bolla di Pio IV del 1563 “In suprema”, i
Discalciati o Alcantarini dovettero passare sotto l’obbedienza Osservante.
Nel 1570 nacquero i “Recoletti per una vita più stretta di raccoglimento,
nel convento di “recollezione” di Cluys in Francia, ed ebbero
l’approvazione del papa Gregorio XIII nel 1579 con la bolla “Quum illius”.
Pur essendo quattro famiglie indipendenti, con Ministri provinciali
autonomi, la Chiesa volle che il Ministro Generale fosse uno per tutti con
vicari particolari166.
165
166
L. Iriarte, o. c., pp. 263s; Mariano D’Alatri, o. c., p. 16.
L. Di Fonzo, o. c., p. 221
87
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
I FRANCESCANI NEL SECOLO XVI
Con la scissione dell’Ordine, nel 1517, in famiglia Conventuale e
Osservante, e con la nascita dei Cappuccini nel 1528 e dei Riformati nel
1532, i francescani vissero la loro comune storia come dei fratelli gelosi e
invidiosi, sempre pronti a litigare, ma che non sanno né dimenticarsi né
ignorarsi, e si trovano sempre in competizione tra loro. Anche se ogni
famiglia aveva la sua caratteristica e il proprio carisma, ci si ispirava
sempre all’altra per succhiare il meglio che si trovava in essa. Però ogni
famiglia, sia a livello di Ordine che di Province, volle mostrare il suo volto e
il suo carisma, soprattutto in campo apostolico. Il P. Gemelli sintetizza e
chiarifica questa distinzione nella omogeneità, soprattutto nella
testimonianza contro i protestanti e contro gli eterodossi, con tre espressioni:
“I Conventuali, cultori di studi classici, occupavano i centri universitari,
predicavano dai maggiori pulpiti, parlavano alle corti, pubblicavano opere
apologetiche, custodivano amorosamente le grandi basiliche che rivelano
alle masse e agli esteti la bellezza dell’ideale francescano. Gli Osservanti e i
Riformati da S. Bernardino da Siena in poi, ritornarono al compito della
predicazione popolare sulla trama della Sacra Scrittura. I Cappuccini dai
loro romitori scendevano sui mercati e sulle piazze a predicare dei vizi e
delle virtù, delle pene e della gloria, con una nota apocalittica, che, unita alle
loro aspre sembianze dei Padri del deserto, fece sul popolo una grande
impressione”167. Anche per ciò che riguarda il governo interno delle
Province ci fu una certa distinzione e peculiarità nell’ambito delle singole
famiglie. Nella famiglia Conventuale, il Capitolo provinciale, dal 1239 ebbe
un andamento triennale. Anche dopo la nascita della famiglia Osservante,
l’Ordine continua a celebrare il Capitolo ogni tre anni, con l’obbligo della
non rielezione del ministro uscente. La nuova famiglia Osservante, mentre
nella zona ultramontana celebrava il capitolo ogni tre anni, in Italia, durante
il secolo XVI, lo celebrava ogni anno, come aveva già fatto nel secolo
precedente, e in esso il ministro si presentava sempre dimissionario. Per i
frati Cappuccini, fino al 1619, il Vicario provinciale era confermato dal
ministro generale dei Conventuali, con la durata di tre anni, mentre il
Capitolo era convocato ogni anno. Con la bolla Farnesiana del 9 settembre
167
A. Gemelli, o. c., p. 149.
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P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
1667 si stabilì definitivamente la celebrazione del Capitolo elettivo ogni
anno ed una congregazione intermedia.
I CONVENTUALI NEL SECOLO XVI
Con la bolla “Ite vos” di Leone X si ha la divisione dell’Ordine, quindi
ogni famiglia religiosa va per la sua strada.. I Conventuali dopo la divisione
mantennero il posto tra i teologi del Collegio della Sapienza in Roma,
insieme ad altri 4 ordini mendicanti. Nel Regno delle due Sicilie essi ebbero
sempre la precedenza sugli Osservanti e i Cappuccini. La conferma del
Ministro generale fu sempre riservata al Papa e non al Ministro generale
dell’Osservanza.
Mentre Marcello da Cherso fu confermato dal Papa Leone X con il titolo
di Maestro generale, i Papi Paolo IV (1555), Sisto V (1586), Clemente VIII
(1601), Paolo V (1607) li confermarono sempre con il titolo di Ministro
generale.
Dall’Osservanza, lungo il secolo, nacquero altre famiglie francescane che
si posero sotto la tutela dei Conventuali: i Pasqualiti (1517), i Cappuccini
(1528), gli Alcantarini (1559).
I Conventuali nel 1517 contavano 38 province religiose, circa 1300
conventi con 25/30.000 frati. Anche i frati Osservanti delle varie
provenienze raggiungevano lo stesso numero. Il nostro Ordine restò nelle
Basiliche prestigiose come Assisi, Padova, Bologna, Ferrara, Firenze,
Praga, Palermo, Ravenna, Ss. Apostoli in Roma, Siena, I Frari di Venezia,
ecc… Le chiese risplendevano per le solenni liturgie, per i grandi predicatori
che venivano a spezzare la parola di Dio e per le opere di carità che si
compivano tutti i giorni venendo incontro ai poveri che chiedevano
l’elemosina. I conventi grandiosi, costruiti nel cuore dei centri abitati, erano
fari di sapienza e luoghi di meditazione e raccoglimento spirituale, i refettori
diventavano frequentemente i parlamenti delle Comunità civili perché lì
c’era il guardiano che moderava le contese e regolava le discussioni, a volte
accese e turbolente.
LA SOPPRESSIONE DI ALCUNE PROVINCE
89
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
Il convento di Tolosa fu occupato da Francesco I con la scusa che era già
riformato, quindi doveva passare ai frati Osservanti e non appartenere più ai
Conventuali. L’Arcivescovo di Bordeaux scomunicò gli Osservanti, ma
tramite le trame del re furono sciolti dalla censura.
I Conventuali furono soppressi da tre province di Francia con sistema
meno violento, ma con uguale prepotenza e risultati: Aquitania, Turenne,
Francia Parigina (1522-1538), perdendo 144 conventi. Fummo costretti a
cedere la Magna Domus Parisiensis agli Osservanti. In Francia restammo
solo nelle province di Borgogna e Provenza con 64 conventi.
In Portogallo il re Giovanni III tentò di sopprimere i Conventuali nel
1535, con l’appoggio di Paolo III; avrebbe voluto prendersi i grandi
conventi dei frati per adibirli ad usi civici. Il generale dei frati Fedruzzi
seppe far valere i suoi diritti: Il re insistette nei suoi progetti nel 1541 e nel
1544, ma trovò l’opposizione del Cardinale protettore dell’Ordine Rodolfo
Pio Caprio. Il re raggiunse il suo scopo tra il 1566 e il 67, quando incontrò
le stesse manie nel re di Spagna Filippo II. L’intento di tutti e due fu di
accontentare gli Osservanti e di appropriarsi dei grandiosi edifici dei
Conventuali sia per cederli agli Osservanti che per adibirli a opere
pubbliche. Questa soppressione fu voluta dal Cardinale Ximenes che, al dire
del Wadding si appropriò delle case dei Conventuali “Conventualium
domos, arte, prece, vel pretio”. In Spagna fummo soppressi definitivamente
nel 1566 perdendo quattro province: Portogallo, Spagna, Belgio-Fiandra e
Lussemburgo. Ai frati fu impedito anche di recarsi missionari nel nuovo
mondo. Quelli che andarono nel nuovo mondo dovettero portare l’abito
degli Osservanti. Questa soppressione costrinse oltre 1000 frati, “non pauci
senes erunt, pii et inculpati”, scrive il Navarro Martin di Azpilcueta che
vive queste nefandezze, ad abbandonare l’Ordine, per non essere inseriti tra
gli Osservanti, e molti si rifugiarono nel Marocco.
La stessa cosa stava per accadere anche in Italia nel 1568-69 se Pio V non
si fosse ricreduto, dietro le insistenze del Dottore Navarro Martin che pose
in giuoco tutta la sua amicizia col Papa, e a causa delle pressioni degli altri
amici dell’Ordine, e nel 1570 creò Cardinale il conventuale Felice Peretti.
I Paesi Protestanti: a causa del protestantesimo, dopo il 1521, la Germania,
l’Inghilterra, la Danimarca estromisero i Conventuali dai loro territori.
In Germania l’Ordine aveva tre Province con grandi centri universitari come
Erfurt, Colonia, Friburgo e Wurzbur; furono tutti chiusi.
90
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
In Inghilterra c’era una Provincia con 61 conventi e due centri universitari
Oxford e Cambridge: furono chiusi tra il 1534 e il 1539. In Scozia e in
Irlanda subirono la stessa sorte negli anni 1540-1587. Anche dalla
Danimarca ci fu l’espulsione dei Conventuali negli stessi anni.
La Provincia di Terra Santa, fondata e assistita da Frate Elia negli anni
1217-1220, “la organizzò solidamente con chiese quali quelle di S.
Giovanni d’Acri, Damietta e Costantinopoli” 168. I frati minori, detti
conventuali, assistettero questa terra di Gesù con grande premura e con il
martirio di centinaia di religiosi a causa dei mussulmani ivi dimoranti. Nel
1434, il Padre Scolario francescano conventuale e maestro di Sacra teologia,
fu costretto dal Papa Eugenio IV a rinunciare al superiorato di Terra Santa
che fu affidato al P. Delfino da Venezia della famiglia degli Osservanti169 .
In pratica, l’Ordine dei conventuali conservò il titolo di Provinciale per la
Provincia di Terra Santa ancora per alcuni anni perché abbiamo alcuni
illustri religiosi che furono Custodi di Terra Santa come Francesco
Sansonne negli anni 1467 ed altri. Però sembra che dal 1439 la Terra Santa
sia passata ufficialmente all’Osservanza. Però la provincia sia restata ai
conventuali come spiega brillantemente Odoardi: “Il Minister Terrae
Sanctae è un Ministro Provinciale effettivo. Amministra infatti, e con
giurisdizione ordinaria, una delle tre Custodie della primitiva Provincia
Terrae Sanctae, la Custodia di Cipro, costituente ancora la “Provincia Terrae
Sanctae”, dove i francescani Conventuali continuarono la loro attività
apostolica fino al 1570-71.” Nel giugno del 1571, il Capitolo generale di
Camerino elesse Ministro Provinciale di Terra Santa frate Nicola da Serra
S. Quirico E fu l’ultimo ministro effettivo di Terra Santa. Nel maggio del
1574 ritornò nel Capitolo di Siena, “per ripetere con vivo rimpianto ai vocali
_Se nihil habere quod referat cum Turca immanissime Fratres trucidaverit,
conventusque soli aequaverit-170. Con la conquista dell’isola da parte dei
Turchi, avvenne il massacro dei frati e la soppressione della Provincia
religiosa.
168
G. Odoardi, in “Miscellanea Francescana” 1932-1996- Frate Elia da Cortona -un
geniale figlio di S. Francesco-, Cortona 1253-2003, Un geniale figlio di S. Francesco Frate
Elia di Assisi nel settimo centenario della sua morte, p. 84.
169
G. Odoardi, In M.F. 45 (1945), p. 241; cfr Hundemann, Bul. Franc., Nova Series I,
63.
170
G. Odoardi, in M.F., La Custodia Francescana di Terra Santa nel VI centenario della
sua costituzione (1342-1942), 45 (1945), p. 246.
91
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
Sul finire del secolo XVI, le Province erano ridotte a 25, più 4 vicarie con
circa 1000 conventi. I frati, stando al Tossignano, erano circa 20.000.
UN ORDINE VIVO
Anche se dovette soffrire maltrattamenti e umiliazioni, la famiglia
Conventuale era viva. Scrive lo storico Osservante Lombardi: “L’Ordine
conservò le sue peculiari caratteristiche, con una fedeltà e con una coerenza
che costituiscono un vero titolo di onore e di gloria. Lo splendore
medioevale dell’Ordine è stato da loro tramandato, custodito e difeso: anzi
si vede tuttora visitando le chiese e i loro conventi” 171. Lo stesso autore
aggiunge che i Conventuali hanno lavorato “nella predicazione del Vangelo
in mezzo al popolo cristiano e agli infedeli, nella difesa della Chiesa e del
Papato contro gli attacchi degli eretici, nel promuovere opere di cultura e di
carità. Le missioni in Africa e in Asia; le meravigliose chiese e basiliche
erette un po’ dovunque in Italia e in Europa; i gloriosi studi Generali furono
i primi centri di attività missionaria, pastorale e scientifica dell’Ordine”172.
Nel Concilio di Trento i Conventuali parteciparono con 91 (teologi 79 e
Padri 12), “superando tutti i teologi degli altri singoli istituti religiosi: si
distinsero fra essi il Vescovo Cornelio Musso, i generali Bonaventura Pio da
Costacciaro, Giulio Magnani, Antonio de’ Sapienti da Aosta, l’Arcivescovo
Ottavio Preconio e il Vescovo Giovanni Jubì da Maiorca; fra i teologi,
Giovanni Antonio Delfini, Francesco Visdomini, Antonio Posi, Felice
Peretti (Sisto V), ecc…” (1545 – 1547; 1551 -52; 1562 -62)173 .
Tra i predicatori merita di essere ricordato Francesco Visdomini, amico di
S. Filippo Neri, che con il ricavato delle sue prediche riuscì a riscattare 7000
cristiani che erano caduti prigionieri e schiavi delle orde mussulmane.
Assisi e Padova risplendevano per le molteplici attività culturali e
liturgiche. Furono intraprese le attività missionarie in Asia, nelle Americhe,
nelle Nuove Indie, nel Perù, ecc. Nacque il Collegio sistino a Roma, dono di
Sisto V all’Ordine (18.12.1587), con il titolo di “Collegio S. Bonaventura”
che conferiva “il dottorato” in Sacra Teologia. Lungo il secolo l’Ordine
ebbe 66 Vescovi, quattro Cardinali (Clemente della Rovere, †1505; Marco
171
T. Lombardi, Il Francescanesimo, o. c., p.369.
Idem p. 368.
173
L. Di Fonzo, Frati Minori.. o. c., p. 245.
172
92
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
Vigerio †1516; Felice Peretti †1590; Costanzo Torri, †1595) e due Papi,
Giulio II e Sisto V.
Furono fondate le nuove Province di Sardegna (1534) 174, di Liegi o Belga
(1558), delle Nuove Indie (1577), del Perù (1582-92).
Lungo tutto il secolo XVI, i Ministri si impegnarono a visitare le Province,
richiedendo una maggiore osservanza. Dopo il Concilio di Trento fu
incrementato lo spirito della santa osservanza e i Generali furono i grandi
protagonisti.
Nel 1540 furono ripubblicate le costituzioni Alessandrine (edite la prima
volta nel 1500 da Alessandro VI), e nel 1565 furono pubblicate le
costituzioni Piane (approvate da Pio IV).
Il Concilio di Trento, che aveva aperto i battenti il 13 dicembre 1545, si
protrasse con alterne vicende, fino al 4 dicembre 1563, atto di chiusura.
L’Ordine dei Minori Conventuali aveva partecipato a questa assise con il
numero di 91 tra Vescovi e Teologi, inferiore solo di qualche individuo ai
Domenicani, ma tra i presenti vi furono Vescovi di grande spessore culturale
e santi come Cornelio Musso, definito “il braccio destro del Concilio”
perché ottimo oratore, saggio moderatore e uomo di Dio175.
Il Concilio, nella sessione XXV che fu l’ultima, aveva concesso agli
istituti religiosi il permesso di poter possedere in quanto comunità, ma i
singoli frati dovevano vivere nella povertà, “senza nulla di proprio”, ovvero
la povertà assoluta. Il Ministro generale Camilli nel 1574 fece pubblicare a
Milano “l’Esame sui precetti della Regola”, primo libro su questo
argomento. Visitò le province dell’Ordine e richiamò i ministri ad avere
almeno un convento in ogni provincia che fosse di stretta osservanza. Il
Ministro generale Clemente Bontadosi continuò l’opera; sotto il suo
generalato Sisto V istituì in Assisi “l’Arciconfraternita dei Cordigeri”, fu
benevole verso l’Ordine francescano conventuale concedendo ad esso il
Collegio S. Bonaventura per la laurea in Teologia dei migliori baccellieri e
assegnò all’Ordine il consultore della Santa e Romana Inquisizione, ma
approvò anche i Camilliani (1586), fondò una università a Graz e l’affidò ai
Gesuiti (1588)176, ecc…
174
U. Zucca ., ( a cura), S. Francesco e i Francescani in Sardegna, Oristano 2001, p. 52s.
G. Odoardi, I Conventuali, o.c., 42; cfr G. Odoardi, Serie completa dei Padri e
Teologi Francescani Minori Conventuali al Concilio di Trento, in M.F. 47. 1947. 321-411.
176
G. B. Picotti, Sisto V in E. C., XI, 783.
175
93
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
Il Ministro generale Pietro Antonio Camilli (1574-80) pubblicò “L’esame
sui precetti della Regola”. Antonio Fera ottenne il cardinale protettore
autonomo da quello degli Osservanti e Cappuccini.
Filippo Gesualdi (1593-1602), oltre a visitare moltissimi conventi e tutte
le province dell’Ordine, fondò a Padova “La Compuntiva” che era una
scuola di spiritualità, frequentata anche da S. Francesco di Sales. C’era
l’esposizione del Santissimo Sacramento per un’ora in ogni convento che
voleva vivere questa devozione, con preghiere e opere di pietà177.
ALCUNI FRATI ILLUSTRI DEL SECOLO
Giuliano della Rovere, fu novizio tra i conventuali a Perugia, mentre stava
studiando sulla sua vocazione, lo zio Sisto IV lo creava Cardinale. Nel
conclave del 1503 fu eletto papa, prendendo il nome di Giulio II. Fu un
grande papa del rinascimento, con tutti i difetti e i pregi del tempo. Tra le
benemerenze, fu grande mecenate, amico di Buonarroti al quale affidò il
“Giudizio universale” nella cappella sistina e al Bramante il gigantesco
progetto della nuova basilica di S. Pietro
Luca Pacioli, nato a Borgo S. Sepolcro nel 1445 e morto a Roma dopo
1514. A 20 anni già aveva scritto un trattatello di algebra per uno studente,
figlio di un ricco mercante veneziano. Poco dopo il 1470 prese l’abito
francescano e restò per diverso tempo accanto all’Alberti. Dal 1475 insegnò
matematica a Perugia dove compose un trattato di matematica. Nel 1481
177
L. Di Fonzo, Gesualdi Filippo, in E. C. vol. VI, 222; cfr G. Odoardi ., Conventuali in
DIP,Vol 3, 45. L’illustre storico scrive: “Il più pio e zelante dei generali del sec. XVI,
Filippo Gesualdi (1593-1602) che già fondatore della Compuntiva a Padova: una scuola di
spiritualità frequentata anche da S. Francesco di Sales, con gli scritti, le visite, l’esempio, i
decreti ispirati alle riforme promosse da Clemente VIII, portò i suoi frati ad una vita
comune più intensamente vissuta nell’osservanza della Regola e particolarmente della
povertà, nello studio e nell’apostolato, nella preghiera che pose a base del rinnovamento
spirituale dell’Ordine, prescrivendo tra l’altro, che ogni giorno, a turno, nei singoli conventi
d’Italia, e nei giorni festivi in quelli esteri, si tenesse il Santissimo esposto all’adorazione
dei frati e dei fedeli”.
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insegnò a Zara, poi nuovamente a Perugia, a Napoli e a Roma. Nel 1494
pubblicava a Venezia la sua opera principale “Summa de arithmetica,
geometria, proporzioni et proporzionalità” di grande importanza nella storia
della matematica. Nel 1496 scrisse il trattato “de Divina proporzione” al
quale vi appose 60 illustrazio0ni lo stesso Leonardo. Negli anni seguenti ha
inventato il primo libro mastro a doppia colonna di introito ed esito. Fu
amico di Leonardo, di Piero della Francesca e di tutti i grandi maestri del
suo tempo. E’ stimato uno dei massimi matematici di tutti i tempi. “La data
della sua morte può essere fissata tra l’aprile e l’ottobre del 1517”178
Tra gli storici si ricorda Pietro Ridolfi da Tossignano che scrisse
“Historia Ser. Religionis” nel 1586, dedicandola a Sisto V. E’ un libro serio
e ricco di notizie importanti per gli storici odierni.
Cornelio Musso, grande oratore e ottimo teologo, fu presidente del
Concilio di Trento dove fu definito “ braccio destro del Concilio”.
Antonio Trombetta da Padova, teologo e filosofo, resse con grande lode la
cattedra di Metafisica nella patria università e fu ministro della sua
provincia per molti anni.. Giulio II lo consacrò vescovo di Urbino nel 1511,
ma nel 1514 vi rinunziò e morì in Padova, presso la Basilica del Santo, nel
1518.
Bartolucci Salvatore, predicatore, filosofo e teologo scotista, nato in Assisi
nella prima metà del ‘500 e morto a Padova nel 1603. Fu professore di
metafisica in quella università per diversi anni. Chiamato al Concilio di
Trento come predicatore ai Padri conciliari, pronunciò un applaudito
discorso sul francescanesimo. Curò la ristampa di alcune opere di Scoto,
apportandovi contributi personali di chiarificazione, molto apprezzati.
Clemente della Rovere, frate quindi Vescovo di Mende in Francia nel
1483; Giulio II lo creò Cardinale nel 1503. Morì il 13 luglio 1504 a Roma.
Nel 1476 il teologo e scrittore francescano P. Marco Vigerio da Savona
era stato ordinato vescovo di Senigallia, dallo zio Sisto IV. Il 1 dicembre
1505, Giulio II lo creò Cardinale con il titolo di S. Maria in Trastevere e
vescovo di Palestrina. Morì il 18 luglio 1516 e fu sepolto in S. Maria in
Trastevere.
Costanzo Torri “Buttafuoco” da Sarzano, fu frate conventuale, laureato in
teologia, insegnò a Padova e Perugia, quindi alla Sapienza in Roma. Sisto V
lo creò Cardinale nel 1586. Fu vescovo di Vercelli (1587-89), sede che
178
T. R. Castiglione, Luca Pacioli e Leonardo Da Vinci (A proposito del Manoscritto
ginevrino “De Divina proporzione”) in M. F. 1954, 54 , p. 637- 650.
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rinunziò per dedicarsi pienamente agli impegni del Santo Uffizio, della
Congregazione dei Religiosi e della stamperia Vaticana. Morì piamente in
Roma il 31 dicembre 1595.
Felice Peretti, Creato cardinale nel 1570 da Pio V, era stato ottimo
predicatore e famoso teologo. Negli anni 1566-68 era stato Vicario generale
dell’Ordine. Nel 1585 fu eletto Papa all’unanimità dai cardinali del sacro
collegio e assunse il nome di Sisto V. E’ stato uno dei pontefici più grandi
che abbia avuto la Chiesa cattolica. Lo storico della Chiesa e dei Papi,
Pastor si rammarica perché la storia non gli abbia attribuito il titolo di
Grande. Fu energico ed impavido contro i briganti e le bande malefiche che
infestavano lo Stato pontificio. Realizzò opere grandiose in Roma.
Riorganizzò la curia Romana in 15 Congregazioni, con divisione di
competenze; portò il numero dei Cardinali a 70; ripristinò l’antico uso delle
“Visite ad limina”, con l’obbligo di relazione sullo stato della Diocesi;
pretese la residenza dei vescovi nelle diocesi, secondo il volere del Concilio
di Trento. Sotto l’aspetto politico-amministrativo dello Stato pontificio,
ridimensionò le pretese dei nobili, proibendo l’alienazione dei beni
ecclesiastici e ogni infeudazione; sconfisse il banditismo; riorganizzò il
servizio postale, imponendo una politica di forte risparmio. Costruì la
Biblioteca Vaticana e la tipografia Vaticana; fece innalzare grandi obelischi
nella città di Roma; fece costruire palazzi e strade: rese Roma una
metropoli. Riformò la liturgia secondo i dettami del Concilio; fu un
appassionato studioso di Sacra Scrittura e ne curò una nuova edizione. Morì
il 29 agosto 1590.
MUSICI DELL’ORDINE
Durante il secolo XVI c’era stato il Concilio di Trento che tra l’altro
rianimò le liturgie delle chiese e invitò i Musici a comporre Messe cantate e
musiche sacre per guidare le liturgie. L’Ordine francescano conventuale che
aveva avuto sempre il gusto e la predisposizione alle solennizzazioni delle
liturgie, impegnò i suoi organisti e compositori a svolgere il loro ruolo
conforme le disposizioni conciliari. Il più grande musico francescano del
secolo fu Costanzo Porta (1505-1601). Fu direttore e spesso fondatore e
rifondatore di Cappelle musicali in diverse città d’Italia. Fu direttore della
Cappella della Cattedrale di Osimo dal 1552 al 1564. Diresse la Cappella
del Santo a Padova nel 1565; in due periodi diresse la Metropolitana di
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La Storia del Francescanesimo
Ravenna 1567-74,1579-85. Fu alla Santa Casa di Loreto tra il 1575 e il 78;
ancora a Padova dal 1585 alla morte.
Ha composto moltissima musica sacra e profana; fu maestro del
contrappunto. Con il Palestrina promosse lo spirito della riforma del
concilio in campo musicale. E’ uno dei massimi esponenti della musica di
tutti i tempi. Le sue opere sono state pubblicate dal Messaggero di Padova in
25 volumi.
Altro musico ragguardevole del secolo fu Rufino Bartolucci di Assisi
(†1550), che diresse le Cappelle musicali di Assisi e di altre cattedrali e
chiese francescane ed ha lasciato tanta musica sacra nell’archivio del Sacro
Convento di cui una parte è stata pure pubblicata.
LA SANTITA’
Molti frati vissero con grande generosità la loro consacrazione al Signore
e accettarono maltrattamenti, persecuzioni ed esilio per amore di Dio,
soprattutto nelle zone dove governavano gli Spagnoli, i protestanti e i
maomettani. Ma si possono citare alcune persone che vissero in santità:
Girolamo Garibi nato a Nizza nel 1440, a vent’anni entrò tra i Conventuali.
Nel 1485 ricoprì l’incarico di guardiano del convento di Nizza. Subito dopo
fu chiamato a reggere il convento di Bologna e ricoprì anche l’incarico di
Custode, con saggezza e prudenza. Fu ottimo oratore e amante della vita
religiosa, povero e umile. Godette fama di santità già in vita. Dopo la morte
avvenuta nel 1504 fu venerato come beato dell’Ordine.
Taddeo da Osimo, uomo di grande spiritualità e attaccato alla povertà,
morì a Roma nel 1585 ed è venerabile dell’Ordine.
Antonio Brunel di Montpelier, fu martirizzato dagli ugonotti verso la fine
del secolo XVI ed è venerato quale Servo di Dio dalla Chiesa. A questi
possiamo aggiungere i beati dell’Ordine: Minio degli Ugurgeri da Siena
(1510), Francesco Gori Cervini da Montepulciano (1513), Rodolfo figlio di
Sigismondo imperatore di Germania (1507), Tommaso Corvi dalmata
(1514), Alessio di Beuthen di Glatz in Silesia (1528), ecc…
L’ORGANIZZAZIONE DEI CAPPUCCINI
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La Storia del Francescanesimo
Poiché il numero dei frati francescani di vita eremitica aumentava
celermente, le Costituzioni del 1529 di stampo camaldolese, chiedevano una
revisione di stile e di spirito più francescano.
Nel 1535, quando fu convocato il capitolo generale, i frati erano già 700 e
lavoravano in diverse regioni d’Italia. Il capitolo discusse nuove
Costituzioni, ma le promulgò solo nell’anno seguente179. Esse hanno
costituito la legislazione definitiva e, restando “sostanzialmente immutate,
hanno assicurato la vita dell’Ordine per ben quattro secoli”. Posto come
principio che si governa più guidati dallo Spirito che facendo osservare le
leggi, si dànno alcune precisazioni importanti: rinuncia alle esenzioni,
sottomissione a tutti i vescovi cattolici; osservanza del “testamento di S.
Francesco; si impone “la barba e il cappuccio piramidale” a tutti i frati.
Inoltre si ha la descrizione dei conventi con cellette molto piccole e umili
che saranno di proprietà dei benefattori ai quali bisognerà chiedere
l’autorizzazione per poterci vivere, ogni anno. Queste abitazioni dovevano
essere costruite con tecniche costruttive povere, con uso di materiale non
pregiato, ma deperibile; da queste descrizioni nacque “l’architettura
cappuccina” che il frate veneto Antonio da Pordenone (1581-1628), codificò
soprattutto nell’opera: “…In quanti modi si può edificare un monastero sia
chiesa… conforme all’uso della nostra religione”. Accanto ai conventi, posti
ad un miglio e mezzo dalle città o dai paesi, si richiedeva possibilmente, un
orto e un boschetto dove costruire cappelle e “cellette, remote de la comune
habitazione de’ frati”, dove si potevano ritirare gli amanti della preghiera e
della solitudine. Ai frati è proibito ascoltare le confessioni dei secolari senza
uno speciale permesso del vicario o del capitolo, ma è messa in evidenza la
vocazione missionaria dell’istituto.
La riforma Cappuccina, nata nelle Marche, aiutata dalle grandi protettrici
Caterina Cibo e la contessa di Pescara Vittoria Colonna, molto presto arrivò
a Roma, a Napoli, in Liguria, in Calabria e, con grande celerità, si spinse in
tutte le regioni d’Italia. Nel 1608, Paolo V dichiarava che i frati Cappuccini
erano “veri frati minori e figli di S. Francesco” e il 23 gennaio 1619, lo
stesso Pontefice, con la bolla “Alias felicis recordationis”, riconosceva
l’indipendenza dei Cappuccini dal generale dei Conventuali e quindi anche
il loro ministro generale doveva essere considerato “legittimo successore di
S. Francesco”180.
179
180
L. Iriarte, o. c. p. 267s; cfr Mariano D’Alatri, o. c. p. 24.
L. Iriarte., o. c., p. 275.
98
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DALL’OSSERVANZA ESCE LA RIFORMA
Come già accennato, nel Capitolo provinciale celebrato nel convento di S.
Bernardino in L’Aquila, il 26 dicembre 1518, alla presenza del Ministro
generale P. Francesco Licheto da Brescia, furono approvati degli Statuti o
Costituzioni molto rigide, “per riportare nella famiglia Osservante la
primitiva purità della regola”. Il Licheto non pensava che questi statuti
potessero portare ad una nuova divisione dell’Ordine, ma molto
verosimilmente credeva che si potesse riformare dall’interno tutto l’Istituto
Osservante.
Il 6 gennaio 1519, lo stesso Ministro generale, presiedendo il Capitolo
della Provincia Romana, presentò gli stessi Statuti che suscitarono
entusiasmo e alcuni frati chiesero di poterli vivere, ritirandosi nel convento
di Fontecolombo. Il generale accondiscese alla richiesta dei frati Stefano
da Molina e Bernardino da Asti che abbracciarono una vita di maggiore
povertà e penitenza. In pratica era sbocciata una nuova famiglia in seno
all’Osservanza!
Morto prematuramente il Ministro generale Licheto, fu eletto prima
vicario generale, e dalla Pentecoste del 1521 fu Ministro generale il P.
Paolo da Soncino che si mostrò severissimo contro tutti coloro che
aspiravano ad una “vita riformata più austera”.
Nel 1523, eletto Ministro generale Francesco de Angelis Quinones, che
proveniva dalla “recollezione” del P. Giovanni da Puebla, si mostrò aperto
verso i frati riformati ed invitò i provinciali ad essere molto comprensivi
verso coloro che volevano la riforma dell’Ordine. Dettò ad essi “delle
costituzioni e norme speciali”, sulla falsariga di quelle in vigore dei
riformati di Spagna; tra l’altro si diceva in esse che i frati “potevano recitare
l’ufficio in “medriocri tono”, si imponeva un silenzio perpetuo, era proibito
ricevere offerte di denaro per le messe e per qualsiasi altro motivo. Inoltre vi
erano elencati diversi digiuni ed esercizi penitenziali 181. Al Quinones
successe P. Paolo Pisotto che a causa delle sue infermità, “i suoi consiglieri
e collaboratori e collaboratori”, approfittando delle sue infermità,
commisero molti abusi e resero impossibile la vita dei frati riformati, fino al
punto che “molti abbandonarono l’Osservanza e passarono ai Cappuccini”.
181
R. Sbardella, Riformati francescani, in DIP, VII (1983) 1725-6; cfr Chappini A.,
Profili di storia francescana in Abruzzo dal sec. XIV al XVI, in BDASP, L’Aquila 1926.
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La Storia del Francescanesimo
Per porre un freno a questo esodo e un rimedio alle vessazioni contro i
Riformati, Stefano Molino, Bernardino da Asti, Francesco da Iesi e
Francesco Torniello esposero la questione a Clemente VII che, il 16
gennaio 1532 inviò loro la Bolla “In suprema militantis ecclesia” con cui
dava l’avvio giuridico alla nuova famiglia Riformata182.
In essa si ordinava ai Ministri generali e ai Provinciali dell’Osservanza di
assegnare ai frati Riformati, in ogni Provincia quattro o cinque conventi,
possibilmente lontano dai centri abitati. In seguito, se necessario, dare ad
essi anche altri.
Si permetteva ai frati Riformati di avere un loro stile di vita, diretta alla più
stretta osservanza: abiti poveri e rattoppati, piedi nudi e senza zoccoli. I frati
potevano eleggersi un custode provinciale con scadenza triennale.
I frati Riformati avevano voce attiva e passiva nei Capitoli
dell’Osservanza. Il Ministro provinciale aveva la facoltà di visitare i
Riformati e correggere i frati impenitenti, di esaminare i novizi che
sarebbero stati ricevuti nella Riforma. I Ministri generali e provinciali non
potevano collocare nei conventi della Riforma i frati senza il consenso dei
Riformati.
Nonostante le norme precise della Bolla, le cose non migliorarono molto e
gli Osservanti e i Riformati ebbero momenti di crisi. Dietro nuove
disposizioni apostoliche, furono affidati ai Riformati alcuni conventi
dell’Osservanza, con lento e progressivo sviluppo sino al pontificato di
Gregorio XIII (1572-1585), quando il Torniello chiese al Papa migliori
garanzie per i Riformati. Con la Bolla “Cum illius vicem” del 3 giugno
1579, il Papa dette una precisa distinzione tra Osservanti e Riformati. Tra
l’altro, decretò che le custodie erano esentate dalla soggezione all’autorità
provinciale e si concedeva ai capitoli custodiali l’autorità propria dei
ministri. Le Custodie erano stimate come Province. I provinciali Osservanti
erano obbligati a cedere i conventi che i Riformati richiedevano, purchè vi
avessero collocato non meno di dieci frati; i custodi e i guardiani della
Riforma avevano il diritto di prendere parte ai Capitoli dell’Osservanza, con
voce attiva. Con questa Bolla si stava ripetendo ciò che era successo dopo la
pubblicazione della Bolla di Eugenio IV, “Ut sacra ordinis minorum religio”
dell’11 gennaio 1446, con la quale si posero le premesse per la divisione
degli Osservanti dai Conventuali. Qui si apre la porta della scissione dei
Riformati dagli Osservanti.
182
Idem, o. c., 1726.
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La Storia del Francescanesimo
I Pontefici ebbero sempre un occhio di comprensione verso la Riforma :
Sisto V, nel 1585 concesse ai Riformati la facoltà di ricevere novizi;
Clemente VIII (1592-1605), li difese e li fece vivere in serenità, facendoli
progredire; Paolo V (1606-1621), confermò i privilegi dei precedenti
pontefici. Poiché le questioni e i motivi di dissidio tra gli Osservanti e i
Riformati non mancavano, Urbano VIII, che aveva grande stima per questi,
il 12 maggio 1639, con Motu proprio “Iniuncti nobis”, stabilì che le custodie
dei Riformati, con almeno 12 conventi, erano erette a Province, distinte da
quelle Osservanti, a fine di ristabilire la pace tra le due famiglie183.
Le provincie di nuova istituzione mantenevano la stesso denominazione
della Province Osservanti con l’aggiunta che erano Riformate. Avevano il
Procuratore generale che nei Capitoli, nelle congregazioni e nei definitori
generali seguiva il Procuratore generale e il Commissario generale
dell’Osservanza.
Con questo Motu proprio, nasceva ufficialmente e giuridicamente una
nuova famiglia francescana dal seno dell’Osservanza che “infiammata dallo
Spirito Santo, da vera figlia di Francesco, bramò osservare la regola in tutta
la sua purità”.
I CONVENTUALI NEL SECOLO XVII
I Conventuali avevano la coscienza che per servire bene la Chiesa
bisognava essere persone culturalmente preparate e spiritualmente aperte
alla grazia. “La preparazione culturale non è stata soltanto una spinta
all’azione, ma forse la prima delle occupazioni al servizio della Chiesa”.
Dal pontificato di Sisto V in poi, questi frati sono stati sempre Consultori
ufficiali del Santo Ufficio e della Congregazione dei Riti. Lo stesso
Pontefice, nel 1587 fondò per essi il Collegio S. Bonaventura in Roma. Il
grande generale Giacomo Montanari nel 1619 riorganizzò gli studi,
ristrutturando la “Reformatio studiorum” dell’Ordine nel quale c’erano tre
tipi di scuola: i seminari, i ginnasi e i collegi. Gli alunni erano classificati in
iniziati se erano approvati nel corso di logica; studenti se erano approvati nei
corsi di fisica e metafisica; baccalaureati se erano approvati nei corsi di
sentenze e canoni; maestri se, terminati gli studi in un collegio e difese le
tesi pubbliche, erano dichiarati tali dai Ministri generali.
183
Idem, 1734
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La Storia del Francescanesimo
Furono riviste le costituzioni dell’Ordine e approvate definitivamente nel
1628, passando alla storia come Costituzioni urbaniane perché approvate da
Urbano VIII. In esse si davano disposizioni molto serie sulla povertà e la
vita dei frati. Per ciò che si riferiva agli studi, si diceva: “Raccomandiamo
fermamente e ordiniamo che i nostri religiosi, dandosi allo studio, quanto
più possono procurino e si sforzino con ogni impegno di pubblicare opere
che servano alla maggior gloria di Dio, all’esaltazione della Chiesa e onore
del nostro Ordine”(c. V, tit. 7).
I Ministri generali del secolo, tutti di grande spessore culturale e molti
anche di santa vita come il Ven. Filippo Gesualdi (1593-1602), il Ven.
Giacomo Montanari (1612-23), Giovanni Battista Berardicelli (1632-47),
ecc…, fecero la visita a tutte le province dell’Ordine per ristabilire la esatta
disciplina e l’osservanza della regola nel modo più aderente possibile allo
spirito di S. Francesco.
Si ha una grande ripresa degli studi teologici e filosofici bonaventurianoscotistici con Angelo Volpe, che fu anche un grande difensore del dogma
dell’Immacolata Concezione della Vergine Maria, Bonaventura Belluti,
Bartolomeo Mastrio che fu definito il “principe degli scotisti”; fu alunno di
P. Giuseppe da Trapani negli anni 1623-25 nello studio di S. Lorenzo a
Napoli dove questi era promotore della teoria dei “decreti concomitanti”
nella questione della libertà e della grazia, fondandosi sempre più sulla
dottrina di Scoto. Il Mastrio, consacrato sacerdote, fu reggente degli studi di
Cesena, Perugia, Padova e grande quaresimalista in diverse città d’Italia.
Con Belluti scrisse l’opera “Philosophiae ad mentem Scoti cursus integer”,
in cinque volumi. Morì a Meldola, in Romagna nel 1673.
Al Montanari si deve la rinascita delle missioni in Oriente dopo la nascita
di Propaganda fide (1622). Nel Capitolo generale del 1635, nel quale fu
eletto Ministro Berardicelli, le prime decisioni “furono quelle riguardanti le
nostre missioni. Il Capitolo, dopo aver raccomandato che in Oriente e nelle
isole della Grecia non si mandassero se non i più capaci e meglio preparati e
che nella Provincia della Dalmazia si ricevessero -non solum Illyrici, sed
Albani, Macedone set alii ax finitimis regionibus-, ordinava:- In Provinciis
similiter Russiate et Lituaniae, Hungariae, et Germaniae et his contermine
recipiantur ad religionem adolescentes paribus ingenii et indolis ornati
dotibus, sive sine nativi sive sive ex vicinis regionibus, etiam Moscovitae et
Circassi, in propriisque earum Provinciarum vel proximarum Novitiatibus
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P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
et Gymnasiis erudiantur et instituantur….” 184. I primi missionari
Conventuali, dopo la nascita di “Propaganda Fidae”, partirono già nel 1623
e, nell’articolo del Morariu troviamo decine di missionari italiani ed europei
in Russia e Lituania, in Transilvania, Moldavia e Valacchia, in Ungheria, in
Slesia, nella Provincia d’Argentina, nella Provincia di Liegi e in Austria, nei
regni di Scozia e Inghilterra, nelle Isole di Zante, Cefalonia e Corfù, in
Mesopotamia, ecc…185 . Nacquero soprattutto i Collegi Missionari in seno
all’Ordine: ad Assisi era già nato dal 1612; nello studio di S. Bonaventura e
a Malta abbiamo i collegi missionari nel 1618; a Cracovia nel 1622 e a
Leopoli nel 1628, anno nel quale furono pubblicate le nuove “Costituzioni
Urbaniane”, per le quali, molto si era impegnato il generale Montanari e ora
si richiedeva un nuovo energico sforzo dai Ministri per farle conoscere ed
amare da tutti i frati. Per questa nobile attività offrì il suo contributo anche il
P. Silvetro Bartolucci che nel 1615 pubblicò un manuale di formazione e
interpretazione della Regola dal titolo “Minoritica Fratrum Minorum
Conventualium”186. Sin dal 1517 l’incarico di Ministro generale aveva la
durata di 6 anni e il provinciale di 3 anni.
Il Concilio di Trento aveva dato una nuova spinta apostolica anche agli
istituti religiosi, e nel nostro Ordine si ebbe una rinnovata attività apostolica.
Tra le nuove Province che nacquero, vanno ricordate “S. Rocco in Francia
(1625), Stiria e Carinzia in Austria, Lituania nel Baltico nel (1683). Furono
riaperte e rinvigorite le missioni di Cefalù (1627), di Russia”, che avvenne
con il breve apostolico “Cum sicut nobis” del pontefice Urbano VIII del 13
ottobre 1624. Dopo diverse tergiversazioni e chiarificazioni in seno alla
provincia madre, nel 1686 si giunse alla erezione anche della provincia di
Lituania. Anche Zante, Corfù (1640), Mesopotamia (1641), furono
incentivate e rese province. Ci fu il tentativo “del Congo (c.1659)”, la
delegazione dell’arcivescovo Francesco Antonio Frascella da S. Felice 187,
184
B. Morariu, Le Missioni dei frati minori conventuali nella prima metà del sec. XVII (
da un documento ufficiale inedito a. 1657), in M. F., 46, fas. I-IV, pp. 294s.
185
Idem, o. c., pp. 294-314.
186
G. Odoardi, I frati minori… o. c., p. 130
187
P. Francesco Antonio Frascella fu alunno del Collegio S. Bonaventura; “nel 1631
andò missionario a Costantinopoli, poi in Valacchia e Moldavia. Nel 1636 fu fatto
Provinciale di Transilvania e l’anno seguente fu chiamato a Roma segretamente; fu
consacrato arcivescovo di Mira il 30 novembre 1637 e poi nominato e inviato come
Amministratore Apostolico nel Giappone, per salvale quella cristianità e per liberare quella
Chiesa dal patronato regio. Dopo un lungo viaggio per terra pieno di difficoltà e peripezie,
103
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La Storia del Francescanesimo
inviato dalla Santa Sede come Amministratore Apostolico in Giappone,
trovava le porte chiuse, ma fermatosi nelle Indie portoghesi a Goa (163753), evangelizzò e fondò diverse stazioni cattoliche fino a Ceylon, “mentre
per il Medio Oriente, a Costantinopoli, per tutto il secolo, Propaganda fide
inviava vicari patriarcali conventuali”188 .
Glorie dell'Ordine durante il secolo: L'Ordine ebbe due cardinali: Felice
Centini da Ascoli Piceno, creato cardinale da Paolo V nel 1611, dopo aver
espletato il compito di Procuratore generale dell'Ordine. Partecipò al
processo contro Galilei nel 1633.Morì a Macerata nel 1641, amareggiato per
l'esecuzione del nipote Giacinto Centini, accusato di voler la morte del Papa
Urbano VIII per mezzo di negromanzia, e fu sepolto nella nostra chiesa di S.
Francesco. Oggi le sue ossa si trovano nella Cattedrale della città.
Lorenzo Brancati da Lauria, uomo dottissimo, insegnò teologia e
filosofia in vari studi dell’Ordine, alla Sapienza di Roma, dove fu anche
consultore del S. Ufficio, prefetto del collegio di Propaganda Fide e della
Biblioteca Vaticana. Innocenzo XI lo creò cardinale nel 1681. Mecenate e
affezionatissimo all’ordine, restaurò la Basilica dei SS. XII Apostoli. Tra gli
innumerevoli scritti va ricordato “Commentaria in III et IV librum
sententiarum Ioannis Duns Scoti”, in otto volumi, “dove le dissertazioni
sulle grazie gratis datae, sui miracoli e specialmente sulla virtù eroica
rendono ancora utile servizio nelle cause di beatificazione” 189. Morì ai SS.
Apostoli nel 1693.
Angelo Petricca da Sonnino, dottore in teologia, fu inviato quale vicario
patriarcale di Costantinopoli e prefetto apostolico di Moldavia e Valacchia
il 30 gennaio 1638 dove “ottenne la conversione della città di Campalung
all’obbedienza al Papa; combattè decisamente l’unione tra Greci e Calvinisti
promossa dal Patriarca scismatico Cirillo Lucari, e riuscì a condurre
all’unione con Roma il successore di questi, Cirillo Vera (1638)” 190 . Morì
il 10 dicembre 1673 a Roma.
arrivò a Goa nelle Indie il 24 ottobre 1640. Non potendo entrare nel Giappone a causa delle
atroci persecuzioni ed avendo i Giapponesi chiuso tutte le porte agli Europei, si fermò a
Goa dove sviluppò un profondo apostolato, convertì un Re indiano,Vigiapala, dell’isola di
Ceylon e lo battezzò. Si fermò a Goa fino alla primavera del 1653, quando fece ritorno in
Europa, quando fece ritorno in Europa. Arrivato a Parigi, per cause sconosciute cessò di
vivsr lo stesso anno”. B. Morariu, o. c., p. 307, nota 41.
188
G. Odoardi, I Frati Minori, o. c., p. 131
189
C. Testore, Lorenzo Brancati in E.C., III, 23.
190
G. Edoardo, in E. C., IX, 1300; cfr Morariu, o. c., p. 299, n. 11.
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P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
I FRATI MORTI IN CONCETTO DI SANTITA’
Scrive giustamente Iriarte: “Se le province conventuali offrivano un
clima propizio al fiorire delle più alte virtù claustrali, non lo offrivano di
meno per la formazione di grandi personalità: Buona prova ne è il fatto che i
due papi francescani dell’età moderna erano conventuali: Sisto V e
Clemente XIV”191 .
Durante questo secolo ci furono molti frati che vissero la regola nella sua
integrità, servirono con discrezione e gioia la Chiesa con la loro intelligenza
e col cuore dei figli devoti ed ebbero il coraggio di offrire la vita per il
Signore, testimoniando la loro fedeltà a Cristo e l’attaccamento alla Chiesa e
a Francesco.
Ricordiamo soltanto alcuni: Francesco Zirani 192 da Sassari ucciso in
Algeri il l-1-1603. Si offriva ai pirati per liberare i prigionieri. Ven. Filippo
Gesualdi da Castrovillari, generale dell'Ordine, uomo di santa vita.
Ven. Girolamo Pallantieri da Castelbolognese, uomo di grande cultura e
santità; morì vescovo santo. Ven. Illuminato Rosengardt morì giovanissimo
nel 1632 e fu definito il Giovanni Bergmans della famiglia francescana.
Ven. Bartolomeo Agricola, tedesco, convertito dal protestantesimo, visse
diversi anni a Tagliacozzo, poi andò nelle Puglie e a Napoli dove assistette
gli incurabili. Fu l’uomo della gioia: andava in giro portando la croce e la
tromba. Essendo buon musicista, dilettava le persone al suono della tromba,
quindi parlava ad esse sulla passione del Signore. Morì santamente nel 1621
ed è sepolto nella basilica di S. Lorenzo a Napoli.
Ven. Giorgio Galan parroco in Moldavia. Morì martire nel 1651. Ven.
Francesco Gessi da Borghetto, uomo santo, morì nel 1673. Ven. Domenico
Girardelli da Muro Lucano morto nel 1683.
Su tutti svetta Giuseppe Desi da Copertino, il Santo dei voli, dopo una
vita difficile, ma ricca di amore, di gioia e di estasi, tramite le quali poteva
191
L. Iriarte, o.c., p.257.
G. Simbula, P. Francesco Zirano 400° anniversario della morte (Lettera ai frati, ai
gruppi ecclesiali e ai fedeli delle nostre chiese, Orestano 2003, pp. 12-29..
192
105
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
colloquiare direttamente con il Signore, morì in Osimo nel 1663193 . E’ una
delle anime mistiche più eccelse della Chiesa cattolica di tutti i tempi.
LA SOPPRESSIONE INNOCENZIANA
Nella sessione XXV del Concilio di Trento si era parlato della riforma
degli ordini religiosi, partendo da nuove basi giuridiche, soprattutto per
l’ammissione dei candidati, per la formazione dei novizi, per gli studi, per la
clausura, ecc. Il Concilio invitò i superiori maggiori a vigilare sulla più
stretta osservanza delle regole e dei consigli evangelici. I Pontefici del postconcilio richiamarono ripetute volte i superiori affinché visitassero tutte le
comunità e riformassero quelle fraternità dove si notavano discrepanze tra
vangelo e vita, tra regole e comportamenti pratici dei religiosi. I richiami dei
pontefici Clemente VIII, Gregorio XV, Paolo V e Urbano VIII stavano
producendo effetti positivi in tutti gli ordini religiosi, però chi agì in forma
energica e spropositata fu Innocenzo X. Questi era grande giurista, ma poco
dedito alla vita spirituale, quindi identificò la vita religiosa con la “perfetta
osservanza” o “ regolare disciplina”. Per lui, era buon religioso colui che
“adempiva gli atti comuni”; il resto non interessava. Tale mentalità fu a
detrimento dello spirito evangelico che invita il religioso a conformarsi a
Cristo.
Innocenzo X, misurando uomini e cose con il metro giuridico, non fu
strumento di riforma della vita consacrata, né padre restauratore delle
beatitudini evangeliche tra i religiosi, ma spinto da alcuni, bramosi di
spogliare i monasteri per arricchire se stessi e i propri amici, finì, forse
senza volerlo, con l'affossare gli istituti di vita consacrata, disgustare i
religiosi e incrementare l’ingordigia di molti sempre pronti a bearsi sulle
sciagure altrui. Spinto dal card. Fagnani, nel marzo del 1649, istituì la
“Congregazione sullo stato dei religiosi” che si riuniva mensilmente a porte
chiuse, per discutere sul modo come portare avanti la riforma degli istituti
religiosi; però quello che si diceva in Congregazione trapelava anche fuori.
Si cominciò a sussurrare che la Congregazione stesse discutendo sui piccoli
conventi nei quali non sarebbe stata possibile la vita regolare voluta dalla
legislazione ecclesiastica; che i religiosi erano a discapito del clero secolare
193
G. Parisciani, S. Giuseppe da Copertino, Osimo 1993, 9-92; cfr B. Popolizio , Vita di
S. Giuseppe da Copertino, Copertino 1979; B. Popolizio, Il Santo che volava, Bari 1955.
106
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
e che sarebbe stato un bene sopprimere alcuni ordini e conventi, e con i loro
beni aiutare i seminari diocesani e le prelature ecclesiastiche.
Si vociferava che qualche governo avrebbe sostenuto la soppressione dei
religiosi per avere più soldati a sua disposizione. Non ultimo,
ridimensionate le famiglie religiose, si potevano incrementare le parrocchie,
i parroci, i canonicati e i benefici per il clero secolare.
Intanto fu apprestata la costituzione apostolica “Inter caetera” che fu
pubblicata il 17 dicembre 1649, con la quale “si imponeva a tutti i superiori
generali, provinciali e locali di ogni ordine mendicante e di qualsiasi altra
congregazione religiosa l'invio di una relazione descrivente lo stato
patrimoniale dei conventi e monasteri loro soggetti per accertarne la reale
consistenza e giudicare se veramente in base al reddito e alle elemosine
usuali era possibile mantenervi il numero dei religiosi stimato necessario per
il culto divino e per l'osservanza regolare propria di ciascuno Istituto”. Si era
partiti con idee riformistiche contro il rilassamento morale e spirituale degli
Istituti e si era finito nel piano prettamente economico!
Dalle domande che si ponevano ai redattori delle relazioni non si
nominava mai l'aspetto spirituale o l'osservanza delle regole, ma era tutto
imperniato sul fattore economico.
Decretato che la comunità regolare è formata da dodici religiosi, tutti i
conventi con un numero inferiore di frati erano ritenuti “luoghi di non
perfetta osservanza”. Durante i mesi assegnati per redigere e consegnare le
relazioni e nei mesi riservati per esaminarle da parte della Congregazione, si
proibì agli ordini mendicanti di accogliere nuovi novizi e di far emettere la
professione a quelli che si trovavano nel noviziato.
In base alle relazioni, la Congregazione aveva catalogato i conventi in tre
classi. Facevano parte della prima classe le comunità composte da almeno
dodici religiosi. Erano di seconda classe le comunità che avevano da sei a
undici religiosi. Si ritenevano di terza classe le comunità con meno di sei
frati.
Stabilito come principio che i piccoli conventi, non potendo accogliere
dodici frati, erano luoghi incapaci di riforma quindi rilassati, non perché vi
fossero vizi e pubblici peccati nelle persone, ma "ex natura loci", fu deciso
che fossero chiusi.
Il 15 ottobre 1652 con la pubblicazione della bolla "Instaurandae
regularis disciplinae" si davano precise indicazioni sulla soppressione dei
conventi ed i superiori generali degli ordini mendicanti ebbero una reazione
107
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
nei confronti della bolla ed espressero le loro posizioni molto critiche verso
la S. Sede, terminando la loro nota comune con queste brucianti parole:
“Essendo più che certo che se o il luogo o il numero concorressero alla
bontà della vita et osservanza del loro debito ne' regolari, né gli angeli si
sarebbero ribellati, né Giuda avrebbe tradito e finalmente più che vero il
detto di Seneca che nulla res est tam sancta quae suum non habet
sacrilegium”.
Molti religiosi espulsi dai conventini soppressi, non trovando accoglienza
nei grandi conventi sovraccarichi di frati, furono costretti a menare vita
randagia, con grande sofferenza morale dei singoli e degli interi istituti.
Vero motivo della soppressione, mai chiaramente detto, fu quello di ridurre i
religiosi e quello di fiaccare la loro presenza attiva e necessaria nel campo
dell'apostolato. In effetti, tale soppressione non migliorò la vita dei frati, ma
impose agli istituti di accogliere un numero sempre più limitato di novizi e
proibì l'apertura di nuove case religiose.
I piccoli conventi avevano un ruolo determinante in seno agli ordini
religiosi: essi erano vantaggiosi per gli abitanti dei villaggi e dei piccoli
paesi essendo gli unici luoghi di culto e l’unica voce per quelle popolazioni.
Una volta soppressi questi serbatoi di spiritualità, si sarebbero affossati
ancora di più i poveri abitanti. I piccoli conventi erano utili come luoghi di
ritiri spirituali per i religiosi più fervorosi; inoltre, questi romitori erano
necessari ai frati che viaggiavano, altrimenti avrebbero dovuto fermarsi nei
luoghi pubblici (alberghi, osterie e case private), sempre moralmente molto
pericolosi per i religiosi.
I superiori maggiori, con un documento unitario, inviato alla
Congregazione, spiegarono l'importanza che avevano i conventini in quanto
“unici centri di culto nei villaggi e nei paesi”, come luoghi “utilissimi per la
cura delle anime e in particolare per la confessione dei fedeli”, avamposti
“contro le eresie” ecc. Non furono ascoltati.
Il 15 ottobre 1652 fu pubblicata la bolla “lnstaurandae regularis
disciplinae” con la quale si imponeva ai superiori, “entro il limite massimo
di sei mesi dal momento in cui si riceveva l'elenco dei conventi da
sopprimere”, di mettere in esecuzione le decisioni della Congregazione,
approvate dal Papa. Concludeva la bolla che qualora gli ordini religiosi
avessero voluto fondare nuovi conventi, era “necessario ottenere il permesso
speciale dalla S. Sede”.
108
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
I beni dei conventi soppressi furono incamerati dai Vescovi per il
sostentamento dei seminari e per incrementare le prebende.
La chiusura dei conventini creò malcontento generale non solo tra i
religiosi, ma soprattutto nella popolazione che amava i frati ed era
beneficata da questi, tanto che subito molti signorotti, responsabili civili e
diversi religiosi si impegnarono, o direttamente, o tramite i procuratori
generali degli ordini, a far richiesta alla Santa Sede per l'immediata
riapertura dei conventi. Anche alcuni Vescovi, sensibili all'utilità pastorale e
spirituale dei religiosi nelle loro diocesi, supplicarono il papa per la
riapertura dei conventini nelle loro diocesi.
Le motivazioni di tali riaperture si riassumevano in tre categorie: la
situazione economica dei conventini era più che florida; i religiosi erano più
che utili ai fedeli; ed infine, il fatto che il convento era l'unico centro
spirituale e culturale della zona.
La S. Sede non poté chiudere gli occhi davanti a tante richieste e
suppliche che salivano dal popolo e il 10 febbraio 1654 emanava il Decreto
“Ut in parvis” con il quale riesaminava la precedente decisione. Con questo
documento si stabiliva che i conventini nei quali vivevano almeno sei
religiosi non andavano soppressi e quelli che lo erano stati potevano essere
riaperti; essi sarebbero rimasti sotto la giurisdizione e la correzione
dell'ordinario del luogo fin quando non raggiungevano il numero di dodici
religiosi194.
CONTENUTO DELLE
CONGREGAZIONE
RELAZIONI
DA
INVIARE
ALLA
La commissione cardinalizia che stese il Breve Apostolico " Inter
caeteras", chiese ai superiori degli ordini mendicanti le relazioni di tutti i
conventi che dovevano essere presentate alla Congregazione entro quattro
mesi.
Le relazioni non dovevano trattare l'aspetto morale o disciplinare dei
membri delle comunità ma dovevano essere “unicamente e solo dettate per
avere informazioni di natura strettamente economica (entrate, uscite del
bilancio conventuale, censi, enfiteusi, benefici, ecc.)”.
194
E. Boaga, La soppressione innocenziana dei piccoli comventi in Italia, Roma 1971
pp. 20-30ss. cfr E. Boaga , La soppressione innocenziana, in DIP VIII (1988), 1815. G.
Odoardi , in Frati Minori Conventuali, pp. 131-133
109
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
La stragrande maggioranza dei conventi, grandi e piccoli, godevano
buona fama ed erano ritenuti dalla popolazione “luoghi di vita santa e di
regolare osservanza”.
Fu proprio questa grande stima che godevano i mendicanti che spinse la
Congregazione a redigere una “formula” della relazione da compilare.
La “formula” prevedeva due parti: nella prima parte della relazione si
chiedeva, dopo l'indicazione del titolo e della località dove si trovava il
convento, un sommario della storia dell’edificio e quando era diventata sede
della comunità religiosa; quindi occorreva una descrizione accurata dei
locali conventuali e della chiesa annessa, con l'esatta composizione della
comunità.
Dopo questa parte importante sotto l'aspetto storico si passava alla
seconda parte prettamente economica.
In questa seconda parte si richiedeva l’enumerazione esatta dei
possedimenti dei terreni, delle masserie, dei censi ed enfiteusi, degli animali
e case che possedeva il convento, ecc.
Per ultimo si imponeva la descrizione degli obblighi delle messe perpetue
e manuali oltre ai legati, ecc.
Le relazioni dovevano terminare con il giuramento del superiore e di due
frati della comunità a ciò incaricati, sulla veridicità delle cose dette.
I frati minori conventuali d’Italia, su 907 conventi che avevano sul
territorio, furono costretti a chiuderne bel 457; fu una vera grandine a ciel
sereno che mise a dura prova l’Ordine. Dopo lamentele e richieste del
popolo, dei vescovi, dei Signori locali e del Procuratore dell’Ordine, con la
pubblicazione del decreto “ Ut in parvis”, potettero essere riaperti 215
conventi, anche se sotto la giurisdizione dei vescovi, mentre 242 furono
chiusi per sempre.
Dal Righini si apprende che l’Ordine dei conventuali, nel 1654, quindi
dopo la soppressione, “conservava in Italia e isole 15 province e 665
conventi; dalle statistiche più generali del Franchini risulta che, nel 1682,
tutto l’Ordine contava 31 province, 2 missioni, 950 conventi, 15.000
religiosi”195.
195
F. A., Righini, Tabulae topographicae omnium provinciarum, etc…, Pars Prima
1771, p. 30.
110
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
CONSEGUENZE DELLA SOPPRESSIONE INNOCENZIANA
Gli effetti della soppressione si fecero sentire potentemente in tutti gli
istituti religiosi perché tramite le disposizioni rigide emanate dalla Santa
Sede, erano costretti a monacizzarsi. Con tali disposizioni si rendeva
difficile l’apertura di nuove case; era resa complicata anche l’accettazione di
nuove vocazioni religiose in quanto c’era un limite ben preciso per ogni
istituto; i conventi ridondavano di frati che, a volte, non sapevano cosa fare.
Il numero esorbitante di frati incrementò la solennità delle liturgie e alla
recita dell’ufficio divino con maggior calma e serenità. I superiori
vigilarono con cura affinché i frati non si dessero all’ozio e alla
mormorazione. Durante questo periodo, più che negli altri, troviamo grandi
musicisti, ottimi liturgisti e valenti predicatori. In quasi tutte le chiese
conventuali troviamo dei meravigliosi organi che allietano le liturgie.
Oltre alla soppressione innocenziana, il secolo XVII presentò diverse
crisi agli ordini religiosi e alla Chiesa. Al nostro Ordine fu presa dai turchi
la chiesa di S. Francesco in Costantinopoli e fu trasformata in moschea
(1697). Si ebbero diverse difficoltà in Francia dove si ebbero lotte religiose
provocate dagli ugonotti ed anche dai gallicani.
Diversi frati furono uccisi dagli ugonotti e da altri eretici in diverse
regioni d’Europa: Antonio Venzercki, Casimiro Baczniescki, Barionio di
Monterotondo, frate Angelo da Breda, uccisi per la fede; fra Francesco
Grabia, polacco, Parroco e martire (1690); Costantino Kublowirth della
Carinzia, ucciso dai turchi (1683); fra Francesco Stolz ungherese, ucciso
nel 1681; P. Ladislao Leoni, ungherese, martirizzato nel 1673; fra Stefano
Iglòi martirizzato dai calvinisti a Rad il 6 novembre 1636.
SECOLO XVIII
Il secolo XVII era stato di accomodamento alle decisioni del Concilio di
Trento, quindi lo si era sopportato più che amato; lo si era vissuto come una
imposizione oppressiva, più che come verità liberante. Dovunque si era
cercato di inculcare i principi dell'obbedienza al Papa, ma senza spiegarla e
farla amare.
111
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
Nel secolo seguente si ha una spudorata ripulsa di ogni valore morale e
spirituale, incarnando e vivendo in uno stato di naturalismo e il
razionalismo.
Il protestantesimo, respinto nel mondo latino, vi penetra subdolamente,
sotto forma diversa; la filosofia illuministica entra in ogni ceto di persone
“colte”; il giansenismo si fa strada sotto forma di pietà; il giurisdizionalismo
in campo politico diventa un diritto dei Signori del potere; la massoneria è
regola di vita per coloro che aspiravano a farsi dichiarare persone libere.
Tutto era rivolto contro il cristianesimo, contro gli ecclesiastici e in ultima
analisi contro il Papa.
Gli Ordini religiosi che, pur litigando tra loro, erano sempre pronti a
difendere il Papa, furono il primo bersaglio dei governanti e lentamente, ma
inesorabilmente, furono schiacciati da questi; alla fine saranno spazzati via
anch'essi dalla rivoluzione francese.
Tutti gli istituti religiosi furono segregati da Roma con il pretesto che
dovevano dipendere non dal generale dell’Istituto, ma dal vescovo
diocesano; così stabilivano i governi giurisdizionalisti. Anche i francescani
furono segregati da Roma con la scusa che gli istituti religiosi dovevano
dipendere dal vescovo e non dal Generale. In pratica questa disposizione
dimostrava che c’era una lotta sorda, subdola e ipocrita contro il Papa, e i
religiosi erano coloro che difendevano apertamente i diritti del Romano
Pontefice.
I CONVENTUALI DURANTE IL SECOLO
Per i Conventuali, il secolo si apriva con la nobile figura del generale
Vincenzo Coronelli scrittore, geografo, cartografo, costruttore di globi e
idraulico. Fu uno degli ultimi grandi spiriti enciclopedici e uomo di primati,
con l'accademia degli Argonauti (1684) che è la più antica società
geografica del mondo; l'Atlante veneto in 13 volumi nel 1690-08; la
Biblioteca universale con i primi 7 volumi (1701-09), che è la prima
enciclopedia in ordine alfabetico e in lingua moderna. Fu eletto Generale nel
1701 e subito inviò una lettera pastorale ai frati, quindi pubblicò il Manuale
della Regola (1701); nel 1702 furono ripubblicate le costituzioni urbane. Fu
zelante nel richiamare i frati all'osservanza, ma l’invidia e la gelosia di
112
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
molti, ben presto lo costrinsero a dimettersi, anche se conservò il titolo di
Ministro generale fino al 1707196.
Fu questo un secolo di grande splendore scientifico per l’Ordine,
soprattutto per merito di Sebastiano Dupasquier (1720), autore di una
“Summa philisophiae scolasticae” in otto volumi, edita più volte e “Della
sufficienza dell’attribuzione nel sacramento della penitenza”; Felice
Antonio Mattei da Pisa (1764), scrisse “Sardinia sacra, seu de episcopis
sardis historia nunc primum confecta”; Giuseppe Platina, valente teologo e
oratore, insegnò a Padova e a Bologna e scrisse: “Praeclares theologicae,
partes duae. L’arte oratoria. Gli stati oratori. Dell’eloquenza spettante alle
figure delle parole. Del movimento degli affetti; ecc…”.
Al rinnovamento degli studi, lungo il secolo, collaborarono soprattutto i
generali Borghesi (1713-19), Baldrati (1725-31), Costanzo (1753-59).
I generali Carlucci e Calvi pensarono alle missioni. Carlucci ricostruì il
collegio missionario di Assisi (1709).
Il Calvi trasferì il collegio missionario a Roma nel 1748 e creò il
procuratore delle missioni e il primo fu Lorenzo Ganganelli (1747-59).
Furono costituite nuove province: Torino (1726), Cracovia (1732), Slesia
(1754).
LE PROVINCE DI FRANCIA
In Francia i Conventuali nel secolo XVI restarono con due Province: La
Provenza, La Borgogna. Nel 1625 fu aperta la Provincia di S.Rocco; mentre
le altre 3 province erano passate agli Osservanti: Francia Parigina,
Aquitania-Borgogna e Turenne.
Nel 1767 le 3 Province dei Conventuali erano formate da 53 conventi con
320 sacerdoti e 120 fratelli.
Nel 1770 accadde un fatto eccezionale: le 11 Province Osservanti di cui
3 erano ex Conventuali, chiesero di unirsi ai frati minori conventuali. I
rappresentanti degli Osservanti e dei Conventuali si riunirono più volte nella
“magna domus parisiensis”, e il 28 settembre 1770 sottoscrissero un
“concordato” con il quale vollero formare un solo Ordine e una sola
famiglia.
196
I. Gatti, P. Vincenzo Coronelli dei Frati Minori Conventuali negli anni del suo
generalato (1701-1707), Roma 1976. E’ un tomo che svela tutte le congiure e i tranelli dei
prepotenti e la serietà del protagonista; cfr AA.VV. Coronelli religioso, scrittore, geografo,
cartografo, costruttore di globi, idraulico, in MF 51 1951) 63-558.
113
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
Il Capitolo Generale celebrato a Roma nel 1771, dove fu eletto Ministro
Luigi Marzoni, fu accolta la proposta e furono vestiti dell'abito Conventuale
i primi ex frati osservanti che si erano recati in capitolo.
Dopo l’unione, gli Osservanti scomparvero e le province furono ridotte
da 11 ad 8 dietro i suggerimenti del Papa Clemente XIV che inviò ai frati un
breve dal titolo “Sacram minorum familiam” (9-8-1771); i Conventuali
ebbero 344 conventi con 2620 frati197.
Nel secolo XVIII i Conventuali contavano in tutto l'Ordine 40 Province,
2 Missioni, 1257 conventi con 25.000 frati, una primavera non solo per il
numero, ma anche per la qualità dei religiosi. Alcuni frati illustri per
dottrina: Casimiro Biernacki di Calicz in Polonia, fu ordinato sacerdote a
Perugia, quindi maestro a Praga, fiorì come professore a Kalicz e a
Cracovia. Stampò il libro “Speculum Minorum ect. Propugnaculum
antiquitatis Ordinis ect.”. Morì nel 1700. Vincenzo Coronelli di Venezia che
si distinse soprattutto per gli studi della Geografia. Fu geografo della
Repubblica Veneta. Morì nel 1718. Giuseppe Platina da Savigliano, valente
teologo e ottimo oratore, insegnò nelle università di Bologna e di Padova.
Morì nel 1743 a Bologna. Il B. Antonio Lucci, reggente del collegio di S.
Bonaventura dal 1719 al 1729, anno nel quale fu consacrato vescovo di
Bovino nelle Puglie. Tra l'altro scrisse l'opera “Ragioni storiche da umiliarsi
alla Sacra Congregazione dei Riti, colle quali dimostrasi tutti i Santi e Beati
de’ primi due secoli francescani appartenere a’ soli padri conventuali”.
Bernardino Pianzola da Domodossola, per 12 anni zelante e dotto
missionario e prefetto delle nostre missioni in Oriente. Ha scritto
moltissimo; tra le altre opere ha “Manualis Bibliotheca adversus omnes
infidelium sectas”. “Ristretto della dottrina cristiana”.(Stampato in turcoarmeno, in greco e in italiano).
CLEMENTE XIV
Lorenzo Ganganelli di S. Arcangelo di Romagna, frate francescano
conventuale e sacerdote, si laureò a Roma sotto la guida di Antonio Lucci di
cui conserverà sempre grata memoria. Per un decennio insegnò filosofia e
teologia in alcuni studi dell’Ordine come Ascoli, Bologna, Milano e di
nuovo a Bologna. Nel 1740 ritornò a Roma come “reggente del Collegio S.
Bonaventura”e vi restò quasi per un ventennio; nel 1746 Benedetto XIV lo
197
G. Odoardi, in Frati Minori…, p. 136; Cfr I. Gatti, I Frati Minori Conventuali
deportati a Rochefort 1793-1785, Padova !995, pp. 7-9.
114
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
nominò consultore del Santo Uffizio. Fu eletto Ministro generale dell'Ordine
due volte: nel 1753 e nel 1759, ma seppe rinunziare all’elezione. Nel 1759
Clemente XIII lo creò cardinale. Di carattere gioviale e faceto, era
accomodante e mai estremista nell'accettare le situazioni. Nel febbraio del
1769 morì improvvisamente il papa Clemente XIII e il Conclave si mostrò
difficile a causa delle intromissioni del potere laico: c’erano lotte di potere
da parte delle Corti europee che conculcavano l'autorità del Papa.
Soprattutto le Corti Borboniche facevano il bello e il cattivo tempo,
chiedendo la soppressione dei gesuiti e un papa che avesse posto in
esecuzione tale proposito. Dopo lunghe e farraginose trattative tra i cardinali
spagnoli e italiani si venne ad un compromesso. Il collegio era diviso in tre
partiti: i nemici dei gesuiti, i favorevoli ad essi e quelli indifferenti. Il 19
maggio 1769 fu eletto all'unanimità il Ganganelli che aveva espresso solo un
parere teologico che il papa avrebbe potuto sopprimere con tranquilla
coscienza la Compagnia di Gesù, purché si fossero osservate le prescrizioni
canoniche e i dettami della prudenza e della giustizia. Gli stati europei
avevano deciso che se non fossero stati soppressi i gesuiti avrebbero fatto
uno scisma dalla Chiesa Cattolica. Il Papa fu molto prudente e seppe
resistere agli assalti furenti degli ambasciatori e non si fidò mai degli uomini
di Curia, ma ebbe come consigliere solo un conventuale, P. Innocenzo
Buontempo.
In una lettera del 30 novembre 1769, indirizzata a Carlo III di Spagna, gli
uscì una espressione infelice che “l'avrebbe accontentato”; da quel momento
non fu lasciato in pace.
Dopo estenuanti resistenze ai Principi di tutta Europa, il 21 luglio 1773,
con il breve Dominus ac Redemptor, fu costretto a sopprimere i Gesuiti e
restò amareggiato per tutto il resto della sua vita.
Durante il suo pontificato creò il magnifico museo Clementino in
Vaticano; acquistò opere insigni; arricchì la biblioteca di opere
numismatiche; fu grande mecenate con gli artisti, scienziati e letterati; spese
molto di suo per migliorare i lavori pubblici del territorio dello Stato
Pontificio. Fu uomo e pastore “piissimo”, “ santo amico di santi , quale
Paolo della croce e Alfonso de’ Liguori (che con miracolo di bilocazione lo
assistette in morte)”198, avvenuta, il 22 settembre 1774, all'età di 69 anni,
198
L. Di Fonzo, I frati minori… o.c., p.247
115
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
essendo nato nel 1705. Nel 1802 la salma fu traslata nella basilica dei SS.
Apostoli dove il Canova aveva eretto il superbo monumento funebre199.
Non fu un pontefice sfumato e impersonale, ma nel vortice del settecento
fu uomo ardito, e Mario Rosa scrive: “Di fronte al compito immane che lo
attendeva, asceso al soglio pontificio, con pochi e deboli strumenti a
disposizione, pur pagando un prezzo indubbiamente altro seppe spezzare il
fronte borbonico e provocare un riflusso del movimento riformistico e
anticurialismo italiano ed europeo, sulla soglia degli anni settanta. Anche
senza una visione organica e agendo piuttosto d’intuito e sulla difensiva, fu
in grado così di porre su nuove basi i rapporti col potere politico e di aprire
prospettive sia pure incerte di nuovi sviluppi, presto chiusi dal curialismo di
Pio VI…”200
I frati Conventuali dalle origini dell’Ordine avevano svolto l’ufficio di
penitenzieri apostolici nella Basilica lateranense, ma nel 1569 questo
compito fu affidato ai frati dell’Osservanza; però nel 1773, con la
soppressione dei gesuiti, fu
affidato alla famiglia conventuale la
Penitenzieria Vaticana e quella della Basilica di Loreto (1773-1934) 201. Nel
1934 subentrarono i frati minori cappuccini quali custodi e confessori nel
Santuario di Loreto.
LA NASCITA DELLA SCUOLA STORICA
Per i frati minori la scuola storica era nata nel sec. XVII con il Wadding;
quella dei conventuali nacque con Giacinto Sbaraglia nel secolo XVIII con
la pubblicazione del Bullarium Franciscanum. Anche i Conventuali
tentarono di stendere i propri annales con il Ciatti e il Franchini, a. 12061695 e il Papini fino al 1374; queste opere sono restate incomplete ed
inedite. Importanti furono e restano le opere “Supplemento e Addizioni”
all’opera del Wadding, scritte dai Padri Sbaraglia e Rinaldi202
199
Pio Paschini, Clemente XIV, in E.C., 1836-1941; Cfr ( Autore Ignoto), Storia della
vita di Clemente XIV Pontefice Ottimo Massimo… Napoli MDCCLXXVIII., P. 3-278.
Mario Rosa , Clemente XIV, in Enciclopedia dei Papi, Roma 2000, III, pp. 475-491
200
M. Rosa, o. c., p. 491.
201
V. Ridondo,Hanno dato la vita ( i Beati Alfonso e compagni) Padova 2001, p.82,
nota 5.
202
L. Di Fonzo, I frati minori, o. c., p. 276; cfr G. Odoardi , i Frati minori, o. c., pp. 13435
116
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
Antonio Maria Azzoguidi di Bologna pubblicò i “Sermones S. Antonii
Patavini...”; Giulio Antonio di Sangallo di Conegliano pubblicò “Dello stato
della Chiesa e dell'autorità del romano pontefice, contro Giustino Febronio;
Francescantonio Benoffi da Pesaro dette alle stampe il “Compendio di storia
minoritica...”, “Dei Procuratori generali dei Minori...”; Antonio Lucci
scrisse “Ragioni storiche da umiliare alla Sacra Congregazione dei Riti,
colle quali dimostrasi tutti i santi e beati de’ primi due secoli francescani
appartenere solo a Padri conventuali”, il Righini, il Missori, il Rugillo,
ecc…, pubblicarono opere storiche su diversi argomenti della vita
francescana. Giacinto Sbaraglia di Ferrara, uomo di profonda sapienza
teologica e storica, stampò i primi 4 volumi del Bullarium Franciscanum,
fino al 1303. Scrisse pure un’opera importantissima dal titolo
“Supplementum et castigatio ad scriptores trium Ordinum S. Francisci, a
Wadding aliisque descriptos”. Questi scritti lo pongono tra i principali critici
della storia del francescanesimo203 (Odoardi G., Sbaraglia Giovanni
Giacinto, in E.C. X, 1998).
I musici: vogliamo fermare l’attenzione solo su alcuni tra i massimi
esponenti della scuola musicale francescana del secolo, e furono direttori di
cappelle Musicali, organisti, compositori di musica sacra e profana e teorici
e storici della musica. Francescantonio Vallotti da Vercelli, ottimo teologo,
ma soprattutto grande musico sacro; fiorì a Padova. Pubblicò “Scienza
teorica e pratica della moderna musica”. Morì nel 1780. Giambattista
Martini di Bologna, famoso maestro della musica sacra; caro a tutti per la
dolcezza e generosità d'animo. Compose moltissima musica sacra e profana,
oratori e 12 sonate per organo. Scrisse “Storia dell'antica Musica” in tre
volumi, opera pregevolissima, “Esemplare ossia saggio fondamentale
pratico di contrappunto”. Morì nel 1782.
Antonio Sabbatini di Albano presso Roma, si distinse per la scienza della
musica. Stampò “Elementi teorici della musica. Vera idea delle musicali
numeriche segnature. Trattato delle fughe musicali”.
Stanislao Mattei di Bologna degno discepolo del Martini al quale
succedette in S. Francesco di Bologna come direttore di cappella. Stampò:
“Pratica d'accompagnamento sopra bassi numerati, e contrappunti a più
voci”. Fu un grande compositore e maestro di Rossini. Morì nel 1825.
Santi del secolo: Francesco Antonio Fasani, Bonaventura da Potenza,
Raffaele Kilinski, Antonio Lucci, già riconosciuti ufficialmente dalla
203
G. Odoardi, Sbaraglia Giovanni Giacinto, in E. C., X, 1998.
117
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
Chiesa; Angelo Antonio Sandreani, Giuseppe Antonio Marcheselli,
confondatore delle suore missionarie di Assisi, e scrittore di opere ascetiche
(ha una diecina di volumi tra i quali, 6 volumi eucaristici più volte
stampati), Giuseppe Maria Cesa, Bonaventura Buffaldi di Nocera, martire a
Smirne (1728), Giambattista Leoni di Giulianova (1794), uomo dallo spirito
profetico che previde la rivoluzione francese e ne parlò ampiamente ai frati
del Sacro Convento204.
LA RIVOLUZIONE FRANCESE E I MARTIRI FRANCESCANI
I frati che non vollero giurare la costituzione in Francia furono moltissimi
e furono deportati nelle carceri più svariate della Francia. Quelli che furono
martirizzati e la Chiesa ha proclamato Beati sono: Giovanni Fancesco Burtè,
Giovanni Battista Triquerie, Louis-Armand Adam, Nicolas Savouret. (Gli
altri martiri francescani si trovano a p. 33, p. 40, pp 52-53 del libro di I.
Gatti, I Frati minori conventuali deportati a Rochefort 1793-1795). Ce ne
sono altri che hanno il titolo di Venerabili e si aspetta che la Chiesa li
proclami Beati: Servi di Dio Clemente da Cintrey, Daniele Frey, Piero
Giuseppe Peugniez, ecc…
IL SECOLO XIX: LA SOPPRESSIONE NAPOLEONICA
Il secolo XIX non si apriva nel segno della pace né per l'Italia, né per
l’Europa, né per la Chiesa. L'esercito napoleonico aveva occupato il regno
di Napoli, lo Stato Pontificio e tutti gli altri staterelli del centro nord della
penisola. Pio VI era morto il 29 agosto 1799, prigioniero a Valenza; Pio VII,
eletto papa a Venezia nel 1800, non si attendeva trattamenti più riguardosi
dai generali occupanti. Dopo perpetrazioni inaudite commesse dai soldati
francesi nello stato pontificio e contro la persona stessa del Pontefice, nella
notte tra il 5 e il 6 luglio 1809 il Papa fu catturato e condotto prigioniero
prima a Firenze, poi a Grenoble, Valenza, Avignone, quindi nella fortezza di
Savona e, infine, dal 1811 al 1814 a Fontainebleau. Non si aveva più
rispetto per nessuno!
Nel 1805 fu promulgato il nuovo codice civile che dichiarava la libertà
personale, l'uguaglianza dei cittadini, la laicità dello stato, il diritto naturale
di ogni uomo alla proprietà privata e lo stato quale unica espressione
dell'autorità.
204
Necrologio Sacro Convento, 30 ottobre 1794, Archivio di Assisi; cfr E. Ricotti, La
provincia francescana abruzzese di S. Berardino dei frati minori conventuali, Roma 1938,
p. 419; L. Caratelli, o. c., p. 222.
118
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
In esso c'erano due principi fondamentali: l'abolizione della feudalità e
l'eliminazione di ogni privilegio di esenzione agli istituti privati.
I monasteri e i conventi possedevano grandi latifondi, improduttivi per la
società civile, ma arricchivano gli istituti che godevano del diritto di
immunità, come fossero degli staterelli nel grande stato, e assistevano
centinaia di miserabili che chiedevano l’elemosina giornalmente alle loro
porte. Il codice eliminava i poveri, aboliva i privilegi e già faceva prevedere
qualcosa di più grave.
Giuseppe Napoleone, re di Napoli, nel 1807 aveva emanato un decreto
con il quale erano abolite nel suo regno tutte le comunità che seguivano le
regole di S. Benedetto e di S. Bernardo.
Il successore Gioacchino Murat, dal 1809 al 1811, con altri decreti
soppresse tutti gli altri ordini religiosi che si trovavano nel regno.
La legge di soppressione generale venne varata il 7/8/1809, giorno in cui
furono firmati 2 diversi decreti, uno per i religiosi possidenti e uno per i
religiosi non possidenti o mendicanti. Il primo fu posto in esecuzione quasi
subito, il secondo fu tenuto in serbo per quasi 2 anni. Il decreto contro i
religiosi possidenti, tra l'altro, diceva: “Considerando che la soppressione
degli ordini possidenti che esistono ancora, è imperiosamente richiesta dalle
circostanze, e che debba farsi non solo senza danno degli individui che gli
compongono, ma anzi con migliorare per quanto è possibile la loro sorte, e
accordando loro quelle pensioni che permettano i bisogni dello stato e la
quantità de’ beni che al medesimo vengono ad incorporarsi..., abbiamo
decretato e decretiamo quanto segue: sono soppressi in tutto il regno i
seguenti ordini religiosi: Domenicani, Minori Conventuali, Terz’Ordine di
S. Francesco, ecc...”.
Il governo si sforzava di sbandierare e di propagandare “uguaglianza,
fraternità e libertà”, ma praticamente, stava emanando leggi vessatorie di
inaudita tirannia, contro singoli o comunità, contro persone sospettate come
nemici dello stato e contro inermi e pacifici cittadini.
Questa legge di soppressione degli ordini possidenti, come quelle che
furono rivolte contro gli altri ordini, sono atti di puro vandalismo perpetrato
dallo stato.
I funzionari addetti alla soppressione, prima compilarono scrupolosi
inventari, ammassarono gli oggetti preziosi, i quadri e le grandi librerie in
camere che furono sigillate, e nel momento opportuno mostrarono tutta la
bramosia, nel rubare quadri, libri e oggetti vari. Per avere una idea della
119
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
disonestà degli incaricati alla soppressione basta leggere i documenti
conservati negli archivi di stato di L'Aquila, di Teramo e di Chieti.
La legge del 7 agosto fu posta in esecuzione nel novembre dello stesso
anno e servì a chiudere tutti i conventi dei frati minori Conventuali della
provincia di S. Bernardino e dei frati del TOR oltre ai conventi degli altri
ordini. Contemporaneamente era pronta anche la legge che avrebbe colpito
le altre famiglie francescane.
P. Quintino da S. Donato, provinciale dei riformati d'Abruzzo, nel 1809
chiese al Murat il permesso “di celebrare la seconda congregazione per
regolare le famiglie religiose ed altri affari della provincia”. In tutta risposta
gli fu inviato il decreto, anch'esso del 7 agosto 1809, non ancora
promulgato, che tra l'altro diceva: “Le costituzioni degli ordini religiosi,
detti degli Osservanti, dei riformati, dei cappuccini e degli alcantarini, sono
abolite in tutto il regno dal 10 ottobre prossimo mese... Gli individui
suddetti, secondo le suddette circostanze e i diversi bisogni della Chiesa,
saranno assegnati a conventi dell’Ordine rispettivo, in modo che niun
convento contenga un numero minore di 12”.
Anche in questi conventi si stilarono inventari scrupolosi; gli oggetti
preziosi delle chiese vennero immagazzinati in camere speciali mentre le
biblioteche selezionate e raccolte in ambienti idonei furono sigillate205.
205
N. Petrone, Francescanesimo in Abruzzo dalle origini ai nostri giorni, Tagliacozzo
2000, p. 445.
120
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
GLI EFFETTI DELLA SOPPRESSIONE
I CONVENTUALI
Con la legge di soppressione del 7 agosto 1809, i frati minori
Conventuali furono tra i più colpiti perché, avendo i conventi ubicati nei
centri urbani, furono tutti soppressi e, conventi, beni mobili e immobili,
furono incamerati dallo stato. Le case religiose, essendo belle, comode e
spaziose, furono adibite ad usi pubblici come sedi di municipio, uffici,
caserme, scuole, tribunali, in qualche caso anche come carceri. I sacerdoti
furono costretti ad inserirsi nel clero diocesano, mentre i fratelli religiosi
dovevano riprendere l'abito secolare. Dove fu possibile, in alcune chiese
continuarono a svolgere le sacre liturgie gli "ex frati" che vestivano la talare
dei preti; con i frati lavoravano soprattutto le confraternite che da secoli
prosperavano in dette chiese. Il popolo era affezionato ad essi e si impegnò
in ogni modo, tramite i Sindaci o le persone influenti, a scrivere al Re e al
Ministro del Culto, affinché i religiosi non fossero espulsi dai conventi. Fu
tutto inutile. Prima di espellere i frati dai conventi, la legge prevedeva che
fosse rivolto loro la domanda di rito: “Se avevano bisogno di un locale, per
abitarvi, e vivere con la pensione che il governo loro accordava”. I frati,
sapendo che sarebbero stati dispersi nei romitori montani, lontani dai loro
conventi, preferirono restare nei centri, dove stavano i conventi,
collaborando con il clero locale, in attesa di tempi migliori.
Delle belle e ricche biblioteche dei conventi, dopo opportuna selezione, i
libri migliori furono portati nelle biblioteche reali. Le carte antiche, le
pergamene, i diplomi e i manoscritti che si conservavano negli archivi dei
conventi, parte furono portati a Napoli e parte furono barbaramente distrutti
da persone incompetenti e arroganti.
La legge del 7 agosto 1809 con cui si abolivano le costituzioni degli
Osservanti, dei riformati, dei cappuccini e degli alcantarini, stabiliva che i
conventi con meno di 12 frati dovevano essere soppressi, decretava la fine
dei provinciali, l'indipendenza dei conventi tra loro e la sudditanza dei frati
al vescovo della diocesi, questa legge non fu mai promulgata “ma cominciò
a divenire esecutiva” il 25 maggio 1811. Però nel frattempo alcuni conventi
erano stati già soppressi. In quell’anno ci fu la esecuzione della legge in
forma organica.
Per i Conventuali fu un momento di grande depressione; basterebbe
ricordare l'episodio del guardiano del convento dei Frari di Venezia che si
gettò nel pozzo, in un momento di scoraggiamento e di disperazione. Questa
121
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
soppressione, pur nella sua gravità, trovò uno spiraglio di luce nella breve
durata dell’impero napoleonico, tanto che nel 1818 si poté cominciare a
riaprire i conventi che non erano stati venduti o già impiegati come uffici
statali.
RITROVAMENTO DEL CORPO DI S. FRANCESCO 206. LA
RIPRESA
Il Ministro generale P. Nicolò Papini (1803-1809), nel 1806, con il
permesso del Papa Pio VII, tentò la ricerca della Tomba del Serafico Padre
S. Francesco. Il lavoro si svolgeva di notte. Sembra che un equipe di
scavatori abbia lavorato per circa 50 notti finchè non di scontrò con un
ostacolo imprevisto e insormontabile e si arrese. Nel frattempo ci fu la
meteora
Napoleonica. Terminata drammaticamente la carriera del
Buonaparte nell’isola di S. Elena, il Ministro generale Giuseppe Maria De
Bonis (1809-1824), con regolare permesso del Santo Padre riprese gli scavi,
alla ricerca del sepolcro del Serafico Padre, notte tempo; ma a causa di
cattive informazioni trovate su una falsa relazione scritta “da una persona
asserente essere egli stato testimonio oculare, e di fatto; chè molti ne’
lacrimevoli tempi della soppressione, cioè circa il 1811, al 1812 si diceva,
avere penetrato nel nominato sotterraneo; gli fu indicato, prima in voce, il
luogo dell’entrata, levando alcune pietre davanti all’altare della SS.
Concezione, ed insieme individuata la strada…” Di questo percorso non
esisteva proprio nulla e questa relazione era completamente creata ad arte
dalla fantasia dell’autore. Risultò falsa207. La sera del 5 ottobre 1818, il
ministro generale fece giurare di mantenere segreta questa ricerca al Molto
Rev.do P. Latini compagno dell’Ordine, al Procuratore Generale, al
Segretario Generale, al vice segretario, al Custode del Sacro Convento P.
206
“Nell’Archivio del Sacro convento di Assisi si custodisce un fascicolo di di dieci
carte, contenente documenti e relazioni di quel fatto, documenti che meritano di essere
conosciuti…”. Così Miscellanea Francescana XXI, 1920 p. 3. Ci sono due relazioni sul
rinvenimento del Corpo del Serafico Padre: la prima porta questo titolo: “Memorie storiche
ed autentiche scritte fedelmente da un autore contemporaneo sul ritrovamento del sacro
corpo di S. Francesco, Gran Fondatore dei minori. Assisi, Sac. Convento nel febbraio
1819”.
La seconda Relazione : “Sagro Convento, 12 febbraio 1819. Relazione esatta, e sincera
d’un Minore Conventuale sull’invenzione del Sagro Corpo di S. Francesco- Assisi”. Queste
relazioni sono state pubblicate su Miscellanea Francescana vol. XXI, fas. I, 1920, pp. 4-9.
Sono queste le fonti che citiamo.
207
Relazione Prima, MF Vol XXI pp. 4-5.
122
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
Bonaventura Zabberoni, a tre fratelli religiosi fra Luigi Mattei, fra Donato
Grassi e fra Giacomo Amelio; notte tempo iniziarono i lavori. Al mattino,
non avendo trovato nessun condotto, risistemarono le pietre del pavimento e
fecero il proposito di ricominciare la sera seguente. Nella sera del 6 ottobre
furono chiamati in aiuto il muratore del Sacro convento Cesare Mariani e fra
Tommaso Rondoni, “ai quali fu imposto parimenti il precetto del segreto” e
tutti d’accordo continuarono il lavoro iniziato. Evacuata tutta la terra da tutte
le parti, “nel fondo si scoprì un masso di Montagna vergine e si conobbe
che quel locale altro non era, che una sepoltura”, ovvero un luogo dove si
seppellivano i morti. Nel frattempo il P. Generale dovette lasciare la basilica
per continuare la visita ai frati dell’Ordine, e l’incarico della direzione degli
scavi fu affidato al P. Custode. Uno dei fratelli “scavatori” si ricordò che,
anni addietro era stato aperto un foro dal trono papale fino all’altare
maggiore della basilica, poi ripieno. Gli scavatori, avendo perso alcune
notti a lavorare senza una meta sicura, si posero alla ricerca di questo nuovo
sentiero che, dal trono papale si dirigeva verso l’altare maggiore, e dal
giorno 12 ottobre cominciarono ad evacuare il materiale lungo l’angusta
strettoia e, carponi, con un altro muratore e altri due fratelli religiosi, dopo
moltissime notti arrivarono sotto l’altare maggiore. Qui si trovarono diverse
difficoltà a causa di tre enormi lastre di travertino. Fu la terza lastra che
portò la sorpresa ai pii lavoratori. Scrive il Cronista: “…Dissi -miracolopoiché altre volte si era cercato questo grande Santo; si avevano aperte varie
strade; si era giunto di fronte a questo masso, enormissimo. Bucato dunque
anche il detto travertino, vi fu trovato della calce, e de’ rottami; tolti i quali,
ve ne fu veduto un altro, egualmente incastrato nelle quattro muraglie.
Maggiormente si ebbe premura di forare anche questo; ed allora parimenti
levati dei rottami, che ivi pure si rinvennero, ne apparve il terzo, essendosi
con cautela un po’ rotto da un lato in semicircolo, lasciò vedere una ben
grossa, e ben stretta ferrata, che chiudeva un gran cassone di sasso: ed era
detto terzo travertino fortemente assicurato da tre grosse verghe di ferro
incastrate per traverso ne’ muri laterali sopra una lunghezza del medesimo.
Questo fu il primo scoprimento del Corpo di S. Francesco, che accadde
li 7 dicembre 1818... Nella notte dei 12 ai 13 di dicembre, alle ore 10
italiane dopo un lavoro indefesso di 52 notti per piccoli buchi dell’indicata
ferrata, al lume di un tenue candelino introdottovi a stento sopra un fil di
ferro, nel fondo del cassone, dal P. Custode, P. Bonaventura Zabberoni,
che colla massima instancabilità, e zelo aveva condotto al fine quest’opera;
123
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
dal P. Clemente Rizzo; e da Lavoratori ansiosi, e tremanti fu veduto il corpo
del Serafico Nostro Padre, e qui giunti al primo scopo del lavoro, ed avuta la
prima consolazione si sopraseddette, e ne fu dato parte al Rev.mo Generale”
208
. Avvisato il Generale, comunicata la notizia al Santo Padre, questi, con
“Breve” dell’ 8 gennaio 1819, nominò una commissione di 5 vescovi: il
Vescovo di Assisi Giampè “Capo dell’Apostolica delegazione, i vescovi di
Perugia, Nocera, Foligno, e Spoleto per fare un’esatta e legale ricognizione
del S. Corpo”209. “Giunsero al Sagro Convento li detti Prelati li 25 gennaio
1819: essendo già venuto fin dalli 14 il nostro P. Rev.mo Generale con tutta
la sua corte… cominciatasi in seguito la enunciata autentica ricognizione, e
tolta la ferrata, fu trovato il sacro corpo disteso per lungo nel detto cassone
di sasso, precisamente sotto l’altare maggiore. Esso però era tutto disfatto; e
le sole ossa rimangono intiere. Io ho avuto la consolazione di vederlo; ma
appena per un momento… Eseguito tutto questo, si rimise il cassone a suo
luogo; dentro vi si pose una cassa di legno; ivi sopra un taffettà si
collocarono le sacre ossa, essendosi da periti anatomici composto tutto lo
scheletro, meno il sacro capo, che mezzo disfatto fu posto a parte in una
cassettina con le sacre ceneri: poi si chiuse tutto con un coperchio pure di
legno; vi si soprappose un tapete, e poi la sua ferrata; e fu sigillato
ampiamente ogni cosa con i sigilli de’ cinque vescovi e del P. Rev.mo
Generale… Finalmente si sono murate le aperture laterali, fatte per
quell’effetto; e serrata a chiave e sigillata quella di fronte; e così resta chiuso
di nuovo l’adito a chiunque al Sepolcro di S. Francesco: che questo era
l’ordine del Sommo Pontefice nella prelodata notificazione ”210.
Il 22 dicembre1818 il Ministro generale inviava una notificazione a tutti i
frati dell’Ordine, comunicando il rinvenimento del Corpo del Santo
Patriarca. Questo evento fu una iniezione formidabile di spiritualità per tutte
le famiglie francescane che uscivano dal periodo di segregazione e di
“catacomba”, voluto dall’effimero impero napoleonico. I figli del Poverello
di Assisi, con nuovo entusiasmo ripresero la loro missione in quella chiesa
che era “Capo e Madre” della famiglia francescana, e con prudenza, anche
nelle altre chiese e conventi delle diverse province Italiane, da dove erano
stati estromessi “con violenza”. Tale ritrovamento fu di grande
incoraggiamento anche agli altri frati dispersi nelle varie province del
208
Relazione Seconda, MF, XXI, p. 7-8.
Idem p. 8.
210
Ibidem
209
124
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
mondo. Assisi, da sempre centro e culla del francescanesimo, dal 1818 fu
ancora di più il luogo invitante per tutti gli amanti di Francesco; schiere
immense di pellegrini affluirono e affluiscono sempre più numerose a
pregare sulla “tomba del Padre”.
UN GRANDE EDUCATORE
P. Gregorio Girard nato a Friburgo da famiglia savoiarda nel 1765, morì
nella stessa città nel 1850. Fu ordinato sacerdote nel 1788 e i primi anni li
dedicò all'insegnamento negli studi dell'Ordine, a Uberlingen e a Friburgo.
Rivelatosi con il suo Piano di educazione pubblica per la Repubblica
Elvetica, nel 1799 fu nominato consigliere cattolico del primo ministro
dell'Educazione a Lucerna. Quando il governo fu spostato a Berna, Gerard
fu il primo parroco cattolico della città dopo la riforma. Nel 1804 fu
richiamato a Friburgo per riorganizzare e dirigere le scuole elementari della
città. Fece della scuola del tempo un vivaio di cultura, dove l'interesse e
l'attività si sostituirono alla memoria, e la gioia e il desiderio di sapere
presero il posto della coercizione di una scienza già stabilita e imposta alle
menti degli alunni. Il suo sistema è: l'insegnamento mutuo: il discepolo più
bravo, sotto la guida del maestro, aiuta gli alunni più lenti. Questo metodo si
divulgò in Svizzera, Inghilterra, Francia, Grecia, Russia, Italia, America,
India. Tutti i grandi pedagoghi del secolo XX, compreso la Montessori,
hanno ricopiato e ripreso il metodo del Girard. Alle sue prediche
domenicali, una in francese e una in tedesco, andavano cattolici e
protestanti, professionisti, indifferenti e malevoli, ma lui parlava solo di
Gesù e del suo vangelo; mai una polemica. Una nobildonna protestante
commentava: “Non conosco predicatore più pericoloso di P. Gerard per noi
protestanti”. Lasciata la Parrocchia, dal 1804 al 1823 fu direttore della
scuola francese di Friburgo dove realizzò il suo “Corso di educazione per
mezzo della lingua materna”, che fu pubblicato in 7 volumi. I cattolici lo
accusarono di essere troppo razionalista e liberale, i protestanti di retrività
cattolica. Al contrario si consacrò all’educazione dei giovani, diventando
l’uomo di tutti, “per nessuno e contro nessuno”. Per educazione egli intende
“formare Cristo nel cuore degli allievi” utilizzando il metodo della mamma
saggia. Segue in questa via l’esempio di Francesco d’Assisi che prescrive ai
guardiani “cuore e sorriso di madre”. Morì a Friburgo il 6 marzo 1850. Una
lastra di marmo ricoprì la tomba con l’iscrizione: “Al reverendo P. Girard,
dell’Ordine dei francescani, antico prefetto delle scuole primarie del
125
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
cantone di Friburgo, padre e amico dei fanciulli,benefattore della città natale
con il suo sistema d’educazione popolare, nato il 16 dicembre 1765,
deceduto il 6 marzo 1850, il Consiglio comunale riconoscente. Lasciate
venire a me i bambini”. In pratica, era finito dimenticato dai suoi
concittadini come lui aveva sempre voluto. A dieci anni dalla morte, il
popolo di Friburgo elevò nel centro della città una statua al “padre del
popolo” e al “protettore della gioventù”211!
LA MISSIONE D'AMERICA
I frati minori di Baviera si recarono negli Stati Uniti d’America e
precisamente nel Texas, nel 1852, questo primo seme diventò
commissariato nel 1858 e nel 1872 si ebbe l’erezione della Provincia
dell’Immacolata. Nel 1905 fu eretta la Provincia di S. Antonio, che è figlia
dell'Immacolata. Sempre la stessa Provincia si estese ed eresse diversi
conventi nella zona di Washington e stati limitrofi erigendo la Provincia
della Consolatrice degli Afflitti nel 1926, e questa nell’anno 1976, negli stati
del New Mexico e del Texas fondò la Custodia provinciale della B. Vergine
di Guadalupe. Nel 1939 fu eretta la Provincia di S. Bonaventura che era
sorta dalla Provincia di S. Antonio. La Provincia di S. Giuseppe da
Copertino è stata eretta nel 1981 ed è figlia della Provincia di S.
Bonaventura.
I CONVENTUALI TRA IL 1820 E IL 1866
L’Ordine, soprattutto nelle zone dove aveva sofferto la soppressione
napoleonica, si stava ricostituendo e ritornava con il suo spirito di amore e
di perdono verso i suoi antichi avversari: già aveva grandi letterati e teologi
nelle scuole e nelle università. Troviamo P. Francesco Villardi, letterato e
oratore. Fu famoso soprattutto in Padova dove furono pubblicate le sue
opere in due volumi nel 1838. L’ebreo Luigi Pasquali, friulano, convertitosi,
entrò tra i frati conventuali nel convento dei Frari a Venezia. Diventato
sacerdote, si segnalò per dottrina e virtù a Padova; fu professore
all’università di Padova dal 1820 al 1833. Nel 1834 fu eletto ministro della
Provincia di Bologna, mentre nel 1839 fu eletto Ministro della provincia di
Padova. Morì nel 1850 dopo aver pubblicato diverse opere tra le quali
211
L. Veuthey, Padre Girard un grande educatore (1765-1850), Roma 2002, p.213-220;
cfr A. Gemelli, o. c. p. 356s. .
126
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
“Diritto naturale e sociale”; “Istituzioni di estetica”; “Le gesta e le glorie
del Taumaturgo di Padova” , ecc…
P. Giuseppe Maria de Bonis, già ministro generale; sotto il suo governo,
come è stato ricordato, fu ritrovato il corpo di S. Francesco sotto l’altare
maggiore della basilica inferiore. Dopo le trionfali feste per il grande
rinvenimento, nel 1824 rinunziò all’episcopato e al cardinalato, morendo
piamente nello stesso anno nel convento dei Santi Apostoli in Roma.
Antonio Francesco Oriòli da Bagnocavallo, fu vicario apostolico
dell’Ordine negli anni 1832-33. In quello stesso anno, il Papa Gregorio XVI
lo consacrò vescovo di Orvieto. Fu uomo di grande cultura e amante
dell’Ordine. Fu creato cardinale nel 1838 e morì santamente a Roma nel
1852. Ebbe sepoltura nella basilica dei Santi Apostoli.
L’Ordine si stava riprendendo dopo la tempesta napoleonica e in una
statistica del 1860 troviamo 21 Province, due missioni e 350 conventi. Non
si ha il numero dei frati, ma non doveva essere superiore al migliaio. Proprio
in quegli anni si scatenò un nuovo flagello sulla Chiesa e sugli Istituti
religiosi per volere del governo del nuovo stato italiano.
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P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
LA SOPPRESSIONE DEGLI ORDINI RELIGIOSI NEL 1866
Il governo piemontese, con la legge del 29/05/1855 aveva soppresso tutte
le corporazioni religiose che non attendevano alla predicazione, alla
istruzione, all’assistenza degli ammalati, ecc. Raggiunta l’unità d’Italia, quel
governo estese il programma di repressione in tutto il nuovo stato.
I religiosi e il clero, in genere, godevano buona stima presso il popolo,
quindi bisognava trovare un mezzo di denigrazione presso l’opinione
pubblica per rendere il compito meno gravoso agli esecutori delle leggi.
I liberal-massoni incaricarono la stampa a denigrare e calunniare religiosi
e preti e, in parte, ci riuscirono!
Tutti i giornali di “regime” avevano il compito di assimilare i “frati e i
preti ai briganti, ai sobillatori, ai famigerati reazionari, ecc.”.
Una volta raggiunta l’unità d’Italia, il nuovo stato, con la legge del 13
ottobre 1861, poneva le basi della nuova soppressione. L’articolo primo
della legge diceva: “cessano di esistere, quali enti morali riconosciuti dalla
legge civile, tutte le case degli Ordini monastici di ambo i sessi esistenti
nelle province napoletane, non escluse le congregazioni religiose”. Dal
1861 al 1866 fu emanata una colluvie di leggi riguardante il patrimonio
ecclesiastico, ma la legge che unificò e completò le precedenti fu quella del
07/07/ 1866. Scrive il Galante: “La legge del 7 luglio 1866, n. 3096, fu
pubblicata ed estesa alle regioni di recente conquista con decreto del 28
luglio 1866, n. 3090. In base a questa legge non venivano più riconosciuti
nell’ambito dello stato gli Ordini religiosi, le corporazioni e le
congregazioni religiose, i conservatori e i ritiri (art. 1) che comportavano
vita in comune e che avevano carattere ecclesiastico. Il loro patrimonio
veniva devoluto al fondo per il culto… Dalla devoluzione venivano
eccettuati (art.8) gli edifici di culto, i fabbricati dei conventi ceduti ai
comuni e alle province che ne avessero fatto domanda entro un anno e i
libri, manoscritti, documenti scientifici, oggetti d’arte o preziosi che
secondo l’art. 24 venivano destinati alle biblioteche e ai musei…”. Questa
legge approvata solo dalla Camera e promulgata senza il necessario esame
del Senato, in forza di una speciale deroga, toglieva agli “Ordini…
corporazioni… congregazioni… religiosi regolari e secolari… conservatori
ritiri” ogni riconoscimento dello stato, attribuiva ai loro membri la pienezza
dei diritti civili e politici. Lo stato, imponendo l’esecuzione immediata di
questa legge, estromise tutti i religiosi dai loro conventi. Questa
soppressione aveva un duplice intento: il primo ideologico-politico, il
128
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
secondo economico. Già Cavour aveva puntualizzato il primo motivo
quando aveva parlato della “opposizione esistente fra i principi della vita
religiosa e quelli della civiltà liberale”. I Liberal-massoni che governavano
l’Italia non capivano la vita ascetico-mistica dei consacrati, quindi
bisognava scioglierli e disperderli. Il secondo motivo era prettamente
economico: ricuperare all’economia di mercato una parte considerevole del
patrimonio ecclesiastico che era vincolato da “mano morta”, quindi non
trasmissibile per via successoria né alienabile. I governanti pensavano di
rinsanguare le esigue finanze del nuovo stato, il cui bilancio era gravato da
un disastroso disavanzo. Così tutti i beni degli Ordini religiosi, corporazioni
e congreghe “soppressi” diventarono proprietà del demanio. I grandi
conventi furono destinati ad uso pubblico: caserme, scuole, carceri, uffici
comunali, ecc. Le biblioteche, gli archivi e gli oggetti artistici furono
destinati a biblioteche e musei pubblici. I frati, se avevano emessi i voti
solenni, potevano richiedere una pensione, diversa secondo l’età e la natura
dell’istituto, comunque, irrisoria e insufficiente per viverci (circa 20 Euro di
oggi al mese), ed erano ridotti allo stato secolare; se invece erano già
sacerdoti passavano al clero secolare.
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P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
LA LENTA RINASCITA
Con le leggi eversive furono soppressi tutti gli ordini religiosi e requisite
tutte le loro case e beni. La destra storica si mostrò sempre più
spregiudicata contro la Chiesa, e pur non impedendo che i membri dei
singoli istituti continuassero la loro vita in comune, formando “società
private”, senza legale riconoscimento, gli ex religiosi incontrarono difficoltà
anche nel trovare qualche casa in affitto dove potersi incontrare. Dopo una
quindicina di anni di potere della destra, con le elezioni, il governo fu
trasferito nelle mani della sinistra, che ebbe quale capo del governo
Agostino Depretis nel 1876. Anche gli uomini della sinistra erano massoni e
anticlericali, ma ciò nonostante, di tanto in tanto tentarono degli approcci e
delle conciliazioni con la Santa Sede, anche se non raggiunsero effetti
concreti. Lentamente si cercava di smussare gli angoli e si notava buona
volontà di sopportarsi più che combattersi. Anche per i religiosi si aprirono
degli spiragli. I religiosi ancora in vita cominciarono a riorganizzarsi,
partecipando alle aste nelle quali si alienavano i loro ex conventi o altre
case, intestandoli a loro stessi. Altri frati, aiutati economicamente dalle
famiglie, costruirono nuove piccole abitazioni dove si riunivano con altri
frati. Lentamente, ma con vero spirito di amore agli Ordini di appartenenza,
cominciò a rifiorire la vita religiosa. Anche i Conventuali, con sacrificio e
amore ridettero vitalità all’Ordine, riaprendo i primi conventi in quasi tutte
le Province d’Italia. Nel 1893 il Ministro generale Lorenzo Caratelli
pubblicò l’Album generale dell’Ordine che presenta quasi le stesse posizioni
del 1860: si hanno 22 Province e una missione, con 306 conventi e 1481
frati.
Durate questo secolo travagliato ci furono grandi figure di religiosi dotti,
pii, umili e servizievoli verso la Chiesa; possiamo ricordare Antonio
Panebianco, ottimo insegnante di teologia nel seminario di Catania; Pio IX
lo inviò con il nunzio apostolico De Luca per dirimere la questione dei
matrimoni misti sorti in Transilvania, missione che portò a termine con la
soddisfazione delle due parti, fu creato Cardinale di santa Romana Chiesa e
lavorò moltissimo per la preparazione del concilio Ecumenico Vaticano I.
Morì a Roma nel 1885. P. Ilario Altobello, matematico e astronomo,
chiamato il Keplero nella sua stella serpentaria. Angelo Bigoni, ottimo
ministro generale, uomo di soda dottrina teologica e mistica, ha scritto
molto, tra le opere ricordiamo “Meditazioni per tutti i giorni dell’anno, ad
uso dei religiosi”, “Esercizi spirituali per i religiosi”. Altra bella figura di
130
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
frate conventuale fu il famoso musico Alessandro Borroni (1820-1896),
amico dei più grandi maestri del secolo XIX tra i quali il Mercadante e il
Mascagni.
Anche se in mezzo a persecuzioni e soppressioni, l’Ordine aveva avuto
santi religiosi. Possiamo ricordare il bravo maestro dei novizi il Ven.
Bonaventura Bambozzi, Lorenzo Rabuini, Stefano Myron Bodnareskul e il
pittore santo Pasquale Sarullo.
Leone XIII, nel 1882, in occasione del VII centenario della nascita del
Serafico Padre, scrisse ai francescani una bellissima Enciclica dal titolo
“Auspicato concessum” che fu un primo richiamo per i poveri frati ancora
esuli dai loro antichi conventi. Il Papa, tra l’altro, aveva scritto: “Scossi
adesso da una tremenda tempesta, si trovano sottomessi ad una immeritata
prova. Voglia Dio che per la protezione del loro Santo fondatore, possano
uscire presto da questo temporale, più vigorosi e pieni di zelo”.
Paul Sabatier, grande scrittore francese, dedicò la sua vita culturale per la
riscoperta di Francesco d’Assisi. Invitato da Renan a studiare il Poverello,
nel 1894 pubblicò la sua Vita di Francesco d’Assisi che suscitò entusiasmi e
polemiche; l’autore continuò i suoi studi, soprattutto dette inizio alla
“Questione francescana”; tutto serviva per ridare vita al francescanesimo
tramortito a causa delle soppressioni.
Dietro l’impegno dei primi frati che riuscirono a riottenere i primi
conventi, riaprirono i collegi e lentamente ricominciarono a far rifiorire
l’Ordine. Nel 1909, in occasione del settimo centenario dell’incontro di
Francesco con il Papa Innocenzo III, quindi l’inizio dell’Ordine, Pio X
scrisse un’altra lettera importante: “Septimo iam pleno seculo” dove
riconosceva che “i ministri generali delle tre famiglie francescane sono e
devono essere considerati uguali in dignità e potestà, come veri vicari e veri
successori di S. Francesco, ognuno nella sua rispettiva famiglia…, e tutti e
tre risalgono legittimamente allo stesso Padre serafico per la serie dei loro
predecessori… I tre Ordini della famiglia minoritica sono come tre rami di
uno stesso albero, la cui radice e tronco è S. Francesco, e i suoi membri sono
con lo stesso e pieno diritto frati minori”.
131
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
RIAPERTURA DEL COLLEGIO INTERNAZIONALE
Nel 1873, con la presa di Roma da parte dello Stato unitario, anche il
collegio internazionale che si trovava nel Convento dei SS. Apostoli, fu
costretto a sospendere le sue funzioni accademiche in quanto la sede fu
incamerata dallo Stato.
Non appena si cominciò a poter respirare aria più tranquilla, il Ministro
generale Bonaventura Soldatic riaprì il Collegio serafico internazionale nel
1885, con sede presso la chiesa di S. Nicola da Tolentino in Roma; dopo
dieci anni, il Ministro generale P. Lorenzo Caratelli trasferì il collegio nella
nuova sede ai piedi del Palatino in via S. Teodoro. Per i primi venti anni, gli
alunni del collegio frequentarono i corsi teologici presso la pontificia
università Gregoriana o altri atenei romani. Ma per l’anno scolastico 19041905 fu riorganizzato nel collegio serafico il primo corso teologico, dopo
aver preparato un gruppo di insegnati eccellenti, tanto che la stessa Santa
Sede restò ammirata e meravigliata, elogiando lo sforzo dell’Ordine. Il
collegio resterà in via S. Teodoro fino agli inizi degli anni ’60, quando verrà
aperto il nuovo collegio serafico all’Eur.
Dopo la soppressione della famiglia Conventuale in Spagna nel 1567,
bisognò attendere tre secoli e mezzo prima che i frati potessero ritornare in
questa nazione. Finalmente nel 1905 alcuni frati conventuali potettero
rimettere piede sul suolo della penisola iberica, riaprendo il primo convento
a Granollers con buone prospettive per l’avvenire.
IL CONVENTO E LA CHIESA DI COSTANTINOPOLI
Il 2 settembre 1905, a causa di un incendio, furono distrutte chiesa e
convento dei frati minori conventuali in Adrianopoli. I frati che si trovavano
missionari in Turchia dovettero iniziare daccapo e si stabilirono à Pera (che
nella lingua greca significa “al di là del corno d’oro”), nel cuore della città
ed in zona un po’ elevata, dove il giorno23 agosto 1906, il Vicario generale
della delegazione apostolica pose la prima pietra della costruenda nuova
chiesa e convento a Costantinopoli. Su disegno degli architetti italiani
Giulio Mongeri ed Edoardo de Nari che avevano modellato una chiesa in
puro stile gotico, è stato eseguito il disegno con grande fedeltà ed è risultato
un tempio magnifico. Nel 1913, terminati i lavori di costruzione, nella bella
chiesa di S. Antonio à Pera in Costantinopoli si trasferirono i frati, iniziando
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P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
la loro nuova missione. Attesero qualche mese e il 13 dicembre 1913, con
una solennità unica, don Vincenzo Sardi, Vicario Patriarcale e Delegato
Apostolico consacrò il nuovo Tempio in onore di S. Antonio a cui era
dedicato anche quello che era andato distrutto con l’incendio. Nel 1932
questa bella chiesa fu proclamata basilica e definita “la Chiesa della
Comunità Italiana, frequentata anche dagli Islamici”. Durante i primi
settanta anni del secolo ventesimo, questo convento e questa chiesa hanno
fatto parte della storica “Provincia d’Oriente” nata nel 1469, ma provincia
più titolare che fattiva tanto che il Provinciale era eletto dal Definitorio
Generale perché in Oriente oltre alla comunità di Costantinopoli, c’erano
pochissimi altri frati. I religiosi della comunità di Istambul, per diversi anni,
hanno curato l’apostolato tra gli italiani, i francesi e gli stranieri cattolici
presenti a Costantinopoli. La loro attività era molto dedita alla liturgia e alle
celebrazioni, ma non aveva il timbro “missionario” inter gentes o inter
sacarenos”, come avrebbe voluto San Francesco.
Dal 1973,, i Padri presenti nella comunità di Istambul hanno cominciato a
cambiare stile di apostolato: poiché gli europei scemavano sempre più, si
sono resi conto di trovarsi “tra i Saraceni”, quindi erano chiamati a svolgere
la loro missione tra queste persone bisognose di Dio; ciò richiedeva che i
Padri missionari parlassero bene la lingua turca e non avessero paura dei
Musulmani. L’Ordine, nel 1975 sospese l’elezione del governo della
Provincia d’Oriente e di Terra Santa, non rieleggendo il Provinciale, quindi
il governo del Convento fu posto sotto la diretta giurisdizione del Generale.
Il Padre Lanfranco Serrino, Ministro generale dell’Ordine, in visita ai frati
della Comunità di Istambul nei giorni 23-26 marzo 1988, poteva scrivere sul
suo “diario”: “Nella comunità arriverà presto il P. Lucio Condolo, che
rientra dopo un anno di assenza, dando segno di grande disponibilità verso
problemi comuni. La sua presenza, assai apprezzata anche per la conoscenza
della lingua turca, gioverà alla riorganizzazione delle varie attività legate
alla comunità: cura della Chiesa, parrocchia latina, stampa in turco, di
sussidi catechetici e religiosi in genere, raccordo ecumenico e
interreligioso… Gli altri frati, i PP. Alfonso Sammut, Luigi Iannitto,
Giorgio Sima e Fr. Gianfranco Tanghetti, troveranno rinnovato slancio per
un lavoro difficile e poco conosciuto”. Il P. Condolo ritornò a Istambul
verso la fine della primavera del 1988, ma vi restò soltanto due mesi perché
ripartì per l’Italia da dove non si è più allontanato.
133
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
Il Ministro generale ritornò a Istambul il 15 dicembre 1989, e dopo alcuni
giorni di permanenza tra i frati, dopo aver constatato i lavori dei religiosi, le
diverse attività svolte da essi, e le comunità assistite , potè scrivere:
“Durante la visita, incontro il nuovo Vescovo Mons. Antonio Marovitch,
Vicario Apostolico per la Chiesa latina. Saluto anche il gruppo “polacco”
(attività privilegiata del P. Giorgio); partecipo ad un momento liturgico del
gruppo “neo-catecumenale” ( una trentina, guidati dal P. Luigi); celebro la
Domenica in Sent Antuan e poi nelle due comunità delle suore francescane
di Ivrea ( alla “scuola” e all’Ospedale italiano); incontro i due “focolari”
maschile ( a Buyudere, nella nostra casa sul Bosforo, lasciata alla loro cura)
e femminile in città. Tutte realtà Turche o in Turchia, che indicano il
cammino pluriforme che si apre in questa terra difficile, ma incantatrice.
Gioisco ancora, nel vedere la crescita delle “Edizioni” in lingua turca (37
volumi fino ad ora) che il Padre Luigi sforna, con tenacia e perseveranza
intelligente, con i suoi collaboratori: un vero ponte lanciato verso l’Islam,
così come “Sent Antuan” si mostra ponte prezioso ogni martedì, per il
pellegrinaggio ininterrotto di musulmani che trovano nel Santo un richiamo
forte per la loro religiosità”.
P. Luigi Iannitto, in un libretto dal titolo: “S. Antonio in Istambul per gli
anni 2000…” nella nota introduttiva dice che ci sono “ idee e impressioni
inesatte ed arretrate” sulla missione in Turchia che girano per l’Ordine”.
Oggi si ha una sensazione di novità su questa missione turca, e giustamente,
Iannitto invita a leggere alcune opere scritte durante questi anni per
comprendere l’interesse di questa “missione” come “Relazione sulla
Parrocchia di S. Antonio di Istambul al Generale Lanfranco Serrino, 1989.
-Storia delle attività di Stampa in S. Antonio di Istambul.
-Relazione al consiglio pastorale, avvenimenti gennaio 1988
-Una Storia… Una Tappa, Istambul 1988
-Fioretti Francescani tra i musulmani, Istambul 2008.
Il nuovo S. Antonio non presenta la semplice pastorale sacramentale fatta
per i pochi cristiani europei , ma ha scoperto la missione “inter saracenos”.
Non si vuole convertire nessuno, ma si vuole far conoscere la fede Cristiana
a tutti, con umiltà e semplicità, con gli scritti e con il contatto diretto,
ascoltando e parlando con tutte le persone che hanno bisogno di avere un
colloquio o un incontro con un sacerdote. La Rivista “L’Amico di S.
Antonio”, che per tanti anni è entrata nelle famiglie di Istambul, è stata un
seme culturale che ha penetrato gli animi dei musulmani; i diversi libri
134
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
scritti in turco hanno presentato la mentalità cristiana ai turchi, Anche
l’apertura teologica, artistica e musicale avuta dai frati della Comunità di S.
Antonio verso i cultori delle scienze musulmane, sono stati mezzi di
incontro con le persone turche. Parlare bene il turco è un primo requisito per
un approccio positivo con questo popolo.
S. Antonio in Istambul è anche un centro Ecumenico dove tutti si
dovrebbero sentire di essere fratelli e in casa loro. Le migliaia di persone
turche che frequentato questa chiesa è segno di buon auspicio per l’avvenire.
Sentire turchi che ripetono: “S. Antonio e un amico di Hallà” non dovrebbe
dispiacere a nessuno.
Mi auguro che il Ministro generale sappia far sì che tutti i missionari di
quella zona sappiano essere degni di questa sublime dedizione, fatta tramite
la stampa, con gli incontri personali, con l’umiltà dello spirito di Francesco,
con la dottrina dei nostri Padri che ci hanno preceduti nella fede, e sappiano
essere protagonisti di una nuova Pentecoste. Il Definitorio generale dia
anche una definizione giuridica a queste presenze che si trovano nel
territorio che partendo da Istambul (Turchia) arriva ad Beirut e nelle zone
adiacenti212.
Il secolo XX è stato definito “il secolo breve” perché politicamente e
socialmente, lo si fa cominciare con la prima guerra mondiale. Nel 1914,
dopo l’assassinio di Serajevo, l’Austria dichiarò guerra alla Jugoslavia che
nel volgere di pochi mesi divenne guerra europea e quindi mondiale. Molti
religiosi dovettero partire sotto le armi, diversi conventi furono presi dallo
stato e adibiti ad ospedali e tutte le famiglie religiose ebbero un periodo di
affievolimento nelle loro iniziative apostoliche. Anche i francescani
subirono le stesse conseguenze. Terminata la guerra, ridettero una nuova
spinta al loro rinato fervore apostolico e formativo.
212
Notitiae ex Curia Generalis Fratrum Minorum Conventualium Annis 1-3 Acta 1905,
p.XIV; cfr P. L. Serrino, Asterischi di viaggio, CIMP, Falconara 1995, pp. 252-53; pp.
325s, L. Iannitto, Inshallah, Bollettino della Delegazione
generale del Medio Oriente, Febbraio 2001; S. Antonio in Istambul per gli anni
2000…, Istambul 2009.
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P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
UN GRANDE APPUNTAMENTO
I frati minori conventuali, da sempre avevano avuto la custodia del
sepolcro del Serafico Padre. Poiché si avvicinava il settimo centenario della
morte del Santo, fin dal 1920 cominciarono ad organizzarsi per questa
solenne ricorrenza, creando un comitato organizzatore presieduto dal P.
Leone Cicchitto, letterato, teologo e filosofo.
Per sensibilizzare l’opinione pubblica al grande evento fu fondato un
periodico illustrato, di grande formato, dal titolo “S: Francesco”. Mentre il
Cicchitto era il direttore della prestigiosa rivista, alcuni dei collaboratori più
illustri furono Faloci-Pulignani, Francesco Pennacchi, Andrea Tini ed altri
studiosi del francescanesimo. Nel 1925 la rivista ebbe come direttore il P.
Achille Fosco che pubblicò anche diversi libri su Francesco e il
francescanesimo, e continuò la grande opera di sensibilizzazione nel popolo,
“raggiungendo lo scopo di ravvivare l’imperiosa memoria di quel grande
italiano che avendo richiamato i contemporanei suoi alla fonte pura del
vangelo, insegna a noi per quale via, in questo mondo turbolento, possiamo
ritrovare l’amore e la pace”. Il 4 ottobre 1926 “nessuno fu trovato
impreparato alla celebrazione di quella grande ricorrenza, e il mondo intero
partecipò alla festa di un uomo che da sette secoli ripeteva alle coscienze
dell’umanità: “Pace e Bene”. Le celebrazioni segnarono il “massimo
dell’apoteosi che la Chiesa e la società possano tributare ad un
uomo…”.Intervenne anche la Chiesa per bocca del Sommo Pontefice Pio XI
che con l’enciclica “Rite expiatis” del 1926, ricordava che “Francesco col
vittorioso apostolato suo e dei suoi… gettò le fondamenta di un
rinnovamento sociale, operato radicalmente in conformità dello spirito
evangelico”213, e la famiglia conventuale, tramite il fervore culturale, mistico
e liturgico e soprattutto rievocativo della Chiesa, per la missione svolta dal
Santo Patriarca, si sentì rianimata e fortificata dalla speranza di un futuro
luminoso, e spronata ad una ripresa della vita evangelica della fraternità.
In quegli anni di grande fervore spirituale c’era un grave problema da
risolvere: rientrare in possesso del Sacro convento di Assisi. Dopo la
soppressione del 1866, il Sacro Convento era stato incamerato dallo Stato
italiano ed era utilizzato dal comune di Assisi come “Convitto nazionale per
orfani di guerra”. I superiori maggiori dell’Ordine avevano fatto richiesta
per ritornare in possesso della loro Casa Madre e Capo della famiglia
francescana, ma inutilmente. Il comune pretese che i frati costruissero uno
213
Mariano Bigi (a cura), Magistero dei Papi e fraternità secolare, Roma 1985, p. 128ss.
136
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
stabile dove trasferire il “convitto Nazionale”. I Conventuali, con l’aiuto del
popolo e degli uomini di governo vicini alla Chiesa, edificarono un
grandioso stabile nella parte alta di Assisi che era già pronto nell’estate del
1927, ma gli imbrogli burocratici non si districavano, quando, intervenendo
di autorità Benito Mussolini, e troncato di colpo il groviglio degli ostacoli,
la sera del 3 ottobre 1927, tramite il ministro Fedele riconsegnava il Sacro
Convento all’Ordine che, in numero di 150 frati e aspiranti religiosi
ritornavano “per vivificare e rianimare religiosamente quelle venerande
mura”.
Con la chiusura dell’anno centenario e la restituzione del Sacro Convento
di Assisi, la famiglia Conventuale si rimise in movimento perché i figli del
Poverello si resero conto di essere i depositari di un messaggio attualissimo
che proveniva dal Padre e di cui il mondo aveva bisogno: portare al mondo
il vangelo della semplicità e dell’amore. Questa spinta di rinnovamento e di
alta testimonianza evangelica dette nuove energie a tutti i francescani: ai
membri delle tre famiglie del primo Ordine, alle Clarisse e ai francescani
secolari.
LA CROCIATA MISSIONARIA
Pio XI, conscio “che l’apostolato è la sostanza più vera e più preziosa del
Pontificato romano”, diede un largo impulso alla diffusione della Chiesa in
terra di missione. Lavorò con passione per rianimare le missioni ad gentes e
scrisse pure l’enciclica “Rerum Ecclesiae”. Richiamò i religiosi ad aprire
nuove missioni nel mondo ancora lontano dalla fede, e proclamò patroni
delle missioni S. Teresa del Bambino Gesù e S. Francesco Saverio. Il nostro
Ordine rispose all’appello del Pontefice con la creazione della “Crociata
missionaria”, voluta dal Ministro generale Domenico Tavani, il 23 febbraio
1924. Essa era intesa come pia opera di collaborazione missionaria tra i
fedeli e come istituto di reclutamento per le vocazioni missionarie. Era la
“santa riscossa” dell’Ordine per formare, preparare e aiutare a far crescere le
vocazioni missionarie da inviare nel mondo infedele. Lo stesso sommo
Pontefice benedisse ed incoraggiò questa nobile iniziativa definendola
“nuova fiamma apostolica provvidamente ridestata nell’Ordine”, nella
speranza che “la veneranda famiglia dei Conventuali terrà ad altissimo
onore il nuovo prezioso virgulto”. I Ministri generali Alfonso Orlini,
Domenico Tavani e Beda Hess lavorarono molto per organizzare bene la
Crociata e soprattutto ridonarono una grande spinta missionaria all’Ordine.
137
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
La Crociata missionaria, oltre a preparare i giovani per le terre lontane, ebbe
il merito di venire incontro alle necessità dell’Ordine nei collegi di Assisi e
di S. Bonaventura in Roma, ed è stata amata da tutti i frati fino al suo
scioglimento durante il generalato del PadreVittorio Costantini, negli ultimi
anni ’50.
Nel 1924 l’Ordine apriva in Cina la missione di Hinganfu, nello Shensi.
Nello stesso anno rinasceva il collegio missionario, col titolo di Scuola
apostolica per le missioni. Nel 1929 aveva inizio la missione di rito
bizantino-slavo nella Moldavia.
P. Massimiliano Kolbe, nel 1930 apriva una missione in Giappone, nella
diocesi di Nagasaki. Nel 1931 la famiglia Conventuale si dette delle nuove
costituzioni in consonanza con il nuovo diritto canonico; inoltre proprio in
quell’anno era affidata all’Ordine la missione di Ndola in Rodesia
Settentrionale; nel 1937 fu aperta la missione di Buitenzorg, nell’isola di
Giava e nel 1940 fu aperta quella di rito bizantino greco in Albania. C’era
un risveglio missionario in senso universalistico.
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P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
P. MASSIMILIANO KOLBE O LA GRANDE RIPRESA
P. Kolbe era nato a Zdunska Wola, vicino Lodz (Polonia) l’08.01.1894.
Al fonte battesimale aveva ricevuto il nome di Raimondo. Entrato
nell’Ordine dei conventuali nel 1907, visse i primi anni nel collegio di
Leopoli; dopo l’anno di noviziato in cui prese il nome di religione
Massimiliano Maria, il 05. 09. 1910 emise la professione religiosa.
Terminato il corso umanistico nel 1912, fu mandato a Roma nel collegio
serafico internazionale dell’Ordine, per continuare la sua formazione
filosofico-teologica e soprattutto spirituale, per essere ordinato Sacerdote.
Nel 1915 si laureò in filosofia nella pontificia università Gregoriana e nel
1919 conseguì la laurea in teologia nella Pontificia facoltà teologica S.
Bonaventura. Il 16.10.1917 fondò la Milizia dell’Immacolata, movimento
mariano a servizio della Chiesa e della causa di Dio nel mondo sotto la
guida dell’Immacolata. Tornato in Polonia nel 1919, dette inizio
all’apostolato mariano, fondando circoli mariani e nacquero le prime riviste
come “Il Cavaliere dell’Immacolata”. Nel 1927 fondò la “Città
dell’Immacolata Niepokalanow” che fu un vero centro di spiritualità
mariana. Il suo apostolato fu quello della stampa che si presentava con 8
pubblicazioni. Nel 1930 partì per il Giappone dove fondò una seconda città
dell’Immacolata “Mugenzai-no-Sono”. Nel 1936, ritornato in Polonia,
lavorò per incrementare Niepokalanow che, nel 1937 contava ben 762
religiosi Erano uomini di cultura e semplici operai, aviatori e pompieri,
gente semplice e scrittori. Tutti avevano un solo scopo: lavorare per
estendere la devozione alla Madre di Dio e attraverso essa, raggiungere
Gesù. A Niepokalanow si viveva la “perfetta povertà”: tutto era per il
Signore, nulla era concesso agli uomini. Nel 1939, quando arriveranno i
nazisti per arrestarlo per la prima volta, questo centro sarà il più grande
complesso editoriale polacco, ma tutto al servizio dell’Immacolata.
Tra le riviste curate e stampate a Niepokalanow, la più prestigiosa era
sicuramente “Il Cavaliere dell’Immacolata”; che raggiunse centinaia di
migliaia di copie in pochi anni; tanto da essere letta da quasi tutte le famiglie
della Polonia. Nel 1937 “Il Cavaliere” aveva una tiratura di ben 750.000
copie. “Il Cavalierino dell’Immacolata”, giornalino per i ragazzi, ne contava
180.000 e il “Piccolo giornale” aveva una tiratura di ben 150.000 copie nei
giorni feriali e oltre 220.000 nei giorni festivi, il Miles Immaculatae con
40.000 copie e tante altre pubblicazioni come Il calendario del Cavaliere
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P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
dell’Immacolata, la Cronaca della Milizia, l’Eco di Niepokalanow,
Bollettino di informazione delle Missioni, ecc…
Nel 1941, arrestato nuovamente dalla Gestapo, fu condotto nel campo di
concentramento di Oswiecim. Fuggito un prigioniero, furono presi dieci
prigionieri da condannare a morte nel “bunker della fame”. Tra i dieci c’era
un padre di famiglia, di nome Francesco che piangeva e gridava: “Addio
mia moglie! Addio miei figli!”. Massimiliano al sentire quel grido di dolore
uscì dalla fila dei prigionieri e si presentò al comandante tedesco, chiedendo
di offrire la sua vita al posto del padre di famiglia che lui non conosceva. Fu
accolto e si recò con gli altri nove dove portò conforto e speranza nella vita
eterna. L’anticamera dell’inferno diventò l’anticamera del Paradiso.
Per l’Ordine francescano conventuale P. Kolbe è stato un vero secondo
fondatore del secolo XX°, ha fatto quasi raddoppiare il numero dei frati in
campo, oltre ad aver portato l’Ordine nel Giappone dove oggi ha una
Provincia religiosa, fiorente e vivace.
S. Massimiliano Kolbe dovrebbe essere studiato con amore da tutti i
francescani e, se possibile, essere imitato. I frati minori conventuali
dovrebbero imitare l’esempio del grande polacco e portare avanti il suo stile
di vita nel nostro tempo per vedere se il suo modo di agire e di vivere è
ancora attuale. Il Papa Giovanni Paolo II nel discorso pronunziato in
occasione della canonizzazione, chiamò “Massimiliano santo del nostro
difficilissimo secolo”. Se Lui è il Santo del secolo breve e difficile, può
essere anche il Santo che ci insegna a vincere le difficoltà e a ridare
speranza al mondo, senza statue e senza orpelli esterni, ma con il suo
esempio e l’amore a Cristo e a Maria.
“Fu capo, padre, maestro di spirito e di scienza, avendo insegnato per 9
anni filosofia e teologia; ebbe spiccate qualità intellettuali. Il fascino della
poliedrica figura di questo martire della carità cristiana, che lo spinse a dare
la vita al posto di uno “sconosciuto”, nel campo di concentramento di
Oswiecim, è vissuto e continua a vivere in quanti lo conobbero o ne
vengono a conoscenza”214.
La spiritualità mariana del grande francescano deve essere studiata
conosciuta e amata come anche lo spirito della Milizia non può essere
214
Piacentini E., Kolbe Maksimilian-Maria, in DIP Vol 5, 362-367. cfr Rovagna M.,
Una storia d’amore Vita di S. Massimiliano Kolbe , Roma 2003; M. Winowska, Storia di
due corone, Roma 1952; P. A. Ricciardi, B. Massimiliano Kolbe, Roma 1971; P. S.
Cancheri, S. Marrimiliano Kolbe, Roma 1982.
140
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
sopportato con tanta neghittosità dai frati. Se vogliamo un risveglio
prodigioso dell’Ordine bisogna riprendere la ricetta dataci dal caro ed eroico
fratello, anche leggendo ciò che lui pensava del francescanesimo
conventuale nel nostro tempo.
DAL CONCILIO AD OGGI
Dopo la pubblicazione del nuovo Diritto Canonico, nel 1919, tutti gli
istituti religiosi dovettero aggiornare le loro costituzioni ed anche i
Conventuali aggiornarono le loro costituzioni che erano restate quasi
inalterate dal tempo di Urbano VIII, nel 1627. Così nel 1931, sotto il
generalato di P. Domenico Tavani, furono pubblicate le nuove costituzioni
che dettero nuovo slancio ed entusiasmo a tutti i religiosi. Si stava avviando
una nuova fase di vita per tutti gli Ordini e Congregazioni quando scoppiò la
seconda guerra mondiale (1939-45).
La seconda guerra mondiale ha creato un lungo periodo di stasi spirituale
per tutti gli istituti religiosi e per la stessa Chiesa. E’ diventata una profezia
la famosa frase di Pio XII: “Con la guerra tutto si perde, con la pace tutto si
può salvare”. Fu scatenata la guerra ed ha creato morte e distruzione nelle
nostre città, sconforto nei cuori degli uomini e vuoto spirituale in tutti,
anche nei religiosi! Terminato il conflitto mondiale, bisognò asciugare le
lagrime, curare le ferite, ricominciare a ricostruire le città e soprattutto gli
stessi uomini e donne.
Negli anni 1946-1960 i religiosi si sono impegnati a reclutare vocazioni e
a creare grandi collegi dove educare i giovani ad una vita povera,
obbediente e casta, secondo i dettami del Maestro divino. E’ stato un
periodo di grande sviluppo per gli istituti. Anche i Conventuali hanno
lavorato molto per la “reclutazione” e preparazione dei giovani alla vita
religiosa. Hanno aperto nuovi collegi, hanno incrementato quelli di antica
fondazione come Assisi, Padova, Cracovia, ecc., hanno costruito il nuovo
Collegio internazionale nella zona dell’EUR in Roma, e vi hanno destinato
religiosi sempre meglio formati e periti nelle scienze umane, oltre che
teologiche e filosofiche. Si è venuti incontro alle esigenze dei nuovi tempi.
Però già sotto il pontificato di Pio XII la Chiesa sentiva l’urgenza di un
rinnovamento che si respirava nell’aria e nelle stesse Congregazioni romane.
Le encicliche “Mystici corporis” del 1943 e “Humani generis” del 1950,
avevano dato una nuova visione della Chiesa Corpo mistico di Cristo. Le
idee ecclesiologica e cristocentrica andavano assumendo un ruolo
141
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
importante nei pensatori e teologi del momento. Morto Pio XII nel 1958, fu
eletto Papa Angelo Giuseppe Roncalli che prese il nome di Giovanni
XXIII. Questi dopo solo alcuni mesi dalla elezione manifestò il desiderio di
celebrare un Concilio e lo annunziò in pubblico Concistoro, indicendone
l’apertura per 11 ottobre 1962, giorno nel quale i Padri conciliari dettero
inizio ai suoi lavori che si protrassero fino al 7 dicembre 1965 quando fu
chiuso con un solennissimo discorso di Paolo VI. Il Concilio, guidato dallo
Spirito Santo, ha ridato un volto nuovo alla Chiesa; è stata un’occasione per
riaprire la porta della speranza nel cuore degli uomini che oggi si
riconoscono Chiesa. Anche i religiosi hanno trovato un lavacro di
rigenerazione nel Concilio che ha dedicato ad essi il capitolo VI della
“Lumen Gentium” e il decreto “Perfectae caritatis”. Il Concilio ha
richiamato i religiosi a ristudiare il carisma del fondatore e a mettersi alla
sequela di Cristo perché essi sono stati “eretti per l’edificazione del corpo
di Cristo e perché abbiano a crescere e a fiorire secondo lo spirito dei
fondatori”. I francescani Conventuali, guidati da ottimi Ministri generali,
hanno rimeditato i loro carismi e, dopo aver aggiornato le Costituzioni, le
hanno pubblicate ufficialmente nel 1984; rianimati, hanno ripreso la vita
evangelica nella fraternità con lo spirito del Serafico Padre.
Però quasi in concomitanza con il Concilio, si è avuto una profonda crisi
nella società civile, prodotta da un effimero benessere economico e da una
concezione esistenziale avulsa da Dio. Si è cominciato a parlare di spirito
libertario, di mondo post-cristiano e post-moderno, secolarizzato e laico,
ammalato di indifferentismo e di ateismo pratico.
Queste idee hanno intaccato e contaminato la famiglia e, in essa, i
giovani. Il miraggio di un guadagno facile e l’esaltazione del piacere a buon
mercato hanno assopito nel cuore degli uomini i grandi ideali.
Anche la vita religiosa è stata intaccata da questo pensiero debole e laico:
in ambito ecclesiastico, nel quindicennio tra il 1965 e il 1980, si è stati
spettatori di giovani seminaristi e di sacerdoti che hanno abbandonato gli
istituti, quindi c’è stato lo svuotamento dei seminari mentre i sacerdoti più
anziani venivano richiamati nella casa del Padre.
Anche i francescani Conventuali hanno avuto qualche perdita, ma è stata
una purificazione perché da verso 1980 si è avuto una ripresa spirituale tra i
frati rimasti ed una accentuata attività vocazionale dell’Ordine, accogliendo
giovani di buona volontà. Proprio in quegli anni di crisi è nato il movimento
142
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
“Giovani verso Assisi”, una rianimazione della “Gifra” e tanti altri gruppi
sorti nel nome di Francesco.
I Ministri generali di questi ultimi 40 anni, P. Basilio Heiser (1960-72),
P. Vitale Bommarco (1972-83), P. Lanfranco Serrini (1983-1995), P.
Agostino Gardin (1995-2001), P. Joachim Giermek (2001- 2007), P. Marco
Tasca (2007…) hanno lavorato e lavorano per una maggiore aderenza della
fraternità a Cristo, tramite l’insegnamento del Padre Serafico. Nel Capitolo
del 2007 si è avviato anche la “revisione sistematica delle attuali
Costituzioni” per renderle smpre più attinenti allo spirito del Serafico Padre
e alla vita dei frati del ventunesimo secolo. Si è parlato anche della
“formazione alla missione che deve costituire l’impegno prioritario per tutto
l’Ordine…”. Ci si augura che durante il sessennio “La Commissione per la
Formazione continui l’elaborazione del Documento della Ratio Studiorum”
dell’Ordine215.
Voglio ricordare lo sforzo operato dall’Ordine nel Capitolo del Messico
del 1992, presieduto dal Ministro generale Lanfranco Serrini, che cercò di
cogliere “l’identità francescana” della famiglia Conventuale in tre parole:
“fraternità, minorità e conventualità: dimensioni da vivere in una totale
dedizione alla missione”216.
Il Capitolo straordinario di Ariccia del 1998 ha discusso sulla
“formazione nell’Ordine”, e ha riconosciuto, con molto realismo, che
“l’analisi della situazione dell’Ordine fa emergere una sensibilità nuova che
sta crescendo e che fa prendere coscienza in maniera particolarmente acuta
della difficoltà, in molte comunità della nostra famiglia religiosa, ad
armonizzare adeguatamente la vita di preghiera-contemplazione, nelle sue
varie espressioni, con l’attività apostolica”. Quindi i frati vengono
richiamati ad una vita di preghiera più intensa e ad una fraternità in
comunione. Non valgono tanto le opere quanto la fraternità, la preghiera
assidua, la vita vissuta nei voti di povertà, obbedienza e castità e la
familiarità con il Cristo crocifisso e risorto.
Soprattutto dal dopo Concilio, i frati sono stati invitati dalla Chiesa a
prendere le parrocchie, e la vita parrocchiale è molto esigente, se si vuole
fare bene il proprio dovere; a volte non si ha tempo per meditare e riflettere
adeguatamente sui misteri che si trattano. C’è bisogno di pause di riflessione
e di giorni di meditazione. Solo la preghiera assidua può dare valore alle
215
216
Comentarium Ordinis fratrum minorum Conventualium fas. 2 2007, p 143-145.
Documento del Capitolo Generale Straordinario, Messico 1992, pp. 6-12.
143
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
attività parrocchiali. L’Ordine sta prendendo coscienza della importanza
dell’unione con il Signore217.
MISSIONE ED ESPANSIONE DELL’ORDINE DAL DOPOGUERRA AD OGGI
L’Ordine negli ultimi 60 anni, si è esteso in ogni parte del mondo, tramite
missioni aperte dalle singole Province, incoraggiate dal Ministro generale.
La Provincia dell’Immacolata Concezione USA, nel 1946 inviava dei
missionari in Brasile dove fondavano un Commissariato provinciale, nel
1970 è diventata Custodia ed oggi ha 7 case. La stessa Provincia americana
apriva delle case in Canada che nel 1976 proclamava Custodia provinciale
del Canada. Oggi è formata da 5 conventi. Sempre la stessa Provincia sin
dal 1946 aveva inviato dei missionari nel Costarica che oggi è delegazione
provinciale con 2 conventi. Nel 1968 il Provinciale di Bologna inviò alcuni
frati missionari in Indonesia, nel 1985 la missione era cresciuta tanto da
essere proclamata Custodia con 7 conventi. Nel 1949 alcuni missionari
padovani arrivarono in Brasile. Nel 1955 la missione fu dichiarata
Commissariato dell’America latina e nel 1981 fu proclamata Provincia
religiosa. Nel 1977 alcuni frati missionari spagnoli si recarono in Columbia
e nel 1994 fu eretta la Custodia della Columbia che ha 5 case. Nel 1980
alcuni frati maltesi si recarono in India; nel 1995 è stata proclamata
Custodia ed ha una decina di case. La Provincia di Napoli nel 1979 inviava
alcuni missionari nelle Filippine; nel 1989 veniva dichiarata Custodia
filippina ed oggi è ricca di vocazioni ed ha circa 60 religiosi indigeni e 6
conventi. Nel 1949 la provincia patavina inviò diversi frati in Francia dove
furono aperte alcune case religiose (Bordeaux, Fontcouverte, Narbonne,
Tarbes), che nel 1970 sono stati eretti a Custodia provinciale. Nel 1976 i
Provinciali di America e di Padova inviarono alcuni frati missionari in
Ghana; nel 1994 è stata eretta la Custodia del Ghana ed ha 5 conventi. La
Provincia polacca di S. Antonio ha delle delegazioni provinciali in
Germania con 2 case, in Italia con 1 casa, in Slovacchia con 5 case, in
Russia con 1 casa, in Ucraina con 2 case, in Uzbekistan con 1 casa, in
Paraguay con 1 casa, in Perù con 4 case, dove nel 1991 furono uccisi tre
missionari, due polacchi e uno italiano (P. Miguel Tomaszek a. 31, P.
Zbigniew Strzalkowski a. 34, P. Alessandro Dorni Negroni a. 61. Il
Provinciale di S. Antonio di Padova della Polonia inviava missionari in
217
Commentarium Ordinis F. M. Conv., a. 1998, fas. 2, pp. 485ss.
144
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
Bolivia nel 1977; nel 1986 era eretta la Custodia provinciale di Bolivia con
7 conventi. La Provincia delle Puglie ha aperto una missione in Venezuela
nel 1979 ed oggi ha due conventi. La provincia dell’Immacolata di Polonia
ha una delegazione in Biellorussia con 7 conventi, una delegazione in
Germania con 3 conventi, una delegazione in Russia con 4 conventi, una
delegazione in Tanzania con 3 conventi. Nel 1974 ha aperto anche una
missione in Brasile che nel 1983 divenne Custodia ed ha 9 conventi. La
Provincia di S. Massimiliano di Polonia ha una delegazione in Germania
con 5 conventi, in Lituania 2 conventi, in Russia un convento, in Svezia 2
conventi, in Equador 3 conventi, in Kenia 3 conventi. Le Province di
Padova e dell’Immacolata di Polonia hanno aperto una missione in Canada
la quale, nel 1974 fu eretta a Custodia ed oggi ha 9 conventi. La Provincia di
Padova nel 1947 inviò missionari nell’Argentina o Rioplatense, nel 1961 fu
dichiarato Commissariato provinciale e nel 1989 è stata eretta a Provincia.
Questa provincia si estende anche in Uruguai. La Provincia Romana ha
aperto una missione in Brasile. Nel 1977 la provincia siciliana aprì una
missione in Messico. Oggi è florida custodia con 7 conventi e circa 50
religiosi. La Provincia Slovena ha due case religiose in Austria. Alcuni
missionari espulsi dalla Cina, nel 1958 si recarono in Corea dove fondarono
una missione che nel 1975 divenne Custodia ed oggi è eretta a Provincia,
con grande fioritura di vocazioni. Il numero dei conventi può aumentare o
diminuire, a seconda dei momenti storici, ma c’è un grande fermento
missionario in tante parti del mondo218.
Con la caduta del muro di Berlino e la fine del sistema comunista nei
paesi dell’Est, anche l’Ordine dei Conventuali ha ripreso a fiorire: tra le
tante regioni dove era presente dai tempi antichi, va ricordato lo splendore
delle due province dove c’è una ridente primavera di vocazioni e di apertura
missionaria: la Polonia e la Romania; anche le altre regioni dell’Est stanno
rifiorendo come la Cecoslovacchia, l’Ungheria, la Bulgaria, oltre che alle
diverse regioni della ex Jugoslavia. La Provincia di Padova ha pure una
delegazione provinciale in Portogallo con 4 conventi ed una delegazione
provinciale in Cile con 2 conventi. La Provincia di Malta inviò dei
missionari in Australia nel 1953, nel 1964 fu dichiarato Commissariato
provinciale. Nel 1969 fu eretta a Custodia generale. Ed ha 4 conventi.
Alle missioni già accennate e che alcune stanno per essere dichiarate
Province, mentre il Giappone la Corea e lo Zambia già hanno raggiunto
218
Album Generale dei frati minori conventuali, Roma 2005.
145
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
questa meta negli ultimi anni, di recente sono sorte tre nuove missioni:
Angola dove sono andati missionari brasiliani, Cuba dove si sono recati tre
frati missionari delle Marche e della Sardegna e il Burkina Faso dove ci si
trovano 5 frati missionari dell’Abruzzo e della Polonia.
Oggi l’Ordine dei frati minori conventuali è così costituito: 37 Province,
14 Custodie provinciali, 3 Custodie generali, 17 delegazioni provinciali e tre
missioni219.
ATTIVITA’ DELL’ORDINE E PERSONAGGI ILLUSTRI DEL
SECOLO XX
L’ordine ha i suoi grandi centri culturali in Roma con la facoltà teologica
“Seraphicum” di S. Bonaventura con la rivista storico-teologica Miscellanea
Francescana; Padova con l’Istituto teologico S. Massimo, affiliato al
Seraphicum, e pubblicano le riviste: Il Santo, il Messaggero di S. Antonio,
con tante altre attività editoriali; l’istituto teologico Franciscanum di Assisi;
negli Stati Uniti St. Antony-on Houdson, che è affiliato all’università
cattolica di Washington dal 1949; Cracovia-Polonia “S. Francesco” studio
generale dal 1628, l’Istituto teologico di Roman in Romania, affiliato al
Seraphicum, ecc.
Tra le riviste importanti dell’Ordine va ricordato anche “Città di Vita” di
Firenze. In Polonia Niepokalanow troviamo “Il Piccolo Giornale”, “La
Milizia di Maria Immacolata” che oggi raggiunge le 700.000 mila copie,
mentre prima della seconda guerra mondiale aveva toccato il milione di
copie in certi periodi forti dell’anno e con edizioni staordinarie. In Assisi
abbiamo la rivista “S. Francesco Patrono d’Italia” che continua, in forma
minore, l’attività culturale della bella e brillante rivista degli anni 1920-30
“S. Francesco”. Anche il Giappone ha la rivista “Cavaliere
dell’Immacolata”, con una tiratura di 40.000 copie, la rivista cattolica più
diffusa del paese del Sol Levante.
Durante questo secolo, e soprattutto dopo il secondo conflitto mondiale,
l’Ordine ha aperto e sviluppato diverse iniziative: a Padova nacque l’Opera
del pane di S. Antonio nel 1887; in Transilvania, nel 1923, nacque un centro
di lavoro intorno alla tipografia della rivista “Domenica”; in Ascoli Piceno
sorse un Pio istituto del Sacro Cuore nel 1926 e in Ancona quello dei figli
dei marinai (1947); anche Padova nel 1949 fondò un Orfanotrofio
Antoniano. In Giappone fra Zeno Zebrowski era conosciuto come Madre
219
Album Generale, O. F.M. Conv., 2005.
146
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
Teresa a Calcutta; ha lavorato per tutta la sua vita tra i ragazzi poveri,
hantikappati, orfani del Giappone, fondando per essi la “città fattoria” e
subito dopo guerra aveva creato il Villaggio delle formiche che fu uno dei
più grandi centri di baraccati, ospitando nei pressi della stazione ferroviaria
di Tokio oltre 6000 senzatetto. Moriva dopo 54 anni di permanenza nella
terra del Ciliegio in fiore, il 24 aprile 1982.
Grandi missionari del secolo sono stati P. Massimiliano Kolbe che ha
aperto la missione in Giappone ed ha svolto una missione intensa anche in
Polonia, soprattutto attraverso la stampa e la radio; va ricordato Francesco
Mazzieri missionario in Zambia dove è stato anche vescovo ed è morto in
concetto di santità. Ottimo missionario è stato anche il P. Angelo Rucci che
è restato per un trentennio nello Zambia dove è vissuto ed ha annunziato il
vangelo, con gioia e serenità.
Un grande apostolo e diffusore della devozione mariana, è stato P. Pietro
Pal, rumeno, che, dopo essere stato un confondatore della Milizia
dell’Immacolata con il P. Kolbe, tornò in Romania e nel 1923 fu nominato
parroco di Liuzi-Calugara. Si dimostrò “uomo raro per virtù e capacità”
apostolica. Fece erigere una monumentale chiesa parrocchiale; per la
gioventù studentesca aprì un liceo-ginnasio parificato ed edificò un collegio
per gli aspiranti alla vita religiosa. Essendo uomo di vasta cultura, scrisse
“L’origine cattolica della Moldavia”. Quest’opera gli valse il titolo di
“difensore del popolo moldavo”. Il Pal fu un vero missionario “di vaste
iniziative ecumeniche, aprì in Transilvania una Missione di rito cattolico
bizantino, promovendo con ogni mezzo l’unione della Chiesa Ortodossa con
la Chiesa Romana”. Vittima di un gesto d’amore per un ammalato di tifo
esantematico, moriva al canto della Salve Regina, il 21 giugno 1947. P.
Stefano Ignudi, teologo e dantista, fu rettore del collegio internazionale per
molti anni; guidò Massimiliano Kolbe mentre studiava a Roma e si
preparava al sacerdozio, approvò la fondazione della Milizia
dell’Immacolata, spiegò grande attività nell’Ordine e nella Curia Romana.
Ha lasciato oltre un centinaio di scritti editi tra i quali ricordiamo “Il sistema
politico di Dante”, “Commento alla divina commedia”. P. Leone Veuthey,
discepolo di S. Bonaventura e figlio di Francesco, ha pensato secondo la
dottrina del Dottore Serafico, ma ha vissuto la regola del Padre nella sua
integrità. E’ stato mistico e santo per la vita vissuta secondo Dio, ed ha
illuminato i suoi alunni con opere di grande spessore culturale e spirituale.
Ricordiamo: “Filosofia cristiana di S. Bonaventura”(1943), “ Ut omnes
147
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
unum sint” (1947), “La donna delle dodici stelle” (1958), “Il Mistero del
reale: amore, conoscenza, essere” (1960), ecc. P. Leone Cicchitto (1972),
ottimo insegnante di dommatica nel Collegio internazionale Seraphicum per
un quarantennio; tra le pubblicazioni ricordiamo “Postille bonaventurianodantesche” e la polemica su Clemente XIV. Nel campo storico vanno
ricordati P. Luigi Palomes, storico di Francesco e del francescanesimo, P.
Giuseppe Abate, infaticabile ricercatore di notizie storiche come “La casa
dove nacque S. Francesco”; “La casa paterna di S. Chiara”; “Il Primo
breviario Francescano”, ecc… P. Corrado Eubel (1923) ha continuato il
Bullarium Franciscanum iniziato dallo Sbaraglia ed ha iniziato l’opera
“Hierarchia Catholica”. P. Domenico Sparacio, siciliano, tra le opere
ricordiamo “Frammenti Bio-bibliografici di scrittori ed autori minori
conventuali” (1931). P. Gustavo Parisciani, marchigiano, ha scritto molto
sulla provincia marchigiana e su S. Giuseppe da Copertino ed anche sulla
storia dell’Ordine come “La riforma tridentina e i frati minori conventuali”,
ecc.
Il secolo XX è stato anche un tempo di santità per l’Ordine: abbiamo P.
Rabbuini (1902), i martiri della Spagna proclamati beati: Beati Alfonso
Lopez, Miguel Ramon Salvador, Modesto Vegas, Dionisio Vincente
Ramos, Francisco Remon Jativa, Pedro Rivera; P. Massimiliano Kolbe, “il
santo del nostro difficilissimo secolo”; gli oltre 70 frati morti nei campi di
concentramento di Germania, di Polonia, di Russia, durante l’ultimo
conflitto mondiale, i quattro martiri del Perù già ricordati, fra Zeno
l’apostolo dei poveri e dei bambini abbandonati del Giappone, Mons.
Giovanni Soggiu martirizzato in Cina. Accanto a tutti costoro ci sono molti
religiosi vissuti nell’aderenza completa alla regola del Serafico Padre ed
alcuni sono in fase di beatificazione come il P. Leone Veuthey, ecc…
La Famiglia Conventuale ha avuto sempre ottimi artisti ed anche nel
secolo XX ci sono stati musici e pittori di rilievo; tra i musici ricordiamo P.
Domenico Stella (1956) che tra l’altro ci ha lasciato una Missa patriarchalis
a più voci e il famoso Cantico delle creature; P. Bernardino Rizzo (1968),
uomo dal grande respiro musicale: tra le altre opere ricordiamo il dramma
“Mistero di S. Cecilia”, il “Trittico Dantesco”, gli oratori “S. Francesco, il
Santo, Paolo di Tarso, ecc”… Tra i pittori ricordiamo due illustri artisti del
secolo: P. Stefano Macario napoletano (+2003) che ha dipinto moltissime
tele che si trovano in diverse chiese e case private del napoletano e d’Italia,
e P. Giovanni Lerario romano di nascita, pugliese di origine e abruzzese per
148
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
scelta (+1973), che oltre a dipingere tele e quadri, ha dedicato tutta la sua
vita ad affrescare chiese in diverse parti del mondo, come a Fatima, a
Liverpool, a Longiano, a Riccione, a Loreto, a Pescara, a Silvi, ecc… . Sono
molte le nazioni che custodiscono opere pittoriche di questo maestro220.
Oggi l’Ordine dei Conventuali conta c. 4400 religiosi e dagli anni
sessanta ad oggi è stato l’ordine che ha avuto le minori perdite nell’ambito
degli istituti religiosi. Per avere un’idea sulle statistiche degli Ordini
religiosi dagli anni ’60 ad oggi basta leggere le tabelle del DIP 221. Per le
ultime statistiche, si può controllare il “Conspectus Generalis Ordinis die 31
decembris 2008, pubblicato sul Commentarium Ordinis222.
II PARTE
S. CHIARA D’ASSISI e il Secondo Ordine223
S. Chiara nacque nel 1193 da Favarone ed Ortolana, due nobili signori
appartenenti alla famiglia Offreducci, che avevano il palazzo sulla piazza
prospiciente la chiesa di S. Rufino, nel centro della città di Assisi. La
bambina cresceva alla scuola della mamma Ortolana “che alla nobiltà e alla
220
N. Petrone, P. Giovanni Lerario, OFMConv. –L’uomo, il religioso, l’artista a
trent’anni dalla morte, Silvi Marina 2003.
221
DIP, X, 811.
222
Commentarium Ordinis fratrum Minorum Conventualium an 106 fas. 1 2009 p51.
223
Fonti Francescane nuova edizione, Padova 2004, 2740-3315. Cfr C. A. Lainati,
Chiara d’Assisi, Porziuncola 1988; J. Grèal, Chiara d’Assisi, pianticella di Francesco,
Mappano 1993; V. Marina, Chiara d’Assisi, Padova 1990.; Colette Roussey- Pascal
Gounon, Nella tua tenda per sempre, Storia delle clarisse, Città di Castello 2005.
149
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
ricchezza, aggiungeva doti morali di carità e di pietà”. La bimba apprese
dalla madre la preghiera e la generosità verso i poveri che si aggiravano per
le vie di Assisi sul finire del secolo XII. Anche per la ricca Assisi, quello fu
momento di squallore e di miserie, tanto da passare alla storia come tempo
della “fame mortale”.
Spinta dalla mamma, la piccola Chiara si privava dei suoi cibi raffinati
per inviarli, tramite Bona di Guelfuccio, agli innumerevoli orfanelli della
città.
Inoltre, pur dovendo comparire sempre elegante in pubblico, per il
decoro della illustre famiglia, essa portava un piccolo cilicio per mortificare
il suo corpo. Col passare degli anni, la ragazza diventava signorina, e la
famiglia pensava di prepararla alle nozze con qualche giovane di buona
famiglia, ma essa non voleva che i parenti le parlassero di questo argomento
perché si riteneva “sposa di Cristo”.
Nelle case di Assisi spesso si ragionava delle virtù della figlia di
Favarone e tutti erano stupiti di tanta grazia e splendore della fanciulla.
Poiché anche Francesco era ritenuto dal popolo “uomo nuovo della valle
spoletana”, insieme a fra Filippo Longo, più volte si incontrò con essa che
era sempre accompagnata da Bona di Guelfuccio.
Durante questi incontri, il Padre “la esortava a disprezzare il mondo,
dimostrandole con linguaggio ardente, che sterile è la speranza fondata sul
mondo e ingannatrice ne è l’apparenza; instilla nelle sue orecchie la
dolcezza delle nozze con Cristo”.
Chiara, convinta più dalla vita che viveva Francesco nella pace del Cristo
risorto che dalle parole che le diceva, decise di abbandonare il mondo e le
sue vanità per consacrarsi al Cristo, diventando il tempio della Santissima
Trinità.
La sera del 28 marzo 1211, domenica delle Palme, uscendo da una porta
secondaria del superbo palazzo, segretamente abbandonò i suoi cari e si recò
nella chiesetta di S. Maria della Porziuncola. In questa chiesetta, dedicata
alla Madonna degli Angeli, si trovavano i frati accanto al Padre e pregavano
il Signore in attesa dell’evento. Come giunse la giovane vergine, fu accolta
dai frati che avevano le fiaccole accese tra le mani. Non appena entrò in
chiesa, si pose davanti all’altare, il Padre si avvicinò ad essa con le forbici in
mano e le tagliò le bionde chiome, consacrandola al Signore. Con quel
gesto si sentiva separata dal mondo e resa “sorella, sposa e madre del Figlio
150
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
dell’Altissimo e della gloriosa Vergine”, consacrandosi per tutta la vita.
Rivestita di un ruvido saio, si trovò anche lei una “creatura nuova”.
Francesco, notte tempo, la condusse nel monastero benedettino di S.
Paolo delle Abbadesse, nelle adiacenze di Bastia. Lì sorella Chiara iniziò la
sua vita monastica, ma il giorno seguente, quando i familiari appresero la
notizia della fuga notturna della giovane, corsero al monastero, e con
preghiere, suppliche, blandizie e infine con violenze fisiche, tentarono di
riportarla a casa, ma essa aggrappata alle tovaglie dell’altare, si levò il velo
che le copriva la testa e mostrò la sua consacrazione a Dio. I parenti
continuarono il pellegrinaggio nel monastero di S. Paolo per qualche
giorno, fino a quando, o lei non fu più disposta a sentire le lamentele dei
suoi o le monache le suggerirono un altro asilo, cambiò monastero,
recandosi a S. Angelo di Panzo, sulle pendici del monte Subasio, sempre
monastero benedettino. Sedici giorni dopo che Chiara aveva abbandonato la
casa, gli affetti e gli agi, anche la sorella Agnese lasciò il mondo e si recò
nel monastero di S. Angelo, accanto alla sorella Chiara. La famiglia ebbe un
moto di grande orgoglio e reagì violentemente a questa seconda fuga. Lo zio
Monaldo, in compagnia di un manipolo di soldati si recò nel monastero per
strappare Agnese dai suoi “perversi desideri”, ma le prepotenze dello zio
furono frustrate dalla preghiera di Chiara. Agnese divenne come piombo,
pesante e duro da non potersi spostare e il manipolo degli armati dovette
ritornare a mani vuote a casa.
Anche Agnese fu consacrata a Dio dal Padre Francesco. Però le due
sorelle non trovarono in quel monastero l’appagamento del loro desiderio, e
dietro consiglio di Francesco, furono condotte a S. Damiano.
Qui trovarono l’appagamento ai loro ideali perché potettero incarnare lo
spirito di Francesco innamorato del Crocifisso a cui aveva chiesto: “Signore,
che vuoi che io faccia?” S. Damiano parlava di povertà, di preghiera, di
ricerca di Dio nella semplicità. Lì cominciarono ad arrivare le prime amiche
di Chiara e di Agnese per condividere con esse gli stessi ideali, vivendo da
“sorelle povere”. La famiglia religiosa aumentò rapidamente nello spirito di
Francesco e dei suoi frati, ma creò anche l’ira di tante famiglie umane che
avevano fatto progetti di grandezza mondana per le loro ragazze e che
invece lasciavano tutto e si ritiravano in S. Damiano.
Nel 1216, Giacomo da Vitry parlava delle due famiglie di Francesco e di
Chiara come di due stupende realtà della Chiesa di Dio, con meraviglia e
gioia: “Si chiamano fratelli minori e sorelle minori… le donne invece
151
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
dimorano insieme in alcuni ospizi non lontani dalle città, e non accettano
alcuna donazione, vivono col lavoro delle proprie mani. Non piccolo è il
rammarico e turbamento, vedendosi onorate più che non vorrebbero da
chierici e laici”.
Giacomo ci fa sapere che “vivono in luoghi fissi, sono divise dai frati,
ma, come questi, abbracciano la povertà come dono, lavorano e cercano
l’umiltà nell’osservanza del vangelo”.
Il programma di vita di Chiara e delle sorelle povere fu lo stesso di
Francesco, anche se agli inizi furono costrette ad adottare la regola
benedettina. I punti chiave della loro vita si basava su “fare penitenza,
seguire il santo vangelo, vivere in altissima povertà, in fraternità cristiana e
nella fedeltà alla Chiesa Cattolica”.
Verso il 1215, per obbedienza a Francesco e al Vescovo di Assisi, Chiara
accettò l’incarico di abbadessa del monastero di S. Damiano che dovette
svolgere per tutta la vita, e poco dopo, verso il 1217, Francesco dettò per il
monastero una breve regola o formula vitae. Chiara, pianticella di frate
Francesco, svolse questo incarico nell’umiltà, con carità, disponibilità e
santo amore verso le sorelle. La sua grande passione verso Cristo
eucaristico, crocifisso e risorto la infervorava verso la povertà assoluta che
era stata la prerogativa di Gesù e di Maria, la Vergine poverella.
Da badessa, la prima cosa che chiese a Papa Innocenzo III fu “il
privilegio della povertà”, come lei ci riferisce nel testamento e il biografo
tratteggia nella “Leggenda”. Il 17 settembre 1228, Papa Gregorio IX le
confermava “il proposito di altissima povertà, concedendovi con la presente
lettera che nessuno vi costringa a ricevere possessioni”.
Poiché subito iniziarono le fondazioni di nuovi monasteri, prima in
Umbria e Toscana, e subito dopo anche fuori di queste regioni, il Cardinale
Ugolino stese delle “norme” secondo lo stile della loro vita di S. Damiano e
le inviò ai monasteri di Monticelli a Firenze, di Gattaiola a Lucca, di Porta
Camollia a Siena, e di Monteluce a Perugia (1219). Praticamente, il
cardinale approvava le disposizioni interne datesi dalle stesse sorelle povere
di S. Damiano e le diffondeva anche agli altri monasteri. Il Papa Innocenzo
IV nel 1247 emanò una nuova regola per le “Recluse dell’Ordine di S.
Damiano”. Il papa, conoscendo lo stato di difficile sopravvivenza delle
monache, diede ad esse la possibilità di possedere dei redditi in comune. Tra
il 1247 e il ’52 Chiara elaborò una sua regola sulla falsa-riga della regola
bollata del primo Ordine (1223) e la presentò al Papa. Questa regola, dove
152
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
risplendeva il Privilegium paupertatis, fu approvata dal Papa Innocenzo IV
due giorni prima che la Santa morisse, il 9 agosto 1253. Questa è conosciuta
come regola Innocenziana ed era riservata al solo monastero di S. Damiano.
Accanto alla regola di Chiara, il papa Urbano IV, a dieci anni dalla morte
della Santa, dette una nuova regola nella quale c’è il permesso di possedere
in comune. Durante il tempo delle due regole, troviamo la Regola delle
Minoresse, redatta dalla Beata Isabella di Francia per il monastero delle
damianite di Longchamp che ammetteva di possedere comunitariamente e
fu confermata dal Papa Alessandro IV nel 1259.
Dopo la morte della Santa le regole che hanno avuto maggior rilievo
sono state quella di S. Chiara e soprattutto la Urbanista che si diffuse nella
stragrande maggioranza dei monasteri fuori di Assisi.
Urbano IV pubblicò la sua regola con la bolla “Beata Clara” del 18
ottobre 1263, dove il Papa dichiara esplicitamente che tutte le monache che
si ispiravano a Chiara “formano l’Ordine di S. Chiara”, quindi tutte le
monache che si ispiravano alle damianiti dal quel momento furono
definitivamente chiamate “Clarisse”.
Ritornando a Chiara, possiamo dire che visse una vita ascetico-mistica tra
le più ardenti di tutti i tempi: Fu un’anima eccelsa per virtù e amore, una
sposa fedele del Cristo crocifisso e risorto; per avere un’idea più aderente
alla realtà della sua vita, basta leggere le struggenti lettere inviate alla figlia
e consorella Agnese di Praga dove si scorge una persona che pur avendo i
piedi poggiati sulla terra, ha il cuore tuffato nel mare d’amore di Dio. Fu
guida spirituale delle sorelle povere, consolava le afflitte, confortava le
tribolate, lavava i piedi delle questuanti, assisteva maternamente le inferme,
aveva il sorriso per tutte. Fu esempio di anima orante, seppe contemplare il
volto del Cristo sposo, gustò le bellezze del Paradiso qui in terra. Si è posta
accanto a Francesco con umiltà e rispetto e sembra quasi sovrastata dalla sua
grande figura anche perché i frati, per rivalità tra le varie “fondazioni e
rifondazioni francescane”, hanno tentato di lasciarla in ombra lungo i secoli.
“Senza tale reticenza, scrive Sabatier, Chiara si troverebbe oggi fra le più
grandi figure della storia”. La sua grandezza sta nel coraggio di seguire
Francesco, nel desiderio di imprimere a sé e alle sue consorelle lo spirito di
povertà di Gesù di Nazaret, nell’immenso amore mistico che conquistò il
suo animo e lo congiunse a Cristo. Due giorni prima che rendesse la sua
bella anima a Dio, il 9 agosto 1253, poté baciare più volte la regola
153
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
approvata dal Papa Innocenzo IV, e il giorno 11 ritornava, contenta al Padre
Celeste.
LA PROPAGAZIONE DELL’ORDINE DELLE CLARISSE
I monasteri di suore che si ispiravano alla vita di S. Damiano, ben preso
si diffusero in tutte le regioni d’Italia e d’Europa, anche se con una
propagazione meno veloce del Primo ordine, e molto presto troviamo
monasteri nell’Umbria, in Toscana, a Milano, ecc… e anche in Abruzzo
subito sorsero dei monasteri ispirati alle damianite.
Chiara pur restando chiusa nel monastero di S. Damiano, era conosciuta
in tutta l’Europa e tutti parlavano di essa. Quando in un luogo arrivavano i
frati minori, questi chiedevano ai vescovi il permesso di far installare anche
un monastero di suore damianite perché queste erano come parafulmini: con
la loro preghiera impetravano i favori celesti, mentre i religiosi svolgevano
l’apostolato itinerante tra le diverse categorie sociali. Ed ecco il rapido
sviluppo del ramo femminile della famiglia francescana.
Le clarisse, mentre era viva S. Chiara, dipendevano dal primo Ordine.
Con la regola di Urbano IV, tutti i monasteri delle clarisse furono posti alle
dipendenze del Cardinale Protettore; Bonifacio VIII li restituì alla piena
giurisdizione dell’Ordine minoritico, secondo le norme fissate dalla regola
Innocenziana del 1247.
Nel secolo XIV, le sorelle clarisse, nel loro insieme, sotto le diverse
regole, all’inizio del nuovo secolo dettero l’esempio del distacco dai beni,
per vivere nella libertà e nello spirito dell’assoluta povertà, ma con l’andare
degli anni, e soprattutto dopo la peste del 1348-50 che distrusse mezza
Europa, “la maggior parte dei monasteri delle Clarisse finirono per accettare
delle proprietà, così come era permesso dalla Regola di Urbano IV… Solo
una decina di monasteri, al massimo, osservavano integralmente la Regola
di Santa Chiara e vivevano in altissima Povertà”- 224. Molti monasteri furono
“costretti” dai pontefici o dagli stessi sovrani, ad accettare i beni economici:
“Il Re Alfonso vi edificò per le clarisse di Lamacum un nuovo monastero,
più grande e più bello, presso la città di Santarem e lo fornì di una
abbondantissima dotazione. Alessandro IV, con tre lettere apostoliche,
dispensò le religiose di clausura dal voto di povertà in comune, fin dal
trasferimento. Ma siccome esse non ne tennero conto, per la quarta volta il
224
C. Roussey- P. Gounon, o. c., p. 212.
154
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
Sommo Pontefice, sulle istanze del Re, obbligò le Clarisse, turbate nel loro
zelo per la povertà, ad accettare in nome dell’obbedienza i doni del Re”.
Quindi aggiungeva: “prestando volentieri un benevolo appoggio alle
preghiere del Re, noi ordiniamo alla comunità, con le presenti lettere
apostoliche e in virtù della santa obbedienza, di accettare senza ritardo il
suddetto reddito, non ostante qualsiasi statuto del vostro Ordine”225. Nei
monasteri, la vita spirituale era curata discretamente bene: la santa messa
quotidiana; l’ufficio divino cantato e recitato con fede, imitando anche i
“cori benedettini”. Poi c’era il tempo per la preghiera privata o personale. In
diversi monasteri, dopo il mattutino, che era recitato di notte, le suore che
godevano più salute, restavano in orazione fino al mattino. Ciò non ostante,
qualche abuso c’era tra le monache: qualche suora che aveva rendite private;
in qualche monastero c’erano suore che “ereditavano personalmente beni
dalle loro famiglie e li gestivano in totale indipendenza, ecc… 226”. A causa
dei tempi calamitosi nei quali si viveva, per le frequenti guerre che
infuriavano nelle varie contrade d’Europa, per le pestilenze che mieteva
migliaia di vittime, per i terremoti che distruggevano contrade intere, ecc…,
si potevano avere anche dei disguidi nell’ambito delle comunità maschili e
femminili..
IL SECOLO XV E LE RIFORME
.
Il secolo XV fu tempo di riforme e di purificazione per i francescani in
genere ed anche per le Clarisse che stavano perdendo lo smalto originario.
Una delle grandi riformatrici o, per meglio dire, innovatrici dell’Ordine
delle Clarisse fu S. Colette (+1381). Essa non ha riformato nessun
monastero, ma ne ha fondati ben 15 durante la sua vita 227. “la serie delle
fondazione, in Francia e all’estero, proseguì mirabilmente anche dopo la
morte della Santa”228. Nel 1974 le suore Colettine erano 1795 con una
225
L. Wadding , a. m., a. 1385, t. IX, p.51. Dietro questi fatti, lo Storico conclude con
amarezza: “Con questo mezzo e con altri , essendo introdotta presso le Clarisse la proprietà
in comune, cominciò a sparire questo segno distintivo, unico della povertà evangelica”. T.
IV, p. 187.
226
C. Roussey-P. Gounon, o. c., p. 229.
227
A. Blasucci, Clarisse Colettine in DIP, vol 2, 1132-34.
228
Ibidem.
155
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
novantina di case e sette federazioni 229. Il fervore che suscitò S. Coletta fu
enorme e molte ragazze e donne pie vollero consacrarsi al Signore, ma
guidate dagli osservanti, non entrarono tra le colettine o in monasteri già
esistenti, bensì in monasteri di nuova fondazione. Queste monache più
vicine agli Osservanti, in alcune regioni d’Europa e in Francia presero il
nome del “Gruppo dell’Ave Maria” ed adottarono la Prima Regola di Santa
Chiara e le Costituzioni di S. Coletta. In Italia uno dei riformatori delle
Clarisse fu Giovanni da Capestrano. Nel 1447, dopo aver predicato alle
terziarie di L’Aquila, queste chiesero di passare all’Ordine di S. Chiara e
“fecero la professione della Prima Regola secondo i riti, i costumi e le
istituzioni del monastero del Corpus Christi di Mantova, (già riformato da
Giovanni). La loro superiora, la Beata Antonia da Firenze(1400-1472), fu
una delle grandi figure della riforma nel secolo XV … . Grazie a Giovanni
da Capestrano, ottenne dal Papa Nicolò V il convento disabitato del Corpus
Christi di questa città e vi si ritirò con dodici compagne per vivere secondo
la regola di Santa Chiara”230.
Va ricordata anche la riforma del Monastero di Monteluce di Perugina,
che non fu spontanea, ma costretta in quanto si era unito ad esso il
monastero di Santa Maria degli angeli in Perugia e il Cardinale protettore vi
aveva aggiunto anche il monastero “Favarone” anch’esso di Perugina.
Quindi si volle che questo monastero osservasse la Prima Regola di S.
Chiara
In Sicilia, S. Eustochia di Calafato (1430-14859, con difficoltà, uscì dal
monastero di Basicò di Messina nel 1458 e, con l’autorizzazione del Papa, si
ritirò nel monastero di Montevergine, anch’esso di Messina, con altre due
sorelle che volevano aderire alla “Regola data da S. Chiara”. “Il
Montevergine di Messina irradiò a sua volta l’Italia del Sud:…Nel 1472
Eustochia fu chiamata dall’arcivescovo di Reggio Calabria e dal comune,
che desideravano avere un convento di Regolare Osservanza” 231. Possiamo
accennare anche alla fondazione del monastero di Camerino per merito della
Beata Camilla Battista da Varano. Questa nobildonna, appena ventitreenne
decise di entrare in monastero di Urbino. Il padre che non voleva che la
figlia fosse lontano da casa, fece rinnovare un antico monastero olivetano
nella città di Camerino e 8 suore con Camilla, da Urbino si recarono a
229
Ibidem.
C.Roussey-P. Gounon, o. c., p. 337.
231
Idem, p. 340
230
156
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
Camerino e fondarono questo monastero nel 1484, abbracciando la Prima
Regola di S. Chiara. Nel 1502 Cesare Borgia conquistò Camerino e fece
sgozzare il Padre di Suor Camilla Battista, mentre tre suoi fratelli furono
fatti prigionieri e uccisi. Fu ricercata anche suor Camilla Battista che scappò
nel monastero di Atri. Il trionfo del Borgia fu di breve durata e nel 1503
l’ultimo fratello della Beata riprese il potere. Tra il 1505 e il 1507 Suor
camilla Battista fu inviata a Fermo dove fondò il monastero di Santa Maria
delle Grazie che adottò la Prima Regola di S. Chiara. Sia a Fermo che a
Camerino, suor Camilla Battista più volte fu badessa.
LE CLARISSE E I PROTESTANTI
Dopo il 1525, molti paesi d’Europa aderirono al protestantesimo,
diventando luterani, calvinisti o anglicani. Poiché vigeva il principio che la
religione del Principe doveva essere anche la religione dei sudditi, in
Germania, in svizzera nei paesi scandinavi e il Inghilterra nel volgere di
pochi anni, anche le sorelle clarisse dovettero abbandonare i loro monasteri.
I monasteri che troviamo in queste nazioni sono in maggioranza Urbaniste
risalenti al secolo XIII, ma non mancavano anche monasteri di recente
fondazione che osservavano la Prima Regola di S. Chiara. Diverse suore,
preparate teologicamente, culturalmente e spiritualmente seppero affrontare
anche i “Capi spirituali della nuova religione”. Suor Caritas badessa del
monastero di Norimberga e donna di vasta cultura ebbe la visita di Filippo
Melantone e questi parlò molto della nuova dottrina, “ma quando intese da
me”, disse suor Caritas, “che ci basiamo sulla grazia di Dio e non sulle
nostre proprie opere, disse che noi possiamo salvarci sia nel chiostro che
fuori del chiostro, dal momento che non leghiamo nessun merito ai nostri
voti. Diceva che i voti non ci vincolano, e io rispondevo che si era obbligati
a mantenere con il soccorso della grazia, quello che si era promesso a Dio.
Nei suoi discorsi era più sensato di tutti gli altri luterani che ho inteso…” 232.
Una quindicina di monasteri furono chiusi in Germania; 7 monasteri furono
chiusi in Svizzera; una decina di monasteri furono chiusi in Inghilterra ed
altri in altre regioni d’Europa
Con le guerre di religione, furono chiusi 4 monasteri (Nimes, Oloron
Béziers e Lione) furono chiusi anche in Francia.
232
Idem p. 509.
157
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
LA RIFORMA DELLE CLARISSE CAPPUCCINE
Nei primordi della famiglia cappuccina , a Napoli c’era una nobildonna
catalana di nome Maria Lorenza Richenza Longo, vedova del magistrato del
regio consigliere Giovanni Longo, con il quale si era recato a Napoli nel
1506. Nel 1510, guarita miracolosamente da un male incurabile nella Santa
Casa di Loreto, si consacrò al Signore nel Terz’Ordine francescano. Tornata
a Napoli, fondò l’ospedale degli incurabili di Napoli e divenne l’anima della
beneficenza partenopea. Nel 1535, insieme all’amica Maria Ayerbo
d’Aragona, fondava un monastero di “convertite”, sotto la regola del TOF
accanto all’Ospedale. Fu tanto il fervore di queste aderenti che anche molte
persone oneste si associarono ad esse. Entrati i Cappuccini in Napoli, nel
1530, come loro costume, si posero al servizio degli incurabili e Maria
Lorenza fu conquistato da questi nuovi figli di Francesco che stavano
emettendo i loro primi vagiti; li aiutò a sistemarsi in S. Eframo Vecchio.
Negli anni che seguirono fu Maria Lorenza che difese i Cappuccini dinanzi
a Carlo V e al Papa Paolo III. Questa donna intrepida volle che confondatore
di questo monastero fosse S. Gaetano da Tiene e fu appoggiato anche dal
Cardinale Andrea Matteo Calmieri. Il monastero delle Terziarie francescano
fu intitolato a S. Maria in Gerusalemme e lo stesso S. Gaetano lo affidò ai
Cappuccini. Nel 1535 Maria Lorenza ed altre12 entrarono nel monastero di
S. Maria di Gerusalemme. Papa Paolo III costituiva la Longo badessa. Il
nome delle suore era “monache del Terz’Ordine di S. Francesco sotto la
regola di S. Chiara”. Il 10 dicembre 1538 il Papa Paolo III confermò il
monastero sotto la Regola di S. Chiara e lo affidò alla cura dei cappuccini,
come aveva richiesta la stessa fondatrice. Era nata una nuova riforma delle
clarisse che sarà foriera di santità nella Chiesa di Cristo. Nel volgere di un
secolo, queste nuove sorelle di Chiara si spanderanno in diverse parti del
mondo. La perla di questa famiglia religiosa è stata sicuramente S: Veronica
Giuliani (1660- 1727), zelante nell’osservanza delle regole, attaccata alla
povertà, anima altamente spirituale, che ci ha lasciato una relazione delle
sue esperienze mistiche in 22.000 pagine manoscritte. Fu donna forte che
subì anche segregazioni e sospensioni dalla Comunione da parte della
Chiesa e lei accettò tutto con gioia e ripeteva: “Croce e tormenti son gioie e
158
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
contenti; pene e tormenti, venite a me”. Niente lo ha fiaccato o allontanato
dall’amore di Dio233.
SECOLI XVII E XVIII
Durante questi secoli si ebbe la massima espansione dei monasteri delle
clarisse tanto che arrivarono al numero di 1100 monasteri dei quali, se si
eccettuino trentacinque che si trovavano oltre mare, quasi tutti in America
latina, gli altri erano tutti in Europa. Questi secoli non furono molto
spirituali né per il popolo che, pur essendo seguito da un certo clero
rispettoso della grazia di Dio, sentiva l’influsso degli uomini di cultura che
respiravano aria malsana che puzzava di massoneria. Fu il secolo
dell’illuminismo che credeva di poter dare la spiegazione razionale dei
fondamenti della società e degli eventi naturali e straordinari dell’esistenza.
L’economia e la politica che si presentavano come armi micidiali sempre
pronte a scagliarsi contro gli stati concorrenti in cerca di predominio
territoriale, economico e culturale, come avvenne tra l’Inghilterra e la
Francia. Anche i monasteri erano pieni di persone, ma mancavano le
vocazioni!. Non era tutto oro ciò che riluceva!
I governi giurisdizionalisti, di diversi stati e staterelli d’Europa, compreso
Venezia, parlarono di riforma dei monasteri, ma in pratica fu una vera e
propria soppressione, tanto che le famiglie francescane furono ridotte ad un
terzo degli effettivi e dei conventi. “La rivoluzione francese fu un altro rullo
compressore contro gli Ordini Religiosi”234. Questa rivoluzione creò tanti
martiri, soprattutto tra i religiosi che si opposero al giuramento alla
costituzione civile del clero; ma la persecuzione non finì con la fine della
rivoluzione; si presentavano anni ancora più drammatici: il periodo
napoleonico. Negli anni 1807, 1809 e 1811 ci furono le soppressioni di tutti
gli istituti di vita attiva e contemplativa in tutto l’impero. Le clarisse
caddero nello stesso calderone, soprattutto in Francia e in Italia. Al tramonto
di Napoleone i monasteri erano ridotti a 700.
Anche dopo la fine dell’Impero napoleonico continuò il supplizio dei
religiosi, perché tutti gli stati erano governati da principi che si ritenevano
233
F. da Mareto, Cappuccine, in DIP, vol.2, 184-192; cfr.L. Iriarte, o. c., p. 534s.; C.
Roussay-P. Gounon, o. c., p. 634ss; F. Da Marito, Veronica Giuliani, in B.S. Vol,XII,
1050-1056.
234
C. Roussey-P. Gounon, o. c. p, 905.
159
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
“illuministi e massoni anticlericali”, quindi hanno lottato per la distruzione
della vita religiosa. Non sono riusciti nel loro scopo, anche se li hanno
spogliato di tutto. I religiosi e le religiose sono usciti da queste prove
fiaccati numericamente, ma purificati e rinnovati nello spirito di povertà
secondo lo stile di frate Francesco.
Già prima della seconda guerra mondiale, alcune suore avevano aperto
qualche monastero in Africa; dopo il concilio, le diverse famiglie clarisse,
oltre ad aver rinnovato le costituzioni, hanno preso anche la via delle
missioni ed oggi troviamo 7 monasteri di clarisse in Australia-Oceania, 31
monasteri in Africa, 42 Monasteri in Asia, 70 monasteri nell’America
Latina, 117 monasteri nel Messico, in Colombia 38 monasteri, 44 monasteri
tra il Canada e gli Stati Uniti, Le varie nazioni d’Europa hanno circa 700
monasteri.
Stando alle statistiche risalenti al 1971, quindi di quarant’anni fa, come sono
state riportate nel libro di C. Roussey-P. Gounon, “Nella tua tenda, per
sempre”, tutte le Clarisse erano circa 21.600 così suddivise: aggregate alla
famiglia osservante: 13.322; aggregate alla famiglia conventuale 700;
aggregate alla famiglia cappuccina 2.768; le Clarisse dell’adorazione
perpetua 484; le Annunziate 112; Confezioniste 2.911; Terziarie Claustrale
1.310 235.
Lo spirito di sorella Chiara è vivo ed operoso in tante parti del mondo dove
sono i monasteri delle clarisse che continuano il loro apostolato con “la
preghiera, l’adorazione, la lode e la riparazione”. Sono e restano parafulmini
che intercedono come Mosè sul monte, con le mani alzare e il cuore
immerso nella fornace ardente dell’amore di Dio. Esse sono e restano
testimoni tangibili del Cristo Risorto e evangelizzatrici con il loro silenzio e
spirito di raccoglimento, nella infinita carità del Risorto.
235
C. Roussey-P. Gounon, o. c. p. 1052.
160
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
TERZA PARTE
ORDINE DELLA PENITENZAO O DEI FRANCESCANI
SECOLARI
Senza entrare nel grande problema se Francesco abbia fondato o no
l’Ordne della Penitenza, così lungamente discusso dal Meersseman,
vogliamo solo vedere cosa è successo nel secolo XIII tra Francesco e i laici
e come li ha regolarizzati nella loro vita cristiana.
L’ordine penitenziale c’era sempre stato fin dai primi tempi della Chiesa:
durante la persecuzione di Decio (249-51), molti cristiani che, dietro la
efferatezza della persecuzione, ritornarono al paganesimo, terminata la
persecuzione chiesero di essere riammessi nella comunione della Chiesa e
questa impose delle severe e dure penitenze ai Libellisti. Più tardi stabilì che
per tre peccati capitali si veniva espulsi dalla comunione e per poter essere
riammessi, c’era bisogno di un lungo tirocinio penitenziale: digiuni,
pellegrinaggi, elemosine, ecc. Questi peccati che estromettevano dalla
comunione erano adulterio, apostasia, omicidio; erano tre peccati di
tradimento: tradimento nei riguardi del coniuge o della moglie, tradimento
nei riguardi di Dio, tradimento nei riguardi del prossimo. Durante il
medioevo le persone che avevano dei peccati da scontare o volevano
mettersi in uno stato penitenziale, si vestivano con un abito adatto al loro
stato di vita. Anche Francesco, nel primo momento dopo la sua conversione,
si pose nello stato dei penitenti, per questo “il giudice competente, nel
contrasto sorto tra lui e Pietro di Bernardone, fu il vescovo, al quale spettava
l’accettazione ufficiale di un individuo che viveva nello stato dei penitenti”.
Francesco molto presto lasciò lo stato giuridico dei penitenti e abbracciò
quello evangelico che è un qualche cosa di completamente nuovo nella
storia della Chiesa. Dopo la fondazione dell’Ordine dei minori, anche i laici
si accostarono a lui e gli chiedevano: “Che dobbiamo fare”? E’ vero che ci
furono circostanze propizie per questo rinnovamento: dopo il mille, il
laicato, a causa delle ricchezze che cominciavano ad affluire nelle tasche dei
commercianti e dei borghesi, ebbe un risveglio verso la penitenza e la
ricerca della propria identità e in questo influì molto la novità evangelica
originale vissuta da Francesco.
Tommaso da Celano, pur non nominando i Penitenti né l’Ordine della
penitenza, nei numeri 382-85 delle fonti parla della travolgente attività
apostolica del Padre tra i laici che “passava tra città e castelli annunziando
161
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
il regno dei cieli, la pace, la via della salvezza, la penitenza in remissione
dei peccati”, quindi aggiunge che “uomini e donne, chierici e religiosi
accorrevano a gara a vedere e a sentire il Santo di Dio, che appariva a tutti
come un uomo di un altro mondo”. Nella Leggenda perugina troviamo il
racconto di una nobildonna di Lisciano che gli corre dietro, lo raggiunge, e
alla domanda che le rivolge l’uomo di Dio: “Cosa posso fare per te,
Signora?” Quella gli comunica che suo marito è un nemico di se stesso e
della moglie perché non ama Cristo. Francesco dopo averla confortata e
benedetta, la rimanda a casa con queste parole: “Va pure, troverai tuo marito
in casa, e gli dirai da parte mia che prego lui e te, per amore di quel Signore
che soffrì la passione di croce per noi, di salvare le vostre anime vivendo a
casa vostra”. Tornata a casa, la donna narra al marito il suo incontro con
Francesco e ciò che questi le ha detto di comunicargli. Il marito, con
dolcezza e bontà accetta di vivere nella santità e nella pace, tanto che i due
diventano di esempio anche agli altri. Per molti scrittori di Francesco e del
francescanesimo sembra che si tratti già di laici che aderiscono allo spirito
del Padre.
Andando per ordine, possiamo citare la vita prima del Celano che dice
che “uomini e donne, chierici e religiosi accorrevano a gara a vedere e a
sentire il Santo di Dio, che appariva a tutti come un uomo di un altro
mondo”, e aggiunge: “A tutti dava una regola di vita, indicava la via della
salvezza a ciascuno secondo la propria condizione” 236. Ancora più chiara è
la testimonianza del Tre Compagni: “Anche gli uomini ammogliati e le
donne maritate, non potendo svincolarsi dai legami matrimoniali, dietro
suggerimento dei frati, praticavano una più stretta penitenza nelle loro case”
237
.
La Leggenda perugina ci presenta un paese convertito e rinnovato dalla
predicazione e dall’esempio di Francesco: Greccio: “E sovente, quando alla
sera i frati di quell’eremo cantavano le lodi del Signore… gli abitanti del
paese, piccoli e grandi, uscivano dalle case, si univano sulla strada, davanti
al villaggio, e ad alta voce rispondevano a mo’ di ritornello, al canto dei
religiosi: -lodato sia il Signore Dio!-. Perfino i bimbi che non sapevano
ancora ben parlare, al vedere i frati, lodavano il Signore come potevano” 238.
236
Ff 383-85.
Ff 1472.
238
Ff 1581.
237
162
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
Francesco, verso il 1215 scrisse per i laici la “Prima lettera a tutti i
fedeli” che molto probabilmente servì come regolamento per essi nel loro
primo momento di vita. Nel 1221 fu compilata la prima edizione del
“Memoriale propositi” che è stata considerata come prima regola
dell’Ordine della penitenza di ispirazione francescana. La edizione
definitiva risale al 1228. Molto probabilmente questa Regola fu frutto
dell’intervento di Francesco, di qualche giurista e del cardinale Ugolino.
I pontefici a partire da Gregorio IX fino a Nicolò IV hanno scritto tante
bolle sull’Ordine e per l’Ordine dei penitenti francescani e lo posero non
sotto il Primo Ordine, ma alle dipendenze dei vescovi. A proposito già
Gregorio IX con la bolla “Detestanda” 239 che fu ripubblicata nel 1244 da
papa Innocenzo IV, esortava e richiamava gli aderenti all’Ordine dei
penitenti a prestare umilmente ubbidienza, riverenza e devozione ai
Vescovi e ai prelati240. S. Bonaventura, per dodici motivi, voleva che i frati
non avessero preso sotto la loro tutela i “penitenti” francescani. 1)- per
potersi occupare per la salvezza di tutti; 2)- per non essere coinvolti in
giudizi secolari; 3)- per non essere compromessi in questioni di delitti o di
debiti; 4)- per non essere costretti a soccorrere i penitenti che si trovavano
in uno stato di necessità; 5)- per non essere diffamati nel caso di
fornicazione o di adulterio da parte di una penitente; 6)- per non essere
costretti a riportare la pace in caso di discordia; 7)- per non essere costretti a
possedere armi e cavalli per difendere le città e i villaggi; 8)- per non essere
accusati dai chierici di voler sottrarre le plebi dalla loro obbedienza; 9)- per
non essere infamati nel caso di partecipare ai loro segreti capitoli, di
competenza dei loro rettori; 10)- per l’impossibilità di mettere ordine fra
persone che ci obbediscono solo se vogliono; 11)- per non essere accusati di
avarizia ammettendo solo i ricchi e per non andare incontro a molti
inconvenienti ammettendo solo i poveri; 12)- perché ai tempi di S.
Francesco la situazione era diversa giacché la santità di Lui e dei suoi primi
frati rendeva buono ciò che ora non lo è più”241.
Sin dagli inizi, questi laici aderenti allo spirito di Francesco furono detti
“Penitenti”; già Gregorio IX, nella bolla “De Conditoris”, inviata ad Agnese
239
BF, t. 1, 3 Marzo 1928, p. 39s.
G. Andreozzi , Storia delle Regole e delle Costituzioni dell’Ordine francescano
secolare, Perugia 1988,
p. 40.
241
Idem o.c., p. 43
240
163
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
di Praga il 9 maggio 1238, ricordava che da Francesco traevano origine le
tre famiglie: quella dei minori, quella delle recluse e quella dei penitenti che
chiama “fratres tertii ordinis Sancti Francisci”. Nella “Vita di Papa Gregorio
IX”, di autore ignoto, si legge: “Nel periodo in cui era Vescovo di Ostia,
Ugolino istituì e portò a compimento i nuovi Ordini dei frati della Penitenza
e delle suore recluse.
Ma anche l’Ordine dei minori, quando muoveva, incerto, i suoi primi
passi, egli guidò, elaborando per loro una nuova regola, dando così forma a
quel movimento ancora informe, e designando il Beato Francesco come
Ministro e capo”242.
Anche gli scrittori francescani come Giuliano da Spira, negli anni 123233, affermava che S. Francesco ordinò tre ordini… Il terzo è chiamato
ordine dei penitenti, ed è comune ai chierici e ai laici, alle vergini, ai
continenti e ai coniugati e comprende l’uno e l’altro sesso. Anche S.
Bonaventura scrive che S. Francesco “istituì poi un terz’Ordine, detto
l’Ordine della penitenza”. Anche se queste espressioni possono intendere
semplicemente una relazione di dipendenza, piano piano divenne il nome
proprio dell’Ordine.
In ogni luogo dove c’era un convento di frati minori, sorsero comunità di
laici che ripresentavano il carisma secolare del francescanesimo. A Padova,
a Bologna a Perugina, ecc.. troviamo folte comunità di secolari che
rispondevano a tutte le arti liberali e mestieri del tempo che si chiamavano
“fratres Tercii Ordinis beati Francisci”.
Nei primi cinquanta anni dopo la morte del Padre l’Ordine della
penitenza non ritenne urgente l’approvazione di una regola propria, ma con
l’avvento del Concilio di Lione si creò una vera bufera per molti istituti che
non avevano regole approvate dalla Santa Sede in quanto il Concilio aveva
riaffermato le norme del Lateranense IV, proibendo la nascita di nuovi
Ordini e sopprimeva quelli che non erano stati riconosciuti. Anche quelli
riconosciuti dopo il Lateranense dovevano essere soppressi; in questa norma
non cadevano gli Ordini dei Domenicani e dei Francescani perché troppo
utili alla Sede Apostolica. I vescovi, tornati nelle diocesi, misero in
esecuzione questo decreto per appropriarsi dei beni degli istituti non ancora
riconosciuti e tentarono di sciogliere le fraternità penitenti, cercando pretesti
per acquisire diritti sui loro averi. I fratelli penitenti ricorsero ai ripari e
stesero una loro regola che fu approvata dal Papa francescano Nicolò IV nel
242
ff 2271; cfr. P. Rivi, Le origini dell’OFS, Roma 1988, pp. 162ss.
164
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
1289, con la bolla “Supra montem”. In questa regola c’è una frase, nel
capitolo XVI che suona: “Ma poiché la presente forma di vita fu istituita dal
predetto beato Francesco, consigliamo che i visitatori e gli istruttori vengano
scelti dall’Ordine dei frati minori…” 243. Questa espressione non avrebbe
dovuto creare difficoltà all’Ordine della penitenza, se non che i pontefici ne
fecero una interpretazione restrittiva, da trasformarla nei fatti ad un vero e
proprio comando, rendendo l’Ordine della penitenza soggetto al primo
ordine. Questa posizione è arrivata fino ai nostri giorni. Solo ora si sta
tornando alle origini, ridando autonomia ai francescani secolari.
I francescani secolari o della penitenza, tanto nella lettera ai fedeli, scritta da
Francesco, come nel Memoriale Propositi e nella Regola “Supra Montem”
di Nicolò IV, avevano le stesse norme: essere istruiti nel Santo Vangelo e
nelle virtù predicate dal Signore, pregare costantemente con la Chiesa e per
la Chiesa e dedicarsi alle opere sociali e di misericordia. Da laici avevano il
compito di rendere più bello il mondo e di portare amore e rispetto verso
tutti. Celestino V, durante il suo breve pontificato, nel 1294, concesse ai
fratelli e sorelle della penitenza “l’esenzione dalle esazioni e il privilegio del
foro”244. In pratica erano esentati dalla riscossione delle tasse e dal giudizio
dei giudici civili, ma dipendevano solo dai magistrati ecclesiastici, perché
ritenuti religiosi a tutti gli effetti.
Nello statuto di Matteo di Acquasparta per i penitenti della Toscana,
pubblicati il 4 aprile 1298, al n. 4 si leggeva: “Inoltre, poiché la vostra
regola comanda a voi la pace e interdice l’uso delle armi, alla cui religiosa
osservanza voi vi siete obbligati volontariamente per il Signore,abbiamo
ritenuto opportuno munirvi del privilegio dei religiosi e difendervi con il
beneficio della protezione ecclesiastica”245. In Toscana durante il secoli XIV
ci furono cori di benemerenze in favore dei Francescani secolari o
“penitenti”. Il Papa e il collegio dei Cardinali ricevettero attestati e lettere in
favore del Terz’Ordine. “Possediamo ben diciannove attestati firmati da
vescovi, abbati, podestà di dieci città toscane: -La loro pietà e carità verso i
poveri sono riconosciute da tutti; sono a tutti noti i loro meriti; essi
conducono una vita lodevole, umile onesto comportamento, fervore e carità
della fede cristiana; spiccano per nobiltà di natali e abbondanza di beni
243
G. Andreozzi, o. c., p.84.
BF, IV, 2 settembre 1294, p. 330, Bolle “Dignum esse credimus” e “Desideriis
vestris”.
245
G. Andreozzi, o. c., p. 129.
244
165
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
temporali con i quali somministrano larghe elemosine ai poveri e ai servi di
Dio; i fratelli e le sorelle danno santi esempi con la loro vita onesta e le loro
opere buone…”246.
L’attività specifica dei terziari nell’ambito sociale si orientò subito verso
la erezione e gestione di ospedali; anzi si ha notizia che questi avessero già
vita in qualche modo. Erano modeste istituzioni, dalla vita precaria e
discontinua, secondo l’inevitabile flusso dei vari fattori: personale, ospiti,
mezzi…
In realtà a Genova i documenti parlano ora di una “casa di Dio”, in gergo
Cadè, o domus misericordiae, ora di due; viene pure ricordato un hospitale
de Cadeo fratrum minorum de Janua.
Uno storico locale, attento lettore di documenti d’archivio, dice che
sarebbe stato il calzolaio terziario fra Mainaldo a fondare il primo ospedale
prima del 1270; un secondo, sempre nella zona circostante al convento dei
Minori, l’avrebbe fondato un altro terziario, pure calzolaio, fra Rolando,
prima del 1293.
Non per nulla, già nel 1280, Giacomina, moglie di Nicoletto Mallone,
facendo il suo testamento il 12 aprile, legava “libras duas pro singulis
duobus domibus misericordie, que sunt apud Castelletum”, le quali vengono
poi ulteriormente specificate da Pasquale di S. Siro quando, nel suo
testamento del 20 marzo 1309, lascia 40 soldi agli infermi “de duobus
domibus de misericordia de Sancto Francisco. Un ospedale fratrum
minorum invece viene ricordato nelle disposizioni di Giacomina Di Volta
del 1285. (Giacomina lascia 10 soldi “hospitali de Cadeo fratrum minorum
de Janua”; Serra, moglie di Anselmo Busferio, nel 1302, lascia lire 5
“Hospitali fratrum minorum”). Sono gli stessi atti che, indirettamente, ci
danno qualche ragguaglio sulla interna organizzazione delle istituzioni.
Alla divisione della eredità di Giovannuccio de Firnari, nel 1322,
compare, tra gli altri rappresentanti di ospitali, un Joanninus de Placenta pro
ospitali tercii ordinis sancti Francisci, non sappiamo se come hospetalarius,
oppure quale semplice delegato. Le ultime volontà di Giovanni da Cremona,
nel 1348, dispongono di soldi 10 a favore dei poveri di un ospedale che si
dice fu del defunto frate Bertolino… Un ospizio sito nelle vicinanze del
convento dei frati minori e frate Bertolino ne doveva essere il rettore. Come
246
Idem, o. c., p.133.
166
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
chiaramente è detto “Hospitalarus Hospitalis tercii ordinis sanctis Francisci
de Janua” quel Gaspare Riccio, che compare in un documento del 1411 247.
La regola di Nicolò IV ha guidato i fratelli della penitenza per 6 secoli.
L’Ordine della penitenza ha una storia gloriosa: ha accolto principi, re e
regine, uomini dotti e semplici, cavalieri e umili operai. E’ stato un vero
esercito della pace in un mondo bellicoso e feroce. Dal suo seno sono usciti
moltissimi santi e maestri di vita per le famiglie per la società civile. Pier
delle Vigne, scrivendo a Federico II, nel cuore del secolo XIII, poteva dire
che l’Europa era tutta francescana e aggiungeva che “non vi sono dieci
famiglie dove almeno una persona non sia francescana”. I “penitenti” sono
stati gloriosi per semplicità e amore, per fede e attività apostolica in mezzo
al popolo di Dio. Basta ricordare che hanno dato alla Chiesa una trentina di
Santi e una quarantina di Beati, uno degli ultimi, in ordine di tempo,
Giovanni XXIII. Con la nascita dell’Osservanza, Giovanni da Capestrano
lavorò molto anche sul Terz’Ordine e la dipendenza dell’Ordine secolare dal
Primo Ordine andò sempre più marcata, ma anche nelle attività del Primo
Ordine fu aggregato l’Ordine secolare: In tutte le regioni d’Italia, “la ormai
stretta connessione tra i fratelli del Terz’Ordine e i frati del primo c’induce
ad immaginare che i primi fossero validi collaboratori dei secondi nella
realizzazione delle iniziative che caratterizzano l’azione pastorale e sociale
dell’Osservanza durante il Rinascimento”.
I terziari collaborarono, dove più, dove meno, con il primo Ordine nella
fondazione dei Monti di Pietà e dei Monti frumentari, massime per la
gestione di essi che ordinariamente era affidata ai laici. In Liguria furono
due i Monti di Pietà di notevole importanza eretti nell’epoca: quello di
Savona del 1480, e quello di Genova nel 1483. Le informazioni che li
riguardano non sono purtroppo abbondanti.
“Possiamo riconoscere la presenza di almeno un terziario nella erezione
del Monte di Pietà di Genova, sorto per iniziativa del Beato Angelo da
Chiasso. Per la costituzione del Capitale del Monte, il beato era stato
fornito dal Papa Sisto IV di particolari facoltà per un intricato caso di
coscienza conseguente alla eredità di un certo Bendinelli Sauli. Fra Angelo,
esaminati gli incartamenti relativi, aveva sentenziato in favore degli eredi,
247
C. Carpaneto, Il movimento francescano della Penitenza nel contesto sociale
medievale dell’area ligure, in Il movimento francescano della penitenza nella società
medievale, Roma 1980, pp. 186-188.
167
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
mettendo loro la condizione di assegnare al Monte di Pietà di Genova £.
quattromila e al Monte di Pietà di Savona cento ducati. Nel maneggio di
queste somme interviene un Augustinus, che l’inesperto cassiere del
nascente Monte qualifica come Pater e, per di più, appartenente ad un
-secondo ordine-. Da altre fonti siamo però autorizzati a riconoscerlo del
Terz’Ordine. Egli svolgeva la funzione di intermediario; riceveva le somme
dai Sauli e le trasmetteva al padre Arcangelo Giustiniano, guardiano del
convento del Monte. Infatti un frater Augustinus de Rocha, tercii Ordinis,
risulta da altri documenti del tempo –procuratore- dei frati minori di N.S.
del Monte”248. Anche in altre regioni come l’Umbria, Toscana, ecc.
troviamo terziari che collaborano con i frati del primo Ordine nella gestione
dei Monti di Pietà.
I fratelli della penitenza, soprattutto nel secolo XVI, si opposero al Primo
Ordine che voleva ingabbiarli e ridurli alla “sua sottomissione e
obbedienza”. Leone X , l’8 febbraio 1508, con la lettera “Romani Pontifici
Providentia”, “vietava ai minori di ingerirsi nelle cose dei terziari della
Congregazione lombarda, sotto pena di scomunica, e venivano eletti
Difensori dei terziari l’Arcivescovo di Firenze, e i Vescovi di Cremona e di
Imola”249. Con Leone X, i treziari persero la qualifica di persone “religiose”,
con i relativi privilegi250. Il 6 gennaio 1514, Leone X, su richiesta “di tutti i
diletti figli e figlie dell’ordine di San Francesco, detti della penitenza (si noti
come i penitenti continuino a rifiutare il nome di terz’Ordine), (anche se il
papa, dimenticando ciò che aveva scritto in precedenza), ribadiva il loro
carattere di persone -religiose- e quindi in diritto di godere di tutte le
immunità e libertà ecclesiastiche di cui godevano le altre persone religiose
della Chiesa”. Clemente VII, con la Bolla “Ad uberes fructus” del 9 marzo
1526, voleva che i francescani secolari fossero chiamati “Ordine di S.
Francesco della Penitenza”. Però già nel secolo XV, la famiglia dell’Ordine
della penitenza si suddivideva in un triplice ramo: c’erano i fratelli con i voti
e che vivevano in comunità, le sorelle che emettevano i voti ed erano nelle
case e i fratelli che vivevano nelle famiglie e non emettevano i voti. Papa
Paolo III nel 1547 approvò una regola “divisa in tre parti secondo i tre stati
del medesimo Ordine: quello dei fratelli che vivevano in comunità, quello
delle sorelle legate dai voti, ma viventi nelle proprie case, il terzo, che oggi
248
Idem, p. 196.
G. Andreozzi, o. c., p.183.
250
Ibidem.
249
168
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
si direbbe dei terziari secolari. La regola del terzo stato riproduceva
pressocchè testualmente quella di Nicolò IV, ma riassumendola in dieci
capitoli…”251.
Nel secolo XVII, l’Ordine francescano secolare fiorisce anche nel nuovo
mondo come il Brasile, il Messico, Gatemala ecc. ed ha due figure di
eccezionale grandezza: S. Marianna Gesù de Paredes di Quito (+1645) e il
beato Pietro Betancur (1626-1667) che si impegnò alla cura spirituale e
sanitaria degli Indios del Guatemala. Anche le fraternità di questi paesi si
muovevano sui ritmi della carità verso i fratelli e verso i bisognosi e i
miserabili della società252. Non vanno dimenticati i numerosi martiri del
Giappone tra i quali c’erano ben diciassette terziari che furono “crocifissi a
Nagasaki nel 1597”253.
Il terz’Ordine era nato come Ordine a sé stante, indipendente dal Primo
Ordine. Basterebbe rileggere ciò che scriveva S. Bonaventura durante il suo
generalato. La frase della Regola di Nicolò IV che suona: “Ma poiché la
presente forma di vita fu istituita dal predetto beato Francesco, consigliamo
che i Visitatori e gli istruttori vengano scelti dall’Ordine dei minori…” 254.
Questa frase è stata presa come un comando e il Primo Ordine, dopo la sua
scissione, ne ha fatto una bandiera in vantaggio delle famiglie del primo
Ordine, quindi l’Ordine della Penitenza è diventato “l’Ordine di accessorio,
di dipendenza, di frangia del Primo Ordine”. Il P. A. Boni ha chiaramente
dimostrato l’indipendenza degli Ordini tra di loro: “Questi tre Ordini nati
autonomamente, sulla base di una distinta regola di vita, per cui non è
possibile ipotizzare nessun rapporto giuridico tra di loro. Questi tre Ordini
sono stati (ordinati) tra di loro da S. Francesco unicamente sul vincolo
dell’amore fraterno, proiettato verso l’amore di Cristo umile, povero e
crocifisso (vincolo comunionale)”255. “A livello fondazionale il rapporto che
sussiste tra il primo e il secondo Ordine esclude qualsiasi ipotesi di
preminenza del primo Ordine nei riguardi del secondo, in quanto destituita
di fondamento giuridico”256.
251
M. Bigi, L’universa salute, Roma 1990, p. 114..
Idem, p.119.
253
Ibidem.
254
G. Andreozzi, o. c., Cap XVI, Della visita e della correzione dei trasgressori, p. 84
255
A. Boni, Tres Ordines hic ordinat, S. Maria degli Asgeli-Assisi 1999, p.145.
256
Idem, p. 148.
252
169
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
“Dobbiamo dire che anche il Terz’Ordine, nato dagli insegnamenti di
Francesco, giuridicamente è nato pienamente autonomo nei riguardi del
Primo e del Secondo Ordine” 257.
Lungo i secoli, ogni famiglia religiosa del Primo Ordine si è accaparrata
una fetta dell’Ordine secolare e lo ha aiutato nella formazione, ma anche
utilizzato ad uso e consumo. Oggi, dopo che l’Ordine secolare era
indipendente in tutte le parti del mondo, ha ricevuto l’autonomia anche in
Italia, e si sta rivalorizzando come “forza apostolica” del cristianesimo; che
Dio lo renda sempre più aperto alla evangelizzazione come l’avrebbe voluto
Leone XIII. Questo grande Papa, diventato Terziario francescano quando
era Arcivescovo di Perugia e cardinale di Santa Madre Chiesa, il 30 maggio
1872, emettendo la professione nel convento di Monteripido, vicino
Perugia, per merito del frate cappuccino padre Antonino da Reschio, si
innamorò di Francesco d’Assisi, dei francescani e del Terz’Ordine. Giunto
alla Cattedra di Pietro, approfittò del settimo centenario della nascita di S.
Francesco per aprirsi seriamente alla sana devozione verso il Padre
Francesco e verso il Terz’ Ordine di cui faceva parte. Scrisse la celebre
enciclica “Auspicato concessum” il 17 settembre 1882. Questa “insieme alla
basilica di Assisi e al Canto XI del Paradiso di Dante, è ritenuta il più
splendido monumento al Poverello d’Assisi: S. Francesco è modello di tutte
le virtù, l’immagine più perfetta di Cristo, la colonna della Chiesa, il Santo
di tutti i tempi, l’ispiratore e il genio tutelare delle arti belle e della civiltà”
258
. Questo Papa “fece del Terz’Ordine e al Terz’Ordine una proposta: di una
vita cristiana fondata sul Vangelo, vissuta nel vivo dei problemi del tempo,
per porre rimedio ai mali sociali; di un rinnovamento dell’istituto che, senza
mutarne la natura, lo rendesse più adatto a- ricondurre gli animi alla libertà,
alla fraternità, alla uguaglianza… quali Gesù Cristo recò al mondo, e
Francesco nel mondo ravvivò”-259. Il Papa parlando dei francescani secolari
diceva: “I Terziari, nel difendere la religione cattolica, fecero belle prove di
pietà e di fortezza: e se per cagione di queste virtù si attirarono l’ira dei
tristi, ben ebbero ognora di che consolarsene nel più onorevole e più
desiderabile dei conforti, che è l’approvazione dei savi e degli onesti. Che
anzi Gregorio IX, nostro predecessore, encomiandone pubblicamente la fede
257
Idem, 157.
G. Andreozzi, o. c., p.230.
259
M. Bigi e L. Monaco (a cura), Magistero dei Papi e fraternità secolare, Roma 1985,
p. 21.
258
170
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
e il coraggio, non si peritò di fare loro scudo della propria autorità, e di
chiamarli, a grande onore, Milizia di Cristo, nuovi Maccabei. Nè era
immeritata la lodo. Imperocchè poderoso aiuto al pubblico benessere veniva
da quel ceto di persone che, tenendo fisso lo sguardo alle virtù e alle leggi
del loro fondatore, si adoperavano al possibile di far rifiorire in seno alle
corrotte città i pregi della vita cristiana” 260. Questo Papa ebbe grande stima
dell’Ordine secolare dei francescani anche perché incontrò una figura
eccezionale in esso: Leone Harmel che fu amico di Papa Leone e
propagatore del messaggio della enciclica Rerum Novarum tramite
convegni e congressi. Nel settembre del 1900 si celebrò a Roma il primo
congresso internazionale del Terz’Ordine, promosso dai Ministri generali
dei Frati minori, dei Conventuali, dei Cappuccini e del Terz’Ordine
regolare di S. Francesco.
Nel 1883, a causa delle nuove situazioni sociali e culturali, Leone XIII
ne aggiornò la regola,261 donando nuovo stimolo alla fraternità laicale. Con
l’avvento di S. Pio X sul soglio di Pietro, il Terz’Ordine fu posto un po’ in
sordina, in quanto l’Azione Cattolica era l’unico movimento che la Chiesa
appoggiava e difendeva direttamente e pubblicamente. Mentre i francescani
potevano restare in Chiesa a pregare, l’Azione Cattolica aveva il compito di
annunziare il vangelo e di svolgere l’apostolato tra le genti. Pio X ci tenne a
ribadire che “il governo del Terz’Ordine è proprio dei religiosi del Primo
Ordine”, -soprattutto per quanto concerne lo sviluppo dei congressi del TOF
e gli argomenti da trattare262. Pio XI, il 26 febbraio 1923, rivolgendosi ai
terziari della fraternità dell’Aracoeli, così si esprimeva: “Noi terziari,diciamo noi, perché ricordiamo di essere tra i più antichi terziari
francescani- abbiamo particolarmente caro l’Ordine francescano”263. Nella
Enciclica “Rite Espiatis”, scritta il 30 aprile 1926 con cui dava l’avvio alla
celebrazione del settimo centenario della morte del serafico Padre, così parla
di Francesco e del Terz’Ordine francescano: “Ci siamo trattenuti su queste
cose partitamene, affinché si veda come Francesco sia col vittorioso
apostolato suo e dei suoi, sia con l’istituzione del Terz’Ordine, gettò le
fondamenta di un rinnovamento sociale, operato radicalmente in conformità
dello spirito evangelico… Così fin d’allora i Terziari non prestarono più il
260
Idem, p. 25.
G. Andreozzi, o. c., p. 238..
262
M Bigi e L. Monaco, o. c., p. 73.
263
Idem, p.120.
261
171
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
così detto solenne giuramento di vassallaggio, né venivano chiamati ai
servizi militari o di guerra, né indossavano armi perché essi alla legge
feudale opponevano la Regola del Terz’Ordine… Finalmente ci rivolgiamo
ai Terziari, sia uniti in comunità regolari, sia viventi nel secolo, perché si
adoperino anch’essi col proprio apostolato, a promuovere il profitto
spirituale del popolo cristiano. Il quale apostolato, se al principio li fece
degni di essere chiamati da Gregorio IX soldati di Cristo e novelli
Maccabei, può anche oggi riuscire di non minore efficacia per la comune
salute, purchè essi, quando sono cresciuti di numero su tuta la terra,
altrettanto, fatti simili al loro Padre S. Francesco, diano prova d’innocenza e
d’integrità di costumi… Quelli che non ancora abbiano dato il nome a
questa gloriosa milizia, lo diano quest’anno dietro il vostro incitamento; e
quelli che ancora non lo possono dare per ragione dell’età, si iscrivano
candidati cordigeri, sì che fin da fanciulli s’avvezzino a questa santa
disciplina”264. Pio XI, innamorato “dell’apostolato dei laici”, voleva che tutti
i laici fossero apostoli e li richiamava a svolgere una seria azione cattolica in
mezzo al popolo di Dio. Nel 1938, rivolgendosi ai Francescani secolari ebbe
a dire: “Così la numerosa falange dei Terziari Francescani può essere anche
particolarmente per l’Azione Cattolica, per questo speciale apostolato, che è
partecipazione del laicato cattolico all’apostolato gerarchico della
Chiesa”265. Ai terziari d’Italia ricordava: “Abbiamo letto altresì che vi
proponete di portare il vostro contributo all’Azione Cattolica mediante la
vita e l’apostolato. Proprio così: vita e apostolato. La vita nell’apostolato,
l’apostolato nella vita. Proprio così, carissimi figli, perché dire vita è dire
azione. Che cosa sarebbe, infatti, la vita senza azione?... Che cosa
sarebbe?... Non c’è che un modo di concepirla una vita senza azione: è una
vita letargo, addormentata. Allora, sì, la vita c’è, ma è una vita inerte”266.
Con la guerra ci fu un affievolimento dello spirito apostolico nel
Terz’Ordine, e forse anche nel Primo Ordine, che aveva il compito di aiutare
e incitare i laici all’apostolato. La guerra era stata causa di sbandamento per
tutti e occorreva un momento di riflessione e di ripresa di coscienza. Il 1
Luglio 1956, Papa Pio XII salutava i Terziari Francescani d’Italia,
ricordando “lo splendore di tante loro glorie”, la “fiducia che la Chiesa
ripone in essi” e quindi aggiungeva: “La recente guerra può aver causato
264
Idem, pp 127-28 e. 135s.
Idem, p. 139.
266
Idem, p. 141.
265
172
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
sul principio un periodo di stasi organica e forse di raffreddamento
spirituale: ma, ora, come testimonia questa vostra magnifica adunanza,
avete ritrovato il primitivo fervore, per fare del Terz’Ordine vostro una
scuola di perfezione cristiana; di genuino spirito francescano; di azione
ardita e pronta per la edificazione del Corpo di Cristo” 267. Giovanni XXIII
aprì il Concilio Vaticano II il 12 ottobre 1962. Questo Concilio è stato il
momento più bello ed interessante del secolo Ventesimo: è nato un mondo
nuovo che ha trovato energia nell’acqua della “antica fontana del villaggio”
che è la Chiesa rivitalizzata dallo Spirito Santo. Con il Concilio anche gli
Ordini religiosi sono stati incitati a rinnovarsi e c’è un’analisi per conseguire
questo rinnovamento: “Il modo di vivere, di pregare, e di agire deve
convenientemente adattarsi alle odierne condizioni fisiche e psichiche dei
religiosi… Anche il modo di governare deve essere sottoposto ad esame
secondo gli stessi criteri”268. Anche l’Ordine francescano secolare ha
ricevuto un nuovo impulso dal Papa Paolo VI che, il 24 giugno 1978
approvò la loro nuova regola che si fonda sul vangelo e gli aderenti al
Terz’Ordine “passano dal Vangelo alla vita e dalla vita al vangelo...”
OTTOCENTO ANNI DI FRANCESCANESIMO
(Una pianta dalla radice profonda)
L’Ordine dei frati minori, nella primavera del 2009 ha compiuto
ottocento anni ed ha una storia meravigliosa: con alti e bassi, successi e
qualche fallimento, incontriamo martiri, confessori, dottori, uomini
semplici, persone accoglienti e disposte ad ogni sacrificio: tutti pronti a
267
268
Idem, p. 153.
Perfectae Caritatis 3, 712-713.
173
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
seguire Francesco nell’amore al Signore e a vivere nella perfetta letizia.
Questa storia ha avuto inizio nella primavera del 1209 quando Francesco e i
suoi dodici primi compagni si recarono a Roma per incontrare Papa
Innocenzo III e spiegargli come volevano impostare la loro vita comunitaria.
“La regola e la vita dei frati minori è questa, osservare il santo Vangelo del
nostro Signore Gesù Cristo, vivendo in obbedienza, senza nulla di proprio e
in castità…”, quindi quella storia aveva la sua origine nel vangelo di nostro
signore Gesù Cristo! E’ una storia che viene proprio da molto lontano… I
frati si sono preparati a questo grande evento, percorrendo un “itinerario
della Memoria” che ha avuto il suo inizio nell’anno sociale 2005-06, con la
prima riflessione sull’interrogativo di Francesco, inquieto e alla ricerca del
significato della sua vita: “Signore, che vuoi che io faccia?” Francesco
ricevette la risposta a questa domanda. Si spogliò dei panni, rinunziò ai beni
paterni, si rivestì di Cristo e diventò l’uomo nuovo della Valle Spoletana.
L’inquietudine esistenziale di Francesco è l’inquietudine dell’uomo che va
alla ricerca della sua identità vocazionale.
Nel 2006-07 si è passati alla meditazione su: “Il Signore dette a me, frate
Francesco, d’incominciare a fare penitenza così…”. Francesco si pose alla
sequela del Signore e scoprì nel Vangelo la Parola che lo avrebbe guidato
verso il Cristo povero, umile e crocifisso e questi lo avrebbe inviato “a
riparare la sua Chiesa” e a “servire i lebbrosi”. Oggi, credo che si apra per i
frati il cammino del “Vangelo vissuto e incarnato” e un itinerario sulla
tomba di Francesco per interpellare il Padre sul come poter soddisfare la
volontà di Dio nel quotidiano.
Nel 2007-08, l’attenzione è stata rivolta sul tema “Il Signore mi dette dei
frati…”. Quindi ci si è misurati con la vita dei primi seguaci di Francesco
nel romitorio di Rivotorto dove si poteva ammirare sorella povertà e umiltà,
ma c’era anche sorella fraternità che adempiva ciò che aveva detto Gesù:
“Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi”.
Oggi, ci si può chiedere: Che posto occupa nella nostra vita il
Comandamento nuovo? Possiamo dire che l’amore reciproco abbia
conquistato il cuore di tutti i religiosi? Possiamo asserire che le nostre
fraternità sono evangeliche ed apostoliche, o lasciano ancora a desiderare su
questo problema? Non ho la presunzione di dire che “tutto va bene”; sarebbe
un’ingiuria contro la verità; però è altrettanto falso e farisaico asserire che
tutto va male. C’è speranza che possa migliorare ciò che già si sta
realizzando...
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P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
Il 2008-09 ci ha offerto lo spunto per riflettere su “la Regola e la vita dei
frati minori è questa: osservare il santo vangelo di Nostro Signore Gesù
Cristo…”.
Il dono della Regola è quello di vivere il Santo Vangelo e obbedire alla
Madre Chiesa. Francesco quando ebbe i primi discepoli non sapeva cosa
fare e pregava: “Signore che vuoi che io faccia”? E’ il Signore gli rivelò di
vivere secondo il vangelo di Nostro Signore Gesù Cristo e donò alla Madre
Chiesa non una nuova famiglia monastica, ma una famiglia evangelica.
Oggi, noi siamo chiamati a vivere il Santo Vangelo, in comunione tra noi
e in obbedienza alla madre Chiesa.
Sono passati otto secoli e la Regola di S. Francesco è ancora fresca e
genuina e deve essere vissuta con gioia da tutti. L’itinerario intrapreso nel
2005, deve continuare a portare frutti abbondanti di bene nelle comunità di
tutto l’Ordine francescano anche dopo i festeggiamenti dell’ottavo
centenario. Ogni frate deve rinnovare la sua fedeltà al Carisma e tutti
insieme, nel quotidiano renderanno attuali e vivi i capitoli di quella regola
che per Francesco erano stati dettati da Cristo, tanto che diceva: “A tutti i
miei frati, chierici e laici, comando fermamente, per obbedienza, che non
inseriscano spiegazioni nella regola…, ma come il Signore ha dato a me di
dire e di scrivere con semplicità e purezza la regola e queste parole, così voi
con semplicità e senza commento cercate di comprenderle, e con santa
operazione osservatele sino alla fine” 269. Questo centenario possa ridestare
in tutti il desiderio di vivere integralmente il messaggio donatoci dal
serafico Padre Francesco!
269
ff, 130.
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P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
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P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
Indice
Presentazione
Crisi del medioevo
Francesco d’Assisi
Novità di Francesco
La prima esperienza
Il Capitolo del 1217 e la nascita delle Province
Francesco l’uomo di tutti
Il nome della fraternità
Due termini: fraternità e minorità.
La crisi della fraternità sul problema della povertà e i ministri
che la gestirono
Gioacchimismo: I francescani e i professori laici di Parigi; l’ortodossia
minata.
Al servizio della Santa Sede
Nicolò IV primo papa francescano (1288-92)
Francescani messaggeri di pace
La confessione e la predicazione
Francescanesimo ordine apostolico e non eremitico
Ordine e le Missioni
Alcuni mistici dell’Ordine e scrittori di mistica nei sec. XIII-XIV
Pietà cristiana e nuove devozioni
Il Governo dell’ordine
Il Capitolo generale
Il Capitolo provinciale –Il governo delle province
Alcuni dottori più importanti dell’ordine nei primi secoli
I francescani e l’arte
Le Basiliche e alcune chiese del primo secolo
La letteratura
L’ordine e le sue traversie nel sec. XIV
Crisi del papato e della cristianità
Francescanesimo dalla duplice anima
Espansione dell’ordine
La Chiesa e l’ordine dopo Michele da Cesena
La nascita dell’osservanza: Paoluccio Trinci e i suoi seguaci
Bernardino da Siena e la riforma osservante
177
P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
Gli osservanti dall’autonomia alla separazione dai conventuali
Altre riforme nel ‘400
Continua la lotta per la divisione
Alcuni personaggi illustri del sec. XV
Due illustri pontefici
Alcune figure di frati santi del secolo
La famiglia osservante e i suoi campioni
Opere sociali dei francescani
Il sec. XVI: gli avvenimenti politici e quelli francescani
Fermento nell’osservanza
Nuove riforme nell’osservanza
I francescani nel sec. XVI
I conventuali nel sec. XVI
La soppressione di alcune province
Un ordine vivo
Alcuni frati illustri del secolo
Musici dell’ordine
La Santità
L’organizzazione dei cappuccini
Dall’osservanza esce la riforma
I conventuali nel secolo XVII
I frati morti in concetto di santità
La soppressione innocenziana
Contenuto delle relazioni da inviare alla Congregazione
Conseguenze della soppressione innocenziana
Secolo XVIII
I conventuali durante il secolo
Le province di Francia
Clemente XIV
La nascita della scuola storica
La rivoluzione francese e i Martiri francescani
Il secolo XIX: La soppressione napoleonica
Effetti della soppressione napoleonica: I Conventuali
Il ritrovamento del corpo di S. Francesco. La ripresa
Un grande educatore
La missione d’America
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P. Nicola Petrone
La Storia del Francescanesimo
I Conventuali tra il 1820 e il 1866
La soppressione degli ordini religiosi nel 1866
La lenta rinascita
Riapertura del collegio internazionale
Un grande appuntamento
La crociata missionaria
P. Massimiliano Kolbe o la grande ripresa
Dal concilio ad oggi
Missione ed espansione dell’ordine dal dopo guerra ad oggi
Attività dell’ordine e personaggi illustri del secolo XX
S. Chiara d’Assisi e il secondo Ordine
La propagazione dell’ordine delle clarisse
Ordine della penitenza o francescani secolari
Ottocento anni di Francescanesimo: una pianta dalla radice profonda
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