Erberto Carboni
grafica
INDICE
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La ricerca è stata scritta da Andrea Cioffi
in occasione del corso di Storia della grafica
tenuto dal prof. Carlo Vinti
presso lo IUAV di Venezia.
Anno accademico 2006/07
Premessa
Introduzione
Lo stile
La prima collaborazione con Barilla
Le prime campagne pubblicitarie
L’immagine coordinata Barilla
Fotografia e advertising
La radio italiana
Primo gennaio 1954
Biografia
Bibliografia
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PREMESSA
INTRODUZIONE
Data la vastità di materiale prodotto durante un’attività artistica cinquantennale, questa ricerca restringe il campo di analisi al lavoro di
Carboni in qualità di grafico.
Nonostante i lavori realizzati per Shell, Pirelli, Bertolli siano eccellenti
e degni di nota, in questa sede verranno analizzati i casi specifici della
Barilla e della RAI poichè ritenuti simbolici del metodo progettuale.
Grecia in sogno è una sorta di diario del viaggio in Grecia che Erberto
Carboni ha compiuto presumibilmente verso la fine degli anni ‘60.
Una sequenza di didascalie essenziali e dal tono solenne funge da
guida all’interno di un percorso scandito da fotografie, disegni,
patterns e immagini scontornate che si sovrappongono l’un l’altra formando un sistema narrativo originale e ben orchestrato.
Sfogliando le pagine del volume, la lettura si trasforma velocemente in
una deriva in un universo fatto di reminescenze primitive, di mitologia
e di leggenda.
Questo libro riassume tutta la poetica su cui è imperniato il metodo
progettuale di Carboni. Un viaggio alla ricerca di un cosmo antropocentrico, mitico, classico, e allo stesso tempo favoloso, onirico, metaforico e (pop)olare.
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Questa è la piccola storia illustrata di un’avventura meravigliosa:
un viaggio in Grecia!
Da tanto tempo l’insistente richiamo alla terra di Omero eccitava
le mie vaghe conoscenze classiche popolate di eroi, di miti e di leggende,
finchè un bel giorno riuscii ad approdare in quel mondo favoloso.
Le solitarie escursioni sulle rovine delle città morte, l’incanto del paesaggio,
lo splendore trascendente del cielo, le selve argentee degli olivi millenari,
il fascino delle piccole isole abbandonate sulle acque del golfo Saronico
e le sorprendenti scoperte nelle sale dei musei, mi hanno offerto quelle
immagini che, in lento processo di elaborazione, ho cercato di comporre con
sovrapposizioni e contrappunti nella cadenza vaporosa di un sogno.
Erberto Carboni, La Grecia in sogno, Silvana editoriale.
LO STILE
Carboni non solo è un vero e proprio maestro della
grafica contemporanea ma rispecchia il prototipo
del progettista moderno che ha saputo affrontare,
con soluzioni brillanti e originali, numerosi problemi
legati a tematiche contemporanee della comunicazione.
Gillo Dorfles scrive della abilità di Carboni di imbastire e portare a termine numerose e difficili campagne,
proprio valendosi degli elementi di cui dinanzi accennai: varietà di modulazioni e unità di stile.
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La varietà di stile di cui parla Dorfles deriva da una
grande attenzione ai moderni movimenti artistici che hanno scosso l’Europa nella prima metà del
secolo. Le campagne pubblicitarie, gli allestimenti
temporanei, i manifesti, gli annunci stampa di Carboni, sono intrisi di un sapiente processo di “saccheggio” dal linguaggio delle avanguardie artistiche.
Dalle forme geometrico-astratte di Atanasio Soldati
e dei gruppi francesi Cercle e Carré e AbstractionCréation, dai volumi solidi del protocubismo di
Léger, dalle linee sintetiche del cubismo di Picasso e Braque, dei manichini metafisici, dalle “Parole
in libertà di Marinetti”, dalle espressioni ambigue del
Surrealismo, dall’impostazione razionale del De Stijl di
Mondrian e del funzionalismo bauhausiano, dall’imprevedibilità dadaista e dal mitologismo miròriano.
Carboni invece passa con estrema duttilità dalla “se-
verità” di certi annunci (come quelli del ‘35 per la Olivetti), alla “frivolezza” di quelli per la Rinascente o per
il panettone Motta, dalla vaga intonazione surreale del
celebre motivo dell’orologio che “segna l’ora” dei biscotti
Pavesini, all’elegante, seppur compassata, stilizzazione
di elementi tipografici di certi annunci Bertolli.
La formazione umanistica a Parma, i rapporti con lo
studio di Antonio Boggeri, con gli illustratori Sepo e
Cassandre, con i pittori della Galleria Il Milione di
Milano e con il collega Herbert Bayer ne hanno fatto
un designer versatile, spesso precursore dei tempi e
in grado di affrontare il progetto in maniera strategica.
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1956. Erberto Carboni,
annuncio per giornale dedicato alla
propaganda della
televisione.
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1938. Erberto Carboni,
annuncio per l’olio
invernale Shell.
1957. Erberto Carboni,
annuncio per l’olio
Bertelli.
1938. Erberto Carboni,
annuncio per
pneumatici Pirelli.
1934. Erberto Carboni,
annuncio macchina da
scrivere Olivetti.
L’estro inventivo dell’artista si rinnova e muta col mutare
del prodotto da trattare;
altra dote codesta da non sottovalutare, poiché troppo spesso accade
che grafici, anche di prim’ordine, rimangano perennemente fissi
ad uno schema e ad una tecnica che non riescono più a mutare
a seconda delle circostanze.
Gio Ponti, Venticinque campagne pubblicitarie, Erberto Carboni, Silvana editoriale.
LA PRIMA COLLABORAZIONE CON BARILLA
Nel 1936 Pietro Barilla entra a dirigere il settore
commerciale dell’azienda parmense.
Iniziai nel 1932, mio padre capì che non ero un amministrativo e mi mandò a imparare con i venditori.
I clienti allora erano delle drogherie, dei poveri “sali e
tabacchi. L’azienda aveva soprattutto forniture militari,
si facevano delle aste, si concorreva e chi vinceva l’asta
produceva: allora c’era lavoro militare e poco civile.
Poi il mio ingresso spostò questo fatto.
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Tre anni più tardi, in pieno regime fascista, Carboni
è chiamato dallo stesso Pietro per realizzare un calendario promozionale del noto pastificio parmense. Sarà il primo passo di un lungo sodalizio che porterà l’azienda a conquistare, nei decenni successivi,
una fama tale da essere riconosciuta, come uno dei
principali esportatori della qualità made in Italy in
tutto il mondo.
Omaggio alla donna italiana, così si intitola il calendario che Carboni realizzerà per il 1939. In copertina una donna, simbolo dell’altra metà dell’Italia che
si dedica al sostentamento dell’esercito impegnato
in guerra, si regge il cappello da contadina al di sopra di un letto di uova, uno dei motivi ricorrenti del
marchio della Barilla.
All’interno sei tavole illustrate mostrano aspetti
come la bellezza, la seduzione, la maternità, la spensieratezza, la laboriosità e la forza che rispecchiavano la concezione fascista che il ruolo femminile
dovesse assumere nella società del tempo. Le sagome ritagliate da fotografie e applicate su fondali
tendenti alla monocromia e i pochi elementi grafici,
sufficienti a descrivere l’ambiente dove si svolge la
scena, segnano una piccola rivoluzione di questo articolo promozionale. Le precedenti edizioni, infatti, erano di stampo più illustrativo (come quella di
Adolfo Busi del 1931, influenzata molto dai pupazzi dinamici di Depero) e ancora volte a mettere in
primo piano il prodotto. La formazione umanistica
a Parma, i rapporti con lo studio di Antonio Boggeri, con gli illustratori Sepo e Cassandre, con i pittori
della Galleria Il Milione di Milano e con il collega
Herbert Bayer ne hanno fatto un designer versatile,
spesso precursore dei tempi e in grado di affrontare
il progetto in maniera strategica.
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Per quanto riguarda le immagini, ebbi un’idea che apparve
semplicemente folle ai Soloni di allora.
Quella cioè di mettere il prodotto in secondo piano, anche perchè
a quei tempi tutti facevano il contrario e io volevo differenziarmi.
Pier Boselli, Con Carboni è sempre domenica, in Strategia, 1.X 1975
LE PRIME CAMPAGNE PUBBLICITARIE
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Nel 1947 il pastificio sospende la produzione dalle
forniture statali (che al tempo erano destinate per lo
più all’esercito) e decide di dedicarsi al mercato.
Le ferite inferte dalla seconda guerra mondiale
bruciano ancora ma in quegli anni verranno poste le basi che permetteranno il boom economico
italiano degli anni Sessanta. Negli anni cinquanta
infatti avviene un mutamento che avrà conseguenze determinanti nella storia della comunicazione.
Spariscono i negozi monomarca e comincia la tendenza al confezionamento del prodotto (che vedrà
la completa affermazione con una legge del 1967
che obbliga il confezionamento degli alimenti).
Il consumatore accede a nuove possibilità di scelta.
Posto di fronte allo scaffale, si dispiega, di fronte i
suoi occhi, una varietà di marche e prodotti in competizione tra di loro.
Il viaggio di Pietro a New York segna un punto di
svolta nella politica dell’azienda che sarà, di qui in
avanti, caratterizzata dal passaggio ad una strategia
imprenditoriale più attenta alla sperimentazione di
nuovi macchinari, all’automazione della produzione, all’inscatolamento e alla spedizione.
Ma, raggiunto un certo livello di qualità, viene compreso come sia importante, per una crescita dell’azienda, l’aspetto pubblicitario e promozionale. È
da questo momento in poi che Carboni si occuperà
di realizzare quell’apparato comunicativo che andrà
a costituire uno dei primi esempi di moderna immagine coordinata consapevole. La prima campagna pubblicitaria del 1952 consisteva in 25 annunci
stampa, un’affissione, una serie di comunicati radiofonici e un pieghevole indirizzato alle cuoche italiane. Negli anni a seguire il grafico progetterà i nuovi imballaggi, l’aspetto dei furgoni, numerosi stand
espositivi e ridisegnerà diverse volte il marchio fino
a realizzarne la versione precedente a quella che conosciamo oggi (semplicemente ristilizzata nel 1969
da Lippincott & Marguiles).
Il leggendario poster del 1952, La pasta del buon appetito, è simbolico del passaggio ad un nuovo modo
di comunicare il prodotto che compie uno slittamento verso un piano secondario e lascia spazio alla
reclamizzazione della sfera di valori personali e sociali che contraddistinguono il suo consumo.
Lo slogan e le silhouette bianche di un cucchiaio
e di una forchetta disposti in modo da dividere verticalmente in due l’impaginazione, richiamano alla tavola e al momento del pasto. Il motivo
sarà sempre più ricorrente negli anni successivi.
Sulle posate volteggiano alcuni tipi di pasta presi in
prestito dal manifesto Pasta sul pentagramma di Giu-
seppe Venturini del 1938. La coppia di posate viene
trasformata in una sorta di icona che, ripetuta come
un timbro insieme al nuovo logo, identificherà tutti i manifesti successivi come membri di una sola
famiglia.
L’originalità e la straordinaria forza comunicativa
del manifesto, fecero guadagnare a Erberto Carboni
la Palma d’Oro del Premio Nazionale della pubblicità.
La motivazione era la seguente: Per la più geniale ed
efficace manifestazione pubblicitaria dell’anno 1952.
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1952. Erberto Carboni,
annunci per la campagna pubblicitaria
Barilla.
Perchè Barilla trionfa sul mercato italiano?
Potenza e modernità degli impianti, materie prime sceltissime, lavorazione
perfetta, confezione protettiva, eccezionale varietà di tipi, qualità costante
e sicura, elevato rendimento alla cottura, convenienza di prezzo.
Erberto Carboni, Con pasta Barilla è sempre domenica, Annuncio stampa.
L ‘IMMAGINE COORDINATA BARILLA
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Negli anni Cinquanta, inscatolamento, spedizione e
distribuzione diventano centrali nella politica dell’azienda. La nuova immagine aziendale Barilla si presenta perciò con una nuova linea di imballaggio che si
protende verso un’idea di coerenza e omogeneità.
Sulle confezioni, indipendentemente dal formato e
dal contenuto, compare una striatura bianca e blu,
il logo è ben presente ma sempre in una posizione
paritaria rispetto al prodotto: nel caso delle buste in
cellophane gli spazi interni al segno sono trasparenti, nel caso del cartone invece il marchio ha lo stesso peso visivo della finestra che permette la visione
del prodotto.
Inoltre viene ripetuto spesso il simbolo dell’uovo e
un carattere bastoni (che poi sarà cambiato con una
font bodoniana) viene utilizzato per i testi.
Nel 1956, in occasione della sostituzione del cellophane con il cartone, avviene il redesign della nuova linea di confezioni. Questo evento segna l’ultimo
passo di quel processo evolutivo iniziato pochi anni
prima e che porterà alla realizzazione di una corporate image intesa nel senso che conosciamo oggi.
L’importanza dell’operazione fu capita nel 1967 dal
critico Alan Parkin che, in Design and Corporate Image,
segnalò la Barilla come una delle aziende italiane più
all’avanguardia nell’ambito del graphic design.
Il passaggio dal cartone al cellophane ha come conseguenza l’occultamento del prodotto. Ne approfitta il marchio che compie il passo più importante in
tutta questo processo di restyling. Non solo si presenta in una nuova veste grafica (che richiama in
maniera esplicita ma elegante l’interno dell’uovo),
ma estende anche i suoi confini fino ai margini dell’involucro. Così facendo, conquista con decisione il
primo posto dell’attenzione visiva, sottoponendo a
sè il contenuto.
Per rimediare al surclassamento del prodotto da
parte del nuovo materiale di imballaggio e del marchio, ecco che entra in gioco la fotografia. L’immagine realistica della pasta disposta in maniera disordinata su di una superficie blu, compone un pattern,
il cui contrasto è di notevole impatto. Da questo momento in poi il blu diventa, senza titubanze, il colore
di corporate.
Il pannello espositivo, appositamente progettato,
decreta la conquista di un nuovo livello di maturazione. Inserito all’interno dei negozi, diventa piattaforma dove la coordinazione può esprimersi in
tutta la sua potenza, mostrandosi ordinata, coerente
e compatta.
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1956. Erberto Carboni,
annuncio per la
campagna
pubblicitaria Barilla.
Questo fascicolo è volutamente fotografico per cercarvi un’estetica grafica rispondente. La sua struttura
è stata studiata a scapito totale di tutti i formalismi e
con la più ampia libertà. Libertà interpretata però non
come scusa comoda per evitare difficoltà, ma come ordine e disciplina superiore al modulo e alla regola. Dunque: caos per le mentalità arenate, ordine per i protesi
a comprendere i problemi estetici del nostro tempo.
[...]
Il problema essenziale e urgente - per chi prende atto
degli orrori che ci regalano le impaginazioni, oggi in
auge, nei giornali e nelle riviste a scapito di bellissime
fotografie cinematografiche e pubblicitari - è di portare la tipografia all’altezza della fotografia d’oggi. Solo
con una tipografia veramente moderna, la tipografia
potrò dare totalmente la sua dinamica espressiva; e
la tipografia potrà aumentare la sua chiarezza e la sua
forza, solo interpretando e usando la fotografia d’oggi.
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Dall’editoriale di Campo Grafico, numero 12, 1938.
1956. Erberto Carboni,
annunci per la campagna pubblicitaria
Barilla.
Il fotomontaggio è l’unica espressione dell’illustrazione moderna. Un libro, una rivista, un giornale che vogliano veramente appartenere al clima spirituale d’oggi
devono dipendere della fotografia e della dinamica imposta dall’artista nella creazione del fotomontaggio.
La sua superiorità nel campo illustrativo è dovuto
al fatto che esso risponde meglio di un disegno ai requisiti che deve avere una illustrazione oggi: nessun
disegno ha le possibilità comunicative, immediate e
universali di una fotografia [...].
Il fotomontaggio, però non è un semplice insieme di
fotografie con pretese più o meno documentarie come
spesso si vede, ma è anzitutto una composizione pittorica; la misura e la forza del contenuto narrativo dipendono dalla natura intima del libro o della rivista che
si vogliono illustrare. Il fotomontaggio è dunque una
composizione nella quale si creano dei rapporti di sensibilità fra la fotografia, colori e forme, per un risultato
di contenuto unico.
Inteso come rapporti di superfici piane dipinte: forme
e colori, e forme plastiche monocrome (fotografie), risolve dei problemi nel campo illustrativo, che la sola
pittura, o la sola fotografia non possono assolvere.
La composizione in un primo tempo deve essere pensata e realizzata pittoricamente solo come rapporti di
forma e di colore. In un secondo tempi si cercheranno o
si faranno le fotografie che come forma, tono e sostanza
abbiano i requisiti richiesti dalla composizione.
[...]
Si avrà così un insieme lirico nel quale il racconto di un
fatto o di un oggetto non è banalmente espresso attraverso l’oggettivismo proprio della fotografia, ma lo si
percepisce e vivrà nell’atmosfera creata.
Veronesi e Pallavera, Campo Grafico, numero 12, 1938.
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FOTOGRAFIA E ADVERTISING
Negli anni Sessanta si assiste allo spodestamento
dei grafici da parte delle grandi agenzie pubblicitarie, più attente agli sviluppi del nuovo mercato internazionale.
Oramai l’immagine Barilla è consolidata, Carboni
realizza la sua ultima campagna pubblicitaria per poi
lasciarne il compito alla CPV.
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Carboni ha mutato il suo linguaggio espressivo
migrando verso nuovi lidi caratterizzati da un uso
esclusivo e predominante della fotografia. Sembra
volere aderire ad un linguaggio espressivo tipico
dell’advertising.
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Praticità, varietà dei formati, qualità, garanzia della provenienza e risparmio sono gli stessi temi che
avevano caratterizzato le campagne precedenti ma
l’uso massiccio del fotomontaggio, tecnica osannata nel 1938 in un numero di Campo Grafico, tende a
celebrare il rito del consumo che ha per protagonista
la famiglia italiana. Un cospicuo numero di oggetti
esprimerà diversi slogan come i famosi Cinquecento
grammi per cento lire o Con Barilla è sempre domenica.
1957. Erberto Carboni,
annunci per la campagna pubblicitaria
Barilla.
I miti non vivono
che per il sangue nuovo
che viene in loro trasfuso.
È così che essi
sanno vincere la Storia
la cui verità
presto diventa menzogna
quando le menzogne della fiaba
divengono realtà.
Erberto Carboni, rivivendo il mito in immagini,
non fa che obbedire all’odine degli Dei
che ricusano il sonno
nella loro Micene di porpora.
Non è altro il Miracolo greco
che questa nuova immortalità.
Jean Cocteau, prefazione a La Grecia in sogno, Erberto Carboni, Silvana editoriale d’arte.
LA RADIO ITALIANA
Avere a che fare con un pubblico più vasto e il compito di pubblicizzare un servizio (trasmissioni radiofoniche e programmi televisivi), e non un prodotto, sono le nuove sfide che Carboni affronta con
grande genialità. Il grafico parmigiano comprende
che, a differenza della Barilla, il destinatario della
comunicazione non è più il consumatore ma un’audience collettiva.
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La radio: una fiaba meravigliosa. Con questo slogan
veniva presentata la radio su un annuncio dei primi anni cinquanta, come un magico cantastorie.
E di un’atmosfera magica è cosparso tutto il simbolismo figurativo delle illustrazioni che caratterizzano la campagna pubblicitaria per la RAI.
Carboni fa largo uso di figure tratte dall’immaginario comune, dalla cultura e dalla tradizione popolare, offrendo lo sguardo su una cosmologia di un inconscio collettivo, popolata da personaggi allegorici
e meravigliosi, paficicamente immersi in costellazioni fantastiche di linee e punti e forme astratte
biomorfe. Il più delle volte, i messagi acquistano un
carattere persuasivo: Mago Merlino, Babbo Natale,
la Fata Turchina, una rana, invitano a pagare il canone ricordando che i termini stanno per scadere o
che sono già scaduti.
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1951. Erberto Carboni,
annunci per la Radio
Televisione Italiana.
Carboni è un progettista che dedica la sua fantasia a compiti
che riguardano ogni uomo, pur mantenendosi sempre ben aderente
alla realtà.
Non parla di spinte interiori irresistibili verso l’illimitata espressione
di se stesso, ma delle sue responsabilità verso i problemi e gli scopi
del cliente.
Herbert Bayer, Progettazione di esposizioni, in Erberto Carboni
PRIMO GENNAIO 1954
Il primo gennaio 1954 la Rai inaugura la regolare
trasmissione dei programmi televisivi. Per cavalcare l’onda di entusiasmo di questa nuova nascita,
Carboni imposta la campagna pubblicitaria su due
tematiche principali.
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Il primo tema, riscontrabile all’interno delle campagne per la RAI, è quello dell’ingresso in casa del
televisore. In un opuscolo del ‘53 è presente un intero sistema di segni, la poltrona, le pantofole, il
gatto, la carta da parati, che connotano l’ambiente domestico nel quale espletare comodamente la
performance della visione. Forse non è un caso che
Carboni disegnerà, nel 1956, la poltrona Delfino e
la rivestirà di un tessuto decorato dal marchio della
televisione italiana.
TV... focolare del nostro tempo, lo slogan rievoca il
costume diffuso, all’epoca, di incontrarsi a casa di
amici per vedere programmi come “Lascia o raddoppia”. La tv quindi come centro di aggregazione e
oggetto da vivere comunitariamente.
Il secondo tema ruota riprende quello sviluppato
per la radio ma ne amplia i margini suggestivi. La tv
non è un semplice elettrodomestico, è il mezzo che
permette di affacciarsi su ogni singolo punto della
nuova rete che riveste il mondo e lo spazio, è lo stru-
mento tramite il quale è possibile accedere, in prima
persona, ad una nuova dimensione in cui i rapporti
dimensionali sono stravolti: lo spettatore diventa il
fulcro attorno al quale orbitano il globo (così piccolo
da essere a “portata di occhio e di mano”) e i labirintici e maestosi tralicci delle antenne televisive.
La fusione di elementi astratti con elementi realistici (fotografie e illustrazioni) si rivela azzeccata: il
connubio dei due linguaggi permette la comprensione da parte della massa e, al tempo stesso, la possibilità di esprimere velocemente concetti moderni
e innovativi. Si veda la raffinatezza del sintetismo
dell’ovale nel manifesto con lo slogan Il teatro va in
casa del 1954, oppure le linee che descrivono il dinamismo del saltatore con l’asta nel manifesto di un
anno dopo.
Il carattere innovativo del mezzo televisivo viene raffigurato tramite l’uso di fotomontaggi di gigantesche
architetture viste dal basso, che richiamano le fotografie dei balconi di Moholy Nagy e di Rodchenko, e
con un’impaginazione tipografica marinettiana.
Le parole intervallate da ampi spazi bianchi, la varianza di dimensioni di porzioni di testo e la rotazione del piano di appoggio di questo, determinano
la rottura di ogni priorità e ordine, è una previsione
del flusso mediatico continuo e incontrollabile che
investirà il mondo.
Nel disegno del marchio TV, la T inserita all’interno
della V è un richiamo ovvio all’antenna televisiva,
quello strumento che, negli anni a venire, germoglierà sui tetti delle case italiane. Il simbolo diventa
protagonista di un’operazione geniale, all’interno
dei lunghi testi didascalici, viene sostituito con la
parola “televisione”. Ciò genera un ulteriore piano
visivo sul quale poggia un motivo grafico che suggerisce l’idea della diffusione capillare e della distribuzione sistematica.
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1956. Erberto Carboni,
annuncio per la
Televisione Italiana.
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1954. Erberto Carboni,
annunci per la
televisione italiana.
1954. Erberto Carboni,
annunci per la
televisione italiana.
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1955. Erberto Carboni,
annuncio per la
televisione italiana.
1953. Erberto Carboni,
annuncio per la
televisione italiana.
1954. Erberto Carboni,
annuncio per la
televisione italiana.
1961. Erberto Carboni,
poltrona Delfino con
tessuto decorato.
ERBERTO CARBONI - (Parma, 1899 - Milano, 1984)
Erberto Carboni è nato a Parma il 22 novembre 1989. Compiuti gli studi presso l’Accademia di Belle Arti della sua città, diplomandosi in architettura nel 1923, si dedicò da subito alla grafica e all’illustrazione,
eseguendo bozzetti per i principali stabilimenti cromolitografici locali
fra cui Zanlari e Zafferri. Nel 1932 si trasferì a Milano, dove iniziò a
collaborare con la rivista L’Ufficio Moderno diretta da Guido Mazzali.
Da quell’anno intraprese collaborazioni con le più prestigiose aziende
italiane: Motta, Olivetti, Campari, Strega, Lagomarsino. Come architetto ideò numerosi allestimenti per vetrine, negozi, padiglioni e saloni per fiere e mostre e trasformò, per la Triennale del 1935, la facciata del Palazzo dell’Arte di Milano: un impegno di prestigio che si era
guadagnato vincendo un importante concorso. La sua collaborazione
con la Barilla ebe un precoce inizio nel 1922 e proseguì dopo uno sporadico intervento nel 1938, dal 1952 in modo continuativo fino al 1960.
Proprio nel 1952 vinse la Palma d’Oro della pubblicità per la campagna
“Con pasta Barilla è sempre domenica”. Dai primi anni Cinquanta non
si contano le realizzazioni prestigiose con altre importanti ditte come
Bertolli, Pavesi, Crodo, Bourbon, Montecatini. Collabora a lungo con
la RAI-TV per la quale allestisce diversi padiglioni alla Fiera di Milano
e realizza, a partire dal 1956, logo, monoscopio e sigle animate.
Oltre alla grafica pubblicitaria e all’illustrazione di libri, esegue anche
scenografie per il Teatro alla Scala e per il Maggio Musicale fiorentino.
Chi lo conobbe lo ha descritto come un signore elegante, molto colto,
intelligente ed educato.
Negli ultimi anni la sua passione per la pittura “pura” gli fece intensificare un’attività pittorica da sempre esercitata. Espose alla Biennale
di Venezia una scultura in acciaio di 6 metri, Totem 36 quale simbolo della 36a Esposizione Internazionale, e ordinò alcune “personali”
presso il “naviglio” di Milano (1973) il “Cavallino” di Venezia (1972) e
una grande antologica allestita dal Comune di Parma nel 1982. Morì a
Milano nel 1984 all’età di 85 anni, dopo una carriera di rara intensità.
La biografia è tratta dal volume Barilla, cento anni di pubblicità e comunicazione
a cura di Ivardi Ganapini e Giancarlo Gonizzi.
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BIBLIOGRAFIA
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1872-1972 Cento anni di comunicazione visiva Pirelli, a cura di Bob Noorda e Vanni Scheiwiller
Barilla, cento anni di pubblicità e comunicazione a cura di Ivardi Ganapini e Giancarlo Gonizzi
Campo Grafico, rivista di estetica e di tecnica grafica, numero 12, 1938
Con Carboni è sempre domenica, Pier Boselli, in Strategia, 1.X 1975
Gli anni dello stile industriale (1948-1965), Carlo Vinti, Marsilio edizioni
Design coordination and Corporate Image, Alan Parkin, London, Studio Vista, 1967
Erberto Carboni, dal Futursimo al Bauhaus, Mazzotta edizioni
La Grecia in sogno, Erberto Carboni, Silvana editoriale d’arte
Progettazione di esposizioni, Herbert Bayer, in Erberto Carboni
Pubblicità per la radiotelevisione, Erberto Carboni, Silvana editoriale d’arte
Storia del design grafico, Daniele Baroni e Maurizio Vitta, Longanesi edizioni
Venticinque campagne pubblicitarie, Erberto Carboni, Silvana editoriale d’arte
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