CULTURA,
CIVILTÀ
E
RELIGIOSITÀ
ipertesto
Cinema, teatro e caccia
alle streghe negli USA
degli anni Cinquanta
F.M. Feltri, Chiaroscuro – Nuova edizione © SEI, 2012
Il senatore
Joseph Mc Carthy.
1
Cinema, teatro e caccia alle streghe negli USA degli anni Cinquanta
La psicosi anticomunista diffusa negli stati Uniti raggiunse il proprio apice all’inizio degli anni Cinquanta, in occasione della caccia alle streghe scatenata dalla commissione
presieduta dal senatore Joseph Mc Carthy nei confronti di numerose personalità e settori della società sospettati di simpatie comuniste. tra le vittime del cosiddetto maccartismo, il caso politico-giudiziario più clamoroso fu quello dei coniugi rosenberg, ingiustamente accusati di spionaggio a favore dei sovietici, processati e giustiziati nel 1953.
A livello artistico e letterario, la figura che meglio espresse il difficile clima che si respirava nell’America degli anni Cinquanta fu Arthur Asher Miller (1915-2005), che nacque a
New York in una famiglia molto abbiente, il cui agiato stile di vita fu improvvisamente spazzato via dal crollo della Borsa di Wall street, mentre la depressione provocava, pochi anni
più tardi, il fallimento dell’azienda diretta dal padre.
sebbene la situazione finanziaria della famiglia peggiorasse di mese in mese, Arthur
era deciso a terminare il liceo e a iscriversi al college. Ammesso all’università del Michigan, ben presto si pose il problema del pagamento della retta, che egli risolse
partecipando a un premio letterario che l’ateneo bandiva ogni anno, vincendolo e aggiudicandosi così una discreta somma di denaro.
L’opera composta dal giovane Miller nel 1936 era fortemente autobiografica: i personaggi, infatti, erano un padre titolare di una
ditta sull’orlo del fallimento, una madre esasperata dallo spettro della povertà, e due figli, uno dei quali impegnato nell’azienda paterna. Nel dramma si celebra l’ideologia comunista come unica speranza collettiva, capace di salvare tutti coloro che stavano affondando a seguito della crisi iniziata nel 1929; nel contempo, c’è un appassionato appello personale a resistere con determinazione di fronte alle sventure. Nello stesso periodo,
Miller iniziò a interessarsi sempre più alle dure lotte
sindacali degli operai di Detroit e a scrivere per il giornale radicale “Michigan Daily”.
Nel 1938, Miller si laureò presso l’università del Michigan. il successo ottenuto nei premi letterari banditi dall’ateneo lo spinse a tentare la carriera professionale di scrittore per il teatro. in un primo tempo, poté giovarsi del sussidio pagato dal programma di aiuti federali
per gli scrittori e gli attori denominato Federal eatre and Writers Project; il progetto, tuttavia, venne bruscamente interrotto dalla Commissione del Congresso che si era assunto il compito di investigare «su qualsiasi gruppo sovversivo del paese». evidentemente, agli occhi di tale commissione parlamentare, il programma so-
IPERTESTO A
Arthur Miller ed Elia Kazan
ipertesto
UNITÀ XI
Il regista EliaKazan
(a sinistra) e Arthur
Asher Miller (a destra).
Morte di un commesso viaggiatore
2
LA GUERRA FREDDA
steneva soprattutto opere radicali e comuniste, che non
meritavano certo la protezione governativa. il primo
vero successo teatrale fu Erano tutti miei figli, un dramma in cui Miller denunciava le speculazioni compiute da un industriale senza scrupoli in tempo di guerra. il protagonista, Joe Keller, anni prima aveva venduto all’esercito una partita di teste di cilindro sbagliate,
destinate a essere montate sui motori degli aerei da caccia. poiché alcuni piloti erano morti a seguito dei guasti tecnici provocati in volo dai pezzi difettosi, un’inchiesta governativa aveva portato in carcere il socio di
Keller, mentre lui aveva impunemente continuato ad
arricchirsi. su questa condanna severa dell’affarismo
spregiudicato, tipico del capitalismo degli anni di guerra, si innesta una serie di conflitti familiari durissimi.
il figlio maggiore di Keller, Larry, è precipitato in missione. sul padre, dunque, aleggia il sospetto di essere
il colpevole della morte del figlio.
Erano tutti miei figli debuttò a Broadway il 29 gennaio
1947. La regia era stata affidata a Elia Kazan (1909-2003), che aveva militato nel partito comunista fino al 1936 ed era molto sensibile alle tematiche sociali. in un appunto personale, Kazan descrisse il nucleo centrale del dramma nel modo seguente: «Alla fine si devono mostrare anime nude nelle terrificanti tenebre di questa civiltà». Denuncia sociale
e conflitti personali dovevano fondersi in un tutto organico, qui come in Morte di un commesso viaggiatore, che Miller avrebbe composto nel 1948.
➔Un personaggio
in crisi
➔La fine del sogno
americano
Miller stesso ricorda che alla base di Morte di un commesso viaggiatore sta l’esperienza giovanile vissuta nell’estate del 1931, allorché accompagnò un dipendente del padre
nell’inutile ricerca di un mercato per i prodotti invernali della ditta. Questo anonimo e
stremato personaggio reale divenne il prototipo di Willy Loman, il protagonista del più
celebre dramma di Miller che, a sorpresa, costruì un’opera composta non di tre atti (com’era abitudine fare, all’epoca), ma di due atti e un requiem finale. All’epoca, il dramma fu
definito espressionista, termine con il quale si volle indicare lo sforzo dell’autore di far entrare il lettore/spettatore nella mente del personaggio principale, in piena crisi esistenziale.
per esprimere questo stato confusionale, Miller fa ricorso più volte a un artificio scenico molto efficace: il pubblico vede in scena i pensieri, i ricordi e soprattutto le allucinazioni di Loman, in un’alternanza continua tra presente e passato, realtà e illusione.
Al centro di tali fantasie e visioni si trova spesso il fratello di Willy, Ben, che incarna il
sogno americano: la ricchezza raggiunta facilmente, il successo alla portata di tutti, che basta raccogliere al momento opportuno. La realtà è ben diversa. Fin dalla prima scena, Loman è un uomo disperato di 63 anni, senza soldi e soffocato dai debiti; sfinito e distrutto, dopo essere stato sfruttato e spremuto dal mondo capitalistico americano, al termine
del dramma Loman si ucciderà, schiantandosi con la macchina.
per realizzare il suo lavoro, Miller si avvalse di nuovo della regia di Kazan, che in un primo tempo era molto perplesso sulle scene in cui Loman sognava o vedeva il passato. Una
volta accettato il punto di vista di Miller, che si rifiutò di cambiare il testo, Kazan decise di utilizzare la competenza di Jo Mielziner per le scenografie; questi, però, propose che
l’unica scena reale fosse quella relativa alla casa di Loman: tutte le altre situazioni, comprese quelle visionarie, sarebbero state ottenute per mezzo di giochi di luci. Quanto agli
attori, Kazan scelse Leo J. Cobb per il ruolo di Willy; si trattava di un individuo dal fisico imponente, mentre Miller, in verità, aveva pensato a Loman come a un ometto piccolo e minuto. il risultato fu straordinario: vedere un uomo così forte, in apparenza, schiac-
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ipertesto
ciato dal peso dei problemi e delle contraddizioni, diede ulteriore efficacia al personaggio. per molti anni, il ruolo di Loman sarebbe stato assegnato sempre ad attori alti ed energici; solo il film con Dustin Hoffmann avrebbe costituito una significativa eccezione alla
regola generale.
per mettere in risalto fin dall’apertura il peso del dramma di Willy, Kazan introdusse poi
un’altra novità rilevante. Fu sua, infatti, l’idea di far entrare in scena, all’inizio, Loman,
non con una valigia, ma con due: una per mano, quella del campionario e quella con i
suoi effetti personali, indispensabili durante i viaggi di lavoro. in tal modo, Loman non
era sbilanciato lateralmente, ma incurvato in avanti, come un animale da tiro, schiacciato da un carico eccessivo ed esagerato.
Le prove iniziarono il 27 dicembre 1948; la prima rappresentazione pubblica ebbe luogo a philadelphia il 21 gennaio 1949. sia in questa occasione sia a New York (dove lo spettacolo fu messo in scena all’inizio di febbraio), gli attori vissero un’esperienza del tutto
particolare: alla fine del dramma, infatti, il pubblicò non applaudì. il teatro era sprofondato in un silenzio assoluto, rotto solo da qualche singhiozzo trattenuto a stento; solo in
un secondo momento, vinti lo sgomento e la commozione iniziali, gli spettatori espressero nel modo tradizionale tutto il loro apprezzamento.
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Cinema, teatro e caccia alle streghe negli USA degli anni Cinquanta
Fin dal 1947, una Commissione della camera dei deputati per le attività antiamericane ave- Riferimento
va iniziato a indagare sul mondo di Hollywood, al fine di smascherare le eventuali infil- storiografico 1
trazioni comuniste nell’industria cinematografica. A seconda del loro atteggiamento, i sogpag. 7
getti convocati erano definiti dai commissari friendly o unfriendly. i primi erano disposti
a collaborare, a dichiarare pubblicamente di non avere alcuna simpatia per il comunismo ➔I dieci di Hollywood
e, soprattutto, a fare i nomi di altri attori, registi o produttori
legati a vario titolo all’ambiente dell’estrema sinistra. Gli ostili più irriducibili furono una decina (i cosiddetti Dieci di Hollywood), e durante le sedute della Commissione accusarono apertamente i suoi membri di tenere un comportamento contrario
alla Costituzione, che lasciava ai cittadini americani la piena libertà di professare qualsiasi opinione religiosa o politica. in virtù
del loro fermo comportamento, questi dieci esponenti del mondo cinematografico furono poi incriminati di oltraggio nei confronti del Congresso, processati e condannati in una serie di processi che si tennero tra il 1948 e il 1950.
il 14 gennaio 1952, venne convocato anche Elia Kazan, che venne interrogato soprattutto a proposito del cosiddetto Group eatre, un gruppo di attori che, negli anni trenta, guardava con simpatia all’esperimento sovietico e ospitava effettivamente anche vari
comunisti. pertanto, la Commissione pose tra le altre anche la
consueta domanda: «È a conoscenza di altri individui che fossero
membri di questa stessa cellula del partito comunista?».
in quella prima seduta, Kazan si rifiutò di rispondere. Ma in
un secondo momento, il 10 aprile 1952, il regista accettò di firmare una dichiarazione in cui precisava che era essenziale «proteggere noi stessi da una pericolosa cospirazione straniera»: perLeo J. Cobb, protagonista del dramma teatrale Morte
di un commesso viaggiatore, durante l’interpretazione
tanto, indicava i nomi di tutte le persone che egli riteneva fosdi una scena.
sero comunisti, a cominciare da otto membri del vecchio Group
eatre. inoltre, Kazan invitava tutti i liberali a dichiarare la propria «appassionata convinzione ➔Svolta
che non dobbiamo permettere che i comunisti la facciano franca facendo finta di rappre- anticomunista
di Kazan
sentare le stesse cose che poi sopprimono nei loro paesi».
Qualche anno più tardi, il grande regista avrebbe difeso la propria azione e il proprio comportamento in modo ben più efficace e raffinato, per mezzo del film Fronte del porto
(1953-1954), interpretato da Marlon Brando. L’idea originale, quella di denunciare il cor-
IPERTESTO A
Fronte del porto e Il crogiuolo
ipertesto
➔Elogio della
delazione
2
Riferimento
storiografico
UNITÀ XI
pag. 9
LA GUERRA FREDDA
4
La locandina del film
Fronte del porto, diretto
da Elia Kazan
e interpretato
da Marlon Brando.
rotto sindacato degli scaricatori di porto, preoccupato di mantenere ambigui legami con
la malavita, piuttosto che di difendere gli interessi dei lavoratori, era di Miller, che aveva elaborato una sceneggiatura, intitolata provvisoriamente Hook (espressione a effetto che
richiamava l’uncino, o meglio il rampone, tipico attrezzo di lavoro degli scaricatori). Anzi,
nel 1951, Kazan e Miller avevano fatto insieme un viaggio in California, per sottoporre
il copione alle principali case produttrici, che però l’avevano rifiutato, giudicandolo troppo di sinistra. L’unico profitto che Miller trasse da quel viaggio fu la conoscenza di Marilyn Monroe (a quell’epoca ancora semisconosciuta), che lo colpì profondamente con la
sua apparentemente ingenua sensualità.
Dopo la svolta anticomunista di Kazan, i rapporti tra Miller e il regista si interruppero; Kazan, tuttavia, dapprima si appropriò dell’idea del drammaturgo, poi inserì nel
film una scena decisiva, in cui il protagonista veniva celebrato come un eroe integerrimo proprio perché accettava di denunciare i malavitosi del porto. in pratica, nelle mani
del nuovo Kazan, un film scartato dai produttori come sovversivo si trasformò in un
vero elogio morale della delazione, presentata come rottura con l’omertà e lotta per la
giustizia.
Nel momento in cui Kazan, nell’estate 1953, lavorava al copione di Fronte del Porto, Miller aveva già dato la sua risposta: Il crogiuolo. L’opera è ambientata nel 1692 a salem, la
cittadina del New england in cui si verificò la più grave caccia alle streghe dell’intera storia americana. John proctor è la figura più importante di tutto il dramma. Una volta, infatti, egli ha effettivamente tradito la moglie con la giovane domestica Abigail, e vive da
quel momento schiacciato dal peso di un terribile senso di colpa. Non a caso, a proposito dell’età di proctor e Abigail, Miller ha introdotto la principale variante, rispetto alla
verità storica. Nella realtà, proctor aveva sessant’anni e Abigail appena undici; tra loro,
non vi fu alcuna storia di passione e di adulterio, ma una relazione di tipo esclusivamente
giudiziario: la piccola, infatti, accusò l’uomo anziano di essere uno degli strumenti di satana, all’interno della città indemoniata. Nel dramma di Miller, proctor ha trent’anni e
Abigail diciassette; è chiaro che Miller ha introdotto qui un evidente riferimento autobiografico: sta descrivendo il proprio
matrimonio in crisi, ma anche il senso di colpa che prova nei
confronti della sua infedeltà coniugale (consumata, per di più,
con una donna di undici anni più giovane di lui).
Accusato a sua volta da Abigail, proctor si vede offrire una possibilità di salvezza: i giudici, infatti, gli offrono la libertà in cambio della sua confessione; in pratica, dovrebbe ammettere di aver
avuto incontri segreti col diavolo e denunciare gli altri stregoni. Ma, di fronte ad un tribunale di gente convinta di essere santa e di lottare per la causa di Dio, proctor, il peccatore dannato,
decide invece di non infangare il proprio nome con una vergognosa menzogna (che salverebbe il prestigio della corte) ed una
delazione calunniosa. infine, proctor sale sereno al patibolo, perché il suo estremo sussulto di dignità gli ha fatto riacquistare, sia
pure in punto di morte, la stima di elizabeth, che il marito non
aveva mai cessato di amare, nonostante il temporaneo cedimento passionale che l’aveva portato all’adulterio.
La prima del Crogiuolo ebbe luogo a New York il 22 gennaio 1953.
L’opera venne accolta positivamente sia dal pubblico che dalla critica, ma il tema affrontato era troppo scottante per trasformarlo in
un grande successo. L’11 giugno 1953, Il crogiuolo cessava le proprie repliche a Broadway. Un’accoglienza decisamente più calorosa fu riservata al dramma dal pubblico europeo, a cominciare dall’inghilterra. inoltre, più
passava il tempo, più sbiadiva l’originario contesto storico il cui Il crogiuolo fu scritto: salem non era più metafora solo della crociata del maccartismo; la sua denuncia investiva,
più in generale, ogni regime disposto a sacrificare le libertà dell’individuo, in nome di un’ideologia o della sicurezza collettiva.
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STRIPLING: Mr. Lawson, lei è o è mai stato membro del partito comunista degli Stati Uniti?
LAWSON: Nell’articolare la mia risposta a questa domanda debbo sottolineare un punto
che ho già sollevato prima. La questione del comunismo non è in alcun modo collegata a
questa inchiesta, che è un tentativo di prendere il controllo del cinema e di violare i diritti fondamentali dei cittadini americani in ogni campo.
MCDOWELL: Faccio obiezione.
STRIPLING: Signor Presidente.
LAWSON: La domanda non si riferisce solo alla mia appartenenza a qualsiasi organizzazione politica, questa Commissione sta cercando di stabilire il diritto…
(il Presidente batte il martello)
LAWSON: …che è stato storicamente negato a qualsiasi Commissione del genere, di violare i diritti, i privilegi e le immunità dei cittadini americani, siano essi protestanti, metodisti,
ebrei, cattolici, oppure repubblicani o democratici o qualsiasi altra cosa.
PRESIDENTE (battendo il martello): Mr. Lawson, si calmi. La domanda più pertinente che
possiamo fare è proprio se lei è o non è stato membro del partito comunista. Allora, le dispiace rispondere alla domanda?
LAWSON: Lei sta usando la vecchia tecnica che fu usata in Germania da Hitler per creare
timore…
PRESIDENTE (battendo il martello): Oh!
LAWSON: …in modo da creare un’atmosfera completamente falsa in cui condurre queste indagini, in modo da calunniare l’industria cinematografica e poi far lo stesso con la
stampa e con ogni forma di comunicazione in questo paese…
PRESIDENTE: Aspetteremo la risposta alla domanda anche se dovessimo stare qui una settimana. Lei è membro del partito comunista o lo è mai stato?
LAWSON: È tragico e doloroso che debba essere io a insegnare a questa Commissione
i princìpi…
PRESIDENTE (battendo il martello): Non è questo il problema. Non è questo. Il problema
è: è mai stato membro del partito comunista?
LAWSON: Devo articolare la mia risposta nel solo modo in cui può farlo ogni cittadino americano i cui diritti sono
violati.
PRESIDENTE: Allora rifiuta di rispondere alla
domanda? È così? Si allontani dal banco dei testimoni… Agenti, portate
via quest’uomo dal
banco dei testimoni.
M. FLores, L’età del sospetto.
I processi politici della guerra
fredda, il Mulino, Bologna
1995, pp. 168-169
Qual era la posta in
gioco, per Lawson?
Qual era la posta in
gioco, per la
Commissione? Perché
non era possibile alcun
dialogo tra i due
soggetti?
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IPERTESTO A
Tra i Dieci di Hollywood, ovvero un gruppo di attori e sceneggiatori arrestati nell’ambito della caccia
alle streghe, il più determinato a resistere a ogni forma di pressione della commissione investigativa fu
lo sceneggiatore John Howard Lawson, che fu convocato nel 1947 dal comitato parlamentare per le attività antiamericane (HCUA), diretto da Robert E. Stripling. Secondo Lawson, la procedura delle commissioni d’inchiesta violava il primo e il quinto emendamento alla Costituzione, che garantivano il libero esercizio di una religione o di un’opinione politica, mentre vietavano di costringere un cittadino «a essere testimone contro se stesso in alcun giudizio».
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DOCUMENTI
5
Robert Stripling
(al centro
dell’immagine),
direttore del Comitato
parlamentare per le
attività antiamericane.
Cinema, teatro e caccia alle streghe negli USA degli anni Cinquanta
Scontro a Hollywood
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UNITÀ XI
LA GUERRA FREDDA
6
Il dilemma di John Proctor
DOCUMENTI
Questo passo di Il crogiuolo di Arthur Miller va letto in chiave metaforica. I riferimenti al diavolo e
alle streghe vanno intesi come metafore per indicare gli sforzi compiuti da varie commissioni parlamentari
affinché i cittadini americani denunciassero se stessi e gli altri. Proctor è un peccatore, ma non vuole
infangare l’onore di nessuno dei suoi amici e conoscenti.
DANFORTH: Signor Proctor, avete mai visto il Diavolo in vita
vostra? (Proctor serra le mascelle) Presto, è quasi l’alba. Il
paese è in attesa davanti al patibolo e vorrei poter diffondere
subito questa notizia. Avete visto il Diavolo?
PROCTOR: Sì.
PARRIS: Sia lodato Iddio.
DANFORTH: Quando è venuto da voi, quali sono state le sue
richieste? (Proctor tace. Suggerisce) Vi ha chiesto di servirlo
su questa terra?
PROCTOR: Sì. [...]
DANFORTH: Signor Proctor. Quando il Diavolo è venuto da
voi, lo avete mai visto accompagnato da Rebecca Nurse?
PROCTOR (quasi impercettibile): No. (Danforth, fiutando
delle difficoltà, gli lancia un’occhiata, poi va tavolo e prende
un foglio di carta... l’elenco dei condannati).
DANFORTH: Avete mai visto Mary Esty, la sorella di Rebecca, col Diavolo?
PROCTOR: No. Mai.
DANFORTH (i suoi occhi si stringono su Proctor): Avete mai
visto Martha Corey col Diavolo?
PROCTOR: No.
DANFORTH (incomincia a capire, lentamente mette giù il
foglio): Dunque, non avete mai visto nessuno con il Diavolo?
PROCTOR: No. [...] Confesso i miei peccati; non posso
giudicare gli altri. (Gridando con odio) Non voglio rispondere.
HALE (subito a Danforth): Eccellenza, è sufficiente che
confessi le sue colpe. Fatelo firmare, fatelo firmare.
PARRIS (febbrilmente): Ci ha reso un gran servigio, signore. Il suo nome ha molto peso,
la notizia che Proctor ha confessato farà colpo in paese. Vi prego, fatelo firmare. Il sole è
già alto, eccellenza!
DANFORTH (riflette, poi scontento): Coraggio, dunque, firmate la vostra confessione! [...]
Su firmatela.
PROCTOR (dopo aver dato un’occhiata alla confessione): Siete stati tutti testimoni... dovrebbe bastare.
DANFORTH: Non volete firmarla?
PROCTOR: Siete stati tutti testimoni; cos’altro ci vuole?
DANFORTH: Mi prendete in giro? Firmate, altrimenti non costituisce una confessione! [...]
Che cosa significa? Che avete l’intenzione di rinnegare questa confessione quando sarete
libero?
PROCTOR: Non intendo rinnegare niente!
DANFORTH: Allora, spiegatemi, signor Proctor, perché non volete...
PROCTOR (con un grido che contiene tutta la sua anima): Perché c’è il mio nome! Perché non potrò averne un altro nella mia vita! Perché mentisco e sottoscrivo le mie menzogne! Perché non valgo la polvere calpestata dai piedi di quelli che saranno impiccati!
Come potrei vivere senza il mio nome? Vi ho dato la mia anima; lasciatemi il nome!
A. MiLLer, Teatro, einaudi, torino 1962, pp. 445-450,
trad. it. L. VisCoNti, G. BArDi
Qual è la posta in gioco, secondo i giudici (che chiedono a Proctor di firmare una confessione
che condanna a morte un gruppo di persone, giudicate colpevoli di stregoneria)?
Qual è la posta in gioco, secondo Proctor?
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Arthur Miller.
La lotta contro il pericolo comunista
Howard Zinn è uno storico americano molto severo, nei confronti del suo paese. La paura del comunismo, a suo giudizio, negli anni Cinquanta fu deliberatamente diffusa, per giustificare una politica
estera imperialista, che permettesse agli USA di recitare il loro nuovo ruolo di superpotenza.
IPERTESTO A
Nel decennio successivo alla guerra, gli Stati Uniti cercarono di creare un consenso nazionale che unisse conservatori e progressisti, repubblicani e democratici, intorno alle politiche della Guerra fredda e dell’anticomunismo. Il più adatto a creare una coalizione di questo tipo era un presidente democratico liberal [progressista, n.d.r.], che potesse trovare il
sostegno dei conservatori e nello stesso tempo potesse convincere i liberal in patria con programmi di welfare [assistenza pubblica, n.d.r.]. Nel 1950 un avvenimento giunse ad accelerare la formazione del consenso progressista-conservatore: la guerra non dichiarata di Truman in Corea. […] La guerra di Corea mobilitò l’opinione pubblica progressista in sostegno
del conflitto e del presidente: creò cioè quel tipo di coalizione che era necessario per mantenere una politica interventista all’estero e di militarizzazione dell’economia all’interno. E questo significava che chi restava al di fuori della coalizione, criticandola da posizioni radicali,
era nei guai.
La sinistra aveva acquisito un’influenza notevole nei tempi duri degli anni trenta e durante
la guerra contro il fascismo. Gli iscritti veri e propri al Partito comunista non erano numerosi
– meno di centomila, probabilmente – ma si trattava di una forza influente all’interno di sindacati con milioni di aderenti, oltre che negli ambienti artistici e tra gli innumerevoli americani che il fallimento del sistema capitalista negli anni trenta poteva aver spinto a guardare
con favore al comunismo e al socialismo. Se perciò, dopo la seconda guerra mondiale, l’establishment [l’apparato di potere, n.d.r.] voleva rafforzare il capitalismo all’interno del paese
e costruire un consenso a sostegno dell’impero americano, doveva indebolire e isolare la
sinistra.
Due settimane dopo aver presentato al paese la dottrina Truman per la Grecia e la Turchia, il presidente emanò il 22 marzo 1947 il decreto esecutivo 9835, che dava avvio a un
programma di indagini per individuare qualsiasi infiltrazione di persone inaffidabili nell’apparato statale americano. Nei cinque anni successivi si indagò su sei milioni di dipendenti
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Una manifestazione
anticomunista negli
Stati Uniti negli anni
Cinquanta
del Novecento.
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Cinema, teatro e caccia alle streghe negli USA degli anni Cinquanta
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Riferimenti storiografici
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UNITÀ XI
LA GUERRA FREDDA
8
Capitan America,
un popolare eroe
dei fumetti negli Stati
Uniti. I suoi creatori
ne fecero un simbolo
del patriottismo
americano che vedeva
come nemici
i comunisti, le spie
e i traditori.
Per quali ragioni il
fascino delle dottrine
politiche di sinistra fu
particolarmente forte
negli anni Trenta?
Quale giustificazione
era addotta per
la campagna
anticomunista degli
anni 1947-1954?
Con quale argomento
giuridico furono
processati e
condannati i dirigenti
del Partito comunista
americano?
pubblici, e circa cinquecento furono licenziati per lealtà discutibile.
[…] In questa atmosfera il senatore del Wisconsin Joseph McCarthy poté spingersi anche più in là di Truman. Nella sua qualità
di presidente della Commissione del Senato per il controllo delle attività governative, sostenne – senza alcuna prova – che il Dipartimento di stato aveva alle proprie dipendenze centinaia di comunisti. Condusse indagini sul programma per l’informazione del
Dipartimento di stato, sulla sua radio Voice of America e sulle sue
biblioteche all’estero, che avevano in catalogo anche libri di autori
che secondo McCarthy erano comunisti. Il Dipartimento di stato
si lasciò prendere dal panico e inviò un fiume di direttive alle sue
biblioteche in tutto il mondo. […] McCarthy si fece più audace.
Nella primavera del 1954 diede inizio a una serie di audizioni per
indagare su presunti sovversivi nelle forze armate. Quando cominciò ad attaccare alcuni generali accusandoli di non usare
maniere abbastanza forti contro i sospetti comunisti, si inimicò
anche i repubblicani oltre che i democratici, e nel dicembre 1954
il Senato decise con una maggioranza schiacciante di biasimarlo
per aver tenuto una «condotta… sconveniente per un membro
del Senato degli Stati Uniti». Proprio mentre il Senato censurava
McCarthy, al Congresso progressisti e conservatori approvavano
congiuntamente una serie di leggi anticomuniste. Il liberal Hubert Humphrey propose di mettere fuori legge il Partito comunista dichiarando: «Non voglio essere un patriota a metà». […]
I senatori liberal Hubert Humphrey e Herbert Lehman proposero di creare centri di detenzione (in sostanza campi di concentramento) per i sospetti sovversivi, i quali, nel momento
in cui il presidente avesse dichiarato uno stato di emergenza per la sicurezza interna sarebbero stati internati senza processo. Questa proposta fu aggiunta all’Internal Security Act
(Legge sulla sicurezza interna) dei repubblicani, che prevedeva la registrazione delle organizzazioni comuniste; e i campi furono creati, pronti per l’uso (nel 1968, in un’epoca di disaffezione generale nei confronti dell’anticomunismo, la legge fu abrogata).
Il decreto di Truman del 1947 sulla fedeltà alla nazione chiedeva al dipartimento di Giustizia di redigere un elenco delle organizzazioni a suo giudizio «totalitarie, fasciste, comuniste o sovversive… oppure miranti a modificare la forma di governo degli Stati Uniti con mezzi
incostituzionali». Nel giudicare la fedeltà di un individuo alla nazione si sarebbe tenuto
conto non solo dell’iscrizione vera e propria, ma anche di un rapporto da simpatizzante con
qualsiasi organizzazione compresa nella lista del segretario alla Giustizia. Nel 1954 vi figuravano centinaia di gruppi. […] Nei primi anni cinquanta la Commissione per le attività antiamericane della Camera interrogava cittadini americani sui loro conoscenti comunisti, accusandoli di disprezzo della corte se rifiutavano di rispondere, e distribuì al pubblico
americano milioni di opuscoli intitolati Cento cose che devi sapere sul comunismo («Dove
si possono trovare comunisti? Dappertutto»). I liberal criticarono spesso la commissione, ma
in Congresso votavano con i conservatori stanziando ogni anno i fondi per mantenerla.
Il dipartimento di Giustizia di Truman mise sotto processo i dirigenti del Partito comunista sulla base dello Smith Act [una legge del 1940 che prevedeva l’incriminazione di chiunque avesse incitato al rovesciamento violento delle istituzioni democratiche, n.d.r.], accusandoli di aver stretto un patto per propugnare il rovesciamento del governo con la forza e
la violenza. Le prove consistevano soprattutto nel fatto che i comunisti distribuivano letteratura marxista-leninista, che secondo i pubblici ministeri istigava alla rivoluzione violenta.
Certo non vi erano prove di un pericolo immediato di rivoluzione violenta organizzata dal Partito comunista, ma la Corte suprema, sotto la guida del presidente Vinson, nominato da Truman, forzò la dottrina del pericolo evidente e immediato sostenendo che era in atto una congiura per attuare una rivoluzione in un momento propizio nel futuro. I dirigenti principali del
Partito comunista furono perciò incarcerati.
L’intera cultura era permeata di anticomunismo. Il racconto di un informatore dell’FBI sulle
sue vicende di comunista divenuto agente dell’FBI (I Led Three Lives) uscì a puntate su cinquecento giornali e fu adattato per la televisione. A Hollywood si giravano film con titoli come
Ho sposato un comunista e Sono stato un comunista per l’FBI. Tra il 1948 e il 1954 furono
prodotti Hollywood più di quaranta film anticomunisti. Ai giovani e agli anziani si insegnava
che l’anticomunismo era una forma di eroismo. Un eroe dei fumetti, Capitan America, diceva: «Attenti a voi comunisti, spie, traditori e agenti stranieri! Capitan America, seguito da
tutti gli uomini liberi e fedeli alla patria, vi sta cercando».
H. ZiNN, Storia del popolo americano, Net, Milano 2007, pp. 297-303, trad. it. e. MANNUCCi
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ipertesto
Arthur Miller di fronte alla commissione
per le attività antiamericane
F.M. Feltri, Chiaroscuro – Nuova edizione © SEI, 2012
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Arthur Miller con
Marilyn Monroe, sua
moglie dal 1956 al
1961.
Cinema, teatro e caccia alle streghe negli USA degli anni Cinquanta
I sei membri del Congresso che formavano la Commissione entrarono, si sedettero in
fila dietro un lungo tavolo elevato su una piattaforma. Ognuno di loro aveva un microfono.
Accanto al presidente Walter, c’erano i membri di Congresso Bernard W. Kearny di New
York, Gordon H. Scherer dell’Ohio, Clyde Doyle e Donald Jackson, entrambi della California, ed Edwin E. Willis della Louisiana. Scrutavano dall’alto in basso l’imputato, una
relazione fisica forse calcolata per intimidire. Nel piccolo tavolo in basso, Miller e i suoi avvocati dovevano sollevare lo sguardo per vedere i loro inquisitori. Un uomo paffuto e dalle
guance rosa percorreva l’area tra loro e i membri del Congresso. Era il legale della HCUA
[Comitato parlamentare per le attività antiamericane, n.d.r.] e capo del personale, Richard
Arens. La stampa guardava in su, seduta dietro a Miller. Oltre a questi, riempivano la
grande stanza circa centotrenta spettatori, con una eccedenza di pubblico nella balconata poco profonda. […]
L’interrogatorio cominciò con l’identificazione di Miller – «Vivo
a Roxbury, Connecticut. Sono drammaturgo» e passò direttamente […] all’oggetto dell’inchiesta. […] Era vero, chiese Arens,
che non aveva mai contribuito alla causa comunista? «Magari con
un dollaro o due», scherzò Miller, cosa che servì solo a infastidire
l’avvocato della Commissione. Arens quindi fece pressione per
avere i nomi delle organizzazioni sovversive che Miller aveva sostenuto. «Sono qui per dire la verità», disse il drammaturgo, cercando di appianare le cose, dicendo spontaneamente che non
aveva ordito la sceneggiatura sulla delinquenza giovanile per supportare le idee comuniste. Arens fece riferimento alle varie attività
di sinistra che Miller aveva sponsorizzato, e ce n’erano molte tra
cui scegliere, oltre alle innumerevoli petizioni firmate. «Queste
cose», disse Miller, «finivano sulla mia scrivania. Ho firmato un mucchio di cose in quell’epoca». I ricercatori della Commissione avevano svolto un lavoro accurato e […] gli venne chiesto della Waldorf Peace Conference, del suo sostegno ai rifugiati della Cina
comunista e della guerra civile spagnola. Gli venne chiesto delle
petizioni contro il fascismo, persino di una petizione per l’abolizione
di quella stessa Commissione, ma Miller stava diventando più rilassato, meno evasivo, addirittura più audace. «Direi», ammise, «che con ogni probabilità ho appoggiato la critica
verso la House Committee on Un-American Activities», aggiungendo che «nella gente si
creava uno stato di forte preoccupazione [per la] giusta punizione e, in alcuni casi, [per l’]
ingiusta punizione». Arens fece domande sulla difesa da parte di Miller di «dodici traditori
comunisti che erano stati dichiarati colpevoli a Union Square, a New York». […] L’avvocato si appellò allo Smith Act [una legge del 1940 che prevedeva l’incriminazione di chiunque avesse incitato al rovesciamento violento delle istituzioni democratiche, n.d.r.] e al divieto di «cospirazione per il rovesciamento del governo degli Stati Uniti attraverso l’uso
della forza e della violenza». Miller enunciò di nuovo la sua opposizione ad esso: «E mi oppongo ancora a chiunque venga penalizzato per aver difeso qualcosa». Quando gli venne
chiesto dal membro del Congresso Sherer se «un comunista che sia un poeta avesse il
diritto di sostenere il rovesciamento del governo con la forza», Miller rispose: «Se sta parlando di una poesia, direi che un uomo dovrebbe avere il diritto di scrivere una poesia su
tutto ciò che vuole… Mi oppongo a che si tracci un limite qualsiasi sulla libertà della letteratura». Rifiutò con veemenza, e non molto sinceramente, di criticare Elia Kazan per essere stato un testimone collaboratore. «Non ho mai rilasciato dichiarazioni in vita mia sulla
testimonianza di Elia Kazan… È un fatto che ho rotto con lui [ma] non sono affatto certo
che il signor Kazan avrebbe comunque diretto il mio dramma successivo». […] Interrogato
da Arens sulla sua amicizia con un altro comunista non accertato, il drammaturgo Armand
d’Usseau, Miller spazientito chiese: «Ma qual è il punto?». Sapeva quale fosse il punto.
IPERTESTO A
Il 21 giugno 1956, lo scrittore e drammaturgo Arthur Miller fu convocato dalla Commissione del Congresso che si proponeva di tutelare la sicurezza nazionale smascherando intellettuali e artisti di sinistra. Durante gli interrogatori, di solito, l’obiettivo, non era quello di ottenere informazioni, in quanto l’attività e le simpatie politiche dei soggetti convocati erano ampiamente note all’FBI. Fare ammettere a
un individuo di avere o aver avuto legami con il comunismo era una specie di rito di purificazione, finalizzato a umiliare un intellettuale deviante e spingerlo a collaborare alla giusta causa.
ipertesto
UNITÀ XI
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Era il suo punto di maggiore vulnerabilità, la partecipazione, nel 1947, agli incontri degli
scrittori del Partito Comunista. Armand d’Usseau, il coautore del dramma antirazzista Deep
Are The Roots e del film su Hitler da giovane Tomorrow The World, aveva presieduto a quegli incontri e Arens si stava avvicinando al nodo della questione, indagando sulla possibilità che Miller fosse appartenuto al Partito. Miller ammise di essere andato a «cinque o
sei [incontri] nell’appartamento di qualcuno. Non so di chi fosse». […] Il legale della Commissione giunse alla temuta domanda: «Chi l’ha invitata lì? Può dirci chi si trovava lì quando
lei è entrato nella stanza?». Miller, rispondendo in maniera molto simile a come fece Kazan, quasi supplicò perché non gli venisse chiesto. […] Nello stesso tempo, Miller parlava
col pensiero e con parole molto simili a quelle di John Proctor di Il crogiuolo. «Voglio che
comprendiate che non sto proteggendo i comunisti… Sto cercando, e lo farò, di proteggere l’idea che ho di me stesso. Non potrei usare il nome di un’altra persona e metterla
nei guai. Erano scrittori, poeti, per quello che ho potuto vedere, e la vita di uno scrittore,
nonostante quello che a volte sembra, è piuttosto dura. Non potrei renderla ancora più
dura per qualcuno. Vi chiedo di non farmi questa domanda». […]
Gli inquisitori di Miller non avrebbero mollato la presa. «Erano incontri del Partito Comunista», chiese Arens, «vero?». Miller cercò di eludere l’argomento. Arens ripeté la domanda
finché Miller non ammise che sì, erano incontri comunisti, e allora l’avvocato chiese che la
domanda fosse rinviata, ma alla fine il membro del Congresso disse: «Non accettiamo le ragioni da lei fornite per rifiutarsi di rispondere alla domanda ed è opinione della Commissione
che se lei non risponde alla domanda venga accusato di oltraggio». A questo punto, Arens
divenne più insistente nella richiesta di nomi e fu a questo punto che Arthur Miller si differenziò da Elia Kazan e rimase sulle sue convinzioni. «La mia coscienza non mi consentirà
di usare il nome di un’altra persona». […]
Era finita ma non era finita. Sarebbe stata sicuramente presentata una richiesta al Congresso per votare un’accusa di oltraggio a suo carico. Una condanna alla reclusione era una
possibilità manifesta, ma Miller ne era sopravvissuto come un eroe: […] era rimasto fermo
sulle sue convinzioni, non aveva fatto nessun nome. Stava rischiando il carcere e stava guadagnandosi una reputazione di correttezza, coraggio e integrità personale che sarebbe durata tutta la vita. […] Con Marilyn Monroe accanto nel suo ritratto, l’opposizione agli anticomunisti era diventata rispettabile, eroica, addirittura quasi patriottica, con un tocco
scintillante di glamour cinematografico.
LA GUERRA FREDDA
M. GottFrieD, Arthur Miller. La biografia, Cooper, roma 2003, pp. 301-305, trad. it. M. riNALDi
Quali limiti dovrebbe avere, secondo Miller, la libertà di espressione in ambito letterario?
Quale rischio corse Miller, nel suo rifiuto di fare qualsiasi nome?
F.M. Feltri, Chiaroscuro – Nuova edizione © SEI, 2012
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