ORIENTAMENTO QUADERNI DI Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia Direzione regionale per le identità linguistiche e i migranti, l’istruzione, la cultura, lo sport Servizio per l’istruzione e l’orientamento Periodico semestrale II semestre - Dicembre 2003 Anno XII - N. 23 ORIENTAMENTO Dalla mente alle relazioni La sfida emergente ORIENTAMENTO E SCUOLA La scuola come organizzazione • La formazione per l’insegnamento • I circoli di formazione degli adulti ORIENTAMENTO E SOCIETÀ Informarsi studiare e lavorare senza confini • Tracce e profili di disoccupazione SPAZIO APERTO 23 INFORMA LIBRI IN QUESTO NUMERO EDITORIALE ............................................................... Redazione........................... Orientamento Orientamento e Scuola Orientamento e Società Dalla mente alle relazioni La sfida emergente ................................................ K. J. Gergen........................ 3 4 La scuola come organizzazione ........................... M. Cornacchia ................... 8 La formazione per l’insegnamento ...................... F. Ometto ............................. 12 I Circoli di formazione degli adulti ........................ G. Iannis................................ 16 Informarsi, studiare e lavorare senza confini............................................................ P. Vattovani, G. Pellegrini .. 20 Tracce e profili di disoccupazione........................ G. Blasutig ........................... 30 Spazio Aperto “I ragazzi della panchina” ..................................... A. Zamai, A. Picco, F. Merlo 46 Informa Bullismo in classe e soluzione dei conflitti ............ L. Francarli ........................... 52 Progetto Gioventù Youth Interaction Wb 1 ......... G. Marino, L. Conte ........... 56 La qualità nei servizi scolastici ............................... S. Vizin .................................. 60 Inaugurazione dello Sportello Ri.T.M.O. ................ G. Zoff .................................. 61 C. G. Jung “Psicologia analitica” ......................... T. Tonchia............................. 62 Libri Inserto Allegato Le attività di Ri.T.M.O. L’Orientamento in Slovenia Gli articoli di questo numero dei Quaderni di Orientamento sono ritmati da numerose opere fotografiche di colui che viene considerato il più importante fotografo d’arte (così un tempo si diceva) del primo Novecento friulano. Nato a Udine nel 1890, Buiatti da giovanissimo apprende i primi segreti della fotografia frequentando lo studio di Pietro Modotti, pioniere e ricercatore di tecniche fotografiche, zio della mitica Tina, fotografa e rivoluzionaria. Dal temperamento ribelle, per fuggire le strettoie della provincia intraprende diversi viaggi attraverso l’Europa alla ricerca di nuovi stili e di vivaci ambienti culturali. Nel 1909 si trova a Parigi dove lavora come operatore al Pathé Journal, quindi si trasferisce alla Nordish Film di Copenaghen, ed infine a Monaco. Quest’ultimo soggiorno risulta alquanto utile, perché nella capitale bavarese apprende con raffinatezza tutte le principali tecniche della fotografia pittorica, come l’uso degli “obiettivi d’artista” (dalla resa morbida), la stampa al bromolio e alla gomma bicromata, il viraggio, le carte al carbone. Sono tutte tecniche che appartengono al filone della fotografia artistica, al quale il fotografo udinese resta fedele per tutta la vita, tanto da essere annoverato dagli storici come il più importante e testardo rappresentante di quella tendenza che alimentò il cosiddetto “salonismo fotografico”. Rientrato definitivamente a Udine nel 1923, Buiatti apre uno studio in via Cavour per dedicarsi principalmente al ritratto. Partecipa a diverse esposizioni e nel 1924 ottiene il primo premio al Salone internazionale di Londra. Dal 1928 al 1935, forse il periodo più fertile, tiene studio nel palazzo Plateo di via Marinoni, dove esegue ritratti della piccola e media borghesia friulana, oltre a registrare i volti di tutti gli artisti che appartengono all’arte friulana d’avanguardia (Dino, Mirko, Afro, Filipponi); la sua fama di ritrattista richiamerà poi in Friuli diversi artisti italiani (Carena, Cagli, Guidi). Nei tanti decenni di attività, Buiatti si dedica con particolare attenzione alla fotografia di paesaggio; immagini che gli valgono prestigiosi premi alle mostre internazionali di Varsavia, Roma, Stoccolma. Si tratta di una appassionata indagine sulla natura, che viene colta in momenti romantici, lirici e bucolici. Pubblica su numerose riviste e tiene solidi contatti con il mondo della fotografia friulana (Pignat, Brisighelli, Turrin). Sposta nuovamente lo studio in via Tiberio Deciani, dove lavora per molti anni, trascorre il periodo del secondo dopoguerra e prepara un’ampia rassegna di sue opere (paesaggi, ritratti, nudi e nature morte) per il Circolo Artistico Friulano. Negli anni Sessanta, con studio in piazzale Primo Maggio, ai piedi del Castello, si dedica alla ristampa di molte lastre dei decenni precedenti. L’ultima sua esposizione, antologica, viene allestita a Udine nel 1978 a cura del Circolo fotografico friulano. Silvio Maria Buiatti conclude la sua lunga vita nel gennaio del 1982. Prof. Riccardo Toffoletti Errata corrige Per uno spiacevole refuso negli allegati al N. 22 della rivista la dott. Fiorella Balestrucci è stata presentata erroneamente. Scusandoci con l’interessata, si precisa che la dott.ssa Balestrucci opera presso il CRDA Centro regionale di Documentazione e Analisi sull’infanzia e sull’adolescenza - Direzione Regionale della Sanità e delle Politiche Sociali. Editoriale La principale sfida del sistema formativo sostiene, nell’articolo di apertura, Kenneth J. Gergen, ci induce a concentrare l'attenzione ed a convogliare gli investimenti sul processo di relazione, rinunciando definitivamente a centrare l’obiettivo sul singolo studente. Si tratta di un passaggio che dovrebbe essere scontato ma che, in realtà, nel mondo occidentale è assai impegnativo e costringe a superare una concezione sedimentata della teoria e dell'organizzazione. Quando riteniamo che la mente individuale sia la realtà primaria, chiosa Gergen, creiamo un abisso fra l'individuo e gli altri poiché il buon ragionamento non è un momento privato, bensì l'autentica espressione di una rielaborazione interpersonale. Il ruolo e la formazione della scuola, nell'attuale società complessa, dipendono anche dalla sua organizzazione dato che 'i fallimenti nella scuola sono dovuti in grande misura a carenze organizzative e di intesa fra i docenti'. Allora, si chiede Matteo Cornacchia, quali possono essere i rimedi? Superata la logica centralistica e verticistica ed in accordo con l'autonomia scolastica egli, nella sua disamina, suggerisce l'opportunità di soluzioni diversificate, contestuali ed orientate all'apertura e all'integrazione fra sistemi. Franca Ometto scrive che la società della conoscenza esprime un bisogno crescente di formazione e che la formazione degli insegnanti è il nodo cruciale di tale azione. I docenti hanno il compito non solo di creare un clima di classe facilitante, ma soprattutto di organizzare condizioni di apprendimento facilitanti che consentano il raggiungimento degli obiettivi prestabiliti. In Svezia gli Studiecirkel hanno una tradizione centenaria, essendo stati proposti da Oscar Olsson, all’inizio del secolo scorso. Il modello non solo non è invecchiato ma continua a far proseliti; infatti, è stato recentemente sperimentato in Toscana per sviluppare attività formative organizzate per piccoli gruppi di cittadini, a partire dalla loro domanda di formazione. La scelta toscana, scrive Giulio Iannis, è stata quella di creare un sistema di educazione permanente che comprende sia l’educazione formale (che permette il conseguimento di un titolo o di un attestato professionale), sia l’educazione non formale, che implica modalità di apprendimento meno strutturate. I cambiamenti che investono l’Unità Europea con l’ingresso, a breve, dei nuovi partners impegneranno sempre più i Paesi a confrontare progettualità e metodologie. Piero Vattovani e Graziella Pellegrini presentano un progetto per realizzare, nell’ambito del programma INTERREG III A Italia-Slovenia, azioni e iniziative di orientamento scolastico e professionale a dimensione transnazionale. Il mercato del lavoro è, probabilmente, l'ambito socio-economico che ha maggiormente risentito dei cambiamenti strutturali della società e che mostra la maggior cesura rispetto al passato anche recente. Pertanto, l'osservazione del fenomeno della disoccupazione non può affidarsi ai vecchi strumenti ma deve sperimentare nuovi modelli interpretativi. Nel suo intervento che si concentra sull’ambito regionale ma che può essere paradigmatico di una realtà più ampia, Gabriele Blasutig rileva che la disoccupazione appare come un fenomeno poco strutturato, 'che appare e scompare, localizzato e mobile nello spazio territoriale e nella geografia sociale, che a volte si manifesta con forza dirompente, oppure in maniera larvata e silente'. Spazio Aperto ospita un intervento di Alessandro Zamai, Andrea Picco e Francesca Merlo nel quale gli autori presentano un progetto di integrazione di un gruppo ‘deviante’ alla città. L’assunzione di una identità secondaria rende difficile qualsiasi progetto di recupero in quanto la persona si vede impotente, incapace di attivare qualsiasi forma di cambiamento. La devianza sarebbe il tentativo estremo di adattarsi a tale fallimento. Dunque, valorizzare la diversità, comprendere la storia personale senza allontanare il deviante, può rappresentare un’importante possibilità di integrazione. Il progetto ‘Ragazzi della panchina’, che ha già cinque anni di vita propone, attraverso iniziative di diverso respiro, un’idea più articolata del mondo della tossicodipendenza e contribuisce attivamente al miglioramento delle condizioni di vita della persona in difficoltà, ma anche di chi gli sta intorno. ■23 QUADERNI DI ORIENTAMENTO 3 DALLA MENTE ALLE RELAZIONI LA SFIDA EMERGENTE Kenneth J. Gergen L e riflessioni sull’istruzione costituiscono un significativo contrappunto ai movimenti che si muovono velocemente attraverso la cultura, se non addirittura attraverso il mondo. In parte a causa delle profonde trasformazioni tecnologiche del secolo passato, ci siamo messi in contatto con un crescente numero di persone, provenienti da differenti luoghi e per diversi scopi. Dovunque c’è una forte necessità di collaborazione, di lavoro di squadra, di rete e negoziazione LA SFIDA EDUCATIVA L’idea della quale tratterò è che la principale sfida del sistema educativo del nostro secolo sia quella di sostituire la tradizionale attenzione al singolo studente con investimenti finalizzati al processo di relazione. Che cosa significa questo, sia dal punto di vista teorico che pratico? Prima di tutto consideriamo la nostra tradizionale opinione secondo cui il fine dell’istruzione è quello di impartire la conoscenza allo studente, migliorare le sue capacità di ragionamento e giudizio. Una buona istruzione preparerà l’individuo a partecipare produttivamente alla società ed a contribuire come cittadino responsabile al processo democratico. Tali teorie sono d’altronde fortemente connesse alle nostre pratiche d’insegnamento. Rendiamo ogni singolo studente responsabile del proprio lavoro, registriamo i suoi progressi, valutiamo e classifichiamo le sue esecuzioni individuali; i punteggi di 4 ogni singolo studente vengono registrati gerarchicamente, con lo scopo di valorizzare i voti migliori e di correggere le aree carenti. Peraltro, stiamo diventando man mano e spesso dolorosamente, consapevoli del fatto che questa costellazione di teorie e pratiche appartiene ad un giovane di altri tempi. La tradizione sembra meno importante e, nelle condizioni attuali di cambiamenti globali accelerati, pare inadeguata. Facciamo risalire questa tradizione al periodo dell’Illuminismo occidentale, che consiste nella celebrazione della mente dell’individuo, della capacità di ognuno di pensiero e giudizio autonomo e che forniva un fondamento logico per la liberazione dal controllo assoluto della Chiesa e dello Stato. Nel processo di sviluppo del modernismo occidentale, la celebrazione della mente dell’individuo ha proceduto contestualmente alla ricerca della libertà, della giustizia e della democrazia. A questo punto, perché cercare alternative? Non siamo dove dovremmo essere, e non dovrebbe la nostra tradizione essere condivisa globalmente? Per molti la sofferenza inizia con la realizzazione del mondo che creiamo quando celebriamo la mente dell’individuo. Quando crediamo che la mente individuale sia la realtà primaria, creiamo un abisso fra l’individuo e gli altri. Vediamo noi stessi come individui che vivono all’interno dei propri mondi isolati. “Io sono qui e tu sei lì.” Non potremo mai sapere quello che passa nella mente degli altri, dietro la maschera degli occhi, perciò non potremo fidarci pienamente delle azioni degli altri. Quindi il nostro compito principale è quello di “prenderci cura del number one”. Secondo questa visione del mondo, i rapporti interpersonali sono artificiali e seconda- QUADERNI DI ORIENTAMENTO ■ 23 ri, vanno ricercati fondamentalmente quando possono essere utili per gli scopi del singolo. Credere nella supremazia della mente del singolo incoraggia una cultura di solitudine, sfiducia ed antagonismo. E quando l’individuo viene prima di tutto, i rapporti interpersonali e la partecipazione alla vita della comunità deteriorano entrambi. Questi dubbi sul punto di vista individualistico fanno da complemento ad un crescente numero di studi che esplorano le basi comuni della conoscenza e della ragione. In questo caso l’eredità cartesiana del pensatore solitario è necessaria alla concezione individualistica. Se ci accingessimo ad eliminare dalla mente umana tutti i concetti e le logiche fornite dalla cultura, che cosa resterebbe di significativo? Nell’isolamento, potrei pensare ai temi della moralità, della giustizia, o ai costi e ai benefici dei vari corsi d’azione senza un corpus di concetti e logiche fornitemi dai rapporti con gli altri? “Ragionare bene” non è mantenersi fuori dai rapporti interpersonali per un “momento privato”, ma partecipare pienamente ad essi. Questa modalità di pensiero è ancora diffusa tra gli studenti, rivelando la dipendenza della conoscenza dai comuni e condivisi valori ed intendimenti. Da questo punto di vista, lo scienziato non lavora mai veramente da solo; lui (o lei) viene preparato dalla comunità grazie alla quale avvengono le scoperte tramite l’osservazione. Quella che riteniamo la conoscenza non è tanto uno specchio del “mondo com’è”, ma il risultato di un tentativo interpretativo della comunità di realizzare i suoi valori dentro certi contesti. La conoscenza medica dell’Occidente, per esempio, non è tanto “vera” quanto è funzionale in ter- Orientamento Moggio Udinese, 1948 mini di valori e credenze. La medicina occidentale rappresenta prima di tutto il progresso all’interno del sistema concettuale condiviso o diffuso dalla cultura occidentale. Allora, la conoscenza scaturisce dalle comunità e non dalle menti individuali dei suoi partecipanti. Le implicazioni di questa nascente coscienza dell’istruzione sono profonde. La nostra attenzione prima di tutto si sposta dalla mente dei singoli studenti alle tipologie di rapporti interpersonali dai quali la conoscenza, il sapere possono emergere. Inoltre, ci siamo sensibilizzati alle differenze della comunità ed ai modi in cui la conoscenza in un individuo può essere disfunzionale senza l’altro. Cominciamo a chiederci di chi sono le voci presen- ti in ogni processo che produce conoscenza e di chi sono le voci assenti o silenziose. E siamo attenti ai problemi creati dai campi tradizionali della conoscenza. Le distinte discipline della biologia, della letteratura e dell’arte, per esempio, non vengono definite dal “modo in cui il mondo è”, ma riflettono le diverse tradizioni della comunità. Quando queste comunità cesseranno di comunicare tra loro, o anche con molte delle comunità che compongono la società, il risultato sarà un isolamento doloroso. Dialoghi su argomenti di questo genere stanno anche diventando sempre più di centrale interesse nella sfera educativa. Il lavoro di un leader dell’educazione, Jerome Bruner, fornisce un’interessante “segnalato- ■23 QUADERNI DI re del tempo”. Negli anni Settanta il lavoro di Bruner contribuì fortemente a stimolare il movimento cognitivo nell’istruzione; in esso il tema della ragione del singolo era centrale. Nel suo lavoro più recente, “La Cultura dell’Istruzione”, Bruner indica che la via verso la conoscenza deriva da una “sotto-comunità in interazione”. Questo cambiamento di sensibilità è altresì evidente in una pletora di recenti pubblicazioni sul significato del dialogo nell’educazione, sulla cognizione distribuita socialmente e sulla costituzione sociale delle classi scolastiche. Anche le pagine di “Education Canada” si sono dimostrate particolarmente sensibili verso questi temi, elaborando per esempio articoli sull’istruzione dei diritti di cittadinanza, ORIENTAMENTO 5 DALLA MENTE ALLE RELAZIONI LA SFIDA EMERGENTE sul tele-apprendimento, sull’apprendistato, sulla politica del curriculum, e altro. Credo che queste riflessioni sull’istruzione costituiscano un significativo contrappunto ai movimenti che si muovono velocemente attraverso la cultura, se non addirittura attraverso il mondo. In parte a causa delle profonde trasformazioni tecnologiche del secolo passato, ci siamo messi in contatto con un crescente numero di persone, provenienti da differenti luoghi e per diversi scopi. Dovunque c’è una forte necessità di collaborazione, di lavoro di squadra, di rete e negoziazione. Vengono richiesti continui adeguamenti ad un mare di significati e materiali in continuo cambiamento. Nella sfera organizzativa, per esempio, questa fiducia nei rapporti interpersonali si riflette in movimenti da strutture gerarchiche a strutture piane e nella crescente fiducia nelle squadre che funzionano in modo incrociato per decisioni vitali. Il cambiamento verso la costruzione collaborativa è imperniato sul drammatico ondeggiare delle organizzazioni virtuali ed i movimenti volontari internazionali (NGOs). È dalle relazioni interpersonali coordinate che dipendono i movimenti ecumenici, le organizzazioni geo-politiche (come la Comunità Europea) ed i team di ricerca scientifica. La dimensione relazionale nell’istruzione è essenziale e le scuole e le università devono essere adeguate alle profonde trasformazioni del mondo. PARLANDO PRATICAMENTE Le discussioni teoriche sui processi relazionali, per i nostri tempi, sono un buon inizio. L’ultima questione 6 è se tali discussioni possano fare la differenza in pratica. Dal mio punto di vista esiste già un movimento significativo nel mondo della pedagogia. Si manifesta in svariate forme, e quando le osserviamo nel loro insieme iniziamo a scorgere un modello dal quale potremo trarre nutrimento per il futuro. Lasciatemi parlare di tre domini significativi in una chiave relazionale. Dal monologo al dialogo Esiste una lunga storia riguardante la pedagogia del monologo secondo la quale l’insegnante si comporta come un alto prelato e gli studenti come i supplicanti. In termini di dialoghi correnti, forse è “La pedagogia dell’oppresso” di Friere che è servita come maggiore stimolo all’innovazione. Istruiti dalla sensibilità critica di Friere alle ideologie ed ai valori portati da ogni forma di conoscenza disciplinare, gli insegnanti a qualsiasi livello hanno messo in dubbio l’autorità del “monologante” ed hanno aperto le classi alla piena partecipazione. La pedagogia critica ora siede accanto ad una varietà di forme meno politicizzate di collaborazione in classe. Per esempio, nella sua opera, Apprendimento collaborativo, Kenneth Bruffee descrive una varietà di esercizi designati ad elevare al massimo grado l’espressione e l’interscambio dello studente. Le istituzioni come la Sudbury School hanno coinvolto gli studenti in qualsiasi cosa dalla forma del curriculum a decisioni sulla condotta; Patricia Lather sfida i suoi studenti a scrivere in stili molteplici per spettatori e finalità diverse; il novellista Ken Kesey ed i suoi studenti sono andati così lontano da scrivere e pubblicare un romanzo collettivo. L’innovazione collabora- QUADERNI DI ORIENTAMENTO ■ 23 tiva è in fermento ovunque. Dalla razionalità isolata alla razionalità relazionale Per la tradizione individualista esisteva una netta divisione fra il ruolo dell’insegnante e quello dello studente. Il primo doveva fornire le migliori informazioni e capacità d’osservazione disponibili, mentre il lavoro del secondo era approfondire queste informazioni. L’insuccesso dello studente era convenzionalmente attribuito alla mancanza da parte dello studente stesso delle capacità, delle attitudini e delle motivazioni. Nei decenni recenti siamo mano a mano giunti a comprendere che il lavoro effettivo dello studente è il risultato di una collaborazione. Il fulcro centrale della collaborazione risiede certamente fra l’insegnante e lo studente. Oggi numeri crescenti dimostrano valido il punto di vista di Lev Vygotsky secondo il quale non c’è nulla nella mente che non sia prima nella cultura. Lo specialista della comunicazione William Rawlins sostiene che l’istruzione maggiormente efficace nasca da una relazione di amicizia fra insegnante e studente. Inoltre, non è solamente il rapporto dello studente con l’insegnante che è importante. Gli allievi e gli insegnanti vengono attratti in modo crescente dai rapporti interpersonali (amicizia, interazioni nei gruppi, antagonismo razziale ed economico), che si evincono dai lavori dello studente. Più ampiamente, molti pedagogisti hanno puntato l’attenzione sul più ampio contesto sociale dell’istruzione. Comprendiamo in maniera crescente l’importanza della povertà, dell’etnicità, e della composizione della famiglia, per esempio, nella formazione del lavo- Orientamento ro dello studente. L’attività di un individuo è solo la manifestazione di un ampio network di relazioni. Uno studente non ce la fa mai da solo né fallisce da solo. Dai curricula ai criteri culturali Secondo la tradizione individualista, il lavoro di uno studente viene valutato in base a standard di un programma di studi fisso. La logica ed il contenuto del programma, predisposto in assenza dello studente, stabilisce ciò che conta come “conoscenza importante”. Con una crescente sensibilità verso il contesto relazionale, iniziamo a vedere i limiti di un programma di studi basato sull’individuo e la disciplina. Sempre più vediamo le mura delle classi come barriere artificiali tra il processo educativo e culturale. Le nostre attività nel mondo vengono raramente incasellate in pacchetti disciplinari, né la ragione effettiva è mai slegata da contesti spesso complessi. “L’istruzione situata” è essenziale. È in questa prospettiva che potremmo apprezzare gli sforzi innovativi di molti insegnanti che creano dei legami fra le classi ed il contesto culturale. Per esempio, gli esercizi di “valutazione autentica”, nei quali gli studenti lavorano insieme per risolvere problemi complessi nell’ambiente esterno e comunicano i loro risultati ad un pubblico diverso da quello degli insegnanti, stanno gradualmente trovando una loro maturazione. Più ampiamente visibili sono i programmi universitari nel servizio dell’apprendimento; in questo caso l’impegno della comunità serve da matrice educativa. Più sottilmente ma persuasivamente, gli educatori spingono i loro studenti ad esplorare il Web mondiale per avere pro- spettive molteplici su un tema assegnato. Alla Rice University il laboratorio di insegnamento Gardiner Symonds non fornisce leggii o scrivanie per gli insegnanti. Piuttosto troviamo molti computers, sedie girevoli per studenti ed insegnanti, e tre pareti provviste di pannelli sui quali ogni computer può proiettare i suoi contenuti, insieme a materiale video e CD Rom. La classe può lavorare virtualmente e simultaneamente in ogni parte del mondo. IMPEDIMENTI ED INVITI La mia speranza è che si possa individuare tra i frammenti del cambiamento educativo un modello emergente, e che si possa porre questo modello all’interno di una più ampia trasformazione culturale. Allo stesso tempo credo che siamo appena arrivati al punto di partenza. Secondo la mia opinione la maggior parte dell’attività educativa rimane collocata all’interno della tradizione individualista. Tra i più forti impedimenti al cambiamento relazionale ci sono le forti convinzioni sulla valutazione individuale e la responsabilità standardizzata. Per varie ragioni, buone e cattive, gli insegnanti sono vicini ai genitori ed anche agli studenti nel desiderio di sapere dove si colloca l’attività di ogni individuo in confronto agli altri. L’ideologia individualista è tanto forte quanto penetrante. Gli investimenti nella valutazione individuale si intensificano, comunque, se si pensa che sono collegati agli esami di valutazione standardizzati. Quando vince la visione secondo cui la ragione e la conoscenza sono universali, trascendendo da ogni ■22 QUADERNI DI bisogno e valore della comunità, si arriva alla brutale competizione fra studenti, scuola, regioni e nazioni. Concludo con un aneddoto personale, in parte per sottolineare il bisogno di un impegno dalle salde radici nella sfida relazionale ed in parte per riflettere sulle sue potenzialità. Spinta dalla sfida del relazionismo, ho compiuto un esperimento sostituendo la composizione scritta con il dialogo. In questo caso gli studenti lavorano in piccoli gruppi su un argomento attinente al corso. Ogni studente contribuisce ad una serie di scambi via mail. Il voto si basa sulla qualità del dialogo, se le parole di uno arricchiscono quelle dell’altro, informano il gruppo, e portano il dialogo verso nuove direzioni. Secondo la mia esperienza gli studenti amano questo modo di lavorare e ne sperimentano significativi benefici. Inoltre, credo di aver imparato anch’io dalla discussione che è nata. Comunque, nonostante io abbia valutato il dialogo nel suo insieme, gli studenti hanno insistito nell’avere un voto personale corrispondente al loro personale contributo. Ho esitato, riflettuto ed alla fine ho capitolato ai loro desideri. Forse le innovazioni sono migliori quando portano con sé residui di tradizione. La discussione rimane aperta… Kenneth J. Gergen Docente di Psicologia Swarthmore College Pennsylvania (Trad. di Sabrina Perini) ORIENTAMENTO 7 LA SCUOLA COME ORGANIZZAZIONE IL PUNTO DI VISTA DELLA PEDAGOGIA Matteo Cornacchia Q ual è il modello organizzativo più adeguato alle esigenze dell’attuale sistema formativo? Superata definitivamente la logica centralistica e verticistica di derivazione gentiliana, oggi l’autonomia scolastica suggerisce l’opportunità di soluzioni diversificate, contestuali ed orientate all’apertura e all’integrazione fra sistemi Nel più recente panorama della ricerca educativa si sta riscontrando, ormai già da qualche anno, un emergente interesse per gli aspetti organizzativi delle agenzie formative e della scuola in particolare. Fino a non molto tempo fa i pedagogisti guardavano ai contesti scolastici dal punto di vista delle finalità educative, dei processi di insegnamento e degli stili di apprendimento. Tutto il resto (dalla gestione delle risorse umane all’organizzazione dei tempi e degli spazi) sembrava non interessarli direttamente perché estraneo al dominio pedagogico di loro competenza. Si era dunque venuta a creare una distinzione piuttosto rigida. Da una parte i processi formativi, da sempre considerati come il regno dell’affettività, dei carismi personali, della gestione creativa di ciò che accade «qui e adesso» tra insegnanti e alunni e, pertanto, meritevoli di 8 studi empirici. Dall’altra tutte quelle sovrastrutture formali che, di fatto, limitando con regole, procedure e controlli l’esercizio della libertà d’azione degli insegnanti (Romei, 1999), venivano percepite come altra cosa rispetto alla didattica ed al lavoro d’aula. Significativo, in proposito, lo sfogo di una maestra raccolto da Romei durante un corso d’aggiornamento per insegnanti: «Passo il mio tempo ad occuparmi di organizzazione: la mensa, la biblioteca, la ricreazione, le uscite, le compresenze, e non me ne resta altro per il mio compito principale, che è educare». Singolare, sottolinea lo stesso Romei, non tanto la protesta per il sovraccarico di incombenze, quanto piuttosto la distinzione netta fra il mondo dell’organizzazione, che si occupa di “cose materiali”, e il mondo dell’educazione, che evidentemente ne può fare a meno. Il problema della separazione fra il momento educativo e quello organizzativo era già ben noto a Karl Weick, sociologo che ha dedicato buona parte dei suoi studi proprio ai contesti scolastici. Egli, in un celebre articolo pubblicato nella rivista Administrative Science Quarterly nel 1976, descriveva la scuola attraverso questa paradossale metafora: «Immaginate di essere arbitro, allenatore, giocatore o spettatore di una singolare partita di calcio: il campo ha forma circolare, le porte sono più di due e sono sparse disordinatamente lungo i bordi del campo. I partecipanti possono entrare e uscire dal campo a piacere; possono dire “ho fatto gol” per quanto vogliono, in ogni momento, per quante volte vogliono. Tutta la partita si svolge su un terreno inclinato e viene giocata come se avesse senso. Ora, se sostituiamo nell’esempio QUADERNI DI ORIENTAMENTO ■ 23 l’arbitro con il preside, gli allenatori con gli insegnanti, i giocatori con gli studenti, gli spettatori con i genitori e il calcio con l’attività scolastica, si ottiene una definizione altrettanto singolare delle organizzazioni scolastiche». L’intento di Weick non era quello di descrivere la scuola come un’organizzazione priva di senso, ma, al contrario, quello di sottolineare la necessità di possedere, anche per la scuola, un modello organizzativo adatto alle finalità educative, didattiche e sociali dei sistemi di istruzione. Questa esigenza nasceva dalla volontà di superare alcuni atteggiamenti spontaneistici ed occasionali con cui, troppo stesso, venivano definiti i processi di insegnamento ed apprendimento e le attività scolastiche in generale. Weick, pertanto, propose di intendere i contesti scolastici come sistemi a legame debole, caratterizzati cioè da un elevato grado di autonomia e indipendenza delle singole componenti (docente, amministrativa, studentesca, ambientale) che costituiscono l’organizzazione scolastica. Il mondo della pedagogia ha recepito relativamente tardi questo invito ad aprire la riflessione sulla scuola anche alle istanze organizzative ed alla necessità di conciliarle con quelle educative e didattiche. Le ragioni di tale ritardo possono essere sintetizzate in tre considerazioni principali. Anzitutto è sopravvissuta troppo a lungo la confusione che, nel corso degli anni, si è venuta a creare fra il concetto di organizzazione ed il concetto di azienda. In altri termini per lungo tempo la riluttanza nei confronti di un approccio organizzativo alle istituzioni scolastiche è stato giustificato dal timore di ridurre la scuola alla stregua di un’azienda, Orientamento e scuola identificando erroneamente quest’ultima con l’organizzazione tout court. Da una parte è certamente vero che l’attuale lessico della scuola ha mutuato molti termini dal modello aziendale (basti pensare alla leadership dirigenziale, ai modelli di management scolastico, all’importanza attribuita agli stakeholder, o a concetti quali la soddisfazione del cliente, qualità totale, accreditamento e certificazione, ecc.). Ciò ha determinato, almeno inizialmente, un atteggiamento abbastanza prudente da parte della ricerca pedagogica, impegnata soprattutto a precisare il significato che certi modelli assumono una volta adattati alle peculiarità dell’organizzazione scolastica, nonché a prendere le distanze da certi eccessi nelle interpretazioni della cultura d’azienda (ad esempio, soprattutto negli anni Ottanta, la tendenza a mutuare in maniera acritica strutture e modalità organizzative dal modello razionaleaziendale aveva alimentato l’illusione di poter rendere la scuola più efficiente e moderna). D’altra parte, tuttavia, va precisato che la necessità di garantire alla scuola una coerente dimensione organizzativa non significa in alcun modo “ridurla” ad azienda (operazione, quest’ultima, operativamente ed ideologicamente non percorribile). La seconda spiegazione sottolinea invece lo stretto legame fra l’approccio organizzativo e l’attuale contesto di riforma e cambiamento che sta investendo il sistema scolastico. In sostanza, secondo diversi autori, l’interesse nei confronti della scuola in quanto organizzazione si sarebbe consolidato solo a partire dalle recenti disposizioni con cui si è avviato il processo di autonomia delle scuole. In particolare il nuovo corso normativo che ha messo a regime l’autonomia di gestione degli istituti scolastici ha suggerito una nuova opportunità di lettura dei temi relativi all’organizzazione anche nella realtà specifica della gestione dei processi formativi (Alessandrini, 1999). Gli attuali scenari di cambiamento introducono nella scuola italiana prospettive pedagogiche e di organizzazione del lavoro diverse dal passato, per cui la realizzazione del Paesaggio a Lateis, 1955 ■23 QUADERNI DI ORIENTAMENTO 9 LA SCUOLA COME ORGANIZZAZIONE nuovo quadro normativo, divenuto già vincolante per l’attività didattica, richiede un’attenta riflessione su alcune questioni (anche organizzative) che esso suscita nella sua fase di attuazione (Semeraro, 1999). Le norme sul riconoscimento di specifiche ed autonome unità scolastiche hanno posto le premesse per l’avvio di un processo in cui la dimensione giuridica si intreccia con quella culturale e comportamentale e la dimensione pedagogica si fonde con quella organizzativa. I cambiamenti e le innovazioni che caratterizzano la scuola italiana di oggi sono destinati a modificare radicalmente il suo assetto strutturale: «occorrerà ancora del tempo perché emergano tutte le implicazioni che potranno derivare dal passaggio da un sistema centralistico, nel quale gli aspetti burocratici hanno conservato a lungo la loro importanza, a un modello ispirato all’autonomia organizzativa e didattica. Tale cambio di scenario trova la sua ragione culturale da un lato nella complessità intrinseca a un diverso quadro delle aspettative della società; dall’altro nella definitiva affermazione della prospettiva dell’autonomia, caratterizzata da comportamenti professionali del personale della scuola che non trovano alcun riscontro in quelli di epoche precedenti. Procedere nella direzione dell’autonomia richiede l’acquisizione di nuove consapevolezze e, soprattutto, la capacità di ricercare soluzioni adeguate a bisogni ed esigenze che implicano un investimento culturale e organizzativo nella prospettiva del miglioramento continuo del servizio erogato»1. La terza spiegazione, infine, ripropone la questione dei compiti della scuola e, in particolare, l’annosa controversia fra l’educare e l’istrui- 10 Tramonto a Rutte, 1938 re. Tale dicotomia appartiene alla storiografia della “lunga durata”, nel senso che ha da sempre interessato i pedagogisti ed ha visto confrontarsi, nel corso degli anni, opposti schieramenti a sostegno dell’una o dell’altra tesi. In Italia, il dibattito sui compiti della scuola ha ripreso vigore nei primi anni Ottanta, ovvero quando si pose il problema di ridefinire la funzione della scuola pubblica in linea con lo sviluppo delle scienze dell’educazione e con i nuovi bisogni della società (Desinan, 1998). Dopo gli anni Novanta il quadro concettuale entro il quale si svolgeva il dibattito si è arricchito di nuovi interrogativi e nuovi spunti, consolidando la convinzione che qualsiasi QUADERNI DI ORIENTAMENTO ■ 23 compromesso fra le due alternative sarebbe fuori luogo. In altri termini oggi la questione non si pone più fra due alternative (educare o istruire) che si escludono a vicenda e, soprattutto, non è di esclusiva competenza pedagogica. Il ruolo e la funzione della scuola nell’attuale società complessa dipendono anche dalla sua organizzazione, intesa come un fattore chiave dell’efficienza complessiva dei processi formativi: «i fallimenti nella scuola sono anche dovuti a carenze organizzative e di intesa fra docenti. Le tesi sostenute da educazionisti e istruttivisti hanno quasi sempre ignorato i problemi organizzativi. Per una organizzazione efficace bisognerebbe anche pensare a nuove Orientamento e scuola figure nella scuola con una diretta responsabilità organizzativa e didattica e con un ruolo propositivo nelle stesse decisioni collegiali, perché gli insegnanti non possono essere sovraccaricati di compiti»2. A fronte delle richieste sempre più numerose che oggi vengono avanzate all’istituzione scolastica, la capacità di organizzarsi significa ammettere che la scuola non può fare tutto, ma che è necessario scegliere, fissare dei paletti, stabilire delle priorità. Come spiega Romei (2001), non si tratta di una “riduzione” indebita e squalificante, ma la “selezione” (magari sofferta, ma competente) è il presupposto e l’essenza stessa della costruzione della trama organizzativa finalizzata al tentativo di governo della complessità scolastica. L’approccio organizzativo, dunque, si pone come un contributo di metodo (il “come”) per affrontare e gestire la complessità della scuola. La pedagogia deve costruire gli orizzonti di senso dell’azione scolastica (il “cosa”, e il “perché”); deve certamente indicare gli oggetti rilevanti nel percorso di crescita delle persone, definire i modelli di riferimento e le ipotesi circa le modalità di insegnamento e di apprendimento plausibilmente efficaci (Romei, 2001). A partire da queste considerazioni sullo “stato dell’arte”, rimane da chiedersi quale sia il modello organizzativo più adeguato alle esigenze dell’attuale sistema formativo. Superata definitivamente la logica centralistica e verticistica di derivazione gentiliana, oggi l’autonomia scolastica suggerisce l’opportunità di soluzioni diversificate, contestuali ed orientate all’apertura e all’integrazione fra sistemi. Ogni singolo istituto, pertanto, potrà adotta- re il proprio modello organizzativo sulla base delle risorse interne (umane e strumentali), delle esigenze espresse dal territorio e delle caratteristiche dell’offerta formativa erogata. Ciò, naturalmente, richiede l’acquisizione di specifiche competenze organizzative non solo da parte dei dirigenti scolastici, come inizialmente previsto dal DM 5 agosto 1998, ma per tutto il personale della scuola e soprattutto per i docenti. In tal senso nel prossimo futuro sarà necessario prevedere adeguate integrazioni ai percorsi formativi sia a livello universitario (in particolare per quei corsi che preparano alle professioni educative) sia a livello di scuole di specializzazione (si pensi alla SISS) sia a livello di formazione continua (corsi di aggiornamento per docenti e capi d’istituto). NOTE 1) N. Capaldo, L. Rondanini, Gestire e organizzare la scuola dell’autonomia, Erickson, Trento 2002, p. 11. 2) C. Desinan (a cura di), Discutere la scuola, Franco Angeli, Milano 1998, p. 41. Butera F. (a cura di), Il libro verde della Pubblica Istruzione, Franco Angeli, Milano 2000. Capaldo N., Rondanini L., Gestire e organizzare la scuola dell’autonomia, Erikson, Trento 2002. 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BIBLIOGRAFIA Alessandrini G., Formazione e organizzazione nella scuola dell’autonomia, Guerini Studio, Milano 2000. Barbieri E., La scuola dell’autonomia, Giunti, Firenze 1999. ■23 QUADERNI DI Matteo Cornacchia Dipartimento dell’Educazione Università di Trieste ORIENTAMENTO 11 I CIRCOLI DI FORMAZIONE DEGLI ADULTI DALL’IDEA SVEDESE ALL’ESPERIENZA TOSCANA Giulio Iannis I l circolo favorisce l’incontro e l’autonomia dei partecipanti: ogni persona deve infatti partecipare attivamente, valorizzare e trasferire i propri saperi all’interno del gruppo, ottimizzando i propri tempi di studio e di apprendimento. Gli adulti hanno modo di rientrare in formazione e riattivare quindi il proprio percorso di apprendimento individuale VERSO UN SISTEMA DI EDUCAZIONE PERMANENTE Con il Memorandum on lifelong learning, l’Italia è entrata, assieme agli altri paesi europei, nell’era della conoscenza e dell’apprendimento continuo. Questo significa che i nostri tradizionali modelli di apprendimento, di vita e di lavoro sono destinati ad una rapida trasformazione, in funzione dei nuovi modi di sviluppo e gestione delle interazioni sociali ed economiche. Il buon esito della transizione dalle realtà tradizionali ad un’economia e ad una società basate sulla conoscenza deve essere accompagnato da un orientamento generale verso la diffusione dell’istruzione e della formazione permanente. La scelta toscana, in questo senso, è stata quella di creare un sistema di educazione permanente che comprende sia l’educazione formale, 16 che porta ad un titolo di studio o ad un attestato professionale, sia l’educazione non formale, che prevede modalità di apprendimento meno strutturate. In questo ambito, la Regione Toscana ha promosso e sostenuto il modello dei Circoli di Studio, ovvero di attività formative organizzate per piccoli gruppi di cittadini a partire dalla loro domanda di formazione. Il modello toscano di educazione permanente si basa sull’idea di una formazione: • adeguata alle modalità reali con cui i cittadini adulti apprendono nella vita quotidiana e nel lavoro; • attenta alla domanda individuale di sapere; • indipendente dalle rigide logiche della formazione basata sull’offerta; • mirata a promuovere e rafforzare le capacità della popolazione di fruire delle opportunità e dei processi di apprendimento già disponibili nel contesto locale; • in grado di integrare percorsi formali e non formali. In questo senso l’idea dei Circoli di Studio rappresenta una soluzione ottimale per lo sviluppo di questo modello e per la piena diffusione della formazione permanente verso tutta la popolazione del territorio toscano. Il circolo di studio (Studiecirkel)1 è una struttura pedagogica, sistematizzata in Svezia da Oscar Olsson all’inizio del secolo scorso. In Svezia questo tipo di formazione vanta una tradizione molto importante e positiva, che si è poi diffusa in altri paesi del Nord Europa. Nel 1912 lo Stato svedese iniziò a finanziare dei circoli di studi letterari, mentre dal 1947 i circoli di studio organizzati da associazioni QUADERNI DI ORIENTAMENTO ■ 23 educative beneficiano di sovvenzioni pubbliche per coprire le spese relative agli istruttori, al funzionamento e al materiale didattico. Ancora oggi in Svezia vengono attivati ogni anno circa 320 mila circoli di studio, con una diffusione che raggiunge il 75% della popolazione adulta. I circoli di studio rappresentano una modalità didattica con cui si organizzano molte delle attività formative all’interno delle aziende, delle istituzioni, del mondo dell’associazionismo. Il circolo, nella tradizione svedese, è un piccolo gruppo di persone che si riuniscono volontariamente per un lungo periodo di tempo al fine di partecipare ad attività organizzate di carattere culturale o pedagogico. Non è sempre necessaria la presenza di un formatore, ruolo che può essere svolto da uno dei partecipanti. L’idea del piccolo gruppo è un aspetto molto importante, in quanto, mancando la figura del formatore, è necessario che il gruppo sia ristretto, in modo da organizzare più facilmente e più efficacemente i processi di apprendimento. Poiché non c’è la figura ben definita di un formatore, il circolo di studio ha una forte valenza di autonomia e autogestione, tanto che nel processo di costituzione del circolo la prima fase è sempre dedicata alla definizione comune degli obiettivi formativi e delle modalità di lavoro del gruppo. Da una parte vi è la necessità che le persone che partecipano siano in grado di interagire all’interno del gruppo, ma al tempo stesso occorre che questa modalità di apprendimento sia supportata da un sistema, da un’organizzazione in grado di promuovere, progettare e monitorare tutte le attività del circolo stesso. Orientamento e scuola 1937 ca. Per garantire continuità, sostegno e metodo, il circolo di studio deve essere dunque integrato in un sistema organizzato che, attraverso azioni di tutoraggio e coordinamento, possa garantire le condizioni migliori per l’attivazione di autonomi processi di apprendimento da parte dei partecipanti. In questo senso il modello dei circoli dovrebbe essere in grado di generare, in contesti diversi, un’offerta di opportunità educative come risposta diretta alla domanda precedentemente espressa dagli stessi partecipanti. Una tra le prime sperimentazioni toscane del modello dei circoli di studio si è svolta a Chiusi, grazie alla collaborazione tra l’Amministrazione Comunale ed il Centro Studi Pluriversum di Siena. La realizzazione dei circoli di studio in un piccolo comune del Sud della Toscana è stata un’esperienza molto interessante, poiché ha dimostrato come il modello possa trovare applicazione anche in contesti territoriali di dimensioni limitate, valorizzando le realtà culturali esistenti e svolgendo una funzione di promozione e di “moltiplicazione” dei saperi già presenti tra la popolazione locale. ■23 QUADERNI DI Il progetto di Chiusi si è sviluppato attraverso le seguenti azioni: • coordinamento e monitoraggio del progetto; • informazione e promozione; • analisi della domanda; • formazione dei tutors; • incontri di orientamento e preparazione per la costituzione dei Circoli di Studio; • realizzazione di 20 Circoli di Studio; • diffusione dei risultati. L’azione di coordinamento ha garantito la pianificazione e la puntuale organizzazione delle azioni previste, con particolare attenzione ORIENTAMENTO 17 I CIRCOLI DI FORMAZIONE DEGLI ADULTI Vecchia stalla, 1940 ca. ai rapporti istituzionali. Le attività di informazione e promozione, svolte in collaborazione con l’Informagiovani di Chiusi, hanno rappresentato uno degli aspetti centrali e strategici del progetto in quanto il nuovo modello formativo doveva essere correttamente e adeguatamente presentato ed illustato ai potenziali fruitori delle diverse opportunità di apprendimento. L’analisi della domanda è stata realizzata su dati raccolti attraverso un questionario ed una serie di incontri di gruppo con l’utenza interessata al progetto. La diffusione del modello è stata garantita in particolare dalla presenza di un gruppo di tutors, formati nell’ambito del progetto, attra- 18 verso un percorso formativo di 60 ore. L’obiettivo dell’azione di formazione dei tutors è stata quello di preparare un gruppo di operatori in grado di promuovere ed accompagnare le attività formative realizzate attraverso i circoli di studio. Alcuni tutors sono persone che già operano nella formazione, altri sono operatori e volontari dell’associazionismo locale, motivati a diffondere il modello dei circoli di studio all’interno delle organizzazioni del territorio. Centrale rispetto alle dinamiche di sviluppo del progetto è stata anche l’azione di orientamento per la costituzione dei circoli: gli adulti interessati a partecipare ai Circoli di Studio hanno potuto accedere ad QUADERNI DI ORIENTAMENTO ■ 23 un percorso di orientamento, finalizzato ad analizzare e definire gli obiettivi formativi individuali. Per ogni persona si presentavano due possibilità: promuovere un circolo di studio su un argomento di proprio interesse o aderire ad un gruppo di studio già avviato su argomenti simili o diversi. In questa fase, attraverso colloqui individuali e di gruppo con i cittadini interssati al progetto, sono stati definiti i temi e le finalità dei circoli che potevano realisticamente essere promossi e finanziati. Gli incontri di orientamento hanno rappresentato una fase molto importante perché non tutte le proposte di circolo hanno potuto trovare una realizzazione e molto spesso le persone, nella scelta di un nuovo tipo di formazione, hanno dimostrato di avere bisogno di riflettere, per cercare di trovare all’interno di questa nuova modalità educativa il tipo di circolo e di percorso formativo più adatto alle loro esigenze ed interessi. L’eterogeneità del pubblico dei circoli di studio è stata infatti una delle caratteristiche più importanti: sono stati realizzati circoli con persone di età diversa, con occupati e disoccupati, con studenti universitari, anziani e pensionati, iscritti a diverse associazioni e semplici cittadini interessati ad un unico e specifico argomento. La possibilità di inserire all’interno di questi percorsi persone con caratteristiche molto diverse è stato un elemento interessante di sperimentazione e sviluppo del modello. A Chiusi sono stati attivati complessivamente venti Circoli di Studio, con il coinvolgimento di 141 partecipanti, di cui 99 donne e 42 uomini. Ad ogni circolo, la cui durata minima è stata di 18 ore, han- Orientamento e scuola no partecipato in media sette persone. Ogni circolo ha potuto contare sul sostegno di un tutor per 16 ore e di un esperto per un numero di ore variabile (da 4 a 8), in base ai contenuti e alla complessità degli argomenti. I circoli sono stati autogestiti dai partecipanti, attraverso un accordo, patto formativo, definito in collaborazione con i tutors. Prima dell’avvio del circolo la definizione di un patto formativo tra i partecipanti è risultata un’azione necessaria e fondante, per delineare gli obiettivi comuni del gruppo di studio, in modo da evitare che i circoli si risolvessero in un semplice “stare insieme”. Ogni circolo si è poi aperto con una fase di negoziazione e definizione di comuni modalità e tempi di studio. Al termine del progetto l’Informagiovani di Chiusi ha raccolto la documentazione ed i materiali prodotti attraverso i Circoli, mettendoli a disposizione della cittadinanza. I risultati e gli strumenti elaborati saranno inoltre resi disponibili attraverso il sito Internet www.circolistudio.it, al fine di promuovere altre iniziative in questo ambito, stimolando la collaborazione tra istituzioni, associazioni e gruppi locali. I punti di forza di questa esperienza sono stati: • il supporto operativo dell’Informagiovani, in quanto il modello dei circoli di studio si basa sulla presenza di una sede operativa di supporto alle attività, in grado di far incontrare tra loro le diverse idee e proposte formative; • la formazione di tutors, perché l’autogestione non è semplice da attivare, senza un’efficace azione di orientamento e tutoraggio; • il coinvolgimento di associazio- ni e gruppi locali, in quanto il modello dei circoli di studio deve essere profondamente legato al territorio, al contesto e ai saperi già diffusi tra la popolazione. I punti ancora da sviluppare sono invece: • gli strumenti di informazione e diffusione del modello che, se non correttamente compreso, non riesce a svilupparsi in modo efficace e generare quindi processi virtuosi di “moltiplicazione del sapere”; • l’aspetto della promozione dell’autogestione implica un’attenta riflessione, infatti la difficoltà dei circoli è legata spesso all’incapacità del gruppo di valorizzare la libertà di scelta nella progettazione del proprio percorso formativo. Questa sperimentazione toscana ha evidenziato sicuramente molti aspetti positivi di un modello di formazione che si presenta molto flessibile, aperto e socializzante. Il circolo favorisce l’incontro e l’autonomia dei partecipanti: all’interno ogni persona deve infatti partecipare attivamente, mettersi in gioco, confrontarsi con gli altri e condividere nuovi e diversi linguaggi, valorizzare e trasferire i propri saperi all’interno del gruppo, ottimizzando i propri tempi di studio e di apprendimento. Per ognuno degli adulti partecipanti il circolo è stato un modo per rientrare in formazione e riattivare quindi il proprio percorso di apprendimento individuale. Per la comunità locale il progetto è servito come stimolo all’aggregazione dei cittadini e alla costituzione informale di una collettività di studio, in grado di autopromuovere al proprio interno percorsi di apprendi- ■23 QUADERNI DI mento, di produzione e di trasmissione del sapere. Il modello dei Circoli di Studio rappresenta sicuramente un’esperienza didattica particolarmente adatta alla formazione degli adulti, anche in contesti locali di piccole dimensioni, dove meno ricca è l’offerta formativa istituzionale. Nelle parole del fondatore dei circoli, che diceva “i circoli servono a tener vivo l’impegno e a far crescere la capacità della gente di creare vita e cultura”, è riassunto anche il senso di questa prima sperimentazione toscana del modello pedagogico svedese. NOTE 1) La definzione è tratta da un saggio di Arne Carlsen, referente dell’Accademia Popolare Nordica, in Federighi P. (a cura di), Glossario dell’educazione degli adulti in Europa, Firenze, quaderni Eurydice, n.19 – 2000. Giulio Iannis Centro Studi Pluriversum – Siena ORIENTAMENTO 19 INFORMARSI, STUDIARE E LAVORARE SENZA CONFINI Piero Vattovani, Graziella Pellegrini U n progetto per l’orientamento scolastico e professionale transfrontaliero tra l’Italia e la Slovenia come azione specialistica fortemente integrata con i servizi educativi, informativi e di orientamento dei due Paesi NUOVI SCENARI PER L’ORIENTAMENTO NELLA SOCIETÀ GLOBALE I processi personali e sociali attraverso i quali le persone orientano le loro scelte formative, professionali e di vita sono ormai fortemente caratterizzati e influenzati, in vari modi, dalla dimensione globale da cui dipendono anche i fatti e gli eventi locali. In premessa, pare opportuno fare cenno ad alcuni elementi chiave che dovrebbero guidare l’orientamento dei cittadini europei1 degli anni a venire che, pur essendo ampiamente condivisi tra gli esperti e gli operatori di settore, non sono ancora significativamente presenti nelle pratiche educative, nelle esperienze e decisioni del quotidiano delle persone. Tra gli elementi strutturali hanno assunto un ruolo rilevante 20 la velocità dei cambiamenti e la turbolenza presente nei sistemi socio-economici mondiali. Esse, grazie anche all’aumentata interdipendenza delle parti nell’economia mondiale, hanno determinato un aumento dell’imprevedibilità degli eventi a livello macro (economie e mercati) ma portando pure una maggiore imprevedibilità ed incertezza a livello micro (vita lavorativa, professionale e sociale delle singole persone). Nella vita ordinaria sono aumentati la frequenza, il grado e la velocità dei cambiamenti imposti dal contesto esterno e ognuno deve imparare a gestire eventi non previsti e a convivere con una maggior incertezza. Purtroppo le idee, i valori e gli atteggiamenti delle persone e dei gruppi hanno tempi di recepimento e di adattamento molto più lenti, con il rischio che si trasformino così in una barriera inconsapevole che ostacola la comprensione dei nuovi fenomeni e impedisce alle persone di introiettare atteggiamenti più funzionali e di adottare regole di comportamento più consone al successo nei contesti mutati. Il rischio concreto è che la generalità delle persone non riesca a “vedere” e di conseguenza a "sfruttare concretamente” la natura delle nuove opportunità e, pertanto si venga a trovare in una situazione di maggior debolezza e marginalità. L’Istruzione, la Formazione continua e anche l’Orientamento devono pertanto diventare dei sistemi solidi in grado non solo di trasmettere conoscenza e informazione ma anche di accompagnare gli individui, giovani o adulti che siano, nel processo di costruzione e ricostruzione delle esperienze, QUADERNI DI ORIENTAMENTO ■ 23 dei valori e dei significati. Non si tratta più solo di offrire degli oggetti statici di scelta (le alternative di studio/lavoro presenti sul territorio), quanto piuttosto di offrire un “sistema di mediazione” capace di rendere le opportunità più riconoscibili, gli individui più competenti a riconoscerle e ad utilizzarle quando esse realmente si presentano. In altre parole le persone sono chiamate non solo a scegliere tra alternative preesistenti ma anche a costruire, quasi costantemente, nel corso della loro vita scolastica, lavorativa e sociale, un proprio originale percorso personale e professionale. Specularmente anche i servizi e gli operatori devono assumere un ruolo più attivo, ricercando il contatto con gli utenti secondo un approccio preventivo, offrendo prestazioni fortemente integrate in rete con le istituzioni formative, i centri per l’impiego, i servizi socio-assistenziali, l’associazionismo giovanile e le imprese. Una parte dell’offerta dei servizi per l’orientamento deve anche essere ripensata in modo da essere facilmente e localmente accessibile e poter entrare nei contesti dell’educazione informale (la famiglia, le associazioni, i luoghi di lavoro), ove si formano gli atteggiamenti, i valori e le motivazioni che determinano di fatto lo spettro di quali sono le possibilità di scelta “pensabili” per ogni singolo individuo. Le recenti tecnologie e Internet aprono nuove possibilità in tal senso ma per risultare agenti di orientamento e non di disorientamento, non possono limitarsi a replicare all’infinito, sotto apparenze diverse, la medesima informazione già presente nel sistema. Devono invece essere degli strumenti per veicolare informa- Orientamento e società zione nuova, per stimolare una maggiore responsabilizzazione e autonomia degli utenti e per proporre diversificate possibilità di comunicazione con i servizi in relazione ai propri specifici bisogni. PERCHÉ L’ORIENTAMENTO TRANSFRONTALIERO E TRANSNAZIONALE ITALIA -SLOVENIA Nel contesto sopra delineato, le azioni per sostenere la mobilità transfrontaliera e quelle per promuovere la mobilità transnazionale possono diventare obiettivi di orientamento per la generalità delle persone, in particolare modo per i giovani. Il sostegno alla mobilità non va dunque considerato un progetto di nicchia riservato ad alcune categorie di lavoratori o proponibile solo a porzioni limitate di utenti, interne alle reciproche minoranze. Le aree confinarie tra l’Italia e la Slovenia, a ragione della vicinanza geografica, delle vicende storico-politiche, delle situazioni sociali ed economiche, hanno avuto continui flussi di comunicazione e di scambio che tuttavia, almeno negli ultimi decenni, hanno interessato prevalentemente il piccolo commercio di confine o il pendolarismo dei lavori non regolari legati ad alcune categorie di servizi e quello inverso vacanziero e del tempo libero. E’ anche vero che esiste da sempre una mobilità interna all’area dell’educazione e della formazione che riguarda le scuole medie (Gorizia e limitatamente Trieste), alcune tipologie di corsi di formazione profes- Sauris di sopra, 1950 ca. sionale, la frequenza di corsi universitari a Lubiana per la minoranza slovena in Italia, e l’interesse per l’offerta didattica dell’ateneo triestino da parte dei giovani di lingua italiana dell’Istria. Il Documento congiunto di programmazione INTERREG III A Italia-Slovenia prevede espressamente che il periodo di programmazione 2000-2006 abbia come finalità generale, trasversale a tutte le assi e le misure del programma, la preparazione e l’accompagnamento della Slovenia all’adesione a pieno titolo all’UE2. L’adesione infatti porterà, in tempi brevissimi, sostanziali cambiamenti nelle possibilità di movimento dei cittadini sloveni verso le opportunità di la- ■23 QUADERNI DI voro e di studio presenti nei paesi dell’UE. Questo flusso interesserà in modo particolare il Nord Est italiano e coinvolgerà, ovviamente, anche i cittadini italiani di questi territori ai quali si apriranno nuovi scenari per l’accesso allo studio e al lavoro verso Est. Pertanto, un progetto per l’orientamento scolastico e professionale di interesse comune tra l’Italia e la Slovenia non può ormai porsi solo obiettivi immediati legati alla mobilità transfrontaliera, ma deve necessariamente entrare nella prospettiva più ampia di favorire, ai vari livelli, la libera circolazione dei cittadini dei due stati, per la ricerca delle migliori condizioni di realizzazione professionale, sociale ORIENTAMENTO 21 INFORMARSI, STUDIARE E LAVORARE SENZA CONFINI Lussari, 1950 ca. e personale. La cultura della vicinanza, dell’interazione e della mobilità va coltivata fin dalla scuola, per poter dispiegare successivamente le sue potenzialità. In questo senso un forte ruolo per l’orientamento preventivo deve essere svolto, prioritariamente, ancor prima che dai servizi dedicati, dalle istituzioni educative e accademiche creando, proponendo e sostenendo occasioni di scambio, percorsi formativi aperti, proposte di stage, ecc. Al settore dell’orientamento, come sua specificità, spetta il ruolo di rendere innanzitutto “pensabili”, poi “reperibili e riconoscibili” e infine “realisticamente perseguibili o costruibili”, le opportunità di for- 22 mazione - lavoro che il territorio allargato propone. La “pensabilità” pone la questione di quanto un'alternativa sia vicina o lontana rispetto al mondo culturale e valoriale di una persona. E’ un pre-requisito che precede l’informazione e che va perseguito con idonee azioni di orientamento educativo o consulenziale. Nel caso di azioni volte a incentivare la mobilità per studio o lavoro dei giovani è necessario un forte coinvolgimento delle famiglie, delle scuole, dei servizi informativi e dell’associazionismo giovanile, per entrare anche nei contesti informali della cultura e della comunicazione giovanile, ove si creano gli atteggiamenti personali e si attri- QUADERNI DI ORIENTAMENTO ■ 23 buisce significato e riconoscimento sociale alle scelte di vita. La “reperibilità e la riconoscibilità” sono invece due delle caratteristiche fondamentali che devono assumere le informazioni per diventare orientative, una volta che siano state reperite, trattate e offerte agli utenti. Nel caso di servizi che si prefiggono di facilitare la mobilità, queste operazioni vanno fatte anche per informazioni molto particolari che, proprio perché non servono a tutti gli utenti, spesso sono sconosciute anche agli addetti ai lavori di settore, tranne ai pochi che hanno dovuto faticosamente ricercarle.3 Le aree informative da coprire sono relative all’istruzione, alle professioni, al mercato del la- Orientamento e società voro, alle borse di studio, al riconoscimento dei titoli e alle diverse forme di assistenza e previdenza. E’ evidente che, almeno una parte degli strumenti informativi, va proposta sia in italiano che in sloveno per garantire la massima comprensione e accessibilità da parte di entrambe le popolazioni confinarie. Infine, per rendere effettivo l’accesso alle possibilità di studio o di lavoro transfrontaliero, si dovrebbe lavorare per un maggiore collegamento tra i professionisti del settore dell’orientamento dei due Stati, in particolare nelle fasce confinarie. Una parte delle energie dovrebbe venir investita per migliorare le partnership del pro- getto e attivare così una rete di comunicazione tra i servizi di orientamento scolastico o professionale italiani e sloveni, in modo da poter offrire azioni di consulenza e/o di accompagnamento personalizzato ai casi di orientamento transnazionale. In sintesi, un progetto per l’orientamento transfrontaliero e transnazionale può essere comunque immaginato come un’azione specialistica che risponde a bisogni particolari e ha suoi propri strumenti di intervento ma che contemporaneamente deve nascere in modo fortemente integrato con l’insieme dei servizi educativi, informativi e di orientamento ordinari, presenti nei due Paesi. OBIETTIVI DEL PROGETTO Lo scopo del progetto è quello di contribuire, con la specificità delle azioni orientative di seguito descritte, al raggiungimento degli obiettivi del Programma INTERREG III A Italia-Slovenia 2000-2006 che, così come vengono definiti nel Complemento di Programmazione, consistono “..nel valorizzare le risorse umane e nel qualificarle ai fini di metterle in grado di far fronte ai cambiamenti in atto nel mercato del lavoro, contribuendo ad aumentare così la competitività del territorio.” (misura 3.1) e, obiettivo fondante del presente progetto, nel "sostenere inter- Poesia della neve, 1940 ca. ■23 QUADERNI DI ORIENTAMENTO 23 INFORMARSI, STUDIARE E LAVORARE SENZA CONFINI venti informativi che favoriscano lo scambio, la mobilità e l’orientamento dei cittadini italiani e sloveni nell’ambito dei sistemi di istruzione, formazione professionale e mercato del lavoro dei due Stati". (azione 3.1.2). Naturalmente l’efficacia di questo obiettivo orientativo è strettamente collegata con le altre azioni previste all’interno della misura 3.1, quali la cooperazione e gli scambi tra scuole, l’offerta di formazione professionale, gli stages con valenza transfrontaliera ed infine il sostegno alle nuove opportunità in un mercato del lavoro integrato.4 Più in particolare, il progetto vuole realizzare l’obiettivo generale sopra citato attraverso un limitato numero di obiettivi specifici. Questi ulti- mi, a loro volta, si concretizzeranno in mirate azioni operative (macro interventi), tali da produrre un’interazione non occasionale tra i sistemi di orientamento dei due paesi, offrendo contemporaneamente alcuni servizi informativi e di orientamento preventivo, facilmente integrabili nei servizi esistenti e immediatamente spendibili da operatori e utenti. Gli obiettivi specifici individuati dal progetto sono dunque i seguenti: 1. Verificare i bisogni e ricercare le fonti informative. Il primo obiettivo specifico è di tipo conoscitivo e riguarda la necessità di focalizzare innanzi tutto i bisogni di informazione già espressi dal ter- Estate a Rutte, 1938 24 QUADERNI DI ORIENTAMENTO ■ 23 ritorio e di produrre una mappa delle risorse informative idonee a rispondere a tali bisogni. Le aree da indagare riguardano l’insieme delle condizioni sottostanti alla mobilità negli ambiti della scuola, dell’università e del lavoro, con lo scopo primario di ricavare le informazioni essenziali a realizzare il secondo obiettivo, successivamente descritto. Lo scopo prioritario di questa azione conoscitiva è eminentemente pratico e deve: precisare i contorni delle aree su cui intervenire; identificare i destinatari tipo; individuare e contattare le fonti, gli esperti di riferimento e la struttura da coinvolgere per il mantenimento dei servizi a regime; enucleare le problema- Orientamento e società tiche e gli snodi che l’adesione della Slovenia alla UE porrà al sistema di orientamento dei due paesi. 2. Mediare l’informazione (raccogliere, tradurre, diffondere, personalizzare). Il secondo obiettivo si propone di dotare i servizi di orientamento dei due paesi di un’area informativa plurilingue specificatamente progettata per mediare l’informazione sulla mobilità transfrontaliera. Concretamente ci si propone di realizzare un sito Internet almeno bilingue che, con opportune sezioni tematiche anche interattive, possa svolgere un’azione pratica di supporto alla mobilità transfrontaliera e di accompagnamento alle nuove forme di mobilità conseguenti all’ingresso della Slovenia nell’UE. I destinatari finali dei servizi presenti nel sito saranno i giovani e i lavoratori, sia come fruitori diretti dei servizi on line resi disponibili dal sito, sia come utenti dei servizi di orientamento dei due paesi, tramite l’azione di mediazione e di filtro svolta dagli operatori, cui sarà rivolta un’azione di sensibilizzazione e di coinvolgimento privilegiata. Il sito sarà strutturato come uno sportello di autoconsultazione virtuale che, con diversi livelli di approfondimento, permetterà di incontrare per la prima volta i sistemi formativi e professionali del paese confinante, ma anche di accedere alle fonti, alla documentazione specialistica, ai servizi e alle basi dati informativi disponibili nelle diverse aree d’interesse in Friuli Venezia Giulia e in Slovenia. E’ previsto inoltre un servizio informativo personalizzato che, tramite uno sportello on line bilingue, garantisca agli utenti del sito una consulenza qualificata centrata sulla specifica esigenza del cliente. Il sito potrà anche essere utilizzato quale luogo di incontro virtuale, di dialogo e di confronto, tra operatori (insegnanti, formatori, consulenti di orientamento) che avranno la possibilità, tramite un’apposita procedura on line, di implementare e mantenere aggiornata l’informazione sulle aree di propria competenza. 3. Orientare al sistema delle professioni. Il terzo obiettivo specifico si propone di realizzare un prodotto esplorativo sulle professioni che sia rappresentativo del lavoro in Friuli-Venezia Giulia ma anche coerente con un omologo strumento sloveno. In entrambi i prodotti si potrà così prevedere una sezione speciale dedicata ai profili professionali transfrontalieri e transnazionali di rilevanza attuale o futura, nella prospettiva di un mercato del lavoro integrato. La scelta di questo obiettivo ha comportato la necessità di trovare delle soluzioni operative affinché i cittadini di questi territori di confine possano disporre di un patrimonio di conoscenze sulle professioni fruibile all’interno dei percorsi decisionali di scelta ed utilizzabile nelle situazioni di orientamento educativo ordinarie del proprio Paese. Ciò perchè possano percepire la mobilità transfrontaliera come una ulteriore opportunità di valorizzazione professionale, culturale e personale che il processo di allargamento dell’Unione europea potrebbe ampliare e riempire di nuovi contenuti. In particolare, per quanto riguarda la conoscenza delle professioni, è necessario prevedere che l’esplorazione dei vari profili professionali sia preceduta e strettamente correlata da un’attività di autoconoscenza da parte del soggetto che produ- ■23 QUADERNI DI ca l’incontro tra il suo mondo valoriale, le sue rappresentazioni, anche se frutto di stereotipi e semplificazioni ed i contenuti informativi più strutturati, presenti nelle banche dati sulle professioni. Se tale processo non viene attivato, l’acquisizione di nuova conoscenza sui contenuti di un’attività professionale non sarà utile perchè non verrà riconosciuta come pertinente al proprio processo decisionale e orientativo. Questa attività di mediazione diventa fondamentale nei percorsi di orientamento con utenza femminile, in quanto la forte presenza di stereotipi di genere condiziona ancora pesantemente la ricerca informativa e preclude spesso a questi soggetti la possibilità ed il diritto di sfruttare appieno le opportunità professionali e di carriera offerte dall’attuale mercato del lavoro. La soluzione adottata per il presente progetto è stata quella di realizzare la versione italiana di un software internazionale per esplorare le professioni (International Adult Directions di Cascaid) già adattato al contesto sloveno ed in uso nelle scuole e servizi di orientamento sloveni con il nome di Kam in Kakò. Tale scelta operativa sembra, infatti, possedere degli indubbi vantaggi, in quanto, oltre alla garanzia fornita da un prodotto già consolidato a livello internazionale permette uno stimolante parallelismo con l’attività di orientamento svolta in Slovenia, facilitando lo sviluppo di una comune cultura professionale tra gli operatori di orientamento italiani e sloveni e favorendo in generale quell’armonizzazione dei sistemi che è alla base dello stesso programma comunitario Interreg. Non bisogna, infine, neppure sotto- ORIENTAMENTO 25 INFORMARSI, STUDIARE E LAVORARE SENZA CONFINI valutare che in questo modo si creano le condizioni affinché gli utenti, soprattutto quelli bilingui, possano esplorare in maniera analoga i contesti professionali italiano e sloveno e, nel rispetto delle specificità nazionali, fare degli utili confronti sugli esiti delle loro ricerche, primo ma importante passo verso una visione ed una percezione dei mercati del lavoro di tipo transnazionale e globale. L’archivio delle professioni proposte nel prodotto sarà anche implementato con la descrizione di un nuovo gruppo di profili professionali “transfrontalieri”, circa 50, attinenti alle professioni attualmente diffuse nel mercato del lavoro transfrontaliero o che verranno richieste dai mutamenti economico-produttivi connessi all’allargamento dell’Unione Europea. Lo scopo di quest’ultima sezione è quello di far in modo che i cittadini dei due paesi possano esplorare le dimensioni e le potenzialità del lavoro transnazionale, nel momento stesso che si orientano ai contesti professionali nazionali, correlando immediatamente le conoscenze e le competenze professionali possedute con quanto il mercato allargato richiede e soprattutto richiederà in futuro. Nei due anni conclusivi del progetto è prevista un’ampia sperimentazione del nuovo prodotto, per permetterne il consolidamento all’interno di istituti scolastici e di servizi informativi e di orientamento del Friuli Venezia Giulia. 4. Attivare una rete di comunicazione e collaborazione tra servizi e operatori. Il quarto obiettivo si propone di realizzare una rete di comunicazione stabile tra i servizi e gli operatori di orientamento scolastico e pro- 26 fessionale dei due paesi partendo dalla partnership che si è raccolta attorno al progetto. In particolar modo nelle aree di confine, si intende stimolare gli operatori all’utilizzo delle risorse informative prodotte dal progetto, anche tramite azioni di sensibilizzazione e di formazione congiunta. Sinteticamente, questo obiettivo sarà perseguito con una costante attività di assistenza tecnica e scientifica, con azioni mirate di sensibilizzazione (convegni e workshop, e brevi moduli nelle scuole ), con attività di formazione congiunta per un gruppo di orientatori dell’area transfrontaliera e infine curando una campagna di informazione e pubblicità al fine di far conoscere gli obiettivi e soprattutto ii risultati del progetto medesimo. PIANO ORGANIZZATIVO Il valore economico del progetto, per quanto riguarda la quota a carico del Programma Interreg, è di 568.790,00 euro, a cui va ad aggiungersi il lavoro dei tecnici messi a disposizione dal Servizio regionale di orientamento e dei partner istituzionali del progetto. Come già evidenziato, il progetto ha una durata quadriennale a partire dai primi mesi del 2004. La programmazione prevede che gli interventi legati alla realizzazione dei prodotti ed all’organizzazione dei servizi informativi (macro intervento 1, 2 e 3) vengano sviluppati nel primo biennio di attività, mentre sono riservate prevalentemente agli ultimi anni le azioni a favore degli operatori e degli utenti. QUADERNI DI ORIENTAMENTO ■ 23 Questa organizzazione, sebbene comporti la necessità di concentrare gran parte degli sforzi operativi e delle risorse finanziarie in un periodo di tempo abbastanza ristretto, consente, tuttavia, da un lato di avere poi a disposizione un sufficiente lasso temporale per sperimentare e consolidare i prodotti e dall’altro di riservare un’adeguata attenzione e di attribuire il giusto peso a tutte quelle azioni di sensibilizzazione (macro intervento 4) che dovrebbero creare le condizioni affinché istituzioni, operatori e cittadinanza in generale conoscano e facciano un corretto uso di quanto è stato realizzato. La specificità degli interventi da realizzare, che risultano essere trasversali agli ambiti di competenza di istituzioni diverse (Scuola, Università, Lavoro), l’importante partenariato che si è raccolto attorno al progetto e la necessità di garantire il massimo di trasparenza ai servizi da realizzare hanno indotto il Servizio per l’orientamento a ipotizzare una struttura organizzativa del progetto su più livelli, in modo da raggiungere una sicura integrazione con il sistema di orientamento regionale, un forte coordinamento istituzionale e una realizzazione dei compiti tecnici efficace, affidata a soggetti competenti per ciascuna materia da trattare. In particolare i livelli di responsabilità previsti sono sintetizzati nel seguente schema. (Tab. 1) RISULTATI ATTESI E IMPATTO Gli effetti del progetto si possono valutare in due momenti distinti: a Orientamento e società breve termine vengono presi in considerazione i risultati immediati degli interventi specifici realizzati, a lungo termine viene invece analizzato l’impatto duraturo del progetto sui destinatari e sul settore d’intervento. Iniziando dunque dai risultati a breve termine, la conseguenza diretta del macro intervento 1, “Indagine conoscitiva preliminare”, sarà che i prodotti ed i servizi messi a punto all’interno degli altri macro interventi (2, 3 e 4) saranno più aderenti ai bisogni effettivi degli utenti. Per quanto riguarda il macro intervento 2, “Sito Internet” con i connessi servizi informativi on line, i risultati attesi sono che i cittadini italiani e sloveni reperiscano, con maggiore facilità ed in modo più personalizzato, le informazioni pratiche necessarie a soddisfare esigenze o a realizzare progetti concreti di mobilità transfrontaliera. Inoltre, dal punto di vista dell’approccio preventivo, la mediazione culturale e linguistica, svolta da questi nuovi servizi informativi, renderà più evidenti e conoscibili alla generalità della popolazione le opportunità di studio e lavoro offerte dai due territori. L’approccio preventivo/formativo alla mobilità è poi la caratteristica fondamentale del macro intervento Responsabile del progetto • Servizio per l’istruzione e l’orientamento della Regione FVG Ha la responsabilità del progetto, cura il coordinamento istituzionale, individua e dirige gli attuatori /fornitori dei quattro macro interventi, garantisce la sostenibilità e il mantenimento nel tempo dei prodotti e dei servizi realizzati. Partner istituzionali • Direzione reg.le del Lavoro Formazione, Università e Ricerca • Ufficio scolastico regionale per il FVG • Università di Trieste • Università di Udine • Istituto per l’Impiego della Repubblica slovena • Istituto per l’Istruzione e lo Sport della Repubblica slovena Condividono gli obiettivi dell'iniziativa, partecipano alla progettazione generale, supportano le fasi di ricerca e di realizzazione, verificano e contribuiscono al mantenimento dei risultati. Realizzatori/fornitori servizi • Insiel SpA ➜ Sviluppa il sito Internet e ne cura la prima implementazione. • CASCAiD Ltd (in collaborazione con ASTER) ➜ Realizza e sperimenta la versione italiana del Cd ROM sulle professioni. • ATI tra istituti di ricerca locali ➜ Produce ricerca sulle fonti, testi e documenti, fornisce assistenza tecnica, scientifica e organizzativa. (Tab. 1) ■23 QUADERNI DI ORIENTAMENTO 27 INFORMARSI, STUDIARE E LAVORARE SENZA CONFINI Lago di Fusine, 1957 ca. 3, il cui effetto più significativo sta nel fatto che le scuole ed i servizi di orientamento, sia in Italia che in Slovenia, disporranno di uno strumento interattivo per far esplorare regolarmente ai propri studenti o ai propri utenti il mondo delle professioni locali e transfrontaliere, all’interno dei normali programmi di orientamento o di consulenza. Inoltre, la scelta di descrivere e mettere in evidenza le nuove professionalità emergenti in ambito transfrontaliero, all’interno di uno strumento informativo generale sulle professioni, farà in modo che i giovani si avvicinino naturalmente all’idea che il lavoro e la professionalità del futuro si costruiscono anche al dì là dei singoli confini nazionali. 28 Il risultato del lavoro di partenariato e di promozione del progetto (macro intervento 4) sarà, da un lato, di ottenere una migliore sensibilizzazione dei cittadini, residenti nella fascia confinaria tra l’Italia e la Slovenia, alle opportunità offerte dai rispettivi sistemi di istruzione, formazione e lavoro e, dall’altro, di produrre un rafforzamento delle collaborazioni operative tra le istituzioni di settore. In particolare, grazie a quest’ultimo intervento si può prevedere che a fine progetto un certo numero di operatori dei servizi di orientamento (sia scolastico che professionale) italiani e sloveni siano in grado di utilizzare correntemente nel proprio lavoro quotidiano gli strumenti informati- QUADERNI DI ORIENTAMENTO ■ 23 vi realizzati dal progetto e siano preparati a comunicare efficacemente tra loro sulle problematiche dei propri utenti interessati alle diverse forme di mobilità transfrontaliera. Passando ora ad analizzare gli impatti a lungo termine sul territorio e sulla popolazione dell’area Interreg interessata, essi vanno riferiti ai due destinatari principali: i cittadini dei due stati ed il “Sistema” dei servizi in essi operanti. Nel primo caso gli effetti duraturi da ricercare riguardano prevalentemente una migliore e più diffusa conoscenza, da parte della popolazione, delle opportunità offerte dai due territori e un incremento della mobilità per ragioni di studio o di Orientamento e società lavoro. Ovviamente, come già in precedenza accennato, un progetto di orientamento scolastico-professionale, che si proponga di promuovere la dimensione transnazionale, può raggiungere risultati significativi solo se incrementa contestualmente anche l’acquisizione di modelli culturali che favoriscano la propensione alla mobilità. In altre parole, per porre le premesse ad una successiva progettualità orientativa transnazionale, è indispensabile, parallelamente alle azioni prettamente informative/orientative, offrire ai giovani più occasioni per fare esperienze pratiche di mobilità e sostenere con un approccio interculturale le problematiche connesse a tali scelte. A seguito di queste considerazioni risulterebbe non appropriato valutare i risultati a lungo termine dei progetti rientranti in questa particolare azione in modo indipendente dalle realizzazioni quantitative e qualitative ottenute tramite le altre azioni previste dalla misura 3.1, le quali, necessariamente anche se non in maniera esclusiva, forniscono gli oggetti sostanziali (scambi, corsi, stages, lavori, ecc.) su cui basare gli specifici interventi orientativi. Infine, il mantenimento e l’eventuale sviluppo degli effetti benefici sui destinatari finali del progetto si basano sull’idea che i prodotti/servizi realizzati vengano successivamente fatti propri dal “Sistema di orientamento” dei due paesi. L’impatto sui sistemi per l’orientamento e sugli operatori è dunque lo snodo cruciale per garantire continuità a quanto raggiunto tramite le singole macro azioni. La partnership istituzionale che si è costituita attorno al progetto non è allora strumentale solo al raggiun- gimento degli obiettivi operativi ma, raccogliendo attorno ad un tavolo tecnico di lavoro le principali strutture responsabili dei servizi operativi del Friuli-Venezia-Giulia e della Slovenia, è un obiettivo progettuale essa stessa. Ci si attende infatti che il lavoro di partenariato, sostenuto dalla modalità a regia regionale e dalle precise azioni di supporto previste nell’assistenza tecnica, favorisca la reciproca conoscenza e crei le condizioni per incrementare la cooperazione istituzionale e progettuale tra i servizi, anche a conclusione dell’iniziativa medesima. Inoltre, le azioni di promozione e di formazione congiunta, rivolte ad un gruppo significativo di operatori collocati nell’area di confine, sono state ipotizzate in modo da sostenere lo sviluppo di una rete di comunicazione professionale e personale, che potrà facilitare sia la successiva nascita di altri progetti di area, sia la possibilità di soddisfare meglio le esigenze pratiche degli utenti dei servizi, attingendo anche alle risorse derivate dalla suddetta rete di relazioni tra operatori. NOTE 1) Il progetto, a titolarità regionale, viene realizzato dal Servizio per l’istruzione e l’orientamento della Regione Friuli-Venezia Giulia, nell’ambito del Programma di iniziativa comunitaria INTERREG III A Italia- Slovenia 2000-2006. 2) A tale proposito si vedano le parti riservate all’orientamento continuo (lifelong guidance ) nei seguen- ■23 QUADERNI DI ti documenti ufficiali dell’UE: • Comunicato della Commissione sulla realizzazione di uno spazio Europeo dell’apprendimento permanente COM(2001)678def del 21.11.2001; • Memorandum sull’istruzione e sulla formazione permanente DOC 0015120003 del 30.10.2000. 3) Si pensi ad esempio al problema del riconoscimento dei titoli di studio o delle qualifiche professionali che, anche nei casi in cui si debba ricorrere ad un procedimento già codificato, costringe quasi sempre l’interessato a lunghe peregrinazioni tra uffici diversi solo per poter ricostruire con certezza la catena delle procedure e delle istituzioni competenti per la sua situazione. 4) Il Complemento di programmazione del programma INTERREG III A Italia Slovenia 2000-2006 prevede che la misura 3.1 “Qualificazione delle risorse umane, aggiornamento professionale e iniziative innovative sul mercato del lavoro” si articoli nelle seguenti quattro azioni: azione 3.1.1 “Cooperazione transfrontaliera nel campo dell’istruzione”; azione 3.1.2 “Orientamento scolastico e professionale transfrontaliero”; azione 3.1.3 “Formazione professionale transfrontaliera”; azione 3.1.4 “Cooperazione transfrontaliera nel mercato del lavoro”. Piero Vattovani Graziella Pellegrini Servizio per l’Istruzione e l’Orientamento Regione FVG ORIENTAMENTO 29 TRACCE E PROFILI DI DISOCCUPAZIONE COME CAMBIA IL MERCATO DEL LAVORO NEL FRIULI-VENEZIA GIULIA Gabriele Blasutig N ell’osservare la disoccupazione, non possiamo più utilizzare modelli esplicativi di portata generale o categorie analitiche troppo inclusive. Più che grandi “serbatoi” di disoccupazione che si impongono all’osservatore, dobbiamo ricercarne le tracce, più o meno profonde, e ricostruirne i profili, sempre piuttosto incerti e cangianti UNA LETTURA DELLA DISOCCUPAZIONE CENTRATA SULL’OFFERTA DI LAVORO Questo articolo si propone di analizzare l’evoluzione del Mercato del Lavoro (d’ora in avanti MdL) in Friuli-Venezia Giulia, con particolare riferimento alle tendenze inerenti il problema della disoccupazione. L’obiettivo è quello di andare al di là di una mera descrizione quantitativa, nell’attuale quadro congiunturale. La domanda di fondo a cui si cercherà di rispondere è pertanto la seguente: leggendo tra le pieghe dei dati statistici, si possono riconoscere segnali di cambiamenti di fondo attribuibili al fenomeno della disoccupazione in Friuli-Venezia Giulia? La risposta a tale domanda sarà positiva, ancorché le interpretazioni proposte andranno assunte più co- 30 me ipotesi, da vagliare con ulteriori approfondimenti di ricerca, che come conclusioni. Ci si propone dunque di fornire qualche ausilio conoscitivo e spunto di riflessione per l’elaborazione, soprattutto in chiave strategica, di politiche e programmi da parte dei soggetti che operano nella vasta ed articolata area formata dalle cosiddette “politiche attive del lavoro”1. Il taglio analitico qui proposto ed utilizzato si inserirà nel solco dell’approccio “orientato all’offerta”; ovvero i dati ed i fenomeni sottoposti ad esame, verranno letti ed interpretati prevalentemente alla luce di quanto accade sul versante dell’offerta di lavoro2. Ciò non solo perché l’interesse analitico e lo scopo operativo delle politiche del lavoro verte sui lavoratori ed in particolare su quelli che appaiono più vulnerabili nel MdL (dal punto di vista della difficoltà di trovare un lavoro e del rischio di perdere quello posseduto). Ma tale scelta discende soprattutto dal fatto che si sta facendo vieppiù spazio, sulla base di riflessioni teoriche e riscontri empirici, l’idea della centralità ed autonomia analitica dell’offerta di lavoro [Accornero-Carmignani 1986, Ballarino-Bernardi 1997, Donati 2002, La Rosa 2002, MingionePugliese 2002, Reyneri 2002]. Tale visione si contrappone ad una lettura di marca economicista che attribuisce priorità analitica alla domanda. In quest’ultimo caso, l’andamento del MdL dipenderebbe essenzialmente dall’evoluzione generale e settoriale dell’economia e, al suo interno, delle variabili tecniche ed organizzative che determinano l’evoluzione quali-quantitativa della struttura professionale. Secondo questa prospettiva l’offerta denoterebbe una forte ed incon- QUADERNI DI ORIENTAMENTO ■ 23 dizionata propensione ad adattarsi alla domanda. La logica d’azione dei lavoratori sarebbe infatti improntata da una razionalità economica in senso stretto: essi eleggerebbero il salario quale incontrastato parametro di scelta tra le diverse opportunità, ravvisabili dal confronto tra imprese, aree geografiche, settori economici, ambiti e livelli professionali. Dati tali assunti, il comportamento dell’offerta risulterebbe analiticamente trascurabile, visto che il MdL verrebbe sostanzialmente “spiegato” dall’andamento della domanda. La visione supply-side oriented, invece, questa volta di matrice sociologica, attribuisce all’offerta autonomia e centralità analitica, nel senso che vede il comportamento degli attori in rapporto al MdL come dettato da dimensioni, logiche, vincoli “sociali”, non riconducibili alle mere finalità e funzioni economiche. L’offerta viene dipinta come più rigida, più selettiva, meno malleabile rispetto alla concezione alternativa, poc’anzi illustrata. Il MdL, pertanto, non può essere compreso senza tematizzare l’offerta come dimensione capace di condizionarne l’andamento ed il funzionamento. Da questo punto di vista, contano i fattori strutturali connotanti l’offerta, quali i trend demografici, la stratificazione sociale, il livello e la distribuzione dell’istruzione e delle competenze professionali; ma contano anche fattori soggettivi e di natura simbolica, ovvero i sistemi di “senso” che i soggetti, anche in base alle identità ed ai valori sociali condivisi, attribuiscono al lavoro, determinando così il proprio sistema di motivazioni, atteggiamenti, orientamenti rispetto al lavoro stesso. L’attenzione analitica riservata al- Orientamento e società Neve a Rutte, 1940 ca. l’offerta costituisce pertanto un espediente conoscitivo necessario per comprendere lo stato attuale e le condizioni future del MdL3. Peraltro, va sottolineato che tale maggiore sensibilità analitica non si giustifica solo in chiave metodologica. Risultano infatti fondamentali i richiami che ci provengono dalla “realtà” sociale, in particolare in seguito a quei fenomeni che sono stati evidenziati dalla letteratura sulla post-modernità [Ungaro 2001]. In seguito al mutamento delle condizioni materiali e simboliche, la società contemporanea concede crescenti margini per la proliferazione dei significati del lavoro (e del non lavoro), definiti su base soggettiva o intersoggettiva [Donati 2002], prescindendo dalle definizioni “oggettivate” dalla e nella struttura sociale. La distinzione tra i due contrapposti tagli analitici è particolarmente rilevante in relazione alle interpretazioni che verranno proposte nel corso della trattazione. È vero infatti che la logica demand-side oriented ci predispone cognitivamente a pensare la disoccupazione in termini di grandi numeri e di categorie fortemente inclusive. Se si presuppone infatti che la struttura dell’offerta si adegua automaticamente e sistematicamente (seppur in via tendenziale e non istantanea) alla domanda, risulta analiticamente trascurabile la conoscenza approfondita di come la disoccupazio- ■23 QUADERNI DI ne si articoli, di quali logiche presiedano il comportamento dei disoccupati nella ricerca di soluzioni adeguate, di quali siano i fattori che determinano la loro condizione ed i problemi che la condizione medesima produce. L’approccio in parola fa pensare i disoccupati come una “massa” di soggetti disposti a cambiare continuamente le proprie posizioni di status, identità sociali, sistemi relazionali, ecc., in funzione delle opportunità occupazionali e reddituali generate dal MdL [Ambrosini 2000, 44-45]. Le linee di demarcazione e stratificazione sociale perdono dunque significato analitico, divengono, per così dire, “invisibili”. Per fare un esempio, tra i tanti possibili, si può fare riferimen- ORIENTAMENTO 31 TRACCE E PROFILI DI DISOCCUPAZIONE to alla categoria fortemente inclusiva dei “giovani” (oggettivamente discriminata nel MdL, come vedremo in un successivo paragrafo), trascurando fattori di ripartizione interni a tale categoria, quali possono essere le appartenenze e le identità sociali, oppure i livelli e gli indirizzi di studio, o ancora le specifiche fasce d’età. Da tali differenziazioni possono derivare diversi orientamenti e sistemi di aspettative rispetto al lavoro, diverse strategie di inserimento nel MdL, nonché diverse dotazioni di capitale intellettuale e di capitale sociale. In termini di politiche di contrasto alla disoccupazione, la medesima logica porta quindi a concentrare gli sforzi quasi esclusivamente sul- l’espansione della base occupazionale, ovvero sullo stimolo generalizzato dell’economia, trascurando tra l’altro i problemi di “allineamento” con le caratteristiche dell’offerta (per esempio rispetto alla natura dei posti di lavoro che vengono generati). Per quanto concerne le politiche del lavoro in senso stretto, queste assumono un ruolo residuale, di tipo “riparatorio”, rispetto all’eventuale “difettoso” funzionamento del MdL (come ad esempio introducendo sussidi di disoccupazione o rendendo obbligatoria l’assunzione di determinate categorie di lavoratori). Va peraltro sottolineato che non solo la logica “orientata alla domanda” induce a pensare la disoccupa- “Salici”, 1950 ca. 32 QUADERNI DI ORIENTAMENTO ■ 23 zione in termini di “masse critiche”, ma è anche vero il contrario. Cioè che una disoccupazione “di massa” implica e richiede, a sua volta, l’approccio analitico in parola. Infatti, è indubbio che, in presenza di dimensioni critiche o allarmanti del fenomeno (quali ad esempio quelle riscontrabili attualmente nell’Italia meridionale), risulti del tutto sterile un approccio “sottile” alla disoccupazione, senza una preventiva politica di allargamento della base occupazionale, da effettuarsi attraverso la somministrazione, in “dosi da cavallo”, di risorse a sostegno dello sviluppo [Reyneri 2002]. È indubbio pertanto, che la riduzione della disoccupazione su soglie accettabili o addirittura fisiologiche, costitui- Orientamento e società sca una condizione base per la possibilità di rendere consono e produttivo un approccio supply-side oriented nella lettura della disoccupazione. Tale approccio implica il fatto di riconoscere l’articolazione delle identità sociali dei disoccupati, nonché di attribuire ad esse una certa stabilità (ovvero una certa resistenza rispetto ai “richiami” della domanda e, più in generale, rispetto a scelte di mera convenienza economica indotte dal MdL). La sensibilità analitica verso l’offerta di lavoro, in primo luogo, consente di non abbassare la soglia di attenzione sociale verso la disoccupazione, anche in presenza di dimensioni contenute del fenomeno: tale atteggiamento ci permette, infatti, di ravvisare appieno la drammaticità della disoccupazione, che coinvolge non solo il singolo individuo disoccupato, ma anche il suo sistema, più o meno allargato, di appartenenze sociali. In secondo luogo, questo taglio analitico rende evidente che difficilmente, oltre una certa soglia, il funzionamento del MdL garantisce aggiustamenti e riequilibri automatici, ma vengono viceversa richiesti degli interventi esterni (attraverso le politiche attive del lavoro). In terzo luogo, l’approccio supply-side oriented limita il rischio, crescente quando la disoccupazione si riduce, che le politiche del lavoro “manchino il bersaglio”, perché continuano a “sparare sul mucchio” oppure perché non conoscono sufficientemente il “gruppo-bersaglio”. Quando i numeri della disoccupazione si riducono, paradossalmente, le politiche del lavoro risultano più difficili, richiedono maggiore impegno e sforzo cognitivo, sia sul piano progettuale, sia sul piano operativo. Si possono sul punto proporre innumerevoli esempi di situazioni, desumibili dalla realtà, in cui gli obiettivi delle politiche non vengono colti, perché queste risultano mal calibrate. Ne citiamo alcuni in ordine sparso: politiche di sviluppo occupazionale che generano posti di lavoro non in linea con le aspirazioni dell’offerta locale e che di fatto favoriscono, eventualmente, solo l’occupazione di lavoratori immigrati; iniziative per incentivare la mobilità dei lavoratori disoccupati del Sud che non trovano adesioni o che coinvolgono lavoratori del tutto inadeguati rispetto alle esigenze del tessuto produttivo destinato ad accoglierli; azioni di promozione dell’occupazione giovanile che favoriscono, di fatto, giovani che troverebbero ugualmente lavoro (per esempio perché diplomati presso istituti professionali o tecnici), sbarrando invece la strada ad altre categorie di offerta giovanile particolarmente svantaggiate (ad esempio giovani in possesso delle cosiddette lauree deboli); azioni in favore dei “disabili” che, di fatto, non articolando gli interventi in funzione delle diverse forme di disabilità, finiscono per sostenere gli atteggiamenti stereotipati e pregiudiziali delle imprese; istituzione di sistemi di incentivazione del lavoro femminile, inefficaci perché non accompagnati da contestuali interventi sul fronte delle politiche alla famiglia; svolgimento di programmi di lavoro socialmente utile, finalizzati alla riqualificazione dei disoccupati, quando questi concepiscono tali iniziative unicamente in termini risarcitori o di sostegno assistenziale; ■23 QUADERNI DI potenziamento dei servizi dedicati alle attività di diffusione delle informazioni sulle opportunità di lavoro, senza integrare le medesime attività con opportune e qualificate azioni di orientamento, per produrre il necessario grado di allineamento tra la aspettative dei disoccupati stessi e la struttura delle opportunità occupazionali; potenziamento degli strumenti di sostegno al reddito dei disoccupati senza sviluppare contestuali azioni di sostegno alla ricerca attiva del lavoro e finendo per favorire atteggiamenti passivi e rinunciatari dei disoccupati stessi4; corsi di formazione imprenditoriale frequentati da giovani disoccupati, estremamente deboli dal punto di vista della dotazione di risorse cognitive, motivazionali, esperienziali e relazionali, risorse irrinunciabili per il percorso imprenditoriale a cui le iniziative formative mirano. Passiamo ora a verificare qual è la situazione in Friuli-Venezia Giulia ed in che misura le precedenti osservazioni possano trovare applicazione in tale contesto. LE DIMENSIONI COMPLESSIVE DELLA DISOCCUPAZIONE IN FVG Lo stock di disoccupati registrati complessivamente e mediamente in Friuli-Venezia Giulia nel corso del 2002 è stato pari a circa 19.000 persone (Fonte: Istat)5. Tale valore corrisponde ad un tasso di disoccupazione del 3,7%6. Si tratta di un valore che può considerarsi in linea con le soglie di disoccupazione prodot- ORIENTAMENTO 33 TRACCE E PROFILI DI DISOCCUPAZIONE te fisiologicamente dal MdL (la cosiddetta disoccupazione “frizionale”) e, comunque, ben al di sotto dei livelli che possono essere ritenuti socialmente critici o, ancor peggio, allarmanti. Tale rilievo positivo trova molteplici conferme, a cominciare da quelle desumibili confrontando la situazione attuale con il passato. Storicamente, a partire dagli anni ’80, la disoccupazione regionale ha proceduto in maniera ondulatoria, seguendo l’andamento congiunturale dell’economia. I periodi di crisi più profonda si sono registrati verso la metà degli anni Ottanta e nel corso del primo quinquennio del decennio scorso. In particolare, i due picchi negativi sono stati toccati nel 1987 e nel 1994, quando il tasso di disoccupazione regionale aveva superato il 9%, con un numero di disoccupati superiore alle 45.000 unità. Il dato relativo al 2002 costituisce dunque il valore più basso dal 1980 in poi7. Nel passato ventennio, il MdL regionale ha fatto registrare performance paragonabili a quelle attuali soltanto nel 1991, quando il tasso di disoccupazione è sceso sotto il 6%. Ancor più esplicative risultano le dinamiche più recenti. In un solo quinquennio la percentuale di disoccupati, su scala regionale, si è quasi dimezzata (cfr. figura 1). Ciò si deve ad una forte ripresa dell’occupazione, avviatasi già a partire dal 1995, ulteriormente accelerata nell’ultimo triennio. In questo lasso di tempo il MdL regionale ha recuperato quasi 50.000 unità occupazionali, sfiorando la soglia dei 500.000 occupati. Per contro, l’offerta di lavoro è cresciuta secondo tassi di incremento meno pronunciati. Di qui la forte erosione del 34 bacino di disoccupati, che è passato dalle 37.000 unità del 1995 alle attuali 19.000. La positiva situazione occupazionale del Friuli-Venezia Giulia è confermata anche da un confronto con quanto avviene nel resto d’Italia. La regione si colloca al quinto posto nella graduatoria relativa ai più bassi tassi di disoccupazione, trovandosi sostanzialmente in linea con regioni quali Emilia Romagna (3,3%), Veneto (3,4%), Valle d’Aosta (3,6%), Lombardia (3,8%). Il solo Trentino Alto Adige si stacca, positivamente, da questo gruppo, con un tasso di disoccupazione che scende al 2,6%. Questi dati si inquadrano in una situazione generale dell’Italia che, come è noto, è contraddistinta da un forte dualismo. A fronte di tassi di disoccupazione bassi o contenuti, nelle regioni del Nord-Est (3,3%), del Nord-Ovest (4,4%) e del Centro (6,6%), nelle regioni meridionali ed insulari la percentuale di disoccupati raggiunge soglie di assoluto allarme sociale (18,3%)8. Peraltro, la positiva situazione della regione, trova una conferma anche allargando il quadro comparativo attraverso confronti internazionali. Da questo punto di vista, i bassi livelli di disoccupazione del Friuli-Venezia Giulia trovano riscontri analoghi in pochissimi altri casi in Europa [Gambuzza-Rasera 2003]. È difficile dire quanto la situazione appena descritta possa ritenersi stabile, ovvero in che misura i positivi risultati degli ultimi anni siano suscettibili di peggioramento in seguito al profilarsi di una nuova congiuntura negativa dell’economia. Sono peraltro riconoscibili segnali che inducono a pensare ad una possibile stabilizza- QUADERNI DI ORIENTAMENTO ■ 23 zione (o ulteriore riduzione) della disoccupazione. Infatti, dal punto di vista della domanda, gli anni recenti hanno dimostrato che le aree territoriali più dinamiche continuano a generare posti di lavoro in maniera proporzionalmente superiore alla crescita dell’economia [Gambuzza-Rasera, 2003]. Da alcuni, ciò è stato spiegato evidenziando l’efficacia delle riforme che hanno deregolamentato il MdL ed hanno incentivato l’occupazione, consentendo un uso più flessibile della manodopera. Altri hanno invece evidenziato la correlazione tra l’incremento di occupazione e la riduzione della produttività [ibidem], connessa anche allo sviluppo di settori ad alta intensità di lavoro, quali sono in genere quelli dei servizi a cui è imputabile larga parte dell’incremento occupazionale degli ultimi anni [Gallino 1998, 141-156, Zucchetti 2001, 114]. In questo caso si tratta di flussi occupazionali che possono essere ritenuti stabili, nella misura in cui per loro natura (il luogo di produzione coincide con il luogo di erogazione) non sono esportabili presso altri sistemi [Lafay 1998]. Ma l’ipotesi di stabilità della disoccupazione, può essere sostenuta anche e soprattutto in considerazione di quanto avviene sul fronte dell’offerta. Precisamente, lo squilibrio demografico della popolazione è di tali proporzioni9 che i bacini di offerta locale disponibile tendono a contrarsi. Viene quindi eliminato il fattore demografico di spinta verso l’alto dell’offerta, “vitale” fino alla metà degli anni Novanta, quando si è esaurita la carica propellente data dall’immissione nel MdL dei cosiddetti baby boomers. Orientamento e società EQUILIBRI INCERTI NELLA DISTRIBUZIONE TERRITORIALE DEL FENOMENO Passiamo ora ad analizzare i valori della disoccupazione regionale in relazione a come essa si distribuisce tra le principali categorie sociali. Utilizziamo i criteri di disaggregazione più generali, partendo dalle differenze riscontrabili nella distribuzione territoriale. I dati del 2002 evidenziano differenze di qualche significato (cfr. Fig. 1). In particolare, è la provincia di Pordenone a presentare i valori nettamente migliori. La percentuale di disoccupati in questo caso è pari all’1,9%, un valore eccezionalmente contenuto. In effetti, si tratta della provincia italiana (ex aequo con Bolzano) con il più basso tasso di disoccupazione nel 2002. Il differenziale rispetto alle restanti tre province regionali è significativo, anche se ciò non implica per queste ultime situazioni di particolare criticità: Udine si allinea sostanzialmente al valore medio regionale, Gorizia la supera solo di qualche decimo. Soltanto Trieste presenta un certo scostamento, registrando un valore di un punto e mezzo percentuale superiore alla media, ma non si tratta di un differenziale di particolare rilievo analitico. L’elemento che invece va rilevato e sottolineato riguarda il fatto che, fino a pochi anni fa, ricorreva insistentemente, nel dibattito regionale, la sottolineatura del differenziale tra le due province friulane, da un lato, e quelle isontina e giuliana, dall’altro. In effetti, anche nel recente passato, i dati occupazionali rendevano abbastanza evidente tale li- nea di demarcazione. Basti ricordare che la soglia del 10% di disoccupazione è stata superata nel corso del decennio scorso sia in provincia di Gorizia, nel 1995, sia in provincia di Trieste, nel 1997. Tuttavia è altrettanto evidente che le dinamiche recenti hanno determinato un sostanziale annullamento dell’assetto dualistico riconoscibile e più volte segnalato in passato. Se si osserva infatti i dati presentati nella Fig. 1, si ha modo di riscontrare che nell’ultimo quinquennio Trieste e Gorizia hanno abbattuto la percentuale di disoccupati più di quanto sia avvenuto in provincia di Udine. Trieste in particolare ha più che dimezzato la quota di persone in cerca di lavoro, avvicinandosi molto, Fig. 1: Tassi di disoccupazione, totali, maschili e femminili, per provincia, nel 1997 e nel 2002 Fonte: ns. elaborazioni su dati Istat ■23 QUADERNI DI ORIENTAMENTO 35 TRACCE E PROFILI DI DISOCCUPAZIONE da questo punto di vista, a Pordenone. Ciò assume ancor più rilievo se si considera che Trieste ha conseguito questo risultato grazie ad un incremento dei posti di lavoro decisamente elevato e nettamente superiore a quello delle altre province. Nei cinque anni considerati, il numero di posti di lavoro è cresciuto nella provincia giuliana quasi del 20%, mentre a Gorizia la crescita si è fermata all’8%, a Pordenone al 6%10 ed a Udine a poco più del 2%. L’analisi dei dati occupazionali in base alla disaggregazione territoriale consente quindi di affermare che una descrizione in chiave dualistica del MdL regionale non appare adeguata. Non è più ravvisabile, su base territoriale, una “massa critica” della disoccupazione regionale. E vi sono elementi per affermare che tale stato di cose perdurerà nel tempo. È chiaro che il futuro risulta difficile da prevedere, se si parla di andamento dell’economia, in particolare nell’attuale fase segnata da grande complessità ed incertezza [Anastasia-Corò 2003]. Peraltro, lo sviluppo di questi anni di Gorizia e Trieste è imperniato su settori (rispettivamente, la navalmeccanica ed i servizi) che indurrebbero ad escludere rapide inversioni di rotta. Tuttavia, al di là delle previsioni, comunque incerte, opinabili e suscettibili di contro-argomentazioni, la storia recente, in particolare la forte ed inattesa accelerazione dell’area giuliana, ci dimostra che i rapporti di forza ed i differenziali economici tra le diverse aree territoriali sono tutt’altro che strutturati e stabili, i trend economici ed occupazionali appaiono poco lineari, costanti e omogenei; i percorsi risultano viceversa fortemente differenziati, seguendo specifiche traiettorie, iscritte nella storia dei tanti si- 36 stemi locali di cui si compone il tessuto economico e sociale della regione [Ires 2001, cap. 6]. NUOVE MAPPE DELLA DISOCCUPAZIONE “DI GENERE” Il secondo usuale criterio di disaggregazione, col quale si suole rappresentare la disoccupazione, coincide con la distinzione di genere. Da questo punto di vista, sappiamo che il MdL italiano risulta cronicamente segnato da una forte selettività: la disoccupazione tende infatti a colpire le donne in proporzioni decisamente superiore a quello dei maschi. Tutte le regioni italiane, Friuli-Venezia Giulia compreso, partecipano a tale fenomeno. Tuttavia, anche da questo punto di vista, si registrano rapidi cambiamenti, che investono in particolare alcune aree italiane. Tornando alla Fig. 1, osserviamo infatti che le donne hanno beneficiato della generalizzata riduzione del tasso di disoccupazione, registrata negli ultimi anni, in maniera analoga o superiore ai maschi; in particolare, tale fenomeno è decisamente marcato per la provincia di Udine (che, è bene ricordarlo, rappresenta una quota superiore al 40% del MdL regionale). Inoltre, grazie a tale andamento, la disoccupazione femminile è rientrata entro soglie accettabili (tra il 6 ed il 7% a Udine, Gorizia e Trieste) o, addirittura, entro soglie frizionali (a Pordenone). Tale constatazione risulta significativa, soprattutto se si confronta la situazione attuale con quella del passato, anche recente, quando la disoccupazione delle QUADERNI DI ORIENTAMENTO ■ 23 donne aveva assunto dimensioni decisamente elevate, collocandosi stabilmente, ed anche in maniera consistente (a Gorizia e Trieste), al di sopra del 10%. La marcata riduzione della disoccupazione femminile delle donne si spiega soprattutto in seguito al forte incremento dell’occupazione attribuibile a tale categoria dell’offerta. I dati evidenziano che quasi tutta l’occupazione aggiuntiva prodotta in Friuli-Venezia Giulia nel corso degli anni Novanta è imputabile proprio alle donne (cfr. Fig. 2) le quali, nel frattempo, hanno notevolmente incrementato il proprio grado di partecipazione al MdL ed hanno così sostenuto in maniera decisiva lo sviluppo economico regionale dell’ultimo decennio. Ciò che preme qui sottolineare è che anche la disoccupazione femminile sta velocemente perdendo i connotati di un fenomeno generalizzato, per così dire “di massa”. Con la rapida riduzione dalla disoccupazione femminile, si assiste ad un effetto di “smagrimento” di tale “corpo sociale”; ciò consente vieppiù di rilevare, in maniera delineata, la specificità e l’articolazione delle “nervature” e delle “forme” sottostanti. Risulta quindi possibile un’analisi “fine” della disoccupazione di genere, ovvero la capacità di cogliere, riconoscere, distinguere i segmenti e le connotazioni sociali specifiche di cui si compone. Ad esempio pesa in modo molto significativo il posizionamento delle donne disoccupate all’interno del proprio ciclo di vita: le problematiche della giovane ragioniera che cerca di inserirsi nel MdL risultano del tutto difformi rispetto a quelle della donna adulta, con passate esperienze di lavoro impiegatizio, che cerca di reinserirsi nel MdL, do- Orientamento e società spiazzano imprese ad alta intensità di occupazione femminile (ad esempio l’elettronica o il tessile). Sappiamo che il lavoro industriale delle donne è stato tradizionalmente caratterizzato da forte parcellizzazione e specializzazione funzionale. In genere le donne espulse da settori industriali segnati da crisi strutturale, specialmente nel caso di imprese situate in aree territoriali periferiche, risultano di difficilissima riconversione e ricollocazione. Fig. 2: Andamento dell’occupazione totale, femminile e maschile dal 1993 al 2002 (numeri indice) Fonte: ns. elaborazioni su dati Istat po una prolungata uscita per impegni familiari. Le due situazioni sono a tal punto diverse, che tali due segmenti di offerta femminile sono addirittura in competizione tra loro, specie dopo che la legge Treu (la 196/97) ha esteso anche ai diplomati, e fino ai 24 anni, la possibilità di essere assunti con contratto di apprendistato (che sappiamo essere estremamente appetibile per le imprese). Tale legge ha attribuito un indubitabile vantaggio competitivo alle donne più giovani, rispetto a quelle adulte. Parimenti, i modelli di partecipazione al MdL mutano in maniera profonda e radicale in funzione dei livelli e titoli di studio posseduti. In particolare varia il grado di partecipazione (momenti ed intensità di entrata ed uscita dal MdL), nonché variano le strategie di partecipazione da cui dipendono gli obiettivi professionali assunti, il significato ed il valore attribuito al lavoro, le soluzioni adottate rispet- to ai conflitti di ruolo che pesano in maniera particolare sul sistema motivazionale delle donne [Reyneri 2002, cap. 4]. Ma pensiamo anche agli esiti, su segmenti ancora più circoscritti, di crisi industriali che LA VULNERABILITÀ DEI PIÙ GIOVANI, TRA VECCHIE E NUOVE FORME DI DISOCCUPAZIONE Infine esaminiamo come si distribuisce la disoccupazione in rapporto all’età. Anche da questo punto di vista, l’Italia si distingue nel panorama dei paesi a più alto indice di Fig. 3: Tassi di disoccupazione per classi d’età e per genere nel 2002 Fonte: ns. elaborazioni su dati Istat ■23 QUADERNI DI ORIENTAMENTO 37 TRACCE E PROFILI DI DISOCCUPAZIONE “Braida matta”, 1960 ca. sviluppo. Il paese rispecchia infatti in maniera quasi tipica un modello in cui i più giovani si trovano in condizione di netto svantaggio competitivo rispetto ai lavoratori adulti nel MdL11. Tale assetto risulta rispecchiato anche in Friuli-Venezia Giulia. Osservando la Fig. 3, abbiamo infatti modo di riscontrare chiaramente come la disoccupazione sia mal distribuita in rapporto all’età. Da questo punto di vista spicca il dato estremamente contenuto relativo alla classe dei maschi adulti che costituiscono un segmento della disoccupazione regionale assolutamente residuale. Tra gli adulti l’unico bacino disoccupazionale di qualche rilievo è costituito dalle donne. Tale bacino comprende an- 38 che uno specifico segmento, da tempo ormai oggetto di analisi, rappresentato dalle donne che rientrano nel MdL, dopo averlo temporaneamente abbandonato per dedicarsi alla famiglia. Peraltro i dati dimostrano in maniera piuttosto evidente che la principale area di criticità, per lo meno da un punto di vista quantitativo, è rappresentata dalle fasce d’età più giovani. Per queste ultime i tassi di disoccupazione superano di gran lunga la media regionale e si collocano su soglie che possono essere definite critiche12, in particolare per quanto riguarda la componente femminile. Evidentemente, quindi, la discriminazione che il MdL regionale produce in rapporto all’età della popo- QUADERNI DI ORIENTAMENTO ■ 23 lazione assume una fisionomia strutturale e quindi connotata da una certa continuità e stabilità. Tuttavia non vanno sottaciuti e sottovalutati gli elementi di cambiamento ed innovazione che si stanno registrando anche sotto questo profilo. Anzitutto anche i giovani stanno beneficiando delle accresciute opportunità lavorative offerte dal MdL. Pure per tale categoria, è diminuito in questo anni, di diversi punti percentuali, il tasso di disoccupazione. Tale fenomeno ha in particolare coinvolto la fascia dei giovani disoccupati in cerca di prima occupazione (statisticamente definiti come inoccupati). Peraltro, più che di una effettiva diminuzione dei giovani in cerca di prima occupazio- Orientamento e società ne, sarebbe più corretto parlare di una loro “riconversione”. È vero infatti che la crescente fluidità e deregolamentazione del MdL, legata a cambiamenti economici ed istituzionali, ha reso disponibile un crescente numero di cosiddetti “lavoretti”, ovvero esperienze lavorative non iscrivibili, nemmeno ex post, entro percorsi professionali, e dettati unicamente da esigenze reddituali minime dei giovani lavoratori. Molti pertanto, avendo alle spalle questo tipo di esperienze di lavoro (volantinaggio, somministrazione di interviste, babysitteraggio, ecc.) non si trovano formalmente alla ricerca di una prima occupazione, ma è come se lo fossero13. Più interessante, rispetto alla ormai obsoleta distinzione tra inoccupati e disoccupati, risulta la differenziazione tra i diversi profili sociali della disoccupazione giovanile. La crescente complessità della società fa infatti emergere distinzioni rilevanti. Non sembrano infatti facilmente assimilabili figure come il drop-out che paga in termini di deficit di competenze l’anticipata uscita dalla scuola, la ventenne ragioniera spiazzata da una saturazione dell’offerta nelle professioni impiegatizie di sua pertinenza, il/la venticinquenne-trentenne laureato/a in discipline umanistiche, spiazzato da un MdL che richiede soprattutto profili tecnici. Molto interessante risulta anche l’emergere di una nuova categoria che le statistiche tendono a “nascondere”, ma che, per la sua rilevanza quantitativa e qualitativa, gode sempre più di uno statuto analitico proprio. Si fa qui riferimento ai tanti giovani che imboccano la lunga, incerta, zizzagante strada dei lavori precari (statisticamente tali lavoratori vengono classificati tra gli occupati, ma di fatto, per molti aspetti, Estate, 1955 sono assimilabili ai disoccupati). Si tratta di una pletora di situazioni occupazionali di varia natura, accomunate dal fatto di essere inquadrate in rapporti di lavoro fortemente instabili e asfittici dal punto di vista temporale, non soltanto perché regolati da forme contrattuali flessibili, ovvero a tempo determinato e molto frequentemente fuori dal raggio di copertura del diritto del lavoro (prestazioni d’opera occasionale, collaborazioni coordinate e continuativa, partite Iva con monocommittenza, ecc.); ma l’instabilità è data, ed esacerbata, anche dalla stessa situazione di mercato, assolutamente incerta, in cui versano le organizzazioni che generano tali opportunità di lavoro. Quest’area sociale è ■23 QUADERNI DI oggetto di crescente attenzione da parte degli analisti. Essa produce nuove forme, quasi “clandestine”, di marginalità, vulnerabilità o esclusione sociale [Borghi 2002, Fullin 2002, Gallino 2001], come pure una chiara difficoltà di allineamento tra i sistemi di senso che governano la vita sociale extra-lavorativa e quelli che invece si impongono dentro il MdL [Sennet 2001]. Più in generale viene a determinarsi quella che Reyneri [2002, 336-340] descrive come una lunga transizione verso il lavoro stabile che coincide anche con una lunga transizione verso l’età adulta, i cui effetti sociali, nel medio lungo periodo, possono essere dirompenti14. Peraltro non va trascurato il fatto che, anche all’interno di ta- ORIENTAMENTO 39 TRACCE E PROFILI DI DISOCCUPAZIONE le raggruppamento, sono riconoscibili chiare distinzioni. In prima approssimazione ed in forma molto schematica, si riconosce una chiara suddivisione tra una “via alta” ed una “via bassa” della precarietà (ad esempio, gli “analisti simbolici” operanti nelle società di consulenza, da un lato, gli operatori di telemarketing, dall’altro). I giovani precari si differenziano, e andrebbero dunque analiticamente distinti, per livello di competenze che possono mettere in campo, per ricchezza del “capitale sociale” disponibile, per stato di salute e grado di stabilità dei settori economici nei quali si inseriscono. Anche in questo caso, quindi, si evidenzia l’opportunità di non utilizzare categorie troppo inclusive [Bertolini 2002]. RICONOSCERE LA COMPLESSITÀ DEL FENOMENO: NUOVE SFIDE PER LE POLITICHE ATTIVE DEL LAVORO Le precedenti analisi hanno consentito di riconoscere alcuni segnali di significative trasformazioni che il fenomeno della disoccupazione sta subendo in Friuli Venezia Giulia. Tali trasformazioni si producono parallelamente e correlativamente alla diminuzione generalizzata delle quote di disoccupazione. Si è in particolare sostenuto che, nell’osservare la disoccupazione, non possiamo più utilizzare modelli esplicativi di portata generale o categorie analitiche troppo inclusive. Più che grandi “serbatoi” di disoccupazione che si impongono all’osservatore, dobbiamo ricercarne le tracce, 40 più o meno profonde, e ricostruirne i profili, sempre piuttosto incerti e cangianti. La disoccupazione appare vieppiù come un fenomeno poco strutturato (in consonanza con quanto avviene in maniera sempre più evidente nell’economia e nella società). Un fenomeno che appare e scompare, localizzato e mobile nello spazio territoriale e nella geografia sociale, manifestantesi a volte con forza dirompente e notevole impatto sociale, a volte in maniera più larvata e silente (ma con esiti sociali ugualmente rilevanti). Ciò accade anche perché le categorie sociali colpite dalla disoccupazione sono sempre più segmentate. Ogni segmento è caratterizzato da uno specifico “sistema” di problemi che colpiscono le persone interessate, di fattori e cause a cui si può addebitare la situazione problematica, di opportunità che possono essere attivate o colte per avviare delle possibili soluzioni. Volendo riportare un ulteriore esempio, ad integrazione di quelli già forniti, possiamo trarre spunto da un importante progetto, attualmente in fase di realizzazione in provincia di Trieste, a favore della categoria dei disoccupati adulti, con più di 45 anni15. Non entriamo qui nel merito rispetto alle questioni generali relative a tale area sociale di disoccupazione (dimensioni quantitative, confronti nazionali ed internazionali, modelli teorici sulla natura e le cause del fenomeno, ecc.). Ciò che preme invece sottolineare, nell’economia del discorso qui sviluppato, è che anche una categoria come quella degli Over 45, che appare di primo acchito selettiva e specifica, ovvero omogenea, in realtà contiene una pluralità di segmenti, per nulla assimilabili l’uno all’altro. Anche una schematizzazione piuttosto QUADERNI DI ORIENTAMENTO ■ 23 grossolana consente di individuare alcuni di questi profili: soggetti espulsi da imprese industriali in crisi e con competenze professionali variabilmente spendibili (ed il grado di spendibilità e “rigidità” di tali competenze determina ulteriori subarticolazioni); donne che rientrano nel MdL dopo essersi dedicate alla famiglia ed ai figli (ulteriormente suddivisibili tra quelle con alto o basso livello di qualificazione); donne che si (ri)presentano nel MdL e che si trovano in condizione di grave stato di necessità, non disponendo di supporti reddituali di tipo familiare (perché separate o vedove) e dovendosi oltretutto assumere l’onere di figli a carico; soggetti per i quali la situazione di disoccupazione si è cronicizzata, inibendo ormai un atteggiamento di ricerca attiva del lavoro, anche in seguito ad una reiterata dipendenza dai servizi e dalle provvidenze assistenziali erogate in varia forma dallo stato; soggetti formalmente disoccupati (iscritti alle liste di disoccupazione), ma che in realtà lavorano (più o meno stabilmente) e maturano redditi (più o meno significativi) nell’ambito dell’economia informale; soggetti in condizioni di disagio o marginalità sociale, eventualmente legate a situazioni di devianza; soggetti portatori di disabilità fisica o psichica (ulteriormente distinguibili in base al tipo di disabilità posseduta). Fatta la mappatura dei profili di cui si compone la categoria in parola, individuate le opportunità che il territorio specifico offre (anche in prospettiva), gli interventi in favore di tali soggetti vanno dunque articolati e calibrati in funzione delle caratteristiche di ogni singolo segmento. Potranno essere dunque variabilmente modulate misure di supporto informativo, orientamento, suppor- Orientamento e società Estate, 1938 to psicologico, affiancamento nella ricerca del lavoro, sussidi a copertura del reddito, formazione professionale, interventi diretti sul background familiare sociale, stage aziendali, incentivi alle imprese per l’assunzione dello specifico segmento, consulenze e garanzie fornite alle imprese stesse. Riconoscere che la disoccupazione costituisce un fenomeno complesso, nei termini precedentemente descritti, determina, dunque, ricadute profonde sulle politiche del lavoro. Sono in particolare le politiche generaliste e standardizzate, invalse in passato, a risultare oggi inadeguate. La recente letteratura indica alcuni criteri guida che dovrebbero ispirare le politiche di settore, visti i cambia- menti in atto [Ambrosini 2000, Zucchetti 2001]. Sintetizzando le diverse proposte, i criteri portanti risultano i seguenti: a) l’orientamento promozionale delle politiche, ovvero non più politiche che obbligano o garantiscono i soggetti (lavoratori e imprese), ma che, viceversa, puntano a promuovere una loro “attivazione” lungo le direttrici comportamentali auspicate; b) la selettività delle politiche, ovvero il fatto che tali politiche debbano essere articolate (in sede progettuale ed attuativa) in funzione dei diversi segmenti sociali a cui si rivolgono e dei differenti contesti socioeconomici su cui insistono; c) integrazione delle politiche, ovvero la necessità di un utilizzo organico, e in un’ottica sistemica, delle diverse mi- ■23 QUADERNI DI sure di cui si compongono le politiche del lavoro (attive e passive), di un loro sviluppo integrato con le più ampie politiche sociali, nonché di un’integrazione di tipo istituzionale tra soggetti ed istituzioni che hanno competenze in materia. In base a tali indicazioni, sistemi come i servizi per l’impiego, la formazione professionale, l’orientamento dovrebbero procedere ad ampie falcate lungo il percorso, invero già avviato, che supera una concezione standardizzata ed indifferenziata del servizio, e produce, attraverso la modularizzazione organizzativa ed operativa, la capacità di calibrare, mirare, orientare flessibilmente e rapidamente i propri strumenti progettuali ed ORIENTAMENTO 41 TRACCE E PROFILI DI DISOCCUPAZIONE Inverno sul Carso, 1949 operativi. Come si è già avuto modo di asserire nel primo paragrafo, la situazione attuale, proprio perché i numeri della disoccupazione sono diminuiti, rende le politiche del lavoro più difficili, nella loro concezione ed attuazione; richiede quindi maggiore riflessione, attenzione, competenza, capacità rispetto al passato. Nel caso del Friuli-Venezia Giulia, risulta pertanto decisiva l’accelerazione della riforma sui servizi per l’impiego, in seguito al recente conferimento alle Province, da parte della Regione, delle competenze in materia, anche e soprattutto in un’ottica di una crescente integrazione tra i soggetti che operano nelle politiche attive del lavoro. Da più parti si ravvisa, infatti, 42 una situazione di empasse, proprio in un momento in cui il sistema necessiterebbe di un processo di forte e rapido cambiamento, che non riguardi soltanto la forma istituzionale, ma incida sulla natura sostanziale dei servizi erogati. NOTE 1) Ricordiamo che la principale linea di demarcazione tra le diverse politiche del lavoro coincide con la distinzione tra le politiche passive e le politiche attive. La differenza tra le due “famiglie” è rappresentata QUADERNI DI ORIENTAMENTO ■ 23 dal fatto che le prime intervengono solo ex post, in chiave “riparatoria” nei confronti degli eventuali “difetti” di funzionamento del MdL, in particolare sostenendo il reddito dei lavoratori disoccupati (indennità di disoccupazione, mobilità, cassa integrazione, prepensionamenti, ecc.). Le politiche attive intervengono invece anticipatamente, influenzando, con una strumentazione varia ed articolata, i meccanismi di incontro tra domanda ed offerta (ad esempio: incentivi per l’assunzione di particolari categorie di lavoratori, servizi per l’impiego, formazione professionale, servizi di orientamento, ecc.) [Reyneri 2002, 420-1]. 2) Ricordiamo che per “offerta di la- Orientamento e società voro” si intende, in senso stretto, la somma dei lavoratori occupati (in forma dipendente o indipendente) e di quelli in cerca di occupazione. Peraltro, un’analisi generale del mercato del lavoro non può evitare di assumere anche una definizione allargata dell’offerta, che comprende la parte non attiva della popolazione in età lavorativa, tenuto conto dei continui e consistenti flussi intercorrenti tra le condizioni di attività ed inattività [Reyneri 2002, 4347]. 3) Altrove ho cercato di dimostrare che tale attenzione e sensibilità analitica dovrebbe caratterizzare sempre di più lo stesso mondo delle imprese. La loro sensibilità rispetto alle dimensioni e logiche sociali del- l’offerta e la capacità di fornire risposte strategiche di retroazione sul MdL costituiscono un fattore di competitività vieppiù rilevante [Blasutig 2002]. 4) Si fa qui implicito riferimento al problema della “attivazione” dei beneficiari dei servizi per l’impiego sollevato da Ambrosini [2000]. Sull’impatto delle politiche di welfare rivolte ai disoccupati, si veda in particolare Gallie-Paugam [2000]. 5) Tutti i dati presentati utilizzano come fonte le medie annuali delle rilevazioni trimestrali sulla forze lavoro dell’Istat. 6) Rammentiamo che il tasso di disoccupazione si ricava calcolando la quota percentuale di persone che cercano attivamente lavoro, in rap- porto alla forza lavoro, ovvero alla parte di popolazione in età lavorativa attiva nel MdL (da questa quota sono ad esempio esclusi studenti, casalinghe, pensionati, ecc). 7) Bisogna peraltro sottolineare il fatto che i dati disponibili per l’effettuazione delle serie storiche dal 1993 in poi non sono omogenei rispetto a quelli riguardanti gli anni precedenti, in quanto sono nel frattempo mutati i parametri per la definizione delle categorie statistiche. Tra l’altro è stata assunta una definizione più restrittiva della categoria dei disoccupati. Standardizzando indicativamente i dati attuali con quelli del passato, il tasso di disoccupazione assumerebbe un valore di poco superiore al 5%. Sera sul Cormor, 1955 ■23 QUADERNI DI ORIENTAMENTO 43 TRACCE E PROFILI DI DISOCCUPAZIONE Pastorale, 1952 8) Il differenziale tra il Nord ed il Sud del paese è tale da indurre sconcerto e da inficiare ogni tentativo di analisi del MdL italiano, attraverso ricostruzioni di quadri analitici generali [Blasutig 2003]. 9) Il recente rapporto della Fondazione Nord Est ha evidenziato al proposito un dato su cui si è molto concentrato il dibattito successivo alla presentazione del rapporto stesso. Ovvero, ha mostrato che nei prossimi vent’anni, le variabili demografiche endogene (cioè al netto dei flussi migratori) porterebbero le regioni del Nord Est ad una diminuzione della popolazione di età centrale (quella compresa tra i 20 ed i 50 anni) vicina al 30% [CastiglioniDalla Zuanna 2003]. 44 10) Potrebbe sorprendere il fatto che in provincia di Trieste la percentuale di disoccupati sia diminuita meno che a Pordenone, a fronte di una crescita occupazionale decisamente superiore. L’apparente contraddizione si può facilmente spiegare. Infatti, il tasso di disoccupazione è influenzato non solo dall’andamento degli occupati, ma anche dall’andamento della forza lavoro (influenzato dalla continua entrata ed uscita di persone nella e dalla condizione di attività o partecipazione al MdL). Anche se Trieste ha assicurato una crescita dei posti di lavoro decisamente superiore a quella di Pordenone, ciò ha determinato un abbattimento inferiore del tasso di disoccupazione, in QUADERNI DI ORIENTAMENTO ■ 23 quanto nel frattempo nella provincia giuliana si sono presentate nel MdL forze di lavoro aggiuntive in percentuale superiore rispetto a Pordenone. Per un approfondimento su tali argomenti si veda Reyneri [2002, cap. 3]. 11) Per una approfondita analisi sui modelli di disoccupazione in rapporto all’età si veda Reyneri [2002, 141-148]. 12) Anche se lontane da livelli di autentico allarme sociale che caratterizzano molte altre regioni italiane. Si pensi che nel 2002, il tasso di disoccupazione medio dei giovani compresi tra i 15 ed i 25 anni era del 27,2%, con punte vicine al 60% in regioni del Sud come la Calabria e la Campania, e valori superiori o vicini al 20% in regioni del CentroNord come la Liguria e la Toscana. Non molto inferiori sono le percentuali di disoccupazione dei giovani di età compresa tra i 25 ed i 29 anni. La media nazionale è in questo caso del 20,1%. 13) Tra l’altro le ricerche dimostrano che questo è anche il vissuto soggettivo di tali giovani lavoratori, che stentano ad etichettare tali esperienze come “vere” esperienze di lavoro [Reyneri 2002, 218]. 14) Su questo punto Reyneri è molto esplicito: «È certo, in ogni caso che l’incertezza del lavoro e del reddito costringe i giovani a un continuo rinvio delle decisioni cruciali per la vita, dallo sposarsi ad avere figli, e rischia di distruggere la loro capacità di fare progetti per il futuro, confinandoli nel limbo di un’infinita adolescenza. Anche se non sarà un intrappolamento definitivo in occupazioni precarie, lo slittamento dell’ingresso nella vita adulta, se si prolunga troppo, può mettere in crisi l’equilibrio tra le generazioni. I giovani di oggi saranno in Orientamento e società grado in futuro di svolgere quella funzione di sostegno e garanzia verso i propri figli che ora svolgono i loro genitori? E si pensi anche agli aspetti previdenziali: quale pensione avranno i giovani di oggi quando si ritireranno dal lavoro, pur in età più avanzata rispetto a quella attuale, ma avendo versato discontinui e bassi contributi sociali?» [Reyneri 2002, 340]. 15) Si tratta di un’iniziativa finanziata con fondi europei, gestita dall’Enaip Friuli-Venezia Giulia, in partenariato con un pool di soggetti, tra cui enti strumentali, associazioni di categoria e sindacati. BIBLIOGRAFIA Accornero A., Carmignani, F. (1986), I paradossi della disoccupazione, Il Mulino, Bologna. Ambrosini M. (2000), “Frammenti di risposta. Verso nuove politiche sociali ed occupazionali”¸ Sociologia del lavoro, n. 77, pp. 43-70. Anastasia B., Corò G. 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Gabriele Blasutig Sociologo dei processi economici e del lavoro Università degli Studi di Trieste Dipartimento di Scienze dell’Uomo ORIENTAMENTO 45 Spazio aperto I “RAGAZZI DELLA PANCHINA” UN PROGETTO PER INTEGRARE IL GRUPPO ALLA CITTA’ Pordenone, nord est d’Italia: piccola città, ricca, con un reddito pro capite medio alto, città con importanti insediamenti industriali e in cui vi è pressoché piena occupazione. Città, anche, in cui il rapporto percentuale tossicodipendenti/popolazione era, nel corso degli anni ottanta, tra i più alti d’Italia. Per comprendere il fenomeno “Ragazzi della Panchina” è forse utile partire proprio da qui: da una città che presenta in quegli anni una forte contraddizione, in termini di qualità della vita, tra la maggioranza della sua popolazione e una minoranza significativa della sua giovane generazione. Il problema, trascurato in quel periodo, mostrerà il suo volto più drammatico a dieci anni di distanza, quando la sieropositività porterà a termine il suo percorso allora inevitabile. Per una realtà come Pordenone sarà un brusco risveglio, quello della metà degli anni novanta, anche in considerazione del fatto che, in rapporto alla popolazione, le morti si portano via, in quei dieci anni, molti giovani. Un brusco risveglio, dunque. Un risveglio causato da alcune morti 46 La Poe, 1938 drammatiche che scuotono una comunità tranquilla come quella pordenonese: in una casa abbandonata muore un ragazzo bruciato dal fuoco che aveva acceso per salvaguardarsi dai topi; a poca distanza di tempo muore di overdose un altro ragazzo in un bagno dell’ospedale civile: viene ritrovato sei, dico sei, giorni dopo. Improvvisamente qualcosa scuote la città: il caso finisce sui giornali e, contemporaneamente, i ragazzi della “piazza” iniziano a guardarsi in faccia. C’è la paura, paura di morire. E c’è un primo, rabbioso, grido silenzioso. I ragazzi si trovano presso una panchina all’uscita dell’ ospedale civile. Il luogo di ritrovo non è nascosto ai più, anzi: c’è un continuo viavai di persone che vedono e passano oltre, incuranti all’apparenza di ciò QUADERNI DI ORIENTAMENTO ■ 23 che succede. La panchina è un “monstrum”, un’esibizione di quel grido silenzioso che la città ancora non ha raccolto. Il grido si spegne nella frattura che c’è tra i due gruppi sociali, che mal si sopportano vicendevolmente. Ma le morti, quelle morti, rendono palese un malessere sommerso che per svariati motivi si era lasciato andare alla deriva. Le strutture di competenza, Servizio Tossicodipendenza e Servizi Sociali, si trovano impreparate a gestire un’esplosione di aggressività così improvvisa; per contro i ragazzi si sentono frustrati, hanno appreso nel corso degli anni ad essere impotenti e non sanno come uscire da questa situazione. Lo fanno in maniera rivendicativa, cercando i colpevoli di quella situazione; lo fanno in maniera disperata, perché il tempo Spazio aperto stringe. Si forma un gruppo in nuce, persone che vivono il problema HIV sulla loro pelle. Si trovano per provare a dirsi cosa stia accadendo. Chiedono aiuto a un medico del SerT perché possa nascere qualcosa che dia loro una mano. Intanto purtroppo le morti continuano e i mezzi d’informazione tengono alta l’attenzione sul problema. Il medico cerca uno strumento che possa scuotere tutte e due le realtà, sia quella della tossicodipendenza, sia il quotidiano della comunità di Pordenone; per lui l’emergenza è sociale, non riguarda solo la parte legata all’uso di sostanze. Pensa alla poesia e contatta uno dei massimi poeti viventi, Andrea Zanzotto, per un incontro aperto a tutti sul tema “L’uomo di fronte ai fatti estremi”. Chiede ai ragazzi un confronto su questo te- ma con il poeta. Riesce in questo modo a stabilire un contatto diverso, a dare uno stimolo. Il pericolo è che, distoltasi l’attenzione dal fatto di cronaca, tutto muoia. Bisogna far sì che il gruppo intraprenda una strada a lunga percorrenza, che creda a una modalità diversa di vita che non sia la oppressiva ruota quotidiana imperniata sull’uso di sostanze. Coinvolge due assistenti sociali del Servizio per cercare di elaborare i messaggi che provengono dai ragazzi; i ragazzi a loro volta si coagulano intorno a un leader che all’interno della “piazza” ricopriva già questo ruolo. Le riunioni settimanali al SerT si susseguono ed emergono temi di grande sofferenza. I ragazzi vogliono parlare dell’eutanasia: la morte occupa il loro quotidiano in maniera pressante. Riescono tuttavia in gruppo a stemperare quell’angoscia che altrimenti non saprebbero come canalizzare in modo non lesivo. Iniziano a crearsi relazioni diverse tra le stesse persone che frequentano la piazza. Contemporaneamente attraverso iniziative di respiro più ampio (un libro che raccoglie gli scritti dei ragazzi, un film documentario che ne fotografa la realtà) il gruppo esce allo scoperto e incontra la città. Le reazioni sono contrastanti ma ci sono: la risposta della città funge a sua volta da stimolo per il proseguimento dell’esperienza: l’apprezzamento da parte della società ha incrinato la convinzione di impotenza. Nel frattempo il gruppo viene fortemente segnato dalla morte del leader iniziale, figura carismatica che La Maina di Sauris, 1948 ca. ■23 QUADERNI DI ORIENTAMENTO 47 Spazio aperto aveva coagulato intorno a sé molti ragazzi. Si cercano nelle parole dei ragazzi i loro obbiettivi; la richiesta più pressante riguarda un posto in cui poter stare, una sede propria in cui incontrarsi in maniera diversa rispetto alla panchina. La richiesta più drammatica è di poter “morire con dignità”, ovvero che il resto della città riconosca ad ognuno dei ragazzi uno sforzo per recuperare la frattura che fino a quel momento ha tenuto le due parti lontane. La sensazione è che il gruppo dei tossicodipendenti voglia lasciare un segno, voglia ripristinare un ponte interrotto. Per farlo è necessario tuttavia superare la diffidenza di chi sta dall’altra parte, diffidenza acuita da una ritualità che allontana il resto della popolazione, per la quale non è condivisibile nemmeno il so- stare come alienati su una panchina. Si aprono dibattiti in città: “Ma cosa vogliono questi ragazzi della panchina?” “Pretendono d’insegnare qualcosa a chi?” Anche la città è spiazzata e non sa come instaurare un dialogo. “Vogliamo un posto per noi, che non sia un ghetto. Lo vogliamo in centro città.” I ragazzi continuano a riunirsi in una stanza del SerT. C’è un nuovo leader, ci sono persone che lentamente iniziano a cambiare il loro stile di vita in virtù anche di migliori relazioni e di un’appartenenza diversa rispetto alla “piazza”. Si cercano strategie per ottenere gli obiettivi che il gruppo si propone. Lentamente il gruppo riesce a capire che un atteggiamento rivendicativo non paga; si devono usare altre armi: mediare, proporre, pazientare, convin- Bauneri, 1939 48 QUADERNI DI ORIENTAMENTO ■ 23 ti che la strada per il riconoscimento e il riscatto è lunga. Ai ragazzi del gruppo non interessa dimostrare a se stessi il proprio valore; interessa dimostrarlo ad una società che li ha rifiutati. Aiuta la risonanza data al progetto, l’invito alla Seconda Conferenza Nazionale sulle Tossicodipendenze a Napoli; aiutano le numerose attestazioni di stima e interesse da svariate zone d’Italia; aiutano le modalità che il gruppo ha di proporsi anche attraverso la sua immagine pubblica. Viene messo in discussione lo stereotipo del tossicodipendente. Le opinioni si diversificano. Fuoco di paglia? O piuttosto gruppo di auto-aiuto con un suo pensiero, una sua idea, una sua tenuta alla frustrazione causata da un obbiettivo, la sede, che tarda ad arrivare ma è sempre motivo di Spazio aperto coinvolgimento nei discorsi dei ragazzi e nel loro impegno? Anche la città, le sue istituzioni, iniziano a riconoscere nel gruppo un interlocutore. I ragazzi possono dire la loro, finisce quella povertà che è di chi non ha voce su niente. La tenacia, la tenuta, pagata da alcuni un prezzo altissimo, alla lunga si rivela vincente. Si arriva addirittura ad indire un consiglio comunale per stabilire o meno il patrocinio del Comune all’apertura della sede. All’approvazione seguono fiaccolate e petizioni di protesta di cittadini del quartiere in cui sorgerà la sede dei ragazzi. Tutto questo a significare quanto la città comunque si sia mobilitata intorno a questo gruppo, quanto questo gruppo abbia permesso di far discutere i cittadini su un problema come quello della tossicodipendenza che spesso è esclusivamente materia di cronaca nera, ricondotto all’overdose o allo spaccio malavitoso, raramente avvicinato dal punto di vista umano da chi non è direttamente coinvolto. Anche il comportamento dei cittadini pordenonesi regala uno spaccato delle reazioni che permettono od ostacolano comunemente la possibilità di integrarsi da parte di un soggetto, siano i tossicodipendenti o qualsiasi altra minoranza. Il rimandare uno stereotipo rinforza il comportamento deviante, creando una devianza secondaria come reazione. La categoria “tossicodipendente”, riconosciuta tale dalla società, per reazione spinge il tossicodipendente a riorganizzare il sé intorno a tale categoria, per darsi un’identità, che finisce con coincidere con il comportamento stigmatizzato. L’assunzione di un’identità deviante secondaria, rende difficile qualsiasi progetto di recupero, in quanto la persona si vede impotente, di un’impotenza appresa che blocca qualsiasi tipo di cambiamento: la devianza sarebbe un tentativo di adattamento al fallimento. Si crea Paesaggio, 1938 così una subcultura deviante che mantiene un’identità di gruppo: la società nell’allontanare tale gruppo a tutti gli effetti lo consolida. A Pordenone invece ha prevalso la scelta di chi ha cercato di comprendere, di valorizzare, senza allontanare, la diversa storia che ognuno ha, ritenendola una ricchezza. Ha prevalso anche la capacità di chi non era in sintonia con le proposte del gruppo di dare comunque una possibilità, in quanto gruppo credibile. Il gruppo e di conseguenza ogni individuo che ne è parte, è stato capace di resistere all’alternanza di successi e frustrazioni, ricavando da questa resistenza modalità di pensiero più stabili, imparando a dilazionare la gratificazione e a pianificare le proprie aspettative in un percorso di tipo progettuale. ■23 QUADERNI DI Ma cos’è questo gruppo e cos’è per lui questa sede? E’ un gruppo di autoaiuto che si avvale attualmente della collaborazione di due operatori, il medico ideatore e responsabile del progetto e un educatore. Ha già cinque anni di vita, nel corso dei quali ha avuto variazioni sostanziali dei membri pur mantenendo una sua coerenza di percorso. Inizialmente il fattore aggregante sono state la tossicodipendenza e la sieropositività, che accomunavano la maggior parte dei suoi elementi. Ora alcuni sono usciti dalla tossicodipendenza, altri hanno avuto un sensibile miglioramento dal punto di vista clinico; altri purtroppo sono morti. Il suo obbiettivo è promuovere, attraverso iniziative di diverso respiro, ORIENTAMENTO 49 Spazio aperto Riflessi, 1958 ca. un’idea più articolata del mondo della tossicodipendenza e contribuire attivamente al miglioramento delle condizioni di vita non solo di chi vive quotidianamente questo problema, ma anche di chi gli sta intorno, in un’idea di integrazione gruppo-società. Si punta al recupero del valore dell’identità del tossicodipendente, agendo prima sulla devianza, poi sulla tossicodipendenza. L’idea è di approccio alla persona, non al tossicodipendente: si può ipotizzare addirittura che l’offrire una terapia rinforzi lo stigma, per cui può essere che una parte dei tossicodipendenti rifiuti le terapie per non sentirsi ulteriormente stigmatizzato. E’ un gruppo di strada, rivolge alla strada le sue attenzioni più significative. E’, anche, un gruppo che si è tolto dalla strada, promuovendo 50 al suo interno regole e stili di comportamento diversi rispetto ai codici che sulla strada dettano legge. Lo stesso gruppo che prima si ritrovava in strada per usare sostanze, ora con modalità diverse si trova per obbiettivi diversi, in una sua sede. E’, infine, un gruppo che per la precarietà delle condizioni passate di vita dei membri, si trova spesso ad aver a che fare con loro interruzioni di percorso, magari per scontare pene di dieci anni prima. Questo gruppo ha da tre anni una sede aperta tutti i giorni, che si prefigura come un ponte, un luogo fisico e ideale di scambio, di dialogo con la città. A spiegare cosa sia la sede per i ragazzi forse c’è riuscito meglio di tutti Romeo. Dice testualmente: “La sede per me è un posto in cui si può affrontare il problema tossicodipen- QUADERNI DI ORIENTAMENTO ■ 23 denza senza per forza rivolgersi a strutture elefantiache. Anche la sede è collegata in varie forme al SerT, ma per venire qui non serve telefonare prima, non è necessario avere una motivazione eclatante o un’urgenza qualsiasi: qui si entra liberamente e si incontrano persone a posto che si ritrovano anche solo per il piacere di stare insieme. Questo mi gratifica per due motivi: il primo perché fa bene a me stesso confrontarmi con ragazzi sereni e affidabili sotto tutti i punti di vista, poter dialogare di tossicodipendenza o di Formula 1 senza l’obbligo di dover per forza parlare dei miei problemi. E il secondo punto è che vedere queste persone che ce l’hanno fatta ad uscire, che sono qui di fronte a me, che sono reali, esistono veramente, è di stimolo per Spazio aperto me, perché anch’io vorrei essere come loro. E’ importante per me avere davanti degli esempi concreti, reali, perché di solito le persone che escono dalla tossicodipendenza sono persone lontane, che non si vedono più in giro, che si distaccano e vivono delle vite che non si intrecciano più con la mia e quindi diventa anche difficile credere e aver coscienza che esiste un’alternativa positiva.” Romeo parla di ascolto, dialogo, esempio concreto, persone che altrimenti non intreccerebbero più la loro vita con la sua. Questo gruppo ha permesso a chi ne ha fatto parte di non essere sradicato dal suo ambiente, di non dover abbandonare amicizie, affetti, relazioni per ricostruire un’altra vita altrove. Ha scelto un’altra via di crescita comune, aspettando chi ha ritmi più lenti, ha favorito il continuo intreccio di vite che prima avevano altri motivi per incontrarsi, conscio che questa fosse una ricchezza per il percorso individuale di ognuno. La scelta di gruppo si differenzia dall’ approccio individuale in quanto non prevede la fuoriuscita dal gruppo di origine e la creazione artificiosa di un nuovo gruppo aggregato intorno all’obiettivo dell’uscita dalla tossicodipendenza. Si è riconosciuto al gruppo di essere competente in fatto di devianza. Questo ha permesso ai ragazzi un coinvolgimento in prima persona in un percorso terapeutico che non ruotasse solamente attorno alla sostanza, ma attorno alla persona in una collettività che non necessariamente termina al confine di una panchina. E’ così riuscito a recuperare motivazioni importanti quali quella dell’attaccamento alla vita, anche in persone che a causa della sieropositività avevano perso ogni stimolo e vivevano “come foglie su un ramo, in attesa”. E’ questo, un gruppo che ha inoltre puntato molto sul cambio di mentalità, non solo dei ragazzi che lo frequentano. Si è speso per cercare di mo- dificare il contesto, per allontanare l’indifferenza sul problema e la diffidenza sulle persone. La reintegrazione implica anche l’abbattimento dello stigma. Riuscire a far percepire gli elementi del gruppo come elementi della società, in quanto detentori di valori condivisibili porta ad eliminare progressivamente la devianza secondaria. In questo senso si può dire che l’atteggiamento nel corso di questi anni è molto cambiato in città. Prova ne sia che questa sede è stata aperta, anzi, non è stata ancora chiusa. Sette anni orsono una realtà di questo tipo non sarebbe potuta nascere, perché le due parti in causa, gruppo dei tossicodipendenti e città, erano entrambe impreparate a convivere in una struttura simile. Adesso la sede è nella testa di tutti. Si è puntato molto sulla sede come ponte, come luogo deputato ad unire: non a caso la sede è in centro città, per avere un’inclusione completa nella realtà di Pordenone. E non è una appartenenza solo apparente, quella del gruppo al contesto sociale. A testimonianza di ciò va menzionato l’interesse con il quale la città segue le proposte dei ragazzi: si pensi al teatro pieno, lo scorso giugno, per uno spettacolo teatrale. Sta, nel corso del tempo, mutando la prospettiva e questo favorisce enormemente una convivenza più pacifica, anche sulla strada. Nell’intervento di Romeo si faceva riferimento anche alla facile accessibilità del luogo. Non è un dato da trascurare, in particolare se collegato anche alle difficoltà che incontra chi per esempio esce dal carcere. Spesso in questi mesi si è verificato il caso di ragazzi che come prima tappa dopo aver riavuto la libertà si fermano in sede. Sanno che c’è questo posto, lo sanno perché il gruppo tiene una fitta corrispondenza con chi è detenuto, lo sanno perché il gruppo entra in carcere setti- ■23 QUADERNI DI manalmente attraverso due suoi rappresentanti per i colloqui. In questo modo la struttura riesce a fungere da cuscinetto al momento dell’uscita, riducendo il rischio di overdose, che è il più alto al momento della riacquistata libertà. Cerchiamo ora di tirare un po’ le fila. Si possono evidenziare numerosi aspetti di quest’esperienza e di questo tipo di approccio al problema, che possono consentire successive riflessioni. Ne proponiamo quattro: - un’enfasi sull’uscita dalla devianza piuttosto che sull’uscita dalla tossicodipendenza; - l’importanza d’intervento su un gruppo preesistente nel suo complesso, piuttosto che tentare di creare gruppi ad hoc. - l’importanza data all’aspetto della gratificazione e del riconoscimento delle produzioni e delle iniziative del gruppo deviante nell’ambito del sociale; - l’importanza, infine, della reintegrazione dei tossicodipendenti nel tessuto sociale, piuttosto che la loro esclusione da esso. E’ una strada, nonostante il duro lavoro di questi quasi otto anni, appena iniziata. Alessandro Zamai Medico e psicologo, Responsabile Progetto Ragazzi della Panchina, Dipartimento per le Dipendenze Pordenone Andrea Picco Educatore Progetto Ragazzi della Panchina, Cooperativa Itaca Pordenone Francesca Merlo Presidente Associazione I Ragazzi della Panchina, Pordenone ORIENTAMENTO 51 Informa London Council of Europe in-service Training Course for Teachers Queen Mary University BULLISMO IN CLASSE E SOLUZIONE DEI CONFLITTI Questa esperienza è stata di grande interesse poiché mi ha permesso di incontrare colleghi di sedici differenti paesi europei, scambiare e apprendere nuove idee, opinioni, strategie e approcci al problema del bullismo; ha consentito di entrare in contatto con persone appartenenti a diversi campi educativi (docenti, ricercatori, studiosi, psicologi) e di constatare che molti di loro stanno lavorando seriamente e con passione per affrontare tali problematiche. Il corso è stato organizzato ottimamente. Dopo una breve introduzione e qualche notizia informale sui partecipanti, abbiamo iniziato a lavorare con grande impegno sotto la guida qualificata e sempre disponibile di Amanda Brodala, direttore della Peer/Aid Consultancy. Dopo un’attività “rompighiaccio”che ci ha permesso di conoscerci un po’ meglio, è seguito un dibattito sullo scopo del programma e i suoi punti principali. Abbiamo descritto i conflitti rilevati nelle nostre scuole e le procedure di verifica, comprendendo che è necessario conoscere i bisogni della propria scuola, il conte- 52 sto e i suoi valori, le risorse umane e le capacità. Abbiamo analizzato diversi tipi e modelli di conflitto, le peculiarità, gli aspetti e le differenti fasi. Poi ci siamo divisi in gruppi e fissato una lista di valori fondamentali. Abbiamo tentato di definire i vari termini di conflitto, violenza, bullismo e canzonatura. Sono stati definiti i più probabili e frequenti contrasti tra docente/docente, docente/docenti, docente/alunni, alunno/alunno, alunno/società, genitori. La prima relazione è stata quella svolta dalle insegnanti Cerne Boza, Milena Vidovic e Erika Kovak provenienti dalla Slovenia, nella quale le relatrici hanno presentato il loro progetto mirato ad affrontare i contrasti e la violenza nelle loro scuole. La seconda è stata quella di Andrew Mellor, proveniente dalla Scozia, molto interessante perché ha permesso di scoprire l’esistenza di una rete anti-bullismo, un sito web, un numero telefonico informativo, materiale illustrativo e altre pubblicazioni per docenti, genitori e giovani sullo stesso argomento. Ho anche constatato che nulla del genere è mai stato fatto nel mio Paese. Nelle scuole scozzesi, invece, un programma governativo di contrasto al bullismo è iniziato alla fine degli anni Ottanta. Questa relazione mi ha fornito una ricca documentazione e importanti linee guida da utilizzare nella mia futura attività e negli eventuali corsi in Italia sull’argomento. Terminata la relazione, ci siamo soffermati a riflettere sui valori personali e i conflitti della nostra vita privata, fornendo degli esempi e sui nostri atteggiamenti di risposta. Peter Hayes ha presentato il suo discorso sull’Educazione civica, sottolineandone l’importanza come materia fondamentale del curriculum scolastico nazionale. Si tratta di una materia che necessita di un’attiva partecipazione da parte degli alunni, un mezzo per arrivare all’autostima, alla motivazione, alla parteci- QUADERNI DI ORIENTAMENTO ■ 23 pazione, alla ricerca, alle riunioni studentesche, un mezzo per far loro comprendere il loro coinvolgimento nella comunità più ampia in cui vivono. La giornata si è chiusa con l’intervento della delegata dell’Estonia. La relatrice ha parlato dell'’organizzazione estone per il benessere dei minori, di un programma chiamato il “Minore e la Violenza” e di un progetto contro la violenza rivolto a studenti di età fra i 12 e i 16 anni. In quel paese infatti il problema maggiore, per il 65% delle scuole, è proprio la violenza. Abbiamo analizzato i modi principali di affrontare i conflitti: giochi sulle abilità di ascolto, giochi con disegni, giochi con le parole e giochi finalizzati a creare una squadra. Tutte queste attività dovrebbero essere utilizzate con gli studenti. La signora Brodala ha indicato le abilità e le capacità necessarie per la risoluzione dei conflitti: abilità di orientamento, di percezione, emotive, comunicative, di pensiero creativo e di pensiero critico. Ha parlato di specifici progetti scolastici di educazione tra pari e della loro concreta realizzazione. Sono sempre stati forniti opuscoli e materiali utili per aiutarci a fare lo stesso nei nostri paesi. Poi, durante un lavoro in piccoli gruppi e ci è stato chiesto di ordinare alcuni verbi in modo da raggrupparli secondo il loro significato, da quello più positivo a quello più negativo. Dopo aver discusso sui risultati di tale compito, ci siamo divisi per formare gruppi di soli uomini e solo donne allo scopo di redigere una specie di lista contenente i vantaggi e gli svantaggi di appartenere all’uno o all’altro sesso. Durante la visita alla “Tring School” nell’Hertfordshire abbiamo partecipato a quattro diverse lezioni relative al programma scolastico di Educazione civica. Abbiamo interloquito con ragazzi di 12 e 16/17 anni che facevano parte del “Progetto Educazione tra Pari” e discusso breve- Informa Novembre, 1956 mente un programma per ridurre le situazioni di contrasto con il preside vicario. Sono stata positivamente colpita dal grande interesse dimostrato, da una classe di 29 alunni, per il filmato sulla carenza di cibo e la carestia in Etiopia. Dopo la proiezione quasi tutti hanno preso parte alla discussione che è seguita, mantenendo ordine e disciplina. Ciò mi ha ricordato la difficile situazione da cui provenivo: il pochissimo rispetto dimostrato da così tanti miei alunni nei confronti dei docenti e addirittura dei loro stessi compagni e l’indifferenza verso le più comuni regole sociali. Gli studenti inglesi erano anche vestiti in modo decoroso e pulito, i capelli tagliati e pettinati. Un cartello appeso nella mensa ha suscitato il mio interesse: una specie di vademecum scritto in prima persona contenente dei suggerimenti sul comportamento corretto da mantenere quando si è a scuola. L’atmosfera era rilassata, i colleghi inglesi non sembravano costretti a urlare o a rimproverare per la maggior parte della lezione. Gli studenti coinvolti nel progetto “Educazione tra Pari” erano a loro agio e orgogliosi della loro esperienza. Sembravano più responsabili e maturi a confronto di altri studenti della loro stessa età; hanno parlato di problemi giovanili e di come affrontarli, cosa che mi è apparsa piuttosto insolita. Sono molto più abituata ad ascoltare degli adulti che affrontano tali problemi. Ciò mi ha fatto capire una volta di più l’importanza di dare voce agli alunni, di incontrarli e di lasciarli par- ■23 QUADERNI DI lare. Mi è stato dato molto materiale per uso pratico, inclusi quattro opuscoli sulle abilità essenziali per la vita, per studenti dai sette ai dieci anni. Queste abilità sono particolarmente interessanti perché sono le medesime su cui la nuova riforma scolastica sta insistendo. La relazione del sig. Asad Ahmad verteva sulle risorse della diversità, la risoluzione dei contrasti, il dialogo e l’integrazione culturale. Si è presentato e ci ha chiesto di presentarci a nostra volta. Ha spiegato il sistema evolutivo del pensiero di Lemniskat. Poi ci ha divisi in gruppi e ci ha fatto riflettere sui nostri nomi di battesimo (spiegare perché questo nome era stato scelto, le sue origini, se reagiamo nel caso vengano fatti errori ortografici nello scriverlo, o sia pronun- ORIENTAMENTO 53 Informa ciato male, o ci affibbino dei diminutivi o nomignoli, ecc.). I bambini infatti sono molto spesso profondamente offesi da tali esperienze: sarebbe consigliabile chiedere loro i nomi e come desiderano essere chiamati. Dopo di che il sig. Ahmad ha analizzato il tema dei cambiamenti sociali che provengono dall’interno della società (lo sviluppo del sistema di previdenza sociale, il movimento di liberazione della donna, il movimento giovanile) e i cambiamenti sociali che provengono dall’esterno della sociètà (i metodi di cura alternativi, gli immigrati). Moira Atria, proveniente dall’Austria, ha illustrato le sue ricerche universitarie nelle scuole per conoscere i sentimenti conseguenti ad esperienze di violenza provate dagli stu- denti austriaci. Edmund Pace di Malta ha presentato una relazione sull’approccio “Niente Rimproveri contro il bullismo”, la prospettiva maltese nei confronti della risoluzione dei contrasti e il bullismo e “Come affrontare il Bullismo, Misure scolastiche basilari”. Nel lavoro di gruppo si è cercato di trovare un accordo, dopo aver analizzato “Una triste storia d’amore” allo scopo di verificare e comprendere quante reazioni diverse si possono avere nei confronti degli stessi avvenimenti, quanto diverso sia il nostro codice morale e quanto difficile sia raggiungere un compromesso. Asad Ahmad, consigliere pedagogico, ha tracciato una specie di percorso che indicava come procede di solito un contrasto: fiducia- Tramonto, 1960 ca. 54 QUADERNI DI ORIENTAMENTO ■ 23 sfiducia-accordo-armonia-stasi-disaccordo-movimento-caos/lotta. Poi abbiamo discusso (a gruppi) su un evento concreto verificatosi in una scuola, intitolato “Festa di compleanno”. Ci è stato chiesto, come docenti, di scegliere una linea di comportamento nel caso di una situazione di alienazione razziale. Amanda Brodala ha parlato profusamente della risoluzione dei contrasti, del progredire dei contrasti, dei tipi di contrasto, del contrasto come carburante infiammabile, delle caratteristiche dei ragazzi adatti all’educazione tra pari, dei comportamenti che attizzano il contrasto, dei quesiti da porsi per analizzare una situazione di contrasto, dei punti da controllare nel caso di violenza nelle scuole, dell’approccio basato sul nego- Informa ziato e di quattro tipi di educazione mirata alla soluzione dei contrasti. La parte più rilevante è stata quella relativa ai materiali da usare durante il corso per la formazione docenti che hanno l’intenzione di realizzare progetti di educazione tra pari nelle loro scuole. Ho potuto acquisire una nutrita documentazione riguardante le fasi da seguire con tali soggetti. Se mi sarà richiesto, mi piacerebbe realizzare un progetto di educazione tra pari nella mia scuola o altrove. In un gruppo di lavoro abbiamo analizzato due storie identificate con i nomi di ‘La storia di Elaine’ e ‘La storia di Adam’ nelle quali dovevamo affrontare un caso di violenza e appellarci a tutte le autorità competenti per ottenere aiuto: indagini e aiuti esterni, supporto sindacale, consiglio scolastico, organizzazioni statali, associazioni giovanili, una specifica politica atta ad affrontare il problema, il governatore, il dirigente scolastico, il preside vicario, le associazioni sportive, i gruppi comunitari. Sono seguite le relazioni della sig.ra Lut Vinck del Belgio sulla ’Politica scolastica nei confronti del Bullismo” al Kardinaal van Roey Instituut e quella della sig.ra Anna Georgieva Marinava della Bulgaria, che si riferiva al progetto contro la violenza in vigore al Aprilov National High School a Gabrovo. Nell’ultima giornata del corso abbiamo iniziato con un gioco a tempo, in cui due gruppi in piedi su due lenzuola diverse dovevano rigirarle senza toccare il pavimento. Dopo questa fase di ‘riscaldamento’ abbiamo riassunto e rivisto i punti fondamentali discussi negli ultimi giorni. La sig.ra Brodala ci ha parlato nuovamente dell’esistenza di un Centro danese per l’approccio per la risoluzione dei contrasti e dei quattro tipi di istruzione volti alla risoluzione dei contrasti (Processo curricolare, Programma di Mediazione, Classe tranquilla, Scuola tranquilla). Ha aggiun- to che il docente è il risultato di molti fattori: esperienza, rapporti personali, valori, storia personale, clima sociale e politico. Ha ridefinito il suo materiale di formazione per la risoluzione dei contrasti riferendosi: 1) alle diverse persone che possono essere coinvolte in un programma di educazione tra pari, che sono: formatore, docenti, educatori alla pari e pubblico appartenente ad un certo target; 2) la sua divisione in quattro sezioni: informazioni sulla storia e le basi del progetto di educazione tra pari, le attività di formazione sulla risoluzione dei contrasti che devono essere messe a disposizione dei formatori e dei docenti che desiderano realizzare tali progetti, un programma di formazione campione per docenti che poi deve essere insegnato agli educatori alla pari, incluse una serie di attività che possono essere inserite dal formatore nel programma di formazione docenti e infine attività di formazione sulle abilità e la gestione della classe da riferire da parte dei docenti nel corso della formazione degli educatori alla pari. Madalena de Baptista Pereira del Portogallo ha sviluppato il suo intervento su ‘Promozione della Cittadinanza Europea’: lotta alla violenza, xenofobia e razzismo nelle scuole, Attività per la Scuola Primaria e la Scuola Secondaria’ promossa dal Ministero dell'’Istruzione portoghese. Ci ha consegnato anche un utile opuscolo con ottimi suggerimenti di attività atte ad aiutare il docente a realizzare il progetto. Una volta di più ho compreso quanto sia necessario oggigiorno per il sistema scolastico italiano sviluppare un’istruzione multiculturale nel curricolo con lo scopo di dare ai giovani l’opportunità di potenziare attitudini e comportamenti che li trasformino in cittadini dalla mentalità aperta, pacifica e tollerante. Ma è anche indispensabile innanzitutto agire sui do- ■23 QUADERNI DI centi perché la maggior parte di loro non sembra interessata per principio e si pone contro qualsiasi progetto o promozione di esso sulla materia in questione. L’ultimo intervento è stato quello di Jill Lyall dell'’Ufficio ‘Pupil Support & Inclusion’ del Dipartimento Esecutivo per l’Istruzione scozzese. Ci ha illustrato i mezzi concreti che il governo fornisce alle scuole che hanno bisogno di supporto per affrontare fenomeni di violenza e bullismo. Abbiamo infine rivisto la nostra lista di scopi e aspettative nei confronti del corso osservando che erano stati soddisfatti. Il corso è stato piuttosto impegnativo e mi ha fornito molte informazioni che vorrei far conoscere ai miei colleghi. Il mio desiderio è di riferire queste esperienze nelle altre scuole della mia provincia e di organizzare o di promuovere incontri sulla risoluzione dei contrasti e violenza/bullismo nelle scuole dovunque il Direttore Scolastico Regionale lo riterrà opportuno. Lorella Francarli ORIENTAMENTO 55 Informa Barcellona Youth Interaction web 1 Progetto Gioventù della Commissione Europea Nell’ambito delle Politiche Sociali il Progetto Giovani del Comune di Pordenone e l’Arci, che gestisce la casa della musica, hanno partecipato al Progetto Gioventù della Commissione Europea denominato Youth Interaction Web 1 nel quale hanno collaborato quattro città della Comunità Europea, Barcellona (Spagna), Pordenone (Italia), Lidkoping (Svezia), Belfast (Irlanda del Nord), coinvolgendo un totale di 50 ragazzi dai 15 ai 25 anni sui temi della tolleranza e dell’esclusione sociale, per sviluppare una più forte coscienza europea. L’ incontro si è tenuto a Barcellona dal 04 al 14 luglio 2003. Youth Interaction web 1 vuole essere un progetto itinerante; dopo Barcellona, la città ospitante per l’estate 2004 sarà Pordenone e negli anni successivi le altre città partecipanti. Il progetto vedrà modificare negli anni alcuni dei suoi obiettivi e/o temi secondo la funzione e le necessità del territorio in cui si svilupperà; ciò che rimarrà in ogni caso come elemento caratterizzante è il tema dell’interculturalità, come metodo di costruzione di una coscienza e di una unità 56 Lo scultore Dino Basaldella, 1930 ca. Europea come lotta contro l’esclusione sociale. Tutte le attività che sono state realizzate (laboratori, dibattiti, escursioni ecc.) e la convivenza che si è generata in tali momenti, hanno rappresentato le basi su cui ogni partecipante ha fatto leva per accostarsi alla conoscenza di altre culture e lingue, per apprendere così ad essere tolleranti, democratici, in definitiva cittadini dell’Europa. Altra caratteristica del progetto è stata la realizzazione di una pagina web, che servirà da veicolo permanente di comunicazione e contatto per lo sviluppo del progetto stesso ma anche per ragazzi dei vari paesi, poiché l’idea è che ogni anno il paese organizzatore sia responsabile del suo mantenimento. In defi- QUADERNI DI ORIENTAMENTO ■ 23 nitiva, l’interscambio oltre che ad essere stato motivo per sviluppare nei ragazzi una maggiore coscienza europea è risultato anche come stimolo per i gruppi di giovani partecipanti a diventare soggetti attivi nelle loro comunità di provenienza. Gli undici ragazzi e ragazze che hanno partecipato a questa iniziativa provengono dai Centri di Aggregazione del Comune di Pordenone e da altre realtà della nostra città (scuole superiori ed università). Si tratta di un’iniziativa allargata che ha voluto e vuole dare un’opportunità a ragazzi e ragazze di confrontarsi e vivere un’esperienza arricchente e dalla quale possano trarne nuovi valori e una maggior coscienza di sé. I ragazzi hanno affrontato una setti- Informa mana di preparazione al progetto, necessaria alla costituzione di minigruppi di lavoro, cosa che ha permesso loro di conoscersi e di lavorare alla ricerca di materiali ed informazioni riguardanti la loro città, il mondo giovanile, la musica, le nuove tecnologie, la fotografia, ecc. Tale attività è stata utile alla presentazione agli altri gruppi della nostra realtà, alla realizzazione dei vari laboratori e per la costituzione del sito web; il gruppo è stato supportato dalla presenza di un educatore che opera in un Centro di Aggregazione Giovanile del Comune di Pordenone e dalla referente del Progetto Giovani che hanno ac- compagnato i ragazzi nella preparazione e nel viaggio. Il progetto quindi non si è affatto concluso, anzi, è solo partito dal viaggio a Barcellona e prosegue con un costante aggiornamento della pagina web, strumento principale di contatto tra tutti i partecipanti e cantiere permanente delle prossime tappe, in attesa dell’accoglienza, la prossima estate, dei ragazzi di altri paesi Europei del nuovo progetto europeo“Youth Interaction Web 2”. Il progetto “Youth Interaction Web”, come opportunità di interscambio tra realtà di diversi paesi d’Europa, nasce da un’esperienza di soggior- no a Barcellona, presso il centro culturale di Boca Nord, della coordinatrice del Progetto Giovani, nel quadro di un progetto “Leonardo”. L’individuazione dei gruppi partecipanti è avvenuta attraverso i contatti che precedentemente avevano gli spagnoli e gli italiani; a integrazione di tali contatti è risultata utile la lista di partners dell’Agenzia spagnola di Gioventù con l’Europa. La preparazione del progetto, portata avanti con il proprio gruppo e con i partners, ha avuto come tappe significative l’elaborazione del profilo delle attività, il contatto con associazioni, e un incontro, tenutosi nel Maggio 2003 a Barcellona, tra tutti i tutor- Aquileia, 1950 ca. ■23 QUADERNI DI ORIENTAMENTO 57 Informa accompagnatori dei gruppi. Nelle dieci giornate di durata del viaggio i ragazzi hanno avuto modo di cimentarsi in vari laboratori e attività quali danza contemporanea, teatro, percussioni gitane, fotografia, dj, danza del ventre, giocoleria e pagina web, che sono poi state centro di espressione e di interesse nella festa finale. Alle attività di laboratorio, prevalentemente mattutine, si sono affiancate visite a realtà significative della città di Barcellona dal punto di vista culturale e sociale, quali la fondazione Caixa di arte contemporanea, il distretto Horta Guinardò, una casa occupata che si dedica ad attività a sfondo sociale. Significativa è stata la collaborazione con la scuola di cucina-ristorante, che impiega studenti addetti alla ristorazione portatori di handicap. A questo si aggiunge l’attività quotidiana di scoperta della città nelle sue componenti, artistiche, sociali, associative, turistiche, nel tentativo di sviluppare una sua conoscenza articolata, approfondita e conscia delle complessità e problematicità. Il viaggio si è concluso con un soggiorno in campeggio nella località Piani di Vas, 1950 ca. 58 QUADERNI DI ORIENTAMENTO ■ 23 della Costa Brava di Blanes, che è stato un momento di svago e relax appezzato dai ragazzi. Significativo è stato, ed appagante, per gli accompagnatori il sensibile grado di integrazione dei ragazzi del nostro gruppo tra di loro, con gli accompagnatori, con i coetanei degli altri gruppi; sono nate e continuano amicizie e contatti in un’ottica di confronto, integrazione, curiosità e condivisione che costituiscono l’essenza e il senso del progetto stesso. Altre due iniziative vanno citate a coronare le iniziative a cui il Settore Politiche Sociali del Comune di Pordenone con il progetto Giovani e gli Informa operatori dei Centri di aggregazione Giovanile vogliono dare a supporto delle attività nell’ambito dei Progetti Europei. Prima di tutto si prevede nei primi mesi del 2004 l’apertura nel centro della città nei locali di nuova realizzazione in Piazza XX Settembre un Punto Europa in convenzione con L’Info Point Europa di Trieste. Le funzioni principali di tale sportello sono quelle di dare ai giovani informazioni sull’U.E. le politiche e i programmi comunitari, l’opportunità di lavoro in Europa, dando al contempo la possibilità di accedere ad internet e di effettuare ricerche su banche dati. Continuerà la fortunata esperienza del Progetto Meeting che con il Progetto Gioventù ha un legame molto forte fatto di compartecipazione, di persone, idee e forze che interagiscono tra loro. Il Progetto che coinvolge oltre 500 studenti degli istituti superiori di Pordenone e Provincia presenterà e confronterà i loro lavori, frutto di un percorso espressivo fatto insieme ai compagni di scuola, accompagnati e seguiti da docenti e da operatori esterni. Il “Meeting” non è una gara, né un palcoscenico per "nuovi talenti", ma solo un momento per dare spazio liberamente alle parole e alle idee di tutti, senza l'obbligo di seguire percorsi prestabiliti e di raggiungere un risultato. Il tema dell’anno scorso era: "Essere Figli che Fatica" quest’anno è stato scelto, il tema: “Ma che mondo ci stanno preparando?” Gli istituti che hanno partecipato sono: Liceo Scientifico "Grigoletti" - Pordenone IPSSCT "Flora" - Pordenone ITC "Mattiussi" - Pordenone Liceo Classico Scientifico Sociopedagogico "Leopardi-Majorana" - Pordenone ITIS "Kennedy" - Pordenone Licei Sperimentali e Istituto Magistrale "Pujati" - Pordenone IPSIA "Lino Zanussi"- Pordenone ITS per geometri "Pertini" - Pordenone ITC-IPSC "Marchesini" - Sacile Istituto d'Arte Statale "Galvani" - Pordenone IPSIA "Piero della Valentina" - Sacile e Brugnera C.f.p. al Villaggio del Fanciullo - Pordenone Hanno collaborato: i Centri di aggregazione giovanile e il LAKRUS del Comune di Pordenone, il gruppo Con-Tatto dell’Azienda Sanitaria, il Consultorio Giovani, il dott. Marini Dario, il dott. Del Frate Alessandro, la dott.ssa Del Pup Elodia del Consultorio Familiare, la dott.ssa Cibin della Direzione Scolastica Regionale con la Consulta Giovanile, il Giardino delle Sorprese/Cooperativa Laboratorio Scuola, Amministrazione Provinciale e il dott. CUNDO dell'azienda Sanitaria di Parma. Giuseppe Marino Operatore del Progetto Giovani ed accompagnatore-tutor del Y.I.W. 1 Luisa Conte Referente del Progetto Giovani Locandina del Meeting 2003 ■23 QUADERNI DI ORIENTAMENTO 59 Informa Il giorno 11 ottobre 2003 a Tolmezzo è stato inaugurato lo Sportello di accoglienza ed informazione del progetto Ri.T.M.O. L’evento si è svolto nell’ambito della manifestazione “Una montagna di idee: muoversi ed orientarsi tra formazione, scuola, progetti ed esperienze”. L’iniziativa, avente come filo conduttore il tema dell’orientamento, si è snodata in due sessioni. La sessione del mattino, promossa ed organizzata dalla Direzione regionale dell’istruzione e della cultura tramite il Centro di orientamento dell’Alto Friuli, è stata dedicata all’ambito della formazione, quella del pomeriggio, realizzata dalla Cooperativa Cramars, al lavoro. Nella mattinata il sindaco S. Cuzzi, nell’inaugurare lo Sportello di accoglienza e informazione, ha manifestato l’auspicio che il servizio diventi una concreta opportunità per la comunità di Tolmezzo e delle vallate limitrofe, impegnandosi a promuoverne la diffusione. Il dott. B. Forte della Direzione regionale dell’istruzione e della cultura, nel porgere i saluti del prof. R. Antonaz, Assessore regionale all'istruzione e alla cultura, per le identità linguistiche e culturali, ha evidenziato la significatività dell’offerta di servizi e di opportunità formative in un contesto territoriale considerato svantaggiato, quale è l’area montana, sottolineando l’importanza e le radici dell’orientamento nell’intero percorso evolutivo della persona. Il brindisi inaugurale ha registrato la presenza di un’ampia rappresentanza di studenti, famiglie, dirigenti scolastici, politici, amministratori ed operatori dei vari servizi territoriali. Sempre nel corso della prima sessione è stata organizzata l’iniziativa “Scuole aperte” presso l’istituto IPSIA Candoni: con la preziosa collaborazione degli Istituti Superiori sono stati accolti, presso il Centro studi, gli studenti delle scuole medie inferiori di Tolmezzo e del bacino carnico. Per loro sono stati allestiti spazi dedicati all’orientamento, all’istruzione superiore e alla formazione professionale e sono state organizzate visite guidate per illustrare le opportunità di istruzione e formazione successive alla terza media. L’iniziativa ha visto la collaborazione di diversi soggetti appartenenti non solo all’area dell’istruzione e della formazione, ma anche di forze operanti sul territorio: l’obiettivo comune è infatti quello di creare una proficua azione di rete e di sinergie tra i diversi servizi e strutture locali. Nella sessione del pomeriggio i lavori sono proseguiti presso la sede del Comprensorio Montano della Carnia. La Cooperativa Cramars ha organizzato, nell’ambito del progetto “Articolo 6 - Verso l’eccellenza del Mercato del Lavoro”, finanziato dal FSE, una conferenza transnazionale di disseminazione del progetto “L’eccellenza nel mercato del lavoro”. In questa sede è stata presentata un’ampia rassegna di progetti a carattere internazionale e di esperienze realizzate nel contesto montano. Presso la Galleria della Tolmezzo INAUGURAZIONE DELLO SPORTELLO Ri.T.M.O. Cooperativa sono stati allestiti degli spazi di animazione ed espositivi sull’orientamento scolastico e professionale, con la straordinaria partecipazione di una trentina di artigiani che hanno lavorato “dal vivo”. Gabriella Zoff Oranti nel tempio, 1948 ■23 QUADERNI DI ORIENTAMENTO 61 Libri • la recensione Carl Gustav Jung PSICOLOGIA ANALITICA Edizioni Scientifiche Magi, Roma, 2003, pp. 258, U 20,00. Il volume raccoglie la traduzione italiana di un Seminario tenuto dallo psicanalista svizzero Carl Gustav Jung nel 1925, anno per Jung importante in quanto festeggiava i suoi cinquant’anni. Le lezioni del seminario che si sono articolate e sono state svolte durante la primavera e l’estate di quell’anno, sono rivolte ad un pubblico internazionale e per questo sono state tenute in lingua inglese. Come partecipanti sono intervenuti non solo professionisti e colleghi dello stesso Jung, ma anche letterati e suoi pazienti. Lo scopo del seminario era quello di divulgare le idee junghiane sia in Europa che oltre oceano. Le lezioni sono dinamiche e vivaci in quanto sono sempre seguite da un dibattito, da una discussione per cui la lettura del volume coinvolge il lettore anche se, talvolta, non è sempre immediatamente comprensibile il pensiero dell’autore ai non addetti ai lavori. E’ la forma dialogica che in questi casi permette di coglierne il significato altrimenti oscuro ed apparentemente irraggiungibile attraverso la lettura del testo junghiano. Il volume è interessante in quanto 62 chiarifica le tematiche principali inerenti alla psicologia analitica e ai suoi contenuti che abbracciano un campo talmente vasto da dover essere contestualizzato. Non bisogna dimenticare che Jung aveva costruito questa sua teoria innovativa distaccandosi da quella freudiana prevalente. Teoria che lo costrinse a sacrificare la relazione con Freud e ad isolarsi, di conseguenza, dalla carriera accademica. Questo momento fu necessario, però, per il suo «incontro con l’inconscio» che condusse Jung a rapportarsi in maniera personale a tale concetto. Per questo non mancano, all’interno del Seminario, riferimenti alla sua esperienza personale che corrispondono al suo processo individuativo, ovvero al processo di presa di coscienza di sé, come, ad esempio, la morte della madre. Questo evento è importante come era già evidente nel testo Ricordi, sogni e riflessioni, in quanto inerisce non soltanto al concetto di Anima, ma anche all’evoluzione psichica dei primi anni di vita. Da essa emergono le definizioni delle personalità che non sono legate essenzialmente al materiale ereditario-personale. Il punto di partenza del Seminario è l’analisi del concetto di inconscio ovvero di quei processi psichici non coscienti e non riferibili all’Io in modo percettibile. L’idea di Jung sull’inconscio non ha solo un’origine teorica sorta e supportata dalla lettura di Schopenhauer e di von Hartmann, ma è correlata ad una caso concreto, all’esperienza: è il caso clinico di una ragazza sonnambula che si rivelò essere una medium. Il raggiungimento di questo particolare status dimostra, secondo Jung, che il materiale inconscio fluisce entro modelli prestabiliti. Modelli che si possono rendere manifesti soltanto, appunto, in particolari situazioni quando cioè il controllo della coscienza è nullo. In questo periodo di confronto con l’inconscio, Jung si interessa di spiritismo, di filosofia, di letteratura per cercare una conferma a fondamento delle sue intuizioni. E’ QUADERNI DI ORIENTAMENTO ■ 23 stato in particolar modo aiutato dalla teoria di Kant sui limiti della conoscenza che gli fornì utili criteri epistemologici. Seguendo Kant, Jung ritiene che la conoscenza riguardi solo gli oggetti fenomenici del mondo. Ma questo mondo fisico e psichico è riflesso, proiezione di un’altra realtà. La realtà noumenica di Kant che è il nocciolo essenziale dell’universo, inaccessibile alla conoscenza e che Jung chiama archetipi. E’ necessario sottolineare che tutto il materiale da lui analizzato lo portava a rilevare la naturale confluenza dei contrari. L’idea della coppie degli opposti è antica e talvolta compare come legge dell’enantiodromia, ovvero nella tendenza di ogni fattore psichico a trasformarsi nel proprio opposto al fine di progredire ad un più alto sviluppo psicologico. In tal caso diventa un principio euristico, insomma di comprensione della realtà come ben esprime il simbolo del Tao, ove i principi opposti sono rappresentati da settori a spirale di un cerchio colorati di bianco e nero. Essi vengono intesi rispettivamente come principio maschile e femminile. Inoltre la porzione bianca contiene in sé una macchia nera, mentre quella nera una bianca. L’inconscio allora si contrappone al conscio, alla coscienza ma non è privo di significato perché, per Jung, “possiede una mente”. Quest’affermazione è supportata dall’analisi dei sogni in cui emergono delle immagini che costituiscono un materiale simbolico significativo in quanto scaturiscono dall’inconscio e hanno una funzione compensativa della personalità soprattutto quando l’atteggiamento cosciente è unilaterale. La patologia ne offre numerosi esempi che, in questa sede, è inutile analizzare. Certamente l’atteggiamento che “prende sul serio” ciò che emerge dall’inconscio costituisce una delle caratteristiche della psicologia analitica e il suo nuovo atteggiamento terapeutico. Per questo è possibile spiegare i fenomeni inconsci delle psicosi. L’analisi ha la possibilità di rendere con- Libri • la recensione sci i contenuti inconsci svolgendo così una funzione di mediatrice che evidenzia quella che da Jung è denominata trascendente che si evidenzia all’interno della psiche individuale. Essa può essere intesa come quella funzione psichica che riesce a mediare la realtà conscia e quella inconscia in quanto riunisce i poli opposti, conflittuali della psiche che si pongono tra l’Io e le immagini simboliche emergenti dall’inconscio. Il linguaggio di tale mediazione è il simbolo il quale è in grado di integrare nella coscienza dei contenuti psichici nuovi. Tale funzione è chiamata trascendente non perché è metafisica, ma perché attraverso di essa si opera la trasformazione, la crescita psichica individuale. Essa emerge non solo nei sogni, ma anche durante l’analisi. L’evidenza dei contenuti inconsci emerge per Jung anche nella figura del Zarathustra nietzeschiano, come immagine inconscia di ciò che il filosofo tedesco avrebbe voluto essere. Attraverso l’analisi dei pazienti, emerge come la natura dell’inconscio sia finalistica ovvero porti ad una meta che risulta essere la conoscenza di Sé, il raggiungimento di un Selbst autonomo, di un terzo termine che è il prodotto della funzione mediatrice o trascendente e che guida il processo individuativo. Inoltre attraverso il sogno che conduce alla parte occulta della nostra psiche, Jung ha potuto riscontrare l’esistenza di un inconscio non personale che egli definisce collettivo. Scoperta che, oltre a segnare un ulteriore rottura con Freud, costituisce un’importante innovazione. Questo inconscio infatti è comune a tutti gli uomini di qualsiasi tempo quasi a costituire una sorta di patrimonio genetico psichico. In esso risiedono delle idee primordiali simili all’eidolon platonico, che Jung chiama archetipi, e che facilmente si rendono visibili, ma non si esauriscono, ad esempio, attraverso la creazione artistica e i simboli. E’analizzando l’archetipo dell’eroe, dell’uomo assolutamente prefetto, che Jung giunge alla teoria dei tipi psicologici che si basa essenzialmente sulla definizione di due tipi fondamentali o modelli di atteggiamento: l’introversione e l’estroversione che determinano le modalità di comportamento nei confronti della vita. L’introverso è colui che concentra il suo interesse sui processi psichici interiori, al contrario dell’estroverso il cui interesse si concentra su un oggetto esterno. Questa tipologia non è riduttiva, ma è psico-dinamica in quanto completata dalle quattro funzioni psichiche due delle quali vengono considerate razionali, l’intelletto e il sentimento, e due irrazionali, la sensazione e l’intuizione. La prevalenza di una o dell’altra delle funzioni correlata alla prevalenza dell’uno o dell’altro dei tipi d’atteggiamento determina le modalità di orientamento individuale nella vita e il diverso, se necessario, approccio terapeutico. Nel corso delle lezioni Jung racconta l’incontro interiore con quel complesso di fattori psichici che egli ha demoninato Anima. Anima è quella componente femminile che in Jung si manifestò in vari modi, soprattutto a seguito della rottura con Freud, nella figura di miss Miller, una sua paziente, nel suo interesse per i sogni e i fenomeni psichici. E proprio un sogno gli è chiarificatore e che è collegato alle figure di Elia e Salomè. Elia è la personificazione dell’elemento cognitivo, della razionalità, del pensiero, del Logos, mentre Salomè personifica l’Anima cieca in quanto non vede le operazioni dell’inconscio sebbene la sua funzione sia quella di doverlo collegare con il conscio. Quanto alle funzioni psichiche, ella corrisponde al sentimento. Ecco perché Elia e Salomè sono una coppia di opposti per cui Elia, il vecchio saggio, compensa, nell’inconscio dell’uomo, le seduzioni di Salomè. Ecco allora prospettarsi la teoria dell’Anima e dell’Animus come figure controsessuali insite nella psiche umana che svolgono la funzione compensatrice di collegamento tra ■23 QUADERNI DI la coscienza individuale e l’inconscio collettivo. Nonostante la tentazione di ipostatizzare, di personificare la nozione di Anima/Animus, Jung ha sempre insistito sulla loro funzione di ponte o porta alle immagini dell’inconscio collettivo e della necessità di interiorizzarli e di integrarli nella personalità individuale. Secondo Jung, l’Anima corrisponde all’immagine innata della donna nell’uomo, così come l’Animus a quello dell’ uomo per la donna. L’Anima si manifesta tramite rappresentazioni e immagini legate alla sfera affettiva dell’uomo, mentre l’Animus è collegato alla vita mentale e spirituale della donna. Essendo quest’immagine inconscia, può essere proiettata su una persona concreta come, ad esempio, quella amata. Per comprendere pienamente la figura dell’Anima che contiene in sé gli opposti in quanto può manifestarsi come positiva o negativa a seconda dell’opposto atteggiamento nei confronti della donna reale, Jung utilizza degli esempi letterari. Nell’ultima parte del Seminario, viene analizzato il simbolismo presente nel romanzo di Lei di H. Rider Haggard, L’Atlantide di Pierre Benoit, e The Evil Vineyard di Marie Hay. Tutto ciò per far comprendere ai partecipanti, come a chi leggerà questo testo, come sia necessario raggiungere il Sé, ovvero la totalità o la somma dei processi consci ed inconsci che si distingue dall’Ego il quale non è in contatto con il lato inconscio della personalità. Mediante il contatto con l’Anima/Animus, ogni individuo ha la possibilità di raggiungere il Sé e così può comunicare con quelle immagini ancestrali che sono in lui insite e che gli trasmettono un senso di immortalità. Teresa Tonchia ORIENTAMENTO 63 La rivista semestrale “Quaderni di Orientamento”, è rivolta ad operatori di orientamento e a docenti. La distribuzione è gratuita per operatori scolastici e di orientamento della regione Friuli-Venezia Giulia previa richiesta scritta all’Ufficio di coordinamento della Struttura regionale di orientamento. In caso di disponibilità del materiale, potranno essere prese in considerazione richieste provenienti anche da Strutture pubbliche di orientamento, operanti sul territorio nazionale. Inoltre la rivista è disponibile in formato elettronico PDF all’interno delle pagine Internet della Struttura di orientamento della Regione Friuli-Venezia Giulia al seguente indirizzo: www.regione.fvg.it Selezionare la voce tematica Orientamento. Per nuovi abbonamenti, richieste di numeri arretrati o per segnalare il cambio di indirizzo, si prega di utilizzare l’apposito form, disponibile nella sezione “Materiale e guide” del suddetto sito, oppure di compilare la seguente richiesta (da inoltrare via fax 040 3775228). Al SERVIZIO PER L’ISTRUZIONE E L’ORIENTAMENTO Via S. Francesco, 37 – Trieste Fax 040 3775228 Rivista “Quaderni di Orientamento” Eventuali numeri arretrati (se disponibili) (nuovo abbonamento) Rivista “Quaderni di Orientamento” (cambio di indirizzo) Nome Cognome Scuola/Ente Indirizzo Cap Città Provincia Telefono 64 QUADERNI DI ORIENTAMENTO ■ 23 Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia Direzione regionale per le identità linguistiche e i migranti, l’istruzione, la cultura, lo sport Servizio per l’istruzione e l’orientamento L’ORIENTAMENTO IN SLOVENIA ALLEGATO L'ORIENTAMENTO IN SLOVENIA In Slovenia, Paese in via di transizione, si sono avuti negli ultimi anni notevoli cambiamenti anche nell’ambito dell’orientamento. Le mutate condizioni socioeconomiche e l’avvicinamento della Slovenia all’Unione europea hanno portato ad una rapida evoluzione, sia la disciplina, che gli approcci utilizzati. Prima del 1990, in un periodo caratterizzato da uno sviluppo socio-economico più o meno pianificato, il fabbisogno di determinate qualifiche e professionalità era relativamente prevedibile. A ciò si adeguava anche l’orientamento che ovviamente privilegiava un metodo di lavoro ben preciso. Oggi, quando la Slovenia sta per aderire all’Unione europea, dove l’economia si fonda sul capitale e sull’interscambio commerciale (fatto che riduce la prevedibilità diretta delle professionalità necessarie), la mentalità degli operatori sloveni che si occupano di orientamento si sta sempre più allineando con gli approcci dei loro colleghi che operano nei Paesi dell’Unione. Da questo punto di vista, le ridotte dimensioni della Slovenia possono essere una carta vincente, poiché le consentono di essere molto flessibile. Le idee delle persone che occupano le cariche di responsabilità possono infatti irradiarsi più velocemente su un territorio relativamente piccolo, dove i nuovi approcci sono più facilmente gestibili. In Slovenia si è avuta una vera e propria esplosione di creatività, forme di collaborazione, curiosità e tentativi di mettere alla prova se stessi, fenomeni che caratterizzano non solo il Paese in generale ma anche il più specifico ambito dell’orientamento. I cambiamenti maggiori sono ovviamente più evidenti quando si esaminano sistemi di notevoli dimensioni. Le singole scuole rappresentano in questo caso dei piccoli sistemi. E’ difficile descrivere in breve il sistema dell’orientamento. Si tratta, infatti, di un ambito molto ampio che comprende il sistema scolastico di diversi ordini e gradi, l’assegnazione di borse di studio (un’iniziativa meritevole del vecchio sistema che si è mantenuta fino ai giorni nostri), il settore produttivo e quello della formazione professionale, della riqualificazione e del perfezionamento. L’orientamento tuttavia si rivolge soprattutto al mercato del lavoro (disoccupati, soggetti difficilmente impiegabili, giovani in cerca della prima occupazione). Nell’articolo di Brigita Rupar il lettore troverà una panoramica delle attività dei servizi di consulenza scolastici che si occupano anche di orientamento formativo e professionale.1 Gli altri contributi presentano le realtà concrete di alcune scuole per quanto riguarda l’orientamento. Il nostro auspicio è di poter contare sulla collaborazione dei colleghi sloveni anche nella realizzazione del progetto Interreg dal titolo “Informarsi, studiare e lavorare senza confini – Progetto di orientamento transfrontaliero Italia-Slovenia”. Il progetto, gestito dal nostro ufficio, vuole imbastire una stretta collaborazione tra gli esperti dell’orientamento professionale sloveni e italiani attraverso un proficuo scambio di esperienze e competenze settoriali. L’iniziativa vuole mettersi a disposizione dei nuovi utenti, ma soprattutto delle generazioni più giovani di qua e di là del confine. Zdenka Prebil 1) Per un approfondimento sulle esperienze slovene nel campo dell’orientamento degli adulti si rimanda anche all’intervento di Sasa Niklanovic -ZRSZ-, pubblicato in allegato al n. 21 di questa rivista all’interno degli atti del convegno “L’orientamento degli adulti: una risposta possibile” – Trieste, 4 ottobre 2002 2 QUADERNI DI ORIENTAMENTO ■ 23 L'ORIENTAMENTO NEGLI INDIRIZZI PROGRAMMATICI DEL SERVIZIO DI CONSULENZA SCOLASTICO Brigita Rupar Servizio di consulenza pedagogica Sovrintendenza scolastica della Repubblica di Slovenia LA FORMULAZIONE DEGLI INDIRIZZI PROGRAMMATICI Gli indirizzi programmatici del servizio di consulenza scolastico definiscono il lavoro degli operatori del servizio in tutte le istituzioni scolastiche, vale a dire nelle scuole materne, nelle scuole elementari e medie inferiori, nelle scuole medie superiori e nelle case dello studente. Gli indirizzi costituiscono il documento fondamentale che a livello nazionale stabilisce il programma di lavoro dei consulenti scolastici in Slovenia. Tali indirizzi sono stati formulati durante il periodo di riforma dell'istruzione in Slovenia ovvero dal 1997 al 1999. Sono stati elaborati da un gruppo di professori universitari in rappresentanza delle facoltà in cui vengono formati i futuri consulenti scolastici, affiancati da esperti di altre istituzioni che abitualmente collaborano con i servizi di consulenza. Nell'aprile del 1999 il Consiglio nazionale dell'istruzione ha approvato tali indirizzi che da allora costituiscono il quadro di riferimento vincolante per tutte le attività afferenti. Nelle scuole materne sono impiegati circa 50 operatori, nelle scuole elementari e medie inferiori 450, mentre nelle scuole medie superiori e nelle case dello studente circa 250. Complessivamente il servizio di consulenza scolastica in Slovenia conta 800 operatori che hanno alle spalle diversi percorsi formativi: più o meno un terzo è rappresentato da psicologi, un terzo da pedagogisti ed un terzo da socio-pedagogisti, una figura relativamente nuova, introdotta recentemente con un corso di studi presso la Facoltà di pedagogia. Per legge gli operatori del servizio di consulenza scolastico sono inquadrati come personale docente, sebbene non insegnino alcuna materia, limitandosi alle attività di consulenza. In seguito al calo delle nascite e quindi alla riduzione del numero di sezioni, sempre più spesso gli operatori, se vogliono mantenere l’occupazione a tempo pieno, si ritrovano a dover svolgere anche altre mansioni a scuola. Di conseguenza alcuni hanno optato per l’insegnamento, alcuni fungono da assistenti del direttore didattico o del preside, altri lavorano nella biblioteca scolastica e via dicendo. Durante la loro stesura, gli indirizzi programmatici sono stati presentati due volte ad un pubblico di esperti, prima sotto forma di bozza e successivamente sotto forma di proposta, nella quale erano state già integrate le osservazioni degli “addetti ai lavori”. Soltanto dopo aver verificato il testo per due volte è stata elaborata la versione definitiva degli indirizzi. La commissione che si è occupata della stesura del testo, si rendeva conto di andare così a porre le basi del lavoro di consulenza scolastica e si preoccupava soprattutto di creare un documento omogeneo che non lasciasse spazio ad interpretazioni distorte. Il fulcro dell’attività del servizio di consulenza viene ad essere costituito dal rapporto che l’operatore deve instaurare, alimentare e verificare costantemente, il che significa che tutto ciò che il servizio di consulenza offre come assistenza, deve essere il risultato di un mutuo accordo. La struttura degli indirizzi programmatici valorizza il ruolo di tutti i soggetti coinvolti nell’istituzione scolastica, vale a dire gli operatori, ma an- ■23 QUADERNI DI che gli insegnanti, gli alunni o studenti ed i loro genitori. La Commissione ha elaborato tre versioni degli indirizzi programmatici, una destinata alle scuole materne, una alle scuole elementari e medie inferiori ed una alle medie superiori. Quest’ultima si applica anche alle attività svolte nelle case dello studente. Ciascuna versione è suddivisa in due parti: nella parte generale è contenuta una descrizione di massima del servizio di consulenza, i principi fondamentali e le principali tipologie di attività del servizio ovvero l’attività di assistenza, l’attività di prevenzione e sviluppo e l’attività di pianificazione e valutazione. Nella parte speciale degli indirizzi programmatici, che naturalmente è distinta per ciascuna versione, sono invece descritti i principali settori di attività degli operatori in ciascun ambito. In allegato a ciascuna versione sono elencate anche le condizioni di lavoro che devono essere garantite per un adeguato svolgimento dell’attività; a tale proposito va ricordato che l’operatore deve disporre di un suo ufficio e di quanto necessario allo svolgimento del suo lavoro, ogni anno deve elaborare un programma di attività annuale, essere debitamente preparato e seguire regolarmente seminari e corsi di aggiornamento. L’ORIENTAMENTO SCOLASTICO E PROFESSIONALE Un importante settore di attività degli operatori del servizio di consulenza, contemplato anche dagli indirizzi programmatici, è l’orientamento scolastico e professionale. Gli indirizzi programmatici per la scuola dell’obbligo (elementare e media inferiore) stabiliscono che l’orientamento consiste nelle “attività con alunni, insegnanti, genitori e direzione scolastica allo scopo di aiutare gli alunni nella scelta e nella realizzazione del loro percorso ORIENTAMENTO 3 formativo e professionale”. Il settore dell’orientamento è suddiviso nei seguenti ambiti: partecipazione all’educazione professionale, attività di consulenza con gli alunni, attività di consulenza con gli insegnanti e gli altri collaboratori, attività di consulenza e di consultazione con i genitori, collaborazione con la direzione scolastica e coordinamento con le istituzioni esterne. Le attività principali di orientamento scolastico e professionale che devono essere svolte da ciascun operatore, indipendentemente dal suo percorso formativo e dal numero di alunni della scuola, sono riassunte in sei punti. Per ciascun capitolo dell’orientamento sono stati stabiliti degli standard che determinano in che misura tutti gli alunni devono fruire dell’assistenza e della formazione per essere in grado di scegliere i loro studi futuri e la loro professione. Nelle attività di orientamento anche gli insegnanti svolgono un ruolo non di secondo piano, come avviene altrove nel mondo. Senza gli insegnanti l’educazione e l’orientamento professionale non avrebbero senso nel contesto dei programmi didattici, poiché essi non prevedono esplicitamente un orario da dedicare all’orientamento. Ne consegue che tali contenuti vanno inseriti nei programmi con l’aiuto degli insegnanti e con un approccio diverso. Ci sono varie possibilità: utilizzare le ore destinate alle altre attività di classe, sviluppare degli appositi progetti, utilizzare le giornate naturalistiche o culturali e via dicendo. Naturalmente tutto ciò implica una stretta collaborazione tra insegnanti e operatori del servizio di consulenza. IL RUOLO DEGLI OPERATORI DEL SERVIZIO DI CONSULENZA NELL’ORIENTAMENTO Nonostante gli operatori non dispongano di apposite ore di didattica, lavorano comunque a 4 contatto diretto con i ragazzi in aula. I loro compiti principali, stabiliti anche mediante standard negli indirizzi programmatici, sono i seguenti: • assicurare a tutti gli alunni l’accesso alle informazioni relative all’orientamento scolastico e professionale; ciò significa che tutti gli allievi devono essere in grado di ottenere informazioni utili ed obiettive sul mondo del lavoro e sulle possibilità di istruzione, di beneficiare di borse di studio e via dicendo; • organizzare e realizzare seminari ovvero altre attività di gruppo destinate agli alunni; ciò significa che per alunni, genitori e insegnanti vengono organizzati seminari sui percorsi formativi successivi, mentre si approfondisce con gli alunni la loro conoscenza di sé, dei propri interessi e delle proprie capacità e si lavora sullo sviluppo delle competenze trasmissibili e sulle strategie decisionali; • raccogliere dati e informazioni sulle scelte degli alunni in merito a studi e professioni future e trasmetterli al Ministero dell’Istruzione e al Ministero del Lavoro; • somministrare questionari e test sulle attitudini e gli interessi professionali degli alunni; • fornire consulenza individuale agli alunni nella scelta della professione futura o del percorso formativo. Un importante ambito di attività nell’orientamento riguarda anche i genitori degli alunni o studenti. È un dato di fatto che nella scuola dell’obbligo la scelta della futura scuola o della professione è influenzata in misura preponderante dai genitori e lo dimostrano anche i dati empirici. Perciò gli operatori del servizio di consulenza organizzano regolarmente seminari destinati ai genitori per informarli delle modalità d’iscrizione, delle caratteristiche delle singole scuole e per fornire altre forme di assistenza. QUADERNI DI ORIENTAMENTO ■ 23 IL RUOLO DELL’AGENZIA DELL’IMPIEGO DELLA REPUBBLICA DI SLOVENIA Nello svolgimento di questi compiti i servizi di consulenza scolastici collaborano con gli operatori dell’Agenzia dell’impiego, come previsto anche dalla Legge sul finanziamento all’istruzione. I contenuti relativi all’orientamento, come stabiliti dagli indirizzi programmatici, sono stati preventivamente armonizzati con i compiti affidati all’Agenzia dell’impiego nel campo dell’orientamento, informazione e consulenza professionale. L’Agenzia dell’impiego è un valido collaboratore della scuola nel settore dell’orientamento professionale, poiché tale attività è stata solo recentemente affidata per intero ai servizi di consulenza scolastici, mentre in precedenza, dagli anni ’50 fino alla metà degli anni ’90, se ne occupavano soprattutto gli operatori dell’Agenzia. Soltanto negli ultimi anni tale ruolo è stato riservato prevalentemente ai servizi scolastici. L’Agenzia dell’impiego assume dunque in tale contesto un ruolo secondario, sebbene continui a fornire un valido aiuto agli operatori dei servizi di consulenza scolastici. Infatti tuttora l’Agenzia organizza nelle scuole seminari per alunni e genitori, partecipa ai consigli di orientamento assieme ad insegnanti e operatori, organizza test attitudinali per gli alunni e li assiste nella ricerca di borse di studio e di informazioni. Rappresenta dunque un importante anello di congiunzione tra la scuola e il mondo del lavoro. BIBLIOGRAFIA Consiglio curricolare nazionale e Commissione curricolare per le attività di consulenza, “Indirizzi programmatici per il servizio di consulenza nella scuola elementare e media inferiore”, Lubiana, 1999. LA CONSAPEVOLEZZA EMOTIVA E LA SCELTA DEL CORSO DI STUDI Gordana Rostohar Liceo di Brežice INTRODUZIONE Nella vita di ogni giorno spesso non ci rendiamo conto della nostra complessa natura emotiva, non sappiamo riconoscere le nostre emozioni, non sappiamo esprimerle a parole e non siamo in grado di dominarle. Le emozioni sono processi psichici che rappresentano la reazione dell'individuo ad una situazione che egli reputa importante nella sua vita. Per gli studenti che al termine della scuola media superiore si trovano a decidere quale strada intraprendere, tale condizione risulta indubbiamente molto importante, perciò possiamo ragionevolmente prevedere da parte loro una forte reazione emotiva. Tuttavia non necessariamente si tratterà di una reazione consapevole, come spesso si constata nelle interviste e nei colloqui con i ragazzi. In alcuni casi le reazioni emotive cercano di farsi strada nella coscienza del ragazzo, ma questi tenta in tutti i modi di ricacciarle, mentre in altri casi tali emozioni rimangono confinate allo stato di spiacevoli e fastidiose sensazioni corporee. Spesso i ragazzi lamentano frequenti dolori al capo, insonnia, mal di pancia e una gran stanchezza, senza saperne riconoscere le cause. Questa inconsapevolezza dei ragazzi riguardo alle loro reazioni emotive rappresenta un problema che merita di essere trattato con particolare attenzione nel processo di orientamento. LA CONSAPEVOLEZZA EMOTIVA La consapevolezza emotiva che costituisce parte integrante dell’intelligenza emotiva, viene defi- nita da Claude Steiner (1997) come la coscienza delle proprie emozioni e di quelle altrui, la comprensione del rapporto di causalità nelle emozioni e la comprensione dell’influenza che l’espressione delle nostre emozioni può avere sugli altri. Steiner ritiene che la consapevolezza emotiva si sviluppi in un continuum dall’apatia all’interazione. L’apatia rappresenta quello stadio nel quale gli individui non si rendono conto delle proprie emozioni, sebbene ne siano fortemente permeati, perché sono riusciti a reprimerle completamente. Quando si chiede loro di definire il proprio stato, dicono soltanto di sentirsi intorpiditi, di avere freddo ed altre cose analoghe. Molto spesso invece chi li osserva, riesce facilmente a riconoscere le emozioni che trapelano dall’espressione o dal rossore del volto, dal tono della voce … Le sensazioni fisiche rappresentano la dimensione successiva. In questo caso gli individui si rendono conto delle sensazioni fisiche che accompagnano l’esperienza emotiva, ma non delle emozioni. Ad esempio avvertono una sensazione opprimente al torace, ma non si rendono conto di essere in ansia; avvertono il cuore sobbalzare nel petto, ma non si rendono conto di avere paura. Le loro sensazioni cercano di aprirsi un varco verso lo stadio cosciente. Spesso queste persone assumono varie sostanze per mettere a tacere queste sensazioni. Esperienze primarie. Se viene raggiunta tale dimensione, l’individuo percepisce un più elevato livello di energia che non comprende e non sa spiegare a parole e che tuttavia gli provoca sensazioni spiacevoli. Spesso si trova a reagire attraverso esplosioni incontrollate e scoppi di impulsività/acting out o episodi depressivi. La dimensione successiva è costituita dal discernimento che riflette il grado di riconoscimento delle diverse emozioni e della loro intensità. Questa di- ■23 QUADERNI DI mensione viene sviluppata soltanto da coloro che crescono in un ambiente favorevole alle informazioni emotive, nel quale hanno modo di sviluppare ed ampliare la coscienza delle proprie esperienze. Causalità. Quando l’individuo inizia a comprendere la natura delle emozioni, comprende anche la loro causa e quali sono gli eventi che scatenano una reazione emotiva. Comprende ad esempio perché in una data situazione prova paura, ansia, ecc. Empatia. Quando l’individuo impara a distinguere le emozioni che prova e la loro intensità e comprende la loro causalità, incomincia a recepire ed a riconoscere intuitivamente le analoghe componenti nelle reazioni emotive altrui. L’empatia può essere interpretata come una forma di intuizione delle emozioni che tuttavia rimane poco definita e di scarso valore per l’individuo, finché egli non sviluppa delle tecniche di validazione obiettiva delle proprie percezioni. Interazione. Non necessariamente l’individuo empatico sa come comportarsi in una determinata situazione. Il comportamento emotivo delle persone sembra voler provocare una reazione che tuttavia in alcune situazioni non risulta opportuna oppure non è possibile. Un individuo emotivamente interattivo è in grado di prevedere come l’altro reagirà al suo sentimento di rabbia, paura, felicità, gioia … Questa complessa coscienza e capacità di predizione dell’interazione tra emozioni costituisce lo stadio più elevato di consapevolezza emotiva. Sintesi dell’osservazione della consapevolezza emotiva dei liceali di Brežice al momento della scelta degli studi da intraprendere Allo scopo di analizzare empiricamente il fenomeno della consapevolezza emotiva nel ORIENTAMENTO 5 momento in cui ci si trova a decidere dei propri studi futuri, abbiamo sottoposto, nel marzo 1999, ad un campione di 109 studenti del quarto anno del liceo di Brežice (37 maschi e 71 femmine) il Questionario sulla consapevolezza emotiva dello psicologo americano C. Steiner, opportunamente modificato. Dai risultati si desume che la dimensione maggiormente rappresentata è quella del ragiomento (media aritmetica 3,1 - deviazione standard 1,24); seguono a breve distanza l'interazione (media aritmetica 2,9 deviazione standard 1,27) e l'empatia (media aritmetica 2,7 - deviazione standard 1,38). Se in base ai risultati ottenuti, dovessimo tracciare un profilo, facendo riferimento alle categorie delineate da Steiner (ovvero alto, medio o basso profilo di consapevolezza emotiva), potremmo dire che nel caso dei nostri studenti si ricava un profilo medio. (Vedi Tab. 1) Mediamente gli studenti si rendono conto delle proprie emozioni, ma non sanno sempre dominarle. Alcuni hanno raggiunto un buon livello di comprensione delle proprie emozioni, altri meno. I ragazzi esprimono parecchia empatia nei confronti di amici e compagni di scuola che si trovano nella loro medesima situazione, cioè in quella di affrontare la scelta degli studi futuri e l’iter selettivo di iscrizione alla facoltà, nonché di far fronte alle aspettative dei genitori. A volte i ragazzi preferiscono ignorare le proprie emozioni. Alcuni sono capaci di verbaliz- zare efficacemente le proprie emozioni, altri meno. Inoltre i ragazzi esprimono un elevato grado di interazione, il che significa che sono attenti alle reazioni emotive altrui e sanno modificare il proprio comportamento di conseguenza. Tra loro non ci sono differenze statisticamente significative (lo scarto deve essere di almeno il 5%) nel grado di consapevolezza emotiva in relazione al corso di studi prescelto. È stato invece registrato uno scarto interessante tra il gruppo di studenti che intendevano iscriversi ad una facoltà a numero chiuso ed il gruppo di studenti che intendevano iscriversi ad una facoltà senza tali limitazioni. I ragazzi del primo gruppo riferivano mediamente un maggior numero di sensazioni fisiche sgradevoli, quali mal di testa, dolori allo stomaco, disturbi del sonno, tensione e irritabilità che non sapevano spiegare. Tra i ragazzi e le ragazze sono state rilevate alcune differenze statisticamente significative e precisamente in relazione a tre dimensioni: reazioni fisiologiche, esperienze primarie caotiche ed empatia. Rispetto a tutte e tre le dimensioni i valori delle ragazze erano superiori a quelli dei maschi. CONCLUSIONI La consapevolezza emotiva è un importante aspetto della personalità di ciascun individuo. L’attività di orientamento al momento della scelta degli studi futuri o della professione deve essere intesa come un processo, nell’am- 5 4 3 2 1 0 Torpore Tab. 1 6 Sensazioni fisiche Esperienze Ragionamento primarie caotiche QUADERNI DI Empatia Interazione ORIENTAMENTO 23 ■ bito del quale un obiettivo importante è costituito anche dalla capacità di vivere coscientemente quell’esperienza di vita. Nei casi in cui il ragazzo si rivolge all’operatore per un’informazione, un aiuto o un consiglio, manifestando però un disagio o una problematica emotiva attinente alla scelta che deve compiere e di cui il ragazzo non ha coscienza o ne ha soltanto in parte, perché gli risulterebbe inaccettabile, è necessario innanzitutto “sintonizzarsi” sulla frequenza giusta, altrimenti il ragazzo resterà sempre sulla difensiva e non sarà possibile risolvere efficacemente il suo problema. Soltanto quando avrà la consapevolezza delle sue reazioni emotive, potrà assumersene la responsabilità, verificarle e, se necessario, correggerle. La verifica della consapevolezza emotiva nel processo di orientamento potrebbe fungere anche da eccellente strumento di previsione dell’attitudine a questa o quella professione. Infatti in alcune professioni è possibile prevedere una maggiore idoneità da parte di coloro che manifestano un grado più elevato di consapevolezza emotiva: ad esempio un livello superiore di empatia sarà auspicabile nei casi in cui lo studente opterà per un indirizzo di studi che lo condurrà poi ad una professione caratterizzata da una forte componente interpersonale. BIBLIOGRAFIA Milivojević, Z. (1993) Psicoterapia e emozioni – come capirle. Novi Sad, Prometej. Steiner, C. (1997). Achieving Emotional Literacy. A personal program to increase your Emotional Intelligence. New York, Avon Books. Rostohar, G. (1999). Esiti della ricerca sulla consapevolezza emotiva dei liceali – ricerca presentata in occasione della Conferenza internazionale sull'orientamento scolastico e professionale, Bled, 1999. IL RIFIUTO NELL’ORIENTAMENTO SCOLASTICO E PROFESSIONALE Mihajlo Rostohar (psicologo) Gordana Rostohar (psicologa) LA NATURA DEL RIFIUTO Il rifiuto nel campo dell'orientamento scolastico e professionale si manifesta sotto tre forme: rifiuto del rapporto con l'operatore, rifiuto delle proprie sensazioni e rifiuto dei problemi che l'assistito desidera (o meglio non desidera) risolvere. Secondo l'opinione di alcuni operatori tale rifiuto si ricollega alle reazioni mediante le quali l'assistito si oppone ad un efficace percorso di orientamento. Tutto ciò che ostacola il processo di orientamento, così come inteso dall’operatore, dai genitori e dagli insegnanti, viene dunque definito rifiuto. Tale definizione di rifiuto si basa su un approccio epistemologico obbiettivista. Gli operatori dei servizi di consulenza scolastica, che si identificano nel ruolo di «salvatori», sono convinti di avere il diritto ed il dovere esclusivo di stabilire la realtà psicologica ed obiettiva dell'assistito. L'approccio intersoggettivo a questo tipo di attività postula invece che la realtà soggettiva del consulente non è più reale di quella del ragazzo. Secondo questo approccio, l'esperienza viene plasmata da entrambi e dunque il consulente non presuppone di essere l'unico depositario della realtà obiettiva. In tal modo può avvicinarsi alla percezione soggettiva della realtà del suo assistito. Tipicamente il ragazzo si è creato un'immagine di sé da adulto, di cosa farà e di quale sarà il suo status sociale. Tuttavia provare ad immaginare il proprio percorso professionale futuro tende a scatenare nella maggior parte dei ragazzi reazioni emotive estremamente sgradevoli. Molti ritengono che il valore futuro della loro persona dipenda esclusivamente dalla loro capacità o incapacità di «essere davvero unici» una volta di- ventati adulti e non dal contributo che sapranno dare alla società. Lungo il percorso di consulenza si va dunque a cozzare contro un rifiuto determinato dalla scala dei valori del ragazzo e dalle tendenze del momento che lo inducono ad optare sempre per le professioni di grido. Molte sono le professioni che forniscono all'adolescente un immediato ritorno dal punto di vista del consolidamento della sua identità (dell'immagine ideale che ha di sé), sebbene a lungo termine non siano in grado di garantirgli una congrua fonte di reddito. Il rifiuto dell'adolescente è dunque un segnale per l’operatore, e precisamente un segnale che rivela la «consapevolezza» dell'importanza della situazione che l'adolescente si trova a vivere. Il dr. Zoran Milivojević (2001) segnala che l’individuo non tollera quelle strutture di rappresentazione della realtà che demoliscono una parte importante del suo contesto referenziale. L’individuo si oppone a tutti gli stimoli che intaccano la struttura e la gerarchia dei suoi valori fondamentali. A questa dissonanza egli si oppone con una serie di meccanismi di difesa che l’operatore riconosce e definisce come rifiuto. I meccanismi di difesa servono dunque a preservare l’equilibrio psichico dell’assistito. Alcuni operatori ed anche psicoterapeuti cercano di modificare il comportamento degli assistiti che esprimono un rifiuto. Poiché il comportamento è soltanto la conseguenza della percezione della situazione vissuta dall’assistito, è possibile influire sul rifiuto soltanto modificando il contesto referenziale che condiziona le sue reazioni emotive. In materia di emozioni ci imbattiamo spesso, sia tra gli esperti che tra le persone comuni, in pregiudizi, teorie, miti e interpretazioni distorte di ciò che dovrebbero essere le reazioni emotive, la loro funzione adattiva, il loro manifestarsi, la loro struttura e intensità, la loro influenza sul rifiuto, sull’adattamento e sull’indecisione, nonché su ciò che nella sfera delle emozioni va ritenuto normale o alterato. Molte persone ritengono di essere “assennate”, quando reagiscono in maniera razionale, mentre tutto ciò che è emotivo rientra a loro avviso nella sfera dell’“irrazionale”, dell’insensato e del non dignitoso. Anche nelle nostre scuole si stanno ingrossando le fila dei sostenitori della cultura “cool” ovvero della freddezza e dell’indifferenza. Perciò molti ragazzi si trovano in costante lotta con le proprie emozioni. Inoltre essendo così diffusa questa tendenza, è comprensibile il manifestarsi di ulteriori reazioni emotive, e precisamente di vergogna e rifiuto per le sensazioni provate o addirittura di rifiuto di qualsiasi emozione. Dunque non è possibile comprendere il rifiuto senza comprendere la sequenza delle reazioni psichiche, descritte nel seguente modello causale. nuova situazione di vita azione – rifiuto percezione immagine mentale attribuzione percezione cosciente tendenza comportamentale (coscienza) valutazione reazione emotiva ■23 QUADERNI DI ORIENTAMENTO 7 Se la risposta emotiva dell’individuo ad una determinata situazione esistenziale derivante dall’ambiente è una reazione non riflessiva della coscienza (J. P. Sartre, 39), si dirà che tale reazione è egosintonica, mentre il riflesso cosciente ad un’esperienza inaccettabile viene definito come reazione egodistonica dell’individuo. Vale a dire che la reazione emotiva ego-distonica viene considerata come una tipologia particolare di reazione emotiva secondaria che in seguito al nostro rapporto rispetto alle emozioni maschera la reazione emotiva primaria dell’ego. In questo modo la reazione primaria ci appare logica ed accettabile. Il processo viene definito reazione meta-emotiva. In considerazione dell’atteggiamento assunto dalla nostra cultura nei confronti delle emozioni, possiamo ben comprendere l’insoddisfazione di alcuni individui rispetto a determinate emozioni o alle emozioni in genere quale reazione metaemotiva ad un contesto emotivo primario, vale a dire rabbia, apatia, paura, ansia, preoccupazione, sospetto, vergogna, frustrazione o noia. Tale diffusa tendenza può influire anche sul rifiuto quale reazione alla paura e ad altre sensazioni spiacevoli che i ragazzi ed anche gli adulti sperimentano come emozioni autentiche, ma sgradevoli. Spesso il rifiuto si manifesta anche sotto forma di sensazioni spiacevoli derivanti dal corpo (sete, fame, freddo, prurito). Attraverso le loro tre dimensioni fondamentali, i processi psichici uniti alle reazioni emotive ci forniscono una risposta al fenomeno del rifiuto che nell’attività di consulenza e orientamento costituisce un ostacolo che impedisce a molti ragazzi di intraprendere il percorso più promettente. LE DIMENSIONI FONDAMENTALI DELLE EMOZIONI Secondo un approccio scientifico a carattere più edonistico potremmo suddividere le emozioni, nonostante il prevalere dell’opinione che esse siano soltanto positive o negative, in piacevoli e spiacevoli in base ad una scala di utilità rapportata al nostro comportamento adattivo. Piacevolezza e spiacevolezza sono due elementi determinanti dei processi emotivi in tutta la loro fenomenologia. Naturalmente implicano una vasta gamma di intensità e sfumature che rappresentano l’espressione dell’ambiente psicologico ovvero dell’intero contesto del loro manifestarsi. In seguito a tale interdipendenza dal contesto, la dimensione edonistica assume consapevolezza soltanto in rapporto alle altre esperienze ed attraverso il proprio influsso su di esse. La dimensione cognitiva delle emozioni determina la reazione emotiva di ciascun individuo nella medesima situazione esistenziale, reazione che, in base al modello sopra illustrato, dipende dai processi cognitivi e dalle conclusioni su di sé, sulle circostanze in cui ci si trova ovvero sul significato della situazione quale stimolo e sull’importanza della situazione per l’individuo. Non appena la persona riconosce il significato della situazione ne valuta anche i possibili esiti e constata se i suoi desideri sono strumentali o frustranti. Se giudica che la situazione non sia minacciosa, ma attraente, sviluppa una reazione emotiva piacevole e attraverso il proprio comportamento si adegua. Se invece giudica che tale situazione possa essere minacciosa, si confronta con essa in base all’immagine che ha di sé e valuta la sua accettabilità. Se reputa la situazione accettabile, sviluppa un sentimento di rabbia o di frustrazione e si appresta a superare aggressivamente gli ostacoli che aveva valutato come minacciosi. Se invece reputa che la situazione sia inaccettabile, passa subito a valutare l’ineluttabilità di tale situazione. Se l’individuo conclude di non poter evitare o fuggire da quella situazione, reagirà con tristezza o terrore e metterà in atto un comportamento passivo oppure in caso contrario reagirà con panico o paura e attiverà un comportamento di fuga. Tutte le reazioni comportamentali saranno dunque diverse in dipendenza dell’elaborazione cognitiva dell’individuo, come risulta dallo schema seguente. SITUAZIONE ESISTENZIALE (SIGNIFICATO) - SITUAZIONE MINACCIOSA + SITUAZIONE ATTRAENTE (VALORE DEL SIGNIFICATO) LA SITUAZIONE E’ ACCETTABILE LA SITUAZIONE NON E’ ACCETTABILE LA SITUAZIONE PUO’ ESSERE EVITATA RABBIA AGGRESSIVITA’ 8 PAURA FUGA QUADERNI DI ORIENTAMENTO LA SITUAZIONE NON PUO’ ESSERE EVITATA TRISTEZZA PASSIVITA’ (RIFIUTO) ■ 23 FELICITA’ ADESIONE La funzione conativa delle emozioni viene attribuita soprattutto al loro aspetto edonistico, per cui l’influenza della piacevolezza sul comportamento ha un effetto di attrazione, mentre le emozioni spiacevoli attivano un comportamento di rigetto. Questa influenza delle emozioni ci aiuta a spiegare il manifestarsi del RIFIUTO. L’aspetto edonistico non è l’unica dimensione delle emozioni che si registra nell’analisi delle reazioni soggettive, tuttavia questo influisce anche su tutte le altre funzioni delle reazioni emotive, tra le quali, dal punto di vista della consulenza scolastica, risulta particolarmente interessante la dimensione conativa, cioè dell’attivazione. Tale dimensione delle emozioni, ovvero l’attivazione o l’adeguamento, può essere metaforicamente equiparata al movimento, dunque alla vita stessa. È su di essa che si fonda l’intera attività fisica umana. LE REAZIONI PSICO-ADATTIVE E IL RIFIUTO Il concetto di espressione adeguata delle emozioni, soprattutto della rabbia nelle ragazze e di paura nei ragazzi, è socialmente determinata; ne consegue un’intensificazione dell’attivazione dell’espressione di rabbia sotto forma di aggressività. L’aggressività può essere tollerata nella scuola, tuttavia nella maggior parte dei casi gli individui aggressivi vengono esclusi dalla scuola. Perciò tutti coloro che devono rimanere in un ambiente non tollerante si trovano costretti a sublimare l’espressione delle proprie emozioni. In questi individui il rapporto che essi hanno nei confronti delle proprie emozioni conduce ad un rifiuto. Si può dunque concludere che il rifiuto da parte dell’assistito è un fenomeno che costituisce una reazione conativa nei confronti di se stesso, dell’operatore, della scuola e del lavoro, vale a dire nei confronti del mondo e della propria vita futura. L’ORIENTAMENTO SCOLASTICO E PROFESSIONALE Tatjana Ažman (pedagogista e sociologa) Servizio di consulenza scolastico Liceo di Vič, Tržaška cesta 72, Lubiana INTRODUZIONE In Slovenia presso ciascuna scuola media superiore (dai quattordici ai diciotto anni di età) opera un servizio di consulenza svolto solitamente da un unico operatore (psicologo, pedagogista, assistente sociale, esperto di handicap o socio-pedagogista). Il suo lavoro risulta molto vario e dipende dalle esigenze degli studenti, degli insegnanti e delle famiglie: quando si rivolge ai ragazzi delle scuole medie inferiori, il suo compito è quello di informarli sulle caratteristiche della scuola e sulle modalità d'iscrizione; mentre quando si rivolge agli studenti delle superiori, provvede ad informarli in merito agli sbocchi professionali oppure all'ulteriore percorso formativo. Inoltre si occupa sia dei “talenti” che dei ragazzi più problematici, insegna ai ragazzi i metodi di apprendimento più efficaci, segue ed analizza il loro profitto scolastico, assiste i ragazzi che si occupano di volontariato, si preoccupa dei rapporti interpersonali all'interno della scuola, tiene seminari per docenti e genitori su argomenti vari e collabora nell'introduzione di innovazioni nel programma didattico. Una delle mansioni principali dell'operatore è naturalmente ■23 QUADERNI DI l'orientamento scolastico degli studenti che, avendo scelto dopo la scuola media inferiore gli studi liceali, non sanno ancora quale corso di studi universitario intraprendere. Il conseguimento della maturità liceale consente allo studente di iscriversi a qualsiasi facoltà, tuttavia per accedere ad un quarto di tutti i corsi universitari (ai quali desiderano iscriversi ben due terzi di tutti i maturandi), a causa del «numero chiuso», è necessario conseguire, al terzo ed al quarto anno di liceo ed all'esame di maturità, i voti migliori. Inoltre nel caso delle Accademie d'arte ed in alcuni altri casi, lo studente dovrà anche sostenere un esame di ammissione. I problemi connessi con l'orientamento scolastico sono i seguenti: • il profitto degli studenti sloveni è mediamente basso (tra il 25 e il 60%). Ben pochi concludono gli studi medi superiori nei tempi prestabiliti. Inoltre molti ragazzi dopo il primo anno cambiano indirizzo di studi; • l’operatore non riesce a seguire per quattro anni in maniera continuativa lo studente nella conoscenza di se stesso, dell’ambiente sociale e nell’acquisizione degli strumenti per meglio scegliere l’ulteriore percorso educativo e successivamente la professione; • l’operatore della scuola media superiore è l’ultima occasione che lo studente ha per imparare come trovare lavoro, presentare domanda di impiego e formulare un curriculum vitae. Nelle facoltà tale insegnamento non è previsto; • durante la loro formazione gli operatori non apprendono nulla (i pedagogisti) o molto poco (gli psicologi) sulla programmazione, attuazione e valutazione dell’orientamento scolastico e professionale; • l’Agenzia dell’impiego che un ORIENTAMENTO 9 tempo assolveva tale ruolo anche presso le scuole, ora non lo svolge più. COME VIENE SVILUPPATO L’ORIENTAMENTO SCOLASTICO L’orientamento scolastico rivolto agli studenti del secondo anno La sottoscritta ha aderito con grande interesse al progetto della Sovrintendenza scolastica, coordinato dalla psicologa dott. Brigita Rupar che ha consentito di acquisire le conoscenze necessarie al buon svolgimento dell’attività di orientamento scolastico. Il progetto prevede che gli studenti vengano informati sul ruolo dell’orientamento a partire già dal secondo anno di liceo. A tale scopo vengono destinate 15 ore obbligatorie, ma escluse dalle ore di didattica, e precisamente 1 ora per settimana. I contenuti vengono concordati con l’insegnante di classe. Nel corso del secondo anno gli studenti imparano soprattutto a conoscere se stessi, il proprio carattere, le proprie abilità e capacità, i metodi di studio ed i propri interessi, ma anche il mondo del lavoro. Al terzo anno impareranno invece a conoscere l’immagine che hanno di sé, le loro motivazioni e desideri, gli interessi professionali e i corsi di studio. Inoltre si sottoporranno a due test: uno dedicato ai loro interessi ed uno alla professione più adatta. Al quarto anno gli studenti si prefiggeranno degli obiettivi di studio e professionali, reperiranno le informazioni in merito alle modalità d’iscrizione, sceglieranno il corso di studio, si iscriveranno ed impareranno a formulare una domanda d’impiego. L’obiettivo fondamentale è dunque quello di insegnare loro a pianificare autonomamente il proprio percorso professionale, a cercare efficacemente le informazioni necessarie ed a prendere le opportune decisioni. 10 L’orientamento scolastico rivolto agli studenti del quarto (ultimo) anno Qui di seguito descriverò come si sono svolte concretamente le attività di orientamento rivolte agli studenti del quarto anno nell’anno scolastico 2000/01. La sottoscritta ha programmato, attuato e seguito il percorso decisionale degli studenti che li ha condotti alla scelta di una futura professione. Gli obiettivi perseguiti erano tre: fornire ai ragazzi il maggior numero di informazioni sui possibili percorsi di studio e professionali, insegnare loro a reperirle e aiutarli a comprenderle, selezionando solo quelle rilevanti; far acquisire ai ragazzi alcune esperienze nello studio o nella professione cui si erano detti interessati ed in terzo luogo aiutarli a fare chiarezza sui propri reali interessi e possibilità. Allo scopo di realizzare questi obiettivi, sono state programmate e sviluppate le seguenti attività: • le informazioni contenute in opuscoli, pieghevoli e volumi erano disponibili per gli studenti nella biblioteca scolastica, presso il servizio di consulenza, in bacheca e via Internet; • durante l’ora settimanale obbligatoria la sottoscritta informava i ragazzi su bandi, domande da presentare e iscrizioni, mentre i genitori venivano messi al corrente di queste informazioni durante gli incontri di classe. Inoltre è stata preparata e distribuita agli studenti una lista scritta di istruzioni per l’elaborazione di una strategia di scelta della professione e degli studi; • in collaborazione con l’Istituto “Izida” gli studenti hanno avuto modo di visitare diversi enti ed aziende e di venire a contatto con alcune professioni. Hanno così potuto appurare di che cosa si occupa il sociologo, lo QUADERNI DI ORIENTAMENTO ■ 23 storico d’arte, il chimico, il traduttore, il criminologo, il legale, il giornalista, lo psicologo, l’informatico, l’esperto di comunicazione e l’economista. Agli incontri con 11 professioni hanno partecipato complessivamente 182 studenti; • gli studenti hanno visitato anche il Centro di orientamento e informazione professionale dove, in quella occasione e nelle successive, hanno potuto raccogliere preziose informazioni. Hanno visitato il Centro 116 ragazzi; • la scuola ha organizzato una serie di presentazioni tenute da professori universitari (presentazione delle facoltà di fisica, economia e chimica). Inoltre tutti gli studenti hanno partecipato alla giornata informativa in facoltà; • i ragazzi hanno avuto modo di sviluppare e riconoscere i propri interessi e le proprie attitudini nel corso di varie attività scolastiche ed extrascolastiche quali il volontariato sociale, il circolo di sperimentazione chimica, di informatica, l’astronomia, l’orticoltura e l’alpinismo, la partecipazione alla giornata informativa rivolta agli alunni della scuola media inferiore, ai progetti internazionali di scambio, ai campi di ricerca, alle escursioni, alle ore di conversazione in lingua straniera ed al giornalino scolastico; • a scuola hanno potuto compilare il test sugli studi cui sono interessati ed il test “dove e come” in tema di professioni. Molti studenti hanno compilato soltanto un test, ma nella maggior parte dei casi hanno completato entrambi. I test sono accessibili anche in forma elettronica; • i ragazzi hanno potuto fruire anche del servizio di consulenza individuale (circa il 50% dei 210 studenti); • i ragazzi hanno partecipato spontaneamente alle varie atti- vità, facendone richiesta. Lungo questo percorso sono stati seguiti dalla sottoscritta, dai professori di classe e da altri collaboratori. Le visite sono state organizzate in parte durante l’orario scolastico ed in parte dopo le lezioni. Nel mese di marzo la sottoscritta ha elaborato un’analisi della partecipazione degli studenti alle singole attività ed ha compilato un questionario di valutazione delle attività di orientamento. Hanno compilato il questionario 192 studenti di 7 sezioni del quarto anno del liceo. I RISULTATI DEL QUESTIONARIO Gli studenti si sono dichiarati interessati alle seguenti professioni: legale, economista, direttore, allenatore, arbitro, bancario, designer, politico, PR, traduttore, imprenditore, politologo, insegnate della terza età, sociologo, antropologo culturale, dirigente d’azienda, revisore dei conti, arredatore, agente di borsa, impiegato nelle telecomunicazioni, odontoiatra, informatico, medico, urbanista, farmacista, giornalista, professore di matematica, psicologo, costruttore, esperto di comunicazione, infermiera, fisico, veterinario, guida turistica, militare, biologo, storico, ingegnere meccanico, geografo, pilota, bibliotecario, esperto di cultura, ingegnere idraulico, forestale, paleontologo, diplomatico, attore, pubblicitario, criminologo. La maggior parte degli studenti ha scelto come prima opzione la facoltà di economia ed a seguire quelle di legge, scienze sociali e informatica. La maggior parte degli studenti ha optato per una professione al quarto anno (48%); il 32% aveva già scelto una professione nel corso dei primi tre anni, mentre soltanto il 15% l’aveva già fatto alla scuola media inferiore. Il corso di studi universitari è stato scelto nella maggior parte dei casi al quarto anno (72%), il 24% degli studenti lo ha scelto nel corso dei primi tre anni di liceo, mentre il 9% già alla scuola media inferiore. La maggior parte degli studenti ha confermato di aver ricevuto sufficienti informazioni per operare la scelta (56%), il 36% ha ritenuto di aver avuto a disposizione una quantità modesta di informazioni, mentre il 5% ha dichiarato di averne avute troppo poche. Quest’ultimo gruppo ha anche dichiarato di non essere stato sufficientemente attivo nella ricerca delle informazioni necessarie, avendo per lo più utilizzato un’unica fonte, vale a dire la giornata informativa. Gli studenti hanno riferito di aver reperito il maggior numero di informazioni dagli amici (72%), a seguire dalle facoltà ed accademie (72%), dal servizio di consulenza scolastica (62%), dai siti web delle facoltà, dai genitori, dal Centro di orientamento e informazione professionale, dalle biblioteche, dai parenti, dalle attività extrascolastiche e infine dagli insegnanti. Soltanto pochi studenti hanno dichiarato di aver reperito informazioni dai circoli scolastici. Nella scelta degli studi universitari da intraprendere gli studenti hanno utilizzato le seguenti fonti d’informazione: la più frequente è stata la giornata informativa (82%), seguita dagli stampati disponibili presso il servizio di consulenza (58%). Il 55% degli studenti si è sottoposto al test sugli interessi nel campo degli studi e il 43% a quello intitolato “dove e come”, il 47% ha utilizzato Internet, il 45% ha consultato il materiale disponibile nella biblioteca scolastica, il 36% si è avvalso delle informazioni in bacheca, il 20% degli studenti ha partecipato alle visite in azienda, mentre il 16% ha visitato il Centro di orientamento e informazione professionale. Nella maggior parte dei casi ■23 QUADERNI DI (58%) i ragazzi hanno affermato di non essere stati assolutamente influenzati nella loro scelta, l’11% ha dichiarato di essere stato influenzato dai genitori, il 7% dagli amici e il 5% dalla giornata informativa. La maggioranza dei ragazzi si è detta soddisfatta delle informazioni e del sostegno fornito dal servizio di consulenza (61%), il 35% si è dichiarato mediamente soddisfatto e il 3% insoddisfatto. Gli studenti hanno avanzato le seguenti proposte per migliorare il servizio di consulenza: le informazioni devono arrivare rapidamente; invece di pubblicarle in bacheca si usi piuttosto il sito web della scuola; sarebbero gradite più presentazioni di corsi universitari e più visite in azienda, più incontri con gli studenti universitari e più informazioni sulle possibilità d’impiego; le attività di orientamento dovrebbero essere avviate già dal primo anno e dovrebbero essere disponibili più operatori con i quali poter sviluppare un dialogo più approfondito. CONCLUSIONI Gli studenti sono soddisfatti del servizio di orientamento che opera presso la scuola. Visto e considerato che le attività vengono portate avanti da un’unica operatrice che si occupa di diversi compiti, si è rivelato utile coinvolgere nell’orientamento anche altri servizi e collaboratori e precisamente l’Istituto “Izida”, il Centro di orientamento e informazione professionale, i professori universitari e i docenti della scuola. Si constata che la maggior parte degli studenti ha difficoltà a decidere su come proseguire gli studi, soprattutto perché manca di esperienza. Le informazioni non sono sufficienti, i ragazzi devono imparare a conoscere i propri interessi. Inoltre è bene che le attività di orientamento abbiano inizio già al secondo anno. ORIENTAMENTO 11 BIBLIOGRAFIA • Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia, Direzione regionale dell’istruzione e della cultura: Orientare, Trieste 1996 • Richard Nelson Bolles: Di che colore è il tuo paracadute – manuale per chi è in cerca di occupazione e per chi desidera modificare il proprio percorso professionale, Gnosis-Quatro, Lubiana, 1999 • Aman, T.: L’orientamento professionale presso il Liceo di Vič, nella rivista “Il servizio di consulenza scolastico”, anno VI, numero 3, Lubiana 2001 • Cergolj, J. et alii: Analisi delle immatricolazioni nell’anno accademico 2001/02, Università di Lubiana – Servizio informatico per le iscrizioni, 2001 • Consiglio curricolare nazionale: Indirizzi programmatici – Il servizio di consulenza nei licei, negli istituti tecnici e professionali e nelle case dello studente (proposta), Lubiana, 1999 • Rupar, B.: L’orientamento negli indirizzi programmatici del servizio di consulenza scolastico, nella rivista “Il servizio di consulenza scolastico”, anno IV, numero 2, 1999 • Krumboltz, J. D.: L’applicazione della teoria del metodo di studio nell’orientamento professionale in “Come consigliare? – Contributi all’orientamento professionale”, Izida, Lubiana, 1997 PROGETTO DI INCENTIVAZIONE DELL’ISTRUZIONE TECNICA Vanesa Frančeškin Centro Tecnico-Scolastico, Nova Gorica LA PRESENTAZIONE DELLE PROFESSIONI Nell’ultimo decennio siamo stati 12 testimoni di una profonda trasformazione dell’economia slovena e in genere della sua società. Numerose grandi aziende si sono sgretolate durante il processo di ristrutturazione e parecchi lavoratori sono rimasti senza lavoro. Purtroppo tra questi molti svolgevano mansioni di carattere tecnico. Tale esperienza ha involontariamente indotto molti genitori a indirizzare i propri figli verso studi più umanistici o comunque non tecnici (ad esempio liceali). Attualmente questa tendenza è divenuta così spiccata da andare al di là di qualsiasi ragionevole spiegazione. Non pochi comparti economici ed artigianali si trovano in difficoltà a causa dell’assottigliarsi delle iscrizioni negli istituti tecnico-professionali, tanto che spesso si registra una carenza di figure professionali tecniche adeguatamente preparate. Ne consegue un rallentamento della crescita produttiva e della crescita economica in genere. Non di rado le aziende ed anche i singoli imprenditori ed artigiani si rivolgono al nostro Centro tecnico-scolastico nella speranza di trovare, tra gli studenti degli ultimi anni degli indirizzi metalmeccanico ed elettrotecnico, i dipendenti di cui hanno bisogno. Nonostante offrano ai ragazzi un posto sicuro ed un buon trattamento economico, spesso non riescono a reperire la manodopera necessaria, perché il numero di studenti va riducendosi di anno in anno e perché i ragazzi preferiscono comunque proseguire gli studi a livello universitario o parauniversitario. In seguito alla riduzione degli iscritti e delle sezioni negli istituti tecnico-professionali ed all’aumento della domanda di manodopera da parte dei datori di lavoro, il nostro Centro di Nova Gorica ha deciso di avviare una serie di nuove attività, il cui obiettivo principale è la promozione di determinati mestieri e professioni tecniche e dell’interesse nei loro riguardi. QUADERNI DI ORIENTAMENTO ■ 23 Tali attività si rivolgono ai giovani che al termine della scuola dell’obbligo si trovano di fronte ad una decisione molto importante e difficile: che cosa fare, quale mestiere intraprendere, a quale scuola iscriversi? Le attività svolte in forma di workshop si prefiggono lo scopo di trasmettere un’immagine vivida del mestiere ed in tal modo di agevolare la scelta del percorso professionale. I partecipanti vengono a conoscenza di determinati comparti tecnici, ovvero mestieri, attraverso le loro mansioni più caratteristiche e le capacità psicomotorie richieste al loro espletamento. Inoltre hanno la possibilità di sperimentare il lavoro in maniera diretta, poiché questo è uno degli obiettivi fondamentali del nostro progetto. Al progetto partecipano gli operatori dei servizi di consulenza della scuola dell’obbligo, ovvero i coordinatori che svolgono l’effettiva attività di orientamento, nonché gli esperti e gli insegnanti del Centro scolastico. Si auspica che il progetto venga sostenuto anche dalle parti sociali, quali la Camera di Commercio, l’Agenzia dell’impiego della Repubblica di Slovenia, i Comuni, le imprese e gli artigiani della zona, poiché le nostre attività che si prefiggono di promuovere presso i giovani l’interesse per i mestieri del comparto tecnico sono di grande utilità anche per i potenziali datori di lavoro. In primo luogo è stato organizzato presso il Centro tecnico-scolastico un incontro di lavoro con gli operatori dei servizi di consulenza della scuola dell’obbligo, durante il quale è stato presentato il progetto e sono state concordate le modalità di collaborazione. Compito degli operatori è informare i propri alunni sull’offerta formativa del nostro Centro, nonché spronarli a partecipare ai nostri workshop di presentazione per ciascun settore tecnico. Le attività di workshop vengono organizzate per gruppi di 10-14 alunni, separatamente per gli in- dirizzi elettrotecnico e metalmeccanico, e si svolgono nei laboratori e nelle officine scolastiche, solitamente dalle 8 alle 12 con un intervallo per la ricreazione. A titolo introduttivo vengono presentate agli alunni alcune caratteristiche dei singoli mestieri, mentre non ci si sofferma sui programmi didattici e sulla presentazione della scuola, poiché queste informazioni vengono comunque fornite in occasione della “giornata delle porte aperte” e della giornata informativa. In seguito sotto la guida dei tutors gli alunni in visita realizzano un oggetto non impegnativo. Nell’esecuzione li assistono i ragazzi del nostro Centro. In questo modo oltre all’esperienza pratica gli alunni acquisiscono anche qualche notizia “di prima mano” da parte dei loro compagni più grandi ed hanno la soddisfazione di poter portare a casa l’oggetto finito. Nel corso della dimostrazione gli alunni hanno modo di venire a contatto con macchine moderne ed apparecchiature e si impratichiscono al computer. In questo modo viene posto l’accento sulla modernità, sulle novità e sulle prospettive di ulteriore sviluppo delle tecnologie che certamente possono risultare stimolanti per i ragazzi più capaci, creativi e determinati. Al termine del workshop i partecipanti compilano un questionario di valutazione, con il quale si verificano le loro impressioni durante lo svolgimento delle attività: che cosa è risultato più interessante e che cosa meno, quale opinione hanno ricavato del mestiere o professione che hanno avuto modo di approfondire. Il progetto di cui sopra è stato avviato presso il Centro tecnico-scolastico di Nova Gorica nell’anno scolastico 2000/2001. Finora hanno chiesto di partecipare a dette attività 22 scuole medie inferiori dell’Isontino sloveno, della zona costiera e del Carso interno. Dall’ottobre 2000 ad oggi hanno frequentato i nostri workshop per gli indirizzi elettrotecnico e metalmeccanico più di 700 alunni della scuola media inferiore. Tra le motivazioni che li hanno indotti a partecipare vengono citate più frequentemente il desiderio di verificare quali sono le modalità di apprendimento di capacità pratiche (21%), l’interesse per le attività tecniche (20%), la possibilità di conoscere il mestiere attraverso un’attività pratica (17%), l’aiuto nella scelta del mestiere (16%). La maggior parte dei partecipanti ritiene che l’attività sia stata interessante (94%), mentre il 79% la reputa anche utile e rilevante. In base all’analisi dei questionari si desume che le presentazioni sono strutturate in modo tale da soddisfare completamente le aspettative dei partecipanti – ben il 95% si è detto soddisfatto della presentazione. Incoraggiante è anche il feedback fornito dagli operatori dei servizi di consulenza della scuola dell’obbligo e dai genitori. Tutte le informazioni raccolte indicano che il metodo sopra esposto risulta molto interessante per gli alunni della scuola dell’obbligo e consono agli obiettivi stabiliti. Vale a dire che l’impegno profuso dai collaboratori e i fondi stanziati sono stati messi a frutto nel migliore dei modi. L’ORIENTAMENTO PROFESSIONALE NELLA SCUOLA MEDIA SUPERIORE Andreja Petrovič Istituto tecnico commerciale (Ekonomska šola) – Novo mesto INTRODUZIONE Le decisioni riguardanti il futuro professionale di ciascun individuo non sono cosa da poco. Il lavoro svolge un ruolo determinante nella vita della maggior parte delle persone e la prepara- ■23 QUADERNI DI zione al lavoro è un compito estremamente importante ed impegnativo. Un’inadeguata scelta del proprio mestiere o professione può far insorgere nell’individuo un sentimento di insoddisfazione e frustrazione e conseguentemente ne può risentire l’intera collettività. Si tratta di una decisione che deve essere presa dallo studente che tuttavia deve essere assistito dai genitori, dai parenti ed anche dai consulenti scolastici, facendo attenzione a non mettersi nelle mani di persone incompetenti o a lasciar fare al caso. Se desideriamo aiutare gli studenti nella loro scelta, dobbiamo educarli, così da farne individui psicologicamente e socialmente maturi, in grado di assumersi la responsabilità del proprio comportamento e di valutare il proprio valore. Al contempo dobbiamo spronarli allo studio, adoperarci affinché gli abbandoni scolastici si riducano, aumentare la flessibilità di azione e reazione, nonché sviluppare la capacità di instaurare rapporti positivi con il prossimo. Gli operatori che nelle scuole si occupano dell’orientamento scolastico e professionale, constatano spesso di non disporre di informazioni sufficienti su mestieri e professioni. In seguito ai numerosi cambiamenti, di cui siamo stati testimoni negli ultimi tempi, il materiale attualmente disponibile relativo alle professioni ed ai programmi scolastici risulta obsoleto e inutilizzabile. Inoltre sono venute alla ribalta nuove professioni e nuovi indirizzi di studio. Anche gli studenti sono diventati sempre più esigenti e sanno meglio destreggiarsi nella ricerca di informazioni, mentre gli operatori dei servizi di consulenza hanno progressivamente assunto il ruolo di tramite nella ricerca di informazioni, poiché da soli non sono più in grado di seguire tutti i rapidi cambiamenti. Di grande aiuto si è rivelato Internet, dove è possi- ORIENTAMENTO 13 bile reperire interessanti informazioni e novità sui programmi di studio. Presso la nostra scuola, tutti gli studenti hanno accesso a Internet e ne fanno ampio uso. L’ORIENTAMENTO PROFESSIONALE PRESSO LA NOSTRA SCUOLA Si osserva che la motivazione degli studenti allo studio non è proporzionale alle loro aspirazioni professionali. Nel pianificare il percorso formativo e professionale gli studenti, in base alle nostre esperienze, spesso non tengono conto delle proprie effettive capacità e possibilità di trovare un impiego. Perciò ci siamo prefissi l’obiettivo di aiutare gli studenti a trovare una via per conoscere meglio se stessi, di spiegare loro l’importanza dello studio e dell’apprendimento continuo ai fini di una futura occupazione e di presentare loro le opzioni di studio e di impiego. Nel corso del primo e del secondo anno, nell’ambito degli insegnamenti opzionali, lavoriamo soprattutto sulla motivazione allo studio e sullo sviluppo di abitudini di studio efficaci, li aiutiamo a scoprire in maniera più sistematica le proprie qualità, capacità e valori personali e sviluppiamo con loro le capacità comunicative e il lavoro di gruppo. Tali attività vengono svolte in appositi laboratori sperimentali. In questo modo stimoliamo e prepariamo gli studenti ad una pianificazione attiva del loro percorso professionale e di vita. Nel corso del terzo e del quarto anno gli studenti vengono a conoscenza delle alternative cui possono accedere per il proseguimento degli studi, dei requisiti per l’iscrizione, delle caratteristiche di determinate professioni, delle possibilità di occupazione e delle tendenze sul mercato del lavoro. A tali informazioni accedono attraverso stampati, visita di manifestazioni fieristiche, conferenze e seminari su singole 14 professioni o mestieri, visite in azienda, osservazione degli addetti durante lo svolgimento delle loro mansioni. Al quarto anno gli studenti interessati possono partecipare ad un test, svolto dagli psicologi dell’Agenzia dell’impiego della Repubblica di Slovenia. Sulla base dei risultati del test gli psicologi sviluppano un colloquio individuale con ciascuno degli studenti. Abbiamo constatato che limitarsi a fornire informazioni scritte in merito alle singole professioni non è sufficiente. Certo tali informazioni aiutano lo studente a farsi un’idea che tuttavia deve poi essere integrata da altri canali. Le informazioni acquisite attraverso la lettura devono essere completate da un’immagine più “vivida” della professione che gli studenti traggono da seminari e colloqui con persone del mondo del lavoro, in grado di presentare la propria esperienza. Con il patrocinio dell’Agenzia dell’impiego della Repubblica di Slovenia viene sviluppato il progetto “UN NUOVO APPROCCIO ALLE PROFESSIONI” (DRUGAČE O POKLICIH). La realizzazione del progetto è stata affidata al Centro per l’imprenditoria (Podjetniški center) di Novo Mesto che ha organizzato presso la nostra scuola un ciclo di presentazioni dedicato a varie professioni, tra le quali il dirigente d’azienda, l’ispettore di commercio, l’operatore turistico, l’esperto di cultura, il politologo e via dicendo. Il progetto persegue l’obiettivo di informare approfonditamente i ragazzi sulle singole professioni, sulla base dei loro interessi. Per gli studenti che desiderano individuare la professione più adatta, verificare come viene concretamente svolto il lavoro, constatare quali caratteristiche sono necessarie, apprendere come si sono formati coloro che già svolgono quella professione e soddisfare tutte le loro curiosità in merito, vengono organizzati visite e colloqui in azienda o sul QUADERNI DI ORIENTAMENTO ■ 23 posto di lavoro, nonché seminari tenuti da esperti dell’argomento. Le esperienze maturate attraverso questo tipo di attività si sono rivelate molto positive. Gli studenti partecipano numerosi alle presentazioni, sebbene queste avvengano al di fuori dell’orario scolastico, essi sono motivati e pongono molte domande, tanto che spesso gli incontri si protraggono al di là dell’orario previsto. Hanno inoltre la possibilità di incontrare persone che effettivamente svolgono quella professione, di scoprire come hanno trovato impiego e quali sono i requisiti richiesti … In questo modo gli studenti possono appurare se quella è la professione che fa davvero al caso loro o se magari se n’erano fatta un’idea sbagliata. Alcune opinioni espresse dagli studenti: ESPERTO DI CULTURA La presentazione della professione dell’esperto di cultura è stata estremamente interessante. L’ospite che svolge questa professione, ci ha presentato esaurientemente il corso di studi. Ci ha illustrato i pro e i contro di questa professione e le possibilità di impiego. La cosa che più mi è piaciuta, è la varietà di questa professione. L’esperta ha anche risposto a tutte le nostre domande. Mi ha entusiasmato l’idea di poter conoscere attraverso il lavoro artisti e gente dello spettacolo, poter visitare luoghi interessanti, assistere ai più importanti spettacoli e concerti … La presentazione di questa professione è stata “musica” per le mie orecchie e penso che tutti coloro che sono interessati alla cultura ed all’arte abbiano molto apprezzato questo seminario che li ha sicuramente stimolati ad intraprendere questa professione. Ivana ISPETTORE DI COMMERCIO Ho deciso di assistere a questa presentazione perché ero curiosa di sentire che cosa ci avrebbe raccontato in proposito l’esperto. Ho sentito molte cose nuove. Ciò che maggiormente mi ha colpito è stato il fatto che si tratta di una professione estremamente obiettiva che non lascia spazio ai rapporti interpersonali: l’ispettore tratta l’individuo con molto distacco, quasi fosse un oggetto. Ho potuto constatare che l’ispettore deve conoscere e rispettare leggi e regolamenti ed infatti la maggior parte del seminario è stata dedicata alla presentazione delle leggi che costituiscono il presupposto del suo lavoro. Sebbene l’esperto si sia impegnato molto, la sua professione non mi ha attratto particolarmente. Mi sembra più interessante svolgere un lavoro che consideri l’individuo in tutta la sua interezza e non soltanto come un soggetto di legge. Sono sicura che non farò mai l’ispettore di commercio. Brigita MANAGER Ho partecipato alla presentazione della professione di dirigente d’azienda. Ce ne ha parlato il titolare di una piccola impresa. Ci ha parlato di che cosa fa un manager, rifacendosi soprattutto alla sua esperienza pluriennale. Da un punto di vista tecnico la presentazione è stata interessante, l’oratore ha saputo darci un’immagine vivida del suo lavoro ed ha risposto a tutte le domande, anche piuttosto impegnative, del pubblico. Ho potuto constatare che non si diventa buoni imprenditori in quattro e quattr’otto. C’è bisogno di molto duro lavoro e di molte esperienze. Luka VISITE AI POSTI DI LAVORO Altrettanto importanti sono le visite sul posto di lavoro, dove gli studenti possono vedere in prima persona di che cosa si tratta. Tuttavia soltanto svolgendo una professione, è possibile ricavarne un’immagine veramente affidabile. Dal nostro punto di vista l’attività che più si avvicina a ciò è lo stage in azienda che consente allo studente di individuare la professione che più gli interessa. Da questo punto di vista le scuole professionali e gli istituti tecnici hanno un vantaggio rispetto ai licei, poiché prevedono proprio la pratica in azienda. In tali occasioni gli studenti consolidano ed arricchiscono le conoscenze acquisite a scuola e sviluppano l’attitudine al lavoro di gruppo, inoltre hanno l’opportunità di conoscere meglio le singole mansioni nei vari settori aziendali. L’ORIENTAMENTO SCOLASTICO E PROFESSIONALE AL QUARTO ANNO DEL LICEO DI NOVO MESTO PROPOSTE DI ADEGUAMENTO Zlatka Butkovec Gačnik (psicologa), Liceo di Novo Mesto, Seidlova 9 – 8000 Novo Mesto PREMESSA La mia attività di orientamento è improntata agli indirizzi programmatici che regolano il servizio di consulenza scolastico; ne consegue che la maggior parte delle attività viene svolta con gli studenti del quarto anno di liceo. Per ciascuna classe sono previste quattro ore di consulenza di gruppo (procedure e scadenze per le iscrizioni, analisi dei criteri che determinano il numero chiuso, metodo di calcolo del punteggio necessario per accedere alle facoltà, programmi di studio presso varie facoltà …). Inoltre vengono organizzati seminari tenuti da professori universitari, durante i quali vengono presentati gli insegnamenti. Anche gli ex studenti vengono in- ■23 QUADERNI DI vitati a parlare delle proprie esperienze all’università. In questo caso si cerca di coprire la più vasta gamma di indirizzi di studio; quest’anno gli studenti hanno presentato ben 23 corsi diversi. Durante l’anno scolastico fa visita al liceo anche un consulente dell’Agenzia dell’impiego che presenta i trend del mercato del lavoro, le opportunità d’impiego e le possibilità di ottenere borse di studio. Inoltre gli studenti possono usufruire della consulenza individuale che tuttavia presenta non pochi problemi a causa del limitato numero di ore che la sottoscritta può mettere a disposizione: quest’anno ben il 96% degli studenti del quarto anno (cioè 176) hanno optato anche per la consulenza individuale. Tutti gli studenti che accedono a questo servizio desiderano sottoporsi preliminarmente al test attitudinale che viene svolto in piccoli gruppi. Nonostante il notevole impegno da me profuso, dai colloqui avuti con i ragazzi ho potuto constatare che essi ricevono informazioni insufficienti, che molti tendono a decidere all’ultimo momento e che per questo motivo sono preoccupati e che tale stato d’animo influisce sul loro rendimento scolastico. Ho pertanto deciso di verificare, mediante un sondaggio, il grado di soddisfazione, le necessità e i desideri dei ragazzi nell’ambito dell’orientamento scolastico e professionale. LE RISPOSTE DEGLI STUDENTI Al questionario hanno risposto gli studenti di tre sezioni del quarto anno del liceo ovvero il 64% dei tutti gli iscritti al quarto anno. Si è così potuto constare che il 65% dei ragazzi decide del futuro indirizzo di studi nella seconda metà del quarto anno. Soltanto il 16% aveva già deciso al momento dell’iscrizione al liceo. Il 60% degli studenti ritiene di aver ricevuto le informazioni più rilevanti per la scelta degli studi futuri proprio a scuola, mentre il 40% ritiene di averle ORIENTAMENTO 15 ottenute fuori dalla scuola – soprattutto attraverso le giornate informative, il lavoro estivo oppure dai conoscenti. Gli studenti hanno così valutato le informazioni raccolte a scuola: il 46% degli intervistati ritiene che la fonte più importante sia stata la consulenza individuale, il 19% i seminari tenuti dai professori universitari, l’11% la consulenza di gruppo, un altro 11% le presentazioni degli ex studenti, mentre l’8% dei ragazzi ritiene di aver ricavato le informazioni più rilevanti per la scelta degli studi futuri dalle lezioni scolastiche e il 5% dagli opuscoli informativi disponibili presso il servizio di consulenza. Il 65% ha definito molto buona la struttura dell’orientamento, il 30% l’ha definita mediamente buona ed il 5% insufficiente. Gli studenti ritengono di avere bisogno di più presentazioni da parte delle facoltà; essi dichiarano inoltre che le giornate informative si svolgono troppo tardi, problema al quale purtroppo è molto difficile ovviare poiché alcune facoltà non dimostrano grande sensibilità in questo senso, infatti non ne hanno bisogno, avendo comunque un elevatissimo numero di domande di immatricolazione. Gli studenti ritengono anche che alcune facoltà non mettano a disposizione una quantità sufficiente di materiale informativo. Il 76% dei ragazzi ha espresso il desiderio di poter fruire della consulenza individuale già al terzo anno per poter giungere prima ad una decisione in merito al futuro. In questo modo si potrebbe forse porre rimedio anche ai loro disagi, poiché il 48% dei ragazzi ha dichiarato che l’indecisione li ostacola nello studio. In seguito a questi risultati ho ritenuto di apportare una serie di modifiche alla struttura dell’orientamento ed ho elaborato il seguente programma: 1.gli studenti devono ricevere le informazioni fondamentali sui possibili ulteriori percorsi formativi già durante il secondo 16 anno di liceo. Devono essere indirizzati ad una ricerca autonoma delle informazioni e istruiti su come, dove e quali informazioni ricercare. A tale scopo ho elaborato un manuale per la raccolta e la ricerca di informazioni suddiviso in tre parti: a)le informazioni sui propri interessi e sulle proprie capacità vanno raccolte nel seguente modo: - riflettendo a fondo su che cosa vi rende felici e in quali campi avete più successo; - chiedendo ai genitori ed amici che cosa pensano delle vostre attitudini; - compilando il test sugli interessi nello studio e il test “Dove e come” (disponibile presso il servizio di consulenza scolastico o presso l’Agenzia dell’impiego); b)le informazioni sui corsi di studi vanno raccolte dalle seguenti fonti: - sfogliando il manuale “Gli studi universitari e le professioni” disponibile in biblioteca; - partecipando alle presentazioni delle singole facoltà, svolte presso la scuola; - partecipando alla giornata informativa in facoltà; - esaminando gli opuscoli informativi delle facoltà; - seguendo le informazioni pubblicate in bacheca dal servizio di consulenza scolastico; c)le informazioni sulle opportunità d’impiego vanno raccolte nei seguenti modi: - partecipando al seminario tenuto dall’Agenzia dell’impiego sulla domanda di lavoro e sulle possibilità di trovare occupazione; - utilizzando il lavoro estivo per sondare le effettive opportunità in termini di occupazione; 2.le attività svolte al quarto anno vengono anticipate al terzo; 3.gli studenti del quarto anno che ancora non abbiano preso una decisione in merito agli studi futuri, avranno accesso alla consu- QUADERNI DI ORIENTAMENTO ■ 23 lenza individuale (si ritiene comunque che le richieste saranno molto più contenute); 4.andranno sfruttate anche tutte le potenzialità rimaste inutilizzate, vale a dire: - coinvolgimento dei genitori che presenteranno le proprie esperienze professionali e lavorative; - coinvolgimento delle facoltà che finora non hanno mostrato interesse a collaborare in forma di presentazioni; andrà sottolineato che in tal modo saranno in grado di attrarre ragazzi più motivati e informati, andando così a ridurre il numero degli abbandoni nel corso del primo anno di università; - coinvolgimento delle aziende che dovranno presentare le proprie necessità e prospettive di sviluppo; le aziende avranno così modo di scoprire precocemente nuovi talenti. Attraverso l’adeguamento della struttura del servizio di orientamento secondo le linee sopra descritte, ritengo di poter ridurre e meglio ridistribuire il carico di lavoro che grava sul servizio di consulenza scolastico. Secondo il nuovo modello, il compito principale dell’operatore sarebbe quello di coordinare le attività di orientamento che garantirebbero agli studenti la possibilità di giungere prima ad una decisione in merito agli studi futuri, riducendo così lo stress nelle ultime fasi del loro percorso liceale. QUADERNI DI ORIENTAMENTO Iscr. Tribunale n. 774 Registro Periodici del 6/2/90 UNIONE EUROPEA Fondo sociale europeo MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia Direzione regionale del lavoro, formazione, università e ricerca Direzione regionale per le identità linguistiche e i migranti, l’istruzione, la cultura, lo sport Dipartimento per le politiche del lavoro e dell’occupazione e tutela dei lavoratori Ufficio Centrale OFPL Le attività di Risorse Territoriali Motivazione Orientamento Progetto della Regione Friuli-Venezia Giulia finalizzato a promuovere sinergie nelle azioni di orientamento sul territorio L’ inserto raccoglie alcune riflessioni sulle principali attività sviluppate tramite il Progetto Ri.T.M.O.. Promosso dal Servizio per l’istruzione e l’orientamento della Direzione regionale per le identità linguistiche e i migranti, l’istruzione, la cultura, lo sport nell'ambito del Programma Operativo dell'Obiettivo 3 - 2000/2006 del Friuli-Venezia Giulia, il progetto è finalizzato allo sviluppo di un sistema integrato scolastico e professionale in regione. La sua realizzazione operativa viene curata da un’Associazione temporanea d’imprese tra le società Aster, Cetrans, Ires FVG, Gandalf, Codess FVG e Cramars. Ulteriori informazioni sono disponibili nella sezione Orientamento del sito della Regione Friuli-Venezia Giulia (www.regione.fvg.it/orientamento/orientamento.htm). -- INSERTO II -- Il Centro risorse regionale per l’orientamento Macrointervento 1 Cos’è un Centro Risorse? E' forse questa la domanda essenziale, la cui risposta può guidarci nel percorso di analisi dell'attività fin qui svolta da quello che rappresenta uno dei principali dispositivi attivati attraverso il progetto Ri.T.M.O.. Un Centro Risorse è un luogo di informazione, documentazione, animazione, sensibilizzazione, formazione e consulenza su un determinato tema. Le sue attività caratteristiche sono la consultazione, il confronto e la sperimentazione individuale e collettiva, come momento di raccordo tra le varie realtà del territorio, come strumento di ricerca e osservatorio su tematiche specifiche. E’ il “luogo” che favorisce la circolazione delle informazioni affinché queste siano la base di una costante azione formativa per la comunità e che valorizza le competenze individuali per un interesse collettivo, affinché si creino “reti di persone risorse” che agiscano da propulsore e stimolo di nuove progettualità. Sono questi i concetti che hanno ispirato la costituzione del Centro risorse regionale per l’orientamento del Friuli Venezia Giulia e che, partendo anche dall’esperienza che l’ente gestore Aster ha capitalizzato gestendo dal 1993 il Centro Risorse Nazionale per l’Orientamento a Bologna, hanno permesso l'individuazione di due capisaldi delle sue attività: il lavoro in rete e la valorizzazione dell'informazione. L’informazione nel processo di orientamento può essere definita come una condizione di base per assicurare a tutti i cittadini la possibilità di formulare scelte motivate e consapevoli sui percorsi formativi e lavorativi. Parlare di condizione di base significa avere chiaro che l’informazione non esaurisce il processo di orientamento, sia dal punto di vista dell’utente sia dal punto di vista dell’operatore, ma che tuttavia un adeguato patrimonio informativo è una pre-condizione senza la quale le attività di consulenza orientativa perderebbero la loro finalizzazione e la loro efficacia. Il tema dell’informazione, che negli ultimi anni è rimasto un po’ sullo sfondo nel dibattito sull’orientamento dopo aver conosciuto, verso la fine degli anni’80/inizi anni ’90, una forte attenzione - anche in concomitanza dell’apertura dei primi servizi informativi rivolti all’utenza giovanile (Informagiovani) - ritorna oggi di grande attualità a partire da alcune condizioni che hanno modificato profondamente il contesto di riferimento. Si allude, nello specifico: o ai profondi mutamenti, in particolare di tipo normativo, che interessano il mondo dell’istruzione, della formazione e del lavoro e che ridisegnano il sistema delle opportunità dei cittadini nel campo dello studio e dell’occupazione, all’interno di uno scenario in continua evoluzione. Scenario che richiede, a chi di occupa di informazione orientativa, un importante e continuo lavoro di monitoraggio sui costanti sviluppi del contesto formativo-professionale (si pensi, per fare un solo esempio, a come si è ridefinita, negli anni, l’offerta di percorsi di studio all’interno dei sistemi dell’istruzione superiore e dell’università a seguito dell’autonomia). o all’avvento delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione che fanno sì che il pubblico acceda, con sempre maggiore frequenza, direttamente alle fonti informative presenti su Internet, senza garanzia sull’affidabilità dei contenuti informativi che vengono acquisiti. La complessità di queste problematiche, qui semplicemente accennate, si intreccia con il tema, ampiamente dibattuto nella letteratura di riferimento, su cosa debba intendersi per “buona informazione”. Se si concorda nel ritenere che una buona informazione debba rispondere ad alcuni criteri (fra i più condivisi quelli di veridicità, comprensibilità, pertinenza, utilizzabilità e accettabilità) si intuisce come le competenze richieste per produrre informazione siano competenze ad alta specificità professionale e le risorse economiche necessarie per mantenere un sistema informativo aggiornato (anche sfruttando le potenzialità delle nuove tecnologie) siano cospicue. Ecco perché, anche all’interno di documenti a valenza internazionale1, viene sottolineata l’importanza di servizi che, a livello nazionale e/o regionale, coordinano le attività di raccolta, trattamento e verifica delle risorse informative nonché di identificazione dei bisogni, delle richieste e del livello di conoscenza degli utenti, attraverso il monitoraggio delle problematiche riscontrate dagli operatori a contatto con il pubblico. Un centro risorse deve essere un servizio caratterizzato in questa direzione. D'altra parte, l'integrazione è una finalità irrinunciabile per l’orientamento se si vuole ridurre la frammentarietà/parzialità delle risposte agli utenti e se si vuole eliminare la discontinuità del sostegno orientativo. E la rete2 è la modalità organizzativa propria dell’integrazione. I servizi in rete sono in grado di affrontare la complessità sociale che viviamo, spostando l’attenzione sui bisogni dei cittadini e non sulle proprie specifiche competenze. 1 Si veda, a questo proposito, il recente ed esaustivo documento di A. Tricot, Amélioration de l’information sur les métiers, (dicembre 2002), predisposto nell’ambito dell’indagine OCSE sulle politiche relative ai servizi di informazione e orientamento e accessibile all’indirizzo web: www.oecd.org/dataoecd/59/27/2485385.pdf 2 Per approfondire il tema delle reti in rapporto ai servizi di orientamento si veda l’articolo di D. Pavoncello e F. Marcigliano, Le reti territoriali. Sviluppo e organizzazione dei servizi di orientamento (D.M. 166/2001), in Magellano, n. 17, 2003, pp. 33-42 I Le attività di Ri.T.M.O. Ciò nella duplice prospettiva di assicurare, da un lato, capillarità e facilità di accesso ai servizi di base in una pluralità di strutture diffuse su un determinato bacino territoriale e, dall’altro, di integrare professionalità diverse nella presa in carico di utenti che esprimono bisogni di orientamento in rapporto a problematiche complesse, legate ad esempio, al genere o alla condizione di svantaggio sociale o, ancora, alla difficoltà nei percorsi di transizione fra e nei sistemi della formazione e del lavoro oppure, al contrario, all’esigenza di evoluzione e di sviluppo formativo e/o professionale. Problematiche che spesso si presentano in forma combinata: si pensi, a titolo puramente esemplificativo, alla complessità di aspetti – psicologici, sociali, culturali - che devono essere affrontati nella presa in carico di una donna immigrata o di un soggetto adolescente che manifesta l’intenzione di non assolvere l’obbligo formativo. Rispetto a queste e ad altre situazioni con caratteristiche di complessità analoghe è impensabile che l’obiettivo di un inserimento in un percorso formativo/professionale soddisfacente (per la persona e per la comunità socio-economica) possa essere raggiunto senza una cooperazione fra servizi di natura diversa. Tale consapevolezza, tuttavia, sebbene sempre più presente fra i soggetti che a diverso titolo si occupano di informazione e orientamento, non sempre riesce a tradursi, automaticamente, nella piena attuazione di una “rete integrata per l’orientamento”. In questa prospettiva un centro risorse può essere inteso anche come un dispositivo di sistema finalizzato a supportare il passaggio da reti naturali, o parzialmente regolate, spesso presenti nei diversi contesti territoriali, ad una rete integrata intenzionalmente costruita. Alla base della costituzione del Centro risorse regionale per l’orientamento del Friuli – Venezia Giulia ci sono questi presupposti teorici, che hanno portato alla definizione di alcuni ambiti prioritari d’intervento: la gestione delle risorse informative, l’animazione della rete territoriale, la promozione dei servizi presso i cittadini. Il Centro è stato pensato per consentire l'ottimizzazione delle risorse, onde evitare sovrapposizioni di iniziative ed evidenziare carenze di interventi relativi ad alcune categorie di destinatari, e la valorizzazione delle esperienze maggiormente significative, maturate sul territorio. Concretamente il Centro risorse regionale si caratterizza come una struttura di “servizio ai servizi” in grado di ottimizzare e qualificare un’offerta orientativa che per sua stessa natura è costituita da una pluralità di destinatari, di azioni e di luoghi. Rappresenta, cioè, il punto nodale per il rafforzamento del sistema e per un efficace scambio di risorse e strumenti e svolge funzione di animazione e supporto della rete dei servizi territoriali. In particolare la necessità da cui si è partiti è quella di: ✓ contribuire ad elevare il livello qualitativo dei servizi offerti dal Sistema Regionale di orientamento e inserimento lavorativo; ✓ rafforzare il sistema attraverso un efficace scambio di esperienze e confronto fra servizi regionali ed extra-regionali; ✓ valorizzare i progetti pilota e gli strumenti di eccellenza realizzati, promuovendoli e facilitandone la trasferibilità nei diversi contesti. Il Centro risorse regionale ha l’obiettivo di far fronte ad alcune delle esigenze dei destinatari diretti del progetto (le istituzioni, i servizi e la comunità degli operatori di orientamento) che, in un sistema a regime, avranno modo di: o analizzare le proprie azioni partendo da riferimenti più ampi dell’ambito territoriale in cui operano o sviluppare strumenti e metodologie per passare da un’idea a una strategia condivisa e in seguito a una realizzazione comune, il tutto in modo coerente o beneficiare di luoghi e di strutture d’appoggio e d’accompagnamento nella realizzazione delle diverse idee progettuali o usufruire di uno spazio di confronto e scambio per far fronte alle difficoltà che si incontrano nell'operare quotidianamente a contatto con i fruitori dei servizi Il Centro risorse si è inserito in un contesto regionale molto avanzato e preso ormai a modello da altre realtà in ambito nazionale. La Regione Friuli - Venezia Giulia ha infatti sviluppato nel corso degli anni dei centri di competenza relativi all’erogazione di servizi di orientamento che vantano la presenza di personale altamente qualificato. I 6 Centri territoriali di orientamento possono contare sull’esperienza pluridecennale di circa 30 psicologi specializzati in tematiche orientative che assicurano l’erogazione di consulenza orientativa volta all’approfondimento degli interessi, motivazioni e potenzialità degli utenti. Inoltre, un’esperienza fortemente innovativa di collegamento in rete di tutti i servizi di orientamento esistenti in ambito regionale è la “Rete informativa per l’orientamento”, promossa dal Servizio di orientamento continuo e nata nel 1996 in occasione dell’adesione del servizio stesso alla Rete Nazionale di Diffusione del Centro Risorse Nazionale per l’Orientamento. Si tratta in primo luogo di uno strumento di coordinamento informativo, che si propone di sviluppare e potenziare le relazioni ed i rapporti tra gli operatori del settore. E’ in questo contesto che si inserisce la funzione di stimolo e raccordo che il Centro risorse regionale vuole svolgere. Lo scenario regionale e l’offerta di orientamento in Friuli - Venezia Giulia è tale da evidenziare il bisogno di un efficace scambio e confronto di risorse e strumenti fra servizi centrali e servizi territoriali. Il Centro risorse regionale, percorrendo la logica dell'innovazione, vuole svolgere il ruolo di laboratorio fondato sull'integrazione di: Le attività di Ri.T.M.O. II o azioni (formative, informative, di consulenza e di assistenza tecnica per l'orientamento) o servizi (pubblici e del privato sociale con funzioni e ruoli complementari) o competenze (tra loro collegate e coordinate) Il Centro risorse regionale si configura, in sintesi, come luogo in cui convergono: o tutte le esperienze significative (con relativi strumenti e materiali) per l’orientamento e l’inserimento lavorativo per essere poi valorizzate e diffuse, o le informazioni sulle esigenze degli operatori e dei servizi, o le indicazioni e le richieste di materiali specifici da realizzare a supporto degli operatori. I destinatari diretti delle attività del Centro risorse sono sia soggetti pubblici sia del privato sociale: istituzioni, servizi e l’insieme degli operatori presenti nel contesto regionale del FVG. Il Centro risorse intende infatti fornire supporto: – alle attività e alle esperienze realizzate dai Centri Regionali di Orientamento della Direzione Regionale per le identità linguistiche e i migranti,l’istruzione, la cultura, lo sport – agli operatori degli Sportelli territoriali di accoglienza e informazione attivati nell’ambito del progetto Ri.T.M.O. – agli operatori dei Centri per l’Impiego in merito alle nuove funzioni di accoglienza e orientamento – agli operatori dei Centri territoriali permanenti (CTP) in particolare per le azioni rivolte ad adulti e fasce deboli – agli esperti di orientamento operanti nelle Università della regione FVG e negli Enti Regionali per il Diritto allo Studio Universitario in merito all’orientamento universitario in entrata e in uscita avendo come dimensione quella locale, nazionale e europea – agli operatori dei Centri di formazione professionale che hanno il compito di gestire attività di orientamento professionale e al lavoro – agli operatori di servizi e progetti presenti sul territorio regionale radicati nel tessuto giovanile e delle famiglie Come si può sintetizzare il lavoro svolto nel primo anno di attività dal Centro risorse? Sicuramente la struttura costituita esattamente un anno fa è riuscita a farsi carico delle attività informative ereditate dalla gestione diretta del Servizio per l’istruzione e l’orientamento, già Struttura di orientamento, cercando laddove possibile di migliorare le procedure e di garantire una qualità elevata all’informazione messa a disposizione del Sistema, curando anche l’attivazione di canali di diffusione più capillari e strutturati. Il Centro risorse ha anche avviato un percorso di consolidamento della rete territoriale, individuando delle piste di lavoro per la costruzione di dispositivi di collaborazione sempre più fattiva con la rete territoriale e in primo luogo con i Centri territoriali di Orientamento e gli Sportelli di accoglienza e informazione. Su questo percorso si concentreranno le risorse nel prossimo anno di attività del Centro, cercando di valorizzare al massimo le preziose competenze che già caratterizzano il Sistema. Marina Silverii Coordinatore Centro risorse regionale per l’orientamento Friuli - Venezia Giulia Il Centro risorse regionale per l’orientamento in breve Le azioni e le iniziative sviluppate dal Centro risorse possono venire classificate nell’ambito di tre macro-aree di attività: “Informazione”, “Animazione”, “Promozione”. Per semplicità e chiarezza espositiva di seguito viene riportata, per ognuna delle tre macro-aree di azione individuate, una descrizione delle principali attività svolte nel corso del periodo gennaio – ottobre 2003, con indicazione degli obiettivi specifici. AREA INFORMAZIONE Gestione delle banche dati e dei siti “Orientamento” e “Planet Giovani” della Regione Il Centro risorse cura l’aggiornamento delle pagine istituzionali dell’Orientamento e il sito Planet Giovani, dedicato all’informazione, all’orientamento e alla consulenza per i giovani, con particolare riferimento anche alle banche dati Orientarsi nella Formazione professionale, Informascuole On-line, Arion e F.a.r.o.. Le attività riguardanti l’aggiornamento del sito Internet sono legate inoltre all’implementazione della nuova sezione dedicata agli operatori in corso di realizzazione nell’ambito del Macrointervento 3 del progetto Ri.T.M.O. e pensata per il supporto dell’attività degli operatori di orientamento. Gestione dello Sportello informativo on line Con il progetto Ri.T.M.O. il Servizio regionale per l’istruzione e l’orientamento ha delegato la gestione dello Sportello on line al Centro risorse. Attraverso tale servizio viene erogata consulenza informativa tramite e-mail. La gestione dello Sportello comprende l’attività di back office per la ricerca e il trattamento delle informazioni, finalizzata sia all’alimentazione dell’informazione da erogare tramite lo Sportello on line stesso sia all’aggiornamento costante degli operatori degli Sportelli territoriali di accoglienza e informazione del progetto Ri.T.M.O. e dei Centri regionali per l’orientamento. III Le attività di Ri.T.M.O. Supporto alla redazione delle guide informative Informascuole e Vie al Futuro Il Centro risorse collabora con il gruppo di lavoro degli psicologi dei Centri regionali per l’orientamento che si occupano della redazione delle guide fornendo il supporto per l’attività di aggiornamento. Centro di documentazione Il Centro di documentazione nasce con l’obiettivo di raccogliere e sistematizzare la documentazione cartacea e multimediale e il materiale documentale prodotto a livello locale, nazionale ed europeo relativo all’orientamento e ai suoi ambiti di applicazione, quali istruzione e formazione, lavoro, formazione professionale, università. A seguito di un’analisi delle principali classificazioni, nazionali ed europee e della classificazione in uso presso i Centri regionali per l’orientamento nel periodo precedente all’attivazione del Progetto Ri.T.M.O., è stato ideato e progettato uno specifico Sistema di classificazione del materiale informativo che potrà essere utilizzato anche in auto-consultazione. Contestualmente è stato elaborato il documento Mappa dei prodotti per la classificazione del materiale informativo di base, che ha permesso la costituzione di un il patrimonio informativo comune per gli operatori dei Centri territoriali e degli Sportelli del progetto Ri.T.M.O.. Il Centro di documentazione si occupa sia della ricerca di nuovi materiali documentali sia del nuovo servizio di Rassegna stampa, disponibile on line nell’area che il sito istituzionale dell’Orientamento dedica al Centro risorse. Redazione della newsletter mensile Orientamento News e di testi on-line per la promozione delle attività formative Orientamento News è una newsletter mensile - supplemento alla rivista Quaderni di Orientamento. La newsletter vuole essere un mezzo costante e veloce di aggiornamento sul mondo dell’orientamento, dell’istruzione e della formazione, con uno sguardo particolare al territorio regionale. E’ inoltre uno strumento per informare periodicamente sugli stati di avanzamento delle attività previste nel Progetto Ri.T.M.O.. Attualmente viene inviata tramite mailing list in versione .pdf a chi ne faccia richiesta. In futuro la newsletter verrà pubblicata on line nell’area web dedicata agli operatori di orientamento. Il Centro risorse cura inoltre la realizzazione di testi sulle novità relative alle opportunità formative destinati in particolare agli iscritti alla mailing list del sito “Orientarsi nella Formazione professionale” e pubblicati sullo stesso sito nella sezione specificatamente dedicata alle “News” sulla Formazione Professionale. AREA ANIMAZIONE Animazione della Rete informativa per l’orientamento Friuli - Venezia Giulia La Rete informativa per l’orientamento Friuli - Venezia Giulia è uno strumento di coordinamento informativo nato nella regione Friuli - Venezia Giulia nel 1996, in concomitanza con l’adesione dell’allora Struttura regionale di orientamento (oggi Servizio per l’istruzione e l’orientamento) alla Rete Nazionale di Diffusione del Centro Risorse Nazionale per l’Orientamento – Area Formazione e Lavoro. L’attività di animazione della Rete informativa per l’orientamento ha lo scopo di sviluppare e potenziare le relazioni e la comunicazione tra gli operatori del settore. Con l’attivazione del progetto Ri.T.M.O. parte dell’attività di animazione della Rete informativa per l’orientamento è stata delegata al Centro risorse, il quale, per lo svolgimento delle proprie attività, si raccorda in primis con i Centri regionali per l’orientamento e con gli Sportelli territoriali di accoglienza e informazione del progetto Ri.T.M.O. stesso, in quanto interlocutori privilegiati di riferimento del sistema regionale di orientamento. Fra le attività di animazione della Rete informativa per l’orientamento FVG va menzionata l’organizzazione degli incontri della Rete, la gestione degli scambi comunicativi e l’invio delle informazioni di aggiornamento per gli operatori dei servizi che aderiscono all’iniziativa, nonché la distribuzione del materiale informativo del Servizio regionale per l’istruzione e l’orientamento. Organizzazione di laboratori di buone pratiche Per l’anno 2003 sono stati organizzati tre laboratori di buone pratiche, con l’intento di raccogliere le esigenze formative e di approfondimento che emergono dal sistema dell’orientamento, di individuare le esperienze più significative e maggiormente trasferibili al contesto territoriale, di organizzare dei momenti di presentazione, approfondimento e discussione per gli operatori coinvolti e interessati dall’argomento affrontato, favorendone il confronto e creando le premesse per possibili sviluppi di attuazione. I laboratori realizzati: - Dall’università al lavoro: quali esperienze per favorire la transizione post-laurea Le attività di Ri.T.M.O. IV - Attività di orientamento, strumenti e servizi informativi: quale fruibilità per i Servizi per l’impiego - Intercultura a scuola Per il periodo novembre 2003 – giugno 2004 sono previsti ulteriori momenti di approfondimento per operatori sui temi delle pari opportunità e dell’orientamento in una dimensione europea. Sensibilizzazione sull’Europa per target specifici, scuole, servizi di orientamento Le principali attività svolte dal Centro risorse riguardano sia il reperimento e la divulgazione delle informazioni circa le opportunità europee per l’aggiornamento degli operatori del territorio, sia il raccordo con le strutture che sul territorio si occupano di tale ambito, per la realizzazione di giornate di sensibilizzazione sull’Europa. L’obiettivo generale di tale ambito di attività è di promuovere a livello regionale la dimensione europea e di sensibilizzare alla cultura della mobilità. AREA PROMOZIONE L’obiettivo dell’attività di promozione è quello di fornire all’utente finale, destinatario delle attività proposte dal Servizio regionale per l’orientamento continuo, un’immagine coerente e unitaria degli strumenti e dei servizi di informazione ed orientamento presenti sul territorio. In tal senso, il Centro risorse cura la realizzazione dei materiali promozionali del Servizio e si pone come interfaccia tra quest’ultimo e i media, gestendo i rapporti con gli organi di stampa e fornendo contenuti e materiali di supporto alla creazione degli elaborati grafici e di comunicazione. Informazioni specifiche sulle attività del Centro risorse regionale per l’orientamento sono disponibili alla pagina Internet www.regione.fvg.it/orientamento/txt-centro.htm Gli Sportelli territoriali di accoglienza e informazione Macrointervento 2 Nell’ambito del progetto Ri.T.M.O. il Macrointervento 2, gestito da CODESS FVG e CRAMARS, ha previsto l’attivazione di otto Sportelli di accoglienza e informazione dislocati in modo tale da coprire l’intero territorio regionale, capaci di integrarsi funzionalmente e di agire in stretto raccordo da un lato con i Centri Regionali di Orientamento già esistenti, anche grazie al supporto del Centro risorse regionale e dall’altro con il sistema socio - produttivo dell’area territoriale in cui operano. L’integrazione tra Centri di Orientamento e Sportelli di accoglienza e informazione ha fatto sì che alcune funzioni finora proprie del Centro di Orientamento quali il ricevimento, l’accoglienza, la consulenza informativa, la gestione della documentazione di centro, la funzione di primo filtro verso la consulenza ed il monitoraggio dell’utenza divengano funzioni proprie degli Sportelli territoriali. Mentre i Centri Regionali di Orientamento svolgono sempre più le attività di centri di secondo livello con funzioni specialistiche quali la consulenza tecnica, il counseling, il bilancio di competenze. E’ importante sottolineare che il servizio degli Sportelli territoriali rappresenta una modalità di animazione dal basso della rete di orientamento ed è in grado di garantire un collegamento tra le iniziative dei diversi soggetti locali, nonché di offrire attività di animazione ed informazione diretta presso gruppi di utenza organizzata. L’operatività degli Sportelli si attua dunque in due direzioni: da un lato azioni informative e accoglienza dell’utenza in base ai bisogni, dall’altro animazione e collegamento con il territorio. Le principali attività e funzioni assolte dagli Sportelli di accoglienza e informazione sono: Accoglienza dell’utenza ed analisi dei bisogni Gli operatori degli Sportelli accolgono l’utenza che accede al servizio direttamente, telefonicamente o attraverso canali telematici. La funzione di accoglienza è la prima interfaccia dell’intera struttura con l’utente ed ha l’obiettivo di illustrare e facilitare l’accesso e l’utilizzo dei servizi offerti. Inoltre attraverso l’analisi dei bisogni dell’utenza essi svolgono azioni di filtro indirizzando la stessa: all’interno della struttura, nel caso necessiti di consulenza orientativa ed informativa; all’esterno della struttura, orientando alla fruizione dei servizi offerti dal sistema territoriale, nel caso di bisogni che la struttura non è in grado di soddisfare. V Le attività di Ri.T.M.O. Consulenza informativa Gli operatori degli Sportelli offrono una consulenza informativa non solo sui servizi erogati dallo sportello stesso e dalla rete regionale allargata di orientamento, ma anche sull’offerta formativa e scolastica regionale, su servizi relativi al mondo del lavoro, su iniziative ed attività promosse da altre strutture nei settori della formazione ed istruzione. Assistenza alla fruizione dei materiali e degli strumenti di auto-orientamento Presso gli Sportelli è a disposizione dell’utenza uno spazio di autoconsultazione all’interno del quale è possibile accedere direttamente all’informazione sia in formato cartaceo che informatico. Le informazioni sono organizzate e classificate in cinque macro aree informative: Orientamento – Istruzione e Formazione – Lavoro – Professioni Aziende e tendenze del mercato – Estero. Tali macro aree a loro volta sono suddivise in sotto aree informative più dettagliate. Ulteriori strumenti a disposizione dell’utenza per la ricerca (di tipo individuale o assistito dall’operatore) delle informazioni riguardano la consultazione di siti Internet, di banche dati, di programmi multimediali su argomenti e tematiche specifiche. Animazione della rete locale Gli operatori degli Sportelli agiscono anche in termini di animazione ed informazione della rete locale costituita dalle altre strutture che operano nei medesimi settori di intervento ( istituti scolastici, centri di formazione professionale, enti locali, biblioteche, associazioni, ecc. ) attraverso la raccolta e la diffusione di informazioni a livello territoriale. Attivazione e gestione di sportelli temporanei itineranti Tale attivazione è prevista presso strutture pubbliche locali quali ad esempio biblioteche, comuni, associazioni di categoria, servizi di informazione, ecc. per una più capillare diffusione dei servizi e dei prodotti di orientamento. L’obiettivo è quello di favorire l’accesso ai servizi e alle informazioni da parte di quell’utenza che per svariati motivi non ha la possibilità di usufruirne. Attività di informazione per gruppi di utenza con l’utilizzo di pacchetti informativi predefiniti Gli operatori degli Sportelli, utilizzando gli strumenti informativi predisposti dal Macrointervento 5 del progetto Ri.T.M.O., organizzano, anche in collaborazione con altre strutture o servizi presenti sul territorio in cui operano, incontri / seminari su argomenti di interesse specifici destinati ad un’utenza diversa ( giovani, adulti, utenza svantaggiata, immigrati, in cerca di prima occupazione, genitori, ecc.). Assistenza e supporto allo sviluppo di piccoli progetti integrati di orientamento Gli Sportelli possono rappresentare un importante punto di contatto tra i diversi attori presenti a livello locale (scuole, enti pubblici e privati, imprese, ecc.) e svolgere un ruolo di raccordo tra i soggetti stessi, occupandosi dell’organizzazione e del coinvolgimento a più livelli e secondo modalità diverse, delle categorie esistenti. Azioni di supporto agli interventi inerenti l’obbligo formativo Ferme restando le competenze riconosciute ai Servizi per l’Impiego e ai Centri Regionali di Orientamento, il ruolo degli Sportelli in questo campo si concretizza in attività di sensibilizzazione e di informazione nei confronti sia dell’utenza individuale che si reca presso gli sportelli sia di gruppi di utenza scolastica, in chiave preventiva, tramite la realizzazione di incontri informativi utilizzando i materiali predisposti nell’ambito del Macrointervento 5. Il primo anno di attività degli Sportelli di accoglienza e informazione (febbraio – settembre 2003) si è sviluppato attraverso una fase di preparazione e successivamente di attivazione del servizio nel suo complesso. Seguendo un programma di lavoro predefinito, gli operatori degli Sportelli si sono attivati attraverso contatti con le strutture e gli attori principali del territorio in cui operano per promuovere il servizio, hanno iniziato a riorganizzare il materiale informativo presente presso i Centri di Orientamento al fine di creare lo spazio di autoconsultazione, svolgendo quotidiana attività di back e front office. Nel secondo anno di attività (ottobre 2003 – giugno 2004) maggiore impulso sarà dedicato all’attività di animazione esterna, attraverso l’organizzazione degli sportelli itineranti, la realizzazione di progetti sperimentali di azioni integrate di orientamento che coinvolgano più sistemi e laboratori di orientamento rivolti a diverse categorie di utenza al fine di perseguire un effettivo radicamento del servizio stesso nel territorio in cui opera ed agisce. Presso gli Sportelli di accoglienza e informazione sono occupati 16 operatori che, opportunamente formati, svolgono le funzioni di accoglienza, di informazione e comunicazione, di ricerca e di documentazione. Presso ogni Sportello è presente un PC a disposizione dell’utenza per l’autoconsultazione libera o guidata di materiali informativi, banche dati, siti web. Michela Altran Coordinatore Sportelli territoriali di accoglienza e informazione Le attività di Ri.T.M.O. VI Qui di seguito vengono indicati gli indirizzi completi e l’orario di apertura dei singoli Sportelli di accoglienza e informazione, sei dei quali (Cervignano del Friuli, Gorizia, Gemona del Friuli, Pordenone, Trieste e Udine) sono collocati presso le sedi dei Centri Regionali di Orientamento. Cervignano del Friuli Via I° Maggio, 9 Tel. 0431 371414 – 0431 35296; fax 0431 371882 [email protected] lunedì e giovedì 9.00 – 12.30 e 15.00 – 17.30 martedì e mercoledì 10.00 – 12.00 Gemona del Friuli Via Trasaghis, 86 Tel. 0432 970839; fax 0432 972498 [email protected] lunedì e giovedì 9.00 – 12.30 e 15.00 – 17.30 martedì e mercoledì 10.00 – 12.00 Gorizia Via Roma, 9 Tel. 0481 386420; fax 0481386413 [email protected] da lunedì a venerdì 10.30 – 13.30 e 14.30 – 17.30 Maniago Via Dante, 39 Tel. 0427733048 [email protected] lunedì e giovedì 9.00 – 12.30 e 15.00 – 17.30 martedì e mercoledì 10.00 – 12.00 Pordenone Piazza Giustiniano, 5 (angolo Riviera del Pordenone) Tel. 0434 529033; fax 0434 529025 [email protected] da lunedì a venerdì 10.30 – 13.30 e 14.30 – 17.30 Tolmezzo Via xxv Aprile, 31 Tel. 0433468200 [email protected] lunedì e giovedì 9.00 – 12.30 e 15.00 – 17.30 martedì e mercoledì 10.00 – 12.00 Trieste Via San Francesco, 37 Tel. 040 375238; fax 040 3775228 [email protected] da lunedì a venerdì 10.30 – 13.30 e 14.30 – 17.30 Udine Via Uccellis, 12 Tel. 0432 555963; fax 0432 555951 [email protected] da lunedì a venerdì 10.30 – 13.30 e 14.30 – 17.30