ANNO IV N.2 EDITORIALE Agosto-Settembre 2015 Presidente Maurizio Cianfarini Vice-Presidente Raffaella Restuccia Direttivo Palma Aliberti Elena Buttinelli Alessia Gentile Maria Severa IL GAZZETTINO DELLA BALENA BIANCA Recapiti: 06-85358905 [email protected] Redazione Maurizio Cianfarini Simona D’Amico Vanessa Fabiano Silvia Gabassi Raffaella Restuccia SOMMARIO Editoriale pg.1 Cianfarini Maurizio L’importanza del sostegno ai genitori nell’esperienza di malattia pg.2 Raffaella Restuccia L’esperienza elaborativa della rabbia pg.4 Silvia Gabassi Il XVI convegno Nazionale del 2016 “Misericordia, Compassione e Relazione di Cura” pg.6 Maurizio Cianfarini Il disimpegno morale nella relazione di Cura” pg.7 Alessandro Bruzzese 7 buoni motivi per fare il volontario pg.9 a cura di Moby Dick “L’Associazione nel 2014 ha compiuto 25 anni di attività accanto alle persone che affrontano la sofferenza relativa all’essere malati di una patologia oncologica; aiutaci a sostenere questa attività con il tuo 5x1000, una maniera diretta, facile e che non costa nulla ma ci può dare molto” 5 per mille a Moby Dick C.F. 96131010587 “Ogni giorno per scelta, al fianco di chi vive l’esperienza del cancro” Se ti fidi di Noi… Ti fidi di Moby Dick ONLUS Bandi e Borse pg.13 e 14 Rubriche A domanda risponde pg.10 a cura di Maurizio Cianfarini e Gianni Biondi Non è vero ma ci credo pg.11 I Superfoods sono davvero “super”? a cura di Moby Dick Pillole di saggezza M. Proust pg.8 Eventi Formativi pg. 15 Help Profession, La Vita è adesso!; Il Dolore Superfluo Master Professionalizzante Le nostre pubblicazioni pg. 16 Chi, come, cosa “Siamo” pg. 19 ANNO 4-2 Siamo su you tube (moby dick onlus) http://www.youtube.com/watch?v=DC6XNSGM_-U https://www.youtube.com/watch?v=_3ThauXaVJ0 ...e su chiedi la nostra amicizia Siamo su ilmiodono.it (moby dick onlus) https://www.ilmiodono.it/it/organizzazioni/?id_organizza zione=1199 I vantaggi di essere moby dicker pg.9 “Triste quel popolo che ha bisogno di eroi…” Bertolt Brecht “Triste quella Sanità in cui le persone malate devono essere eroi!!”…e districarsi tra visite, controlli, accertamenti diagnostici e cure…adeguate. Povera sanità quella in cui si sente esclamare: “sono stato fortunato, ho trovato un buon oncologo”, laddove un medico, un oncologo, il personale sanitario dovrebbe esserlo – bravo - a prescindere dalla fortuna. Ed ecco che in quella sanità “l‟Eroe” esegue tra molte peripezie una Tac urgente e si ritrova a chiedere un appuntamento in privato o in intramoenia altrimenti l‟urgenza decade se lui confida nel suo appuntamento di controllo con prenotazione pubblica per capirne di più. Eccolo ancora che si districa tra i vari protocolli, che per la sua “tipizzazione” e storia clinica sono uguali su tutta la penisola, e trova invece che le varie interpretazioni sono diverse e non tutti gli oncologi e strutture hanno lo stesso atteggiamento. Eccolo allora, timidamente, chiedere di avere un altro consulto con il timore di ferire il narcisismo del medico e non essere aiutato e/o consigliato ad avere un‟altra opinione in altra struttura. Ed eccolo di nuovo a fare una visita privata - l‟ennesima- per avere la possibilità di essere seguito, operato e curato in una struttura pubblica dove il “luminare” lavora. Ricordandoci che il luminare è tale grazie alla struttura pubblica che lo ha continua pg. 13 Pagina 1 L’importanza del sostegno ai genitori nell’esperienza di malattia „Famiglia‟ è sinonimo di „insieme di relazioni‟. I familiari sono interdipendenti, si influenzano e si condizionano, nello scorrere del tempo. E le loro relazioni crescono, cambiano, a volte „maturano‟. Finché ci si adatta tutti insieme al procedere del ciclo di vita, incontrando e superando ostacoli passeggeri più o meno rilevanti, la famiglia è in salute. Una famiglia che cambia è una famiglia flessibile. La malattia grave introduce un diverso tipo di cambiamento rispetto al consueto, porta diversità immediata in un contesto immutato. Ci colpisce nella nostra quotidianità, quando tutto intorno a noi sembra rimanere uguale. Tutto è invariato ma noi ci sentiamo diversi, il nostro tempo è scandito da analisi, sintomi, terapie. Ciò può avere ripercussioni anche profonde sul benessere emotivo, personale e familiare. Quando accade un evento critico, il sistema famiglia si deve riequilibrare. Ma quando l'evento colpisce fortemente, si fatica a creare subito una nuova immagine, l‟identità familiare diventa momentaneamente incerta, affetti, ruoli e funzioni si confondono. In questi casi un sostegno può riattivare il divenire familiare, reintroducendo la flessibilità, può favorire l‟espressione di emozioni e sentimenti nella famiglia e nella coppia e può aiutare a gestire il rapporto con i figli. Una diagnosi di tumore crea un disorientamento che ricade sulle relazioni e sulle comunicazioni in famiglia e su quell‟area delicata relativa a quanto e come coinvolgere i figli nella conoscenza della situazione. Infatti quando in famiglia sono presenti bambini i genitori devono affrontare, oltre alle preoccupazioni che li riguardano personalmente, oltre alle apprensioni legate alla coppia, anche una serie di dilemmi che riguardano se e come informare i figli di ciò che sta accadendo. Quando c‟è una malattia grave i genitori si domandano se dirlo o non dirlo ai propri figli: “non so se lasciarlo nella paura dell’ignoto, ma anche la realtà è tremenda”. C‟è il desiderio di non coinvolgere i bambini in una situazione dolorosa. ANNO 4-2 Ma se si può decidere cosa dire e cosa non dire a livello verbale, non è altrettanto possibile celare gli atteggiamenti, gli stati emotivi, il comportamento non verbale, tutti elementi ai quali i bambini, sono estremamente sensibili e che comunicano che qualcosa è cambiato. Se i genitori, che per i figli rappresentano la guida e la protezione, diventano per un qualche motivo in apparenza sconosciuto ansiosi, apprensivi, sfiduciati, ambigui, il bambino lo percepisce e sarà difficile per lui mantenere la spensieratezza. Sente che è successo qualcosa, che mamma o papà hanno „qualcosa che non va‟, ma non può capire se nessuno glielo spiega. E questo senso di incertezza genera anche in lui ansia e frustrazione: le stesse da cui si voleva proteggerlo. Il genitore direttamente colpito dalla malattia sperimenta solitamente emozioni, pensieri e sensazioni avvertite come strane per intensità e qualità. Le emozioni, i pensieri, le idee si affollano, si accavallo. In alcuni momenti ci si sente pieni di speranza, di forza e subito dopo ci si sente crollare. Questo alternarsi di vissuti così forti, questo sovrapporsi di emozioni contraddittorie si unisce alle sensazioni corporee, alla reazione di tutto il contesto, delle persone vicine, delle persone che sono lontane e che si avvicinano o che erano vicine e si allontanano. In questa situazione la sensazione di autoefficacia del genitore può ridursi e le sue reazioni nei confronti dei figli possono essere molteplici. Una delle reazioni riscontrate nei genitori malati può essere il congelamento emotivo, una barriera difensiva che determina un distacco e un allontanamento emotivo al fine di proteggere se stessi e gli altri dal dolore; a volte si affida il bambino a un familiare per gran parte del tempo. Parallelamente si può notare la tendenza a rendere autonomi figli anche molto piccoli, con la fantasia che possano imparare a cavarsela da soli. Una paziente, una mamma, che era angosciata perché suo figlio di sei anni le chiedeva ancora aiuto per allacciarsi le scarpe, ripeteva...”poi si troverà male”. Talvolta l‟accelerazione del processo di indipendenza dei figli può derivare anche dal sentirsi in un “deserto emotivo”, dal sentire cioè che tutte le energie sono necessarie al proprio equilibrio emotivo e non possono più essere Pagina 2 donate ad altri. Questo può provocare inadeguatezza e senso di colpa e genitori con un basso senso di autoefficacia tendono ad interagire meno e a manifestare più frequentemente frustrazione e collera. “Io vorrei continuare ad aiutare mio figlio come dovrebbe fare una mamma ma, io non ce la faccio più”: in questa espressione è possibile osservare quanto l‟autoefficacia diminuisca quando c‟è una malattia oncologica e quanto una mamma si possa sentire in colpa perché non ce la fa più a dare tutto quello che prima dava e tutto quello che è nella sua testa come idea di mamma ideale e/o di papà ideale. Possono esserci intolleranza e scoppi d‟ira verso il figlio, una mamma mi disse "ho un bambino di tre anni, è lui il mio unico dolore! io sento di non essere una buona madre per lui, perché non ho pazienza...mi dà fastidio quando sbatte oppure quando viene da me e mi fa in continuazione domande...perché? perché? perché?...mi spazientisco e lo vivo come un peso perché mi toglie lo spazio per me"; possono anche aumentare i litigi in famiglia, ad esempio alcune superficialità che prima si tolleravano nel partner ora non si sopportano più perché l‟altro deve dimostrare di poter diventare all'occorrenza una buona guida per la famiglia. La tensione in famiglia crea un sottofondo che aumenta tanto più si cerca di far finta che tutto vada bene, che proceda come al solito. Indicatori generali di malessere nei bambini possono essere aggressività, „capricci‟ immotivati o eccessivi, regressioni a fasi precedenti, isolamento, paura del buio, fobia scolastica e/o cali del rendimento, difficoltà ad addormentarsi o ripetuti risvegli, calo o aumento dell'appetito, difficoltà di attenzione, sintomi somatici, richiesta continua di contatto fisico o al contrario rifiuto della vicinanza. L‟affidabilità e la capacità di risposta dell‟ambiente di sostegno costituiscono il presupposto fondamentale per l‟instaurarsi di una base sicura. Una situazione familiare incoerente e non comprensibile per il bambino può comportare una scarsità dei segnali di sicurezza e quindi lo sviluppo di ansie e paure. I bambini possono percepire i genitori come lontani e hanno paura di essere lasciati soli, di essere abbandonati. Le conseguenze dolorose di una malattia sul rapporto genitori-figli possono essere gestite aiutando i genitori a mantenere nonostante la situazione una attenzione empatica sui figli attraverso un sostegno mirato al potenziamento della competenza genitoriale e alla comprensione dei figli; è utile cercare di accompagnare la famiglia, i genitori nella comprensione che anche alcuni comportamenti poco chiari possono essere la conseguenza di una sofferenza non espressa a parole e rappresentare una richiesta di rassicurazione. La genitorialità di per se prevede il prendersi cura di qualcun altro, ha una dimensione di progettualità che quando si sta male viene bloccata poiché diventa impensabile proiettarsi nel futuro e riuscire ad immaginarsi in una situazione di cura di un altro da sé perché si è in una situazione di forte bisogno e perché ci si sente a rischio. Le persone malate spesso riportano con molto disagio la sensazione di riuscire a pensarsi solo nel qui ed ora, talvolta raccontano le reazioni dei figli che dimostrano una difficoltà ad accettare l‟idea di un genitore che non è più quello che erano abituati ad avere, un genitore forte, un genitore sano, un genitore su cui poter contare. Questa è per i genitori un‟esperienza che provoca un senso di forte impotenza e di rabbia e un dolore. Se si aiutano i genitori a comprendere, a elaborare la situazione di disagio, a far capire ai figli la situazione che stanno vivendo tutti insieme sicuramente anche il disagio del bambino diminuirà. Dire il „giusto’ grado di verità (proporzionato all‟età del bambino) significa condividerla, e la condivisione diventa protettiva sia per la persona che sta male sia per coloro che le stanno accanto. I bambini non cercano genitori perfetti ma una mamma e un papà che li amano. Raffaella Restuccia ANNO 4-2 Pagina 3 L’esperienza elaborativa della rabbia Elizabeth Kubler-Ross, agli inizi degli anni ‟70, elaborò il modello delle cinque fasi del lutto già presi in considerazione su questo gazzettino tra il 2013 ed il 2014 (vedi arretrati sul sito). Questo modello è stato teorizzato osservando pazienti in stadio terminale, quindi pensato per l‟elaborazione del lutto legato alla malattia. Con studi successivi e l‟esperienza clinica acquisita, si è notato che queste cinque fasi sono universali: esse, infatti, sono applicabili a qualsiasi lutto che la persona elabora e prendendo in considerazione che il lutto non è necessariamente correlato alla morte di una persona, anche se in quel caso ne abbiamo l‟espressione massima, ma con qualsiasi perdita, anche di parti di Se legate all‟incontro con la malattia e/o perdita dell‟immagine corporea ad essa conseguente. Queste fasi non sono statiche e fisse, ma possono presentarsi sovrapposte, avere diverse intensità e tornare in determinati momenti nel corso dell‟elaborazione. In sintesi, le cinque fasi sono: la negazione, in cui la persona nega di avere una malattia e le sue implicazioni, per contenere l‟ansia che questo pensiero genera; la rabbia, sia rivolta verso se stessi che verso gli altri; il patteggiamento, in cui si inizia a contattare le conseguenze di quello che è accaduto e.. cosa ottenere in cambio per affrontarle: “farò l’operazione dottore ma non mi faccia sentire nulla” “affronterò la chemio ma l’importante che possa essere pronto per il matrimonio di mia figlia!”; la depressione, che sembra presentarsi soprattutto quando “finalmente” si entra in contatto con la realtà, sia interna che esterna, dei significati dell‟essere portatrice di una patologia e della sua prognosi; l‟accettazione, da non confondere con la rassegnazione, in cui la persona arriva alla graduale comprensione di quello che sta per accadere e quale risposta può ancora dare “nonostante tutto”, accompagnata molto spesso da un viraggio legato dalla quantità del tempo ANNO 4-2 alla qualità del tempo a disposizione con un forte avvicinamento emotivo alle persone care. Una delle fasi di più difficile gestione è quella della rabbia, sia per la persona sia per i familiari. Avere una diagnosi di cancro porta l‟individuo a doversi confrontare con l‟idea della morte prima di quanto avesse preventivato. Tutti, a livello inconscio tratteniamo la consapevolezza di “dover” morire, ma quando questa consapevolezza arriva a livello conscio attraverso malattie tipo oncologiche si avverte una forte aggressione alla propria persona. Inoltre, una diagnosi di malattia grave porta con sé una sensazione di essere messi all‟angolo e non poter gestire l‟evento, un forte senso di impotenza e frustrazione verso ciò che sta accadendo. E‟ una provocazione, un‟aggressione che subiamo e tendiamo immediatamente a proiettarla verso l‟esterno. Ogniqualvolta un essere vivente sperimenta in natura una provocazione da parte dell‟ambiente, la risposta più comune è quella aggressiva. Questo avviene sia per gli animali sia per gli esseri umani. E‟ abbastanza noto, tuttavia, che esseri che vivono assieme ad altri individui della stessa specie sviluppino un modo per evitare conflitti, tramite proprio il controllo della risposta aggressiva. Gli uomini, fin dai primi nuclei gregari, hanno cercato di evitare scontri controproducenti per il gruppo. Per questo motivo, l‟aggressività e il sentimento sottostante, la rabbia, sono solitamente ostracizzate dalla società. L‟individuo è educato a inibire e bloccare qualsiasi focolare di questo sentimento, perché, oltre di essere di difficile gestione per se stesso, lo è anche per le persone che lo circondano, oltre a poter essere potenzialmente dannoso. Ricordiamo espressamente un episodio di una persona anziana che aveva chiesto aiuto presso la nostra associazione, la richiesta del signore era espressa in questo modo: “mi dovete aiutare, ho mia moglie, indicando la sala di aspetto, che mi sta molto vicina, mi accompagna a tutte le visite, mi conforta e io, la tratto male; non so perché ma la tratto proprio male, mi aiuti…”. Tra la persona e l‟ambiente circostante si instaura una tensione, un conflitto, da una parte la rabbia deve essere gestita e, se possibile, nascosta; dall‟altra questo sentimento viene provato e spesso proiettata all‟esterno . La rabbia e la risposta aggressiva, al contrario di quanto si pensa, possono essere positive: sono in grado di Pagina 4 mobilitare forze psicologiche positive, modificando uno status quo. Occorre ricordare che tutti i sentimenti, anche i più negativi, sono legittimati nella loro espressione e gestiti nella conseguenza (posso permettermi la rabbia per una ingiustizia vissuta ma non per questo prendere a pugni qualcuno). Questo sentimento genera due diversi tipi reazioni. La prima è la vera e propria risposta aggressiva, diretta verso l‟ambiente esterno, la seconda è legata alla sensazione d‟impotenza dell‟individuo che si trasforma in vittimismo o ambivalenza. La sensazione di essere “vittime del destino” è ricorrente in molte persone con una malattia oncologica ed è, sotto certi aspetti, una funzione sana, se non scade nella manipolazione affettiva altrui. Essa sfrutta i legami emotivi delle persone care, costringendole ad un‟iper-cura della persona, facendo scattare, in caso contrario, senso di colpa. L‟ambivalenza è un meccanismo messo in atto molto spesso e che riesce a far “convivere” insieme due sentimenti opposti. Capita molto spesso che persone malate provino sensazioni ambivalenti, soprattutto verso i proprio cari: li amano, ma, allo stesso tempo possono odiarli perché sono in salute. L‟ambivalenza può essere messa in atto anche per placare la rabbia, sentita come distruttiva, rivolta alle persone a cui si vuole bene. Una parte fondamentale per capire la modalità di comportamento della persona è comprendere il suo locus of control. Ogni persona ha una precisa visione della vita. Quando questa persona pensa che le sue capacità possano influire sui suoi successi o suoi insuccessi, allora il locus of control è interno; al contrario, quando l‟individuo pensa che gli eventi della vita, sia positivi che negativi, siano soggetti a forze superiori, come il destino, e che le abilità personali possano poco o nulla cambiarli è esterno. La distinzione così fatta è chiaramente a solo scopo scientifico. Non esistono, infatti, persone completamente “interne” o “esterne”. Gli individui hanno una tendenza predominante in uno dei due sensi, ma esistono molte questi individui manifestino direttamente la rabbia verso l‟esterno. Individui con locus of control esterno, invece, tendono a essere più in balia degli eventi e a affidarsi a altri. Questa modalità di comportamento porta a sentirsi vittime quando accadono situazioni negative, cercando aiuto verso l‟esterno. William Blake, famoso artista inglese, disse: “Ero arrabbiato con il mio amico. Glielo dissi e la rabbia finì. Ero arrabbiato con il nemico. Non ne parlai, e la rabbia aumentò.” Il cancro è un nemico silenzioso e spesso tutti i sentimenti a esso collegati sono repressi. Al contrario, permettersi di viverli è uno dei primi passi per elaborarli e lasciarli andare via. Silvia Gabassi “Help Profession" il lavoro in equipe e la Mission Sanitaria 1 ottobre Roma Gli incontri, nell‟ottica dell‟approccio globale al paziente e di condivisione con gli operatori ispirandosi al modello dei gruppi Balint, si propongono di fornire ai partecipanti strumenti teorici, tecnici e pratici. Il Corso è rivolto a tutti coloro che sono impegnati in una relazione d‟aiuto e desiderano una condivisione delle esperienze professionali. Gli incontri saranno quindicinali, il giovedì, per un totale di 13 incontri, dalle ore 18,00 alle ore 20,00 variazioni. Diciamo che le persone con locus of control interno hanno alti livelli motivazionali, uniti anche alla ricerca attiva di strumenti e soluzioni per risolvere problematiche. E‟ più facile che ANNO 4-2 35 Crediti ECM per tutte le professioni sanitarie (infermieri, medici, fisioterapisti, logopedisti, biologi, farmacisti, ecc. ecc.) Pagina 5 XVI Conveg no Nazionale L’Intervento Psicologico in Oncologia Misericordia, Compassione e Relazione d‟Aiuto 28-29 gennaio 2016 Aula Magna C.N.R. Come può un tema relativo alla Misericordia confrontarsi con la Compassione ed insieme essere inserito nella Relazione di Cura? Con quale efficacia e con quale “controindicazioni”? La compassione (dal latino cum patior - soffro con) è un sentimento per il quale un individuo percepisce emozionalmente la sofferenza altrui provandone pena e desiderando alleviarla. Il concetto di compassione richiama quello di empatia dal greco "εμπαθεια" che veniva usata per indicare il rapporto emozionale di partecipazione soggettiva che legava lo spettatore del teatro greco antico all'attore recitante ed anche l'immedesimazione che questi aveva con il personaggio che interpretava. Nelle scienze umane, il termine empatia è passato a designare un atteggiamento verso gli altri caratterizzato da un impegno di comprensione dell'altro, escludendo ogni attitudine istintiva affettiva personale (simpatia, antipatia) e ogni giudizio morale. La Misericordia è un sentimento generato dalla compassione per la miseria altrui (morale o spirituale). Deriva dal latino misericors (genitivo misericordis) e da misereor (ho pietà) e cor cordis (cuore); È una virtù morale tenuta in grande considerazione dall'etica cristiana e si concreta in opere di pietà o, appunto, di misericordia. Sulla Relazione d’Aiuto molti si sono espressi ma vogliamo citare Rogers che nel 1951 ha definito la relazione d'aiuto come "una relazione in cui almeno uno dei due protagonisti ha lo scopo di promuovere nell'altro la crescita, lo sviluppo, la maturità ed il raggiungimento di un modo di agire più adeguato e integrato. L'altro può essere un individuo o un gruppo. In altre ANNO 4-2 parole, una relazione di aiuto potrebbe essere definita come una situazione in cui uno dei partecipanti cerca di favorire in una o ambedue le parti, una valorizzazione maggiore delle risorse personali del soggetto ed una maggior possibilità di espressione". La specificità che la distingue dalle altre relazioni umane è l'aspetto metacognitivo: per competenza d'aiuto si intende infatti la capacità di dare vita ad una relazione umana in modo consapevole, controllato ed intenzionale, padroneggiando razionalmente abilità "che sono un tutt'uno con ciò che si è". Nei nostri anni di esperienza sia terapeutica che di formazione ci siamo spesso confrontati con il rischio che si incontra di contagio a livello emozionale e del bisogno di strutturare dei moti così spontanei come la Compassione e Misericordia all‟interno di una educazione sanitaria, una relazione che diviene uno strumento terapeutico. V. E. Frankl inserisce nei suoi schemi interpretativi: decisionalità, intenzionalità, responsabilità e comprensione dei valori, elementi costituenti la dimensione noetica dell‟uomo, la logoterapia. Quindi elementi noetici quali Misericordia e Compassione si devono valere di elementi fondamentali per una Relazione d‟Aiuto. È la parte intatta dell'essere e può operare anche nei confronti delle debolezze e malattie della dimensione psico-fisica. La difficoltà per volontari e professionisti della salute è confondere il proprio bisogno personale da una motivazione a prendersi cura dell‟altro. Spesso sentiamo dire, a ragione, che “far del bene fa bene a se stessi”, ma è importante che il bene per se stessi sia solo un effetto collaterale di un movimento compassionevole e non l‟obiettivo principale. Le aree che nel convegno verranno prese in considerazione sono: • • • • • Area Pediatrica Area Transculturale Area Palliazione Area Oncologica Area Geriatrica L‟impedimento principale che possiamo trovare nella relazione d‟aiuto è dare il giusto significato e dignità al movimento compassionevole; si sentono espressioni come: “io non voglio essere compatito da nessuno”, “mi fa pena e non ce la faccio a vederlo così ridotto”; dove troppo spesso la compassione viene vista come elemento di fragilità e non come risorsa. Chiedere aiuto si può, offrire aiuto è un‟opportunità da cogliere. Partecipa e manda un tuo contributo, sul nostro sito le modalità per l’abstract Ci vediamo a gennaio!! Pagina 6 Il disimpegno morale nelle relazioni di cura Un oncologo, in preda ad un senso d'impotenza, risponde aggressivamente ad un paziente. Un'infermeria, afflitta dalla frustrazione, è fredda e superficiale nei rapporti interpersonali. Uno psicologo, che segue un paziente in analisi da diverso tempo, quando lo stesso si ammala di cancro, chiude la terapia dopo pochi incontri adducendo come motivazione che la nuova situazione non era prevista nella richiesta iniziale. Tre esempi tangibili che a volte incontriamo nei luoghi di cura, evocativi di un fenomeno che può essere riscontrato nelle relazioni umane dei cosiddetti processi di cura. La letteratura ha dimostrato che lo stress lavorativo mal gestito ha conseguenze negative in termini di salute, depressione e ansia, soddisfazione lavorativa, prestazioni. Nelle professioni d'aiuto, in cui tutti i processi si amplificano a causa del contatto prolungato e affettivamente significativo con le persone malate, si è parlato abbondantemente di sindrome da burnout: l'esito patologico di un processo stressogeno che potrebbe colpire le persone che esercitano professioni d'aiuto, quando queste non rispondono in maniera adeguata ai carichi eccessivi di stress che il loro lavoro li porta ad assumere. Avendo già trattato anche noi la sindrome del burnout nel nostro Gazzettino della Balena Bianca (vedi numeri arretrati) e sulle nostre pubblicazioni (L’intervento psicologico in oncologia; La malattia oncologica nella famiglia) in questo numero tratteremo il concetto di “disimpegno morale”. Bandura nel 1986 definisce il disimpegno morale come l'insieme dei dispositivi interni sia sociale che cognitivi, che permettono all'individuo di liberarsi dai sentimenti di autocondanna e dai sensi di colpa, lesivi per l'autostima, nel momento in cui viene meno il rispetto delle norme interne. Impiegando il disimpegno morale, gli individui possono agire comportamenti chiaramente in contrasto con i propri principi etici, pur continuando a sostenerli, senza provare sensi di colpa e di vergogna. La funzione è in sostanza quella di “mettere a tacere” il proprio sistema morale interno. Bandura identifica ben otto meccanismi di disimpegno morale, una sorta di escamotage (fuga) psicologici, che operano in maniera differente e sono raggruppati in base a dove ANNO 4-2 agiscono nel processo autoregolativo morale e del comportamento: 1) Giustificazione morale. Si fa appello a fini superiori per mettere in ombra la propria condotta negativa. Nel corso dei secoli i più grandi abomini sono stati compiuti in nome di principi morali o religiosi. 2) Etichettamento eufemistico, l'eufemismo è un procedimento che consiste nel sostituire parole, espressioni troppo crude e realistiche con altre maggiormente attenuate. Ad esempio i soldati eliminano la gente piuttosto che ucciderla, le missioni di bombardamento sono descritte come servizi sull'obiettivo, i civili uccisi dalle bombe sono convertiti paradossalmente in danni collaterali. 3) Confronto vantaggioso. Si confronta la propria azione con condotte moralmente peggiori, ridimensionando per contrasto la valenza negativa del proprio comportamento. 4) Spostamento di responsabilità, la responsabilità dell'azione è attribuita a un terzo esterno. Gli individui inquadrano le loro azioni come la conseguenza dei dettami ricevuti dall'alto, come per esempio un'autorità, piuttosto che la conclusione delle proprie azioni. I comandanti dei campi nazisti e i loro subalterni sostenevano di essere dei semplici esecutori degli ordini, rifiutando con forza ogni sorta di responsabilità. 5) Diffusione di responsabilità, le colpe che sono di tutti e come se non fossero di nessuno. Con questo meccanismo si genera un senso di non imputabilità. L'azione collettiva indebolisce il controllo mentale e diffonde la responsabilità, così ogni comportamento può essere coperto della generalità impersonale del gruppo. 6) Distorsione delle conseguenze. Ignorando o minimizzando le conseguenze delle proprie azioni si genera una non considerazione degli effetti immorali di queste. Ci si concentra sul proprio tornaconto e ai possibili benefici, evitando di prendere seriamente in considerazione gli effetti dannosi provocati. 7) Attribuzione di colpa, ci si convince che l'offesa arrecata alla vittima è da lei pienamente meritata. Nei resoconti criminosi si è potuto osservare che alcune volte gli stupratori attribuivano la colpa alle loro vittime accusandole di aver avuto comportamenti sessualmente provocanti, di aver indossato abiti troppo succinti o aver resistito solo debolmente all'assalto sessuale in corso. 8) Deumanizzazione, si attribuisce alla vittime un'assenza di sentimenti umani che frena sul nascere l'empatia. Chi è disumanizzato spesso Pagina 7 viene definito come negro, selvaggio, muso giallo o in altri modi disprezzanti. Compreso questo, proviamo a immaginare degli scenari possibili di disimpegno morale in un'ipotetica relazione di cura: Il caso del medico che ha incorporato come “principio” il distacco, l'atteggiamento esclusivamente scientifico, convinto che solo in questa maniera possa limitare le fonti di sofferenza emotiva derivate dalla relazioni di cura (giustificazione morale). Oppure eventualmente quei medici che con fare estremamente organicistico tengono conto solo dei fatti razionali e vedono solo “corpi ammalati da guarire” (deumanizzazione), non considerando che i pazienti sono innanzi tutto persone con un carico unico quanto irripetibile di storie, esperienze, emozioni, pensieri. Nella comunicazione di una diagnosi difficile, per superare delle difficoltà critiche, si potrebbe ritenere che sia sufficiente sostituire alcuni termini forti e crudi con altri maggiormente attenuati e evasivi (etichettamento eufemistico). In realtà la diagnosi necessità di un tutto un certo tipo di contesto, nell'arco temporale di un percorso graduale, in cui la comunicazione dovrebbe essere sempre corretta, chiara e veritiera. Riprendendo l'esempio iniziale, il medico che risponde male al paziente, e di fatto lo aggredisce, potrebbe ridimensionare l'accaduto operando un confronto con fenomeni ben peggiori (confronto vantaggioso), magari raccontandosela come: “Beh, tutto sommato che cosa è una brutta risposta, trattare male un paziente, rispetto a problemi ben maggiori... Pensiamo a un dottore incompetente e raccomandato che addirittura sbaglia la diagnosi!” Tutto ciò, come si intuisce, non consente di avere piena consapevolezza del proprio sbaglio al fine di non ripeterlo più in futuro. Tutte le volte che invece di prendersi carico delle proprie mancanze ci si disimpegna sminuendo, concludendo che alla fine lo sbaglio è di tutti (diffusione della responsabilità), pertanto poco degno di nota: “Lo so ho sbagliato, ma alla fine sbagliamo tutti, tutto il sistema funziona così, che ci puoi fare...” In questi sensi un'adeguata “solidità morale” diviene indispensabile per poter svolgere al meglio la propria attività professionale di cura, anche in condizioni lavorative stressanti e frustranti. In tutte le professioni in cui gli interventi sono principalmente di natura preventiva, curativa, riabilitativa, palliativa, gli ANNO 4-2 operatori dovrebbero essere capaci di un solido senso di responsabilità sia etico che professionale, una “maturità” messa in atto nell'agire quotidiano del contesto lavorativo che riconosce in sé il dovere di aderire a un modello di condotta e un sistema di norme. Spesso queste norme sono contemplate dai codici deontologici delle stesse professione, tra le altre cose fondati su importanti principi di tutela della persona assistita. Accanto all'impegno morale deve coesistere la capacità empatica. Nelle relazioni di cura l'empatia non dovrebbe mai essere accantonata nella speranza vana di tentare di arginare la sofferenza. Parallelamente non è funzionale essere eccessivamente o forzatamente empatici, fino al limite di oltrepassare la giusta distanza che non permette più di distinguere le proprie emozioni e bisogni da quelli che la persona ci sta presentando. “Se ciò che io dico risuona in te, è semplicemente perché siamo entrambi rami di uno stesso albero.” scriveva William Butler Yeats, poeta, drammaturgo e scrittore irlandese. E scriveva bene. L'empatia è un'abilità sociale di fondamentale importanza, uno degli strumenti basilari di una comunicazione interpersonale efficace e gratificante, in grado di accedere ai sentimenti, agli stati d'animo, alle motivazioni della dimensione dell'altro maggiormente profonde. Ma quale è la giusta distanza ed è utile affiancare la morale a principi valoriali? Una buona formazione emozionale ci può aiutare in questo ed è uno degli obiettivi associativi che “Moby Dick” persegue da anni. Alessandro Bruzzese Pillola di saggezza L‟estate non si caratterizza meno per le sue mosche e zanzare che per le sue rose e le sue notti stellate. Marcel Proust Pagina 8 Perché fare volontariato? Ecco 7 buoni motivi La parola “volontariato” deriva dal latino voluntarius, da voluntas, ovvero volontà. Impegnarsi in qualcosa conforme alla volontà, che parte da un impulso interno ed è accompagnato da una buona cognizione di causa, un‟azione che nasce spontanea. Dare il proprio contributo gratuitamente può essere una decisione importante sia per la propria vita personale che professionale. I motivi per farlo sono innumerevoli tanti quanti sono gli esseri umani, ma c‟è chi ne ha stilato una lista esplicitandone le ragioni e i vantaggi che se ne ottengono … chiaramente questo elenco proviene dall‟altro lato dell‟oceano, dato che agli americani piacciono tanto le guide! dal blog www.wisebread.com E' bene fare volontariato perché.... Sviluppa competenze Fare volontariato permette di mettere alla prova sul campo i propri talenti, e di apprendere nuove competenze. Se si agisce insieme ad altri, come spesso capita, si possono mettere in comune le esperienze e imparare da chi già sa fare cose per voi nuove. Ovviamente le competenze acquisite si possono spendere poi nel resto della vita, sul lavoro, nel percorso di studi e in qualunque campo. Dà un esempio ai ragazzi Le nuove generazioni devono imparare il valore della gratuità, e voi potete contribuire a questo insegnamento. Facendo volontariato con i giovani, soprattutto con i bambini, potrete contribuire a migliorare il loro futuro concretamente; chi riceve aiuto gratuito è poi molto più propenso a fare qualcosa per gli altri, una volta diventato adulto. Vi aiuta sul lavoro Molti dei "colleghi" volontari che conoscerete potrebbero un giorno dare una mano anche a voi in campo lavorativo. E' sorprendente quanto possa essere utile il passa parola, soprattutto se siete alla ricerca di prima occupazione o di un lavoro migliore Per di più questi compagni di volontariato vi conosceranno come una persona altruista, disponibile, estroversa ma anche pronta a lavorare sodo. E chi non assumerebbe un tipo così? L'attività di volontariato potrebbe esservi molto utile anche se non cercate lavoro perché l'avete già. Le abilità che conquisterete attraverso l'esperienza solidale vi possono aiutare a migliorarvi anche nel settore lavorativo, e quindi a fare carriera. Tutti i datori di lavoro sono normalmente attratti dalle qualità di un leader, e scegliendo di fare volontariato avete già dimostrato di possederne un bel po'. ANNO 4-2 Fa risparmiare soldi Vi piacerebbe dare una mano alla vostra associazione preferita ma non avete molto da spendere? Offrire il vostro lavoro in cambio di una donazione è molto più importante per l'organizzazione e molto più vantaggioso per voi. Non è necessario impegnarsi due o tre volte la settimana: basta anche solo aiutare in occasione di eventi speciali, fiere, vendite straordinarie. Bastano davvero poche ore al mese. Riempie la vita Perché sprecare il tempo libero nei centri commerciali o davanti alla tv? Fare volontariato è molto meglio: si partecipa ad attività interessanti, si mettono in circolo le idee, si fanno nuove esperienze, si esce di casa! Molti volontari hanno visto riempirsi senza sforzo la loro agenda sociale in poco tempo, e si divertono molto più di prima. Vi insegna a dire grazie Uno dei regali migliori dell'attività di volontariato è che vi fa rendere conto di quanto siete fortunati rispetto ad altre persone. E per questo vi insegna a dire grazie e a smettere di volere sempre di più, all'infinito. Vi cambia la prospettiva: capirete cosa conta davvero nella vita e vivrete in modo più semplice, autentico e rilassato. E' sufficiente? Noi vi aspettiamo … E‟ in corso la Campagna Associativa per l‟anno 2015, diventa anche tu Moby Dicker I vantaggi di salire a bordo e navigare con la Balena Bianca, diventa un moby dicker Diventa parte dell‟equipaggio e potrai anche tu aiutare le famiglie che affrontano il dramma di una patologia oncologica ed in più come Socio Sostenitore avrai l‟invio del gazzettino della balena Bianca personalizzato, l‟invito ad aiutarci nelle varie manifestazioni che organizzeremo in tutta Italia, l‟invio della eco-bag. Se sarai un nostro Socio Benemerito in più avrai la nostra fantastica T-shirt dell‟equipaggio e lo sconto del 10% sul contributo a tutti gli eventi formativi organizzati in Italia Abbiamo realizzato per voi delle fantastiche T-shirt adatte per l’estate e per farti sentire vicino a Noi!! Averle è facile, prenotale e vieni a ritirarle ci potrai conoscere tel. 06-85358905 Pagina 9 Le nostre RUBRICHE _____________________________________ A domanda risponde a cura di Maurizio Cianfarini Presidente dell‟Associazione Moby Dick, Esperto in psiconcologia, Logotherapy ed Analisi Esistenziale, Analisi individuali, di gruppo e di Organizzazioni; Direttore del Corso biennale in Psicologia Oncologica. Professore a.c. Università “La Sapienza” di Roma; Collabora con numerosi enti per la formazione e la supervisione degli operatori sanitari e dei volontari nelle città di Roma, Milano, Campobasso, Padova, Cosenza, Potenza, Vicenza, Larino, Catania, Trapani e Firenze e Verona Gentilissimo dott. Cianfarini mi sono spaventata! Circa 15 gg fa, in maniera casuale, per accertamenti di altro genere, ho scoperto di avere un tumore al seno. Il medico che me l’ha diagnosticato mi ha detto che sono stata proprio fortunata perché, avendolo scoperto così presto, si potrà intervenire subito con prognosi favorevole. Ecco, da quel momento e nei giorni successivi ho avuto attacchi di panico, mi tremano le gambe e non riesco più a guidare la macchina; non mi sento più me stessa e mi chiedo: “sto impazzendo? Fra qualche giorno mi dovrò operare ma ho tanta paura per il dopo nonostante tutti mi rassicurino. Un consiglio, grazie B.D. Veniamo alla sua preoccupazione per il “dopo” e a quella sensazione di “impazzire”, tutta legata al timore di non “riconoscersi più”; qualsiasi evento che le ho nominato prima, tanto più in una malnel contesto di una malattia oncologica, attacca il nostro equilibrio personale ed il timore che abbiamo è di non riuscire a ristabilire un nuovo equilibrio nonostante/a causa della prognosi. Accettare un cambiamento non è un‟operazione facile per nessuno, tanto più se il cambiamento non è voluto e interessa la nostra “immagine” interna ed esterna. A volte può diventare un processo discretamente lungo che necessita di risorse psicologiche importanti. Cosa può accadere? Avere la sensazione di non farcela e di cedere da un momento all‟altro, dato che nostre risorse sono state messe già a dura prova dalla malattia. Se dopo un certo periodo questo disagio continua può richiedere ed accedere a una terapia psicologica presso un centro o un terapeuta esperto nell‟area oncologica. Un cordiale saluto Dr. Maurizio Cianfarini _____________________________________ Pillole di psico-oncologia pediatrica a cura di Gianni Biondi già Direttore U.O Psicologia Pediatrica Ospedale "Bambin Gesù", Docente alla 2 Scuola di Psicologia Clinica "La Sapienza", Docente l maser in Psicologia Oncologica e Socio Onorario di “Moby Dick” Gentile signora, il tentativo di rassicurarla da parte dei medici che la stanno curando, su basi cliniche in loro possesso, è lodevole e comprensibile; ciò non toglie che quello che sta affrontando, proprio perché legato alla casualità ed al fatto che è asintomatico, è inaspettato e crea forti emozioni e destabilizzazioni, è un vero e proprio trauma che innesca tutta una serie di reazioni sia fisiche che psicologiche difficili da gestire. E‟ quella situazione che viene indicata come PTSD (post traumatic stress disorder) che può cogliere persone che si trovano ad affrontare importanti situazioni di stress come: terremoti, tentativi di violenza, lutti improvvisi, una malattia oncologica. E‟ importante per superare la crisi essere aiutati anche farmacologicamente consultando un medico, anche quello di famiglia. ANNO 4-2 Sono un giovane papà. Mia moglie è stata operata per un tumore al seno, abbiamo una bambina di 4 anni che da circa due mesi ha voluto rimettere il pannolino per fare i suoi bisogni e non riusciamo a toglierlo. Abbiamo sempre cercato di proteggerla dalla malattia ma questa situazione ci affatica ulteriormente e ci crea disagi anche con l'asilo. Cosa possiamo fare per riuscire a togliere di nuovo il pannolino? la ringrazio G.D. Gent.mo Signore, i bambini hanno una notevole capacità nel percepire, quasi da subito, che c‟è qualcosa che non va nel normale svolgimento del “sistema Pagina 10 famiglia” in cui egli vive… tale percezione viene poi confermata dai cambiamenti che osserva, attraverso un certo sconvolgimento dei ritmi familiari, delle abitudini, delle persone presenti in casa, ecc. Specialmente se tali percezioni non vengono, secondo l‟età, chiarite, si può notare l‟attivazione di comportamenti regressivi, quasi che il bambino, “tornando indietro” ricostruisca, recuperi precedenti momenti per lui sereni e rassicuranti. È possibile che sua figlia abbia individuato, come comportamento per lei rassicurante, il “tornare” al pannolino. Tenendo conto che ogni bambino ha un suo comportamento, che si attiva all‟interno di un nucleo familiare che non è possibile sovrapporre ad altri, sono molte le informazioni necessarie per meglio comprendere sia il contesto familiare (dinamiche di coppia, fratelli…) che la descrizione dei comportamenti di sua figlia nei momenti per lei “stressanti”; inizialmente analizzerei se la bimba è stata informata (per l‟età) da chi, come… se pone delle domande o tende a tenere tutto dentro di sé, come gioca, dorme, si alimenta. Come vede per poterle rispondere in modo esaustivo, vi sono molte informazioni che per ora mancano e che sono molto importanti. Non ultimo come sua moglie sta portando avanti questo percorso, se è supportata dalla famiglia, se può avvalersi di un professionista che l‟aiuti ad elaborare tutto quello che è possibile, per farla sentire più forte sia di fronte al suo essere donna che mamma malata. Se desidera approfondire quanto sopra accennato, può rivolgersi a Moby Dick, che mi contatterà. Sperando di esserle stato d‟aiuto Prof. Gianni Biondi ____________________________________ Non è vero... ma ci credo I Superfoods sono davvero “super”? Lo studio sul ruolo che le abitudini alimentari esercitano sul rischio di andare incontro a malattie organiche ha impegnato la scienza medica per una buona parte del „900; in particolare, l‟attenzione su come la qualità dell‟alimentazione possa modificare la probabilità di ammalarsi è emersa in seguito alla Seconda Guerra Mondiale (http://www.giornaledicardiologia.it/allegati/0057 6_2010_05/fulltext/11_S3-5_2010_056-059.pdf). Al giorno d‟oggi è ormai assodato come ANNO 4-2 un‟alimentazione varia ed equilibrata sia alla base di una vita in salute. Secondo l‟Organizzazione Mondiale della Sanità, infatti, circa 1/3 delle malattie cardiovascolari e dei tumori possono essere evitati grazie ad un‟alimentazione equilibrata. Si raccomanda infatti di seguire una dieta basata soprattutto su alimenti vegetali quali cereali, legumi, frutta e verdura e meno su derivati animali, insomma tornare alle vecchie abitudini (http://www.salute.gov.it/portale/salute/p1_5.jsp?l ingua=italiano&id=108&area=Vivi_sano). Negli ultimi anni si sono affermati poi i cosiddetti “superfoods” (letteralmente ”super alimenti”). Si tratta di una vasta gamma di cibi (tra cui determinati semi, bacche, frutta, verdura) talmente ricchi di proprietà salutistiche da essere considerati “super”. I superfoods sarebbero, infatti, in grado di contrastare l‟invecchiamento cellulare; alcuni, addirittura, avrebbero proprietà antitumorali. Altri ancora sarebbero in grado di prevenire malattie cardiovascolari. Questi effetti benefici si hanno grazie alla combinazione di antiossidanti, principi nutritivi e minerali presenti in questi particolari cibi, che aiuterebbero dunque a condurre una vita più sana ed equilibrata (http://www.nhs.u k/livewell/superfo ods/pages/whataresuperfoods.aspx). Tra i superfoods più studiati e conosciuti troviamo: mirtillo (rallenterebbe l‟invecchiamento cellulare grazie alla presenza dei flavonoidi), melograno (utile per ridurre la pressione arteriosa), caffè verde (si tratta del semplice caffè, i cui semi verrebbero essiccati anziché torrefatti; questo processo favorirebbe il dimagrimento); diversi tipi di bacche, ossia bacche di Goji, bacche di Acai (dette anche “superbacche”, sarebbero ricchissime di antiossidanti, che contrastano l‟invecchiamento cellulare). Il termine superfoods è diventato popolare solo negli ultimi anni, di pari passo con il crescente interesse verso abitudini e stili di vita sani ed equilibrati. Bisogna però fare delle precisazioni. Di fatto, non ci sono ancora ricerche scientifiche Pagina 11 in grado di dimostrare che un determinato alimento sia in grado, da solo, di prevenire determinate malattie. Gli studi condotti, infatti, si basano su prove di laboratorio che prendono in esame determinati principi nutritivi, ma in percentuali elevatissime. Un buon esempio di questo principio potrebbe essere fatto con il comune aglio; questo, infatti, contiene un nutriente che sembrerebbe favorire la riduzione del colesterolo e della pressione sanguigna. Per ottenere questi effetti benefici è necessario assumere fino a 28 spicchi; solo così infatti, si otterrebbero le dosi usate in laboratorio. Perciò, non vi sono semplicemente abbastanza studi a lungo termine che supportino l‟idea che i superfoods possano prevenire malattie ed invecchiamento. Alla luce di ciò, è comunque comprensibile il grande interesse che ruota intorno a questi cibi: avere la possibilità di assumere cibi che siano in grado di proteggerci da tutti i mali è un‟idea allettante. Ma quest‟idea potrebbe non essere poi così salutare se i superfoods sono, dopotutto, solo uno strumento di marketing. Basti pensare al prezzo proibitivo di molti di loro. I mirtilli ad esempio: ricchissimi di antiossidanti, sarebbero in grado di neutralizzare i radicali liberi e di ridurre il grasso addominale. Ciò non è necessariamente falso, ma quello che si tende a dimenticare è che questi effetti benefici si possono trovare anche negli altri frutti rossi, e quindi in fragole, lamponi e more che hanno costi più contenuti rispetto ai mirtilli. C‟è poi da considerare un altro aspetto: essere convinti che ci sia un super cibo in grado di porre rimedio a tutti i mali, potrebbe incoraggiare il mantenimento di abitudini dannose; quindi, si potrebbe pensare che va bene adottare cattive abitudini, fintanto che si assume l‟alimento miracoloso che ne “annulla” tutti i danni. Un buon esempio di dieta bilanciata è quella Mediterranea che si concentra soprattutto sul consumo di frutta, verdura, olio d‟oliva e legumi e meno su prodotti di derivazione animale. Con una dieta bilanciata, infatti, ci si assicurano le sostanze nutritive di cui l‟organismo ha bisogno; un buon punto di partenza potrebbe essere quello di assumere cinque porzioni tra frutta e verdura al giorno. La dieta mediterranea sembra poi avere degli effetti protettivi nei confronti del cancro. In particolare, un grande consumo di frutta e verdura è stato associato ad un ridotto rischio di sviluppare un cancro alla bocca, all‟esofago, al polmone, alla laringe e ad alcuni tipi di tumore dello stomaco. Frutta e verdura sono infatti eccellenti fonti di vitamine ed altri nutrienti (folati, carotenoidi, flavonoidi) che sembrerebbero contrastare sostanze chimiche potenzialmente dannose per il DNA; anche un maggior consumo di fibre avrebbe effetti protettivi sul cancro all‟intestino: aumentando i movimenti intestinali, vi sono meno possibilità che le sostanze dannose per l‟organismo permangano troppo a lungo all‟interno del corpo; allo stesso tempo le fibre aiuterebbero l‟intestino a produrre la flora batterica che promuove il benessere dello stesso. Come abbiamo visto dunque, non è necessario andare tanto lontani per trovare preziosi alleati per la nostra salute: l‟importante è variare ed aumentare l‟assunzione di frutta e verdura, meglio se di stagione. Un attenzione troppo selettiva verso questi “nuovi” cibi può distogliere l‟attenzione da tutti gli altri cibi più “comuni”, che restano sempre salutari; la frutta, la verdura e i cibi integrali che si consumano quotidianamente, sono ricchi di sostanze nutritive; ciò che è davvero importante è la varietà. Nessun cibo, da solo, è in grado di avere “super poteri” in grado di sopperire alla mancanza di una dieta varia e bilanciata. M.D. ANNO 4-2 Pagina 12 Vota il progetto di Moby Dick Puoi votare ogni giorno fino al 31 ottobre, copia e incolla nella barra di navigazione il seguente link: https://www.orosaiw a.it/cuorioro/dettaglio/ognigiorno-per-scelta-alfianco-di-chi-vivelesperienza-del-cancro/71 continua da pg. 1 reso noto, preparato e famoso; lui lo ricorda bene visto che non vuole lasciarlo questo posto pubblico per il privato, rischiando di cadere nel dimenticatoio dei professori che „erano bravi ma…‟ Ma noi non siamo quel popolo e non siamo quella sanità. Il nostro Sistema Sanitario Nazionale è ancora uno dei migliori al mondo. Ci vengono dati appuntamenti dai nostri medici e psicologi ogni 30-45 minuti evitandoci così lunghe ed estenuanti permanenze nelle sale di attesa, dedicando il tempo interamente a noi senza essere interrotti da colleghi e telefonate. Possiamo portare loro gli incomprensibili referti di Tac, Pet, Risonanze per far sì che vengano tradotti in linguaggi adeguati e il nostro medico alla fine della visita si accerta che abbiamo ben compreso sia noi che il nostro familiare. A proposito di familiare, non ne sa mai più di noi perché viene sempre informato da noi o durante l‟incontro in cui ci siamo anche noi. Siamo messi in lista di attesa senza il timore che ci scavalchino, perché la malattia livella le persone mettendole tutte nella stessa condizione di sofferenza, una condizione in cui non vogliamo né eccellere né essere raccomandati. Noi non siamo per fortuna un popolo di eroi ma persone con dignità, che meritiamo rispetto, tanto più se ci ammaliamo. Il personale sanitario preparato e sensibile non è una merce rara in Italia, noi di Moby Dick ne incontriamo tanti, riescono ad accogliere con professionalità e sensibilità questi momenti difficili legati all‟incontro con la malattia facendo della loro attività un‟esperienza significativa della loro vita e dimostrando di avere davvero a cuore il lavoro che svolgono. Facciamo sì che diventi la norma. Tutti noi. M.C. ANNO 4-2 III Edizione del Premio Fotografico Nazionale “Carpe Diem – Cogli l’attimo” Sono salito sulla cattedra per ricordare a me stesso che dobbiamo sempre guardare le cose da angolazioni diverse. E il mondo appare diverso da quassù. Non vi ho convinti? Venite a vedere voi stessi. Coraggio! È proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un'altra prospettiva”. Questa suggestiva citazione tratta da “L’Attimo fuggente” di Peter Weir (1989) descrive a pieno la prossima iniziativa promossa a livello nazionale da Moby Dick. Anche quest‟anno, infatti, abbiamo scelto di affiancare alle attività ordinarie un‟iniziativa culturale che dia l‟opportunità ai partecipanti di raccontare la propria esperienza attraverso un canale diverso e creativo. E così, dopo il successo della Terza Edizione del Premio Letterario Nazionale “Un Ponte sul Fiume Guai” torniamo alla carica e scegliamo di farlo privilegiando un‟altra forma di espressione artistica: la fotografia. Il 1° Giugno si apre ufficialmente la Terza edizione del Premio Fotografico Nazionale “Carpe Diem – Cogli l’attimo” il cui titolo racchiude in un‟unica, breve espressione oraziana ciò che vogliamo comunicare: cogliere l‟attimo, non lasciarlo sfuggire. Fermarlo e guardarlo proprio da “quell’altra prospettiva” descritta dal Professor Keating nel celebre film. In quest‟ottica, la fotografia assume il significato di apertura, di passaggio da mondo interno a mondo esterno. Osservarla, dunque, sarà un‟opportunità, quella di permettersi non solo di ripensare ma anche di rivalutare il singolo momento legato all‟incontro- diretto o indirettocon la malattia. Pagina 13 Il concorso si concluderà il 10 gennaio 2016 e la premiazione in Primavera!! A breve ulteriori informazioni e il Bando consultabile sul sito. Prendete in mano le vostre macchine fotografiche, Moby Dick vi aspetta! SE VUOI ESSERE IL NOSTRO SPONSOR CHIAMACI 06-85358905 Dr.ssa Alessia Gentile LEGGI I NOSTRI NUMERI ARRETRATI SUL SITO, PAGINA PUBBLICAZIONI ALLA VOCE “IL GAZZETTINO” Emotional Training Area Il Piano Oncologico Nazionale 2010-2012, oltre a riconoscere un ruolo centrale al volontariato, sottolinea espressamente l'importanza del supporto psicologico. Tale piano oncologico nazionale assume, per decisione della Conferenza Stato-Regioni, il più pregnante titolo di "documento tecnico di indirizzo per ridurre il carico di malattia del cancro" per il triennio 2011-2013., che verrà accolto dalle Regioni, che prevede, nell‟ambito degli interventi da attuare nel Piano Oncologico Nazionale, anche una serie di input per offrire adeguato supporto psicologico ai pazienti. Art. 3.2.5 Sviluppo della psico-oncologia I want you Ho bisogno di Te! Diventa Volontario di Moby Dick La patologia neoplastica può avere profonde ripercussioni sulla sfera psicologica, affettiva, familiare, sociale e sessuale sia del paziente che dei suoi familiari. Viene riportato dalla letteratura psicooncologica che il 25-30% delle persone colpite da cancro presenta un quadro di sofferenza psicologica, caratterizzata in particolare dalla presenza di ansia, depressione e da difficoltà di adattamento, che influenza negativamente la qualità di vita, l‟aderenza ai trattamenti medici e la percezione degli effetti collaterali, la relazione medico paziente, i tempi di degenza, di recupero e di riabilitazione. Tale sofferenza può cronicizzare se non identificata e quindi trattata. Le Borse di Studio L'Associazione mette a disposizione due borse di studio come Premio per la migliori tesi in Psicologia Oncologica, inedita. I lavori presentati verranno sottoposti all'insindacabile giudizio del direttivo. Le tesi dovranno pervenire in duplice copia: " una copia cartacea (non si accettano manoscritti) " una copia su dischetto o CD in formato Word Per partecipare alla selezione inviare curriculum e tesi tramite raccomandata con ricevuta di ritorno, o recapitato di persona, in busta chiusa indirizzata a: Associazione Moby Dick / Selezione Corso 2013 Via dei Caudini, 4 – 00185 Roma. (Scadenza 30 novembre 2015) Le agevolazioni non sono cumulabili Chiama allo 06-85358905, porta il tuo curriculum e fissa un colloquio motivazionale, potrai far parte dei mobydicker ed aiutare molte persone I lavori inviati, anche se non vincitori, non saranno restituiti e potranno essere utilizzati dall‟Associazione, citandone l‟autore, per articoli scientifici ANNO 4-2 Pagina 14 Master Professionalizzante PSICOLOGIA ONCOLOGICA, DELLE PATOLOGIE ORGANICHE GRAVI e PALLIAZIONE Direttore prof Maurizio Cianfarini “Eccellente”, “un’esperienza formativa importante” “ho trovato quello che cercavo, una formazione che non è solo didattica”. Questi sono solo alcuni dei feedback ricevuti quest'anno alla chiusura del corso di Psicologia Oncologica; un per-corso che si avvale di numerosi docenti che mettono al primo posto nel loro lavoro “la relazione” con la persona portatrice di una patologia grave ed i bisogni formativi dei discenti. Inizio 20-21 febbraio 2016 Frequentare un Corso è una scelta importante, è un investimento non solo economico ma anche di tempo e risorse fisiche e mentali, ma scegliere bene ripaga di tutti gli sforzi. In qualsiasi ambito lavoriamo è sempre possibile incontrare una persona malata. Se non abbiamo nessuna preparazione questo incontro ci può mandare in crisi dal punto di vista sia personale che professionale. Una formazione in questo ambito è una risorsa imprescindibile e che ci può aiutare ad affrontare sia nella professione che nella nostra vita personale una perdita, un lutto relazionale ed affettivo. La formazione è una jungla in cui è difficile muoversi, ma se usiamo una bussola essa indicherà sempre il nord. Il nord in questo caso è scegliere innanzitutto un corso organizzato non da chi si improvvisa ma da un ente che da decenni lavora nell‟ambito; poi un gruppo docente che sia formato da psicologi, psicoterapeuti e medici. OBIETTIVI e CONTENUTI Conoscere e gestire gli aspetti psico-emotivi che accompagnano l‟iter clinico delle malattie organiche gravi. Aiutare il paziente a recuperare il senso di sé e della propria malattia nel contesto della sua storia. Aiutare i familiari a contenere le angosce e a gestire la sofferenza del paziente. Offrire agli operatori un punto di riferimento per la conoscenza e la gestione degli aspetti emozionali". Elementi clinici relativi alle maggiori malattie organiche gravi ANNO 4-2 Gruppi di discussione a tema (comunicazione della diagnosi e della prognosi, relazioni con la famiglia del malato, burn out degli operatori). Presentazione e discussione di casi clinici. Accreditato per 50 ECM visita il sito per avere informazioni sui docenti www.moby-dick.info. Durante il secondo anno il corso sarà strutturato come Supervisione Clinica dando la possibilità ai discenti di portare propri casi clinici, esaminare casi clinici dell‟associazione e avere la possibilità di effettuare osservazione e conduzione di primi colloqui su discrezione dei docenti. Sono previste agevolazioni del 15% per iscrizioni entro il 30 novembre, del 25% per laureandi e neolaureati (max 4 posti) PRENOTATI INVIANDO IL TUO CURRICULUM ….e lasciati accompagnare sulla rotta “La vita è adesso” Guarire o “stare” nella guarigione? La malattia grave e l’opportunità di dare un significato all’esperienza Padova 17 ottobre La giornata vuole proporre un modello propositivo che punti sulle risorse ed i significati intatti di cui siamo portatori, una visione tridimensionale dell‟uomo che lo pone al centro del suo destino come artefice del suo “carpe diem” Programma: Un tuffo nel mare; vivere e morire tra conscio ed inconscio; agon-ia, il mito del buon vivere; il tempo del vivere; il sistema valoriale e la dimensione spirituale; le due leggi dell‟ontologia dimensionale; la libertà della volontà “del vivere” ; autodistanziamento, autotrascendenza e significato; casi clinici. 11 crediti formativi per tutte le professioni Pagina 15 Le nostre PUBBLICAZIONI “Help Profession" il lavoro in equipe e la Mission Sanitaria Emotional Training Area 3 C GROUP Conflitto-Confronto-Condivisione _____________________________________ La malattia oncologica nella famiglia Dinamismi psicologici ed aree d’intervento Maurizio Cianfarini 1 ottobre Roma Gli incontri, nell‟ottica dell‟approccio globale al paziente e di condivisione con gli operatori secondo il modello dei gruppi Balint, si propongono di fornire ai partecipanti strumenti teorici, tecnici e pratici. Il Corso è rivolto a tutti coloro che sono impegnati in una relazione d‟aiuto e desiderano una condivisione delle esperienze professionali. Gli incontri saranno quindicinali, il giovedì, per un totale di 13 incontri, dalle ore 18,00 alle ore 20,00 presso la sede dell‟Associazione. Alcuni argomenti affrontati: Il gruppo: mentalità e linguaggio comune in ambito sanitario La relazione operatore/paziente Caratteristiche del metodo clinico patient-centred Caratteristiche del metodo person-centred Le principali tecniche di comunicazione Le riunioni e la risoluzione di crisi Gli indicatori di crisi e funzioni psicologiche aspecifiche Il patrimonio affettivo ideale (senso di appartenenza, spirito di gruppo, identificazione con il compito) L’evento è strettamente a numero chiuso e si attiverà con un minimo di 8 partecipanti ed un massimo di 12 35 crediti formativi per tutte le professioni Il Dolore inutile ed il suo trattamento ROMA 8 ottobre Programma: Ospedale e territorio senza dolore, Valutazione e monitoraggio del dolore, La relazione “Terapeutica”, Best practice in tema di dolore cronico oncologico, Cancro = dolore?, La terapia multimodale, La sofferenza psicologica inutile, Il senso di colpa, Le nevrosi iatrogene Interverranno A. Canneti Medico Dirigente, Divisione Radiologia Interventistica e Centro di Terapia Antalgica “Enzo Borzomati”, Policlinico Umberto I Roma R. Cerbo Docente alla Scuola di Neurologia Università "La Sapienza”; già Referente Hub Policlinico Umberto I per la Rete regionale integrata ospedale territorio per il trattamento del dolore cronico non oncologico M. Cianfarini Presidente Ass. "Moby Dick", Direttore Scientifico per l'Educazione Continua in Medicina del Ministero della Salute; Az. Universitaria Policlinico “Umberto I Carocci Editore (nelle migliori librerie ed in Sede) Caro Presidente, finalmente ho letto il tuo libro, come promesso. Mi ero fatto l'idea, solo dall'oggetto, senza aprirlo, che fosse più semplice, 'classico', un po‟ una sorta di dispensa ampliata ad uso e consumo di studenti o neofiti. Sono rimasto invece colpito, e non te lo scrivo per quella sorta di legge non detta per cui bisogna fare i complimenti a chi si conosce, e assai. Ho colto umiltà nelle affermazioni di tutti, tipica di chi è davvero competente nel suo settore; e molta, molta chiarezza, trasparenza, onestà nelle riflessioni personali, nei racconti di vita vissuta, nelle considerazioni operative. E' tutto lineare, diretto, approfondito. Il fatto poi che si presenti come un libro di dimensioni ridotte è diventato ora, a differenza dell'inizio un pregio perché contrasta, in positivo, con i contenuti densi, susseguenti ma, appunto, subito comprensibili. Ci sono poi tanti riferimenti ad autori, correnti, testi, esperienze che non possono che incuriosire perchè non sono né solo citati né copiati pari pari. Insomma, un bel lavoro che, almeno da come l'ho vissuto, ha un leit-motiv che attraversa ogni capitolo e quindi ognuno di voi, io immagino: il cambiamento. E pure quello che manca - la sicurezza relazionale, l'auto compiacimento, il riferimento al proprio vissuto come fonte di 'verità - aiuta molto ad elevare il livello dell'intero prodotto. Nicola Ferrari 10 crediti ECM per tutte le professioni sanitarie ANNO 4-2 Pagina 16 Un ponte sul fiume guai 4 Raffaella Restuccia Un, due, tre…QUATTRO !! Dopo tanta acqua passata sotto questo ponte mi trovo di fronte alla terza raccolta di Racconti e ogni volta è un‟emozione diversa. Sempre bella, sempre nuova, sempre piena di storie uniche e preziose. E leggendo ogni riga si comprende un pochino di più l‟umanità sottesa a questo mondo di malattia e di cura, mondo che rischia troppo spesso di far passare sotto silenzio l‟”essere”, tutti concentrati sulla speranza del “curare e guarire”. L‟ambiente sanitario in generale è indaffarato nella lotta contro la malattia e ancora poco sull‟impegno a favore della persona. Può sembrare la stessa cosa, ma non lo è. La ricerca è importante, l‟impegno della medicina è insostituibile, ma secondo me lo sforzo che deve essere fatto in misura maggiore è quello di riuscire a portare avanti la terapia (qui intesa come comprensiva di diagnosi, prognosi, iter terapeutico e successivi controlli) accogliendo quel grande universo umano che si incontra in ambulatori e reparti. E questo è possibile solo se si riuscirà a preparare tutti gli operatori sanitari a riconoscere e utilizzare in positivo l‟incontro con le emozioni, piacevoli o spiacevoli ma sempre molto intense, che questo lavoro comporta. Se così non sarà, dovremo accettare come comprensibili, anche se non giustificabili, gli atteggiamenti di distacco o peggio di cinismo, di alcuni professionisti della sanità. Come si legge in Ciao Tiziana si può essere travolti da uno tsunami emotivo. Troppo spesso sentiamo persone malate dolersi per frasi ricevute dai curanti. Frasi che talvolta aggrediscono, talvolta minimizzano, ma sempre comportano una sofferenza aggiunta, inutile, a un momento di vita già di per sé difficile da affrontare, nel quale ci sarebbe bisogno di sentirsi sicuri nell‟affidarsi a figure professionali percepite non come autoritarie o superficiali ma come competenti e autorevoli. Perché – questo si sa – l‟incontro con un tumore rappresenta un‟esperienza scioccante, talmente scioccante che a livello sociale e personale rimane ancora difficile pronunciarne il nome, preferendo ricorrere ad espressioni come „la malattia‟ o il „brutto male‟. In Il sole sul soffitto leggiamo che il coraggio non è quello che si legge sui libri, quello che crea “gli eroi”, il coraggio ti viene quando hai tanta paura, ANNO 4-2 quando non riesci a liberarti dall’angoscia che ti affretta il respiro e ti lascia sveglia ed attonita nella notte. In una condizione dolorosa ci si addolora, se una situazione ci spaventa la reazione corrispettiva è avere paura. All‟inizio, quando anche solo si sospetta di essere malati, è normale rimanere spiazzati, rifiutare la realtà, non capire quello che sta accadendo o sentirsi come se tutto riguardasse un‟altra persona. Così come è normale poi arrabbiarsi, protestare, disperarsi, per un „destino‟ che si sarebbe voluto evitare. In A mia Figlia la mamma descrive così la sua prima reazione: un confuso miscuglio d’incredulità, rabbia, tristezza, ansia, paura, mentre insonnia, distrazione, angoscia, inappetenza, divenivano velocemente compagne inseparabili delle mie giornate. Si impatta contro un‟esperienza fuori dall‟ordinario e non è pensabile che si possa affrontare come ogni altra situazione di vita quotidiana, per quanto problematica. Ci vuole tempo per assimilare il trauma e riuscire a elaborarlo. Perché, e questo forse è meno noto, riappropriarsi della propria vita è possibile. Dopo essersi sentiti costretti a subire una diagnosi dolorosa, aver attraversato esami e visite, aver sostenuto terapie debilitanti, il tutto accompagnato da destabilizzanti scossoni psicologici, si può riconquistare un senso di padronanza della propria esistenza e ricominciare a sentirsi attivi protagonisti della propria vita. E questo non solo quando la malattia guarisce, ma sempre quando riusciamo ad attingere a quel grande potenziale che è dentro di noi. In Nini e le sue moto il protagonista scopre che amore e sofferenza ora si possono esprimere, confrontare, portare fuori e arricchire di significati nell’incontro con l’altro. Sono due lati, dolce e amaro, della stessa vita. Nini lo ha capito bene e nei suoi discorsi emergono come inscindibili. La scelta stessa di scrivere la propria esperienza di incontro con la malattia e il cambiamento di prospettiva che questo ha rappresentato, sono indice di un‟elaborazione in corso. Questa elaborazione richiede come dicevamo tempo; e richiede anche un adeguato sostegno interpersonale e una preparazione a livello sociale e del mondo sanitario che possa accompagnare le persone malate senza chiusura o evitamento difensivo. Nel racconto “Le parole non dette” è scritto che una delle abilità che permettono all’essere umano Pagina 17 di affrontare le difficoltà e di vivere serenamente è quella di tollerare e gestire il dolore mentale. Per questo credo che sia utile parlare apertamente di tumore o di cancro, affinché questa malattia non risulti più così associata ad un panico paralizzante; ed è irrinunciabile raccontare di coloro che, incontrato lo sconforto riscoprono la speranza di vivere pienamente il giorno presente. Persone che ci trasmettono il valore della vita. Guardando il mondo dalla luna si capisce che delimitare il campo delle possibilità può anche essere un sollievo, che la felicità abita nel presente e nella capacità di godere dei momenti preziosi che la vita offre, più che nel sognare mirabolanti futuri. Per questo mi sembra sempre un importante traguardo riuscire a pubblicare una raccolta di racconti come questa. Racconti veri, intensi, privi di vuoto esibizionismo e pieni invece della voglia di far comprendere cosa può significare l‟incontro con una malattia oncologica. E cosa può significare scoprire in se stessi risorse inimmaginabili, che consentono di affrontare ciò che si riteneva inaffrontabile e di ritrovarsi pieni di voglia di vivere e amare. Racconti che amplificano la potenza e Il segreto dei globuli arancioni. (del 1°ed il 3° sono rimaste poche copie in sede il 2° è andato ESAURITO!!!) maggior bisogno di una terapia di sostegno psicologico ed effettuare un invio. Per averci tra di voi contattataci ai nostri recapiti. Gratuitamente disponibile in Sede e scaricabile dal sito L’Associazione Moby Dick è stata confermata provider con il numero identificativo 2012. Il riconoscimento da parte della Commissione Nazionale per la formazione continua, che un soggetto è attivo e qualificato nel campo della Formazione Continua in Sanità e pertanto è abilitato a realizzare attività formative idonee per l’ECM individuando ed attribuendo direttamente i crediti agli enti formativi e rilasciando relativi attestati Il coraggio più sicuro è quello che nasce da una reale conoscenza del rischio da affrontare, mentre quello che proviene dall'incoscienza è tanto pericoloso quanto la vigliaccheria. Herman Melville dal libro "Moby Dick" Il Sostegno Psicologico in Oncologia: quando e perché chiedere aiuto Percepire un bisogno significa permettersi d’incontrarlo; questa semplice regola (una regola semplice ma che implica l’incontro con la sofferenza) vale per tutte le persone coinvolte in una patologia oncologica: paziente, familiari, amici e personale curante. Un aiuto concreto si rivela questo opuscolo scritto dal dr. Maurizio Cianfarini e dalla dr.ssa Raffaella Restuccia e distribuito gratuitamente dall’Associazione Moby Dick a tutti i reparti e servizi ospedalieri e non che ne facciano richiesta. Una richiesta di un numero di copie per il Vostro reparto, day-hospital, servizio, può essere accompagnato da parte dell’Associazione, se lo desiderate, da un breve incontro con il personale sanitario per aiutarli ad individuare le caratteristiche per poter individuare le persone che possono aver ANNO 4-2 Pagina 18 Le richieste di sostegno psicologico alla Nostra Associazione in questi ultimi anni sono in continuo aumento, questo grazie sia ad un passa parola, da parte di pazienti che hanno avuto giovamento dal percorso terapeutico effettuato, e sia grazie ad una maggiore visibilità che l'Associazione sta avendo nel territorio comunale e provinciale. Ogni anno partecipano ai nostri incontri di formazione molti operatori sanitari provenienti da tutte le Regioni d‟Italia (infermieri, medici e psicologi); questa opportunità ci permette di far comprendere agli operatori che le difficoltà ed il disagio che il malato incontra non è solo fisico. Attraverso la formazione riusciamo a far conoscere i Servizi che Moby Dick offre in maniera totalmente gratuita. Qualche volta, nel primo colloquio, sentiamo la persona dire: "l'avessi saputo prima...", esprimendo non solo il suo ma probabilmente il rammarico di molte persone che ancora non sanno della possibilità di avere un sostegno psicologico in momenti così difficili del loro percorso di vita. Gli obiettivi dell‟associazione Moby Dick cerca di rispondere al bisogno dei pazienti oncologici (e organici gravi) di condividere emozioni, sentimenti e vissuti legati all‟esperienza di malattia e ai suoi effetti sulla quotidianità, effetti che danno la sensazione di non riuscire più a capirsi, a relazionarsi come prima con gli altri e con la vita, in breve di non riconoscersi più. Malati e familiari sperimentano affetti nuovi e complessi, talvolta difficili da comprendere e gestire. Il nostro obiettivo è di non lasciarli da soli a confrontarsi con queste problematiche, nella consapevolezza che la vita di ogni persona è la vita che potrebbe essere di tutti. Provider ECM Moby Dick è stata confermata Provider dalla Commissione Nazionale per la Formazione Continua - Ministero della Salute. L'Associazione organizza corsi e seminari con l'obiettivo di sviluppare competenze di intervento con un‟attenzione psicologica nell'area oncologica e delle malattie organiche gravi. nell'ambito dell'Educazione Continua in Medicina con un numero di crediti variabile dai 7 ai 50. Gruppi di lavoro e formazione Rivolti a medici, psicologi, infermieri e operatori del settore (su richiesta). Consulenze organizzative. Seminari monotematici riguardanti aspetti psicologici della patologia oncologica. Corsi di formazione per volontari nell'ambito delle patologie organiche gravi. Gruppi maratona per volontari e professionisti. Moby Dick in rete www.moby-dick.info Uno sportello telematico ideato per rispondere a domande da parte dei pazienti o dei familiari al fine di fornire forme di sostegno di carattere informativo, pratico e psicologico Un sito aggiornato su tutte le attività dell'associazione. [email protected] www.psiconcologia.it Una rivista on-line che vuole essere un aiuto concreto per tutti gli operatori professionali che si confrontano quotidianamente con la patologia oncologica. Si propone di offrire ai lettori informazioni attraverso modelli teorici, interventi tecnicopratici. Un contributo multidisciplinare che pone il paziente ed i suoi familiari al centro della cura e della relazione d'aiuto. [email protected] Chi può aiutarci Moby Dick, come ogni associazione, vive dell‟attività dei volontari. Tutti coloro che condividono i nostri obiettivi e vogliono aiutarci a portarli avanti rappresentano una risorsa insostituibile. Come aiutarci Quali Comunicando la propria disponibilità a prestare tempo (anche minimo) all‟associazione Versando periodicamente (a piacere) una quota come sostenitore utilizzando UNICREDIT codice IBAN IT74Z0200805335000400263864 oppure sul c/c postale n. 37246543 intestati a Moby Dick, Via dei Caudini 4, 00185 Roma; CAUSALE: contributo liberale Proponendo iniziative per raccolta fondi o manifestazioni Chi e-mail: [email protected] Tel/Fax 06-85358905 sono le modalità I colloqui per i pazienti sono completamente gratuiti, sia che si tratti di brevi consulenze sia per lunghi percorsi di accompagnamento. Il paziente (malato o familiare) è seguito nel momento in cui ne fa richiesta. Questo può avvenire nel momento in cui riceve la diagnosi, dopo un‟operazione chirurgica, nel periodo delle cure, quando fa i controlli periodici, quando deve riprendere la normale quotidianità, quando la malattia si aggrava, quando avviene il passaggio ad una terapia domiciliare o nel caso di un familiare quando non sa come comportarsi, quando necessita di un contenimento delle intense emozioni. effettua il sostegno Il personale che effettua i colloqui è specializzato, trattandosi di psicologi e/o psicoterapeuti iscritti all‟albo e che, prima di cominciare a seguire pazienti in associazione ricevono una formazione specifica. ANNO 4-2 Contatti Pagina 19