ROVIGNO Il personaggio è ritratto a mezza figura con il busto orientato di tre quarti verso sinistra e lo sguardo diretto all’osservatore. Conformemente alla moda della seconda metà del XVIII secolo indossa una giacca a redingote azzurra ornata di bottoni dorati sotto cui si vede un gilet più scuro su cui spicca una larga bordura dorata. Al collo porta uno jabot di pizzo il cui motivo si ripete nei polsini. Anche i capelli sono acconciati secondo i dettami del tardo Settecento, il loro colore è naturale e presentano un boccolo rigido per lato all’altezza delle tempie. Con la mano sinistra trattiene con gesto elegante una lettera. Gli inventari del Museo Civico riportano che il dipinto ritrae un membro della famiglia Hütterott, tale fatto però non è comprovato da nessun dato archivistico. Il carattere descrittivo della conduzione pittorica e la resa particolareggiata della fisionomia e degli indumenti, confermano la datazione al tardo Settecento, quando le forme del classicismo accademizzante sostituiscono la stesura pittorica sciolta del Rococò. I dettagli formali, in particolare la stilizzazione della mano e delle decorazioni dell’abito, risultano affini alle opere del pittore paolino di origini germaniche Leopold Kecheisen (1726-1799), la cui bottega all’epoca era ancora attiva a San Pietro in Selve. Pertanto, anche l’autore di questo ritratto va collocato nell’ambito d’influenza della pittura austriaca e tedescomeridionale. Le due tele ora nel deposito del Museo Civico di Rovigno sono di provenienza ignota. Va tuttavia segnalato che Tomaso Caenazzo nella descrizione del patrimonio della chiesa di San Tommaso vi menziona due dipinti per le “Stazioni della Via Crucis” (Benussi 1930, p. 63), che si può ipotizzare corrispondano a quelle qui illustrate. Sono di eguali dimensioni e con caratteristiche stilistiche del tutto simili. Il bacio di Giuda si presenta in migliori condizioni di conservazione rispetto all’altro dipinto, anche se ha subito una pesante ridipintura, in particolare nella metà sinistra. La superficie pittorica della seconda opera appare assai più lesionata, frequenti sono infatti le cadute di colore, non vi sono tuttavia interventi di ridipintura. Le inconfondibili fisionomie grossolane e rustiche, le carenze nelle proporzioni, i movimenti ripetitivi dei personaggi, unitamente al forte contrasto chiaroscurale, indicano che i due dipinti sono riferibili a uno stesso autore. A questo inoltre si può riferire anche la Salita al Calvario della parrocchiale di Grisignana (cat. 175). Va osservato che Il bacio di Giuda solitamente non viene rappresentato tra le stazioni della Via crucis che proprio dalla metà del XVIII secolo cominciano a essere elementi integranti dell’arredo sacro delle chiese (Mâle 1932, pp. 494, 495; Réau 1957, II/II, p. 466; Šerbelj 1994, pp. 35, 37, 54, 64; cfr. catt. 142-155). Ciò indicherebbe una diversa destinazione originale per queste opere. Lo suggerisce anche lo sviluppo accentuatamente in orizzontale. L’ignoto autore è di modesta levatura, dovette formarsi in ambito periferico in cui confluivano influenze della pittura veneta e centroeuropea. Nei dipinti di Rovigno e Grisignana ha verosimilmente desunto le composizioni da incisioni non identificate. Bibliografia: opere inedite. Bibliografia: opera inedita. LB-Red 477. Rovigno Museo Civico Pittore tedesco, 1776 Ritratto di Barbara Elisabeth Hütterott (?) olio su tela, 86 x 70 cm iscrizione: sotto lo stemma della famiglia Hütterott 1776 collocazione: Inv. 35G1/890 NKB 476. Rovigno, Museo Civico La giovane donna è seduta su di una poltrona in posizione frontale accanto a una scrivania. Su questa è posto un trespolo con un pappagallo variopinto che si protende verso il rametto di ciliegie che la donna gli porge. La protagonista indossa un abito di foggia settecentesca rosso mattone sulle cui maniche sono applicati fiocchi di seta a strisce bianche e azzurre. L’ampio scollo a scialle è decorato da un pizzo uguale a quello dei polsini che escono dalle maniche. Sul capo porta una parrucca incipriata e riccamente decorata alla fontange. Sullo sfondo grigiobruno uniforme spicca l’ovale del volto dalla carnagione chiara e caratterizzato per gli espressivi occhi scuri. Nell’angolo superiore sinistro si trova lo stemma borghese della famiglia Hütterott e sotto vi è iscritto l’anno 1776. Il dipinto proviene dalla raccolta della famiglia Hütterott, come tale stemma conferma. L’anno iscritto e i dati dell’albero genealogico della famiglia (Hütterott 1981, p. 22, tav. 2) identificherebbero la donna ritratta piuttosto in Barbara Elisabeth, che non in Martha Elisabeth Hütterott, come è invece riportato dagli inventari del Museo Civico. Barbara Elisabeth Hütterott nacque il 19 dicembre 1746 a Spangenberg. I suo genitori erano Martha Elisabeth Bäcker, nata nel 1722 a Spangenberg e morta nel 1782, e Jacob Philipp Hütterott, commerciante in lana nato nel 1710 a Spangenberg e morto nel 1765, unitisi in matrimonio il 4 maggio 1742. Dall’albero genealogico risulta pertanto che quando venne realizzato il ritratto in oggetto Barbara Elisabeth aveva trent’anni, età conforme a quella del personaggio femminile ritratto. Anche se la postura della donna, in particolare il gesto elegante delle mani, presenta ancora suggestioni del tardo Rococò, la descrizione dettagliata della fisionomia, le sontuose vesti e gli elementi scenografici consentono di assegnare il dipinto all’ambito della ritrattistica borghese tedesca dell’ultimo quarto del XVIII secolo. L’abilità di resa del modellato si nota soprattutto Pittore tedesco o austriaco, seconda metà XVIII secolo Ritratto di uomo con lettera olio su tela, 82,5 x 66,5 cm collocazione: Inv. 29G1/883 476 357 ROVIGNO 477 nelle delicate sfumature tonali che definiscono la morbidezza vellutata dell’incarnato incipriato. Il dipinto è stato restaurato nel 2000 da Egidio Budicin. Bibliografia: Fuèiæ 1945, p. 6. iscrizione: APOLLONIUS ZANEL/ LA AETATIS SUE/ ANNORUM XXXVIII/ PICTUS ANNO/ MDCCXCVII collocazione: Inv. 159G1/2269 LB 479. Ritratto di Maria Manzini olio su tela, 85 x 67 cm iscrizione: MARIA MANZINI/ UXOR APOLLONII ZA/ NELLA AETATIS/ SUAE ANNORUM XXVII/ PICTA ANNO MDCCXCVII/ DIE XIII MARTII collocazione: Inv. 158G1/2024 478. - 479. Rovigno, Museo Civico Pittore ignoto, 1797 478. Ritratto di Apollonio Zanella olio su tela, 92 x 75,5 cm 358 ROVIGNO 479 478 Il primo dipinto ritrae il giovane uomo stante a mezza figura orientato di tre quarti verso destra. Tiene la mano destra infilata nel panciotto con abbottonatura rossa, mentre la sinistra poggia su un tavolino ricoperto da un drappo. Il volto pallido dallo sguardo espressivo e rivolto direttamente all’osservatore, spicca sullo sfondo bruno scuro. L’iscrizione nell’angolo superiore sinistro identifica il personaggio in Apollonio Zanella, ritratto nel 1797 all’età di 38 anni. L’altra tela di formato più piccolo che fa da pendant alla prima, raffigura la giovane moglie di Zanella, identificata dall’iscrizione posta nell’angolo superiore sinistro. Tale iscrizione riferisce che si tratta di Maria Manzini, ritratta il 13 marzo 1797 all’età di 27 anni. È rappresentata stante a mezza figura rivolta di tre quarti verso sinistra. La mano sinistra è appoggiata al fianco e trattiene il fazzoletto, mentre con la destra regge il ventaglio Indossa un corpetto blu orlato di rosso con un ampio colletto di pizzo bianco, trattenuto in vita da una fusciacca, e una gonna azzurra. Reca una sontuosa collana con medaglione e grandi orecchini. Lo sfondo è bruno e uniforme, i toni diventano più chiari solo attorno al suo capo. In entrambi i dipinti la posizione affettata delle figure è coerente con i segni distintivi dello stato sociale e della ricchezza dei coniugi. Si tratta della manifestazione della presa di coscienza della borghesia in ascesa economica, secondo i modi che sono tipici nei ritratti di fine Settecento. Le caratteristiche stilistiche della coppia di dipinti, unitamente alla contemporaneità di esecuzione attestata dalle iscrizioni, confermano che furono commissionati a uno stesso pittore. Le sproporzioni e il modellato incerto delle mani evidenziano le modeste capacità dell’autore. Egli, tuttavia, nella resa dei volti e degli indumenti, mostra una maggior freschezza e abilità specie per la conduzione pittorica che si fa più fluida. Tali aspetti indicano che si è di fronte all’opera di un mediocre pittore norditaliano, attento ai cambiamenti di stile e all’aumentato interesse per il realismo ritrattistico. Entrambi i dipinti sono stati restaurati nel 1998 da Mario Mioèiæ. Bibliografia: opere inedite. 480. Rovigno, Museo Civico Johann Eberhard Ihle (Esslingen 1727 - Norimberga 1814) (?) Ritratto di Johannes Georg Hütterott olio su tela, 58 x 47 cm collocazione: Inv. 165G1/2346 Il dipinto ritrae a mezza figura in posizione frontale un uomo piuttosto giovane dal volto ovale. Sul capo reca una parrucca grigia incipriata e liscia con due boccoli all’altezza delle tempie. Indossa una giacca sagomata in vita, il colletto e le maniche strette sono orlati di pelliccia. Al collo porta annodato uno jabot di pizzo bianco, come i polsini che spuntano dalle maniche. La mano sinistra è inserita nella giacca, mentre il braccio destro poggia su un alto piedistallo. Lo sfondo è costituito da un tendaggio bruno-ambrato che ricopre in parte una libreria. Sul retro del dipinto si è conservato un biglietto di epoca posteriore a quella di esecuzione dell’opera con la seguente iscrizione: n.ro 19 Johannes Georg Hüttenrodt. Secondo gli inventari del Museo Civico il ritratto faceva parte della collezione Hütterott ed è pertanto molto probabile che il bigliettino identifichi esattamente il personaggio ritratto. In base all’albero genealogico della famiglia, Johannes Georg Hütterott nacque nel 1753 a Spangenberg e morì nel 1810 a Kassel. Si tratta del bisnonno del cavaliere Georg von Hütterott che, alla fine del XIX secolo, aveva acquistato l’isola di Sant’Andrea e vi aveva trasferito la collezione di dipinti ora al Museo. Johannes Georg Hütterott era figlio di Jacob Philipp Hütterott e di Martha Elisabeth Bäcker e fratello di Barbara Elisabeth (cfr. cat. 477). Egli fu il primo membro della famiglia a trasferirsi dall’originaria Spangenberg a Kassel, dove si arricchì con il commercio della lana (Hütterott 1981, p. 22, tav. 3). Presso il Museo il dipinto è catalogato come opera di Von Ihle, senza specificare il nome. Tale dato è stato ripreso dall’inventario redatto da Branko Fuèiæ (1945, p. 6), il quale riporta che a tergo del telaio è posta l’iscrizione Bildniss der Johann Georg von Hütterott (Von Ihle Gemalt) geb. 1753 gest. 1810. Gli Ihle LB-Red 359 ROZZO Maria ed Elisabetta occupano il centro della composizione. Sono colte nel momento in cui si abbracciano, accompagnate da Zaccaria a sinistra e da Giuseppe a destra. La scena si svolge in un esterno assolato. A destra è rappresentata di scorcio una torre, forse la Porta Aurea. A sinistra architetture urbane lasciano gradualmente il posto a un paesaggio. Il colorito chiaro, le forme irrigidite, l’accentuato carattere decorativo dei panneggi resi in modo incoerente, la pesante plasticità e il ritmo discontinuo delle pennellate sono elementi che consentono di riferire l’opera al tardo XVIII oppure agli inizi del XIX secolo. Si tratta di una composizione probabilmente desunta da una stampa che ripete il dipinto di Jacopo Palma il Vecchio (Serina, Bergamo 1480 ca - Venezia 1528) conservato al Kunsthistorische Museum di Vienna e che Réau (1957, II/II, p. 202) mette in evidenza per l’aspetto iconografico tra le numerose opere veneziane di questo soggetto del XVI secolo. L’opera cinquecentesca venne commissionata per la Cappella Messinese della chiesa veneziana di San Cassiano verso il 1520-1522 (Lucco 1996, I, p. 85). Non sorprende che un maestro della fine del Settecento, che si caratterizza per un accademismo neocinquecentesco abbia optato per una versione arcaica, preconciliare di tale soggetto iconografico. Nella pittura barocca, infatti, non viene più raffigurato l’abbraccio tra le due consanguinee che poteva essere interpretato in termini allegorici come quello della Fede e della Giustizia, ma solitamente Elisabetta viene presentata genuflessa al cospetto della Vergine (Réau 1957, II/II, pp. 195, 198, 199, 202). Lo stato di conservazione del dipinto risulta buono. È stato restaurato nel 1986 presso l’Istituto di restauro delle opere d’arte di Zagabria da Sonja Cikaè Kovaèiæ. 480 erano una famiglia tedesca del Württemberg che comprendeva tre generazioni di pittori, per lo più ritrattisti, attivi nel corso del XVIII secolo. Il dipinto rovignese presenta caratteristiche stilistiche che lo avvicinano alle opere di Johann Jakob Ihle (1702-1774) e a quelle di suo figlio Johann Eberhard Ihle (17271814; Allgemeines Leksikon 1925, XVIII, pp. 553-554). Anche se quest’ultimo è cronologicamente più compatibile con il personaggio ritratto, la mancanza di sufficiente materiale comparativo non permette un’attribuzione più precisa. Bibliografia: Fuèiæ 1945, p. 6. Bibliografia: opera inedita. NKB 482. Rozzo, chiesa parrocchiale di San Bartolomeo Baldassare d’Anna (Venezia 1572 ca - 1646) Madonna del Rosario olio su tela, 270 x 173 cm collocazione: altare a destra dell’arco trionfale LB-Red La Madonna e il Bambino sono collocati su nubi al centro della composizione. Sono colti mentre porgono la corona del rosario a san Domenico e a santa Caterina da Siena. Accanto a questa trova posto santo Stefano, raffigurato in modo tradizionale quale giovane diacono con la dalmatica rossa e la pietra sulla spalla sinistra, allusiva del martirio subito per lapidazione. Due angeli incoronano la Vergine che è sovrastata dalla colomba dello Spirito Santo. Il gruppo centrale della Madonna e dei santi è incorniciato dai quindici medaglioni con le scene dei Misteri del Rosario. Nella porzione inferiore del dipinto sono rappresentati i personaggi più importanti collegati alla vittoriosa Battaglia di Lepanto del 1571: don Giovanni d’Austria, papa Pio V (Antonio Michele Ghisleri), il doge Alvise Moncenigo, Caterina Cornaro e alle spalle di questi altre figure (Pallucchini 1974, pp. 279-287; Niero 1974, pp. 465-478). Antonino Santangelo (1935, p. 187) scrive che l’opera è “completamente ridipinta” e che “potrebbe anche essere una copia”. Riporta comunque l’opinione di Giuseppe Caprin (1895, p. 313), secondo il quale essa appartiene alla scuola di Paolo Veronese. L’attribuzione della pala a Baldassare d’Anna da parte di chi scrive (Kudiš 1992-1993, pp. 159-164) non contraddice il giudizio di Caprin, in quanto d’Anna subì l’influsso veronesiano. La pala di Rozzo presenta, oltre che un colorito chiaro e intenso con interessanti accordi cromatici di rossi, blu e brunodorati, anche un impianto compositivo che è una versione semplificata, abbastanza ingenua e “compressa” della Madon- 481. Rovigno, Museo Civico Pittore ignoto, copia da Jacopo Palma il Vecchio, fine XVIII inizi XIX secolo Visitazione di Maria Vergine olio su tela, 110 x 139 cm collocazione: Inv. 43G1/899 481 360 ROZZO 482 361 ROZZO na in gloria adorata da un imperatore, da un papa, dai membri della confraternita del Rosario, mentre san Domenico porge corone di rose, realizzata nel 1573 nella bottega di Paolo Veronese per la chiesa di San Pietro a Murano. Si suppone che l’intervento del maestro si sia limitato all’invenzione compositiva molto innovativa e a qualche ritratto nella porzione inferiore (Pallucchini 1974, p. 282). Il gruppo di personaggi storici raffigurati in basso a sinistra nella pala di d’Anna ripete quasi alla lettera la soluzione del Vicentino della pala con la Madonna del Rosario e membri della Lega Santa della chiesa di San Nicolò di Treviso. La differenza qualitativa tra la parte superiore e quella inferiore del dipinto di Rozzo è stata molto probabilmente il motivo per cui Santangelo ha ritenuto che si trattasse di un’opera ridipinta. La stesura pittorica della porzione superiore è relativamente levigata e risulta simile a quella della pala di Portole (cat. 373). L’impaginazione e le proporzioni delle figure rivelano un pittore non particolarmente abile. Al contrario, la rappresentazione della porzione inferiore mostra la valentia dell’artista che padroneggia con sicurezza le proporzioni, gli scorci e i rapporti spaziali. La materia cromatica un poco più ricca è molto prossima a quella della parte inferiore della pala di Colmo (cat. 80). Variazioni così evidenti nelle caratteristiche stilistiche ed esecutive dei dipinti collegati a Baldassare d’Anna indicano che essi non sono sempre opere autografe, ma in parte, ogni volta da determinarsi, riferibili alla bottega. Si deve però rilevare che la componente della bottega non è necessariamente da intendersi in tutti i casi come un abbassamento della qualità. Dal punto di vista anagrafico si possono, al momento, distinguere solamente Baldassare e il fratello Melchiorre. Nei documenti figura anche il nome di Marchiò d’Anna, ma per ora a quest’ultimo non può essere associato alcun dipinto (Favaro 1975, pp. 146, 150, 161, 164, 166, 175, 180, 185, 186, 189; Limentani Virdis 1985, pp. 124-125; Banzato, in Da Bellini 1991, p. 322, cat. 340). I due dipinti costituiscono un pendant e sono riferibili a un unico artista. La scena della Visione di sant’Antonio da Padova si 483 484 Non è possibile datare con precisione il dipinto di Rozzo, come del resto la maggior parte delle altre opere del maestro. Per una collocazione cronologica si può comunque collegare la sua committenza con quella della pala di Colmo che può essere assegnata al terzo o al quarto decennio del XVII secolo. Infatti le due cittadine istriane distano pochi chilometri l’una dall’altra e fino al 1730 costituivano un’unica entità parrocchiale, quella di Rozzo (Bartoliæ-Grah 1999, pp. 78-79). In Dalmazia si trovano ancora due rappresentazioni della Madonna del Rosario spettanti a Baldassare d’Anna, una nella chiesa parrocchiale di Jelsa (isola di Lesina) e l’altra nella chiesa parrocchiale di Gornji Humac (isola di Brazza; Demori Stanièiæ 1980, pp. 474-480; Prijatelj Pavièiæ 1993, pp. 51-53). A questi dipinti va sicuramente aggiunta la pala che si trova nella cappella a sinistra, rispetto al presbiterio, del duomo di Muggia (Kudiš Buriæ 1999, pp. 215-218). Lo stato di conservazione della Madonna del Rosario di Rozzo è buono, si rilevano danni solo lungo il bordo inferiore. Bibliografia: Caprin 1895, p. 313; Santangelo 1935, p. 187; Kudiš 1992-1993, pp. 159-164; Kudiš Buriæ 1999, pp. 215-218. NKB 483. - 484. Rozzo, chiesa parrocchiale di San Bartolomeo Pittore ignoto, metà XVIII secolo 483. Gloria di san Francesco Saverio olio su tela, 200 x 180 cm collocazione: parete sinistra della navata centrale 484. Visione di sant’Antonio da Padova olio su tela, 200 x 180 cm collocazione: parete destra della navata centrale 362 SALVORE svolge in un ambiente esterno con il santo genuflesso che si rivolge al Bambino raffigurato in cielo. Quest’ultimo, circondato da cherubini che spuntano dalle nuvole, reca il globo ed è colto nell’atto di benedire. Davanti al santo un angelo gli porge un giglio, al suolo si trovano il libro e il rosario. Sullo sfondo, che si apre oltre la pavimentazione color rosso mattone, si vede una cittadina fortificata posta su una collina, forse la stessa Rozzo. La rappresentazione della Gloria di san Francesco Saverio si discosta leggermente dall’iconografia tradizionale. Due angeli sorreggono il santo che ha le mani appoggiate al petto come se volesse aprire il rocchetto per mostrare il suo cuore ardente (Réau 1958, III/I, p. 539). Il cuore è invece raffigurato in cielo dotato di ali e accompagnato da due piccoli angeli. Sebbene la raffigurazione del purgatorio, qui presente nell’angolo inferiore destro, compaia molto raramente associata a questo santo, egli è comunque conosciuto anche come intercessore per le anime dei peccatori (Mâle 1932, p. 65). Antonino Santangelo (1935, p. 187) trova le due tele già in precario stato di conservazione e le giudica “opere mediocrissime di artista locale del sec. XVII”, mentre per Antonio Alisi (1997 [1937], p. 205) rimangono “vecchi poco importanti dipinti settecenteschi”. Quest’ultimo informa, inoltre, che la parrocchiale gotica di Rozzo venne restaurata nel 1754. A quel periodo vanno fatte risalire anche le decorazioni a stucco della navata centrale della quale fanno parte le cornici che contengono i dipinti qui illustrati. Le caratteristiche di stile delle opere, riferibili a un pittore forse collegato alla bottega che eseguì le decorazioni a stucco, non contraddicono tale collocazione cronologica. Le superfici mostrano una stesura uniforme, un chiaroscuro estremamente semplificato e accentuate linee di contorno. La gamma cromatica è limitata e cupa. Evidenti sono le carenze nelle proporzioni, negli scorci e nello studio anatomico. Si tratta di esiti che presentano l’autore delle due tele come un pittore periferico di modesta levatura, che non è aggiornato di quanto accade nei centri artistici, quali possono essere Venezia, Graz o Lubiana. I dipinti versano in cattivo stato di conservazione, risultano anneriti a causa dell’accumulo di polvere e le tele sono allentate, per cui si sono verificati danni lungo i margini. Bibliografia: Santangelo 1935, p. 187; Alisi 1997 [1937], p. 205. 485 NKB za entasi, il repertorio decorativo estremamente modesto che “galleggia” sulle superfici lisce, preannuncia lo spirito del classicismo postbarocco. Si tratta di un esempio dello svigorimento inventivo e dell’abbandono dei modelli convenzionali dell’altaristica lignea del XVII e degli inizi del XVIII secolo. Nel complesso lo stato di conservazione del dipinto è abbastanza buono. 485. Rozzo, chiesa di Sant’Antonio abate Pittore ignoto, terzo quarto XVIII secolo Dio Padre, sant’Antonio abate, i santi Paolo eremita e Antonio da Padova olio su tela, 286 x 152 cm collocazione: altare maggiore Bibliografia: Alisi 1997 [1937], p. 205. Sant’Antonio abate è raffigurato a braccia aperte in basso al centro tra san Paolo eremita e sant’Antonio da Padova. In cielo compare Dio Padre attorniato da una gloria di angeli e cherubini che spuntano da dietro le nuvole. Antonio Alisi (1997 [1937], p. 205) scrive che si tratta di “pallida pittura di nessun valore, del ‘700”. La stesura pittorica è risolta in superficie, il colorito è pallido, le fisionomie sono graziose ma stereotipate. La resa dei panneggi, come delle nuvole risulta ingenua. Sono aspetti che non contraddicono la proposta di Alisi. Sembra che l’ignoto pittore di ambito periferico abbia cercato di ispirarsi alle correnti artistiche della metà del XVIII secolo, basandosi in misura maggiore su quelle centroeuropee che non venete. L’altare ligneo dipinto a finto marmo che ospita la pala risulta cronologicamente compatibile con la datazione proposta per quest’ultima. L’assenza della cimasa, l’utilizzo di capitelli ionici e colonne a fusto liscio sen- NKB 486. - 487. Salvore, chiesa parrocchiale di San Giovanni Zorzi Ventura (Capodistria, documentato dal 1585 al 1604), seguace 486. Crocifissione olio su tela, 165 x 136 cm collocazione: parete sinistra della chiesa 487. Pietà e santi olio su tela, 146 x 149 cm collocazione: parete destra della chiesa La forma e le dimensioni di queste due tele, che si trovano alle pareti dell’aula della parrocchiale di Salvore, indicano che non si tratta di pale d’altare. Considerato il divario delle dimensio363 SALVORE La posizione del corpo e la muscolatura possente del Cristo morto della Pietà, le fisionomie di Cristo e di san Nicola della Crocifissione ricordano le rispettive figure della Deposizione nel sepolcro di Abrega (cat. 1). I volti della Madonna e del giovane santo Stefano (?) trovano inoltre soluzioni simili in altre opere di Ventura. Nella Pietà, a dire il vero, vi è un ricordo del dipinto di Girolamo da Santacroce, già nella chiesa di Sant’Anna di Capodistria. La figura di Cristo e il brano dell’angelo che raccoglie il suo sangue nei calici come si vede nella Crocifissione, sono inoltre ripresi da una stampa di Agostino Carracci, la Crocifissione mistica, realizzata dal dipinto dello stesso soggetto di Tiziano conservato all’Escorial (De Grazia Bohlin 1980, p. 147). Pertanto le principali caratteristiche compositive di entrambi i dipinti si discostano notevolmente da tutte le opere note di Ventura. Le figure sono legate fortemente al primo piano e la loro plasticità sembra assai meno convincente di quella del maestro capodistriano. A ciò si aggiungono un’ombreggiatura molto ammorbidita, una resa anatomica più debole, mentre i movimenti e la mimica dei personaggi mancano di espressività. Le figure di Zorzi Ventura, oltre a essere rappresentate in contrapposto, spesso gesticolano animatamente, e i panneggi abbondanti e voluminosi conferiscono vivacità alla composizione. Infine mentre lo sfondo dei due dipinti di Salvore è costituito da un paesaggio slontanato, il maestro capodistriano nelle sue opere inserisce senza eccezioni un’architettura, in modo da disciplinare lo sfondamento prospettico. Le tele di Salvore appaiono mediocri e ritardatarie versioni della pittura di Ventura. Pertanto, finché non saranno oggetto di restauro è possibile soltanto supporre che il loro autore sia un mediocre seguace di tale maestro. Ventura, “celebro Pittore,” come viene definito nel 1659 in occasione della visita pastorale a Gallesano (Kudiš Buriæ-Labus 2003, p. 225), aveva molto probabilmente degli aiutanti nella propria bottega, i quali in seguito divennero anch’essi pittori autonomi, tra di essi figura il figlio Giovan Battista (Capodistria 1589-1627; Benevenia 1907, p. 28). 486 ni, non è possibile stabilire se esse facessero parte di un ciclo più vasto dedicato alla vita di Cristo. Antonino Santangelo (1935, p. 163) segnala la Pietà e santi riferendo che è “completamente ridipinta” e aggiunge che “dai caratteri esteriori parrebbe opera di un pittore veneto ritardatario del sec. XVI”. Radoslav Tomiæ (1996, p. 16) nel suo contributo su Zorzi Ventura a Salvore gli assegna entrambe le opere, precisando che molto probabilmente sono state ridipinte nel 1891, contemporaneamente a un’altra tela conservata nella parrocchiale raffigurante Santa Lucia (cat. 489), che reca iscritto sia l’anno di realizzazione, il 1685, che quello della ridipintura, il 1892 (?). Lo studioso ha ragione quando afferma che la Pietà e santi e la Crocifissione sono riferibili a un unico autore. Tuttavia, nonostante le numerose analogie con le opere del pittore capodistriano, esse non risultano ascrivibili direttamente a Zorzi Ventura, bensì molto probabilmente a un suo seguace o alla sua bottega. Bibliografia: Santangelo 1935, p. 163; Tomiæ 1996, p. 16; Kudiš Buriæ 1998, pp. 192-193. NKB 488. Salvore, chiesa parrocchiale di San Giovanni apostolo Pittore ignoto, ottavo - nono decennio XVII secolo Cristo e l’adultera olio su tela, 134 x 115 cm collocazione: parete sinistra della chiesa Cristo, colto a mezza figura, è rappresentato genuflesso in primo piano con il capo rivolto verso il personaggio collocato a destra. A sinistra in secondo piano trova posto l’adultera, ha le braccia incrociate al petto ed è attorniata da un gruppo di anziani. Il dipinto presenta un episodio della vita pubblica di Cristo descritto da Giovanni (8, 1-11). I farisei condussero al suo cospetto un’adultera e cercando di metterlo in difficoltà, gli chiesero che cosa intendesse fare, in quanto la legge mosaica prevedeva in tale caso la morte per lapidazione. Cristo allora si chinò, cominciò a scrivere con il dito sul terreno, poi si rialzò e disse: “Chi di voi è senza peccato scagli la prima pietra”. Allora i farisei se ne andarono in silenzio. Antonino Santangelo (1935, p. 163) data il dipinto alla fine del XVII secolo e lo riferisce a un pittore veneto minore. Esso risulta molto simile a un’opera conservata nel convento francescano di Makarska, che Grgo Gamulin ha pubblicato nel 1976, assegnandola con riserva alla bottega di Antonio Zanchi (1976, p. 188). Lo studioso dà sostegno a tale proposta attributiva collegando il citato dipinto a un’altra opera che si 487 364 SALVORE iscrizioni: in basso a sinistra Anno 1685 fatta; in basso a destra RESTAURATA 189[2] collocazione: raccolta della parrocchia La santa è rappresentata a tre quarti di figura seduta su una nube. Il capo è reclinato verso destra e lo sguardo è diretto all’osservatore. Con la mano destra ella indica la palma del martirio retta dall’angelo collocato a destra. Nella mano sinistra tiene un piatto d’argento con gli occhi che costituiscono il suo attributo tradizionale. Indossa una veste bianca decorata con un motivo a fiori gialli e un mantello di colore giallo smorzato dalla fodera rosso acceso. Osservano la santa quattro cherubini posti a farle corona. Il fondale è costituito da nuvole brune attraverso cui si fa largo un raggio di luce. Nonostante la ridipintura che l’opera ha subito nel XIX secolo, si percepisce un’impostazione compositiva e scenica riferibile all’accademismo di ambito centroitaliano. La postura della santa e la sua tipologia, specie l’incarnato levigato, freddo e chiaro, il modo in cui si dispongono nervosamente le pieghe irrigidite delle vesti, indicano che l’autore del dipinto va cercato tra i seguaci di Nicolas Regnier (Niccolò Renieri, Maubeuge 1591 - Venezia 1667), attivo a Venezia a partire dal 1626. Regnier aveva quattro figlie tutte pittrici e due di loro sposarono pittori. La primogenita Lucrezia si sposò con Daniel Van den Dyck, la seconda Clorinda era moglie di Pietro Vecchia (Fantelli 1974, p. 267; Magani 1996, pp. 78-92). Roberto Pancheri (2002, pp. 255-256) pone l’accento sul fatto che la bottega di Regnier ebbe un ruolo specifico nell’ambito della pittura veneziana del XVII secolo e che era organizzata come un’impresa commerciale. Essa “costituì una sorta di porto franco aperto a orientamenti stilistici diversi, tutti eretici rispetto alla tradizione figurativa lagunare”. Pertanto è lecito ipotizzare che uno dei pittori minori che si sono formati nella bottega di Regnier, forse addirittura un membro della sua numerosa famiglia, a metà del nono decennio continuasse a dipingere in base a modelli del maestro risalenti alla metà del XVII secolo e ripetuti attraverso le opere delle figlie. L’autore del dipinto di Salvore non è scevro altresì dell’influsso classicheggiante della pittura di Antonio Triva che aveva lasciato Venezia già nel 1669. 488 trova presso lo stesso convento francescano della cittadina dalmata, raffigurante Cristo risana l’idropico. Quest’ultima ripete un dipinto di Zanchi di collezione privata padovana edito da Alberto Riccoboni (1971, p. 265). In base alla datazione dell’opera di Padova, Grgo Gamulin colloca quelle di Makarska, che egli peraltro trova in cattivo stato di conservazione, fra il 1670 e il 1675. Sembra, tuttavia, che i dipinti dalmati non siano ascrivibili a uno stesso autore o a un’unica bottega e pertanto risulta discutibile stabilire analogie con la pittura di Zanchi per quanto riguarda il Cristo e l’adultera di Salvore. È lecito invece ipotizzare che il dipinto di Salvore e quello di Makarska siano desunti dallo stesso modello pittorico o grafico, in uso tra gli artisti veneziani negli anni settanta del XVII secolo. Le tipologie dell’opera di Makarska ricordano quelle di Pietro Liberi (Padova 1605 - Venezia 1687), quali si trovano per esempio nel dipinto con Apollonio di Tyara davanti a Iarca, re dei Brahmani della Collezione Schönborn di Pommersfelden che viene datato fra il 1650 e il 1655 (Ruggeri 1996b, p. 128, cat. p35). Il Cristo e l’adultera di Salvore sembra essere opera di un pittore minore appartenente alla corrente dei tenebrosi. La tipologia delle figure e la resa fortemente chiaroscurata dei volumi mostra lontane analogie con la maniera di Pietro Negri (Venezia 1628-1679) che potranno essere confermate o meno soltanto dopo la rimozione della ridipintura. Come appare nelle attuali condizioni di conservazione non si può escludere che si tratti di una copia. Il dipinto presenta una pesante ridipintura ed è stato decurtato su tutti i lati. Bibliografia: Santangelo 1935, p. 163. NKB 489. Salvore, chiesa parrocchiale di San Giovanni apostolo Pittore ignoto, 1685 Santa Lucia olio su tela, 120 x 108 cm 489 365 SAN GIOVANNI DELLA CORNETA-SAN LORENZO DEL PASENATICO Nell’ipotesi che il restauratore ottocentesco abbia ricopiato esattamente l’anno dell’iscrizione, il dipinto qui illustrato si proporrebbe come un’opera ritardataria delle correnti accademizzanti veneziane. Solo dopo la rimozione della ridipintura sarà possibile stabilire con più esattezza la misura degli influssi di Regnier e di Triva. Bibliografia: opera inedita. caduto. I danni della pellicola pittorica rendono parzialmente illeggibile l’iscrizione. Bibliografia: opera inedita. NKB 491. San Lorenzo del Pasenatico, chiesa parrocchiale di San Lorenzo NKB Pittore ignoto, 1687 Madonna del Carmelo consegna lo scapolare a san Simone Stock, santi, membri della Lega Santa e anime del purgatorio olio su tela, 169 x 113 iscrizione: ZVANE MARCOVICH:/ F.F. A. HONORE D.B.V.D.C/ A: 1687 collocazione: primo altare laterale sinistro 490. San Giovanni della Corneta, chiesa di San Giovanni Battista Pittore ignoto, inizi XVII secolo (?), restauro 1857 Madonna con il Bambino in trono, un santo e san Giovanni Battista olio su tela, 133 x 112 cm iscrizione: Questo Altare fu restaurato primo nel’anno 1701./ Secondo nel 1767 et terzo 1857 (co)si confermo/ di aver ritrovato, e per cio rin(.)ov(.) che questo restau/ ro fu fatto d(..)p (...) mo(...) L·D·S collocazione: altare maggiore La pala presenta una curiosa versione del programma iconografico legato alla venerazione della Madonna del Carmelo destinata alla devozione popolare. L’iscrizione indica che fu commissionata nel 1687 da Zvane Marcovich in onore della Beata Vergine del Carmelo. La Madonna con il Bambino attorniata dagli angeli è raffigurata in cielo nella porzione superiore del dipinto. Consegna lo scapolare a san Simone Stock, in riferimento alla visione del generale dell’ordine dei carmelitani al quale, secondo la leggenda, la Vergine apparve durante la preghiera. Due piccoli angeli in posizione speculare reggono la corona sopra la testa della Madonna, mentre in alto si trova la colomba simbolo dello Spirito Santo. Secondo l’iconografia tradizionale san Simone Stock mentre riceve lo scapolare, è accompagnato da santa Teresa d’Avila. Nella pala di San Lorenzo del Pasenatico, invece, il santo è accompagnato dai rappresentanti della Lega Santa La Madonna con il Bambino è assisa su di un trono rialzato. A sinistra è raffigurato un santo o una santa, mentre a destra si trova san Giovanni Battista. La prima figura, in un lungo abito rosso, regge nella mano sinistra una spada e nella destra un libro e un ramo di palma. Ha i capelli lunghi e sciolti ed è imberbe. Questa soluzione iconografica è verosimilmente dovuta alle ripetute ridipinture che la pala ha subito. Tali interventi hanno compromesso la leggibilità del dipinto a tal punto che non è possibile rilevare la fattura originale o nemmeno una sua porzione. Si può intuire una datazione soltanto a proposito dello schema compositivo che è di carattere tardocinquecentesco; la postura e la gestualità aperta, specie dei due santi, suggerirebbe una collocazione agli inizi del Seicento. Le attuali condizioni infatti consentono un giudizio solo riguardo la ridipintura ottocentesca. Il supporto del dipinto conferma comunque una datazione entro l’arco di tempo proposto. Si tratta infatti di una tela di colore chiaro e di trama fitta, intrecciata a spinapesce, come si può vedere lungo i bordi del dipinto dove il colore è parzialmente 490 491 366 SAN PIETRO IN SELVE guidati da papa Pio V. Essi sono distribuiti in modo simmetrico in due settori, uno maschile e uno femminile. Lungo il margine inferiore sono collocate le anime del purgatorio verso le quali scende un angelo per liberarle. La popolarità del culto della Madonna del Carmelo è collegata anzitutto alla dottrina postridentina riguardante il purgatorio, ma anche alla vittoria dei cristiani sui turchi a Lepanto nel 1571. A Venezia, oltre alla Madonna del Rosario, veniva spesso venerata come Madonna della Vittoria, anche la Madonna del Carmelo e il suo culto era molto diffuso nelle città e nelle aree rurali dell’Istria. Il prototipo iconografico della Madonna del Carmelo, che è anche Madonna della Vittoria, è stato codificato dalla pala d’altare di Pace Pace risalente all’ultimo decennio del XVI secolo e che si trova nella chiesa di Santa Maria dei Carmini di Venezia (Pandolfo 1996, p. 68). Successivamente tale prototipo compositivo si diffuse attraverso le stampe. Nell’Istria veneta sono conservate ben quattro pale d’altare il cui modello compositivo è stato proprio il dipinto di Pace Pace: la Madonna del Carmine di Domenico Tintoretto (1625) della collegiata di San Giorgio di Pirano, la pala secondo i modi di Pietro Mera di Visinada (cat. 557), una copia da Tintoretto a Torre del Quieto (cat. 521) e questa di San Lorenzo del Pasenatico. Nel dipinto qui illustrato l’ignoto maestro ha completato la composizione con la veduta semplificata di una città con mura e torri fortificate sullo sfondo. Le altre differenze rispetto alla pala di Pace Pace riguardano il Bambino che si erge sul ginocchio della Madonna, il maggior numero di membri della Lega Santa e l’angelo che libera le anime dal purgatorio. Si tratta di elementi dovuti verosimilmente alle richieste della committenza e all’utilizzo di modelli grafici eterogenei. L’interesse dell’autore per i dettagli, la rappresentazione realistica degli abiti del XVII secolo e l’idealizzazione delle figure femminili confermano il suo legame con le correnti pittoriche veneziane della seconda metà del XVII secolo. Le forme risultano tuttavia semplificate e stilizzate e il linguaggio pittorico è ingenuo. Bibliografia: Alisi 1997 [1937], p. 109; Braliæ 2000, p. 53. VB 492 492. San Pietro in Selve, chiesa parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo lui tutte le summenzionate pale d’altare. Lo confermano inoltre le analisi comparative della tipologia dei personaggi e delle caratteristiche pittoriche delle opere di questo pittore paolino rinvenute a Bellai, Pisino, Dignano e Parenzo. L’eventuale collaborazione di un aiutante non ha influenzato in modo sostanziale il carattere esecutivo, mentre le differenze negli impianti compositivi sono dovute all’uso e alla combinazione di stampe eterogenee, prassi per lui consueta. L’altare su cui è collocata la pala è datato al 1759, come si evince dall’iscrizione del cartiglio. La composizione prevede la tradizionale disposizione piramidale dei personaggi. Lo spazio del dipinto è definito da un piano pavimentale lapideo rialzato da un gradino e dalla piatta superficie grigia della parete sullo sfondo. Alle spalle di san Domenico si apre uno scorcio di cielo crepuscolare rosato-blu. Gli attributi tradizionali di san Domenico, il cane con la torcia, il globo, il libro e il giglio stanno in primo piano davanti al gradino pavimentale, pertanto vi è l’impressione che entrino nello spazio dell’osservatore suggerendo una maggiore profondità della rappresentazione. Le quindici scene dei Misteri del Rosario, entro medaglioni rotondi decorati con ramoscelli di rose e con fiori, sono disposte nella parte superiore della pala, al di sopra dei santi. Il legame di Kecheisen con la pittura nordica e paolina è rilevabile nella freschezza espressiva, rispondente a un gusto popolare, con cui sono narrati nei medaglioni gli episodi della vita di Cristo e della Vergine. L’elegante grazia delle movenze Leopold Kecheisen (? 1726 - San Pietro in Selve 1799) Madonna del Rosario e i santi Domenico e Caterina da Siena olio su tela, 294 x 166 cm iscrizione: F. Leop(old) K[echeisen] 1758. collocazione: primo altare laterale sinistro Nelle pale d’altare della chiesa paolina di San Pietro in Selve Ðurðica Cvitanoviæ (1989, pp. 177-178) individua la presenza di due personalità artistiche: “Nello stesso periodo lì si trovano i pittori Leopold Kecheisen e Lucas Hauser. È possibile distinguere le opere ma è difficile attribuirle con certezza. (...) A un gruppo appartengono la pala della Madonna del Rosario (1759) e la pala della Santa Croce (1763) nelle cappelle laterali tappezzate di cuoio una di fronte all’altra più vicine alla cantoria. (...) Le pale della Strage degli Innocenti (1766) e della Gloria di san Paolo eremita (1772) sono di un altro artista”. La studiosa giudica il dipinto nella cornice centrale dell’altare maggiore pregevole opera della cerchia dei paolini, “sebbene non sia possibile collegarla con le opere di artisti della Croazia continentale”, ma non menziona il dipinto posto sulla cimasa di questo stesso altare. La scoperta della firma di Leopold Kecheisen e della data di esecuzione durante il restauro sulla Madonna del Rosario unitamente a una serie di caratteristiche formali e cromatiche, ha permesso di attribuire con certezza a 367 SAN PIETRO IN SELVE delle figure e i chiari colori pastello prevalenti nella gamma cromatica rimandano al registro tardobarocco e rococò dell’ambiente alpino sudorientale, dove le forme sono già raggelate dal contatto con le correnti accademizzanti. Essendo la Madonna del Rosario di San Pietro in Selve una delle poche pale firmate di questo importante pittore paolino stabilitosi in territorio istriano, se ne descrivono dettagliatamente i caratteri esecutivi, che peraltro motivano le attribuzioni delle altre opere che in questo catalogo gli vengono ascritte. Kecheisen dipinge su una base scura rosso-bruna abbastanza spessa, usando una gamma cromatica limitata: rosso cinabro e blu intenso, come sul mantello e sull’abito della Madonna, toni del blu combinati con il giallo ambrato o il rosa pallido, come sui panneggi delle figure nei medaglioni, e il grigio o l’ocragrigio dello sfondo. L’elemento coloristico distintivo e peculiare delle sue opere è rappresentato dalle sottili stesure bianche o rosa pallido, con cui in modo semplice, quasi schematico, vengono rese le superfici e le pieghe dei panneggi e che, nei punti d’ombra più profonda, lasciano vedere la base scura. Tipica è anche la combinazione dei toni chiari dell’azzurro con il rosso-bruno della base, come per esempio nel cielo crepuscolare dietro san Domenico. La luce è intensa, fredda e diffusa e definisce i volumi marcatamente plastici e modellati mediante una stesura di tipo tonale. Kecheisen procede in due modi nella resa tonale: con velature grigio-azzurre o grigio-brune sia sul colore base e che sugli incarnati pallidi e freddi delle figure, oppure assottigliando la consistenza delle pennellate, lasciando che i toni scuri della preparazione emergano sotto il colore base. In tale modo l’artista definisce le morbide ombre delle pieghe dei panneggi o le figure in ombra. Il disegno è asciutto e tagliente, ben marcato, tuttavia non sempre preciso negli scorci, come per esempio si può notare nelle sproporzioni della Madonna e del Bambino. Il carattere di questo disegno marcato e la stesura in chiave tonale dei colori attestano ancora una volta che l’uso di stampe come modelli per l’ideazione delle sue opere è una prassi consueta. La caratteristica più peculiare della pittura di Kecheisen è il modellato delle fisionomie dei personaggi e la loro qualificazione espressiva ricorrente. Il volto patetico di santa Caterina da Siena è lo stesso che si ritrova in tutte le figurazioni di giovani sante e santi rappresentati frontalmente nelle sue pale d’altare. È caratterizzato dal naso dritto e marcato dalla punta arrotondata, la linea di contorno del setto nasale prosegue nell’arcata sopraccigliare ben arcuata. Gli occhi dei suoi personaggi sono sempre grandi, spesso rivolti verso l’alto. Le labbra presentano un disegno tagliente e una pesante ombra sotto il labbro inferiore che modella il piccolo mento arrotondato. Nelle figure di santi senili Kecheisen aggiunge sulla fronte e sul volto rughe d’espressione, caratteristica è quella alla radice del naso. Si confrontino in proposito il volto di san Domenico del dipinto in oggetto, o quello di san Giovanni colto in un’espressione di dolore nella Crocifissione (cat. 498), o infine quello di san Paolo nella Gloria di san Paolo eremita (cat. 497), o degli apostoli nella Consegna delle chiavi a san Pietro (cat. 494). Un altro rilevante dettaglio esecutivo che contraddistingue la pittura di Kecheisen è la resa delle mani, come quella sinistra di santa Caterina dalle morbide ombre rosate che presenta il tipico gesto capriccioso dell’indice e del pollice che si uniscono. La pala è stata restaurata nel 1986 presso l’Istituto di restauro delle opere d’arte di Zagabria da Tito Dorèiæ. 493. San Pietro in Selve, chiesa parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo Leopold Kecheisen (? 1726 - San Pietro in Selve 1799), da Pieter P. Rubens Strage degli Innocenti olio su tela, 300 x 168 cm collocazione: secondo altare laterale sinistro Leopold Kecheisen dipinse per la chiesa monastica di San Pietro in Selve anche la pala dell’altare della Strage degli Innocenti, che l’iscrizione posta sul cartiglio della cornice architettonica data al 1766. L’opera, dall’impianto compositivo molto complesso e con una moltitudine di figure, è stata eseguita prendendo a modello il dipinto dello stesso soggetto di Pieter Paul Rubens (Siegen 1577 - Anversa 1640) risalente al 1635-1637, ora all’Alte Pinakothek di Monaco (Jaffé 1989, p. 348, cat. 1199). Già nel 1643 Paulus Pontius (Anversa 1603-1658) ne realizzò la stampa. Tuttavia, è molto probabile che Leopold Kecheisen si sia servito della stampa di Charles Dupuis eseguita a Parigi all’inizio del XVIII secolo, oppure abbia utilizzato un altro modello grafico non identificato, in cui il soggetto poteva essere già stato adattato al formato verticale (Mezzetti, in Rubens 1977, pp. 103, 173, catt. 214, 383). La stampa di Pontius è fedele rispetto all’originale di Rubens, mentre quella di Dupuis è una copia ridotta e in controparte del foglio di Pontius. L’opera incisoria di Dupuis presenta inoltre un plasticismo duro, privo di effetti pittorici, con maggiori deformazioni caricaturali dei volti. Per questo aspetto è quella delle due più prossima al dipinto di Kecheisen. L’ipotesi che esistesse una stampa, non identificata, in cui l’impianto compositivo del dipinto di Rubens fosse già adattato al formato verticale potrebbe essere confermata anche dalla pala di Valentin Metzinger del 1736 che si trova nella chiesa di San Pietro di Lubiana (Cevc 2000, pp. 138-139, cat. 117). I tre gruppi di corpi agitati dei carnefici e delle vittime che Rubens dispone nel formato orizzontale, nel dipinto di Kecheisen risultano ristretti su tre piani molto compatti, in cui trova posto un numero minore di personaggi. Le figure presentano una plasticità greve, in quanto irrigidite in posture innaturali e in scorci male riusciti. I volti sono deformati in modo caricaturale con smorfie di rabbia e di dolore. Solo nel gruppo centrale Kecheisen è riuscito a sviluppare l’impianto compositivo in profondità, collocando le figure in movimento su una linea obliqua in direzione del colonnato di fondo. In particolare evidenza è il personaggio femminile centrale, con le braccia alzate e in uno sfarzoso abito rosso, le cui proporzioni risultano gigantesche. Nel dipinto di Rubens la tragica figura della madre è il punto di partenza da cui il dinamico impianto compositivo si sviluppa in profondità. Kecheisen, invece, ingigantendo la donna pone l’accento sull’asse verticale che prosegue nello sviluppo del fondale architettonico. Egli ha tentato di trasporre dalla stampa anche gli effetti luministici, l’alternarsi dei brani in ombra con quelli rischiarati, mettendo in ombra il gruppo in primo piano a destra e il gruppo di soldati e figure in cima alla scalinata davanti al loggiato. Ha omesso le parti laterali della scenografia architettonica e ha aggiunto sopra il portico classico un balcone e un parapetto, completando la narrazione con i personaggi di Erode e del suo seguito che osservano la scena dall’alto. Per quanto riguarda l’impianto compositivo questa è l’opera più ambiziosa tra quelle finora note di Leopold Kecheisen, il quale tenta qui di cimentarsi in una movimentata impaginazione barocca. Tuttavia, nel trasporre in pittura l’opera incisoria egli rimane in un certo senso “prigioniero” di questa e del suo disegno sostenuto, concentrandosi pertanto sulla descrizione dettagliata del truce avvenimento. Bibliografia: Cvitanoviæ 1973-1974, pp. 126-127; Matejèiæ 1982, pp. 536-538; Cvitanoviæ 1989, pp. 177-178; Alisi 1997 [1937], p. 167; Braliæ 1999b, pp. 2633; Braliæ 2000, pp. 152-155. VB 368 SAN PIETRO IN SELVE 493 369 SAN PIETRO IN SELVE Il dipinto è stato restaurato nel 1988-1989 presso l’Istituto di restauro delle opere d’arte di Zagabria da Tito Dorèiæ, Egidio Budicin e Vesna Sobota. Bibliografia: Cvitanoviæ 1973-1974, pp. 126-127; Matejèiæ 1982, pp. 536538; Cvitanoviæ 1989, pp. 177-178; Alisi 1997 [1937], p. 167; Braliæ 1999b, pp. 26-33; Braliæ 2000, pp. 160-161. VB 494. - 495. San Pietro in Selve, chiesa parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo Leopold Kecheisen (? 1726 - San Pietro in Selve 1799) 494. Consegna delle chiavi a san Pietro olio su tela, 370 x 190 cm collocazione: cornice centrale dell’altare maggiore 495. Predica di san Paolo olio su tela, 210 x 170 cm collocazione: cimasa dell’altare maggiore Le prime opere che si possono riferire al periodo immediatamente successivo all’arrivo di Leopold Kecheisen a San Pietro in Selve, sono la Consegna delle chiavi a san Pietro e la Predica di san Paolo poste sull’altare maggiore della chiesa mona- 495 stica, che venne presumibilmente terminato prima della consacrazione dell’edificio avvenuta nel 1755 (Markoviæ 2004, p. 99). Entrambe le pale presentano tutte le caratteristiche formali e tipologiche del pittore paolino già descritte: la resa in chiave tonale dei volumi, il disegno di carattere descrittivo e il colorito vivace e rischiarato dalla gamma limitata. Inconfondibili sono la mimica e le fisionomie dei personaggi. Le scene si svolgono in un paesaggio con vegetazione e sotto un cielo chiaro, azzurro-rosato. La Basilica di San Pietro a Roma nella Consegna delle chiavi a san Pietro, o la veduta di una città costiera (Cafarnao) nella Predica di san Paolo, sono dipinte sommariamente, in modo schematico, limitate ai tratti fondamentali dei volumi architettonici. La porzione celeste della Consegna delle chiavi a san Pietro è popolata di angeli e di cherubini posti su nuvole chiare rosa-grigie e ocra-grigie su cui è presentato anche il Padre Eterno. Per la realizzazione dei due dipinti Kecheisen si è servito probabilmente di stampe non ancora identificate. Il soggetto della Consegna delle chiavi a san Pietro è molto frequente nelle pale d’altare della pittura austriaca della seconda metà del XVIII secolo. La pala di Kecheisen è prossima, per quanto riguarda l’impaginazione compositiva, alla Comunione degli apostoli di Marcantonio Franceschini che, assieme alla Morte di san Giuseppe, si trova nella chiesa del Corpus Domini di Bologna (cfr. cat. 331). L’apostolo, che nel dipinto bolognese è genuflesso con le braccia allargate, potrebbe essere stato il modello del san Pietro della chiesa paolina (Roli 1977, fig. 123c). Il modellato estremamente duro, quasi caricaturale, delle figure e dei volti nella Predica di san Paolo è conseguenza del restauro e della ridipintura che l’opera ha subito nel corso del XIX secolo. Il pittore-restauratore si è firmato sul retro della tela: Joseph Spezzi medolanensis Pinxsi 1825. Tuttavia, le tipologie fisionomiche e il colorito indicano senza dubbio che si tratta di un’opera di Leopold Kecheisen, che il restauratore ottocentesco, seguendo fedelmente le forme, ha in gran parte ridipinto. Le due opere sono state restaurate nel 1985-1986 presso l’Isti- 494 370 SAN PIETRO IN SELVE tuto di restauro delle opere d’arte di Zagabria da Tito Dorèiæ, Vesna Sobota ed Egidio Budicin. avviene, in particolare, per le pieghe dell’abito e per l’abbondante doratura delle vesti, delle aureole e del fondo. Quest’ultimo, poi, è anche articolato da soffici nuvole con riflessi rosati e con alcuni cherubini, nei quali si riconosce la tipologia del pittore paolino Leopold Kecheisen. Essendo il dipinto parte integrante del complesso monumentale dell’altare maggiore consacrato nel 1755, per il quale Leopold Kecheisen dipinse entrambe le pale, quella nella cornice centrale e quella nella cimasa (catt. 494-495), è verosimile che anche la Madonna di Czestochowa sia stata realizzata intorno a quella data. Il dipinto è stato restaurato nel 1988 presso l’Istituto di restauro delle opere d’arte di Zagabria. Bibliografia: Cvitanoviæ 1973-1974, pp. 126-127; Matejèiæ 1982, pp. 536538; Cvitanoviæ 1989, pp. 177-178; Alisi 1997 [1937], pp. 155, 167, fig. 149; VB Braliæ 1999b, pp. 26-33; Braliæ 2000, pp. 158-159. 496. San Pietro in Selve, chiesa parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo Leopold Kecheisen (? 1726 - San Pietro in Selve 1799) Madonna di Czestochowa olio su tela, 103 x 72 cm collocazione: altare maggiore, davanti la cornice centrale Bibliografia: Cvitanoviæ 1973-1974, pp. 124-128; Mirkoviæ 1989, pp. 351359, 416. VB L’icona medievale con la raffigurazione della Madonna con il Bambino del tipo bizantino dell’Odighitria viene citata a partire dal 1384 nel monastero paolino di Jasna Gòra vicino a Czestochowa in Polonia. Essa ben presto divenne popolare come miracolosa e pertanto le sue copie abbondarono (Mirkoviæ 1989, pp. 351-359). La Madonna di Czestochowa assume presso i frati paolini un ruolo centrale per quanto riguarda la devozione mariana. In Croazia copie del dipinto miracoloso si trovano sull’altare maggiore della chiesa parrocchiale, già dei paolini, di Lepoglava e a San Pietro in Selve. Un interessante esempio è rappresentato dalla copia dell’icona inserita nel dipinto della Madonna del Rosario che si trova nella chiesa cimiteriale di Goregna e che verosimilmente proviene dall’altare della Madonna del Rosario della chiesa paolina di Santa Maria del Lago (cat. 167). Il dipinto di San Pietro in Selve è la copia testuale dell’icona originale, è arricchito da una cornice dorata e intagliata che ripete i motivi decorativi dell’altare maggiore. Le figure imitano fedelmente la stilizzazione medievale delle forme, così pure 497. San Pietro in Selve, chiesa parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo Leopold Kecheisen (? 1726 - San Pietro in Selve 1799) Gloria di san Paolo eremita olio su tela, 300 x 168 cm collocazione: secondo altare laterale destro All’inizio dell’ottavo decennio Leopold Kecheisen termina l’ultima pala per la chiesa paolina dei Santi Pietro e Paolo. L’iscrizio- 496 497 371 SAN PIETRO IN SELVE ne sul cartiglio data l’altare al 1772. San Paolo eremita, fondatore dell’ordine dei paolini, è rappresentato al centro della composizione vestito con il caratteristico abito fatto intrecciando foglie di palma. Sospeso in cielo, egli è inginocchiato su una nuvola attorniato da numerosi angeli e colto nell’atto di pregare dinanzi alla Santissima Trinità. La scena si sviluppa in un cielo rischiarato e aperto in cui si raccolgono nuvole soffici e vaporose. Il dipinto è una versione semplificata delle consuete rappresentazioni tardobarocche di glorie di santi, assai frequenti nel XVIII secolo sui soffitti e sulle volte di ambienti sacri italiani e centroeuropei. In moltissime di queste opere gli angeli sorreggono i santi, oppure volano attorno ad essi; sono colti in posizione avvitata e con i panneggi mossi, hanno grandi ali e recano gli incensieri e gli attributi identificativi del santo che accompagnano. Solitamente nelle pale d’altare con glorie di santi la porzione inferiore corrisponde a quella terrestre e vi sono raffigurati un paesaggio slontanato o scene agiografiche. La totale mancanza della porzione terrestre nella Gloria di san Paolo eremita potrebbe indicare che Kecheisen si sia servito come modello di una composizione destinata a decorare un soffitto o una volta. Il disegno maldestro dell’angelo con il braccio abbassato posto a sinistra del santo e la goffa mimica del grande angelo che con il braccio alzato indica la Santissima Trinità, sono probabilmente conseguenza di una combinazione e di un “collage” di brani tratti da modelli eterogenei. Il dipinto presenta tutte le caratteristiche tipologiche e formali della pittura del Kecheisen. Il decorativismo del colorito acceso viene messo in risalto dallo sfondo del cielo estremamente rischiarato che contrasta con le soffici e vaporose nuvole grigie. Il dipinto è stato restaurato nel 1988-1989 presso l’Istituto di restauro delle opere d’arte di Zagabria da Tito Dorèiæ, Egidio Budicin e Vesna Sobota. Bibliografia: Cvitanoviæ 1973-1974, pp. 126-127; Matejèiæ 1982, pp. 536538; Cvitanoviæ 1989, pp. 177-178; Alisi 1997 [1937], p. 167; Braliæ 1999b, pp. 26-33; Braliæ 2000, pp. 163-164. VB 498. San Pietro in Selve, chiesa parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo 498 Leopold Kecheisen (? 1726 - San Pietro in Selve 1799) Crocifissione olio su tela, 294 x 166 cm collocazione: primo altare laterale destro che si ritrovano anche nei dipinti di Pisino e San Pietro in Selve. Il dipinto è stato restaurato nel 1985-1986 presso l’Istituto di restauro delle opere d’arte di Zagabria da Tito Dorèiæ, Vesna Sobota ed Egidio Budicin. Il cartiglio collocato sull’altare della Santa Croce data il manufatto al 1763 ed è attorno a tale data che va, pertanto, fatto risalire il dipinto che si trova entro la cornice centrale. Le caratteristiche pittoriche della pala consentono di attribuirla al pittore paolino Leopold Kecheisen. L’impianto compositivo e la disposizione delle figure è convenzionale. La Madonna trafitta da una spada è collocata nella parte sinistra del dipinto, san Giovanni evangelista in quella destra, mentre Maria Maddalena è genuflessa ai piedi di Cristo. Il pietismo delle espressioni e della mimica rafforzano la carica emotiva della scena. Le massicce figure dei santi, con panneggi dai colori chiari e vivaci, sono collocate in primo piano sullo sfondo scuro di cielo notturno, emergendo come in un rilievo. Kecheisen ha nuovamente ideato una composizione eloquente e di facile lettura anche a livello di devozione popolare. Il disegno presenta inesattezze e imprecisioni, la figura del Cristo crocifisso è particolarmente sproporzionata rispetto alle figure ingigantite che lo attorniano. Consueta è la stilizzazione espressiva dei volti, come quello di profilo di Maria Maddalena che risulta prossimo a quello di Cristo della Morte di san Giuseppe (cat. 331). Non meno tipici sono i pesanti panneggi Bibliografia: Cvitanoviæ 1973-1974, pp. 126-127; Matejèiæ 1982, pp. 536538; Cvitanoviæ 1989, pp. 177-178; Alisi 1997 [1937], p. 167; Braliæ 1999b, pp. 26-33; Braliæ 2000, p. 160. VB 499. - 500. San Pietro in Selve, chiesa parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo Pittore paolino, prima metà XVIII secolo 499. Flagellazione di Cristo olio su tela, 80 x 220 cm collocazione: sagrestia 500. Compianto sul Cristo morto olio su tela, 75 x 280 cm collocazione: sagrestia I due dipinti oblunghi che si trovano sulle pareti della sagrestia presentano un formato centinato dovendosi collocare a ridosso della volta a crociera dell’ambiente. L’autore ha adattato il loro impianto compositivo a questa particolare forma con soluzioni 372 SAN PIETRO IN SELVE 499 alquanto maldestre. Ðurðica Cvitanoviæ (1989, p. 177) li segnala quali opere della seconda metà del XVIII secolo dei pittori paolini Leopold Kecheisen e Lucas Hauser: “A un gruppo appartengono la pala della Madonna del Rosario (1759) e la pala della Santa Croce (1763) nelle cappelle laterali tappezzate di cuoio una di fronte all’altra più vicine alla cantoria. Si tratta di composizioni convenzionali con figure massicce rese in modo plastico. Nelle lunette della sagrestia si trovavano quattro dipinti dei quali si è conservato il Cristo nel sepolcro che, per i dettagli e la plasticità del corpo disteso di Cristo, appartiene al gruppo delle pale citate”. Tuttavia, è stato dimostrato che è Leopold Kecheisen l’autore di tutte le pale d’altare di San Pietro in Selve. L’eventuale contributo di collaboratori non ha influito in modo sostanziale sulla conduzione pittorica di questi dipinti e le differenze compositive sono dovute all’utilizzo e alla combinazione di stampe eterogenee come modelli. Le due tele conservate in sagrestia costituiscono pertanto un’eccezione. Infatti, a causa degli esiti stilistici marcatamente gergali e della carica espressiva di tipo popolare, la Flagellazione di Cristo e il Compianto sul Cristo morto non possono essere assegnati al catalogo di Kecheisen. Inoltre, Lucas Hauser entrò nell’ordine paolino appena nel 1759 all’età di vent’anni ed era legato principalmente al monastero di Cirquenizza (Crikvenica; Doèkal 1953b, p. 21), pertanto è da escluderne la paternità. I dipinti della sagrestia sono dunque ascrivibili a un modesto pittore, presumibilmente della prima metà del XVIII secolo. Infatti, il soggetto iconografico permeato di una forte carica espressiva conferma una datazione più precoce rispetto a quanto implicava la precedente attribuzione. La sofferenza di Cristo rappresentata in modo naturalistico e la deformazione caricaturale dei carnefici nella Flagellazione di Cristo appartengono al gusto della tradizione germanica. Una precisa analisi stilistica è attualmente difficoltosa a causa delle ampie superfici ridipinte in modo grossolano. 501. San Pietro in Selve, chiesa parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo Leopold Kecheisen (? 1726 - San Pietro in Selve 1799) Maria Ausiliatrice olio su tela, 75 x 50 cm collocazione: canonica Leopold Kecheisen ha realizzato questa Maria Ausiliatrice prendendo a modello una famosa opera. A ben vedere, il dipinto devozionale di piccolo formato raffigurante un soggetto di tenera affettuosità e interpretato con la tipica grazia rococò, deriva infatti dalla rinascimentale Maria Hilf (1537) di Lucas Cranach il Vecchio (Kronach, Franconia 1472 - Weimar 1553), che si trova nella St. Jakob Stadtpfarrkirche di Innsbruck. Essa venne donata dal principe elettore sassone Giorgio I all’arciduca Leopoldo V, quando questi visitò Dresda nel 1611. Leopoldo, che era anche arcivescovo di Passau, custodì il dipinto nella propria cappella fino al 1625, quando si trasferì a Innsbruck, ma solo suo figlio Ferdinando nel 1650 concesse “il dipinto miracoloso alla cittadinanza di Innsbruck per il culto” (Lentiæ Kugli 1971, pp. 15-25). La città di Passau è rimasta comunque uno dei centri principali del culto di Maria Ausiliatrice, che si formò attorno alla copia del dipinto di Cranach, realizzata verso il 1624, e alcune derivazioni più tarde fecero proprio di Passau il centro di irradiazione di tale prototipo (Cvetniæ 2000, p. 156). Il culto di Maria Ausiliatrice si diffuse molto velocemente ed ebbe grande popolarità. Essa divenne la “pilgrimage image” per eccellenza nelle terre austriache, un “archetipo” che ha generato centinaia di opere con minime varianti e differenze figurative (Freedberg ed. 1991, pp. 112-117). Copie della Maria Ausiliatrice sono presenti in chiese della Slovenia, della Croazia nordoccidentale e della Slavonia. Verso la metà del XVII secolo furono realizzate le prime incisioni, mentre fino a tutto il XVIII secolo dalle stampe vennero tratte numerose copie pittoriche. La diffusione del culto di Maria Bibliografia: Cvitanoviæ 1989, pp. 177-178; Braliæ 2000, pp. 150-151. VB 500 373 SAN PIETRO IN SELVE re, il suo modello è stato una variante tardobarocca (cfr. cat. 103). Tra tutte le copie conservate in Croazia la Maria Ausiliatrice di San Pietro in Selve risulta essere più prossima a quella del convento francescano di Virovitica, dono votivo della famiglia Pejaèeviæ del 1760 (Mir i dobro 2000, p. 155). Leopold Kecheisen ha aggiunto alla composizione una coppia di cherubini, quasi un “marchio di fabbrica” delle sue opere a tematica religiosa. Il dipinto è stato restaurato nel 1985-1986 presso l’Istituto di restauro delle opere d’arte di Zagabria. Bibliografia: Braliæ 2000, pp. 171-173. VB 502. - 503. San Pietro in Selve, chiesa parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo Leopold Kecheisen (? 1726 - San Pietro in Selve 1799) 502. I santi Pietro e Paolo (vessillo da processione) olio su tela, 85 x 60 cm collocazione: canonica 503. I santi Rocco e Sebastiano (vessillo da processione) olio su tela, 85 x 60 cm collocazione: canonica Ausiliatrice nei territori sotto l’amministrazione austriaca è in gran parte dovuta all’azione degli ordini religiosi, e in particolare dei paolini (Lentiæ Kugli 1971, pp. 15-25). Non sorprende, quindi, che un frate paolino di origini austriache abbia realizzato per il proprio monastero una copia della Maria Ausiliatrice e, a giudicare dalla grazia e dalla preziosità un poco decorativa delle figu- Il vessillo da processione rinvenuto nel matroneo sopra le cappelle laterali di sinistra della chiesa dei Santi Pietro e Paolo arricchisce il catalogo di Leopold Kecheisen. Si tratta di una tela dipinta su entrambi i lati raffigurante i santi Pietro e Paolo, patroni della chiesa, e Rocco e Sebastiano, protettori dalle pestilenze. Tale manufatto liturgico attesta la buona conoscenza di Kecheisen delle tecniche pittoriche, in quanto i vessilli da processione dovevano essere dipinti su una tela fine con un’imprimitura molto sottile ed elastica. Come accade per i sipari teatrali, essa infatti viene srotolata e arrotolata molte volte sull’asta, e pertanto lo strato pittorico non deve subire crettature e cadute di colore. Le massicce figure dei santi sono collocate in modo simmetrico 502 503 501 374 SAN PIETRO IN SELVE davanti a un paesaggio slontanato dalla linea d’orizzonte tenuta bassa. Esse presentano le fisionomie e la mimica che sono caratteristiche in tutta la pittura di Kecheisen. Sono avvolte in panneggi dai colori vivaci, estremamente voluminosi e con morbide pieghe. Sopra i santi Pietro e Paolo è dipinto il monogramma di Cristo, mentre sopra Rocco e Sebastiano quello della Vergine Maria. Evidenti sono anche le analogie con la coeva pittura slovena. Alcuni vessilli da processione di Anton Cebej (Lubiana 17221774), come la Madonna con il Bambino e i santi Rocco e Sebastiano (1763) di Cerknica (Slovenia), presentano collegamenti con questo esempio paolino, oltre che per l’aspetto compositivo e la disposizione delle figure all’interno del paesaggio, anche per le somiglianze nella conduzione pittorica del paesaggio e in particolare della vegetazione (Šerbelj 1991, p. 81, cat. 25). Bibliografia: Braliæ 2000, p. 173. t’Antonio da Padova con i suoi attributi iconografici tradizionali. Il santo con il saio dei francescani, collocato accanto a una finestra in un interno architettonicamente semplificato, è colto nel momento in cui gli appare il Bambino Gesù. Egli regge il Bambino sospeso su una nuvola al di sopra di un tavolo. Questi gli porge un anello. Sul tavolo, ricoperto da una tovaglia rosata con pieghe tubolari che scendono fino a terra, si trovano il libro e il giglio. Lo sfondo è definito dalla liscia superficie bruno-ambrata di una parete che solo parzialmente è coperta da un tendaggio azzurro. Presso l’apertura della finestra sono collocati due graziosi cherubini, uno rischiarato e l’altro in ombra. Sebbene la superficie pittorica presenti profonde crettature e cadute di colore, e sia ricoperta da un accumulo di polvere e da uno strato di vernice ossidata, è possibile notare le già descritte caratteristiche della pittura di Leopold Kecheisen. Tuttavia, i panneggi sono qui privi di quella abbondanza di pieghe che si rompono con valenza decorativa rilevabile nelle pale della vicina chiesa dei Santi Pietro e Paolo. Le pieghe del tessuto sono poco profonde e presentano un marcato verticalismo. Le espressioni seriose del santo e del Bambino, oltre alla semplificazione e alla severità dell’impaginato, testimoniano il cambiamento di gusto in direzione accademizzante della seconda metà del secolo, anche se gli angeli e il Bambino possiedono ancora tratti della graziosità rococò. VB 504. San Pietro in Selve, chiesa di san Rocco Leopold Kecheisen (? 1726 - San Pietro in Selve 1799) Visione di sant’Antonio da Padova olio su tela, 185 x 103 cm collocazione: altare laterale sinistro La pala che si trova sull’altare laterale sinistro di quella che è stata la chiesa parrocchiale di San Pietro in Selve raffigura san- Bibliografia: Braliæ 2000, p. 171. VB 505. San Pietro in Selve, chiesa di San Rocco Leopold Kecheisen (? 1726 - San Pietro in Selve 1799) San Rocco guarisce gli appestati olio su tela, 208 x 95 cm collocazione: altare maggiore L’iscrizione sulla predella in pietra consente di datare l’altare maggiore della chiesa di San Rocco al 1755. Essa cita tra l’altro anche il parroco Georgio Udovicich (Juraj Udovièiæ): ERECTU. FUIT. ALTARE. HOC Ad/ HONORE. S. ROCHI. CONFESORis/ CURANTE. GEORGIO. UDOVICICH/ PAROCHO. 1755. F.P.R. All’interno della chiesa si trovano altre due iscrizioni che ricordano la storia dell’edificio. La prima, del 1737, ne documenta l’ampliamento quando era parroco Marco Udovicich (Marko Udovièiæ). La seconda celebra la solenne consacrazione della chiesa, avvenuta nel 1745, da parte del vescovo Gaspare Negri durante la sua visita pastorale nei territori della diocesi parentina sotto l’amministrazione austriaca. La pala raffigura san Rocco con i suoi attributi tradizionali all’interno di un paesaggio e al centro dell’impianto compositivo. Ai suoi piedi un bambino piange il padre morto e la madre morente, mentre da dietro si sta avvicinando un altro gruppo di appestati. Nell’alto della pala la Madonna con il Bambino è raffigurata assisa sulle nuvole attorniata da cherubini. Benché lo stato di conservazione del dipinto sia estremamente precario e con vaste cadute di colore, esso presenta tutte le caratteristiche formali e tipologiche della pittura di Leopold Kecheisen: la resa in chiave tonale dei volumi, il colorito chiaro e vivace dalla gamma limitata, la tipica stilizzazione della mimica e delle fisionomie dei personaggi. La vegetazione e la costruzione sullo sfondo, eseguita in modo schematico, sono dettagli simili a quelli che si rilevano nelle due pale dell’altare maggiore della parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo, pure risalenti al 1755 circa (catt. 494-495). Lo schema che prevede il corpo dell’appestato collocato lungo il margine inferiore davanti al santo posto sull’asse verticale, sarà ripetuto da 504 375 SANTA DOMENICA DI VISINADA Kecheisen nella Santa Margherita da Cortona in preghiera di Pisino (cat. 332). Nella pala di San Pietro in Selve sono particolarmente evidenti le discontinuità negli esiti qualitativi di Kecheisen all’interno di uno stesso dipinto e, come altre volte, la sua dipendenza dai modelli grafici. Infatti, le figure degli appestati in primo piano e quella di san Rocco al centro, per la complessità della postura resa in modo un poco meccanico, risultano riprese verosimilmente da varie stampe non individuate. Esse presentano una conduzione pittorica più morbida e valente, mentre quelle sullo sfondo sono sgraziate, irrigidite e mal proporzionate. Bibliografia: Braliæ 2000, pp. 158-159. olio su tela, 160 x 118 cm collocazione: altare a destra dell’arco trionfale La Madonna, assisa sulle nuvole, tiene in grembo il Bambino che si protende per offrire un giglio a sant’Antonio da Padova posto in basso a sinistra. Sull’altro lato è raffigurato san Giovanni Battista che indica il Bambino e reca la croce rustica, ai suoi piedi vi è l’agnello. Sullo sfondo, al centro, si estende un paesaggio collinare dominato dal profilo di una cittadina collocata su un’altura. La pala rappresenta un tipico esempio dell’ampia ricezione dello stile di Palma il Giovane. Ciò consentirebbe una datazione che si basa tuttavia soltanto sulla specificità della composizione - alla prima metà del XVII secolo. Un recente restauro, eseguito con estrema imperizia, impedisce infatti una corretta valutazione dei valori cromatici. Il Battista è una copia maldestra della famosa rappresentazione del santo di Tiziano databile al 1542 circa che proviene dalla chiesa veneziana di Santa Maria Maggiore, oggi alle Gallerie dell’Accademia. Il santo francescano allarga le braccia come il san Francesco che riceve le stimmate del Palma raffigurato nella versione di Palazzo Pisani a Venezia (Mason Rinaldi 1984, pp. 143-144, 295, cat. 545, fig. 260), e in quella del 1617 della chiesa conventuale francescana di Lesina (Hvar) sull’omonima isola (Mason Rinaldi 1984, p. 87, cat. 113). La cittadina rappresentata sullo sfondo non può essere identificata, non essendo questa l’intenzione del pittore. Una certa rigidità del disegno, il chiaroscuro semplificato che conferisce una relativa valenza plastica, e inoltre la tipologia delle figure, permettono di collegare il dipinto alla Vergine Annunciata della chiesa di Sant’Antonio da Padova di Montona (cat. 198). Quest’ultima opera è databile alla fine del XVII o agli inizi del XVIII secolo e consente di assegnare allo stesso periodo anche la pala qui illustrata. VB 506. Santa Domenica di Visinada, chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista Pittore ignoto, fine XVII - inizi XVIII secolo Madonna con il Bambino e i santi Antonio da Padova e Giovanni Battista Bibliografia: opera inedita. NKB 506 505 376 SANTA DOMENICA DI VISINADA Pittore ignoto, fine XVII - inizi XVIII secolo Arcangelo Gabriele; Vergine Annunciata; San Giovanni Battista; San Giovanni evangelista olio su tavola, 125 x 48,5 cm ciascuno scomparto collocazione: raccolta della parrocchia, attualmente presso il Museo Civico del Parentino Queste portelle d’organo lignee sono dipinte su entrambi i lati. Vengono menzionate già da Antonino Santangelo (1935, p. 200), il quale scrive che nella parte esterna sono raffigurate “le immagini, senza dubbio posteriori” di San Giovanni Battista e di San Giovanni evangelista, mentre in quella interna si trova l’Annunciazione. Basandosi sull’iscrizione posta sull’organo, CAROLUS DE BENI VERONENSIS, lo studioso afferma che “l’Annunciazione si deve riferire per ragioni di stile a un pittore veronese, debole e ritardatario, del sec. XVI avanzato”. 507a 507b 507. Santa Domenica di Visinada, chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista 377 SANTA DOMENICA DI VISINADA L’Arcangelo Gabriele e la Vergine Annunciata presentano uno stato di conservazione abbastanza buono, mentre le condizioni dei due santi risultano peggiori. Ciononostante, non vi sono dubbi sull’identità di mano di entrambi i lati dipinti, forse spettanti a un maestro locale degli inizi del XVIII secolo. Le figure che presentano un incarnato scurito sono un poco stilizzate e definite da linee di contorno marcate. Sono rivestite da panneggi che si complicano in una conduzione di carattere decorativo. Il colorito è complessivamente scuro con prevalenti toni rosso-bruni, per cui le figure si staccano sullo sfon- do chiaro caratterizzato dai toni freddi del grigio e del blu. La datazione notevolmente ritardata rispetto a quella proposta da Santangelo viene confermata dal confronto con l’Annunciazione di Montona (cat. 193) che è incorniciata da una ghirlanda di fiori. Le due rappresentazioni sono quasi identiche. Le figure della Vergine e dell’arcangelo Gabriele in particolare appaiono quasi intercambiabili, sono inoltre ripetuti alcuni accordi cromatici caratterizzanti. Bibliografia: Santangelo 1935, p. 200. NKB 507d 507c 378 SANTO SPIRITO-SANVINCENTI 508. Santo Spirito, chiesa del Santo Spirito 509. Sanvincenti, chiesa parrocchiale della Beata Vergine Assunta Pittore ignoto, 1636 (scomparto centrale del trittico) Immacolata Concezione, santo vescovo e san Cristoforo scomparto centrale: olio su tela 110 x 48 cm; scomparti laterali: olio su tavola, sinistro 110 x 35 cm, destro 110 x 34 cm iscrizione: IN CONCEPTIONE TVA VIRGO/ IMMACVLATA/ FVISTI/ MDCXXXVI collocazione: altare maggiore Jacopo Palma il Giovane (Venezia 1548-1628) Immacolata Concezione e i santi Sebastiano e Rocco olio su tela, 305 x 153 cm collocazione: primo altare laterale sinistro La pala rappresenta un tipico esempio di pittura veneziana postridentina in cui il tema religioso viene illustrato mediante un impianto compositivo semplice e chiaro. In questo caso si tratta del soggetto dell’Immacolata Concezione e dei santi protettori dalle pestilenze. L’iconografia dell’Immacolata Concezione si basa su diversi testi biblici, principalmente sulla descrizione della donna nel libro dell’Apocalisse (Ap 12, 1) arricchita con le metafore del Cantico dei Cantici che negli anni settanta del Cinquecento sono state codificate anche nelle Litanie Lauretane (Fuèiæ, in Leksikon 1979, pp. 144-145). I simboli e gli emblemi dell’Immacolata Concezione, quali il sole, la luna, la stella del mare, il giardino chiuso, la fontana che irrora il giardino, l’ulivo, il giglio, la fontana sigillata, il pozzo d’acque vive, il cedro del Libano, la pianta di rose o la rosa mistica, lo specchio senza macchia, la Torre di Davide, la città di Dio, la porta del cielo, vennero definiti visivamente già nel XVI secolo e spesso erano accompagnati dalle rispettive iscrizioni. Nel dipinto di Palma la Madonna è posta nella porzione celeste e si erge sulla falce lunare, tiene lo sguardo abbassato e le mani conserte sul petto. È attorniata da angeli disposti simmetricamente a reggere alcuni degli attributi citati: uno specchio senza macchia (speculum sine macula, Sap 7, 26), un ramo di rose (Rosa mystica, Litanie Lauretane; plantatio rosae, Sir 24, 14), il giglio delle valli (lilium convalium, Ct 2, 1) e un fiore di campo (flos campi, Ct 2, 1). La torre fortificata e il tempio rotondo con cupola, raffigurati nel paesaggio in mezzo ai due santi, vanno altresì interpretati come simboli mariani, ossia la Torre di David (Turris Davidica, Ct 7, 4 e Litanie Lauretane) e il Tempio di Dio che si richiama alla Domus aurea (Litanie Lauretane) e alla Domus sapientiae (Pr 9, 1). Anche nella raffigurazione dei due santi protettori dalle pestilenze, che colloquiano tra di loro con sguardi e mimica espressivi, Palma si è attenuto a un modello iconografico standardizzato e reiterato. L’altare della chiesa di Sanvincenti su cui è posta la pala viene citato con diverse intitolazioni nei vari manoscritti che riferiscono delle visite pastorali. La prima volta viene menzionato nel 1622 come “L’Altare della Madonna delle sorelle” (Tritonio 1622, c. 36v), in seguito l’intitolazione più frequente è quella di “altare della santissima Concezione”, oppure di “altare di san Rocco”. I riscontri archivistici indicano che la pala risale alla fase tarda dell’attività di Palma, tra il 1603, quando in occasione della visita pastorale del vescovo Giovanni Lippomanno l’altare non viene ancora citato, e il 1622 quando viene menzionato nel manoscritto della visita pastorale del vescovo Leonardo Tritonio. I santi rappresentati consentono di collegare la commissione della pala alla Confraternita dei santi Rocco e Sebastiano ricostituitasi nel 1619 (Štokoviæ 1996-1997, pp. 93-106), ossia alla famiglia Grimani che, in qualità di proprietaria del castello e feudo di Sanvincenti, arricchì abbondantemente di arredi la chiesa. Dagli anni quaranta, però, fino alla fine del XVII secolo nelle relazioni dei visitatori viene riferito che l’altare è sotto il giuspatronato della famiglia Quinzani (Quintani) e che è “decentemente tenuto”. Dall’inizio del XVIII secolo i Quinzani non vengono più menzionati, e dal 1709 assieme all’altare viene citato il reliquiario con i resti sacri della beata Vittoria che venne trasferito “con grande solennità” dall’altare maggiore, su cui fu posto un nuovo tabernacolo (Milovan 1975, p. 28). Conformemente al nuovo gusto del XVIII secolo, I tre pannelli sono posti su un altare ligneo dalla struttura formale piuttosto semplice. È ridipinto di bianco, il fusto delle lesene è trattato a finta breccia. Nel riquadro centrale è raffigurata l’Immacolata Concezione. La Madonna è assisa e poggia i piedi sulla falce lunare, ha le mani incrociate sul petto, volge lo sguardo al cielo. Indossa una veste di colore rosso-rosato e un mantello grigio-azzurro. A sinistra è presentato un santo vescovo in vesti pontificali mentre regge un libro e il pastorale. A destra è raffigurato san Cristoforo che attraversa il fiume con il Bambino sulle spalle. Lo scomparto centrale del trittico reca un’iscrizione con la data 1636. Sebbene sia un poco più largo degli altri due riquadri appare evidente che ha subito una decurtazione su tutti i lati. Il riquadro con l’Immacolata Concezione è verosimilmente la porzione di una pala d’altare che alla fine del XVIII o all’inizio del XIX secolo è stata inserita in un nuovo altare ligneo tra le raffigurazioni dei due santi realizzati a olio su tavola. Accanto alla chiesa del Santo Spirito si trovava dal 1620 al 1773 un convento di frati minori (Ivanèeviæ 1969, p. 24; Bartoliæ-Grah 1999, p. 64). È molto probabile che la commissione di una pala con la rappresentazione dell’Immacolata Concezione sia da ascrivere a tale ordine. Il riquadro centrale ha subito per lo meno una ridipintura che risulta quasi totale. Le superfici dell’incarnato sono levigate, il panneggio dalle pieghe profonde è sottolineato da lumeggiature e da ombre marcate. Che sia frutto di un successivo intervento è confermato dalla gamma coloristica che non è conforme al periodo di esecuzione dell’opera indicato dall’iscrizione. Le due teste d’angelo non sono ridipinte, e consentono un accostamento alla tipologia dell’ambito di Baldassare d’Anna. Per il dipinto della chiesa del Santo Spirito si può supporre una compatibilità stilistica con le opere di questo maestro veneziano e della sua bottega che si trovano a Colmo e a Rozzo (catt. 80, 482). Bibliografia: Ivanèeviæ 1969, p. 24; Kudiš Buriæ 1998, pp. 334-335. NKB 508 379 SANVINCENTI primo Barocco, egli però rimane fedele alla tradizione veneziana “del pittoresco”. Crea un linguaggio che anche sotto l’aspetto pittorico diventa uno “standard” di quel periodo, sia per gli artisti che per i committenti, tanto più che esso prevede la frequente ripetizione delle stesse soluzioni, specie dopo il 1600. La resa volumetrica dei massicci corpi della pala di Sanvincenti evidenzia chiaramente la tendenza a rievocare la forma classica attingendo al repertorio delle figure di Michelangelo e Tiziano, mediata dalle opere e dai “concetti” dello scultore Alessandro Vittoria, amico e protettore del Palma. Oltre a Marco Boschini su questo legame riferisce anche Anton Maria Zanetti (1733, p. 50), il quale scrive che egli “fu protetto molto dallo scultore Vittoria, che sempre gli procurava opere, e gli faceva concetto”. Conferma gli influssi diretti di Vittoria su Negretti il confronto con le sculture raffiguranti San Sebastiano delle chiese veneziane dei Frari del 1561-1563 e di San Salvador risalente al 1600 circa. I riscontri documentari circa la datazione dell’altare su cui era posto in origine il dipinto di Sanvincenti risultano cronologicamente compatibili con le caratteristiche stilistiche dell’opera. Queste sono conformi alle soluzioni compositive e cromatiche delle pale d’altare risalenti agli ultimi due decenni di attività di Palma. Tra esse si considerino, in particolare, la Madonna con il Bambino e i santi Sebastiano e Rocco di Monopoli (Bari) e di Pontebba (Udine), e il Cristo appare ai santi Sebastiano e Rocco di Cividale del Friuli e di Bergamo (Mason Rinaldi 1984, pp. 75, 81, 94, 102, catt. 22, 71, 161, 216). Le figure massicce e dalla pesante plasticità, rischiarate da una luce intensa, presentano una soluzione compositiva convenzionale anche per quanto concerne la collocazione davanti a un paesaggio chiaro che occupa lo sfondo. Le loro espressioni, inoltre, corrispondono a quel “sentimentalismo passivo”, e a quello “stile senza tempo” che qualificano, secondo Stefania Mason Rinaldi, le opere della fase tarda di Palma. La postura e la gestualità della Madonna di Sanvincenti, la distribuzione degli angeli che ne reggono i simboli litanici presentano significative somiglianze con le stesse figure dell’omonima pala di Romano di Lombardia (Bergamo), che i riscontri storici circa la costruzione dell’altare su cui si trova, consentono di datare intorno al 1620 (Mason Rinaldi 1984, p. 107, cat. 252). Tuttavia, nella pala di Sanvincenti la convenzionalità delle forme, quasi raggelate nelle ultime opere di Palma, come spesso evidenziato dagli studiosi, non risulta altrettanto marcata. La conduzione pittorica qui si attua ancora conservando immediatezza e vivacità, per cui il colorito risulta efficacemente fresco. La grandezza del talento artistico di Palma viene perciò rivelata in quest’opera specie nei dettagli formali. Nel modellato delle figure, come quello del torso muscoloso di san Sebastiano, nei movimenti degli angeli in volo o nel suggestivo profilo di san Rocco, si avvertono i tratti fluidi e briosi che costruiscono le forme secondo la migliore tradizione veneziana. Alcuni pentimenti sono testimoni dell’immediatezza esecutiva e della “prontezza e sicurità di mano” nell’uso del pennello. Tali capacità pittoriche provette, benché ingabbiate in un impianto compositivo convenzionale pervaso dallo spirito della Controriforma, si impongono anche nella valutazione della pala di Sanvincenti risalente all’ultima fase dell’attività del Palma. Il dipinto è stato restaurato nel 2002-2003 presso l’Istituto croato di restauro di Zagabria da Pavao Lerotiæ e Višnja Braliæ. l’altare ligneo di san Rocco venne sostituito prima del 1714 con uno lapideo (Vaira 1714, c. 38v). La pala del vecchio altare fu collocata nel nuovo manufatto e nell’occasione la porzione inferiore venne arrotolata sul telaio per essere adattata alle mutate dimensioni della cornice. Il primo a citare il dipinto è Marco Tamaro (1893, II, p. 649) che lo assegna ad Andrea Meldolla detto lo Schiavone. Antonino Santangelo (1935, p. 189) esclude tale attribuzione e ritiene che “i caratteri di stile sono quelli di un buon manierista tintorettesco sul tipo di Palma Giovine”. La critica successiva conferma l’opinione di Santangelo (Gamulin 1977, pp. 62-63; Ivanoff-Zampetti 1979, p. 558), anche se gli studiosi non dedicano una particolare attenzione a questo dipinto di Palma, giudicandolo genericamente opera mediocre e tarda, “resa praticamente illeggibile dalle vaste ridipinture” (Mason Rinaldi 1984, p. 110, cat. 283). La pala, invece, non accusa affatto ridipinture e alterazioni posteriori nella sua forma pittorica. La stesura è del tutto originale e, per l’eccellente qualità pittorica, rappresenta una prova significativa dell’abilità dell’artista nel confermare fino alla fase ultima della sua carriera la tradizione esecutiva più propria del Cinquecento veneziano. È quella in cui il colorito svolge un ruolo addirittura strutturale e in cui le singole pennellate sono gli elementi costruttivi primari della forma. Palma nella bottega di Tiziano ha fatto propria questa conduzione pittorica che si attua con tratti marcati e a colpi di pennello. Tutto il suo percorso artistico è segnato da tale fondamentale esperienza e nonostante il suo sterminato catalogo sia realizzato anche con l’aiuto della ben avviata bottega e presenti un’uniformità di linguaggio tardomanierista, Palma può essere a buon titolo definito il custode del patrimonio della pittura veneziana. Aderendo allo spirito della Controriforma riguardo la funzione dell’arte sacra, ma rifuggendo dalla propensione per il naturalismo che a Venezia diviene una caratteristica solo del Bibliografia: Tamaro 1893, II, p. 649; Santangelo 1935, p. 189; Gamulin 1977, pp. 62-63; Ivanoff-Zampetti 1979, p. 558; Mason Rinaldi 1984, pp. 110, 438, cat. 283, fig. 677; Alisi 1997 [1937], pp. 184, 208, nota 221, fig. 196; Kudiš Buriæ 1998, pp. 253-259; Braliæ 2003, p. 3; Braliæ-Lerotiæ 2004, pp. 145-158. VB 380 SANVINCENTI 509 381 SANVINCENTI ERECTIONE. A destra B(EATE) VICTORIAE V(IRGO) M(ARTIRI) CORPUS / IN HANC DEIPARAE EADEM/ EX ALMA VRBE TRANSLATVM/ KAL(ENDAE) IVN(II) MDCLXX/ BARTH(OLOMEUS) PETRONIO CO(OPERATOR) CAP(ELLANUS)/ IO(ANNES) PET(RUS) ABB TAIAPIERA ARCH. Gli atti delle visite pastorali dei vescovi parentini citano sistematicamente l’altare e pertanto se ne possono ricostruire le vicende. Leonardo Tritonio, vescovo di Parenzo dal 1609 al 1631, riporta alla data del 29 aprile 1622 che “L’altare maggiore è intitolato la nonciata, l’altare è perfetto et hà carissima palla” (1622 c. 36r). Dodici anni più tardi, e precisamente il 7 maggio 1634, Ruggero Tritonio, titolare della cattedra parentina dal 1632 al 1644, trova l’altare consacrato e ben mantenuto. Egli visita Sanvincenti ancora una volta, il 20 maggio 1639, annotando che “L’altare magg(io)re della Nonciata, scholla comoda. L’altare è consacrato et ornato decente di supeletili” (Tritonio 1639, c. 7v). Giambattista del Giudice, vescovo parentino dal 1644 al 1666, visita per la prima volta Sanvincenti il 21 ottobre 1645 e scrive: “Visito l’altare maggiore dell’Anunciata è consacrato et è schola, cava dell’entrade annualm(en)te 200 ducati” (del Giudice 1645, c. 104r). Il 7 aprile 1649 il prelato compie ancora una visita e riporta gli stessi dati di quella precedente, aggiungendo che l’altare è ben mantenuto (del Giudice 1649, c. 106v). Ma in occasione della successiva visita il 28 aprile 1663, egli scrive: “Visito l’altar maggiore dell Anonciata è schola comoda, l’altar è consacrato. Sia nettata la Pala” (del Giudice 1663, c. 20r). Sembra che tra questa visita e quella successiva di Nicolò Petronio Caldana, vescovo di Parenzo dal 1667 al 1670, compiuta il 2 maggio 1668, l’altare si sia ulteriormente deteriorato, in quanto il prelato scrive: “Sia acomodata la palla” (Petronio Caldana 1667-1668, c. 32r). Alessandro Adelasio, vescovo dal 1671 al 1711, nel corso della visita del 30 aprile 1676, annota che l’altare maggiore e quello dell’Immacolata Concezione (cat. 509) non sono consacrati (Adelasio 1676-1677, c. 34v). Antonio Vaira, vescovo di Parenzo dal 1712 al 1717, alla data del 3 giugno 1714 ordina “Che sia acconciata la palla che è rotta di s.to Altare” (Vaira 1714, c. 40v). In base a quanto annotato negli atti delle visite pastorali dei vescovi di Parenzo si può ipotizzare che il vecchio altare maggiore ligneo sia stato sostituito da uno nuovo in marmo fra il 1668 e il 1676. Probabilmente la costruzione del nuovo manufatto è da collegarsi alla donazione della reliquie della beata Vittoria da parte di Almoro Grimani nel 1670. A sostegno di tale datazione concorre anche il modulo compositivo trattenuto dell’altare e alcuni suoi elementi quali i capitelli, la sommità arrotondata con sporgenze e i due ovali decorativi che riempiono lo spazio di risulta della centinatura. L’altare è per tipologia e stile molto simile alla porzione centrale di quello spettante a Baldassare Longhena della chiesa zaratina di San Francesco. Quest’ultimo è stato realizzato fra il 1668 e il 1670 e secondo il contratto con i committenti doveva essere una copia esatta dell’altare maggiore della chiesa di San Daniele di Venezia realizzato da Longhena stesso, attualmente perduto (Tomiæ 1995, p. 36). Sebbene il nome del tagliapietre che si è orgogliosamente firmato sull’altare di Sanvincenti come Ioannes Petrus sia sconosciuto, è evidente che la sua opera accusa fortemente l’influsso longheniano. È pertanto possibile che egli si sia formato nella feconda bottega di quello che è il più importante architetto e altarista veneziano del XVII secolo. Antonino Santangelo (1935, p. 189) attribuisce la pala a Giuseppe Porta detto il Salviati (Castelnuovo di Garfagnana 1520/ 1521 - post 1575). Wart Arslan (1938, p. 79, nota 23) ritiene che si tratti di una delle migliori opere di Petro Liberi (Padova 1605 - Venezia 1687), mentre Ugo Ruggeri (1996b, p. 251, cat. pnc8) nella monografia su Pietro Liberi e su suo figlio Marco inserisce il dipinto istriano tra le opere “non controllate” del padre. 510 510. Sanvincenti, chiesa parrocchiale della Beata Vergine Assunta Pittore veneto, 1670-1676 Annunciazione olio su tela, 300 x 165 cm collocazione: altare maggiore La Madonna in abito rosa e mantello azzurro è rappresentata genuflessa. Si appoggia con il braccio sinistro all’inginocchiatoio ligneo, mentre dirige la mano destra e lo sguardo in direzione dell’arcangelo Gabriele che, inginocchiato su una nube, le si avvicina da sinistra. L’angelo indossa una veste bianca, nella mano destra reca il ramo di giglio, mentre con la sinistra indica il cielo rischiarato dalla luce entro cui si intravedono alcuni cherubini. Sullo sfondo sono posti alcuni elementi d’arredo, quali il baldacchino rosso del letto. Il piano è costituito da un basamento ligneo che poggia su una pavimentazione lastricata bianca e rossa. L’altare maggiore marmoreo della parrocchiale di Sanvincenti su cui è posta la pala reca sul retro due iscrizioni. A sinistra si legge HERMOLAI GRIMANI/ RELIGIOSA MVNIF(ITIENTA)/ ECCL(ESIAE) HANC XP(IST)I SPONATA(SUE SPONTAE)/ ANVIS DOTAVIT REDITIB(US)/ PLVRIMIS DITAVIT MVNERIB(US)/ HVIVSQ(UE) ARAE/ PIA DECORAVIT 382 SANVINCENTI Il dipinto è stato restaurato nel 1995-1996 presso l’Istituto croato di restauro di Zagabria da Zlatko Bielen e collaboratori. Nell’occasione sono stati rilevati nella parte superiore significativi danni della materia pittorica, che potrebbero essere quelli già notati dal vescovo Antonio Vaira durante la sua visita del 1714 (Vaira 1714, c. 40v). Inoltre, si è appurato che la tela è stata notevolmente decurtata su tutti i lati. Tale intervento non trova spiegazione vista la compatibilità cronologica tra la pala e l’altare su cui è posta, e la mancanza di riscontri documentari che attestino che l’attuale non sia la collocazione originaria. Bibliografia: Santangelo 1935, p. 189; Arslan 1938, p. 79, nota 23; Ruggeri 1996b, p. 251, cat. pnc8. NKB 511. Sanvincenti, chiesa parrocchiale della Beata Vergine Assunta Pittore veneto, seconda metà XVII secolo Visione di sant’Antonio da Padova olio su tela, 150 x 97 cm iscrizione: sopra lo stemma Grimani PROTECTOR ASPIC(E) [...] collocazione: altare a destra dell’arco trionfale La pala, che si trova su un altare ligneo intagliato e policromo, presenta le caratteristiche della pittura veneta della seconda metà del XVII secolo. Nell’angolo inferiore sinistro è dipinto lo stemma Grimani, nobile famiglia veneziana, che possedeva il feudo e il castello di Sanvincenti e che commissionò il dipinto, come indica l’iscrizione parzialmente leggibile posta sul nastro che sormonta la corona del blasone. Il chiaroscuro marcato e la tipologia fisionomica dei personaggi attestano il tentativo dell’autore di avvicinarsi alle opere di Pietro Liberi (Padova 1614 - Venezia 1687), un artista che con la sua ricchissima produzione di soggetti religiosi e con una serie di eleganti scene mitologiche, ha influenzato un’intera generazione di pittori e una schiera di collaboratori e seguaci. La figura di sant’Antonio richiama quella di Liberi della pala dello stesso soggetto che si trova nella chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta di Lentiai (Belluno) che un’iscrizione data al 1662 (Ruggeri 1996b, p. 159, cat. p99). L’autore del dipinto di Sanvincenti ha cercato, specie mediante il trattamento della luce, di creare un’atmosfera calda facendo uso di una materia pittorica sgranata. In un interno si svolge la scena mistica dell’apparizione del Bambino al santo. Una luce abbacinante e un’articolata ghirlanda di testoline di angeli nella centina definisce lo spazio alle spalle del santo. Il mantello svolazzante rosso cremisi del Bambino, che si accartoccia in modo decorativo, costituisce un ulteriore elemento che attesta l’ascendenza dalla pittura veneziana del tardo Seicento. La porzione inferiore del dipinto è scarsamente leggibile a causa del precario stato di conservazione e quindi una valutazione più corretta sarà possibile solo dopo il restauro. 511 La pala di Sanvincenti presenta infatti le caratteristiche del Barocco di Liberi, al quale si assommano i riflessi dello stile più controllato di Pietro da Cortona nelle sue forme derivative in ambito centroitaliano alla metà del XVII secolo. Si tratta di un linguaggio pittorico introdotto a Venezia nell’ultimo quarto del Seicento per esempio da Girolamo Pellegrini (Roma 1624 Venezia ? post 1700). Egli giunse nella città lagunare certamente prima del 1674, quando Marco Boschini pubblicò Le ricche Minere in cui citava le sue numerose opere presenti nella chiese veneziane. Oltre alla lezione cortoniana, tra i contemporanei il modello di Pellegrini è stato proprio Pietro Liberi. Anche Paolo Veronese è costante fonte d’ispirazione di questo artista romano di nascita che diviene uno dei più importanti rappresentanti di quel rinnovamento neoveronesiano che si attua nella pittura veneziana dell’ultimo quarto del XVII secolo (Claut 1986b, pp. 95-107; Massa 1999, pp. 223-227). La pacata monumentalità compositiva, il colorito, la resa morbida delle superfici arrotondate, la tipologia delle figure indicano nella pala di Sanvincenti certa corrispondenza con i modi di Pellegrini. Tali affinità, tuttavia, non sono così pronunciate da giustificare un’attribuzione diretta al pittore romano. In attesa di soluzioni migliori, essa va assegnata a un pittore veneto di notevoli capacità fortemente influenzato soprattutto da Pietro Liberi, che interpreta dal punto di vista formale in modo più costruttivo. Bibliografia: Santangelo 1935, p. 189. VB 512. Sanvincenti, chiesa parrocchiale della Beata Vergine Assunta Pittore veneto, seconda metà XVIII secolo Santissima Trinità e santi olio su tela, 162 x 83 cm collocazione: parete destra del presbiterio La pala centinata era posta su un altare laterale della chiesa di San Rocco, sempre a Sanvincenti. Questa non era la sua collo383 SAN VITALE DI VISIGNANO I santi Fermo, Rustico e Procolo risalente al 1704 (Daniels 1976a, pp. 100-101, cat. 153). Tale motivo viene successivamente ripreso e variato innumerevoli volte dai seguaci e dagli allievi di Ricci e tra questi, con particolare frequenza, anche da Gaspare Diziani (Belluno 1689 - Venezia 1767), maestro che nelle proprie composizioni sacre utilizza l’angelo recante attributi in primo piano, quasi come un moderno “marchio di fabbrica” (cfr. catt. 310, 312). La presenza di tale angelo ha verosimilmente indotto Grgo Gamulin (1986a, p. 27) ad assegnare il dipinto dopo il restauro proprio al catalogo di Gaspare Diziani. Sebbene anche l’autore della pala di Sanvincenti abbia utilizzato motivi desunti dalla pittura di Sebastiano Ricci, la tecnica esecutiva e la qualità più modeste rispetto a quelle delle opere del pittore bellunese non consentono di riferirla al suo inconfondibile linguaggio pittorico. La tipologia dei personaggi, in particolare il profilo di san Nicola dal sontuoso piviale, rimandano piuttosto alle opere di Jacopo Marieschi (Venezia 1711-1794), che potrebbe essere l’autore del modello utilizzato nell’esecuzione del dipinto in oggetto. Tuttavia, la materia pittorica fluida con cui si rendono le ampie superfici delle pieghe, non corrisponde al ductus di Marieschi del quale mancano anche le inconfondibili soluzioni cromatiche. Il colorito in quest’opera estremamente chiaro e pallido, le carenze compositive, la gestualità e le espressioni alquanto schematizzate dei santi indicano che l’autore è un maestro di modeste capacità esecutive. La combinazione degli elementi figurativi e la caratterizzazione pittorica rinviano a un pittore eclettico della seconda metà del XVIII secolo, come per esempio Francesco Maggiotto (Venezia 1738-1805), con cui l’autore della pala di Sanvincenti presenta alcune somiglianze formali e tipologiche. In ogni caso, si tratta di un pittore appartenente a quella generazione di artisti che cercano di adeguare il proprio linguaggio pittorico alle tendenze classicheggianti e accademiche di fine secolo. Bibliografia: Gamulin 1986a, p. 27. VB 513. San Vitale di Visignano - Monteritossa, chiesa cimiteriale di San Vitale Pittore ignoto, metà XVIII secolo Madonna con il Bambino e i santi Vitale e Stefano olio su tela, 141 x 78 cm collocazione: altare maggiore 512 cazione originale, in quanto nella metà del XIX secolo il pittore dignanese Venerio Trevisan ampliò lateralmente la pala per adattarla alla cornice centrale del barocco altare ligneo intagliato. Durante il restauro del 1985, eseguito presso l’Istituto di restauro delle opere d’arte di Zagabria, tali aggiunte sono state rimosse e il dipinto è stato poi collocato nella chiesa parrocchiale di Sanvincenti. L’impianto compositivo è suddiviso in due porzioni, quella terrestre con le massicce figure di un’insolita moltitudine di santi, assiepati nel ristretto spazio di una pavimentazione lastricata, e quella celeste in modo sproporzionato assai più piccola. In quest’ultima si presenta la Santissima Trinità. In basso i santi Nicola da Bari, Vincenzo Ferrer, Giovanni Battista ed Elena sono chiaramente identificati dai loro emblemi, mentre due santi vescovi sono privi di attributi. Nel gruppo sono raffigurati anche due evangelisti, il più giovane dei quali, Giovanni, è inginocchiato sul gradino in primo piano. Accanto a lui è dipinto un vivace angioletto che regge il pastorale di san Nicola e che attira in modo si direbbe confidenziale l’osservatore nello spazio del dipinto. È replica testuale della stessa figura della pala di Sebastiano Ricci per il duomo di Bergamo raffigurante La pala centinata è collocata sull’altare maggiore della chiesa cimiteriale, in passato parrocchiale con il titolo di San Vitale. Il manufatto lapideo con applicazioni decorative in marmo può essere datato alla metà del XVIII secolo. A sinistra è raffigurato san Vitale martire vestito da soldato romano e con la palma del martirio. Ai suoi piedi è dipinto il modello schematizzato di una chiesa che dovrebbe rappresentare San Vitale di Ravenna, di cui il santo è patrono e da cui il suo culto si diffuse nei territori del Patriarcato di Aquileia (Réau 1959, III/III, p. 1334). A destra è raffigurato santo Stefano protomartire con gli attributi del martirio, una pietra che egli regge con la mano destra e un ramo di palma tenuto con la sinistra. Entrambi i santi sono rivolti in adorazione verso la Madonna e il Bambino collocati nella parte superiore sulle nubi e attorniati da cherubini. Sullo sfondo, dietro i santi, è dipinto un semplice paesaggio con la linea dell’orizzonte tenuta bassa. Sulla sinistra, su un alto basamento, è posta in modo scenografico una colonna scanalata. Nonostante la presenza di alcuni brani ridipinti e di pesanti ritocchi, la stilizzazione delle forme che si ora rileva, rimanda 384 SBANDATI olio su tela, 200 x 130 cm ca collocazione: altare maggiore Il dipinto raffigura nella parte superiore la Madonna a mani giunte, genuflessa sulle nuvole sorrette da tre angioletti. Nella porzione inferiore della pala trovano posto i santi Giovanni e Paolo martiri. Tutti e due hanno un aspetto quasi adolescenziale. Entrambi indossano lunghe vesti e reggono le palme del martirio. La pala è collocata su un altare ligneo ad arco trionfale intagliato e dorato, certamente posteriore al 1662, anno in cui venne ricostruita la chiesa (Alisi 197 [1937], p. 209). Il manufatto presenta forme equilibrate con elementi decorativi “standardizzati”, le sculture che lo completano paiono rispondere a moduli gergali. Tali aspetti, unitamente alla pesante ridipintura delle parti lignee, rendono difficile una datazione precisa. A giudicare dalla pala che è verosimilmente coeva all’altare, il complesso va fatto risalire a qualche decennio dopo la ricostruzione della chiesa. Il colorito relativamente rischiarato, la conduzione pittorica a pennellate discontinue, e la relativa eleganza nel modulo delle figure sono caratteristiche specifiche di un’interpretazione periferica delle correnti barocchette veneziane della seconda metà del Seicento. Lo stato di conservazione del dipinto è mediocre. La tela risulta allentata, sono visibili cadute di colore. La vernice ossidata compromette la leggibilità della rappresentazione e rende il colorito privo di profondità. Bibliografia: opera inedita. NKB 513 a un modesto pittore di esperienza tutta periferica. Per la rappresentazione iconografica dei santi egli si è certamente servito di modelli grafici. Lo confermano lo schematismo disegnativo e plastico avvertibile nelle linee di contorno scure, esso è evidente specie sui volti dei santi e in particolare nella resa della muscolatura stilizzata di san Vitale. Va notato tuttavia come la ridipintura che ricopre la superficie pittorica renda ulteriormente semplificate e stilizzate le forme, soprattutto riguardo alle nuvole, allo sfondo celeste e al paesaggio. Inoltre le fisionomie degli angeli sono così deformate da apparire grottesche. Lo stato di conservazione non consente una precisa datazione dell’opera. La sua collocazione cronologica può soltanto essere riferita alla realizzazione, a metà del XVIII secolo, dell’altare su cui è posta, ossia a un periodo di poco posteriore alla costruzione del manufatto. Il dipinto è stato restaurato negli anni ottanta del secolo scorso da Ilonka Hajnal di Pirano. Bibliografia: opera inedita. VB 514. Sbandati, chiesa parrocchiale dei Santi Giovanni e Paolo Pittore ignoto, ultimo quarto XVII secolo (?) Assunzione della Vergine e i santi Giovanni e Paolo martiri 514 385 SEGHETTO - SEGNACCO 516. Segnacco (presso Sovignacco), chiesa di San Nicola Pittore ignoto, terzo quarto XVII secolo (?) Madonna con il Bambino in gloria e i santi Nicola, Cosma e Damiano olio su tela, 180,5 x 108 cm iscrizione: a destra accanto a san Nicola Ren (...) 1909./ Dekleva collocazione: altare maggiore Nella parte superiore della pala è raffigurata la Madonna con il Bambino circondata da una ghirlanda di nuvole. Al centro del dipinto è presentato san Nicola in paramenti vescovili. Davanti a lui sono collocate a terra le tre sfere d’oro. A sinistra e a destra sono posti un poco più in basso del titolare della chiesa, i santi Cosma e Damiano. Indossano un mantello rosso con la cappa di ermellino e reggono la palma del martirio. San Damiano tiene anche un mortaio con due pestelli. La chiesa di San Nicola venne completamente ricostruita nel 1790 (Bartoliæ-Grah 1999, p. 140). L’altare maggiore ligneo e la pala appartenenti al vecchio edificio sacro vennero allora ricollocati nella nuova chiesa. La struttura architettonica e gli elementi decorativi a intaglio corrispondono a una tipologia standardizzata di altare ad arco trionfale, simile a quello di migliore qualità esecutiva della chiesa di San Giorgio di Pinguente (cat. 319) che è databile al terzo quarto del XVII secolo. Sia la pala che le parti lignee dell’altare hanno subito almeno una ridipintura, come attesta del resto la stessa iscrizione accanto a san Nicola. Sebbene l’impianto compositivo sia abbastanza schematico e statico, e la porzione celeste con la Ma- 515 515. Seghetto (presso Umago), Stanzia Seghetto Pittore veneto, seconda metà XVII secolo Santa Lucia olio su tela, 101 x 137 cm collocazione: cappella dell’Assunzione della Vergine Il dipinto che si trova nella cappella della Stanzia Seghetto, nota in passato come Villa De Franceschi, si presenta in precarie condizioni conservative per le ampie lesioni della tela e lo strato di vernice ossidata che ricopre completamente la superficie pittorica. Le figure centrali della composizione tuttavia si riconoscono, mentre lo sfondo è praticamente illeggibile. La giovane ragazza, con abiti all’antica e ornata di gioielli, è colta a mezza figura appoggiata a un basamento lapideo posto in primo piano. Con la mano destra tiene la palma del martirio, alle sue spalle un angelo che fa capolino regge il piatto con gli occhi. Si tratta quindi della raffigurazione di santa Lucia, protomartire di Siracusa attorno al cui martirio e diniego ad abiurare la propria fede sono nate numerose leggende. Una di queste, che compare in più varianti, narra che durante il supplizio le vennero estirpati gli occhi, mentre secondo un’altra versione ella si cavò da sola gli occhi affinché questi non seducessero un giovane che si era innamorato di lei. Dal Medioevo gli occhi nel piatto o nella mano della santa divengono il suo attributo più frequente (Grgiæ, in Leksikon 1979, p. 386; Giorgi 2002, pp. 226-229). Nonostante lo stato di conservazione impedisca un’analisi più dettagliata della forma e della gamma cromatica, si ravvisano nella tipologia delle figure gli influssi del pittore veneziano Pietro Liberi (Padova 1614 - Venezia 1687). L’ovale regolare del volto della santa, gli occhi grandi, le gote rosse, le piccole labbra a forma di cuore e l’alta pettinatura ornata di perle appartengono al tipo di eroina che i seguaci di Liberi imitarono e variarono in innumerevoli composizioni nel corso della seconda metà del Seicento (Ruggeri 1996b, pp. 53-75). La fisionomia dell’angelo dagli occhi chiaroscurati e i capelli chiari e ricci, è altresì prossima ai putti di Pietro Liberi. Anche il carattere sensuale del dipinto dovuto al consueto motivo del seno semiscoperto e del nastro blu che trattiene appena una leggera stoffa bianca, può essere collegato alla stessa cerchia di influenza. Tuttavia il livello esecutivo, e in particolare la resa delle piccole pieghe della veste bianca e del mantello rosso, risulta inferiore rispetto all’abilità di trattamento proprio degli artisti appartenenti alla cerchia di Liberi. Le debolezze di questo ignoto autore sono visibili anche negli scorci maldestri delle mani della santa sproporzionatamente piccole e nella rigidità dei suoi movimenti. In ogni caso solo dopo il restauro sarà possibile dare una valutazione più compiuta delle caratteristiche pittoriche del dipinto. Bibliografia: opera inedita. 516 VB 386 SEMI - SISSANO donna rimandi a soluzioni tipiche del primo quarto del XVII secolo, una certa sommarietà del tratto esecutivo percepibile sotto la ridipintura e i forti contrasti fra le parti rischiarate e in ombra, suggeriscono di posticipare notevolmente la datazione della pala. In essa infatti si colgono appena, e in modo alquanto svigorito, le reminescenze della pittura veneziana della metà del XVII secolo, sembra inoltre che non trapelino in alcun modo altre novità linguistiche. Bibliografia: Peršiæ 1988, p. 208. le chiese fanno parte della stessa parrocchia, quella di Dolegna di Bogliuno (Dolenja Vas). L’impianto compositivo piramidale è dei più semplici e convenzionali e deriva da modelli della pittura italiana più antichi. Nella parte superiore l’autore dispone con abilità le figure sulle nuvole che scendono sopra il paesaggio alle spalle dei due santi. La simmetria risulta accentuata. Cristo e Dio Padre sono in perfetta corrispondenza con i santi genuflessi nella porzione inferiore del dipinto. Il chiaroscuro è forte, la gamma dei colori è limitata e il nero sottolinea le linee di contorno. Le pieghe degli abiti sono eseguite con toni chiari, quasi stinti, apportati con pennellate fluide sul colore base più scuro. Anche se l’impaginazione compositiva presenta una certa correttezza, la tipologia delle figure lega la pala ad alcuni altri dipinti accomunati per lo stesso mediocre linguaggio pittorico. Questi sono l’Assunzione della Vergine di Corridico (cat. 83), il San Pietro d’Alcantara di Dignano (cat. 107), il San Francesco e santi francescani di Pisino (cat. 353) e la Madonna del Carmelo e le anime del purgatorio di Villa di Rovigno (cat. 548). Nei dettagli si riconoscono chiaramente in tutte queste opere i movimenti goffi e la stilizzazione maldestra delle mani, la caratterizzazione delle fisionomie con le palpebre allungate e le rughe d’espressione attorno agli occhi. I volti rozzi, quasi caricaturali, dei santi e degli angeli sono resi mediante le ombre marcate e i contorni neri apportati con tratti pastosi sui toni chiari degli incarnati. Questi dipinti sono dunque opera del medesimo pittore o della stessa bottega locale la cui produzione era destinata a chiese conventuali o a modesti committenti dell’Istria interna. La datazione al 1749 dell’altare con la pala raffigurante la Madonna del Carmelo e le anime del purgatorio di Villa di Rovigno permette di circoscrivere al secondo quarto del XVIII secolo il periodo di realizzazione di tutte le opere citate. Lo stato di conservazione del dipinto è relativamente buono, tuttavia lo scurimento della pellicola pittorica e l’accumulo di polvere rendono difficoltosa la lettura dei dettagli formali. NKB 517. Semi, chiesa di San Lorenzo Pittore locale, secondo quarto XVIII secolo Incoronazione della Vergine e i santi Lorenzo e Giovanni Battista olio su tela, 120 x 80 cm collocazione: parete sopra l’altare maggiore Il dipinto si trova alla parete sopra l’altare maggiore e presenta una cornice dorata rettangolare. Negli angoli superiori risultano evidenti i profili di due campi triangolari non dipinti che indicano come l’opera in precedenza fosse centinata, come si conviene per una collocazione su di un altare a sviluppo architettonico. Non esistono, tuttavia, informazioni sull’aspetto originario dell’altare maggiore della chiesa, né sulle circostanze riguardanti l’acquisizione della pala. È quindi possibile che essa sia giunta in questa chiesa, dotata di modesti arredi, in epoca successiva alla sua realizzazione e che provenga dal fondo dei monasteri paolini soppressi nel 1782, come attesta il caso del dipinto raffigurante la Madonna del Rosario e i sacri misteri nella vicina chiesa di Goregna (cat. 167). Infatti entrambe Bibliografia: opera inedita. VB 518. Sissano, chiesa parrocchiale dei Santi Felice e Fortunato Pittore ignoto, 1650 ca Madonna con il Bambino e i santi Agostino e Monica olio su tela, 175 x 95 cm collocazione: altare laterale destro (?), attualmente presso la canonica di Lisignano La Madonna è seduta su un trono rialzato dalle forme arcaizzanti; indossa un abito rosa scuro e un mantello grigio azzurro, regge il Bambino nudo. Entrambi i personaggi tengono alcune cintole. Nella parte inferiore sono genuflessi i santi Agostino e Monica. Il primo veste i paramenti episcopali, nella mano destra tiene il pastorale e nella sinistra un libro aperto e due cintole di cuoio. Monica è presentata con l’abito nero delle monache agostiniane, anche lei trattiene nella mano destra due cintole di cuoio. Sopra la Vergine si trovano due angioletti che le reggono la corona sul capo. Secondo il racconto agiografico, la Vergine apparve a Monica e a suo figlio Agostino e donò loro cintole di cuoio. Per questo gli appartenenti all’ordine agostiniano le portano in vita sopra il loro abito (Mâle 1932, p. 455; Réau 1958, III/I, p. 150). L’altare su cui molto probabilmente era posta in origine la pala, è quello visitato il 15 giugno 1659 dall’arciprete Horatio Moreschi. Questi era stato incaricato della visita da Francesco Bartiroma, vicario generale del vescovo di Pola. Nel testo si legge: “Visitò l’Altar di Santa Monaca, mantenuto dalla Confraterna d’essa Santa, ch’è molto commoda, e però man- 517 387 SISSANO tiene decentemente esso altare, è aggregata alla Confraterna de Zenturiati. Ordinò che le soaze della tavoletta del Sacro Convivio siano dorate, per accompagnar il rimanente d’esso Altare, et che sia provisto d’un Penello novo per portar in processione” (Kudiš Buriæ-Labus 2003, p. 287). La Confraternita di Sissano dipendeva verosimilmente da quella dei Centuriati di sant’Agostino e santa Monica di Venezia, che aveva sede nella chiesa di Santo Stefano, e precisamente presso il primo altare laterale sinistro che presenta la pala di Leonardo Corona datata al 1590 (Scirè Nepi, in Da Tiziano 1981, pp. 228-229, cat. 87). In base al testo della visita pastorale è da ipotizzare che l’altare di Sissano fosse di legno intagliato e dorato. La chiesa parrocchiale di questo centro istriano venne rinnovata nel 1650 (Alisi 1997 [1937], p. 209; Bartoliæ-Grah 1999, p. 152) e pertanto si può far risalire attorno a tale data la realizzazione dell’altare e della pala. Antonino Santangelo (1935, p. 14) trova il dipinto ancora nella parrocchiale posto su un altare laterale precisamente di destra. Purtroppo non esistono riscontri documentari che possano confermare che si tratti dello stesso manufatto citato dal visitatore nel 1659. Lo studioso ritiene la pala “opera molto mediocre di arte locale” e la data al XVII secolo. L’impianto compositivo del dipinto è arcaico, mentre la tipologia delle figure, la resa pittorica delle superfici, la struttura della pennellata e il colorito, ricordano in larga misura la pittura veneziana del primo quarto del XVII secolo, quando era predominante l’influsso di Jacopo Palma il Giovane. Le forme irrigidite, le carenze nelle proporzioni e un certo schematismo nella rappresentazione della Madonna, del Bambino e degli angeli, consentono di affermare che si tratta dell’opera di un seguace ritardatario di ambito periferico di tale momento della pittura veneziana. La tela presenta numerose piccole lesioni e perforazioni. La superficie pittorica è ricoperta da uno strato di vernice scurita. Il dipinto, inoltre, risulta decurtato su tutti i lati. Bibliografia: Santangelo 1935, p. 14; Kudiš Buriæ 1998, pp. 218-221. NKB 519. Sissano, chiesa parrocchiale dei Santi Felice e Fortunato Pittore ignoto, secondo quarto XVII secolo Adorazione dei Magi olio su tela, 80 x 110 cm collocazione: raccolta della parrocchia, attualmente presso la canonica di Lisignano La Madonna con il Bambino è assisa su un trono di sviluppo architettonico che occupa la porzione destra del dipinto. Al suo fianco è presentato san Giuseppe, che con la mano destra si appoggia al bastone. A sinistra è inginocchiato Melchiorre il più anziano dei magi. Ha la barba e i capelli canuti, indossa un mantello giallo-bruno guarnito da un colletto di ermellino. Il suo turbante sormontato dalla corona è appoggiato al suolo, la pisside contenente il dono si trova sul primo gradino del basamento del trono. Il re tiene il piede del Bambino per baciarlo. Alle sue spalle si vede Gaspare che reca un astuccio rettangolare decorato. Sul capo reca il turbante con la corona, indossa una veste rossa e un mantello verde. Accanto ai Magi sono genuflessi due servitori. A sinistra è raffigurato di profilo Badassarre, ha la pelle scura, è accompagnato da un “moretto” e seguito da un cavallo bianco di cui si vede solo la testa. Anch’egli porta un copricapo di foggia orientale a forma di turbante con la corona. Sotto il mantello giallo si intravede la veste bianca. Lo sfondo della scena è molto scuro e nella parte superiore si percepisce appena la presenza della stella. L’impianto compositivo deriva da modelli veneziani risalenti alla seconda metà del XVI secolo. Questi sono riproposti da un pittore che si attiene infatti agli schemi del tardomanierismo. Egli si caratterizza per un forte viraggio chiaroscurale. Sono aspetti che assommati consentono di datare l’opera al secondo quarto del XVII secolo. Il dipinto è scurito a causa degli accumuli di polvere, tutta la superficie presenta crettature e cadute di colore localizzate. Bibliografia: opera inedita. 518 NKB 519 388 SORICI - TORRE DEL QUIETO 520. Sorici, cappella di Santa Maria Maddalena la Madonna e le sante Lucia, Agata e Fosca (cat. 59), già nella chiesa di Sant’Agata presso Canfanaro, e la Madonna con il Bambino, un santo martire e sant’Apollonia (cat. 200) che si trova nella chiesa della Madonna della Neve di Morisini. Nel 1999 a causa del pessimo stato di conservazione i restauratori dell’Istituto croato di restauro di Zagabria hanno effettuato in situ un primo intervento di tipo conservativo e di consolidamento degli strati di colore e della preparazione. Pittore locale, 1723 Madonna del Rosario e le sante Maria Maddalena ed Eufemia olio su tela, 150 x 120 cm iscrizione: Questa Opera Fece Fare Del proprio/ Zorzi Sorsich q(uo)n(dam) Zuane, et Si[...] Sorsich/ q(uo)n(dam) Frane come Gius Patronato/ Ano Domni 1723: Adi 6 Magio/ I:e M:n P: I: collocazione: altare maggiore Bibliografia: Braliæ 2000, pp. 53-54. La pala, che attualmente presenta il profilo superiore poligonale, è collocata entro una cornice di recente fattura sopra una semplice mensa in pietra. L’impianto compositivo è convenzionale, mentre l’esecuzione pittorica e la tipologia delle figure presentano una semplificazione di tipo gergale. La Madonna con il Bambino siede sulle nuvole i cui volumi stilizzati definiscono la porzione del cielo rischiarato da una luce abbacinante. La Madre e il Bambino reggono il rosario, mentre due simmetrici angioletti in volo incoronano la Vergine e recano le ghirlande per le sante che sono inginocchiate nella porzione sottostante. A sinistra è posta Maria Maddalena con i lunghi capelli sciolti, è in veste bianca e reca il crocifisso. Davanti a lei si trova il vaso per l’unguento. A destra è raffigurata sant’Eufemia con la palma del martirio e il modello della chiesa parrocchiale di Rovigno. Ai suoi piedi sono dipinti due leoni, emblemi del suo martirio. Lo sfondo è costituito da un paesaggio montano slontanato e dai contorni sommari. Il colorito è semplice, fresco e piacevole come le leggiadre espressioni delle sante. I panneggi dei loro abiti sono semplificati. L’iscrizione indica che due membri della famiglia Sorsich, Zorzi e Si[...], avevano il giuspatronato della chiesa medievale di Santa Maria Maddalena, non lontano dalla borgata, e che per essa nel 1723 fecero eseguire a proprie spese la pala. Le ingenue rappresentazioni delle figure femminili, gli scorci maldestri e le proporzioni grossolane attestano che il dipinto è stato commissionato a un pittore di esperienza locale. Nel territorio di Canfanaro sono presenti altre opere simili a questa. Le più affini, per le analogie nella tipologia dei personaggi e nel disegno schematizzato delle pieghe degli abiti, sono VB 521. Torre del Quieto, chiesa parrocchiale di San Martino Pittore ignoto, seconda metà XVII secolo Immacolata consegna lo scapolare a san Simone Stock, santi, membri della Lega Santa e l’arcangelo Michele che libera le anime del purgatorio olio su tela, 276 x 141 cm iscrizione: l’iscrizione lungo il margine inferiore è ridipinta e i contorni delle lettere sono visibili a luce radente collocazione: secondo altare laterale sinistro La pala è collocata su un altare ligneo intagliato e policromo risalente al XVII secolo (Zajec 1994, II, p. 206). Solo dopo il 520 521 389 TORRE DEL QUIETO - TUPLIACCO restauro del dipinto sarà possibile leggere nella sua interezza la lunga iscrizione che si intravede sotto la ridipintura lungo il margine inferiore, in cui si indica il nome del committente e il periodo di costruzione dell’altare. L’opera ripete alla lettera il complesso programma iconografico e la disposizione delle figure della Madonna del Carmine di Domenico Tintoretto che si trova nella collegiata di San Giorgio di Pirano (Craievich, in Istria 1999 [2001], pp. 197-198, cat. 371) e che a sua volta si ispira alla Vergine in gloria, santi e le anime del purgatorio di Pace Pace in Santa Maria dei Carmini di Venezia risalente all’ultimo decennio del XVI secolo (Pandolfo 1996, p. 68). La Madonna, circondata dagli angeli e con gli attributi dell’Immacolata, consegna lo scapolare a san Simone Stock. Assistono al miracoloso evento i membri della Lega Santa, che festeggiano la vittoria di Lepanto del 1571 divisi in due gruppi, da un lato le figure maschili e dall’altro quelle femminili. Nella parte inferiore l’arcangelo Michele salva le anime dalle fiamme del purgatorio indicando la Madonna con lo scapolare, la quale viene venerata anche come Madonna della Vittoria. Il modesto pittore di esperienza periferica, servendosi proba- bilmente di una stampa come modello, ha interpretato l’ideazione di Tintoretto con un linguaggio pittorico schematico e gergale. Le figure sono sgraziate, le movenze e le pose irrigidite, gli abiti presentano toni chiari e i tessuti si aprono in numerose pieghe tubolari. Il disegno accentuato mette in risalto l’imperizia della modellazione, senza per questo sminuire la freschezza e l’immediatezza espressiva di quest’opera destinata alla devozione popolare. Lo stato di conservazione è mediocre, si rilevano numerose cadute di colore e lesioni della tela, ma sembra che oltre all’iscrizione non vi siano altri porzioni ridipinte. Bibliografia: opera inedita. VB 522. Torre del Quieto, chiesa parrocchiale di San Martino Pittore veneto, metà XVIII secolo Madonna con il Bambino e i santi Martino, Apollonia e Agata olio su tela, 216 x 112 cm collocazione: altare maggiore La Madonna con il Bambino, circondata da cherubini dall’espressione vivace, è seduta sulle nuvole nella parte superiore del dipinto, davanti ad un cielo rischiarato da una luce calda. Il Bambino retto dalla Madre è in posizione stante e benedicente. Al di sotto, nella ristretta porzione del terreno, trova posto a sinistra san Martino a cavallo vestito da soldato romano, colto nell’atto di dividere il proprio mantello rosso con il mendicante raffigurato di spalle. A destra, sono assiepate una dietro l’altra le due sante martiri Apollonia e Agata con gli attributi del loro martirio. La prima regge con la mano destra la palma e con la sinistra le tenaglie che trattengono il dente; la seconda tiene con la mano destra il piatto con le mammelle mutilate e con l’altra la palma. Nonostante le precarie condizioni conservative, il dipinto può essere riferito alla pittura veneziana di metà Settecento. La tipologia delle figure presenta affinità con i modi di Angelo Venturini (Venezia 1696/1700 - 1773) che verso il 1751 eseguì gli affreschi del soffitto della chiesa di San Francesco di Parenzo (cfr. cat. 3). In particolare, si impongono le somiglianze tipologiche con il Martirio di santa Dorotea della chiesa di San Simeone Piccolo di Venezia (Dizionario 1976, XI, p. 288, fig. 415). La fisionomia di santa Dorotea della pala veneziana è analoga per modellato ed espressione pietistica, a quella che caratterizza le sante martiri di Torre. Il profilo di sant’Agata è in modo particolare prossimo al quello del ragazzo accanto a santa Dorotea del dipinto veneziano. La resa delle pieghe dei morbidi panneggi presenta affinità con quella che si riscontra nella Madonna del Carmelo, santi e le anime del purgatorio di Albona (cat. 3). I numerosi ritocchi e stuccature, l’accumulo di polvere, lo strato di vernice ossidata e le diffuse cadute di colore non permettono, tuttavia, un’analisi formale più precisa e un’attribuzione certa della pala. Bibliografia: opera inedita. VB 523. Tupliacco, chiesa cimiteriale di Sant’Adriano papa Pittore ignoto, fine XVIII secolo Madonna con il Bambino e sant’Adriano olio su tela, 163 x 101 cm collocazione: altare maggiore L’altare lapideo con applicazioni decorative in marmo entro il quale è posta la pala reca sulla predella un’iscrizione che per- 522 390 TUPLIACCO vanno ascritte anche la Madonna del Carmelo, i santi Francesco di Paola e Antonio di Padova e le anime del purgatorio sull’altare laterale destro (cat. 524) e l’Immacolata Concezione della chiesa parrocchiale di Cherbune (cat. 72). Sebbene il tergo della tela sia protetto da un tavolato, la superficie pittorica e la preparazione presentano notevoli crettature e sollevamenti in parte dovuti all’umidità. La pellicola risulta scurita, ricoperta da un accumulo di polvere e da uno strato di vernice ossidata. Si vedono anche le lesioni causate dall’esposizione all’alta temperatura, dovuta all’incendio che investì la chiesa nel 1972. Si distinguono inoltre vecchie stuccature sulle suture verticali della tela e numerosi ritocchi e ridipinture. Bibliografia: Braliæ 2000, pp. 217-218. VB 524. Tupliacco, chiesa cimiteriale di Sant’Adriano papa Pittore ignoto, fine XVIII secolo Madonna del Carmelo, i santi Francesco di Paola, Antonio da Padova e le anime del purgatorio olio su tela, 171 x 93 cm collocazione: altare laterale destro 523 mette di datare il manufatto al 1753. Le figure sono campite sullo sfondo costituito da masse di nuvole stilizzate che articolano lo spazio celeste. Un santo dalla fisionomia giovanile con il Bambino tra le braccia, è genuflesso al cospetto della Madonna che, seduta un poco più in alto, tiene nella mano sinistra il drappo bianco del Bambino, mentre con l’altra porge la palma. Nonostante che la palma e il Bambino si riferiscano a sant’Adriano martire, la tradizione locale identifica il santo raffigurato in Adriano papa, cui peraltro è intitolata la chiesa. Si tratta della prassi assai frequente in Istria di mescolare le agiografie di santi omonimi (Dragutinac, in Leksikon 1979, p. 249). Nella porzione inferiore, sotto le nuvole, fronde d’albero nascondono parzialmente un paesaggio montano delineato con semplicità in lontananza. L’impianto compositivo segue una linea ascendente a zigzag secondo moduli barocchi, la stilizzazione delle forme è comunque alquanto gergale. Il disegno e gli scorci delle figure risultano maldestri, la loro tipologia presenta affinità con la pittura di ambito centroeuropeo. Il colorito è povero, limitato al contrasto cromatico dei colori primari, i volumi sono resi mediante semplici gradazioni tonali. Tali caratteristiche formali, unitamente al forte patetismo delle figure che si direbbe sdolcinato, indicano che molto probabilmente la pala non è coeva all’altare e che la sua esecuzione dovrebbe piuttosto essere messa in relazione con la ricostruzione della chiesa cimiteriale nel 1796, quando essa prende il posto dell’edificio sacro più antico (Bartoliæ-Grah 1999, p. 159). All’autore di questa pala 524 391 UMAGO La pala è collocata entro una cornice architettonica lapidea con applicazioni decorative in marmo, che il cronogramma celato nelle lettere dell’iscrizione posta sullo zoccolo della mensa data al 1733. A sinistra san Francesco di Paola genuflesso su una nuvola presta soccorso alle anime che si trovano tra le fiamme del purgatorio. Sul lato opposto poco più in alto sant’Antonio da Padova regge tra le braccia il Bambino. Nella parte superiore della pala è assisa la Madonna, che nella mano destra regge la corona del Rosario, mentre con la sinistra tiene un lembo del drappo bianco del Bambino. L’impaginazione è semplice e simmetrica, si nota un poco riuscito tentativo di disporre le figure secondo una linea ascendente a zigzag. Le fisionomie dei personaggi sono grossolane e stereotipate. In questo dipinto sono ancora più evidenti la goffaggine e la sproporzione delle forme gergali dell’ignoto maestro, al quale si deve anche la pala dell’altare maggiore (cat. 523). Lo stato di conservazione è mediocre. La superficie pittorica e la preparazione presentano fenditure e cadute. Il dipinto è ricoperto da uno strato di vernice ossidata ed è parzialmente ridipinto. Bibliografia: Braliæ 2000, pp. 217-218. Cristo è raffigurato con le mani giunte in marcato contrapposto al centro della composizione. È immerso fino alle caviglie nelle acque del Giordano. Ha i fianchi cinti dal perizoma bianco. A destra su una roccia rialzata è presentato san Giovanni Battista che indossa una tunica di pelle d’animale e un mantello rosso. Con la scodella versa l’acqua sul capo di Cristo. Sulla riva opposta sono raffigurati due angeli, uno di loro regge un panno per asciugare il Nazareno. Nella parte superiore della pala Dio Padre circondato da angeli si fa largo tra le nuvole scure, poco più sotto si trova la colomba dello Spirito Santo. La vallata del Giordano è descritta in profondità, a sinistra vi è una quinta arborea. Antonio Alisi (1997 [1937], p. 213) ritiene il dipinto di ambito veneziano, più precisamente palmesco e lo data al XVII secolo. Della stessa opinione è anche Andrea Benedetti (1975, II, p. 138). La pala faceva presumibilmente parte del patrimonio della vecchia parrocchiale di Umago, che nel settembre del 1651 subì gravi danni al tetto e alla facciata a causa di un fortunale (Benedetti 1975, II, p. 135). Al posto della chiesa più antica venne costruito dal 1730 al 1760 un nuovo edificio sacro (Markoviæ 2004, pp. 47-48). Il Battesimo di Cristo di Umago si basa in larga parte sulla stampa di Giovanni Battista d’Angeli, noto anche come Battista del Moro (Verona 1514-1573/1575; Zerner 1979, p. 278). Egli ereditò la bottega del suocero Francesco Torbido e dal 1561 fino alla morte soggiornò a più riprese a Venezia. Si accostò alla cerchia del Veronese, specie a seguito della sua collaborazione con Giovanni Battista Zelotti nella realizzazione degli affreschi di Villa Godi di Lonedo verso il 1565 (Repetto Contaldo 1981, p. 195). La tela istriana è diffusamente ridipinta e allo stato attuale risulta molto difficile rinvenire in essa quali siano le componenti degli influssi palmesco, tizianesco o eventualmente veronesiano. In ogni caso le figure massicce e un poco sgraziate, i loro gesti, i panneggi mossi e articolati da pieghe minute consentono per ora di assegnare l’opera a una fase di passaggio tra XVI e XVII secolo, con preferenza per quest’ultimo termine. Il dipinto, oltre alle citate ridipinture, presenta numerosi danni alla pellicola pittorica lungo il bordo sinistro e inferiore, dove si rilevano le più estese cadute di colore. VB 525. Umago, chiesa parrocchiale della Beata Vergine Assunta Pittore ignoto, fine XVI - inizi XVII secolo Battesimo di Cristo olio su tela, 210 x 133 cm collocazione: primo altare laterale sinistro Bibliografia: Alisi 1997 [1937], p. 213; Benedetti 1975, II, p. 138; Jeleniæ 1997, p. 18; Kudiš Buriæ 1998, pp. 137-138. NKB 526. Umago, chiesa parrocchiale della Beata Vergine Assunta D[omenico] Martinelli (attivo a Umago 1788 ca) Assunzione della Vergine olio su tela, 340 x 170 cm iscrizione: D[OMENIC]US MARTINELLI P./ ANNO MDCCLXXXVIII collocazione: parete del presbiterio, dietro l’altare maggiore L’iscrizione che data la pala dell’Assunzione della Vergine al 1788, indica che l’altare maggiore della chiesa venne completato molto tempo dopo rispetto alla costruzione e alla consacrazione della nuova parrocchiale di Umago. I lavori, infatti, iniziarono nel 1730 e l’edificio venne consacrato, nonostante la facciata non fosse compiuta, nel 1760 dal vescovo Giuseppe Petazzi (Markoviæ 1992, pp. 425-458; Jeleniæ 1997, p. 17). Anche l’iscrizione che si trova nel presbiterio, A. D. MDCCLX, conferma l’anno della consacrazione. L’esecuzione dei dipinti che ornano il nuovo edificio sacro venne affidata a un pittore di ambito periferico del quale finora non sono noti dati d’archivio o biografici. D[omenico] Martinelli è difatti un artista del tutto sconosciuto e trascurato anche dalla critica, mentre gli inventari riguardanti il patrimo- 525 392 UMAGO nio artistico della regione non segnalano altre sue opere. La sua identità è nota soltanto per via della firma apposta su questa pala dell’Assunzione della Vergine, mentre in base alle somiglianze tipologiche e formali va ascritto al suo catalogo anche il ciclo di dodici dipinti con le figurazioni degli Evangelisti, dei Padri della Chiesa, di Santi e delle allegorie della Speranza e della Fede che si trovano sulle pareti della navata (catt. 527-538). Per questo dipinto Martinelli si è servito di una soluzione compositiva consolidata. Gli apostoli gesticolano vivacemente sopra il sepolcro vuoto e assiepano con i propri corpi la porzione inferiore del dipinto, mentre la Vergine in estasi vola sulle nuvole accompagnata da una moltitudine di putti nudi. Per quanto lontano, il modello dell’impianto compositivo e della distribuzione delle figure al suo interno potrebbe essere la trasposizione a stampa della celebre pala dell’Assunzione di Sebastiano Ricci del 1734 che si trova nella Karlskirche di Vienna (Daniels 1976a, pp. 137-138, cat. 526). Nella pala di Martinelli i santi sono posti in modo speculare rispetto a quest’ultimo dipinto. Le corrispondenze nella disposizione e nella postura delle figure non sono del tutto coincidenti e le modeste capacità pittoriche, unitamente alla semplificazione delle forme, inducono a concludere che si tratta soltanto di un influsso mediato. I dettagli disegnativi ed esecutivi rivelano altresì in Martinelli un mediocre maestro. Le fisionomie sono stereotipate e la resa è semplificata; le figure risultano sproporzionate e i loro movimenti goffi. Martinelli ha tentato, seguendo il modello, di collocare gli apostoli a diverse profondità accanto al sepolcro, ma le figure risultano senza rilievo, “incollate” allo sfondo e le pieghe appiattite degli abiti rafforzano tale effetto. Il dipinto si presenta in condizioni di conservazione mediocri con ampie cadute della materia pittorica, in particolare lungo i bordi. Bibliografia: Alisi [1937] 1997, p. 213; Jeleniæ 1997, pp. 17, 24; Braliæ 2000, pp. 205-206. VB 527. - 538. Umago, chiesa parrocchiale della Beata Vergine Assunta D[omenico] Martinelli (attivo a Umago 1788 ca) 527. Fede olio su tela, 70 x 140 cm collocazione: parete della cantoria 528. Speranza olio su tela, 70 x 140 cm collocazione: parete della cantoria 529. San Matteo evangelista olio su tela, 140 x 170 cm collocazione: parete a sinistra dell’arco trionfale 530. San Marco evangelista olio su tela, 170 x 170 cm collocazione: parete a sinistra dell’arco trionfale 531. San Luca evangelista olio su tela, 170 x 170 cm collocazione: parete a destra dell’arco trionfale 532. San Giovanni evangelista olio su tela, 140 x 170 cm collocazione: parete a destra dell’arco trionfale 533. San Paolo olio su tela, 140 x 140 cm collocazione: parete della navata 534. San Pietro olio su tela, 140 x 140 cm collocazione: parete della navata 535. San Gregorio Magno olio su tela, 170 x 140 cm collocazione: parete della navata 536. San Girolamo olio su tela, 170 x 140 cm collocazione: parete della navata 537. Sant’Ambrogio olio su tela, 140 x 140 cm collocazione: parete della navata 538. Sant’Agostino olio su tela, 140 x 140 cm collocazione: parete della navata I dodici dipinti con le raffigurazioni degli Evangelisti, dei Padri della Chiesa, di due Santi apostoli e delle allegorie di due 526 393 UMAGO 527 528 529 530 531 532 394 UMAGO 533 534 Virtù Teologali, la Speranza e la Fede, che si trovano sulle pareti della navata e della cantoria della chiesa parrocchiale di Umago presentano corrispondenze tipologiche e formali che rimandano al pittore D[omenico] Martinelli, che firma la pala dell’altare maggiore datata al 1788 (cat. 526). Pertanto tale iscrizione consente di assegnare l’intero ciclo al 1788 circa. I dipinti sono collocati entro cornici a stucco e sono disposti simmetricamente negli intercolunni tra le lesene della navata. Nella chiesa parrocchiale di Pinguente la disposizione delle opere che ornano e scandiscono le pareti dell’aula unica è identica. Infatti, nel 1781, come documenta il contratto conservatosi, gli abitanti di Pinguente commissionarono, a Filippo Dongetti da Pirano, già costruttore della parrocchiale di Umago, la realizzazione della loro nuova chiesa uguale a quella della città co- stiera (Markoviæ 1992, p. 436). I dipinti pinguentini sono però di epoca successiva. Sulle pareti ai lati dell’arco trionfale della parrocchiale di Umago si trovano i quattro dipinti raffiguranti gli Evangelisti: a sinistra in alto San Matteo evangelista e sotto San Marco evangelista; a destra San Giovanni evangelista sopra e San Luca evangelista sotto. Retrocedendo verso il fondo della chiesa, sono collocate una di fronte all’altra le rappresentazioni dei primi tra gli apostoli: San Paolo a sinistra e San Pietro a destra; a seguire si trovano i dipinti con i quattro Padri della Chiesa: Sant’Ambrogio, San Gregorio Magno, Sant’Agostino e San Girolamo, anche questi disposti simmetricamente a coppie negli intercolunni. Il ciclo si completa con le raffigurazioni della Speranza e della Fede che trovano posto nella cantoria. I 535 536 395 UMAGO 537 538 dipinti collocati negli intercolunni ai lati dell’arco trionfale e nella cantoria assecondano l’andamento concavo delle pareti. Tutte le opere presentano uno stato conservativo precario. Sono annerite dagli accumuli di polvere e dalla vernice ossidata che ne rendono difficoltosa la lettura. Numerose sono le cadute di colore e le ampie zone di ritocchi scuriti, conseguenza di precedenti restauri. Rispetto al complesso e tuttavia maldestro e poco convincente impianto compositivo dell’Assunzione della Vergine (cat. 526), Martinelli riesce certamente meglio nell’impaginare in modo semplificato le figure dei santi poste al centro davanti ampi paesaggi stilizzati e il cielo rischiarato sullo sfondo. Le massicce figure con i loro attributi sono sedute oppure stanti al centro del dipinto, leggermente volte di tre quarti. Si riconosce lo stile di Martinelli nell’esecuzione delle fisionomie, nella stilizzazione dei riccioli delle capigliature e delle barbe, nelle pieghe piatte e tubolari degli abiti, nella rigidità e goffaggine dei movimenti e negli errori di scorcio. Per motivi analoghi, oltre a questo ciclo può essere ascritto al catalogo di Martinelli anche il riquadro ligneo centrale del soffitto della chiesa di San Rocco sempre a Umago (Alisi [1937] 1997, p. 214). Sebbene il suo stato di conservazione sia precario e abbia subito alcuni grossolani restauri, le caratteristiche del san Rocco che vi è raffigurato e del paesaggio silvestre sono inconfondibili. I dipinti di Umago definiscono Martinelli come un pittore di scarsa cultura artistica, veramente più un pittore “rustico” che non veneto. Le sue imperizie nel modellato e negli scorci non sono accompagnate come si vede nelle opere di Francesco Travi attivo nel Buiese nello stesso periodo, da un colorito piacevole e da una carica espressiva conforme al gusto popolare. Le composizioni sacre di Martinelli sono convenzionali, stereotipate, il colorito sbiadito e inespressivo. Le figure dei santi sono appiattite e poco credibili, lo spazio circostante è senza vita, anche se i paesaggi sono dipinti con una profusione di dettagli. Oltre alla superficiale adesione all’aspirazione classicista e accademica di compostezza e armonia, i dipinti manifestano una carenza e un declino inventivo, perdendo il legame diretto con la tradizione pittorica del Settecento veneziano alla fine del secolo. 539. Umago, chiesa parrocchiale della Beata Vergine Assunta Pittore ignoto, secondo quarto - metà XVII secolo Dio Padre olio su tavola, 97 x 198 cm collocazione: sagrestia Antonino Santangelo (1935, p. 191) nota questa lunetta che rappresenta Dio Padre con le braccia allargate attorniato da quattro cherubini e la definisce “arte veneziana della seconda metà del sec. XVI”. Si tratta della cimasa di un altare ligneo perduto, oppure, a giudicare dall’altezza, della parte superiore di una pala. Anche questa, come altre opere che si conservano nella parrocchiale di Umago, faceva parte del patrimonio del vecchio edificio parzialmente distrutto dal fortunale che colpì la cittadina nel 1651 (Benedetti 1975, II, p. 135). Nel dipinto si rileva una conduzione pittorica piuttosto ammorbidita, il panneggio mosso presenta tuttavia pieghe pesanti. Il colorito caldo è arricchito da sottili lumeggiature sui bordi delle nuvole. Tali caratteristiche, unitamente alla tipologia dei cherubini che si può percepire sotto la parziale ridipintura, consentono di definire l’autore - come Giacomo Alugaro la cui unica opera nota si trova nella stessa chiesa (cat. 541) - un ritardatario seguace della pittura tardomanierista veneziana. La lunetta è parzialmente ridipinta, la superficie pittorica presenta localizzate cadute di colore. Bibliografia: Santangelo 1935, p. 191. NKB 540. Umago, chiesa parrocchiale della Beata Vergine Assunta Maffeo Verona (Verona 1576 ca - Venezia 1618), modi Cristo risorto olio su tavola, 33 x 16 cm collocazione: raccolta della parrocchia La figura di Cristo stante su un basamento lapideo, verosimilmente la lastra sepolcrale (Mâle 1932, pp. 292-294), spicca sullo sfondo scuro ed è rischiarata da una calda luce direzionata da sinistra. È presentato in contrapposto con il capo reclinato leggermente verso sinistra, il perizoma bianco copre appena i suoi fianchi. Regge con la mano sinistra la croce di legno e mostra la piaga della mano destra aprendo il palmo. La gamma Bibliografia: Alisi [1937] 1997, p. 213; Jeleniæ 1997, p. 22; Braliæ 2000, pp. 206-208. VB 396 UMAGO 539 cromatica è limitata, e si riduce ai toni caldi dell’incarnato, del bruno dello sfondo e del grigio scuro del basamento lapideo. Antonino Santangelo (1935, p. 191) trova il dipinto nella sagrestia della parrocchiale e osserva che si tratta della portella di un tabernacolo. Tale ipotesi, oltre che dal piccolo formato, viene avvalorata dal soggetto iconografico legato all’Eucaristia (Réau 1957, II/II, pp. 539-550). Lo studioso prosegue rilevando che il corpo di Cristo è “accuratamente modellato” e che “tutta la fattura è fine”, conclude trattarsi di “opera di un buon manierista veneziano della metà circa del Cinquecento”. Antonio Alisi (1997 [1937], p. 214) riferisce che secondo la tradizione locale la portella del tabernacolo proviene dall’altare del Santissimo Sacramento, di pertinenza dell’omonima Confraternita fondata nel 1555 (Fumis 1920, p. 94; Benedetti 1975, II, p. 167), e che la popolazione di Umago la ritiene opera di Tiziano. Andrea Benedetti (1975, II, p. 138) assegna la tavola a Jacopo Palma il Giovane. Il Cristo risorto mostra invece alcune analogie con il catalogo di Maffeo Verona, come ha gentilmente suggerito Giorgio Fossaluzza. La specifica tipologia del Cristo, l’armoniosa plasticità del suo corpo o il vaporoso panneggio arricchito da lumeggiature, il chiaroscuro di spirito tintorettesco, collegano il dipinto umaghese ai modi di questo pittore tardomanierista formatosi nella bottega di Alvise del Friso (Verona 1544 - Venezia 1609) e che pertanto all’inizio delle carriera risente fortemente dell’influsso veronesiano (Fossaluzza 1993, pp. 39-48; Francescutti 2001b, II, p. 887; Francescutti 2001a, pp. 117-141). Si tratta di un’opera che, ipoteticamente avvicinata al catalogo di Verona, si segnala per la sua ragguardevole qualità, per la fattura raffinata, per il valente studio anatomico e l’abile resa degli effetti chiaroscurali. Giorgio Fossaluzza (1993, p. 42) evidenzia nei dipinti di Maffeo Verona eseguiti verso il 1610 circa che si trovano presso l’Oratorio della Casa secolare delle Zitelle di Udine (Francescutti 2001a, pp. 122-123), per le “ricercatezze stilistiche un poco sofisticate e sottilmente decorative (...) il cromatismo che si fa più effusivo”, l’intenso chiaroscuro e la “stesura cromatica direttamente tintorettiana o palmesca”. Pur tenendo conto della difformità di formato, nella portella di Umago si scorge prima di ogni altro l’influsso della pittura di Jacopo Tintoretto, come nella pala di Maffeo Verona raffigurante Cristo che incorona santa Caterina di Siena della serie di dipinti delle Zitelle di Udine. Le due opere infatti presenta- 540 397 UMAGO 542. Umago, chiesa parrocchiale della Beata Vergine Assunta no analogie cromatiche, di trattamento della luce, ma anche di naturalismo tardomanierista, che qui si discosta da quello di ambito propriamente veronesiano. La piccola tavola qui illustrata, se davvero si tratta di un’opera di Maffeo Verona, va di poco posticipata rispetto al ciclo udinese, in quanto in essa si osservano un certo ammorbidimento e una tendenza ad arrotondare le forme che palesano cenni di stilizzazione, come si può riscontrare nella coperta feriale della pala d’oro della Basilica di San Marco raffigurante Cristo in cattedra tra gli apostoli risalente al 1614 (Fossaluzza 1993, p. 45). Lo stato di conservazione del dipinto è relativamente buono, sono visibili soltanto piccoli danni della superficie che risulta scurita a causa dell’accumulo di polvere. Pittore veneto, copia da Jacopo Bassano, 1744 Discesa dello Spirito Santo olio su tela, 220 x 125 cm iscrizione: M. D. V. F. 1744 collocazione: raccolta della parrocchia La pala è datata 1744 ed è firmata con le iniziali M. D. V. F., tuttavia l’identità del suo autore non è nota. Antonino Santangelo (1935, p. 191) osserva che “sebbene il pittore si dichiari veneto, l’opera è tanto scadente che non mette conto risolvere le abbreviature”. Secondo Antonio Alisi (1997 [1937], p. 214) le iniziali “si riferiscono al committente, che era un de Franceschi nobile di Seghetto”. È escluso che si tratti di quel D[omenico] Martinelli, che alla fine del XVIII secolo realizzò numerose opere per la nuova chiesa parrocchiale di Umago (catt. 526-538), sia per le differenze stilistiche, sia perché l’accertata collocazione cronologica del dipinto in oggetto è notevolmente anteriore. Il testo evangelico della Pentecoste viene illustrato con un impianto compositivo simmetrico di tipo tradizionale. Gli apostoli dalla mimica e dai movimenti dinamici formano un cerchio attorno alla Madonna che è assisa su un basamento rialzato al centro del dipinto. La luce dello Spirito Santo si espande a Bibliografia: Santangelo 1935, p. 191; Benedetti 1975, II, p. 136; Alisi 1997 [1937], p. 214; Jeleniæ 1997, pp. 24-26. NKB 541. Umago, chiesa parrocchiale della Beata Vergine Assunta Giacomo Alugaro (documentato dal 1628 al 1650) Madonna del Rosario e i santi Domenico e Caterina da Siena olio su tela, 262 x 133,3 cm iscrizione: JO: ALIGARIUS PINGEBAT 1650 collocazione: raccolta della parrocchia Il dipinto proviene verosimilmente da uno degli altari della vecchia chiesa parrocchiale demolita per far posto alla nuova, la cui costruzione ebbe luogo dal 1730 al 1757. Essa venne poi consacrata nel 1760 (Markoviæ 1992, p. 435; Bartoliæ-Grah 1999, p. 159). Antonino Santangelo (1935, p. 192) segnala l’opera nel proprio Inventario. Egli scorge in basso lo stemma, la data 1650 e la firma che definisce “falsa (...) ricalcata sull’antica” e conclude che si tratta di un’opera “molto debole”. Tuttavia, l’iscrizione non è contraffatta, ma solamente ridipinta. Essa riporta il nome di Giacomo Alugaro che compare nella Fraglia veneziana dei pittori dal 1628 al 1641, e che il 16 settembre 1640 paga alla Milizia del Mar una tassa di 3,12 ducati (Favaro 1975, pp. 148, 166). La pala, solo parzialmente ridipinta, presenta Alugaro come un mediocre esponente ritardatario della pittura veneziana tardomanierista. Le proporzioni delle figure sono incoerenti, le gestualità sono goffe, il colorito si limita alle sfumature dei bruni e dei gialli, con solo qualche accento di colore più intenso nelle scene dei Misteri del Rosario. Queste sono insolitamente poste lungo i margini laterali e inferiore del dipinto. I loro contorni non sono marcati. Lo stemma posto sotto la figura di santa Caterina presenta uno scudo con raffigurato un leone rampante nero rivolto verso sinistra su campo chiaro. Probabilmente si tratta del blasone della famiglia Longo che compare in due versioni: il leone nero sullo scudo d’argento può essere raffigurato con una fascia orizzontale blu oppure senza. Tale famiglia faceva parte della nobiltà veneziana dal 1381. Nel 1648 e 1649 Gianfrancesco Longo ricopriva a Umago la carica di podestà. Siccome ai podestà era proibito durante i loro mandati commissionare ed esporre qualsiasi insegna della propria famiglia, eccetto uno stemma nella propria residenza, su cui potevano essere scritti solo il nome e cognome (Cigui 1994, p. 275; Radossi 2003, pp. 254-255), si può presupporre che soltanto alla fine del suo mandato, o subito dopo, Gianfrancesco Longo abbia potuto far erigere o rinnovare l’altare della Madonna del Rosario della parrocchiale di Umago. Bibliografia: Santangelo 1935, p. 192. NKB 541 398 VALLE raggiera dalla colomba posta sull’asse centrale e scende in forma di piccole lingue di fuoco sugli apostoli. Sulle nuvole della parte superiore, pure sull’asse centrale, si trova Dio Padre a braccia aperte circondato da piccoli angeli in movimento. Sullo sfondo del cielo abbacinante, lungo la centina, si intravedono i contorni di cherubini rischiarati da una luce calda. L’impianto compositivo della porzione inferiore del dipinto è ispirato dalla pala di Jacopo Bassano (Bassano del Grappa 1510 ca - 1592) risalente al 1550 circa, che fino al XIX secolo si trovava sull’altare dello Spirito Santo nella chiesa di San Francesco di Bassano e che si conserva attualmente presso il locale Museo Civico (Marini, in Jacopo Bassano 1992, pp. 290-291, cat. 119). La versione di Umago è speculare rispetto all’originale, il che indica che è stata utilizzata come modello una stampa. Tuttavia, rispetto alla pala di Bassano e alle incisioni conosciute che la riproducono, come quella di Crestano Menarolo del 1678 circa (Jacopo Bassano e l’incisione 1992, pp. 100101, cat. 90) e quella di Isabella Piccini (firmata Suor Isabella P.F. della collezione della cattedrale di Curzola), il dipinto di Umago evidenzia un’involuzione e una semplificazione tipiche della pittura periferica. Il suo autore ha concentrato l’impianto compositivo del Bassano al fine di accentuare la disposizione simmetrica degli apostoli. Ha collocato la Madonna a mani giunte in posizione frontale e alle sue spalle ha dipinto una nicchia priva di credibile profondità al posto delle colonne con gli alti basamenti poste in modo asimmetrico nel modello. Nella porzione superiore ha aggiunto la figura di Dio Padre attorniato da cherubini. Ha anche sostituito l’apostolo con le mani giunte con uno che regge un libro, inoltre ha modificato la posizione di uno degli apostoli nella parte sinistra verso il margine del dipinto. Gli attributi posti in primo piano sono troppo grandi rispetto alle figure, lo spazio pavimentale è sproporzionato rispetto alla profondità della composizione. Il disegno maldestro delle figure, i loro movimenti e scorci, la semplificazione dei panneggi conferiscono al dipinto un carattere del tutto gergale. La limitata gamma cromatica non presenta legami con il trattamento del colore e della luce di Jacopo Bassano, la cui composizione come osservato è del resto nota all’autore della pala solo tramite una delle sue numerose trasposizioni incisorie. La caratteristica tipologia delle fisionomie dei santi, realizzate in base a un unico modello ed evidenziate dai contorni neri, il disegno e le modalità esecutive dei panneggi consentono di attribuire all’autore di questa pala anche il Transito di san Giuseppe e il Transito della Madonna della chiesa della Beata Vergine del Carmelo di Cittanova (catt. 76-77). Lo stato di conservazione del dipinto è mediocre con numerose cadute di colore e un ingiallimento dovuto all’ossidazione delle vecchie vernici. Bibliografia: Santangelo 1935, p. 191; Alisi 1997 [1937], p. 214; Jeleniæ 1997, pp. 24, 49. VB 543. Valle, chiesa parrocchiale della Visitazione della Beata Vergine Maria Matteo Ponzone (Venezia 1583 - post 1663) Visitazione di Maria Vergine e santi olio su tela, 450 x 200 cm ca collocazione: parete del presbiterio dietro l’altare maggiore Maria ed Elisabetta si abbracciano al centro della scena. Assistono a questo momento Giuseppe e Zaccaria. In primo piano, nella parte inferiore, sono inginocchiati sant’Andrea e il beato Giuliano da Valle. Dio Padre con l’aureola triangolare, colto con le braccia allargate, appare in cielo sullo sfondo costituito da nubi. Antonino Santangelo (1935, p. 194) trova la pala già in cattive condizioni di conservazione e la definisce “opera della fine del secolo XVI con caratteri veneti di provincia”. Più di recente Radoslav Tomiæ (1990b, pp. 133-136) attribuisce in modo convincente il dipinto a Matteo Ponzone e in particolare lo colloca nella sua fase giovanile, datandolo infatti al terzo decennio del XVII secolo. Oltre a questa di Valle sono documentate altre due rappresentazione della Visitazione di Maria Vergine di Ponzone, una si trova nella chiesa della Santissima Trinità di Chioggia, mentre quella della chiesa veneziana di San Marcuola è andata perduta (Prijatelj 1970, pp. 55, 61). L’importanza della pala di Valle trascende il fatto che si tratti della prima opera di Ponzone pubblicata in Istria. Si tratta di un dipinto relativamente giovanile e per tale motivo contribuisce a far chiarezza sugli inizi poco noti dell’artista. Tra l’altro solo recentemente è stato assodato che Ponzone è nato a Venezia nel 1583 in base all’atto di battesimo del 3 novembre scoperto nei registri della chiesa di San Moisè. Quando nel 1627 egli testimoniò in occasione dell’ordinazione sacerdotale di Francesco Peranda, dichiarò di essere stato allievo del padre di questi, Sante (Moretti 1986, p. 224). Boschini riporta che Ponzone fu allievo di Palma il Giovane (Procacci-Procacci 1965, p. 100), mentre la sua collaborazione giovanile con Peranda a Mirandola e a Modena risale al biennio 1609-1611. Dal 1613 al 1633 compare nella Fraglia veneziana dei pittori (Pallucchini 1981, p. 86). L’attuale letteratura critica sul pittore generalmente accetta la proposta di Rodolfo Pallucchini (1981, p. 86), secondo cui la 542 399 VALLE 543 400 VALLE prima opera nota conservatasi di Ponzone è il San Giorgio che uccide il drago tra san Gerolamo e san Clemente della chiesa veneziana della Madonna dell’Orto, fatta risalire alla metà del secondo decennio del XVII secolo. Recentemente è stato proposto di anticipare tale datazione verso l’inizio del secolo (Tomiæ 1994b, pp. 78-79). A questo periodo giovanile di Ponzone vanno assegnate anche due opere che si trovano nel duomo di Cividale, la Madonna con il Bambino e i santi Giovanni evangelista, Nicolò e Zeno del 1617, e Le sante Caterina, Veronica, Dorotea, Elisabetta d’Ungheria e Agata. È da supporre che proprio il citato dipinto della chiesa della Madonna dell’Orto sia servito a Tomiæ come base per l’attribuzione della pala di Valle, in quanto le due opere evidenziano tutta una serie di somiglianze e analogie. Quasi identico è il Dio Padre, affini sono le peculiari fisionomie delicate dei personaggi. Inoltre si rileva una contiguità fra queste opere, soprattutto nel tipico accordo cromatico che si basa sull’alternanza ritmica dei colori chiari dei panneggi (rosso, azzurro, giallo ambrato, malva e ocra) sui teneri verdi e azzurri dello sfondo. È tuttavia importante sottolineare che le figure e i panneggi della pala di Valle sono più dinamici e di carattere spiccatamente palmesco, per cui dominano con maggiore scioltezza l’impianto compositivo, mentre nel dipinto della Madonna dell’Orto i personaggi risultano pacati e colti in movimenti un poco meccanici. In entrambe le opere si osserva un discreto influsso esercitato da Palma il Giovane, ma filtrato attraverso lo stile personale, dalle cromie velate e soffuse, di Sante Peranda. La vicinanza di esito con la pittura del secolo precedente ha indotto Kruno Prijatelj (1970, pp. 33, 34) a valutare il dipinto della chiesa della Madonna dell’Orto quale opera priva di espressione personale e caratterizzata da imperizie. Di segno completamente opposto è il giudizio di Tomiæ (1990b, p. 135) che, analizzando la pala di Valle, sottolinea come quel periodo giovanile sia il più felice nella produzione di Matteo Ponzone, in quanto esprime la sua “originale e innata vitalità artistica”. Per quanto riguarda la datazione al terzo decennio del XVII secolo proposta per la Visitazione di Valle, va sottolineato che essa per la stesura pittorica, il colorito e l’impaginato relativamente composto, in cui si muovono figure di statura contenuta, è comunque più prossima al San Giorgio che uccide il drago tra san Gerolamo e san Clemente, che non alle pale di Cividale o all’Adorazione dei Magi di Treviso del 1629. In queste ultime si registra un avanzamento verso la tipica conduzione pittorica ricca e lasciata come in forma di macchia che modella i morbidi panneggi e le imponenti figure pateticamente ispirate e composte molto liberamente. La datazione della Visitazione dovrebbe pertanto essere anticipata all’inizio degli anni venti del Seicento. Tale soluzione riceve maggiore forza se si accetta l’ipotesi sopra citata che il dipinto della Madonna dell’Orto possa essere stato realizzato prima della metà del decennio precedente. L’opera si presenta in condizioni di conservazione mediocri. La tela è allentata e lacerata lungo i bordi, la superficie è ricoperta da una patina polverosa e da uno strato di vernice ossidata. gli unguenti (Réau 1957, II/II, p. 518). Il suo corpo martoriato viene deposto al suolo in posizione semidistesa, in quanto Giuseppe d’Arimatea, nella tradizionale raffigurazione senile con la lunga barba bianca, lo sostiene dalla parte delle spalle con l’aiuto di un lenzuolo bianco. A destra, ai piedi di Cristo, è inginocchiata la Madonna e si rivolge al Figlio con le braccia allargate, accanto a lei è raffigurata in piedi Maria Maddalena. Sullo sfondo si intravede la parte inferiore della croce cui è appoggiata la scala, da questa scende uno degli uomini che hanno partecipato alla deposizione. La scena è rischiarata dalla luce fievole di una candela. Si tratta di una copia di dimensioni ridotte della Deposizione dalla croce di Jacopo Bassano (1510 ca - 1592) che si trova al Louvre di Parigi e che Rodolfo Pallucchini (1959-1960, p. 58) fa risalire al periodo tardo, verso il 1580. A Lisbona è conservata un’altra redazione di tale soggetto che la critica quasi all’unisono attribuisce a Jacopo e che Pallucchini (1957, p. 116) ritiene essere il modello del dipinto parigino. Una redazione conservata all’Ermitage viene altresì considerata opera di Bassano risalente allo stesso periodo. Tuttavia, si differenzia per il diverso dislocamento e postura delle pie donne a destra e per il formato verticale (Fomiciova 1981, p. 82). Esistono altre varianti di questo soggetto, quali il dipinto della Trafalgar Galleries o quello della collezione Lansdowne di Londra, che sono oggetto di pareri discordanti per quanto riguarda l’effettivo contributo di Jacopo (Berdini 1999, pp. 95-96; Jacopo Bassano 1957, pp. 174-175, cat. 70). Le copie e le repliche di bottega sono ancora più numerose (Fomichova 1992, pp. 48-49, cat. 18), per non parlare delle stampe, tra le quali figura quella di Francesco Rosaspina (1762-1841) che riproduce fedelmente proprio la redazione del Louvre (Jacopo Bassano e l’incisione 1992, pp. 58-59, 149-150, 157-158, 168, catt. 41, 147, 156, 172). L’autore della copia di Valle ha omesso una delle figure femminili sul lato destro e il vaso per gli unguenti posto tra Cristo e la Madonna. L’inquadratura è compressa e ravvicinata, la parte superiore della croce e della scala sono troncate, mentre il formato è leggermente ridotto lungo i margini sinistro e inferiore. A confronto con il dipinto del Bassano del Louvre, il modellato delle figure appare qui maldestro e grossolano con deformazioni quasi caricaturali delle fisionomie e senza il caratteristico scintillio della materia pittorica propria degli effetti dell’illuminazione notturna. Tuttavia, l’ignoto autore replica testualmente i rapporti cromatici del dipinto parigino: il mantello rosso sull’abito verde di Giuseppe d’Arimatea, il copricapo rosso e bianco del suo aiutante o l’abito viola di Maria Maddalena con il rosso-violetto più intenso del suo mantello. Ne consegue che l’autore del dipinto di Valle non si è servito di una stampa, ma ha copiato direttamente una delle numerose redazioni della bottega di Bassano di questo popolare soggetto sacro. Solo dopo il Bibliografia: Santangelo 1935, p. 194; Tomiæ 1990b, pp. 133-135; Kudiš Buriæ 2003, pp. 120-123. NKB 544. Valle, chiesa parrocchiale della Visitazione della Beata Vergine Maria Pittore ignoto, copia da Jacopo Bassano, XVII secolo Deposizione dalla croce olio su tela, 91 x 113 cm collocazione: raccolta della parrocchia Il dipinto rappresenta il momento immediatamente successivo alla discesa dalla croce, prima che Cristo venga cosparso con 544 401 VALLE restauro sarà possibile stabilire se il dipinto in oggetto è legato alla tarda produzione della bottega o se è stato realizzato in epoca successiva. Le forme semplificate e grossolane sono in parte conseguenza di successivi interventi. Il cattivo stato di conservazione, lo scurimento dovuto ai sedimenti polverosi e alla vernice ossidata impediscono al momento di determinare con certezza in che misura la ridipintura abbia alterato la stesura pittorica originaria. Bibliografia: opera inedita. gandolo orizzontalmente e trovando così lo spazio sulla destra per la quinta rocciosa e sulla sinistra per il paesaggio slontanato e rischiarato all’orizzonte dalle prime luci rosate dell’aurora. Le figure sono eseguite molto abilmente, con tratti fluidi e pastosi e la resa dei volumi è prevalentemente chiaroscurale. Ponendo l’accento sulla dimensione patetico-sentimentale della scena e cogliendo le figure in posizioni leziose, l’autore del dipinto di Valle ha trasformato il dramma intimo di Cristo in una scena di carattere illustrativo e dalle inflessioni accademizzanti. Questo discostarsi nell’interpretazione dal modello permette di collocare l’opera alla fine del XVII o all’inizio del XVIII secolo. Lo stato di abbandono in cui versa il dipinto, lo scurimento della superficie pittorica, per cui i dettagli risultano praticamente illeggibili, impediscono un’analisi più compiuta dello stile e quindi un accostamento preciso del suo autore a una scuola regionale o a un ambito d’influenza. VB 545. Valle, chiesa parrocchiale della Visitazione della Beata Vergine Maria Pittore ignoto, copia da Annibale Carracci, fine XVII - inizi XVIII secolo Preghiera nell’orto olio su tela, 72 x 99 cm collocazione: raccolta della parrocchia Bibliografia: opera inedita. Cristo è genuflesso al cospetto di un angelo in volo. La scena notturna si svolge in un paesaggio caratterizzato da alture rocciose. La luce illumina intensamente solo Cristo e la porzione celeste in cui compare l’angelo, cogliendo la mimica eloquente delle due figure. Secondo i Vangeli (Mt 26, 36-46; Mc 14, 3242; Lc 22, 39-46) dopo la cena della vigilia pasquale Cristo si recò a pregare sul Monte degli Ulivi nel podere chiamato Getsemani. Secondo Matteo e Marco prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni. Questi si addormentarono, mentre egli angosciato per l’imminente supplizio e morte sulla croce, “inginocchiatosi, pregava: ‘Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà!’ Gli apparve allora un angelo dal cielo a confortarlo” (Lc 22, 41-43). Per rappresentare il soggetto del Monte degli Ulivi l’autore si è basato sul testo di Luca, secondo cui Cristo si ritirò in preghiera senza apostoli. Manca il calice solitamente retto dall’angelo, e la scena è concentrata sulla preghiera di Cristo che accetta il proprio destino. L’impianto compositivo è copiato dal dipinto dello stesso soggetto di Annibale Carracci (Bologna 1560 Roma 1609) datato al 1596-1597 che fa parte della Collezione Reale di Hampton Court di Londra (Malafarina 1976, p. 108, cat. 89). Esso apparteneva alla collezione di Carlo I quando Lucas Vosterman, durante il suo soggiorno inglese tra il 1624 e il 1630, eseguì la traduzione incisoria (Levey 1964, p. 72, cat. 434, tav. 4, fig. 15). La copia di Valle è speculare rispetto al dipinto di Carracci, e ciò conferma l’uso di una stampa come modello. Inoltre, l’ignoto autore ha modificato il formato originario verticale, allun- VB 546. Valle, chiesa di Sant’Antonio abate Pittore popolare, prima metà XVIII secolo (?) Trasfigurazione olio su tavola, 182 x 101 cm collocazione: altare laterale destro 545 546 402 VILLA DI ROVIGNO La pala centinata è collocata su un altare ligneo policromo. L’ignoto pittore popolare ha illustrato il testo dei Vangeli sinottici (Mt 17, 1-13; Mc 9, 1-13; Lc 9, 28-36), semplificando la rappresentazione pittorica e riducendola all’essenziale. Cristo, da cui si irradia la luce divina, risalta per le vesti candide e il mantello svolazzante sullo sfondo rischiarato e si libra circondato da una ghirlanda di nuvole stilizzate. Ai lati sono sollevati da terra i due profeti Mosè ed Elia, in posizione adorante e con le braccia incrociate sul petto. Nella porzione inferiore è dipinto in modo molto schematico il monte Tabor, dove Cristo aveva condotto i suoi discepoli Pietro, Giacomo e Giovanni qui accovacciati a terra. La mimica e le espressioni dei loro volti esprimono sbigottimento per il miracoloso avvenimento di cui sono testimoni, quello a destra sembra alzare la mano per schermarsi dal bagliore accecante. Una rozza ridipintura ha esasperato la caratteristica semplificazione delle forme. I volti e le pieghe dei panneggi rivelano una conduzione pittorica originaria più abile e immediata nella resa dei dettagli, in cui predomina il segno di contorno nero. Il colorito è essenziale e limitato ai contrasti tra i colori primari. Bibliografia: opera inedita. rinfranco degli archi, ne posticipano notevolmente la datazione rispetto alle parti dipinte. L’ubicazione originaria del trittico è sconosciuta, ma va ricordato che a nord di Valle si trova la chiesetta di San Nicola, oggi ridotta in rovine. Ciò che si può vedere o percepire dell’aspetto originale rimanda a un pittore ritardatario che ripete in modo irrigidito e poco armonioso schemi propri del Cinquecento avanzato. Tutto il trittico è stato ridipinto e la materia pittorica presenta localmente considerevoli danni. Infatti, nello scomparto con san Nicola (?) in alcuni punti essa manca del tutto. La lettura dell’opera è resa difficoltosa, oltre che dalla ridipintura, anche dalla vernice ossidatasi a causa dell’umidità. Bibliografia: opera inedita. NKB 548. Villa di Rovigno, chiesa parrocchiale di Sant’Antonio abate Pittore locale, secondo quarto XVIII secolo Madonna del Carmelo e le anime del purgatorio olio su tela, 132 x 82 cm collocazione: altare laterale destro VB La pala si trova sull’altare marmoreo che l’iscrizione scolpita sulla predella data al 1749. Le caratteristiche pittoriche risultano compatibili con il periodo di edificazione del manufatto mentre la concezione iconografica e compositiva indica un legame 547. Valle, chiesa cimiteriale di Sant’Antonio abate Pittore ignoto, inizi XVII secolo Trittico della Madonna con il Bambino e i santi Biagio e Nicola (?) olio su tela, 130 x 66 cm (centrale), 103 x 49 cm (laterali) collocazione: parete della chiesa Il trittico è composto da uno scomparto centrale, un poco più largo dei due riquadri laterali, in cui è raffigurata la Madonna assisa con il Bambino. Nei laterali sono rappresentati due santi vescovi. A sinistra si trova san Biagio riconoscibile per il pettine che stringe con la mano sinistra. Il santo posto a destra, invece, oltre ai paramenti pontificali, il pastorale e il libro, non è accompagnato da altri attributi identificativi. Si può solo supporre che si tratti di san Nicola, oppure, meno probabilmente, di sant’Agostino. Nella lunetta centinata ad arco abbassato e allungato è raffigurato Dio Padre con le braccia aperte. Ciascuno degli scomparti presenta l’incorniciatura formata da un semplice listello ligneo di fattura relativamente recente. A evidenza tutti i riquadri risultano decurtati su ogni lato. Essi sono stati inseriti in modo maldestro in un’incorniciatura lignea dipinta di bianco, le cui proporzioni ed elementi decorativi, come il capitello delle strette lesene e il motivo floreale negli spazi di 547 548 403 VILLANOVA DEL QUIETO con la pittura veneziana. Secondo l’iconografia tradizionale, fissata dopo il Concilio di Trento dalla dottrina sul purgatorio, la Madonna consegna lo scapolare a san Simone Stock solitamente accompagnato da santa Teresa d’Avila, anche lei membro di rilievo dell’ordine dei carmelitani, mentre un angelo aiuta le anime del purgatorio. Qui il maestro locale ha semplificato la rappresentazione del soggetto e lo ha ridotto alla sostanza del messaggio religioso: la salvezza dal fuoco eterno del purgatorio è facilitata per coloro che porteranno lo scapolare e grazie alle preghiere di intercessione per le anime dei defunti. L’impianto compositivo simmetrico, semplificato e per questo assai comprensibile, le analogie nel modellato delle rozze fisionomie e della mimica, consentono di accostare la pala alle opere dello stesso pittore locale presenti a Corridico, Dignano, Pisino, e Semi (catt. 83, 107, 353, 517). Il colorito vivace e di piacevolezza decorativa, in cui questo maestro si esprime con tratti personali, risultano qui alterati dalla ridipintura eseguita negli anni sessanta o settanta del secolo scorso, quando il dipinto è stato restaurato con una certa imperizia e la tela è stata fatta aderire a una tavola lignea. Bibliografia: opera inedita. sto è presentata sant’Orsola con alcune sue compagne. Secondo la leggenda la santa, figlia cristiana di un re bretone, chiese al promesso sposo di potersi recare in pellegrinaggio a Roma prima del matrimonio, accompagnata da undicimila vergini. Nel viaggio di ritorno venne uccisa dagli unni a Colonia, assieme a tutte le sue compagne (Réau 1959, III/III, p. 1297). Due angeli incoronano Maria, e sopra di lei appaiono anche la colomba simbolo dello Spirito Santo e Dio Padre che ha le braccia allargate come per farsi largo tra le dense nubi popolate di cherubini. In basso tra le due sante, oltre i rami di giglio appoggiati al suolo, si scorge una porzione di paesaggio con una calma distesa acquea e una riva montagnosa. Antonio Alisi (1997 [1937], p. 221) definisce la pala “tela poverissima”, datandola al XVII secolo. Antonino Santangelo (1935, p. 196) ne sottolinea la “fattura debole”, i “caratteri provinciali e ritardatari” assegnandola all’inizio del Seicento. Lo studioso la definisce “opera di pittore locale sul tipo di Zorzi Ventura”. Kruno Prijatelj (1975c, p. 20) riprende tale proposta attributiva e riferisce direttamente il dipinto al maestro capodistriano. Si tratta in realtà di un’opera più tarda e caratterizzata da un linguaggio gergale. La rappresentazione VB 549. Villanova del Quieto, chiesa parrocchiale di San Michele Pittore ignoto, ultimo quarto XVII secolo (?) Madonna del Carmelo e le sante Caterina d’Alessandria e Orsola olio su tela, 135 x 100 cm collocazione: altare laterale destro La Madonna assisa su una nube, reca il Bambino nudo in grembo. Con la mano destra porge alcuni scapolari a santa Caterina d’Alessandria che è collocata in basso a sinistra. Sul lato oppo- 549 550 404 VISIGNANO delle massicce figure è ingenua, l’esecuzione risulta maldestra, specie osservando gli arti. La resa dei panneggi mossi presenta per lo più una maggiore abilità esecutiva. La greve plasticità, la resa quasi scultorea delle figure, l’articolazione efficace dei panneggi arricchiti di riflessi rosati e pallidi, suggeriscono che il modesto autore doveva conoscere le correnti accademizzanti veneziane del terzo quarto del XVII secolo. 550.Visignano, chiesa parrocchiale dei Santi Quirico e Giulitta Giovanni Contarini (Venezia 1549 - ante 1604 ca) I santi Pietro, Paolo e Girolamo olio su tela, 260 x 129 cm collocazione: secondo altare laterale sinistro San Pietro è seduto su di un trono rialzato, appoggia la mano sinistra sul libro aperto sulle sue ginocchia, mentre dirige lo sguardo verso destra. Ai suoi piedi sono collocate una chiave d’oro e una d’argento. A sinistra, più in basso, è raffigurato san Bibliografia: Santangelo 1935, p. 196; Prijatelj 1975c, p. 20; Kudiš 1993b, p. 47; Alisi 1997 [1937], p. 221; Kudiš Buriæ 1998, p. 340. NKB 405 VISIGNANO Paolo che tiene una grande spada. Sul lato opposto è presentato san Girolamo con un mantello che gli copre solo una spalla e la parte inferiore del corpo lasciando nudo il torso. Il santo con la mano destra preme una pietra contro il petto e rivolge lo sguardo in alto verso san Pietro. Lo sfondo è scuro e indefinito. Nella relazione della visita pastorale del 1622 l’altare di san Pietro viene descritto come consacrato e in buono stato (Tritonio 1622, c. 66v). Ma a seguito della successiva visita dell’11 maggio 1634 viene riferito che esso non è consacrato e che è di pertinenza della “fraternita di sacerdoti” (Tritonio 1634, c. 43r). Nel 1645 il vescovo Giambattista del Giudice ordina che nella relazione venga scritto che “L’Altar di Santi Pietro et Paulo è confraterna delli Rev(eren)di Sacerdoti; l’altare ha il suo altariol incastrato (...) ha d’entrata ducati 50” (del Giudice 1645, c. 136r). Quattro anni più tardi le entrate dell’altare si sono ridotte a circa 25 ducati (del Giudice 1649, c. 119r). La relazione della visita pastorale del 1743 riporta che l’altare è di pertinenza della “Congregazione di Sacerdoti di Montona” (Negri 1743, c. 22r). Tutte queste informazioni chiariscono senza ombra di dubbio l’iconografia del dipinto, che verosimilmente fu commissionato unitamente all’altare, proprio dalla Confraternita dei Sacerdoti. I santi Pietro e Paolo, ma senza san Girolamo, sono raffigurati anche nella pala di Zorzi Ventura di Visinada (cat. 554, la cui ubicazione originaria era proprio un altare sede di una Confraternita di Sacerdoti. Il pittore albonese Valentino Lucas, quando nel 1890 lo ridipinge assieme a tutte le altre tele della parrocchiale di Visignano, asse- gna il dipinto alla scuola di Paolo Veronese (Alisi 1997 [1937], p. 221). Antonino Santangelo (1935, p. 197) reputa l’opera un “buon dipinto veneziano dello scorcio del Cinquecento” e vi rintraccia un collegamento con la pittura del Palma, tuttavia vi evidenzia un naturalismo più forte e una maggiore caratterizzazione dei personaggi che non in Negretti. Non più ripresa dalla letteratura critica, nel 1999 chi scrive ha attribuito la pala al non ampio catalogo delle opere di Giovanni Contarini (Kudiš Buriæ 1999, p. 207). Oltre alla tipologia dei santi, anche l’armonia pacata della composizione, semplice e monumentale, costituita esclusivamente dalle figure trattate in modo scultoreo, conferma l’attribuzione. Sullo sfondo scuro il colorito è dominato dal raffinato accordo cromatico degli abiti dei santi, in cui vi è il blu acceso abbinato al giallo dorato della veste e del manto di san Pietro, il bruno assieme al rosso diluito degli abiti di san Paolo e infine il malva del mantello di san Girolamo. Il colorito e il modo di trattare la luce e le ombre fanno appena intravedere l’influsso tintorettiano. Per tutte queste caratteristiche la tela di Visignano consente di mettere in evidenza significative analogie con la pala di San Girolamo ora presso la Pinacoteca di Brera, anche se risulta più matura dell’opera milanese, che Annalisa Bristot, con cui concordano anche altri studiosi, data alla prima metà del nono decennio del XVI secolo (Bristot 1980, pp. 53-54; Pallucchini 1981, p. 51; Fossaluzza in Pinacoteca 1990, pp. 121-123, cat. 63). Il tintorettismo molto più marcato e la maggiore tensione chiaroscurale, le tracce d’ispirazione palmesca, consentono di assegnare questa pala di notevole impegno ideativo al periodo che va dal ritorno di Contarini a Venezia, avvenuto prima del 19 settembre 1596 (Bristot 1980, p. 42), alla realizzazione della molto meno tizianesca Comunione degli apostoli di Dignano (cat. 92). Confermano tale assegnazione cronologica l’ideazione compositiva, la resa monumentale delle figure molto simili a quelle del dipinto con Il doge Marino Grimani dinanzi alla Vergine di Palazzo Ducale datato immediatamente dopo il 1595, o della Santa Caterina d’Alessandria già della Collezione Calligaris risalente all’ultimo quinquennio del secolo (Bristot 1980, pp. 56, 61). Il dipinto è parziale ridipinto e versa in cattivo stato di conservazione. Bibliografia: Santangelo 1935, p. 197; Kudiš Buriæ 1999, p. 207; Lucchese 2001, II, p. 814. NKB 551. Visignano, chiesa parrocchiale dei Santi Quirico e Giulitta Marco Vecellio (Pieve di Cadore 1545 - Venezia 1611) Madonna con il Bambino e i santi Antonio abate, Quirico, Giulitta ed Elena olio su tela, 245 x 140 cm collocazione: altare maggiore Nella parte superiore del dipinto la Madonna con il Bambino è assisa sulle nubi. A sinistra della Vergine un angelo porge al Bambino una ghirlanda di rose. Su lato opposto sono raffigurati altri due angeli, uno con le mani giunte si rivolge alla Vergine, e un altro regge la palma del martirio. Nella porzione sottostante trovano posto i santi. I due titolari della chiesa sono collocati al centro in posizione sopraelevata rispetto a quelli laterali. Nella relazione della visita pastorale compiuta nel 1622 viene annotato che l’altare maggiore della parrocchiale di Visignano è in buono stato, è consacrato e che in esso vi viene conservato il Santissimo Sacramento (Tritonio 1622, c. 66r). A metà del XVII secolo le entrate annuali dell’altare maggiore, che era anche sede di una confraternita, ammontavano a 150 ducati 551 406 VISIGNANO (del Giudice 1645, c. 135v; del Giudice 1649, c. 119r). Nel 1663, sempre in base a quanto riferisce il visitatore, l’altare era di competenza della “Comunità”, ossia del comune, e le entrate annuali ammontavano a più di 100 ducati (del Giudice 1663, c. 62v). Il nuovo altare maggiore in marmo venne eretto probabilmente nel 1734 (Alisi 1997 [1937], p. 221). Antonino Santangelo (1935, p. 197) segnala il dipinto nel suo Inventario, giudicandolo una “debole” opera veneziana del XVI secolo, ma aggiunge “con accenti tra manieristici e tizianeschi.” Di particolare interesse è l’ultima osservazione dello studioso secondo cui “S. Quirico è infatti dedotto dal ritratto di Ranuccio Farnese di Tiziano”. San Quirico è sì prossimo a Ranuccio Farnese, per quanto riguarda i lineamenti giovanili delicati e graziosi e la capigliatura riccioluta, tuttavia, egli risulta assai più affine a un altro tipo di giovane tizianesco, come il suonatore d’organo della Venere di Berlino. Inoltre, la figura di sant’Antonio abate deriva dalla pala raffigurante San Girolamo Elemosinario di Tiziano della chiesa veneziana dedicata al santo. Le caratteristiche stilistiche consentono di individuare l’autore del dipinto nell’ambito di quei pittori, alcuni dei quali legati da parentela con il Cadorino, che ne recepiscono il lascito. Più precisamente, vi si riconosce lo stile di Marco Vecellio, figlio di un cugino di secondo grado di Tiziano che si chiamava Tomà Tito Vecellio. Marco compare come Vecellio nella Fraglia veneziana dei pittori dal 1581 al 1609, e Carlo Ridolfi scrive di lui: “Fù Marco nipote e discepolo di Tiziano, e allevato nella di lui Casa, servì il zio alla corte di Germani; e fù da quello particolarmente amato; onde hebbe commodo di studiare e d’apprendere la buona maniera di colorire” (Ridolfi 1648, ed. 1914-1924, II, p. 145; Donzelli-Pilo 1967, pp. 414-415; Pallucchini 1969, p. 213; Pallucchini 1981, p. 21; Claut 2001c, II, p. 885). Le analogie tra la pala di Visignano e le opere di Marco Vecellio sono evidenti. Esse riguardano la stesura pittorica che forma superfici alquanto levigate e i panneggi ben definiti con poche pieghe, la gamma cromatica chiara e intensa, il gusto per le composizioni semplici, simmetriche e abbastanza armoniose. Si rilevano inoltre forti somiglianze tra le sante della pala istriana e la ricorrente tipologia femminile di Marco Vecellio. La figura della Vergine, il suo volto morbidamente tondeggiante posto di tre quarti, la resa del velo con un lembo svolazzante e la postura del Bambino sono gli elementi che presentano le maggiori corrispondenze. Risulta particolarmente interessante il confronto con la stessa figura di un dipinto conservato presso le Gallerie dell’Accademia di Venezia. Si tratta della Madonna, sant’Anto- 407 VISIGNANO nio abate, san Girolamo e tre magistrati, firmata e datata 1610, realizzata per il Magistrato delle Ragioni Vecchie a Rialto (Moschini Marconi 1962, pp. 267-268, cat. 463). Affinità si riscontrano anche con altre opere di Vecellio. La Madonna con il Bambino in gloria e santi risalente al 1607 che si conserva nella chiesa di San Nicolò di Treviso presenta una soluzione compositiva della porzione superiore molto simile a quella della pala di Visignano (Villa 2000, I, p. 185). Le somiglianze tra le due opere riguardano inoltre il trattamento delle superfici che paiono ancora più levigate e definite, la resa delle ombre profonde che creano un effetto di maggiore plasticità, e i panneggi più segnati. Siccome non è ancora stata stabilita una precisa cronologia delle opere di Marco Vecellio, e poiché il suo sviluppo artistico non presenta significative variazioni, risulta difficile datare con precisione la pala di Visignano. Comunque, le notevoli somiglianze con le opere citate, in cui si rilevano una ragguardevole qualità esecutiva e una maturità di stile rispetto ai dipinti realizzati alla fine del XVI secolo, consentono di assegnarla alla fase matura della sua carriera, ossia alla seconda metà del primo decennio del XVII secolo. L’opera risulta parzialmente ridipinta, ma nel complesso lo stato di conservazione è buono. iscrizione: GIORGIO VINTVRA./ ABITA IN CAPODISTRIA./ PINSE 1598 collocazione: secondo altare laterale destro La Madonna con il Bambino è seduta su un trono che presenta un alto schienale. Indossa una veste malva e un velo bianco sul capo, il Bambino porta una camiciola bianca. Sopra la Vergine due angeli in volo reggono la corona. Nella parte inferiore ai lati sono genuflessi i membri della Lega Santa. Essi sono raffigurati in proporzioni minori. Il gruppo centrale è incorniciato dalle scene dei Misteri del Rosario. Queste presentano un formato rettangolare, sviluppato in orizzontale o in verticale a seconda della posizione. Al centro del registro superiore trova posto l’Incoronazione della Vergine. Seguono in senso orario l’Annunciazione, la Visitazione, la Nascita di Gesù, la Presentazione di Gesù al Tempio, il Ritrovamento di Gesù al Tempio, la Preghiera nel giardino degli Ulivi, la Flagellazione, l’Incoronazione di spine, la Salita di Cristo al Calvario, la Crocifissione, la Risurrezione di Cristo, l’Ascensione di Cristo, la Discesa dello Spirito Santo e l’Assunzione della Vergine. L’iscrizione del dipinto venne scoperta dal pittore albonese Valentino Lucas in occasione del restauro compiuto nel 1890 di tutte le opere della parrocchiale di Visignano. L’informazione è riferita da Antonio Alisi (1997 [1937], p. 221). Anche Santangelo (1935, p. 197) segnala che si tratta di una tela di Zorzi Ventura. Più di recente Kruno Prijatelj (1975c, p. 23) ritiene assai più interessanti le rappresentazioni dei Misteri del Rosario, che non la scena centrale con la Madonna e i membri della Lega Santa. Edvilijo Gardina (2003, pp. 90-92, cat. 14) ipotizza che il dipinto sia stato commissionato in concomitanza con la costituzione a Visignano della Confraternita del Rosario, come verosimilmente era già accaduto con la pala di un ignoto seguace del Tintoretto (Brejc 1983, p. 121) della chiesa parrocchiale di San Mauro di Isola, realizzata nel 1589. Gardina, inoltre, collega la pala di Visinada a quella di Isola, anche dal punto di vista compositivo, ossia ritiene che quest’ultima ne sia il modello, e cita inoltre alcune opere raffiguranti lo stesso soggetto iconografico presenti in Dalmazia. Ma il problema del modello, o più precisamente dei modelli e del contenuto iconografico delle opere che rappresentano la Madonna del Rosario o la Madonna del Carmelo e i membri della Lega Santa, è molto più complesso. Il legame tra il culto della Madonna del Rosario e la vittoria sui turchi nella Battaglia di Lepanto il 7 ottobre 1571, proprio nel giorno della Madonna del Rosario, è chiaro ed è stato più volte analizzato (Pallucchini 1974, pp. 279-287; Wolters 1987, pp. 207-215). Meno noto è che il 7 ottobre si festeggia anche santa Giustina, la cui presenza nei dipinti della tradizione veneziana si riferisce altresì alla vittoria di Lepanto. Papa Pio V e il suo successore Gregorio XIII conferirono al culto della Madonna del Rosario un nuovo significato ed esso divenne il più frequente simbolo della vittoria del cristianesimo sull’islam (Mâle 1932, p. 467). Gli allestimenti delle cappelle dedicate al Rosario, come quelle sontuose della chiesa dei Santi Giovanni e Paolo di Venezia, o della chiesa di San Pietro Martire di Murano, la cui pala fu realizzata da Paolo Veronese, irradiano invenzioni compositive e iconografiche che si perpetuano, modificano e fondono nelle numerose pale commissionate in tutti i territori della Serenissima (Wolters 1987, p. 207). La Madonna con il Bambino che consegna la corona del rosario ai santi Domenico e Caterina da Siena è raffigurata il più delle volte tra le nubi, come nella pala di Isola, o più raramente assisa su un alto trono. Nella porzione inferiore sono invece presentati i membri della Lega Santa. Anche la Madonna del Carmelo, della Cintola o persino la Madonna di Loreto possono essere “Madonna della Vittoria” (Prijatelj Pavièiæ 1993, p. 51). Al posto o accanto ai membri della Lega Santa, Pio V, Filippo II, il doge Bibliografia: Santangelo 1935, p. 197; Kudiš Buriæ 1999, pp. 205-206. NKB 552. Visignano, chiesa parrocchiale dei Santi Quirico e Giulitta Zorzi Ventura (Capodistria, documentato dal 1589 al 1604) Madonna del Rosario, membri della Lega Santa e i Misteri del Rosario olio su tela, 197 x 126 cm 552 408 VISINADA Alvise Mocenigo, Clemente VIII, Caterina Cornaro, le dogaresse Marino e Morosini possono comparire anche i membri della confraternita locale. La quantità di pale, che raffigurano esplicitamente il messaggio di questa vittoria navale e che sono legate alla devozione del rosario, realizzate nel periodo dall’ultimo quarto del XVI fino alla seconda metà del XVII secolo è straordinariamente abbondante. Sono tutte basate nella sostanza su un numero ristretto di modelli che a tutt’oggi non sono ancora stati definiti completamente (cfr. cat. 482). Pertanto, la scelta di Ventura di un’invenzione compositiva in certa misura diversa può essere spiegata con la realizzazione relativamente anticipata della pala di Visignano, prima che si radicasse il modello come quello che si ritrova per esempio nei dipinti di Andrea Vicentino o di Baldassare D’Anna (Prijatelj Pavièiæ 1993, pp. 51-56; Kudiš 1992-1993, pp. 159-164). La stampa di Antonio Tempesta del 1590 con la Madonna del Rosario e i santi Domenico e Caterina da Siena ricorda a grandi linee, anche se non ne è il modello diretto, questa pala di Ventura. Il dipinto è stato restaurato a Lubiana nel 1991 presso il Restavratorski center (Centro di restauro) della Repubblica di Slovenia da Ivan Bogavèiè. Il restauro ha permesso di portare alla luce il colorito e la conduzione pittorica originali. In alcuni punti essi appaiono danneggiati a causa di restauri meno recenti. La cromia originale è caratterizzata nella stesura finale da una materia pastosa e da riflessi stesi a velature. Se si confronta il dipinto con la coeva Ultima Cena di Ventura di Fasana (cat. 138), si nota che il suo colorito è più freddo e rischiarato. Il brano più interessante del dipinto qui illustrato, anche se ripreso da una stampa, consiste certamente negli angeli che reggono la corona sopra il capo della Vergine. Le rappresentazioni dei Misteri del Rosario sono abbastanza danneggiate, tuttavia vi si riconosce la mano di Ventura il cui tratto è fluido anche se minuzioso, mentre i personaggi risultano qui meno irrigiditi e i panneggi ben movimentati. La conduzione pittorica delle scene laterali rivela al meglio la formazione veneziana di Ventura, ma in esse sono anche evidenti le sue insuperabili difficoltà nel rispettare le corrette proporzioni delle figure, o nel rappresentare in modo convincente i loro movimenti. dall’Immacolata Concezione che simboleggia anche l’essenza divina (Chastel 1990, pp. 129-142). Quasi un secolo più tardi tale rappresentazione iconografica si diffuse, evidentemente non senza difficoltà, nei territori della Serenissima (cfr. cat. 2). Nella Madonna con il Bambino in trono e santi di Abrega (cat. 2) Ventura, verosimilmente su richiesta della committenza, recedette dalle proprie intenzioni e dopo aver previsto inizialmente la posizione della Vergine in nubibus, in seguito “abbassò” la Madonna con il Bambino sul trono, realizzando così una consueta impostazione di sacra conversazione. I committenti della pala qui illustrata, che in origine era posta sull’altare maggiore della parrocchiale eretta nel XVI secolo, erano i Grimani signori di Visinada dal 1530. È possibile che sia stato richiesto esplicitamente dal committente che la Vergine venisse raffigurata in gloria e non in trono. Quando Ventura tentò di riproporre la soluzione della Madonna in nubibus anche ad Abrega, l’idea non dovette dunque venire accolta. Come in altri dipinti, anche in questo l’artista capodistriano ha utilizzato diversi modelli. La figura della Madonna è desunta dalla stampa di Philippe Thomassin (Troyes 1562 - Roma 1622) realizzata nel 1591 dal dipinto di Federico Barocci della chiesa di San Francesco di Urbino. Si tratta di un’Immacolata Concezione molto importante, sia per la sua formulazione originale, sia per le repliche eseguite. Gli angeli corpulenti che sorreggono la Vergine, il copricapo cardinalizio di san Girolamo e il leone di san Marco sono ripresi dalla stampa di Agostino Carracci del 1588, realizzata dal dipinto di Tintoretto raffigurante la Madonna appare a san Girolamo eseguito nel 1575 per la Scuola di San Girolamo nella chiesa veneziana di San Fantin. Gli ange- Bibliografia: “L’Istria” 26 luglio 1890; Santangelo 1935, p. 197; Alisi 1997 [1937], p. 221; Prijatelj 1975c, p. 23: Kudiš Buriæ 1998, pp. 197-198; Gardina 2003, pp. 90-93, cat. 14. NKB 553. Visinada chiesa parrocchiale di San Girolamo Zorzi Ventura (Capodistria, documentato dal 1589 al 1604) Madonna in gloria, san Girolamo e santi olio su tela, 300 x 175 cm iscrizione: ZORZI VENTURA IN CAPODISTRIA/ PINGEVA/ 1602. collocazione: parete della chiesa Il soggetto della Madonna in gloria si formò all’inizio del XVI secolo, quando nell’impianto compositivo la Vergine assume la posizione in nubibus che fino a quel momento era riservata esclusivamente a Dio Padre. Questa invenzione compare per la prima volta nelle opere di Raffaello (Madonna di Foligno, 1511 ca) e di fra Bartolomeo (Pala Carondelet, 1511). I due maestri offrirono soluzioni in certa misura diverse. Per l’analisi del dipinto in oggetto, la più interessante è la seconda, in quanto include uno sfondo architettonico monumentale che incornicia una veduta. La Madonna elevata al culto di Hyperdulia, dopo che nel 1483 Sisto IV ratificò il dogma della sua purezza dal peccato originale, in un primo tempo veniva raffigurata con il Bambino assisa sulle nuvole e senza trono. Ben presto il soggetto venne sostituito dalla Vergine incoronata senza il Bambino, ossia 553 409 VISINADA li musicanti a sinistra ripetono soluzioni dell’incisione di Carracci che Ventura preferiva, quella che traduce le Nozze mistiche di santa Caterina del Veronese (cfr. catt. 2, 165; Gardina 2003, pp. 65, 67, cat. 9). La figura di san Domenico ricorda il san Girolamo della stampa di Marcantonio Raimondi con la Madonna e santi domenicani, di cui il pittore capodistriano si è presumibilmente servito anche per la Madonna con il Bambino in trono e santi (cat. 562) e per la pala di Galovaz (Kudiš 1993b, pp. 43-49). Ulteriori studi riveleranno certamente l’utilizzo per questo dipinto di Visinada anche di altre stampe. Nella porzione inferiore della pala sono collocati con una scansione ritmica cinque santi, tra i quali spicca per imponenza Girolamo. Questi era protettore di Girolamo Grimani, nobile veneziano che nel 1530 si aggiudicò all’asta la Signoria di Visinada e di Marco Girolamo Grimani che fece erigere la nuova parrocchiale, la cui costruzione iniziò nel settimo decennio del XVI secolo. Nel dipinto è raffigurato anche l’altro suo protettore, san Marco, mentre al centro è posto san Domenico (Gardina 2003, p. 63, cat. 9). I due santi posti ai lati davanti al basamento delle colonne che definiscono lo sfondo architettonico, potrebbero essere Barnaba e Matteo. Il primo, il cui attributo è alle volte una lancia, era il titolare della vecchia parrocchiale tuttora esistente. Secondo la leggenda egli compiva guarigioni miracolose ponendo il Vangelo di Matteo sul capo degli ammalati, e nel 488 il suo corpo venne rinvenuto a Salamina con il manoscritto originale di tale Vangelo dal quale non si era mai separato (Réau 1958, III/II, pp. 178-180; Badurina, in Leksikon 1979, p. 139). Sullo sfondo è rappresentata molto probabilmente Visinada, ma trasformata in una monumentale città fortificata con gli edifici disposti in modo armonioso. Antonino Santangelo (1935, p. 198) pone l’accento sul fatto che in occasione del restauro, avvenuto nel 1903 da parte del pittore Pezzan, l’opera è stata “in qualche parte troppo spulita” e che la porzione inferiore è “molto guasta e cresciuta di tono”. Per contro, nella relazione del restauro eseguito nel 1990 da Aleš Sotler presso il Restavratorski center (Centro di restauro) della Repubblica di Slovenia di Lubiana, viene scritto che il dipinto non presentava alcuna ridipintura, anche se era stato più volte verniciato e per questo risultava particolarmente scurito. Da una successiva analisi si è appurato che Ventura ha dipinto su una base brunastra con colori chiari su cui ha apposto poi velature più scure. 559; Bartoliæ-Grah 1999, p. 162). La pala con Dio Padre e i santi Pietro e Paolo venne pesantemente ridipinta nella porzione superiore, come già segnala Santangelo (1935, p. 198) che data l’opera all’inizio del XVII secolo. La figura di san Pietro, collocata a sinistra, coincide quasi alla lettera con la rappresentazione dello stesso santo della pala di Abrega (cat. 2). Solo la posizione della gamba sinistra e i panneggi che la ricoprono presentano alcune differenze. I volti dei santi, la foggia e il colore dei loro abiti, la disposizione delle pieghe e delle ombre variano solo nella misura in cui la pala è stata ridipinta. Il san Paolo, anche se il volto non è rivolto all’osservatore e il braccio sinistro è abbassato, risulta prossimo al san Giovanni evangelista della citata pala di Abrega. Come per le figure in primo piano del dipinto di Abrega, anche in questo caso il pittore capodistriano si è servito della stampa di Cornelis Cort con il soggetto della Discesa dello Spirito Santo realizzata da un’opera di Michael Coxie (1499-1592), pittore e incisore fiammingo (Strauss-Shimura 1986, p. 118; Kudiš Buriæ 1998, pp. 209-210). Sebbene anche la porzione inferiore sia parzialmente ridipinta, emerge il tipico colorito di Ventura. Si stabilisce un’armonia cromatica tra il malva pallido e il giallo zafferano sull’abito di san Pietro, tra il rosso acceso e il blu scuro sull’abito di san Paolo. Il Padre Eterno, pesantemente ridipinto, assomiglia nei tratti fondamentali a quello del dipinto di Ventura conservato nella chiesa parrocchiale di San Floriano di Covedo (Kubed, presso Capodistria; cfr. Gardina 2003, pp. 94-96, cat. 15). Tuttavia, Bibliografia: Santangelo 1935, p. 198; Prijatelj 1975 c, p. 24; Walcher, in Alisi 1997, p. 190, fig. 214; Kudiš Buriæ 1998, pp. 206-208; Gardina 2003, pp. 6367, cat. 9. NKB 554. Visinada, chiesa parrocchiale di San Girolamo Zorzi Ventura (Capodistria, documentato dal 1589 al 1604) Dio Padre e i santi Pietro e Paolo olio su tela, 210 x 124 cm collocazione: parete della chiesa Nel corso della visita pastorale alla chiesa parrocchiale di Visinada viene citato l’altare di san Pietro con l’annotazione che non è ancora consacrato (Tritonio 1622, c. 47v). A seguito delle successive visite si segnala che qui ha sede la Confraternita dei Sacerdoti (Tritonio 1639, c. 42r), il che spiega la presenza dei santi Pietro e Paolo. L’altare venne consacrato prima del 1645 (del Giudice 1645, c. 131r). Nel 1837 venne costruito al posto della vecchia parrocchiale del XVI secolo un nuovo edificio sacro consacrato nel 1840. È lecito supporre che proprio in quell’occasione alcune pale della vecchia parrocchiale siano state rimosse dai loro altari ormai deteriorati e poste alle pareti della nuova chiesa (cfr. catt. 555- 554 410 VISINADA per quanto riguarda la porzione superiore e la veduta della città posta sullo sfondo, un giudizio più preciso sarà possibile solo dopo la rimozione della ridipintura. La pala è stata probabilmente decurtata su entrambi i lati. confrontata con quella del dipinto dello stesso soggetto del Palma della cattedrale di Sacile che viene datato fra il 1620 e il 1625, o con quella raffigurata nella pala della Vergine in gloria e i santi Giovanni evangelista, Nicolò da Tolentino, Chiara, Francesco e Teodoro della chiesa veneziana di San Nicolò da Tolentino realizzata fra il 1620 e il 1628 (Mason Rinaldi 1984, pp. 108, 131, catt. 258, 466). La figura del Bambino stante sulle ginocchia della Madre è ripreso in gran parte dalla Madonna con il Bambino del Palma risalente al 1620 circa che si trova nel Palazzo Arcivescovile di Udine (Mason Rinaldi 1984, p. 116, cat. 336). A differenza di Negretti, di cui forse è stato allievo, l’autore delle pale di Visinada non riesce a evocare il movimento energico e convincente dei personaggi e ancor meno a conferire loro qualsiasi carica emotiva. Stranamente il paesaggio raffigurato nella Madonna del Rosario è caratterizzato da un certo lirismo abbastanza insolito per i seguaci del Palma, ma comunque riferibile alla tradizione pittorica veneziana del XVI secolo più avanzato. La superficie dipinta presenta in più punti cadute, maggiori attorno alla testa della Madonna e del Bambino, e questo a causa delle corone devozionali che vi erano state applicate, le cui tracce sono ben evidenti sulla tela. Il danno più grave è visibile sotto la mano sinistra della Vergine, dove è caduto il colore forse in corrispondenza della sutura della tela. I colori sono in buona misura ovunque alterati. Bibliografia: Santangelo 1935, p. 198; Kudiš 1993b, pp. 44-47; Kudiš Buriæ 1998, pp. 208-209. NKB 555. Visinada, chiesa parrocchiale di San Girolamo Pittore veneto, 1634-1639 Madonna del Rosario olio su tela, 210 x 120 cm collocazione: parete della chiesa La Madonna, assisa su una nube, regge il Bambino stante sulle sue ginocchia. Entrambi tengono la corona del rosario. La scena è incorniciata ai lati e lungo la centina dai medaglioni con le scene dei sacri misteri. In basso si apre un suggestivo paesaggio caratterizzato da uno specchio acqueo circondato da monti e rocce da cui in primo piano sgorga un ruscello ingrossato. Il vescovo Leonardo Tritonio, titolare della cattedra episcopale parentina dal 1609 al 1631, in occasione della visita alla parrocchiale di Visinada il 9 maggio 1622, annota che “nella detta Chiesa vi sono due altari, S. Toma della Cincta et di S. Pietro (in margine: non consacrato), sono ben tenuti ne hanno bisogno di cossa alcuna” (Tritonio 1622, c. 47v). Il visitatore si riferisce agli altari laterali e non a quello maggiore dedicato al patrono della chiesa che egli nomina poco prima nel testo. Il 13 maggio 1634 il fratello di Leonardo Tritonio, Ruggero, che gli succedette nella carica di vescovo dal 1632 al 1644, visitò la chiesa. Il libro delle visite riporta che “la chiesa di san Gier(oni)mo Parochiale [è] ben in ordine di ogni cosa con li sui altari” (Tritonio 1634, c. 44r). Lo stesso vescovo il 5 giugno 1639 cita nella chiesa l’altare “del nome di Dio” e un poco più in basso “l’altare del santissimo Rosario, ha ... (pala?) decente ... questa scholla ha buona entrada et altare è ornato et ben ... (tenuto?)” (Tritonio 1639, c. 42r). Il vescovo Giambattista del Giudice in occasione della visita compiuta nel 1645 annota che “L’Altar del S(antissi)mo Rosario è scuola, hà d’entrada ducati 25 oltre le spese che si fà non è consacrato, hà l’altariol et è ornato decenteme(n)te di suppeletili. L’altar del nome di Dio è unito con l’altar del San(tissimo) Rosario” (del Giudice 1645, c. 131r). Questi altari vengono segnalati come non consacrati nelle successive visite di del Giudice (1649, c. 127r; 1653, c. 14r). Le informazioni che si desumono dalle visite pastorali dei vescovi parentini confermano la proposta che le pale della Madonna del Rosario e della Presentazione di Gesù al Tempio (cat. 556) siano state realizzate contemporaneamente e siano assegnabili a un unico pittore. Gli altari su cui erano poste in origine sono stati rimossi, verosimilmente in occasione della ricostruzione della parrocchiale nel 1837, o eventualmente del suo restauro avvenuto nel 1903 (Bartoliæ-Grah 1999, p. 162). Antonino Santangelo (1935, p. 198) trova entrambi i dipinti alle pareti della parrocchiale, la Madonna del Rosario a sinistra, e la Presentazione di Gesù al Tempio a destra. Lo studioso non nota le somiglianze tra le due pale e definisce la Madonna del Rosario opera di ignoto del XVII secolo, aggiungendo che le scene dei Misteri sono dipinte abbastanza “vivamente a macchia”. La stesura pittorica, la resa dei volumi, in particolare dei panneggi, la tipologia dei personaggi, i loro movimenti e l’impianto cromatico smorzato, sono elementi che suggeriscono di riferire entrambe le tele a un seguace di Jacopo Palma il Giovane (Venezia 1548-1628). L’accademismo palmesco si rileva inoltre nella ripresa di soluzioni compositive che sono tipiche delle opere tarde di Negretti. La Madonna di Visinada può essere Bibliografia: Santangelo 1935, p. 198; Kudiš Buriæ 2003, pp. 119-124. NKB 555 411 VISINADA 556. Visinada, chiesa parrocchiale di San Girolamo ma non la collega alla pala della Madonna del Rosario dalle dimensioni quasi uguali e che nel 1935 si trovava sulla parete opposta della chiesa. Similmente alla Madonna del Rosario, è evidente il sostanziale influsso di Palma il Giovane che si manifesta soprattutto nel colorito spento con solo alcuni accenti più accesi, le superfici sono infatti prive di effetti luministici. Anche la cupa architettura dello sfondo e l’impostazione delle massicce figure ricordano abbastanza chiaramente le soluzioni adottate da Palma, specialmente nella sua fase tarda. L’impostazione della Vergine genuflessa, e il modo in cui sono disposte le pieghe delle sue vesti, risultano molto prossimi alla Madonna dell’Annunciazione già sulle portelle d’organo della chiesa veneziana di Santa Lucia, e ora conservata in San Geremia, datata al 1620 circa (Mason Rinaldi 1984, p. 121, cat. 378). Bisogna rilevare però che nella Presentazione di Gesù al Tempio, a differenza della Madonna del Rosario (cat. 555), si riscontra in certa misura anche l’influsso della maniera giovanile di Sante Peranda come si trova, per esempio, nella pala della Natività, proveniente dalla chiesa dei Cappuccini di Conegliano e oggi presso la Pinacoteca di Brera, che viene datata immediatamente prima del 1599 (Fossaluzza 1997b, p. 234). Pertanto, è lecito affermare che l’accademismo palmesco costituisce una sorta di comune denominatore, ma che Peranda supera trasformandolo in un linguaggio proprio, mentre i collaboratori e i seguaci più modesti del Palma ne rimangono vincolati senza uscirne con una propria inventiva. Va sottolineato che la Presentazione di Gesù al Tempio risulta di qualità più ragguardevole rispetto alla Madonna del Rosario, specie per quanto attiene l’impianto compositivo, la distribuzione dei personaggi e l’intenso chiaroscuro. La superficie dipinta è scurita a causa dell’ossidazione della vecchia vernice e della patina polverosa, mentre lungo i bordi si registrano numerose cadute di colore. Pittore veneto, 1634-1639 Presentazione di Gesù al Tempio olio su tela, 210 x 124 cm collocazione: parete della chiesa La Madonna è inginocchiata in primo piano e regge con entrambe le mani il Bambino adagiato su di un panno bianco. A sinistra è presentato Simeone che protende le braccia verso il piccolo Gesù. Alle loro spalle è raffigurato di scorcio il tavolo su cui è collocato il canestro con i due colombi. A destra della Vergine si trova san Giuseppe. Completano la scena in secondo piano due figure maschili a sinistra e due femminili a destra. Nella porzione superiore compare il candelabro a sette bracci. La rappresentazione si svolge nell’interno cupo del Tempio, in cui dominano a destra due imponenti colonne lisce di cui si vedono soltanto gli alti basamenti e la parte inferiore del fusto. Dai manoscritti delle visite pastorali compiute dai vescovi di Parenzo alla parrocchiale di Visinada si desume che l’altare su cui in origine era posto il dipinto fu eretto fra il 1634 e il 1639 e che esso era collegato a quello della Madonna del Rosario (cfr. cat. 555). Pertanto non deve sorprendere l’identità di mano delle due pale. Antonino Santangelo (1935, p. 198) segnala per primo l’opera e la giudica “buon dipinto di maestro veneziano”. Lo studioso prende atto della presenza di peculiarità manieristiche, per cui la reputa “del principio del sec. XVII o forse del sec. XVI fine”, Bibliografia: Santangelo 1935, p. 198; Kudiš Buriæ 2003, pp. 119-124. NKB 557. Visinada, chiesa parrocchiale di San Girolamo Pietro Mera (Bruxelles 1574 ca - Venezia 1644), modi Immacolata Concezione in gloria consegna lo scapolare a san Simone Stock olio su tela, 204 x 113 cm collocazione: parete della chiesa Antonino Santangelo (1935, p. 198) intitola il dipinto Madonna del Carmine e lo definisce “opera di pittore ignoto del sec. XVII, principio: fattura piuttosto grossolana”. Si tratta, invece, di una delle numerose opere che ripetono la Vergine in gloria, santi e le anime del purgatorio di Pace Pace, che si trova nella chiesa di Santa Maria dei Carmini di Venezia e il cui impianto compositivo è stato nella pittura veneziana il prototipo di tale soggetto iconografico. Il dipinto di Pace risale al periodo fra il 1597 e il 1604 (Pandolfo 1996, pp. 66, 68). Raffigura la Madonna avvolta nel bianco mantello dei carmelitani che porge lo scapolare a san Simone Stock, mentre alla scena assistono sante e santi collegati al culto dello scapolare. A destra si trova papa Giovanni XXII, che emanò la bolla con cui veniva ratificato tale culto, ossia chi lo avesse indossato sarebbe stato liberato dalle fiamme del purgatorio il primo sabato dopo la morte. Accanto al pontefice trovano posto san Pier Tommaso, un cardinale, san Ludovico (Luigi IX) re di Francia e due nobili veneziani, forse il guardiano e il vicario della confraternita. A sinistra sono raffigurate la regina Bianca di Castiglia, madre di Luigi IX, una carmelitana e sant’Agnese di Boemia (Niero 1965, p. 39). La popolarità di tale rappresentazione è attestata dalle numerose pale raffiguranti lo stesso soggetto iconografico e con la mede- 556 412 VISINADA sima impaginazione compositiva, in cui cambiano solo i personaggi che accompagnano san Simone Stock. In Istria sono presenti pale simili a San Lorenzo del Pasenatico (cat. 491), Torre del Quieto (cat. 521), Villa di Rovigno (cat. 548) e Pirano (Brejc 1983, pp. 57-58, 149-150). Il dipinto di Visinada è molto simile, per quanto attiene sia la composizione nel suo complesso che numerosi dettagli, all’opera dello stesso soggetto di Pietro Mera risalente al 1624 che si trova nella parrocchiale di Merlengo di Ponzano Veneto presso Treviso e di cui ripete abbastanza fedelmente anche i personaggi (Fossaluzza, in Cassamarca 1995, pp. 263-264; Villa 2000, I, p. 192). Particolarmente impressionante è la somiglianza dell’angelo in scorcio prospettico che scende verso il purgatorio per prendere un’anima e trarla in salvo. Analoghe sono inoltre le figure della Madonna, di san Simone Stock e di alcune anime. Il volto dell’angelo di Visinada è da accostare per un confronto anche a quello di Cristo del dipinto raffigurante le Nozze mistiche di santa Caterina di Mera che si trova a Praga presso la Národní Galerie (Daniel, in Tesori di Praga 1996, pp. 128129, cat. 26). Il volto della donna nel purgatorio che prega con le mani giunte, è quasi identico al volto di santa Caterina del citato dipinto praghese. Quest’ultimo ripete la composizione dello stesso soggetto del Palma del 1620 che si trova nella chiesa di San Silvestro di San Giovanni Valdarno (Mason Rinaldi 1984, pp. 109-110, cat. 274). Il piccolo formato della tela praghese indicherebbe che si tratta di un bozzetto. Per essa è 413 VISINADA Gregorio è collocato al centro, indossa il rocchetto bianco e il piviale di broccato giallo, porta i guanti di colore rosso acceso. Si distingue per avere in capo il triregno papale. A destra sant’Agnese è riconoscibile in quanto presenta l’agnello. Il pessimo stato di conservazione compromette la leggibilità della parte inferiore del dipinto e non si distingue perché i santi siano posti su diversi livelli. La presenza di sant’Antonio da Padova potrebbe indicare che la collocazione originaria del dipinto era quella della chiesa cimiteriale della Beata Vergine Maria, nota anche come Madonna del Campo, che si trova in località Santa Maria del Campo presso Visinada. Tale chiesa, infatti, dal 1536 al 1806 è stata retta dai padri francescani terziari di lingua slava (Alisi 1997 [1937], p. 222; Bartoliæ-Grah 1999, p. 163) Alla fine del secolo scorso il dipinto si trovava, assieme ad altri, nella chiesa parrocchiale di San Girolamo in un ambiente sopra alla sagrestia. Attualmente viene custodito nella vicina chiesa di San Barnaba. Le numerose crettature, le cadute di colore, l’accumulo di polvere e la vernice ossidata compromettono la leggibilità dell’opera. Nei brani conservati, come il volto di san Gregorio, si percepisce una stesura morbida arricchita da lumeggiature sottili e precise rese con pennellate pastose. I contorni arrotondati e armoniosi dei volti e delle intere figure dei santi, l’ombreggiatura morbida e l’impianto compositivo equilibrato, nonostante le proporzioni un poco imprecise, suggeriscono che si tratta dell’opera di un pittore che segue la tradizione tardomanierista veneziana. 557 stata proposta la collocazione al terzo o quarto decennio del XVII secolo. Allo stesso periodo si potrebbe datare la pala di Visinada. Riguarda la maturità artistica di Pietro Mera, ma tuttavia un momento precedente le sue opere tarde della chiesa dei Santi Giovanni e Paolo di Venezia, con cui, comunque, la pala di Visinada rivela certe somiglianze, per esempio ad osservare la tipologia del giovane angelo (Zava Boccazzi 1965, pp. 292-294; Puppi 1968, pp. 27-31; Pallucchini 1981, pp. 82-83). Il dipinto presenta un’estesa ridipintura e la pellicola pittorica è danneggiata in alcuni punti. Bibliografia: Santangelo 1935, p. 198. NKB 558. Visinada, chiesa parrocchiale di San Girolamo Pittore ignoto, secondo quarto XVII secolo (?) Madonna con il Bambino e i santi Antonio da Padova, Gregorio Magno e Agnese olio su tela, 203 x 115 cm collocazione: raccolta della parrocchia La Madonna con il Bambino è assisa su nubi scure nella porzione centinata della pala contro un cielo rischiarato; al di sotto trovano posto tre santi. A sinistra sant’Antonio da Padova si riconosce per il saio scuro dei francescani e il giglio nella mano sinistra. Egli tiene la destra alzata nell’atto di benedire. San 558 414 VISINADA Oltre ai danni già osservati della pellicola pittorica, la tela risulta allentata con numerose perforazioni nella parte inferiore. Solo un immediato intervento di restauro può impedire un ulteriore degrado dell’opera. Bibliografia: opera inedita. pavimentazione è costituita da un lastricato lapideo a losanghe bianche e nere raffigurato in scorcio prospettico. Sullo sfondo si intravedono ai lati colonne dal fusto liscio poste su alti basamenti e al centro dietro la Vergine vi è un’apertura di cielo. Nel libro della visita pastorale di Giambattista del Giudice, vescovo di Parenzo dal 1644 al 1666, alla data del 20 maggio 1653 viene citato per la prima volta l’altare intitolato alla Madonna della Misericordia nella chiesa parrocchiale di San Girolamo di Visinada: “L’Altare della Madonna di Charità è schola con decente entrada” (1653, c. 13v). Pertanto si può ipotizzare che il manufatto sia stato eretto fra il 1649 e il 1653, ossia nel periodo fra le due visite compiute da del Giudice. Le figure massicce, come anche il colorito risentono ancora dell’influsso di Jacopo Palma il Giovane. La resa dei morbidi panneggi plasticamente definiti, i passaggi chiaroscurali graduali, sono elementi che rimandano a un maestro ritardatario ancora fortemente legato alla tradizione pittorica veneziana del primo quarto del XVII secolo e che, operando in ambito periferico, coniuga il lascito dei vecelliani con quello di ascendenza veronesiana o tintorettesca. Dopo la costruzione della nuova parrocchiale dal 1837 al 1840 (Bartoliæ- Grah 1999, p. 192) alcuni dipinti, tra cui anche quello qui illustrato, vennero conservati, mentre i rispettivi altari andarono perduti. Alla fine del secolo scorso l’opera era posta assieme ad altre superstiti nella chiesa parrocchiale di San Girolamo in un ambiente sopra la sagrestia. Attualmente si custodisce nella vicina chiesa di San Barnaba. La superficie pittorica presenta alcuni danni, la tela risulta allentata e la vernice è opaca a causa dell’ossidazione. NKB 559. Visinada, chiesa parrocchiale di San Girolamo Pittore ignoto, metà XVII secolo Madonna della Misericordia e membri di una confraternita olio su tela, 210,5 x 123 cm collocazione: raccolta della parrocchia La Madonna, in posizione stante, è raffigurata al centro della composizione con le braccia allargate. Indossa una veste rosata e un mantello azzurro. Due angeli in volo reggono la corona sopra il suo capo. Più in alto si trova la colomba simbolo dello Spirito Santo circondata da un alone luminoso. Sotto il mantello di Maria sono genuflessi i membri di una confraternita in sfarzosi abiti di foggia seicentesca, a sinistra i rappresentanti maschili e a destra quelli femminili. Tra questi spicca in primo piano la figura maschile, verosimilmente il gastaldo, che sopra una camicia azzurra indossa una mantellina di broccato giallo. Sul lato opposto in primo piano è rappresentata verosimilmente la moglie in abito di broccato nero e giallo e con sopra una mantellina di broccato verde e nero. Le donne a destra hanno il capo cinto da un fazzoletto e portano orecchini e collane. La Bibliografia: opera inedita. NKB 560. Visinada, chiesa di San Barnaba Giuseppe Angeli (Venezia 1712-1798) Madonna con il Bambino olio su tela, 200 x 96 cm iscrizione: Joseph Angeli pinxit collocazione: raccolta della chiesa, già su un altare laterale Grgo Gamulin (1972, pp. 22-32) collega all’ambito del pittore Giuseppe Angeli sia la pala della Madonna con il Bambino sia quella raffigurante Sant’Eufemia (cat. 561), entrambe della chiesa di San Barnaba di Visinada. Lo studioso le ritiene opere della sua ben avviata bottega e più precisamente le ascrive al poco conosciuto “G. B. [Giambattista] Pizzati, ma con un certo apporto del maestro stesso”. Come Antonino Santangelo (1935, p. 199), che prima di lui reputava le opere delle copie, anche Gamulin non crede alla veridicità della firma Joseph Angeli pinxit che si legge lungo il margine inferiore di entrambi i dipinti. Il restauro degli anni ottanta del secolo scorso ha permesso di attribuire con maggiore sicurezza sia la Madonna con il Bambino che la Sant’Eufemia alla mano di questo fecondo seguace di Giambattista Piazzetta. La Madonna è assisa in posizione solenne su una nube al centro dell’impianto compositivo. Regge il Bambino inginocchiato sul suo grembo, colto mentre le cinge il collo con le braccia. È circondata da nuvole dai contorni evanescenti, mentre lo sfondo del cielo è più rischiarato dietro la sua testa. Alcuni cherubini sono disposti in gruppi asimmetrici attorno alla Madonna e al Bambino. Il dipinto presenta strette affinità con due opere di Giuseppe Angeli raffiguranti la Sacra famiglia, e precisamente quella del 1753-1755 che si trova nella cappella di Palazzo Pisani in Santo Stefano a Venezia e quella risalente al 1750-1755 di collezione privata londinese (Mollenhauer Hanstein 1986, pp. 52, 137138, cat. 87, figg. 47, 52). Le affinità riguardano soprattutto il 559 415 VISINADA modellato e la resa spaziale che sono qualificati per via dell’illuminazione focalizzata e del marcato effetto chiaroscurale. La figura della Vergine nella posa ieratica e nello studio fisionomico è invece prossima alla Madonna assisa su un trono rialzato della pala della chiesa parrocchiale di Cussignacco (Udine) del 1761-1762 e a quella della chiesa di Santa Chiara di Venzone (Udine) del 1764-1768. Nei due dipinti friulani che risalgono al settimo decennio si rileva già quel cambiamento di stile dovuto all’affermarsi del freddo formalismo del classicismo accademizzante (Mollenhauer Hanstein 1986, pp. 97-98, 146147, catt. 13, 126, figg. 67, 71). I volumi sono più bloccati rispetto alla citata pala di Palazzo Pisani, i contorni più netti e le superfici più levigate. Anche la postura del Bambino di Visinada corrisponde a quella del Bambino delle pale di Cussignacco e Venzone, mentre la sua fisionomia è accostabile piuttosto a quella dei dipinti di Venezia e di Londra. Il colore è intenso e saturo, caratterizzato dai rapporti che si instaurano tra il rosso della veste e il blu del mantello della Vergine con i toni caldi del marrone e del giallo ambrato dello sfondo. Pertanto, la Madonna con il Bambino di Visinada va assegnata al periodo che va dal 1755 ai primi anni del settimo de- cennio, quando nelle opere di Angeli compaiono i primi influssi del classicismo accademico. Secondo Mariana Mollenhauer Hanstein (1986, pp. 44-64) in questa fase egli ritorna a figure dalla forte plasticità e il disegno ridiventa più preciso, mentre gli impianti compositivi, in conformità alle caratteristiche stilistiche del classicismo, presentano una maggiore propensione alla simmetria e all’assialità. Tra i prototipi o i modelli di Piazzetta che Giuseppe Angeli così spesso usava per le proprie composizioni pittoriche, si possono citare in proposito la Madonna con il Bambino e santi della chiesa parrocchiale di Meduno (Pordenone) e la Madonna con il Bambino del Detroit Institute of Arts (Mariuz 1982, pp. 80, 99-100, catt. 22, 108). Tuttavia, le figure di Piazzetta presentano posture più spontanee ed eleganti, nonché tocchi ben più morbidi nella resa degli incarnati. Al confronto assai modesta e semplificata è la redazione sentimentale di Giuseppe Angeli. Il carattere emotivo e l’intimità che traspare dai dipinti di Piazzetta lascia il posto a un’espressività più distaccata, come si avverte anche nell’altra pala di Visinada con la raffigurazione di Sant’Eufemia (cat. 561). Recependo le tendenze classicistiche e accademiche dell’ultimo trentennio del Sette- 560 561 416 VISINADA 561. Visinada, chiesa di San Barnaba cento che si attestano a Venezia, nella fase tarda di Giuseppe Angeli questi aspetti diventano più marcati. A ragione Rodolfo Pallucchini (1931, p. 430) ritiene che tali semplificazioni figurative ed emotive siano in parte una cosciente concessione dell’artista al gusto dei numerosi committenti: “la sua interpretazione del Piazzetta è fatta apposta per la società salottiera e per la religiosità zuccherina del secolo”. Il dipinto è stato restaurato nel 1983 da Ilonka Hajnal di Pirano. Giuseppe Angeli (Venezia 1712-1798) Sant’Eufemia olio su tela, 198 x 96 cm iscrizione: Joseph Angeli pinxit collocazione: raccolta della chiesa, già su un altare laterale Il pessimo stato di conservazione in cui versava prima del restauro la seconda pala firmata di Giuseppe Angeli che Antonino Santangelo (1935, p. 199) trova ancora su un altare laterale del- Bibliografia: Santangelo 1935, p. 199; Gamulin 1972, pp. 22-32; Matejèiæ 1982, p. 562; Braliæ 1997, pp. 97-106; Walcher, in Alisi 1997, p. 191, fig. 217. VB 417 VISINADA la chiesa di San Barnaba, hanno indotto lo studioso a identificare la figura rappresentata come sant’Ignazio di Antiochia. Tale santo è sì spesso raffigurato con accanto i leoni, ma di regola è effigiato come un uomo anziano assalito dalle belve. La pala rappresenta, invece, una giovane ragazza accompagnata dai leoni, e pertanto si tratta molto probabilmente di sant’Eufemia di Calcedonia vergine martire, il cui culto era molto diffuso in Istria e alla quale sono intitolate molte chiese e altari. La martire è raffigurata in una cella inginocchiata su di un masso roccioso a cui è fissato un grande anello di metallo con la catena e i ceppi. È colta a mani giunte in preghiera e tiene lo sguardo rivolto verso la fonte di luce soprannaturale. Davanti a lei sono dipinti i due leoni. Lo sfondo scuro verdebruno è interrotto dal fascio di luce fredda e intensa che rischiara e mette in risalto la santa. L’impostazione e la postura della martire, la resa spaziale sono affini alla Decollazione di san Cristoforo di Alzano Maggiore (Bergamo), terminata da Giuseppe Angeli nel 1754 e desunta da un bozzetto di Giambattista Piazzetta (Mariuz 1982, p. 112, cat. 164; Mollenhauer Hanstein 1986, p. 91, cat. 1, fig. 42). Nel dipinto di Visinada, però, l’impianto compositivo è maggiormente semplificato con la santa posta sull’asse verticale, mancano inoltre le figure dei carnefici, dell’angelo e dei cherubini sullo sfondo. L’esito iconico della pala risulta così amplificato e viceversa l’effetto narrativo appare attenuarsi. L’espressione patetica della santa, rispetto all’equilibrio e alla simmetria dell’impianto compositivo, non riesce a comunicare la drammaticità del martirio. Entrambe le opere sono caratterizzate da effetti chiaroscurali accentuati. La pala di Visinada presenta un tratto esecutivo meno sciolto e una maggiore durezza nella resa della figura dalla marcata plasticità e dai contorni definiti in modo netto. Il dipinto di Alzano Maggiore risale alla prima metà del sesto decennio e appartiene alla fase in cui la conduzione pittorica di Giuseppe Angeli è ancora fortemente influenzata dalla pittura di Piazzetta. Le figure sono qui meno eleganti e le fisionomie naturalistiche, le forme rese con una cromia maggiormente ammorbidita rispetto all’opera di Visinada. In quest’ultima il colorito è più chiaro e freddo con il caratteristico accordo cromatico del giallo e del malva-violaceo pallido nell’abito della martire. La sua fisionomia di caricato pietismo appartiene al prototipo assai frequente nelle composizioni di soggetto sacro di Angeli. Guardando a esse, si trova una formulazione prossima nella figura di Maria dei due dipinti raffiguranti l’Educazione di Maria Vergine già in collezione Lurati di Milano e del Museo Civico di Asolo, datati alla metà del sesto decennio. Affinità si notano anche con la figura della Vergine della Madonna e santi già presso l’Oratorio delle Dimesse di Padova, risalente all’inizio del settimo decennio (Mollenhauer Hanstein 1986, pp. 92, 109-110, figg. 50, 58, 68). Sebbene non sia possibile stabilire con precisione l’anno in cui vennero commissionate le pale della chiesa di San Barnaba di Visinada, tuttavia per una serie di caratteristiche formali e pittoriche, esse vanno collegate alla seconda metà del sesto decennio o all’inizio di quello successivo. Il forte patetismo di queste composizioni sacre è di tipo convenzionale, ma si assomma al già spiccato classicismo, indicando come più probabile una datazione successiva al 1760. Il dipinto è stato restaurato nel 1983 da Ilonka Hajnal di Pirano. collocazione: altare maggiore, attualmente presso la raccolta della parrocchia La chiesa cimiteriale della Beata Vergine Maria, o di Santa Maria del Campo, presso Visinada viene citata dalle fonti scritte già nell’XI secolo (Bartoliæ-Grah 1999, p. 163). Nel 1240 il vescovo parentino Adalperto affidò la chiesa all’Ordine dei Cavalieri di Malta, unitamente alla chiesa di San Giovanni di Levade presso Parenzo, alla quale era collegata. Antonio Alisi (1997 [1937], p. 222) riferisce che l’edificio venne ricostruito verso il 1427 e che nel 1536 esso venne ceduto dai Grimani, proprietari del feudo di Visinada, “ai padri francescani terziari di lingua slava, del convento illirico di S. Gregorio di Capodistria” (Dobroniæ 1984, p. 103). Antonino Santangelo (1935, p. 199) trova il dipinto alla parete laterale destra della chiesa e riferisce che, come la pala raffigurante il Trono di Grazia e i santi Domenico e Matteo (cat. 563) che egli intitola Trinità, è stato restaurato nel 1931. Lo studioso è a conoscenza dell’esistenza di un’altra pala di Ventura molto simile a questa. A quanto pare, non sa che si tratta dell’unica opera “dalmata” nota, quella conservata nella chiesa di San Paolo eremita sull’isola di Galovaz (Galovac). Analizzando l’impianto compositivo della pala di Galovaz, Lorenzo Benevenia (1907, p. 58) afferma che il suo modello è la celebre Sacra conversazione di Vittore Carpaccio della cattedrale di Capodistria. Inoltre, Ventura conosceva probabilmente anche la stampa di Marcantonio Raimondi raffigurante la Madonna e santi domenicani (Kudiš 1993b, pp. 43-44) sulla quale Bibliografia: Santangelo 1935, p. 199; Gamulin 1972, pp. 22-32; Matejèiæ 1982, p. 562; Braliæ 1997, pp. 97-106; Walcher, in Alisi 1997 [1937], p. 191, fig. 218. VB 562. Visinada, chiesa cimiteriale della Beata Vergine Maria Zorzi Ventura (Capodistria, documentato dal 1589 al 1604) Madonna con il Bambino in trono e santi olio su tela, 226 x 134 cm 562 418 VISINADA è da credere si sia basato per realizzare entrambi i dipinti, sia per quanto riguarda l’impianto compositivo che per alcuni dettagli, come il modello della chiesa che il santo della pala di Visinada posto sul lato sinistro tiene in mano. A differenza della stampa, Ventura, sicuramente per l’influenza delle soluzioni veronesiane, contrappone le massicce colonne del trono della Madonna alle eleganti ed aeree costruzioni architettoniche sullo sfondo rischiarate da una luce solare. Sebbene in entrambi i dipinti l’architettura sia quasi identica, tale effetto è molto più marcato nel dipinto di Galovaz per via del diverso rapporto tra altezza e larghezza. Sia nella pala di Visinada che in quella di Galovaz la Madonna tiene nella mano sinistra un uovo che con un gesto confidenziale mostra all’osservatore e offre al Bambino. L’uovo è l’emblema della speranza e della risurrezione, ossia del sacrificio e della gloria di Cristo (Grgiæ, in Leksikon 1979, p. 290; Gardina 2003, pp. 37, 76, catt. 1, 11). Anche questo motivo accomuna le due pale. È possibile che il loro aspetto e contenuto siano affini in conseguenza di un desiderio esplicito della committenza, in entrambi i casi i francescani terziari che mantenevano stretti collegamenti fra Zara e Capodistria. La chiesa dell’ordine di Galovaz, va aggiunto, venne rifatta e riconsacrata nel 1596 quando ne era guardiano Mihael Nisich (Gardina 2003, p. 37, cat. 1). In tale contesto è interessante notare il fatto che nella pala di Galovaz san Michele arcangelo è collocato nella posizione più importante, quella a destra della Madonna. Gli altri santi raffigurati nelle due opere confermano la specifica iconografia francescana. Nella pala di Santa Maria del Campo questi sono da sinistra a destra: Francesco d’Assisi, Antonio abate, dal cui mantello sbuca un piccolo maialino e ai cui piedi arde un fuoco, e Girolamo con il modello della chiesa. Sull’altro lato si trovano Bonaventura (?), Matteo o Barnaba, e Giovanni Battista. Benevenia (1907, p. 58) suggeriva che il santo vescovo senza attributi distintivi che compare anche nella pala di Galovaz potesse essere in realtà san Bonaventura. Secondo Edvilijo Gardina (2003, pp. 36, 78, catt. 1, 11) l’angelo inginocchiato al centro forse potrebbe costituire l’emblema del santo qui raffigurato al posto di san Michele arcangelo e quindi identificarlo in Matteo evangelista. È abbastanza verosimile che si tratti invece di san Barnaba titolare della parrocchiale medievale di Visinada. La leggenda narra che gli abitanti di Listra lo scambiarono per Giove a causa della sua imponente costituzione fisica e il suo legame con il Vangelo di Matteo è un aspetto fondamentale della sua personalità (cfr. cat. 553; Badurina, in Leksikon 1979, p. 139). È altresì interessante il fatto che sant’Antonio abate, presente in entrambe le opere, sia eseguito in base alla figura dello stesso santo della pala di Marco Vecellio che si trova sull’altare maggiore della parrocchiale di Visignano (cat. 551; Kudiš Buriæ 1999, pp. 205-206; Gardina 2003, p. 37, cat. 1). Ventura potrebbe aver avuto occasione di osservare bene il dipinto di Vecellio quando nel 1598 gli venne commissionata o consegnò la Madonna del Rosario, membri della Lega Santa e i Misteri del Rosario per la parrocchiale di Visignano (cat. 552). L’iscrizione che era posta sulla pala venne verosimilmente cancellata nel 1931. Tuttavia i due dipinti che possono essere messi in relazioni con essa, la Madonna in gloria, san Girolamo e santi (cat. 553) e la pala di Galovaz recano iscritto il 1602. È possibile che Ventura abbia realizzato prima la pala per la parrocchiale di Visinada e successivamente questa per i frati di Santa Maria del Campo, che avrebbe poi indotto i religiosi a commissionargli anche il dipinto di Galovaz. Durante il “restauro” del 1931 la pala, come il dipinto raffigurante il Trono di Grazia e i santi Domenico e Matteo (cat. 563), è stata pulita per far aderire meglio la ridipintura, ossia è stato asportato lo strato finale di colore. Per questo è scomparsa l’iscrizione sul cartellino e l’opera appare per così dire “incompiuta”. In occasione del restauro della Madonna con il Bambino in trono e santi, eseguito all’inizio degli anni novanta del secolo scorso presso l’Istituto di restauro delle opere d’arte di Zagabria, è stato assodato che stranamente quasi non sono presenti pentimenti, di solito del tutto normali per Ventura. Sono state rilevate solo piccole modifiche sullo sfondo tra le colonne. Il dipinto è stato restaurato nel 1990 presso l’Istituto di restauro delle opere d’arte di Zagabria da Tito Dorèiæ. Bibliografia: Santangelo 1935, p. 199; Prijatelj 1975c, p. 25; Braun 1993, p. 259; Kudiš 1993b, pp. 43-44; Walcher, in Alisi p. 190, fig. 213; Kudiš Buriæ 1998, pp. 203-206; Gardina 2003, pp. 76-78, cat. 11. NKB 563. Visinada, chiesa cimiteriale della Beata Vergine Maria Pittore veneto, 1639-1645 (?) Trono di Grazia e i santi Domenico e Matteo olio su tela, 240 x 125 cm collocazione: altare laterale, attualmente presso la raccolta della parrocchia Dio Padre è raffigurato sulle nuvole colto mentre sorregge la croce su cui è inchiodato Cristo. Questi ha il corpo leggermente piegato e il capo reclinato verso sinistra. Al di sopra è posta la colomba simbolo dello Spirito Santo. A sinistra san Domenico genuflesso reca il giglio. Sul lato opposto siede san Matteo, che trattiene un libro sulle ginocchia e ha alle sue spalle un angelo. La pala proviene dalla chiesa cimiteriale della Beata Vergine Maria, nota anche come Madonna del Campo, che si trova in località Santa Maria del Campo presso Visinada. L’altare della Santissima Trinità viene citato negli atti delle visite pastorali della diocesi parentina per la prima volta nel 1645 (del Giudice 1645, c. 132r). In occasione della precedente visita del vescovo Ruggero Tritonio, effettuata nel 1639, non si fa menzione dell’altare e pertanto la sua costruzione va fatta risalire all’arco di tempo fra le due visite. Esso era di pertinenza di una confraternita e godeva di una rendita annua di 150 ducati (del Giudice 1653, c. 15r). La pala è stata restaurata nel 1931 e in quell’occasione ha subito il medesimo intervento effettuato sulla Madonna con il Bam419 ZAMBRATTIA Non bisogna dimenticare che fino quasi alla fine del settimo decennio era attivo nella città lagunare anche Matteo Ponzone, promotore di quella tradizione pittorica riconducibile prima a Jacopo Palma il Giovane, in seguito a Sante Peranda e che talvolta viene definita come rinnovamento neotintorettiano (Pallucchini 1981, p. 87). In questa temperie artistica l’ignoto autore della pala di Visinada realizza un’opera che, in riferimento alla probabile data di esecuzione, non risulta troppo ritardataria rispetto alla linea che deriva dal Padovanino. Anzi si percepisce un certo dialogo con il rinnovamento seicentesco della pittura rinascimentale veneziana che si attua grazie ai suoi allievi. Ciò si evidenzia soprattutto nell’impianto compositivo, nell’impostazione delle figure dai volumi definiti. Si tratta di un’interpretazione della pittura di Padovanino simile a quella che si riscontra nelle poche opere note di Bartolomeo Scaligero (Venezia, documentato dal 1629 al 1640), seguace minore del grande maestro. L’autore della pala qui illustrata è dunque un pittore di media levatura, che si dimostra ben inserito nelle correnti pittoriche veneziane. Bibliografia: Santangelo 1935, p. 199. NKB 564. Zambrattia, chiesa di Santa Maria Maddalena Pittore veneto, fine XVII secolo Crocifissione olio su tela, 142 x 99 cm collocazione: altare maggiore La pala di pittore ignoto raffigurante la Crocifissione che si trova sull’altare maggiore della chiesa di Santa Maria Maddalena, è prossima per la drammatica forza espressiva e le cupe atmosfere chiaroscurali agli esempi della pittura dei te- 563 bino in trono e santi di Zorzi Ventura (cat. 562). È stata infatti rimossa la maggior parte dello strato finale del colore originale, verosimilmente per far aderire meglio la ridipintura. Essa però non è stata completata e si è limitata allo sfondo, precisamente al cielo alle spalle di Dio Padre. Antonino Santangelo (1935, p. 199) segnala il dipinto sulla parete sinistra della chiesa della Beata Vergine Maria di Santa Maria del Campo e giudica il restauro del 1931 “non troppo abile”. Lo studioso assegna con riserva l’opera agli inizi del XVII secolo. Le condizioni di conservazione della pala sono effettivamente precarie e mancano completamente le velature finali. L’impianto compositivo semplice, la monumentalità delle figure dai gesti trattenuti poste sul primo piano, risultano compatibili con la datazione che si desume dai riscontri documentari. I volumi sono resi mediante un chiaroscuro abbastanza marcato. Sugli incarnati la pennellata è lisciata, mentre sui panneggi è decisa e dinamica, per farsi fioccosa sulle nuvole. Pertanto sembra che il colorito originale fosse chiaro. Rodolfo Pallucchini (1981, p. 171) scrivendo della “generazione veneta rinnovata” del secondo quarto del XVII secolo, sottolinea che essa “annovera pittori di prima grandezza in senso seicentesco, come i veneziani Pietro Vecchia e Giulio Carpioni, i padovani Gerolamo Forabosco e Pietro Liberi, il vicentino Francesco Maffei. Tali pittori per un cinquantennio almeno, cioè tra il 1630 e il 1680, tennero il campo con autorità a Venezia, a Padova, e a Vicenza”. Sono tutti, eccetto il vicentino Maffei, allievi del Padovanino. Attraverso linguaggi personali e abbastanza differenziati tra loro, hanno aperto la strada al Barocco. 564 420 ZAMBRATTIA nebrosi del Seicento veneziano, anche se le posture eleganti delle figure dai movimenti manierati rivelano l’influenza delle correnti decorative accademiche di fine secolo. Il Cristo crocifisso è posto sull’asse centrale davanti a un cielo turbinoso che rischiara scenograficamente lo sfondo. Come di consueto, la Madonna e san Giovanni evangelista sono collocati simmetricamente ai due lati, mentre Maria Maddalena è genuflessa ai piedi della croce. Il patetismo accentuato delle figure si accompagna dunque a una forte tensione chiaroscurale. La tipologia dei personaggi e i dettagli del modellato, specie nella resa delle fisionomie dai profili tagliati di netto con i nasi lunghi e marcati, avvicinano i santi di Zambrattia alle tipologie del tardo Luca Giordano (Napoli 1634-1705) quando, dopo il rinnovato interesse per la pittura romana, rivela influenze del classicismo barocco. In particolare il profilo classicheggiante di Maria Maddalena è prossimo a molte sante del maestro napoletano degli ultimi decenni del Seicento. Anche la postura e lo studio anatomico di Cristo hanno caratteri classicheggianti. Non sorprende quindi che la mimica teatrale dei personaggi e l’espressiva stilizzazione dei volti che in modo trattenuto esprimono dolore e tristezza, si possano rapportare alla patetica immaginazione di Francesco Pittoni (Venezia 1654-1724 ca). Infatti, le opere di questo artista, prevalentemente di tematica religiosa, con cui sul volgere del secolo fornisce la provincia veneziana, presentano una stretta connessione con il “giordanismo di fine Seicento” (Sassu 2001, II, p. 862). Nel dipinto di Zambrattia i panneggi dai colori intensi scendono in pieghe morbide e arrotondate, dipinte con pennellate pastose e fluide, come si può ben vedere nella resa della veste rossa e del manto blu della Madonna o anche della veste gialla e verde chiara di Maria Maddalena. Il disegno e il gioco delle pieghe arrotondate non corrispondono alla logica della caduta del tessuto; presentano altresì una somiglianza con i panneggi dalle linee serpentinate di Luca Giordano. Le figure di Zambrattia sono tuttavia più deboli di quelle del maestro napoletano, la loro esecuzione è più schematica e presentano una maggiore semplificazione. Nonostante alcune generiche somiglianze, in particolare nella forte carica patetica, la tipologia dei santi qui raffigurati non può essere collegata in modo diretto nemmeno a Francesco Pittoni. Il torso di Cristo non possiede una definizione anatomica così accentuata e un vigore del modellato scultoreo come quella di Cristo della sua Crocifissione di Caerano San Marco (Pilo 1982, pp. 39, 68, nota 3, figg. 41-42). Pertanto, la pala di Zambrattia può soltanto essere assegnata all’ambito pittorico di fine Seicento influenzato da un giordanismo stemperato. La superficie risulta estremamente scurita e sporca con strati sovrapposti di vernice che impediscono la lettura di tutti i dettagli formali e quindi una più precisa definizione dei rapporti dell’autore di questa pala con la cerchia di influenza giordanesca nella pittura veneta di ambito periferico degli ultimi decenni del XVII secolo. Bibliografia: Jeleniæ 1997, pp. 88-89; Braliæ 2000, pp. 21-22. VB 565. Zambrattia, chiesa di Santa Maria Maddalena Giuseppe Angeli (Venezia 1712-1798) Salita al Calvario olio su tela, 142 x 99 cm collocazione: parete della chiesa 565 421 ZAMBRATTIA Cristo con il capo cinto dalla corona di spine sale al Golgota (Mt 27, 32; Mc 15, 21; Lc 23, 26-32; Gv 19, 17). È colto nel momento in cui si ferma davanti alle donne di Gerusalemme raffigurate in secondo piano a destra, identificate dalla tradizione nella Vergine e nelle Tre Marie (Hall 1991, p. 277). Con un braccio si appoggia a una roccia e con l’altro regge sulle spalle la croce. Lo aiuta Simone il Cireneo che, chinato in avanti, tiene l’asse della croce. In secondo piano sono assiepati i soldati che accompagnano il corteo. Indossano l’elmo, e uno di essi trattiene il capo della corda che cinge Cristo. La scena si svolge davanti ad un cielo scurito blu-verde. Una serie di somiglianze formali e tipologiche accostano la Salita al Calvario di Zambrattia alle opere del pittore veneziano Giuseppe Angeli, dalla cui feconda bottega uscirono numerosi dipinti con soggetti religiosi richiesti dalla committenza istriana e dalmata. Nello specifico, il dipinto qui illustrato può essere collegato alla quinta stazione della Via crucis che si trova nella chiesa di Santa Maria del Giglio di Venezia, realizzata tra il 1752 e il 1755. Giuseppe Angeli dipinse anche la decima stazione di questa Via dolorosa, fatta eseguire a sette giovani artisti quale ex voto dai fratelli Marcandrea e Sebastiano Pisani (Mollenhauer Hanstein 1986, p. 49, figg. 45, 46). Nella tela di Zambrattia e in quella veneziana la postura e la fisionomia di Cristo sono affini, anche se l’inquadratura in quella di Zambrattia, con i protagonisti a mezza figura, è più ravvicinata come del resto si addice al formato orizzontale. Risultano analoghi, inoltre, la postura di Simone il Cireneo e il gruppo di soldati nella parte sinistra. Assai simile è anche la scelta cromatica che accomuna entrambe le opere. Tuttavia, nel dipinto di Zambrattia i volumi sono più solidi e più levigato il modellato, le figure risultano ben proporzionate, ma come raggelate in un patetismo sdolcinato. L’impianto compositivo è equilibrato anche per l’accordo cromatico dei toni pastello, dei rosati, dei viola, dei gialli e dei verdi. Perfettamente riconoscibili sono le figure dalle espressioni fortemente patetiche entro il repertorio di Giuseppe Angeli. In particolare si impongono le analogie con l’Ultima Cena della chiesa dei Santi Quirico e Giulitta di Lonigo (Vicenza) del 1749 (Cevese, in I Tiepolo 1990, pp. 98-100, cat. 2.19), da cui derivano le fisionomie e le espressioni di Cristo e di Simone il Cireneo. La Salita al Calvario presenta, come del resto avviene nelle due pale di Visinada (catt. 560, 561), quella variazione degli impianti compositivi che Angeli attua nella prima metà del sesto decennio. Ma nel dipinto di Zambrattia si rileva anche una resa più bloccata delle forme in quanto marcatamente più plastiche, aspetto che dopo il 1760 diviene un dato predominante delle sue opere. Secondo Mariana Mollenhauer Hanstein (1986, pp. 44-64) è proprio nella seconda metà del sesto decennio, dopo una fase in cui le forme sono condotte in modo più fluido, che l’artista ritorna a figure dalla forte plasticità recepita sotto l’egida del registro pittorico di Giambattista Piazzetta. Le superfici si fanno levigate, il disegno più accurato e preciso, maggiore è la propensione alla simmetria e all’equilibrio compositivo. Le precarie condizioni di conservazione non consentono comunque prima del restauro e della rimozione delle grossolane ridipinture un’analisi più dettagliata della qualità formale e una datazione più precisa del dipinto. Bibliografia: Braliæ 1997, pp. 97-106. 422 VB A p pa r at i 423 424 Bibliografia MANOSCRITTI 1616-1650 Matična knjiga umrlih, Župa Labin, travanj 1616. do 1650., Pisino, Državni arhiv u Pazinu [Archivio di Stato di Pisino], spis (ms.) II (130), 1616-1650 1622 Tritonio L., Visite Generali, 1622., Parenzo, Biskupski arhiv [Archivio vescovile], spis (ms.) knj. 2, 1622 1634 Tritonio R., Visite Generali, 1634., Parenzo, Biskupski arhiv, spis (ms.) knj. 3, 1634 1639 Tritonio R., Visite Generali, 1639., Parenzo, Biskupski arhiv, spis (ms.) knj. 4, 1639 1645 del Giudice G., Visite Generali, Parenzo, Biskupski arhiv spis (ms.) knj. 5, 1645 1649 del Giudice G., Visite Generali, Parenzo, Biskupski arhiv, spis (ms.) knj. 6, 1649 1651-1682 Matična knjiga umrlih, Župa Labin, travanj 1651. do 1682., Pisino, Državni arhiv u Pazinu, spis (ms.) III (131), 1651-1682 1653 del Giudice G., Visite Generali, Parenzo, Biskupski arhiv, spis (ms.) knj. 7, 1653 1658-1659 Marcello A., Visite Arciducali fatte del anno 1658 et venete 1659, Fiume, archivio della chiesa di San Vito, ms., 1658-1659 1663 del Giudice G., Visite Generali, Parenzo, Biskupski arhiv, spis (ms.) knj. 10, 1663 1667-1668 Petronio Caldana N., Visite Generali, 1667-1668, Parenzo, Biskupski arhiv, spis (ms.) knj.11, 16671668 1676-1677 Adelasio A., Visite Generali, Parenzo, Biskupski arhiv, spis (ms.) knj.12, 1676-1677 1688 Adelasio A., Visite Generali, Sanvincenti, Župni arhiv [Archivio parrocchiale], ms., 1688 1714 Vaira A., Visite Generali, Parenzo, Biskupski arhiv, spis (ms.) knj. 19, 1714 OPERE A STAMPA Generalis 1740-1741, Parenzo, Biskupski arhiv, spis (ms.) knj. 25, 1740-1741 1556 Rapicio A., Histria, Vienna 1556 1743 Negri G., Primae Visit(atio)nis Generalis 1743, Parenzo, Biskupski arhiv, ms.,1743 1603 Ripa C., Ikonologija, edizione croata di Iconologia, 1603, traduzione di B. Jozić, prefazione di J. Belamarić, Split 2000 1745 Negri G., Primae Visit.nis Generalis - Parte Austriaca 1745, Parenzo, Biskupski arhiv, ms., 1745 1780 Polesini F., Decreta Primae Visit(ationi)s Generalis Parentij 1780 - Parte Austriaca, Parenzo, Biskupski arhiv, ms., 1780 1846 Weber N., Notizie Patrie, (1846) frammento del manoscritto trascritto da G. Millet ���������� in Catalogue des négatifs de la collection chrétienne et byzantine fondée par Gabriel Millet, Parigi, �������� Centre ���������������� d’études Gabriel Millet - Phototéque. Ècole��������������������� pratique des hautes études (������������������������������������������ EPHE�������������������������������������� ) - ���������������������������������� Section des sciences religieuses��, ms., 1955 1910 Tamaro A., Elenco di opere d’arte esistenti nell’Istria compilato dal dottor Attilio Tamaro ad uso esclusivo del Comitato belle arti per l’Esposizione Istriana, Trieste, Biblioteca Civica, R.P. 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Fossaluzza G., Esempi di un avvio “umbratile” al Rinascimento in Istria e Dalmazia, in Istra in zgornji Jadran v zgodnjem novem veku: umetnostni dialog med obalo in celino / L’Istria e l’Alto Adriatico nella prima età moderna: un dialogo artistico tra l’entroterra e la costa, Atti del Convegno Internazionale / Mednarodni znanstveni sestanek (Capodistria, 16-18 giugno 2004), s. d., in corso di stampa Indice Aachen Hans von, 129, 307 Adalperto (o Adalpero) vescovo, 418 Adam Robert, XVIII, XIX n 47 Adelasio Alessandro, 382 Agresti Livio, 114 Akotantos Anghelos, 219, 224, 294 Alberti Giuseppe, LXIII n 102 Alberti Leandro, XVII, XVIII n 36 Albertini Gaspare, 60 Alberto da Costanza, XXXVI Albrizzi Giovanni Battista, 55, 252, 254 Aldobrandini Pietro, 354 Alessandro VII, 48 Alfonso d’Este, 354 Aliense, vedi Vassilacchi Antonio Aliprandi Antonio, XX Alisi Antonio, XV, XVI, XX, XXI, XXVII n 11, XXVII n 14, XIX n 40, XXX n 85, XXXI n 98, LXIV n 113, 13, 14, 15, 28, 43, 44, 70, 73, 78, 88, 93, 97, 100, 102, 104, 105, 106, 108, 152, 154, 156, 160, 163, 256, 277, 363, 392, 397, 398, 404, 408, 418 Allason Thomas, XVII Almerigotti Francesco, LXXI Alugaro Giacomo, XLI, 396, 398 Amalteo Pomponio, XXVIII n 39 Amati Amato, XXX n 64 Amigoni Jacopo, 32, 245, 347 Andrea del Castagno, XXXVI Andrea Vicentino, A. Michieli detto, XLI, XLVI n 66, 39, 308, 362, 409 Angeli Giuseppe, XXVI n 6, XXXI n 112, XXXIV n 169, LV, LIX, 24, 54, 55, 56, 60, 95-97, 415-418, 421-422 Angelini Antonio, XIX, XXIX n 63, 284, 285, 287, 294, 296, 299, 300, 302, 312, 314, 327, 328, 330 Antonello da Messina, Antonello di Antonio detto, 16 Antoniazzi Rossi Elisabetta, 347, 350 Antonio da Padova, XXXVII, 172-173 Apakas Ioannis, 276 Apih Elio, XXXI n 106 Argenti Giovanni Battista, 83-84 Argentini Andrea, 152 Arslan Wart, XVI, 33, 382 Asburgo, XLVI n 40, LVI, LXV, LXVI Assonica Bartolomeo, XXI Assonica famiglia, XXI, Auersperg Enrico, LII, 20 Auersperg famiglia, LXI, 20 Auersperg Guglielmo, 20 Babudri Francesco, XIX, XXI, XXX n 66, XXXI n 93, XXXI n 96, XXXI n 97, 168, 181, 185, 189, 195 Bačić Boris, XXXIII n 150 Bäcker Martha Elisabeth, 357, 359 Badoer famiglia,117 Badoer Marco,117 Baffo Francesco, 330 Bakliža Nelka, 319, 320, 321, 325 Bakšić Grgur, 173 Baldini Marino, 155, 156 Balestra Antonio, XXVIII n 39, LVI, LIX, 6, 32, 350, 351 dei Nomi Bambini Giovanni, 303 Bambini Nicolò, LV, LVII, LXIII nn 83-84, 18-19, 302-303 Bambini Stefano, 303 Bandera Viani Maria Cristina, 295 Banzato Davide, 159, 347, 350 Barbalich Geromella Elis, V, IX Barbaro famiglia, 36 Barbaro Giacomo, 36 Barberini Maffeo, 214 Barbi Barbo, 22, 32 Barbi famiglia, 32 Barbieri Giovan Francesco, vedi Guercino Barricolo Francesco, 206-207, 208-209 Barrocci Federico, 409 Bartiroma Francesco, XLVII n 86, 6, 7, 14, 73, 85, 127, 387 Bartolić Marijan, 281 Bartolomeo della Nave, Ceriani B. detto, 323 Bartolomeo della Porta, vedi Bartolomeo fra Bartolomeo di Andrea, 257 Bartolomeo fra, Bartolomeo della Porta detto, 409 Bartolomeo Scaligero, 420 Bartolozzi Francesco, 55, 176, 252 Basaiti Marco, 181, 183 Baschenis Evaristo, 100 Basich Zuane, 141 Basilisco famiglia, LII Basilisco Giambattista, 317 Bassano famiglia, 174 Bassano Francesco il Giovane, Da Ponte F. detto, XLI, 166, 167 Bassano Jacopo, Da Ponte J. detto, 61, 166, 174, 292, 325, 398, 399, 401 Bassano Leandro, Da Ponte L. detto, 325 Bassano pittori, 115, 167, 326 Bassi Bartolo, 259-260 Bassi Marco, LII, LIII, LIX, 233-234 Bastiani famiglia, XXXI n 98 Bastiani Lazzaro, XXXI n 98, XLV n 25, 81-83 Bašić Ivan, vedi Basich Zuane Bathas Tommaso (o Tomios), 268-277, 295 Batoni Pompeo Girolamo, 208 Battistella Simone, 316 Bedenko Vladimir, XXV Begić Majda, 136 Bellini Gentile, 82, 256 Bellini Giovanni, XX, XXX n 85, XXX n 86, 224, 256, 257, 10, 82, 181, 318, 319, 354 Bellini Jacopo, XLV n 7, 80 Bellini pittori, XLV n 7 Bellori Giovan Pietro, 215 Bellucci Antonio, LV, 342, 343, 346 Beltrame Jacopo, 115 Belušić Lavinia, IX, XIII Bencich famiglia, XLII Benco Silvio, XIX, XXIII, XXVII n 20 Bencovich Federico,XXXIII n 166, XXXIV n 167, 350 Benedetti Andrea, 392, 397 Benedetto XIV, 120, 192, 207 442 Benevenia Lorenzo, XXI, XLVII n 69, 281, 418 Benfatto Alvise, detto del Friso, 397 Benussi Bernardo, XXIX n 63, 282, 283, 284, 285, 287, 299, 300 Benussi Domenico, 299 Benussi famiglia, 72 Berenson Bernard, XX, XXX n 86 Bergamini Giuseppe, 307 Bergant Fortunat, vedi Bergante Fortunato Bergante Fortunato, 57 Bernardi Jacopo, XVIII, XIX, XX, XXIX nn 56-59 Bernardino da Parenzo, XXI Berrettini Pietro, vedi Pietro da Cortona Bertoša Miroslav, XXVIII n 33, XLV n 38, XLVI n 40, XLVII n 86 Bertoša Slaven, XXVIII n 33 Besenghi famiglia, 233 Besenghi Giovanni Pietro Antonio, 233 Besenghi Pasquale, LII, LIX, 231, 233, 234 Bettini Sergio, XXIII, XXV, XXVI, XXVII n 29, XXXII nn 132-133, 295 Bevilacqua famiglia, LII Bezić Božanić Nevenka, XXXIV n 168 Biagio di Giorgio da Traù, XXXIV n 168 Biagio Raguseo, XXXVII, XLV n 28 Bianchi di Livorno, 349, 350 Bianco Fiorin Marisa, 78 Bielen Zlatko, 4, 5, 39, 46, 115, 129, 130, 148, 156, 242, 314, 383 Bigozzi Giuseppe, 60 Billanovich Maria Pia, XXXI n 106 Biondi famiglia, 290 Biondi Francesco, LII, 290, 316 Biondi Giuseppe, LII, 290, 316 Bison Giuseppe Bernardino, 292 Bissolo Francesco, XLI, 318-319 Blaž Dubrovčanin, vedi Biagio Raguseo Blaž Jurjev, vedi Biagio di Giorgio da Traù Blessich Antonio Maria, 299 Bogavčič Ivan, 409 Bogetić Antun, V Bombelli Sebastiano, 197, 201 Bon Alvise, 181 Bon Ambrogio, 337-340 Bonazza Francesco, 147-148 Boni Mauro, XVIII Bonzi Pier Paolo, detto Gobbo dei Frutti o Gobbo de’ Carracci, 108 Bordon Paris, 155 Borgia Francesco, 230 Borgognone, Courtois Jacques detto il, 102, 103105 Borisi Bernardo, 123 Borisi famiglia, 123 Borković Martin, 176 Borri Giusto, XXVIII n 34 Borromeo Carlo, XXXIX, XLVI n 47 Borromeo Federigo, 168 Boschini Marco, XLI, XLII, XLVI n 63, 74, 82, 93, 279, 284, 299, 300, 380, 383, 399 Bossi Bartolo, 259, 260 Bossi Bartolomeo, 260 Bossuet Jacques-Bénigne, 55, 254 Bottari Giuseppe Maria, LI, 18 Botteon Vincenzo, XX Bozzatini Marino, 33, 49, 59 Božidarević Nikola, XLV n 28 Bradanović Marijan, V, XXXVIII n 32 Bragadino Francesco, 257 Bralić Višnja, IX, XIII, XXVI n 3, XXVIII n 38, XXXIV n 169, 60, 95, 180, 185, 233, 234, 300, 329, 332, 334, 335, 336, 348, 350, 353, 380 Brandolese Pietro, 148 Brandolini Pietro, 6 Brandolini Santo, 181, 194 Braschi Giovanni Angelo, 207-208 Bratož Rajko, LIV, 30, 179 Bratulić Šimun, 176 Braun Mario, V, IX, 3, 4, 130 Bravi Mattia, 314 Breic Tomaž, 112, 123, 166 Brescianino, Monti Francesco detto il, 104 Brill Paul, 105-106, 159 Bristot Annalisa, 73, 74, 75, 285, 406 Bruegel Abraham, 108 Brueghel Jan il Vecchio, 168 Brusaferro Gerolamo, 33 Budicin Egidio, 4, 5, 115, 129, 130, 148, 156, 346, 358, 370, 371, 372 Budicin Marino, IX, XXVI n 1, XXVI n 4, XXIX n 42, XXIX n 63 Budinich Cornelio, XXV Burckhardt Rudolf, XX Burton Richard Francis, XXVIII n 32 Caenazzo Domenico, 312 Caenazzo famiglia, LII, 312, 314 Caenazzo Iseppo, 312 Caenazzo Nicolò, 312 Caenazzo Tomaso, XIX, XXIX n 63, 287, 290, 303, 312, 314, 327, 330, 357 Caffi Michele, 82 Caliari Carletto, XXVIII n 39 Caliari Paolo, vedi Veronese Calza Antonio, 101-103, 104, 105 Calza Canciani Rina, XXIII Camerata Giuseppe, XXVI n 6, LI, LII, LVII, LVIII, 28-32, 178-180, 189 Camerich Zorzi, XLI Camesasca Ettore, 181 Campsa Paolo, XXXVII, XXXVIII, XLV n 5, XLV n 31, LIII, 112 Canal Giambattista, 292 Candelari Antonio, 121 Candelari Paolina, 121 Candido Pietro, Witte Pieter de detto, 215, 330, 331 Canova Antonio, 286 Caprin Giuseppe, XIX, XX, XXI, XXX n 72, XXX n 85, XXXI n 95, XXXI n 101, XLII, XLVII n 67, XLVII n 69, 4, 168, 169, 201, 281, 360 Caravaggio, Merisi Michelangelo detto il, 161 Carboncino Giovanni, XXVI n 6, XXXIV n 169, LV, LVI, 63, 69, 336 Carducci Giosuè, XXX n 72 Cargnati Francesco, 204 Carli (Carlorum) Almericus, 205 Carli Agostino, 205 Carli Bradamante Tarsia, 198 Carli Caterina, 199 Carli famiglia, XXIX n 40, LXII n 2, LXVIII, 197, 199, 205 Carli Gian Rinaldo, XVII, XXI, XXVIII nn 32-33, XXX n 65, XXXI n 106, LXX, LXXI, 205 Carli Gian Stefano, 205, 197-198 Carli Girolamo, 198 Carli Rinaldo, 198-199, 201 Carli Stefano, XXIX n 40, LXII n 2, LXXI, 197 Carlin Zuanne fu Serafino, LXII n 36 Carlo I Stuart d’Inghilterra, 402 Carnea Steffaneo Francesco Maria di, XX Carneo Antonio, 174, 307, 352 Carneo Giacomo, 307 Carpaccio Benedetto, XIX, XX, XXI, XXVII n 23, XXX n 69, XXX n 86, XXXI n 100, XXXII n 128, XLII, 281 Carpaccio Pietro, XXI, XLII Carpaccio pittori, XVIII, XXXIII, XXX n 69, XLII Carpaccio Vittore, XIX, XX, XXI, XXII, XXVII n 23, XXX n 69, XXXI n 99, XXXV, XLII, 82, 83, 123, 281, 418 Carpioni Giulio, 46, 299, 300, 352, 420 Carracci Agostino, XLII, 4, 12, 130, 160, 196, 211, 364, 409, 410 Carracci Annibale, XLII, LXIII n 84, 129, 130, 211, 350, 402 Carracci incisori, XLIII Carrara Giovanni, XIX Casale Gerardo, 278 Cassana Niccolò, 352 Cassas Louis-François, XVIII, XXIX n 44 Casser Sebastiano, 279 Castellani Francesca, XIX, XXIII, XXVII n 14, XXVIII n 39, XXIX n 50, XXIX n 55, XXX nn 73-74, XXXI n 114, XXXII n 120. XXXII n 125, XXXII n 127 Castelli Bernardino, 50 Castelnuovo Enrico, XXVI n 2 Catena Vincenzo, XX Cattessich Matio, XL Cattini Giovanni, 254 Cavalcaselle Giovan Battista, XIX, XX, XXI, XXX n 69, 181 Cavalier Bevilacqua, vedi Salimbeni Ventura Cavalier d’Arpino, Cesari Giuseppe detto il, 101 Cavalier Tempesta, Mulier Pieter detto il, 107, 349 Cavalieri Diego, 256 Cavallotti Felice, XXX n 72 Cebej Anton, LXI, 21, 120, 122, 251, 259, 375 Cecchelli Carlo, XXIII, XXVII n 16 Ceccotti Gian Giuseppe Bonifazio, 209, 211, 212 Celesti Andrea, LXIII n 84, 335-336 Cella Sergio, XXIX n 62, 111 Ceneda Master (Maestro di Ceneda), 80 Čermak Leonarda, 19, 166, 204 Cerquozzi Michelangelo, 104 Cervani Giulio, XXXVIII n 33 Cesari Giuseppe, vedi Cavalier d’Arpino Cetinić Željka, XXXIV n 169 Cevc Anica, 57 Cevc Emil, XXV, XXXIII n 156 Cevola Francesco, XXXVII, 180-183 Chatzidakis Manolis, 268, 295 ��� Chauveau François, 89 Cherini Aldo, XXXVIII n 34, XXX n 65 Cherubini Giuseppe, XXXI n 114, XXXI n 115 Chiappini di Sorio Ileana, 80 Christoforo da Ferrara, 80 Cignani Carlo, 350 Cignaroli Giambettino, 28 Cikač Kovačić Sonja, 90, 213, 216, 217, 253, 360 Cima da Conegliano, Giovanni Battista C. detto, XVIII, XIX, XX, XXVII n 23, XXXIII n 144, 85, 181 Cirello Giulio, 44, 147 Ciretti (sic) Giulio, 43 Cittadini Pier Francesco, 329 Ciulinovich Giorgio, vedi Čulinović Juraj Ciurana Marietta, XL 443 Claut Sergio, 70, 91, 231, 233, 322 Clemente XII, 120, 207 Clemente XIII, 206 Clemente XIV, 56-57, 208 Clerigino di Capodistria, XXXVII, XLV n 25, 281 Clérisseau Charles Louis, XVIII, XXIX n 47 Cochin Noel, vedi Monsù Cussin Coli Giovanni, LXIII n 59 Collobi Licia, 82 Combi Carlo, XIX, XXIX n 60, XXIX n 62, XXX n 80 Coninxloo Gillis van, 105 Contarini Andrea, XXXVIII Contarini famiglia, XXI, LXIX, 233 Contarini Giovanni, XXVI n 6, XL, XLII, XLIV, 73-75, 284, 285, 304, 305, 405-406 Conte Tiziana, 322 Conti Michelangelo, 206-207 Cook Cathy S., 322 Coppo Pietro, XXVIII n 36 Corelli Melchiorre, XXX n 64 Coriolano Giovanni Battista, 261 Corna Andrea, 181 Cornaro Caterina, 360 Corner Giovanni, LV, 84, 148, 154, 240, 250, 256 Corona Leonardo, XXVI n 6, XLI, XLII, XLIV, 112-113, 284, 388 Corsini Lorenzo, 207 Cort Cornelis, 5, 11, 12, 21, 114, 115, 130, 156, 410 Cossa Pietro, XXX n 72 Cossàr Ranieri Mario, XXVIII-XXIX n 40 Courtois Jacques, vedi Borgognone Coxie Michael, 410 Cozzetti parroco, 90 Craievich Alberto, 82, 89, 93, 97, 100, 123, 151, 180, 183, 187, 189 Cranach Lucas il Vecchio, 86, 250, 373 Crespi Giuseppe Maria, 207 Crivelli Carlo, 82 Crowe Joseph Archer, XX, XXI, XXX n 69, 181 Cucchiaro Francesco, 48 Čulinović Juraj, XXX n 166, XXXIV n 167 Curto Argeo, XXVIII n 39 Cusatelli Giorgio, XXIX n 55 Cvetnić Sanja, 167, 329 Cvitanović Đurđica, LXIV n 107, 133, 238, 367, 373 Czernin Huprecht Jan, 300 Czyzowski Girolamo, 305 D’Andri Giovanni, XXVIII n 39 Da Canal Vincenzo, 28, 32, 180 Da Ponte Francesco il Giovane, vedi Bassano F. il Giovane Da Ponte Jacopo, vedi Bassano J. Da Ponte Leandro, vedi Bassano L. Dai Destri Vincenzo, XLI Dalla Volpe Lelio, 120 Dalla Zonca Giovanni Andrea, XIX, XXIX n 63, 70, 71, 72, 75, 77, 87, 90 Damaskinos Michele, 276, 302 d’Ana Batista, XLVII n 88 d’Ana Marchiò, vedi d’Anna Melchiorre Daniel Ladislav, 351 d’Anna Angela, XLVII n 88 d’Anna Baldassare, XXVI n 6, XXXIV n 167, XXXIV n 169, XLIV, XLVII n 88, XLVIII n 91, XLVIII n 93, 63-64, 114, 279-280, 360-362, 379, 409 d’Anna Cornelia, XLVII n 88 d’Anna Gaspare, XLVII n 88 d’Anna Melchiorre, XLVII n 88, 362 Davanzo famiglia, 312 De Amicis Edmondo, XXX n 72 de Bustis Bernardino, 10 de Castro Luigi, 36, 39, 43, 48 De Castro Vincenzo, XXXI n 99 de Coster Angelo, 142 de Filippini Nicolò, 206 de’ Fin Andrea, XL De Franceschi Camillo, XXI, XXXI n 99, LI, LXVIII de Franceschi famiglia, 398 De Grassi Attilio, XXXVIII n 36 De Grassi Massimo, LVIII, LXIII n 70, 39, 70, 71, 72 De Lazara Francesco, XVIII, XXIX n 49-51 de Madonizza Giovanni, XXVIII n 39 De Marchi Andrea, 80, 81 De Nicolò Salmazo Alberta, XXIX n 49, XXXI n 104 de Piccardi Aldrago, 209, 211, 258, 259 de’ Pitati Bonifacio, 117, 155, 319-320 de Ramaix Isabelle, 4 de Rampelli Eleonora, 260 de Rampelli Franjica, 260 de Rampelli Josip, 260 de Rampelli M. Ana, 260 de Rampelli Rozna, 260 de Renzi Polidoro, vedi Polidoro da Lanciano de Ribera Fernando Enríquez Afán, 278 De Rosa Francesco, detto Pacecco, 16 De Rossi Giambattista, 214 de Sarno Prignano Daniele, 349 de Terzi Martin, 260 Debeljuh Miho, XXIX n 63 Debraye Henry, XXXII n 132 Dekleva Stanislava, 162, 166 Del Baccaro Felice, XXX n 72 Del Bello Nicola, XXXI n 99, XXXI n 101 del Giudice Giambattista, 85, 382, 406, 411, 415 Delli Dello, XLV n 7 Delneri Annalia, 349, 350 Demori Staničić Zoraida, IX, XIII, XXXIV n 167 Denich Jasna, 117, 151, 254, 327 Denti Girolamo, 322 Desubleo Michele, 91, 299, 300 Detrico Luigi, 8 Diamantini Giuseppe, XVIII Diliz Franjo, 260 Dirschman Johann Leonhard, 353 Diziani Gaspare, XXVI n 6, XXXIV n 169, LII, LV, LVIII, LIX, 53, 54, 70, 71, 72, 75, 88, 143, 180, 183, 231-233, 234, 287, 384 Diziani Giuseppe, LVII, 70, 71, 72, 180 Dobričević Lovro, 185 Dočkal Kamilo, LXIV n 107, 66, 131 Dolabella Tomaso, 125 Dolce Lodovico, 346 Dolci Carlo, 145 Domenico da Udine, XXXVII Domino Ignazio, XXX n 85, 150 Donà Clara, XXIX n 55 Donà Giovanni Battista, 199 Donatello, Donato di Niccolò di Betto Bardi detto, XXXVI, 148, 241 Dongetti Filippo, 395 Donnazzolo Cristante Cristina, 307 Donzelli Carlo, 284 Dorčić Tito, 4, 5, 19, 39, 46, 72, 77, 148, 203, 245, 346, 368, 370, 371, 372, 419 Doria famiglia, LI Dorigny Louis, LV, 97-99 Dossi Dosso, Luteri Giovanni detto, 354 Dragutinac Mitar, 73 Duplančić Arsen, XXXIV n 167 Duplessis Joseph Sifrède, 206 Dupuis Charles, 368 Durbić Zoran, 105, 154, 168 Durello Francesco, 314 Dürer Albrecht, 260 Dvořak Max, XXII, XXV, XXXII n 139 Đerosić Gavril, 274 Eisenmann Johann, 314 Eismann Johann Anton, 349 Ekl Vanda, XXV, XXX nn 155-156 El Greco, Theotocopuli (o Theotokopulos) Domenico detto, 302, 308, 326 Enrichetta Adelaide di Savoia, 299 Ercole del Fiore, 80 Eugenio di Savoia, 230 Fabiani Rossella, XXX n 69, XXXI n 100 Fabio di Maniago, XVIII Fabris Carlo Alvise, 58, 59-60 Fabris famiglia, 151 Facchinetti famiglia, 204 Fantelli Pier Luigi, 324 Farnese Ranuccio, 407 Ferdinando Carlo d’Austria, 373 Ferdinando di Toscana, 61 Ferrara Marisa, V Ferrarese Giuseppe, 316 Ferrari Luca, XLIV, 46, 147, 299, 300, 328, 329 Ferrari Oreste, 344 Ferrari Pietro, 161 Ferrarino, vedi Perezzoli Francesco Ferreri Pietro, 160-161 Fetti Domenico, LXIII n 62, 26 Fiamma Paolino, 82 Filipović Ivan, LXIV n 107, 133 Filippini famiglia, 62 Filippo II d’Asburgo, re di Spagna, 346 Filippo IV d’Asburgo, re di Spagna, 354 Filostrato il Vecchio, 354 Fiocco Giuseppe, XVI, XX, XXI, XXXIII, XXVII n 29, XXXI n 98, XXXII nn 132-133, XXXVI Fiorentin Nedo, XXVIII n 38 Fisković Cvito, XXVI, XXXIV n 168 Fivizani Giuseppe, 120, 121, 122 Flaccio Mattia (Flacius Mathias / Vlačić Matija), LXIX Flavio Biondo, XVII, XXVII n 36 Flego Ermacora, 238 Flego famiglia, 238 Flego Pietro canonico, 236-238 Fliri Alida, XXIX n 55 Flores D’Arcais Francesca, LVII Fogolari Gino, XXIII, XXVII n 16, XXVII n 29 Folnesics Hans, XXII, XXXI n 10 Fontebasso Francesco, XXVII n 15, XXXI n 114, 291, 292 Forabosco Gerolamo, 420 Forlati Ferdinando, XXIII, XXXII n 126 Fortis Alberto, XVII, XVIII Fossaluzza Giorgio, V, XI, XXXII n 128, XXXIII nn 156-157, XLV n 5, XLV n 7, XLV n 31, LVI, 80, 91, 98, 156, 159, 183, 187, 189, 196, 304, 334, 339, 340, 350, 397 Franceschini Marcantonio, 246, 247, 370 Francesco da Santacroce, XX, XLII Francesco di Simone, 256 Francesco Ferdinando d’Asburgo, XXVII n 32 Francesco I d’Asburgo, XXIX n 40 Francesco II d’Asburgo, XX, XXIX n 40 Francescutti Elisabetta, XXX n 79, XXXI n 100 Franck Pauwels, vedi Paolo Fiammingo Franco Fausto, XXIV, XXXII n 138, XXXIII n 144 Franco Giacomo, 15 Franco Tiziana, XXXI n 109 Frangipane Niccolò, 285 Franjul Antun Vid, 249 444 frate Sebastiano da Rovigno, XXVII n 23 Fratta Domenico Maria, 120 Frigimelica Francesco il giovane, 187 Frigimelica Francesco, 156-159, 187 Frigimelica Pompeo, 187 Frizzoni Gustavo, XIX, XXX n 70 Fučić Branko, XXIV, XXV, XXVI, XXXII-XXXIII n 140, XXXIII n 155, XXXVI, XXXVII, 172, 173, 323, 331, 332, 343, 345, 353, 359 Fuhrman Matija, LXIII n 100 Fumiani Giovanni Antonio, LV, LVI, 341 Furlan Alfons, 258, 259, 260 Furlan Caterina, XXIX n 49, XXIX nn 52-53 Furlanetto Domenico, 280 Furlanetto Matteo, LIX, 280-281 Fyt Jan, 94 Gabrielli Nicolò, 33, 36, 37, 48, 59 Gaia Pietro, 277 Gajardelo Francesca, 284 Galetti Ugo, 181 Galle Cornelis, 167 Gallina Giacinto, XXX n 72 Gamulin Grgo, XXVI, XXXIII n 148, XXXIIIXXXIV n 166, XXXIV n 170, 63, 78, 80, 325, 328, 335, 336, 341, 345, 349, 352, 364, 365, 384, 415 Ganganelli Giovanni Vincenzo, 208 Garagnin famiglia, 24 Gardina Edvilijo, IX, XXIX n 40, XXXI n 107, XLVII n 70, 3, 4, 115, 123, 129, 281, 408, 419 Garrison Edward B., 78 Garzoni Giovanna, 277-278 Gastoldi Enedina, 16 Gavardo Alessandro, LXXI Gentile da Fabriano, Gentile di Niccolò detto, 169 Gheradi Filippo, LXIII n 59 Gherbaz Mattio, 63 Ghidoni (o Gidoni) Matteo, vedi Matteo dei Pitocchi Ghirardi Giulio, XXV, XXVI Ghisleri Antonio Michele, 360 Giacomo Borgognone delle Battaglie, vedi Borgognone Giacomo Cimiterio da Castello, 94 Giacosa Giuseppe, XXX n 72 Giambono Michele, 80, 81 Giaquinto Corrado, 15-16 Ginzburg Carlo, XXVI n 8 Giordano Luca, LV, LVII, LXIII n 84, 16, 46, 347, 348, 344, 345, 421 Giorgini Bartolomeo, XXI, 7, 14, 17 Gioseffi Decio, XXVII-XXVIII n 29, XXXII n 128 Giotto, 161 Giovannelli conti, 95, 97 Giovannelli famiglia, XXVIII n 39 Giovannelli Federico Maria, 95 Giovannelli Giovanni Benedetto, LIX, 95, 97 Giovannetti Andrea, 209 Giovanni Battista d’Angeli (o Battista del Moro), 392 Giovanni da Capistrano, 304 Giovanni da Castua, XXXVII Giovanni d’Alemagna, XXI, 80 Giovanni d’Austria don (o Juan d’Austria don), 360 Giovanni di Malines, LIII, 112 Giovanni Giorgio I di Sassonia, 373 Girolamo da Santacroce (o Santa Croce), XIV, XX, XXVI n 6, XXX n 69, XXXVII, XLII, 8, 10, 11, 148, 256-257, 364 Giulio Romano, Pippi Giulio detto, 346 Giuseppe II d’Asburgo, XVIII, LXI, 20 Giustiniani Lorenzo, 13 Giustiniano, 205 Giustino, 205 Gnirs Anton, XXVIII n 32 Gobbo de’ Carracci, vedi Bonzi Pier Paolo Gobbo dei Frutti, vedi Bonzi Pier Paolo Goineo Giovanni Battista, XVII, XXVIII n 36 Goltzius Hendrick, XLIII, 3, 128, 194 Gonan Giovanni, XL Gosar, LV, 258 Gradenigo Pietro, 60 Grah Ivan, 175, 281 Granić Girolamo M., 194, 195 Grasmair Johann Georg, LX, LXIII nn 102-103 Grassi Nicola, 352-353 Gravisi famiglia, LXVIII Gravisi fratelli, LXXI Grbac Matej, vedi Gherbaz Mattio Greatti Giacomo, XXXIII Gregorio XIII, XLVI n 47 Grezler Gaetano, XXVIII n 39, LXII n 2, 78, 80, 89, 93, 95, 97, 100, 101, 102, 104, 108 Grimani Almoro, 382 Grimani Domenico, 100 Grimani famiglia, XLIV, LII, LXIX, 379, 383, 409, 418 Grimani Girolamo, 410 Grimani Marco Girolamo, 410 Gržinić Juraj, 173 Guarana Jacopo, 287 Guardi Giovanni Antonio, 342 Guariento di Arpo, 181 Guercino, Barbieri Giovan Francesco detto il, 161, 299, 300 Hajnal Ilonka, 116, 160, 161, 385, 417, 418 Hamilton James duca di, 323 Haskell Francis, LI Hauptman Ferdo, XXIV Hauser Lucas, 367, 373 Hochenwart famiglia, 131 Hoerman Tomaž, 258 Hope Charles, 355 Horvat Anđela, XXVI, XXXII n 139 Hoyer Sonja Ana, XXIV Humfrey Peter, XL, XLV n 7, LI, 257 Huter Carl, 80 Hütterott Barbara Elisabeth, 357, 359 Hütterott famiglia, XXVIII n 39, XXIX n 40, XXXIII n 140, VL n 29, 323, 328, 329, 347, 356, 357 Hütterott Georg von, XXVIII n 39, LVII, LXII n 2, 331, 333, 340, 343, 345, 349, 352 Hütterott Henrich Hermann, 329 Hütterott Jacob Philipp, 357, 359 Hütterott Johannes Georg, 359 Hütterott Martha Elisabeth, 357 Hüttinger Eduard, XXVII n 29 Iacobello del Fiore, 80 Ihle Johann Eberhard, 359-360 Ihle Johann Jacob, 360 Innocenzo XIII, 206-207 Irene da Spilimbergo, XXVII n 23 Ivančević Radovan, XXXII n 139, XXXIII n 148 Ivanoff Nicola, 32, 166, 250, 34 Ivetic Egidio, IX, XXVI n 1, XXVI n 4, XXIX n 42 Ivić Darko, V, 336 Jacopo da Varagine, 12, 279, 346 Janssens Abraham, 299 Jelovac Ivan, 155 Jenko Vesna, XXXIII n 150 Jode Hans de, 349 Juraj Dalmatinac, vedi Orsini Giorgio Kandler Pietro, XXVII, XXI, XXVIII nn 32-33, XXVIII n 35, XXIX n 63, XXX n 64 Karaman Ljubo, XXV, XXXII n 132, XXXII n 139, XXXIII n 158 Kaurlotto Mia, 95, 176, 233, 301 Kecheisen Leopold, XXXIV n 169, LII, LX, LXI, LXIV n 107, LXIV n 110, LXIV n 113, 20-21, 86, 150, 175-176, 244-245, 246-247, 251-255, 261-265, 292, 316, 357, 367-372, 373-376 Keil Eberhard, vedi Monsù Bernardo Kerckhoven van de Jacob, 93-95 Kilian Lucas, 215 Klen Danilo, 18 Klerigin, vedi Clerigino di Capodistria Klontzas Giorgio, 276 Kokole Stanko, XXVI n 5 Kokot Eugen, 14 Kollmann Ignaz, XVIII Končar Boško, XXXIII n 150 Königer Aleksej, LX Kontić Matučina Jakov, 18 Kranjčec Emina, 46, 201, 343 Krasić Stjepan, 50 Krizmanić Attilio, XXV Krnjak Ondina, IX, XIII Krüger Theodor, 89 Kruhek Milan, 66 Kudiš Burić Nina, IX, XIII, XXVI n 3, XXVII n 28, XXIX n 42, XXXI n 107, XXXIV n 169, 18, 82 Kukuljević Sakcinski Ivan, LXIV n 114 Lambardos Emanuele, 276 Lambertini Prospero, 207 Lanfranco Giovanni, 89 Langetti Giambattista, XLIV, L, 333, 335 Langus Matej, LXIII n 77 Lanzi Luigi, XVIII, XXIX n 49, XXIX n 52, 46, 341 Lanzi Rinaldo, 299 Larcher Crosato Luciana, XLVII n 73 Laurencius Pignolo, 80 Lavallée Joseph, XVIII, XXIX n 45 Layard Austin Henry, XIX Lazzarini Gregorio, LV, LVIII, 32, 94, 180, 345 Le Sueur Eustache, 89 Lech Antonio, 100 Leonardo da Porto Maurizio, 120 Leonardo da Vinci, 101 Leoni Stefano, 59 Leopoldo Guglielmo d’Asburgo, 323 Leopoldo V d’Austria, 373 Lerotić Pavao, V, 60, 95, 99, 136, 176, 185, 233, 234, 300, 325, 329, 331, 332, 334, 335, 336, 342, 348, 350, 352, 353, 380 Levi Donata, XXIX n 49, XXIX n 52, XXX nn 67-68 Liberi Bartolomeo (sic), LXIII n 78 Liberi Marco, 382 Liberi Pietro, XXXIV, XLIV, LII, LV, LXIII n 62, LXIII n 84, 19, 97, 162, 299, 332, 365, 382, 383, 386, 420 Ličen Mira, 206 Lichtenreiter Johann Michael, 355 Lippi Filippo, XXXVI, 169 Lippomano famiglia, 149 Lippomano Giovanni, 379 Lippomano Pietro, LII, 149 Lisebetten Pieter van (o Lisbetius Petrus), 323 Liss Johann, LXIII n 62, 307 Litterini Agostino, LVI, LXII n 12, 189 Litterini Bartolomeo, LVI, LVII, LXII n 12, LXIII n 72, LXIII nn 76-78, 110, 188-192, 353-354 Litterini Caterina, LVI, LXII n 12, 189 Longhena Baldassare, 382 Longhi Alessandro, 28, 60, 97, 204 Longhi Pietro, 206 Longhi Roberto, XXXVI, XLV n 7 445 Longo famiglia, 398 Longo Gianfrancesco, XLI 398 Lonza Benedetto, XXIX n 40 Loredan Costantino, 240 Loredan famiglia, LXVIII, 240 Lorenzi Giambattista, 181 Lorenzo da Venezia, 78-81 Lorenzo di Giacomo, 80 Loth Johann Carl, LV, 61, 94, 97, 307, 332-334, 339, 343 Loth Onofrio, 100, 109 Lucas Valentino, LV, 130, 181, 406, 408 Lucchese Enrico, 123, 194 Lucco Mauro, 80, 91, 323 Luciani Tomaso, XIX, XXIX n 40, XXIX n 63, XXX n 64, XXXI n 99 Lucovich Antonio, 54, 60, 134, 231 Ludovico I d’Angiò, XXXV Ludwig Gustav, XXI, XXVII n 29, XXXI n 99 Lukšetić Matej, 260 Lupetino Baldo, LXIX Luteri Giovanni, vedi Dossi Dosso Mader Brigitta, XXVIII n 32 Maestro della Danza Macabra, XXXVI Maestro della pala di Fontane, XXVII n 19, XLIV, 123-125, 236, 242-243 Maestro della Passione, XXXVI Maestro di Ceneda, 80 Maestro L, 326-327 “Maestro Variopinto”, XXXVII Maffei Francesco, 307, 420 Maffei Giacomo, 107 Magani Fabrizio, XVII n 19, XXXI nn 100-101, XXXI n 114, XXXII n 128 Maganza Alessandro, 152-154 Maganza Giambattista, 154, 196 Maggiotto Francesco, XXXIV n 169, 384 Magnasco Alessandro, 349, 350 Majer Francesco, XXI, XXIII, XXIX n 40, XXXI n 88 Mâle Émil, 3, 10, 119 Malombra Pietro, XLI, XLII, 303-305 Mancini Vincenzo, 321, 323 Manin Daniele, 58 Manin Francesco, 33 Mantegna Andrea, 159, 173, 224 Manzini Carli Cecilia, 204-205 Manzini famiglia, LXVIII Manzini Maria, 358, 359 Manzoni famiglia, 299 Manzuoli Nicolò, XXVIII n 33, 30, 33, 175 Maratta Carlo, LIX, LXIII n 83, 88, 142, 211, 251, 336 Marcello Alvise, XLVII, LXII n 18, 6, 7, 14 17, 18, 19, 73, 116, 122, 144 Marchesetti Carlo, XXVIII n 32 Marchiori Giovanni, LI Marcovich Zvane, 366 Marenzi Antonio, 217 Maria Teresa d’Asburgo, 209 Mariacher Giovanni, XXVII n 20 Mariani Pietro, 230 Marieschi Jacopo, XXXIV n 169, LVIII, 183-185, 287, 384 Marini Antonio, 349 Marini Remigio, XXIX n 61, XXXII n 128 Mariuz Adriano, 252 Markham Schulz Anne, XLV n 5 Marković Ivan, XXXI n 109 Marković Vladimir, V, XI, XXXIV n 169 Marmont Auguste Frédéric Louis Viesse de, XXVIII n 32, XXIX n 40 Maroević Tonko, XXXIII n 140, XXXIV nn 166-168 Marotti Giorgio, LII, 211 Marpegnano Camillo, 125 Martinelli Camilla, 97 Martinelli D[omenico], LIX, 392-396, 398 Martinelli Luca, 325 Martini Antonio, 107 Martini Egidio, LVIII, 183, 353 Martino da Udine, vedi Pellegrino da San Daniele Martinoni Giustiniano, 100 Mascheroni Silvia, XXIX n 55 Masolino da Pinacale, Tommaso di Cristoforo Fini detto, XXXVI, XLV n 7, 169 Mason Rinaldi Stefania, XXVI n 2, XXVI n 7, 3, 166, 327, 380 Massarini Girolamo, 147 Massi Marco, 233-234 Massimiliano d’Asburgo, LXV Massimiliano di Wittelsbach duca di Baviera, 331 Matejčić Ivan, IX, XIII, XXV, XXXI n 93, XXXI n 97, XXXIII n 153, XXXIII n 157, XXXVII, XLV n 5, XLV n 31 Matejčić Radmila, XXVI, XXXIV n 169, LXIV n 114, 5, 18, 35, 58, 183, 195, 201, 231, 245, 287 Matham Jacob, XLIII, Matić Zora, XXIX n 40 Matijašić Robert, XXVII n 32, XXX n 66 Matiussi Giovanni, 285, 290, 316 Matteini Teodoro, 62 Matteo dei Pitocchi, Ghidoni (o Gidoni) Matteo detto, 46 Mattioli Lodovico, 246 Maurer Hebert, XX Mazzocca Francesco Vittorio, 30 Mazzoleni Vincenzo Maria, LI, 175, 178, 183, 195 Mazzoni Sebastiano, LXIII n 83, 161, 162 Meder Ferdinand, V Medici famiglia, 104 Meijer Bert W., 125 Melato Gasparo, 13 Melchiori Nadal, 69 Meldolla Andrea, detto lo Schiavone, 302, 380, XXXIV n 167 Memmo Andrea, XVIII Menarolo Crestano, 399 Meneghelli Antonio, XVIII, XXIX n 49 Mengardi Giambattista, LIX, XXXIV n 169, 285-286 Mengs Anton Raphael, LIX, 206, 245, 286 Mera Pietro, XXVII n 23, 106, 323-325, 367, 412414 Merisi Michelangelo, vedi Caravaggio Merkel Ettore, XLV n 7 Metzinger Valentin, XXXIV n 169, LII, LX, LXIII n 101, LXIII-LXIV n 104, LXIV n 106, 120, 122, 209-211, 258, 259, 368 Michelangelo Buonarroti, 3, 380 Michele da Fiorenza, 284 Michelozzi Michelozzo, XXXVI Michieli Andrea, vedi Andrea Vicentino Michieli Francesco, 6, 194, 195 Michieli Parrasio, XLII Migliori Francesco, 309, 310, 350-352 Mikuž Janez, 123 Milocco Alvise, XVII Milohanić Mladen Juvenal, 49 Milovan Ivan, V Minorello Francesco, 147 Miočić Mario, 61, 202, 314, 315, 318, 322, 359 Mirabella Roberti Mario, XXIV, XXXIII n 144, XXXIII n 158 Mirković Lazar, 221, 268, 269, 276 Mlakar Štefan, XXXIII n 150 Modigliani Ettore, XVII, XX Mohorovičić Andrija, XXV Molajoli Bruno, XXIII, XXXII n 130 Mole fratelli (?), 137 Molesi Rosalba, V, IX Molinari Antonio, 148, 149, 340, 350 Mollenhauer Hanstein Mariana, 95, 416, 421 Molmenti Pompeo, XXI, XXXI n 99, XXXI n 101 Moncenigo Alvise, 360 Monsù Bernardo, Keil Eberhard detto, 307 Monsù Cussin, Cochin Noel detto, 349 Monsù Montagna, Renaud du Mont (o Rinaldo della Montagna) detto, 107 Montemezzano Francesco, XLII, XLVII n 73, 115 Montevinti Giuseppe, 6, 194 Monti Francesco, vedi Brescianino Morassi Antonio, XVI, XVII, XX, XXII, XXIII, XXVII n 16, XXVII-XXVIII n 29, XXVIII n 30, XXXI-XXXII n 115, XXXII n 128, XXXIII n 158 Morelli Giovanni, XIX, XXX n 70 Moreschi Antonio, XXI, XXIV n 169, XL, XLIII, XLVII n 80, XLVII n 86, 7-15, 17, 19-20, 84-85, 111, 129, 140, 143, 250 Moreschi Domenica, XLVII n 86 Moreschi Giacomina, XLVII n 86 Moreschi Lucietta, XLVII n 86 Moreschi Nadalin, XLVII n 86 Moreschi Orazio, XLIII, XLVII n 86, 387 Morosini famiglia, XLV n 30 Morozzi Luisa, XXX n 73 Morpurgo Salomone, XXXI n 106 Moschetti Andrea, 181 Moschini Marconi Sandra, 284 Moschini Vittorio, XVI, XXVII n 16 Mosconi Giovanni, 253 Mulier Pieter, vedi Cavalier Tempesta Müller Jan, XLIII, 160 Muraro Michelangelo, 243 Murovec Barbara, 120 Musner Giovanni, XXI, XXXII n 122 Muti Laura, 349 Muziano Girolamo, 286 Naiber Antonio, 58 Naldini Paolo, XX Napoleone Bonaparte, LXVI Narvesa Gasparo, 159 Nattier Jean-Marc, 347 Navagero famiglia, 151 Navarra Pietro, 108 Nefat Nataša, V Negri Domenico, 151-152 Negri famiglia, 199 Negri Gaspare, XLVI n 55, LI, LII, LIV, LVIII, LXI, LXII n 27, LXX, 22, 24, 30, 32, 66, 150, 151, 175, 176, 177, 178, 179, 189, 244, 245, 247, 304, 375 Negri Pietro, 300-301, 307, 328, 365 Negri Tranquillo, 14 Neumann Balthasar, 252 Nežić Anton, 67 Niccolò di Giovanni Fiorentino, XXXIV n 168 Nicolò V, 304 Nikola Firentinac, vedi Niccolò di Giovanni Fiorentino Nikolić Olga, 226 Nisich Mihael, 419 Nobile Pietro, XVIII, XXVIII n 32, XXIX n 40, XXIX n 55 Nodari Maja, XXXIV n 168 Novelli Pier Antonio, 245, 246, 281 Ognibene da Treviso, XXV-XXVI Orlić Alma, 156, 159, 163 Oros Josip, 128, 151 Orsini Giorgio, XXXIV n 168 Osello Gaspare, 3 446 Ottoboni Pietro, 48 Ovidio, 355 Pace Pace, 367, 390, 412 Padovanino, Varotari Alessandro detto il, LV, LVII, LXIII n 62, LXIII n 71, 18, 345, 420 Pagani Paolo, 342 Paglia famiglia, 48 Pagnini Cesare, XXIX n 55, XXX n 65 Palladio Andrea, 196 Pallucchini Rodolfo, XXVI, XXXIV n 169, XLV n 4, XLV n 7, LV, LVI, LVII, LXVIII, 32, 91, 156, 169, 183, 285, 307, 334, 343, 350, 399, 401, 417, 420 Palma Antonio, 285 Palma il Giovane, Negretti Jacopo detto, XVI, XXII, XXIII, XXVI n 6, XXVII n 23, XXVII n 28, XXVIII n 39, XXXIV n 166, XXXIV n 169, XLI, XLII, XLIV, XLVI n 41, XLVI n 66, XLVIII n 93, LI, LII, 3, 12, 15, 18, 63, 64, 73, 74, 97, 114, 125, 126, 154, 156, 166, 194, 197, 236, 242, 243, 250, 274, 277, 278, 280, 283, 284, 302, 304, 307, 315, 327, 376, 379-380, 388, 397, 399, 401, 406, 411, 412, 413, 415, 420 Palma il Vecchio, Negretti Jacopo detto, XVIII, XLVI n 58, 155, 320, 360 Pancheri Roberto, 365 Paolo Fiammingo, Franck Pauwels detto, 50 Paolo Uccello, P. di Dono detto, XXXVI, XLV n 7 Paolo Veneziano, XVI, XIX, XXII, XXX n 73, 77, 78, 81, 82 Papadopoli famiglia, 183 Papadopoli Michel Zorzi, 183 Papini Roberto, XXIII Parentin Luigi, 48, 49, 58, 59, 63, 69 Paribeni Roberto, XXVII n 17 Paroli Antonio, 5, 290 Paroli Giovanni (sic), 5 Pasian Alessio, 98, 123, 166, 168, 197, 201, 202, 203, 204 Pasinelli Lorenzo, 350 Pastres Paolo, XXIX nn 52-53, 48 Pattay Alberto, XXVIII n 39 Pattay famiglia, XXII Pauletich Antonio, XXIX n 40, XXIX n 63 Pavan Gino, XXIV, XXVIII n 32, XXIX n 55, 60 Pavanello Giuseppe, XV, XXIX n 55, 97, 286, 350, 351 Pavat Mario, XLVII n 47 Pečanić Ivan, 172, 173 Pedon Bartolomeo, 107, 350 Pedrini Lorenzo, 150-151 Pejačević famiglia, 374 Pellegrini Girolamo, 168, 383 Pellegrino da San Daniele, detto anche Martino da Udine, 354 Pepper Stephen, 328 Peranda Francesco, 399 Peranda Sante, XLI, XLVI n 63, XLVI n 66, 156, 284, 399, 401, 412, 420 Perčić Iva, XXIV, XXXIII n 150 Perco Leopoldo, 70 Percolt de Foscarini Giuseppina, XXVIII n 39 Perezzoli Francesco, detto il Ferrarino, 352 Pergolis Francesco, 284 Pergolis Pietro, 284 Peršić Mirjana, 238, 242 Peruzzini Antonio Francesco, 349, 350 Pesante Sauro, XXVIII n 33 Petazzi Giuseppe, 392 Peteani Antonio, 179, 183, 187 Petrini (?) Antonio, 266-267 Petronio Caldana Nicolò, 382 Petronio Prospero, XVII, XXVIII n 34, XXVIII n 37 Pezzan, 410 Piai Andrea, 183 Piazza Callisto, 322 Piazza Fulvio, 322 Piazza Paolo, 85, 125 Piazza Scipione, 322 Piazzetta Giambattista, L, LIX, 33, 55, 97, 190, 203, 245, 246, 251, 252, 253, 254, 261, 262, 263, 265, 310, 350, 355, 415, 416, 417, 418, 421 Piccini Isabella, 399 Pietro da Cortona, Berrettini P. detto, LXIII n 59, LXIII n 84, 168, 334, 350, 383 Pietro I Romanov, 347 Pillepich Pietro, XXIII Pilo Giuseppe Maria, 284 Pilotti Girolamo, XLI Pio V, XXXIX, 360 Pio VI, 207-208 Pippi Giulio, vedi Giulio Romano Pisani Marcandrea, 421 Pisani Sebastiano, 421 Pisano Nicola, 161 Pitacco Gian Matteo, 197 Pitteri Giovanni Battista Agostino, 24 Pitteri Marco Alvise, 33, 203, 252, 261, 262, 263, 264, 265 Pittoni Francesco, 110, 421 Pittoni Giambattista, XVI, XXVI n 6, XXXIV n 169, LVIII, LIX, 5, 33-35, 43, 415 Pizzamiglio Gilberto, XXIX n 41, XXIX n 43 Planiscig Leo, XXII, XXVII n 20, 169 Pogatschnig Antonio, XX Polani Giovanni, 82 Polesini famiglia, 181 Polesini Francesco, 65, 66, 151, 244, 253 Polesini Francesco Maria, 180 Polesini fratelli, LXXI Polesini Gian Paolo, LXXI Poletto Valeria, XXX n 85 Polidoro da Lanciano, de Renzi Polidoro detto, 156, 321, 322, 323 Pontius Paulus, 368 Ponzone Matteo, XXVI n 6, XXXIV n 167, XLIV, LVI, 300, 399-401, 420 Porcellis Jan, 107 Porta Giuseppe, vedi Salviati Potočić Vjeran, 242 Potterton Homan, LXIII n 62 Pozzoserrato, Toeput Ludovico detto, 159 Prašić Andrija, 173 Precerutti Garberi Mercedes, XXVII n 16 Prelog Milan, XXV, XXXII n 148, XXXIII n 166, 295 Previtali Giovanni, XXXII n 131 Prijatelj Kruno, XXVI, XXXIV n 167, XLII, XLV n 28, XLVII n 68, XLVII n 70, 3, 4, 24, 84, 114, 115, 128, 129, 130, 197, 401, 404, 408 Priuli famiglia, 238 Priuli Francesco, XLI, 238, 239, 240 Procaccini Camillo, 286 Puppi Lionello, XXVII n 2 Pusterla Gedeone, XIX, XXX n 64, 150 Quinzani (o Quintani) famiglia, LII, 379 Radić Slobodan, 242 Radoicovich Pietro, XXIX n 40, 206, 207, 208, 209 Radole Giuseppe, XXIX n 63 Radossi Alessio, IX Radossi Giovanni, V, IX, XXIX n 63 Radossi Massimo, IX Radovan, XXXIV n 168 Raffaello Sanzio, 60, 101, 267, 346, 409 Raimondi Marcantonio, XLIII, 410, 418 Ranger Ivan Krstitelj, LX, 254 Rapicio Andrea, XVII, 248 Rapicio Antonio, 248 Rapicio Enrico, 248 Rapicio famiglia, 248 Rapicio Francesco, 248 Rapicio Teopompo, 248 Ratissa famiglia, 134 Rearick William Roger, 314 Réau Louis, XXXII n 132, 45, 54, 73, 120, 161, 279, 346, 348, 360 Reberski Ivanka, XXXIII n 148, XXXIV n 166 Recchini Teresa, LXIV n 114, 195 Recco Elena, 109 Recco Giovan Battista, 95 Recco Giuseppe, 95, 109 Recco Nicola Maria, 109 Regnier Clorinda, 365 Regnier Lucrezia, 365 Regnier Nicolas (o Renieri Niccolò), 299, 300, 365, 366 Reichlich Marx, 324 Renaud du Mont, vedi Monsù Montagna Reni Guido, LIX, 75, 88, 89, 135, 142, 161, 195, 196, 214, 215, 245, 251, 267, 299, 300, 328, 329 Renieri Niccolò, vedi Regnier Nicolas Repanić Braun Mirjana, 265 Reschi Pandolfo, 104 Rezzonico Carlo, 206 Ricci Corrado, XXVII n 17 Ricci Marco, 107, 349, 350 Ricci Sebastiano, L, LVIII, LXIII n 84, 19, 33, 110, 183, 231, 234, 287, 310, 342, 349, 350, 384, 393 Riccoboni Alberto, XXII, XXIII, XXXI n 114, XXXI n 115, XXXII nn 127-128, 82, 299, 334, 365 Ridolfi Agostino, 37 Ridolfi Carlo, XVI, XXVII n 28, 74, 125, 154, 166, 194, 196, 278, 279, 285, 304, 305, 407 Riedl Paulus, LXI Rigo Carlo, 60 Rigo famiglia, 58 Rinaldo della Montagna, vedi Monsù Montagna Ringbom Sixten, 318 Ripa Cesare, 336 Rismondo Domenico, 79 Ritzos Andreas, vedi Rizzo Andrea Rizzi Aldo, 307 Rizzo Andrea, 219, 221, 222, 294, 305 Rizzo Francesco, 256 Robusti Domenico, vedi Tintoretto D. Robusti Jacopo, vedi Tintoretto J. Roch Signe, 206 Rodolfo II d’Asburgo, 3, 74 Romanino Girolamo, Romani G. detto, 322 Rosa Salvatore, 104 Rosand David, XLVI n 42, 243 Rosaspina Francesco, 401 Rossetti Domenico, XVII, XXVIII n 33, XXXI n 106 Rossi Ruggero Fauro, XXXIII n 144 Rossi Sabatini Giuseppe, XXIX n 63 Rota Martino, 130 Rottmayr Johann Michael, 343 Rubens Pieter Paul, 168, 211, 368 Rublëv Andrej, 229 Ruggeri Ugo, 299, 382 Rugieri Giovanni Domenico, 48 Ruglianovich G., 139 Ruoppolo Giovan Battista, 95, 109 Ruoppolo Giuseppe, 109 Ruschi Francesco, 300, 301, 328, 335 Rusconi Livia, XXVIII n 32 Rutteri Silvio, XXXIII n 144 Sadeler Aegidius, 144, 278, 307 447 Sadeler Johan, XLIII, 3, 4, 13, 56, 115, 129, 144, 167, 174, 307, 330, 331 Safarik Eduard, 300 Salimbeni Fulvio, XXVIII n 33 Salimbeni Ventura, detto Cavalier Bevilacqua,12 Salvi Giovanni Battista, vedi Sassoferrato Salviati, Porta Giuseppe detto il, 304, 382 Sammachini Orazio, 129 Sanseverino Faustino, XVIII Sansovino Francesco, 100 Santacroce pittori, XIX, XX, XXVI, XVII n 23, XXX n 69, XXXIV n 167, XLII Santangelo Antonino, XVI, XVII, XXII, XXIII, XXVII nn 15-16, XXXI n 114, XLVII n 81, XLVII n 82, LXIII n 69, 3, 4, 5, 14, 16, 17, 18, 19, 22, 25, 28, 32, 33, 43, 44, 48, 49, 50, 52, 69, 70, 79, 82, 84, 88, 89, 90, 93, 95, 97, 100, 105, 106, 107, 108, 109, 112, 123, 130, 141, 149, 150, 155, 159, 168, 169, 183, 185, 196, 197, 198, 201, 202, 203, 204, 205, 221, 231, 233, 237, 238, 242, 245, 256, 259, 274, 277, 278, 279, 282, 284, 285, 287, 295, 299, 300, 304, 312, 330, 360, 362, 363, 364, 377, 378, 380, 382, 388, 396, 397, 398, 399, 404, 406, 407, 408, 410, 411, 412, 415, 417, 418, 420 Santorio Santorio, LXX Sassoferrato, Salvi Giovanni Battista detto il, 260 Scampicchio Antonio, XIX, XXIX n 40, XXX n 64 Scampicchio famiglia, IL Scampicchio Nicola, 206 Scarpa Sonino Annalisa, 349 Scattola Anna Maria, 36 Scavizzi Giuseppe, 344 Schiaminossi Raffaello, XLIII Schingo Gianluca, XXVIII n 33 Schinkel Friedrich, XVIII Schlosser Julius von, XXII Scienza Vittore, XX Scirè Nepi Giovanna, 305 Scolari Giuseppe, 3 Scopas Sommer Rossella, XXXI n 100 Sebastiano di Jacopo, 257 Segala Giovanni, LV, LVII, LVIII, 288-289, 340-342 Seghers Daniel, 168 Selmanović Kemal, 211 Semi Francesco, XVI, XVII, XX, XXI, XXIII, XXVII nn 19-20, XXVIII n 33, XXVIII n 36, XXX n 72, XXX n 85, 82, 123 Serra Luigi, XVI, XXVII n 14 Sestan Vincenzo, LIII, 141 Sestieri Giancarlo, 101, 102 Simonelli Giuseppe, 344, 345 Sinčić famiglia, XXIX n 40 Sirani Elisabetta, 267, 328 Sirani Giovanni, 328 Sisto IV, 10, 409 Sloković Antun, 259 Smole Emil, XXIV Sobota Melanija, 242 Sobota Vesna, 4, 5, 6, 39, 61, 77, 115, 129, 130, 135, 251, 287, 314, 326, 355, 370, 371, 372 Solimena Francesco, 16 Solman Bertolio, 16 Someda de Marco Carlo, XXXIII n 144 Sorsich famiglia, 389 Sorsich Zorzi, 389 Sošić Dario, 323 Sotler Aleš, 410 Spiegler Franz J., 247 Spon Jacob, XVIII, XXIX n 46 Spongia Giuseppe, 314 Sponza Nicolò, V Sponza Sandro, 46 Spranger Bartholomaues, 3 Stancovich Mathaeus Antonius, 282 Stancovich Pietro, XXI, XXIX n 63, XXXI n 99, LXIV n 114, 195, 199, 248 Stefani Giuseppe, LVII Stelè France, XXV, XXXIII n 158 Sticotti Pietro, XXII Stieglitz Heinrich, XVIII, XXIX n 55 Stipić Miočić Laura, 63, 125, 198, 278, 314 Stom Matteo, 103, 105 Stratico Giandomenico, 49, 50, 134, 231 Stroiffi Ermanno, 314 Strozzi Bernardo, XLIV, LXIII n 62, 168, 307, 314 Strudel Peter, 334, 343 Strzygowski Josef, XXXII n 139 Stuart John, conte di Bute, XVIII Succi Dario, 349 Suttina Luigi, XXIII Tomšić Daniela, XXVIII n 32 Tonegutti Giacomo, 283, 285, 296 Torbido Francesco, detto il Moro, 392 Trampus Antonio, XXVIII n 33 Travi Francesco, LIX, 22, 25-28, 32-33, 35-36, 134, 135, 137, 396 Trevisan Venerio, LV, 84, 256, 384 Trevisani Angelo, XXVII, n 23 Trevisani Francesco, XXVII, n 23, XXXII n 128 Tritonio Leonardo, 379, 382, 411 Tritonio Ruggero, 382, 411, 419 Triva Antonio, XXII 267, 296-300, 301, 331-332, 365, 366 Triva Flaminia, 331 Troger Paul, LXIII n 102 Trošt Antun, 258, 259 Turk Josip, 72 Šadura Irina, V Šajina Josip, V Šareni majstor, vedi “Maestro Variopinto” Šerbelj Ferdinand, 5, 21, 120, 251, 258 Šestan Vinko, vedi Sestan Vincenzo Šiklić Josip, 246, 248, 249 Šonje Ante, XXXIII n 150 Štrok Maša, 253 Šubić Frane, 257 Udovicich Georgio, 375 Udovicich Marco, 375 Ukrainčik Tamara, 39 Ukrainčik Vladimir, XXXIII n 150 Uljančić Vekić Elena, XXIX n 40 Ulm Oscar, XXX n 85 Unterperger Michelangelo, LXIII n 102 Urizio Giuseppe, 30, 37, 43, 48 Tacol Bonifacio, LIV, LX, 131-133 Tagliapietra Lorenzo, XLVII n 86 Tamaro Attilio, XXI, XXII, XXXIII, XXXI n 112, XXXI n 114, XXXII n 120 Tamaro Marco, XIX, XXVIII n 33, XXX n 65, 18, 72, 83, 282, 284, 285, 294, 299, 300, 380 Tamm Franz Werner, 108 Tartini Giuseppe, XXX n 65 Tasca Cristoforo, XXXIV n 169, LIII, 141 Tassi Giuseppe Maria, 28 Tecce Angela, 109 Tedeschi Paolo, XVI, XXI, XXVII n 23, XXVIII n 39, XXXI n 99, 281 Tempesta Antonio, 409 Tempestini Anchise, XLV n 7 Teniers David, 323 Testi Laudedeo, XXI, XXXI n 93, XXXI n 95, XXXI n 97, 169, 181 Theotocopuli (o Theotokopulos) Domenico, vedi El Greco Thomassis Philippe, 409 Tiepolo Giambattista, XXII, XXVII n 15, XXXI n 114, XXXI-XXXII n 115, L, LVIII, 234, 285, 286, 291, 316 Tiepolo Giandomenico, XXXI n 115 Tiepolo Giovanni, 82 Tintoretto Domenico, Robusti D. detto, XLI, XLIII, 17, 140, 239, 240, 279, 367, 390 Tintoretto Jacopo, Robusti J. detto, XVIII, XXVII n 23, XXX n 80, XXXIII n 166, XLI, XLIII, XLVI n 41, 8, 12, 15, 17, 43, 74, 85, 112, 113, 114, 115, 125, 148, 154, 166, 203, 239, 279, 284, 299, 300, 302, 304, 326, 397, 408, 409 Tirelli Tiberio, 278 Tiziano Vecellio, XVIII, XXXIII n 166, XXXVII, XLI, XLIII, LXIII n 84, 5, 126, 159, 160, 250, 257, 285, 321, 322, 325, 326, 346, 354, 355, 364, 376, 380, 397, 407 Toderini Giambattista, XIX, XXIX n 60 Toeput Ludovico, vedi Pozzoserrato Toesca Piero, XXIII, XXVII n 17 Tomić Radoslav, LVI, 28, 50, 84, 160, 161, 183, 257, 309, 350, 364, 399, 401 Tommasi Natale, XXIX n 40 Tommasini Giacomo Filippo, XXVIII n 33, LXX, 33, 59, 123, 238, 242, 279 Tommaso di Cristoforo Fini, vedi Masolino da Pinacale Vaira Antonio, 382, 383 Vakotopoulos Panagiotis, 295 Valcanover Francesco, 233, 234 Valier Agostino, XXXIX, XLVI nn 47-48, LXIX, LXX Van den Dyck Daniel, 365 Varotari Alessandro, vedi Padovanino Vassilacchi Antonio detto l’Aliense, XLI, XLIV, 125, 236, 243 Vassilacchi Stefano, 125 Vecchia (o della Vecchia) Gaspare, LIII, LVI, LXIII n 69, 25, 37-43, 48, 135-136, 187-188, 242 Vecchia (o della Vecchia) Pietro, LXIII n 62, LXIII n 71, 38, 39, 307, 365, 420 Vecellio Cesare, 52 Vecellio Francesco, 159 Vecellio Marco, XXVI n 6, XLII, 406-408, 419 Vecellio Tomà Tito, 407 Vegni (o Vagni), 50 Velepič Ciril, XXIV Veliani Bernardino, 230 Ventura famiglia, XLVII n 69 Ventura Giovan Battista, XLVII n 69, 364 Ventura Giulia, XLVII n 69 Ventura Giuseppe, 302, 303 Ventura Zorzi, XXI, XXVI, XXXI n 107, XXXIV n 167, XL, XLI, XLII, XLIII, XLVII nn 68-69-70, 3-5, 114-115, 126, 127-128, 129, 130, 143, 160, 250, 266, 281-282, 363-364, 404, 406, 408-411, 418-419, 420 Venturi Adolfo, XVI, XX, XXI, XXVII n 16, XXVII n 29, XXXII n 133 Venturi Franco, XXXI n 106 Venturi Lionello, XX, XXI Venturini Angelo, LII, LIX, 5-6, 189, 194, 390 Venturini Domenico, XIX Verci famiglia, 238 Vergerio Pier Paolo, XXI, XLVII n 69, LXIX, LXX Vergotin Antonio, 175, 180 Vergottin Bartolommeo, 175 Verona Maffeo, 396-398 Veronese, Caliari Paolo detto il, XLI, XLII, XLIII, XLVI n 41, LV, LVIII, LXIII n 84, 36, 74, 112, 115, 130, 160, 166, 196, 279, 302, 308, 326, 360, 362, 383, 392, 406, 408, 410 Verzi famiglia, LXVIII 448 Vesnaver Giovanni, XXI, 231, 234, 281 Viacavi Francesco, 147 Victor Jacobus, 94 Vidić Zvane, detto Paulić, 18 Viezzoli Girolamo, 58 Viezzoli Nicolò, 57-58 Vignon Claude, 161 Vincenti Giorgio, XXXII n 128, XLVII n 69 Vincenzo da Castua, XXXVI, XXXVII Virizzo Christoforo, 83 Vitori Šime, 174 Vittoria Alessandro, 194, 250, 304, 380 Vitturi Tommasina, 82 Vivarini Alvise, XX, XXII, XXX n 80, 112 Vivarini Antonio, XIX, XXI, XXII, XXVII n 20, XXX n 69, XXXI n 95, XXXV, XXXVI, XLV n 4, XLV n 7, XLV n 25, 80, 168-171 Vivarini pittori, 82 Vlačić Matija, vedi Flaccio Mattia Vlieger Simon de, 107 Vokić Denis, 183 Vorano Tullio, IX, XIII Vos Maarten de, 56, 144, 307 Vosterman Lucas, 402 Vouet Simon, 299 Vujić Žarka, XXXIII n 148 Vurnik Stanko, 258 Wagner Joseph, 95 Walcher Maria, XV, XXVII n 12, XXX n 69, XXXIII n 155 Weber Nazario, 179, 181, 185, 187 Weissenkircher Hans Adam, 334, 343 Weller David Friedrich, XVIII, XXIX n 47 Weston Lewis Aidan, 304 Wethey Harold, 326 Winckelmann Johann Joachim, LIX, 245, 286 Winkler Eva, 39, 100, 201 Witte Pieter, vedi Candido Pietro Yriarte Charles, XIX, XXX n 71 Zabeo Giovanni Prosdocimo, 60 Zafuri Nicola, 219, 222, 224, 305, 306 Zampetti Pietro, 166, 250, 335 Zanchi Antonio, XXII, XXXIV n 169, LV, 91, 110, 147, 299, 300, 301, 334, 335, 340, 364, 365 Zanella Apollonio, 358, 359 Zanella Francesco, 43-46, 147 Zanetti Anton Maria, XX, LXIII n 83, 74, 82, 288, 300, 380 Zanfunari (Tzanfurnaris) Emanuel, 268, 275, 276, 294-296 Zanino di Pietro, 80 Zatta Antonio, 55 Zava Boccazzi Franca, LIX, 33, 35 Zelotti Giovanni Battista, 392 Zeri Federico, 101, 156 Ziliotto Baccio, XXXI n 106 Zlamalik Vinko, 167, 201, 202, 204, 205 Zompini Gaetano, 59 Zonca Giovanni Antonio, 90-92 Zovatto Pietro, XXX n 66 Zuccari Federico, 21 Zuccari Taddeo, 3 Zucchi Antonio, 58, 281 Zugno Francesco, 291, 292 Železnik Milan, 117 Žgaljić Josip, XXXIII n 140 Žitko Salvator, IX, XXIV, XXIX n 40 Žufić Lara, 330 Indice Abrega / Vabriga, XLII, 364, 409, 410 - chiesa della Beata Vergine Maria, 3-5, 126 Adelaide, Art Gallery of South Australia, 320 Agordo, chiesa arcipretale, 327 Aidussina / Ajdovščina, chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista, 120 Albona /��������������������������������������� Labin, X, XIX, XXII, XXIV, XXX n 64, XXXII n 118, XXXIV n 169, XXXV, XXXVII, XLII, XLIII, XLVI n 46, XLIX, LIX, LXVI, LXVII, LXIX, LXXI, LXXII n 16, 85, 390 - canonica, 14-17 - chiesa dei Santi Vito e Modesto, 14 - chiesa della Madonna del Carmelo, già Sant’Antonio da Padova, 14 - chiesa dell’Assunzione della Vergine, già Santa Maria della Consolazione, XL, 7-14, 17 - chiesa di Santa Maria della Consolazione, XLIII, 8 - chiesa di Sant’Antonio da Padova, 15 - chiesa di Santo Stefano, 14 - chiesa parrocchiale della Natività della Vergine, XLIII, 5-7, 17, 194 - Museo popolare / Narodni muzej, X, 130 Albona - Piedalbona, chiesa parrocchiale della Madonna di Fatima, 17 Alzano Maggiore, 417 Ancarano / Ankaran, abbazia di San Nicolò d’Oltra, 123 Ancona, XVI ��� Antignana / Tinjan, XLVI n 46, LXVIII, LXXII n 13, Apriano (Veprinaz) / Veprinac, XLVI n 46, LXVIII, LXXII n 13 Aquileia, XXII, LXII n 32, LXV, LXXII Ascoli Piceno, Pinacoteca Civica, 46 Asolo, 80 - Museo Civico, 417 Asti, santuario della Madonna del Portone, 324 Atene, Museo Benaki, 294 Aviano, chiesa parrocchiale, 89 Baltimora, Walters Art Gallery, 169 Baratto di Canfanaro / Barat, 51 Barbana / Barban, XXXII n 118, XXXVII, LVII, LXVIII, LXIX, 15, 85 - chiesa parrocchiale di San Nicola, LVII, 17-20 Barcellona, Collezione Torelló, 308 Bari, XXX n 66 Barletta, 276 - chiesa di Santa Maria degli Angeli, 275 - Museo Civico, 275 Bassano del Grappa, chiesa di San Francesco, 399 - convento dei Cappuccini, 308 - Museo Civico, 399, 325 Bečko Novo Mesto, vedi Wiener Neustadt Bedizzole, chiesa parrocchiale di Santo Stefano, 33 Bellai / Belaj, LIII, 367 - castello, LII, LXI, 20 Belluno, 72 - chiesa cattedrale di Santa Maria Assunta, 231 Bergamo, 380 - chiesa di Sant’Alessandro dei Cappuccini, 250 - collezione privata,102 - duomo, 384 Berlino, 407 - Gemäldegalerie, XXI ��� Bersezio / Brseč, XV, XLVI n 46, LXVIII, LXXII n 13 - chiesa parrocchiale di San Giorgio, XXXVI, XL Bogliuno / Boljun, XLVI n 46, LXXII n 13 dei Luoghi Bologna, XLI, 195 - chiesa del Corpus Domini, 246, 370 - Collezione Della Gherardesca, 349 - collezione privata, 353 - Pinacoteca Nazionale, 80, 135, 299 Borutto / Borut, LXXII n 13 Boston, Museum of Fine Arts, 16 Brazza / Brač, isola, 362 Brescia, 33 - chiesa di San Giorgio, 33 - collezione privata, 94 Brežice, chiesa francescana, LXIII n 101 Briani / Brdo, XLVI n 46 Brioni, XXIV ���� Brno, XLVIII n 93 - chiesa dei Gesuiti, XLIV Bruli - Blatina / Brul - Blatna vas, chiesa di Santa Lucia, 21 Brunico, Spitalskirche, LXIII n 103 Bruxelles, Collezione Stoclet, 78 - Musée des Beaux-Arts, 308 Buccari LX - chiesa di Santa Margherita, LXIV n 106 Budapest, Szépművészeti múzeum, 94 Bugliuno / Boljun, 230 Buie / Buje, X, XVI, XXVI n 6, XXXIII n 144, XXXIV n 169, XXXII n 118, XLV n 5, LIII, LVI, LVII, LIX, LXVII, LXXII n 16, 28, 134, 137, 187, 188, 242 - chiesa della Beata Vergine della Misericordia, XXXVII, LIII, LVI, LIX, 22, 25, 33-50, 112, 136 - chiesa parrocchiale di San Servolo, LI, LIII, LIV, LVIII, 22-33, 179 - palazzo vescovile, 48, 49 Cadice, 345 Caerano San Marco, 421 - chiesa parrocchiale, 340 Cambrai, 78 Candia, 294 Canfanaro / Kanfanar, XXXII n 118, LXI, LXII n 6, 154, 389 - chiesa di Sant’Agata, 51, 389 - chiesa parrocchiale di San Silvestro, 50-52 Capodistria / Koper, X, XIII, XV, XVIII, XIX, XX, XXI, XXII, XXIV, XXIII, XXVII n 19, XXVII n 23, XXIX n 59, XXX n 64, XXX n 69, XXX n 83, XXX n 85, XXXI n 93, XXXI n 99, XXXI n 100, XXXI n 107, XXXII n 118, XXXII n 128, XXXIII n 144, XXXIX, XLII, XLIV, XLV n 6, XLV n 23, XLVI n 46, XLVII n 67, XLVII n 69, LVII, LXVI, LXVII, LXVIII, LXIX, LXX, LXXI, LXXII n 16, 179, 125, 287 - Battistero, 150 - casa Percauz, XXXII n 126 - chiesa cattedrale di San Nazario, XXI, XXII, XVIII, XXX n 69, XXX n 85, XXXII n 126, 115, 123, 418 - chiesa di San Francesco, XLV n 25, 179 - chiesa di San Nicolò, 123 - chiesa di San Tommaso, XLV n 25 - chiesa di Sant’Anna, ���������������������� XXII, XVIII, XIX, XX, XXX n 69, XXXIII n 144, 256, 364 - collezione D’Andri, XXVIII n 39 - collezione de Madonizza, XXVIII n 39 - collezione Pattay, ����������������� XXII, XXVIII n 39 - collezione Percolt de Foscarini, XXVIII n 39 - convento di Sant’Anna, 150 - ex chiesa di San Giacomo, XXIII ����� - Loggia, XXXI n 106 449 - magazzino del sale San Marco, XXXII n 126 - Museo Civico di Storia e d’Arte, XXIII, XXVII n 11, XXVIII-XXIX n 40 - Museo regionale, IX, XXIX n 40, 62, 112, 123, 256 - palazzo del Comune, XXX n 69 - piazza della Pescheria, XXXII n 126 - Rotonda del Carmine (Battistero), XXXII n 126 Carcase / Karkavče, XXXII n 118 - chiesa parrocchiale, 260 Carnizza / Krnica, XXXII n 118 - chiesa parrocchiale, XL Carsette / Kršete, chiesa parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo, 52-53 Casali Sumberesi / Šumber, XLVI n 46 Castagna, chiesa parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo, LIX, 53-54 Castelfranco Veneto, chiesa di Santa Chiara, 325 Castelvenere / Kaštel, XLVI n 46 Castua / Kastav, XXXII n 118, XXXVI, XLVI n 46, LXVIII, LXXII n 13, 15, 17, 85 - chiesa parrocchiale, XLIII Cavalese, LXIII n 102 Cavenzano, XXXII n 115 Cellino Attanasio, 80 Cendon, chiesa parrocchiale, 183 Ceneda, chiesa cattedrale di Santa Maria Assunta, 80, 81, 322 Cepich / Čepić, XLVI n 46, 20, 244 Cerknica, 375 Cernizza / Črnica, chiesa parrocchiale di San Rocco, 54 - chiesa cimiteriale di San Lorenzo, 54-56 Cerreto / Cerovlje, XLVI n 46 Cervera / Červar, 152 - chiesa di Sant’Anna, 56-57 Češký Krumlov, convento francescano, 230 Cherbune / Krbune, XLVI n 46 - chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista, 57, 391 Chersano / Kršan, XLVI n 46 - chiesa parrocchiale, XL Chersicla / Kršikla, XLVI n 46 Cherso / Cres, isola, LXVI, 280 Cherso, XXVIII n 32, XXXII n 118, XLII, 280 Chioggia, 80, 81, 227 - chiesa cattedrale di Santa Maria Assunta, 305 - chiesa della Santisima Trinità, 399 - convento dei Filippini, 61 Cirquenizza / Crikvenica, 131 - monastero paolino, 373 Cittadella, chiesa di Ca’ Nave, 99 Cittanova ���������������������������������������� / Novigrad, XI, XIII, XVIII, XXIX n 40, XXXII n 118, XXXIII n 144, XXXIV n 169, XXXV, XXXIX, XLVI n 46, LI, LII, LIV, LIX, LXVI, LXVII, LXIX, LXX, LXXII n 13, LXXII n 16 - chiesa parrocchiale di San Pelagio, già cattedrale, LII, 48, 57-60, 168 - chiesa della Beata Vergine del Carmelo, 61-63, 399 - collezione Filippini, XX �� Cividale del Friuli, XXVII n 15, LVIII, 71, 292, 380 - chiesa di San Pietro, 70 - duomo, 401 Clana / Klana, XLVI n 46 Codroipo, Villa Manin di Passariano, XXIV, ������ XXXIII n 144 Collalto / Brda, XXXII n 118 Colmo / Hum, XXVI n 6, XXXII n 118, XLIV, XLVI n 46, 279, 280, 379 - chiesa cimiteriale di San Girolamo, 172 - chiesa parrocchiale della Beata Vergine Assunta, 63-64 Condino, 234 Conegliano, chiesa dei Cappuccini, 412 - chiesa dei Santi Martino e Rosa, 339 - duomo, XXIX n 59 - Oratorio della Beata Vergine della Salute, 340 Copenhagen, Statens Museum for Kunst, 145 Coreni / Korenići, chiesa del Santo Spirito, 65 Corfù, 274, 275, 302, 311 Corona, monte, chiesa di Santa Maria della Corona, 66 Corridico / Kringa, XLVI n 46, LXXII n 13, 88, 261, 387, 404 - chiesa dei Santi Pietro e Paolo, 65-66 Cosliacco / Kozljak, XLVI n 46 - chiesa della Santa Croce, 67 Costantinopoli, 268 - monastero di Odegon (Hodegon), 222, 269 Costanza, XXXVI Covedo / Kubed, XLIII - chiesa parrocchiale di San Floriano, 410 Cranzi / Kranjci, chiesa di San Fiore, 67-69 Cremona, collezione privata, 109 Creta, LXVII, 220, 274, 276, 302 Cristoglie / Hrastovlje, chiesa della Santissima Trinità, XXXVII Črnomelj, 120 Curzola / Korčula, 274 - cattedrale, XXXIV n 168, 399 Cussignacco, chiesa parrocchiale, 416 Czestochowa, convento paolino di Jasna Gòra, LIV, 133, 371 Dafni, 221 Daila / Dajla, XXVI n 6, LVI - chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista, LV, 69-70, 336 Detroit (Michigan), The Detroit Institute of Arts, 416 Dignano / Vodnjan, XIII, XXII, XXVIII n 39, XXIX n 63, XXX n 65, XXXII n 118, XXXV, XXXVII, XLII, XLV n 23, XLVI n 46, XLIX, LXII n 2, LXVIII, LXIX, LXXI, 66, 247, 261, 367, 387, 404, 406 - chiesa della Beata Vergine del Carmelo, 77, 90-92 - chiesa di San Giacomo apostolo, 92 - chiesa di San Giuseppe, LVIII, 70, 71, 72, 75, 76, 86, 87, 88 - chiesa di San Martino, 92 - chiesa parrocchiale di San Biagio, XL,LVIII, LXII n 2, 70-90 - chiesa parrocchiale di San Biagio, Collezione d’Arte Sacra, XXVIII n 39, XXXIII n 152, 77-90 - convento dei Cappuccini, 70, 71, 72, 75, 76 - Palazzo del Municipio, LIX, 93-107 - Santa Maria Traversa, XXXIII n 152, 73, 88, 340 - Scuola Elementare, 107-109 Divaccia / Divača, XXXVII Dolegna di Boljuno / Dolenja Vas, 387 Domegge di Cadore, chiesa di San Rocco, 159 Domžale, 258 Dossena, chiesa parrocchiale, 287 Dosson, chiesa parrocchiale di San Vigilio, 319 Draguccio /������������������������������������ Draguč, XVII, XXXII n 118, XLVI n 46 - chiesa della Madonna del Rosario, 110 - chiesa di San Rocco, XXXVII, 173 - chiesa parrocchiale della Santa Croce, 110 Dresda, 21, 350 Drid, convento francescano di Sant’Antonio, 166, 197 Drniš, 294 - chiesa ortodossa, 219 Duecastelli / Dvigrad, XVII, ������������ XXXVII Escorial, 16, 364 Espejo, Collezione Castro del Rio, 16 Fasana / Fažana, XXVI n 6, XXXII n 118, XLII, XLIV, 4, 114, 130, 409 - chiesa parrocchiale dei Santi Cosma e Damiano, 111-115 Felicia, vedi Cepich Feltre, Museo Civico, 322 Ferenzi / Ferenci, chiesa di San Lorenzo, 115-116 Ferrara, Camerino d’Alabastro, 354 Fianona / Plomin, XXXII n 118, XLV n 5, LXVI, LXXII n 16 - chiesa parrocchiale della Beata Vergine Maria, XXXVI, 116-123 Fiera di Primiero, chiesa arcipretale, 159 Firenze, XXXI n 114 - chiesa della Santissima Annunziata, cappella Feroni, 61 - Galleria degli Uffizi, Gabinetto Disegni e Stampe, 166 - Istituto Tedesco di Storia dell’Arte (Kunsthistorisches Institut), Biblioteca, V Fiume /��������������������������������������� Rijeka, XV, XXIV, XXXII n 139, XXXIV n 169, XLI, XLVI n 46, L, LIII, LX, LXIII n 78, LXVI, LXVIII, LXXII n 13, LXXII n 16 - chiesa dell’Assunta, LXIV n 106 - chiesa di San Vito, LXIV n 106, 33 - Direzione Statale per la Tutela del Patrimonio Culturale e paesaggistico, V, IX - Università degli Studi, IX, X Fontane / Funtana, chiesa parrocchiale di San Bernardo, XLIV, 112, 123-125 Fossalta di Portogruaro, chiesa parrocchiale, LVII, 19 Gallesano / Galižana, XXXII n 118 - chiesa di San Giusto, 126, 127-128 - chiesa parrocchiale di San Rocco, XL, 126 Gallignana / Gračišće, XLVI n 46, LXVIII, LXXII n 13 - chiesa della Beata Vergine Maria, 129 Galovaz / Galovac, XLII, 410, 419 - chiesa di San Paolo eremita, 418 Gemona del Friuli, convento di Sant’Antonio, XXX n 69 Genova, LI - collezione privata, 314 - convento cappuccino di San Barnaba, 314 Geroldia / Gradina, chiesa parrocchiale di Sant’Andrea, 128 Gerusalemme, 269 Gherdosello / Grdoselo, XLVI n 46 Gimino / Žminj, XVII, XLVI n 46, LIII, LXXII n 13, 4 - chiesa della Santissima Trinità, XXXVI - chiesa parrocchiale di San Michele, 129-131 Goče, chiesa di San Giusto, 355 - chiesa parrocchiale, 258 Goregna / Gorenja Vas, LX, 387 - chiesa cimiteriale della Beata Vergine del Rosario, LIV, LXII n 50, 131-133 Gorizia, XXII, XXVIII n 32 - convento delle Orsoline, 354, 355 - Palazzo Attems, 5 - seminario, 194 Gornji Humac, chiesa parrocchiale, 362 Gradigne / Gradinje, XLVI n 46, 67 - chiesa di Ognisanti, 133-134 Gradišče, XXXVII Grado, XXII Graz, 312, 363 - collezione privata, 321 Grimalda / Grimalda, XLVI n 46 Grisignana / Grožnjan, XXVI n 6, XXXII n 118, LVI, LIX, LXVII, LXXII n 16, 28, 35 - chiesa parrocchiale dei Santi Vito e Modesto, 22, 134-139, 357 Grobelj, 258 Grobenico / Grobnik, XLVI n 46 Huston, Sarah Campbell Blaffer Foundation, 167 Iessenoviza / Jesenovik, chiesa di San Quirino, 139 Innsbruck, LX, 250 - collezione privata, LXIII n 103 - Landshauskapelle, LXIII n 103 - St. Jakob Statdfarrkirche, 86, 373 450 - Tiroler Landesmuseum Ferdinandeum, LXIII n 103, 185 Isola d’Istria / Izola, XIX, XXIII, XXIV, XXVII n 23, XXX n 69, XXXII n 118, XXXIII n 144, XLII, XLIII, XLIV, LVI, LVII, LXVII,114, 160 - chiesa di Santa Caterina, 280 - chiesa parrocchiale di San Mauro, XLVI n 66, 3, 256, 408 Jastrebarsko, convento francescano, LX Jelsa, chiesa parrocchiale, 362 Juršići, 125, 202, 277, 315, 318 Karlovac, convento francescano, LX Kassel, 359 Kopanj, 251 Krepelj, 258 Laggio di Cadore, chiesa parrocchiale, 91 Lanischie / Lanišče, XLVI n 46 L’Aquila, Museo Nazionale d’Abruzzo, 80, 81 Laurana ����������������������������������� / Lovran, XV, XXXII n 118, XXXVII, XLVI n 46, LXVIII, LXXII n 13 - chiesa parrocchiale di San Giorgio, XXXVII, XL, XLI Lavariano, collezione privata, 350 Lavarigo / Loborika, XXXII n 118, 85 - chiesa parrocchiale di San Fiore, 140 Lazzaretto / Lazaret, XXXII n 118 Leicestershire, Museum and Art Gallery, 33 Lendinara, chiesa di Santa Sofia, 60, 319 Lentiai, chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta, 383 Lepoglava, LX - chiesa parrocchiale di Santa Maria (Blažene Djevice Marije), già paolina, LXII n 50, LXII n 51, 254, 371 Lesina / Hvar, isola, 50, 63, 114, 279, 362, 376 - Lesina, 78, 280 - chiesa conventuale francescana, 376 - chiesa domenicana di San Marco, 279 Lesischine / Lesišćina, chiesa di Santo Stefano, 140-141 Levade / Livade, chiesa di San Giovanni, 418 Lindàro / Lindar, XLVI n 46, LIII, LXXII n 13 - chiesa di San Sebastiano, 141 Lipsia, XIX, ������������� XXX n 67 Lisbona, 401 Lisignano / Ližnjan, canonica, 387, 388 Lissa / Vis, 257 - chiesa parrocchiale, 256 Lodi, santuario dell’Incoronata, 322 Lonche / Lonke, chiesa parrocchiale, XXXVIII Londra, 301 - British Museum, 166, 327, 342 - Collezione Lansdowne, 401 - collezione privata, 415, 416 - Collezione Reale di Hampton Court, 402 - National Gallery, 16, 206, 279 - Royal Collection, 347 - Trafalgar Galleries, 145, 401 Lonedo di Lugo Vicentino, Villa Godi, 392 Lonigo, chiesa dei Santi Quirico e Giulitta, 422 Lons-le-Saunier, 300, 331 Lubenizze / Lubenice, XXXII n 118 Lubiana, XXXI n 107, LII, LIX, LXII n 32, LXIII n 101, 16, 120, 363, 409, 410 - chiesa della Madonna Assunta, 251 - chiesa di San Giacomo (Sv. Jakob), LVII - chiesa di San Pietro (Sv. Petra), 211, 368 - convento delle Orsoline (Uršulinski samostan), 354 - Narodna galerija, 21, 57, 208, 211 Lupogliano / Lupoglav, XLVI n 46 Lussingrande / Veliki Lošinj, ������������������� XVI, XXII, XXXII n 118 - chiesa di Santa Maria degli Angeli, XXXI n 114, XLVI n 66 Lussino / Lošinj, isola, XXVIII n 32, LXVI Lussinpiccolo / Mali Lošinj, XXXII n 118 - duomo, XV Madonna del Carso / Sveta Marija na Krasu, chiesa parrocchiale della Beata Vergine della Misericordia, 141-142 Madonna del Lago, vedi Santa Maria del Lago Madrid, 301 - Museo Nazionale del Prado, 300, 322 Makarska, convento francescano, 364, 365 Malta, XVIII, ���������������� XXIX n 49 Mantova, XXXIII n 144 - grotta di Isabella d’Este, 26 Marcenigla / Marčenigla, chiesa di San Pietro, 142143 Marija Gorica, convento francescano, LX Martinšćica, chiesa di San Girolamo, 280 Materada / Materada, XLVI n 46 Medolino, XXXVII Meduno, chiesa parrocchiale, 416 Merlengo di Ponzano Veneto, chiesa parrocchiale, 413 Milano, XVII, ��������������� XXIII, 33 - Collezione Lurati, 417 - Museo Poldi-Pezzoli, XXX n 83 - Pinacoteca Ambrosiana, 206 - Pinacoteca di Brera, 154, 406, 412 Mirandola, 399 Mistra, 221 Modena, 399 - collezione privata, 328 Momarano, o Momorano / Mutvoran, XXXII n 118 - chiesa di Santa Maria Maddalena, XXXVII, 143144 Momiano / Momjan, XXXII n 118, LXXII n 16 - chiesa parrocchiale di San Martino, 145 Monaco di Baviera, 331, 342 - Alte Pinakothek, 16, 343, 368 - Bayrische Staatsgemäldesammlungen, 343 - chiesa dei Gesuiti di San Michele (Jesuitenkirche St. Michael), 215, 307 - Städelsches Kunstinstitut, 80 Moncalvo di Pisino / Gologorica, XXXII n 118, XLVI n 46, 355 - chiesa parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo, 145 Mondellebotte / Bačva, chiesa di San Giacomo, già parrocchiale, XXXVII Monopoli, 380 Monte Athos, monastero di Vatopédi, 311 Monte di Capodistria / Šmarje, 211 Monticchio / Montić, XXXII n 118 Montona / Motovun, XXVI n 6, XXXII n 118, XLIV, LXVII, 378 - chiesa della Madonna dei Serviti, 152-154 - chiesa di Sant’Antonio da Padova, già chiesa di San Cipriano, LII, 149, 151-152, 376 - chiesa di San Giovanni Battista (o Madonna della Porta), XXXVII - chiesa parrocchiale di Santo Stefano, 146-151 Morosini / Maružini, chiesa della Madonna della Neve, 154, 389 Mosca, Museo Puškin, 94 Moschiena (Moschienizze) / Moščeniće, XLVI n 46, LXVIII, LXXII n 13 Motta di Livenza, chiesa parrocchiale, 304 Muggia, X,XXII, XXXII n 118, XLIV, LXVI, LXVII, LXXII n 16 - duomo, 362 Münsterschwarzach, chiesa monastica dei Benedettini, 252 Murano, Basilica dei Santi Maria e Donato, 260 - chiesa di San Michele in Isola, 339-340 - chiesa di San Pietro Martire, LVI, 189-190, 191, 362, 408 Naklo, chiesa di San Giacomo, 120 Napoli, chiesa dei Gerolamini, 344 - chiesa di San Gregorio Armeno, 16 - chiesa di Santa Caterina a Formiello, 345 Nea Moni, 221 Neresina / Nerezine, XXXII n 118 New York, 328 Novacco di Pisino / Pazinski Novaki, XLVI n 46, LXXII n 13 - chiesa di San Michele arcangelo, 155 - chiesa parrocchiale di Sant’Ulderico, 155 Novaledo, 231 Noventa Padovana, Villa Giovannelli, 95 Novo mesto, LII, LXII n 32, 120, 211 - chiesa di San Nicola (Sv. Nikolaja), 211 - chiesa francescana di San Leonardo (Sv. Lenarta), 211 Odeno, chiesa di Sant’Apollonia, 354 Olimje, chiesa paolina, LXII n 51 Omaha, Joslyn Art Museum, 308 Orsera / Vrsar, XXXII n 118 - chiesa di San Martino, 156, 159 - chiesa di Santa Fosca, 155-163 - chiesa di Sant’Antonio da Padova, 159 Osijek, Galerija likovnih umjetnosti, 263 Ossero / Osor, ����������������������������� XXII, XXXII n 118, LXXII n 16 - cattedrale, XLVI n 66 Ostiano, chiesa di San Michele Arcangelo, 48 Padova, XXXVI, XLV n 6, LXX, 148, 305 - Basilica di Sant’Antonio, XXX n 69, XXXI n 100, 148, 241, 305 - Cappella degli Scrovegni, 161 - chiesa degli Eremitani, 267, 299 - chiesa di Ognissanti, LVI - chiesa di San Francesco, 303 - chiesa di Santa Giustina, XXI, 46 - collezione privata, 365 - Municipio, XXIX n 51 - Musei Civici, XLVII n 69, 75, 94, 105, 106, 159, 168, 321, 324, 334, 354 - Museo Antoniano, 323 -Museo Diocesano, 64 - Oratorio delle Dimesse, 417 - Palazzo Conti, 97 Pago / Pag, isola, 280 Parenzo / Poreč, X, XI, XIII, XV, XIX, XXI, XXII, XXIII, XXVIII n 33, XXIX n 40, XXX n 65, XXX n 69, XXXI n 93, XXXI n 97, XXXI n 107, XXXII n 118, XXXII n 128, XXXIII n 150, XXXIV n 169, XXXV, XXXVI, XXXVII, XXXIX, XLV n 5, XLVI n 46, XLIX, LI, LII, LIV, LVI, LVII, LVIII, LXII n 2, LXII n 22, LXII n 26, LXII n 36, LXVI, LXVII, LXIX, LXX, LXXI, LXXII n 16, 136, 354, 367 - chiesa della Madonna degli Angeli, LV, 168, 180196 - chiesa di San Francesco, LII, LIII, 6, 181, 183, 194, 195, 196, 390 - chiesa di San Francesco, Sala detta dei Nessuno, XXVIII n 40, 197 - chiesa di San Michele, XXXI n 93 - chiesa di Sant’Eleuterio, 178-180 - chiesa parrocchiale della Beata Vergine Assunta (Basilica Eufrasiana), già cattedrale, XVI, XIX, XXI, XXIII, XXIV, XXV, XLII, XLV n 5, LI, LV, LXI, 166-168, 177, 178, 179, 188, 195, 197 - Civico Museo d’arte e di storia, XXVIII n 40 - convento della Madonna degli Angeli, LVI, 191 - convento di San Francesco, 5, 196 - Episcopio, Museo della Basilica Eufrasiana, 172178, 230 - Museo Civico del Parentino, XXVIII-XXIX n 40, LXII n 2, 166, 196-209, 377 -Museo provinciale archeologico dell’Istria, XXVIII n 40 - palazzo Sinčić, XXIX n 40 Parigi, Certosa, 89 - chiesa di Saint-Francois Xavier, 74 - Museo del Louvre, 16, 307, 344, 401 - Museo del Louvre, Cabinet des Dessins, 314 Passo / Paz, XLVI n 46, LII, 20 - chiesa di San Vito, XXXVI Patmos, 274 Pèdena �������������������������������������� / Pićan, XI, XIII, XXXII n 118, XXXV, XXXIX, XLVI n 46, LI, LIX, LXVIII, LXXII n 13, LXXII n 16 - canonica, 211-217 - chiesa di San Michele, 214 - chiesa di San Rocco, 217 - chiesa parrocchiale dell’Annunciazione della Beata Vergine, già cattedrale, LII, LX, 133, 209-211, 217 Pergola, chiesa di Sant’Andrea, 64 Peroi / Peroj, XXXII n 118, LXIX, 311 - chiesa di San Spiridione, 217-230 451 Pesaro, XLV n 4 Petrovia / Petrovija, XLVI n 46 Pezzan di Carbonera, chiesa parrocchiale, 91 Piacenza, chiesa di Santa Maria di Campagna, 299 Piana di Bogliuno / Boljunsko Polje, chiesa della Beata Vergine del Carmelo, 230-231 Piemonte d’Istria / Završje, XXXII n 118, LII, LIII, LVIII, LIX, LXXII n 16, 54, 72, 143 - chiesa parrocchiale della Natività della Vergine, LII, LIX, 231-236 Pinguente / Buzet, XXXII n 118, XLIV, XLVI n 46, LXVIII - chiesa di San Giorgio, XLI, LVI, 238-242, 281, 386 - chiesa di San Giovanni Battista, 123, 242 - chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta, 123, 236-238, 395 - Museo Civico, 123, 242-243 Piove (Pieve) di Sacco, XXXII n 115 Pirano /������������������������������������������� Piran������������������������������������ , ���������������������������������� XV, XVIII, XIX, XXII, XXIV, XXVII n 15, XXX n 69, XXX n 73, XXXI n 100, XXXIXXXII n 115, XXXII n 118, XXXII n 128, XXXIII n 144, LVII, LVIII, LXVI, LXVII, LXVIII, LXX, LXXI, LXXII n 16, 413 - casa Fragiacomo, XXXII n 126 - chiesa di San Francesco, XXI, 166, 197 - chiesa parrocchiale di San Giorgio, XIX, XXII, XXXI n 112,142, 340, 367, 390 - chiesa di San Pietro, XLII - chiesa di Santo Stefano, 280 - chiesa e oratorio di Santa Maria della Consolazione, XXII, XXXI n 114, XXXI n 115 Pisino / Pazin, XIV, �������������������������������� XX, XXVI n 6, XXVIII n 30, XXVIII n 32, XXX n 69, XXXII n 118, XXXIV n 169, XXXV, XXXVI, XXXVIII, XLV n 40, XLVI n 46, L, LII, LX, LXI, LXIV n 107, LXVIII, LXXII n 13, LXXII n 16, 20, 21, 66, 88, 367, 372, 376, 387, 404 - Archivio di Stato, V, XLIII - casa Rapicio, 248 - chiesa conventuale francescana della Visitazione della Beata Vergine, XXXVII, 256-259 - chiesa di Sant’Antonio abate, 253, 262 - chiesa parrocchiale di San Nicola, XXXVI, LXII n 50, 131, 133, 244-255, 262, 264 - Collegio di Pisino - Liceo Classico / Pazinski kolegij - klasična gimnazija, 265-266 - convento francescano della Visitazione della Beata Vergine, 245, 259-265 - Ospizio Mosconi, 253 Pisinvecchio / Stari Pazin, XLVI n 46, LXXII n 13 Pistoia, chiesa di Sant’Andrea, 161 Pola /������������������������������������������������� Pula, X, XI, XIII, XV, XVIII, XIX, XXII, XXIV, XXVIII n 32, XXX n 64, XXX n 65, XXX n 69, XXXII n 118, XXXIII n 144, XXXIII n 150, XXXIV n 169, XXXV, XXXIX, XLV n 23, XLVI n 46, LI, LXVI, LXVII, LXIX, LXXII n 16 - Arco dei Sergi, XXIX n 40 - Arena, XXVIII n 32, XXXI n 106 - cattedrale della Beata Vergine Assunta, XXIV, XXXI n 95, LXIII n 69, 266-267 - chiesa di San Nicolò dei Greci, 267-277 - chiesa francescana, XXXV - convento francescano di Sant’Antonio da Padova, XXIV, 267 - Direzione Statale per la Tutela del Patrimonio Culturale e paesaggistico, V, IX - Museo Archeologico dell’Istria, X,XXIX n 40 - Museo Civico, XXVIII-XXIX n 40 - Museo d’Antichità, XXIX n 40 - Regio Museo dell’Istria, XXIX n 40 - Städtische Museum, XXIX n 40 - Tempio di Augusto, XXIV, �������������������������� XXVIII n 32, XXIX n 40 Pomer / Pomer, XXXII n 118 - chiesa della Visitazione della Beata Vergine Maria, 277-278 Pommersfelden, Collezione Schönborn, 365 Pontebba, 380 Popecchio / Podpeč, XXXVII Portole / Oprtalj, XXVI n 6, XXX n 69, XXXII n 118, XLI, XLII, XLIV, XLVII n 69, LIX, LXVII, LXXII n 16, 114, 362 - chiesa della Beata Vergine Maria (o Santa Maria Piccola o Madonna Nova), XXXVII, XLV n 25 - chiesa di San Leonardo, 281 - chiesa di San Rocco, XXXVII, 173 - chiesa di Sant’Elena, XLV n 25 - chiesa parrocchiale di San Giorgio, 278-282 Portorose / Portorož, chiesa di San Bernardino, XX, 112 Potenza Picena, 126 - chiesa degli Zoccolanti, 307 Povo di Trento, 292 Praga, Národní Galerie, 309, 310, 351, 413 Praglia, abbazia benedettina di Santa Maria Assunta, 46, 70 Previs / Previž, XLVI n 46 Puntera o Puntiera / Puntera, chiesa della Santissima Trinità, 282 Quimper, Musée des Beaux Arts, 300, 331 Racizze / Račice, XLVI n 46 Ragusa / Dubrovnik, LVI - chiesa dei Gesuiti, LVI-LVII - Collegio dei Gesuiti, LXIII n 76 - Muzej Knežev dvor (Palazzo dei Rettori), 167, 300 Ravenna, Museo Nazionale, 327 Reggio Emilia, Fondazione Cassa di Risparmio, 331 Remete, LXIII n 100 - chiesa paolina, LXII n 50 Riva del Garda, santuario della Madonna Inviolata, 15 Rivolto di Codroipo, chiesa di San Michele Arcangelo, 48 Rohrau, Galleria Harrach, 46 Roma, XVII, ��������������������� XXIII, XLI, 354 - Basilica della Santa Croce di Gerusalemme, 16 - chiesa della Santissima Trinità dei Pellegrini, 135 - chiesa di San Lorenzo in Lucina, 195 - chiesa di Santa Maria della Concezione, 214 - chiesa di Sant’Isidoro, 88 - Collezione Chiomenti, 234 - collezione privata, 94 - Collezione Torlonia, 207 - Galleria Borghese, 3, 145, 319 - Galleria Corsini, 145 - Galleria d’Arte Antica di Palazzo Barberini, 108 - Galleria Francesco Romano, 345 - Galleria Sestieri, 103 - Musei Vaticani, 207, 208 - Palazzo Corsini, 104 - Palazzo Venezia, XXX n 83, XXXI n 112 - Vaticano, 60 Romano di Lombardia, 380 Rovigno / Rovinj, X, XIII, XXII, XVIII, XXVIII n 32, XXIX n 63, XXX n 65, XXXII n 128, XXXIV n 169, XLV n 34, XLIX, LII, LVII, LIX, LXVI, LXVII, LXVIII, LXXI, LXXII n 16, 273, 275 - Centro di Ricerche Storiche, V, IX - chiesa conventuale di San Francesco d’Assisi, XLII, 302-305 - chiesa della Beata Vergine della Misericordia (o della Madonna delle Grazie), 302 - chiesa della Madonna del Campo, 315-316 - chiesa della Madonna della Salute, LII, 289, 290, 316 - chiesa della Santa Croce, 330 - chiesa di San Giovanni Battista, 276, 294 - chiesa di San Giuseppe, XLIV, LII, 312-315 - chiesa di San Martino, LII, LXII n 6, 316-318 - chiesa di San Tommaso, 327, 347, 357 - chiesa parrocchiale dei Santi Giorgio ed Eufemia, XXIX n 63, LIV, LVII, LIX, 282-301, 316, 327 - collezione Hütterott, XXVIII n 39, XXIX n 40, XXXIII n 140, LVII, LXII n 2, 318, 323, 328, 331, 333, 340, 343, 344, 345, 347, 349, 352, 353, 356, 357, 359 - convento di San Francesco d’Assisi, 152, 305312 - isola di San Giovanni in Pelago, 306 - isola di Sant’Andrea, LXII n 2, 333, 340, 343, 345, 349, 359 - isola di Sant’Andrea, convento francescano, XLII, 304 - Museo Civico, XXVIII n 39, XXIX n 40, XXXIII n 140, XXXIII n 152, XLV n 29, LVII, LXII n 2, 138, 283, 284, 285, 318-360 - palazzo Califfi, XXIX n 40 Rovigo, 148 - chiesa di San Bartolomeo, 303 - chiesa di Santa Maria del Soccorso, detta La Rotonda, 336 Rozzo / Roč, XXVI n 6, XXXII n 118, XLIV, XLVI n 46, 114, 279, 280, 379 - chiesa di Sant’Antonio abate, 363 - chiesa parrocchiale di San Bartolomeo, 360-363 Sabbioncello / Pelješac, 263 Sacile, duomo, 411 Salò, duomo, 125 Salonicco, 221 Salvore / Savudrija, XLVI n 46, LXXII n 16 - chiesa parrocchiale di San Giovanni apostolo, 363366 Samobor, chiesa francescana, 258 - convento francescano, LX San Floriano di Castelfranco, chiesa parrocchiale di San Floriano, 319 San Giovanni / Sveti Ivanac, XLVI n 46 San Giovanni della Corneta / Sveti Ivan, chiesa di San Giovanni Battista, 366 San Giovanni Valdarno, chiesa di San Silvestro, 413 San Lorenzo del Pasenatico / Sveti Lovreč, LIII, 413 - chiesa parrocchiale di San Lorenzo, 366-367 San Michele di Piave, chiesa parrocchiale, 350 San Michele in Monte / Gortanov Brijeg, chiesa di San Michele, 249 San Pietro dell’Amata / Raven, XXXII n 118 San Pietro di Cadore, Villa Poli, 168 San Pietro in Selve / Sveti Petar u Šumi, XXXIII n 152, XLVI n 46, LXI, LXIII n 100, 20, 244, 247, 251, 264 - chiesa di San Rocco, LXIV n 1110, 175, 247, 375376 - chiesa parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo, LIV, LXI, 175, 247, 357, 367-375 - monastero paolino, LX, LXI, 176, 254, 262 San Pietroburgo, Ermitage, 347, 401 San Sergio / Črni Kal, XXXVII Santa Domenica di Visinada / Sveta Nedelja, 150 - chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista, 145, 149, 376-378, 279 Santa Lucia (?), XXX n 69 Santa Lucia (Giurandron), XXXII n 118 Santa Maria del Campo / Božje Polje, 414, 419, 420 Santa Maria del Lago / Kloštar, chiesa paolina della Beata Vergine Maria, 133, 371 - monastero paolino della Beata Vergine Maria, LII, LXII n 50, 20, 133, 244 Santa Marina / Sv. Marina, chiesa di Santa Marina, 215 Sant’Antonio di Capodistria / Sv. Anton (Pridvor), XLII, XLIII Santo Spirito / Sveti Duh, chiesa del Santo Spirito, 379 Sanvincenti /����������������������������������� Svetvinčenat, XVII, XXVI, XXVI n 6, XXXII n 118, LII, LXIX - chiesa di San Rocco, 383 - chiesa parrocchiale della Beata Vergine Assunta, XLII, XLIV, XLV n 30, LII, 379-384 San Vitale di Visignano - Monteritossa / Sveti Vital - Brig, chiesa cimiteriale di San Vitale, 384-385 San Vito al Tagliamento, LVIII, 72, 292 - duomo, 234 San Vito di Cadore, chiesa parrocchiale dei Santi Vito, Modesto e Crescenzia, 159 Sarezzo / Zarečje, XLVI n 46 Sbandati / Žbandaj, chiesa parrocchiale dei Santi Giovanni e Paolo, 385 452 Scopliacco / Škopljak, XLVI n 46 Seghetto / Seget, Stanzia Seghetto, 386 - Villa De Franceschi, 386 Segna / Senj, 5 Segnacco / Senj, XXXVIII, 243 - chiesa di San Nicola, 386-387 Semi / Semić, 66, 88, 261, 404 - chiesa di San Lorenzo, 387 Senigallia, 114 - chiesa di San Martino, 243 Sesana / Sežana, 258 Siana / Šijana, santuario della Madonna o della Beata Vergine delle Grazie, 267 Siena, duomo, 161 Sissano / Šišan, XXXII n 118, XLIII - chiesa parrocchiale dei Santi Felice e Fortunato, 387-388 Slano, convento francescano, 194 Solto Collina, chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta, 91 Sopoćani, 221 Sorici / Šorići, LIII, LXI, 154 - cappella di Santa Maria Maddalena, 389 Sovignacco / Sovinjak, XLVI n 46, 386 - chiesa parrocchiale, 243 Spalato / Split, XXX n 86, XXXII n 139, 78, 259, 260 - Arcidiocesi, 161 - cattedrale di San Doimo, 161, 259 - chiesa di Sant’Eufemia, 259 - Galerija umjetnina, 329 Spangenberg, 357, 359 Spilimbergo, duomo di Santa Maria Maggiore, 236 St. Luis, City Art Museum, 326 Stari Grad di Pago / Stari Grad na Pagu, chiesa della Madonna, 280 Stari Grad, 63, 114 - convento domenicano, 50 Storo, 234, 278 Stridone / Zrenj, XLVI n 46 Strme Njive, chiesa parrocchiale di Santa Redegonda, 120 Strugnano / Strunjan, chiesa parrocchiale, 60 Stühlingen, chiesa dei Cappuccini (Kapuzinerkirche), 247 Sušak, ���� XXIV Teramo, 80 Tersatto / Trsat, 78 - convento francescano, LIII, LX, 141 Terviso / Trviž, XLVI n 46, LXXII n 13 Terzo d’ Aquileia, Collezione Calligaris, 406 Thiene, 33 Tiarno di Sopra, chiesa parrocchiale, 314 Tolmezzo, duomo, 234, 246 Torcello, chiesa di Santa Fosca, 160 Torino, Basilica di Superga, 207 - Galleria Sabauda, 166 Torre del Quieto / Tar, 367, 413 - chiesa parrocchiale di San Martino, 389-390 Traù / Trogir, XXX n 86, 166, 197, 309, 311 - cattedrale, 24, 350 - chiesa domenicana, 84 - chiesa di San Pietro, 84 Treviso, 401 - chiesa di San Nicolò, LVI, 336, 362, 408 - chiesa di Sant’Ambrogio in Fiera, 71 - duomo, 319 Tricesimo, collezione privata, 353 Trieste, ����������������������������������������� XIII, XVI, XVII, XIX, XXII, XXIII, XXIV, XXVIII n 29, XXVIII n 32, XXXII n 128, XXXIV n 169, XXXIX, XLVI n 46, L, LXVI, LXVII, LXXI, LXXII n 16 - cattedrale di San Giusto, XIX ��� - chiesa parrocchiale di San Giacomo, 60 - Civico Museo di Storia ed Arte, XXX n 66 - Museo di Storia e Arte, XXXII n 115 - Studio Restauri Scattola-Sfreddo, 22, 24, 25, 28, 32, 33, 35, 39 - Università degli Studi, Facoltà di Lettere e Filosofia, Dipartimento di Storia e di Storia dell’Arte, X Trpanj, chiesa parrocchiale, 263 Tupliacco / Tupljak, XLVI n 46 - chiesa cimiteriale di Sant’Adriano papa, 390-392 Udine, XVIII ����� - Casa secolare delle Zitelle, Oratorio, 397, 398 - chiesa del Redentore, 243 - chiesa di Santa Maria delle Grazie, 71 - Civici Musei, 48,183, 292, 307, 353 - Palazzo Arcivescovile, 18, 411 - Università degli Studi, Biblioteca di Studi Umanistici, X Umago / Umag, XXXII n 118, XXXIII n 144, XLV n 5, XLVI n 46, LXVI, LXVII, LXXII n 13, LXXII n 16 - chiesa di San Rocco, 396 - chiesa parrocchiale della Beata Vergine Assunta, LIX, XLI, 61, 392-399 Uppark, Collezione H. Meade Fetherstonhaugh, 345 Urbino, chiesa di San Francesco, 409 Vače, chiesa parrocchiale di Sant’Andrea, 120 Val Cassian (Cassione) / Košljun, XXXII n 118 - convento francescano, 10, 11, 256 Valdarsa / Šušnjevica, XXXVII, XLVI n 46 Valle / Bale, XXVI n 6, XXXII n 118, XXXVII, XLV n 5, LXVII - chiesa di San Nicola, 403 - chiesa di Sant’Antonio abate, 402-403 - chiesa parrocchiale della Visitazione della Beata Vergine Maria, 399-402 Valle di Fasano (?), XXX n 69 Valmorasa / Movraž, XLIII, 128 Varese, Seminario Arcivescovile, 285 Veglia / Krk, isola, XXII, XXVIII n 32, XXXIV n 169 Veglia, XXXII n 118, XLII - cattedrale, XLVI n 66 Venezia, ������������������������������������� V, XIV, XVII, XX, XXIII, XXXI n 114, XXXV, XXXVII, XXXVIII, XLI, XLIII, XLIV, XLV n 4, XLV n 6, XLV n 33, XLVI n 54, XLIX, L, LI, LV, LVI, LVIII, LIX, XL, LXV, LXVI, LXVII, LXIX, LXX, LXXI, LXXII, 178, 219, 220, 260, 268, 363, 382 - abbazia di San Giorgio Maggiore, LXIII n 59, 24 - Basilica della Madonna della Salute, 260, 300 - Basilica di San Marco, 226, 275, 282, 398 - Biblioteca Nazionale Marciana, V - Ca’ di Dio, 24 - Ca’ Rezzonico, 206 - Ca’ Zenobio, 97 - chiesa dei Gesuiti o di Santa Maria Assunta, 6 - chiesa dei Santi Apostoli, 75 - chiesa dei Santi Giovanni e Paolo, 46, 191, 408, 414 - chiesa della Madonna dell’Orto, 12, 401 - chiesa dell’Ospedale degli Incurabili, 278 - chiesa dell’Ospedaletto o di Santa Maria dei Derelitti, 334 - chiesa di Ognissanti, 308 - chiesa di San Barnaba, 166 - chiesa di San Basilio, 284 - chiesa di San Canciano, LVII, 33, 190 - chiesa di San Cassiano, 113, 360 - chiesa di San Clemente, 183 - chiesa di San Crisostomo, 61 - chiesa di San Daniele, 382 - chiesa di San Fantin, 409 - chiesa di San Francesco della Vigna, XLII, 21, 160 - chiesa di San Francesco di Paola, 75 - chiesa di San Geremia, 190, 246, 325, 412 - chiesa di San Giacomo dell’Orio, 32, 179 - chiesa di San Giobbe, 183 - chiesa di San Giorgio dei Greci, 221, 274, 275, 276, 295, 302 - chiesa di San Giorgio Maggiore, 279 - chiesa di San Giovanni in Bragora, 80, 81, 85, 319 - chiesa di San Girolamo Elemosinario, 407 - chiesa di San Lio, 160 - chiesa di San Lorenzo, 82, 286 - chiesa di San Marcuola, 114, 350, 399 - chiesa di San Moisè, 166, 350, 399 - chiesa di San Nicolò da Tolentino, 277, 278, 411 - chiesa di San Pantalon, LV - chiesa di San Pietro di Castello, 340, 342 - chiesa di San Polo, 74, 125 - chiesa di San Salvador, 33, 159, 380 - chiesa di San Sebastiano, XLI, 82 - chiesa di San Simeone Piccolo, LII, 6, 30, 179, 390 - chiesa di San Stae, 18, 32, 179, 303 - chiesa di San Trovaso, XLV n 30, 12, 74, 148, 308 - chiesa di San Vidal, 183, 185, 310 - chiesa di San Zaccaria, 18, 64, 91, 181, 250, 256, 319, 336 - chiesa di Santa Caterina, 130 - chiesa di Santa Lucia, 325, 412 - chiesa di Santa Maria degli Scalzi, 18 - chiesa di Santa Maria dei Carmini, LVI, 183, 336, 367, 390, 412 - chiesa di Santa Maria del Giglio, 335, 422 - chiesa di Santa Maria del Pianto, 348 - chiesa di Santa Maria della Pietà, 24 - chiesa di Santa Maria Formosa, XLIV - chiesa di Santa Maria Gloriosa dei Frari, 5, 18, 380 - chiesa di Santa Maria Maggiore, 376 - chiesa di Sant’Alvise, 285 - chiesa di Sant’Antonio di Castello, XXXV - chiesa di Santo Stefano, 112, 113, 183 - collezione Brass, 325 - collezione Egidio Martini, 342 - collezione Giovannelli, XXVIII n 39, 95, 100 - convento dei Santi Giovanni e Paolo, LVI, 189 - Fondazione Giorgio Cini, 75, 80 - Fondazione Giorgio Cini, Istituto di Storia dell’Arte, Biblioteca, V - Gallerie dell’Accademia, XXXV, 80, 85, 130, 166, 183, 278, 284, 319, 320, 348, 376, 407 - isola della Certosa, chiesa di Sant’Andrea della Certosa, 89 - Museo Civico Correr, 80, 286, 294, 303, 327 - Museo Civico Correr, Biblioteca, V - Museo delle icone bizantine e postbizantine, 221 - Palazzo Ducale, XXXIX, XLI, XLVI n 41, 8, 17, 100, 181, 236, 300, 305, 406 - Palazzo Labia, XXXII n 115 - Palazzo Pisani Moretta, 147 - Palazzo Pisani, Conservatorio “Benedetto Marcello”, 327, 376, 415, 416 - Palazzo Salvioni, 342 - Pinacoteca Querini Stampalia, 324 - Scuola di San Fantin, XLIV, 287 - Scuola di San Girolamo (ora Ateneo Veneto), 409 - Scuola di San Rocco, XLI, 8, 74301, 335 - Scuola di San Teodoro, 287 - Seminario Patriarcale, Pinacoteca Manfrediana, 243 Venzone, chiesa di Santa Chiara, 416 Vermo /���������������������������������������� Beram, XVII, XXXII n 118, XXXVI, XLVI n 46, LXXII n 13 - chiesa della Beata Vergine delle Lastre, XXXVI - chiesa parrocchiale di San Martino, XXXVI Verona, Cappella dei Notai, 99 - chiesa di San Nicolò, 99 - Museo di Castelvecchio, 105 Verteneglio / Brtonigla, XXXII n 118, LXVI Vetta / Vrh, XLVI n 46 Vicenza, Basilica della Madonna di Monte Berico, 154, 236 - chiesa dei Santi Felice e Fortunato, 300 - chiesa di Santa Caterina, 340 - chiesa di Santa Chiara, 154 - chiesa di Santa Corona, 154 - duomo, 33, 154 - Galleria (Pinacoteca Civica), XXXII n 115 - Palazzo Leoni Montanari, 97, 99 - Pinacoteca Civica, 234 - Villa Almerico Capra, detta La Rotonda, ora Valmarana, 97, 196 453 Vienna, 288, 289, 312 - collezioni del Belvedere (Österreichische Galerie Belvedere), XX �� - Gemäldegalerie, XX �� - Karlskirche, 33, 393 - Kunsthistorisches Museum, 104, 105, 169, 325, 360 - Österreichische Museum für Kunst und Industrie (Museum für angewandte Kunst), XXII Villa di Rovigno / Rovinjsko Selo, 66, 88, 261, 387, 413 - chiesa parrocchiale di Sant’Antonio abate, 403404 Villa Padova / Kašćerga, XXXVII, XLVI n 46, LXXII n 13, 173 Villanova d’Arsa / Nova vas, XLVI n 46 - chiesa cimiteriale del Santo Spirito, XXXVII Villanova del Quieto / Nova Vas (novigradska), chiesa parrocchiale di San Michele, 404-405 Vinje, 251 Virovitica, LX - convento francescano, 374 Visignano / Višnjan, XXVI n 6, XLII - chiesa parrocchiale dei Santi Quirico e Giulitta, XL, XLII, 405-409, 418 Visinada / Vižinada, X, XXVI n 6, XLVI n 55, LIX, LXIX, 4, 367, 406, 422 - chiesa cimiteriale della Beata Vergine Maria o Madonna del Campo, XXXVII, 414, 418-420 - chiesa di San Barnaba, già parrocchiale, 414, 415418, 419 - chiesa parrocchiale di San Girolamo, XL, 409415 Volosca / Volosko, �� XV Vragna / Vranja, XXXVII, XLVI n 46 Wiener Neustadt, LXIII n 100 Würzburg, cattedrale, 252 Zagabria, XXXII n 139, 245 - Banski Dvori, 263 - Hrvatski povijesni muzej, 176 - Istituto croato di restauro / Hrvatski restauratorski zavod, V, IX, LXIII n 66, 6, 60, 61, 63, 84, 95, 99, 108, 135, 136, 151, 154, 163, 168, 176, 180, 181, 183, 185, 198, 213, 217, 233, 234, 242, 245, 251, 253, 254, 257, 278, 319, 320, 321, 322, 325, 329, 331, 332, 334, 335, 336, 342, 350, 352, 353, 380, 383, 389 - Istituto di restauro delle opere d’arte / Zavod za restauriranje umjetnina, 4, 5, 19, 39, 46, 48, 49, 72, 77, 86, 90, 97, 100, 105, 115, 117, 128, 129, 130, 148, 156, 203, 216, 226, 287, 314, 326, 327, 343, 346, 348, 355, 360, 368, 370, 371, 372, 374, 384, 419 - Istituto di restauro JAZU (Jugoslavenska akademija znanosti i umjetnosti, Accademia Jugoslava delle Scienze e delle Arti), 156, 162, 163, 167, 201, 204 - Muzej za umjetnost i obrt, 295 - Strossmayerova galerija starih majstora, 167, 176, 263 - Strossmayerova galerija starih majstora, Kabinet grafike, 167 Zamasco / Zamask, XLVI n 46 Zambrattia / Zambratija, XXVI n 6, LIX - chiesa di Santa Maria Maddalena, 420-422 Zara / Zadar, XXIII, XVI, XVIII, XXVII n 16, XLVII n 67, XLVII n 69, 309 - Arcidiocesi, 50 - chiesa di San Francesco, 250, 382 - JAZU (Jugoslavenska akademija znanosti i umjetnosti, Accademia Jugoslava delle Scienze e delle Arti), laboratorio di restauro, 305, 307, 312 - Mostra permanente d’arte sacra / Stalna izložba crkvene umjetnosti, 295 - Soprintendenza (�������������������������������� Direzione Statale per la Tutela del Patrimonio Culturale e Paesaggistico),�� X � - Soprintendenza (�������������������������������� Direzione Statale per la Tutela del Patrimonio Culturale e Paesaggistico), laboratorio di restauro, 174 Referenze fotografiche V idoslav B arac catt. 115-116, 118, 171, 320-325, 400-403, 433, 437, 446-447, 463, 466-467, 509 V išnja B ralić catt. 21-23, 81, 166, 168, 198, 200, 256, 397, 502-503, 520, 560-561 M ario B raun catt. 24-56, 74-78, 86, 89, 217, 329-330, 332, 338-341, 371-375, 419-420, 423-424, 549 M ilan D rmić catt. 91, 444, 449-452 M iroslav D vorščak catt. 445, 448, 465 F ototeca dell ’I stituto croato di restauro (H rvatski restauratorski zavod ) catt. 16, 84, 87, 102, 108, 114, 138, 178, 185, 187, 190, 195, 199, 214-215, 227, 229, 249, 252, 273, 285, 312, 346-348, 380, 418, 469, 478-479, 496, 515, 526-527 D amir K rizmanić catt. 150, 228, 316-319, 461-462, 464, 472-475, 519, 553 N ina K udiš B urić catt. 79, 209, 309, 490 454