E infine il vasto mondo
della
comunicazione
si riduce a
due soli segni: 0 e 1
di MASSIMO
UGLIANO
(parte quarta)
L
a singolarità di tutta la costruzione,
come abbiamo visto, e gli elementi
caratterizzanti del progetto elaborato da
Shannon consistono in intelligenti ed
acute deduzioni che ci sforzeremo di
presentare e spiegare servendoci di osservazioni, esemplificazioni ed integrazioni per cercare di individuarne e comprendere la logica45.
Telegrafia, telefonia, immagini, suoni, simboli o parole finiranno con l’avvicinarsi, incrociarsi, incontrarsi, unirsi ed
infine identificarsi e verranno da un certo
momento in poi ‘trattati’ alla stessa maniera, indipendentemente dalle caratteristiche specifiche e trasformati e codificati in ‘bit’46 ovvero in ‘dati’47 ormai quasi
tutti ‘digitalizzati’48 (bi[nary] [digi]t =
cifra binaria)49, con un ‘linguaggio’50 che
L’analisi approfondita degli studi di Shannon e
di Weaver, insieme ad una serie di ricerche condotte sugli alfabeti e sulla scrittura, sono stati il
punto di partenza per arrivare ad un singolare ed
esclusivo risultato in corso di elaborazione e di
stampa che riteniamo interessante (vedi anche
nota 77). Per una lettura critica cfr. M. UGLIANO, Riflessioni e deduzioni... op. cit.; Una nuova
Corrispondenza Biunivoca.
46 Unità minima di informazione indirizzabile; la
parola fu suggerita da John W. Tukey (cfr.
A.A.V.V., An Undergraduate Program in Computer Science Preliminary Recommendations). I
bit vengono generati e trasmessi con circuiti prevalentemente del tipo MOS (Metal-Oxide Semiconductor) in sostituzione dei Transistor. Cfr. N.
NEGROPONTE, Essere digitali.
47 Per ‘dati’ si intendono gli elementi di una
informazione costituiti da simboli (testuali, alfanumerici, musicali, etc.) che devono essere elaborati elettronicamente con appositi programmi. In
Informatica si usano per indicare qualsiasi tipo di
CIVILTÀ DELLA SCRITTURA
45
25
notazione acquisita, manipolata, trasformata, memorizzata o emessa da un calcolatore sotto forma
di bit (vedi nota 95). Cfr. M. UGLIANO, Codici;
Numeri; Bit; Dati; Sorgenti, Canali e Codici.
48 Digital = sistema per immagazzinare e trasmettere ‘fatti’ riducendoli a serie di “uno” e di “zeri”.
Così modificati tutti i dati provenienti da voci, immagini, suoni, etc. diventano compatibili perché
convergenti in un’unica tipologia coerentemente
normalizzata e tali da poter essere inoltrati sulle
“autostrade informatiche” (vedi nota 96). Cfr. J.
JACOBELLI (a cura di), Dall’analogico al digitale; G. BETTETINI-F. COLOMBO, Le nuove
tecnologie della Comunicazione.
49 Digit deriva dall’inglese = cifra. Il concetto di
binario è ormai associato, da tempo, a quello di
numerazione e senza dubbio questa è la veste in
cui è maggiormente conosciuto ed adoperato. Tuttavia la nozione è di più vasta portata e ad essa
vanno ricondotti una serie di scelte, di operazioni
logiche tipo si-no, vero-falso e, soprattutto, passaggio-non passaggio di corrente [vedi Figure 15
- 21a - 23]. A tale proposito facciamo presente
che anche questa cognizione non era, inizialmente, diffusa o comunque applicata all’elettronica almeno fino a quando non si capì (e si cominciò a
sfruttare) che i due stati (interdizione e saturazione) di funzionamento limite dei semiconduttori (il
transistor fu presentato il 22 giugno 1948; il circuito integrato di Jack Kilby il 12 settembre 1958;
il microprocessore da 4 bit nel 1971, passati a 8
nel ’74, a 16 nel ’78 a 32 negli anni ’80, a 64 nel
’90…) si prestano molto bene a ‘rappresentare’
informazioni binarie (cfr. P.J. DENNING, Third
Generation Computer Systems). Il principio era
indirettamente adottato in alcuni settori della
meccanica come il calibro passa-non passa per
scegliere i pezzi di tolleranza accettabile. Un breve opuscolo del matematico G. Peano (18581932) del 1898 tratta della “Numerazione Binaria
applicata alla Stenografia”, mentre notizie specifiche per l’ipotesi di un linguaggio scientifico internazionale (Interlingua) trovansi in Arithmetices
principia novo metodo exposita del 1890. Il codice Morse era definito ‘binario’ nel senso che
comprendeva due soli simboli senza inserimento
CIVILTÀ DELLA SCRITTURA
ha come rappresentazione delle informazioni la codifica in base due, che è – fra
le altre cose – l’unica eseguibile dall’unità centrale di un computer. Per quanto
concerne il sistema di numerazione binario, era già applicato da antichi popoli
orientali. Il metodo è posizionale ed adopera due soli simboli (0, 1) oggi facili da
associare ad altre situazioni di dualismo
(aperto-chiuso, acceso-spento, in-aut,
magnetizzato-non magnetizzato, su-giù,
bianco-nero, etc. (vedi note 23 e 49) e
venne adoperato per la prima volta nell’elaboratore EDVAC messo a punto per
l’esercito degli Stati Uniti nel 1945. Sir
Francis Bacon (cfr. La Nuova Logica, I;
De Digitate et Augmentis Scientiarum,
VI) nel sec. XVII, utilizzò un criterio
analogo per formulare un cifrario dove
con le sole lettere «a», «b» in combinazioni di cinque, si riusciva ad indicare
tutto l’alfabeto (a = aaaaa, b = aaaab, c =
aaaba, d = aaabb, e = aabaa, f = aabab,
etc.); G. W. Leibniz (1646-1716) lo aveva ‘reinventato’ per i suoi calcoli, per i
moduli del suo ‘moltiplicatore digitale’
capace di eseguire operazioni algebriche
(1671) ed il 15 marzo 1679, per “... un
metodo [logico] generale nel quale tutte
le verità della ragione fossero ridotte ad
una specie di scrittura universale infinitamente diversa da tutto...” (FONTE:
Characteristica Universalis dove immaginava che l’unità rappresentasse Dio e
lo zero il vuoto), effettivamente realizzato poi da G. Boole verso la meta
dell’800. Sir I. Pitman (1813-1897) studioso di fonetica insieme con lo scienziato G. Ellis ed ideatore di un noto e diffuso sistema stenografico (Phonography,
or Writing by Sound; Phonetic teacher;
Manual of Phonographie; Phonographic
Reporter) architettò un criterio duo-decimale per una notazione aritmetica al po-
26
di tecniche numeriche e le lettere venivano inviate
ciascuna con la propria successione/combinazione di abbinamenti (oggi semplici programmi,
come il Font Morse Code, permettono la conversione immediata). La nostra rappresentazione decimale è posizionale (unità, decine, centinaia,
etc.) mentre quella romana era additiva e sicuramente molto più complicata e poco flessibile [Figura 17]. In un articolo apparso nella “Rivista degli Stenografi” n. 12/1926, G. Prete parla di Numerazione romana e stenografia.
50 Contesto simbolico di riferimento. I vari tipi di
Fig. 17
‘linguaggi’ adoperati per i calcolatori - ben distinti, per ovvi motivi, da quelli naturali (metalinguaggi) che l’uomo usa per comunicare con i suoi
simili e che presentano un numero enorme di difficoltà (anche il più semplice Esperanto, vedi nota
91) - si suddividono, generalmente, in Linguaggi
simbolici di programmazione di alto e basso livello, Linguaggi di controllo e Linguaggio macchina. Quest’ultimo è proprio quello che utilizza
come simboli le cifre binarie ed è il solo all’altezza di leggere uno alla volta i due livelli logici in
questione, interpretarne il significato, far eseguire
istruzioni, controllare, attivare circuiti, svolgere
funzioni varie, etc. Cfr. P. CASALEGNO, Linguaggi naturali e linguaggi artificiali; M.
UGLIANO, Informazioni e Linguaggi; Bit e Parole; Dal bit al qubit (in preparazione).
sto di quella a base dieci. Parallelamente
si sviluppavano la logica formale classica e la Teoria del Sillogismo le quali
prendono in esame i rapporti fra i concetti ed il ragionamento deduttivo e che oltre al Peano poc’anzi citato nella nota 49,
avevano avuto nel passato ed avranno di
lì a poco illustri sostenitori non solo fra i
matematici puri (cfr. A. MAGNO, Opera
Omnia, Voll. I e II; ARISTOTELE, Organon; T. D’AQUINO, Summa totius logicae Aristotelis; J. M. BOCHENSKJ,
La logica formale; G. BOOLE, The
mathematical analysis of logic; R. CARNAP, Sintassi logica del linguaggio; G.
FREGE, Funktion und Begriff; J. FRÖBES, Logica formalis; G. W. LEIBNIZ,
De formis sillogismorum mathematice
definiendis; E. J. LEMMON, Beginning
logic; J. LUKASIEWICZ, Aristotl’s Sillogistic from the Standpoint of modern
Formal Logic; J. St. MILL, A System of
logic rationative and inductive; A. PLEBE, Manuale di logica formale; W. QUINE, Manuale di logica; B. RUSSEL, I
principi della matematica; B. RUSSEL A. N. WHITEHEAD, Principia matematica; A. TARSKI, Introduction to Logic;
L. WITTGENSTEIN, Tractatus logicophilosophicus). Vedi anche nota 77 e Figura 23.
G. Bettetini51 nel 1993, in “Tecnologia e Comunicazione” osserva che: “le
variazioni simili di grandezze diverse
(per esempio corrente elettrica e pressione esercitata dalla voce sulla membrana del telefono)52 sono state sostituite
dalle loro quantificazioni numeriche”53.
G
CIVILTÀ DELLA SCRITTURA
ià nel 1968 Peter Wegner sul
modo di riprodurre, trasformare e
riunire delle segnalazioni, diceva: “... le
strutture informative possono essere costruite in termini di una singola unità
27
51 Gianfranco Bettetini (n. 1933), ingegnere e
professore universitario di Teoria e Tecnica dei
mezzi di comunicazione di massa oltre che regista
teatrale, televisivo e sceneggiatore. È autore di
saggi sulla informazione e narrazione audiovisiva
e, fra i suoi lavori, un romanzo dal titolo: “Deserto sulla terra”.
52 I telefoni digitali codificano direttamente in bit
la fonia, le note musicali e le immagini da trasmettere (vedi nota 46).
53 I suoni vengono ormai normalmente digitalizzati anch’essi secondo un codice ad elementi di-
screti (DSP = Digital Signal Processing; MIDI =
Musical Instrument Digital Interface. Trattasi di
un protocollo di comunicazione seriale a 8 bit e
velocità di trasmissione di 31250 bit/sec.). Negli
ultimi tempi sono state lanciate in Europa ‘piattaforme digitali’ (0D2) e sono in arrivo ‘Tunes
Music Store’ della Apple per rendere disponibile
la musica su Internet via computer o telefonini, oltre alla tecnologia software decentralizzata peerto-peer che consente di cercare e condividere files
musicali, video o testuali fra diversi utenti connessi direttamente senza la mediazione o intervento di
un ‘server’ centrale e da applicare alla telefonia
vocale (vedi nota 96). Di qui la nostra idea di un
sistema completo per insegnarla ai non udenti privi della vista e della parola: l’effetto “V” riesce a
dare alle note una forma apprezzabile con il tatto
al pari delle animazioni per la vista (vedi nota 12).
Fig. 18
Nella Figura 18 viene mostrato un esempio di
musica digitale. Cfr. M. UGLIANO, Il Vibratempo; F. RAMPICHINI, Acusmetria, il suono visibile; M. MAIOCCHI, La Matematica dei fenomeni
acusmetrici; D. HUBEL, Occhio, Cervello, Visione. R. CYTOWIC, The man who tasted shapes; A.
TAMBURINI, Il Calcolatore e la Musica. Informatica Musicale. Nel 1964 S. Bussotti, elaborò
uno dei più significativi esempi di musica gestuale
(cfr. Tableaux vivants). Nell’occuparsi di varie
questioni di acustica e di elettromagnetismo, il fisico francese Felix Savart (1791-1841) che si interessò in particolare delle vibrazioni delle corde e
delle armoniche [nota la Legge di Biot-Savart del
1820 sui campi elettrici e magnetici generati da
conduttori filiformi] e lo scienziato eclettico Charles Edouard Joseph Delezenne (1776-1866), procedettero per vie diverse ad una rappresentazione
matematica dei suoni; quest’ultimo nel 1857 definì
i Logaritmi Acustici (vedi anche nota 88) prendendo per base il rapporto comune 81/80 = 1,0125.
Cfr. N. TANGARI, La codifica delle note. Analisi
e diffusione dei dati musicali (1996). Maggiori
dettagli, tavole e tabelle significative sono riportati
nella nostra ricerca sui logaritmi e nel contributo
su Coulon de Thevenot e la musica, nel quale, fra
le altre cose, verranno indicati interessantissimi testi dove è possibile avere notizie di ‘macchine’ industriose e ricche di espedienti del 1500-1600 che
si evita di riproporre. (Cfr. H. BUTTERFIELD, Le
origini della scienza moderna; R. S. WESTFALL,
La rivoluzione scientifica del XVII secolo).
primitiva di informazione detta bit... raggruppando sequenze ordinate di bits in
campi e raggruppando i campi in unità
di informazioni via via più ampie...” 54,
mentre nel 1970 E. F. Codd introduceva
il ‘modello relazionale’ basato sul concetto di relazione fra insiemi, ma si dovrà attendere fino al 1978 per avere il
«System R» dell’IBM che fu uno dei primi DBMS (Data Base Management System) per la creazione, ricerca, gestione,
aggiornamento, consultazione e manutenzione di più archivi contenuti su memorie di massa.
Sicuramente, a prima vista lo schema
organizzativo e lo sviluppo portano ad
una ‘spersonalizzazione’ del ‘messaggio’
ove inteso nell’accezione delle note 33,
34 e 72 [nelle Figure 19a, b viene rappresentato con un esempio la trasformazione di una parola in segnale elettrico
Fig. 19a
CIVILTÀ DELLA SCRITTURA
Fig. 19b
28
ed un paragone con la lettera «r» del codice Morse con corrente semplice] ma
vedremo che questo è vero solo in parte55
e che lo stesso continua, comunque, automaticamente a viaggiare insieme al
suo contenuto (come in una espressione
matematica o in un testo crittografato) e
quindi significato56 ma in maniera com-
Cfr. P. WEGNER, Programming Languages,
Information Structures and Machine Organization; Research Paradigms in Computer Science;
C. BÖHM, Formalizzare il buon senso.
55 Del resto già il mondo matematico di Cartesio
(cfr. Discorso sul Metodo) era privo di odori, colori e sapori ed era tendente alla massima precisione rifuggendo il disordine. Cfr. J. R. VROOMEN, René Descartes; J. H. RANDALL, The
making of the modern mind; S. FAETTI-L.
FRONZONI, Comportamenti dei Sistemi Complessi: Ordine e Caos (vedi nota 81). Tuttavia, sostituendo – per semplificare – ‘0’ e ‘1’ con punti
di due colori o puntini e trattini (orizzontali o verticali) ovvero din/don (oppure due note), si possono ricavare effetti acustici, fatture e ‘forme’ particolarissime ed a volte sorprendenti, finendo con
l’ottenere risultati comunque in grado di generare
sensazioni differenti in un ‘altro linguaggio’ non
verbale che, in ogni caso, ‘dice’ qualcosa (vedi allegato B nel prossimo numero). Potrebbe, ad
esempio, risultare interessante applicare tale criterio ai miliardi di componimenti di cui alla nota 77
quasi come written conversation ovvero face to
face scripturality, in cui le nuove tecnologie ampliano i confini del dialogo e piegano la parola
scritta al dominio dell'immediatezza costituendo
un passaggio essenziale e coprendo uno spettro
molto ampio di funzioni che in parte sostituiscono, in parte modificano o integrano i modi vecchi
e nuovi di comunicare facendo scoprire le possibilità creative (MacKay, Bateson, Heinz von
Foerster) del ‘rumore’ o del ‘disordine’ [cfr. N.
POLLA-MATTIOT (a cura di), Arte, musica,
poesia, natura fra ascolto e comunicazione].
56 A n/s avviso le due cose restano comunque
concettualmente ed idealmente coordinate, connesse ed unite: se l’inoltro procede secondo i crismi di buona esecuzione e non vi sono problemi
oltre a quelli preventivati ovvero imprevedibili, la
‘ridondanza’ (vedi nota 68) aiuta alla ricostruzione e quindi il contenuto ed il relativo significato
marciano parallelamente. È chiaro che – come del
resto nella vecchia telegrafia (e anche nella ripresa stenografica) – una interruzione qualsiasi in un
punto chiave del messaggio può alterarne il significato: la semplice frase “l’aereo non arriva alle
10.15”, ove mai venisse a mancare, erroneamente
trasmessa o ricevuta la parola “non”, il senso del
discorso cambia completamente. Teniamo tuttavia presente che nella fattispecie, per non partire detta negazione, poiché le tre lettere digitate o
pronunciate sono diventate 24 bit (ASCII)
con l’aggiunta di tre di controllo, più gli spazi,
54
CIVILTÀ DELLA SCRITTURA
29
pletamente indipendente, autonoma, distinta e sicuramente non identificabile a
vista perché codificato e frammentato almeno per il tempo necessario alla riproduzione ed al trasferimento. In quel momento diventa una lunghissima sfilza di
impulsi elementari che finiscono con il
nascondere un mondo ed un caleidoscopio di emozioni, di parole, di colori, di
segni, di suoni e di sfumature anche visive che normalmente influenzano la nostra vita; ricostruzioni fedeli (anzi in eccesso => ridondanza) ma senza ‘anima’
(cfr. P. FRIEDRICH, Interpretation and
vision: a critique of cryptopositivism; G.
LUSSU, Il trionfo di Gutenberg; M.
UGLIANO, Oltre i segni, oltre le parole;
vedi allegato A nel prossimo numero).
Nella comunicazione per mezzo della
scrittura i contenuti trasportati sono inscindibili dalla forma visibile mentre riteniamo che nell’«alfabeto digitale»
vada perduta soprattutto l’«immagine
della scrittura» divenuta ormai prassi
consueta, alla stessa maniera in cui Mark
Twain [Samuel Langhorne Clemens
(1835-1910)], a proposito dello ‘Spelling Semplificato’ pensava con scetticismo che “vedere le nostre lettere messe
insieme in un modo a cui non siamo abituati offende l’occhio e sottrae alle parole anche l’espressione… Non fa venire i
brividi come succedeva prima” (cfr. M.
COHEN, La grande invention de l’écriture et son évolution; D. DIRINGER,
L’alfabeto nella storia della civiltà; J. G.
FÉVRIER, Histoire de l’écriture; I.
TAYLOR, The Alphabet). Solo in alcuni
casi (per fortuna abbastanza rari) la ‘ricostruzione’ diventa difficile ma quasi
mai impossibile (vedi nota 68). Un parlare ricco di contenuti, una importante formula, una nuova scoperta scientifica non
fanno – dal punto di vista della trasmettibilità e tecnico – né aumentare né diminuire l’Entropia del sistema. Viaggiano
in un’altra dimensione mediante ‘electrical signal’ alla pari di una scrittura qualunque [vedi Figure 19a, b]. L’intensità
ed il valore intrinseco verranno compresi
solo dopo la restituzione da bit in chiaro
e, forse, un vantaggio tangibile è dato
dalla ‘riscoperta’ degli addetti ai lavori in
veste non di semplice ‘fattore aggiuntivo
alla produzione’, che con le loro mansioni di coordinamento e supervisione rie-
scono a ridurre, fra le altre cose, l’accumularsi del ‘disordine’.
Di conseguenza, l’essere umano resta
ancora essenziale, obbligatorio ed irrinunciabile perché avendo la competenza
non solo sul funzionamento dell’impianto ma soprattutto sulla grammatica e sintassi della lingua può individuare e correggere mancanze ed errori57 nella fase
di ricevimento-riassesto, mentre in quella di creazione-invio la sua figura rimane
imprescindibile ed inalienabile per il
prevedere, ponderare, decidere, stabilire
e quindi poter vagliare e ‘distinguere’,
ma soprattutto ‘pensare’ e ‘capire’ in
qualunque momento ed in ogni circostanza.
P
iù difficile al momento (se non impossibile) il passaggio automatico
dal linguaggio parlato a quello scritto,
nemmeno con tendenza alla sola intelligibilità del discorso, anche perché, statisticamente, circa il 50% (per l’inglese
=> cfr. C. E. SHANNON, Prediction
and Entropy of Printed English) delle
(N=01001110, O=01001111, N=01001110) e
quindi un numero di sufficienti ‘informazioni’
(vedi Figura 7a - nota 34) dovrebbero andare perdute tutte insieme e contemporaneamente, a meno
che il blocco non provochi la caduta del ‘sincronismo’. Soltanto la presenza dell’operatore riesce
ad ovviare o ridurre una serie di problemi altrimenti tuttora irrisolvibili nel caso dei molti impianti che funzionano in automatico.
57 Inoltre, al di là della Ridondanza e non potendo
tener conto di tutti gli aspetti qualitativi non sempre facilmente definibili e/o soggettivi, normalmente si considerano soluzioni intermedie di comodo che comportano, comunque, notevole aumento di bit. Nel Vocoder (ed in altri casi) per il
segnale fonico è necessario conservare almeno
una serie di sfumature significative quali gradevolezza della voce, tono, timbro, intonazione, etc.
C’è di sicuro un qualche aggravio associato alla
gestione tecnica dell’attività comunicativa, tuttavia è innegabile la produzione di un forte impatto
emotivo che messo insieme alla utilità ed alla facilità d’uso (poi anche all’estetica ed alla comodità), migliorano globalmente il servizio. Questo
è il motivo per cui, allo scopo di contenere al massimo i registri di memoria (costi e dimensioni) e
non sprecare nessuna serie di bit, eliminando il
superfluo, alcuni moderni sintetizzatori o registratori hanno suono metallico ed atono (voci artificiali ottenute per sintesi). Analogamente si procede al restringimento della larghezza di banda per
il segnale TV (immagine) a spese della ridondanza già superiore alla media ed in eccesso.
lettere o parole che scegliamo per dialogare o scrivere (in media 24.000) sono
sottoposte alla nostra libera scelta, mentre l’altra metà è in realtà controllata
dalla struttura stessa del lessico. Per l’italiano (dove la pronuncia coincide con
il testo compilato) si aggiunga il fatto
che la Q è sempre seguita dalla u (ad
esclusione della prima ‘q’ della parola
soqquadro), i gruppi tipo SFR, SPR, SQ,
etc. sono specifici, distinti ed isolati, le
coppie TS, TZ ed altre non esistono, alcuni abbinamenti o unioni non hanno
senso se non in rapporto ad una certa
configurazione, più incongruenze ed eccezioni grammaticali e sintattiche rilevabili in misura maggiore o minore in
tutte le lingue. Infine, tolte le cinque vocali, le lettere dell’alfabeto si riducono,
etc. e tutto ciò si riflette in una diminuzione generalizzata e quindi del valore
entropico in particolare (vedi nota 42).
Diverso il problema – ormai praticamente risolto – del riconoscimento automatico dei caratteri ORC (per una breve
storia dell’Optical Character Recognition, cfr. l’articolo di I. Neri “Tu scrivi e
il Computer legge”, in Rivista degli Stenografi n. 68/2005).
vedremo dettagliatamente nel prossimo
numero.
(4 - continua)
Nella tecnica delle telecomunicazioni la ‘modulazione’ rappresenta una operazione di modifica che si effettua sul segnale da inviare per utilizzare nel modo migliore le caratteristiche e le potenzialità del mezzo di trasferimento. Teniamo
presente che a tutto il 1934 (e per molti anni ancora) – ove conseguibili – le comunicazioni rapide a
distanza erano affidate al telefono ed all’abilità
dell’operatore, come ci testimonia un articolo di
Arnaldo Cipolla (noto cronista de La Stampa, fece
lunghi e numerosi viaggi e raccolse in diversi volumi le corrispondenze inviate) apparso sul Corriere Stenografico, Anno XVII, n. 11/1934 che si
congratula con G. V. Cima (1893-1968) segretario di redazione de La gazzetta del Popolo di Torino, direttore de Il Corriere Stenografico, il quale
in veste di giornalista aveva ripreso telefonicamente stenografando [Figura 20] e poi pubblicato
fedelmente un testo in tutti i minimi particolari ivi
compresa la punteggiatura.
58
Fig. 20
CIVILTÀ DELLA SCRITTURA
C
30
ome abbiamo detto poc’anzi, H.
Nyquist (1924) e R. V. L. Hartley
(1928) avevano già messo a fuoco alcune
problematiche nodali e di importanza
estrema inerenti il tema con particolare
riferimento ai metodi di modulazione58
applicati alle radiocomunicazioni, ma
ipotesi e risorse, mezzi ed aspettative
teoriche rimasero a lungo accantonate o
rinviate, proprio a causa della mancanza
di una regola o principio per ‘dimensionare’ le grandezze in gioco ed in movimento. Weaver riprese il discorso ed anzi
riuscì ad andare ben oltre gli interessi
puramente tecnici ai quali gli studi erano
inizialmente rivolti; purtroppo la sua primitiva impostazione – che peraltro appare a tutt’oggi senz’altro sensata e corretta
– non portava a risultati concreti e tantomeno alla definizione di un insieme di
congetture per precisazioni quantitative e
conteggiabili secondo criteri effettivi ed
efficaci per i motivi appresso descritti59.
Egli aveva classificato i problemi della
comunicazione in tre livelli diversi ma
fortemente interconnessi fra loro, come
Cfr. C. E. SHANNON-W. WEAVER, The
Mathematical Theory of Communication (1949);
W. WEAVER, Recent Contributions to the
Mathematical Theory of Communication; F.
BONSACK, Si può oggettivare e matematizzare
l’informazione?; J. R. PIERCE, La teoria dell’Informazione; B. MANDELBROT, È ancora
utile la teoria dell’Informazione?; R. G. CALLANGER, Information Theory and Reliable
Communication; F. JELINEK, Probabilistic
Information Theory.
59
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