Citizenship and New Inclusion Donne migranti e percorsi 1 di cittadinanza a cura di Monia Giovannetti 1 Il presente rapporto è frutto del lavoro e delle riflessioni condivise nel corso dell’ultimo anno dall’intero gruppo di lavoro impegnato nel progetto “C Citizenship and New Inclusion”, anche se la responsabilità della stesura e dell’analisi è da attribuirsi a Nadje Al-Ali per ciò che riguarda il primo capitolo e a Monia Giovannetti per il secondo e terzo capitolo. La preziosa supervisione scientifica è di Maria Grazia Ruggerini. Nota introduttiva La questione della cittadinanza delle donne richiama inevitabilmente temi di ampia portata sul piano teorico e delle pratiche politiche, che sono stati affrontati nel corso del tempo da differenti autori e autrici nelle più diverse sedi.2 Una questione che finisce per collocarsi all’interno di un quadro ancora più complesso se la si coniuga con i processi migratori e dunque alla differenza di genere si aggiunge la variabile del multiculturalismo. In questa sede ci si limita a ricordare in maniera schematica e in funzione del tema in oggetto, come l’inclusione delle donne nella cittadinanza scompagini le regole del gioco, non solo per la rilevanza di loro in quanto “gruppo”, ma ancor prima per le istanze qualitativamente diverse che esse impongono. Basti pensare all’inevitabile richiamo tra sfera pubblica e sfera privata, all’imporsi della presenza del corpo sessuato e delle problematiche vaste e complesse legate alla riproduzione. Se è vero che in ogni paese la cittadinanza delle donne è metro di verifica per la realizzazione dei processi democratici, essa diviene ancora più misura della capacità di un paese di escludere o includere i cittadini se si osserva la condizione migrante, il livello di accoglienza e le modalità di “integrazione”. D’altro canto, come diversi studi hanno già avuto modo di affermare,3 spesso i fenomeni migratori non evidenziano una realtà separata bensì divengono lente o specchio per leggere temi e problemi che, in proporzioni diverse, concernono l’intera società, la sua capacità di realizzare (o meno) giustizia, equità sociale, di svilupparsi in vista del “bene comune”. Nel concreto di questo progetto, con quale accezione viene usato il termine cittadinanza, quale è il metro di riferimento adottato all’interno della ricerca e che ha visto la convergenza dei diversi punti di vista e delle molteplici esperienze dei partner italiani e stranieri? E’ la possibilità di agire e realizzarsi come soggetti riflessivi a partire dalla propria visione del mondo e dalle proprie convinzioni etiche, è in sostanza la possibilità di agire la libertà femminile nella pluralità e differenza di significati che essa assume a seconda delle generazioni, delle culture di provenienza, delle condizioni socioculturali, delle esperienze fatte nel corso della vita. Il documento presentato in queste pagine mette in evidenza gli aspetti più rilevanti dell’attività di ricerca, riflessione, raccolta e sistematizzazione di “buone pratiche” individuate per affermare nuove forme di cittadinanza delle donne, in particolare di quelle “straniere”. E’ infatti la relazione fra migranti e native, e la ricchezza che da questa ne può derivare per entrambe, uno dei punti focali dell’intero progetto. 2 A partire dalla classica opera di T.H.Marshall, Cittadinanza e classe sociale, Torino, Utet, 1976, si è sviluppato un importante dibattito sul nesso fra diritti e eguaglianza. E in particolare, per restare al tema in oggetto, sul rapporto fra eguaglianza e differenza, non solo nella prospettiva di genere . Cfr. M. Walzer, Sfere di giustizia, Milano, Feltrinelli, 1987; A. Sen, La disuguaglianza, Bologna, Il Mulino, 1994; M. Young, Le politiche della differenza, Milano, Feltrinelli, 1996; C. Mancina, La cittadinanza delle donne fra diritti e riconoscimento, in “Genesis” 1\2 2002; C. Pateman, Il contratto sessuale, Roma, Editori Riuniti, 1997. Nella prospettiva del multiculturalismo, oltre alle visioni contrapposte di J. Habermas, C. Taylor, Multiculturalismo. Lotte per il riconoscimento, Milano, Feltrinelli, 1998, si segnala: M. Nussbaum, Diventare persone. Donne e universalità dei diritti, Bologna, Il Mulino, 2001; S.M. Okin, Is multiculturalism bad for women?, Princeton, Princeton University Press, 1999. 3 Tra altri si veda: A. Sayad, La double absence, Paris, Seuil, 1999; M. Merelli, M.G. Ruggerini, Le paure degli altri. Sicurezza e insicurezza urbana nell’esperienza migratoria, in, Commissione per le politiche di integrazione degli immigrati, Secondo rapporto sulla integrazione degli immigrati in Italia, a cura di G. Zincone, Bologna, Il Mulino, 2001; A. Dal Lago, La città e le ombre, Milano, Feltrinelli, 2003. Il primo capitolo ricostruisce il contesto delle migrazioni transnazionali nell’ottica di genere, soffermandosi su alcuni aspetti del fenomeno nei paesi europei partner del progetto. In particolare si mette in evidenza la dissociazione che oggi si è creata fra nazionalità e cittadinanza e l’anacronismo che sotto molti aspetti rivela il concetto e la pratica di uno stato nazione. Nel momento in cui i diritti continuano ad essere basati sulla cittadinanza di chi appartiene alla comunità nazionale, senza tenere conto dei radicali mutamenti che i flussi migratori provocano, è evidente che si formano fenomeni sempre più gravi di esclusione a livello di diritti sociali, economici e politici. Esclusione che, nel caso della cittadinanza sociale, spesso è messa in atto non solo da norme restrittive ma anche da pratiche discriminatorie, dirette o indirette, determinate dal funzionamento dei servizi e dalle modalità di accesso. All’interno di un contesto europeo che tende a creare vaste sacche di esclusione per i cittadini (soprattutto se) “stranieri”, emergono tuttavia con forza esperienze associative che vanno in senso contrario. Si tratta di esperienze, sempre più diffuse che partono dal basso, rispondendo a precise domande e bisogni, e che in modo deciso rivendicano il diritto alla cittadinanza e lo impongono attraverso pratiche politiche quotidiane. Un ruolo fondamentale assumono a questo proposito le istituzioni a livello locale, poiché è proprio a partire dalle relazione che si è creata, in diverse realtà, tra istituzioni e società civile che sono nate nuove forme di riconoscimento e di cittadinanza sociale in gradi di avere un impatto anche sul piano politico, arrivando ad influenzare non solo l’ambito locale ma pure quello nazionale e -si auspica- il diritto internazionale. Partendo dal riconoscimento del valore dell’associazionismo quale punto di forza per la lotta all’esclusione, il secondo capitolo prende in considerazione l’evolversi del fenomeno, soffermandosi in particolare sull’Italia quale caso emblematico delle trasformazioni determinate a livello sociale e politico dalle migrazioni transnazionali dell’ultimo ventennio4. La ricognizione fatta in Italia su una realtà ancora poco studiata serve quale filo conduttore per costruire categorie di lettura del fenomeno in base al tipo di associazionismo, di interventi, di destinatari, modalità di gestione. Di qui la costruzione di una metodologia, fatta assieme ai partner attraverso un costante confronto anche a distanza, che ha permesso un’indagine esplorativa di pratiche politiche, realizzate da associazioni di donne migranti - spesso insieme a donne autoctone - e da istituzioni, rivolte in particolare alla popolazione femminile immigrata. Il risultato di questa indagine permette non solo di individuare “buone prassi” di empowerment femminile, ma anche di mettere le basi attraverso la definizione di una serie di “fattori abilitanti” per la costruzione di veri e propri indicatori di cittadinanza delle donne, che potranno essere declinati anche per al maschile. I risultati della ricerca, che ha visto coinvolti in misura differente tutti i partner, sono riportati nel terzo capitolo. Le esperienze pilota individuate sono state classificate in cinque aree corrispondenti ad ambiti di intervento così accorpati: orientamento sociale, tutela e assistenza, istruzione/formazione, formazione/inserimento lavorativo, alloggio. Per ogni scheda alla parte descrittiva si accompagna una parte valutativa, relativa all’impatto, ai punti di forza e alle criticità. Naturalmente la valutazione mira a cogliere in quale misura tale azione sia stata in grado di incidere sui processi di 4 S. Sassen, Migranti, coloni, rifugiati. Dall’emigrazione di massa alla fortezza Europa, Milano, Feltrinelli, 1999. empowerment femminile e di mettere in atto, di favorire vere e proprie pratiche di cittadinanza a partire da esperienze di base. L’indagine ha offerto anche l’opportunità di ampliare e di costruire una più solida rete di partenariato, attraverso il confronto costante sulla metodologia, sui contenuti, sui risultati ottenuti. In questo senso si può parlare più che di una indagine, di una vera e propria ricerca-azione che ha visto coinvolte associazioni e istituzioni. La capacità di interazione fra i partner è risultata con evidenza nel Convegno conclusivo che ha visto un approfondito confronto, oltre ai temi già previsti in agenda, sulle questioni del multiculturalismo e della mediazione culturale. Ed è questo nesso inscindibile tra conoscenza e pratica politica che ha portato alla necessità di definire tra gli obiettivi della seconda fase, accanto a seminari di scambio e approfondimento, la sperimentazione forum partecipativi: luoghi per l’esercizio della cittadinanza a partire dalle donne migranti, di incontro fra società civile e istituzioni quale modello di democrazia partecipativa per tutti i cittadini e le cittadine, per andare oltre la diffusione delle “buone pratiche” e formulare vere e proprie strategie di intervento. Capitolo primo Sviluppi dell’immigrazione in Europa 1. Sviluppi e tendenze generali Negli anni Novanta una pletora di scritti accademici sulle tendenze ed i modelli di immigrazione in Europa ha identificato una “nuova immigrazione” che è spesso stata fatta risalire alla fine della Guerra Fredda ed al collasso dell’Unione Sovietica. Le modifiche legate a condizioni economiche, così come la guerra ed i conflitti, come ad esempio, nell’ex-Jugoslavia, hanno prodotto milioni di rifugiati, assai più numerosi rispetto a qualsiasi altra migrazione in Europa dalla fine della Seconda Guerra Mondiale (Koser & Lutz, 1998: 2). Altro fattore utilizzato per caratterizzare la “nuova immigrazione” in Europa è il fatto che i confini tra paesi mittenti e riceventi all’interno dell’Europa sono diventati confusi (ibid.). A questo riguardo, particolarmente significativo è il caso dei paesi europei meridionali quali l’Italia, la Spagna e la Grecia storicamente associati all’immigrazione di manodopera verso paesi europei settentrionali quali, ad esempio, la Germania. Proprio i paesi dell’Europa meridionale e centrale stanno accogliendo un numero crescente di immigrati in cerca di asilo e/o lavoro. Qualcuno sostiene che il profilo degli immigrati è cambiato nel senso che esiste una più ampia varietà di “tipi di immigrati”: lavoratori altamente specializzati, lavoratori non qualificati, studenti, clandestini e persone in cerca di asilo. La diversificazione dei “tipi di immigrati” è in parte legata a più ampi processi legati alla globalizzazione economica e culturale. Sebbene, per molti secoli, siano esistite interdipendenze su scala globale, un certo numero di fattori ha accelerato, negli ultimi anni, i processi di globalizzazione: l’importanza crescente delle multinazionali, l’eliminazione di barriere nazionali al commercio ed agli investimenti, rapidi sviluppi nei sistemi di trasporto e nelle tecnologie di comunicazione quali Internet, la TV satellitare, ecc. (Phizacklea, 1998: 22). L’aumento delle reti globali della vita economica e politica si ripercuote profondamente sulle strutture e sui rapporti all’interno dell’Unione Europea (UE). Alcuni autori hanno sostenuto che una nuova forza lavoro flessibile e a basso costo in Europa è il riflesso di un rapporto dinamico tra realtà globali e locali (Psimmenos, 2000: 83.). Le caratteristiche dinamiche e contradditorie delle formazioni economiche globali sono riflesse dalla presenza dei principi di armonizzazione e liberalizzazione dell’attività socio-economica dell’UE (ibid.) Anche la crescente partecipazione delle donne è stata sempre più sottolineata negli scritti accademici più recenti sulle tendenze dell’immigrazione globale in generale e sui modelli di immigrazione in Europa in particolare. Le donne immigrate sono spesso entrate in Europa sull’onda di programmi di riunificazione familiare, ma sempre più spesso le donne migrano in modo indipendente per lavorare al di fuori dei loro paesi di origine. Le donne immigrate si ritrovano in settori dell’economia con un crescente livello di occupazione, in particolar modo nel settore dei servizi. Un numero crescente di donne immigrate viene inoltre sfruttato dall’industria dell’intrattenimento e della prostituzione (Koser & Lutz, 1998: 3). Tuttavia, come sottolineato da Koser e Lutz (1898), il termine “nuova immigrazione” dovrebbe essere utilizzato in modo critico. Molti aspetti dei recenti modelli di immigrazione presentano infatti tendenze coerenti con quelli passati. In un certo senso, la categoria “nuova immigrazione” dovrebbe riflettere maggiormente nuovi approcci negli studi di immigrazione che realtà sul campo. Gli scienziati sociali tendono a categorizzare in unità ben definite ciò che in realtà è confuso e vago. Il termine “nuova immigrazione” potrebbe anche riferirsi ad un periodo in cui la migrazione è al centro dei dibattiti politici e pubblici nei media. 1.1 Europa meridionale Nel corso dell’ultima decade, si è prodotto un numero rilevante di scritti accademici, politici e giornalistici sull’immigrazione in Europa (Koser & Lutz, 1993: 1); ciononostante, la letteratura sull’immigrazione nell’Europa meridionale è relativamente scarsa. Da area tradizionalmente associata alla “emigrazione”, l’Europa meridionale è stata recentemente testimone di un’inversione importante dei modelli storici; l’Italia, la Spagna, la Grecia, il Portogallo e Cipro sono diventati i destinatari di un numero decisamente importante di immigrati forzati o in cerca di lavoro.5 L’Italia, ad esempio, conta circa un milione di immigranti di diverse origini, fra cui Magreb, Repubblica Dominicana e Filippine. La Grecia ha mezzo milione di immigrati certi, metà provenienti dall’Albania e l’altra metà da diversi paesi dell’EstEuropa e da paesi del Terzo Mondo. È particolarmente importante notare che in Grecia solo 70.000 immigrati ca. sono legali (Anthias &Lazaridis, 2000: 2). Tuttavia, un problema metodologico nel guardare agli immigrati da una prospettiva quantitativa è il fatto che larga parte degli immigrati illegali non sono inclusi nelle statistiche ufficiali e quindi è possibile solo una stima. I tentativi di Spagna e Italia di regolarizzare lo stato dei lavoratori stranieri si sono rivelati in massima parte un insuccesso, anche a causa della continua richiesta di manodopera non regolarizzata (ibid. 3). Il rovesciamento dei modelli storici nel senso dell’Europa meridionale come area precedente di emigrazione è stato spiegato in termini di posizione geografica, effetti residuali dell’influenza coloniale africana ed inadeguatezze dei metodi di sorveglianza e controllo adottati dall’Europa meridionale (Lazaridis, 2000: 49). In tutta l’Europa meridionale si sono introdotte politiche tendenti a ridurre le rigidità del mercato del lavoro e ad aumentare la competitività. Questo aumenta la ricerca incessante da parte dei datori di lavori di manodopera non regolarizzata (ibid.). I flussi migratori nell’Europa meridionale si compongono di persone che fuggono dai rispettivi paesi di origine (come i Curdi e gli Albanesi) e da immigrati provenienti dal Terzo Mondo. Molti di questi sono entrati in Europa illegalmente e spesso restano non regolarizzati. Altri entrano con contratti di lavoro a breve termine o per riunirsi alle famiglie di origine (ibid. 4). Per gli immigrati non regolarizzati, l’unica possibilità di lavoro è all’interno dell’economia irregolare, abbastanza diffusa 5 Per un’analisi dettagliata e risultati statistici, si veda, ad esempio, King & Black (eds.) (1997) Europa Meridionale e Nuove Immigrazioni, e Anthias & Lazaridis (eds.) (1999) Ai Margini: Immigrazione ed Esclusione nell’Europa Meridionale. nei paesi dell’Europa meridionale.6 Il settore irregolare si riferisce ad attività economiche al di fuori dei metodi di produzione e dei flussi di denaro ufficiali legalmente registrati. Può assumere molte forme da attività sotterranee a manodopera non pagata all’interno di una famiglia. Il clientelismo facilita il settore irregolare e rende la forza lavoro immigrata altamente vulnerabile e dipendente da queste persone che fungono da ago della bilancia. Anche le donne affrontano un mercato del lavoro altamente di genere che, in pratica, si traduce in sfruttamento ed anche abuso come domestiche, intrattenitrici, assistenti domiciliari e operaie del sesso. 2. Genere e Immigrazione 2.1 Importanza delle donne immigrate Fino a pochi anni fa, l’interfaccia tra genere ed immigrazione è stata un’area altamente trascurata da parte di ricercatori accademici e politici. Nonostante il significativo progresso nello studio di genere ed immigrazione, molti temi e questioni restano irrisolti e necessitano di maggior approfondimento. In generale, c’è stata una tendenza verso gli aspetti economici dell’immigrazione di forza lavoro spesso riproducente una dicotomia pubblica/privata tra marito, come sfera di produzione di lavoro salariato, e moglie, come sfera di riproduzione e lavoro domestico (Boyle & Halfacree, 1999: 1-2). Meno esplorati sono gli aspetti legati alla cittadinanza, all’esclusione/inclusione sociale e politica ed alle strategie quotidiane di immigrati donne ed uomini. Il numero di donne immigrate è cresciuto rapidamente negli ultimi due decenni. Dei 15-16 milioni di persone provenienti da paesi terzi e residenti in Europa, circa il 45% è costituito da donne (Kofman et al, 2000: 1). Nel Dopoguerra, erano principalmente gli uomini ad emigrare in Europa, impiegati nella ricostruzione e nel soddisfacimento delle necessità delle economie e dei mercati di lavoro in espansione. Fino a pochi anni fa la riunificazione delle famiglie è stata il punto principale di accesso delle donne. Tuttavia, in anni più recenti, sempre più donne sono emigrate in modo indipendente per motivi economici o di studio o come rifugiate. 6 In Grecia, ad esempio, il settore informale ammonta al 35% del prodotto interno lordo (PIL) e in Italia a circa il 25 % (Iosefides 1997: 82). L’importanza delle donne nell’immigrazione in Europa non si riferisce solo ad un aumento numerico, ma anche al crescente contributo che queste apportano alla vita economica e sociale dei paesi riceventi. Diversamente dalla prima letteratura sull’immigrazione di forza lavoro che tendeva a sottolineare i fattori di “spinta” e “traino”, la nuova “immigrazione” femminile è stata principalmente analizzata da una prospettiva globale. Oltre ai mutamenti legati alle crisi economiche ed alle guerre e conflitti all’interno dei paesi di origine, occorre considerare i cambiamenti dei mercati del lavoro all’interno dell’Europa. Il lavoro di Anderson sull’immigrazione femminile in Europa (1993, 1996) mostra la richiesta su larga scala di lavoratrici domestiche immigrate. Gran parte di queste restano non legalizzate e quindi alla completa mercé dei loro datori di lavoro. Molti paesi europei hanno introdotto misure legali per regolarizzare il lavoro ed i lavoratori domestici. In Spagna, ad esempio, si ha una quota annua di lavoratori domestici immigrati pari a ca. 9000 unità (Phizacklea, 1998:33) Il ruolo delle donne immigrate come collaboratrici domestiche costituisce una delle forme principali e caratteristiche di femminilizzazione dei flussi migratori verso l’Europa. In Spagna ed Grecia il lavoro domestico è l’area maggiore di occupazione delle donne immigrate, mentre quasi un terzo dei permessi di lavoro rilasciati in Italia nel 1995 erano per collaboratori domestici (Anderson e Phizacklea, 1997). Diventa chiaro che i processi legati alla liberazione ed emancipazione femminile sono collegati all’accresciuta necessità di collaboratori domestici. Il problema potrebbe essere non necessariamente la necessità di lavoro domestico in quanto tale, ma le circostanze legali e sociali in cui si sviluppa tale necessità. Molte donne immigrate restano totalmente alla mercé dei loro datori di lavoro se non hanno uno status di immigrate. È importante sottolineare che un altro settore dominato dalle donne immigrate in tutta Europa, ma specialmente nell’Europa meridionale, è quello legato al sesso. Qui lo sfruttamento e l’abuso sono particolarmente diffusi in un contesto di immigrazione illegale. 2.2 Immigrazione transnazionale e genere In anni recenti, la documentazione relativa all’immigrazione transnazionale ha conosciuto un forte impulso, e si è distaccata dai paradigmi precedenti di immigrazione internazionale (Al-Ali & Koser, 2000). L’attenzione rivolta alle “comunità transnazionali” è stata ampiamente annunciata come nuovo importante approccio alla immigrazione internazionale. Gli approcci più tradizionali tendevano a concepire gli immigrati internazionali come eccezioni alla regola. L’attenzione si è largamente divisa tra il processo di immigrazione (sottolineante l’importanza del movimento geografico attraverso le frontiere internazionali) ed il prodotto dell’immigrazione (sottolineante gli impatti degli immigrati sulle società in cui questi si stabiliscono). Diversamente, l’approccio delle comunità transnazionali vede gli immigrati internazionali non come anomalie, ma piuttosto come rappresentanti di un mondo sempre più globalizzato. Si è focalizzata l’attenzione sull’uso da parte degli immigrati internazionali dei modi di telecomunicazione e trasporto, la riunione di risorse e lo sfruttamento efficace dei mercati globali, e la loro associazione con nuove forme sociali, sfide politiche e risorse culturali generate da collegamenti tra diversi punti geografici (ibid:3). Oltre a portare alla luce alcuni degli aspetti “nascosti” di molte vite di immigrati, questo cambiamento di enfasi ha anche implicazioni concettuali. Un esempio riguarda la distinzione tra immigrati in cerca di lavoro e rifugiati. Tradizionalmente tale distinzione era netta, in quanto gli immigrati in cerca di lavoro erano visti come rappresentanti l’aspetto economico dell’immigrazione internazionale ed i rifugiati quello politico. Questa distinzione si basava diffusamente sulle diverse motivazioni per cui ogni singolo immigrante lasciava la sua patria ed è spesso stata dipinta in termini di contrasto tra immigrazione volontaria ed involontaria. Diversamente, le prospettive transnazionali spostano l’attenzione dalle motivazioni per l’immigrazione. Possono essere importanti per determinare a quale livello un immigrante sviluppa un’identità transnazionale o si impegna in attività transnazionali, ma non più importante di qualsiasi altro numero di fattori di rilievo quali il genere, la classe o la razza. Indiscutibilmente, una prospettiva transnazionale ci permette di investigare se esistono differenze empiriche tra immigrati in cerca di lavoro e rifugiati senza ritenere che sia l’inizio di una differenza concettuale (ibid.). Nonostante questi elementi positivi, gli approcci transnazionali allo studio dell’immigrazione contemporanea spesso non sono riusciti a comprendere che il transnazionalismo di per sé non è uno spazio neutrale. I modi in cui il genere interviene nella differenziazione e modellazione di progetti, aspirazioni, pratiche e possibilità di movimento è stato generalmente trascurato. Di fatto, le donne e gli uomini immigrati fanno esperienze qualitativamente diverse di associazione nel paese di immigrazione così come rappresentano esperienze di cittadinanza diverse nei rispettivi paesi di origine. Salvo poche eccezioni, le analisi di transnazionalismo mancano di una teorizzazione che getti luce sui fattori di genere e sui rapporti tra genere, struttura ed attività al momento della valutazione dei movimenti transnazionali. Gli studiosi transnazionali, infatti, hanno concentrato la loro attenzione sulla partecipazione degli immigrati ai processi di creazione della nazione e sul loro coinvolgimento politico trasversalmente alle nazioni, sfere in cui l’opera delle donne immigrate è di norma pressoché invisibile. L’analisi delle formazioni politiche transnazionali, inoltre, offre un quadro abbastanza specifico e ristretto del transnazionalismo (Al-Ali & Salih, 2002). Un’analisi del transnazionalismo dovrebbe poter mostrare le vie in cui sia il concetto di genere dell’espressione femminile di cittadinanza che lo status loro accordato nel paese ospite facciano progredire o impediscano i loro movimenti da un paese all’altro. Un approccio di genere rivela che le donne immigrate non sono incluse nella loro comunità politica nazionale come le Caraibiche e le Filippine descritte da Basch, Glick-Schiller e Szanton-Blanc (1994) e le Dominicane analizzate da Guarnizo (1994). Le condizioni per spostarsi transnazionalmente non sono sempre consentite alle donne, o sono limitate o ristrette da un numero di regole di genere normative e culturali7. Anche le attività delle donne sono condizionate da regole normative e culturali basate su interpretazioni egemoniche dei ruoli di genere all’interno sia dei paesi di insediamento che dei paesi di origine. Queste norme condizionano le loro attività, le loro identità e la loro possibilità di muoversi da un paese all’altro o rimanere ferme. Ad esempio, alle donne si assegnano compiti e responsabilità legati alla sfera riproduttiva che ci si aspetta svolgano transnazionalmente. Ma gli ostacoli posti da regole convenzionali e normative potrebbero impedire loro di mantenere collegamenti con quanto è percepito come il “ritorno a casa” (Salih, 2003). In tale contesto, dobbiamo comprendere l’azione concorrente di movimenti economici, regole culturali e normative, e strategie individuali per capire sia l’immigrazione sia la natura di genere dei movimenti transnazionali (vedi Salih, 2002a,b e Salih, 2003). Ad esempio, tra le donne 7 Ad esempio, per quanto concerne il Medio-Oriente, Joseph ha sostenuto che le donne “….sono riconosciute e trattae come cittadine nel contesto delle loro posizioni all’interno di strutture patriarcali, come madri, mogli, figlie o sorelle subordinate” (1996:7). marocchine immigrate in Italia, intervistate da Salih (2003), tema ricorrente è la sensazione di condurre una vita precaria nel paese ospite. Per alcune donne, l’immigrazione non è un’opzione poiché la loro immigrazione e/o il potenziale di spostarsi in modo transnazionale è condizionato da strutture normative egemoniche che hanno interiorizzato. Nonostante alcune donne abbiano sfidato tali strutture, altre non sono in posizione di combattere le regole normative e socio-culturali che ci si aspetta osservino. L’enfasi sul ruolo riproduttivo femminile è spesso al centro dei racconti ricorrenti sui vantaggi dell’immigrazione presentati da politici e demografi in Europa8. L’Italia è uno di questi casi. Secondo Salih, (2003), questo discorso sente il declino demografico come il maggior rischio per il futuro dell’economia nazionale e dello stato sociale. Questo argomento poggia pesantemente sul tasso di fertilità delle donne immigrate che ci si attende riproducano forza lavoro per l’economia nazionale e rappresentino un mutamento rispetto alla tendenza europea in essere fino agli anni Settanta quando, per contenere la spesa pubblica di mantenimento dei membri inattivi, è stata incoraggiata l’immigrazione temporanea dei singoli uomini con prospettiva di ritorno (Morokvasic 1991). In secondo luogo, l’insistenza sui ruoli produttivi e riproduttivi delle famiglie immigrate quali risorse per l’economia e la demografia del paese suggerisce che, nonostante campagne populistiche a favore del “controllo” dell’immigrazione, per far fronte alle contraddizioni causate dalle tendenze globalizzanti lo stato è obbligato ad operare insieme ad interessi economici che richiedono forza lavoro immigrata.9 Diventa chiaro che i racconti e le esperienze di immigrazione transnazionale e di mutamenti sociali e culturali sotto l’egida della globalizzazione variano in base al genere, alle possibilità economiche ed alle circostanze legali, ed alla configurazione ed al ruolo combinato di questi fattori nelle vite dei singoli. 3. Nazioni-stato deterritorializzate, multiculturalismo e transnazionalismo Si è sostenuto che le questioni transnazionali sono le concettualizzazioni classiche su cui si basa una nazione-stato. La cittadinanza moderna è messa in 8 Vedi rapporto Ocse del 1998 su “Tendenze dell’Immigrazione Internazionale”. discussione in quanto le organizzazioni transnazionali ed internazionali e l’appello universale ai diritti umani costituiscono nuove arene in cui i diritti sono sempre più richiesti e l’appartenenza definita. In tale contesto, la nazionalità e la cittadinanza sono sempre più disassociate, sfidando il principio presunto che per essere cittadino si dovrebbe essere nativi del paese in cui si risiede. Ma, come dimostrato in vari studi, le nazioni-stato sono ben lungi dallo scomparire e giocano un ruolo cruciale nel forgiare e creare campi politici ed economici transnazionali (Salih, 2003). Secondo Basch, Glick-Schiller e Szanton-Blanc (1994), un nuovo elemento che differenzia gli attuali transmigranti rispetto ai vecchi emigranti è il grado a cui i primi partecipano in modo crescente nelle vite politiche e sociali delle due nazionistato. I “settori sociali transnazionali” sono forgiati ed incorporati all’interno dei processi egemonici di formazione nazionale che avvengono in seno e trasversalmente alle nazioni-stato, ossia lo stato di residenza e quello di origine, quest’ultimo assumente la forma di “nazione-stato deterritorializzata”. La nazione-stato deterritorializzata è quella che “… si estende oltre i propri confini geografici” e in cui “le persone della nazione possono vivere in qualsiasi parte del mondo e pur tuttavia non vivere fuori dallo stato. Con questa logica, non c’è più diaspora perché ovunque andranno i suoi cittadini, là andrà anche il loro stato”. (1994: 269). Di fatto, come vedremo, oggigiorno molti stati di origine stanno incoraggiando la doppia appartenenza e promuovendo rapporti transnazionali (Salih, 2003). Potrebbe essere utile fare una distinzione tra attività transnazionali, che possono essere osservate e misurate, e capacità transnazionali che includono la volontà e la capacità dei gruppi di immigrati di impegnarsi in attività trascendenti i confini nazionali. Le attività transnazionali possono essere classificate in vari modi. Includono attività politiche (es. lobbismo), economiche (es. entrate ed investimenti), sociali (es. promozione di diritti umani ed altri diritti del gruppo transnazionale all’interno delle diverse società) e culturali (es. articoli su quotidiani). Possono avvenire a livello individuale (es. attraverso reti familiari) o tramite canali istituzionali (es. attraverso organizzazioni comunitarie o internazionali). Prendendo il caso dei gruppi di rifugiati o esiliati, mentre le attività direttamente transnazionali potrebbero focalizzarsi sul paese natio, le attività indirettamente transnazionali possono includere anche l’esercizio di una pressione sul governo ospite o sulle organizzazioni 9 Per un’analisi più dettagliata, vedi Salih (2003) Genere nel Transnazionalismo: casa, aspirazione ed internazionali per apportare modifiche nel paese natio o promuovere i diritti della comunità di esiliati (Al-Ali, Koser et al., 2001: 581). Al tempo stesso, tuttavia, è importante considerare le capacità dei gruppi di immigrati o esiliati di partecipare in attività trascendenti i confini nazionali. Una definizione delle capacità include il grado a cui i singoli e le comunità si identificano con i processi sociali, economici o politici dei loro paesi natii che è un prerequisito per impegnarsi in attività transnazionali (ibid. 581-2). A livello più pratico, la capacità di singoli, famiglie e comunità di farsi coinvolgere può dipendere dagli strumenti e dalle risorse messi a loro disposizione che a loro volta sono influenzati da fattori come la durata temporale e le opportunità nei paesi di destinazione. Le capacità sono anche legate all’organizzazione interna delle comunità di immigrati o esiliati ed al livello di motivazione per il mantenimento di solidarietà di gruppo. Un’area specifica di interesse è il grado a cui le comunità in diversi paesi ospiti collaborano e si mobilitano per uno scopo comune o si identificano con tale scopo (ibid). Un contesto strutturale fondamentale all’interno del quale nascono le strategie transnazionali degli immigrati ed entro il quale dovrebbero essere analiticamente contestualizzate si rapporta alle politiche di “integrazione” nel paese in cui risiede l’immigrato, specialmente nella forma di rispetto delle differenze culturali, di diritti alla cittadinanza e di ridistribuzione delle risorse. Ad esempio, esistono le basi per dire che gli stati di insediamento stanno sviluppando nuovi tipi di agende multiculturali il cui scopo è incoraggiare e attivare tra gli immigrati di prima e seconda generazione le affiliazioni e l’identificazione col paese di origine. Di fatto, gli immigrati sono visti come strumenti vitali nella riorganizzazione del capitale e sono fondamentali per raggiungere nuovi mercati (vedi Glick-Schiller, 1999). Questi modi in cui gli immigrati donne e uomini sono percepiti ed interpretati nei domini nazionali e gli strumenti legali, socio-economici e politici che lo stato mette in atto per trattare la loro presenza a livello nazionale e locale sono quindi siti importanti da investigare per sottolineare la differenza qualitativa tra transnazionalismo di diversi gruppi sociali (Salih, 2003). Un’analisi attenta delle pratiche transnazionali dovrebbe anche considerare i modi di genere in cui le norme nazionali interpretano gli immigrati come lavoratori temporanei, stagionali o illegali ed instabili e, più diffusamente, i modi in cui gli appartenenza tra le donne marocchine immigrate. immigrati ed i rifugiati sono inclusi o esclusi all’interno delle loro società di insediamento e rivelare i modi in cui queste condizioni limitano o forgiano le pratiche transnazionali e la mobilità. Ad esempio, mentre alcuni immigrati potrebbero sviluppare pratiche transnazionali in virtù della doppia cittadinanza, che garantisce loro un grado di mobilità e partecipazione politica tra e all’interno di due paesi, altri sono limitati o impediti dal mantenere relazioni coi loro paesi di origine. Recentemente in Italia, con la salita al potere della coalizione di destra guidata da Berlusconi, sono state proposte modifiche alle leggi sull’immigrazione che tendono a trasformare anche gli immigrati residenti da tempo in lavoratori flessibili, non regolarizzati il cui permesso di soggiorno potrebbe essere revocato in caso di disoccupazione (Salih, 2003). Anche gli stati di origine sembrano essere sempre più interessati a perseguire politiche “diasporiche” (Smith, 1999) per alimentare il senso di appartenenza tra i loro cittadini all’estero e stanno concedendo in modo diffuso doppia nazionalità e doppia cittadinanza. Il ruolo fondamentale degli “stati mittenti” nel forgiare e creare campi politici ed economici transnazionali spesso riflette la loro crescente dipendenza dalle entrate degli immigrati. In un mondo caratterizzato dalla ristrutturazione economica globale, gli investimenti degli emigrati sono fondamentali per la vitalità delle economie dei “paesi mittenti” (Guarnizo e M.P.Smith, 1998). Questo è certamente il caso di un paese come il Marocco, sopraffatto dalle politiche di aggiustamento strutturale dell’FMI, dove le entrate degli emigranti marocchini si collocano prima delle industrie del fosfato e del turismo nella bilancia nazionale dei pagamenti (Ben Ali, 1991; Bencherifa et al., 1992). L’immigrazione e la promozione e l’istituzionalizzazione del transnazionalismo come carattere chiave delle vite degli immigrati potrebbe essere visto sia come una strategia dei paesi mittenti per alleggerire i gravi problemi economici che tali paesi affrontano sia come un modo per promuovere gli interessi dei paesi mittenti in Europa (Glick-Schiller, 1999). Tuttavia, l’atteggiamento dei paesi mittenti di promuovere l’emigrazione transnazionale può essere soggetto a pesanti critiche essendo visto come un rafforzamento della dipendenza di tali paesi dall’Europa (Belguendouz, 1987). 3.1 Dibattito sulla Cittadinanza Il concetto di cittadinanza è stato disputato storicamente, ma i dibattiti hanno assunto nuove dimensioni nel contesto europeo dell’immigrazione ed i tentativi di armonizzare le strutture legali per gli immigrati (Brubaker, 1998: 131). Le discussioni sulla cittadinanza sono legate a quelle su cosa significa e cosa dovrebbe significare appartenere ad una nazione-stato. Da un lato, la nazione-stato rappresenta un modo particolare di organizzare e fare associazione politica. Dall’altro, la nazione-stato costituisce un’idea e, forse ancor più importante, un ideale (ibid. 132). L’appartenenza alla nazione-stato, in base al modello tipico ideale derivato dalla Rivoluzione Francese, doveva essere ugualitaria e democratica. Al tempo stesso, emersero l’unicità e la sacralità come valori normativi rispetto all’appartenenza nazionale. Le ovvie ambiguità e contraddizioni che si riflettevano sull’ideale di nazione-stato si sono tradotte in vari modelli politici e legali relativi all’ammissione alla cittadinanza. In Europa, Francia e Germania costituiscono due approcci sostanzialmente diversi alla cittadinanza e all’essere una nazione. Lo stato francese tende a riconoscere ufficialmente e garantire l’appartenenza permanente agli immigrati in Francia offrendo loro cittadinanza e quindi pieni diritti civili, politici e sociali, mentre solo una piccola parte degli immigrati in Germania ottiene la cittadinanza tedesca. Esiste una chiara disparità tra modello di cittadinanza nazionale e l’appartenenza degli immigrati del Dopoguerra ai “paesi ospiti” europei (Soysal, 1998: 190). Alcuni hanno dimostrato la fondatezza di una cittadinanza differenziata o multi-fila. Thomas Hammar (1986, 1990), ad esempio, sostiene che gli stranieri che vivono da tempo in stati europei e godono di diritti e privilegi sostanziali dovrebbero essere classificati in modo nuovo. Suggerisce il termine di “denizen”. Heisler e Heisler (1990) attribuiscono l’emergenza dello status di “denizenship” all’esistenza di uno stato sociale “maturo”. Indicano che la macchina di ridistribuzione dell’elaborato e l’ “ethos di uguaglianza” dello stato sociale hanno portato all’allargamento dello scopo di cittadinanza nelle società europee (Soysal, 1998: 191). Il modello di denizenship raffigura cambiamenti nella cittadinanza come un’espansione dello scopo su base territoriale: i “denizen” acquisiscono alcuni diritti di appartenenza in virtù della loro residenza e del lavoro svolto nei paesi ospiti. Altri autori, come Soysal (1994, 1998), sostengono un diverso approccio alla cittadinanza basato su un’associazione “post-nazionale”. In opposizione ai modelli legati alla nazione-stato e basati sul territorialismo classico, il modello post-nazionale sostiene che le frontiere dell’appartenenza sono fluide. Permette ai cittadini di avere una molteplice appartenenza e considera campi ed attività sociali transnazionali. Soysal ritiene che l’importanza dello status di cittadinanza formale si sia ridotto in considerazione del fatto che i non-cittadini di fatto hanno acquisito accesso ad un’ampia sfera di diritti sociali (Kofman et al., 2000:134). Tuttavia, concordo personalmente con Kofman et al, che sostengono che lo status di cittadinanza formale resta di cruciale importanza. 4. Genere, immigrazione e stato sociale La discussione su cittadinanza, immigrazione e genere è strettamente legata allo sviluppo degli stati sociali nell’Europa del Dopoguerra. Ideologicamente, i regimi sociali sono intrinsecamente legati alla nozione di diritti basati sulla cittadinanza che, a loro volta, sono stati parificati all’appartenenza alla comunità nazionale. In questa nozione è insito il fatto che gli “outsider”, coloro che non vengono percepiti come appartenenti alla comunità nazionale, sono esclusi a livello di diritti sociali, economici e politici (Kofman et al., 2000: 134). Sebbene gli immigrati siano stati inclusi in vari modi in aspetti della cittadinanza sociale in diversi paesi europei, le donne immigrate sono spesso particolarmente marginalizzate, come minoranze etniche, in quanto persone senza diritti di cittadinanza formali ed in quanto donne. Non sono solo le restrizioni formali e legali che potrebbero restringere l’accesso delle donne immigrate ai servizi sociali, spesso l’accesso è rifiutato, limitato o impedito da pratiche discriminatorie istituzionali e/o individuali. Anche la mancanza di conoscenza sui loro diritti sociali, oltre ai problemi legati alla lingua ed alla conoscenza delle istituzioni, limitano l’accesso ai servizi sociali delle donne immigrate. In modo paradossale, le stesse donne immigrate hanno svolto un ruolo significativo nel sostenere servizi sociali “mainstream”, soprattutto a livello di cura, pulizia e approvvigionamento. L’uso di manodopera immigrata in servizi sociali ufficiali è stato predominante negli ex stati coloniali, in particolar modo in Gran Bretagna per quanto attiene l’insegnamento, la cura ed il lavoro sociale (Kofman et al., 2000: 149-150). Circa il fatto che le immigrate abbiano avuto problemi di accesso ai servizi principali, sono state forzate a provvedere alle loro necessità sociali attraverso la famiglia e reti sociali più ampie, ed attraverso organizzazioni volontarie e comunitarie (ibid.: 144). Il gap tra necessità dei gruppi immigrati di assistenza sociale e l’effettiva autorizzazione o capacità di accedere sono stati orientati da gruppi di immigrati tentando di offrire servizi alle loro comunità. Le donne svolgono un ruolo particolarmente importante in questi gruppi “service-oriented” sia come fornitori che come fruitori. Capitolo secondo Il contesto italiano e la ricerca sul campo 1. L’associazionismo degli immigrati in Italia La partecipazione degli immigrati alle dinamiche politico-sociali dei contesti di insediamento rappresenta una delle questioni cruciali della loro inclusione, quasi una “precondizione che ne determina le possibilità reali di crescita e di sviluppo nella prospettiva dell’inserimento generalizzato”10. In Italia, il processo di stabilizzazione/integrazione delle organizzazioni degli immigrati, si è sviluppato in diverse fasi, influenzato dalle politiche sociali che la società di insediamento ha prodotto per regolamentare le presenze immigrate. Le 4 fasi di mobilitazione possono essere così suddivise: 1) fase “pionieristica” - tra la fine degli anni settanta, metà anni ottanta; le associazioni di immigrati erano perlopiù espressione di collettivi studenteschi e di partiti politici attivi nel paese di origine, nonché di sezioni di Fronti di liberazione nazionale che operavano all’estero: la loro presenza era principalmente nelle grandi città metropolitane. 2) fase di “riconoscimento e visibilità sociale” – alla fine degli anni ottanta: in questa fase si inaspriscono le condizioni di vita dei migranti (alloggi, accesso ai servizi sociali) e diviene evidente la mancanza di una legge specifica, dunque si avvia un periodo di mobilitazione e propensione associativa e di alleanze che contribuiscono all’emanazione della legge organica di regolamentazione delle presenze immigrate la L. 943 dell’87. 3) fase di “partecipazione attiva e di protagonismo sociale” – tra l’emanazione della L. 943/87 e la L. 39/90 (legge Martelli): in questa fase le associazioni di migranti vengono riconosciute dalle leggi nazionali, nascono e si rafforzano nelle grandi città coordinamenti di organizzazioni immigrate e di organizzazioni autoctone ad esse alleate. 4) fase di “ripiegamento seguito da un relativo sviluppo” delle associazioni – tra il decreto Dini (L. n. 489/95) restrizionista e l’emanazione del Testo unico (L. 286/98) semi-aperturista. Periodo caratterizzato dalla scarsa influenza delle associazioni di migranti nelle Consulte locali, dalla sperimentazione di partecipazione diretta dei rappresentati di origine immigrata, valorizzazione formale delle associazioni e previsione di forme di rappresentanza innovative (Consigli territoriali). In quest’ultima fase, si assiste ad una maggior diffusione e visibilità sociale dell’associazionismo femminile di origine straniera e ai primi tentativi di allacciare legami e costruire reti di donne straniere a livello nazionale (No.Di, nata nel 1994 da una quindicina di Associaz. femminili a base comunitaria e non). Nel corso dell’ultimo decennio sono state anche attivate forme di azione politica piuttosto significative: occupazioni, manifestazioni sindacali, rivendicazioni antirazziste, domande di formazione scolastica e professionale. 1.1 Caratteristiche e campi di intervento delle associazioni Nel panorama italiano, da una rassegna della letteratura, risultano ancora limitati i contributi sull’associazionismo, mancano recenti studi sistematici11 sui processi di organizzazione delle associazioni degli immigrati, ma in particolar modo appare evidente l’assenza di approfondimenti che tengano conto del genere, ovvero della partecipazione delle donne straniere. Agli inizi degli anni novanta l’universo delle organizzazioni che intervenivano nel campo dell’immigrazione erano circa 500. Il peso di quelle gestite da italiani e quelle invece direttamente condotte da immigrati era abbastanza simile12. Attualmente, l’universo complessivo è aumentato di circa la metà (1101), suddivisa comunque in modo ancora omogeneo, rispettivamente 470 quelle dirette da leadership stranieri e 631 quelle con italiani.13 Se rapportate all’ammontare complessivo delle associazioni no profit presenti in Italia (13.000), emerge un rapporto abbastanza 10 Carchedi F., “Le associazioni degli immigrati” in Rapporto immigrazione. Lavoro, sindacato, società a cura di E. Pugliese. 11 La ricerca di Labos del 1990 rimane quella più organica ed approfondita sul tema dell’associazionismo immigrato ed autoctono, Labos, La presenza straniera in Italia, T.E.R, Roma 1990; ed ancora, Censis, Associazionismo e volontariato, in Immigrati e società italiana, Roma, 1991, l’indagine Cnel del 1999, Primo rapporto sulla rappresentanza degli immigrati, Roma, 1999, ed infine la più recente indagine commissionata dal Cnel, Secondo rapporto. Le associazioni dei cittadini stranieri in Italia, Roma 2003. 12 Vedi Labos e Censis. 13 Fivol (Fondazione italiana del volontariato). significativo: circa 1 associazione su 13 opera nel settore dell’immigrazione in maniera diretta. La loro distribuzione sul territorio nazionale non è omogenea e riflette le caratteristiche e la propensione organizzativa delle collettività maggiormente presenti nei differenti contesti, nonché il loro grado di inserimento a livello socio-economico, la loro anzianità di insediamento e la loro capacità di attivare strategie finalizzate alla costruzione di alleanze con le organizzazioni locali. L’insieme delle attività e dei servizi da esse prodotte, si possono, riprendendo lo schema di Ambrosini14, distinguere in quattro forme di intervento promosse dalle espressioni variamente organizzate della società civile: Attività prevalente Target dei destinatari Associazionismo caritativo Interventi immediati per le necessità primarie (cibo, vestiario, posti letto) Associazionismo rivendicativo Pressione politica, sensibilizzazione della popolazione italiana. Associazionismo imprenditivo Gestione di centri di accoglienza o servizi su finanziamenti pubblici Immigrati in stato di bisogno, a volte di grave emarginazione Immigrati in generale, vittime di razzismo e discriminazione. Immigrati regolari, lavoratori, categorie specifiche (es. rifugiati, madri con bambini ecc.) Istituzioni locali, Istituzioni altri centri servizi. facilitatici italiane; imprenditori; uffici stranieri. Limitato ai Nella forma compiti operativi, dell’auto-aiuto, con eccezioni. con l’emergere di mediatori e leaders informali. Forse politiche, sindacali, associazioni di immigrati Coinvolgimento Solitamente molto Attivo da parte di modesto èlites istruite e dei destinatari politicizzate Attori in contatto Singoli volontari, altre istituzioni benefiche Associazionismo “etnico” Diffusione informazioni orientamento: sponsorship per l’accesso al lavoro; sostegno in caso di difficoltà. Connazionali o membri di reti più ristrette. Le organizzazioni degli immigrati, nelle loro diverse forme, rappresentano un referente significativo, sia per le comunità di appartenenza delle stesse che per le istituzioni locali per il ruolo di mediazione e confronto che esprimono, ed anche per la funzione di supporto al welfare che ricoprono. Se mancano dati quantitativi e qualitativi sulle aggregazioni di migranti, o migranti e nativi e ancor più deficitari risultano gli studi sulle attività e gli interventi che operano sul campo, non mancano invece elementi di lettura circa il peso assunto dalle associazioni nei confronti dei migranti e delle migranti. Da varie ricerche, svolte in luoghi e tempi differenti, emerge chiaramente che le associazioni (di migranti o quelle di nativi e migranti) rappresentano per le/i migranti un riferimento fondamentale in termini di inserimento sociale e di partecipazione attiva, in quanto luoghi di aggregazione, incontro e scambio di contatti tra immigrati e luoghi di sviluppo delle attività di promozione sociale e culturale. In particolare “le donne immigrate si rivolgono alle associazioni (e agli organismi di volontariato) non solo per ragioni pratiche ma anche per ragioni umanitarie, per il ricongiungimento dei figli, alla ricerca di consigli, di amicizia, di conoscenze e contatti vari e con persone terze, fino alle cose più personali e “particolari”” 15. Può trattarsi della ricerca di un lavoro, di un medico, di un giudice dei minori, di un assistente sociale, di un alloggio per un’emergenza, di contatti mediati con l’ufficio stranieri della Questura o, anche, per richiedere la risoluzione di conflitti familiari. Orbene, quanto detto ci porta ad entrare nel vivo della nostra – seppur piccola ed esplorativa – analisi delle “azioni” delle donne (migranti e native e delle istituzioni) per le donne e non solo. Premettendo che questa elaborazione di certo non renderà giustizia dell’impatto e del peso assunto dalle stesse sulla vita dei migranti, e soprattutto che il tempo a disposizione in questa sede non permette di narrarle e dare conto delle specifiche caratteristiche e saperi impiegati, si cercherà comunque, partendo dalle premesse teoriche che ci hanno accompagnato nell’ideazione e nell’elaborazione, di trasmettere, seppur brevemente, i tratti salienti dei risultati dell’indagine, soffermandoci infine sulla ricaduta delle esperienze analizzate in termini di sviluppo delle strategie di empowerment delle donne migranti. 14 M. Ambrosini, Le politiche sociali verso l’immigrazione in Immigrazione e trasformazione della società a cura di P. Basso e F. Perocco. 15 Si veda “Donne immigranti. Fattori d’esclusione ed integrazione in una società multietnica. La situazione in Italia”, Union General de Trabajadores, 2001. 2. Pratiche di cittadinanza: le “azioni” delle donne (migranti e native) e la cittadinanza. 2.1 Premesse teoriche al caso studio sulle “buone prassi”. Il rapporto tra cittadinanza ed esclusione sociale risulta estremamente preminente, in termini di analisi ed individuazione delle strategie politiche, se si considera il termine cittadinanza scisso da una valenza esclusivamente giuridiconormativa. In particolare modo questo approccio risulta fondamentale nell’affrontare le dinamiche e i processi di esclusione sociale delle donne migranti in Italia, le quali, come la maggior parte degli uomini migranti, non godono del pieno diritto di cittadinanza, ma che in più, rispetto a questi ultimi, presentano altri fattori di vulnerabilità sociale legati al genere e al ruolo relegato loro nella migrazione. Il concetto di cittadinanza comprende i diritti sociali, quelli civili ed infine quelli politici. Uno dei maggiori teorici del campo, T. Marshall16 sostiene che per avere un concetto pieno di cittadinanza sia necessario innanzitutto avere sviluppato e godere pienamente dei diritti sociali, ovvero individua una sfera di diritti sociali come abilitanti quelli civili e politici: istruzione, sicurezza del reddito, garanzia di cure in malattia, una abitazione decente ecc. Assumendo quest’ultimo passaggio, aggiungeremmo che per poter agire, ovvero attivarsi e godere pienamente dei diritti, ci appare sia innanzitutto necessaria la presenza di: consapevolezza (“interiorizzazione normativa”) circa il possesso dei diritti, la capacità di accesso agli stessi , ovverosia la presenza delle condizioni necessarie, materiali e simboliche, perché queste capacità possano essere esercitate e dunque la necessità di politiche abilitanti (il ruolo delle politiche pubbliche come politiche abilitanti che diano luogo a capacità combinate, quindi attenzione dei bisogni in circostanze concrete) e azioni positive volte non tanto a ridefinire l’equilibrio dei poteri, ma con l’obiettivo di mettere ciascuno su un piano di uguaglianza di opportunità. 16 T. H. Marshall, Cittadinanza e classe sociale, Torino, Utet 1976. 2.2 Note metodologiche e descrittive. Da questi, seppur semplici e sintetici, presupposti teorici ha preso avvio la nostra indagine. Nello specifico in questa prima fase l’articolazione dell’analisi ha tenuto conto: del ruolo giocato, nell’accesso e nell’utilizzo delle risorse di welfare, dal capitale sociale dei soggetti e dalle reti di supporto/riferimento in cui essi si trovano inseriti e su cui possono contare (il ruolo di associazioni non profit nella produzione/gestione di risorse utili a contrastare i processi di esclusione sociale), accanto all’importanza di individuare i modelli di interazione tipici tra gli attori coinvolti in tali processi (governo locale, servizi pubblici, associazioni del privato/sociale). L’obiettivo era quello di: a) evidenziare l’importanza delle forme di associazione e partecipazione delle donne migranti e native, in quanto luoghi di sviluppo delle capacità e miglioramento delle condizioni di accesso ai diritti e quali luoghi di elaborazione ed emancipazione politico-culturale. b) censire (parzialmente) le buone prassi agite dalle istituzioni e dalle associazioni di donne migranti e native c) individuare i “fattori abilitanti” alla cittadinanza direttamente o indirettamente discendenti dalle azioni. Alla ricognizione sulle buone prassi hanno aderito circa una decina di soggetti, tra associazioni ed istituzioni locali e non. Sono state raccolte 42 schede di attività promosse o condotte direttamente, relativamente 26 di associazioni e 16 di istituzioni pubbliche. Nell’ottica dello “sviluppo delle capacità e della facilitazione all’accesso dei diritti”, ogni associazione o istituzione aderente al progetto (italiane e straniere), ha fatto pervenire una scheda riassuntiva delle attività svolte e delle strategie di integrazione adottate dalle associazioni in sinergia o meno con gli enti locali del territorio di appartenenza. La scheda, composta da una griglia di domande aperte, aveva dunque come obiettivo principale quello di raccogliere informazioni sulle azioni (attività o progetti), rivolte ai migranti, “agite” nel contesto in cui organizzazioni associative ed enti pubblici operano, ed in particolare attività che coinvolgessero attivamente o passivamente le donne migranti ed evidenziassero le strategie di empowerment. 2.3 Risultati della rilevazione. Il processo di empowerment mette in causa le competenze attive della persona che la rendono in grado di esercitare un “realistico” controllo sugli eventi e sulle situazioni in cui è coinvolta, di far fronte ai cambiamenti che vi intercorrono, e di produrre essa stessa delle condizioni di cambiamento. La messa in atto di tali competenze è essenzialmente connessa a due fattori: le risorse oggettivamente disponibili materiali e non e le risorse di natura psicologica. Tra queste possiamo evidenziare: la capacità di vedere quanto e che cosa nella situazione può essere utilizzato come risorsa, la capacità dell'individuo di prendere iniziative, di esprimere la sua autonomia gestionale, di fare progetti relativi a sé ed alle proprie azioni e di impegnarsi in essi con fiducia, con stima delle proprie possibilità,con una sufficiente resistenza alle frustrazioni. Dunque, alla luce di ciò, per buona prassi intendavamo ogni azione, intervento, progetto, ricerca-azione volto alla promozione e rafforzamento dell’autorevolezza femminile migrata (empowerment), rispetto a: bisogni immediati - a risolvere situazioni a rischio di esclusione sociale delle donne straniere, - -affrontare la gestione di bisogni immediati all’integrazione sociale nel territorio di riferimento - alla promozione dei saperi e alla valorizzazione degli stessi in termini occupazionali, bisogni strategici - alla partecipazione formale ed informale nelle realtà aggregative presenti nel tessuto sociale, - alla conciliazione dei tempi di lavoro con quello di cura dei figli, - alla costruzione di reti di donne, alla ricomposizione dei saperi delle donne,ecc., ecc.I contenuti delle azioni raccolte, indicate come buone prassi, sono state analizzate tematicamente sulla base delle conseguentemente ricondotte a 5 grandi ambiti di intervento: singole schede e orientamento sociale: sono 14 le attività che si occupano di inserimento sociale, accoglienza integrazione, mediazione e informazione, orientamento e sostegno sociale e di attività interculturale. Le attività di orientamento sociale, di accompagnamento e mediazione vengono prevalentemente realizzate attraverso sportelli informativi strutturati, o informalmente attraverso l’attività di volontariato degli aderenti alle associazioni di migranti, che svolgono una funzione di accompagnamento per i nuovi arrivati sul territorio; alloggio: si tratta di un servizio di accoglienza abitativa temporanea per donne migranti e figli/e volto a risolvere il problema contingente dell’emergenza abitativa;tutela e assistenza: sotto questa generica denominazione ritroviamo 13 azioni, tra cui servizi di assistenza a donne che si trovano in situazioni difficili: a rischio di emarginazione ed esclusione (donne in carcere), di pericolo (donne vittime di violenza, in particolare domestica), sottoposte ad un particolare regime di protezione sociale (ex prostitute vittime di sfruttamento sessuale e vittime di tratta– art. 18, l. 286/98)o in grave stato di bisogno (madri sole indigenti). Si affiancano a questi, altre attività di “assistenza” o di cura: i progetti che coinvolgono i bambini delle donne migranti capofamiglia, quelli che definiremo servizi a “sostegno alla maternità”, così come la creazione di “luoghi” e spazi direttamente predisposti per tutelare la salute e le relazioni delle donne e dei loro bambini (consultori familiari, centri per le famiglie). istruzione/formazione: queste 5 azioni si dividono tra formazione di base, corsi di alfabetizzazione per donne immigrate strutturati presso le sedi dei promotori o seguendo un modello di formazione itinerante all’interno delle case delle donne straniere (per favorire la conciliazione tra l’esigenza di alfabetizzazione e l’impossibilità di recarsi nei luoghi che convenzionalmente vengono predisposti), e corsi di formazione per operatori a contatto con l’utenza straniera, in particolare addetti ai servizi per l’infanzia. formazione/inserimento lavorativo: in questo ambito si inseriscono 4 buone prassi di formazione, valorizzazione, promozione delle competenze e delle abilità delledonne straniere per l’inserimento nel mondo del lavoro.altre: (4 varie) progetto di cooperazione per il rientro delle donne in Bolivia, informazione e sensibilizzazione sulle pratiche di mutilazioni dei genitali femminili, conoscenza, pratica e promozione delle cure etniche tradizionali, laboratori di scrittura. All’analisi verticale per tipologia di azione che ci ha portato alla classificazione appena detta, è seguita un’elaborazione trasversale da cui è discesa l’aggregazione delle informazioni qualitative sui soggetti promotori, sugli ambiti specifici di intervento, dei fenomeni e sui destinatari delle azioni, nonché sulle strategie operative utilizzate per l’implementazione delle stesse. 1) I Soggetti promotori delle “buone prassi”: a) Forme di aggregazione/associazione 1. Associazioni miste: Centri interculturali o associazioni delle donne native e migranti (Almaterra, SUSI, Donne del mondo, Trama di terre) 2. Associazioni di donne straniere: mono-etniche o pluri-etniche (Assoc. donne capoverdiane, Candelaria, Donne del mondo onlus, SBS, A.D.I, EDO) 3. Associazioni di donne italiane: associaz. di advocacy, di tutela e promozione dei diritti umani e sociali (Casa dei diritti sociali, Differenza donna, Associazione italiana donne per lo sviluppo) 4. Rete di associazioni: associazioni di secondo livello, federazione di associaz o meta assoc., di donne immigrate (No.DI) 5. Cooperative di mediazione culturale e sociale (Sesamo) 6. Gruppi di aggregazione informali, (Assemblea delle donne del Vittorio) b) Istituzioni pubbliche 1. Enti pubblici: (territoriali o locali) regioni, comuni, uffici 2. Istituti pubblici 2) Descrizione della buona prassi: a) Ambito dell’attività, aree di intervento 1. Orientamento sociale: inserimento sociale accoglienza integrazione, mediazione e informazione, orientamento e sostegno sociale (sportelli informativi), attività interculturale 2. Accoglienza abitativa per donne migranti e figli/e 3. Supporto, assistenza e consulenza – Tutela e assistenza 4. Istruzione/formazione 5. Formazione/orientamento inserimento lavorativo 6. Tutela della salute (servizio a bassa soglia per clandestini, irregolari) 7. Protezione sociale(salute, accoglienza, formazione professionale, inserimento lavorativo) 8. Servizi per l’infanzia, sostegno alla maternità 9. Informazione e sensibilizzazione 10. Progetti di cooperazione b) Fenomeni: 1. Facilitare, orientare l’inserimento nel paese di migrazione, facilitare l’accesso ai servizi. 2. Donne e minori in stato di disagio abitativo (casi di sfratti, separazioni ecc.,), la perdita del lavoro e conseguentemente dell’alloggio per le donne impiegate nei lavori di cura. 3. Inserimento delle donne migranti nel mercato del lavoro, qualificazione, acquisizione di competenze 4. Madri straniere in difficoltà, nell’ambito economico, dei tempi di lavoro, nell’educazione dei figli 5. Donne migranti vittime di violenza (in particolare domestica) 6. Emarginazione ed esclusione sociale di detenute 7. Isolamento delle donne migranti, assenza di percorsi di partecipazione nei contesti in cui vivono 8. Donne e minori vittime di sfruttamento sessuale 9. Incapacità istituzionale di tutelare la salute dei migranti irregolari o clandestini 10. Mutilazioni genitali femminili 11. Rientro delle donne al loro paese di origine c) Destinatari: 1. donne immigrate (sole, anziane, in carcere, e i loro bambini, vittime di tratta ecc.) 2. donne migranti e italiane 3. immigrati in generale, sfd 4. tutti, ma in particolare i soggetti che gravitano intorno al mondo della scuola 5. funzionari, politici, personale medico-sanitario 6. bambini e adolescenti figli di stranieri d) Strategie operative: 1) Coinvolgimento di altri soggetti Le associazioni collaborano con: 1. privato sociale (altre associazioni o Ong, chiesa…) 2. organizzazioni di rappresentanza (sindacato o associazioni di categoria) 3. soggetti pubblici o altri organi istituzionali (comuni, regione, consulte per l’immigrazione, consultori, amministrazione penitenziaria..) 4. Misto: privato sociale ed enti pubblici Le istituzioni collaborano con: 1. network di soggetti: altri enti pubblici, privato sociale, associazioni varie 2. altri enti pubblici e centri di formazione 3. altri enti pubblici e associazioni di donne migranti 4. associazioni di migranti 2) Strumenti o sostegni Le associazioni si avvalgono di: 1. fondi pubblici (regione, comune, ministero affari sociali, ministero degli esteri, interno ecc, ufficio donna del comune) 2. fondi pubblici e privati (fondazioni) 3. fondi pubblici, contributi dell’associazione (o degli “utenti stessi”) 4. contributi dell’associazione: lavoro volontario, fund rasing, autofinanziamento Le istituzioni si avvalgono di: 1. fondi pubblici (fondi nazionali, regionali, comunali, ministero salute o compartecipazione di contributi pubblici) 3. Lo sviluppo delle strategie di empowerment delle donne straniere: da “fattori abilitanti” a indicatori di cittadinanza. Come queste azioni si traducano in “fattori abilitanti” alla cittadinanza per le donne straniere lo desumiamo, a questo livello di indagine, dalla valutazione interna e dagli elementi quantitativi e qualitativi dell’azione: dall’ambito di intervento, dagli obiettivi strategici delle attività, dal target dei destinatari, e dalle ricadute sulle politiche e sui soggetti promotori, ed in particolare dall’impatto sui percorsi di emancipazione ed autonomia delle donne straniere. La ricaduta delle esperienze analizzate in termini di sviluppo delle strategie di empowerment è riconducibile all’: 1. aumento delle capacità di conoscenza della lingua italiana 2. aumento della conoscenza dei servizi e risorse del territorio/ accesso ai servizi 3. aumento dell’autostima personale, confrontando i propri vissuti e socializzando i propri problemi con quelli di altre donne nella stessa condizione, ed “avviando percorsi di autonomia rafforzati dall’incontro con le native” si sono attivate forme di auto-aiuto, sviluppo e riconoscimento delle proprie capacità, valorizzazione dei saperi. 4. aumento della consapevolezza nelle donne migranti delle loro capacità/possibilità professionali attraverso la valorizzazione delle competenze 5. rafforzamento della volontà/capacità di partecipazione associativa delle donne, che ne consente la crescita a livello personale oltrechè economico/sociale 6. rafforzamento delle organizzazioni delle donne migranti Quanto appena detto rappresenta una bozza di indicatori di empowerment a nostro parere rappresentativi delle tappe, degli aspetti multidimensionali “abilitanti” al percorso di cittadinanza. In una seconda fase potremmo procedere alla costruzione ed individuazione di indicatori veri e propri “abilitanti” alla cittadinanza, prendendo avvio dalla ricognizione delle azioni agite per poi completarsi con gli elementi qualitativi che potranno emergere ricostruendo le traiettoria di vita delle donne straniere. Partendo da una analisi delle esperienza soggettive (migrazioni femminili) potremmo essere in grado di individuare il percorso di apprendimento/ interiorizzazione, le strategie, le risorse e le politiche volte allo sviluppo delle capacità di accesso tenendo conto: 1) del carattere pluridimensionale (non solo economico) dell’esclusione sociale e la conseguente necessità di considerare la collocazione delle donne migranti rispetto ai differenti ambiti in cui si articolano le dinamiche di inclusione/esclusione: reddito, condizione professionale, lavoro e alloggio, dunque, ma anche rapporti familiari, relazioni sociali, condizioni di salute, capitale culturale, posizione legale, rapporti tra i generi, e così via. 2) dell’importanza di focalizzare l’analisi sulla prospettiva soggettiva di coloro che si vengono a trovare in una condizione, temporanea o permanente, di vulnerabilità e la necessità di ricostruire le strategie, le tattiche, le scelte e le interpretazioni che ne orientano l’agire. I processi di inclusione/esclusione sociale sono, infatti, l’esito dell’interazione tra le percezioni/interpretazioni di chi include/esclude e quelle di chi viene incluso/escluso. 3) delle implicazioni dei risultati relativi esclusione/inclusione sulle politiche sociali. all’analisi dei percorsi di Capitolo terzo Schedatura e sintesi delle attività delle associazioni e delle istituzioni Le buone prassi raccolte sono molteplici e variegate, riconducibili a 5 grandi ambiti di intervento: orientamento sociale, tutela e assistenza, istruzione/formazione, formazione/inserimento lavorativo, alloggio. Orientamento sociale: 1. Descrizione del progetto, soggetti coinvolti, sostegni all’attività. La mancanza di informazioni su tutti i tipi di servizi socio assistenziali esistenti nel territorio e rivolti alle donne, ha portato le volontarie di Differenza Donna e consulenti specifiche (avvocate, psicologhe..) ad avviare “Just in time”, sportelli informativi e numero verde per donne straniere presso la Casa Internazionale delle Donne, Roma. Il progetto “Just in time”, finanziato dalla Provincia di Roma, prevedeva 2 sportelli informativi per donne straniere (uno a Roma, uno a Frascati), cui si aggiungeva un numero verde funzionante 24/24 h. All’interno del progetto e’ stato inoltre organizzato un corso di formazione per mediatrici culturali rivolto a donne straniere. Dallo sportello le donne venivano indirizzate alle diverse associazioni che si occupano di problematiche specifiche (consultori, case di accoglienza, centri antiviolenza) Hanno partecipato donne di diversa provenienza, età, condizione. Ricadute dell’attività, punti di forza e debolezza dell’attività, sostegno alle strategie di empowerment Difficile valutare i singoli casi, sicuramente hanno avuto inizio dei rapporti di fiducia tra alcune immigrate e le operatrici di Differenza Donna che hanno permesso alle donne stesse, superato il momento del bisogno, di continuare ad arricchirsi attraverso incontri e scambi di esperienze. Il fatto che “just in time” avesse la propria sede c/o la Casa Internazionale delle Donne ha permesso inoltre l’intreccio di vissuti diversi e ha consentito alle donne che partecipavano alle riunioni/incontri del progetto di arricchire e scambiare le proprie esperienze con altre. Sono nati così anche dei piccoli gruppi di autoaiuto il cui obiettivo non era solo quello di risolvere un problema contingente ma di avviare un processo insieme alle donne volto a migliorarne la condizione socioeconomica e ad aumentare la partecipazione. Punto di debolezza è la brevità del progetto. Il lavoro sulla creazione di gruppi di autoaiuto ha sicuramente incrementato la partecipazione delle donne, al di là della risoluzione dei problemi immediati. Qualora il progetto dovesse essere nuovamente finanziato, nel lavoro verrà fornita un importanza particolare al legame madre figlia che, se consolidato, consente di favorire la partecipazione e il protagonismo delle II generazioni. 2. Descrizione del progetto, soggetti coinvolti, sostegni all’attività. Sportello plurilingue di informazione/orientamento/consulenza dell’associazione No.Di, rivolto alle donne straniere, gestito da donne immigrate che svolgono la funzione di mediatrici culturali. Attività di sportello, tutti i giorni per 8 ore, sabato mattina incluso. Disponibili materiali informativi e dispense in diverse lingue. Sportello Diritti: Consulenza giuridica sul diritto di famiglia, diritto allo studio, diritto alla salute, tutela dei figli, adozioni, casa,soggiorno, cittadinanza, dichiarazione del reddito. Il lunedi pomeriggio un gruppo di avvocate offre consulenza su casi specifici.Sportello Salute Il giovedi pomeriggio un'esperta di salute conduce attività per piccoli gruppi di cura del corpo, ginnastica dolce, bio-energia. Sportelli Associazioni Incontri gestiti da associazioni di donne delle diverse regioni del mondo: Africa del Nord, Africa centrale, Corno d'Africa, Est Europeo, America Latina - Brasile, Capoverde, Sud-Est Asiatico, Filippine. Hanno partecipato donne straniere di provenienza eterogenea. Lo sportello, che deve la sua nascita nel 1996 ad un finanziamento semestrale dell’Ufficio Progetti Donna del Comune di Roma (ora smantellato) nel corso degli anni ha goduto di vari finanziamenti mentre in questo momento funziona esclusivamente grazie al contributo delle socie volontarie. Ricadute dell’attività, punti di forza e debolezza dell’attività, sostegno alle strategie di empowerment Moltissimi casi problematici (soprattutto processi) sono stati risolti, i gruppi autorganizzati si sono accresciuti nel numero e le attività dell’associazione sono divenute più note. Il progetto ha l’obiettivo di sostenere le donne immigrate favorendo il loro inserimento nella società italiana nella ferma convinzione che l’associazionismo sia l’unica forma che consente e promuove la partecipazione/cittadinanza attiva. 3. Descrizione del progetto, soggetti coinvolti, sostegni all’attività. Sportello di informazione, accoglienza, consulenza legale, orientamento al lavoro dell’assoc. Candelaria, Roma, offre informazione (permessi di soggiorno, ricongiungimento familiare, riconoscimento titoli di studio, accesso ai servizi sanitari), orientamento e consulenza legale alle donne e alle loro famiglie. Le operatrici sono donne provenienti da differenti paesi del mondo. E’ previsto un servizio di accompagnamento a scuole, strutture sanitarie, tribunali etc.. Lo sportello è aperto tutti i giorni -la mattina o il pomeriggio- da 3 anni ma non e’ pubblicizzato in alcun modo a causa della carenza di risorse economiche: le donne ne vengono a conoscenza grazie al passaparola oppure vengono indirizzate qui da altre realtà attive nel sociale (PID), dalle insegnanti o dalle stesse operatrici volontarie di Candelaria che lavorano anche in altri ambiti. Dallo sportello le donne vengono indirizzate ad uno dei nodi della rete di associazioni che sul territorio si caratterizzano per competenze specifiche. Gestiscono questo servizio 1 coordinatrice + 4 mediatrici culturali volontarie, socie dell’associazione; l’attività è rivolta a tutte le donne straniere e alle loro famiglie, l’utenza dello sportello è quantomai eterogenea. Per 2 anni lo sportello ha goduto di un finanziamento erogato dal Ministero Affari Sociali, attualmente invece ogni attività è il risultato dell’ apporto volontario delle socie Ricadute dell’attività, punti di forza e debolezza dell’attività, sostegno alle strategie di empowerment Attraverso le attività di sportello l’associazione si è arricchita di nuove esperienze e ha avviato un proficuo rapporto di collaborazione con le altre associazioni presenti sul territorio. Questa attività promuove la partecipazione attiva delle donne straniere e ne consente la crescita a livello personale oltrechè economico/sociale 4. Descrizione del progetto, soggetti coinvolti, sostegni all’attività. L’attività di integrazione sociale e auto-aiuto a donne migranti e con figli piccoli, dell’Assoc. Donne del mondo di Forli, sviluppa scambi interculturali, alfabetizzazione linguistica e culturale. Offriamo occasioni di incontro e scambio interculturale fra donne straniere e native, al fine di consentirne l’isolamento sociale. Facilitiamo l’integrazione sociale con corsi di alfabetizzazione, facilitando l’accesso e l’utilizzo dei servizi esistenti sul territorio. L’attività è gestita da volontarie dell’associazione, donne immigrate. Partecipano all’attività, donne native e migranti di diverse etnie: Marocco, Ungheria, Somalia, Nigeria, Costa d’Avorio, Russia, Cina, Algeria, ecc. L’Associazione usufruisce dello spazio e del sostegno del Centro Donna di Forlì, contributi della Regione e del Comune. Ricadute dell’attività, punti di forza e debolezza dell’attività, sostegno alle strategie di empowerment Favorire e promuovere la creazione delle attività auto-organizzate che possono avere anche delle ricadute economiche per le donne migranti e una capacità di produrre benefici nella direzione del mutuo aiuto. 5. Descrizione del progetto, soggetti coinvolti, sostegni all’attività. L’assoc. Edo (ass.di nigeriani di Cesena) promuove attività d'inserimento di donne ed uomini nigeriani sul territorio cesenate, attraverso i fondatori e le fondatrice dell'associazione. L’attività è rivolta agli immigrati appena arrivati in Italia o in difficoltà. Le partecipanti sono 20 donne tutte nigeriane con una età media di 35 anni in su immigrate in media da 6 - 7 anni. Ricadute dell’attività, punti di forza e debolezza dell’attività, sostegno alle strategie di empowerment 6. Descrizione del progetto, soggetti coinvolti, sostegni all’attività. L’Assemblea delle donne del Vittorio, nasce nell’ambito del centro socio abitativo Vittorio Occupato, gestito direttamente da immigrate/i, il quale nasce nel 1993 ad Ostia ed ospita attualmente circa 120 immigrati, di varia nazionalità (soprattutto Marocco, Pakistan e Costa d’Avorio), di cui 8 donne. Nelle stanze, di grandezza variabile, vivono da 4 ad 8 persone. Le donne condividono tutte lo stesso spazio. Seppure in maniera informale, già da alcuni mesi il gruppo misto composta da 6 donne italiane e 8 donne immigrate di varie nazionalità di donne del Vittorio cerca di sopperire alla assoluta mancanza di servizi del territorio di Ostia offrendo qualunque tipo di informazioni e aiuto alle donne, spesso appena arrivate in Italia, che si rivolgono a loro. Tutta l’attività si avvale di lavoro volontario. Ricadute dell’attività, punti di forza e debolezza dell’attività, sostegno alle strategie di empowerment Il lavoro volontario delle donne che costituiscono l’Assemblea ha aperto uno spazio importante di confronto tra esperienze diverse. E’ stata avviata, oltre alla riflessione sulla propria condizione, una importante collaborazione con il consultorio locale al quale ora le donne straniere si rivolgono tranquillamente per risolvere alcuni dei loro problemi. Attraverso questo lavoro, infatti, il Vittorio e’ ormai diventato un punto di riferimento importante per tutte/i le /gli immigrati che vivono nella zona del litorale romano. A tal proposito le donne stanno riflettendo sulla necessità di costituirsi in Associazione per poter progettare, costruire e gestire insieme un Centro di Ascolto rivolto alle donne straniere. 7. Descrizione del progetto, soggetti coinvolti, sostegni all’attività. Centro di orientamento e sostegno sociale, gestito dall’assoc. Casa dei diritti sociali, Roma funziona full time, tutti giorni, ed è rivolto a immigrate/i, sfd. Lo sportello collabora con la rete di associazioni del territorio romano. Lo sportello funziona grazie al personale volontario affiancato dalle mediatrici culturali. Le donne straniere che si rivolgono allo sportello provengono da realtà diverse. Il centro non è finanziato e tutte le spese sono a carico dell’associazione. Altri progetti specifici, invece, sono finanziati in maniera temporanea dal Comune di Roma. Ricadute dell’attività, punti di forza e debolezza dell’attività, sostegno alle strategie di empowerment Attraverso le attività di sportello l’associazione si è arricchita di nuove esperienze e ha avviato un proficuo rapporto di collaborazione con le altre associazioni presenti sul territorio. Per gli stranieri lo sportello sono ormai un punto di riferimento utile e noto, attraverso il passaparola, per i servizi offerti. Le attività del centro hanno garantito, nel corso degli anni, la tutela dei diritti fondamentali di coloro che ad esso si rivolgevano ed hanno favorito l’acquisizione da parte di molte/i di consapevolezza e volontà/capacità di partecipazione. 8. Descrizione del progetto, soggetti coinvolti, sostegni all’attività. Centro interculturale per donne S.U.S.I., Berlino Tipi di attività: servizi di consulenza, legale, sociale con accompagnamento ai servizi nelle varie lingue; MigrantInnen in Deutschland – fremd oder teil? : incontri con donne immigrate da diversi paesi per mettere a confronto la loro esperienza migratoria, individuare gli ostacoli e le necessità, trovare soluzioni; incontri interculturali per le adolescenti; incontri gestiti da donne straniere e rivolti a donne che provengono dal medesimo paese, con proiezioni di film, incontri informativi sulla condizione delle donne nei paesi del mondo, incontri informativi sul tema razzismo e sessismo Le attività si rivolgono soprattutto a donne immigrate, le quali arrivano soprattutto da: Vietnam, Europa dell’Est, America Latina, Iran, Africa. Donne di tutte le età, fra i 30 e i 50 anni. In parte sono a Berlino da 25 anni, in parte sono appena arrivate. S.U.S.I. è sostenuto dal governo di Berlino (dipartimento donne) e vengono sovvenzionati, da diversi enti statali, alcuni posti di lavoro all’interno del centro. Ricadute dell’attività, punti di forza e debolezza dell’attività, sostegno alle strategie di empowerment Con il passare del tempo, il peso delle donne immigrate e quello delle collaboratrici che gestiscono il centro è aumentato rispetto alle donne native. Questo ci ha permesso di moltiplicare i servizi e di allargarli a molte più donne di provenienze diverse. 9. Descrizione del progetto, soggetti coinvolti, sostegni all’attività. Donne al Centro. Progetto di mediazione interculturale e promozione dell’inserimento delle donne straniere nei contesti locali promosso dall’Assessorato alle politiche sociali della Regione EmiliaRomagna per incentivare la conoscenza e l’accesso ai servizi e alle risorse dei territori di riferimento da parte delle cittadine straniere. Questo progetto affronta la tematica dell’integrazione sociale , in particolare rispetto all’integrazione linguistica e culturale. Il progetto persegue l’obiettivo di promuovere ed incentivare la conoscenza e l’accesso ai servizi e alle risorse dei territori di riferimento da parte dei cittadini stranieri Si prevede la realizzazione di quattro “Poli integrati di supporto ai servizi” ( Granarolo, Castelmaggiore, Pieve di Cento, San Pietro in Casale) intesi come luogo di incontro in cui si prevede la presenza di un operatore italiano che abbia una comprovata esperienza di lavoro nell’ambito del supporto all’integrazione dei cittadini stranieri, e la presenza di mediatori linguistici – culturali dei paesi da cui provengono principalmente gli immigrati che vivono in Italia. Sono previste le seguenti azioni: informazione e orientamento ai servizi, alla formazione professionale e al lavoro attraverso colloqui personalizzati e di gruppo, incontri di gruppo con gli operatori dei servizi del territorio su tematiche da concordare; laboratori di animazione socio-culturale, attività di sostegno a percorsi co-progettati con operatori e servizi del territorio, promozione e divulgazione delle iniziative realizzate, realizzazione di materiale informativo in più lingue. Soggetto attuatore del progetto è il Cefal, il quale per la realizzazione del progetto si avvale di un operatore e due mediatori interculturali. Il progetto finanziato dall’ Assessorato alle Politiche Sociali nell’ambito degli interventi finanziati con il fondo immigrazione ex D.lgs 286/98 è stato presentato dal Comune di Malalbergo in parternariato con i Comuni di Galliera, San Pietro in Casale, Bentivoglio, Castelmaggiore, San Giorgio di Piano, Granarolo, Minerbio, Baricella, Pieve di Cento, Castel d’Argile, Argelato. Ricadute dell’attività, punti di forza e debolezza dell’attività, sostegno alle strategie di empowerment 10. Descrizione del progetto, soggetti coinvolti, sostegni all’attività. Il Progetto Hirundo promosso dall’Assessorato alle politiche sociali della Regione Emilia-Romagna affronta la tematica dell’integrazione sociale, in particolare afferenti all’integrazione linguistica, culturale, sociale, rivolto alle donne immigrate, alle famiglie, alle seconde generazioni per affrontare le nuove situazioni di vita in condizioni non marginali. Il progetto finanziato dall’ Assessorato alle Politiche Sociali nell’ambito degli interventi finanziati con il fondo immigrazione ex D.lgs 286/98 è stato presentato dal Consorzio per i Servizi Sociali di Imola in parternariato con i Comuni di Imola, Castel del Rio, Casalfiumanese, Dozza, Mordano Castel San Pietro Terme, Fontanelice, Borgo Tossignano,Castelguelfo Soggetto attuatore del progetto è l’Associazione Trame di Terra che per la realizzazione del progetto si avvale di una psicologa e di mediatici interculturali. Il progetto si compone di tre azioni principali: - creazione di un Centro Interculturale rivolto alle donne, alle famiglie, alle seconde generazioni che, a partire da un’ottica interculturale e di genere, fornisca strumenti per affrontare le nuove situazioni di vita in condizioni non marginali - creazione di un centro Servizi per cittadini extra UE, come luogo di informazione ed assistenza creazione di un servizio di assistenza, consulenza ed informazione legale a sostegno della crescita e della consapevolezza dei diritti della popolazione immigrata - creazione di un servizio di assistenza, consulenza ed informazione legale a sostegno della crescita e della consapevolezza dei diritti della popolazione immigrata Ricadute dell’attività, punti di forza e debolezza dell’attività, sostegno alle strategie di empowerment 11. Descrizione del progetto, soggetti coinvolti, sostegni all’attività. Il Centro interculturale “Spazio Donna” istituito dal Comune di Cesena svolge attività di informazione/orientamento/accompagnamento, organizza corsi di italiano; promozione attività nell’ambito interculturale e di socializzazione. Il servizio rivolto a donne immigrate e i loro figli era direttamente gestito dai Servizi Sociali Comunali fino al 2000, attualmente la gestione è affidata alla Cooperativa “Il Mappamondo” avvalendosi di 1 coordinatrice, 2 operatrici, vari volontari, finanziato con fondi provenienti dalla L.285, dal Dlgs 286, contributi comunali. Le donne di che lo frequentano provengono da paesi diversi (Africa, Albania, Asia, Russia, Paesi dell’Est), donne sia di recente immigrazione che residenti da qualche anno. Sia l’età che la condizione sociale e culturale sono tra le più varie: da 16 a 65 anni, senza scolarizzazione e con diploma/ laurea. I loro figli di qualsiasi età Fin dalla sua costituzione il centro ha collaborato con le associazioni di volontariato (composte da italiani, stranieri e miste). La collaborazione con le associazioni straniere è continua e costante, così come la promozione di attività in comune tra le varie associazioni di volontariato presenti nel territorio. Ricadute dell’attività, punti di forza e debolezza dell’attività, sostegno alle strategie di empowerment Punti di forza: la possibilità di adattare l’intervento alle singole esigenze. La connotazione non assistenziale dell’intervento. Punti critici: l’elevato numero di utenti, non permette sempre di dare il giusto spazio ad ognuno 12. Descrizione del progetto, soggetti coinvolti, sostegni all’attività. Lo sportello informativo, di orientamento, consulenza per cittadine extracomunitarie del Centro di servizi per cittadini stranieri del Comune di Forlì svolge attività polifunzionali e organizzate secondo le modalità di uno sportello informativo: • informazioni su diritti, doveri ed opportunita’ per gli immigrati; • informazioni tese a facilitare la fruizione delle prestazioni erogate dai servizi territoriali; erogazione di prestazioni di segretariato sociale; • promozione di attivita’ ed iniziative con e per gli immigrati volte alla valorizzazione delle culture d’origine e alla sensibilizzazione della popolazione autoctona; • funzione di osservatorio volta a raccogliere ed analizzare i bisogni espressi; e promuove l’attivazione e lo sviluppo di reti di relazioni territoriali sia istituzionali che private Il servizio e’ interamente gestito dagli operatori della cooperativa sociale “spazi mediani” di forli’, tra i quali figura una pedagogista che segue direttamente l’utenza composta da donne e minori stranieri. Il servizio, soprattutto per quanto riguarda progetti specifici di intervento a favore delle donne straniere, opera all’interno di una rete dei servizi che coinvolge, a seconda del caso, soggetti sia di carattere pubblico che privato. Ricadute dell’attività, punti di forza e debolezza dell’attività, sostegno alle strategie di empowerment Il servizio viene valutato annualmente mediante una relazione che prende in esame tutte le attivita’ intraprese nel periodo di riferimento. uno dei punti di forza principali del servizio e’ attualmente rappresentato dal livello di competenza raggiunto dagli operatori Empowerment: il nostro lavoro si basa proprio nel “rafforzamento” della conoscenza dei diritti, doveri, del territorio, nel perseguire un percorso di autonomia ecc, ecc, delle donne straniere. 13. Descrizione del progetto, soggetti coinvolti, sostegni all’attività. L’Osservatorio Interculturale X municipio, Roma è un osservatorio, istituito con delibera circoscrizionale del 23/12/1999, che vive attualmente ancora una fase embrionale rispetto alle attività dovuta sostanzialmente alla carenza di finanziamenti spendibili ad hoc. Il servizio è rivolto alle associazioni attive sul territorio romano, siano esse costituite da migranti o miste Sono attualmente iscritte all’albo alcune delle associazioni attive sul territorio romano. Attraverso il personale impiegato nell’ufficio Sport e Cultura. Da un punto di vista amministrativo l’osservatorio non e’ autonomo ma dipende dall’Ufficio Cultura X municipio. E' stato istituito presso il Municipio X - Cinecittà, un Albo delle Associazioni straniere. La creazione dell'Albo costituisce una novità per l'Amministrazione Comunale ed è finalizzato alla conoscenza delle culture diverse ed alla promozione di iniziative culturali e multietniche. La realizzazione dell'Albo è stata curata dall'Ufficio Sport e Cultura; il suo ampliamento e le attività relative saranno realizzate in collaborazione con l'Ufficio Relazioni con il Pubblico dove già è presente un servizio di informazione e consulenza per gli stranieri con la presenza dei mediatori interculturali. Possono iscriversi all'Albo tutte le Associazioni operanti nel campo dell'immigrazione e presenti nel territorio del Comune di Roma. Ricadute dell’attività, punti di forza e debolezza dell’attività, sostegno alle strategie di empowerment 14. Descrizione del progetto, soggetti coinvolti, sostegni all’attività. Attività di Mediazione culturale per Rom e migranti dell’Assessorato alla salute e politiche sociali (dokpy) del comune di Nea Ionia Magnesias, Greece per favorire l’accesso dei rom e dei migranti alla sanità, l’educazione, al lavoro, per favorire l’accoglienza ed altri servizi. Il ruolo dei due mediatori culturali (due donne una di lingua rom di 34 anni e l’altra immigrata/rientrante dall’ex Unione sovietica di 43 anni) di origine greca è tenuto all’interno di specifici contesti e realtà concernenti i gruppi con i quali lavorano. Il ruolo del mediatore nella comunità rom è quello di mediare tra i Rom e il resto della società greca in particolari servizi degli istituti statali, innanzitutto aiutandoli nell’espletamento delle pratiche burocratiche, favorendo l’organizzazione di corsi linguistici, ed accompagnandoli ai servizi. Oltre a ciò molto, spesso i mediatori spiegano le informazioni in lingua rom. Grazie a questo intervento ed alle recenti normative, i Rom hanno pieni diritti e allo stesso tempo hanno respinto almeno in teoria le antiche caratterizzazioni di essere cittadini di seconda classe. L’altro gruppo dei quali si occupano i mediatori sono i migranti ed in particolare i migranti greci rientrati dall’Unione sovietica, dall’Albania, i quali soffrono principalmente della precarizzazione nell’ambito lavorativo nonostante gli alti livelli di scolarizzazione. Il mediatore media tra i migranti rientrati e la società, li orienta ai servizi e al mondo del lavoro, si attiva per fargli acquisire la carta di residenza e la carta di identità greca, li aiuta in ambito educativo tenendo in maniera continuativa corsi di lingua greca ed infine li indirizzano presso avvocati competenti in materia di immigrazione. Il mediatore collabora e lavora con il resto dell’assessorato. Le attività delle mediatrici coinvolgono le associazioni degli stessi gruppi target dell’area territoriale, e sono finanziate da fondi pubblici (prima dalla Commissione europea e poi dall’assessorato alla salute e politiche sociali). Ricadute dell’attività, punti di forza e debolezza dell’attività, sostegno alle strategie di empowerment Il giudizio sulle attività è positivo, l’unico punto negativo è che appena finiscono le risorse finiscono anche le attività. Empowerment: il ruolo di mediatrici ha modificato la relazione con l’ambiente in cui vivono e con a società in generale. Queste donne hanno assunto un ruolo sociale e conseguentemente vengono ritenute più importanti. Alloggio: 1. Descrizione del progetto, soggetti coinvolti, sostegni all’attività. Considerata la mancanza di spazi di accoglienza per donne straniere e l’emergenza del problema abitativo per i migranti, è attivo dall’estate 2001 il servizio di accoglienza abitativa rivolto a donne e bambini migranti senza dimora, avviato dall’assoc. Trama di Terre di Imola. Inizialmente il servizio era nato in modo autonomo dai Servizi vista la mancanza di un luogo per donne e la fortissima domanda. Si tratta di un’accoglienza temporanea con un regolamento definito per tutte; la durata dell’accoglienza è di un massimo di tre mesi, prorogabile di altri tre. Solo per due casi fino ad ora le operatrici, in accordo con le assistenti sociali, hanno ritenuto necessario prolungare il soggiorno, data le particolari condizioni delle due donne: Nella maggior parte dei casi però l’ospitalità rientra nei tempi previsti, in quanto l’associazione si attiva per risolvere nel più breve tempo possibile il problema abitativo delle donne accolte. Solitamente l’associazione risolve il problema abitativo delle donne che accoglie attraverso: -contatti con privati che conoscono l’associazione e fornendo, se necessario, garanzie per poter accedere ad un appartamento in affitto, considerate le grandi difficoltà per uno straniero nel reperire alloggi in locazione, -oppure attraverso inserimenti lavorativi presso famiglie che hanno bisogno di una persona anche durante la notte. Svolgono questa attività: mediatrici, operatrici del centro, psicologhe, assistenti sociali. Il servizio è per donne sole o con figli minori: le richieste sono tantissime, aumentate con il delinearsi della nuova figura di “badante”; si tratta prevalentemente di donne dell’est di mezza età, giunte in Italia da un massimo di due anni. Si dà risposta anche a un fenomeno recente che vede molte ragazze migrare da sole. Fino a dicembre 2002: 48 donne, 4 minori e 2 nascite. Ci si avvale di finanziamenti pubblici regionali, le donne stesse , rette comunali. Ricadute dell’attività, punti di forza e debolezza dell’attività, sostegno alle strategie di empowerment L’alto numero di richieste fa si che tutte le operatrici disponibili vengano coinvolte nell’attività, anche al di fuori dell’orario di lavoro, per potere rispondere all’emergenza. Si assiste poi al desiderio da parte delle donne già inserite di aiutare le nuove venute, anche se si andranno a creare situazioni di sovraffollamento. I servizi sociali fanno notevole affidamento su questa attività, essendo molti limitati in città i luoghi adibiti ad accoglienza abitativa. Per la valutazione, periodicamente si svolgono riunioni di coordinamento e discussione. I punti di forza: l’opportunità di potere socializzare, in molti casi uscire dall’isolamento, riacquistare fiducia, autostima e tranquillità, aiutare le nuove venute o persone della stessa provenienza e che hanno più difficoltà con la lingua. I punti di debolezza: alto numero di richieste a fronte di posti limitati; a volte scarsa collaborazione fra le donne ospitate e le operatrici del centro. L’associazione rappresenta un luogo dove abitare e potere progettare il futuro. Avviare percorsi in autonomia rafforzati dall’incontro con le native.Sviluppo e riconoscimento delle proprie competenze, valorizzazione dei saperi, aumento dell’auto stima Tutela e assistenza: 1. Descrizione del progetto, soggetti coinvolti, sostegni all’attività. Assistenza e Consulenza alle donne immigrate in carcere (ad opera di donne immigrate). S.U.S.I., Berlino. Attività di sostegno legale e linguistico e psicologico per prevenire e risolvere situazioni di conflitto. Le donne straniere in carcere soffrono di problemi maggiori rispetto alle detenute tedesche: la separazione dalla famiglia, i timori riguardo ai figli, le barriere linguistiche, la mancanza di persone di riferimento, la mancanza di prospettive ‘dopo’. Esse nono possono usufruire della tradizionale assistenza psicologica e sociale per via delle scarse conoscenze linguistiche. Le operatrici mantengono i contatti fra le detenute e i familiari, le sostengono durante i colloqui con assistenti sociali, dottori, altre detenute, funzionari; intervengono in caso di conflitto, organizzano con loro eventi, le sostengono nel reinserimento sociale e lavorativo, organizzano corsi professionali (ad esempio corso di make-up), si preoccupano di svolgere le formalità presso il consolato e i paesi di provenienza, consegnano loro pacchi dono e testi in lingua madre. Sono impegnate in questa attività 4 o 5 collaboratrici (di lingua madre) del centro SUSI. Sono posti di lavoro co-finanziati dal Comune di Berlino, in parte fondi privati, denaro delle donne stesse che si sono recate al carcere in macchina. Si avvalgono del servizio donne straniere (esclusivamente) provenienti dall’America Latina, l’Europa dell’Est e Vietnam di tutte le fasce d’eta’. A partire dai 19 fino ai 50 circa. Anzianita’ d’immigrazione minima. Ricadute dell’attività, punti di forza e debolezza dell’attività, sostegno alle strategie di empowerment Sensibilizzazione rispetto ai problemi delle donne del carcere, maggior accesso da parte delle detenute alla conoscenza dei propri diritti, maggiore possibilita’ di ricorrere all’aiuto legale, maggiore consapevolezza dei propri diritti, rafforzamento dell’autostima. Inoltre, le guardie che accompagnano le donne immigrate hanno sviluppato un atteggiamento piu’ aperto, piu’ morbido. Esiste maggiore apertura del personale anche se la direzione del carcere non e’ molto cooperativa. 2. Descrizione del progetto, soggetti coinvolti, sostegni all’attività. Interventi informativi/culturali in carcere, Candelaria, Roma, rivolti a detenute/i straniere/i nelle carceri di Viterbo, Cassino, Rieti, Civitavecchia. L’obiettivo del progetto è quello di mediare tra detenuta/o e istituzione per ovviare alle difficoltà di comunicazione. Il progetto approvato e finanziato 3 anni fa dal Ministero Affari Sociali per soli 2 anni ha poi continuato a svolgersi grazie all’apporto volontario delle socie. In ciascun carcere sono stati realizzati all’incirca 20 interventi in un periodo di 3 mesi con frequenza settimanale. Gli interventi vengono realizzata da un equipe di mediatrici culturali socie dell’associazione: 2 in ciascun intervento. Ricadute dell’attività, punti di forza e debolezza dell’attività, sostegno alle strategie di empowerment Punti di debolezza: Il risultato rimane difficilmente misurabile vista l’espulsione immediata delle/i detenute/i dall’Italia una volta scontata la pena 3. Descrizione del progetto, soggetti coinvolti, sostegni all’attività. Consultorio giuridico nell’ambito dell’Associazione Almaterra di Torino per offrire consulenza legale, essenzialmente sui temi del diritto delle persone e della famiglia (separazioni, divorzi) nonché della legislazione sull’immigrazione. In alcuni casi alla consulenza segue l’assistenza in giudizio, di regola in gratuito patrocinio. L’attività è svolta attraverso una consulente legale ed un avvocato civilista a titolo di volontariato e non implica particolari spese vive, dato che durante i turni del consultorio viene utilizzata la struttura della sede dell’Associazione (telefono, segreteria, terminali, ecc..) Dal consultorio viene anzitutto espletata un’attività di consulenza, fornendo alla donna informazioni giuridiche sui temi richiesti. Quindi, ove la donna ne faccia richiesta, viene anche fornita assistenza in giudizio, esclusivamente sui temi del diritto di famiglia e dell’immigrazione. L’accoglienza della donna presso il consultorio giuridico avviene di regola attraverso una mediatrice culturale, che informa le donne anche in ordine alle varie attività svolte nell’ambito dell’associazione. Attualmente la maggior parte delle donne che si rivolge al consultorio giuridico, proviene da: Marocco, Peru’, Nigeria e Romania; sono invece pochissime le donne italiane. L' età è molto assortita, con una prevalenza della fascia 30 – 40 anni. Ricadute dell’attività, punti di forza e debolezza dell’attività, sostegno alle strategie di empowerment Empowerment: certamente il supporto del consultorio giuridico, in rete con le altre risorse dell’Associazione, quali mediazione e gruppi di self –help contribuisce al rafforzamento dell’autostima e consapevolezza dei propri diritti nelle donne, anche nelle situazioni di violenza domestica. Specie in questi casi, il percorso di uscita è notoriamente molto lungo e tortuoso presuppone l’instaurazione di una relazione di genere, ancor prima della prestazione tecnico – giuridica, che il consultorio tenta di realizzare . 4. Descrizione del progetto, soggetti coinvolti, sostegni all’attività. Informazione, consulenza e sostegno delle donne migranti vittime di violenza (in particolare domestica), dell’Associaz. Southall Black Sisters, Uk. L’attività consiste in un centro che offre informazioni, sostegno alla persona, consulenza e tutela per donne nere e appartenenti alle minoranze che abbiano subito violenze in ambito domestico, comprese le forme culturali di violenza, tipo: matrimoni forzati e crimini d’onore. Il sostegno è sia individuale che collettivo attraverso le terapie di gruppo. Vengono inoltre promosse campagne sia educative che di sensibilizzazione e vengono condotte sia ricerche che lavoro politico a livello locale e nazionale su argomenti che emergono dai casi presi in carico, in particolare sulle donne di origine asiatica e violenza domestica. Beneficiano di questo servizio le prime, seconde e terze generazioni di migranti, in particolare del Sud Asia e dell’Africa, di tutte le età, dai 15 ai 60 anni. L’attività finanziata dal governo locale, e da donazioni viene svolta dall’associazione e di tanto in tanto in collaborazione con altre agenzie. Ricadute dell’attività, punti di forza e debolezza dell’attività, sostegno alle strategie di empowerment L’empoverment delle donne marginalizzate sfuggite dalle violenze e il miglioramento dei loro diritti e dei loro status nonché il miglioramento dell’impatto nazionale delle loro attività. 5. Descrizione del progetto, soggetti coinvolti, sostegni all’attività. Progetto di solidarietà donne e bambini immigrati in situazione di momentaneo bisogno, No.Di., I nostri Diritti, Roma. Questo progetto affronta contingenti difficoltà finanziarie delle donne sole con le/i loro bambine/i. Nell’ambito della Provincia di Roma risiedono più di 8500 donne straniere sole con figli. Ritratta di famiglie monoparentali nelle quali le madri spesso lavorano ma hanno un reddito talmente basso da non permettere loro do affrontare le spese anche “Minime” sanitarie, di materiale scolastico etc… Un Comitato di Garanti ha il compito di esaminare le situazioni di difficoltà delle donne e dei loro bambini, valutare le richieste e decidere sui contributi da erogare. Il Comitato renderà conto annualmente dei contributi economici ricevuti e delle erogazioni effettuate. Ogni anno verranno resi pubblici i risultati raggiunti. Il denaro viene raccolto dalle donne di NO.DI attraverso iniziative di fund raising. Alle/i donatori viene praticamente proposto di adottare una donna in situazione di difficoltà attraverso modalità diverse: • adozione di una madre con bambino per un anno, 25 euro al mese • sostegno attività scolastica dei bambini (una tantum 50 euro) • contributi volontari di sostegno al progetto L’assoc. svolge questa attività attraverso socie volontarie e un Comitato di garanti, di cui fanno parte esperte dei servizi socio sanitari, che ha il compito di decidere le destinatarie dei contributi e l’ammontare degli stessi. Il servizio ha interessato donne straniere dalla provenienza eterogenea che versano in grave difficoltà economica e che spesso, attraverso un piccolo contributo, possono risolvere un problema che sembra loro insormontabile. L’attività si sostiene attraverso i contributi volontari raccolti dalle donne mediante un attività di fund rasing. Ricadute dell’attività, punti di forza e debolezza dell’attività, sostegno alle strategie di empowerment Empowerment: il progetto ha l’obiettivo di sostenere le donne che si trovano in una situazione di momentanea difficoltà consentendo loro di risolverla e favorendo il loro inserimento nella società italiana. 6. Descrizione del progetto, soggetti coinvolti, sostegni all’attività. La carenza di luoghi e persone ai/alle quali affidare i propri figli durante il periodo di lavoro estivo, ha portato l’assoc. ADI di Cesena, a organizzare un Centro estivo per fornire un Servizio di baby sitteraggio per mamme lavoratrici. Impegnate nell’attività 3 operatrici/educatrici, pagate con il contributo comunale su progetto e grazie all’autofinanziamento attraverso iniziative per raccogliere fondi (cene di solidarietà, vendita di prodotti artigianali). Le operatrici erano le stesse associate, provenienti dal sud america e dal maghreb. L'attività è stata preceduta da un periodo di formazione gestita dagli educatori dell'Arci, dove è stato possibile elaborare e confrontare i propri stili educativi e le esigenze degli utenti I partecipanti 11 bambini di età varia figli di donne straniere. Ricadute dell’attività, punti di forza e debolezza dell’attività, sostegno alle strategie di empowerment Il punti di forza: era l’orario flessibile, compatibile con gli impegni lavorativi delle donne, mentre la difficoltà sta nel reperire le risorse per retribuire le operatrici e il uogo non perfettamente adeguato al tipo di attività. Empowerment: le ricadute dell’attività sull’associazione il coinvolgimento e la partecipazione attiva delle associate, nella realizzazione dell'attività; per le mamme la possibilità di lasciare i propri figli al centro estivo ha significato iniziare un'attività lavorativa. E la maggioranza di queste ne avevano un estremo bisogno. Per alcune si è trattato della prima esperienza lavorativa e dell'inizio del loro inserimento Inoltre l'attività ha avuto il merito di fare emergere un grande problema, soprattutto nella zona di pertinenza dell’attività, in cui le occasioni di lavoro estivo sono numerose: la carenza di centri estivi aperti anche durante il mese di agosto con un orario compatibile con gli impegni lavorativi 7. Descrizione del progetto, soggetti coinvolti, sostegni all’attività. Lo Spazio Bimbe/i di Almaterra di Torino da risposta e sostiene la genitorialità, le donne che hanno scelto la maternità, donne capo famiglia. Si propone come un spazio che permette alle donne di lavorare e lasciare i loro figli in un posto sicuro, che vengono custoditi da animatrice ragazze che hanno una lunga esperienza in questo campo. Si propongono momenti di incontri con le loro mamme, nonni e operatici. Lo Spazio Bimbe/i viene visto anche come momenti di formazione per le tirocinanti, è un primo contatto per il percorso di formazione e di contatto con il mondo interculturale. Viene gestito attraverso una coordinatrice, 2 operatrici (una Italiana,una straniera) una cuoca La presenza delle volontarie donne e dei volontari giovani di seconda generazione sono una risorsa molto importante. I partecipanti sono 10 bambini da 1 a 3 anni di diversa provenienza: Nigeria, Senegal, Somalia, Perù, Brasile, Marocco, Romania. Anche i figli/e delle socie, in modo non continuativo (ad esempio in occasione di vacanze e scioperi scolastici, esigenze personali, etc.) hanno potuto usufruire dello spazio bimbi/e. L’attività è finanziata Ufficio Mondialità, Comune di Torino tramite la Legge 28 agosto 1997 n.285 “Disposizioni per la promozione dei diritti e di opportunità per l’infanzia e l’adolescenza” Ricadute dell’attività, punti di forza e debolezza dell’attività, sostegno alle strategie di empowerment Empowerment: Questa attività gioca un ruolo importante nel empowerment delle donne, la sistemazione dei bambini piccoli da la possibilità alle stesse donne, di crearsi un percorso nei diversi ambiti sociali,culturali politici. 8. Descrizione del progetto, soggetti coinvolti, sostegni all’attività. Per sostenere le madri capofamiglia nell’educazione delle/i proprie/i figlie/i; contribuire al benessere psicofisico delle donne; rinsaldare il senso di appartenenza di donne e bambine/i alla Comunita’, l’Assoc. Di Donne Capoverdiane di Roma organizza vacanze estive per bambine/i figlie/i di donne capoverdiane In base alle risorse disponibili, vengono organizzati, ogni anno, uno o più turni di vacanza, ciascuno della durata di 15 gg. Alle/i minori (6/13 anni) vengono offerti gratuitamente vitto e alloggio. Durante la giornata vengono organizzate attività ludico/ricreative di vario genere, tute orientate alla conoscenza e riappropriazione della cultura di appartenenza. I giochi utilizzati, così come i canti e le storie sono desunti dal patrimonio culturale capoverdiano proprio per favorire, attraverso canali informali, il passaggio di conoscenze tradizionali. La I fase logistica/organizzativa viene gestita da un gruppo di capoverdiane volontarie (40 anni) presenti in Italia da almeno un decennio. Durante il soggiorno vero e proprio, invece, lavorano educatori/trici provenienti da Capoverde e da cooperative italiane La regione Lazio che eroga il finanziamento (la vacanza e’ gratuita per le/gli utenti); cooperative e comuni ospitanti. Ricadute dell’attività, punti di forza e debolezza dell’attività, sostegno alle strategie di empowerment Punti di forza: maggiore interesse nei confronti dell’associazione e maggiore partecipazione alle attività della stessa ed inoltre le donne hanno riflettuto sulle possibilità educative offerte alle/i proprie/i figlie/i e individuato una soluzione all’incapacità economica di offrire loro una vacanza. Empowerment: attraverso questa attività le donne si sentono maggiormente appoggiate e sostenute dalla comunità di riferimento. 9. Descrizione del progetto, soggetti coinvolti, sostegni all’attività. Dal 1986 a tutt’oggi sono stati avviati dal Servizio Sanitario della Regione Emilia-Romagna gli Spazi donne immigrate e loro bambini all’interno degli ambulatori dei Consultori Familiari in cui vengono dedicate ore o giornate al target individuato. Tale progetto nasceva dalla volontà di tutelare adeguatamente sul piano sanitario e sociale la popolazione di recente immigrazione ed in particolare quella femminile ed infantile. Obiettivi specifici di questi Spazi sono la prevenzione e la cura dei disagi e delle patologie connesse alla sfera sessuale e procreativa (assistenza alla gravidanza, supporto alla famiglia e alle relazioni di coppia, al controllo della fertilità, alla prevenzione dell’IVG e delle malattie sessualmente trasmesse), nonché delle malattie dell’infanzia (malattie infettive e diffusive, in particolare rispetto degli obblighi vaccinali). Molto importante è anche l’attività di informazione ed educazione sanitaria svolta da questi Spazi con modalità che tengano conto delle culture di appartenenza. Questa attività negli anni ha portato alla produzione di opuscoli multilingue sulla contraccezione e alla prossima pubblicazione di opuscoli multilingue sull’accudimento del bambino. Gli Spazi hanno anche l’obiettivo di far conoscere a questa popolazione le strutture sanitarie presenti sul territorio con la costruzione di percorsi che conducano questi utenti agli altri servizi sanitari. All’interno degli Spazi operano ostetriche, ginecologi, psicologi, pediatri ed assistenti sanitarie che hanno rafforzato la competenza relazionale per comprendere e dialogare con altre culture. All’interno di questi Spazi è stato necessario anche garantire la presenza della mediatrice culturale. Questi Spazi sono stati finanziati dal fondo sanitario regionale e gestiti dagli operatori responsabili degli Spazi Donne Immigrate e loro bambini, frequentato soprattutto da donne e bambini di recente immigrazione di ogni classe di età, provenienti principalmente dall’Europa Centro Orientale, dall’Estremo Oriente, dall’Africa settentrionale, occidentale e centro-orientale e dall’America Meridionale. Ricadute dell’attività, punti di forza e debolezza dell’attività, sostegno alle strategie di empowerment Punti di forza: motivazione, competenze specifiche, flessibilità per adeguare il servizio ai bisogni emergenti, capacità di lavorare in rete con altri servizi Punto di debolezza: settore specialistico, in un contesto di offerta del SSR che, per questa tipologia di popolazione, è ancora poco strutturato. 10. Descrizione del progetto, soggetti coinvolti, sostegni all’attività. Servizio pubblico di Medicina Preventiva delle migrazioni, del Turismo e di Dermatologia Tropicale dell’Istituto Dermosifilopatico Santa Maria e San Gallicano, Roma Il Servizio si rivolge a tutte le situazioni di disagio presenti sul territorio: ogni giorno vengono offerte ascolto, accoglienza, cure almeno a 60/100 persone. Quotidianamente infatti viene svolto un lavoro in supporto degli immigrati regolari, irregolari, clandestini, Rom, senza fissa dimora ( accoglienza, raccolta dei dati socio-demografici e delle storie cliniche e personali, visite mediche generali e specialistiche). In alcuni casi, inoltre, viene effettuata una certificazione medica sulle condizioni di salute del paziente a sostegno della domanda di asilo politico. Il lavoro si svolge con l’ausilio di 20 mediatori/trici linguistico-culturali di vari Paesi e, nel caso delle attività in favore delle vittime di tortura, di un mediatore kurdo considerato che la maggioranza delle vittime di tortura che si rivolgono al San Gallicano sono Kurdi. Il Servizio, gratuito, è rivolto sia alle/agli immigrate/i irregolari, clandestini ed illegali che presentino problemi di salute, sia alle/agli immigrate/i regolari, previo pagamento del ticket, ove previsto. L’ambulatorio si avvale spesso, per risolvere situazioni specifiche, di case di accoglienza, consulenti legali, i fondi provengono dal Ministero della Sanità e dal Comune di Roma. Recentemente le/i mediatrici/tori stanno poi conducendo una ricerca specifica sulle donne provenienti da Ecuador, Ucraina, Romania il cui numero è aumentato considerevolmente negli ultimi anni. Obiettivo della ricerca e’ identificare il ruolo delle istituzioni sanitarie nei paesi di origine delle donne per rendere qui il loro rapporto con la salute più simile a quello di provenienza. Ricadute dell’attività, punti di forza e debolezza dell’attività, sostegno alle strategie di empowerment L’ambulatorio è ormai un punto di riferimento importante nella realtà romana. Si rivolgono ad esso straniere/i in molti casi appena arrivati e bisognosi di risolvere qualunque tipo di problema, non necessariamente medico. Al centro di ascolto infatti si parlano più di 10 lingue diverse: qui vengono fornite informazioni su asilo, sanatoria, salute, diritti… 11. Descrizione del progetto, soggetti coinvolti, sostegni all’attività. Dal 1991 il Servizio Politiche familiari, Infanzia, Adolescenza della Regione Emilia-Romagna ha istituito i Centri per le famiglie i quali svolgono attività nell’ambito dell’inserimento sociale delle famiglie immigrate, per aiutare le donne e famiglie immigrate nel lavoro di cura dei bambini, contrastare l’isolamento sociale delle donne/famiglie immigrate, agevolare la possibilità di scambi e socializzazione di donne immigrate tra loro. Il servizio viene svolto da operatori e operatrici dei Centri per le famiglie (formati al lavoro di comunità), operatori e volontari dei servizi immigrazione e di associazioni del settore. Il progetto è stato realizzato nei comuni capoluogo di provincia, ed ha assunto caratteristiche diverse nelle varie città, tra cui città che aderiscono ora al progetto citizenship (Ravenna, Forlì). Il progetto prevedeva il coinvolgimento delle associazioni del settore e di tutte le istituzioni che lavorano con donne e famiglie immigrate fin dal suo avvio, e in effetti così è avvenuto. I finanziamenti sono stati all’inizio regionali, poi misti (Regione-Enti locali), poi solo locali. Ricadute dell’attività, punti di forza e debolezza dell’attività, sostegno alle strategie di empowerment 12. Descrizione del progetto, soggetti coinvolti, sostegni all’attività. Dal gennaio 1997 a tutt’oggi l’Assessorato alle politiche sociali della Regione Emilia-Romagna ha avviato il Progetto regionale Oltre la Strada con l’obiettivo di intervenire sulle donne e minori vittime di tratta e di sfruttamento sessuale che provengono dalla Albania, Romania , ex Russia, Nigeria. Il progetto si sostanzia nei seguenti interventi 1. Lavoro di strada: intervento che opera non solo nella logica della riduzione del danno ma anche come strategia prioritaria per la costruzione di contatti e relazioni con il target, nonché per la creazione delle condizioni necessarie all’avvio di un percorso di protezione sociale. Tale intervento è stato realizzato con i finanziamenti dell’articolo 41 della Legge Regionale 2 del 1985 ed il Fondo Sanitario Regionale con cui i Comuni di Piacenza, Reggio Emilia, Modena, Bologna e il Consorzio per i Servizi Sociali di Ravenna svolgono attività di:contatto su strada, accompagnamento ai servizi socio-sanitari territoriali, prevenzione sanitaria, mediazione sociale e linguistico-culturale, svolgendo un lavoro di raccordo sul proprio territorio con Enti del privato-sociale, con l’associazionismo religioso, con il volontariato, con associazioni di donne e con gli altri Enti Locali della Regione Emilia-Romagna. 2. Percorsi di accoglienza e di inclusione sociale: non appena una persona viene presa in carico, viene predisposto un programma individuale di protezione sociale che prevede, innanzitutto, il suo inserimento in uno spazio di accoglienza riservato e tutelato e, poi, l’attivazione di una serie di altri interventi che faciliteranno il suo progressivo percorso verso l’autonomia e l’inclusione sociale. Le azioni svolte dagli Enti Locali si concretizzano in: accoglienza in case di fuga, prima e seconda accoglienza; accompagnamento ai servizi e sostegno medico e psicologico; formazione scolastica, professionale e linguistica; azioni di orientamento, counselling e laboratori motivazionali; inserimento lavorativo (formazione pratica in impresa, borse lavoro, inserimenti in azienda, avvio all’impresa individuale; assistenza legale, ricongiungimenti familiari e rimpatri assistiti. Ricadute dell’attività, punti di forza e debolezza dell’attività, sostegno alle strategie di empowerment I dati che ogni anno vengono raccolti dimostrano il grande impatto che ha il progetto sulle politiche territoriali nel settore dell’esclusione sociale. 13. Descrizione del progetto, soggetti coinvolti, sostegni all’attività. Servizio di supporto e formazione per l’auto-aiuto allo scopo di favorire lo sviluppo di una identità integra, della maternità e delle relazioni avviato dal 2002 dal Comune di Spanga Tensta, Svezia. L’attività ha lo scopo di favorire la costruzione di reti di donne in Svezia, nei Pesi nordici ed in Europa per lo scambio di esperienze e l’auto-apprendimento per evitare l’esclusione sociale di donne e di giovani donne migranti nella società svedese. I problemi che intende affrontare sono: la depressione, l’isolamento dalla società, l’incapacità di utilizzare le proprie competenze. I metodi utilizzati per implementare l’attività sono i gruppi di discussione e di studio. La principale attività al momento, dato che il progetto si trova in fase di avvio, è la formazione di tre donne che condurranno il progetto, e l’organizzazione di uno spettacolo delle donne incentrato sulla propria cultura quale modello di buona pratica per ragazze e donne. L’azione è rivolta a donne immigrate dalla Somalia, Iraq, Bosnia, Kurdistan, Turchia in età compresa tra i 18 e i 70 anni, molte delle quali vivono in Svezia da più di vent’anni, mentre altre giunte da poco tempo. Per la realizzazione dell’attività è prevista la cooperazione con scuole, il consiglio comunale della città, le associazioni e le diverse chiese presenti. Inoltre vengono sviluppate relazioni con tutte le organizzazioni di tutela delle donne straniere e svedesi. L’attività è finanziata da risorse pubbliche (comune e Ministero della Salute e del welfare), e da risorse private (Vuxenskolan e una società per l’educazione degli adulti). Ricadute dell’attività, punti di forza e debolezza dell’attività, sostegno alle strategie di empowerment Non può essere fatta una valutazione perché il progetto in una fase embrionale, comunque lo scopo principale del progetto è l’empowerment, l’aiuto all’auto-aiuto. Istruzione/formazione: 1. Descrizione del progetto, soggetti coinvolti, sostegni all’attività. Corso di italiano per donne immigrate, svolto dalla Coop. Sesamo di Cesena, per l’acquisizione di competenze linguistiche in italiano, utili a comunicare con il contesto di accoglienza; e sviluppare una minima conoscenza delle risorse e dei servizi del territorio di residenza. Corso rivolto a donne immigrate residenti nel territorio interessato, arabe e albanesi, da almeno un anno presenti in maniera continuativa; coniugate e non, con figli e non; presentano problematiche relative alla comunicazione in lingua italiana, isolamento all’interno del nucleo familiare. Le iscritte al corso sono circa una quindicina: arabe e la maggioranza) albanesi. Il gruppo è stato diviso in due sottogruppi per l’apprendimento dell’italiano, dato che molte partecipanti partivano quasi totalmente da zero: è stata svolta una attività di insegnamento delle basi linguistiche per la comunicazione, nonché una attività di arricchimento lessicale in relazione a contesti di interesse per la vita delle partecipanti ( gestione della casa, figli, salute, lavoro); il gruppo è stato ricomposto di volta in volta, per realizzare uscite sul territorio, con l’obiettivo di far conoscere servizi particolari, incontrare operatori/trici dei servizi, esercitarsi nell’utilizzo delle strutture grammaticali apprese. I due gruppi sono stati condotti da due mediatori/trici culturali (una donna per le arabe e un uomo per le albanesi). Ci si è avvalsi di sostegni pubblici per organizzare il corso all’interno del quale sono stati adottati. strumenti di carattere didattico relativi all’apprendimento della lingua italiana e utilizzata la modulistica riferita ai vari servizi (sanità, scuola, ecc…) del territorio. Ricadute dell’attività, punti di forza e debolezza dell’attività, sostegno alle strategie di empowerment Punti di forza: la presenza dei mediatori culturali, che ha facilitato la ricerca delle partecipanti e il passaggio di informazioni nel momento delle iscrizioni; la presenza di mediatori culturali preparati in relazione alla conoscenza delle strutture grammaticali delle due lingue; conoscitori della cultura delle partecipanti e in grado di interpretarne i bisogni in maniera più diretta. Punti di debolezza: Tenuta delle partecipanti; presenza di un operatore maschio, che non è stata di ostacolo inizialmente, ma che è stata vissuta con qualche imbarazzo da alcune signore albanesi, rendendo più saltuaria la loro presenza. Empowerment: nel senso di rendere queste donne più competenti nell’uso della lingua italiana; più competenti nella comunicazione in italiano; nel senso di dare loro maggiori e più esatti strumenti di conoscenza delle regole di funzionamento di servizi e risorse del territorio; nel senso di sostenere la conoscenza reciproca nel gruppo e il confronto tra varie tematiche di interesse per tutte; nel mettere in comune strategie per affrontare problemi. 2. Descrizione del progetto, soggetti coinvolti, sostegni all’attività. Corso di tedesco per donne immigrate della “terza età”, svolto dalla Associaz. SUSI di Berlino, dal 1995 al 1999 per le donne straniere della terza eta’ che avevano difficoltà ad avvalersi di corsi di lingua specifici per anziani. Il corso costava cinque marchi (cifra simbolica) e veniva tenuto da una donna bulgara in Germania da 20 anni. Le partecipanti erano donne ebree dell’ex Unione Sovietica, prevalentemente ingegneri, medici etc.. Il loro titolo di studio non era riconosciuto in Germania. Ricadute dell’attività, punti di forza e debolezza dell’attività, sostegno alle strategie di empowerment Punti di forza: l’insegnante straniero comprende perfettamente i punti da sviluppare nell’insegnare il tedesco ai suoi connazionali e questo ovviamente perchè ha vissuto la stessa esperienza. Punto di debolezza: il corso è durato troppo a lungo, è diventato quasi un gruppo di auto-aiuto piuttosto che un corso di lingua. Empowerment: per quanto detto poco sopra, rispetto alla sfera personale ha funzionate eccellentemente, rispetto alla sfera dell’insegnamento meno. 3. Descrizione del progetto, soggetti coinvolti, sostegni all’attività. Alfabetizzazione nel territorio, svolto dall’Assoc. Trama di Terre di Imola, per combattere l’isolamento delle donne straniere che hanno una scarsa conoscenza del territorio e della lingua italiana e difficoltà a muoversi autonomamente L’esperienza maturate da Trama di Terre nell’ambito dell’alfabetizzazione di donne straniere ha fatto emergere alcuni motivi ostacolanti che possono essere considerati come costanti: la difficoltà delle donne (soprattutto arabe) ad uscire di casa, la gestione dei figli al di fuori dell’orario degli asili e delle scuole; la mancanza di mezzi di trasporto personali e la mancanza di denaro per i mezzi pubblici; la condizione di clandestine o semiclandestine; l’osservanza di riti e usanze legate alla religione (vedi Ramadam); poca disponibilità di tempo libero (ciò riguarda in particolare le donne provenienti dall’est Europa, impiegate nel lavoro di cura 24 ore al giorno). Se quanto elencato limita fortemente l’accesso al corso alle donne che vivono in città, è facile immaginare come ciò sia amplificato per le donne che vivono nei comuni, nelle frazioni e nei casolari del circondario.A fronte di una situazione di grande isolamento ed emarginazione così gravi, l’assoc. ha pensato ad un percorso di alfabetizzazione da attivarsi in loco, sul modello delle scuole itineranti del Sud America. Il progetto si è rivolto alla zona montana/collinare per i comuni di Casalfiumanese, Borgo Tossignano, Fontanelice ed alla pianura per il comune di Castel Guelfo e le frazioni di Sasso Morelli e Sesto imolese. Il progetto si è articolato in due fasi: nella I fase si è proceduto alla mappatura del territorio, intendendo con questo la ricerca delle presenze delle donne sul territorio presso le anagrafi comunali e l’analisi della composizione del nucleo familiare per rilevare quante, numericamente, sono interessate ad un percorso di alfabetizzazione. Dopo aver elaborato i dati, si è proceduto al contatto diretto con le donne: sono state contattate un totale di 126 donne, di cui hanno partecipato al corso 37. Oltre a spiegare le finalità dell’alfabetizzazione è stato chiesto alle donne la disponibilità ad usare le loro case come sede del corso, ricercando, assieme a loro, tutte le soluzioni possibili per garantire il più alto tasso di frequenza (orari, flessibilità, rispetto delle osservanze religiose, etc…). La maggior parte delle partecipanti proviene dall’area del Maghreb in Italia da meno di 5 anni. Il corso è stato curato da volontarie; insegnanti di italiano; mediatrici dell’associazione stessa. Nella II fase si è provveduto all’insegnamento vero e proprio (2 volte alla settimana per 2 ore ogni volta). Quando si è valutato che le donne disponessero di un adeguato livello di comprensione della lingua, sono stati loro proposti momenti di incontro a tema sulla salute e sui servizi, sul lavoro per una corretta e autonoma lettura del territorio dove vivono. Si è provveduto ad effettuare un monitoraggio costante sull’andamento del corso e una verifica finale. Ha coinvolto l’Ausl e 8 comuni del territorio aderenti al Consorzio servizio sociale di Imola ed è stato finanziato da fondi pubblici della Provincia di Bologna. Ricadute dell’attività, punti di forza e debolezza dell’attività, sostegno alle strategie di empowerment Empowerment: le donne hanno potuto socializzare, esprimere collettivamente e nel confronto i propri problemi e vissuti nella migrazione trasformando la propria condizione da passiva a attiva, creando inoltre un manuale di auto-aiuto. Le donne sono poi state coinvolte in prima persona e hanno realizzato un manuale di auto aiuto in cui sono stati riportati i bisogni primari di chi è immigrata da poco, indirizzi utili e suggerimenti per facilitare il proprio percorso migratorio dell‘inizio. 4. Descrizione del progetto, soggetti coinvolti, sostegni all’attività. Corsi di formazione per coordinatori pedagogici sull’inserimento dei bambini stranieri nei servizi educativi per l’infanzia promossi dalla Regione Emilia-Romagna, rivolti ai coordinatori pedagogici e tenuti da insegnanti universitari e ricercatori universitari, nell’ottica di rispondere ai bisogni di formazione degli educatori, per proporre modelli pedagogici e di gestione delle differenze nella scuola dell’infanzia, per lavorare sull’immagine del bambino straniero nelle parole delle insegnanti e delle educatrici, per condurre un’elaborazione dei dati sulle presenze dei bambini extracomunitari nei servizi 0-6 anni. Ricadute dell’attività, punti di forza e debolezza dell’attività, sostegno alle strategie di empowerment 5. Descrizione del progetto, soggetti coinvolti, sostegni all’attività. Dal 1991 la Regione Emilia-Romagna ha avviato progetti di qualificazione e raccordo inter-istituzionale dei servizi educativi rivolti all’infanzia (progetti 0-6). Le attività riguardano i seguenti ambiti specifici di lavoro: la formazione comune sull’interculturalià tra gli operatori dei nidi e delle scuole dell’infanzia; la programmazione comune di interventi sul tema dell’interculturalità da parte degli operatori dei nidi e delle sc. dell’infanzia del biennio 2-4 e/o 5-7; la programmazione di attività didattiche comuni tra nidi e sc. dell’infanzia che implichino l’utilizzo di centri formativi esterni alle istituzioni; la formazione/informazione dei genitoridei bb in età 0-6 anni utenti e non dei servizi. L’obiettivo è la qualificazione del sistema formativo a partire dall’infanzia. L’amministrazione pubblica ha gestito l’attività attraverso i Coordinatori pedagogici dei Comuni, i responsabili scuole (di diversa gestione), gli insegnanti sc. Infanzia, operatori dei nidi d’infanzia. L’attività era rivolta ai bambini frequentanti i servizi 0-6 anni(con la possibilità di coinvolgere i bambini non frequentanti), i loro genitori, gli insegnanti. L’iniziativa si è avvalsa del contributo della regione. Ricadute dell’attività, punti di forza e debolezza dell’attività, sostegno alle strategie di empowerment Formazione/inserimento lavorativo : 1. Descrizione del progetto, soggetti coinvolti, sostegni all’attività. Nel 1993 un gruppo di donne provenienti da diversi paesi (Marocco, Kenia, Argentina, Somalia, Nigeria, Etiopia, Eritrea, Cile, Perù, Colombia, Filippine, Russia, Italia) ha dato vita al progetto Almateatro, all’interno dell’assoc. Almaterra di Torino. Nasce dal bisogno di un “ fare teatro” che promuova la dimensione civile dell’impegno artistico, che si misuri con una società multietnica e che crei comunità, spazi di esercizio di cittadinanza. Un teatro, necessario, per costruire relazioni, scambi tra differenti appartenenze etniche, religiose e di genere, per dare spazio ad altre lingue, suoni, modi di essere in scena con un risultato artistico ”meticcio”. La ricerca intrapresa indaga lo specifico femminile, rappresenta e mette in scena quegli aspetti della vita che spesso non fanno parte della 'Grande Storia', ma che trasmettono e costruiscono modelli culturali e identità. L’assoc. gestisce il progetto attraverso 2 registe /formatrici teatrali, n. 8 attrici/animatrici teatrali, n.1 antropologa. Oltre agli spettacoli veri e propri, le ricerche, dal 1999 al 2001 ha condotto laboratori teatrali sperimentali , terminati con una messa in scena, rivolti agli insegnanti, ai genitori, ai bambini della scuola dell’Infanzia. Inoltre il gruppo Almateatro ha aperto uno spazio teatrale per bambini delle scuole elementari e medie nel Centro Alma Mater e partecipa da anni al Progetto “Caleidoscopio” del Comune di Torino. Da quattro anni conduce laboratori didattici interculturali, in collaborazione con il CE.SE.DI. della Provincia di Torino, nelle Scuole Medie Superiori della Regione Piemonte. In media,ogni anno, le classi coinvolte sono 40 , per un totale di 900 studenti. Le risorse e i fondi sono diversi a seconda del singolo progetto o iniziativa: contributi Comune, Provincia, Regione per allestimenti spettacoli,ricerche, attività sul territorio. Contributi fondazioni bancarie, vendita spettacoli, vendita laboratori teatrali e di educazione all’intercultura alle Scuole e ai Comuni ed infine partecipazione a progetti europei. Molti progetti si sono realizzati in collaborazione con associazioni di migranti e nativi/e, e associazioni di nativi/e. Ricadute dell’attività, punti di forza e debolezza dell’attività, sostegno alle strategie di empowerment Punti di forza: da 10 anni esiste un gruppo teatrale di donne migranti e native che ha saputo conciliare i tempi delle donne con quelli del lavoro e della formazione continua Il suo significato politico nella lotta all’esclusione, il suo significato nel mondo del teatro e nella costruzione di un linguaggio teatrale meticcio e al femminile. Punti di debolezza: mancanza di risorse economiche per un lavoro di formazione continua del gruppo. Struttura organizzativa debole in quanto mancano le risorse economiche per pagare il lavoro amministrativo, di promozione e organizzativo in generale. Troppo lavoro volontario Empowerment: Ha giocato un ruolo importante: potenziamento delle opportunità relative al lavoro. Elaborazione e proposta modelli culturali innovativi su temi collegati all’immigrazione femminile Rafforzamento ed estensione delle reti dei contatti esterni. Rafforzamento competenze professionali Definizione di una metodologia di lavoro propria della figura dell’animatrice interculturale. Visibilità ”nel mondo artistico- culturale” che permette spazi di cittadinanza e inclusione sociale. 2. Descrizione del progetto, soggetti coinvolti, sostegni all’attività. L’attività di Ricerca, formazione e accompagnamento al lavoro di cura e domestico promosso dall’Assoc. Almaterra di Torino si inserisce nell’ambito dell'inserimento nel mondo del lavoro e anche dell'accompagnamento delle donne nel loro percorso lavorativo, con una particolare attenzione sia alla formazione lavorativa di base che a quella specialistica nella professione della cura e del lavoro domestico. L'obiettivo dell'azione è quello di innescare dei processi di valorizzazione sociale, economica, professionale e culturale del lavoro di cura e domestico, specialmente se svolto in ambito domiciliare, nonché quello di favorire l'autorganizzazione delle donne migranti in questo specifico settore lavorativo. Obiettivi: - operare nella cultura, nel sociale e nell'economia per la rivalutazione del valore del lavoro di cura e domestico e delle professionalità ad esso legate, rafforzando e sistematizzando la rete di contatti e relazioni creata a livello cittadino, regionale e nazionale; - attivare percorsi formativi e di accompagnamento al lavoro che accrescano le competenze delle donne straniere nel lavoro di cura e domestico, con particolare attenzione all'elaborazione e ridefinizione delle competenze che derivano da culture diverse da quella italiana/occidentale - definire e sperimentare un nuovo modello di gestione della domanda e dell'offerta in questo settore, che tenga conto dei diritti e dei bisogni delle donne lavoratrici e delle persone che nelle famiglie italiane si assumono la responsabilità della cura degli anziani, dei bambini e della gestione della casa. Nell’ambito del progetto rientrano: - Il Coordinamento sul lavoro di cura, nato l'anno passato con un lavoro di rete, di confronto, di scambio e di progettualità tra soggetti pubblici e privati, cooperative e donne che lavorano in proprio, associazioni di volontariato, sindacati ed enti di formazione e rappresentanti delle famiglie che si assumono la responsabilità della cura degli propri anziani. Sistema formativo - formazione gruppi di auto-mutuo-aiuto - accompagnamento al lavoro, il gruppo intende operare nell'ambito della formazione al lavoro domestico e di cura sia gestendo direttamente all'interno del Centro Alma Mater corsi di socializzazione ai modelli italiani del lavoro di cura e domestico e corsi di specializzazione sia partecipando a livello cittadino e regionale alla definizione delle nuove offerte formative che si vanno definendo in questo settore. L'attività viene gestita in parte da operatrici e/o socie dell'Almaterra (in particolare mediatrici culturali e operatrici del settore della cura e del lavoro domestico) e in parte da figure professionali esterne quali medici, assistenti sociali, dietologhe, infermiere geriatriche e perdiatriche, ricercatrici in campo sociologico e della psicologia sociale, sindacaliste e avvocate. L'attività è rivolta nel settore dell'inserimento ed accompagnamento al lavoro soprattutto alle donne migranti, i paesi di provenienza sono in prevalenza : paesi del Sud America (Perù,Ecuador, Colombia) paesi dell' Africa (Eritrea, Somalia, Maghreb-Nigeria-Costa d'Avorio) e dell'Europa dell'Est (Romania,Moldavia,Russia). Le classi di età variano molto, ma la maggioranza sono tra i 25/30 e 31/50, più della metà con figli. Per quanto riguarda invece la ricerca e la valorizzazione a livello culturale, economico e sociale del lavoro di cura e domestico l'attività è rivolta al pubblico in generale e agli/alle operatrici del settore sociale e sanitario (privato e pubblico) in particolare. L'attività coinvolge in particolare altre associaz. del territorio torinese, Cooperative sociali ed enti locali. I fondi utilizzati finora derivano da fondi propri dell'Associazione, fondi della ex Legge 40 sull'immigrazione, contributo economico della Fondazione CRT. Ricadute dell’attività, punti di forza e debolezza dell’attività, sostegno alle strategie di empowerment Punti di forza: l'aver costruito un metodo di formazione al lavoro che riesce a stimolare lo scambio reciproco delle conoscenze, senza imporre modelli - aver contribuito a stimolare la consapevolezza e la comprensione reale del proprio ruolo lavorativo per le donne migranti che sentono l'oppressione di un marchio sociale dovuto al lavoro - aver contributo a riaprire il dibattito tra le donne italiane sull'attuale divisione dei ruoli tra generi rispetto al lavoro di cura e domestico. Punti di debolezza: non riuscire a rispondere pienamente, per mancanza di mezzi, alla richiesta di formazione che pongono le donne migranti di questo settore lavorativo - la lentezza delle azioni che coinvolgono anche gli enti pubblici. Empowerment: L'attività ha sicuramente migliorato la rete di relazioni che l'Associazione aveva già impostato con altre associazioni ed enti pubblici e privati, mettendo in moto meccanismi di ulteriori comuni progettazioni. Le donne migranti coinvolte singolarmente nel progetto, sia nelle attività di formazione che in quelle di accompagnamento nel lavoro, hanno maturato una maggiore consapevolezza del loro ruolo lavorativo, spesso svalutato sia in Italia che nei loro paesi d'origine. L'aver contribuito ad evidenziare il massiccio processo di inserimento delle donne migranti nel settore della cura e del lavoro domestico ha messo in moto di nuovo in molte donne impegnate in vari campi, un meccanismo di auto-consapevolezza del problema della gestione sociale del lavoro di riproduzione che accomuna le donne, migranti e native e il mancato superamento della divisione sessuale dei lavori tra i generi. 3. Descrizione del progetto, soggetti coinvolti, sostegni all’attività. Il progetto Comunicazione e partecipazione promosso dall’Assessorato alle politiche sociali della Regione Emilia-Romagna si inserisce nell’ambito della formazione e orientamento al lavoro e della comunicazione interculturale rivolto alle donne immigrate, e alle loro famiglie. Il progetto finanziato dall’ Assessorato alle Politiche Sociali nell’ambito degli interventi finanziati con il fondo immigrazione ex D.lgs 286/98 è stato presentato dai Comuni di Anzola dell’ Emilia, Bazzano, Calderara di Reno, Castello di Serravalle, Crespellano, Monte S.Pietro, Monteveglio, Sasso Marconi, Savigno, Zola Predosa, AUSL Bologna Sud, Arciragazzi, Provincia di Bologna, Commissione Pari Opportunità “ MOSAICO”, CEFAL. Il progetto si sostanzia in tre macroazioni: - attività di mediazione interculturale nel distretto - interventi di formazione e orientamento al lavoro rivolto alle donne - ricerca a cura dell’osservatorio permanente sull’immigrazione Le figure professionali di ci si avvale per la realizzazione del progetto sono sei mediatrici culturali di varie nazionalità ( tunisina, marocchina, albanese, algerina, pakistana). Ricadute dell’attività, punti di forza e debolezza dell’attività, sostegno alle strategie di empowerment 4. Descrizione del progetto, soggetti coinvolti, sostegni all’attività. Il Gruppo ricerca Nuove Opportunita’ di Lavoro di Almaterra di Torino è formato da 10 donne migranti (6: Perù, Somalia, Albania, Iran, Brasile), e native (4) che si occupano del monitoraggio dei progetti in corso, delle relazioni con l’esterno, della formazione e ricerca, della progettazione di nuovi inserimenti lavorativi, delle relazioni con l’esterno, seconda accoglienza, e progettazione delle attività formative; inoltre da n. 5 collaboratrici esterne esperte in formazione e attività di orientamento e accompagnamento al lavoro. Partendo dalla constatazione che la maggior parte delle donne straniere che si sono rivolte all’associazione pur essendo in possesso di un diploma di scuola superiore o di una soffrono dello scarto tra il livello scolare e le opportunità disponibili sul mercato del lavoro italiano, l’Associazione AlmaTerra ha da anni costruito un insieme di azioni su più livelli: ricerca e progettazione di opportunità di lavoro dipendente; percorsi di autoimprenditorialità nell’ambito del lavoro autonomo; rafforzamento e qualificazione delle donne che già lavorano; formazione professionale; applicazione di metodologie di sostegno alla ricerca del lavoro; approfondimento culturale di alcuni temi relativi al lavoro femminile; ricerca di spazi occupazionali commisurati al livello scolare e alle competenze possedute. In particolare nel 2002 : 1) inserimento lavorativo nel settore bancario : attività di monitoraggio e supporto di 12 donne non italiane, disoccupate inserite negli Istituti bancari torinesi (Banca CRT e S.Paolo IMI) con un contratto di lavoro a tempo indeterminato e con la qualifica di operatore di sportello. Il progetto è stato promosso dall’Associazione AlmaTerra d’intesa con il Comune di Torino e le Organizzazioni Sindacali; 2) ricerca sul lavoro dei/delle migranti nelle imprese artigiane, in seguito alla positiva esperienza del corso di formazione sul lavoro autonomo e dell’inserimento lavorativo di donne migranti presso la CNA, , è stata svolta un’indagine, curata da CNA, che ha permesso una analisi approfondita del lavoro artigiano dei/delle migranti nella Provincia di Torino; 3) supporti formativi e accompagnamento alla ricerca del lavoro, sono stati condotti, da parte di esperte, n. 2 serie di incontri formativi quindicinali finalizzati a fornire alle donne migranti strumenti adeguati, per affrontare il mercato del lavoro italiano. Nel 2002 le donne coinvolte nei progetti di formazione e inserimento lavorativo: 12 donne che sono state assunte a tempo indeterminato nelle banche: Banca CRT e San Paolo IMI di Torino, n. 45 donne migranti che hanno partecipato agli incontri formativi, n. 60 donne circa che hanno usufruito del servizio di accompagnamento e orientamento al lavoro, n. 12 mediatrici culturali che hanno partecipato al modulo formativo rivolto alle operatrici dell’accoglienza. Le varie iniziative hanno coinvolto la Confederazione Nazionale Artigianato, le Organizzazioni Sindacali, altre Associazioni, e le Agenzie formative, per svolgere tale attività l’assoc. gode dei finanziamenti dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dalla Città di Torino e di fondi europei. Ricadute dell’attività, punti di forza e debolezza dell’attività, sostegno alle strategie di empowerment Empowerment: Sicuramente è stato centrato l’obiettivo nel Progetto inserimento lavorativo nelle Banche, e progetto con CNA. Il lavoro che si sta facendo di accoglienza, orientamento, accompagnamento al lavoro etc.. crea consapevolezza nelle donne migranti delle proprie possibilità, capacità e le aiuta ad elaborare e attivare un personale progetto professionale. Altri: 1. Descrizione del progetto, soggetti coinvolti, sostegni all’attività. Conoscenza, pratica, promozione delle cure etniche tradizionali della associaz. Almaterra di Torino, attività nell’ambito della salute; autopromozione culturale economica, data la difficoltà da parte delle donne immigrate a mantenere le cure salutari originarie. L’attività si è svolta in autogestione, con interventi sporadici di esperti, donne immigrate 15/20 (esperte e non), 10/12 native, 100/150 consultanti tra migranti e native, e seguita da 200/400 persone in qualità di pubblico. L’iniziativa ha coinvolto varie associazioni (KAT - Sucre (Bolivia); Progetto Cospe in Albania; L’albero della Salute di Prato) e soggetti individuali: rappresentanti case farmaceutiche, esperte/i, universitarie/i, giornaliste/i. Il sostegno economico discendeva dalla legge 40 Ministero degli Affari sociali; Associazione AlmaTerra; Provincia di Torino – legge 40. Vi è stata innanzitutto la creazione di un Gruppo iniziale con ruolo culturale e organizzativo (confronto sul programma e sui saperi), poi sono state svolte inchieste con donne delle comunità marocchine, rumene, peruviane, albanesi (pubblicate), l’organizzazione di una serie di conferenze: Donne e medicine tradizionali [esperte migranti illustrano le proprie cure tradizionali] (8 incontri pubblici – pubblicati); incontri individuali con esperta migrante per ricostruire insieme situazioni e pratiche salutari delle culture d’origine; sperimentazione (sostenuta da reddito) di attività professionale di consulenza; II Serie di seminari: Cure tradizionali a confronto [esperte di culture diverse si confrontano sullo stesso tema] (6 incontri pubblici – pubblicati), L’interculturalità delle/con le piante [esperte migranti/erboriste native a confronto nell’uso terapeutico di una pianta] (7 incontri pubblici); Laboratorio di formazione con riconoscimento della qualifica di “Informatrici cure etniche tradizionali” (8 seminari di riflessione sulle attività svolte con l’aiuto di una esperta dell’attività); Sostegno ed attività produttrici di reddito (animazione nelle scuole, impresa familiare di commercializzazione di prodotti erboristici, attività di consulenza, stage di formazione per coltivazioni biologiche in Ecuador). Ricadute dell’attività, punti di forza e debolezza dell’attività, sostegno alle strategie di empowerment Punti di forza: risposta a bisogni reali di migranti in un campo completamente nuovo Punti di debolezza: sostegno economico non sufficiente Empowerment: la valorizzazione culturale, sociale ed economica dei saperi identitari ha promosso empowerment in misura forte a 5/10 migranti, in misura minore a 20/30. 2. Descrizione del progetto, soggetti coinvolti, sostegni all’attività. Campagna di informazione e sensibilizzazione “Stop alle mutilazioni dei genitali femminili. Proposte per un cambiamento” dell’Assoc. AIDOS di Roma, sulla prevenzione delle mutilazioni dei genitali femminili. La campagna era rivolta ai giornalisti, ai/lle parlamentari italiani/e, ai funzionari delle istituzioni nazionali e locali, in particolare a coloro che si occupavano di migrazione, al personale socio – sanitario e scolastico, alle associazioni di donne, ed in particolare di donne migranti. Il progetto è stato curato da un program officer e responsabile comunicazione e l’équipe di ricerca era guidata da un’antropologa. Le attività comprendevano la produzione di materiali informativi: - 3 volumi informativi (generale, in italiano e somalo), sulla legge (in italiano, con un saggio introduttivo di Tamar Pitch/Univ. Di Camerino), una bibliografia ragionata (in inglese, a cura del Centro documentazione dell’AIDOS) - la realizzazione di una ricerca qualitativa sulla percezione delle MGF da parte delle donne africane (somale e nigeriane, a Torino e a Roma) dopo l’arrivo e la permanenza nel nostro paese, e di una ricerca sulla modalità con cui i media parlano di MGF (equipe di ricerca guidata da Carla Pasquinelli/Univ. Orientale di Napoli). La ricerca è pubblicata in un volume a se - la realizzazione di una locandina destinata ai consultori - la realizzazione di un seminario in Parlamento (Palazzo San Macuto) dal titolo: Mutilazioni dei genitali femminili: conoscerle, prevenirle, curare chi le ha subite, con la partecipazione di rappresentanti delle organizzazioni di donne africane immigrate in Italia e in altri paesi europei (Svezia, Francia, Belgio, Inghilterra, Spagna, Austria, Germania); di parlamentari dei diversi schieramenti, di funzionari/e degli enti nazionali di cooperazione allo sviluppo e locali di accoglienza dei migranti - la realizzazione di una serie di seminari di formazione in diverse città italiane in collaborazione con enti locali (Imola, Ferrara, Perugia, Arezzo) - la realizzazione di una campagna pubblicitaria sulla stampa nazionale e sulle reti televisive (spot) che ha visto protagonista la modella somala Waris Dirie L’attività si è avvalsa sia di fondi privati (Fondazioni) che pubblici (Ministero degli esteri). Ricadute dell’attività, punti di forza e debolezza dell’attività, sostegno alle strategie di empowerment Punti di forza: l’imponente rassegna stampa, e il numero di articoli e trasmissioni radio e tv provocate dalla campagna pubblicitaria (interamente gratuita); la mobilitazione e i contatti costruiti tra organizzazioni che a diverso titolo e con diverse metodologie si occupano di MGF sul territorio nazionale; la sensibilizzazione delle istituzioni, sia a livello nazionale (Parlamento, governo) che a livello locale (municipalità) che ha portato alla realizzazione di eventi ad hoc, nelle diverse città, molto efficaci dal punto di vista della diffusione di una corretta informazione (non razzista) sulle MGF. Empowerment: queste attività hanno senz’altro reso possibile a diverse donne migranti e alle loro associazioni di “emergere”, rivelarsi, dire la loro in questo campo. Inoltre hanno stimolato la nascita di attività a livello locale che hanno senz’altro rafforzato le organizzazioni delle donne migranti. 3. Descrizione del progetto, soggetti coinvolti, sostegni all’attività. Progetto di cooperazione in Bolivia “Warmi Ñawiwan” – Con gli occhi delle donne, (in lingua quechua) dell’Assoc. Almaterra di Torino, destinato in primo luogo alle giovani indie, sia a quelle immigrate alla città di Sucre, capitale del Dipartimento di Chuquisaca nella Cordigliera Orientale (centro sud della Bolivia), che a quelle residenti nelle comunità di origine del Municipio di San Lucas (uno dei più poveri ed isolati del Chuquisaca) alla ricerca di migliori opportunità e condizioni di vita, ma anche al sostegno delle popolazioni indigene e della loro organizzazione tradizionale per rafforzare l’autogoverno e l’autosostentamento. Nato nel 1996 per iniziativa di tre donne boliviane immigrate a Torino, è stato assunto dall’ONG Rete, associazione di tecnici per la solidarietà e la cooperazione internazionale, ha ottenuto un finanziamento dall’Unione Europea per 3 anni a partire dal 2000 (piccolo contributo della Città di Torino – Ufficio Pace e Cooperazione internazionale, piccolo contributo del Circolo Dipendenti Istituto Bancario San Paolo – Sezione Cooperazione allo Sviluppo, contributi di socie dell’Associazione AlmaTerra, iniziative di sensibilizzazione e di autofinanziamento rivolte alla cittadinanza). Hanno seguito il progetto un gruppo di donne dell’Associazione AlmaTerra che ha seguito il progetto fin dall’inizio (n. 3 donne) insieme alle donne migranti rientrate in Bolivia (n. 3 donne) a cui si sono aggiunte nel tempo altre donne di AlmaTerra (n. 4). Le 7 donne dell’Associazione AlmaTerra che fanno parte stabilmente del Gruppo “Bolivia” hanno rapporti continuativi con l’Ong Re.Te (titolare del progetto) e con le donne Boliviane che gestiscono il progetto in loco e che si sono costituite in Associazione (kat - Khuska Alma Terrawan). Le donne del Gruppo Bolivia sono tutte italiane. In occasioni particolari (visite delle donne boliviane in Italia, organizzazione di iniziative di autofinanziamento, incontri pubblici per far conoscere le iniziative, ecc.) vengono coinvolte anche donne migranti latino americane (peruviane, colombiane, ecuadoregne, in Italia da alcuni anni. Solo da poco sono state coinvolte alcune donne boliviane venute in Italia recentemente. Tutte sono di età media (25-35 anni). Ricadute dell’attività, punti di forza e debolezza dell’attività, sostegno alle strategie di empowerment Punti di forza: valorizzazione dell’esperienza interculturale delle donne rientrate in Bolivia che gestiscono il progetto W.N., risposta a bisogni reali sia economici che sociali delle donne indigene boliviane mediante: a) formazione professionale in sartoria e tessitura artigianale e appoggio alla commercializzazione, b) valorizzazione dell’identità personale e culturale e pratiche di esercizio della cittadinanza, rafforzamento del ruolo delle donne nelle comunità di origine. Punto di debolezza: difficoltà nell’autogestione della produzione e nell’organizzazione di una rete commerciale per la vendita dei prodotti, problemi nel reperire nuove risorse per continuare l’attività alla scadenza del progetto in corso. Empowerment: obiettivo centrale del progetto è stato l’empowerment delle donne, i risultati sono stati apprezzabili sia per le migranti rientrate sia per le donne indigene. In particolare si è ottenuto: la costituzione dell’Associazione delle donne KAT, attualmente partner del progetto in Bolivia, che garantisce il proseguimento dello stesso; la formazione di donne libere nella gestione del progetto e nella formazione professionale, il rafforzamento della posizione delle giovani che hanno partecipato ai corsi nelle comunità di origine; il rafforzamento del ruolo delle autorità femminili tradizionali (mama cacique) presso le comunità indigene. 4. Descrizione del progetto, soggetti coinvolti, sostegni all’attività. Laboratorio di racconto autobiografico e scrittura creativa “Intreccio di storie tra donne immigrate e native” promosso dal Centro Donna del Comune di Cesena ha lo scopo di affrontare il problema dell’incontro tra donne di diverse appartenenze culturali e del superamento di stereotipi e pregiudizi, attraverso l’ascolto di storie e la comprensione delle differenze. Il laboratorio era tenuto da una Docente di letteratura e metodo di racconto autobiografico la quale proponeva alcuni “in put” tematici su cui si realizzavano i momenti di scrittura e di racconto e ascolto reciproco, quali: un evento significativo; la storia del nome; le persone che hanno accompagnato la mia vita; amori; motti; cosa porto nella valigia. Tali stimoli portano a parlare di famiglia e cultura d’origine, di viaggi e cambiamenti, di incontri e ricordi. L’attività ha coinvolto 13 donne immigrate e native provenienti da Italia, Argentina, Brasile, Algeria, Isole di Capoverde, età 30 – 35 anni, le donne immigrate da oltre 10 anni tranne una signora in Italia da meno di 1 anno. L’attività era sostenuta finanziariamente da soggetti pubblici. Ricadute dell’attività, punti di forza e debolezza dell’attività, sostegno alle strategie di empowerment Punti di forza: si parla molto di intercultura e questo è un momento circoscritto ma significativo di sperimentazione di come si può fare intercultura Punti di debolezza: attività circoscritta nel tempo e in grado di coinvolgere poche persone in quanto il gruppo non può superare le 14, 15 persone Buone prassi istituzioni Comune di Cesena- Spazio donna1) Laboratorio di scrittura 2) Centro interculturale spazio donna Provincia di Forlì/Cesena 1) Eliminare le disparità di cui le donne italiane e straniere sono oggetto nella formazione, nell'accesso al lavoro, nella progressione di carriera. Spazi donne immigrate e loro bambini Comune di Forli’- Centro servizi per stranieri 1) Sportello informativo, di orientamento, consulenza per cittadine extracomunitarie Regione Emilia-Romagna 1) Prog. Oltre la strada 2) Donne al centro 3) Prog. Hirundo 4) Comunicazione e partecipazione 5) Progetto inter-istituzionale dei servizi educativi rivolti all’infanzia 6) Corsi di formazione per coordinatori pedagogici sull’inserimento dei bambini stranieri nei servizi educativi per l’infanzia 7) Centri per le famiglie – Ambito specifico di lavoro con le donne e famiglie immigrate 8) Spazi donne immigrate e loro bambini Spanga-Tensta City District Administration – Spanga, Svezia 1) Supporto alle donne immigrate Municipal Organisation for Social Intervention and Health-Grecia 1) Mediazione culturale per la comunità Rom Ufficio Cultura X Municipio, Roma1) Osservatorio interculturale Istituto Dermosifilopatico Santa Maria e San Gallicano, Roma 1) Servizio pubblico di medicina preventiva delle migrazioni Buone prassi associazioni Casa dei diritti sociali, Roma 1) Centro di orientamento e sostegno sociale Differenza donna, Roma1) “Just in time”, sportelli informativi Assemblea delle donne del Vittorio, Ostia 1) Assemlea settimanale NO.DI i nostri diritti, Roma 1) Sportello plurilingue di informazione, orientamento 2) Sportello di solidarietà donne e bambini immigrati AIDOS, ass. italiana donne per lo sviluppo, Roma 1) Stop alle mutilazioni dei genitali femminili Assoc. Donne Capoverdiane, Roma 1) Vacanze estive per bambini di donne capoverdiane Candelaria, Donne del mondo, Roma 1) Sportello di informazione, accoglienza ecc.2) Interventi informativo/culturali in carcere Associazione Almaterra, Torino 1) Con gli occhi delle donne – prog. di coop. con la Bolivia 2) Gruppo ricerca nuove opportunità di lavoro 3) Almateatro 4) Spazio bimbi/e 5) Centro di documentazione 6) Almaplanta – Conoscenza, pratica, promozione delle cure etniche tradizionali 7) Consultorio giuridico 8) Ricerca, formazione ed accompagnamento al lavoro di cura e domestico S.U.S.I. - Intercultural Women’s Centre - Berlin, Germany 1) Assistenza e consulenza alle donne immigrate in carcere 2) Corso di tedesco per donne della stessa età 3) Centro interculturale Southall Black Sisters, London (UK) 1) Supporto alle donne vittime di violenza Trama di terre, Imola 1) Accoglienza abitativa per donne migranti e figli/e 2) Alfabetizzazione nel territorio Cooperativa sociale Sesamo, Forli’ 1) Corso di italiano per donne straniere Associazione donne del mondo, Forli’ 1) Integrazione sociale e auto-aiuto rivolto a donne migranti e non con figli piccoli Associazione donne internazionali, Forlì 1) Centro estivo per bambini stranieri Associazione Stato di Edo, Cesena 1) Attività di inserimento di donne e uomini nigeriani sul territorio cesenate Riferimenti bibliografici AL-ALI, NADJE (2002): “Transnational or a-National: Bosnian refugees in the UK and the Netherlands”, In Nadje Al-Ali and Khalid Koser (eds.) New Approaches to Migration: Transnational Communities and the Transformation of Home, London: Routledge. AL-ALI; NADJE AND KHLAID KOSER (eds.) (2002) New Approaches to Migration: Transnational Communities and the Transformation of Home, London: Routledge. AL-ALI, NADJE (2003) ‘Losses in Status or New Opportunities?: Gender Relations and Transnational Ties among Bosnian Refugees’, in Deborah Fahy Bryceson and Ulla Vuorela (eds.) Forging New European Frontiers: Transnational Families and Their Global Networks. Oxford & New York: Berg Publisher. AL-ALI, NADJE, BLACK, RICHARD and KOSER, KHALID (2001) ‘Refugees and transnationalism: the experience of Bosnians and Eritreans in Europe’, Journal of Ethnic and Migration Studies, vol 27 (4): 615-634. AL-ALI; NADJE & RUBA SALIH (2002) ‘Beyond “Middle East” Studies: Transnational Migration, Nation-States and Gender’. Third Mediterranean Social and Political Research Meeting, The European University, Florence, March 2002, Unpublished Paper. AMBROSINI M., “Le politiche sociali verso l’immigrazione” in P. Basso e F. Perocco (a cura di) Immigrazione e trasformazione della società, F. Angeli 2000. ANDERSON; BRIDGET (1993) Britain’s Secret Sex Slaves. London: Anti-Slavery International) ANDERSON; BRIDGET (1996) ‘Overseas Domestic Workers in the European Union’, Report for Stichting Tegen Vrouwenhandel (Utrecht, 1996) ANTHIAS, FLOYA & GABRIELLA LAZARIDIS (eds.) (1999) Into the Margins: Migration and Exclusion in Southern Europe. Aldershot: Ashgate. ANTHIAS, FLOYA & GABRIELLA LAZARIDIS (eds.) (2000) Gender and Migration in Southern Europe: Women on the Move. Oxford & New York: Berg. BASCH, L., GLICK-SCHILLER, N. AND SZANTON-BLANC, C. (1994) Nations Unbound: Transnational projects, Postcolonial Predicaments and Deterritorialized NationStates. New York: Gordon and Breach BASCH, LINDA, GLICK SCHILLER, NINA and SZANTON-BLANC, CHRISTINA 1994 Nations Unbound, Amsterdam: Gordon and Breach. BELGUENDOUZ, A. (1987) 'Les jeunes de la deuxieme generation: nouveau cadeau du Maroc a l'Europe? Elements pour un debat' in Economie et Socialisme. Revue Marocaine de Reflexion et de Debat, 6:81-109. BEN ALI, D. (1991) 'Ajustement Structurel et Retrait de l'Etat' in Economie et Socialisme. Revue Marocaine de Reflexion et de Debat,10:63-109. BOYLE, PAUL & KEITH HALFACREE (eds.) 1999. Migration and Gender in the Developed World. Routledge Research in Population and Migration. London & New York: Routledge. BRUBAKER, ROGERS (1998) ‘Immigration, Citizenship, and the Nation-State’, in Gershon Shafir (ed.) (1998) The Citizenship Debates. Minneapolis: University of Minnesota Press. BUIJIS, GINA 1993 'Introduction', in Gina Buijs (ed.) Migrant Women: Crossing Boundaries and Changing Identities. Cross-Cultural Perspectives on Women Vol. 7. Oxford & Providence: Berg. CARCHEDI F., “Le associazioni degli immigrati” in E. Pugliese (a cura di) Rapporto immigrazione. Lavoro, sindacato, società, Ediesse, 2000. CASTLES, S. & M. MILLER (1998) The Age of Migration. 2nd edn. London: Macmillan. CENSIS, “Associazionismo e volontariato”, in Immigrati e società italiana, Roma, 1991. CNEL, Primo rapporto sulla rappresentanza degli immigrati, Roma, 1999. CNEL, Secondo rapporto. Le associazioni dei cittadini stranieri in Italia, Roma 2003. CHAREF, M. (1983) 'Les Transferts d'Épargne des Émigré Marocains en France: Évaluation de leur Importance et des leur Effects' in Annuaire de l'Afrique du Nord. Vol. XX: 217-227. COLLINSON, S. (1966) Shore to Shore. The politics of Migration in Euro-Maghreb Relations. London: The Royal Institute of International Affairs. FAIST, THOMAS 1999 ‘Developing transnational social spaces: the Turkish-German example’, in Ludger Pries (ed.), Migration and Transnational Social Spaces, Aldershot: Ashgate, pp. 39-69. GLICK SCHILLER, N.,BASCH, L., SZANTON-BLANC C. (1992) ‘Transnationalism: a new analytic framework for understanding migration’ in N.Glick Schiller, L. Basch and C.Szanton-Blanc (eds) Towards a transnational perspective on migration: race, class, ethnicity and nationalism reconsidered. Annals of the New York Academy of Sciences. Vol. 645. (pp.1-25). GLICK SCHILLER, NINA and FOURON, GEORGES 1999 ‘Terrains of blood and nation: Haitian transnational social fields’, Ethnic and Racial Studies, vol. 22, no. 2, pp. 340-66. GLICK SCHILLER, NINA, BASCH, LINDA and SZANTON-BLANC, CHRISTINA 1992 Towards a Transnational Perspective on Migration, New York: New York Academy of Sciences. GLICK-SCHILLER, N. (1999) ‘Transmigrants and Nation-States: Soemthing Old and Something New in the U.S. American Experience’ in C. Hisrshman, J. DeWind and P. Kasinitz (eds) Handbook of International Migration: The American Experience. New York: Russel Sage pp.94-119. GUARNIZO, L.E. (1994) 'Los Dominicanyorks: The Making of a Binational Society' in Annals of the American Academy of Political and Social Science, Vol.533: 70-86. GUARNIZO, LUIS E. and SMITH, MICHAEL P. 1998 ‘The locations of transnationalism’, in Michael P. Smith and Luiz Guarnizo (eds), Transnationalism from Below. New Brunswick, NY: Transaction Publishers pp. 1-31. JOSEPH, S. (1996) 'Gender and Citizenship in Middle Eastern States' Merip, 26(1): 4-11. KASTORYANO, R. (1994) 'Mobilisations des migrants en Europe: du national au transnational' in Revue Européenne des Migrations Internationales, Vol. 10(1):169-179. KING, Russel & Richard Black (eds.) (1997) Southern Europe and New Immigrations. Brighton: Sussex Academic Press. KOFMAN, E. AND SALES, R. (1998) 'Migrant Women and Exclusion in Europe' in The European Journal of Women's Studies, 5(3-4):381-398. KOSER; KHALID AND HELMA LUTZ (eds.) (1998) The New Migration in Europe: Social Constructions and Social Realities. London: Macmillan Press. LABOS, La presenza straniera in Italia, T.E.R, Roma 1990; LAZARIDIS; GABRIELLA (2000) ‘Filipino and Albanian Women Migrant Workers in Greece: Multiple Layers of Oppression’, in Floya Anthias and Gabriella Lazaridis (eds.) (2000) Gender and Migration in Southern Europe: Women on the Move. Oxford & New York: Berg. LUTZ, H. (1997) 'The limits of European-ness. Immigrant Women in Fortress Europe' in Feminist Review, 57: 93-111. MARSHALL T. H., Cittadinanza e classe sociale, Torino, Utet 1976. MOROKVASIC, M. (1991) 'Fortress Europe and Migrant women' in Feminist Review, 39:6983. MORRIS, L. & S. IRWIN (1992) ‘Employment histories and the concept of the underclass’, Sociology 26: 401-20. ONG, A. (1999) Flexible Citizenship. The Cultural Logic of Transnationality. Durham and London: Duke University Press. PHIZACKLEA; ANNIE (1998) ‘Migration and Gobalization: A Feminist Perspective’, in Khalid Koser & Helma Lutz (eds.) (1998) The New Migration in Europe: Social Constructions and Social Realities. London: Macmillan Press. PSIMMENOS; IORDANNIS (2000) ‘The making of Periphratic Spaces: The Case of Albanian Undocumented Female Migrants in the Sex Industry of Athens’, in Floya Anthias and Gabriella Lazaridis (eds.) (2000) Gender and Migration in Southern Europe: Women on the Move. Oxford & New York: Berg. ROUSE, R. (1992) 'Making sense of settlement: class transformation, cultural struggle and transnationalism among Mexican migrants in the United States' in N. Glick Schiller, L.Basch and C. Szanton-Blanc (eds) Towards a transnational perspective on migration. New York: Annals of the New York Academy of Sciences. (pp. 25-52). ROUSE, R. (1995a) 'Thinking through Transnationalism: Notes on the Cultural Politics of Class Relations in the Contemporary United States' in Public Culture 7(2):353-402. ROUSE, R. (1995b) 'Questions of identity, personhood and collectivity in transnational migration to the United States' in Critique of Anthropology, 15(4):351-380. SALIH, R.(2001) 'Moroccan Migrant Women: Transnationalism, Nation-States and Gender' in Journal of Ethnic and Migration Studies Vol.27(4):655-671. SALIH, R. (2002a) 'Shifting Meanings of Home: Consumption and Identity in Moroccan Women's Transnational Practices between Italy and Morocco' in N. Al-Ali and K. Khoser (eds) New Approaches to Migration. Transnational Communities and the Transformation of Home. London: Routledge. pp.51-67. SALIH, R.(2002b)'Towards an Understanding of Gender and Transnationalism: Moroccan Migrant Women's Movements across the Mediterranean' in Anthropological Journal on European Cultures Vol. 9(2):77-94. SALIH, R. (2003) Gender in Transnationalism: Home, Longing and Belonging among Moroccan Migrant Women. London: Routledge SHAFIR,GERSHON (ed.) (1998) The Citizenship Debates. Minneapolis: University of Minnesota Press. SMITH, MICHAEL P. and GUARNIZO, LUIZ (eds) 1998 Transnationalism from Below, New Brunswick, NY: Transaction Publishers SMITH, ROBERT 1999 ‘Reflections on migration, the state and the construction, durability and newness of transnational life’, in Ludger Pries (ed.) Migration and Transnational Social Spaces, Aldershot: Ashgate, pp. 187-219 SOYSAL, YASEMIN NUHOGLU (1994) Limits of Citizenship: Migrants and Postnational Membeship in Europe. Chicago & London: The University of Chicago. SOYSAL, YASEMIN NUHOGLU (1998) ‘Towards a Postnational Model of Citizenship’, inGershon Shafir (ed.) (1998) The Citizenship Debates. Minneapolis: University of Minnesota Press. UNION GENERAL DE TRABAJADORES, Donne immigranti. Fattori d’esclusione ed integrazione in una società multietnica. La situazione in Italia, UGT, 2001. VERTOVEC STEVEN 1999 ‘Conceiving and researching transnationalism’, Ethnic and Racial Studies, vol. 22, no. 2, pp. 447-462 VERTOVEC, S. AND COHEN, R. (1999) 'Introduction' in S. Vertovec and R. Cohen (eds) Migration, Diasporas and Transnationalism. Cheltenham and Northampton (Mass.): Edward Elgar Publishing. (pp.xiii-xxviii). WERBNER, P. (1990) The Migration Process. Capital, Gifts and Offerings among British Pakistanis. New York: Berg.