Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB Trento TAXE PERCUE
Rivista missionaria per le famiglie fondata
dalla Beata Maria Teresa Ledochowska nel 1895
SOMMARIO
In ascolto del Papa
La cooperazione allo sviluppo
121
In cammino con la Chiesa
Una Chiesa che soffre
122
In breve
Vaticano; Papua Nuova Guinea
Africa
124
125
In diretta
Il baobab
Dalla parte delle donne africane
“Bisogna aver cura che l’amore
per le missioni non si spenga mai
nei nostri cuori,
anzi aumenti sempre più.
Una pianta che non viene innaffiata
di tanto in tanto inaridisce.”
126
128
Intenzione missionaria
Intenzione di settembre 2010
130
Pagina della gratitudine
La formazione dei laici
Una nuova casa di pace
132
132
Pagina della solidarietà
Per una casa di preghiera
Un’automobile per la missione
133
133
Zoom
L’India - parte 1
134
Scambio di esperienze
Impressioni di un ritorno
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Notizie claveriane
Per le missioni sotto patrocinio di S. Pietro Claver
138
Bacheca
5 per Mille
Ricordiamo i nostri defunti
In copertina: A scuola, Rwanda del 2010
Foto: F.F.
140
140
In ascolto del Papa
LA COOPERAZIONE allo sviluppo
Foto: E.B.
a cooperazione allo sviluppo non deve riguardare la sola dimensione economica;
essa deve diventare una grande occasione di
incontro culturale e umano. Se i soggetti della
cooperazione dei Paesi economicamente sviluppati non tengono conto, come talvolta avviene, della propria e altrui identità culturale
fatta di valori umani, non possono instaurare
alcun dialogo profondo con i cittadini dei
Paesi poveri. Se questi ultimi, a loro volta, si
aprono indifferentemente e senza discernimento a ogni proposta culturale, non sono in
condizione di assumere la responsabilità del
loro autentico sviluppo. Le società tecnologicamente avanzate non devono confondere il
proprio sviluppo tecnologico con una presunta superiorità culturale, ma devono riscoprire in se stesse virtù talvolta dimenticate,
che le hanno fatte fiorire lungo la storia. Le
società in crescita devono rimanere fedeli a
quanto di veramente umano c’è nelle loro tradizioni, evitando di sovrapporvi automatica-
L
mente i meccanismi della civiltà tecnologica
globalizzata. In tutte le culture ci sono singolari e molteplici convergenze etiche, espressione della medesima natura umana, voluta
dal Creatore, e che la sapienza etica dell’umanità chiama legge naturale. Una tale legge
morale universale è saldo fondamento di ogni
dialogo culturale, religioso e politico e consente al multiforme pluralismo delle varie culture di non staccarsi dalla comune ricerca del
vero, del bene e di Dio. L’adesione a quella
legge scritta nei cuori, pertanto, è il presupposto di ogni costruttiva collaborazione sociale. In tutte le culture vi sono pesantezze da
cui liberarsi, ombre a cui sottrarsi. La fede cristiana, che si incarna nelle culture trascendendole, può aiutarle a crescere nella
convivialità e nella solidarietà universali a
vantaggio dello sviluppo comunitario e planetario.
Benedetto XVI
Caritas in veritate, 59
121
In cammino con la Chiesa
UNA CHIESA che soffre
Ragazzo del Uganda Foto: S. G. Woo
tefano aveva 16 anni quando fu rapito dai
ribelli del Lord’s Resistance Army (LRA),
che avevano attaccato, l’11 maggio 2003, il
seminario minore della Diocesi di Gulu nel
nord Uganda. Oltre a Stefano, furono rapiti
altri quaranta seminaristi.
Secondo un rapporto presentato da Eva-Maria
Kolmann, membro di “Aiuto alla Chiesa che Soffre” (ACS), i ribelli hanno catturato i seminaristi
S
122
per arruolarli nelle proprie file. La
maggior parte di loro sono stati uccisi e dodici sono ancora dispersi.
Stefano ha raccontato la sua storia
ai rappresentanti di ACS, con sede a
Königstein. “Per due mesi, omicidi,
stupri e torture sono stati parte della
loro vita quotidiana. I ribelli volevano insegnare loro a uccidere, soprattutto perché erano seminaristi.
Alcuni dei suoi compagni sono stati
uccisi di fronte a Stefano a pugni e
calci; altri sono stati massacrati a
colpi di machete, perché avevano i
piedi distrutti dopo le lunghe marce
e non potevano più camminare. Stefano è stato fortunato, perché è riuscito a fuggire prima di essere
costretto a uccidere”.
Il seminarista rapito ricorda così la
notte dell’attacco: “I ribelli arrivarono venti minuti dopo mezzanotte,
erano circa una ventina. Dopo aver
circondato il seminario, una parte
di loro si recò direttamente nelle
camerate degli studenti di 16 anni.
Poiché non riuscivano a forzare la
porta, uno di loro è penetrato dalla finestra
per aprirla dall’interno. Uno dei seminaristi
aveva tagliato la luce per bloccare i ribelli,
ma questi avevano delle torce”. I due soldati
che il governo aveva posto a protezione della
struttura erano fuggiti non appena avevano
visto arrivare i ribelli. “Siamo stati lasciati
senza alcuna protezione”, ricorda ancora Stefano. Oltre ai seminaristi, nel terreno adia-
cente al seminario si trovavano circa duemila
persone, soprattutto donne e bambini, che
trascorrevano lì la notte nella speranza, risultata vana, di sfuggire agli attacchi del Lord’s
Resistance Army. “Un ribelle uccise un bambino di 7 anni di fronte agli occhi della
madre”, racconta Stefano.
I ribelli costrinsero i seminaristi a marciare per
ore. “Ho visto cose che non avrei mai pensato di
vedere. Un uomo non può fuggire da tutto questo, ma Dio fa miracoli. La preghiera era la mia
unica speranza. Durante le lunghe marce recitavo il Rosario con le dita, perché non avevo la
corona”, ricorda Stefano.
Due mesi dopo il suo rapimento, le forze governative attaccarono i ribelli. In mezzo alla confusione della battaglia, Stefano riuscì a scappare
e, dopo diversi giorni di cammino senza meta,
fu trovato da una pattuglia dell’Esercito.
La sua famiglia lo aveva già dato per morto.
“Avevano chiesto a un prete di celebrare la
Messa per me”, narra Stefano. I suoi genitori
e i fratelli non volevano che Stefano tornasse
al seminario, ma egli sapeva che quello era il
suo posto. Ora è sacerdote.
Dal 1988 più di trentamila bambini e ragazzi
sono stati rapiti dai ribelli. I ragazzi sono costretti a diventare soldati e le bambine
schiave sessuali. I bambini vengono violentati, drogati, costretti a uccidere e a torturare,
sono brutalmente puniti alla minima resistenza; molti sono uccisi senza pietà.
Alcuni di quelli che fuggono non osano tornare in famiglia, perché si vergognano delle
atrocità che sono stati costretti a commettere. I ribelli costringono spesso i bambini e
i giovani rapiti a uccidere nei loro villaggi,
persino i loro genitori e fratelli, in modo che
il loro ritorno diventi impossibile.
La Chiesa cattolica aiuta questi bambini in diversi modi. Per esempio, la stazione radio
della diocesi di Lira ha creato un programma
speciale che consente ai parenti dei bambini rapiti di inviare messaggi d’amore per
farli tornare. Anche i bambinisoldato rincasati incoraggiano
i loro compagni a tornare, dicendo loro di non avere paura.
Ai ribelli questa iniziativa non
piace, e per questo hanno
dato fuoco alla stazione. Tuttavia, l’antenna non è bruciata
e le trasmissioni di Radio Wa
(vuol dire “La nostra radio”)
continuano a rilasciare, con il
sostegno di “Aiuto alla Chiesa
che Soffre”, un programma
che contribuisce alla pace e
alla riconciliazione in Uganda.
da Agenzia Fides
Ex bambini-soldato del Uganda Foto: feijeriemersma/Flickr
123
In breve
VATICANO
“La Chiesa cattolica offre
un importante contributo
all’assistenza sanitaria in
tutto il mondo – attraverso le
Chiese locali, le istituzioni religiose e le iniziative private, che
operano sulla propria responsabilità e
nel rispetto della legge di ogni nazione – con
5.378 ospedali, 18.088 dispensari e cliniche,
521 lebbrosari e 15.448 centri per anziani,
malati cronici e disabili”: è quanto ha ricordato l’arcivescovo Silvano M. Tomasi, Osservatore permanente della Santa Sede all’Ufficio
delle Nazioni Unite e Istituzioni specializzate
a Ginevra, nel suo intervento pronunciato l’8
giugno, in occasione del Dibattito Generale
sul punto 3 della 14a sessione del Consiglio
dei Diritti Umani. Egli si è soffermato, in particolare, sulla necessità di garantire l’accesso
universale ai farmaci e agli strumenti diagnostici a tutte le persone. L’arcivescovo ha sottolineato che, secondo quanto emerge da
informazioni provenienti dalle realtà operanti
sul territorio, in alcune comunità tra le più
povere, isolate ed emarginate, i diritti descritti negli strumenti internazionali “sono
lontani dall’essere assicurati”.
Uno dei principali impedimenti all’attuazione
di questi diritti è costituito dalla “mancanza
di accesso ai medicinali a prezzi accessibili e
agli strumenti diagnostici”, ha ribadito ancora
mons. Tomasi. Egli ha proseguito ricordando
che “le malattie della povertà” rappresentano
ancora il 50% del carico di malattia nei paesi
in via di sviluppo, un carico quasi dieci volte
superiore a quello dei paesi sviluppati; più di
100 milioni di persone ogni anno si riducono
124
alla povertà, perché devono pagare le cure sanitarie; nei paesi in via di sviluppo, i pazienti
pagano i farmaci essenziali dal 50 al 90%;
quasi 2 miliardi di persone mancano di accesso ai farmaci essenziali.
“Un gruppo che particolarmente soffre per la
privazione dell’accesso ai farmaci è quello dei
bambini” – ha precisato mons. Tomasi. Molti
farmaci essenziali non sono stati prodotti secondo formulazioni appropriate o dosaggi
specifici per l’uso pediatrico. Questa situazione può avere come conseguenza tragica la
morte o il perpetrarsi di malattie croniche tra
i bambini bisognosi. Dei 2,1 milioni di bambini che si calcola vivano affetti dall’HIV, alla
fine dell’anno 2008 solo il 38% aveva ricevuto
farmaci salva vita anti-retrovirali. Agenzia Fides
PAPUA NUOVA GUINEA
“La Papua Nuova Guinea è un paese molto variegato, di 6 milioni di persone, nel quale
convivono 800 lingue, dialetti, culture ed
etnie. La missione tiene conto di questa pluralità, nella consapevolezza che la gente si
entusiasma facilmente. Per questo i giovani
sono un terreno privilegiato dell’evangelizzazione”. Così p. Valentine Gryek, missionario
polacco e Direttore delle Pontificie Opere Missionarie in Papua Nuova Guinea, che da 25
anni vive nel Paese.
Il missionario spiega: “I giovani della Papua
si trovano in mezzo al guado: non vogliono
restare ancorati alle tradizioni ma, d’altro
canto, non accettano pedissequamente lo
stile di vita occidentalizzato. Spesso vivono
un vuoto, che cercano di colmare seguendo
l’emotività. Per questo spesso passano da una
Chiesa all’altra, in cerca di qualcosa che li ap-
paghi. Questo spazio e questo desiderio costituiscono una sfida per la missione della
Chiesa in Papua Nuova Guinea”.
Nel tentativo missionario di avvicinare i giovani, la Chiesa locale promuove “centri di sviluppo socio-economico, scuole per attività
professionali. L’istruzione costa, è un investimento per una famiglia, e la comunità cattolica è molto impegnata in questo settore, che
permette di stare a contatto e di proporre ai
giovani i valori cristiani”.
Tracciando, quindi, un quadro generale della
missione della Chiesa in Papua, p. Gryek sottolinea che “siamo un paese a maggioranza
cristiana, in cui la Bibbia è un riferimento
quotidiano per la vita delle persone: la si legge
e la si interroga per le scelte di ogni giorno.
Esiste, però, un’eccessiva frammentazione
delle stesse Chiese: vi sono molte denominazioni cristiane, ufficiali e non. Con quelle ufficiali esiste un discorso ecumenico, che, con
le altre, risulta impossibile. A volte, in città
anche piccole, si registrano molte decine di
comunità cristiane diverse, e occorre far attenzione al proliferare delle sette”. Ma la comunità cattolica della Papua Nuova Guinea
guarda anche al di là dei suoi confini: “Siamo
una Chiesa aperta alla missione ad gentes: vi
sono 8 preti locali in paesi di missione. Questo
fatto costituisce per noi una grande speranza,
anche se qui, data la vastità dei territori, c’è
sempre bisogno di sacerdoti. Ma è lo Spirito
Santo che conduce la missione, e siamo felici
di essere suoi strumenti”. Agenzia Fides
AFRICA
“I governi africani si devono impegnare a rimuovere le condizioni che creano le ribellioni e che por-
tano al reclutamento dei bambini-soldato e non si
devono limitare a firmare accordi che mi sembrano
siano solo declamatori”, dice p. Gerardo Caglioni,
missionario saveriano con una lunga esperienza in
Sierra Leone, commentando la dichiarazione firmata il 9 giugno a N’Djamena (Ciad) per mettere
termine al reclutamento dei bambini-soldato.
La dichiarazione di N’Djamena è stata firmata da
sei dei nove partecipanti alla conferenza regionale sui bambini-soldato, organizzata dal governo del Ciad e dall’UNICEF e che si è tenuta
nella capitale ciadiana dal 7 al 9 giugno. Gli Stati
firmatari sono stati i seguenti: Camerun, Centrafrica, Ciad, Niger, Nigeria, Sudan; non hanno firmato il documento la Repubblica Democratica del
Congo, la Liberia e la Sierra Leone. La dichiarazione impegna i firmatari a “mettere fine a ogni
forma di reclutamento dei bambini nelle forze e
nei gruppi armati e a garantire che nessun ragazzo di età inferiore ai 18 anni prenda parte,
direttamente o indirettamente, alle ostilità”.
“In Sierra Leone i bambini-soldato sono stati
impiegati da tutti, non solo dai guerriglieri del
RUF (Revolutionary United Front), ma anche
dalle milizie Kamajors, alleate del governo. Dopo
la guerra, che si è conclusa nel 2002, sono stati
avviati dei programmi per reinserire i bambinisoldato smobilitati nella società, dando loro
scuole e un lavoro, ma nessuno si occupa delle
vittime dei bambini-soldato, che, a loro volta,
sono spesso dei bambini. Queste persone hanno
subito delle violenze fisiche e psicologiche terribili. Conosco casi di violenze sessuali, casi di
bambini costretti a vedere i propri genitori uccisi e bruciati, e casi di bambini costretti a subire amputazioni. Le vittime hanno bisogno di
assistenza materiale e psicologica, e sono, invece, lasciate completamente a sé stesse”, conclude il missionario. Agenzia Fides
125
In diretta
IL BAOBAB
La valle dei baobab Foto: W.
n lingua Swahili si chiama mbuyu. A cinquanta metri dalla nostra missione, qui, a
Dar es Salaam, un enorme baobab divide le
due corsie della strada. È così gigantesco che
ha dato il nome alla vicina scuola elementare:
Mbuyuni Shule ya Msingi, e serve come riferimento nelle indicazioni stradali. Per la sua
forza evocativa, il baobab ha dato il nome
anche a molte associazioni e istituzioni.
Pochi o molti, i baobab sono ovunque in Tanzania. Uno di essi ha una circonferenza di undici
metri, e per questo è spesso abbracciato da
gruppi di turisti. Un lungo tratto di strada in direzione di Iringa è denominato “la valle dei baobab” e, in verità, essi sembrano avere trovato
in quel punto la loro humus ideale. Durante la
stagione delle piogge sono maestosi nel loro
I
126
manto di larghe foglie, ma sono più impressionanti ancora quando tutto è secco, perché dominano incontrastati e superbi sulla savana.
Il baobab mi suggerisce molte riflessioni. I
suoi fiori sono radi, poco visibili e non profumano. I suoi frutti non sono commestibili.
Non ha radici profonde, e per questo, quando
è vecchio ed è roso all’interno, cade facilmente
a terra. E qui giace, come un gigante morto,
perché il suo tronco spugnoso non serve né
come legna da ardere né può essere impiegato
in falegnameria. Mi sorprendo a pensare che il
baobab sia vuota apparenza, perché privo di
qualunque utilità. Per questo, un giorno in cui
mi trovavo nella valle dei baobab con un mio
confratello botanico, gli confidai: “La prima
domanda che farò a Dio quando l’incontrerò,
sarà questa: Perché hai creato il baobab?” È
vero: una risposta a questa domanda è già
contenuta nella Bibbia, là dove è detto che
“tutte le cose sono state create per un fine”
(Sir 39,26). E ancora, là dove la pagina sacra
inneggia poeticamente alla bellezza di tutte
le creature. Sono meravigliose le espressioni
della Sapienza, del Siracide e dei Salmi! Ma da
famoso botanico qual è, il mio confratello mi
rivelò in quell’occasione anche l’incantevole
economia ecologica del baobab, frutto non del
caso, ma della Sapienza creatrice, e mi descrisse le qualità terapeutiche delle foglie,
delle radici e dei frutti. Dovetti riconoscere la
mia ignoranza e provai stupore a quelle spiegazioni; lodai Dio per l’utilità e la bellezza
conferite alle creature, e… apprezzai finalmente il baobab, ispiratore delle mie riflessioni. Ve ne confido alcune:
Che ci siano persone che sono pura apparenza,
non lo si può negare: sono maschere vuote! Ma
è anche vero che dietro l’umiltà e la modestia,
spesso si nasconde un’incantevole ricchezza
d’animo. Lo si constata anche in Africa nella
saggezza degli anziani, nella solidarietà tra i poveri, nella bontà squisita della gente, nell’intuizione penetrante che rivelano gli sguardi.
Spesso le cose - ma anche le persone - vengono
valutate in relazione alla loro utilità e alla loro
bellezza, come facevo io con il baobab. Ma la
natura non si arresta al visibile. Possiede i suoi
segreti, che è dono sapere scoprire, e che, scoperti, devono essere custoditi e usati bene. Se si
spezza l’incanto e l’equilibrio della natura, il futuro si impoverisce di varietà e bellezza.
Nonostante le apparenze, niente e soprattutto
nessuno è inutile. Non lo sono i bambini: oggi
boccioli fragili, ma domani rose profumate.
Non lo sono gli anziani: scrigni di storia, tradizioni e cultura. Non lo sono gli ammalati:
servi dell’umanità con la loro sofferenza, a immagine del Servo di Dio, di cui parla Isaia: disprezzato e reietto, percosso e umiliato,
trafitto e schiacciato, ha guarito tutti con le
sue ferite, e morto, è divenuto per tutti fonte
di vita (cfr Is 53). Non lo sono gli handicappati, che spesso posseggono scintille di
cuore, intelligenza e perspicacia di rara intensità. Chi è tormentato nel corpo e nello spirito
è testimone delle vie di Dio e della fragilità
umana. Soltanto l’eternità rivelerà la sapienza
dei disegni imperscrutabili di Dio.
Non è inutile nessuna voce che grida giustizia e
carità, comprensione e misericordia, pace e
bene. Non è inutile qualunque sorriso di benevolenza, qualunque carezza e segno di tenerezza,
qualunque gesto di bontà, qualunque lacrima di
condivisione del dolore. Tutto ciò che è profondamente umano è stupendamente divino! Non è
vano nessun silenzio di preghiera e meditazione,
sorgenti di illuminazione e coraggio.
Per quanto inefficace appaia, nessuna missione è inutile, e tutte cooperano alla riconciliazione, a rafforzare l’amore, a potenziare
la vita e a salvaguardare la dignità. Nessuno
è inutile, e tutti siamo chiamati a esprimere
in pienezza i doni ricevuti, tesoro per la famiglia, la Chiesa e la società.
Non è inutile la morte ignominiosa del Venerdì
Santo, grembo della Pasqua eterna. Non risuona invano il grido lacerante di Cristo, nell’estremo abbandono al Padre! Non si spegne
senza ragione la luce e non senza ragione le
tenebre ricoprono il mondo, quando muore la
Vita e tutto è consumato. Parla il silenzio tremendo della tomba in cui riposa il Cristo e che
sarà rotto soltanto dalle voci di coloro che lo
cercano con trepidazione, perché lo amano.
Con lo stesso amore essi lo annunceranno a
tutte le genti come il Risorto dalla morte!
Ringrazio il baobab, che io ritenevo un albero
inutile. La sua apparente inutilità mi induce a
riflessioni pasquali.
p. Giuseppe Inverardi, imc
Consolata Mission Centre
Bunju, Tanzania
127
In diretta
DALLA PARTE delle donne africane
La comunità delle clarisse di Milange Foto: Clarisse Cappuccine Sacramentarie
ari Amici e Benefattori, Vi salutiamo dalla
lontana Africa, da un nascosto e povero
villaggio chiamato Milange, nel Mozambico,
che ci è, tuttavia, molto caro, perché è il
luogo che Dio ha scelto per fondare il nostro
monastero di Suore Clarisse Cappuccine Sacramentarie. Viviamo qui, offrendo la nostra
vita a Dio nella preghiera e nell’adorazione
eucaristica perpetua, come contributo all’opera che i missionari svolgono fra le popolazioni dell’Africa e di tutto il mondo, perché
la fede non ha confini.
Il motivo principale di questa lettera è ringraziarvi di cuore per il sostegno economico
che la vostra generosa carità ci ha fatto giun-
C
128
gere attraverso le Suore Claveriane.
Non siamo, però, soltanto noi a porgervi questo
ringraziamento, perché, anzi, in primo luogo
sono le ragazze che vivono nella Casa Santa Veronica a ringraziarvi. La Casa Santa Veronica è
un convitto per giovani studentesse, vicino al
nostro monastero. Tutte le nostre ospiti provengono da famiglie molto povere e non hanno
mezzi sufficienti per continuare a frequentare la
scuola superiore. Noi cerchiamo di provvedere
loro tutto ciò di cui necessitano: dal cibo ai vestiti, dalle cure mediche all’educazione scolastica. Alcune sono orfane o di padre o di madre,
e hanno quindi bisogno di essere seguite affettivamente in modo particolare.
Inoltre, tutte le ragazze, nel tempo libero
dagli impegni scolastici, possono accedere
a corsi di cucito, di economia domestica, di
igiene e sanità, che possono essere loro
utili per la loro formazione umana, ma
anche cristiana.
È ovunque molto importante che le giovani
ricevano un’educazione adeguata, ma è urgente in terra d’Africa, dove la donna in generale vive ancora sottomessa all’uomo, è
relegata ai margini della società e non ha
voce decisionale nei problemi della famiglia.
La cultura africana assegna, infatti, alla
donna essenzialmente il compito di generare
figli, di lavorare nei campi e di pensare al sostentamento materiale della famiglia. Sono
poche le giovani che frequentano le scuole
superiori e giungono ad acquisire una formazione culturalmente qualificata, che permetta
loro di svolgere una professione sociale, quali
insegnanti, medici o direttrici di ufficio.
Con la nostra presenza in Africa vogliamo,
dunque, innanzi tutto essere di sostegno alle
donne, per aiutarle a uscire dalla loro situazione di inferiorità, a sentirsi artefici della
propria vita e del proprio sviluppo, ad acquisire un proprio ruolo nella società: in altri termini, a realizzare pienamente la propria
dignità di persona umana. Questo è il significato e la finalità dei corsi di formazione che
proponiamo alle nostre giovani. E questo è
anche il senso per il quale abbiamo accettato
di vivere la nostra scelta religiosa, nella sua
quotidianità, in mezzo a loro.
Rinnoviamo nuovamente a voi tutti il nostro
ringraziamento per la sensibilità e l’attenzione che avete dimostrato ai problemi della
nostra gente e in particolare delle nostre giovani di Milange. Grazie di cuore!
Nella celebrazione Eucaristica e nella nostra
preghiera davanti a Gesù Eucaristia saranno
presentate senz’altro le vostre intenzioni.
Sorelle Clarisse Cappuccine Sacramentarie
Milange, Mozambico
Le lezioni all’aperto Foto: Clarisse Cappuccine Sacramentarie
129
Intenzione missionaria
di p. Fiorenzo Felicetti, mccj
Settembre 2010
LA FINE DELLE GUERRE
Perché aprendo il cuore all'amore, si ponga fine alle tante guerre e ai conflitti che
ancora insanguinano il mondo
reato in armonia con Dio e con i suoi simili, l’uomo ha abusato della libertà che
aveva ricevuto da Dio. Questa disobbedienza
a Dio Creatore, ha provocato una divisione interiore nell’uomo, che è causa e origine di
tutti gli scontri tra i popoli. Trascinato dall’egoismo, dalla mancanza di rispetto per i diritti e le esigenze dei suoi simili, l’uomo ha
costruito un mondo pieno di conflitti e
guerre, a volte tra i figli della stessa nazione.
Già nell’Antico Testamento, il Messia viene
presentato come il “Principe della pace” (cfr
Is 9,5), e la pace è considerata uno dei doni
messianici, uno dei frutti che rivelano al
mondo la presenza di Dio nella storia. Appartiene alla missione di Cristo unificare, “riunire
le pecore disperse di Israele”, rompere il muro
di odio che è stato motivo di separazione.
Paolo ci assicura che “Cristo è la nostra pace”
(cfr Ef 2,14). Questa pace inizia dalla riconciliazione dell’uomo con Dio nella profondità
della sua coscienza, quando ascolta le parole
di Cristo pronunciate dai suoi ministri: “I tuoi
peccati ti sono perdonati, va’ in pace”.
Questa ricostruzione interiore di ogni uomo
porterà la pace per tutti. Il Papa Benedetto
XVI chiede di aprire il cuore all’amore per fermare i conflitti e le guerre. Dobbiamo prima di
tutto aprirci all’amore che Dio ha per noi, per
poter amare gli altri. Dobbiamo ricevere il
dono della grazia dello Spirito Santo, “l'amore
di Dio che è stato riversato nei nostri cuori”
C
130
(Rm 5,5), per essere capaci di amare i nostri
fratelli. Il Santo Padre nella sua Enciclica sulla
carità, Deus caritas est, ricorda che Dio può
chiedere l’amore reciproco, perché egli stesso,
per primo “ha tanto amato il mondo da dare
il suo Figlio unigenito” (cfr Gv 3,15).
Solo l’amore di Dio ci permette di scoprire gli
altri come prossimo, non come nemici, come
avversari. Ognuno di noi, afferma Benedetto
XVI, non deve chiedersi chi è il suo prossimo,
ma deve farsi “prossimo” per gli altri. Certo,
il fatto che la paternità di Dio sia ignorata,
in un mondo sempre più indifferente alla religione, impedisce la coscienza di una vera
fraternità e di un destino comune tra gli uomini.
Maria, Madre di tutti gli uomini, interceda per
noi al fine di ottenere da Dio il dono della
pace. Facciamo nostre le parole pronunciate
dal Papa all’Angelus di domenica 22 agosto
2010: “Oggi vogliamo soprattutto rinnovare,
come figli della Chiesa, la nostra devozione a
Colei che Gesù ci ha lasciato quale Madre e
Regina. Affidiamo alla sua intercessione la
quotidiana preghiera per la pace, specialmente là dove più infierisce l’assurda logica
della violenza; affinché tutti gli uomini si persuadano che in questo mondo dobbiamo aiutarci gli uni gli altri come fratelli per costruire
la civiltà dell’amore. Maria, Regina pacis, ora
pro nobis!”
Al campo profughi, RD del Congo Foto: Sir
131
Pagina della gratitudine
LA FORMAZIONE
dei laici
Care Suore missionarie di S. Pietro Claver, la
Conferenza Episcopale Centroafricana vi
esprime, attraverso queste mie parole, la sua
riconoscenza per gli aiuti finanziari che avete
fatto pervenire alla commissione episcopale
per la formazione dei laici all’apostolato. Grazie alla sensibilità dei vostri Benefattori, è
stato possibile organizzare una settimana di
incontri e di riflessioni, presso il Centro Giovanni XXIII, a Bangui, sul tema “La Parola di
Dio e l’Azione sociale della Chiesa”, per riscoprire i fondamenti dogmatici dell’azione sociale della Chiesa. La Santa Madre di Dio possa
colmarvi delle sue grazie e accompagnarvi in
tutte le opere che intraprendete a servizio
delle giovani Chiese!
Fraternamente in Cristo
don Serge-Hubert Bangui
Bangui, Repubblica Centroafricana
UNA NUOVA CASA
di pace
Carissimi Benefattori, la casa di riposo di Butembo è terminata! Grazie alle vostre offerte,
abbiamo potuto porre mano ai lavori per l’installazione dei servizi sanitari; non poche
sono state le difficoltà che abbiamo incontrato in corso d’opera: dall’aumento giornaliero dei prezzi, in seguito all’aumento della
benzina, sino allo scoppio della guerra in
Kenya, che ha avuto forti ripercussioni a livello commerciale, perché è dal Kenya che
proviene in gran parte il materiale edile.
Anche i prezzi dei trasporti sono raddoppiati.
Nonostante queste difficoltà, i lavori sono
stati ultimati e ora le nostre suore e i malati
attendono con impazienza di potere abitare
la loro nuova casa. Sarà per molti, che hanno
conosciuto le violenze e i traumi della guerra,
veramente una casa di riposo e di pace! Grazie
132
di cuore per la solidarietà generosa, che avete
manifestato, con spirito di fraterna carità, nei
nostri confronti.
sr. Maria Maddalena Kambumbu, O.A.
Butembo-Beni, RD del Congo
Pagina della solidarietà
PER UNA CASA
di preghiera
Carissimi, la nostra chiesa di Lwano ha finalmente un tetto, e questo grazie alla vostra
generosità. Ma purtroppo non è ancora una
vera chiesa: i fedeli non hanno banchi su cui
sedere, e hanno difficoltà a seguire con attenzione la Parola di Dio. D’altra parte, anche
i sacerdoti e i chierichetti non hanno sedie. È
come se possedessimo un monumento da contemplare, ma non una casa di preghiera, in
cui vivere le nostre liturgie. Per questo torniamo a bussare alla vostra porta, perché ci
aiutiate a rendere viva l’opera che avete concorso a erigere.
Con riconoscenza e fiducia
don Crispin Kibambi
Kikwit, RD del Congo
UN’AUTOMOBILE
per la missione
Carissimi Benefattori, la richiesta che vi rivolgo come parroco della parrocchia Cattedrale di Cristo Re e vicario generale della
diocesi di Owando, in Congo, è semplice: abbiamo bisogno di un’automobile per potere
assolvere ai nostri impegni pastorali.
Da più di un anno, il vescovo, mons. Ernest
Kombo, è malato ed è costretto a risiedere in
Francia per cure mediche. Attualmente sono il
solo ordinario presente nella Diocesi.
Senza un mezzo di trasporto sicuro non posso
soccorrere i sacerdoti e gli altri operai apostolici nella loro missione evangelizzatrice in
una diocesi che si estende per 113.000 Km2 e
conta mezzo milione di abitanti. Per questo
ho pensato di far giungere a voi la mia preghiera, sicuro che non cadrà nel vuoto.
don Justin Singha
Owando, Congo-Brazzaville
Vi preghiamo di indirizzare le offerte a:
Congregazione delle Suore Missionarie di S. Pietro Claver - Via della Collina 18 - 38121 TRENTO
CCP n. 35483452
Le eventuali offerte che risulteranno in eccedenza rispetto alle richieste che abbiamo presentato saranno destinate a
progetti analoghi a noi comunicati dai missionari sparsi in tutto il mondo.
133
Zoom
INDIA, parte 1
Il presente articolo è la prima parte di un contributo
sull’India, in cui, dopo una presentazione, a grandi
linee, del Paese nelle sue dimensioni geografiche,
culturali e storiche, si considera la complessa realtà
religiosa dell’India. L’ultima parte è dedicata alla
descrizione dell’apostolato missionario svolto dalle
comunità delle Suore Missionarie di S. Pietro Claver
in quelle regioni.
’India è un Paese multietnico nell’Asia meridionale e occupa la maggior parte del
subcontinente indiano. Oggi è uno Stato federale, formato da 28 Stati.
Con una superficie di 3.287.590 Km2 e con i
suoi 1,2 miliardi di abitanti, l’India è oggi il
settimo Paese più esteso del mondo e il più
popolato in assoluto. La capitale, Delhi, è
L
134
suddivisa in due parti: la vecchia e la nuova
Delhi, con 11 milioni di abitanti. Altre città
importanti sono: Mumbai (Bombay) (ca. 11
milioni di abitanti), Calcutta (14 milioni di
abitanti), Madras, Bangalore e Hyderabad
(ciascuna con più di 5 milioni abitanti).
Il nome India prende origine dal fiume Indo,
il cui nome, a sua volta, risale alla parola sanscrita sindu, che significa fiume. I navigatori
europei designavano l’intera Asia orientale
con il nome di India. Nel periodo coloniale la
denominazione si riduce a poco a poco a designare i territori odierni dell’India, del Pakistan e del Bangladesh, per assumere infine,
con la fondazione dello Stato indiano, il significato odierno.
Geografia
L’Himalaya, la più alta montagna del mondo,
costituisce la frontiera naturale a nord e a nordest. All’estremo nord-ovest l’India è separata
dal Karakorum dall’altopiano del fiume Indo. A
sud dell’Himalaya si susseguono le ampie, ricche pianure alluvionali dei fiumi Gange e Brahmaputra. In occidente si estende il deserto del
Thar. L’altopiano del Dekkan abbraccia la maggior parte della cuneiforme penisola indiana
che si protende nell’Oceano Indiano.
Appartengono, inoltre, al territorio dello Stato
indiano tre gruppi di isole antistanti al subcontinente indiano.
L’India confina con il Pakistan, con il territorio cinese autonomo del Tibet, con il Nepal,
con il Bhutan, con il Myanmar (Birmania) e il
Bangladesh. Altri Stati prossimi nell’Oceano
Indiano sono lo Sri Lanka e le Maldive.
Himalaya sulla strada per Ghorapani Foto: sspc
Le inondazioni causate dal monsone Foto: sspc
Catastrofi naturali
L’India è ripetutamente visitata da catastrofi
naturali, specialmente dalle inondazioni, che
giungono a sommergere tutto il Paese, durante il monsone estivo, per eccessive quantità di pioggia. Per contro, durante la
stagione secca o per penuria di piogge monsoniche, spesso si verifica la siccità. Anche i
cicloni e il conseguente prodursi di onde durante l’alta marea causano, in particolare sulla
costa orientale, molte vittime e provocano
danni enormi. In alcune regioni si registra
anche un alto pericolo di terremoti. Un grave
terremoto ha devastato nel 2001 parti dell’India, condizionando pesantemente le stesse
possibilità di vita per migliaia di persone. I
morti sono stati ca. centomila. Nel 2004 un
maremoto ha causato un devastante tsunami.
vegetale si dispone su un amplissimo spettro,
che abbraccia la vegetazione di alta montagna dell’Himalaya e le foreste tropicali pluviali nel sud del Paese. Gran parte del manto
vegetale che ricopriva originariamente il
Paese è, però, oggi andato distrutto e ha lasciato spazio al paesaggio culturale. Tuttavia,
una quinta parte del Paese resta ancora coperta da foreste.
Vegetazione
La vastità del Paese e la varietà delle condizioni climatiche rendono estremamente diversificato il paesaggio dell’India. Il mondo
(segue)
Il mondo animale
Anche il mondo animale è estremamente ricco
di specie. Spesso, però, è possibile oggi incontrarle soltanto in riserve. Sono animali caratteristici della fauna indiana i leoni, le tigri,
i leopardi, le pantere, gli elefanti, i rinoceronti, i cervi, le antilopi, i bufali selvatici, i
bisonti, le iene, i cinghiali, gli sciacalli, le
scimmie, i cobra, i pitoni e i coccodrilli.
sr. Barbara Tabian, sspc
Traduzione dal tedesco di sr. Maria Paola Wojak, sscp
135
Scambi di esperienze
IMPRESSIONI di un ritorno
Come può apparire il nostro Paese a una missionaria che vi ritorni dopo molti anni di assenza? Lo abbiamo domandato a Silvia Marsili, saveriana di
Frascati (Roma), alla vigilia della sua partenza per
Koumi, in Ciad, dove opera da quindici anni.
- Che Italia hai incontrato in questo tuo rientro?
- Più che nel passato, ho avvertito nelle persone il desiderio di conoscere la realtà in cui
vivo, di comprendere ciò che accade altrove,
e perché. Alcuni hanno espresso il desiderio di
venire a trovarci in Ciad, di svolgere qualche
servizio. Benché colpiti dalla crisi economica
o dalla malattia, non pochi hanno messo
mano al portafoglio per aiutarci.
Fra i miei conoscenti, in settembre, due giovani innamorati di Gesù, Marco e Jacopo,
hanno fatto scelte coraggiose: l’uno è stato
ordinato diacono francescano minore, l’altro
ha emesso i primi voti fra gli Oblati di Maria
Immacolata. Nascono associazioni per sostenere il lavoro sociale dei missionari in Africa
e in America Latina. In una parrocchia, ho
visto una celebrazione domenicale tradotta a
gesti per dei partecipanti non udenti. Coppie
di sposi si incontrano settimanalmente per
una condivisione di vita. Questi sono per me
segni di speranza.
- Quando confronti la realtà ciadiana con quella
italiana, qual è il tuo pensiero?
- La crisi economica non mi è parsa così grave
come l’avevo sentita raccontare. Certamente
la disoccupazione è un problema reale, ma ci
sono sussidi per i disoccupati. Si continua a
spendere molto e non si rinuncia facilmente
136
Giovani, il futuro della Chiesa in Ciad Foto: sspc
alle vacanze… In Ciad, si lotta per la sopravvivenza, si è alla mercé della quantità e della
frequenza della pioggia tra maggio e settembre, e spesso manca il necessario. In Occidente si fabbricano vaccini contro l’influenza,
mentre per combattere la malaria, che uccide
un milione di persone all’anno nel mondo,
non è stato ancora fatto uno sforzo adeguato.
- Come dovremmo vivere qui, in Occidente, per
essere davvero fratelli del popolo ciadiano?
- Chiedo amicizia per questo popolo quasi
sconosciuto, che vive con dignità sofferenze
indicibili causate da ingiustizie, dalla cattiva
gestione delle poche risorse, da un sistema
sanitario ed educativo insufficiente, dalla
condizione spesso umiliante della donna.
Conoscere questo popolo sarà per noi un arricchimento e ci indurrà a prendere posizione,
perché gli interventi dei Paesi ricchi in Ciad
non siano palliativi, ma accompagnino realmente la sua crescita verso la democrazia, la
pace, l’autosviluppo.
Pensando al modo in cui tanti trascorrono il
loro tempo libero e spendono i loro soldi,
mi sento venir meno; vedo com’è facile,
anche per noi religiosi, cadere nel vortice
del consumismo, rinchiudendoci nel nostro
bozzolo. La tradizione cristiana, di cui ci
vantiamo, dovrebbe spingerci a cercar di
comprendere in modo più profondo il fenomeno dell’immigrazione.
- Perché in missione oltre frontiera, quando lamentiamo qui, nel nostro mondo, la mancanza
di annunciatori del Vangelo?
- È vero: anche qui abbiamo grande bisogno
del Vangelo, la sola Parola che può salvarci
Cucina Foto: sspc
dalla disperazione, dal non senso, dalle disillusioni di un falso progresso, dalla sfiducia,
dalla solitudine esistenziale, dall’individualismo consumista.
In Ciad, tuttavia, il bisogno mi pare più
grande, perché la maggior parte delle persone
non ha ancora preso coscienza della bellezza
e della dignità di essere figli di Dio, e gli
evangelizzatori sono veramente pochi. Il Ciad
ha bisogno del Vangelo, per uscire dal proprio
guscio, superare le incompatibilità etniche,
liberare le potenzialità di ognuno in vista del
bene comune.
- Servono ancora le congregazioni missionarie?
- Il missionario che vive questa scelta come
definitiva raggiunge il Paese di missione per
restare, per “sposare” - se mi è permessa
l’espressione - un popolo, la Chiesa a cui è
stato inviato. Tutta la sua vita, i suoi pensieri,
i suoi sentimenti, sono lì. È la sua famiglia. È
presente a quella realtà con tutto se stesso,
finché l’obbedienza alla volontà di Dio glielo
consente. Percorre le strade di quella terra di
missione per il Vangelo, perché altri conoscano l’amore del Padre per noi e perché la
Parola accolta nei cuori possa trasformare la
vita dei singoli e indurli a formare una sola
grande Famiglia.
In virtù della sua appartenenza a Cristo, ha il
dono di stabilire relazioni privilegiate con le
persone a cui è inviato e con quelle che lo inviano, e di creare fra gli uni e gli altri ponti
di comunione a livello profondo. Mi rivolgo a
voi, giovani, a voi che avvertite questa chiamata: non temete di pronunciare il vostro
“sì”, aprendo il vostro cuore, allargando i vostri orizzonti e offrendo tutte le vostre energie e il tempo che vi è dato per amore di
Cristo e dei fratelli.
Silvia Marsili, Missionaria Saveriana
137
Notizie claveriane
PER LE MISSIONI
sotto patrocinio di San Pietro Claver
a più divina delle cose è cooperare alla salvezza delle anime: queste parole di Dionigi
Areopagita hanno caratterizzato la spiritualità
della Beata Maria Teresa Ledóchowska (18631922) e caratterizzano quella della Congregazione delle Suore Missionarie di S. Pietro
Claver, fondata dalla Beata Maria Teresa il 29
aprile 1894.
La sollecitudine di cooperare alla salvezza dei
fratelli, soprattutto di quelli più abbandonati,
dispersi nei Paesi di missione, è sgorgata in
lei, e sgorga anche in noi, dall’amore che Dio
ha donato agli uomini in Cristo Gesù, sulla
croce. Il nostro vivere quotidiano, nella consacrazione al Signore e nel servizio ai fratelli,
è segnato dal desiderio di far conoscere la
fonte dell’Amore stesso, in particolare là dove
l’amore sembra spegnersi, perché vi regnano
povertà, malattia e ignoranza.
Il carisma, che la Fondatrice ha ricevuto dallo
Spirito Santo e ha trasmesso a noi, si è
espresso e ha dato vita a un impegno particolare nell’opera evangelizzatrice e missionaria
della Chiesa, perché ogni persona abbia l’opportunità di incontrare Gesù Cristo, il solo che
può liberare l’uomo da qualsiasi schiavitù e
dipendenza. A questo carisma è intrecciata la
figura di san Pietro Claver (1580-1654), un
sacerdote della Compagnia di Gesù, che si definì “lo schiavo degli schiavi africani per sempre”. Maria Teresa scelse questo Santo come
patrono dell’opera da lei fondata e pose la
Congregazione sotto il suo nome, per la testimonianza resa da quell’infaticabile missionario. Pietro Claver operò a Cartagena in
Colombia, fra gli schiavi provenienti dal-
L
138
l’Africa, per un periodo di 40 anni, dedito interamente a istruire, battezzare e accompagnare questi fratelli, allora tanto disprezzati.
La Beata Maria Teresa venne a conoscenza
della vita di San Pietro Claver dopo la sua canonizzazione nell’anno 1888 e, sull’esempio
del Patrono, riconobbe nei missionari del suo
tempo i liberatori degli uomini dalle molte
forme di schiavitù odierne.
Il carisma trova attuazione nell’apostolato
dell’animazione missionaria, che la Fondatrice
descrisse così: “L’opera di animazione si realizza con la parola e con lo scritto: con lo
scritto mediante la pubblicazione delle riviste
missionarie, di opuscoli e di foglietti volanti
nelle più diverse lingue; con la parola, specialmente mediante le adunanze, le riunioni,
le proiezioni di film e le conferenze”. La rivista missionaria per le famiglie “Eco dell’Africa
e di altri Continenti”, fondata da Maria Teresa
Ledóchowska, è uno dei più importanti strumenti dell’animazione missionaria nell’ambito
della Congregazione. La rivista è redatta in
nove lingue e trasmette le informazioni che i
missionari fanno giungere a noi sulle loro attività e sulle sfide delle giovani Chiese. Non
mancano gli scambi di esperienze e le pagine
di gratitudine e di solidarietà.
In occasione di un’altra conferenza missionaria, la Fondatrice specificò ulteriormente il carisma della sua fondazione: “Non si tratta di
un centro di raccolta, bensì di una società di
animazione missionaria. Si vuole destare nel
popolo, tra la gioventù studiosa e in mezzo
ai bambini, l’amore e l’entusiasmo per le missioni. Importante è ravvivare l’ideale missio-
“In questo ancora Maria Teresa previene il Vaticano II, che dichiara ogni cristiano missionario in virtù del suo Battesimo e pone
l’apostolato al centro delle responsabilità che
incombono ai battezzati” (Maria Winowska, Andate al mondo intero, Editions Saint-Paul, Paris
1975; trad. it. a cura di R. Greco, Roma 1990).
In forza del battesimo, che è in sé il primo
“mandato missionario” di ogni cristiano, siamo
tutti chiamati dall’amore di
Dio ad annunziare a ogni
uomo la salvezza, portata da
Gesù Cristo, con la sua morte
in croce e la sua risurrezione.
A chi sta a cuore questo mandato, può trovare il modo di
realizzarlo anche tramite la
nostra Congregazione come
membro esterno, oppure come
zelatore o zelatrice, impegnandosi nella diffusione delle
opere dell’Istituto e del suo
ideale. L’opera fondata dalla
Beata Maria Teresa Ledóchowska non è formata, infatti, solamente da membri interni,
cioè da religiose che dedicano
tutta
la loro vita alla salvezza
Comunità di Trento Foto: M.M.
delle anime, ma anche da
aiuti materiali, ma soprattutto aiuti spirituali: membri esterni laici, zelatori e zelatrici.
“Prima di tutto possiamo venire in aiuto alle Attualmente le Suore Missionarie di S. Pietro
Claver provengono da tutti i Continenti e rapmissioni con la preghiera”.
La Beata è consapevole che l’offerta, per amore, presentano 29 nazionalità. Le case, in cui
di piccoli sacrifici, di semplici momenti di gioia siamo presenti e che danno vita a 43 comue anche, purtroppo, di sofferenza, è una forma nità internazionali, sono sparse in 23 Paesi
di aiuto spirituale vero e fattivo, un sostegno del mondo. Ci unisce il carisma dell’animaefficace e senza limiti, perché può esprimersi zione missionaria, che la Fondatrice ci ha lasciato in eredità spirituale, per giungere,
con la grazia di Dio in ogni momento.
In tale modo, la Beata Maria Teresa ci propone cooperando alla salvezza dei fratelli, alla sanla possibilità di essere missionari nell’ambiente tità personale.
in cui viviamo, con i mezzi di cui disponiamo:
sr. Margherita Radunc, sspc
nario... il denaro arriva poi da sé”.
Nel caso in cui l’animazione missionaria
avesse portato anche denaro, “l’aiuto deve essere offerto ai missionari senza preferenze”,
scrisse la Fondatrice, cioè deve essere ripartito tra le congregazioni religiose, senza distinzione. Maria Teresa ha intuito la necessità
di sostenere i missionari ad gentes precorrendo i tempi, non soltanto assicurando loro
139
Bacheca
5 per MILLE
con una semplice firma puoi sostenere l’azione dei missionari
Caro Amico delle missioni,
come saprai, ogni contribuente può destinare il 5 per mille dell’IRPEF dovuto all’erario a sostegno della ricerca e del volontariato, analogamente a quanto già previsto per l’8 per mille.
La nostra Congregazione è tra gli enti destinatari della disposizione ministeriale per il proprio
impegno a favore dei poveri attraverso il sostegno delle missioni e dei missionari.
Come destinare il 5 per mille alla nostra Congregazione? Le persone fisiche che lo desiderano dovranno riportare nella propria dichiarazione dei redditi, nel luogo appositamente indicato al 5 per mille, il codice fiscale 02569800580 della Congregazione delle Suore
Missionarie di San Pietro Claver e destinare il 5 per millle delle proprie tasse per l’azione
dei missinari a favore dei poveri.
Aiutaci nella diffusione di questa informazione tra i Tuoi amici e conoscenti. Anche questo
è un gesto concreto di amicizia per i missionari.
GRAZIE DI CUORE
Suore Missionarie di S. Pietro Claver
RICORDIAMO i nostri defunti
don Idgaz Theiner
Schlanders (BZ)
don Matthias Rigo
Brixen (BZ)
Paola Ghinfanti
Roma (RM)
Nicola Ciulli
Roma (RM)
Carmela Orler Bettega
Mezzano (TN)
Giovanni Amati
Vaprio D’Adda (MI)
Ermelinda Melis
Marrubiu (OR)
Angela Lagorio
Casteggio (PV)
L’eterno riposo dona loro, o Signore,
risplenda a essi la luce perpetua,
riposino i pace. Amen
140
Anno CXV
n. 9 Settembre 2010
Direttore responsabile
mons. Ernesto Menghini
Redazione
sr. Maria Maciag, sspc
Vincenza Zangara
SUORE MISSIONARIE DI SAN PIETRO CLAVER
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REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE
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A SETTEMBRE celebriamo:
1 Giornata Mondiale per la Salvaguardia
del Creato
8 Giornata Internazionale
dell’Alfabetizzazione
9 Memoria di San Pietro Claver - Festa
patronale delle Suore Missionarie
di S. Pietro Claver
27 Giornata Mondiale del Turismo
Poste Italiane s.p.a.
Spedizione in abbonamento postale
D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n°46)
art. 1, comma 2, DCB Trento.
Autorizzazione del Tribunale di Roma
n. 148 del 25 marzo 1986.
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“...tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei
fratelli più piccoli, l'avete fatto a me”
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