padre Guglielmo
Alimonti OFM Cap
I miei giorni
con
Padre Pio
Presentazione
Perché non scrivere prima queste memorie?
Avevo la sensazione che, pur così importanti per
me, potessero non avere interesse per gli altri.
La Chiesa prima o poi definisce la vita dei Santi,
perché nessuno più di essi onora il Vangelo e la santità
della Chiesa stessa.
Infatti Padre Pio ha ricevuto l’onore degli altari
dall’autorità infallibile della Chiesa.
Io avrei continuato a tenere questi ricordi nel segreto del cuore, perché mi piace vivere intimamente
ciò che appartiene al mio intimo.
Solo alcuni di questi episodi li ho citati nella collana “Voce dell’anima”.
Ora però non potevo dire di no all’esortazione
amorevole di Sua Eccellenza Monsignor Michele Castoro, vescovo di San Giovanni Rotondo, Vieste e
Manfredonia.
La sua attività di Pastore e la sua dedizione alla
Casa Sollievo e ai Gruppi di Preghiera è attenta e amorevole.
Pertanto della mia piccola fatica, oltre che al mio
caro Padre Pio, faccio dono a lui.
Spero di far cosa gradita ai figli e devoti di Padre
Pio e a chiunque ama la verità.
L’Autore
Venafro (Is) 29 maggio 2011 - Centenario della presenza di Padre Pio
Figlio mio!
Così mi ha chiamato l’uomo che ha portato nelle sue
carni le piaghe visibili di una croce invisibile.
Salito sulla croce vi è rimasto per cinquant’anni e
avrebbe voluto restarci fino alla fine del mondo.
Con la preghiera è stato il segno della fede.
Con la sua immolazione è stato il segno della esigente
speranza cristiana.
Con la sua carità ha reso visibile l’amore infinito del
cuore di Gesù.
Dai suoi occhi, spesso rossi di pianto, veniva una luce,
che gli permetteva di leggere anche nella coscienza più aggrovigliata, come in un libro aperto.
Quella lettura diventava una confessione ad alta voce,
se ciò era per il bene dell’anima che si presentava a lui.
Il suo era l’aspetto del profeta, che si fa voce di Dio
per scuotere e salvare.
Era pronto a sorridere e a scherzare per rallegrare amici
e confratelli, che conversavano con lui nei rari momenti di
sosta.
Il suo cuore, aperto e sanguinante, come quello di Gesù
in croce, era l’amabile rifugio per tutti, santi e peccatori.
La sua carità oltrepassava ogni immaginazione.
Non viveva più per se stesso. Era la copia vivente di
Gesù.
Come premio all’amore e al dolore che lo hanno consumato, Gesù gli ha consentito di fondere il suo cuore di sacerdote col proprio cuore di Salvatore del mondo.
Per la vita intera ha camminato nel deserto senza ri7
paro e nel buio mistico senza pareti per accompagnare, sorreggere e guidare i numerosi fratelli, che Dio gli ha affidato.
La Chiesa ha stentato a definirlo, ma alla fine era
l’unica voce autorizzata a dichiarare infallibilmente l’esemplarità di vita, l’eroicità delle virtù, la somiglianza a Cristo,
il merito dell’umiltà davanti a Dio e dell’obbedienza senza
riserva alla sacra autorità.
Gesù ne ha fatto un martire. La Chiesa ne ha fatto un
santo. Il popolo di Dio ne ha fatto un rifugio per tutti i dolori e tutte le speranze.
Per me è Padre, Maestro, Fratello e Amico.
È dono prezioso di Dio alla mia vita.
Sono indegnamente anche suo concittadino “onorario”.
Grazie, Padre Pio. Grazie, Pietrelcina.
Pietrelcina (Bn) 4 ottobre 2000 - Consegna delle chiavi della città a padre
Guglielmo Alimonti e padre Mario Manganelli
8
Questo fraticello
Ero fratino nel Seminario Serafico di Sulmona (Aq).
Stando tra i Cappuccini, qualcuno di essi ogni tanto ci
parlava di Padre Pio, il frate in fama di santità della provincia religiosa di Foggia.
Ci dicevano che portava le stimmate di Gesù nelle
mani, nei piedi e nel costato.
Faceva profezie, era dotato di carismi speciali ed era
visitato da tanta gente ogni giorno.
In quel periodo lessi e rilessi la prima biografia di San
Leopoldo Mandic, che era morto nel 1942, due anni prima
che io entrassi in seminario. Mi dicevo: non ho potuto conoscere Padre Leopoldo, ma Padre Pio è vivo!
La brama di andare da lui per abbracciarlo, ricevere la
sua benedizione e chiedergli di pregare per me, mi ardeva
forte nel cuore. Mi accompagnava dalla mattina alla sera.
Ma tanto in seminario, come in noviziato e fino al sacerdozio, alla mia richiesta di andare da lui mi rispondevano, che a noi cappuccini era vietato, perché la nostra
presenza poteva essere interpretata come una propaganda
a favore di Padre Pio.
Questo non solo era assurdo, ma si capiva che era un
pretesto giustificabile solo ai loro occhi. Mi rassegnavo collocando la cosa nell’ambito dell’obbedienza, ma la speranza di arrivare prima o poi a Padre Pio, era sempre forte.
Ormai sacerdote, fui trasferito a Pescara. Conobbi una
famiglia devotissima di Padre Pio. Spesso mi raccontavano
dei loro viaggi a San Giovanni Rotondo e dei grandi segni
di santità del Padre.
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Conoscendo il mio desiderio, un giorno mi invitarono
ad andare in macchina con loro.
Il superiore me lo permise, ma sotto la mia responsabilità.
Negli anni del Seminario più volte mi era venuto in
sogno. Un giorno mentre ero nel piazzale a giocare con i
compagni, Padre Pio si affacciò da una finestra del convento e mi sorrideva, sventolando la mano in segno di gioioso saluto.
La sera che giungemmo a San Giovanni, accettai di
dormire in albergo per non disturbare a quell’ora i frati.
Alle quattro del mattino eravamo a pregare con la folla dei
pellegrini sul sagrato. Alle cinque entriamo in chiesa. Mi
sono fermato in fondo alla chiesa. Mi sentivo indegno.
Tutto mi sembrava già troppo.
Una signora con gentilezza mi disse: -Padre, lei è un
confratello di Padre Pio, perché si ferma qui? Vada, vada in
sacrestia vicino a Padre Pio-.
Feci in tempo a vederlo e poi seguii la sua Messa dal
matroneo con alcuni religiosi e vari medici della Casa Sollievo.
Il Padre fece il ringraziamento e poi si recò nel confessionale. Io ero incerto sul come avvicinare Padre Pio.
Ecco vedo venirmi incontro il M. R. Padre Raffaele da
Sant’Elia a Pianisi. Mi conosceva tramite sua sorella, che
viveva a Pescara.
-Vieni, vieni-, mi disse affettuosamente -ti presento a
Padre Pio-.
Entriamo in convento.
Padre Pio stava tornando in cella, tenuto sottobraccio
da due confratelli.
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Padre Raffaele mi presenta al Padre, dicendo: -Padre
spirituale, questo fraticello viene dall’Abruzzo e si raccomanda alle vostre preghiere-.
Mi ritrovo sottobraccio al Padre, che prima mi scruta
con due occhioni neri fino alle midolla e poi dice: -Ah, sì?e mi sfiora il viso con un ceffone.
Io avevo sempre pensato: se mai arriverò a Padre Pio,
la prima cosa che merito è un ceffone.
Ma il Padre immediatamente trasforma quel gesto in
una carezza dolcissima, sfiorando il mio viso; poi stringe il
mio braccio contro le sue costole così forte da sembrare
che non l’avrei potuto più staccare
È quello che farò fino alla morte.
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Suona il vespro
Ero cappellano dell’ONARMO (Opera Nazionale Assistenza Religiosa Morale Operai). Programmavo il mio
lavoro di assistenza settimana per settimana.
Un’“Opera” impegnativa e benefica, voluta dalla Santa
Sede per portare l’assistenza spirituale nel mondo operaio.
Per oltre venti anni ho trascorso giorni e notti nelle fabbriche, nelle ferrovie e nelle aziende della città di Pescara. La
nomina veniva direttamente dal Vescovo ordinario. Questo mi ha dato la possibilità di portare molte volte con pullman e con mezzi privati tanti operai da Padre Pio. Gli
operai spesso venivano insieme alle proprie famiglie. Partecipavano i dirigenti delle ferrovie, i direttori di aziende e
i proprietari di imprese. Molti di loro poi diventavano bravi
testimoni di Padre Pio, suoi figli spirituali e attivi collaboratori nei Gruppi di Preghiera.
Quasi settimanalmente potevo essere vicino al Padre.
Se ero solo andavo con una “cinquecento FIAT”, attempata
sì, ma che mai mi ha lasciato per strada. Impiegavo solitamente tre ore, pur premendo abbastanza l’acceleratore.
Per viaggiare più tranquillo chiesi a Padre Pio di proteggermi nella guida. Egli mi rispose: -Sì, così se mandi
qualcuno nel fosso, puoi dire che sono stato io!Gli dissi: -Padre, mi affido a lei, perché al fosso non ci
voglio andare io e non ci voglio mandare nessuno-. Sorridemmo insieme.
In uno di questi viaggi arrivai alle due del pomeriggio.
Sapevo che a quell’ora il Padre era solo a pregare sulla
veranda, mentre i confratelli si godevano un riposino po12
meridiano per poi riprendere con più energia l’impegno
della giornata, lì sempre lunga e faticosa. Non suonai il
campanello, per non disturbare. In cuor mio dissi al Padre:
mandami qualcuno ad aprire, così posso stare vicino a te,
poi, come suonerà la campana del vespro, io tornerò fuori
e busserò per entrare. Sento subito un passo alle mie spalle:
è un infermiere della Casa Sollievo. Tira fuori la chiave ed
apre. Si fa da un lato e mi dice: -Padre, si accomodi-.
Raggiungo il Padre. Lo saluto con immensa gioia e lo
ringrazio. Egli mi abbraccia e mi invita a sedermi accanto
a lui. Fino alle tre rimango a pregare anch’io. Eravamo soli.
Alle quindici puntualmente suona la campana del vespro. Io non mi muovevo da lì. Dopo qualche minuto Padre
Pio si volta verso di me con uno sguardo intenso e mi dice:
-Hai sentito la campana del vespro?Mi alzai e tornai fuori come promesso; per poi suonare
e rientrare.
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Così piccolo
Il clima natalizio vicino a Padre Pio mi ricordava la celebrazione della nascita di Gesù come l’avevo vissuto da
bambino e da fanciullo in famiglia. Rinnovava nel mio
cuore di figlio di San Francesco quello che avevo goduto,
trascorrendo più volte il Natale nella città d’Assisi.
Il presepio in quei santuari mi trasportava spiritualmente alla grotta di Betlemme e alla Grotta dei Pastori, vicino a Betlemme.
Il Natale di Gesù è la festa delle feste, come lo definiva il Serafico Padre.
Egli bramava che tutto il mondo potesse esultare e cantare per accogliere il Figlio di Dio, che nasce sulla terra.
Diceva che tutti, uomini ed animali, debbono far festa.
Aggiungeva: “Se potessi, andrei dall’Imperatore per dirgli
di far gettare grano per le strade affinché gli uccelli possano mangiare in abbondanza”.
I suoi biografi raccontano, che a Greccio, la notte di
Natale, dopo aver cantato da diacono il Vangelo, fu visto
col Bambino Gesù vivo tra le braccia, e pronunciando le
parole: “Bambino di Betlem” sembrava che avesse il miele
in bocca. Del resto la storia del presepio nelle chiese è una
storia tutta francescana. Non parlo del mistero, ma della
sua rappresentazione, ridotta a scene e canti di menestrelli.
Io facevo del tutto per trascorrere a San Giovanni Rotondo qualche giorno durante le feste natalizie.
Quando il giorno dell’Epifania Padre Pio offriva il
Bambino da baciare, i fedeli vivevano una emozione particolare.
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Molti baciavano prima il Bambino e poi, furtivamente,
la mano del Padre.
Negli ultimi anni era il celebrante che si recava sul matroneo e portava a Padre Pio il Bambino.
A Pietrelcina, e credo anche a San Giovanni Rotondo,
si conserva il Bambinello baciato da Padre Pio.
Dalla signora Pia Forgione, nipote del Padre, ho avuto
l’incarico di far restaurare la culla di Padre Pio, quella che
poi fu donata con firma di notaio ai Cappuccini del convento di Pietrelcina.
L’episodio che diede luogo a ciò che voglio testimoniare in ordine al Bambino Gesù e a Padre Pio, avvenne a
San Giovanni Rotondo.
Desideravo tanto avere un’immaginetta di Natale con
la Sacra Famiglia benedetta dal Padre.
Al momento opportuno mi recai davanti a lui con l’immaginetta fra le mani. Il Padre era seduto.
Come sempre in questi casi mi inginocchiai e lo pregai
di benedirla. Accadde quello che non immaginavo.
Padre Pio, tenendo la mano sinistra poggiata sulla mia
spalla, puntò il dito della mano destra sulla figura della Madonna. Mi domandò: -Chi è?- -È la Madonna-, risposi.
Poi portò il dito su San Giuseppe e domandò: -Chi è?Ho risposto: -È San Giuseppe-. Poi indicando il Bambino
dormiente nella culla, continua: -E questo chi è?- -Padre-,
rispondo, -È Gesù Bambino-.
Si erge nella persona, allarga le braccia, e fissandomi
negli occhi, esclama: -Ma così piccolo!Rispose al pensiero che mi tormentava in quei giorni:
Gesù Bambino è grande, perché è Dio.
Il mio amore per Lui è ancora troppo piccolo!
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Stai lì e prega per me
Nell’età della fanciullezza a chi mi domandava: -Cosa
vuoi fare nella vita?- Rispondevo sempre: -Voglio fare il
medico pilota-.
- Perchè?- Mi piace curare i malati e volare nell’azzurro del
cielo-.
Mi appassionavo alla geografia per conoscere i popoli
lontani. Motivi vari mi costrinsero a frequentare le scuole
tecniche di avviamento professionale.
In quegli anni ci ritrovammo tra gli orrori della guerra.
Subivamo le angherie e le minacce dei soldati tedeschi,
che ci cacciavano dalle case e ci deportavano verso il nord:
Trieste, Udine, Bolzano, meno esposte alla conquista alleata.
Io sono sempre sfuggito a quelle retate facendo anche
centinaia di chilometri a piedi tra fame, freddo e pericoli di
morte. Prima che ci trovassimo nella morsa dei tedeschi e
sotto i bombardamenti americani, uscivo da scuola e mi
trattenevo nel convento dei Cappuccini del mio paese. Ebbi
dai Padri l’incarico di tenere pulita e ordinata la biblioteca
del convento.
La frequenza durò più di due anni. Ero appassionato
di letture. Lessi tra l’altro intere collane missionarie e
l’opera colossale del cardinale Guglielmo Massaia “I miei
trentacinque anni di missione”. Sbocciò in me la vocazione
cappuccina missionaria.
La guerra mi costrinse a ritardare l’ingresso in seminario. Mi proposi di fare mia la vita e il nome del Massaia.
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Per questa particolare vocazione, durante tutti gli anni
di studi, mi affidarono l’associazione missionaria studentesca della “Divina Pastora”, Patrona delle missioni cappuccine.
Ne ero assai felice e mi davo da fare. Però avevo deciso
di andare da Padre Pio prima di partire per le missioni.
Sentivo profondo il bisogno di confessarmi da lui e di
affidarmi al suo consiglio e alla sua preghiera.
Ero pronto a partire per le missioni. Per questo avevo
già studiato la lingua spagnola. Sarei andato in Colombia.
Giunse in Italia il vescovo di quel territorio per la visita ad limina. Venne da me e mi disse: -Sono venuto a
prenderti. Tutti ti aspettiamo-.
Ma in quel momento il futuro della mia vita sacerdotale era cambiata.
Perché?
In uno dei viaggi a San Giovanni m’ero proposto di
domandare a Padre Pio: -Il Signore mi vuole nelle missioni?Una volta vicino al Padre, trascorro giorni senza ricordarmi della domanda.
Sulla via del ritorno con mia confusione e meraviglia
mi accorsi della dimenticanza. Programmai a breve scadenza il prossimo viaggio col preciso scopo di avere il suo
consiglio.
Mi vergogno a dirlo; si ripete la stessa dimenticanza.
Inutile dire quanto in un successivo viaggio ci tenevo
a risolvere un problema per me così importante.
L’affetto mi legava al Padre e al bisogno della sua
guida amorosa, tuttavia in caso il Signore l’avesse voluto,
sarei partito senza indugio per le missioni.
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Per la terza volta stavo ripartendo senza rivolgere a
Padre Pio quella domanda. L’avevo abbracciato per salutarlo e mi aveva dato, come sempre, la sua benedizione.
Ero già sulla porta quando, mi richiama e mi domanda:
-Ma tu dove sei?-Sono a Pescara, Padre-. Egli con quel tono profetico,
che non ammette replica, aggiunge: -Bene; stai lì e prega
per me-.
Cancellato il pensiero delle missioni, ho impiegato
anni a capire tutto il significato di quelle sue parole.
Era facile capire: “Prega per me”.
Non altrettanto facile capire che pregare per lui significava anche “lavorare con lui”. È questa la missione, che
Dio ha voluto, e ne sono felice.
Pescara - Ponte del mare e statua dell’Immacolata
18
Pescara senza mare
Era iniziata la primavera.
Le giornate limpide facevano a gara nel regalare ogni
mattina nuove gemme alle piante e teneri boccioli alle rose.
Le pratoline ricamavano i prati, i campi e i bordi delle
strade. Nella limpida sera puoi passare in rassegna le costellazioni.
Le stelle brillano di luce più nitida.
La luna si mostra senza contorni sfocati.
Nel meriggio il sole è vigile e generoso senza eccessivo calore e viaggia affondato dentro l’azzurro.
La natura è piena di energia e di promesse.
La gente è giuliva e con la voglia di fare.
Tutti sembrano riscoprire emozioni della fanciullezza.
Forse era proprio questo il mio stato d’animo quel
giorno vicino a Padre Pio. Vedevo anche lui lieto e pronto
alle sue intelligenti battute.
La mattina, partendo per San Giovanni Rotondo, mi
avevano regalato una magnifica crostata. Riempiva di gradevole profumo l’abitacolo della vettura.
Padre Onorato era incaricato di portare da mangiare a
Padre Pio, che rimaneva nella sua cella.
Gli dissi: -Padre Onorato, permettimi di venire insieme
a te e di poter offrire a Padre Pio un poco di questa crostata-.
Chi me l’aveva affidata, aveva insistito di farla assaggiare al Padre. Padre Onorato cercò di dissuadermi.
Diceva: -Tanto è inutile! Quando mai Padre Pio ha
mangiato la crostata!19
Alla fine accondiscese.
Poggiammo tutto sul banchetto, che fungeva da mensa
al centro della stanza. Il Padre si sedette.
Diede un veloce sguardo al cibo. Maccheroni in
bianco, un piattino di verdura scondita e un pezzetto di ricotta.
La novità era la porzioncina di crostata.
Ci invitò a sederci. Gli augurammo buon appetito.
Toccò i vari cibi con la punta della forchetta e accantonò tutto.
Si fermò a far girare nel piatto il pezzetto di crostata.
Fu l’unica cosa che assaggiò e ingoiò a fatica.
Padre Onorato mi guardò; non voleva credere ai suoi
occhi.
Il Padre avvia la conversazione.
Chiede: -Da dove viene questa crostata?- -Viene da Pescara-.
-Oh, Pescara senza mare!- esclamò in tono divertito.
Noi due, l’uno dopo l’altro, ci affrettammo a dire che
si sbagliava.
-Padre, Pescara è proprio vicino al mare; c’è anche il
porto-.
La nostra descrizione non lo interessò più di tanto.
Nonostante la buona volontà, non riuscimmo a capire
il senso di quella battuta.
Padre Pio non poteva ignorare che Pescara è sul mare.
Passarono mesi.
In quel periodo Padre Pio fu più provato del solito nella
salute. A me il medico aveva ordinato una cura di mare.
Ne avevo voglia e bisogno.
Pensando però alle condizioni del Padre, feci una pro20
messa: Signore, rinuncio alla cura, ma ti prego, fa’ stare
meglio il Padre.
Passa l’estate.
Intanto avevo completamente dimenticato la battuta di
Padre Pio.
Un giorno d’autunno ci ritrovammo nella stanza del
Padre, proprio come quel giorno.
Di colpo mi si illuminò la mente: è vero.
Per me quest’anno Pescara ... senza mare!
Pescara - Panorama della città vista dal mare
21
Porta questa pianta al Padre
Era di pomeriggio. Appena arrivato sostai in preghiera
nella penombra della chiesa di Santa Maria delle Grazie.
L’immagine della Madre di Gesù col Bambino lattante
ispira tenerezza e confidenza. Ai piedi di quell’altare mi
sentivo piccolo come il Bambino Gesù avvolto dall’amore
della sua mamma. Guardarla, invocarla, abbandonarsi a
Lei, infondeva conforto e sollievo. Mi alzo e attraverso il
presbiterio per salire dal Padre.
Vedo una signora, che mi tende una rigogliosa pianta di
canfora, che emanava un delizioso profumo. Mi prega di
portarla a Padre Pio. Valuto la situazione. Il dono è grazioso e fatto con semplicità e affetto verso il caro Padre.
Lo recherei su con immenso piacere, ma so che quell’innocente gesto può sembrare una indebita ingerenza. Per un
episodio del genere m’ero preso tempo addietro un severo
rimprovero. La donna continuò a supplicarmi, ma ritenni di
non poterla accontentare.
Dentro di me immaginavo l’amara delusione di quella
poverina, mentre lei non poteva immaginare il dispiacere,
che provavo io nel doverle dire di no. In cuor mio ho detto
al Padre: perdonami se ho sbagliato. Sai quanto mi costa.
Purtroppo nell’ambiente giravano persone malvagie, che
insospettatamente facevano il diabolico mestiere di delatori e menzogneri per colpire Padre Pio. Il Padre era sereno
e sempre pronto a prendere su di sé qualunque immeritata
pena. Avrebbe voluto risparmiare fastidi ai suoi amati confratelli. Forse anche a questo si riferiva quando, poco prima
di morire, disse tra l’altro a Padre Pellegrino: “Chiedo per22
dono ai confratelli per i fastidi che ho dato”. Egli era sempre pronto a perdonare chi ribadiva i chiodi delle sue piaghe. Si è autodefinito “Cireneo”.
Ha sempre pregato e offerto se stesso per la conversione e la salvezza dei peccatori vicini e lontani. Turbato da
tali pensieri raggiungo il Padre, che mi abbraccia. Saluto
quelli che erano intorno a lui. Mi siedo e rimango in silenzio a pregare come gli altri. Dopo alcuni minuti Padre Pio
con un cenno invita uno dei Padri ad avvicinarsi a lui. Questa volta era Padre Alessio. Gli sussurra qualcosa. Padre
Alessio va nella cella del Padre e torna fuori con un ramoscello di canfora in mano. Padre Pio gli fa cenno di consegnarlo a me. Fui preso da commozione.
Bisbigliai un grazie. È storia che non si dimentica.
23
Adesso puoi andare
L’episodio accadde in uno dei primi incontri nel confessionale con Padre Pio. Sto attento a non dimenticare nessun peccato in confessione e a concepire nel mio cuore il
più sincero pentimento.
Il Padre all’epoca confessava gli uomini nella sacrestia vecchia. Era lì per alcune ore del mattino, però il turno
più impegnativo e affollato era quello del pomeriggio.
La fila degli uomini cominciava dal fondo della chiesa
piccola. Tutti in piedi e in assoluto silenzio. Eventualmente
ci fossero dei sacerdoti, potevano mettersi, senza prenotazione, dopo ogni cinque fedeli.
A ognuno di noi, lì in attesa, accadeva di rovistare la
memoria e la coscienza.
Lo volevamo noi penitenti e lo voleva Padre Pio confessore per conseguire una piena purificazione dell’anima
e godere la pace e la consolazione del perdono di Dio.
Padre Pio col dono della scrutazione dei cuori era di
grande aiuto al penitente.
Sappiamo bene che la confessione o è conversione o è
confusione. Ma con quel giudice, non poteva restare la confusione. Egli leggeva nella coscienza, e se non eri preparato
e pentito, ti rispediva. In caso poi di omissione o di ostinazione ci scappava una severa rampogna.
Padre Pio era pronto a prendere su di sé i castighi di
Dio meritati dai peccatori, ma voleva la loro conversione.
Quanti ne ho visti cambiare radicalmente vita dopo la
confessione col Padre! Venivano e tornavano da ogni parte
del mondo.
24
Quel confessionale era il tribunale della verità e della
misericordia, e spesso anche dei prodigi. Chi ha fatto come
me quell’esperienza ha da raccontare.
Ricordo il caso d’una ragazza americana che parlava
solo l’inglese. Era la nipote di Maria Pyle.
Uscita dal confessionale, raccontò alla zia preoccupata,
che Padre Pio aveva parlato, capito e risposto nel più perfetto inglese.
Scrutazione di cuori, profezie, conversioni e guarigioni
erano all’ordine del giorno.
Quelli che uscivano piangendo, di solito erano quelli
più contenti.
Ognuno affidava al Padre bisogni propri e altrui,
d’ogni genere, soprattutto di ordine spirituale.
Si stampavano nel cuore le sue parole di fede, le sue
paterne ammonizioni, le sue calde esortazioni, i suoi preziosi consigli.
Io ricordo tutto quello che per anni ha riversato nella
mia anima in confessione. Questo senso di gratitudine mi
spinse a dirgli al termine della confessione: “Padre, sono
felice d’essermi confessato con lei”.
Non l’avessi mai detto!
Con le braccia tese verso di me in atto di rimprovero e
di implorazione, mi dice ad alta voce: -Ti sei confessato e
t’ho dato l’assoluzione. Adesso che vai cercando? Mi devi
far perdere tempo? Vattene!Fu come l’abbattersi di un fulmine sulla mia testa. Addolorato e confuso gli baciai la mano e mi alzai dicendo: Sì, sì, me ne vado!Mi affliggeva avergli procurato inconsapevolmente un
dispiacere.
25
In realtà andavo via, ma non avevo capito il motivo del
rimprovero. Ero proprio avvilito.
Non mi ha dato tempo di fare un passo. In tono severo
ha aggiunto: -Ma dove vai? Tira quella tendina-.
Il sole della finestra lo investiva. Mi avvicinai alla finestra e pian piano allargai la tendina.
Mi dice: -Rimettila come stava-.
Lo faccio. A quel punto la confusione dentro di me era
totale.
Ed ecco ancora la sua voce: -T’ho detto, tira quella tendina!Obbedisco.
Nel frattempo, insieme alla vergogna, che provavo a
causa dei presenti, una fulminea ispirazione mi dice: tu hai
sbagliato, perché con le tue parole hai fatto l’elogio alla sua
persona e Padre Pio giustamente, nella sua umiltà, ti ha lavato la testa.
In quell’istante mi arriva rabbonita e tenera la voce del
Padre: -Adesso, puoi andare-.
26
Di dove sei
Erano passati anni dal mio primo arrivo a San Giovanni Rotondo. Ormai ero e mi sentivo di casa in quel convento. Spesso mi ritrovavo insieme ai confratelli a
conversare attorno al Padre. Così era possibile stringere fra
di noi una fraterna amicizia. Padre Pio gradiva la nostra
compagnia ed era premuroso con tutti.
C’era tanta gioia.
Una mattina, appena risaliti dalla Messa, mi domanda:
-Tu di dove sei?Sapevo che Padre Pio non si lasciava andare a domande di pura curiosità. Alla sorpresa si aggiunse l’imbarazzo. Pensai d’istinto che il nome del mio paese,
sconosciuto nell’ambiente, non avrebbe detto niente a
Padre Pio. Sarebbe stata una risposta inutile. Per veloce deduzione, risposi: -Vengo da Pescara-.
Era una risposta inesatta e altrettanto inutile, perché il
Padre questo lo sapeva già. Basta. La cosa finì lì. Passò
qualche settimana.
In circostanza diversa, il Padre mi ripeté la domanda.
Io non cambiai la risposta. Dopo qualche tempo una
terza volta. Mi sembrava un copione.
Senonché l’ultima volta accadde qualcosa di assolutamente imprevisto.
Il Padre si rivolge a me e pronuncia delle frasi nel dialetto più stretto del mio paese.
Rimasi stupefatto. Nella mente si affollavano gli interrogativi. Ciò rimandò la mia memoria ad altri episodi del
genere.
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Per esempio una volta che volli esprimere la gioia di
essere vicino a lui, aggiunse subito: -Io ti ho visto da prima
che tu nascessi-.
Ora rimaneva da sciogliere quel “di dove sei”.
Molti anni dopo con una solenne cerimonia a Pietrelcina, il Sindaco della città, presente il Prefetto di Benevento, altre autorità e illustri personalità del territorio, al
suono della banda e su uno splendido palco mi proclamò
“Cittadino Onorario di Pietrelcina”.
Ricordai la domanda di Padre Pio.
In cuor mio dicevo: adesso capisco bene.
Il mio paese ora è anche Pietrelcina, che mi ha adottato.
Oggi risponderei: Padre, sono tuo concittadino!
Pietrelcina (Bn) - Madonna della Libera
28
Chi ha guidato
Avevo lavorato alacremente nei primi giorni della settimana per ritagliarmi i due giorni da stare vicino al Padre.
Era tanta la gioia dell’attesa, che sembrava già di essere arrivato là. Circa le 23 stesi una coperta sul pavimento della
stanza e mi coricai con la speranza di non finire ingoiato
dal sonno profondo. Volevo partire appena la mezzanotte.
Improvvisamente mi scoppia un mal di testa terribile.
Che fare? Vado lo stesso? Ce la faccio? Riprendo sonno.
Un fastidioso prurito inizia a pizzicarmi la gola. Comincia
lo stimolo della tosse. Istintivamente mi opponevo ad una
mano invisibile che mi sollecitava ad alzarmi. Ero così stordito dal sonno che non pensavo più al viaggio.
Quando finalmente fui padrone dei miei sensi, tutto
tornò chiaro. Guardai l’orologio: non c’è più tempo da perdere. Mi alzo, mi lavo. Monto in macchina. L’aria era fresca e il cielo pieno di stelle. Giungeva nitido il rumore del
mare. In convento era pieno il silenzio della notte. L’unico
in movimento ero io. Se qualcuno mi avesse sentito, mi
avrebbe dato del matto. Parto. Sull’asfalto la cinquecento
sbuffava, perché spingevo l’acceleratore. Non c’era l’autostrada. Si percorreva tutta la nazionale, poi la superstrada
da Termoli a San Severo. Da lì la vecchia strada per salire
a San Giovanni. Ma ancora lontano, alle curve di Ortona,
il mal di testa riprende a martellare le tempie. Quasi mi si
appannava la vista per il dolore. Che fare? Tornare indietro
o andare avanti? Era comunque un rischio. Ricorro alla mia
ancora di salvezza. Dico: Padre, guida tu, altrimenti io vado
fuori strada e a te arriva solo la notizia di me! All’istante
29
una mano morbida e fresca mi sfiora il viso e mi accarezza
la fronte. Il malessere scompare. Proseguo in perfetta tranquillità. Non ricordo quanto tempo impiegai, ma ebbi la
chiara sensazione di essere arrivato con molto minor tempo
del solito. Terminata la Messa del Padre, vado a salutarlo
in cella. Dopo l’abbraccio mi domanda con un’aria misteriosa: -Da dove vieni tu?- Rispondo: -Da Pescara-.
-E come sei venuto?-Con la macchina, Padre-.
-E chi ha guidato?Io totalmente dimentico del pericolo corso e della preghiera rivolta a lui, ho risposto semplicemente: -Ho guidato io-.
Il Padre solleva un braccio nell’aria e in tono deluso,
esclama: -Ah!- Non aggiunse altro.
Sulla via del ritorno, ricostruendo quel colloquio, ricordai tutta la vicenda e mi vergognai di me stesso. Corsi
col pensiero al Padre per dirgli: porto un macigno sulla coscienza. Fra qualche giorno tornerò. Ti prego di rivolgermi
le stesse domande.
Che Padre paziente! La settimana dopo mi vede arrivare imbarazzato e vergognoso.
Egli mi ripete
come una litania le
stesse domande.
Quando alla fine
rispondo: -Ha guidato lei-, mi tende le
braccia e mi stringe a
sé con un sorriso, che
mi riempie il cuore.
30
Mi devi “sciancare”
Si usa dire “sciancato” a chi ha le anche rovinate, per
cui non ce la fa a camminare.
Questo fa pensare al flagello della “crurifazione”, che
veniva eseguita sui condannati alla crocifissione per provocare la morte sicura. Perché Padre Pio mi rimproverò di volerlo “sciancare”? Assolutamente lungi da me una simile
idea! Ho offerto la mia vita per lui.
Dicevo a Gesù: se la mia vita intera può valere un minuto della vita del Padre, prendi subito me e concedi un
minuto di più alla vita del Padre, immolato per la conversione dei peccatori e per la salvezza delle anime.
Quando i miei impegni ordinari me lo permettevano io
mi recavo pellegrino solitario in questo o quel santuario
per trascorrere una giornata di preghiera e di digiuno.
Ne avevo bisogno per rafforzare il mio spirito, e rendere più efficace il mio apostolato nell’OFS regionale, nell’ONARMO, nei Gruppi di Preghiera e come segretario per
i religiosi della CISMAM (Conferenza Episcopale Abruzzese-Molisana). Temendo di non fare bene ogni cosa,
m’ero proposto di chiedere in confessione al Padre quale di
esse era il caso di lasciare.
Il Padre mi prevenne: -Figlio mio, ricordati che Dio è
giusto e dà il premio pari ai meriti-. In altra circostanza,
sempre riguardo a questo mio pensiero, mi disse: -Non ti risparmiare!Dunque io avevo bisogno di puntare sulla preghiera.
Alla guida della macchina tornavo verso sera da una
di queste giornate di raccoglimento. La strada era acciden31
tata e piena di curve. Bisognava attraversare una serie di
ponti, perché il torrente sottostante andava a zig-zag. I
ponti erano antichi e i parapetti alti impedivano la buona visuale.
All’inizio di uno di questi ponti mi sono trovato davanti una macchina in sosta. Non c’era modo di schivarla,
non c’era tempo di frenare. Attimi fatali! Con gli occhi
aperti andavo inevitabilmente contro quell’ostacolo. Ho
sentito un brivido di gelo dalla testa ai piedi.
Senza frenare, la macchina si ferma. Prima di riprendermi e di scendere è passato qualche minuto. Ho girato lo
sguardo sulle montagne intorno per rendermi conto che non
stavo sognando, ma era realtà. L’unica cosa che sono riuscito a pensare in quel momento l’ho detta a me stesso: domani andrò a ringraziare il Padre. La mattina dopo sono
andato. Quando mi sono trovato davanti a lui, volevo subito
accennare allo scampato pericolo e ringraziarlo di avermi
salvato la vita.
Il Padre, che era seduto, non mi ha dato tempo. Sollevando le braccia d’impeto, come chi deve parare un guaio
improvviso, esclama: -Ma tu mi devi “sciancare” in tutto?Ho provato un attimo di dolore e di sconforto, come
nell’istante in cui la macchina si era fermata sul ponte.
Affaticare Padre Pio! Non era proprio quello che volevo. Gliene chiedo ancora perdono.
32
Sangue sulle strade
Dal momento in cui ho conosciuto Padre Pio frequentavo San Giovanni Rotondo, perché volevo stare vicino al
Padre. Non ero stato a Pietrelcina.
Conoscevo bene tutti i familiari del Padre, a cominciare dal fratello Michele, alla nipote Pia.
Sapevo il nome dei luoghi di Pietrelcina cari al Padre
e di tutte le notizie che i biografi ci davano sulla sua infanzia, su papà Grazio e Mamma Giuseppa.
Sapevo l’evento delle stimmate dette invisibili, di Don
Salvatore e della profezia di Fra Pio sulla futura presenza
dei frati a Pietrelcina.
Sapevo i fatti più importanti di Piana Romana, del
pozzo scavato dal papà, dell’Olmo e della capannuccia.
Sapevo delle frequenti lotte col demonio nella casa del
fratello Michele e dell’apparizione del Sacro Cuore nella
chiesa di Sant’Anna quando ricevette la Prima Comunione.
Più tardi ho preso a frequentare Pietrelcina e a conoscere da vicino quella brava gente, timorata di Dio e devota di Padre Pio. Ho raccolto notizie e compilato qualche
testo-guida per i pellegrini.
Nel primo pellegrinaggio riuscii a portare diecimila fedeli. Invitai a presiedere la solenne concelebrazione il Cardinale Samorè. Il rito si svolse nello stadio, l’unico luogo
capace di contenere quella folla. Il vescovo di Benevento,
Calabria, fu felicissimo; ugualmente i frati e gli abitanti di
Pietrelcina.
Ora il calendario fisso dei viaggi a Pietrelcina è di tre
volte l’anno: la nascita, la stigmatizzazione e la prima
35
Messa del Padre oltre a solenni ricorrenze e celebrazioni
promosse dai Cappuccini.
Pensando alle visite dei pontefici a San Giovanni Rotondo, immagino che prima o poi questa gioia toccherà
anche al paese che ha dato i natali al grande Santo delle
stimmate.
A Pietrelcina ho dedicato il primo dei cinque volumi
della collana “Voce dell’anima”. Ha per titolo: “Pietrelcina,
tu non sei più piccola”.
Dall’eternità Dio ha puntato il dito della speranza su
questa terra, come lo aveva puntato tanti secoli fa sulla terra
umbra.
Assisi e Pietrelcina vivono la luce epifanica d’un gemellaggio, che durerà fino alla fine del mondo.
La Chiesa esulta quando pronuncia questi due nomi.
Si può abbandonare alla letizia celeste quando invoca Francesco e Pio. Padre e Figlio hanno sposato la radicalità evangelica della povertà, la via maestra dell’umiltà, la regina
inconfondibile di tutte le virtù: la carità.
Quel giorno del quindici di agosto, festa dell’Assunta,
lo volli trascorrere accanto a Padre Pio. Ho potuto godermi
tante ore di seguito la presenza del Padre.
Il Padre Guardiano, Padre Carmelo da San Giovanni
in Galdo, quando mi ha visto arrivare, è rimasto sorpreso ed
ha esclamato: -Oggi scorre sangue sulle strade e tu sei arrivato fin qui!Ho risposto che ci tenevo molto a trascorrere la festa
della Madonna vicino al Padre.
Mi sono voltato a guardare il Padre: aveva un sorriso
di gioia e di compiacenza. Sotto lo sguardo della Madonna
e di Padre Pio, non scorre sangue.
36
Dammi il tuo fazzoletto
Ritenevo una grazia singolare il poter stare vicino alla
persona del Padre. Ero immensamente felice di prestargli
all’occorrenza qualche umile e filiale aiuto. I momenti in
cui mi toccava questo gradito compito era o la mattina sul
matroneo o nel pomeriggio sulla veranda.
Il Padre era abitualmente raccolto in preghiera con la
corona del rosario, che scorreva continuamente fra le sue
dita. Non mi permettevo di aprire conversazioni, se non per
necessità di qualche consiglio o per il bisogno di confessarmi. In tal caso, rimanendo sempre con la corona fra le
mani, egli chinava amorevolmente il capo verso il penitente e ascoltava.
Il giorno a cui si riferisce questo episodio Padre Pio
stava seduto, sul lato sinistro del matroneo. La sua sedia
veniva collocata molto vicino al parapetto in modo che, alzando gli occhi, poteva vedere agevolmente sia il tabernacolo al centro dell’altare e sia più su l’immagine della
Madonna delle Grazie, che allatta Gesù Bambino.
Attualmente l’immagine di Padre Pio inserita nel mosaico, è posta sul lato destro, con le braccia aperte e il viso
rivolto alla Madonna.
Dalle sue biografie e dall’esperienza di fatto io sapevo,
che durante la preghiera, Padre Pio si effondeva in abbondanti lacrime. Chiaro dono di Dio.
Raccontavano i confratelli più anziani, che da novizio
e da studente, le lacrime scorrevano fino al pavimento,
tanto che i suoi compagni ci scherzavano sopra con delle
battute affettuose.
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Il Padre pregò il Signore che gli togliesse questo dono,
senza privarlo di quella tenerissima dolcezza, che gli inondava l’anima e gli struggeva il cuore.
Proprio come quando a Pietrelcina supplicò Dio e ottenne che non si vedessero le ferite delle stimmate, ma potesse continuare a sentire tutto il dolore, perché, diceva:
“Quello lo voglio e lo bramo”.
Quel giorno stando in piedi a poca distanza dal Padre
avevo notato che il suo grande fazzoletto, quello che nella
generazione passata usavano i contadini, era ormai zuppo
di lacrime. Da tempo aspettavo l’occasione di avere una
tale reliquia. Non ne avrei approfittato per tenerlo io -anche
se questo mi avrebbe fatto immensamente contento-, ma
per dividerlo in tanti pezzetti e darli ai malati, che mi conoscevano e me lo chiedevano.
Ho pensato di offrirgli il mio, asciutto, e farmi dare il
suo, bagnato. L’impresa non era facile. Il Padre, intuendo
che io cercavo quell’oggetto come una reliquia, mi avrebbe
fatto una bella sgridata e i frati mi avrebbero allontanato
da lui.
Ma era un’occasione davvero opportuna e io non volevo rinunciarci. Lo sguardo mi andò sull’immagine della
Madonna. Questo mi suggerì la soluzione del caso.
In silenzio rivolsi a Lei questa preghiera: -Madonna
mia, di’ tu al Padre di accontentarmi senza una sgridata-.
Mi avvicino e con affetto gli propongo lo scambio: Padre, dammi il tuo fazzoletto bagnato, ti do il mio che è
asciutto-.
Mi ha guardato in atto di rimprovero, ma in quell’istante si volta verso la Madonna, come se da lì una voce
lo richiamasse.
38
Il tempo di qualche secondo, poi si volta verso di me e
accetta lo scambio, dicendo affabilmente: -Va bene. Prendi
il mio e dammi il tuo-. Due favori in uno.
Ho ringraziato la Madonna ed anche il Padre.
Un piccolo gesto, un piccolo fiore. Ma anche un piccolo fiore può spandere un grande profumo.
39
Apri quella porta
È il mese di gennaio, sono le quattro del mattino.
Sono accanto a Padre Pio in sacrestia.
Fuori c’è buio e pioggia battente. Le cime dei pini
lungo il viale dell’orto si piegano sotto le sferzate del vento.
A tratti il sibilo somiglia a lontani ululati. Il freddo è intenso. La folla dalla mezzanotte prega senza interruzione
sul sagrato. Alla preghiera in varie lingue alternano canti
popolari.
Con l’immancabile rosario scandiscono all’infinito il
Padre Nostro, le Ave Maria, il Gloria al Padre, seguite da
giaculatorie al Cuore di Gesù e alla Madre di Dio.
Quando arrivo di notte, anch’io trascorro le ore pregando con loro, nell’attesa che si apra la porta della chiesa.
Negli ultimi anni la chiesa si apriva alle cinque, quando
il Padre iniziava la celebrazione della Messa. La folla si riversava in tutta fretta dentro la chiesa. Si stringeva intorno
all’altare, felice di partecipare all’Eucaristia.
Padre Pio, raccolto e sempre sofferente, era il focolare
che emanava luce di fede, garanzia di speranza e calore dell’amore di Dio. La folla era unita a lui spiritualmente, in
un cuor solo e un’anima sola. Gli occhi di tutti erano sul celebrante e il cuore di tutti era su quell’altare per farsi dono
e offerta con Padre Pio e con Gesù.
Quella mattina alle quattro il superiore scende in sacrestia per dire sottovoce qualcosa a Padre Pio, che pregava seduto presso il banco della sacrestia.
Il Padre si comprimeva di continuo il fazzoletto contro
gli occhi per asciugare il flusso delle lacrime.
40
Ascolta il superiore e poi con umiltà gli dice: -Apri
quella porta, non vedi che brutto tempo? Lì fuori la gente
sta male!Il superiore, allargando le braccia, risponde con evidente disagio: -Padre, non posso-.
Certamente Padre Pio non intendeva suggerire una disobbedienza. Proponeva una eccezione per motivo di carità. Mi strinsi ancora di più al Padre. Mi mordeva il
desiderio ardente di abbracciarlo e di consolarlo. Avrei voluto proprio fare qualcosa per risparmiargli quelle lacrime.
Chiesi a Dio di racchiudermi nel cuore trafitto di Padre
Pio, come Padre Pio si racchiudeva nel cuore trafitto di
Gesù.
41
Che mi hai portato da mangiare
I primi incontri con Padre Pio avvenivano sempre col bisogno di chiedere. La fede e la pace per se stessi. Guarigione
per parenti e amici. Consigli su cure e ospedali da scegliere.
Giovani sbandati; matrimoni in crisi. La Casa Sollievo era la
clinica per gli ammalati. La chiesa era la clinica dello spirito.
Padre Pio rappresentava “il dare” e tutti noi “l’avere”. Non si
poteva fare altrimenti. Il “santo” era lui! Quanto gli potesse
costare ognuna di quelle migliaia di suppliche, taluna veramente disperata, non preoccupava gli altri e forse nemmeno ci
si pensava. Nei santi la spinta è la carità, nella gente comune
è il bisogno. Alla fine anche questo strano rapporto spinge
l’umanità fino alla Provvidenza e alla misericordia di Dio. In
fondo la stessa Redenzione di Gesù e la mediazione della
Chiesa hanno la stessa sorgente. Man mano che andiamo perfezionando la fede, comprendiamo che la carità è dovere di
ogni cristiano. Si impara che dietro la dissolvenza dell’amore
appare il volto di Gesù. Quando questa verità si fa chiara, sull’asse della bilancia anche noi mettiamo “il dare” prima
dell’“avere”. Come si faceva questa conquista? Constatando le
condizioni di Padre Pio e osservando la sua immolazione
d’amore. Egli viveva l’eroismo quotidiano del servo obbediente e del fratello generoso. Per sé non chiedeva che preghiere e patimenti. La passione di Gesù era il suo vero cibo.
In me è cresciuto di giorno in giorno il desiderio, di farmi cireneo del “Cireneo di tutti”, come egli stesso si è definito.
Questa è la via per cui ci guida la parola del Vangelo e l’ascesi
cristiana. Ogni vero discepolo deve essere pronto a bere il calice del Maestro per seguire le orme del Maestro. Sono sta42
zioni in successione: rinnegamento, accettazione, sequela.
Quando hai deposto il bagaglio che ingombra, cominci a correre, come i discepoli dietro Gesù e come i frati dietro il Poverello Serafico.
Quel giorno! Partii per San Giovanni Rotondo offrendo
la giornata di digiuno per Padre Pio. Portai con me solo una
bottiglia d’acqua e un tozzo di pane secco per ogni evenienza.
Quando mi misi a letto poggiai l’una e l’altro sul tavolo. Dopo
la mezzanotte, io non so come, mi vidi il Padre vicino al letto.
Aveva le ginocchia piegate, ma non toccava per terra. Mi
chiede: -Che mi hai portato da mangiare?Provai imbarazzo: proprio oggi che non ho portato nulla
con me il Padre ha bisogno! -Padre ho soltanto una bottiglia
d’acqua e un pezzetto di pane-. Il Padre non cercava quello
che avevo; cercava me. Rimase del tempo in quella posizione,
parlando di Gesù e del Paradiso. Alla fine mi accarezzò il viso
con le mani. Mi benedisse e andò via senza aprire la porta,
come quando era entrato.
43
È bella la Madonna
La presenza di Padre Pio mi riempiva, mi consolava,
mi fortificava. Anche nelle ore in cui non gli ero accanto,
me lo sentivo vicino. Dovunque, in convento, in coro o in
chiesa, mi seguiva l’eco del suo respiro affannoso, lo strisciare lento di quei sandali di cuoio. I colpi di quella tosse
ostinata, che lo tormentava a causa della bronchite cronica.
Quando me lo permettevano i confratelli, negli spostamenti da un punto all’altro, ero sempre al suo fianco. Sostenerlo mi dava forza, mi comunicava pace. Avevo
bisogno di lui, perciò il Signore mi ha portato da lui.
Dalla prima volta che mi ha stretto a sé ho sentito dentro di me queste parole: “Tu volevi vedere San Francesco?
Eccolo!” Soprattutto con l’esempio, Padre Pio mi ha guidato a San Francesco.
Col passare dei mesi si faceva strada in me il desiderio
di una foto vicino a Padre Pio. Non era di estrema importanza. Era come il bisogno di fermare anche sulla carta un
attimo di quel tempo di grazia, che tanto velocemente fuggiva. Il pensiero che il Padre ci avrebbe lasciato era remoto
e mai ne abbiamo fatto oggetto di conversazione.
Si voleva eterno il tempo vicino a lui. Purtroppo nulla
è eterno, in questa terra d’esilio. Comunque una foto ricordo la desideravo.
Mi sembrò opportuno parlarne con Padre Giacomo
Piccirilli, il fotografo ufficiale del convento. Ero abbastanza in confidenza con lui. Mi rispose che era possibile,
ma bisognava cogliere un momento adatto, sia per non disturbare Padre Pio e sia per l’opportuna riservatezza.
44
Finalmente! Eravamo noi due col Padre. Padre Giacomo era già pronto con la macchina fotografica in mano.
Gli ho detto: -Suggeriscimi quello che debbo fare-.
-Prendi quel quadro della Madonna appesa al muro.
Avvicinati a Padre Pio e fagli la prima domanda che ti
viene in mente-.
Sono andato col quadro in mano davanti al Padre e,
mostrando l’immagine, gli ho chiesto: -Padre, è bella la
Madonna?Non fu una domanda salomonica! Io stesso dovevo sapere quanto è bella la Madre di Dio.
Padre Pio, guarda la Madonna, come incantato, poi
volge lo sguardo a me. Sembrava dire: tu parli di bellezza
... la Madonna è Paradiso!
Padre Guglielmo Alimonti mostra a Padre Pio un quadro della Madonna
45
Una foto mancata
Per tanti anni Padre Pio aveva l’incarico di dare la benedizione eucaristica serale. In quel tempo non c’era la
Messa vespertina. La funzione “serotina” prevedeva il rosario seguito dalla benedizione col Santissimo Sacramento.
Seguiva la preghiera di visita e di riparazione a Gesù Sacramentato. A quella si univa la preghiera di San Bernardo alla
Madonna: “RicordaTi, o pietosissima Vergine Maria, ...” il
celebre Memorare.
La voce del Padre, quando recitava queste due preghiere, metteva brividi di commozione. Egli stesso talvolta
si commuoveva fino alle lacrime. Credo che ne circolino
ancora dei nastri con la registrazione.
Si capiva quanto era grande il suo amore a Gesù e
Maria e quanto gli stavano a cuore i peccatori.
Quando questa funzione serale fu sostituita dalla
Messa vespertina, il Padre la seguiva dal matroneo.
I religiosi della famiglia e i sacerdoti ospiti lo sapevano
e approfittavano anche per salutare il Padre.
Vi si recavano anche infermieri e medici della Casa
Sollievo e laici, che avevano libero accesso in convento.
Nell’ultimo periodo il Padre veniva aiutato a salire e
scendere le scale da due confratelli.
Una sera che toccò a me di sorreggere il Padre, volevo
una foto accanto a lui nel momento in cui usciva dalla
chiesa per tornare in cella. Come fare?
Tra varie persone, che avevano in mano una macchina
fotografica, vidi un sacerdote francese.
Pensai: di lui mi posso fidare.
46
Prima di recarci a pregare lo accostai e in francese, gli
espressi il mio desiderio.
Gli suggerii i dettagli. Doveva essere veloce e riservato. Il giorno dopo avrebbe sviluppata la foto e me
l’avrebbe data. Gli avevo precisato che doveva cogliere il
momento in cui il Padre sarebbe arrivato sul pianerottolo,
prima di scendere la gradinata. Non ho detto niente a nessuno e ancor meno al Padre per non metterlo in imbarazzo.
Nel momento in cui ci avviamo verso l’uscita, guardo
il prete. Ripetutamente gli faccio cenno.
Quello non mi rivolge lo sguardo. Non si muove. È in
ginocchio e sembra incantato alla vista di Padre Pio.
Il Padre rimane fermo circa due minuti in attesa di
quella foto. Guardiamo insieme il prete il quale mi aveva
detto: “Tu chiedi permesso al Padre col pensiero, così non
mi sgrida”.
Altro che sgridare! Il Padre ha aspettato fermo insieme
a me, poi mi guarda e si stringe le spalle per farmi capire:
ti devi rassegnare, la foto non si fa.
È la foto mancata ... che non dimenticherò.
47
Non disturbare il Padre
La mia vicinanza a Padre Pio mi consentiva affettuosa
familiarità con i confratelli della Provincia monastica di
Foggia. Ero sempre dietro di loro e non ho mai pensato che
potessero togliermi qualcosa donatami dalla bontà di Dio.
Ero felice di raccogliere, come dice la donna del Vangelo,
le briciole che cadevano dalla mensa. Mi commuove ancora oggi il ricordo delle premure di padre Mariano Palladino, padre Onorato Marcucci, padre Adriano, fra
Modestino e tanti altri.
Non solo mi permettevano di stare accanto al Padre
quanto volevo, ma spesso mi davano la possibilità di sostituirli. Il Padre nella sua pazienza e nella sua carità era contento così. Vedendolo sofferente, chi sa che avrei fatto per
dargli qualche sollievo.
Un giorno d’estate vedendo il sudore assommarsi alla
sua alta temperatura febbrile, gli ho chiesto se gradiva un
bicchiere d’acqua fresca.
Mi ha risposto di no.
A distanza di minuti per ben tre volte gli ho ripetuto la
domanda. Alla fine il Padre, mi ha detto amabilmente sorridente: -Uagliò, se l’aggia fa pe’ te!Cioè va bene, se debbo farti questo favore!
Ho chiesto scusa.
Quel giorno c’era padre Alessio ad assistere il Padre.
Un po’ burbero nei modi, ma sempre molto attento e
affezionato a Padre Pio. Il Padre stava più male del solito.
Padre Alessio lo aveva obbligato a stare a letto e gli
aveva steso sopra parecchie coperte oltre l’imbottita.
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La temperatura alta e la tosse martellante gli affaticavano oltremodo il respiro. Io fuori la porta, nel corridoio,
seguivo tutto. Agli occhi di padre Alessio dovetti sembrare
un cacciatore in agguato. Non avevo l’intenzione di entrare
nella stanza del Padre; un ardente desiderio di vederlo, sì.
Quando dovevo ripartire Padre Pio mi dava sempre la benedizione e l’abbraccio. Era questa la speranza che mi inchiodava quel giorno fuori la sua porta. Improvvisamente
incomincia a squillare il telefono nella saletta in fondo al
corridoio, lontano dalla stanza del Padre.
Nessuno andava a rispondere.
Padre Alessio decide di andare.
Passando davanti a me, mi punta il dito e mi dice severamente: -Non disturbare il Padre-.
Gli prometto gentilmente che non l’avrei fatto.
Intanto che lui è di là, Padre Pio si libera dalle coperte,
e appoggiandosi con le mani alla parete, arriva fino a me.
Mi benedice e mi abbraccia.
Mi sussurra: -Adesso puoi andare!-.
49
Per te che vuoi
Il fratello maggiore di Padre Pio, Michele, viveva a san
Giovanni Rotondo, in casa della figlia, Pia. Al tempo era
anziano, lucidissimo, ma non usciva più di casa. Godeva
delle premurose cure e continue attenzioni della signora
Pia, e dei numerosi nipoti.
Andavo spesso e volentieri a fargli visita. La mattina
dopo la Messa del Padre gli portavo la Comunione. Mi intrattenevo a conversare con lui. Era molto contento di vedermi. Raccontava episodi della fanciullezza vissuti in
famiglia e particolarmente in compagnia di Francesco, futuro Padre Pio.
Ricordava quella volta che Francesco volle usare la
falce, ma inesperto com’era, si tagliò quasi completamente
il dito mignolo. Michele lo fasciò con delle foglie e una
rozza pezzuola, senza medicarlo perché mancava tutto il
necessario. Gli proibì di raccontare l’incidente ai genitori.
Dopo alcuni giorni Michele tolse la rudimentale fasciatura e vide con meraviglia, che il dito del piccolo Francesco era perfettamente guarito.
Volentieri ora viveva a San Giovanni per stare vicino al
santo fratello. Finché stette bene partecipava alla Messa di
Padre Pio all’alba e poi si tratteneva in convento dove godeva dell’affettuosa simpatia dei frati.
Una mattina dopo la Comunione gli ho chiesto da
quanto tempo non vedeva Padre Pio.
Mi ha risposto: -Viene tutte le mattine. Si trattiene poco
perché deve celebrare la Messa e ha tanto da fare in chiesa.
Anche questa mattina è stato qui-.
50
Era l’inconsapevole testimonianza di una bilocazione
del Padre, il quale, come tutti sapevano, non usciva più dal
convento. Alla morte del caro fratello Padre Pio, provò un
grande dolore.
I familiari mi inviarono un telegramma. Corsi a San
Giovanni. Durante la celebrazione funebre stetti vicino a
Padre Pio sul matroneo. Quando il corteo si avviò verso
l’uscita della chiesa, Padre Pio si alzò in piedi, tenne fisso
lo sguardo sulla bara del caro fratello, poi si sciolse in un
pianto dirotto. Dopo qualche minuto lasciai il Padre in
chiesa e seguii il corteo fino al cimitero. Assistetti alla tumulazione. Quando il muratore ebbe terminato di sistemare
ogni cosa, baciai la tomba, lasciai la cappella e tornai in
chiesa. Il Padre era lì. Mi inginocchiai vicino a lui senza
disturbarlo. Quando alzò la testa per guardarmi, gli dissi
quasi sottovoce: -Padre, nel cimitero tutto a posto-.
Mi disse: -Per te che vuoi?Risposi: -Padre, la sua benedizione-.
Mi poggiò le mani sulla testa e mi benedisse.
Padre Pio al capezzale del fratello Michele
51
A tutto deve pensare Padre Pio
Andavo sempre più constatando i singolari carismi del
Padre e la forza della sua carità. Il suo aiuto preveniva, accompagnava, garantiva. Come il calore del sole, scioglieva
e consolava. Il mio spirito si apriva a lui con l’atteggiamento del bambino sicuro tra le braccia della mamma.
Trovavo la preghiera come l’ha definita Padre Pio “il
respiro dell’anima”, insieme provavo l’acquietarsi delle
ansie, la pace nel combattere i difetti, la gioia di amare e il
desiderio di offrirmi con gioia al servizio di Dio e alla dedizione per il prossimo.
Mi sentivo spiritualmente al posto giusto e deciso a
proseguire nonostante il peso della debolezza umana e il
furore del nemico, che mai depone le armi.
Rivivevo la primavera della mia consacrazione a Dio
e il bisogno di appartenere totalmente a Lui. Imploravo
l’amore e la protezione della Vergine Maria, la carezza benedicente del Padre San Francesco, la difesa dell’Arcangelo San Michele, la compagnia amorevole del mio Angelo
custode. Mi sentivo sostenuto dalla preghiera di Padre Pio.
Un mattino mi gettai in ginocchio davanti a lui, dicendo: -Padre, tu conosci i miei desideri e le mie debolezze,
dammi la tua benedizione-.
Il Padre, senza dire nulla, stese le braccia e posò prolungatamente le sue mani aperte sulla mia testa.
Provavo benessere nello spirito e un dolce vigore che
copriva la mia nudità interiore.
Avrei voluto che quei momenti non fossero mai finiti.
Al termine della giornata mi ero ritirato sul matroneo
52
per dedicarmi alla preghiera. Nel frattempo i frati erano
scesi al refettorio per la cena. Restai lì, pensando: se debbo
andare, ci pensa Padre Pio.
Dopo un bel po’ arriva trafelato un confratello e mi
dice: -È ora di cena e tu stai qui? Vieni, il superiore mi ha
mandato a chiamarti-.
Andai di corsa e mi scusai.
La mattina seguente incontro Padre Pio nel corridoio.
Appena mi vede esclama: -Mangiare o non mangiare!
... a tutto deve pensare Padre Pio?-
Padre Guglielmo Alimonti, in alto a destra, si intrattiene con Padre Pio e alcuni confratelli sulla veranda
53
Purché per il bene
I frati sempre più spesso parlavano dell’opportunità
d’una grande Via Crucis sul fianco della montagna tra la
Casa Sollievo e il convento. Ormai la piccola antica Via
Crucis lungo la salita del Santuario non si prestava più alla
pratica del pio esercizio, perché c’era continuo traffico di
macchine e via vai di gente.
Approntato il progetto, i frati si misero alla ricerca dell’artista. L’opera che si voleva collocare in un posto così
importante, esigeva un artista bravo.
Riferirono a Padre Pio la risposta negativa di vari scultori ed egli consigliò di rivolgersi al celebre scultore Messina, convertito. La commissione si recò da lui.
Egli apprezzò l’invito e ringraziò, ma rispose che
ormai le sue mani non erano più adatte ad un tale lavoro.
Quelli precisarono che erano stati consigliati dallo stesso
Padre Pio di rivolgersi a lui.
Messina rispose: “Se è così non posso dire di no, ma
sarà Padre Pio a darmi la forza”.
Al termine confidò: “Neppure da giovane ho avuto
tanta forza nelle mie mani”.
Oggi tutti sanno l’affetto e la devozione dello scultore
per Padre Pio.
Infatti dopo la conversione Messina si recava volentieri a San Giovanni Rotondo e vi portava degli amici. Nel
mondo degli artisti parlava della sua gratitudine verso
Padre Pio. Desideravo tanto dare anch’io il mio piccolo
contributo per la spesa. Mi informai sul costo di una singola
stazione. Pensai di coinvolgere qualche benefattore di mia
54
conoscenza. Mi affidai alla preghiera. In quel periodo tornò
per una vacanza in Italia, uno dei miei fratelli, emigrato in
Brasile. Gli confidai il mio desiderio. Acconsentì volentieri
e mi consegnò l’offerta che però non era sufficiente alla
spesa totale d’una stazione. La mattina seguente consegnai
nelle mani del Padre la somma ricevuta. Padre Pio l’accettò
e aggiunse affabilmente: -Figlio mio, purché per il bene!Quelle parole mi infusero grande conforto, cancellando
il dispiacere di non aver potuto fare di più.
San Giovanni Rotondo (Fg) 21 marzo 2010 - Via Crucis dei Gruppi di Preghiera abruzzesi sul Monte Castellano
55
Che c’è scritto
La gente, che sapeva dei miei viaggi a San Giovanni
Rotondo e della mia familiarità con Padre Pio, mi affidava
spesso lettere da consegnare al Padre o consigli e aiuti spirituali da chiedere.
Contento di essere aiutato, ero altrettanto contento di
aiutare figli e devoti del caro Padre.
Io stesso prima di andare da Padre Pio avevo un certo
timore. Pensavo: il Padre, che scruta le coscienze, forse mi
accoglierà con un ceffone o mi manderà via.
Colsi l’occasione per inviargli un biglietto in cui chiedevo la sua benedizione. In cuor mio pensai: se accoglie il
biglietto, accoglierà anche me; se rifiuta il biglietto, significa che rifiuterà anche me. Ero certo che attraverso di lui
si manifestava a me la volontà di Dio.
Il latore di quel biglietto, mi raccontò: “Appena Padre
Pio l’ha preso se l’è posto nella tasca del petto”.
La notizia mi consolò. Decisi di andare subito.
Ho detto altrove l’amorevole accoglienza del Padre.
Ora vado ad altro.
Una volta fui incaricato di chiedere preghiere per un
ammalato da parte dei suoi familiari. Padre Pio ascoltò con
la solita attenzione e poi allargò le braccia come a significare: ormai è inutile.
Rimasi sorpreso perché l’infermo non era in gravi condizioni. Tornando seppi, che nell’ora in cui m’ero rivolto al
Padre, l’infermo era già morto.
Un’altra volta portavo con me una lettera da consegnare al Padre, ma io l’avevo completamente dimenticato.
56
Prima di ripartire,
andai a salutarlo. Mi lasciò fare alcuni passi
verso l’uscita, poi mi richiamò: -Uagliò, quella
lettera la riporti a chi te
l’ha data? Bella figura
ci fai!Tra la vergogna e la
riconoscenza mi affrettai a consegnargliela.
Il biglietto di cui
sto per dire ha un’altra
storia.
Mi era stato affidato il giorno prima di partire per San Giovanni. Lo misi in
tasca e stavo andando via, ma la persona interessata mi
pregò di leggerlo per correggere eventuali errori. Spiegai
che non era assolutamente giusto, né garbato da parte mia
leggere un biglietto indirizzato a Padre Pio. Insistette al
punto che dovetti leggerlo.
Un’occhiata veloce e assicurai che andava bene così.
Arrivai dal Padre. Appena si presentò il momento opportuno, gli consegnai vari biglietti che avevo con me.
Quando gli porsi quello che avevo letto si rifiutò di accettarlo. Con voce decisa mi chiede: -Che c’è scritto?Rispondo semplicemente: -Padre, è per lei-.
Replicò: -Lo so bene, ma dimmi che ci sta scritto-.
Non aggiunsi spiegazioni, né giustificazioni.
Con imbarazzo riuscii a fargli accettare il biglietto.
57
Che t’importa
Qualcuno aveva puntato il dito su di me. Non ne avevo
colpa. La mia discrezione era tale che al posto dell’abito
avrei indossato l’anima per mettere sotto gli occhi di tutti
la mia sincerità. Padre Pio però era sempre uguale con me.
Non mi faceva mancare affetto. Decisi di stare un po’ di
tempo lontano, ma vivevo angosciato i giorni che passavo
senza vedere il Padre. Un’amara vacanza. Avevo la preghiera e l’amore del Padre, ma mi mancava lo sguardo dei
suoi occhi, il suono della sua voce, quel profumo di santità,
che aleggiava intorno alla sua persona. Non era una punizione, ma certo una dura prova.
Padre Mariano Palladino, scherzando, mi diceva: -Tu
mi sembri il cagnolino di San Rocco, stai sempre all’ultimo posto. Aspetti che cada la mollica per te-. Il Signore
sa quanto amore nutrivo nel mio cuore per tutti quei fratelli, che come me volevano bene al nostro santo confratello. Pregavo per il Padre.
Quel “Prega per me” mi risuonava dentro ad ogni respiro, e sapevo con certezza, che egli non mi faceva mancare la sua preghiera. Recitavo i miei rosari passeggiando
nel viale interno del convento di Pescara, che va dalla statua dell’Immacolata a quella di San Francesco col lupo di
Gubbio.
Una notte mi viene in sogno Padre Pio. Uno di quei
sogni che vivi come una realtà. Egli si affianca a me, che
cammino con la corona tra le mani.
Mi guarda sorridente e mi dice: -Che aspetti a venire?Felice e confuso stavo cercando le parole per una ri58
sposta. Guardandomi negli occhi, aggiunse: -Lo so. Causa
degli altri! Ma tu vieni; che t’importa?La pedagogia dei santi rispecchia la bella libertà del
Vangelo. Partii subito per San Giovanni Rotondo.
59
Quanti anni ha
Salii in macchina quando mancavano almeno tre ore
all’alba. A qualunque costo volevo assistere alla Messa del
Padre. Così la mia giornata cadeva lieta e feconda.
Le ore scorrevano placide come le onde di un fiume.
Sorprese e consolazioni non mancavano mai.
Vicino a Padre Pio capitava di vivere in ansia quando
le sue condizioni di salute s’impennavano, o la febbre saliva troppo o la tosse si faceva insistente e dolorosa.
Dal momento che poggiai le mani sul volante una domanda martellante: “Tuo padre quanti anni ha?”
Non capivo il perché. Facevo il conto degli anni di mio
padre, pronto a dare la risposta esatta a chiunque. Un fatto
del genere non mi era mai capitato.
In quel periodo mia madre aveva problemi di salute,
ma mio padre stava bene. Il ritornello continuava.
In quel periodo il Padre non scendeva più al refettorio.
Padre Onorato ed io portammo al Padre in cella qualcosa da mangiare, che poi regolarmente rimaneva tutto lì.
Approfittai per chiedere al Padre di potermi “confessare” prima che scendesse in sacrestia a confessare gli uomini. Aspettai nella saletta del primo piano, a sinistra della
gradinata che porta in sacrestia e al corridoio d’ingresso.
Il Padre era accompagnato da quattro confratelli che si
sedettero accanto a noi. Egli mi fa cenno di iniziare la confessione. Alla presenza di altri? Il Padre ha insistito. Sudavo freddo. Balbettai delle parole, ma i miei occhi
correvano su quelle persone. Mi chiedevo: ma perché non
se ne vanno?
60
A quel punto, Padre Pio domandò loro: -Avete sentito
quello che ha detto questo qui?Quelli si stupirono della domanda. Non avevano sentito nulla.
Pensai: ecco un’altra sorpresa. Che ne potevo sapere
io! Mi tranquillizzai e feci tutta la mia confessione. Al termine sentii il bisogno di raccomandare a Padre Pio la salute
dei miei genitori.
Quando gli nominai mia madre mi fece cenno di sì col
capo, ma colsi un fulmineo passaggio di tristezza nei suoi
occhi. Mia madre volò al cielo qualche anno dopo.
Appena gli feci il nome di mio padre, mi chiese: Quanti anni ha?- Gli dissi l’età.
Egli con lo stesso tono di voce, aggiunse: -E beh! che
va cercando?Sentii un tonfo al cuore! Pensai: gli resta poco da vivere! Ma perché il Padre me l’ha detto in quel modo? Perché non in tono affettuoso?
In quell’istante entra Padre Adriano per accompagnare
il Padre dagli uomini, che aspettavano di confessarsi.
Padre Pio gli domanda: “Quanti sono?”.
“Quindici o sedici”.
“Sai quanto fanno quindici e sedici?”. Padre Adriano
ha capito che Padre Pio scherzava.
Invece quella somma corrispondeva alla somma di
anni che a mio padre restavano da vivere. Infatti mio padre
si è spento quasi centenario, col nome di Padre Pio sulle
labbra.
In quella confessione ho sentito a lungo il profumo di
gigli e rose.
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Tu la sai lunga
Non finirò mai di ringraziare il Signore per avermi
fatto nascere da genitori di profonda fede cristiana.
Il papà faceva l’autista presso due ditte contemporaneamente per mettere assieme un guadagno sufficiente e
portare avanti la famiglia di sette figli. Di giorno raramente
avevamo la gioia di vederlo. Tornava la sera tardi e partiva
la mattina presto, ma tanto la sera che la mattina veniva accanto al nostro letto e ci baciava uno ad uno.
Sapevamo che appena prendeva lo stipendio si recava
nel convento dei Frati Minori di Orsogna (Ch) e lì lasciava
un’offerta per i frati e un’altra per la celebrazione d’una
Santa Messa. Fu felice quando seppe che ogni mattina io
mi fermavo nel convento dei Cappuccini a Guardiagrele
(Ch) per servire tutte le Messe dei Padri per poi di corsa
raggiungere la scuola in città. E ancora di più si compiacque quando gli dissi che mi sarei fatto Cappuccino.
Mia madre ci raccontava a tavola e dopo cena molte
storie di santi. Sembrava un’enciclopedia! Amava molto
San Francesco d’Assisi.
Da giovane entrò nel terz’Ordine Francescano ed era
fedelissima a tutti gli impegni di figlia di San Francesco.
Anche in casa spesso si raccoglieva in preghiera. Aiutava
e confortava tutti.
Mi mandava ogni giorno a portare da mangiare ora all’uno ed ora all’altro povero del quartiere. Lei e il babbo mi
confidarono che nel giorno di nozze erano andati a San
Giovanni Rotondo per ricevere la benedizione di Padre Pio
e affidare a lui la famiglia. Ora tanti anni erano passati.
62
Mancavano pochi mesi al 50° anniversario di nozze.
Dopo una vita di tanti sacrifici ben meritavano un dono
speciale. La speranza nell’aiuto del Padre, la fiducia nella
sua bontà e nella sua paternità mi incoraggiavano a portarli
da lui. Restava una difficoltà.
Mi domandavo se le loro condizioni fisiche non ottimali mi consentivano di farlo. A loro non dissi nulla fino a
quando non decisi. Avevo prima bisogno dell’approvazione
del Padre. Il suo eventuale assenso, lo consideravo molto
più che un semplice parere. Per me voleva significare che
tutto sarebbe andato bene. Pertanto mi rimaneva da chiedere espressamente tale permesso. Quando scendiamo in
sacrestia alle tre del mattino per la preparazione alla santa
Messa, colgo il momento opportuno. Mi inginocchio e gli
chiedo: -Padre, io voglio portare qui i miei genitori per il
cinquantesimo di nozze. Posso farlo?Padre Pio in tono di ammonimento, mi disse: -Uagliò,
tu la sai lunga!Non aveva detto di no. Li portai e furono felici.
Guardiagrele (Ch) - Chiostro del Convento dei Cappuccini
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L’Aquila 25 luglio 1956 - Ordinazione sacerdotale di padre Guglielmo Alimonti. Nella foto insieme al papà Nicolangelo, la mamma Gentile, la sorella
Lidia e al fratello minore Mauro
Ce l’hai trovata la neve
Era il mese di gennaio. Il termometro era sceso inesorabilmente. Al rigore della temperatura s’era aggiunta la
neve. Io avevo programmato il mio viaggio a San Giovanni
con la solita 500. Tutto quello che stava accadendo rendeva
d’ora in ora più rischiosa l’andata. Era iniziativa personale
per cui dovevo decidere da solo. Del resto nessuno mi
avrebbe detto: vai. Io invece volevo andare a qualunque
costo.
Prima di mettermi a letto la sera pregai il Signore di illuminarmi, perché nemmeno volevo prendere una decisione azzardata. Riposai qualche ora. Mi svegliai.
Fioccava. Il vento attaccava la neve al vetro della finestra.
Mi tornava in mente l’episodio delle cronache francescane.
Mentre San Francesco pregava, dentro la chiesetta deserta, fuori lampi e tuoni da finimondo. Il Santo, pensando
che quello fosse un castigo di Dio per i suoi peccati, disse
a se stesso: “È il caso che io esca e venga punito senza portare alcun danno a questa chiesetta”. Aprì la porta e uscì
fuori: era tutto silenzio; una notte splendida, un cielo pieno
di stelle. Ringraziò il dolce Signore e restò lì a contemplare
le bellezze del creato, e la misericordia dell’Onnipotente
Altissimo Dio. La stessa notte Frate Illuminato ebbe la visione del Paradiso, dove il trono più bello era vuoto. Domandò di chi fosse e perché vuoto. Gli risposero che era
stato di Lucifero e che ora spettava a Frate Francesco per
la sua umiltà. Incanto da rivivere nello spirito dei Fioretti.
Mi sentii deciso a partire. Scesi in garage. Le mie
scarpe avevano qualche buco.
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Una volta in garage aprii gli sportelli della macchina e
vi gettai dentro tutti gli attrezzi che mi potevano essere utili
in caso di neve alta. Ci misi una grossa fune; una pala per
la neve; sacchi di iuta da mettere sotto le ruote se la vettura
fosse andata in panne. Mi procurai una pila e un vecchio
pastrano. Quando tutta questa scorta mi sembrò sufficiente,
misi in moto la macchina. La difficoltà era tanta. Adagio,
procedevo sullo strato di neve. Percorrevo la vecchia nazionale, perché non c’era ancora l’autostrada.
Dopo Termoli non c’era più neve. Leggeri fiocchi vagavano nell’aria, ma sembravano bianche farfalle a passeggio. La luce del giorno ormai era piena. Oltrepassai San
Severo. Alle pendici del Gargano mi raggiunse un sole
mite. Luce e sole sembravano aver dato il via ad una festa
di gioia e di colori. Più di tutto mi sorprese il vedere lungo
quelle pendici tante ginestre fiorite.
So che a gennaio non fioriscono le ginestre. Tra l’altro
fra tutte le piante solo le ginestre vedevo fiorite. Ero stupito
da questo insolito spettacolo. Arrivo in convento.
Chiedo di poter parlare con Padre Pio.
Il Padre mi venne incontro e mi domandò: -Beh! Ce
l’hai trovata la neve?L’unica risposta possibile fu l’abbraccio commosso.
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Se ti sente
Fra Anastasio da Roio, (Aq) fu compagno di noviziato
di Fra Pio e frequentarono insieme il corso filosofico e teologico.
Fra Anastasio era figlio di un pastore abruzzese. Il papà
ogni anno trasferiva il gregge nelle Puglie e per lo più nella
zona del Gargano. Era la cosiddetta “transumanza”. Svernavano e poi a primavera tornavano a pascolare sulle pendici del Gran Sasso e della Maiella.
La storia della transumanza abruzzese è legata a quella
del tratturo, striscia ininterrotta di terra riservata al passaggio delle greggi.
Di fra Anastasio, che si era fatto cappuccino laggiù, sapevo ben poco. Mi dicevo: beato lui che ha potuto vivere
nell’età più bella vicino ad un santo. Ora si era a primavera.
Dalla finestra della stanza di Padre Pio e dai finestroni
dell’attigua veranda si vedevano i tanti mandorli in fiore.
L’arido Gargano appariva un giardino con gli alberi vestiti
di perle. In lontananza si vedeva l’azzurro del cielo abbracciare la densa e sottile striscia di mare. Uno spettacolo della
natura, che metteva giovialità addosso.
La mattina stetti più tempo del solito vicino al Padre.
Sul tardi gli chiesi il permesso di ripartire. Egli mi invitò a
sedermi vicino a lui.
Abbozzò un sorriso poi mi disse: -Adesso ti racconto
una storia simpatica. Ti parlo di fra Anastasio, abruzzese
come te. È stato mio compagno di studi. Ci volevamo tanto
bene.
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Una notte, durante l’anno del noviziato, eravamo in
coro. Come sai, dopo il mattutino a luce spenta, si fa la “disciplina”.
Tutti i religiosi usavano le catenelle di ferro.
Era di venerdì e perciò avevamo anche digiunato.
Durante la disciplina, che durava generalmente dieci
minuti, si cantava insieme ad alta voce il “miserere”.
Fra Anastasio, che era vicino a me, improvvisamente
sbotta in una protesta. Si lamenta dicendomi: «Ma ti pare
giusto? Digiunare, senza dormire e adesso pure le botte!
Lo sai che ti dico, Fra Pio? Domani me ne vado».
Io sottovoce gli dissi: «Sta’ attento! Se il maestro ti
sente, ti manda via davvero». Subito si calmò e stette zitto.
Il maestro non aveva sentito e la storia finì lì-.
Il Padre un po’ divertito si chinò verso di me e mi disse:
-Su, stai almeno fino a domani-.
Fu il regalo di quel giorno.
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Se ci riesci
Padre Pio insegnava con l’esempio a coltivare il silenzio, a custodire il raccoglimento, a vigilare sul proprio spirito. Il suo insegnamento è affidato anche ai suoi scritti.
Le lettere ai propri Direttori e ai figli spirituali costituiscono un tesoro di sapienza teologica e ascetica.
L’Epistolario vedrà la luce più tardi.
Ai suoi Direttori egli apre i tesori delle sue esperienze
mistiche. Ai figli e alle figlie spirituali ha riproposto con
forza irrompente la sapienza del Vangelo. Ha indicato le
vie della santità con consigli e regole di un’ascetica antica
e sempre nuova.
Quello che fu il piccolo Francesco Forgione è diventato
uno straordinario forgiatore di anime. Padre Pio ha conosciuto voli mistici fino alla sfera dei Serafini e ha combattuto perfino fisicamente contro il demonio.
Parlando di “Barbablù” e del “Cosaccio” racconta delle
prove terribili e vittoriose contro il potere infernale.
Tutto per Gesù!
Tutto per le anime!
Lungo questo percorso di perfezione egli ha compiuto
“una missione segreta, nota a Gesù e a lui!”. Sono parole
sue.
La Chiesa avrà tutto il tempo per approfondire gli
aspetti più rivelatori di questo mistico dei giorni nostri.
A chi gli chiede dove cercarlo dopo la morte risponde:
“Cercatemi in ogni tabernacolo del mondo”.
Immedesimato nell’amore di Gesù, fuso con la passione del Salvatore, si fa dono per chiunque lo cerca. È la
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parola di Paolo: “Il mio vivere è Cristo ... (Fil 1,12-26 ). Non
sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me” (Gal 2,20).
Aveva scritto al confessore, che il suo cuore non c’era
più, perché era fuso con quello di Gesù.
L’amore che ci ha creati e l’amore che ci ha redenti ci
trasforma in amore.
Gesù chiede al Padre, di renderci una cosa sola con Lui
come Egli è una cosa sola col Padre. Questa è la “Beatitudine”.
Ma torno alla cronaca.
Alla solita ora ero solo in sacrestia vicino al Padre.
Fuori il buio era fitto. Il Padre estrasse faticosamente
da dentro la manica dell’abito un fazzoletto bianco. Si vedeva che era nuovo. Lo girò e rigirò tra le mani.
In uno dei quattro angoli il fazzoletto aveva un grosso
marchio rosso, vi era cucita, una “esse”. Non so perché il
mio pensiero corse alla prima lettera della parola “satana”.
Vidi che il Padre si affaticava a staccare quel marchio.
Nulla da fare.
Gli dissi: -Padre, dammi il fazzoletto, lo tolgo io-.
Mi consegnò il fazzoletto, dicendo: -Se ci riesci-.
Provai a lungo, ma invano.
Glielo riconsegnai: -Padre, non ci riesco-.
Il Padre lo riprese fra le mani, ci passò un dito sopra e
la “esse” scomparve.
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Loreto (An) 25 aprile 1995 - Convegno dei Gruppi di Preghiera di Padre Pio
dell’Italia Centrale. Presiede la celebrazione Eucaristica il Cardinal Luigi
Poggi
Pescara - 25 luglio 2006 50° di sacerdozio
Sei figlio di San Francesco
Di giorno in giorno gli insegnamenti, i consigli e le
esortazioni del mio Padre spirituale moltiplicavano i segnali di luce sul mio cammino. La sua pazienza e la sua
bontà mi fortificavano. Chiunque si affidava a lui poteva
essere sicuro della sua assistenza.
Scherzando un giorno disse: “Quando io afferro
un’anima, non la mollo più”. Garanzia confortante.
Più volte ha risposto alle mie richieste d’aiuto: “Figlio
mio, tutto quello che posso”.
Ad un signore insistente fino all’esasperazione disse:
“Gesù mi ha risposto di no. Che lo debbo prendere per il
collo?”
L’efficacia della sua preghiera è nei fatti e spiega senza
commenti il grande accorrere di popolo.
Ci chiediamo perché a volte Dio non esaudisce la nostra preghiera. Sant’Agostino risponde perché chiediamo
“Malum, mala, mali”, ossia chiediamo in modo sbagliato,
o chiediamo le cose sbagliate, oppure siamo attaccati al
peccato.
Occorre ricordare l’atteggiamento e le parole che ci insegna Gesù nel Padre Nostro: “Sia fatta la tua volontà”.
Nessuno sa meglio di Dio qual è il vero bene per noi.
Gesù aggiunge: “ Cercate prima il regno di Dio e la sua
giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta” (Mt
6,33). Gesù dice anche: “Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo
chiedono!” (Lc 11,13).
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La preghiera è stata definita la grande missionaria che
ci porta a Dio. Ma questa volta io volevo da Padre Pio di
più della sola preghiera.
Da tempo andavo maturando il desiderio di un testamento spirituale. Ritenevo sufficienti anche poche parole,
ma con esplicita finalità di un testamento spirituale, che mi
guidasse per il resto della vita. Le sue parole, avrebbero significato la precisa volontà del Signore su di me.
Padre Pio mi ascoltò, ma non scrisse un testamento per
me. Con la sapienza e la schiettezza del santo, mi guardò
severamente dicendo: -Tu sei religioso, figlio di San Francesco, sacerdote e Cappuccino per di più!Stavo chiedendo ciò che ho già: il testamento di San
Francesco.
Padre Pio mi ha ricordato il dovere della fedeltà.
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Sono andati a San Gabriele
Il Padre Superiore ed altri Padri di San Giovanni
Rotondo con due pullman di pellegrini diretti a San Gabriele dell’Addolorata, fecero tappa nel nostro Santuario a
Pescara.
Li ospitammo con grande gioia. Celebrarono e poi ripresero il cammino per Isola del Gran Sasso. Li accogliemmo come se ognuno di essi ci regalasse Padre Pio.
Avevo tanto desiderato di vederli nel nostro Santuario.
Ad Isola ci accomuna il titolo della Madonna Addolorata.
A San Giovanni Rotondo ci accomunava l’affetto a Padre
Pio. Era un titolo aggiunto a quello di essere confratelli in
San Francesco.
Io avevo in programma di recarmi il giorno stesso da
Padre Pio. Nella tarda mattinata partii. Trovai il Padre in
discrete condizioni. Dopo la preghiera, l’ascolto delle confessioni e l’incontro con alcuni amici e benefattori, Padre
Pio si trattenne in fraterna conversazione con me e qualche altro confratello. Mi tornava in mente la grande devozione di Padre Pio verso San Gabriele.
Sapevo della lettera che egli scrisse da Pietrelcina per
chiedere al Superiore la “Vita di Fra Gabriele dell’Addolorata” prima ancora che il Santo fosse beatificato e canonizzato. Padre Pio era incantato dall’amore di quel giovane
passionista verso la Madonna Addolorata. È la ragione per
cui San Gabriele ha affascinato da sempre anche me.
Di lui ho letto molto ed ho anche tenuto pubbliche conferenze e trasmissioni radio. E quando mi era possibile, andavo a trascorrere la giornata in ritiro e preghiera davanti
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alla sua urna. Poiché ho la grazia di vivere in un Santuario
dell’Addolorata ho sempre chiesto al Santo di insegnarmi
ad amare la Madonna e a meditare i suoi dolori.
Da studente egli diceva ai suoi compagni che “I dolori
della Madonna erano il suo Paradiso”. Io attesi l’attimo opportuno per inserire nella nostra conversazione la notizia
del Superiore e dei fedeli, che la mattina erano stati ospiti
nel nostro Santuario.
Padre Pio tutto contento aggiunse: -Sono andati a San
Gabriele-.
Pronunciò queste parole con felice compiacenza, come
se avesse voluto dire: io sono con loro.
Isola del Gran Sasso d’Italia (Te) - Santuario di San Gabriele dell’Addolorata
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Vuole fare carriera
Il comico Carlo Campanini, convertito da Padre Pio,
diceva: “Se avessi l’humor di questo santo, riempirei i teatri”.
Il Padre sapeva essere arguto, sagace e divertente.
Con quella vena naturale tingeva di squisita comicità
anche le più semplici barzellette. Ci distraeva e ci rasserenava. Arricchiva la conversazione con quell’accento napoletano dall’infallibile efficacia. Le sue battute coglievano di
sorpresa.
Grande risata di tutti i frati, ci fu quando padre Costantino Bianco, tornando dalla visita presso tre celebri medici,
si fermò in mezzo alla porta del refettorio e disse ai frati,
che erano a mensa: -Oh, tre professori mi hanno detto che
nella mia testa non c’è niente!Era partito con un sospetto tumore al cervello.
Tra le esclamazioni e le voci di tutti si udì distinta
quella di Padre Pio: -Ah, Costantino, ma ci volevano tre
professori per dire che nella testa tua non ci sta niente!Padre Pio aveva tanto pregato per lui.
Tutti capirono la battuta del Padre. Fu una gioia indescrivibile.
Quando raccontava quell’episodio, padre Costantino
piangeva di commozione. Ho letto la bella testimonianza
che scrisse successivamente. Conservo un piacevole ricordo di lui.
Il frate che accompagnò per un periodo di tempo Padre
Pio al confessionale, metteva in ordine la folla con un vocione da spaventare.
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Una signora tremante, esclamò: -Ma chi è questo qua?Padre Pio, rispose garbatamente, ma tanto da farsi sentire da tutti: -È Garibaldi!Così cambiò il timore in una bella risata.
Raccontando ai confratelli momenti della sua fanciullezza, diceva: “Ero un maccherone senza sale”.
Questo aspetto gioviale e umanissimo di Padre Pio è
la prova di quanto i santi sanno stare con tutti e sanno portare il sorriso dovunque.
L’episodio in cronaca conferma la benevolenza e la
cordialità del Padre.
Arrivò un confratello dall’Emilia Romagna, giovane e
vivace. Chiese permesso ai presenti e si inginocchiò davanti al Padre. Io ero seduto proprio accanto a Padre Pio.
Quello aveva in mano un promemoria con le domande
da fare. Quando ebbe esaurito l’elenco, proseguì a ruota libera. Sembrava un rituale. Il Padre rispose una serie di “sì”.
Quello prendendo sempre più coraggio dice: -Padre,
prega il Signore, perché i miei superiori capiscano, che anch’io valgo qualcosa!- Testuali parole.
Padre Pio, allibito guardò verso di me e disse: -Ma questo vuole fare carriera!Certamente Padre Pio dovette pregare, perché quel fratello imparasse ad accettare con umiltà la volontà dei suoi
Superiori.
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Castelgandolfo (Roma) 8 agosto 1989 - Udienza dal Santo Padre
Non vuole sopportare niente
C’è una esperienza che prima o poi facciamo tutti nella
vita. Avviene quando scoppia dentro di noi una bufera, che
ti sbatte da una parte all’altra. Tu chiedi soccorso ma invano. Chiami, ma la voce si perde lontano senza risposta.
Ti senti una barca senza ormeggi nella furia della tempesta.
Fai appello alle parole della fede, invochi il soccorso di
Dio, la speranza ti regge, ma a tratti anche questa si assottiglia come una debole fiammella.
Sai che Dio non tradisce, ma temi per castigo il suo abbandono. Dio purifica le anime passandole per il fuoco
della prova. Ma quanto si fa lunga quella prova! Sembra
non finire mai. E tu continui a gridare con tutta la forza dell’anima. Si fa sempre più urgente il soccorso, finché al culmine del dramma accade il miracolo.
Gesù dorme. Lo scuoti. Gli dici come i discepoli spaventati: “Maestro, non t’importa? Stiamo affondando!”
Ti prendi un rimprovero. Poi Egli ordina al mare tempestoso: “Taci” (cfr Mt 8,23-27).
L’anima si scioglie come il gelo a primavera. Ti sfiora
la brezza di Dio. Un canto, sconosciuto prima, scende come
benefica rugiada nel cuore. La prova t’ha portato via un
pezzo della vecchia armatura, ma ha snellito lo spirito e generato nuova energia. Si è compiuta la volontà di Dio.
A volte sono gli altri, volenti o nolenti, a spingere la
vacillante barca verso scogli insidiosi.
Né tu, né loro sapete il perché.
Hai imparato che tacere è la cosa migliore. C’è uno
solo che ti può difendere. Non sei tu. Lui lo fa se vuole.
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Il bene che hai cercato di fare ti scivola attorno e cade
per terra, come la pioggia. Anche in questo caso i tempi
non contano niente. Non ti senti colpevole di certe accuse.
Ma se sei chiamato a difenderti già devi essere grato a chi
ti ascolta e magari non ti crede. È un groviglio non di coscienza, ma di rapporti umani e perfino fraterni. Sai che si
soffre, ma sai anche che si cresce. Insieme si cresce anche
così. E se tu non ti stanchi di amare, capisci fino in fondo
come è bello amare. Puoi chiudere il capitolo esclamando:
“Signore, sono felice. Va bene così”.
A volte a mezza strada ti viene da gridare: “Gesù, non
ce la faccio più!”
In quel periodo le prove mi erano piombate addosso
tutte assieme. Finalmente riuscii ad andare dal Padre.
Arrivai di sera. Ma solo la mattina in sacrestia mi fu
possibile avvicinarlo. Intorno a lui c’erano varie persone, a
noi familiari.
Padre Pio richiamò la loro attenzione, additando me,
che mi stavo avvicinando, e ad alta voce disse: -Vedete
questo qua? In Paradiso ci vuole andare, ma non vuole sopportare niente!I marinai dicono: se vuoi prendere il pesce devi essere
pronto a bagnarti il vestito.
Gesù dice di più: conviene perdere la vista e braccia
pur di guadagnare il Regno dei cieli (cfr Mt 5,29-30).
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Vai, vai
Una delle tante belle parabole del Vangelo racconta che
un uomo, scavando in un campo, trovò un tesoro. Tornò a
casa, vendette tutti i suoi beni e comprò quel campo (cfr Mt
13,45 ss).
È decisione, che dà la possibilità di arricchirsi.
Il Signore mi ha guidato a Padre Pio e in lui ho trovato
il tesoro.
La sapienza popolare insegna che, chi ha trovato un
amico, ha trovato un tesoro. Padre Pio per me era molto
più che un amico. Potevo confidargli ogni pensiero, ogni
desiderio, ogni dubbio, ogni angustia, ogni tentazione, ogni
proposito, ogni timore, ogni speranza.
Ma quel che conta di più, è che ho potuto affidargli
l’anima, il cuore e tutto me stesso. Subordinavo i miei impegni alla possibilità di arrivare a lui e trattenermi a lungo
vicino a lui. Quel tempo era oro per la mia vita spirituale.
Avevo tutto da imparare. È una verità talmente importante
che non finirei mai di parlarne. Ma un giorno per leggerezza mi privai della compagnia del Padre.
Prima di partire da Pescara avevo promesso a delle persone, che sarei tornato il pomeriggio del giorno seguente.
Quella seconda metà della giornata e la mattina dopo
potei godermi la vicinanza col Padre senza difficoltà. Mi
sembrava che il Padre fosse lì tutto per me. Ne ero felice.
Così anche nelle prime ore del pomeriggio. Era come se in
convento ci fossimo soltanto noi due. Guardai l’orologio.
Il ricordo della promessa mi sollecitava a ripartire, ma
stavo così bene lì!
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Il conflitto interno durò qualche ora. Alla fine decisi di
andare. Mi inginocchiai davanti al Padre, chiedendo la benedizione.
Mi benedisse. Però capii che non era contento.
In tono di rimprovero mi disse: -Vai, vai!Partii, ma col rimprovero della coscienza. Per accorciare i tempi non feci la strada normale. Volli passare per la
foresta umbra. Dentro quel bosco mi ritrovai in un groviglio di strade senza segnaletica. Ero completamente disorientato. Fui obbligato a tornare indietro e seguire la strada
normale.
Corsi tanto e ciò nonostante arrivai in ritardo.
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Maria ti guidi
Dall’Ascensione alla Pentecoste il timone della Chiesa
è stato nelle mani di Maria, la Madre di Gesù. Non c’è stato
un affidamento pronunciato da Gesù a tale scopo. La figura
di Maria impersonava più di ogni altro la figura di Gesù.
L’attenzione degli apostoli e dei discepoli era su di lei. La
Chiesa gerarchica era già costituita, ma il cuore della
Chiesa era un motore ancora da accendere.
Dalla promessa di Gesù gli Apostoli avevano l’assoluta certezza dell’avvento dello Spirito Santo. Lì nel Cenacolo, in preghiera, lo Spirito era il fuoco atteso per generare
la Sposa di Cristo. Il Padre stava per affidare all’umanità il
supremo deposito dell’Amore.
Quella del Cenacolo fu una vigilia fatta non tanto dal
corpo col digiuno, ma fu vissuta nel profondo dell’anima
con la potenza dell’orazione. La liturgia di quei giorni s’innalzava sulle ali della memoria e della parola, e sull’emozionante comune testimonianza della vita, passione, morte
e risurrezione di Gesù.
L’immagine dell’Ascensione riempiva ancora i loro
occhi e struggeva di nostalgia i loro cuori. Erano scesi felici dal Monte, perché benedetti, ma indeboliti dall’assenza
visibile del Maestro: “Lo vedrete tornare ...” (cfr At 1,11).
Questa era l’essenziale certezza! Ma a che distanza di secoli!
Nel gruppo del Cenacolo erano tutti testimoni, ma
ognuno dei discepoli portava nella propria natura umana le
ferite comuni a tutti gli uomini, con l’aggiunta di alcune
debolezze rivelate nella sequela.
84
Una sola era l’“Intatta”: Maria.
Illibata nell’anima da sempre, Madre vergine. Privilegi
che la Chiesa chiarirà e affermerà sempre più dogmaticamente. Lei era in grado di dichiarare: “Grandi cose ha fatto
in me l’Onnipotente ...” (Lc 1,49).
La Chiesa fin da quei giorni ha capito che Maria è
l’unica perfetta nell’obbedienza, nel servizio e nell’amore.
Il suo “Fiat” al Signore non contiene riserve e nulla si perde
di quanto il Padre ha deposto in lei. Per questo Egli le affida di portare nel cuore la Chiesa, come le aveva affidato
di portare nel seno il Verbo.
Nel cenacolo la Chiesa tutta insieme conosce finalmente la “Madre”.
Ogni parola che il Vangelo di Luca racconta sull’annuncio, sulla nascita, sull’infanzia, è risuonata per la prima
volta tra quelle pareti. Lì fu visibile il tabernacolo dei segreti divini. Lì la Chiesa ha succhiato il latte della tenerezza di Maria per imparare ad essere madre.
Chi può descrivere la felicità del cuore di Maria nel
giorno in cui lo Spirito Santo inonda di fuoco il cuore dei
discepoli di Gesù? Lei sa meglio d’ogni altro, che da quel
giorno in poi la Chiesa diventa amore e riempirà d’amore
il mondo. A questi pensieri l’anima trabocca di gioia. Vorrei gridare a tutti che Maria è la meraviglia di Dio in mezzo
agli uomini.
Torno a Padre Pio.
Egli è vertiginosamente innamorato della Madre di
Gesù. Che luce nei suoi occhi quando li posava sul volto
della Madonna!
Un giorno lo pregai di scrivermi un pensiero sull’immaginetta della Madonna da conservare come prezioso ricordo personale.
85
Mi mostrò le mani gonfie, le dita livide. Non era possibile. Io mi scusai e non ci pensai più.
Trascorsero molti giorni ed ecco che un pomeriggio,
mentre eravamo seduti intorno a lui sulla veranda, mandò
Padre Alessio nella sua stanza.
Questi tornò con una immaginetta della Madonna tra le
mani.
Il Padre vergò per me lentamente dietro l’immaginetta
queste parole: “Maria ti guidi col suo materno sorriso”.
A quella sorgente io bevo.
Quel “sorriso” è il segno della speranza che apre i miei
giorni.
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Dove siete diretti
Portare qualcuno a conoscere Padre Pio per me valeva
sdebitarmi con chi questa gioia aveva procurato a me e prolungare una catena di beneficati. Il Padre giustamente ci
insegnava ad affidare un’anima prima a Dio e poi a lui. Soleva dire infatti: “Nelle mani del Signore io sono come una
palla nelle mani di un bambino”.
Ripeteva nelle sue lettere ai Direttori spirituali: che Dio
operava in lui, per sola grazia e misericordia, senza alcun
merito. Questa confessione di Padre Pio corrisponde perfettamente all’insegnamento di Gesù: “Quando avete fatto
tutto, dite: sono servo inutile!” (cfr Lc 17,10).
Padre Pio si sente sempre più indegno della bontà divina. Ha sempre il timore di abusare della sua misericordia.
Definisce “meschinella” la propria anima.
È vero figlio di San Francesco, il quale vive nello stupore della misericordia e teme che Dio lo ritenga “degno
dello profondo inferno”. Obbliga Frate Bernardo a mettergli il piede sulla bocca e a gridare: “Francesco, figlio di
Pietro Bernardone, sei degno d’ogni castigo di Dio”.
Fa eco a queste parole l’affermazione paolina: “Gratia
Dei sum, id quod sum”; “Quello che sono lo sono per grazia di Dio” (cfr 1 Cor 15,10). L’umile attribuisce a Dio i meriti
della propria bontà, il superbo attribuisce a se stesso, ciò
che è merito di Dio. L’insegnamento della parabola evangelica del pubblicano e del fariseo. È compito della Chiesa
definire l’opera di Dio che si prende cura dell’uomo e ciò
che è dell’uomo, che si umilia davanti a Dio. Volevo portare da Padre Pio un sacerdote, che in vita sua aveva cono87
sciuto solitudine e dolore a cominciare dalla perdita prematura del papà e della mamma. Non vedevo mai un sorriso sul suo volto. Bramavo vederlo libero dal peso dei
ricordi, col cuore sereno e aperto ai doni del Signore. Feci
tanto per convincerlo a venire con me da Padre Pio. Ci
volle molto tempo, finalmente si decise. Andammo in macchina. Arrivammo presto. Dopo la Messa lo invitai a seguirmi in sacrestia per salutare il Padre e ricevere la sua
benedizione. Quando mi trovai vicino al Padre mi voltai,
non c’era più.
Mortificato diedi il mio abbraccio al Padre, che pur vedendomi solo, mi chiese: -Dove siete diretti?- Gli risposi:
-Da lei, Padre-.
Bastò il sorriso di Padre Pio a cancellare tutto il dispiacere d’essere solo davanti a lui. Infatti mise la domanda al
plurale, mentre mi vedeva da solo. Certamente per accontentarmi benedisse anche lui. Qualche notte dopo sognai la
mamma del confratello. “Grazie” mi disse “del regalo che
hai fatto a mio figlio”.
Descrissi al confratello i lineamenti della sua giovane
mamma, che io non avevo conosciuto. Si commosse.
88
Sempre così
È possibile paragonare il corso di una giornata al corso
della vita? E perché no?
Ci sono delle giornate che scorrono come un fiume in
piena. Si riesce a portare a termine ogni cosa. Le azioni si
susseguono come il sovrapporsi di covoni di grano sulla
catasta. La capacità del pensiero e dell’azione sospingono
avanti. Avvertiamo che la nostra vita mutua da ogni cosa risorse sconfinate. Funzionano così anche le ricerche umane
e giungono ad offrirci possibilità e sistemi più perfetti.
I santi sanno valorizzare innanzitutto il tempo.
Essi più degli altri riflettono sul fatto che il tempo non
è nelle nostre mani. Inoltre operano proiettandosi verso
l’eternità. Chiunque ha fede sa che il tempo è moneta per
assicurarsi la vita eterna.
L’ascesi cristiana spinge lungo questa direzione per allontanare dalle radici del male e spingere alla conquista dei
valori spirituali. La purificazione della mente, dell’anima e
del cuore, ha un alto prezzo.
A San Giovanni Rotondo rimasi stupito e affascinato
dal ritmo di Padre Pio nelle ventiquattr’ore.
Con dieci giornate delle mie non avrei riempito una
delle sue. Decisi di piegare la mia volontà a ritmi più forti.
La fede era la chiave di tutto e la condizione per sostenere la buona volontà. Occorreva l’abbandono totale all’amore di Dio e all’azione della grazia. Perseverando si va
al traguardo.
Padre Pio andava avanti negli anni, ma non cedeva un
metro al ripiegamento.
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Io mi aggrappavo al suo esempio sacerdotale francescano e più ancora al suo aiuto di Padre Spirituale.
Egli mi educava a indirizzare le forze.
Quante volte ci illudiamo pensando che abbiamo adeguata la nostra volontà a quella di Dio!
-Padre -gli dissi un giorno-, chieda a Gesù, che mi aiuti
a patire ed amare come fa lei-.
Mi rispose: -Stai fresco se incominci dalla croce!Accanto a lui vivevo un desiderio e un timore.
Il timore di dovermi allontanare da lui.
Il desiderio di essergli sempre vicino.
Un mattino mi venne spontaneo inginocchiarmi davanti a lui prima della Messa per dirgli: -Padre, quando tu
non ci sarai più, come farò?Mi guardò negli occhi e con carità e amore mi rispose:
“Sempre così!”
90
Se ce lo ritrovi
Ero felice quando mi riusciva di accompagnare in cella
il confratello che portava da mangiare al Padre.
In verità il suo desinare spesso consisteva nel toccare
col cucchiaio e con la forchetta il frugale pasto.
Infatti in certi giorni sapendo che nulla sarebbe riuscito
a digerire, nulla ingeriva.
A volte si capiva che la sola vista dei cibi gli procurava nausea. Si sforzava di non far trasparire questa difficoltà. Questo rendeva più evidente la sua gratitudine verso
i premurosi confratelli.
Seduto su un umile banchetto di legno tirava fuori racconti e allegre barzellette fino a rendere tranquilli tutti.
Non voleva in altri l’ombra dell’ansia per causa sua.
Ragione in più per cui andare da lui anche per portargli il cibo diventava una gara.
In ogni circostanza comunicava umiltà. Trasmetteva
gioia. Così anche nelle cose più piccole appariva la grandezza del suo animo di amico, di fratello e di Padre.
Bussammo alla porta della cella, che in realtà non era
mai chiusa del tutto.
Seduto con la corona del rosario tra le mani, pregava.
Abitualmente volgeva lo sguardo al quadro della Madonna,
che pendeva ai piedi del suo letto.
Ci accolse col sorriso.
Rispose con semplicità al nostro saluto francescano e
si dispose davanti al piccolo tavolo, che fungeva da mensa.
Avviò egli stesso la conversazione. Eludeva le frasi
convenzionali.
91
Sapeva essere ogni volta originale con ammirevole
spontaneità. Quello era il Padre, se stesso di sempre: un
dono per tutti. In genere poche erano le domande, che ci
permettevamo; mentre ci faceva piacere ascoltare attentamente quelle che egli rivolgeva a noi. Si interessava delle
novità sulla nostra vita e le nostre attività.
Prima di andare via io presi un piatto dentro il quale
c’era quello che il Padre non aveva mangiato e lo posai sul
vicino armadio.
Avevo intenzione di tornare più tardi a riprenderlo per
farne dono a persone care o inferme.
Il Padre notò quel gesto.
Gli spiegai: -Tornerò a riprenderlo-.
Padre Pio scrollando il capo esclamò: -Se ce lo ritrovi!Capii che chiunque poteva portarlo via.
Il Padre volle risparmiarmi il dispiacere d’una delusione.
92
Ringraziali da parte mia
Ero cappellano delle ferrovie. Col passare del tempo
andavo maturando il proposito di accompagnare un pellegrinaggio di ferrovieri a San Giovanni Rotondo. La mia assistenza copriva il tronco da Ancona a Pescara.
Ne parlai a Padre Oddo, francescano, cappellano di
Ancona. Condivise e incoraggiò l’idea, aggiungendo opportuni suggerimenti. Insieme chiedemmo un incontro informativo con i vari capistazione titolari. Furono tutti
d’accordo. Il nome di Padre Pio metteva assieme anche i
colori più diversi della politica, che nel settore ribolle sempre ed ha radici lontane.
Stilammo il programma. Lo feci stampare ed affiggere
in tutte le stazioni ferroviarie interessate. Ne inviammo a titolo di informazione anche alla stazione di Foggia e di Bologna. Mi dedicai ad un’azione capillare nei vari
compartimenti e nei vari settori. Si richiedeva opportunamente un contatto diretto con le singole persone. Scoprii
una ricchezza di cordialità e di fede inaspettata.
Molti si prestarono a collaborare. Decidemmo la stagione: primavera.
I capistazione stabilirono di riservare sei vagoni in cui
raccogliere tutti i partecipanti da Ancona a San Severo.
Nella stazione di San Severo avremmo trasferito i pellegrini su una carovana di pullman. Tra ferrovieri e familiari
eravamo seicento persone. Da San Severo fino a San Giovanni io sarei passato da un pullman all’altro per pregare
insieme con loro. A tutti spiegai l’efficacia della preghiera
per ottenere ogni dono da Dio, sottolineandone l’impor93
tanza a vantaggio dei malati e di qualunque sofferenza. Li
assicurai che in quel modo avremmo dato sollievo anche a
Padre Pio. Particolarmente pregammo il Signore che gli
desse la forza di star bene e di poterci accogliere e benedire.
Ogni gruppo recitò cinque Pater, Ave e Gloria per le sue
mistiche piaghe.
Giunti a Santa Maria delle Grazie, i pellegrini scesero
dai pullman e si raccolsero sul sagrato. Quando fummo tutti
lì entrammo in chiesa.
Io corsi dal Padre al quale avevo dato la notizia di questo gruppo speciale di pellegrini. Lo trovai raccolto sul matroneo.
Egli si alzò e si affacciò per guardare quei fedeli.
Quelli, appena ricevuta la sua benedizione, esplosero
in un devoto e fervoroso applauso. Temetti un rimprovero
dal Padre per questo. Non mi disse nulla. Anch’egli vide
in quel gesto spontaneo un umile segno di affetto e di gioia.
A quel punto confidenzialmente gli chiesi: -Padre, come
sta?Mi rispose: -Figlio mio, fino a mezz’ora fa, mi sentivo
molto male. Ora sto bene. Voi avete pregato per me. Ringraziali da parte mia-.
Al ritorno uno dei ferrovieri testimoniò, che appena
messo piede in chiesa, scomparve improvvisamente il mal
di denti che lo affliggeva da vari anni.
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Non puoi metterti a sedere
Avevo dodici anni. Giocando con un gruppo di compagni all’altalena mi sbilanciai troppo. Le mie mani persero
la presa della fune e caddi di schiena sul selciato della
strada. Fu un volo di cinque metri. L’impatto fu terribile.
Battendo al suolo mi si bloccò il respiro e mi si oscurò
la vista. Il viso mi diventò cianotico. Stavo morendo.
Il mio fratello più grande, che era lì vicino, mi raggiunse con un balzo, mi scosse, cercò di rianimarmi. Mi
sollevò la testa e mi percosse le guance. Ebbi dei brividi e
sentii lentamente liberarsi le vie respiratorie. Ero salvo, ma
a causa di quel colpo alla spina dorsale, non mi era possibile rimanere a lungo seduto. Quella posizione mi procurava un dolore irresistibile. Potevo camminare, correre e
fare ogni altro movimento all’infuori dello stare seduto prolungatamente. Dinamico per natura, io, seduto non ci stavo
mai, quindi la cosa non mi preoccupava più di tanto.
Ormai erano passati molti anni e non ci pensavo più.
Da sacerdote però, nell’esercizio delle confessioni, mi
trovavo in difficoltà. Facevo del mio meglio.
Quando al mattino accompagnavo Padre Pio in sacrestia dove rimaneva in preghiera fino alle cinque, io restavo
in piedi. Ero così giovane, non mi stancavo. Per discrezione
mi tenevo sempre a qualche metro dal Padre.
In quel mistico silenzio inaspettatamente risuonò
chiara la voce di Padre Pio: -Uagliò, ma tu non ti puoi mettere a sedere?Mi meravigliai perché ero di spalle a lui in quel momento.
95
Stupito risposi: -Padre, non importa, grazie-.
Dopo un quarto d’ora di nuovo il Padre ripete: -Ma tu,
non ti puoi mettere a sedere?-Padre, - risposi -, mi dispiace che si disturba per me;
va bene così-.
Non passarono più di dieci minuti e il Padre ripeté per
la terza volta la stessa domanda.
Mi resi conto allora che il Padre aveva ben altra intenzione che quella di una semplice domanda.
Compresi che non dovevo restare in piedi.
Lo ringraziai affettuosamente, presi una sedia e mi misi
a sedere. Vi restai quasi due ore.
Da quella mattina la mia spina dorsale non ha più difficoltà.
Posso restare seduto anche molte ore di seguito.
96
Fammi andare da questo qua
La Chiesa raccomanda di meditare i “Novissimi”:
morte, giudizio, inferno, Paradiso. Sono passaggi obbligatori i primi due; è spaventoso l’inferno, è necessario il Paradiso. Gesù con l’Incarnazione, la Morte e la Risurrezione
ha costruito il ponte per farci balzare dalla nostra vita terrena alla beatitudine eterna. Ora tocca a ciascuno di noi fare
la propria parte.
Gesù ha messo a nostra disposizione la fede, la grazia
e la misericordia. Ci esorta a fare penitenza per non correre il rischio di perderci. E penitenza significa per noi battezzati “conversione continua”. Mezzo e fine di tale
conversione è anche la consacrazione religiosa. Per me si
aggiunge il sacerdozio. Tornano in mente le esortazioni del
vangelo e dell’apostolo San Paolo, ma anche la regola francescana, che io ho professato. Aggiungo che io avevo dinanzi a me l’esempio di Padre Pio, immagine vivente di
Gesù Crocifisso. È come avere davanti una finestra aperta
da dove puoi guardare l’orizzonte sconfinato o il cielo stellato. In me si era fatto assiduo il pensiero del giudizio divino, severo e inappellabile ed anche il timore di espiare
nell’aldilà.
Nel purgatorio le pene sono severe e l’attesa è tormentosa per rimorso e sofferenza. Queste considerazioni mi
spinsero a rivolgere una fervida preghiera alla Madre di
Gesù: “Madre mia, di’ a Gesù che il purgatorio voglio farlo
quaggiù, affinché quando chiuderò gli occhi alla scena di
questo mondo, io possa riaprirli di là per vedere Gesù”.
Mi aspettavo senza dubbio prove dure, ma in realtà mi
97
apparvero insopportabili. Tutti sembravano avere qualcosa
contro di me. Tutto mi si abbatteva addosso come una bufera infernale: solitudine, avversione, angoscia mi stringevano in una morsa gelida. Con i giorni dimenticai quella
preghiera e piombai in una confusione totale. Quando mi
sentii del tutto perso sembrò uscire il sole. Mi tornò pace e
serenità. Non sapevo che spiegazione darmi, ma capivo che
il Signore mi era venuto in aiuto.
Finalmente posso correre da Padre Pio. Era tardi
quando giunsi in convento. La mattina potei abbracciarlo.
Gli chiesi di confessarmi.
Al termine mi disse: -Figlio mio, non ricordi che hai
chiesto tu alla Madonna di soffrire? Io ho visto che tu un
po’ camminavi e un po’ ti fermavi. Allora ho detto: «Fammi
andare da questo qua»-.
Al suo arrivo dunque era tornato il sereno nel mio spirito.
98
Ognuno fa qualcosa
Nelle poche frazioni di tempo di distensione consentite
a Padre Pio dalle sue intense giornate, noi volentieri ci raccoglievamo intorno a lui. La sua presenza prima ancora che
le sue parole ci stimolava a riflessioni di vita.
Infatti la conversazione scorreva piacevole e benefica.
Si parlava con sincerità e spontaneità. Sembrava che
ci fossimo messi d’accordo per indirizzare il discorso a motivi di lieta fraternità per indurre il Padre a sorridere e rilassarsi. Quei confratelli erano veramente encomiabili.
Questo clima portava il Padre a partecipare al dialogo
e a mettere in campo le sue battute e magari le sue amene
barzellette. Egli ci voleva vedere tutti sereni e gioiosi, come
si conviene ai buoni figli di San Francesco.
Fa da monito l’episodio narrato nelle cronache francescane. Un frate, schivando l’amabile conversare con i fratelli, era sempre in disparte. Si esprimeva solo con i gesti,
come se temesse di essere distolto dalla contemplazione.
Lo vide San Francesco e invano lo mise in guardia contro
il demonio della superbia. Quel frate dopo qualche anno
abbandonò l’Ordine.
Si dice che aria e sole danno vita e bellezza ai fiori.
Ogni parola è come un petalo e ogni pensiero come un
fiore. La bontà e la grazia serafica di Padre Pio ci donavano nostalgia d’innocenza, fino a sentirci come i piccoli
sulle ginocchia della madre. Era una constatazione che a
volte ci scambiavamo, tanto che la cosa non ci meravigliava più, ma sempre ci consolava.
Un giorno eravamo più numerosi intorno al Padre.
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I più giovani ne avevano da raccontare. Sembravano
giornalisti dalle mille esperienze. Erano proprio bravi; gli
altri attenti e divertiti. Padre Pio si associava alla risata e ai
commenti. Quella sera eravamo sul terrazzino ed era quasi
sceso il buio per cui c’era la luce accesa. Alcuni di noi
erano seduti, altri in piedi. Un giovane frate era in piedi
proprio di fronte al Padre e la sua testa si trovava perfettamente all’altezza dell’interruttore della luce.
Scoppiando nella risata, mandò la testa indietro e
spense la luce. Ci fu un’esclamazione generale: Oh! Oh!
Seguì un attimo di silenzio per capire l’accaduto. Quel
poveretto un po’ mortificato si scusò e riaccese la luce.
In quel silenzio la voce di Padre Pio commenta:
“Ognuno fa qualcosa”.
Fu la battuta della serata.
Nella mia vita vorrei fare qualcosa di più che spegnere
una lampadina!
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E qua … qua
Padre Pio ha vissuto cinquant’anni di crocifissione.
Caso unico nella storia della Chiesa.
Sappiamo da testimoni che hanno visto la grande e dolorosa piaga della spalla. Nei suoi scritti fra Modestino
Fucci lo conferma e a me l’ha riferito ripetutamente a voce.
Sappiamo della coronazione di spine e della flagellazione, che per affermazione dello stesso Padre Pio ai suoi
Direttori, si ripeteva immancabilmente ogni settimana.
Uscì tempo fa sulla rivista “Casa Sollievo” in prima
copertina una foto in cui Padre Pio appariva nella figura
dell’Hecce homo. Era la persona di Padre Pio con la corona di spine e i rivoli di sangue. Si ritardò a pubblicarla nel
timore che qualcuno potesse pensare ad un fotomontaggio.
La foto fu scattata da un sacerdote.
Abbiamo la cosiddetta “camicia della flagellazione”,
che il Padre donò alla sua nipote prediletta, Pia Pennelli,
la quale gli aveva chiesto un ricordo personale. È conservata a Pietrelcina, nel convento cappuccino. È comprovata
dalla firma del notaio e della signora Pia, che mi raccontava
questo evento sempre con grande commozione. È dentro
una grande teca di vetro. Sono ancora visibili le striature
oblique, trasversali e verticali del sangue, che il Padre versava sotto i colpi dei demoni. La temperatura corporea,
controllata mattina e sera alla presenza dei medici, spesso
superava i 40° e talvolta andava anche oltre 50°. Non dico
nulla di nuovo. Questo e altro è stato scritto e da tanto
tempo. A tutto questo si può aggiungere il tormento, che in
certi periodi, gli procurava l’ingerire cibi e bevande.
101
Certamente le veglie e le fatiche prolungate del confessionale rappresentavano un altro notevole sforzo per il
suo fisico già tanto provato. La somma di queste sofferenze
è un martirio. Ebbene, al dire dello stesso Padre Pio: “Un
istante di martirio spirituale è molto più terribile di mille
martiri fisici”.
Assommando tutto comprendiamo quale martirio sia
stata tutta la vita di Padre Pio. Ricordiamo l’offerta che egli
ha fatto di sé a Gesù. L’ha scritto nell’immagine-ricordo
della sua ordinazione sacerdotale e l’ha ripetuto in quella
del 50° delle stimmate.
Padre Pio è un gigante di santità, che la Chiesa può
vantare ai giorni nostri, spesso sbiaditi e confusi tra sofismi,
scetticismo e indifferenza religiosa.
Giovanni Paolo II invita i cristiani a “ringraziare Dio
d’averci dato Padre Pio e d’avercelo dato in questo tempo”.
Racconto qui una piccola testimonianza personale.
Sulla veranda, ero solo vicino al Padre. Lo vedevo stremato. Il suo pallore mi preoccupava. Ad un certo momento,
nel bisogno di esprimergli tutto l’affetto, mi sono inginocchiato dinanzi a lui e gli ho chiesto con tenerezza: -Padre,
dimmi come stai-.
Il Padre, portando la mano destra sulla tempia, mi ha
detto: -Ho la testa che mi scoppia-.
Passando le dita davanti agli occhi ha continuato: -Ho
gli occhi che mi si crepano- E infine poggiando la mano
aperta sul lato sinistro del petto, ha scandito lentamente: E Qua! ... qua! ...-.
Poi quasi che volesse rimproverare se stesso per quella
confidenza, ha riportato le mani sulle ginocchia ed è rientrato nel suo silenzio.
102
Di fronte a quella confessione mi sono sentito trafiggere dal dolore; un dolore impotente; una preghiera di clemenza a Gesù; un’offerta di me stesso, come possibile
soccorso. Anch’io mi sono immerso nel silenzio.
Proprio la preziosità di questi momenti mi hanno fatto
tacere per anni la mia esperienza con Padre Pio.
Il mio grazie a Gesù, sarà eterno.
103
Datela prima voi a me
Il sacerdote ha dalla Chiesa l’ufficio di assolvere, consacrare e benedire. Con le labbra annunzia e consacra; con
la mano assolve e benedice. La liturgia e il popolo di Dio
lo chiamano continuamente a svolgere questo compito. Al
termine del Sacrificio Eucaristico licenzia l’assemblea del
popolo di Dio, accompagnando con la benedizione quel saluto. La sua benedizione sigilla l’arrivo e il commiato della
vita, cioè il nascere e il morire.
I fedeli baciano riverenti le mani del sacerdote perché
portano per sempre il profumo del crisma che le ha consacrate. Quanta grazia passa per quelle mani. Mani benedette,
mani che benedicono. E il sacerdote ha da Gesù l’ordine
di benedire anche quelli che lo maledicono, come ha l’ordine di perdonare nel nome di Dio ogni peccatore che concepisce il pentimento, si ravvede e trova la forza di
accusare i propri peccati. Egli è eletto da Dio e mandato
dalla Chiesa ad offrire il triplice dono: la Parola, il Perdono,
il Pane.
Padre Agostino da San Marco in Lamis, conoscendo la
cagionevole salute di Padre Pio, gli preconizzò nel discorso
della Prima Messa: “Non sarai un predicatore, ma sarai un
«Confessore»”. Io direi che è stato il confessore del secolo.
In cinquantotto anni di ministero sacerdotale ha visto
folle interminabili di penitenti intorno al suo confessionale.
Il Pontefice Paolo VI disse: “Padre Pio confessava da
mane a sera”.
Giovanni Paolo II ha detto che l’apostolato di Padre
Pio “Si è svolto tra due poli: altare e confessionale”.
104
Padre Pio, giovane sacerdote, stando a Foggia, dice al
suo Direttore che la gente l’assilla nel tribunale della confessione e che egli talvolta si mette le mani nei capelli, perché non può accontentarli tutti.
Dalla mano di Padre Pio sgorgava il sangue oltre che
la benedizione. La stretta di mano poteva costargli molto
dolore.
Una signora, sentendo che il Padre parlava ad alta
voce, pensò che fosse a causa della sordità per cui ricorse
alla energica stretta di mano convinta di farsi capire così.
Il Padre a stento riuscì a sfilare la mano, dicendo: -Oh,
che di buono io ho soltanto l’udito!I gruppi di pellegrini chiedevano ed aspettavano sempre la sua benedizione. Di solito si fermavano per la recita
del rosario di fronte alla sua cella, sul piazzale detto appunto “del rosario”. Al termine il Padre dava la benedizione
e salutava, sventolando il fazzoletto.
In vari filmati si vede il Padre che compie questo gesto.
A questo proposito si racconta un episodio da Fioretti.
Una sua figlia spirituale, veniva dalla Svizzera. Il treno
fece ritardo e lei non arrivò in tempo per l’ultima benedizione del mattino. Salendo lungo la via del Santuario incontrava gente che scendeva. Le dissero: è inutile che vai
su, il Padre ha già dato la benedizione.
La signora non si scoraggiò. Saliva ripetendo: “Padre,
dammela la benedizione. Dammela grande, grande”.
Padre Pio pregò il confratello di aprire la finestra e
prendere un lenzuolo. Salutò sventolando il lenzuolo e
diede la benedizione all’unica pellegrina.
La poverina, stupita, tese le braccia verso il Padre piangendo di gioia.
105
Per i religiosi della fraternità andare a ricevere la benedizione serale del Padre ed augurargli la buonanotte era diventato un incontro atteso. Io mi univo con gioia a quei
confratelli.
Avveniva semplicemente.
Il Padre ci aspettava.
Il Superiore, se c’era, oppure il padre più anziano diceva: “Padre spirituale, siamo venuti a ricevere la tua benedizione”.
Il Padre rivolgeva uno sguardo a tutti e poi diceva:
“Datela prima voi a me”.
Ricevuta la nostra benedizione ci benediceva e poi
dava a ciascuno il bacio della buonanotte.
Così insieme alla sua benedizione, ci dava la sua
bella lezione di umiltà.
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San Giovanni Rotondo (Fg) 22 marzo 2009 - Via Crucis dei Gruppi di Preghiera abruzzesi all’interno del Santuario della Madonna delle Grazie
Fatima (Portogallo) 14 luglio 2011 - Inizio della Via Crucis
Prega come puoi
Dal giorno in cui Padre Pio, senza che glielo chiedessi,
mi aveva guarito dal dolore alla schiena, incominciai a pensare di chiedergli la guarigione dal male, che mi procurava
lo stare in ginocchio.
Si sa quanto spesso il sacerdote per motivi liturgici è
tenuto a rimanere in ginocchio.
Il mio continuo timore era quello di dare cattivo esempio ai fedeli, mettendomi in piedi o seduto, mentre tutti
sono in ginocchio. O sopportare disagio e sofferenza.
Altrettanto sarebbe imbarazzante stare a spiegare il
perché. Per cui volta per volta si risolve nel modo più opportuno. In fondo non era un ostacolo che rendesse impossibile il mio compito sacerdotale. Rimaneva una piccola
croce.
Ora Padre Pio mi aveva aperto lo spiraglio della speranza. Pensavo: se mi ha ottenuto una grazia non richiesta,
tanto più vorrà ottenermi la grazia, che gli chiederò.
La logica umana, che cammina per deduzioni, non vedeva una ragione contraria. La mediazione di Padre Pio va
ben oltre questa portata. Insomma col passare dei giorni
avevo molto riflettuto sulla possibilità sia di chiedere che
di ottenere. Del resto ero ben certo che il Padre avesse già
letto questo desiderio in fondo alla mia anima.
Quante volte mi aveva dato la dimostrazione che nulla
ignorava di me, neppure il più remoto dei miei pensieri.
Nei primi tempi, quando io facevo fatica ad aprirgli
tutta la mia coscienza, mi disse con un sorriso di incoraggiamento: “Uagliò, io ti rivolto come un calzino”.
109
Adesso e non da adesso dico: meno male!
Studiai bene il momento più opportuno e le parole più
adatte.
Al termine della confessione, che feci di primo mattino in sacrestia, umilmente, gli confidai: -Padre, io faccio
fatica a stare in ginocchio quando prego. Chieda lei a Gesù
che mi liberi da questo fastidio-.
La risposta fu immediata e chiara: -Prega come puoi-.
110
Alla finestra per il saluto
Padre Pio al mattino e al pomeriggio benediceva dalla
finestra della sua cella i fedeli che si radunavano per la recita del rosario sul piazzale prospiciente la sua cella.
Al termine della preghiera essi salutavano a gran voce
il Padre, augurandogli la buona giornata o la buonanotte.
Al Padre faceva piacere rispondere a quel saluto,
aprendo la finestra, e sventolando con affetto il fazzoletto
in risposta allo sventolio di tanti fazzoletti.
Nei periodi in cui il Padre stava male e non ce la faceva
a scendere in chiesa per celebrare e confessare e neppure ad
alzarsi dal letto per salutare quei fedeli, li invitava insistentemente ed amorevolmente a pregare e a pregare anche insieme. I pellegrini, e soprattutto i suoi figli spirituali, ogni
volta che potevano si riunivano per la recita del rosario.
Questi paterni messaggi gradatamente scendevano nel
cuore e si diffondevano sempre più. Erano già il seme di
quella meravigliosa catena spirituale che sarebbero stati i
futuri “Gruppi di Preghiera”. Con questo “esercito di
oranti”, “un fiume di anime che pregano” - come li definì
il Pontefice Paolo VI -, Padre Pio apriva ai suoi figli la via
maestra della preghiera, donava alla Chiesa una forza rinnovata per le necessarie e incomparabili vittorie sul demonio e trasmetteva preziosi segni di speranza per l’umanità
afflitta da vizi e disorientamenti.
Questi Gruppi sono isole felici o - come li ha definiti
lo stesso Padre Pio - “lievito di fede e focolai d’amore”.
Ormai sono circa quattromila in tutto il mondo ed io
ne ho fondati, in Italia e fuori, quattrocento.
111
Per questo Padre Pio mi ha voluto vicino a sé e a questo dedicherò fino alla fine le mie forze.
A gloria di Dio e conforto dei tanti vescovi e sacerdoti,
che ho incontrato nel mio apostolato, posso affermare che
realmente i membri di questi Gruppi sono anche obbedienti
e attivi cooperatori di parrocchie e di comunità. La loro divisa è tutta interiore, la loro ricchezza è Gesù, la loro insostituibile e feconda madre è la Chiesa.
Anch’io mi sono trovato su quel piazzale a vivere brividi di gioia nel vedere la compiacenza paterna di Padre
Pio benedicente.
A noi non giungevano le sue parole soltanto bisbigliate,
ma la sua commozione e il suo sguardo amoroso sì.
Più grande ancora era la mia gioia quando potevo trovarmi in quella circostanza dentro la sua cella, accompagnandolo e sorreggendolo fino alla finestra.
Avevo anche sperato di poter riportare con me uno di
quei fazzoletti con cui il Padre rispondeva al saluto dei fedeli.
Un giorno, in modo del tutto imprevisto, mi trovai proprio solo accanto al Padre. Al suo cenno ci avvicinammo
alla finestra. Il Padre mi disse: -Dammi il tuo fazzoletto-.
Io abitualmente porto dentro la manica dell’abito il fazzoletto. Quale non fu la mia amarezza quando cercai invano il fazzoletto! Chi sa cosa avrei dato per averlo! Ma
tant’è. Non ce l’avevo. All’amarezza si aggiunse un pensiero doloroso: ancora una volta non sono in grado di offrire al Padre qualcosa che egli mi chiede. E so che mi
chiede molto più di un semplice fazzoletto.
Padre, quanto vorrei amare Gesù e saperlo consolare
come fai tu!
112
Ancora
Il rapporto speciale di Padre Pio col proprio Angelo
Custode fa parte di quel corredo straordinario di carismi di
cui godeva il nostro santo confratello. Basta aprire il suo
Epistolario per trovarne conferma. Egli ne parla apertamente e ripetutamente sia ai suoi Direttori che ai suoi figli
spirituali. Tra l’altro il Padre racconta, che mentre i demoni
lo percuotevano con inaudita violenza, il suo “Angiolino”
se ne stava in un angolo della stanza. Non è corso neppure
quando il Padre con insistenza l’ha chiamato in aiuto. Passata la bufera, si è avvicinato con dolcissimo affetto. Padre
Pio se n’è lamentato e l’ha rimproverato. L’Angelo ha spiegato che Gesù non glielo ha permesso e ha concluso: “Tu,
fratellino mio, devi essere certo del mio amore. E dopo
tutto, l’hai visto: hai vinto tu!”.
Una mattina con la sua abituale confidenza padre Eusebio Notte, che per qualche tempo l’ha assistito, vedendo
tutta la corrispondenza già pronta per essere spedita, mentre la sera avanti era tutta ammucchiata lì, gli ha detto:
-Padre spirituale, non mi dire che da solo tu hai potuto fare
questo. Sono certo che ti ha aiutato il tuo Angelo Custode-.
Padre Pio sorridendo gli ha risposto: -Ma certo, non è
un dormiglione come te!Il Padre vedeva e parlava col proprio Angelo, e allo
stesso modo vedeva e parlava con i nostri Angeli. Non era
raro sentirlo dire: “Se non puoi venire tu, mandami il tuo
Angelo Custode”.
Le testimonianze a questo proposito sono veramente
tante.
113
Da piccoli si hanno tante paure per cui il pensiero dell’Angelo custode ci dà sicurezza. Crescendo, ci sentiamo
autosufficienti e il pensiero dell’Angelo si fa raro.
Padre Pio, come del resto molti Santi, ci insegna a ringraziare il Signore, che ci ha messo vicino un amico, invisibile sì, ma altamente prezioso.
Nonostante sapessi bene di questo speciale rapporto
del Padre con gli Angeli, mi stupì profondamente quello
che mi accadde una notte a San Giovanni Rotondo.
Andai a riposare abbastanza tardi e nel timore che la
stanchezza mi impedisse di svegliarmi in tempo, stesi una
coperta e mi misi a riposare sul pavimento.
Alle due e mezzo mi ritrovai sveglio. Ne approfittai
per dare l’augurio della buona giornata al Padre, inviandogli il mio Angelo.
Lo feci insonnolito. Dopo essermi lavato il viso, mandai una seconda volta l’Angelo, scusandomi con lui se approfittavo della sua bontà.
Verso le tre vado personalmente dal Padre per accompagnarlo in sacrestia dove rimaneva a pregare fino all’ora
della Messa. Come arrivo sull’uscio della sua stanza, gli
rivolgo il saluto: “Buona giornata, Padre!”
Il Padre esclama ad alta voce: “Ancora!”
Aveva proprio ragione: era la terza volta!
114
Queste porte sono tutte aperte
Da fanciullo la figura di San Michele Arcangelo mi ha
affascinato. Quell’aria di guerriero di Dio, dimostra che è
l’invitto difensore dei diritti sacrosanti del Signore. Il modo
stesso con cui l’arte sacra tradizionale lo rappresenta, invita
a confidare nella sua potente difesa contro Lucifero e l’infernale esercito. È lì con la spada sguainata e col piede sulla
testa di lucifero.
Da piccolo recitavo questa giaculatoria appresa dai nostri anziani: “San Michele Arcangelo, Principe delle celesti milizie, grazie e gloria a te e ai tuoi santi Angeli”.
Ripetendo questa bella invocazione mi sentivo accendere il
cuore di amore e di devozione verso il fedele amico di Dio
e del popolo di Dio. Questo amore è diventato più forte dal
giorno in cui ho conosciuto San Francesco d’Assisi e sono
entrato a far parte della schiera dei suoi figli.
Si sa l’ardente devozione del Serafico Padre verso
l’Arcangelo San Michele. In suo onore San Francesco faceva ogni anno un’intera quaresima. Speciali eventi della
sua vita sono legati a questo periodo penitenziale.
Trovandomi così spesso a San Giovanni Rotondo mi
sbocciò nel cuore un vivo desiderio: recarmi alla Grotta di
San Michele, in Monte Sant’Angelo, facendo a piedi andata e ritorno in giornata.
Una mattina dopo la Messa, appena il Padre è risalito
in cella, sono andato da lui.
Mi sono inginocchiato e gli ho detto: -Padre, io desidero andare e tornare a piedi alla Grotta di San Michele.
Mi dà la sua benedizione?115
-Sì, ti benedico. Vai, figlio mio. Ci sono andato anch’io
a piedi-.
Anni dopo ebbi conferma dai confratelli di questo suo
pellegrinaggio, che dovette costargli fatica e dolore indescrivibile a causa delle piaghe dei piedi.
Di ritorno pregai e sostai un poco sul sagrato.
Poi mangiai una frutta che avevo con me.
Invece di suonare il campanello chiesi al Padre di
aprirmi. Spinsi il portone. Si aprì. Non c’era nessuno. Così
trovai aperte tutte le porte fino a raggiungere la mia stanza.
Mi sentivo felice e commosso. Il Padre mi aveva esaudito.
La mattina vado per accompagnarlo in Chiesa. Eravamo in due a sorreggere il Padre, uno da un lato e uno dall’altro. Il Padre sottovoce continuava la sua preghiera.
Quando arriviamo alla porta della sacrestia la troviamo
insolitamente spalancata.
Il Padre interrompe la preghiera; si volta verso di
me e dice: -Oh, ma queste porte sono tutte aperte?La sera avanti, alla mia richiesta, le aveva aperte tutte.
E bisogna dire che il portinaio la sera era attento a chiudere a chiave tutte le porte.
116
Vuoi bene alla Madonna
Qualche teologo ha definito la Madonna, “l’arcobaleno
di Dio”, perché nel suo seno, con l’Incarnazione del Verbo,
si compie la pace fra Cielo e terra.
Gesù è la salvezza, Maria è il canale per cui passa la
salvezza.
Gesù è il capo, la Chiesa è il corpo, Maria è l’anello
che congiunge il corpo al capo.
Maria, senza peccato, è Madre del Redentore e collabora più di ogni altra creatura alla Redenzione.
La Chiesa lungo il cammino della salvezza dichiara
con le definizioni infallibili le grandezze della Madre di
Gesù. Tali definizioni ce la rivelano e ce l’additano sempre
più in collaborazione con Gesù e con la Chiesa.
Le apparizioni di risonanza mondiale di questi ultimi
secoli sono un magnificat di eventi meravigliosi, che mostrano la Madre di Dio in mezzo all’umanità in cammino.
Maria, come Gesù, come il Vangelo, non appartiene ad un
tempo della storia, ma la intesse con le sue dita unite a
quelle di Dio.
Ad Ein Karim fu lei, la Madre novella, a cantare il Magnificat; ora sono i figli di Dio, che passano per il suo
cuore, come Gesù passò nel suo seno.
La Chiesa d’Oriente porta la palma nel proclamare gli
inni, le lodi, le invocazioni più ispirate in onore della Theotokos. Poi si mette in marcia l’esercito dei Santi della
Chiesa d’Occidente, che aggiungono perle raggianti alla
preziosa corona di gloria dell’Assunta, Regina del cielo e
della terra.
117
Sono commoventi i titoli che l’umile popolo di Dio aggiunge di volta in volta a quelli ufficiali della Mediatrice
delle grazie. Si direbbe che ogni città e ogni paese ne ha
trovato uno proprio.
Come Gesù volle lanciare nella Chiesa la devozione al
suo Sacro Cuore, affidandone la missione a Santa Maria
Margherita Alacoque, così la Madonna, ha affidato il messaggio della devozione al suo Cuore Immacolato ai tre veggenti di Fatima e particolarmente a Lucia.
La liturgia ci presenta insieme ora i Sacri Cuori.
La santità, l’amore, la missione di Maria continua con
quella di Gesù.
San Francesco, da quel secolo ormai lontano, affidò la
grande sua famiglia alla Vergine Immacolata. Il beato Tommaso da Celano, il più grande biografo del Santo, ci dice
che egli elevava alla Madre di Dio lodi tali e tante che nessuna lingua saprebbe ripetere.
Il grande fiume del francescanesimo ha la sua origine
proprio in un luogo dedicato alla Madonna, cioè Santa
Maria degli Angeli.
Anche nell’amore sconfinato verso la Madre di Dio,
Padre Pio mi appariva un novello San Francesco. Mi riempiva il cuore di gioia tale e amore, che traspariva da ogni
parola e da ogni gesto.
Stando vicino a lui provavo la viva sensazione, che la
Madonna coprisse anche me, quando avvolgeva la persona
del Padre.
Così maternità di Maria e paternità di Padre Pio mi riparavano insieme. Stavo proprio meditando questa consolante verità quel pomeriggio sulla veranda vicino al Padre.
Ero seduto alla sua destra.
118
Padre Pio si voltò verso di me e pronunciò, scandendo,
queste parole: -Ma tu, vuoi bene alla Madonna?Mi sentii un nodo in gola. Mi alzai e in ginocchio risposi: -Padre, alla Madonna io voglio tanto bene che da
sempre ho affidato a Lei la mia vita e il mio sacerdozio-.
Il Padre guardò lontano, sorrise e tacque.
Mise un sigillo per sempre sulla mia vita.
Fatima (Portogallo) 15 luglio 2011 - Padre Guglielmo Alimonti davanti
all’effigie della Madonna
119
Che bel tramonto
Mi rattristava vedere il Padre che faceva sempre più
fatica a camminare. Ormai per alzarsi e sedersi e per portarsi da una parte all’altra aveva bisogno dell’aiuto di un
confratello. Il mio pensiero correva avanti nel tempo, tuttavia mi rifiutavo di immaginare il corpo del Padre disteso
dentro una bara nel sonno della morte. Avevo bisogno di
Padre Pio vivo. Ci aveva abituati a godere della sua compagnia, della sua parola, del suo sorriso.
A volte si aveva la sensazione che il tempo si fosse fermato, forse perché questo era il nostro desiderio, altre volte
fuggiva sorprendentemente.
La felicità dovrebbe essere eterna anche sulla terra, ma
poiché il tempo non è che vigilia, occorre uscire dal tempo
ed entrare nell’eternità per godere il “sempre”.
Quando Gesù incominciò a dire ai discepoli che li
avrebbe lasciati per ritornare al Padre, essi erano assaliti
dalla tristezza. E Gesù spiegò, che se lo avessero amato veramente, non sarebbero caduti nella tristezza.
Quanto era difficile capire e ancora più difficile accettare! I suoi discepoli dovevano pagare il prezzo della debolezza, della paura e dell’abbandono del Maestro per poi
ritrovarlo nella luce della Risurrezione e per godere la conferma dell’amore nel fuoco della Pentecoste.
Anche per noi la Pentecoste scoppia dopo l’alba della
Risurrezione. Il crogiuolo della fatica si nutre di speranza.
Il comandamento della carità è vestito, che non siamo
sempre pronti ad indossare, e neppure il sì del sacrificio è
facile da pronunciare.
120
Quanto è difficile essere creature nuove!
Padre Pio era in questo insegnamento.
Il 4 settembre del 1916 scriveva a Maria Gargani: “Sollevate il vostro sguardo in alto; accrescerete il vostro coraggio ... sursum corda! Vi rianimi a tutto il merito del trionfo,
l’ineffabile consolazione, l’immortale gloria che ne ridonda
a Dio” (Ep III, p 244).
Il Padre versava sangue per ottenere la conversione dei
peccatori e la purificazione dell’anima dei figli suoi. Pensavo alla squisita carità con cui abbracciava i nostri cuori.
Cercavo nella mia miseria l’obolo della vedova da imbucare nel salvadanaio di Padre Pio. Che cosa?
Una preghiera in più, un dovere compiuto meglio, uno
sforzo di pazienza, un gesto di carità, un’offerta più pura di
me stesso nel ministero sacerdotale, un sì più lieto all’obbedienza e all’osservanza della mia vita religiosa e cappuccina.
San Giovanni Rotondo (Fg) - Tramonto sulla chiesa di San Pio
121
Mi sentivo ancora lontano dall’essere creatura nuova.
L’impegno però di servire Gesù e di non deludere
Padre Pio era sincero.
Terminata la benedizione eucaristica vespertina, ci ritrovammo con Padre Pio nel terrazzino vicino alla sua
cella. Ognuno aveva qualcosa da dire.
Io quel giorno avevo digiunato per il Padre.
Ad un certo punto la conversazione si interruppe.
Io, per dissipare l’imbarazzo del silenzio, guardando il
sole che si rifrangeva attraverso i vetri delle finestre circostanti, esclamai: -Che bel tramonto!Padre Pio, sempre attento a tutto, pacatamente scandendo, disse: -Dipende, se hai mangiato o stai digiuno-.
Ovviamente gli altri non poterono capire il riferimento
di Padre Pio, ma io fui premiato da quelle parole.
Per lui non c’erano segreti.
San Giovanni Rotondo (Fg) - Chiesa di San Pio vista dall’alto
122
Fa’ la parte tua
L’amore di Padre Pio ricadeva come pioggia benefica
su tutti e specialmente su chi si affidava a lui. Era luce, conforto, aiuto e consolazione. Insomma, i figli suoi Padre Pio
li nutriva in abbondanza.
Consigliava, guidava, educava, e all’occorrenza non
risparmiava il rimprovero, ma sentivi comunque che ti
aveva preso per mano. Sano o malato, da vicino o da lontano, tranquillo o in pericolo, il suo soccorso era sempre
assicurato e tempestivo.
Padre Pierluigi, missionario e medico, tornava dall’Africa ed era diretto, via aerea, a Londra per un congresso. Ero lì. Invano il Padre ha tentato di dissuaderlo:
“Tu là non ci devi andare”.
“Padre, l’ho promesso e mi hanno pagato il viaggio,
non posso tirarmi indietro. Mi dispiace di non poterti obbedire. Ti chiedo la benedizione e parto”.
Il Padre rimase in silenzio. Quello partì.
Una settimana dopo era lì a raccontare la paura e il rischio di precipitare in mare.
Disse a Padre Pio: -Lì ho capito perché mi dicevi di
non andare-.
I piloti americani alla guida degli aerei che dovevano
bombardare i centri abitati del Gargano raccontano di avere
visto nel cielo davanti a sé un uomo gigantesco con la
barba, che deviava gli aerei. E per di più le bombe si sganciavano da sole sulla zona di montagna, dove non c’era
nessuno. Quando il comandante della flotta aerea venne a
sapere di Padre Pio, volle conoscerlo.
123
Il Padre, come se lo vide davanti, gli disse: -Tu sei
quello che ci voleva fare fuori tutti-.
Una contadina di San Giovanni, mentre raccoglieva
l’ulivo, non s’era accorta d’essersi esposta sull’orlo del burrone. Ha sentito una mano invisibile, che la spingeva al sicuro. Quando è andata a ringraziare il Padre, s’è sentita
dire: -Ma tu, vuoi stare attenta a quello che fai?Gli episodi si potrebbero moltiplicare.
Io però voglio richiamare l’attenzione sulle grazie di
ordine spirituale.
Le conversioni: ecco il capitolo interessante e più luminoso del lungo e prodigioso ministero sacerdotale di Padre
Pio. Non è possibile fare un elenco di questi “felici ritorni”
alla vita cristiana.
La condotta di ciascuno di essi diventava edificante testimonianza di fede, di preghiera, di apostolato e di carità.
Parecchi di essi hanno dato inizio a Istituti, Congregazioni e Associazioni religiose o attività ed opere di bene.
Uomini di teatro, dell’arte, della scienza e perfino uomini
della politica, a contatto con Padre Pio, sono divenuti
splendidi figli della Chiesa. La voce più alta rimane quella
dei sacerdoti, dei vescovi, dei Papi e dei Santi.
Questa realtà, corona della santità di Padre Pio, da una
parte mi faceva gioire immensamente, dall’altra mi faceva
vedere sempre meglio le lacune del mio ministero sacerdotale. Mi ricordava il periodo dello studio quando avevo
maturato, in forza di questi timori, la decisione di essere
Cappuccino, ma di rinunciare assolutamente all’Ordinazione sacerdotale. Alla fine dovetti cedere alle insistenze
dei miei Direttori spirituali e dei Superiori.
Diventavano più ricorrenti i giorni di timore.
124
Decisi di parlarne a Padre Pio, ora che gli avevo affidato la mia anima, il mio sacerdozio e tutto me stesso.
Al termine della confessione gli spalancai il cuore dicendo: -Padre, affido a lei tutte le anime che il Signore affida a me-.
Egli, sollevando le braccia, esclamò: -E a quante mani
le affidiamo?Insistetti: -Padre, delle mie so di non potermi fidare-.
Il Padre, dopo un attimo di silenzio, disse: -E va bene!
Però fa’ la parte tua-.
Non poteva abbandonarmi a me stesso e neppure poteva prendere tutto il mio peso su di sé. Così mi ha lasciato
rimandato alla preghiera di San Francesco ai suoi frati
prima di morire: “Fratelli, io ho fatto la parte mia. Dio vi
aiuti a fare la vostra”.
125
Per chi è
Mi sembrava giusto affidare alla preghiera di Padre Pio
non soltanto la mia persona e il mio apostolato, ma la nostra fraternità e il nostro Santuario.
Fare la parte mia, come mi aveva raccomandato Padre
Pio, significava anche questo.
Bramo che questo Santuario della Madonna dei Sette
Dolori sia una sentinella spirituale per la città di Pescara;
una stazione di riposo e una sorgente di ristoro per tanti fedeli e tanti pellegrini. Sia il cuore della città.
Certamente la Madonna non vuole vedere la gente solo
a maggio per la festa della pioggia e a giugno per la festa
popolare.
La Madonna vuole benedire ogni giorno i suoi figli e
aspetta di essere visitata per consolare ed essere consolata.
Il commercio, l’industria, la fatica non bastano a rendere felice una città. Ho avuto l’opportunità di promuovere
il restauro sia del convento che del Santuario. Ne ringrazio
Gesù e la Madonna.
Poiché la Madre di Gesù è bella, anche la sua casa deve
avere bellezza artistica e profumo di preghiera, deve essere
l’anticamera del Paradiso.
Come la madia deve essere piena di farina, così la
chiesa deve risuonare di canti e di Eucaristia.
Anche oggi la Madre dice a Gesù: “Non hanno più
vino” (cfr Gv 2,3).
Il vino è la fede, è la speranza, è la pace, è l’amore.
Anche oggi ripete a noi quello che disse a Cana di Galilea: “Fate quello che Egli vi dirà” (cfr Gv 2,5).
126
Per la preghiera della Madre, Gesù dona a noi “il Pane
della vita e il calice della salvezza”.
Papa Paolo VI ha detto che i santuari sono le cliniche
dello spirito, infatti lì si amministra il perdono e la riconciliazione.
Non volevo che tutto questo fosse un sogno o un desiderio del mio cuore.
Con questa intenzione volli offrire a Padre Pio un quadretto in vetro e metallo con l’immagine della Madonna
dei Sette Dolori.
Il Padre lo guardò, lo baciò e mi chiese: -Per chi è?Ho risposto: -È per lei, Padre-.
Lo tenne un po’ fra le mani e poi lo poggiò sul comodino della stanza, vicino al suo letto. So che l’ha messo nel
suo cuore, insieme al mio desiderio.
Pescara - Basilica Santuario della Madonna dei Sette Dolori
127
Questo è il mio sangue
Il sacerdote sa che quando sale l’altare per rinnovare il
sacrificio di Gesù, è come se salisse sulla croce per chiedere nuovo sangue di redenzione. Egli ripete le parole del
mistero e il mistero si compie.
Gesù scende tra le sue mani nell’ostia e scende nel calice. Quel pane si trasforma per volontà del Redentore in
pane eucaristico, pane di vita, Sacramento. Quel vino non
è più vino, ma Sangue per lavare, nutrire e salvare. Questo
ha fatto Gesù. Questo deve fare il sacerdote.
È il mistero della fede da proclamare appena compiuto.
L’assemblea dei fedeli nel massimo del silenzio, del raccoglimento, e dell’adorazione l’accoglie. Mistero è l’azione
di ogni sacramento. Mistero è la grazia che nell’infusione
o nell’immersione battesimale invade l’anima e cancella la
macchia di origine.
Mistero è l’azione della divina misericordia, che
quando il sacerdote dice “ti assolvo”, ridona all’anima lo
splendore della sua innocenza e della sua somiglianza con
Dio che l’ha creata.
Mistero è l’azione del fuoco dello Spirito Santo, che
all’Unzione crismale del vescovo o suo delegato, riveste di
verità e di potenza d’amore divino lo spirito della creatura
umana e l’arricchisce dei santi sette doni: Sapienza, Intelletto, Consiglio, Fortezza, Scienza, Pietà e Timore di Dio.
È un patrimonio indescrivibile che dallo Spirito Santo
passa ad abitare nell’anima, nella mente e nel cuore dell’uomo, che così acquista vigore più che sufficiente per militare nella testimonianza della fede.
128
È lo stesso fuoco che a pochi giorni dall’Ascensione
di Gesù al Cielo, scese visibilmente secondo le promesse di
Gesù, sui discepoli riuniti a pregare nel Cenacolo con
Maria, sua Madre.
È Mistero di Dio che parla all’uomo.
È Mistero di Dio che si fa uomo.
È Mistero l’Uomo-Dio che si lascia condannare e crocifiggere.
È Mistero anche la sua Risurrezione.
È Mistero la sua Pasqua.
La celebrazione dell’Eucaristia non è soltanto fare memoria di Gesù, ma di ogni parola e di ogni gesto della sua
vita e della sua morte e Risurrezione e della promessa del
suo ritorno.
Cleonice Morcaldi chiese a Padre Pio: “Tu soffri durante la Messa?”
Padre Pio rispose: “Come Gesù sulla croce, per quanto
è possibile ad umana creatura”.
Era l’unione mistica e reale di Padre Pio al sacrificio
del Calvario.
Chi ha avuto la grazia di prendere parte alla celebrazione della Messa di Padre Pio, ha visto la totale immolazione con Gesù. Io generalmente seguivo la Messa del
Padre dal matroneo. Accanto a me c’era sempre il giovanissimo dottor Pavone. Ho taciuto per anni la testimonianza
che sto per fare.
È verità che posso solo raccontare ma non provare.
È verità che in nessun modo posso provare agli altri.
Tuttavia lo faccio solo a lode di Dio e per invitare chi vuole
a ringraziare Dio con me.
Celebravo dopo la Messa del Padre nell’altare di San
129
Michele, uno degli altari laterali posti sulla navata destra
della chiesa.
Nel bere il calice io non ho provato il sapore del vino,
ma tutto il sapore del sangue. Solo allora e mai altrove.
Ripeto sull’altare di ogni giorno: Sangue di Gesù, lavaci. Sangue di Gesù, salvaci!
Che dono ci hai fatto, Gesù, quando hai detto: “Questo
è il mio sangue!”.
E che dono hai fatto al sacerdote quando gli hai comandato di ripetere: “Questo è il mio Sangue!”
San Giovanni Rotondo (Fg) - Crocifisso delle stimmate
130
Che stanno facendo
Da qualche tempo avevo notato sul lato destro della sacrestia nuova una staccionata. Chiudeva e affiancava una
gradinata in cemento grezzo, che scendeva in un vano sottostante. Di giorno s’udivano sul versante dell’orto un gran
rullare di scavatori elettrici e il rimbombo di mazze pesanti
che rompevano la pietra. Dall’intensità dei rumori si capiva che i lavori procedevano a ritmo serrato, come se ci
fosse fretta di portare tutto a termine nel minor tempo possibile. Intanto cresceva a vista d’occhio da un lato dell’orto
il mucchio di massi e detriti estratti.
I frati a questo proposito erano molto riservati.
Questo atteggiamento era assolutamente comprensibile. Pur operando sempre in piena legalità, s’intende,
quello che si faceva lì rischiava sempre di infrangersi contro lo scoglio più imprevedibile.
Padre Pio dalla sua cella percepiva quei rumori.
Vedendo dalla finestra il mucchio di pietre che cresceva, domandò cosa ci facessero là; gli fu risposto che servivano da un’altra parte.
Trascorsero vari mesi. Il lavoro era andato molto
avanti. La cripta era quasi terminata, ma quella staccionata
era ancora lì. Dopo la celebrazione della Santa Messa il
Padre rientrava in sacrestia sorretto dai confratelli. Io seguivo il Padre. A fianco a lui c’era anche il Superiore.
Il Padre, giunto di fronte alla staccionata, domandò al
Superiore: -Che state facendo?La risposta fu evasiva: -Stiamo facendo dei lavori-. Ciò
era ben chiaro, ma quali lavori non disse.
131
Insomma il discorso della “Cripta” dove c’era da preparare tutto per una degna sepoltura dell’uomo delle stimmate, non era possibile farlo proprio con lui.
Si sa che Padre Pio aveva pronunciato parole quasi testamentarie per ricompensare l’affetto del popolo di San
Giovanni. Nella sua umiltà aveva parlato di un cantuccio di
quella terra per restare in mezzo a loro, in caso i Superiori
l’avessero consentito. Oggi la lapide che riporta le sue parole è esposta su una parete della cripta di Santa Maria delle
Grazie. I superiori hanno esaudito il suo umile desiderio.
Attualmente l’urna del corpo di San Pio è nella cripta
della nuova chiesa dedicata al suo nome. È situata dietro
una parete e purtroppo solo parzialmente visibile al pubblico. Sempre a proposito della vecchia cripta, i frati d’allora ricordano che quando tutto era terminato e proprio alla
vigilia della sua morte, Padre Pio disse al Superiore: -Domani verrà il vescovo. Fate dare la benedizione laggiù-.
Benedetto fu quel luogo. Benedetto sei tu, Padre, che
sempre ci hai benedetto.
San Giovanni Rotondo (Fg) - Cripta. Padre Pio vi è stato sepolto fino al 25
aprile 2008
132
Padre, che faresti
Padre Pio ha affermato che Gesù lo ha “scelto senza
alcun merito per essere aiutato nel grande negozio di salvare le anime”. Fa parte della missione della Chiesa e lo
sarà fino alla fine dei secoli.
All’interno del popolo di Dio ci sono i grandi condottieri, i luminosi testimoni, i gloriosi martiri del sangue e
dell’amore. Percorrono decisi la via aperta da Gesù. La
Chiesa li educa, li sostiene, li manda, li glorifica, li invoca.
Santa Chiara, la pianticella di Francesco, dice che lei
ha uno specchio e si chiama Gesù. Nelle quattro celebri lettere che scrive alla regina Agnese di Praga, riversa tutto il
suo amore verginale e di esultanza di sposa.
Del resto Maria, la Madre Vergine e Immacolata del
Redentore, è la prima ad elevare con giubilo profetico e
ineffabile il canto del Magnificat. È l’inno di lode e di gratitudine, che risuona nella Chiesa. È certamente l’inno che
risuonerà in eterno nel regno dei beati, poiché allieta ed
onora il cuore di Dio. È una gara celeste: Osanna! Gloria!
Alleluia! Un santo ha detto che chi salva un’anima assicura la propria.
C’è una schiera di anime portate a Gesù dai grandi
Santi, ma anche dai molti santi senza aureola. Sono infinite le anime che nel nascondimento pregano, operano e
soffrono per portare i fratelli a Gesù. Sapremo solo in Cielo
a quanti umili genitori, operai, oppressi, insegnanti, educatori, dobbiamo la pace del mondo e la conversione dei
peccatori.
Ha fatto bene la Chiesa nei secoli più recenti a mettere
133
in luce l’eroismo silenzioso di tanti suoi figli. Giovanni
Paolo II ne ha ascritto una schiera all’Albo dei Santi e dei
Beati.
Io ringrazio Dio per avermi fatto nascere in una famiglia credente e praticante. Per avermi fatto conoscere San
Francesco d’Assisi e chiamato alla sua sequela. Per avermi
aperta la strada che mi ha portato a Padre Pio.
Il Signore non mi poteva dare di più.
Ricordo con commozione la mia mattutina e quotidiana preghiera da adolescente nella chiesa dei Cappuccini
di Guardiagrele (Ch) dinanzi all’immagine di San Francesco. Lo supplicavo che mi ottenesse dal Signore la vocazione serafica. Ora sono felice di indossare il suo abito e di
professare la sua Regola. Sono grato al Signore perché ha
affidato la mia anima e il mio sacerdozio ad uno dei figli
più santi del Serafico Padre. Nell’esperienza quotidiana di
questa gioia si faceva più forte la speranza della salvezza.
Tante volte dicevo mentalmente al caro Padre Pio: io
lego il mio cingolo al tuo, così sarò sicuro di non perdermi,
ma di venire con te in Cielo.
Certamente il Padre leggeva nel mio cuore questi pensieri. Sapevo allora e so anche adesso di essere ogni giorno
nella sua preghiera.
Un giorno, stando solo vicino a lui, non ho potuto fare
a meno di chiedergli, inginocchiato ai suoi piedi: -Padre, se
il Signore ti dicesse quando sarai in cielo, che uno dei tuoi
figli corre il rischio di perdersi eternamente, che faresti?Mi ha risposto: -Gli chiederei semplicemente di tornare sulla terra per ricominciare da capo a patire, pur di salvarlo-.
Parola di Padre Pio!
134
Io non mi tiro indietro
Padre Pio viveva ogni giorno la totale oblazione di se
stesso. La preghiera ne era l’ispirazione, la carità ne era la
ragione, l’immolazione sacrificale ne era la perfezione. Il
primo posto nel suo cuore era di Gesù, i tesori da salvare
erano i suoi fratelli. Gesù, il re delle anime, lo sospingeva
irresistibilmente allo zelo ardente per il bene delle anime e
dei corpi. La carità era la sua missione. Guarire e convertire era come una chiave, che Gesù aveva messo nelle sue
mani. Il pensiero che un’anima potesse finire tra le fiamme
dell’inferno lo tormentava. Egli non dava tregua a se stesso
pur di strappare dalle unghie del demonio un’anima. Era
sempre pronto a promettere preghiera e aiuto a chi si affidava a lui. Frequente era l’espressione: “Non mi risparmierò”.
Un giorno che ero intenzionato a domandargli a quale
dei molti impegni potevo rinunciare, egli mi prevenne, dicendomi: “Non ti risparmiare”.
Il suo consiglio non era: fare meno per fare bene, ma
fare tutto e fare meglio. Egli trasmetteva ai suoi figli questo proposito di generosità. Ci insegnava che pace e letizia
si trovano soltanto nel fare la volontà di Dio. Ci additava
immancabilmente l’esempio di Gesù, della Madre celeste
e dei santi. Quante volte l’ho sentito ripetere: “Fatevi
santi”.
Basta aprire l’Epistolario per vedere con quanta forza
e calore esortava alla pratica delle virtù, a cominciare dall’umiltà fino alla carità, che le riassume e le perfeziona
tutte.
135
In questo messaggio era contagiante ed efficace, perché egli per primo viveva ciò che insegnava.
Il Servo di Dio Giacomo Gaglione andò da lui, perché
era disperato al pensiero di rimanere tutta la vita sopra una
sedia a rotelle. Appena incontrò lo sguardo di Padre Pio,
dimenticò quello che voleva chiedere.
Scrisse nel suo diario: “Vedere Padre Pio e dimenticare
la ragione del mio viaggio fu tutt’uno. Padre Pio mi fece
un’operazione chirurgica. Mi levò una testa e me ne mise
un’altra, la sua”.
Gaglione tornò a casa felice della sua croce e presto
divenne un apostolo.
Fondò l’associazione “Apostolato della sofferenza”,
formando una catena di anime liete di vivere in comunione
la sofferenza e di farsi offerta per salvare in quel modo se
stesse e i fratelli sani nel corpo, ma infermi nello spirito.
Lo scultore Berti ripeteva: “Padre Pio è un forgiatore di
santi”.
Un giorno sentii Padre Pio che diceva: “Quando
prendo un’anima non la mollo più”.
Disse anche: “Un’anima vale tutto il sangue di Gesù”.
E per salvare le anime egli ha versato “sulla croce” il
suo sangue unito a quello di Gesù.
-Padre-, - gli dissi un giorno, -Lei ora prega per me e
mi aiuta, ma, quando non ci sarà più, ci potrò contare lo
stesso?Egli prontamente mi rispose: -Figlio mio, io non mi
tiro indietro-.
La Scrittura dice che Dio “è fedele”.
Possiamo essere certi, che allo stesso modo, lo sono i
Santi.
136
Roma - Città del Vaticano - 1° ottobre 1983. Udienza del Papa Giovanni Paolo
II ai Gruppi di Preghiera di Padre Pio. Sulla destra padre Guglielmo Alimonti
Capodiserra (Villa Santa Lucia “Aq”) 15 agosto 2009
Buona notte
Frequentare Padre Pio mi faceva sentire in comunione
spirituale con lui. Trovavo guida, sostegno e conforto. I doveri sacerdotali mi riuscivano meno faticosi. Certamente
era sulle sue spalle il peso maggiore della mia crescita spirituale. Me ne rendevo conto attraverso mille segni. Egli
mi correggeva anche con un gesto, con un atteggiamento,
con uno sguardo. Io ero attento a cogliere questi segni.
Più facile era quando ci scappava l’aperto rimprovero.
Ne ero infinitamente grato al Padre e a Gesù, che mi ha
dato il Padre.
Sento dolorosamente il bisogno di chiedere perdono a
Gesù e al Padre per ogni volta che quegli aiuti ho sciupato.
Posso affermare che la direzione spirituale non è finita con
la sua morte, confermando quel “Sempre così” che un
giorno mi promise. Un timore fin dall’inizio mi stringeva
il cuore. Ormai definivo “giorno” il tempo che avrei vissuto
alla sua presenza e il tempo che il Signore mi avrebbe ancora concesso dopo il distacco da quella presenza. Questa
seconda parte della mia vita la chiamavo “notte”.
Questa distinzione non vuole essere offesa al Signore,
così generoso con me. Anche i confratelli e tutti i figli del
Padre sparsi nel mondo chi sa cosa avrebbero dato per fermare lì il tempo. Certamente tanti, come me, ripetevano a
Gesù l’offerta di se stessi in cambio di un’ora della vita di
Padre Pio.
Vengo alla drammatica ora che tenevo lontana dal pensiero.
Era terminata la giornata piena di lavoro e di preghiera.
139
Fra pochi giorni ci sarebbe stata tanta festa intorno al
Padre per il 50° anniversario della stigmatizzazione.
Sul sagrato e dentro la chiesa avrebbero fissato le transenne per regolare il movimento delle decine di migliaia di
fedeli, che sarebbero accorsi a San Giovanni Rotondo.
Ci recammo nella stanza del Padre per avere la sua benedizione e augurargli la buona notte. Il Padre era coricato
sul fianco destro, quindi era rivolto a noi. Mi avvicinai per
ultimo. Mi chinai dicendo: “Buona notte, Padre” e lo baciai
sulle guance.
Il Padre tese le mani e mi attirò a sé. Mi restituì con tenerezza il bacio e trattenne il mio viso stretto al suo, ripetendo cinque o sei volte: “Buona notte, figlio mio!”.
Mi scossero brividi di commozione, ma non seppi
darmi una spiegazione. Fu l’ultimo abbraccio del Padre.
Così iniziavo la “Notte”.
140
Giovedì santo
L’unica Messa in “Coena Domini” in fraternità viene
celebrata dal Superiore. A San Giovanni Rotondo il Superiore delegava Padre Pio. Noi accorrevamo volentieri a
quella celebrazione. Era il modo di poter ricevere anche
noi sacerdoti la Comunione eucaristica dalla mano piagata
del caro Padre. Io aspettavo da un anno all’altro quel momento. Si viveva una profonda commozione di spirito.
La gente era sempre molto numerosa. Si riempivano
tutti gli spazi della chiesa. Dopo che il Padre aveva terminato di comunicare noi all’interno del presbiterio, i sacerdoti si recavano a distribuire la Comunione a tutti i fedeli.
Ci voleva comunque più di mezz’ora.
Nel frattempo Padre Pio restava seduto e appoggiato
con le mani all’altare.
Io e l’altro confratello che eravamo a fianco del Padre,
lo abbiamo visto diventare via via più pallido. Abbiamo deciso di accompagnarlo dietro l’altare. In tutta fretta abbiamo preparato una sedia e un inginocchiatoio, perché
potesse appoggiare le braccia e la testa. Il confratello è tornato all’altare, anche per tranquillizzare gli altri. Io sono
rimasto solo, in piedi davanti al Padre.
Gli occhi su di lui e le mani a sfioragli carezzevolmente
la testa. Pregavo col cuore trepidante. Non sapevo se il
Padre era fuori dei sensi o assorto nella preghiera. Egli certamente viveva in quei minuti l’esperienza sacerdotale e
sacrificale con Gesù. Passarono circa quindici minuti.
Lentamente sollevò la testa. Mi guardò.
Appoggiai un attimo il suo capo al mio petto.
141
Sussurrai: -Coraggio, Padre mio!Insieme ai confratelli l’aiutammo a tornare all’altare.
La folla quasi non si accorse.
Sembrò una comprensibile sosta durante la distribuzione dell’Eucaristia.
Era il Giovedì Santo.
Padre Pio era già sul Calvario.
142
Un garofano, uno stelo
Nella ricorrenza del cinquantesimo delle stimmate, ci
furono grandi preparativi di festa. Ricordo che al Padre regalarono migliaia di bellissimi garofani. Quando il Padre
vide tutti quei fiori esclamò: -Mi avete fatto diventare un
giardiniere!- Padre Pio, giardiniere, lo era veramente, ma di
anime. Quelli ed altri fiori furono usati per adornare l’altare
e la chiesa.
In convento piovvero telegrammi, telefonate, lettere,
biglietti d’auguri.
La gente in chiesa, sul piazzale e in tutti gli spazi adiacenti pullulava. Ognuno aveva un desiderio, o forse tutti
avevano lo stesso desiderio: vedere, salutare, avvicinare,
baciare le mani a Padre Pio e ricevere la sua benedizione.
Si calcolò che tra pellegrini e residenti la folla superava le centomila persone. Fu una festa di cuori e di anime.
C’era gente di ogni razza e di ogni continente. Quell’umanità che Padre Pio con cinquant’anni di crocifissione
e di amore andava accogliendo, benedicendo, sollevando,
salvando, era lì.
Il Padre Superiore obbligò il Padre, che in verità appariva molto debole, a celebrare la Messa cantata. La registrazione filmata di quella celebrazione mette in evidenza
l’enorme sforzo, che fece il Padre dall’inizio alla fine.
Fummo colti da sgomento quando fece il gesto del saluto
finale, ripetendo con voce spezzata dalle lacrime: “Addio,
figli miei!” Passò in cella il resto della giornata.
Dovette essere adagiato sul letto con la speranza di riprendere le forze. Poi la sua salute precipitò.
143
Quello che accadde nel prosieguo della notte fino all’ultimo suo respiro, lo sappiamo dalla celebre testimonianza di Padre Pellegrino. Ogni anno viene letta alla folla
dei fedeli che accorrono a San Giovanni per la grande veglia del ventidue settembre.
Io voglio raccontare ciò che accadde in chiesa quando
il corpo del Padre fu esposto nella bara alla venerazione
dei fedeli.
La fila composta, silenziosa, raccolta nel pianto, durò
tre giorni. Noi religiosi eravamo in cerchio intorno alla
bara. Ci alternammo nella veglia. La gente ci dava oggetti
da toccare al corpo del Padre per avere più che un ricordo,
una reliquia. Qualcuno che di nient’altro poteva disporre
si sfilava una scarpa.
Il terzo giorno un signore mi fece cenno di prendere
uno di quei tanti garofani,
toccarlo al corpo del Padre e
darlo a lui. Fu l’inizio. Dopo
poche ore, di garofani non
ce n’era più neppure uno.
Dentro i vasi, qua e là, erano
rimasti soltanto alcuni steli.
Chiesero anche quelli e presto finirono.
Qualche anno dopo, uno
di quei fedeli, che aveva ricevuto uno stelo, mi disse:
“Padre, lo stelo che mi diede
è diventato una pianta”.
144
Uno di quei veli
Dopo la morte del caro Padre, il suo corpo rimase esposto davanti all’altare, fuori del presbiterio.
Era stato sistemato in una cassa di legno senza coperchio, per cui potevamo vederlo e toccarlo. Potevamo cambiare i fiori che la gente ci offriva o deponeva ai suoi piedi.
Soprattutto era possibile sostituire il piccolo merletto
bianco steso sul suo volto. Era sottile e trasparente. Potevamo soddisfare il desiderio di poter prendere quel velo
per qualche malato o per qualche benefattore.
Vicino a noi c’era il professor Enrico Medi. Col volto
affondato nelle mani piangeva come un bambino. Ogni
tanto andava a consolare con una carezza la consorte, che
era seduta ai piedi dell’ambone, a destra dell’altare. Sapevamo tutti il profondo affetto, che legava quei virtuosi coniugi a Padre Pio. Quando stava bene il Padre era felice di
vederli e benedirli. Scherzando diceva all’onorevole Medi:
“Sei un chiacchierone”.
Il professor Medi, vice Presidente dell’Euratom, incantava quando parlava dell’astronomia, dell’universo e delle
sue sapienti leggi. Diceva che ogni cosa lo riconduceva ad
ammirare il creato ed a prostrarsi davanti al Creatore. Al
pari della sua scienza incantava la sua fede. I vescovi
spesso lo invitavano a parlare al clero e ai fedeli. Si conservano alcune sue conferenze e discorsi toccanti e illuminanti. Uno dei discorsi più celebri è quello che tenne a
Prato, città notoriamente atea e marxista. Parlava volentieri
ai giovani e sapeva infondere in loro il bisogno di Dio e il
desiderio delle virtù.
145
Mentre iniziavano i preparativi per la festa del Padre,
egli spontaneamente si recò dal Papa a chiedere la benedizione per il suo caro Padre Pio. Arrivò tutto raggiante. Si
inginocchiò davanti a Padre Pio e disse: -Padre, sono stato
dal Santo Padre e le porto la sua benedizione-.
Padre Pio, commosso, s’inchinò a quelle parole e ringraziò affettuosamente il professor Medi.
A Medi un giorno fu chiesto: “Professore, perché, lei,
uomo di scienza, appena può corre qui da Padre Pio?”
Egli con la semplicità dei grandi rispose: “Perché qui
il soprannaturale è naturale”.
Vicino ad un gigante di santità come Padre Pio, si vede
e si tocca ciò che appartiene alla realtà della fede e quindi
all’invisibile, come appunto è il mondo soprannaturale. Ora
eravamo al secondo giorno.
San Giovanni Rotondo (Fg) settembre 1968 - Convegno dei Gruppi di Preghiera di Padre Pio per il Cinquantesimo delle stimmate. I Gruppi seguono sul
sagrato della chiesa la Via Crucis meditata
146
Interminabile era la fila di gente che veniva a rendere
omaggio e a rivolgere una preghiera.
Mi mossi per andare verso il presbiterio. Il Professore
s’avvicinò e mi sussurrò con quell’afflizione, che portava
stampata sul volto: -Padre, mi dia uno di quei veli che coprono il viso di Padre Pio. Io e mia moglie lo desideriamo
tanto-. L’ho accontentato subito. Mi ha ringraziato gentilmente. Medi è già Servo di Dio. Speriamo che un giorno la
Chiesa lo iscriva nell’Albo dei Santi.
Funerali di Padre Pio - A sinistra con gli occhiali padre Guglielmo Alimonti
147
Roma Basilica di San Pietro 29 settembre 1990 - 40° Fondazione dei Gruppi
di Preghiera. Sua Santità, Giovanni Paolo II, padre Gerardo De Flumeri e
padre Guglielmo Alimonti
Mi prestava la chiave
Il terzo giorno, Padre, il tuo corpo fu tolto dalla bara
scoperta e passato in un’altra, sempre di legno, ma coperta
col vetro. Un altro passo di separazione. Un po’ alla volta
ti allontanavi.
Prima ti parlavo e mi parlavi, ti abbracciavo e mi abbracciavi. In questi due giorni ti vedevo e ti toccavo. Ora ti
vedo, ma non ti posso toccare più. Rimango con gli occhi
fissi sul tuo viso, quasi aspettando che tu li riapri e mi
guardi. Non vaneggio.
Solo chi conosce un dolore simile, può capire. La
morte! Ecco la tragedia umana. Di fronte ad essa è possibile rimpiangere adeguatamente, ciò che ci ha tolto il peccato originale.
Lo Spirito Santo ha soffiato su di me a tempo opportuno. Ho potuto fare col Padre i patti necessari. Ho avuto le
sue promesse. Le ricordo una ad una e non oserei mai pensare, che possa dimenticarle lui.
Questo lo so e l’ho scritto in queste pagine.
Con i miei peccati io ho deluso il Padre. Tuttavia sono
certo che egli non mi abbandona, ma mi ottiene misericordia dal Padre Celeste, dal Figlio Redentore e dallo Spirito
Consolatore. Ora non deve far fatica per chiamare la sua
“Mammina”. È con lei.
Ora invisibilmente può alimentare in me la speranza di
non perdermi. Quanto è distante la mia bontà dalla sua!
Eppure io non voglio essere lontano da lui.
E bramo, e voglio, e spero che sia così.
Padre, io ti parlo ogni giorno. Ti racconto tutto.
149
Tu non stancarti di starmi vicino e di aiutarmi.
Hai detto che dopo la morte avremmo dovuto cercarti
in ogni tabernacolo del mondo. Lì è la tua vita e lì deve essere la nostra. E sia eucaristico ogni istante, che il Signore
ci concede di vivere. Gesù è il Paradiso. Stare con Lui e
con te è il modo di sperimentare nel tempo la beatitudine di
chi adora ed ama. Ora ripiego le ali dello spirito e torno a
pregare, come facevo ogni notte, sulla tua tomba. Ora sei
passato nella cripta nuova. Io di rado sono lì. Appena fu
tutto sistemato nella cripta vecchia, cercai il modo di restarti vicino, come facevo in sacrestia la mattina prima
della tua Messa.
Padre Paolo Cuvino, che ti aveva amministrato l’Olio
degli infermi, aveva la chiave della cancellata di ferro che
circondava la tomba. Segretamente me la prestava ed io,
venivo a tenerti compagnia fino all’alba.
Ora abbi cura tu del mio tramonto.
I funerali di Padre Pio
150
La transumanza
Era una famiglia di Pescara. Persone di profonda fede
e molto devote di Padre Pio. Mi offrirono un passaggio.
Arrivai con loro a San Giovanni Rotondo e mi sentii in dovere di portarli in convento e farli incontrare col Padre. Li
presentai e chiesi la benedizione per tutti noi. Il Padre alzò
la mano benedicente, poi, fissando lo sguardo lontano, e
sciogliendo le parole in un sorriso di compiacenza disse:
-Abruzzesi, vogliamoci bene!Quelle parole mi scesero nel cuore come una rugiada
benefica. Dentro c’era, per così dire, sapore di profezia, di
augurio, di affetto. Quel giorno sentii l’anima ristorata e
immersa nella gioia.
Di bene al Padre gliene volevamo tanto. A volte per un
attimo si affacciava la domanda - in realtà smentita dai fatti:
-Ma il Padre sa quanto bene gli vogliamo?- Questa certezza
per noi era buona e nutriente più del pane. Perciò ora sentire dalle labbra del Padre l’invito a “volerci bene” ci era di
una immensa consolazione.“Abruzzesi, vogliamoci bene”.
È noto a tutti che l’Abruzzo più di ogni altra regione,
ripetutamente durante il corso dell’anno si riversa a San
Giovanni Rotondo e a Pietrelcina. Questa è ciò che ho chiamato: “la transumanza”. Non portiamo greggi dai monti ai
piani per i verdi pascoli. Guidiamo fedeli a decine di migliaia dove è vissuto e dove è nato Padre Pio.
Lupi, progettista della Casa Sollievo, non è più l’unico
nome di abruzzese legato alla storia del Santo delle stimmate. Le greggi, che ora trasportate col treno, vanno a svernare nelle pianure pugliesi, appartengono ad una storia di
151
costume e di economia tramontata. Pochi la ricordano e pochissimi ci fanno caso. Quante realtà nuove sono nate! Ora
l’Abruzzo cerca un Santo: quello di San Giovanni Rotondo
e di Pietrelcina. Pioniere di queste folle Dio, per sua misericordia, ha voluto me, umile cappuccino. Nessuno era debitore più di me verso il San Francesco dei nostri giorni,
inchiodato alla croce e con le ferite sanguinanti per oltre
cinquant’anni. A quella fonte serafica Dio mi ha dato la
grazia di bere misericordia, conforto, luce, consolazione.
In tre date particolari questa folla di miei conterranei si
riversa a San Giovanni Rotondo: in un pellegrinaggio regionale a primavera quando inizia la Quaresima per prepararsi nel modo più conveniente alla celebrazione della
Pasqua.
La notte del 22 settembre per la “Veglia” divenuta
ormai l’appuntamento universale di tutti i figli, devoti e
confratelli di Padre Pio. La folla, in assoluto e commosso
silenzio, riascolta la lettura della testimonianza del Transito di Padre Pio, scritta da Padre Pellegrino Funicelli.
Il terzo incontro è riservato ai giovani.
In ognuna di queste date è implicita la confessione e
comunione generale. Nella circostanza non fanno fatica,
perché nei tanti Gruppi di Preghiera si vive già una intensa
vita eucaristica.
Pietrelcina è ugualmente meta per tre volte l’anno.
Il 25 maggio, giorno della nascita del caro Padre Pio.
Tutto lì parla di provvidenza, di semplicità e di umiltà. È lo
specchio della vita delle generazioni povere di beni, ma ricche di fede. Le altre due date sono quelle della prima Messa
di Padre Pio nel proprio paese, cioè il 14 agosto; e quella
delle prime stimmate, dette invisibili, cioè il 7 settembre.
152
Gli abruzzesi si sentono come pesci nel proprio mare
in questi luoghi, perché assommano ciò che portano a ciò
che trovano.
All’offertorio di solito c’è un agnello, simbolo dei pastori e del popolo della nostra terra. I canti di animazione
sono la voce ispirata dal caldo amore a Padre Pio che “ci
vuole bene” e al quale vogliamo bene.
San Giovanni Rotondo (Fg) 21 aprile 1978 - Pellegrinaggio regionale dei
Gruppi di Preghiera d’Abruzzo. All’offertorio viene portato l’agnello
153
Pietrelcina (Bn) 25 aprile 1985 - Pellegrinaggio regionale dei Gruppi di Preghiera d’Abruzzo. Stadio celebrazione eucaristica
Indice alfabetico
A tutto deve pensare Padre Pio . . . . . . . . . . . . . . pag. 52
Adesso puoi andare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 24
Alla finestra per il saluto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 111
Ancora . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 113
Apri quella porta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 40
Buona notte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 139
Ce l’hai trovata la neve . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 65
Che bel tramonto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 120
Che c’è scritto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 56
Che mi hai portato da mangiare . . . . . . . . . . . . . . . “ 42
Che stanno facendo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 131
Che t’importa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 58
Chi ha guidato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 29
Così piccolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 14
Dammi il tuo fazzoletto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 37
Datela prima voi a me . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 104
Di dove sei . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 27
Dove siete diretti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 87
È bella la Madonna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 44
E qua ... qua . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 101
Fa’ la parte tua . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 123
Fammi andare da questo qua . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 97
Figlio mio! . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 7
Giovedì Santo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 141
Io non mi tiro indietro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 135
La transumanza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 151
Maria ti guidi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 84
Mi devi sciancare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 31
Mi prestava la chiave . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 149
Non disturbare il Padre . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 48
Non puoi metterti a sedere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 95
Non vuole sopportare niente . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 80
Ognuno fa qualcosa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 99
Padre, che faresti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 133
Per chi è . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 126
Per te che vuoi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 50
Pescara senza mare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 19
Porta questa pianta al Padre . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 22
Prega come puoi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 109
Purché per il bene . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 54
Quanti anni ha . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 60
Queste porte sono tutte aperte . . . . . . . . . . . . . . . . “ 115
Questo è il mio sangue . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 128
Questo fraticello . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 9
Ringraziali da parte mia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 93
Sangue sulle strade . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 35
Se ce lo ritrovi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 91
Se ci riesci . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 69
Se ti sente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 67
Sei figlio di San Francesco . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 73
Sempre così . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 89
Sono andati a San Gabriele . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 75
Stai lì e prega per me . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 16
Suona il vespro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 12
Tu la sai lunga . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 62
Un garofano, uno stelo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 143
Una foto mancata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 46
Uno di quei veli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 145
Vai, vai . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 82
Vuoi bene alla Madonna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 117
Vuole fare carriera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “ 77
DATI BIOGRAFICI
DI PADRE GUGLIELMO ALIMONTI
Padre Guglielmo Alimonti nasce a Guardiagrele
(Ch) il 17 ottobre 1929 con il
nome di Alessandro da Nicolangelo e Gentile Salvatore.
Quarto di sette figli, cresce in una famiglia operosa e
timorata di Dio. La madre,
terziaria francescana, lo educa all’amore di San Francesco.
Sin da piccolo frequenta il convento dei Cappuccini; è
solerte chierichetto, servendo tre messe ogni mattina. Ama
trascorrere molte ore del giorno nella biblioteca, immerso
nella lettura.
Studente alle scuole superiori dal 1941 al 1943, durante
il periodo della guerra, matura la vocazione sacerdotale ed
entra nel Seminario cappuccino di Sulmona il 18 novembre
1944. Nello studio e nella preghiera percorre le tappe del
cammino di consacrazione al Signore: la vestizione il 23
ottobre 1948; la professione temporanea il 24 ottobre 1949;
la professione perpetua il 21 novembre 1953; l’ordinazione
sacerdotale il 25 luglio 1956.
Prende da religioso il nome di Guglielmo in onore di
Guglielmo Massaia, missionario in Africa.
Assistente spirituale di Istituti, Seminari e Monasteri;
dell’Ordine Francescano Secolare, della Gioventù Francescana, dell’Organizzazione Nazionale Assistenza Religioso-Morale Operai; per oltre dieci anni segretario della
Conferenza Episcopale Abruzzese-Molisana (CISMAM) e
dei Gruppi di Preghiera di Padre Pio.
L’incontro con il Cappuccino stigmatizzato ha segnato
la sua vita sacerdotale. Padre Pio divenne il suo Direttore
spirituale e gli affidò l’apostolato dei Gruppi di Preghiera:
un esercito orante, lievito e fermento della Chiesa e della
società.
PUBBLICAZIONI
* RITRATTO FRANCESCANO
Quattro volumi, di poesie scritte nel 1982, ottavo centenario della nascita di San Francesco d’Assisi
* IN ATTESA DELLO SPOSO
Commento poetico al Pater, Ave e Gloria
* VOCE DELL’ANIMA
Cinque volumi di poesie dedicate a Padre Pio
1. Pietrelcina ... non sei più piccola
2. Orma sulla roccia
3. Uno con l’agnello
4. In cammino
5. Occhi sull’anima
* DENTRO L’ARCOBALENO
Collana di poesie in tre volumi
1. L’eco dei passi
2. Arco nello spazio
3. Ad ali aperte
* IMMAGINI E PAROLE
Commento alle pitture di Francesco Gentile dedicate a
Padre Pio
* Conferenze, relazioni, articoli e commenti pubblicati
sulla Rivista “Casa Sollievo della Sofferenza”
* Riflessioni su testi biblici in opuscoli ad uso del Gruppi
di Preghiera di Padre Pio
* L’ORA PIÙ BELLA
Volumetto di 33 brani sulle varie parti della Santa
Messa
* COLORI DEL VESPRO - Due volumi di temi vari
* VERONICA PEROZZI - Una biografia “essenziale”
* VENTO IMPETUOSO
Sette volumi di poesie dedicate a uomini eccelsi per santità e virtù
* I MIEI GIORNI CON PADRE PIO
* VICINO A PADRE PIO
Due volumi di poesie dedicate a personaggi vissuti accanto a Padre Pio
a cura del:
Centro Regionale Gruppi di Preghiera di Padre Pio
Santuario Madonna dei Sette Dolori
tel fax 085/411158
65125 PESCARA
e-mail: [email protected]
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