(www.usoriuso.wordpress.com)
La mostra:
M. Ceravolo, A. Frera , V. Lisena, E. Miglietta , C. Morelli , M. Rocca
la pittura tutta è ri-uso, riutilizzo, reinvenzione, scoperta di nuovi significati e di nuovi
mondi visivi, con alcuni scatti, certo, con alcune invenzioni assolute (penso, per
esempio, a ‘Las Meninas’ di Velasquez), ma che poi sono stati copiati, ripensati, reinventati, utilizzati e ri-utilizzati più volte nel corso dei secoli da artisti anche molto
distanti tra loro e in diverse discipline.
Quella che si propone oggi è una riflessione su tutto questo. Su questo procedere
dell’arte a scatti certo, ma senza perdere il proprio passato, di questo continuare ad
esplorare e a ripensare, a ri-utilizzare, ognuno nella direzione che meglio crede, il
patrimonio di cose, idee, immagini che ci ha preceduto.
Così qui troviamo esposte opere che da un lato si propongono nel forte
spostamento di senso della reinvenzione immaginifica di cose comuni, oggetti, pizzi,
merletti, quasi che i colori, l’apposizione di un rosso o di un giallo, la composizione
dell’immagine, possano cambiare completamente il significato di ciò che noi usiamo
ogni giorno, senza con questo perderne tutta la potenza evocativa, senza che questo
ne comprometta il senso originale, ma solo aggiunga, completi, sposti, re-inventi la
nostra percezione della cosa e, dall’altro, quadri e fotografie che utilizzano le cose,
la natura, distrutta, cambiata, ri-utilizzata, per esprimere meglio altro, dell’altro,
sentimenti, idee, passioni, ironia, cambi di senso; immagini, insomma, che ai canoni
tradizionali aggiungono materiali o punti di vista che ne completino il senso, che ne
aiutino la comprensione, che, per certi versi, esprimano sia da un punto di vista
tattile che ideale la ruvidità, la malinconia, la sorpresa, lo stupore, il dolore, la pena,
la densità psicologica e innovativa del rappresentato.
E ancora: si espongono qui, da un lato, diversi modi di utilizzare la pittura in sé, di
esporre i risultati della propria riflessione pittorica, di una riflessione che a partire
dall’informale ritorna e fugge al e dal figurativo, evocando immagini, persone, cose e
poi travolgendoli e mutandoli nell’inondazione di colori e di luce, quadri, così
presentati, che se fossero tirati, inquadrettati, incorniciati sarebbero solo “quadri”, ma
che come qui esposti diventano pittura che fluttua, si muove, tele, cotone colorato,
tende fiorite di pittura, di colori, di denso pensiero e mestiere dell’arte e sull’arte; e
dall’altro, intimi pensieri e continua riflessione sul mondo dell’iconografia attuale,
della pubblicità, delle scritte, delle piccole cose, dei gridi senza senso, degli annunci,
di quei brevi sussulti che emergono dal profondo, ancora una volta, ri-pensati ed
esposti per ciò che essi sono intimamente, per ciò che esse ricordano ed evocano,
più che per quel che di loro appare, cosicché anche la disposizione, la “scenografia”,
la messa in scena dei quadri, la loro sequenza, il loro inseguirsi è essa stessa
pittura, racconto, re-invenzione, ri-utilizzo dello spazio per dirsi, per comunicare, per
dirci di noi e del mondo nel quale viviamo.
Via Zumbini 6 Milano – dal 4/6 al 26/6 – orari: tutti i giorni 18.30 / 20.00 escluso giovedì e venerdì (sabato 22 e domenica 23 ingresso riserv.)
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M. Ceravolo (http://it-it.facebook.com/marina.ceravolo)
nata a Genova nel 1956, vive e lavora a Milano.
M. Ceravolo, A. Frera , V. Lisena, E. Miglietta , C. Morelli , M. Rocca
Marina inizia a produrre i primi lavori nel 1999, ispirata
da un luogo, Cogoleto, nella riviera ligure, che per anni
ha ospitato uno dei più grandi manicomi europei. Lì si
respira un’energia creativa, deviata rispetto gli altri, ma
coerente e ossessiva rispetto a se stessa.
Il mare e la Liguria continuano a tornare nei resti di una
mareggiata, nei brandelli di pneumatici che diventano
parapendii, motori arrugginiti, vasi di fiori, cartelli stradali
comete: qualsiasi materiale può assumere, in altri
contesti, altro significato.
Marina utilizza fili, stoffe, seta, nastri, perline, materiali
molto femminili, ma anche cemento, ferro, acciaio,
catrame, materiali molto maschili.
Far rivivere con altra dignità ciò che appare rifiuto,
fondere il maschile e il femminile, sono le costanti delle
sue tele.
I temi trattati sono ricordi, opinioni, sentimenti, derivati
da una vita vissuta troppo velocemente, in una città
senza pietà come Milano che mercifica tutto compreso i
rapporti umani.
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M. Ceravolo, A. Frera , V. Lisena, E. Miglietta , C. Morelli , M. Rocca
A. Frera (cell. 3356068005 – [email protected])
nato a Brescia nel 1957, vive e lavora a Milano.
Sandro, come lo chiamano tutti, è arrivato a dipingere
ciò che dipinge ragionando, da un lato, sulla
stilizzazione e sulla semplificazione del segno, e,
dall’altro, ripensando a quanto ogni cosa dipenda da ciò
che ha vicino. Ogni cosa noi si veda ha una strettissima
relazione con quanto le sta vicino.La visione è piatta,
uniforme e la profondità giunge solo attraverso il
ragionamento. Il riconoscimento delle cose, il
riconoscimento del significato delle cose, qualità
che oggi a noi pare innata, è frutto di una laboriosa e
ripetuta analisi del reale.
Per questo Sandro dipinge masse e dettagli, grandi
campiture di colore e piccole linee colorate. I contorni
delle cose spesso (sempre), i dettagli, li aggiungiamo
noi a ciò che osserviamo.
Di recente, poi, Sandro ha iniziato ad aggiungere ai
propri lavori delle cose, pietre, farina, foglie,
stravolgendoli o lasciandoli inalterati, quasi a ricordare
come la natura, la natura che ci circonda, quella che
tocchiamo e vediamo ogni giorno sia ormai un’altra
parte di noi.
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V. Lisena (cell. 3475494898 – [email protected])
nato a Milano nel 1966, dove vive e lavora.
M. Ceravolo, A. Frera , V. Lisena, E. Miglietta , C. Morelli , M. Rocca
Vincenzo si divide tra un’arte di rigoroso taglio analitico
e una attività più ludica, ma altrettanto spiazzante.
Possiamo quindi dire che, da un certo punto di vista, il
filo rosso dell’attività artistica di Vincenzo sta nello
spiazzamento.
Infatti, tanto la pittura per la pittura, l’arte analitica, che
ha dato vita ai monocromi, spiazza per l’assenza di ogni
ingrediente che esuli dalla tela e dal colore, quanto le
fotografie catturate o costruite sulle spiagge di Italia
disorientano per il cambiamento di senso che in esse si
impone o alla natura in sé o al suo apparire.
In particolare, per quanto riguarda le fotografie,
l’addensarsi di un colore o di una intensità di colore su
un territorio normalmente neutro come quello di una
spiaggia crea un effetto straniante che viene registrato
con precisione dall’obiettivo della macchina fotografica.
La natura, quindi, viene usata per sottolinearne le
potenzialità espressive e disorientanti, per far intendere
ad un mondo distratto quale il nostro quanta novità e
poesia può esistere se solo ci si ferma ad osservare con
pazienza e attenzione.
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M. Ceravolo, A. Frera , V. Lisena, E. Miglietta , C. Morelli , M. Rocca
E. Miglietta ([email protected])
nata a S. Pietro Vernotico (Br) nel 1953, vive e lavora a
Malcesine (Vr)
La gestualità informale della pittura di Enza è frutto di
molti anni di ricerca; la sua visione è sedotta dagli
avanguardisti americani del secondo dopoguerra,
l’ardore delle emozioni e del gesto sono intensi come
fossero un atto fisico. Questi dualismi, gesto ed
emozione, segno e colore sono introdotti nella tela, anzi
nello spazio a disposizione, in modo decisamente
“regolare”. La retorica rotelliana, insieme a quella degli
informali sono le chiavi di lettura per avvicinarsi alla
comprensione della poétique artistique di Enza,
l’inserimento delle scritte nella quasi totalità delle opere
è un segno distintivo, ma soprattutto, concreto di un
passaggio all’interno del quadro. Con quel gesto,
denuncia l’identità fragile della nostra contemporaneità,
essere una scritta o un’etichetta, un logo o un non logo;
annullare questi riferimenti contemporanei con il colore
o un collages è una delle caratteristiche primordiali della
sua arte.
Riflettere. Meditare. Bisogna sapere soffermarsi davanti
ad una tela o un disegno di Enza per poter cogliere e
distinguere il suo spirito libero, provocante ma allo
stesso tempo testimone di una società contemporanea
in continuo movimento. (P. Maffei)
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C. Morelli ([email protected])
nata a Terni nel 1976, vive e lavora a Bologna.
L’arte fatta con oggetti comuni, quotidiano che diventa
eccezionale nella sensibilità di Caterina. Sono quadri, in
questo caso, che prendono a soggetto le piccole cose
che usiamo tutti i giorni, dal letto fino alla caffettiera, la
sedia o il ventilatore, oggetti simbolo di una cultura
“popolare” nel senso più ampio. I ricordi, i sentimenti, le
abitudini, nella sua visione restano intrappolati negli
oggetti, che sulla tela mantengono una forte fisicità,
quasi vi fossero impressi in rilievo, concreti come nella
realtà. Il minimale e delicato traspare con chiarezza
come stile suo proprio con una pittura paradossalmente
tanto umana quanto più priva, come spesso le accade,
di soggetto antropomorfo. Questo a dispetto del segno
violento e spesso “impreciso” della matita, del colore
che spesso tracima sul quadro, aspetto pittorico di
un’artista Naif (nel senso letterale di “selvaggia”) e al
tempo stesso dotata di innata delicatezza. La parte più
preziosa del lavoro di Caterina sta però nelle scelte su
tecnica e materiale, in particolare l’utilizzo del ricamo
come parola, lontano dall’intento artigianale, che
conferisce ai quadri quella fisicità trasformando il filo di
seta nel “filo” di tutta una poetica, (F.Pala)
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M. Rocca (cell. 3386780958)
nato a Chiavari (Ge) nel 1955, dove vive e lavora.
M. Ceravolo, A. Frera , V. Lisena, E. Miglietta , C. Morelli , M. Rocca
Formatosi all’Istituto Statale d’Arte di Chiavari sotto la
guida di Vittorio Ugolini. Disegnatore ed incisore dalle
notevoli capacità, permette al suo segno deciso di
svincolarsi dalla descrizione mimetica della realtà e di
unirsi a colori forti e timbrici, creando un insieme di
grande vigore.
“Dalle prime grandi tempere di origine figurativa,
coinvolte in un dinamismo plastico in cui Gian Franco
Bruno rileva un’ossessiva matrice bocconiana, è
passato a una dimensione naturalistica gestuale
indirizzata ad una sorta di realtà allegorica. […]” ( da
“Dizionario degli artisti liguri” a cura di Germano
Beringheli)
”Rocca è stato per la quasi totalità della sua carriera
coerente nei riguardi di una pittura di rottura, informale,
carica di forza giovanile ma anche frutto di pensiero e di
amore…”.
Con queste parole nel 1993 Ugo Carreca definiva
l’operato di Mario Rocca. “La mutazione delle cose, il
tempo, la forza della vita che non è delimitabile né in
spazio né in tempo; io devo riuscire a rendere ciò”, con
queste parole Mario Rocca ci comunica il suo intento
ogni qual volta si pone di fronte ad un foglio, ad una tela
bianca con i mezzi più tradizionali del pittore.
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