pag. 57 1776-1852 Don Angelo Bellani scienziato e benefattore di Giuseppe Colombo Il 28 agosto dello scorso anno ricorreva il centocinquantesimo anniversario della morte del canonico monzese don Angelo Bellani. Il nome di questo personaggio è ben noto soprattutto alla cittadinanza di Monza che a lui ha intestato una via, un istituto scolastico e soprattutto una Casa di Riposo per anziani, ma la sua figura di prete ambrosiano dedito alla carità e di scienziato e costruttore di strumenti di fisica è pressoché sconosciuta. Per questo motivo in questa ricorrenza l’Opera Pia Bellani e la Società di Studi Monzesi hanno edito un libro che tracciasse un profilo del personaggio nell’ambito della tradizione della beneficenza cittadina, intitolato “Angelo Bellani e le istituzioni caritative nella storia di Monza”. Il volume ha dato avvio a un rinnovato interesse a questo personaggio anche attraverso altri studi e in questo contesto si pone anche il presente intervento. La storia della diocesi ambrosiana è ricca di figure di sacerdoti e religiosi che hanno unito alla loro vita di fede e carità anche una non comune competenza culturale e scientifica. Per stare a nomi vicini al Bellani, per l’epoca e la località, pensiamo ai barnabiti Giovanni Cavalleri (1807-1875), studioso di ottica, e Felice Caronni (1757-1815), archeologo e numi- smatico, e ai sacerdoti diocesani studiosi di storia, archeologia e scienze Cesare Aguilhon (18081875) e Achille Varisco (1840-1909). L’analogia di alcuni di loro con Angelo Bellani è ancora più stretta perché, come lui, lasciarono le loro sostanze agli istituti benefici di Monza. Oggi la realtà sociale e religiosa è molto diversa. L’assistenza sociale non si concentra sulle istituzioni destinate a particolari categorie di bisognosi, ma piuttosto è allargata alle forme di sicurezza sociale per tutti. D’altro canto l’impegno del ministero sacerdotale lascia piuttosto ai laici la dedizione agli interessi scientifici. Questi personaggi quindi vanno inquadrati nel loro tempo e tuttavia riteniamo che conoscere la loro attività e le loro opere sia utile per una comprensione di molte realtà di cui siamo eredi. La vita Angelo Maria Bellani nacque a Monza il 31 ottobre 1776 da una famiglia di antica origine monzese. Il padre Gerardo era un facoltoso commerciante a cui la moglie Antonia Frapolli diede sei figli. La famiglia Bellani abitava in via Lambro, strada adiacente al duomo, e per questo ebbe occasione di ospitare il cardinale Angelo Maria Durini, della famiglia dei feudatari di Monza, che soggiornava nella villa pag. 58 Mirabello (oggi inserita nel Parco). L’ospitalità data al celebre cardinale era per assistere dall’alto alla processione del Santo Chiodo. Come ringraziamento per questo gesto il Cardinale volle dare il nome ed essere padrino al battesimo del piccolo Angelo Maria. La cerimonia sfarzosa, come era nell’uso del tempo, è l’unica nota di straordinarietà nell’infanzia del nostro personaggio: il battesimo avvenne nel duomo, a mezzanotte, con un corteo di carrozze, l’accompagnamento degli alabardieri e il suono degli organi. L’episodio rimase negli annali della famiglia Bellani, ma vi era anche una tradizione ecclesiastica nel casato: due zii e un prozio di Angelo erano stati preti, per cui non desta meraviglia che fosse avviato agli studi e al sacerdozio. Fu studente di lettere al collegio dei padri Somaschi di Merate (dove qualche anno dopo studiò anche Alessandro Manzoni, a cui è intitolato il collegio), poi seguì gli studi di filosofia nel collegio che i Gesuiti gestivano a Monza (una istituzione fondata nel 1737 con il lascito del sacerdote letterato monzese Bartolomeo Zucchi, a cui è intestato l’attuale liceo classico) ed infine gli studi di teologia nel Seminario Arcivescovile di Milano dal 1794 al ’97, con qualche assenza dovuta alla cagionevole salute. Ordinato sacerdote nel 1800, fu nominato canonico del duomo di Monza, carica che non poté effettivamente sostenere per ragioni di salute, ma che mantenne per tutta la vita come canonico onorario. Egli visse a Milano in via Fatebenefratelli vicino alla chiesa di San Marco, dedicandosi totalmente agli studi. Tra i suoi proventi, oltre a quelli derivati dalle sue invenzioni, vi era un beneficio di patrimonio vitalizio assegnatogli dal padre su alcune terre possedute in Brianza. In realtà sappiamo dalla commemorazione che alla sua morte fece Giovanni Veladini all’Istituto Lombardo di Scienze Lettere ed Arti che devolse i proventi dell’eredità paterna in beneficenza. Quindi Angelo Bellani non solo lasciò dopo morte la sua ricca eredità a scopo benefico, ma anche in vita, non potendo attendere al ministero sacerdotale, testimoniò la sua religiosità con opere di carità. Il nostro canonico fu soprattutto scienziato. Egli sulla scia di illustri predecessori, come Galilei e soprattutto Volta (che conobbe e di cui riprese gli studi anche con qualche asprezza polemica dovuta al suo carattere impetuoso) fu uno studioso di fi- sica che sperimentava concretamente le sue intuizioni teoriche. Infatti fin dal 1802 iniziò un’attività imprenditoriale di fabbricazione di termometri che gli permise di perfezionare molte conoscenze, in particolare sulla misurazione del calore e da cui trasse anche i proventi che poi destinò in beneficenza. I suoi rapporti con la comunità scientifica del tempo furono intensi. Fu socio di varie accademie: Società di fisica e storia naturale di Ginevra, Accademia Labronica di Livorno, Accademia dei Filergiti di Forlì, Accademia agraria di Pesaro, Accademia di agricoltura, commercio e arti di Verona, Atenei di Bergamo, Brescia, Treviso, Venezia, Accademia nazionale delle scienze detta dei Quaranta. Il cardinale Alfredo Ildefonso Schuster in visita a Monza pag. 59 Queste istituzioni tipiche dell’epoca nei primi decenni dell’Ottocento furono anche occasione di scambi di natura non solo scientifica ma anche sociale e politica. La provenienza degli studiosi da varie regioni dell’Italia preunitaria era vista con preoccupazione dalla polizia austriaca: non è peregrino pensare che anche Bellani avesse qualche rapporto con i movimenti prerisorgimentali. Egli, ad esempio, si prodigò con varie istanze perché il celebre astronomo Fabrizio Mossotti, a cui fu rifiutata la cattedra di astronomia all’università pontificia di Bologna perché sospettato di carbonarismo, potesse ottenere quel posto accademico. Al di là dell’aspetto politico si intravede in questo ed altri episodi lo spirito altruista del Bellani. Egli, come altri scienziati, Galileo Ferraris, i coniugi Curie, non brevettò le sue invenzioni perché riteneva che la finalità ultima della scienza dovesse apportare benessere generale senza limitazioni o interessi personali. In questa sintesi di scienza ed etica sta la chiave per interpretare la figura di Angelo Bellani. Le opere La bibliografia del nostro scienziato conta 165 scritti, prevalentemente consistenti in saggi pubblicati dal 1804 al 1852, anno della morte, sulle principali riviste scientifiche dell’epoca: “Nuova scelta d’opuscoli interessanti sulle scienze e sulle arti”, “Memorie dell’Istituto Lombardo di Scienze Lettere ed Arti”, “Giornale dell’ Istituto Lombardo e Biblioteca Italiana”, “Memorie di Matematica e Fisica della Società Italiana delle Scienze”. Il campo delle sue conoscenze fu molto ampio, rivelando che la sua preparazione era scientifica ma anche umanistica. Il suo apporto però fu determinante nell’ambito della termologia, dove con l’esperienza pratica individuò la variabilità nella misurazione del calore. Si è già detto che il Bellani provvedeva alla costruzione di termometri. In un passo del suo testamento dice espressamente di lasciare in eredità “tutte le mie canne di vetro, i termometri e gli altri strumenti da me lavorati e non finiti”. Particolarmente significativa è la realizzazione del termometrografo, uno speciale termometro ideato dall’inglese James Six (1731-1793) ma perfezionato dal Bellani, che permette la misurazione di minima e massima del calore di un corpo, strumento che ha particolare importanza in applicazioni biologiche. Nel campo della fisica e della chimica i suoi studi riguardano l’ebollizione e l’evaporazione dei liquidi, le proprietà del mercurio e del vetro, la fosforescenza. Molto rinomato fu anche un suo stu- Strumenti di fisica ideati da Angelo Bellani dio circa la funzione catalitica ottenuta da polvere di platino che può assorbire idrogeno. Dopo il 1815 Bellani ampliò i suoi interessi alla meteorologia e all’agricoltura. In questo campo i suoi studi riguardano la rugiada, la brina, la grandine, i terremoti, i gelsi e i bachi da seta, la malaria e l’igiene delle risaie, gli avvicendamenti agrari. L’interesse del nostro studioso si muove sempre verso qualche innovazione che porti beneficio alla popolazione e addirittura si nota la sua attenzione verso quella che oggi chiamiamo ecologia. La curiosità scientifica porta il Bellani persino a salire sul Vesuvio nel 1835 e a pubblicarne una descrizione. Tra le sue pubblicazioni due sono di argomento totalmente diverso. La prima riguarda la Corona Ferrea. Sull’autenticità di questo antico gioiello carico di arte e di storia, conservato nel duomo di Monza e considerato come reliquia perché si riteneva che contenesse un Chiodo della Passione, già vi erano state diatribe che si erano concluse nel 1717 con l’autorizzazione da parte della Sacra Congregazione dei Riti pag. 60 a continuare il culto tradizionale. Ma il parere contrario del Muratori e di altri studiosi continuò fino all’uscita di una pubblicazione enciclopedica ( G. Ferrario, “Del costume antico e moderno di tutti i popoli...”, Milano 1817) che suscitò la vis polemica del Bellani. Il titolo del libro del canonico monzese è già significativo: “La Corona Ferrea del Regno d’Italia, considerata I come monumento d’arte, II come monumento storico, III come monumento sacro. Memoria apologetica di Angelo Bellani...”, Milano 1819. La “memoria apologetica” è un volume di grande formato, di 210 pagine, in cui il Bellani mette a profitto non solo le sue conoscenze storico-archeologiche, ma anche la sua attitudine di scienziato. Egli infatti analizza il gioiello e lo descrive con precisione scientifica. La tesi sostenuta, che si tratti di un diadema con funzione di reliquiario risalente a Costantino, oggi è solo parzialmente accettabile (è stato appurato che il cerchio interno non è di ferro ma d’argento), ma è in consonanza con gli studi più recenti che considerano il gioiello, nella sua forma primitiva, non una corona a sé stante ma un elemento del casco-diadema di Teodorico. L’altra pubblicazione riguarda il patrono di Mon- za san Gerardo, edita in occasione delle celebrazioni centenarie nel 1840. Il proemio alla vita del Santo fu riportato anche da Giuseppe Marimonti a conclusione della sua “Storia di Monza” e di cui parafrasiamo le ultime parole che ci sembrano significative della sensibilità del Bellani: “La religione non è amica delle tenebre, maestra d’odio e di intolleranza, di superstizioni e di paure, essa non è che convinzione del vero e diffusione del bene, in essa stanno riposti i germi di quel morale e civile perfezionamento intorno al quale tanto si travagliano gli spiriti di questa età. Essa apre con una mano umili asili alla misera umanità e con l’altra erige monumenti a chi fu dell’umanità benefattore”. Il riferimento ultimo è alle chiese di San Carlo a Milano e San Gerardo a Monza erette in quegli anni. L’eredità L’esempio del monzese san Gerardo, che mise a disposizione i beni paterni per costruire un ospedale e che nel 1174 fece una convenzione con il Comune e l’Arciprete perché fossero i tutori della sua istituzione, dovette essere presente al canonico Bellani quando stese il suo testamento. L’atto, redatto il 6 agosto 1849, tra le altre cose di- Innocente Cantinotti: Il primo refettorio di Casa Cambiaghi (olio su tela, 1932, coll. priv.) pag. 61 ce: “Costituisco mio erede universale il Comune di Monza mia Patria acciò col reddito annuo del mio asse sia istituito uno stabilimento a perpetuo beneficio di veri poveri e governato dall’Amministrazione dell’Ospedale e Luoghi Pii sempre con l’intervento e l’approvazione del Parroco e Arciprete per tempo della Basilica di S. Giovanni Battista in Monza” . L’asse ereditario del canonico ammontava a 500.000 lire austriache. Lo “stabilimento per i veri poveri” fu individuato dalla comunità monzese in un orfanotrofio femminile. Fino ad allora gli orfani monzesi erano accolti negli istituti milanesi. Con il lascito si ristrutturò un edificio, già di proprietà della famiglia Bellani, e nel 1854 si aprì un orfanotrofio che portò lo stesso nome delle Stelline milanesi. La gestione fu affidata alle Suore della Carità della Beata Capitanio. Nel 1957 le mutate condizioni della società portarono alla chiusura dell’istituto e le sostanze dell’Opera Pia Bellani furono impiegate per la realizzazione prima di un pensionato femminile poi nella costruzione e gestione di Case di Riposo per anziani. L’Opera Pia attualmente è responsabile della antica Casa di Ricovero e d’Industria Cambiaghi, che ha sede in un edificio del primo Novecento, ora in fase di ristrutturazione, del Reparto Fossati per anziani non autosufficienti dell’Ospedale San Gerardo e della Residenza Sanitaria per Anziani intitolata ad Angelo Bellani, che dal 1997 ospita 120 anziani. L’edificio del vecchio orfanotrofio nel centro di Monza, ora ridotto a rudere, attende ancora una destinazione. L’evoluzione delle istituzioni assistenziali sorte con l’eredità del canonico, che si sono adeguate ai tempi, è stata possibile grazie alle indicazioni espressamente contenute nel testamento, che dicevano: “La destinazione... potrà anche essere variata secondo le circostanze dei tempi a giudizio dell’Ospedale e del Parroco, ma sempre col sostituire altri beni stabili”. La clausola è indice della mentalità realistica del testatore, consapevole che i tempi possano esigere interventi di natura diversa, ma che solo la continuità delle istituzioni pubbliche, civili e religiose, può evitare la dispersione del patrimonio destinato ai poveri. Questa saggezza del nostro personaggio ha permesso che la sua opera continuasse fino ai nostri giorni e che la sua figura di scienziato e benefattore fosse ricordata con gratitudine.