Di Sessa Valentina Classe 5^ c tur. 1 INDICE: • Nastro di Moebius (cos’è, come costruirlo e che proprietà ha); Il Nastro di Moebius e l’arte; • L’infinito; • L’infinito e l’arte; • Escher; • Limiti di funzione. 2 Le superfici "ordinarie", cioè quelle che capitano di solito sotto i nostri occhi, hanno due facce, e questo vale sia per le superfici chiuse (cioè prive di contorno), come la sfera, che per quelle aperte (cioè delimitate da curve), come un rettangolo. Questo significa che, per le superfici chiuse, è possibile colorare le due facce con colori diversi senza che ci sia alcun punto di incontro tra i due colori, per le superfici aperte che i due colori possono incontrarsi solo lungo i bordi. Esistono però alcune superfici con una sola faccia e anche un solo bordo: l'esempio più classico è il nastro di Möbius, chiamato così in onore di A.F.Möbius (1790-1860), che per primo lo considerò nel 1858. 3 Come costruire un Nastro di Moebius: 1. Dato un rettangolo 2. Si ruota di mezzo giro una delle due estremità (ad esempio il lato indicato con A) 4 3. Infine si incollano insieme le due estremità. 5 Alcune proprietà: La proprietà caratteristica del Nastro di Moebius è che ha una sola faccia e un solo bordo (al contrario delle superfici che vediamo di solito, che hanno due "facce" o due "pagine"). Per chiarire meglio questa affermazione consideriamo un cilindro: se immaginiamo di camminare sulla faccia esterna del cilindro non possiamo sperare di arrivare sulla faccia interna senza attraversarne il bordo superiore e così, viceversa, se ci troviamo sulla superficie interna; inoltre, se camminiamo sul bordo superiore, non possiamo mai arrivare sul bordo inferiore senza attraversare la superficie del cilindro. 6 Questo può invece accadere sul nastro di Moebius: camminando sulla parte interna si arriva su quella esterna senza dover mai attraversare l'unico bordo del nastro. Possiamo fare un ulteriore esempio per capire meglio: se consideriamo un rettangolo e immaginiamo di disporre una formica su una delle due facce e del cibo sull'altra, se provvediamo a spargere dell'insetticida lungo tutto il bordo, la formica non potrà mai raggiungere il cibo (a meno che non faccia un buco nel rettangolo!). Similmente se consideriamo una mosca fuori da una sfera di cristallo e del cibo posto all'interno della sfera stessa, la mosca non riuscirà mai a raggiungere il cibo. Considerando invece il Nastro di Moebius la nostra formica potrebbe raggiungere il cibo senza pericolo in qualunque posto del nastro si trovi. 7 Una seconda proprietà consiste nel fatto che, tagliando questa superficie lungo la linea mediana, anziché ottenere due oggetti distinti, come si potrebbe pensare, si ottiene un solo nastro, anche se più lungo, a differenza di quello che si ottiene se si tagliasse in due la superficie cilindrica che si ha piegando il quadrato nel modo "tradizionale", cioè senza torsione. 8 É molto importante l'osservazione che il nastro di Möbius non si può incapsulare nel piano evitando intersezioni delle sue parti: basta provare a costruire un modello di carta per poi schiacciarlo fino a farlo diventare piatto, si otterrà una figura del tipo rappresentato qui a fianco. In ogni caso, anche se lo schiacciamento in due dimensioni del nastro produce una figura con parti che si sovrappongono, è comunque possibile, da questa rappresentazione bidimensionale, ricavare la proprietà essenziale della figura di essere ad una faccia: basterà immaginare che anche la nostra formica che insegue il cibo sul nastro sia stata schiacciata (senza farle del male naturalmente!) fino a farla 9 diventare un essere piatto. I nastri di Moebius e l'arte Max Bill, scultore di fama, costruì il primo nastro di Moebius per decorare un caminetto elettrico; nel cercare una forma che salisse verso l'alto, ne ideò una che chiamò nastro infinito (in realtà già 80 anni prima il matematico Moebius aveva studiato la stessa superficie). I nastri di Moebius di Max Bill abbelliscono città, parchi, musei. Due esempi notevoli sono: il museo del Pompidou a Parigi il parco di Anversa 10 L'opera Immortality: è un nastro di Moebius d'oro 11 I nastri di Moebius hanno qui una funzione di arredamento: piccola tenda 12 Per i filosofi greci, Aristotele in testa, il concetto di infinito è inteso come ciò che non è compiuto, o come ciò che non ha limite. Il termine "infinito" non designa una realtà ma un processo, si chiama infinito quello che ha sempre qualcosa oltre a sé, si tratta in altre parole di una concezione "operativistica" dell'infinito. Esso è qualche cosa che noi costruiamo indefinitamente, ma non che esiste già come sistema dato di tutte le cose. Questo tipo di infinito, così come lo intendevano i greci, viene detto infinito potenziale, al quale si contrappone l'infinito attuale, cioè realmente esistente come tale in atto, introdotto successivamente nel neoplatonismo e poi entrato a far parte della tradizione teologica e filosofica cristiana. La "legittimità" del concetto di infinito attuale è, sul piano propriamente logico, una conquista recente dovuta essenzialmente ai lavori svolti da Dedekind, il quale nel 1872 dà la definizione di insieme infinito, e da Cantor, il quale qualche anno dopo si accorge che non tutti gli insiemi infiniti sono dello stesso tipo, introducendo la nozione di numero transfinito. Definizione di Cantor e Dedekind: un insieme si dice infinito se è equipotente a qualche sua parte propria. 13 L’infinito nell’arte “L’ultima cena” (1495-1497 ca. ), convento di Santa Maria delle Grazie a Milano 14 Leonardo da Vinci ( 1412-1519 ), pittore, scultore, scienziato ed inventore toscano, perfezionò ulteriormente questa tecnica, introducendo effetti incredibili, degni solo della sua mano d’artista. Il più incredibile è l’effetto ad infinitum, presente in celebri opere quali La Madonna delle rocce e L’ultima cena. Il paesaggio sullo sfondo di entrambi i dipinti è composto da diverse catene di montagne che si susseguono ripetutamente. La bravura di Leonardo fu nel saper dipingere montagne sempre più piccole e lontane, con una minuziosità unica, in modo da creare l’effetto dell’infinito. 15 Vincent van Gogh, Vista di Vessenot vicino a Auvers ( Francia del Nord ) 16 Così il celebre pittore olandese Van Gogh ( 18531890 ) esclamò, nell’atto di dipingere sulla sua tela le immense pianure della Francia settentrionale. Egli e molti altri, tra pittori, scrittori, filosofi, matematici ed esploratori, aspirarono sempre a raggiungere l’infinito, ad assaporarne un poco della sua immensità. Alcuni, invece, provarono il sentimento opposto: l’ebreo Martin Buber ( 18781995) scrisse addirittura di aver sfiorato il suicidio per la sua paura di fronte all’infinito. E l’infinito acquista per ognuno una diversa raffigurazione: per gli esploratori è il mare, i grandi deserti, le vaste pianure; per altri, come il pittore Vasilij Kandinskij o il fisico John Tyndall o il musicista Gustav Mahler, l’infinito è associato al silenzio, eterno e vuoto, e lo spagnolo Joan Mirò associò a questo perenne silenzio il blu, forse attingendo al colore del cielo. 17 Il concetto d’infinito è stato diverse volte motivo d’ispirazione per opere pittoriche e scultoree. La prospettiva in pittura non fu usata fin dall’inizio. Nel Medioevo, le diverse figure in un quadro non rispettavano la prospettiva, quindi le più lontane più piccole delle più vicine, ma a seconda dell’importanza. La Madonna o Gesù erano dipinti più grandi rispetto agli angeli o agli altri personaggi del quadro. Con Giotto e poi con i pittori del XV sec., si sviluppò la vera e propria prospettiva dei paesaggi, ovvero si iniziò a raffigurare i paesaggi così come apparivano all’occhio in modo più realistico possibile. Per dare prospettiva ad un quadro bisogna innanzitutto tracciare l’orizzonte, detto pure “retta all’infinito” per il motivo che rappresenta lo spazio più lontano possibile, verso cui tutte le figure si rimpiccioliscono, e sull’orizzonte, il cosiddetto “punto di fuga”. In questo punto particolare, che varia assieme all’orizzonte a seconda del punto da cui si guarda il paesaggio, tutte le linee tendono a convergere, comprese due parallele. Ma se per definizione due parallele si incontrano solo all’infinito, allora quel punto rappresenta l’infinito, che per uno che guarda un paesaggio molto esteso, si identifica con un punto. 18 Nastro di Moebius II, 1963 M. C. Escher 19 Un’opera interessante da citare è Nastro infinito ad anello II di Escher realizzato tra il 1947 e il 1948. Quest’opera è costituita da un striscia metallica chiusa ad anello, ma caratterizzata da una sola faccia. In pratica, se si avesse una riproduzione in carta e si tracciasse con una matita una linea, partendo da un punto qualsiasi della superficie, si ritornerebbe al punto dopo aver percorso tutta la superficie possibile della figura. È un oggetto davvero affascinante e curioso per il fatto di avere una sola faccia, pur essendo costruito con una striscia a due facce! 20 Egli fu l’artista che forse si dedicò più di tutti all’infinito. Maurits C. Escher nacque in Olanda nel 1898, la sua attività di grafico lo portò ad agire sul piano bidimensionale, ma fu da subito evidente il suo interesse per le caratteristiche della realtà tridimensionale, talmente forte da impegnarlo a ricercare mezzi espressivi adatti a sottomettere la forma spaziale alle leggi limitative dell'immagine piana. Sulle sue tele, raffigurò inizialmente paesaggi, in particolar modo, quelli luminosi del Mediterraneo. Tuttavia nel 1936, in seguito ad una visita all’Alhambra di Granata in Spagna (il magnifico palazzo arabo del XIV sec.) , Escher rimase colpito dalle decorazioni minuziose della costruzione e da lì in poi le sue opere avrebbero acquistato un carattere più geometrico. 21 Le sue opere posteriori si raggruppano in tre serie, a seconda del tema trattato: 1. Cicli infiniti. In questa serie, Escher è affascinato dal continuo, dalla regolarità e dalla periodicità. Nei quadri raffigura il nastro di Möbius, oppure situazioni irreali con una prospettiva ingannevole, in cui il corso dell’acqua o i gradini di una scala sembrano in un percorso chiuso. Salita e discesa Cascata 22 "Relatività" litografia cm 27,2x29,3 23 Anche ad esempio in questa "Relatività", del 1953, ci vengono proposti da Escher tre diversi livelli di applicazione dello stesso paradosso: tre mondi paralleli e separati coesistono all'interno di un edificio in cui sulle pareti, sul soffitto e sul pavimento si aprono finestre e porte da cui partono scale. Sedici figure umane si muovono nell'ambiente, suddivise in tre gruppi. Ciò che per un gruppo è il soffitto, per un altro gruppo è la parete, e ciò che per un gruppo è una finestra per un altro gruppo è un'apertura nel pavimento. Diverse realtà impossibili condividono un'impossibile convivenza. 24 1. Divisione regolare del piano. In questa seconda serie il piano viene sezionato in parti uguali tantissime volte in modo da rendere l’idea di ripetizione e di infinito. L’abilità di Escher sta nel trovare geniali figure che si incastravano perfettamente tra loro, come cavalli alati bianchi e neri, lucertole o farfalle. Farfalle Lucertole 25 • 1. Limiti. Molte delle opere di Escher, soprattutto quelle ad impronta apparentemente decorativistica, hanno in realtà alla base il concetto matematico dell'infinito. Ossessionato dal concetto di divisione regolare del piano, Escher studia ed inventa simmetrie di vario tipo, cercando di utilizzare questa divisione come mezzo per catturare e fermare il concetto di infinito, realizzando opere in cui la tassellatura può continuare indefinitamente, avendo come sfida finale il contenere l'infinito entro i confini di una sola pagina.L’ultima seria include dipinti che ripropongono la scomposizione del piano in parti uguale come la serie precedente, ma questa volta le figure si rimpiccioliscono mano a mano o verso la circonferenza di un cerchio o verso l’interno di una spirale. L’effetto ottico ricavato è di profondità e di infinitamente piccolo. Anche se Escher non si distinse mai in matematica, pare che i suoi quadri si ricollegassero a concetti matematici astratti. 26 "Limite del cerchio III" 27 Ad esempio, nel suo “Limite del cerchio III”, sono rappresentati dei pesci stilizzati, tutti della stessa forma, ma che rimpiccioliscono mano a mano che si avvicinano al bordo esterno del cerchio, incastrandosi perfettamente l'uno nell'altro e costituendo essi stessi il limite del proprio "mondo". “Limite del cerchio III” è la raffigurazione artistica del modello di Poincarè, il quale fu l’ideatore di una geometria non-euclidea che si sviluppa sulla superficie di una sfera, anziché di un piano. 28 LIMITI DI FUNZIONI Per limiti di una funzione y = f (x), per x tendente ad un certo valore che indichiamo con x , si intende il valore che la funzione tende a raggiungere quando alla variabile indipendente x si attribuiscono valori che si avvicinano sempre di più ax. 29 Esempio pratico: Lim 2x + 6 x -3 3 + x Lim 2(x + 3) x -3 3+x 2 30 FONTI UTILIZZATE: • WWW.GUIDE.SUPEREVA.IT/ARTE_MODERNA • WWW2.POLITO.IT/DIDATTICA/POLYMATH • WWW.BATHMAN.IT/MATEMATICA/CURIOSIT à/MOEBIUS.HTM • WWW.VIALATTEA.NET/ESPERTI/MAT/INFINI TO.HTM • SCHEDE UTILIZZATE SCOLASTICO DURANTE L’ANNO 31