MOVIMENTO DIFESA DEL CITTADINO DI PERUGIA
Associazione di consumatori e utenti
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Chi siamo
Il Movimento Difesa del Cittadino è una Associazione di consumatori e utenti,
che opera nella forma di Associazione di promozione sociale. E’ indipendente da
partiti e sindacati ed ha l'obiettivo principale di promuovere la tutela dei diritti dei
consumatori e utenti, informandoli e dotandoli di strumenti giuridici di “autodifesa”,
nonché fornendo loro assistenza tramite i propri esperti.
Per svolgere tale attività il Movimento Difesa del Cittadino si avvale di propri
sportelli denominati “Help Consumatori” che sono presenti sul territorio regionale.
Per approfondire, leggi il nostro Statuto e seguici sui nostri siti, su
Facebook e Twitter.
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RECAPITI SEDE REGIONALE
Movimento Difesa del Cittadino-Sede di Perugia
Coordinamento regionale per l’Umbria
Via della Viola, 1 – 06122 Perugia
Tel./Fax: 075/5720483
Cell.: 377/1251486
[email protected]
www.mdc.it; umbria.difesadelcittadino.it
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CONSULTA REGIONALE PER L’UTENZA E IL CONSUMO
FINANZIAMENTO L.R. N. 34/1987
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Perché una guida in tema di Salute
Con la presente guida si intendono analizzare taluni argomenti inerenti la
tutela del diritto alla salute.
L’idea nasce dall’esperienza pluriennale degli Sportelli mdc denominati
“Help Consumatori”, nati nell’anno 2004 e operanti da allora nelle principali città
dell’Umbria.
Sempre più spesso, i nostri operatori si trovano, infatti, ad affrontare
quesiti degli utenti che riguardano la tutela della propria salute, in materie che
vanno dalle prestazioni sanitarie, all’inquinamento acustico ed atmosferico.
Stante la complessità della materia, si è ritenuto utile un primo
approfondimento della stessa: si focalizzerà l’attenzione sui principali testi
normativi e si forniranno alcune indicazioni affinché siano individuabili i possibili
strumenti di tutela in ambito stragiudiziale nonché gli enti pubblici o i soggetti
cui ci si può rivolgere per salvaguardare i propri diritti.
La guida si propone di essere di ausilio sia agli operatori dei nostri
sportelli sia ai singoli utenti; si segnaleranno, peraltro, le fonti per ulteriori
approfondimenti dei singoli argomenti.
La guida è stata realizzata grazie al contributo scientifico dell’Avv. Angelo
Ippoliti ed al finanziamento della Regione Umbria in base alla L.R. n. 34/1987.
Buona lettura.
Perugia, 28 dicembre 2012
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Indice
1. Il consenso informato
2. La cartella clinica
3. La disciplina dell’attività del medico di medicina generale, del pediatra di
libera scelta e della continuità assistenziale
4. La carta dei servizi e la tutela degli utenti del Servizio Sanitario Nazionale
5. liste di attesa: modalità alternative di accesso alla prestazione nel caso di
prestazioni non garantire nei tempi massimi stabiliti
6. I ricoveri presso strutture di altissima specializzazione non convenzionate
in Italia e all’estero e l’assistenza sanitaria transfrontaliera nel diritto
comunitario
7. L’assistenza ai non residenti ed agli stranieri
7a. Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n. 286 – “Testo unico delle
disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla
condizione dello straniero”
7b. Decreto Legislativo 8 gennaio 2007, n. 3 – “Attuazione della direttiva
2003/109/CE relativa allo status si cittadini di Paesi terzi soggiornanti di
lungo periodo”
7c. Decreto Legislativo 19 novembre 2007, n. 251 – “Attuazione della
direttiva 2004/83/CE recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di
Paesi terzi o apolidi, della qualifica del rifugiato o di persona altrimenti
bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto
della protezione riconosciuta”
7d. Opuscolo Informasalute
8. L’assistenza ai disabili
9. L’Ordinamento del servizio sanitario regionale
10. L’inquinamento acustico
11. L’inquinamento atmosferico
12. Come tutelarsi. Conclusioni
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1. Il consenso informato
Qualsiasi trattamento sanitario cui ci sottoponiamo deve essere oggetto del
nostro consenso. Il consenso è tale solo se è “informato”.
La Corte costituzionale, con la sentenza 23 dicembre 2008, n. 438 ha precisato:
“occorre rilevare che il consenso informato, inteso quale espressione della
consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico, si
configura quale vero e proprio diritto della persona e trova fondamento nei principi
espressi nell’art. 2 della Costituzione, che ne tutela e promuove i diritti
fondamentali, e negli artt. 13 e 32 della Costituzione, i quali stabiliscono,
rispettivamente, che «la libertà personale è inviolabile», e che «nessuno può
essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di
legge». Numerose norme internazionali, del resto, prevedono la necessità del
consenso informato del paziente nell'ambito dei trattamenti medici. In particolare,
l'art. 24 della Convenzione sui diritti del fanciullo, firmata a New York il 20
novembre 1989, ratificata e resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176,
premesso che gli Stati «riconoscono il diritto del minore di godere del miglior stato
di salute possibile e di beneficiare di servizi medici e di riabilitazione», dispone che
«tutti i gruppi della società in particolare i genitori ed i minori ricevano informazioni
sulla salute e sulla nutrizione del minore». L'art. 5 della Convenzione sui diritti
dell'uomo e sulla biomedicina, firmata ad Oviedo il 4 aprile 1997, ratificata
dall'Italia con legge 28 marzo 2001, n. 145 (seppure ancora non risulta depositato
lo strumento di ratifica), prevede che «un trattamento sanitario può essere
praticato solo se la persona interessata abbia prestato il proprio consenso libero ed
informato»; l'art. 3 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,
proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000, sancisce, poi, che «ogni individuo ha diritto
alla propria integrità fisica e psichica» e che nell'ambito della medicina e della
biologia deve essere in particolare rispettato, tra gli altri, «il consenso libero e
informato della persona interessata, secondo le modalità definite dalla legge». La
necessità che il paziente sia posto in condizione di conoscere il percorso
terapeutico si evince, altresì, da diverse leggi nazionali che disciplinano specifiche
attività mediche: ad esempio, dall'art. 3 della legge 21 ottobre 2005, n. 219
(Nuova disciplina delle attività trasfusionali e della produzione nazionale degli
emoderivati), dall'art. 6 della legge 19 febbraio 2004, n. 40 (Norme in materia di
procreazione medicalmente assistita), nonché dall'art. 33 della legge 23 dicembre
1978, n. 833 (Istituzione del servizio sanitario nazionale), il quale prevede che le
cure sono di norma volontarie e nessuno può essere obbligato ad un trattamento
sanitario se ciò non è previsto da una legge. La circostanza che il consenso
informato trovi il suo fondamento negli artt. 2, 13 e 32 della Costituzione
pone in risalto la sua funzione di sintesi di due diritti fondamentali della
persona: quello all'autodeterminazione e quello alla salute, in quanto, se
è vero che ogni individuo ha il diritto di essere curato, egli ha, altresì, il
diritto di ricevere le opportune informazioni in ordine alla natura e ai
possibili sviluppi del percorso terapeutico cui può essere sottoposto,
nonché delle eventuali terapie alternative; informazioni che devono
essere le più esaurienti possibili, proprio al fine di garantire la libera e
consapevole scelta da parte del paziente e, quindi, la sua stessa libertà
personale, conformemente all'art. 32, secondo comma, della
Costituzione”.
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La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza 28 luglio 2011 n. 16543 ha
affermato:
“va ribadito il costante orientamento di questa Corte, in virtù del quale costituisce
violazione del diritto inviolabile all'autodeterminazione (artt. 2, 3 e art. 32
Cost., comma 2) l'inadempimento da parte del sanitario dell'obbligo di
richiedere il consenso informato al paziente nei casi previsti (S.U. n.
26972/08; Cass. n. 2847/10). Infatti, il diritto al consenso informato è un vero e
proprio diritto della persona e trova fondamento in quelle norme costituzionali
sopra richiamate, nell'art. 5 della Convenzione sui diritti dell'uomo e sulla
biomedicina, firmata ad Oviedo il 4 aprile 1997, ratificata dall'Italia con L. 28 marzo
2001, n. 145, nell'art. 3 della Carta di Nizza del 7 dicembre 2000 ed ora
giuridificata, nella L. 21 ottobre 2005, n. 219, 'art. 3 (Nuova disciplina delle attività
trasfusionali e della produzione nazionale degli emoderivati), nella L. 19 febbraio
2004, n. 40, art. 6 (Norme sulla procreazione medicalmente assistita), nella L. 23
dicembre 1978, n. 833, art. 33 (Istituzione del servizio sanitario nazionale), oltre
che nell'art. 30 del Codice deontologico, ma che soprattutto trova fondamento
nell'a priori della dignità di ogni essere umano, che ha trovato consacrazione anche
a livello internazionale nell'art. 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione sulla
biomedicina del 12 gennaio 1998 n. 168”.
E’ dunque fondamentale che il paziente sia consapevole del fatto che, come
prevede espressamente l’art. 33 del codice di deontologia medica1,
“il medico deve fornire al paziente la più idonea informazione sulla
diagnosi, sulla prognosi, sulle prospettive e le eventuali alternative
diagnostico-terapeutiche e sulle prevedibili conseguenze delle scelte
operate. Il medico dovrà comunicare con il soggetto tenendo conto delle sue
capacità di comprensione, al fine di promuoverne la massima partecipazione alle
scelte decisionali e l’adesione alle proposte diagnostico-terapeutiche. Ogni ulteriore
richiesta di informazione da parte del paziente deve essere soddisfatta. Il medico
deve, altresì, soddisfare le richieste di informazione del cittadino in tema di
prevenzione. Le informazioni riguardanti prognosi gravi o infauste o tali da poter
procurare preoccupazione e sofferenza alla persona, devono essere fornite con
prudenza, usando terminologie non traumatizzanti e senza escludere elementi di
speranza. La documentata volontà della persona assistita di non essere informata o
di delegare ad altro soggetto l’informazione deve essere rispettata”.
La mancata acquisizione del consenso informato del paziente potrebbe
determinare la responsabilità, anche sul piano penale, del medico.
2. La cartella clinica
La cartella clinica è un documento fondamentale perché ci dice “il chi, cosa,
perché, quando e come dell’assistenza al paziente nel corso dell’ospedalizzazione”.
Il Ministero della salute ha emanato le “linee guida 17 giugno 1992”, che
regolamentano la compilazione, la codifica e la gestione della scheda di
1
Per consultare il testo integrale del Codice di Deontologia Medica si veda l’URL
http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_1165_allegato.pdf
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dimissione ospedaliera istituita ex DM 28.12.19912; tali linee guida precisano
che
“la cartella clinica costituisce lo strumento informativo individuale
finalizzato a rilevare tutte le informazioni anagrafiche e cliniche
significative relative ad un paziente e ad un singolo episodio di ricovero”.
Per quanto riguarda specificamente le case di cura private, secondo l’art. 35
del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 giugno 1986 – “Atto di
indirizzo e coordinamento dell'attività amministrativa delle regioni in materia di
requisiti delle case di cura private”,
“In ogni casa di cura privata è prescritta, per ogni ricoverato la compilazione della
cartella clinica da cui risultino le generalità complete, la diagnosi di entrata,
l'anamnesi familiare e personale, l'esame obiettivo, gli esami di laboratorio e
specialistici, la diagnosi, la terapia, gli esiti e i postumi”.
Inoltre, ai sensi dell’art. 26 del Codice di deontologia medica,
“La cartella clinica delle strutture pubbliche e private deve essere redatta
chiaramente, con puntualità e diligenza, nel rispetto delle regole della buona
pratica clinica e contenere, oltre ad ogni dato obiettivo relativo alla condizione
patologica e al suo decorso, le attività diagnostico-terapeutiche praticate.
La cartella clinica deve registrare i modi e i tempi delle informazioni nonché i
termini del consenso del paziente, o di chi ne esercita la tutela, alle proposte
diagnostiche e terapeutiche; deve inoltre registrare il consenso del paziente al
trattamento dei dati sensibili, con particolare riguardo ai casi di arruolamento in un
protocollo sperimentale”.
Va segnalato, infine, quanto prevede l’art. 47 bis del Decreto Legge 9 febbraio
2012 n. 5 con riferimento alla cartella clinica elettronica:
“1. Nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione
vigente, nei piani di sanità nazionali e regionali si privilegia la gestione elettronica
delle pratiche cliniche, attraverso l'utilizzo della cartella clinica elettronica, così
come i sistemi di prenotazione elettronica per l'accesso alle strutture da parte dei
cittadini con la finalità di ottenere vantaggi in termini di accessibilità e
contenimento dei costi, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
1-bis. A decorrere dal 1° gennaio 2013, la conservazione delle cartelle cliniche può
essere effettuata, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica,
anche solo in forma digitale, nel rispetto di quanto previsto dal decreto legislativo 7
marzo 2005, n. 82, e dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
1-ter. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle strutture
sanitarie private accreditate.
2
Il testo integrale delle citate linee guida è reperibile all’URL
http://www.salute.gov.it/ricoveriOspedalieri/archivioNormativaRicoveriOspedalieri.jsp?lingua=italiano&
menu=normativa
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La struttura sanitaria è tenuta a consegnare una copia della cartella clinica3
all’interessato che ne faccia richiesta4.
3. La disciplina dell’attività del medico di medicina generale, del
pediatra di libera scelta e della continuità assistenziale
L’art. 8, comma 1, del Decreto Legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 prevede
quanto segue:
1. Il rapporto tra il Servizio sanitario nazionale, i medici di medicina generale e i
pediatri di libera scelta è disciplinato da apposite convenzioni di durata triennale
conformi agli accordi collettivi nazionali stipulati, ai sensi dell'articolo 4, comma 9,
della legge 30 dicembre 1991, n. 412, con le organizzazioni sindacali di categoria
maggiormente rappresentative in campo nazionale. La rappresentatività delle
organizzazioni sindacali è basata sulla consistenza associativa. Detti accordi devono
tenere conto dei seguenti principi:
0a) prevedere che le attività e le funzioni disciplinate dall’accordo collettivo
nazionale siano individuate tra quelle previste nei livelli essenziali di assistenza di
cui all'articolo 1, comma 2, nei limiti delle disponibilità finanziarie complessive del
Servizio sanitario nazionale, fatto salvo quanto previsto dalle singole regioni con
riguardo ai livelli di assistenza ed alla relativa copertura economica a carico del
bilancio regionale;
a) prevedere che la scelta del medico è liberamente effettuata
dall'assistito, nel rispetto di un limite massimo di assistiti per medico, ha validità
annuale ed è tacitamente rinnovata;
b) regolamentare la possibilità di revoca della scelta da parte dell'assistito nel corso
dell'anno nonché la ricusazione della scelta da parte del medico, qualora ricorrano
eccezionali e accertati motivi di incompatibilità;
b-bis) nell'ambito dell'organizzazione distrettuale del servizio, garantire l'attività
assistenziale per l'intero arco della giornata e per tutti i giorni della
settimana, nonché un'offerta integrata delle prestazioni dei medici di medicina
generale, dei pediatri di libera scelta, della guardia medica, della medicina dei
servizi e degli specialisti ambulatoriali, adottando forme organizzative
monoprofessionali, denominate: «aggregazioni funzionali territoriali», che
condividono, in forma strutturata, obiettivi e percorsi assistenziali, strumenti di
valutazione della qualità assistenziale, linee guida, audit e strumenti analoghi,
nonché forme organizzative multiprofessionali, denominate: «unità complesse di
cure primarie», che erogano prestazioni assistenziali tramite il coordinamento e
l'integrazione dei professionisti delle cure primarie e del sociale a rilevanza
sanitaria;
b-ter) prevedere che per le forme organizzative multiprofessionali le aziende
sanitarie possano adottare forme di finanziamento a budget;
3
Per ulteriori approfondimenti, anche con riferimento ai vantaggi della cartella clinica elettronica, si
segnala il manuale predisposto dal Ministero della Salute e dedicato allo “Sviluppo di un modello di
Cartella Paziente Integrato”, il cui testo integrale è reperibile all’URL
http://www.salute.gov.it/imgs/c_17_pubblicazioni_1679_allegato.pdf
4
La procedura da seguire al fine di richiedere la cartella clinica viene talvolta indicata anche nei siti
internet delle singole strutture.
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b-quater) definire i compiti, le funzioni ed i criteri di selezione del referente o del
coordinatore delle forme organizzative previste alla lettera b-bis);
b-quinquies) disciplinare le condizioni, i requisiti e le modalità con cui le regioni
possono provvedere alla dotazione strutturale, strumentale e di servizi delle forme
organizzative di cui alla lettera b-bis) sulla base di accordi regionali o aziendali;
b-sexies) prevedere le modalità attraverso le quali le aziende sanitarie locali, sulla
base della programmazione regionale e nell'ambito degli indirizzi nazionali,
individuano gli obiettivi e concordano i programmi di attività delle forme
aggregative di cui alla lettera b-bis) e definiscono i conseguenti livelli di spesa
programmati, in coerenza con gli obiettivi e i programmi di attività del distretto,
anche avvalendosi di quanto previsto nella lettera b-ter);
b-septies) prevedere che le convenzioni nazionali definiscano standard relativi
all'erogazione delle prestazioni assistenziali, all'accessibilità ed alla continuità delle
cure, demandando agli accordi integrativi regionali la definizione di indicatori e di
percorsi applicativi;
c) disciplinare gli ambiti e le modalità di esercizio della libera professione
prevedendo che: il tempo complessivamente dedicato alle attività in libera
professione non rechi pregiudizio al corretto e puntuale svolgimento degli obblighi
del medico, nello studio medico e al domicilio del paziente; le prestazioni offerte in
attività libero-professionale siano definite nell'ambito della convenzione, anche al
fine di escludere la coincidenza tra queste e le prestazioni incentivanti di cui alla
lettera d); il medico sia tenuto a comunicare all'azienda unità sanitaria locale l'avvio
dell'attività in libera professione, indicandone sede ed orario di svolgimento, al fine
di consentire gli opportuni controlli; sia prevista una preferenza nell'accesso a tutte
le attività incentivate previste dagli accordi integrativi in favore dei medici che non
esercitano attività libero-professionale strutturata nei confronti dei propri assistiti.
Fino alla stipula della nuova convenzione sono fatti salvi i rapporti professionali in
atto con le aziende termali. In ogni caso, il non dovuto pagamento, anche parziale,
di prestazioni da parte dell'assistito o l'esercizio di attività libero-professionale al di
fuori delle modalità e dei limiti previsti dalla convenzione comportano l'immediata
cessazione del rapporto convenzionale con il Servizio sanitario nazionale;
d) ridefinire la struttura del compenso spettante al medico, prevedendo una quota
fissa per ciascun soggetto iscritto alla sua lista, corrisposta su base annuale in
rapporto alle funzioni definite in convenzione; una quota variabile in considerazione
del raggiungimento degli obiettivi previsti dai programmi di attività e del rispetto
dei conseguenti livelli di spesa programmati di cui alla lettera f); una quota
variabile in considerazione dei compensi per le prestazioni e le attività previste
negli accordi nazionali e regionali, in quanto funzionali allo sviluppo dei programmi
di cui alla lettera f);
f) prevedere le modalità attraverso le quali le unità sanitarie locali, sulla base della
programmazione regionale e nell'ambito degli indirizzi nazionali, individuano gli
obiettivi, concordano i programmi di attività e definiscono i conseguenti livelli di
spesa programmati dei medici singoli o associati, in coerenza con gli obiettivi e i
programmi di attività del distretto;
g) disciplinare le modalità di partecipazione dei medici alla definizione degli
obiettivi e dei programmi di attività del distretto e alla verifica del loro
raggiungimento;
h) prevedere che l'accesso al ruolo unico per le funzioni di medico di medicina
generale del Servizio sanitario nazionale avvenga attraverso una graduatoria unica
per titoli, predisposta annualmente a livello regionale e secondo un rapporto
ottimale definito nell'ambito degli accordi regionali, in modo che l'accesso
medesimo sia consentito ai medici forniti dell'attestato o del diploma di cui
all'articolo 21 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368, ovvero anche a quelli
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in possesso di titolo equipollente. Ai medici forniti dell'attestato o del diploma è
comunque riservata una percentuale prevalente di posti in sede di copertura delle
zone carenti, con l'attribuzione di un adeguato punteggio, che tenga conto anche
dello specifico impegno richiesto per il conseguimento dell'attestato o del diploma;
h-bis) prevedere che l'accesso alle funzioni di pediatra di libera scelta del Servizio
sanitario nazionale avvenga attraverso una graduatoria per titoli predisposta
annualmente a livello regionale e secondo un rapporto ottimale definito nell'ambito
degli accordi regionali;
h-ter) disciplinare l'accesso alle funzioni di specialista ambulatoriale del Servizio
sanitario nazionale secondo graduatorie provinciali alle quali sia consentito
l'accesso esclusivamente al professionista fornito del titolo di specializzazione
inerente alla branca in interesse;
i) regolare la partecipazione dei medici convenzionati a società, anche cooperative,
anche al fine di prevenire l'emergere di conflitti di interesse con le funzioni
attribuite agli stessi medici dai rapporti convenzionali in atto;
l) prevedere la possibilità di stabilire specifici accordi con i medici già titolari di
convenzione operanti in forma associata, secondo modalità e in funzione di
specifici obiettivi definiti in ambito convenzionale;
m) prevedere le modalità con cui la convenzione possa essere sospesa, qualora
nell'ambito della integrazione dei medici di medicina generale e dei pediatri di
libera scelta nella organizzazione distrettuale, le unità sanitarie locali attribuiscano
a tali medici l'incarico di direttore di distretto o altri incarichi temporanei ritenuti
inconciliabili con il mantenimento della convenzione;
m-bis) promuovere la collaborazione interprofessionale dei medici di medicina
generale e dei pediatri di libera scelta con i farmacisti delle farmacie pubbliche e
private operanti in convenzione con il Servizio sanitario nazionale, in riferimento
alle disposizioni di cui all'articolo 11 della legge 18 giugno 2009, n. 69, e al relativo
decreto legislativo di attuazione;
m-ter) prevedere l'adesione obbligatoria dei medici all'assetto organizzativo e al
sistema informativo definiti da ciascuna regione, al Sistema informativo nazionale,
compresi gli aspetti relativi al sistema della tessera sanitaria, secondo quanto
stabilito dall'articolo 50 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito,
con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, e successive
modificazioni, nonché la partecipazione attiva all'implementazione della ricetta
elettronica”.
Per ricostruire la disciplina dell’attività del medico di medicina
generale nonché quella del medico pediatra di libera scelta, occorre
tener conto di quanto prevedono, in attuazione dei principi suesposti,
l’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici
di medicina generale e l’accordo collettivo nazionale per la disciplina
dei rapporti con i medici pediatri di libera scelta5 nonché gli accordi
integrativi regionali6 e gli accordi aziendali7. E’ opportuno proporre, a tal
riguardo, alcuni esempi.
5
I testi integrali degli accordi collettivi nazionali sono reperibili all’URL
http://www.sisac.info/ActionPagina_432.do
6
I testi integrali degli accordi integrativi regionali, per quanto riguarda l’Umbria, sono reperibili all’URL
http://www.sisac.info/ActionPagina_300.do
7
Ad esempio, per quanto riguarda l’Azienda Unità Sanitaria Locale n. 2 della Regione Umbria, si veda
http://www.ausl2.umbria.it/MEDIACENTER/FE/media/accordo-pediatri-libera-scelta-.html
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Es. n. 1
L’art. 41 dell’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i
medici di medicina generale è dedicato alla revoca ed alla ricusazione della
scelta di tale medico. In particolare, i commi 1 e 2 di tale articolo prevedono:
“1. L’assistito che revoca la scelta ne dà comunicazione alla competente Azienda.
Contemporaneamente alla revoca l’assistito deve effettuare una nuova scelta che,
ai fini assistenziali, ha effetto immediato.
2. Modalità per garantire la continuità dell’assistenza tra medico revocato e medico
scelto, nel primario interesse del cittadino, sono disciplinate nell’ambito degli
Accordi Regionali”.
L’allegato n. 2 dell’accordo dei medici di medicina generale relativo alla Regione
Umbria integra il comma 2 appena citato specificando:
“Il medico revocato è tenuto a mettere a disposizione dell'utente stesso le notizie
cliniche relative al proprio stato di salute, su supporto informatico, ove possibile,
diversamente su supporto cartaceo”.
Ne deriva la regola secondo cui il medico revocato è tenuto a comunicare
all’assistito – su supporto informatico, ove possibile, altrimenti su supporto
cartaceo – le notizie cliniche relative allo stato di salute di quest’ultimo.
Es. n. 2
Si consideri che l’art. 35, comma 5, dell’accordo collettivo nazionale per la
disciplina dei rapporti con i medici pediatri di libera scelta precisa:
“Lo studio professionale del pediatra iscritto nell’elenco, salvo quanto previsto in
materia di orario di continuità assistenziale, deve essere aperto agli aventi diritto
per 5 giorni alla settimana, preferibilmente dal lunedì al venerdì, con previsione di
apertura per almeno due fasce pomeridiane o mattutine alla settimana e
comunque con apertura il lunedì, secondo un orario congruo e comunque non
inferiore a:
5 ore settimanali fino a 250 assistiti.
10 ore settimanali da 251 a 500 assistiti.
15 ore settimanali da 501 a 840 assistiti.
Superato il numero di 840 assistiti, gli accordi regionali definiscono le eventuali
ulteriori aperture degli ambulatori […]”. L’art. 35 dell’accordo dei medici pediatri di
libera scelta relativo alla Regione Umbria aggiunge: “Lo studio professionale del
medico pediatra deve essere aperto per 5 giorni alla settimana, prevedendo
almeno due fasce di apertura al mattino e due al pomeriggio. I pediatri che hanno
superato il numero di 840 assistiti in carico e che non partecipano a forme
associative che comportano un orario ambulatoriale aggiuntivo a quanto previsto
dall’A.C.N. devono adeguare l’orario di apertura dello studio con la seguente
distribuzione:
• fino a 900 assistiti in carico, 16 ore settimanali;
• da 901 a 950 assistiti in carico, 17 ore settimanali;
• oltre 950 assistiti in carico, 18 ore settimanali.
11
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Per assistiti in carico si intendono tutti gli assistiti per i quali il Pls percepisce la
quota capitaria, comprese tutte le scelte a scadenza e gli ultraquattordicenni in
deroga.
Il numero degli assistiti si quantifica al 31 dicembre di ogni anno.
I pediatri sono tenuti entro il mese di febbraio di ogni anno, a comunicare l’orario
di ambulatorio in base agli assistiti in carico al mese di dicembre dell’anno
precedente.
L’Azienda ha il compito di verificare la congruità della comunicazione effettuata dal
pediatra.
L’orario giornaliero d’apertura per i pediatri che hanno in carico oltre 250 assistiti,
non può mai essere inferiore alle 2 ore”.
Es. n. 3
Alla continuità assistenziale è dedicato il capo III (artt. 62-73) dell’accordo
collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina
generale nonché l’art. 54 dell’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei
rapporti con i medici pediatri di libera scelta. Inoltre, l’accordo dei medici di
medicina generale relativo alla Regione Umbria, per quanto riguarda il servizio
di continuità assistenziale notturna e festiva (ex guardia medica),
prevede che tale servizio:
“Garantisce l'assistenza medica di primo livello gratuita a tutta la popolazione, a
domicilio e attraverso l'espletamento di attività ambulatoriale quando le condizioni
strutturali lo consentono, per situazioni cliniche d'urgenza e comunque non
differibili all'orario di attività del medico di assistenza primaria scelto dall'assistito e
che si verificano durante le ore notturne o nei giorni festivi o prefestivi, secondo il
seguente orario:
• dalle ore 20:00 alle ore 8:00 di tutti i giorni lavorativi
• dalle ore 10:00 del sabato e dalle 10,00 di ogni altro giorno prefestivo alle ore
8:00 del lunedì o del giorno successivo al festivo
I Medici di continuità assistenziale possono:
• prescrivere farmaci indicati per terapie d'urgenza, o necessari alla prosecuzione
della terapia
la cui interruzione potrebbe aggravare le condizioni della persona, per un ciclo di
terapia non
superiore a 48/72 ore.
• rilasciare certificati di malattia in casi di stretta necessità, in particolare per
lavoratori turnisti,
e per un periodo massimo di tre giorni.
• proporre il ricovero in ospedale.
I Medici di continuità assistenziale non possono:
• effettuare trascrizioni di farmaci o richieste di diagnostica strumentale proposte
da medici in
regime libero professionale, se non quando l'urgenza clinica ne giustifichi la
necessità”.
Quindi, a titolo esemplificativo, nei limiti previsti dalla riferita disciplina, il
medico di continuità assistenziale può, fra l’altro, rilasciare certificati di malattia.
12
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4. La carta dei servizi e la tutela degli utenti del Servizio Sanitario
Nazionale
Nella prefazione del “Rapporto sulla Rilevazione Nazionale della Carta dei Servizi
Sanitari 2003-2004”8 diramato dal Ministero della Salute, si legge:
“La Carta dei Servizi […] rappresentando la modalità attraverso cui
vengono esplicitati gli impegni assunti dalle Aziende Sanitarie nei
confronti dei cittadini, costituisce lo strumento attraverso il quale
comunicare e avvicinare i cittadini alle Aziende, recependone i bisogni ed
accogliendone il punto di vista”.
Il punto 1.1 dell’Allegato 1 del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri
19 maggio 1995 – Schema generale di riferimento della «Carta dei servizi
pubblici sanitari», statuisce:
“[…] La «Carta» è essenzialmente volta alla tutela dei diritti degli utenti: non si
tratta di una tutela intesa come mero riconoscimento formale di garanzie al
cittadino, ma di attribuzione allo stesso di un potere di controllo diretto sulla
qualità dei servizi erogati. In particolare l’ente erogatore:
- adotta gli standard di quantità e qualità del servizio di cui assicura il rispetto: è
questo il principio cardine della «Carta dei servizi»;
- pubblicizza gli standard adottati e ne informa il cittadino, verifica il rispetto degli
standard ed il grado di soddisfazione degli utenti;
- garantisce il rispetto dello standard adottato, assicurando al cittadino la specifica
tutela rappresentata da forme di rimborso nei casi in cui sia possibile dimostrare
che il servizio reso è inferiore, per qualità e tempestività, allo standard pubblicato.
La Carta dei servizi assegna, dunque, un ruolo forte sia agli enti erogatori di
servizi, sia ai cittadini nell’orientare l’attività dei servizi pubblici verso la loro
«missione»: fornire un servizio di buona qualità ai cittadini-utenti”.
Orbene, occorre identificare gli strumenti di tutela di cui l’utente del Servizio
Sanitario Nazionale può concretamente avvalersi, in sede stragiudiziale, ove
riscontri un disservizio. L’art. 14, comma 5, del Decreto Legislativo n. 502/1992
prevede:
“Il direttore sanitario e il dirigente sanitario del servizio, a richiesta degli assistiti,
adottano le misure necessarie per rimuovere i disservizi che incidono sulla qualità
dell'assistenza. Al fine di garantire la tutela del cittadino avverso gli atti o
comportamenti con i quali si nega o si limita la fruibilità delle prestazioni
di assistenza sanitaria, sono ammesse osservazioni, opposizioni, denunce
o reclami in via amministrativa, redatti in carta semplice, da presentarsi
entro quindici giorni, dal momento in cui l'interessato abbia avuto conoscenza
dell'atto o comportamento contro cui intende osservare od opporsi, da parte
dell'interessato, dei suoi parenti o affini, degli organismi di volontariato o di tutela
dei diritti accreditati presso la regione competente, al direttore generale dell'unità
8
Il testo integrale del “Rapporto sulla Rilevazione Nazionale della Carta dei Servizi Sanitari 2003-2004”
è reperibile all’URL
http://www.salute.gov.it/qualita/paginaInternaQualita.jsp?id=248&menu=coinvolgimento
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sanitaria locale o dell'azienda che decide in via definitiva o comunque provvede
entro quindici giorni, sentito il direttore sanitario. La presentazione delle
anzidette osservazioni ed opposizioni non impedisce né preclude la
proposizione di impugnative in via giurisdizionale”.
Inoltre, il punto 3.3 dell’Allegato 1 del Decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri 19 maggio 1995 statuisce:
“La funzione di tutela degli utenti del Servizio Sanitario Nazionale viene assolta
attraverso i seguenti strumenti:
A) Ufficio Relazioni con il Pubblico (ed eventuali sue articolazioni) che, nell’ambito
del contatto diretto con il pubblico, attiva le iniziative dirette al superamento di
eventuali disservizi e riceve i reclami e ne garantisce l’istruzione e la trasmissione
alla Direzione delle USL per la decisione nel merito (vedi allegato 2 «Scheda per la
segnalazione di reclami»).
B) Commissione Mista Conciliativa, per lo studio congiunto, con gli organismi di
volontariato e di tutela, delle problematiche sollevate dal reclamo.
C) Regolamento per l’individuazione delle procedure di accoglimento e definizione
del reclamo.
D) Comitato permanente per l’attuazione della Carta dei servizi pubblici, istituito
presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione
pubblica, ai sensi della Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27
gennaio 1994”.
Si consideri, inoltre, che il Titolo I (artt. 1-7) del Decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri 19 maggio 1995 stabilisce:
“Articolo 1
Gli utenti, parenti o affini, o organismi di volontariato o di tutela dei diritti
accreditati presso la Regione o presso la USL possono presentare osservazioni,
opposizioni, denunce o reclami contro gli atti o comportamenti che negano o
limitano la fruibilità delle prestazioni di assistenza sanitaria e sociale.
Articolo 2
Gli utenti e gli altri soggetti come individuati dall’art. 1, esercitano il proprio diritto
con:
1) Lettera in carta semplice, indirizzata e inviata alla USL o consegnata all’Ufficio
Relazioni con il Pubblico, nelle sue articolazioni;
2) Compilazione di apposito modello sottoscritto dall’utente, distribuito presso
l’U.R.P.;
3) Segnalazione telefonica o fax all’Ufficio sopra citato;
4) Colloquio con il responsabile dell’URP
Per le segnalazioni telefoniche e per i colloqui, verrà fatta apposita scheda verbale,
annotando quanto segnalato con l’acquisizione dei dati per le comunicazioni di
merito.
La segnalazione verbale sarà acquisita in presenza di un testimone.
Articolo 3
Le osservazioni, le opposizioni, le denunce o i reclami dovranno essere presentate,
nei modi sopra elencati, entro 15 giorni dal momento in cui l’interessato abbia
avuto conoscenza dell’atto o comportamento lesivo dei propri diritti in armonia con
il disposto dell’art. 14, comma 5, del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, come
modificato dal D.Lgs. 7 dicembre 1993, n. 517.
14
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Articolo 4
Le osservazioni, le opposizioni, le denunce o i reclami, comunque presentate o
ricevute nei modi sopra indicati dagli Uffici Relazioni con il Pubblico, qualora non
trovino immediata soluzione, devono essere istruite e trasmesse alla Direzione
della USL entro un termine massimo di giorni 3, o comunque nei tempi rapportati
all’urgenza del caso.
Articolo 5
L’U.R.P., nei tre giorni successivi, comunicherà ai Responsabili di servizio
interessati, notizia dell’opposizione, osservazione, denuncia o reclamo affinché
questi adottino tutte le misure necessarie ad evitare la persistenza dell’eventuale
disservizio e forniscano all’ufficio richiedente, entro 7 giorni, tutte le informazioni
necessarie per comunicare un’appropriata risposta all’utente.
Articolo 6
Nella USL è costituito un ufficio «Relazioni con il Pubblico» cui sono attribuite le
seguenti funzioni:
a) ricevere le osservazioni, opposizioni, denunce o reclami in via amministrativa
presentati dai soggetti di cui all’art. 1 del presente regolamento, per la tutela del
cittadino avverso gli atti o i comportamenti con i quali si nega o si limita la fruibilità
delle prestazioni di assistenza sanitaria e sociale;
b) predispone l’attività istruttoria e provvede a dare tempestiva risposta all’utente
per le segnalazioni di più agevole definizione, su delega del Direttore Generale;
c) per i reclami di evidente complessità, provvede a curarne l'istruttoria e fornisce
parere al Legale Rappresentante per la necessaria definizione. L'U.R.P. per
l'espletamento dell'attività istruttoria può acquisire tutti gli elementi necessari alla
formazione di giudizio, richiedendo altresì relazioni o pareri ai responsabili dei
Servizi, delle Unità Operative, ovvero degli uffici della USL;
d) fornire all'utente tutte le informazioni e quanto altro necessario per garantire la
tutela dei diritti ad esso riconosciuti dalla normativa vigente in materia;
e) predisporre la lettera di risposta all'utente sottoscritta dal legale rappresentante
dell'ente in cui si dichiara che la presentazione delle anzidette osservazioni ed
opposizioni non impedisce, né preclude la proposizione di impugnative in via
giurisdizionale ai sensi del comma 5 dell'art. 14 del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n.
502 come risulta modificato dal D.Lgs. 7 dicembre 1993, n. 517.
Articolo 7
Il Responsabile dell'U.R.P., individuato ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241 ,
svolge i seguenti compiti:
a) accoglie i reclami, le opposizioni e le osservazioni presentate in via
amministrativa ai sensi dell'art. 1 del presente regolamento;
b) provvede a istruire e definire le segnalazioni di agevole risoluzione;
c) dispone l'istruttoria dei reclami e ne distingue quelli di più facile risoluzione
dando tempestiva risposta all'utente;
d) attiva la Commissione Mista Conciliativa per l'esame delle segnalazioni di cui
viene a conoscenza per il tramite delle Associazioni di Volontariato e degli
organismi di tutela;
e) invia la risposta all'utente e contestualmente ne invia copia al Responsabile del
servizio, al responsabile dell'Unità Operativa interessato e al Coordinatore di
settore per l'adozione delle misure e dei provvedimenti necessari;
f) provvede ad attivare la procedura di riesame del reclamo qualora l’utente dichiari
insoddisfacente la risposta ricevuta”.
In ultima analisi, ai sensi dell’art. 14, comma 5, del Decreto Legislativo 30
dicembre 1992, n. 502, in presenza di un atto o di un comportamento con cui
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si nega o si limita la fruibilità delle prestazioni di assistenza sanitaria ed entro il
termine di quindici giorni decorrente dal momento in cui l’interessato abbia
avuto conoscenza di tale atto e/o di detto comportamento, questi può
presentare osservazioni, opposizioni, denunce o reclami in via amministrativa,
redatti in carta semplice, al direttore generale dell’unità sanitaria locale o
dell’azienda. Le concrete modalità di presentazione di tale reclamo sono indicate
nell’art. 2 del Titolo I del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 19
maggio 1995, poc’anzi citato testualmente.
5. liste di attesa: modalità alternative di accesso alla prestazione nel
caso di prestazioni non garantite nei tempi massimi stabiliti
Nel Piano Regionale per il Contenimento dei Tempi di Attesa 2011-20139, con
riferimento all’individuazione di modalità alternative di accesso alla prestazione
nel caso in cui con l’ordinaria offerta aziendale non vengano garantite le
prestazioni nei tempi massimi di attesa, si precisa:
“Ai cittadini /utenti, come già stabilito dal precedente PRCTA 2006-2008, vanno
assicurati sistemi di garanzia nel caso in cui si verifichino, per le prestazioni di
specialistica ambulatoriale e di diagnostica strumentale, le seguenti situazioni:
- Prenotazioni nel bacino di utenza aziendale di residenza oltre i tempi massimi
stabiliti: in tal caso i cittadini hanno diritto ad effettuare la prestazione in strutture
extra aziendali pubbliche o private autorizzate provvisoriamente convenzionate (a
norma della DGR 6475/98), senza oneri aggiuntivi. A tale scopo, ove il cittadino
intenda avvalersi di tali strutture, il servizio CUP si farà carico di prenotare sulle
strutture utilizzabili a livello regionale, rilasciando apposito attestato che dichiara
l’impossibilità di prenotare la prestazione richiesta presso le strutture della azienda
di residenza entro i tempi massimi stabiliti. Il cittadino con tale attestato e
presentando ricevuta/fattura di esecuzione della prestazione, potrà poi recarsi
presso la cassa riscossione ticket della propria asl di residenza dove avrà diritto al
rimborso della quota pari alla compartecipazione alla spesa prevista per la
prestazione richiesta.
- Mancata erogazione nel giorno stabilito della prestazione prenotata: in tal caso è
compito della Azienda, una volta stabilita l’impossibilità di erogare tale prestazione
dalla struttura prevista nel tempo stabilito, individuare percorsi alternativi mettendo
in atto forme di presa in carico del paziente. Il cittadino ha altresì diritto ad una
informazione tempestiva in relazione al verificarsi dell’evento. In questo caso il
cittadino, se la prestazione non verrà comunque erogata entro i tempi massimi
stabiliti, avrà diritto allo stesso risarcimento dei casi precedenti.
E’ compito delle Aziende diffondere le informazioni di cui sopra”10.
Bisogna inoltre considerare quanto specificato, nel predetto Piano Regionale per
il Contenimento dei Tempi di Attesa 2011-2013, per quanto riguarda i
programmi attuativi aziendali:
9
Il testo integrale del Piano Regionale per il Contenimento dei Tempi di Attesa è reperibile all’URL
http://www.asl1.umbria.it/pagine/liste-di-attesa
10
Cfr. la lettera F. del Piano Regionale per il Contenimento dei Tempi di Attesa.
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“[…] Entro 60 giorni dall’adozione del Piano Regionale di Governo delle Liste
d’Attesa, le Aziende Sanitarie umbre dovranno adottare il programma attuativo
aziendale, in coerenza con quello definito a livello regionale e prima ancora
nazionale.
Il programma aziendale deve:
- Recepire i tempi massimi di attesa individuati dal piano regionale;
- Prevedere l’applicazione delle misure previste da adottare in caso di superamento
dei tempi massimi stabiliti;
- Individuare le strutture erogatrici nelle quali i tempi massimi di attesa per le
prestazioni sono garantiti almeno al 90% dei cittadini richiedenti;
- Assicurare la diffusione e l’accesso alle informazioni utilizzando gli
strumenti di comunicazione disponibili (siti Web), prevedendone la
disponibilità anche presso le strutture di abituale accesso dei cittadini
(farmacie, ambulatori dei medici di medicina generale e dei pediatri di
libera scelta)”11.
6. I ricoveri presso strutture di altissima specializzazione non
convenzionate in Italia e all’estero e l’assistenza sanitaria
transfrontaliera nel diritto comunitario
Il punto 4.8 dell’Allegato 1 del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri
19 maggio 1995 – “schema generale di riferimento della «Carta dei servizi
pubblici sanitari»”, di seguito riprodotto integralmente, prevede una specifica
disciplina per i ricoveri presso strutture di altissima specializzazione non
convenzionate in Italia e all’estero.
“L'USL, in caso di impossibilità di garantire tempestivamente e in forma adeguata
al caso clinico l'intervento o le prestazioni necessarie e previo parere del Centro
Regionale di Riferimento, concede l'autorizzazione al ricovero presso strutture di
altissima specializzazione non convenzionate in Italia e all'estero.
La richiesta di autorizzazione presentata dall'utente dovrà essere accompagnata da
una relazione del medico specialista contenente precisi riferimenti a:
a) paziente;
b) diagnosi e cronistoria clinica del paziente;
c) tipo di intervento o trattamento terapeutico che deve essere praticato;
d) necessità, per le particolari condizioni cliniche, di accompagnatore, di trasporto
in ambulanza, di mezzo aereo se il Centro prescelto si trova all'estero;
e) dichiarazione sull'impossibilità di effettuare l'intervento o le prestazioni
necessarie, tempestivamente e in forma adeguata al caso clinico, da parte delle
strutture pubbliche o convenzionate con il Servizio Sanitario Nazionale contattate.
Per ottenere il rimborso delle spese sostenute anticipatamente (vedi D.M. 3
novembre 1989 ) dovrà essere presentata la seguente documentazione:
1) copia della cartella clinica;
2) fatture in originale quietanzate (in caso di ricovero all'estero le fatture devono
essere vistate dal Consolato Italiano in loco);
11
Si veda la lettera M. del Piano Regionale per il Contenimento dei Tempi di Attesa.
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3) documentazione spese di viaggio.
Nell'ipotesi di non accoglimento della domanda, l'interessato potrà proporre alternativamente - entro 15 giorni dal momento in cui sia venuto a conoscenza
dell'atto contro cui intende tutelarsi:
1) opposizione al Direttore Generale, sia per vizi di legittimità che di merito, il quale
deciderà entro 15 giorni (art. 4, L. 23 ottobre 1985, n. 595 );
2) ricorso gerarchico improprio alla Giunta Regionale solo per vizi di legittimità, la
quale deciderà entro 60 giorni.
È sempre possibile ricorrere alla magistratura”.
Occorre segnalare, altresì, la Direttiva 2011/24/UE del Parlamento Europeo e
del Consiglio del 9 marzo 2011 concernente l’applicazione dei diritti dei pazienti
relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera. Tale Direttiva, secondo quanto
precisa il “considerando” n. 10 della stessa,
“mira a istituire norme volte ad agevolare l’accesso a un’assistenza sanitaria
transfrontaliera sicura e di qualità nell’Unione e a garantire la mobilità dei pazienti
conformemente ai principi sanciti dalla giurisprudenza della Corte di giustizia e a
promuovere la cooperazione tra gli Stati membri in materia di assistenza sanitaria,
nel pieno rispetto delle competenze degli Stati membri riguardanti la definizione
delle prestazioni sociali di carattere sanitario, l’organizzazione e la prestazione di
cure sanitarie, dell’assistenza medica e delle prestazioni di sicurezza sociale, in
particolare di quelle per malattia”.
Si legge altresì nel “considerando” n. 39:
“I flussi di pazienti tra gli Stati membri sono limitati e dovrebbero rimanere tali in
quanto la grande maggioranza dei pazienti nell’Unione riceve assistenza sanitaria
nel proprio paese e preferisce in questo modo. Tuttavia, in determinate
circostanze, i pazienti possono cercare alcune forme di assistenza sanitaria in un
altro Stato membro. Esempi in tal senso sono le cure altamente specializzate, o le
cure prestate nelle regioni frontaliere nelle quali la struttura idonea più vicina è
situata al di là del confine. Inoltre, alcuni pazienti desiderano essere curati
all’estero per essere vicini ai loro familiari residenti in un altro Stato membro, o per
avere accesso a un metodo di cura diverso da quello previsto nello Stato membro
di affiliazione o perché ritengono di ricevere un’assistenza sanitaria
qualitativamente migliore in un altro Stato membro”.
Il “considerando” n. 40 specifica:
“Secondo la giurisprudenza costante della Corte di giustizia, gli Stati membri
possono subordinare ad autorizzazione preventiva l’assunzione da parte del
sistema nazionale dei costi delle cure ospedaliere erogate in un altro Stato
membro. La Corte di giustizia ha ritenuto tale requisito necessario e ragionevole,
poiché il numero di infrastrutture ospedaliere, la loro ripartizione geografica, la loro
organizzazione e le attrezzature di cui sono dotate, o ancora la natura dei servizi
medici che sono in grado di prestare, devono poter fare oggetto di una
programmazione, generalmente volta a soddisfare diverse esigenze. La Corte di
giustizia ha ritenuto che tale programmazione miri a garantire un accesso
sufficiente e permanente a un insieme equilibrato di cure ospedaliere di qualità
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nello Stato membro interessato. Inoltre, essa contribuisce a soddisfare il desiderio
di controllare le spese e di evitare, per quanto possibile, ogni spreco di risorse
finanziarie, tecniche e umane. Secondo la Corte di giustizia, tale spreco sarebbe
ancor più dannoso in quanto è generalmente riconosciuto che il settore delle cure
ospedaliere genera notevoli costi e deve soddisfare esigenze crescenti, mentre le
risorse finanziarie messe a disposizione dell’assistenza sanitaria non sono illimitate,
indipendentemente dal metodo di finanziamento applicato”.
Ebbene, ai sensi degli art. 7, commi 1 e 8, della suddetta Direttiva,
“1. Fatto salvo il regolamento (CE) n. 883/2004 e conformemente a quanto
disposto dagli articoli 8 e 9, lo Stato membro di affiliazione assicura che i
costi sostenuti da una persona assicurata che si è avvalsa dell’assistenza
sanitaria transfrontaliera siano rimborsati, se l’assistenza sanitaria in
questione è compresa tra le prestazioni cui la persona assicurata ha diritto nello
Stato membro di affiliazione […] 8. Lo Stato membro di affiliazione non subordina il
rimborso dei costi dell’assistenza transfrontaliera ad autorizzazione preventiva, ad
eccezione dei casi di cui all’articolo 8”.
Il comma 2 di quest’ultimo articolo statuisce, inoltre, quanto segue:
“2. L’assistenza sanitaria che può essere soggetta ad autorizzazione preventiva è
limitata all’assistenza sanitaria che:
a) è soggetta a esigenze di pianificazione riguardanti l’obiettivo di assicurare, nel
territorio dello Stato membro interessato, la possibilità di un accesso sufficiente e
permanente ad una gamma equilibrata di cure di elevata qualità o alla volontà di
garantire il controllo dei costi e di evitare, per quanto possibile, ogni spreco di
risorse finanziarie, tecniche e umane e:
i) comporta il ricovero del paziente in questione per almeno una notte,o
ii) richiede l’utilizzo di un’infrastruttura sanitaria o di apparecchiature
mediche altamente specializzate e costose;
b) richiede cure che comportano un rischio particolare per il paziente o la
popolazione; o
c) è prestata da un prestatore di assistenza sanitaria che, all’occorrenza, potrebbe
suscitare gravi e specifiche preoccupazioni quanto alla qualità o alla sicurezza
dell’assistenza, ad eccezione dell’assistenza sanitaria soggetta alla normativa
dell’Unione che garantisce livelli minimi di sicurezza e di qualità in tutta l’Unione.
Gli Stati membri comunicano alla Commissione le categorie di assistenza sanitaria
di cui alla lettera a)”.
Occorre poi considerare che l’art. 21 della Direttiva di cui trattasi prevede che:
“Gli Stati membri mettono in vigore entro il 25 ottobre 2013 le disposizioni
legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente
direttiva”.
Pertanto, tutti gli stati membri dell’Unione Europea dovranno recepire
entro il 25 ottobre 2013, con apposite disposizioni legislative,
regolamentari e amministrative, la Direttiva 2011/24/UE del
Parlamento Europeo e del Consiglio del 9 marzo 2011 concernente
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l’applicazione dei diritti dei pazienti relativi all’assistenza sanitaria
transfrontaliera che, come visto, prevede la possibilità di ottenere il
rimborso delle spese sostenute per curarsi all’estero.
7. L’assistenza ai non residenti ed agli stranieri
Il punto 6.6 dell’Allegato 1 del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri
19 maggio 1995, di seguito riprodotto integralmente, prevede specifiche
disposizioni per quanto riguarda l’assistenza agli “stranieri non residenti in
Italia”, agli “utenti in temporaneo soggiorno in USL diversa da quella di
residenza” nonché agli “utenti non residenti con domicilio sanitario nella USL”.
“6.6 Assistenza ai non residenti
1 - Stranieri non residenti in Italia.
A) Stranieri provenienti da paesi dell'Unione Europea e da paesi con i quali vigono
accordi bilaterali di reciprocità in temporaneo soggiorno in Italia: hanno diritto alle
stesse prestazioni indicate sui moduli comunitari o convenzionali rilasciati dalle
Istituzioni competenti.
La USL rilascerà al cittadino straniero un apposito modulario sul quale i medici
(generici e specialisti) prescriveranno gli accertamenti, le visite specialistiche e i
farmaci ritenuti necessari.
L'USL erogherà l'assistenza secondo i livelli previsti per i cittadini italiani residenti,
ad eccezione dell'assistenza medico-generica e pediatrica, per la quale viene
adottato il sistema delle visite occasionali, che verranno pagate al medico o al
pediatra come prestazioni extra.
B) Stranieri extracomunitari in temporaneo soggiorno in Italia: hanno diritto
unicamente alle prestazioni ospedaliere urgenti per malattia, infortunio e maternità
con oneri a loro carico in base alle rette di degenza e alle tariffe per le prestazioni
ospedaliere che non richiedono ricovero, determinate annualmente dal Ministero
della Sanità.
In caso di insolvenza, le USL devono rivolgersi al Ministero dell'Interno per il
rimborso, tramite le competenti Prefetture.
2 - Utenti in temporaneo soggiorno in USL diversa da quella di residenza.
A) Assistenza Medico Generica
L'USL garantisce l'assistenza Medico Generica, in via indiretta, mediante il sistema
delle visite occasionali, che verranno pagate al medico o al pediatra come
prestazioni extra.
L'utente pagherà i compensi per visite occasionali previsti dall'Accordo Nazionale
Collettivo per la Medicina Generale e per la Pediatria e verrà rimborsato dalla USL
di appartenenza a cui presenterà la fattura di pagamento.
Il cittadino non residente potrà inoltre usufruire della Guardia Medica notturna
festiva e prefestiva e della Guardia Medica turistica.
B) Assistenza Specialistica Ambulatoriale in forma indiretta
L'assistenza in oggetto è disciplinata a livello regionale.
Le prestazioni possono essere erogate solo a favore di tutti i cittadini italiani presso
la USL e solo dalle strutture inserite in elenchi predisposti dalle Regioni.
3 - Utenti non residenti con domicilio sanitario nella USL.
Gli utenti non residenti con domicilio sanitario nella USL hanno diritto all'assistenza
sanitaria, in presenza dei seguenti presupposti:
a) permanenza nel Comune di domicilio per un periodo superiore a tre mesi;
b) tale permanenza deve essere dettata da motivi di lavoro, di studio o di malattia.
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Il cittadino si presenterà agli sportelli della USL di domicilio con la seguente
documentazione:
a) certificato di residenza anagrafica in carta libera;
b) tesserino sanitario della USL di residenza;
c) certificato rilasciato dal datore di lavoro dal quale risulti che l'interessato, per
motivi di lavoro, è dimorante in un Comune diverso da quello di residenza per un
periodo superiore a tre mesi;
oppure:
c1) certificato di frequenza per corsi di studio rilasciato dal relativo Ente con
l'indicazione della durata del corso;
oppure:
c2) certificato per comprovati motivi di salute rilasciato da un Medico Specialista
della USL con l'indicazione del periodo di soggiorno.
Per i cittadini provenienti da altre Regioni si provvederà al rilascio di un nuovo
libretto con l'indicazione del nuovo codice regionale.
La scelta del Medico di fiducia sarà a termine e, in ogni caso, non potrà superare
un anno”.
Per quanto riguarda l’assistenza sanitaria agli stranieri si segnalano, altresì:
a)
b)
c)
d)
il Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n. 286;
il Decreto Legislativo 8 gennaio 2007, n. 3;
il Decreto Legislativo 19 novembre 2007, n. 251.
l’Opuscolo Informasalute.
7a. Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n. 286 – “Testo unico delle
disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla
condizione dello straniero”
Ai sensi dell’art. 1, commi 1 e 2 del suddetto testo unico, tale Decreto
Legislativo
“[…] si applica, salvo che sia diversamente disposto, ai cittadini di Stati non
appartenenti all’Unione europea e agli apolidi, di seguito indicati come stranieri” e
“[…] non si applica ai cittadini degli stati membri dell’Unione Europea, salvo quanto
previsto dalle norme di attuazione dell’ordinamento comunitario”.
Di seguito si riproducono testualmente le “disposizioni in materia sanitaria”
contenute negli artt. 34, 35 e 36 del Decreto Legislativo n. 286/1998:
“Capo I - Disposizioni in materia sanitaria
34. Assistenza per gli stranieri iscritti al Servizio sanitario nazionale.
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 32)
1. Hanno l'obbligo di iscrizione al servizio sanitario nazionale e hanno parità di
trattamento e piena uguaglianza di diritti e doveri rispetto ai cittadini italiani per
quanto attiene all'obbligo contributivo, all'assistenza erogata in Italia dal servizio
sanitario nazionale e alla sua validità temporale:
a) gli stranieri regolarmente soggiornanti che abbiano in corso regolari attività di
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lavoro subordinato o di lavoro autonomo o siano iscritti nelle liste di
collocamento;
b) gli stranieri regolarmente soggiornanti o che abbiano chiesto il rinnovo del
titolo di soggiorno, per lavoro subordinato, per lavoro autonomo, per motivi
familiari, per asilo politico, per asilo umanitario, per richiesta di asilo, per attesa
adozione, per affidamento, per acquisto della cittadinanza.
2. L'assistenza sanitaria spetta altresì ai familiari a carico regolarmente
soggiornanti. Nelle more dell'iscrizione al servizio sanitario nazionale ai minori
figli di stranieri iscritti al servizio sanitario nazionale è assicurato fin dalla nascita
il medesimo trattamento dei minori iscritti.
3. Lo straniero regolarmente soggiornate, non rientrante tra le categorie indicate
nei commi 1 e 2 è tenuto ad assicurarsi contro il rischio di malattie, infortunio e
maternità mediante stipula di apposita polizza assicurativa con un istituto
assicurativo italiano o straniero, valida sul territorio nazionale, ovvero mediante
iscrizione al servizio sanitario nazionale valida anche per i familiari a carico. Per
l'iscrizione al servizio sanitario nazionale deve essere corrisposto a titolo di
partecipazione alle spese un contributo annuale, di importo percentuale pari a
quello previsto per i cittadini italiani, sul reddito complessivo conseguito nell'anno
precedente in Italia e all'estero. L'ammontare del contributo è determinato con
decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro del tesoro, del
bilancio e della programmazione economica e non può essere inferiore al
contributo minimo previsto dalle norme vigenti.
4. L'iscrizione volontaria al servizio sanitario nazionale può essere altresì richiesta:
a) dagli stranieri soggiornanti in Italia titolari di permesso di soggiorno per motivi
di studio;
b) dagli stranieri regolarmente soggiornanti collocati alla pari, ai sensi
dell'accordo europeo sul collocamento alla pari, adottato a Strasburgo il 24
novembre 1969, ratificato e reso esecutivo ai sensi della legge 18 maggio 1973,
n. 304.
5. I soggetti di cui al comma 4 sono tenuti a corrispondere per l'iscrizione al
servizio sanitario nazionale, a titolo di partecipazione alla spesa, un contributo
annuale forfettario negli importi e secondo le modalità previsti dal decreto di cui
al comma 3.
6. Il contributo per gli stranieri indicati al comma 4, lettere a) e b) non è valido
per i familiari a carico.
7. Lo straniero assicurato al servizio sanitario nazionale è iscritto nella azienda
sanitaria locale del comune in cui dimora secondo le modalità previste dal
regolamento di attuazione.
35. Assistenza sanitaria per gli stranieri non iscritti al Servizio sanitario nazionale.
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 33)
1. Per le prestazioni sanitarie erogate ai cittadini stranieri non iscritti al servizio
sanitario nazionale devono essere corrisposte, dai soggetti tenuti al pagamento di
tali prestazioni, le tariffe determinate dalle regioni e province autonome ai sensi
dell'articolo 8, commi 5 e 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e
successive modificazioni.
2. Restano salve le norme che disciplinano l'assistenza sanitaria ai cittadini
stranieri in Italia in base a trattati e accordi internazionali bilaterali o multilaterali
di reciprocità sottoscritti dall'Italia.
3. Ai cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale, non in regola con le
norme relative all'ingresso ed al soggiorno, sono assicurate, nei presidi pubblici
ed accreditati, le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque
essenziali, ancorché continuative, per malattia ed infortunio e sono estesi i
programmi di medicina preventiva a salvaguardia della salute individuale e
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collettiva. Sono, in particolare garantiti:
a) la tutela sociale della gravidanza e della maternità, a parità di trattamento con
le cittadine italiane, ai sensi della L. 29 luglio 1975, n. 405, e della L. 22 maggio
1978, n. 194, e del decreto 6 marzo 1995 del Ministro della sanità, pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale n. 87 del 13 aprile 1995, a parità di trattamento con i
cittadini italiani;
b) la tutela della salute del minore in esecuzione della Convenzione sui diritti del
fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva ai sensi della legge 27
maggio 1991, n. 176;
c) le vaccinazioni secondo la normativa e nell'ambito di interventi di campagne di
prevenzione collettiva autorizzati dalle regioni;
d) gli interventi di profilassi internazionale;
e) la profilassi, la diagnosi e la cura delle malattie infettive ed eventualmente
bonifica dei relativi focolai.
4. Le prestazioni di cui al comma 3 sono erogate senza oneri a carico dei
richiedenti qualora privi di risorse economiche sufficienti, fatte salve le quote di
partecipazione alla spesa a parità con i cittadini italiani.
5. L'accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero non in regola con le
norme sul soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all'autorità,
salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino
italiano.
6. Fermo restando il finanziamento delle prestazioni ospedaliere urgenti o
comunque essenziali a carico del Ministero dell'interno, agli oneri recati dalle
rimanenti prestazioni contemplate nel comma 3, nei confronti degli stranieri privi
di risorse economiche sufficienti, si provvede nell'ambito delle disponibilità del
Fondo sanitario nazionale, con corrispondente riduzione dei programmi riferiti
agli interventi di emergenza.
36. Ingresso e soggiorno per cure mediche.
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 34)
1. Lo straniero che intende ricevere cure mediche in Italia e l'eventuale
accompagnatore possono ottenere uno specifico visto di ingresso ed il relativo
permesso di soggiorno. A tale fine gli interessati devono presentare una
dichiarazione della struttura sanitaria italiana prescelta che indichi il tipo di cura,
la data di inizio della stessa e la durata presunta del trattamento terapeutico,
devono attestare l'avvenuto deposito di una somma a titolo cauzionale, tenendo
conto del costo presumibile delle prestazioni sanitarie richieste, secondo modalità
stabilite dal regolamento di attuazione, nonché documentare la disponibilità in
Italia di vitto e alloggio per l'accompagnatore e per il periodo di convalescenza
dell'interessato. La domanda di rilascio del visto o di rilascio o rinnovo del
permesso può anche essere presentata da un familiare o da chiunque altro vi
abbia interesse.
2. Il trasferimento per cure in Italia con rilascio di permesso di soggiorno per cure
mediche è altresì consentito nell'ambito di programmi umanitari definiti ai sensi
dell'articolo 12, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.
502, come modificato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, previa
autorizzazione del Ministero della sanità, d'intesa con il Ministero degli affari
esteri. Le aziende sanitarie locali e le aziende ospedaliere, tramite le regioni, sono
rimborsate delle spese sostenute che fanno carico al fondo sanitario nazionale.
3. Il permesso di soggiorno per cure mediche ha una durata pari alla durata
presunta del trattamento terapeutico ed è rinnovabile finché durano le necessità
terapeutiche documentate.
4. Sono fatte salve le disposizioni in materia di profilassi internazionale”
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7b. Decreto Legislativo 8 gennaio 2007, n. 3 – “Attuazione della
direttiva 2003/109/CE relativa allo status si cittadini di Paesi terzi
soggiornanti di lungo periodo”
Ai sensi dell’art. 1 di tale Decreto Legislativo, con l’espressione “straniero
soggiornante di lungo periodo” si intende
“lo straniero in possesso, da almeno cinque anni, di un permesso di soggiorno in
corso di validità, che dimostra la disponibilità di un reddito non inferiore all'importo
annuo dell'assegno sociale e, nel caso di richiesta relativa ai familiari, di un reddito
sufficiente secondo i parametri indicati nell'articolo 29, comma 3, lettera b) e di un
alloggio idoneo che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge regionale per gli
alloggi di edilizia residenziale pubblica ovvero che sia fornito dei requisiti di idoneità
igienico-sanitaria accertati dall'Azienda unità sanitaria locale competente per
territorio”
Ebbene, ai sensi dell’art. 1, comma 12, lett. c) del Decreto Legislativo n.
3/2007,
“oltre a quanto previsto per lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio
dello Stato, il titolare del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo
periodo può:
a) fare ingresso nel territorio nazionale in esenzione di visto e circolare liberamente
sul territorio nazionale salvo quanto previsto dall'articolo 6, comma 6;
b) svolgere nel territorio dello Stato ogni attività lavorativa subordinata o
autonoma salvo quelle che la legge espressamente riserva al cittadino o vieta allo
straniero. Per lo svolgimento di attività di lavoro subordinato non è richiesta la
stipula del contratto di soggiorno di cui all'articolo 5-bis;
c) usufruire delle prestazioni di assistenza sociale, di previdenza sociale, di quelle
relative ad erogazioni in materia sanitaria, scolastica e sociale, di quelle relative
all'accesso a beni e servizi a disposizione del pubblico, compreso l'accesso alla
procedura per l'ottenimento di alloggi di edilizia residenziale pubblica, salvo che sia
diversamente disposto e sempre che sia dimostrata l'effettiva residenza dello
straniero sul territorio nazionale;
d) partecipare alla vita pubblica locale, con le forme e nei limiti previsti dalla
vigente normativa”
7c. Decreto Legislativo 19 novembre 2007, n. 251 – “Attuazione della
direttiva 2004/83/CE recante norme minime sull’attribuzione, a
cittadini di Paesi terzi o apolidi, della qualifica del rifugiato o di
persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché
norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta”
L’art. 27 di siffatto Decreto Legislativo statuisce:
“i titolari dello status di rifugiato e dello status di protezione sussidiaria hanno
diritto al medesimo trattamento riconosciuto al cittadino italiano in materia di
assistenza sociale e sanitaria”.
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7d. Opuscolo Informasalute
L’opuscolo denominato “Informasalute – Accesso al Servizio Sanitario Nazionale
per i Cittadini Stranieri”, è reperibile, in nove lingue, nel sito del Ministero della
Salute12.
8. L’assistenza ai disabili
Ai sensi dell’art. 3 della Legge 5 febbraio 1992, n. 104 – “Legge quadro per
l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”,
“1. E' persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o
sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di
relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di
svantaggio sociale o di emarginazione.
2. La persona handicappata ha diritto alle prestazioni stabilite in suo favore in
relazione alla natura e alla consistenza della minorazione, alla capacità complessiva
individuale residua e alla efficacia delle terapie riabilitative.
3. Qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l'autonomia personale,
correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale
permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione,
la situazione assume connotazione di gravità. Le situazioni riconosciute di gravità
determinano priorità nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici.
4. La presente legge si applica anche agli stranieri e agli apolidi, residenti,
domiciliati o aventi stabile dimora nel territorio nazionale. Le relative prestazioni
sono corrisposte nei limiti ed alle condizioni previste dalla vigente legislazione o da
accordi internazionali”.
La conoscenza della suddetta Legge n. 104/1992 è fondamentale al fine di
individuare i diritti delle persone handicappate. Si ritiene utile riportare di
seguito il testo degli artt. 4 (accertamento dell’handicap), 5 (Principi generali
per i diritti della persona handicappata), 6 (prevenzione e diagnosi precoce), 7
(cura e riabilitazione), 11 (soggiorno all'estero per cure), 39 (compiti delle
regioni) e 40 (compiti dei comuni):
“Art. 4 (Accertamento dell'handicap)
1.
Gli accertamenti relativi alla minorazione, alle difficoltà, alla necessità
dell'intervento assistenziale permanente e alla capacità complessiva individuale
residua, di cui all'articolo 3, sono effettuati dalle unità sanitarie locali mediante le
commissioni mediche di cui all'articolo 1 della legge 15 ottobre 1990, n. 295, che
sono integrate da un operatore sociale e da un esperto nei casi da esaminare, in
servizio presso le unità sanitarie locali.
Art. 5 (Principi generali per i diritti della persona handicappata)
12
L’opuscolo “Informasalute - Accesso al Servizio Sanitario Nazionale per i Cittadini Stranieri” è
reperibile all’URL
http://www.salute.gov.it/assistenzaSanitaria/archivioOpuscoliPosterAssistenzaSanitaria.jsp?lingua=italian
o&id=118&menu=brochure
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1. La rimozione delle cause invalidanti, la promozione dell'autonomia e la
realizzazione dell'integrazione sociale sono perseguite attraverso i seguenti
obiettivi:
a) sviluppare la ricerca scientifica, genetica, biomedica, psicopedagogica, sociale e
tecnologica anche mediante programmi finalizzati concordati con istituzioni
pubbliche e private, in particolare con le sedi universitarie, con il Consiglio
nazionale delle ricerche (CNR), con i servizi sanitari e sociali, considerando la
persona handicappata e la sua famiglia, se coinvolti, soggetti partecipi e
consapevoli della ricerca;
b) assicurare la prevenzione, la diagnosi e la terapia prenatale e precoce delle
minorazioni e la ricerca sistematica delle loro cause;
c) garantire l'intervento tempestivo dei servizi terapeutici e riabilitativi, che assicuri
il recupero consentito dalle conoscenze scientifiche e dalle tecniche attualmente
disponibili, il mantenimento della persona handicappata nell'ambiente familiare e
sociale, la sua integrazione e partecipazione alla vita sociale;
d) assicurare alla famiglia della persona handicappata un'informazione di carattere
sanitario e sociale per facilitare la comprensione dell'evento, anche in relazione alle
possibilità di recupero e di integrazione della persona handicappata nella società;
e) assicurare nella scelta e nell'attuazione degli interventi socio-sanitari la
collaborazione della famiglia, della comunità e della persona handicappata,
attivandone le potenziali capacità;
f) assicurare la prevenzione primaria e secondaria in tutte le fasi di maturazione e
di sviluppo del bambino e del soggetto minore per evitare o constatare
tempestivamente l'insorgenza della minorazione o per ridurre e superare i danni
della minorazione sopraggiunta;
g) attuare il decentramento territoriale dei servizi e degli interventi rivolti alla
prevenzione, al sostegno e al recupero della persona handicappata, assicurando il
coordinamento e l'integrazione con gli altri servizi territoriali sulla base degli accordi
di programma di cui all'articolo 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142;
h) garantire alla persona handicappata e alla famiglia adeguato sostegno
psicologico e psicopedagogico, servizi di aiuto personale o familiare, strumenti e
sussidi tecnici, prevedendo, nei casi strettamente necessari e per il periodo
indispensabile, interventi economici integrativi per il raggiungimento degli obiettivi
di cui al presente articolo;
i) promuovere, anche attraverso l'apporto di enti e di associazioni, iniziative
permanenti di informazione e di partecipazione della popolazione, per la
prevenzione e per la cura degli handicap, la riabilitazione e l'inserimento sociale di
chi ne è colpito;
l) garantire il diritto alla scelta dei servizi ritenuti più idonei anche al di fuori della
circoscrizione territoriale;
m) promuovere il superamento di ogni forma di emarginazione e di esclusione
sociale anche mediante l'attivazione dei servizi previsti dalla presente legge.
Art. 6 (Prevenzione e diagnosi precoce)
1. Gli interventi per la prevenzione e la diagnosi prenatale e precoce delle
minorazioni si attuano nel quadro della programmazione sanitaria di cui agli articoli
53 e 55 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, e successive modificazioni.
2. Le regioni, conformemente alle competenze e alle attribuzioni di cui alla legge 8
giugno 1990, n. 142, e alla legge 23 dicembre 1978, n. 833, e successive
modificazioni, disciplinano entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della
presente legge:
a) l'informazione e l'educazione sanitaria della popolazione sulle cause e sulle
conseguenze dell'handicap, nonché sulla prevenzione in fase preconcezionale,
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durante la gravidanza, il parto, il periodo neonatale e nelle varie fasi di sviluppo
della vita, e sui servizi che svolgono tali funzioni;
b) l'effettuazione del parto con particolare rispetto dei ritmi e dei bisogni naturali
della partoriente e del nascituro;
c) l'individuazione e la rimozione, negli ambienti di vita e di lavoro, dei fattori di
rischio che possono determinare malformazioni congenite e patologie invalidanti;
d) i servizi per la consulenza genetica e la diagnosi prenatale e precoce per la
prevenzione delle malattie genetiche che possono essere causa di handicap fisici,
psichici, sensoriali di neuromotulesioni;
e) il controllo periodico della gravidanza per la individuazione e la terapia di
eventuali patologie complicanti la gravidanza e la prevenzione delle loro
conseguenze;
f) l'assistenza intensiva per la gravidanza, i parti e le nascite a rischio;
g) nel periodo neonatale, gli accertamenti utili alla diagnosi precoce delle
malformazioni e l'obbligatorietà del controllo per l'individuazione ed il tempestivo
trattamento dell'ipotiroidismo congenito, della fenilchetonuria e della fibrosi cistica.
Le modalità dei controlli e della loro applicazione sono disciplinate con atti di
indirizzo e coordinamento emanati ai sensi dell'articolo 5, primo comma, della
legge 23 dicembre 1978, n. 833. Con tali atti possono essere individuate altre
forme di endocrinopatie e di errori congeniti del metabolismo alle quali estendere
l'indagine per tutta la popolazione neonatale;
h) un' attività di prevenzione permanente che tuteli i bambini fin dalla nascita
anche mediante il coordinamento con gli operatori degli asili nido, delle scuole
materne e dell'obbligo, per accertare l'inesistenza o l'insorgenza di patologie e di
cause invalidanti e con controlli sul bambino entro l'ottavo giorno, al trentesimo
giorno, entro il sesto ed il nono mese di vita e ogni due anni dal compimento del
primo anno di vita. E' istituito a tal fine un libretto sanitario personale, con le
caratteristiche di cui all'articolo 27 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, su cui
sono riportati i risultati dei suddetti controlli ed ogni altra notizia sanitaria utile a
stabilire lo stato di salute del bambino;
i) gli interventi informativi, educativi, di partecipazione e di controllo per eliminare
la nocività ambientale e prevenire gli infortuni in ogni ambiente di vita e di lavoro,
con particolare riferimento agli incidenti domestici.
3. Lo Stato promuove misure di profilassi atte a prevenire ogni forma di handicap,
con particolare riguardo alla vaccinazione contro la rosolia.
Art. 7 (Cura e riabilitazione)
1. La cura e la riabilitazione della persona handicappata si realizzano con
programmi che prevedano prestazioni sanitarie e sociali integrate tra loro, che
valorizzino le abilità di ogni persona handicappata e agiscano sulla globalità della
situazione di handicap, coinvolgendo la famiglia e la comunità. A questo fine il
Servizio sanitario nazionale, tramite le strutture proprie o convenzionate, assicura:
a) gli interventi per la cura e la riabilitazione precoce della persona handicappata,
nonché gli specifici interventi riabilitativi e ambulatoriali, a domicilio o presso i
centri socio-riabilitativi ed educativi a carattere diurno o residenziale di cui
all'articolo 8, comma 1, lettera l);
b) la fornitura e la riparazione di apparecchiature, attrezzature, protesi e sussidi
tecnici necessari per il trattamento delle menomazioni.
2. Le regioni assicurano la completa e corretta informazione sui servizi ed ausili
presenti sul territorio, in Italia e all'estero”
Art. 11 (Soggiorno all'estero per cure)
1. Nei casi in cui vengano concesse le deroghe di cui all'articolo 7 del decreto del
Ministro della sanità 3 novembre 1989, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 273
del 22 novembre 1989, ove nel centro di altissima specializzazione estero non sia
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previsto il ricovero ospedaliero per tutta la durata degli interventi autorizzati, il
soggiorno dell'assistito e del suo accompagnatore in alberghi o strutture collegate
con il centro è equiparato a tutti gli effetti alla degenza ospedaliera ed è
rimborsabile nella misura prevista dalla deroga.
2. La commissione centrale presso il Ministero della sanità di cui all'articolo 8 del
decreto del Ministro della sanità 3 novembre 1989, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 273 del 22 novembre 1989, esprime il parere sul rimborso per i
soggiorni collegati agli interventi autorizzati dalle regioni sulla base di criteri fissati
con atto di indirizzo e coordinamento emanato ai sensi dell'articolo 5, primo
comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833, con il quale sono disciplinate anche
le modalità della corresponsione di acconti alle famiglie (12) .
Art. 39 (Compiti delle regioni)
1. Le regioni possono provvedere, nei limiti delle proprie disponibilità di bilancio,
ad interventi sociali, educativo-formativi e riabilitativi nell'ambito del piano sanitario
nazionale, di cui all'articolo 53 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, e successive
modificazioni, e della programmazione regionale dei servizi sanitari, sociali e
formativo-culturali.
2. Le regioni possono provvedere, sentite le rappresentanze degli enti locali e le
principali organizzazioni del privato sociale presenti sul territorio, nei limiti delle
proprie disponibilità di bilancio:
a) a definire l'organizzazione dei servizi, i livelli qualitativi delle prestazioni, nonché
i criteri per l'erogazione dell'assistenza economica integrativa di competenza dei
comuni:
b) a definire, mediante gli accordi di programma di cui all'articolo 27 della legge 8
giugno 1990, n. 142, le modalità di coordinamento e di integrazione dei servizi e
delle prestazioni individuali di cui alla presente legge con gli altri servizi sociali,
sanitari, educativi, anche d'intesa con gli organi periferici dell'Amministrazione della
pubblica istruzione e con le strutture prescolastiche o scolastiche e di formazione
professionale, anche per la messa a disposizione di attrezzature, operatori o
specialisti necessari all'attività di prevenzione, diagnosi e riabilitazione
eventualmente svolta al loro interno;
c) a definire, in collaborazione con le università e gli istituti di ricerca, i programmi
e le modalità organizzative delle iniziative di riqualificazione ed aggiornamento del
personale impiegato nelle attività di cui alla presente legge;
d) a promuovere, tramite le convenzioni con gli enti di cui all'articolo 38, le attività
di ricerca e di sperimentazione di nuove tecnologie di apprendimento e di
riabilitazione, nonché la produzione di sussidi didattici e tecnici;
e) a definire le modalità di intervento nel campo delle attività assistenziali e quelle
di accesso ai servizi;
f) a disciplinare le modalità del controllo periodico degli interventi di inserimento
ed integrazione sociale di cui all'articolo 5, per verificarne la rispondenza
all'effettiva situazione di bisogno;
g) a disciplinare con legge, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della
presente legge, i criteri relativi all'istituzione e al funzionamento dei servizi di aiuto
personale;
h) ad effettuare controlli periodici sulle aziende beneficiarie degli incentivi e dei
contributi di cui all'articolo 18, comma 6, per garantire la loro effettiva
finalizzazione all'integrazione lavorativa delle persone handicappate;
i) a promuovere programmi di formazione di personale volontario da realizzarsi da
parte delle organizzazioni di volontariato;
l) ad elaborare un consuntivo annuale analitico delle spese e dei contributi per
assistenza erogati sul territorio anche da enti pubblici e enti o associazioni privati, i
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quali trasmettono alle regioni i rispettivi bilanci, secondo modalità fissate dalle
regioni medesime.
l-bis) a programmare interventi di sostegno alla persona e familiare come
prestazioni integrative degli interventi realizzati dagli enti locali a favore delle
persone con handicap di particolare gravità, di cui all'articolo 3, comma 3,
mediante forme di assistenza domiciliare e di aiuto personale, anche della durata di
24 ore, provvedendo alla realizzazione dei servizi di cui all'articolo 9, all'istituzione
di servizi di accoglienza per periodi brevi e di emergenza, tenuto conto di quanto
disposto dagli articoli 8, comma 1, lettera i), e 10, comma
1, e al rimborso parziale delle spese documentate di assistenza nell'ambito di
programmi previamente concordati.
l-ter) a disciplinare, allo scopo di garantire il diritto ad una vita indipendente alle
persone con disabilità permanente e grave limitazione dell'autonomia personale
nello svolgimento di una o più funzioni essenziali della vita, non superabili
mediante ausili tecnici, le modalità di realizzazione di programmi di aiuto alla
persona, gestiti in forma indiretta, anche mediante piani personalizzati per i
soggetti che ne facciano richiesta, con verifica delle prestazioni erogate e della loro
efficacia”.
Art. 40 (Compiti dei comuni)
1. I comuni, anche consorziati tra loro, le loro unioni, le comunità montane e le
unità sanitarie locali qualora le leggi regionali attribuiscano loro la competenza,
attuano gli interventi sociali e sanitari previsti dalla presente legge nel quadro della
normativa regionale, mediante gli accordi di programma di cui all'articolo 27 della
legge 8 giugno 1990, n. 142, dando priorità agli interventi di riqualificazione, di
riordinamento e di potenziamento dei servizi esistenti.
2. Gli statuti comunali di cui all'articolo 4 della citata legge n. 142 del 1990
disciplinano le modalità del coordinamento degli interventi di cui al comma 1 con i
servizi sociali, sanitari, educativi e di tempo libero operanti nell'ambito territoriale e
l'organizzazione di un servizio di segreteria per i rapporti con gli utenti, da
realizzarsi anche nelle forme del decentramento previste dallo statuto stesso.
Occorre altresì considerare ulteriori testi normativi. Si considerino, ad esempio:
o
o
o
o
la Legge 28 agosto 1997, n. 284 “Disposizioni per la prevenzione della cecità
e per la riabilitazione visiva e l’integrazione sociale e lavorativa dei ciechi
pluriminorati”;
la Legge 21 maggio 1998, n. 162 “Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n.
104 concernenti misure di sostegno in favore di persone con handicap
grave”;
la Legge 12 marzo 1999, n. 68 “Norme per il diritto al lavoro dei disabili”;
la Legge 8 novembre 2000, n. 328 “Legge quadro per la realizzazione del
sistema integrato di interventi e servizi sociali”.
Per quanto riguarda specificamente l’Umbria, si segnalano13:
o
la DGR n. 230 del 23.2.2009 Atto di indirizzo di cui all’art. 6, comma 2, della
L.R. n. 9/2008 “Criteri per la composizione delle Unità di Valutazione
13
I testi integrali delle succitate delibere della giunta regionale umbra sono reperibili all’URL
http://www.sanita.regione.umbria.it/Mediacenter/FE/CategoriaMedia.aspx?idc=403&explicit=SI
ed all’URL
http://www.sanita.regione.umbria.it/Mediacenter/FE/CategoriaMedia.aspx?idc=404&explicit=SI
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o
o
o
o
o
Multidisciplinari e criteri di classificazione dei casi sottoposti a valutazione di
non autosufficienza”;
la DGR n. 1053 del 26/09/2011 "Linee guida vincolanti sui percorsi
assistenziali nei disturbi evolutivi specifici dell'apprendimento (DSA)”;
la DGR n. 1011 del 19/09/2011 "Linee guida vincolanti per l'accesso e la
presa in carico di bambini con Ritardo Mentale";
la DGR n. 1628 del 16/11/2009 “Supporto alle scuole nella gestione di
situazioni di particolare complessità nel caso di alunni con bisogni educativi
speciali";
la DGR n. 2288 del 20/12/2006 “Attuazione DPCM 23/02/06 n. 185 relativo a:
Regolamento recante modalità e criteri per l’individuazione dell’alunno come
soggetto in situazione di handicap, ai sensi dell’art. 25, comma 7, L.
27/12/02, n. 289”;
la DGR n. 441 del 21/04/2004 “Ruolo, composizione e livelli di coordinamento
delle Unità Multidisciplinari di Valutazione disabili per l’età adulta e l’età
evolutiva”.
Va altresì rimarcato che, secondo quanto precisato nel sito della Regione
Umbria,
“la disabilità in età evolutiva rappresenta una delle più grandi priorità di salute. I
servizi di salute mentale e riabilitazione nell’età evolutiva affrontano una grande
varietà di situazioni cliniche corrispondenti ad una vasta gamma di bisogni di salute
che richiedono un approccio multidisciplinare ed una spiccata integrazione
professionale”14.
Infine, occorre evidenziare che con Legge 3 marzo 2009, n. 18 è stato, fra
l’altro, istituito l'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con
disabilità, i cui compiti – a norma dell’art. 3, comma 5 della medesima Legge –
sono:
a) promuovere l'attuazione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle
persone con disabilità fatta a New York il 13 dicembre 2006 ed elaborare il
rapporto dettagliato sulle misure adottate di cui all'articolo 35 della stessa
Convenzione, in raccordo con il Comitato interministeriale dei diritti umani;
b) predisporre un programma di azione biennale per la promozione dei diritti e
l'integrazione delle persone con disabilità, in attuazione della legislazione nazionale
e internazionale;
c) promuovere la raccolta di dati statistici che illustrino la condizione delle persone
con disabilità, anche con riferimento alle diverse situazioni territoriali;
d) predisporre la relazione sullo stato di attuazione delle politiche sulla disabilità,
di cui all'articolo 41, comma 8, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, come
modificato dal comma 8 dell’art. 3 della legge 3 marzo 2009, n. 18;
e) promuovere la realizzazione di studi e ricerche che possano contribuire ad
individuare aree prioritarie verso cui indirizzare azioni e interventi per la
promozione dei diritti delle persone con disabilità.
14
Si veda l’URL
http://www.sanita.regione.umbria.it/Mediacenter/FE/CategoriaMedia.aspx?idc=195&explicit=SI ove è
reperibile anche un elenco dei servizi per le disabilità nell’età evolutiva presenti in Umbria.
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Ai sensi dell’art. 1 del Decreto Ministeriale 6 luglio 2010, n. 167 – “Regolamento
recante disciplina dell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con
disabilità, ai sensi dell’articolo 3 della legge 3 marzo 2009, n. 18”, tale
Osservatorio
“[…] è organismo consultivo e di supporto tecnico-scientifico per l'elaborazione
delle politiche nazionali in materia di disabilità [...] ha sede in Roma, presso il
Ministero del lavoro e delle politiche sociali”.
9. L’Ordinamento del servizio sanitario regionale
Si segnala che è stata approvata la Legge Regionale 12 novembre 2012, n. 18 –
“Ordinamento del servizio sanitario regionale”15. Tale Legge è suddivisa in 10
Titoli: Titolo I Disposizioni generali (artt. 1-13); Titolo II Organi e organismi
tecnico consultivi delle aziende sanitarie regionali (artt. 14-24); Titolo III
Direttore amministrativo, direttore sanitario e coordinatore dei servizi sociali
(art. 25); Titolo IV Articolazione ed organizzazione delle aziende sanitarie
regionali (artt. 26-33); Titolo V Pianificazione, programmazione e gestione del
servizio sanitario regionale (artt. 34-49); Titolo VI Indirizzi e criteri di
finanziamento – sistema informativo sanitario regionale (artt. 50-54); Titolo VII
Anagrafe sanitaria, osservatorio epidemiologico, registri di patologia e mortalità
(artt. 55-57); Titolo VIII Intervento e trasporto sanitario (art. 58); Titolo IX
Disposizioni finali, transitorie e di abrogazione (artt. 59-63); Titolo X
Disposizioni finanziarie (art. 64)
10. L’inquinamento acustico
Ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. a) della Legge 26 ottobre 1995 n. 447, per
inquinamento acustico si intende
“l'introduzione di rumore nell'ambiente abitativo o nell'ambiente esterno tale da
provocare fastidio o disturbo al riposo ed alle attività umane, pericolo per la salute
umana, deterioramento degli ecosistemi, dei beni materiali, dei monumenti,
dell'ambiente abitativo o dell'ambiente esterno o tale da interferire con le legittime
fruizioni degli ambienti stessi”.
La medesima Legge distingue fra sorgenti sonore fisse, vale a dire
“gli impianti tecnici degli edifici e le altre installazioni unite agli immobili anche in
via transitoria il cui uso produca emissioni sonore; le infrastrutture stradali,
ferroviarie, aeroportuali, marittime, industriali, artigianali, commerciali ed agricole;
i parcheggi; le aree adibite a stabilimenti di movimentazione merci; i depositi dei
15
Il testo integrale della Legge regionale 12 novembre 2012, n. 18 è reperibile all’URL
http://www.sanita.regione.umbria.it/mediacenter/FE/articoli/ordinamento-del-servizio-sanitarioregionale-lr-n-.html
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mezzi di trasporto di persone e merci; le aree adibite ad attività sportive e
ricreative”16
e sorgenti sonore mobili – ossia tutte le sorgenti sonore non comprese
nell’elencazione proposta poc’anzi. La legge n. 447/1995 distingue anche fra
valori limite di emissione e valori limite di immissione. I primi rappresentano i
valori massimi di rumore che può essere emesso da una sorgente sonora,
misurato in prossimità della sorgente stessa. I secondi rappresentano i valori
massimi di rumore che può essere immesso da una o più sorgenti sonore
nell’ambiente abitativo o nell’ambiente esterno, misurato in prossimità dei
ricettori.
Occorre individuare, con riferimento all’inquinamento acustico, le competenze
della Giunta regionale, delle Province, dei Comuni e dell’Agenzia Regionale per
la Protezione Ambientale.
Per quanto riguarda l’Umbria, occorre focalizzare l’attenzione sulla Legge
Regionale 6 giugno 2002, n. 8 – “disposizioni per il contenimento e la riduzione
dell’inquinamento acustico”17, con cui è stato attuato quanto prevede l’art. 4
della Legge 26 ottobre 1995, n. 447 – “Legge quadro sull’inquinamento
acustico”. In particolare, gli artt. 3, 4, 5 e 6 di tale Legge Regionale
stabiliscono:
“Art. 3
(Competenze della Giunta regionale)
1. La Giunta regionale adotta, con il supporto dell’Agenzia Regionale per la
Protezione dell’Ambiente di seguito denominata ARPA, ai sensi dell’articolo 6
comma 1, lett. c) e sentita la Commissione Consiliare competente, il piano
regionale di intervento per la bonifica dall’inquinamento acustico, di cui all’articolo
10.
2. La Giunta regionale adotta norme regolamentari attuative della presente legge
con particolare riferimento a:
a) i criteri e le modalità per la redazione dei piani di classificazione acustica di cui
all’art. 7;
b) le modalità per la predisposizione e la presentazione dei piani di risanamento
delle imprese di cui all’articolo 13;
c) i criteri per l’organizzazione nell’ambito del territorio dei servizi di controllo
previsti dall’articolo 14 della legge n. 447/95.
Art. 4
16
Cfr. art. 2, comma 1, lett. c) della Legge 447/1995.
Va altresì segnalato, quale ulteriore riferimento, il Regolamento Regionale 13 agosto 2004, n. 1
«Regolamento di attuazione della legge regionale 6 giugno 2002, n. 8 – Disposizioni per il contenimento
e la riduzione dell’inquinamento acustico», il cui art. 25, commi 1 e 2, di seguito citato testualmente,
prevede specifici controlli e sanzioni:
“1. Il comune esercita l’attività di controllo avvalendosi del supporto dell’ARPA. Le violazioni alle
prescrizioni di cui al Titolo V sono punite con la sanzione amministrativa da 258,23 euro a 10.329,14
euro ai sensi dell’articolo 10, comma 3 della l. 447/1995.
2. In caso di violazione dei requisiti stabiliti dal d.p.c.m. 5 dicembre 1997, con riferimento all’articolo 16
comma 1, il comune applica le sanzioni amministrative di cui all'articolo 10, comma 3 della l. 447/1995”.
17
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(Competenze delle province)
1. Sono attribuite alle province, in attuazione dell’articolo 5 della legge n. 447/95,
le seguenti funzioni amministrative:
a) coordinamento e composizione di conflitti tra Comuni limitrofi, in relazione alla
zonizzazione acustica del territorio ed alla definizione dei piani comunali di
risanamento acustico;
b) predisposizione dei programmi di monitoraggio dell’inquinamento acustico a
livello provinciale e intercomunale;
c) controllo e vigilanza sulle sorgenti sonore fisse che propagano il rumore in
ambiti territoriali compresi nel territorio di più comuni della circoscrizione
provinciale;
d) esercizio in via sostitutiva delle competenze comunali in caso di mancato
adempimento all’obbligo di zonizzazione acustica o di predisposizione dei piani di
risanamento;
e) approvazione dei piani di contenimento e abbattimento del rumore predisposti
dalle società e dagli enti gestori dei servizi pubblici di trasporto e delle relative
infrastrutture, secondo le direttive di cui al decreto ministeriale 29 novembre 2000.
2. Le Province esercitano le funzioni di cui al comma 1 avvalendosi del supporto
dell’ARPA, ai sensi dell’articolo 14, comma 1 della legge n. 447/95 e dell’articolo 3
della legge regionale 6 marzo 1998, n. 9.
Art. 5
(Competenze dei comuni)
1. I Comuni:
a) esercitano, in forma singola o associata, le competenze indicate dall’articolo 6
della legge n. 447/95, attenendosi ai criteri e alle modalità definiti dalla presente
legge e dalle norme regolamentari di attuazione;
b) approvano i piani di risanamento acustico di cui all’articolo 13 predisposti dai
titolari di impianti o di attività rumorose;
c) valutano i piani pluriennali di risanamento acustico predisposti dagli enti gestori
delle infrastrutture di trasporto e trasmettono alla provincia eventuali proposte di
modifica e integrazione entro sessanta giorni dal ricevimento;
d) svolgono le azioni di verifica e controllo dei requisiti acustici passivi degli edifici,
ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 5 dicembre 1997.
Art. 6
(Competenze dell’ARPA)
1. L’ARPA, nell’ambito dei compiti ad essa assegnati dalla legge regionale 6 marzo
1998, n. 9, provvede a:
a) istituire e tenere aggiornata la banca dati sulle sorgenti sonore fisse dell’intero
territorio regionale, integrata con il sistema informativo regionale ambientale;
b) attuare programmi di monitoraggio dell’inquinamento acustico nel territorio
regionale;
c) supportare la Giunta regionale nella predisposizione del piano regionale di
intervento per la bonifica dall’inquinamento acustico, di cui all’articolo 10;
d) supportare i Comuni e le Province per l’esercizio delle competenze ad essi
attribuite dalla presente legge;
e) esercitare controlli a campione per la verifica dei requisiti acustici passivi sugli
edifici di nuova costruzione e su quelli riguardanti il patrimonio edilizio esistente, ai
sensi dell’articolo 15;
f) esercitare le funzioni di controllo previste dall’articolo 19”.
Per quanto riguarda i controlli e le sanzioni, l’art. 19 della Legge Regionale 6
giugno 2002, n. 8 prevede:
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“Art. 19
(Controllo e sanzioni amministrative)
1. Per le funzioni tecniche di controllo i Comuni e le Province si avvalgono
dell’ARPA.
2. L’applicazione delle sanzioni stabilite dall’articolo 10 della legge n. 447/95
spettano al Comune territorialmente competente.
3. Nei casi in cui la violazione delle prescrizioni attinenti al contenimento
dell’inquinamento acustico producano effetti dannosi in ambiti territoriali ricadenti
nel territorio di più Comuni, le sanzioni vengono applicate dalla Provincia
territorialmente competente.
4. I proventi derivanti dall’applicazione delle sanzioni per la parte non devoluta
allo Stato, ai sensi dell’articolo 10, comma 4 della legge n. 447/95, sono introitati
dagli enti competenti alla irrogazione delle sanzioni e destinate ad attività
connesse al contenimento e alla riduzione dell’inquinamento acustico”
L’art. 10 della Legge n. 447/95 statuisce:
“10. Sanzioni amministrative.
1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 650 del codice penale, chiunque non
ottempera al provvedimento legittimamente adottato dall'autorità competente ai
sensi dell'articolo 9, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una
somma da lire 2.000.000 a lire 20.000.000.
2. Chiunque, nell'esercizio o nell'impiego di una sorgente fissa o mobile di emissioni
sonore, supera i valori limite di emissione o di immissione di cui all'articolo 2,
comma 1, lettere e) e f), fissati in conformità al disposto dell'articolo 3, comma 1,
lettera a), è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma
da lire 1.000.000 a lire 10.000.000.
3. La violazione dei regolamenti di esecuzione di cui all'articolo 11 e delle
disposizioni dettate in applicazione della presente legge dallo Stato, dalle regioni,
dalle province e dai comuni, è punita con la sanzione amministrativa del
pagamento di una somma da lire 500.000 a lire 20.000.000.
4. Il 70 per cento delle somme derivanti dall'applicazione delle sanzioni di cui ai
commi 1, 2 e 3 del presente articolo è versato all'entrata del bilancio dello Stato
per essere riassegnato, con decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica, ad apposita unità previsionale di base dello stato di
previsione del Ministero dell'ambiente, per essere devoluto ai comuni per il
finanziamento dei piani di risanamento di cui all'articolo 7, con incentivi per il
raggiungimento dei valori di cui all'articolo 2, comma 1, lettere f) e h).
5. In deroga a quanto previsto ai precedenti commi, le società e gli enti gestori di
servizi pubblici di trasporto o delle relative infrastrutture, ivi comprese le
autostrade, nel caso di superamento dei valori di cui al comma 2, hanno l'obbligo
di predisporre e presentare al comune piani di contenimento ed abbattimento del
rumore, secondo le direttive emanate dal Ministro dell'ambiente con proprio
decreto entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge. Essi
devono indicare tempi di adeguamento, modalità e costi e sono obbligati ad
impegnare, in via ordinaria, una quota fissa non inferiore al 7 per cento dei fondi di
bilancio previsti per le attività di manutenzione e di potenziamento delle
infrastrutture stesse per l'adozione di interventi di contenimento ed abbattimento
del rumore. Per quanto riguarda l'ANAS la suddetta quota è determinata nella
misura dell'2,5 per cento dei fondi di bilancio previsti per le attività di
manutenzione. Nel caso dei servizi pubblici essenziali, i suddetti piani coincidono
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con quelli di cui all'articolo 3, comma 1, lettera i); il controllo del rispetto della loro
attuazione è demandato al Ministero dell'ambiente”.
Bisogna, inoltre, individuare il concetto di zonizzazione acustica: ai sensi dell’art.
2, comma 1, della legge della Regione Umbria n. 2/2008,
“per classificazione o zonizzazione acustica si intende la suddivisione del territorio in aree
omogenee dal punto di vista della classe acustica”.
L’art. 7 della medesima legge regionale prevede quanto segue:
Art. 7
(Classificazione acustica)
1. La classificazione acustica, in applicazione del disposto dell’articolo 1, comma 2
del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 novembre 1997, contiene:
a) la suddivisione del territorio nelle zone acusticamente omogenee previste dalla
normativa statale, per l’applicazione dei criteri di qualità fissati dall’articolo 2,
comma 1, lett. h) della legge n. 447/95;
b) l’individuazione, sulla base dei criteri stabiliti dalle norme regolamentari previste
dall’articolo 3, di aree da destinarsi a spettacolo a carattere temporaneo, ovvero
mobile, ovvero all’aperto;
c) la normativa tecnica di attuazione.
2. I Comuni, sulla base dei criteri e delle modalità stabiliti dalle norme
regolamentari previste dall’articolo 3, comma 2 adottano il piano di classificazione
acustica di cui al comma 1, garantendo il necessario coordinamento con gli
strumenti di pianificazione urbanistica comunale. Qualsiasi modifica degli strumenti
urbanistici comunali comporta la preventiva verifica di compatibilità con le
previsioni del piano di classificazione acustica e l’eventuale revisione dello stesso.
3. Obiettivo della classificazione acustica del territorio comunale è la tutela dal
degrado delle zone non inquinate ed il risanamento di quelle ove si riscontrano
livelli di rumorosità ambientale non compatibili con il benessere e la salute della
popolazione.
4. Qualora i Comuni non procedano alla classificazione acustica nei termini previsti,
la Provincia competente per territorio si incarica direttamente della sua redazione,
o nomina un commissario ad acta che vi provvede in sostituzione del Comune
inadempiente, con oneri a carico della stessa amministrazione comunale.
5. I Comuni e le Province si avvalgono dell’ausilio tecnico dell’ARPA.
L’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale dell’Umbria ha pubblicato nel
suo sito internet l’elenco dei Comuni che hanno provveduto a redigere il
rispettivo Piano di Zonizzazione Acustica18.
Ebbene, nel caso in cui si sospetti che i valori limite di emissione e/o
di immissione siano stati superati, si può formalizzare un esposto al
Comune, alla Provincia e all’Arpa con cui chiedere che tali enti,
ciascuno per i profili di propria competenza, verifichino il rispetto
della vigente normativa in materia di inquinamento acustico in
18
Si veda, anche al fine di reperire i testi dei singoli piani di zonizzazione acustica, l’URL
http://www.arpa.umbria.it/AU/Piani%20di%20zonizzazione%20acustica/index.asp
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rapporto ad uno o più fatti determinati (si pensi, ad esempio, ad
emissione sonore provenienti da infrastrutture stradali) e che siano
eventualmente irrogate le sanzioni previste dall’ordinamento giuridico
o comunque adottate le misure contemplate dalla normativa vigente.
Con specifico riferimento all’inquinamento acustico derivante dal traffico
veicolare, va altresì segnalato il Decreto del Presidente della Repubblica 30
marzo 2004, n. 142 – “Disposizioni per il contenimento e la prevenzione
dell’inquinamento acustico derivante dal traffico veicolare, a norma dell’articolo
11 della L. 26 ottobre 1995, n. 447” che prevede specifici limiti di immissioni per
infrastrutture stradali esistenti nonché per quelle di nuova costruzione.
11. L’inquinamento atmosferico
Ai sensi dell’art. 268, comma 1, lett. a) del Decreto Legislativo 3 aprile 2006 n.
152 – “norme in materia ambientale”, con la locuzione “inquinamento
atmosferico” ci si riferisce a
“ogni modificazione dell'aria atmosferica, dovuta all'introduzione nella stessa di una
o di più sostanze in quantità e con caratteristiche tali da ledere o da costituire un
pericolo per la salute umana o per la qualità dell'ambiente oppure tali da ledere i
beni materiali o compromettere gli usi legittimi dell'ambiente”.
Bisogna identificare, per quanto riguarda l’inquinamento atmosferico, i compiti
che hanno rilievo nazionale e le funzioni conferite agli enti locali. L’art. 83 del
Decreto Legislativo n. 112/1998 prevede:
“1. Ai sensi dell'articolo 1, comma 4, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59
hanno rilievo nazionale i compiti relativi:
a) alla disciplina del monitoraggio della qualità dell'aria: metodi di analisi, criteri di
installazione e funzionamento delle stazioni di rilevamento; criteri per la raccolta
dei dati;
b) alla fissazione di valori limite e guida della qualità dell'aria;
c) alla fissazione delle soglie di attenzione e di allarme;
d) alla relazione annuale sullo stato di qualità dell'aria;
e) alla fissazione e aggiornamento delle linee guida per il contenimento delle
emissioni, dei valori minimi e massimi di emissione, metodi di campionamento,
criteri per l'utilizzazione delle migliori tecnologie disponibili e criteri di adeguamento
degli impianti esistenti;
f) alla individuazione di aree interregionali nelle quali le emissioni nell'atmosfera o
la qualità dell'aria sono soggette a limiti o valori più restrittivi, fatto salvo quanto
disposto dalla lettera a) del comma 1 dell'articolo 84;
g) alla determinazione delle caratteristiche merceologiche, aventi rilievo ai fini
dell'inquinamento atmosferico, dei combustibili e dei carburanti nonché alla
fissazione dei limiti del tenore di sostanze inquinanti in essi presenti;
h) alla determinazione dei criteri per l'elaborazione dei piani regionali di
risanamento e tutela della qualità dell'aria;
i) alla definizione di criteri generali per la redazione degli inventari delle fonti di
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emissione;
l) alla fissazione delle prescrizioni tecniche in ordine alle emissioni inquinanti dei
veicoli a motore;
m) all'accertamento delle caratteristiche costruttive e funzionali dei veicoli a motore
e alla disciplina delle revisioni dei veicoli stessi, con riguardo alle emissioni
inquinanti;
n) alla determinazione dei valori limite e di qualità dei criteri di misurazione, dei
requisiti acustici, dei criteri di progettazione diretti alla tutela dell'ambiente esterno
e dell'ambiente abitativo dall'inquinamento acustico;
o) al parere dei Ministri dell'ambiente e della sanità, di intesa con la regione
interessata, previsto dall'articolo 17, comma 2, del decreto del Presidente della
Repubblica 24 maggio 1988, n. 203 , limitatamente agli impianti di produzione di
energia riservati alla competenza dello Stato, ai sensi dell'articolo 29 del presente
decreto legislativo.
2. Le funzioni di cui alle lettere a), b), e), f), h), i) e l) del comma 1 sono esercitate
sentita la Conferenza unificata”.
L’art. 84 del Decreto Legislativo n. 112/1998 statuisce:
“1. Sono conferite alle regioni e agli enti locali tutte le funzioni amministrative non
espressamente indicate nelle disposizioni degli articoli 82 e 83 e tra queste, in
particolare, le funzioni relative:
a) all'individuazione di aree regionali o, di intesa tra le regioni interessate,
interregionali nelle quali le emissioni o la qualità dell'aria sono soggette a limiti o
valori più restrittivi in relazione all'attuazione di piani regionali di risanamento;
b) al rilascio dell'abilitazione alla conduzione di impianti termici compresa
l'istituzione dei relativi corsi di formazione;
c) alla tenuta e all'aggiornamento degli inventari delle fonti di emissione”
Inoltre, ai sensi dell’art. 19, comma 1, lett. g) del Decreto Legislativo 18 agosto
2000, n. 267 – “Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali”,
“spettano alla provincia le funzioni amministrative di interesse provinciale che
riguardino vaste zone intercomunali o l'intero territorio provinciale nei seguenti
settori: […] g) organizzazione dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale,
rilevamento, disciplina e controllo degli scarichi delle acque e delle emissioni
atmosferiche e sonore”.
Si consideri, altresì, per quanto attiene all’ambito comunale, che i commi 4 e 6
dell’art. 54 del Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267 prevedono:
“4. Il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta con atto motivato provvedimenti,
anche contingibili e urgenti nel rispetto dei princìpi generali dell’ordinamento, al
fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e
la sicurezza urbana. I provvedimenti di cui al presente comma sono
preventivamente comunicati al prefetto anche ai fini della predisposizione degli
strumenti ritenuti necessari alla loro attuazione […] 6. In casi di emergenza,
connessi con il traffico o con l'inquinamento atmosferico o acustico, ovvero
quando a causa di circostanze straordinarie si verifichino particolari necessità
dell'utenza o per motivi di sicurezza urbana, il sindaco può modificare gli orari degli
esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici, nonché, d'intesa con
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i responsabili territorialmente competenti delle amministrazioni interessate, gli orari
di apertura al pubblico degli uffici pubblici localizzati nel territorio, adottandoi
provvedimenti di cui al comma 4”.
Per quanto riguarda la Regione Umbria, va poi segnalato il “Piano regionale di
risanamento e mantenimento della qualità dell’aria”19, approvato con
deliberazione del Consiglio regionale n. 466 del 9 febbraio 2005, il cui punto
2.2.2, di seguito citato testualmente, specifica le finalità delle norme sulla
qualità dell’aria.
“L’insieme degli atti hanno le seguenti finalità:
• stabilire, per biossido di zolfo, ossidi di azoto, particelle, piombo, benzene,
monossido di carbonio, “valori limite per la protezione salute umana” ovvero i livelli
fissati in base alle conoscenze scientifiche al fine di evitare, prevenire o ridurre gli
effetti nocivi sulle salute umana, che dovranno essere raggiunti entro un dato
termine e non dovranno essere in seguito superati;
• stabilire, per il biossido di zolfo, un “valore limite per la protezione degli
ecosistemi” ovvero il livello fissato in base alle conoscenze scientifiche al fine di
evitare, prevenire o ridurre gli effetti nocivi sugli ecosistemi, che dovrà essere
raggiunto entro un dato termine e non dovrà essere in seguito superato;
• stabilire, per il biossido di azoto, un “valore limite per la protezione della
vegetazione” ovvero il livello fissato in base alle conoscenze scientifiche al fine di
evitare, prevenire o ridurre gli effetti nocivi sulla vegetazione, che dovrà essere
raggiunto entro un dato termine e non dovrà essere in seguito superato;
• stabilire, per il biossido di zolfo e il biossido di azoto, le “soglie di allarme” ovvero
il livello oltre il quale vi è un rischio per la salute umana in caso di esposizione di
breve durata e raggiunto il quale gli Stati Membri devono intervenire
immediatamente;
• stabilire, per l’ozono:
- il “valore bersaglio per la protezione della salute”, ovvero il livello fissato al
fine di evitare a lungo termine effetti nocivi sulla salute umana, da
conseguirsi per quanto possibile entro un dato periodo di tempo;
- l’“obiettivo a lungo termine per la protezione della salute” ovvero la
concentrazione di ozono nell'aria al di sotto della quale si ritengono
improbabili, in base alle conoscenze scientifiche attuali, effetti nocivi diretti
sulla salute umana, da conseguire, salvo quando ciò non sia realizzabile,
tramite misure proporzionate, nel lungo periodo al fine di fornire un'efficace
protezione della salute umana;
- il “valore bersaglio per la protezione della vegetazione” ovvero i livello
fissato al fine di evitare a lungo termine effetti nocivi sulla vegetazione da
conseguirsi per quanto possibile entro un dato periodo di tempo;
- l’obiettivo a lungo termine per la protezione della vegetazione” ovvero la
concentrazione di ozono nell'aria al di sotto della quale si ritengono
improbabili, in base alle conoscenze scientifiche attuali, effetti nocivi diretti
sulla vegetazione, da conseguire, salvo quando ciò non sia realizzabile,
tramite misure proporzionate, nel lungo periodo al fine di fornire un'efficace
protezione della vegetazione;
- la “soglia di allarme” ovvero il livello oltre il quale vi è un rischio per la
19
Il testo integrale del Piano regionale di risanamento e mantenimento della qualità dell’aria è reperibile
all’URL
http://www.ambiente.regione.umbria.it/Mediacenter/FE/CategoriaMedia.aspx?idc=324&explicit=SI
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Associazione di consumatori e utenti
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salute umana dell’intera popolazione in caso di breve esposizione, e,
raggiunto il quale, gli Stati Membri devono immediatamente intervenire;
- la “soglia di informazione” ovvero il livello oltre il quale vi è un rischio per
la salute umana in caso di esposizione di breve durata per alcuni gruppi
particolarmente sensibili della popolazione e raggiunto il quale sono
necessarie informazioni aggiornate;
- altre soglie (oltre quelle di cui ai punti precedenti) il cui superamento fa
parte delle “informazioni da trasmettere alla Commissione” per ogni anno
civile, entro il 30 settembre dell'anno successivo ed in particolare le soglie
per la protezione dei beni materiali e per la protezione delle foreste;
• valutare le concentrazioni nell’aria ambiente di biossido di zolfo, ossidi di azoto,
particelle, piombo, benzene, monossido di carbonio ed ozono in base a metodi e
criteri comuni;
• ottenere informazioni adeguate sulle concentrazioni di biossido di zolfo, ossidi di
azoto, particelle, piombo benzene, monossido di carbonio ed ozono nell’aria
ambiente e garantire che siano rese pubbliche;
• mantenere la qualità dell’aria dove essa è buona e migliorarla negli altri casi
relativamente al biossido di zolfo, agli ossidi di azoto, alle particelle, al piombo, al
benzene, al monossido di carbonio ed all’ozono”.
Con riferimento all’inquinamento atmosferico, ove si sospetti che i
limiti previsti dalla legge siano stati superati, si può formalizzare un
esposto al Comune, alla Provincia e all’Arpa con cui chiedere che tali
enti, ciascuno per i profili di propria competenza, verifichino il rispetto
della vigente normativa in materia di inquinamento atmosferico in
relazione ad uno o più fatti determinati (si pensi, ad esempio, ai fumi
provenienti da uno stabilimento industriale) e che siano
eventualmente irrogate le sanzioni previste dall’ordinamento giuridico
o comunque adottate le misure contemplate dalla normativa vigente.
dell’art. 14, comma 5, del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502
12. Come tutelarsi. Conclusioni.
Alla luce di tutto quanto esposto ed in sintesi:
•
per quanto riguarda i rapporti con il sistema sanitario umbro, in presenza di
un atto o comportamento con cui si nega o si limita la fruibilità delle
prestazioni di assistenza sanitaria – entro quindici giorni dalla data in cui
l’utente ha avuto conoscenza di tale atto o comportamento – questi potrà
presentare, ai sensi dell’art. 14, comma 5 del Decreto Legislativo 30
dicembre 1992 n. 502, reclamo mediate lettera in carta semplice indirizzata
ed inviata al direttore generale dell’Unità Sanitaria Locale o dell’Azienda,
oppure consegnata all’Ufficio Relazioni con il pubblico. E’ opportuno che il
reclamo contenga, oltre ad una specifica descrizione dell’atto e/o del
comportamento in questione, la richiesta di adottare prontamente tutte le
misure necessarie ad evitare la persistenza del disservizio. E’ altresì
opportuno che chi presenta il reclamo dichiari di riservarsi, in ogni caso, la
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•
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possibilità di tutelare i propri diritti presso tutte le competenti sedi. Si
consiglia di conservare copia della lettera effettivamente spedita e/o
consegnata all’URP unitamente alla prova dell’avvenuta consegna della
stessa;
nel caso di inquinamento acustico e/o atmosferico, ove si sospetti che i limiti
previsti dalla legge siano stati superati, l’interessato potrà formalizzare un
esposto al Comune, alla Provincia e all’Arpa con cui chiedere che tali enti,
ciascuno per i profili di propria competenza, verifichino il rispetto della
vigente normativa in materia di inquinamento acustico e/o atmosferico in
relazione ad uno o più fatti determinati (si pensi, ad esempio, ai fumi
provenienti da uno stabilimento industriale e/o ad emissione sonore
provenienti da infrastrutture stradali) e che siano eventualmente irrogate le
sanzioni previste dall’ordinamento giuridico o comunque adottate le misure
contemplate dalla normativa vigente. E’ inoltre opportuno che chi presenta il
reclamo dichiari di riservarsi, in ogni caso, la possibilità di tutelare i propri
diritti presso tutte le competenti sedi. Si consiglia di conservare copia della
lettera contenente l’esposto unitamente alla prova dell’avvenuta consegna
della stessa.
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